RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 11 LUGLIO 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Il tempo, che è tutto, non alcun fondamento.
ANDREA EMO, Aforismi per vivere, Mimesis, 2002, pag. 76
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SOMMARIO
MENOMALE CHE GLI AMERICANI CI HANNO SALVATO E GLI INGLESI PURE … O NO?
I politici sembrano intenzionati a rompere la catena di approvvigionamento per farci morire di fame.
“La fame fa bene”. L’articolo “Satirico” del sito dell’ONU che non fa ridere, ma spiega molto
CANCELLATA LA PAGINA PRESUNTIVAMENTE SATIRICA DELL’ONU SULLA FAME E LA SUA UTILITA’
Dallo stato assistenziale a quello penale-punitivo: la profezia di Loïc Wacquant per il futuro dell’Europa
Dal globalismo al pragmatismo cercando di non passare per la povertà.
Il Green pass cambia nome: aumentano obblighi e divieti. Come si chiamerà e funzionerà: “Italia capofila del progetto”
Russia e Cina: Il momento peggiore della storia arriverà presto
G20: il piano per boicottare la Russia, così gli USA implorano la Cina.
Chi paga i danni di questa Guerra?
Una rivoluzione colorata per l’Uzbekistan?
Paesi Bassi, Stato e multinazionali dirottano la catena alimentare
Andrea Zhok – Massimo Franco e la libidine autoritaria delle elites finanziarie
Come sta cambiando il sistema bancario
Bitcoin: monete o beni?
“Manovrano i governi”. Scoperta la super-lobby Usa che manovra i politici per cambiare le leggi
La Francia è pericolosa per gli ebrei
Giappone: trionfo per i liberaldemocratici al governo, anche nel ricordo di Abe
A CHE PUNTO SIAMO?
GERASIMOV: “GUERRA IBRIDA CONTRO LA RUSSIA”
Elezioni sulla pelle delle Donne
Qualcosa a cui pensare il 4 luglio: i Democratici e l’FBI hanno nazificato l’America
Infuria la “Guerra dei Chip” fra USA e Cina. Pechino accusa Washington di “Terrorismo tecnologico”
Origini Covid. Le sorprendenti dichiarazioni di Jeffrey Sachs che in Italia non fanno notizia
La Cina domina il mercato mondiale degli antibiotici…. ma….. sorpresa
EDITORIALE
MENOMALE CHE GLI AMERICANI CI HANNO SALVATO E GLI INGLESI PURE … O NO?
Defenestrazione, premier in carica, Johnson, darwinismo, triplici fraterne coltellate alla schiena, Shakespeare, correttezza, inghilterra, unione europea, ucraina, UE, america, italia, 300.000 CAMERIERI, inglesi, americani, Churchill, HANNO VINTO 300.000 CAMERIERI, minoranza italoamericana, mafie, otto mafie, omicidi inglesi ai danni degli italiani, storiografia pastorizzata, ad usum delphini, risorgimento, Sindrome di Stoccolma, servilismo, lingua italiana sfregiata, italiano lingua più studiata del mondo, provincialismo, inglesorum, anglicismi
FONTE: https://www.dettiescritti.com/editoriale/menomale-che-gli-americani-ci-hanno-salvato-e-gli-inglesi-pure-o-no/
IN EVIDENZA
Gli olandesi sono al primo posto nell’Unione Europea e al secondo nel mondo per valore delle esportazioni agricole, dietro solo agli Stati Uniti.
Una nazione di 17 milioni di persone su un pezzo di terra meno del doppio dell’area dello stato del New Jersey (33mila km quadrati, o 13mila miglia quadrate).
Dimmi che la povertà non viene ingegnerizzata.
Gli agricoltori stanno protestando contro una “legge sull’azoto” che consente al governo di espropriare la loro terra. La famiglia del ministro che spinge questa legge possiede il supermercato online Picnic.
Bill Gates ha investito 600 milioni di dollari nell’azienda di proprietà della famiglia di un politico olandese. Gates vuole che mangiamo carne sintetica.
I politici sembrano intenzionati a rompere la catena di approvvigionamento per farci morire di fame.
L’ultima “minoranza marginale con opinioni inaccettabili”, nelle parole di Justin Trudeau, sono pescatori e agricoltori olandesi.
Si rifiutano di negoziare con il governo perché si rifiuta di scendere a compromessi sui suoi obiettivi di tagliare drasticamente l’agricoltura riducendo drasticamente l’uso di azoto e ammoniaca. Questo è tipico dell’Unione Europea e del Gruppo del WEF di Davos. Non negoziano; gestiscono i risultati. Concedere un punto sarebbe una vittoria per l’altra parte, pensiero a somma zero.
Gli agricoltori hanno messo sotto accusa i politici, che sono nei guai. Spingeranno sempre più forte.
Le proteste si sono infiammate mercoledì quando la polizia ha sparato a un ragazzo di 16 anni su un trattore. L’ufficiale si è nascosto. I supermercati stanno finendo il cibo poiché i centri di distribuzione sono bloccati. Giovedì i manifestanti hanno iniziato a ostruire gli aeroporti. I pescatori si sono uniti e hanno chiuso i porti.
Negli Stati Uniti la Reuters ha rivelato che l’amministrazione Biden ha ceduto parte della riserva strategica di petrolio alla Cina, insieme ad Asia ed Europa. Ha venduto 5 milioni di barili il mese scorso, come parte di un previsto prelievo di 180 milioni di barili, un terzo della riserva totale che è già al minimo in 40 anni.
I prezzi alla pompa continuano a salire perché Biden non utilizza il petrolio rilasciato a casa, ma lo vende per pagare le spese di crisi.
Inoltre, se la Casa Bianca volesse abbassare i prezzi, potrebbe revocare le sanzioni a Venezuela e Iran, anche se le manterrà sulla Russia.
L’88% dei cittadini statunitensi intervistati ritiene che il Paese sia sulla strada sbagliata. Solo l’11% degli americani si dice soddisfatto di come stanno andando le cose, secondo Gallup.
In Gran Bretagna, camion e trattori hanno bloccato il traffico con rallentamenti in giro per la nazione per protestare contro i prezzi del carburante.
Lo Sri Lanka potrebbe rimanere senza benzina entro il fine settimana, secondo il suo ministro dell’Energia. Il governo ha vietato la vendita di carburante ai cittadini, poiché lo salva per il governo e i servizi di emergenza. Le scuole sono chiuse; gli ospedali lottano. Le interruzioni di corrente variano da 3 a 13 ore al giorno.
Le politiche verdi sono in parte responsabili. Lo Sri Lanka è obbligato a fissare obiettivi ai sensi dell’accordo di Parigi dal 2016. Il governo ha cercato di implementare l’agricoltura biologica al 100% e, di conseguenza, i raccolti sono diminuiti del 50%, cosa che sapevano in anticipo. I risultati della ricerca sono consolidati.
Il Programma alimentare mondiale afferma che 6,2 milioni di persone in Sri Lanka sono “insicure dal punto di vista alimentare”. Questo è il nuovo eufemismo del giorno.
Il 9 luglio i manifestanti occuperanno un quartiere della capitale Colombo dove vive e lavora il premier. Un tribunale ha respinto le richieste di divieto della polizia.
FONTE: https://forum.comedonchisciotte.org/notizie/i-politici-sembrano-intenzionati-a-rompere-la-catena-di-approvvigionamento-per-farci-morire-di-fame/
“La fame fa bene”. L’articolo “Satirico” del sito dell’ONU che non fa ridere, ma spiega molto
Luglio 8, 2022 posted by Guido da Landriano
“I Benefici della Fame”: ecco il bel titolo di un articolo che appariva sino a qualche giorno fa sul sito dell’ONU e che, chissà come mai, negli scorsi giorni è stato fatto sparire. Probabilmente qualcuno si è reso conto che era un po’ troppo “Satirico”, come hanno cercato di farlo passare, oppure diceva un po’ troppo la verità. Però internet non perdona e una copia è stata salvata dalla Web Archive, dove potete trovarla
A scrivere l’articolo è George Kent, professore di Scienze Politiche alle Hawaii, dove non si soffre la fame, e lavora nei “Diritti umani, relazioni internazionali, sviluppo e problemi ambientali”. Siamo proprio ben mesi.
Perché la fame è un bene? “Perché le persone affamate sono le persone più produttive, soprattutto quando si tratta di lavori manuali.” Prosegue poi l’autore che si lavora per la fame (cosa non corretta, un noto detto romanesco afferma che Se lavora e se fatica pe’ la panza e pe’ la f…) e che “.. quanti di noi venderebbero i propri servizi a così poco prezzo se non fosse per la minaccia della fame? Quando vendiamo i nostri servizi a basso costo, arricchiamo altri, coloro che possiedono le fabbriche, le macchine e le terre e, in ultima analisi, le persone che lavorano per loro. Per coloro che dipendono dalla disponibilità di manodopera a basso costo, la fame è il fondamento della loro ricchezza.”
Non è finito, l’articolo prosegue con l’esame del perché la gente fa la fame : il pensiero convenzionale è che la fame sia causata da lavori poco remunerativi. Per esempio, un articolo riporta “Gli schiavi dell’etanolo in Brasile: 200.000 tagliatori di zucchero migranti che sostengono il boom delle energie rinnovabili”. Se è vero che la fame è causata da lavori poco remunerativi, dobbiamo capire che la fame provoca allo stesso tempo la creazione di lavori poco remunerativi. Chi avrebbe creato in Brasile massicce operazioni di produzione di biocarburanti se non sapesse che ci sono migliaia di persone affamate abbastanza disperate da accettare i terribili posti di lavoro che offrirebbero? Chi avrebbe costruito un qualsiasi tipo di fabbrica se non avesse saputo che molte persone sarebbero state disponibili ad accettare i posti di lavoro a basso salario?
Non fa una piega, se uno lavora per un tozzo di pane, allora qualcuno che lo sfrutta lo trova. Un po’ come accade al sud per i migranti: accettano di raccogliere i pomodori per due euro alla cassetta e, per far contento l’attore pariolino di turno, qualcuno glieli dà. Peccato che lo sfruttatore potrebbe anche comprare una macchina che taglia la canna da zucchero, o che raccoglie i pomodori, e pagare degli stipendi decenti a lavoratori che non soffrirebbero la fame. A quel punto gli affamati magari coltiverebbero la propria terra e NON farebbero la fame, ma il benestante attore pariolino non potrebbe dire che “Senza i migranti non ci sarebbero i pomodori” e, magari, in Brasile non produrrebbero l’etanolo, ma lo zucchero alimentare e sfrutterebbero meno il terreno.
L’ONU ha fatto sparire il pezzo, perché rivelava troppo come la fame sia veramente uno strumento di repressione e sfruttamento, e infatti l’autore non si spiegava tanto bene perché bisognerebbe farla sparire.
Il discorso, anche se satirico, era un po’ troppo chiaro ed evidente. Meglio cancellare la pagina….
Post Scriptum: purtroppo gli scienziati economici non apprezzano il metodo sperimentale che, in questo caso, sarebbe stato invece estremamente utile. Far provare all’autore un po’ di fame gli avrebbe permesso di capire meglio il problema…
FONTE: https://scenarieconomici.it/la-fame-fa-bene-larticolo-satirico-del-sito-dellonu-che-non-fa-ridere-ma-spiega-molto/
CANCELLATA LA PAGINA PRESUNTIVAMENTE SATIRICA DELL’ONU SULLA FAME E LA SUA UTILITA’
FONTE: https://www.un.org/en/chronicle/article/benefits-world-hunger
Dallo stato assistenziale a quello penale-punitivo: la profezia di Loïc Wacquant per il futuro dell’Europa
16 06 2022
Tra i più importanti contributi dell’antropologia culturale viene poco ricordata una celebre analisi diventata profetica (come potremo vedere tra poco) di Loic Wacquant nel suo saggio “Les prisons de la misère”,1999.
L’autore ricostruisce minuziosamente la lunga catena di istituzioni, agenti e supporti alla comunicazione (consulenze, rapporti di commissioni, missioni ufficiali, dibattiti parlamentari, convegni, libri scientifici e divulgativi, conferenze stampa, articoli di giornale, servizi televisivi, ecc.) attraverso cui il nuovo senso comune penale proveniente dagli Stati uniti e volto a criminalizzare la miseria – e di conseguenza a normalizzare la precarizzazione salariare – si è internazionalizzato.
Parte da Washington, e New York, attraversa l’Atlantico per atterrare a Londra dove estende le sue ramificazioni in tutto il continente.
Il compito di promuovere il rigore penale (che già da quarant’anni imperversa negli stati uniti) viene affidato ufficialmente agli organi federali statunitensi con il risultato di una bulimia carceraria senza precedenti ed in controtendenza, rispetto alla criminalità all’inizio stagnante e quindi in regressione.
Nel determinare un simile esito, determinante è la funzione svolta dal:
– Ministero federale di giustizia, che conduce periodicamente delle autentiche campagne di disinformazione sulla criminalità e la carcerazione.
-il Dipartimento di stato a cui sono affidati gli affari esteri e che tramite le ambasciate, milita attivamente, in ogni paese ospitante, in favore di politiche penali ultrarepressive.
-Gli organismi parapubblici e professionali legati alle amministrazioni poliziesche e penitenziarie (Fraternal Order of Police, American Correctional Association, American Jail Association, sindacati delle guardie carcerarie, Associazioni vittime del crimine, i media e le imprese private che partecipano al grande sviluppo dell’economia della carcerazione.
D’altra parte, dalla rottura del compromesso fordista-keynesiano il settore privato fornisce un contributo decisivo alla progettazione e realizzazione delle politiche pubbliche.
Le agenzie di consulenza, sulle due rive dell’atlantico, hanno preparato tra il 1975 e il 1985 il terreno per avvento del liberalismo reale di Ronald Reagan e Margaret Tatcher attraverso un paziente lavoro intellettuale di trincea contro le politiche keynesiane rifornendo le élite politiche e mediatiche di concetti, principi e misure in grado di giustificare e accelerare il rafforzamento dell’apparato penale. (criminalizzando i giovani, le periferie, la miseria con stereotipi e senza un fondamento oggettivo, dove nella maggior parte dei casi vittima e criminale sono la stessa persona)
Un ruolo decisivo, volto a reprimere i disordini attribuibili a coloro che già Tocqueville definiva l’infima plebe delle nostre città , è stato svolto dal Manhattan Institute, noto per aver lanciato Charles Murray autore di Losing Ground, la bibbia della crociata contro lo stato assistenziale intrapresa da Reagan.
È sempre il Manhattan Institute a diffondere la celebre teoria del vetro rotto formulata da J. Q. Wilson o dell’adattamento del proverbio: chi ruba poco ruba assai. Questa sedicente teoria sosteneva che per far diminuire i reati bisognava colpire fermamente colpo su colpo ad ogni piccolo disordine quotidiano.
La teoria del vetro rotto, mai verificata empiricamente, funziona come alibi criminologico alla riorganizzazione dell’azione di polizia promossa da William Bratton, guida della polizia municipale di New York. L’obiettivo della riorganizzazione è placare le paure delle classi superiori molestando sistematicamente le classi meno abbienti negli spazi pubblici.
La mondializzazione della Tolleranza Zero continua, grazie all’incredibile ammirazione, oscillante tra fascinazione e invidia degli opinion makers europei, giornalisti, élite politiche.
F. Gross
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-dallo_stato_assistenziale_a_quello_penalepunitivo_la_profezia_di_loc_wacquant_per_il_futuro_delleuropa/46471_46612/
BELPAESE DA SALVARE
Il Green pass cambia nome: aumentano obblighi e divieti. Come si chiamerà e funzionerà: “Italia capofila del progetto”
L’operazione linguistica in vista dell’autunno è già partita. Quando imporranno nuovi obblighi, divieti, licenziamenti e sospensioni. E lo faranno parlando non di quarta dose obbligatoria, ma di “prima dose del vaccino aggiornato”. Così come non parleranno più di Green pass, o Super Green pass, ma di “portafoglio digitale”. A dare la “lieta novella” è stato il ministro Vittorio Colao dalla sala stampa estera a Roma dove ha fatto il punto sugli investimenti del Pnrr. E ricordando che siamo appunto sotto scacco dell’Ue con questo ricatto dei soldi del Pnrr (lui non l’ha messa in questi termini ma la realtà è questa), il ministro dell’Innovazione tecnologica ha spiegato quali siano le varie misure da varare per ottenere il prestito europeo. E qui, appunto, si è assistito alla sorpresa.
“L’Italia è avanti rispetto ad altri Paesi nella digitalizzazione di alcuni servizi – ha detto Colao -. In un anno e mezzo si dovrebbe arrivare a una Schengen digitale europea e il Paese sarà pronto grazie ai servizi sviluppati sull’app Io. Patente e tessera elettorale saranno digitali come digitale sarà il wallet personale”. Cioè? Lo ha spiegato qualche tempo fa la von der Leyen in occasione del discorso programmatico del 2020: “La Commissione proporrà presto un’identità digitale europea sicura. Che ogni cittadino potrà usare ovunque per fare qualsiasi cosa, da pagare le tasse a prendere a noleggio una bicicletta. Una tecnologia sicura”. E quindi…
Come spiega La Verità, “la tecnologia auspicata dalla presidente della Commissione ora c’è e si chiama blockchain, la stessa che la von der Leyen ha richiamato lo scorso fine gennaio, ricordando che presto sarà attivo in tutta l’Unione il passaporto sanitario vaccinale. Esattamente ciò che il 4 maggio scorso ha sancito la commissaria europea alla Salute, Stella Kyrialcides. Non è dunque un caso se per i viaggi all’estero e per alcune strutture sanitarie la blockchain che traccia il Green pass resti necessaria. È il pilastro per le mosse future e il punto di arrivo di quelle imbastite durante i lockdown e la pandemia. Senza la quale il governo non sarebbe mai riuscito a creare la base utenti necessario per rendere il progetto Ue un test riuscito”.
Spiega ancora Antonelli su La Verità: “La blockchain studiata per il lascia-passare Covid verrà buona per far transitare tutte le informazioni sanitarie, quelle per l’espatrio, ma anche fiscali e tutte le pendenze di natura amministrativa. A questo punto sarebbe importante che il governo spiegasse se e quando l’Ue vorrà adottare l’euro digitale e tutti i sistemi in grado di tracciare i singoli individui e inibire libertà primarie fino a oggi svincolate da alcun tipo di premialità. Non sono cose da poco. Ma il futuro della democrazia parlamentare”.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/green-pass-cambia-nome-colao/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Russia e Cina: Il momento peggiore della storia arriverà presto
La Russia ha una dottrina nucleare denominata “escalation to deescalation” o, più precisamente, “escalation to win”, che contempla la minaccia o l’uso di armi nucleari all’inizio di un conflitto convenzionale. Non può essere un buon segno che Russia, Cina e Corea del Nord al contempo minaccino di lanciare le armi più distruttive del mondo. Nella foto: lanciamissili balistici intercontinentali mobili a una parata militare a Mosca, in Russia, il 24 giugno 2020. (Foto di Sergey Pyatakov – Host Photo Agency via Getty Images) |
L’1 maggio, sulla tv di Stato russa, il conduttore e giornalista spesso chiamato “il portavoce di Putin” ha esortato il presidente russo a lanciare un drone sottomarino Poseidon che ha una capacità per una “testata fino a 100 megatoni”. La detonazione, ha detto Dmitry Kiselyov, potrebbe innescare uno tsunami alto 1.640 piedi [fino a 500 metri] che “farebbe precipitare la Gran Bretagna nelle profondità dell’oceano”. L’onda anomala potrebbe raggiungere a metà Scafell Pike, il picco più alto dell’Inghilterra.
“Questo maremoto è anche un vettore di dosi estremamente elevate di radiazioni”, ha sottolineato Kiselyov. “Inondando la Gran Bretagna, trasformerà tutto ciò che resta di loro in un deserto radioattivo, inutilizzabile per qualsiasi cosa. Ti piace questa prospettiva?”
“Un solo lancio, Boris, e l’Inghilterra non c’è più”, ha detto Kiselyov, rivolgendosi al premier britannico.
La minaccia ha fatto seguito a quella del 28 aprile, lanciata da Aleksey Zhuravlyov, presidente del partito russo filo-Cremlino Rodina. Nel programma “60 Minutes”, trasmesso su Channel One, la tv di Stato russa, Zhuravlyov ha esortato Putin a bombardare la Gran Bretagna con un Sarmat, il missile più grande e pesante del mondo.
Nel programma è stato precisato che un missile lanciato dall’enclave russa di Kaliningrad impiegherebbe 106 secondi per colpire Berlino, 200 secondi per raggiungere Parigi e 202 secondi per cancellare Londra.
La NATO ha denominato il missile Sarmat “Satan II”.
Lo stesso Putin si è unito al divertimento. Poco prima di inviare le sue forze oltre il confine ucraino, egli ha messo in guardia su “conseguenze che non avete mai sperimentato”. Il 27 febbraio, Putin ha messo in massima allerta le sue forze nucleari. L’1 marzo, sottomarini che trasportavano missili balistici sono salpati per delle esercitazioni e lanciamissili mobili sono stati dispiegati con lo stesso obiettivo. Il 4 maggio, il ministero della Difesa russo ha annunciato “lanci elettronici” simulati a Kaliningrad di sistemi missilistici balistici mobili Iskander con capacità nucleare.
La Russia ha una dottrina nucleare denominata “escalation to deescalation” o, più precisamente, “escalation to win”, che contempla la minaccia o l’uso di armi nucleari all’inizio di un conflitto convenzionale.
La Cina, che il 4 febbraio ha rilasciato una dichiarazione congiunta con la Russia sulla loro partnership senza limiti, in questo secolo ha periodicamente lanciato minacce immotivate di distruggere le città degli Stati che in qualche modo l’hanno offesa. Nel luglio dello scorso anno, ad esempio, il regime cinese ha minacciato di bombardare il Giappone per il suo sostegno a Taiwan. A settembre, la Cina ha lanciato una minaccia simile contro l’Australia, accusata di essersi unita agli Stati Uniti e al Regno Unito nel patto AUKUS, un accordo per mantenere la stabilità nella regione. A marzo scorso, il ministero della Difesa cinese ha promesso le “peggiori conseguenze” per i Paesi che aiutano Taiwan a difendersi. La minaccia è apparsa particolarmente diretta contro l’Australia.
Questo mese, la Corea del Nord ha affermato che, oltre a utilizzare armi nucleari per rispondere a un attacco, potrebbe lanciare bombe nucleari per attaccare altri.
Non può essere un buon segno che Russia, Cina e Corea del Nord al contempo minaccino di lanciare le armi più distruttive del mondo.
Perché i regimi più pericolosi del pianeta fanno tutti tali minacce?
Innanzitutto, Putin ha mostrato al mondo che questi avvertimenti di fatto intimidiscono. Come mi ha detto a marzo Peter Huessy, senior fellow presso l’Hudson Institute, perché un’escalation abbia successo presuppone che le minacce nucleari “costringeranno un nemico a ritirarsi e non a combattere”. Poiché le democrazie occidentali si sono ampiamente fatte da parte e chiaramente non stanno combattendo in Ucraina, Pechino e Pyongyang vogliono ottenere successi simili.
In secondo luogo, Putin e il governante cinese Xi Jinping potrebbero fare tali minacce perché non rispettano le nazioni, percepite come nemiche. “Il ritiro abborracciato dall’Afghanistan e la riluttanza a sostenere in modo efficace l’Ucraina dopo la firma del memorandum di Budapest del 1994 sulle garanzie di sicurezza, e soprattutto nell’ultimo anno, hanno indotto i nemici dotati di armi nucleari ad intensificare le minacce agli Stati Uniti e ai loro alleati”, ha affermato al Gatestone, all’inizio di questo mese, Huessy, il quale è anche presidente di GeoStrategic Analysis. “Avvertono una crescente debolezza americana”.
“Come Vladimir Putin, il Partito Comunista Cinese ha perso la paura del potere americano”, mi ha detto Richard Fisher dell’International Assessment and Strategy Center, con sede in Virginia, poco dopo l’invasione russa dell’Ucraina. “Le minacce nucleari della Cina mostrano l’arroganza del Partito di fronte alla percepita debolezza americana, evidenziano il rischio della mancanza di un deterrente nucleare regionale degli Stati Uniti e mettono in luce l’inadeguatezza della leadership statunitense”.
In terzo luogo, considerazioni interne possono rendere semplice l’attuazione di tali minacce. Molti dicono che il momento più pericoloso dalla Seconda guerra mondiale è stata la crisi dei missili cubani dell’ottobre 1962. Forse ancora più pericoloso è stato l’impasse del Checkpoint Charlie a Berlino, nell’ottobre precedente. Eppure, sia Kennedy sia Krusciov sapevano che non ci dovrà mai essere un conflitto nucleare. Il problema oggi è se anche Putin e Xi lo sappiano. Forse no.
Queste minacce possono rivelare che i leader di questi regimi condividono la mentalità degli ultimi giorni trascorsi nel bunker. Sia la Russia sia la Cina, sebbene in modi diversi, sono governate da regimi in difficoltà, il che significa che i loro leader hanno indubbiamente basse soglie di rischio.
Qualunque sia il motivo delle minacce, Putin e Xi hanno detto a tutti cosa intendono fare. Purtroppo, i leader occidentali sono determinati a non crederci.
In risposta alle minacce russe, il 28 febbraio, il presidente Joe Biden ha affermato che il popolo americano non dovrebbe temere la guerra nucleare. Al contrario, ci sono tutti i motivi per preoccuparsi.
In linea con il pensiero occidentale, presidenti e primi ministri hanno quasi sempre ignorato le minacce nucleari, sperando di non dargli importanza. Tuttavia, questa posizione non ha fatto altro che incoraggiare gli autori delle minacce a fare ulteriori minacce. Più tardi la comunità internazionale affronterà i bellicosi russi, cinesi e nordcoreani, più pericolosi saranno gli scontri.
Pertanto, sembra che il mondo si stia avvicinando rapidamente al momento peggiore della storia.
“Una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta”, ha dichiarato Biden nel giugno dello scorso anno. Forse è così. Putin, che ha pronunciato quelle parole congiuntamente al presidente americano, potrebbe pensare di poterne fare una e persino di vincere.
Gordon G. Chang è l’autore di “The Coming Collapse of China”, è Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute e membro del suo comitato consultivo.
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/18572/russia-cina-momento-peggiore
FONTE: http://www.ettorelembonews.it/g20–il-piano-di-boicottare-la-russia….html
Chi paga i danni di questa Guerra?
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Declino e caduta dell’Unione Europea
Molti avranno notato come politici e commentatori, in occasione della guerra ‘locale’ tra Russia e Ukraina, esortino l’Unione Europea a prendere una posizione ed a cercare un compromesso fra i due belligeranti. Tutti in ossequioso pellegrinaggio a Kiev, da Zelensky: da Macron a Schultz, da Draghi alla Von Del Leyen.
D’altra parte cosa potevano fare? Si sono tutti scatenati con le sanzioni alla Russia, che probabilmente faranno effetto a questa fra 2 anni, ma hanno aggravato subito in UE e nel mondo i fenomeni inflattivi sui prodotti per l’energia. Considerando che i Paesi UE hanno forze armate che costano molto, ma sono poco efficienti e con sistemi d’arma obsoleti, si sono tutti alleggeriti la coscienza mandando vecchie ferraglie e fondi di magazzino in Ukraina. Tra l’altro le armi comuni Nato non sono compatibili con quelle russe/ukraine, ad esempio i calibri sono tutti diversi. Forse qualche sistema d’arma, più moderno, è stato mandato affinché sia “ provato sul campo “, d’altra parte chi si sogna di fare esercitazioni vere con i missili antiaerei Stinger, tirando giù un aereo? Tutte le esercitazioni si fanno con i simulatori, ma assolutamente nulla sul campo, dove magari anche la controparte ti spara addosso.
D’altronde la UE è un insieme eterogeneo: vi sono Monarchie (Olanda, Danimarca, Belgio, Spagna, etc ) un Granducato (Lussemburgo ), Repubbliche Presidenziali (Francia, et ) Repubbliche Parlamentari (Italia, etc ) Repubbliche un poco autocratiche ( Ungheria, Polonia, etc ). Però, ci sono 3 Paesi contributori netti del Bilancio Ue e tutti gli altri “prenditori“ netti che ricevono contributi gratuiti. Ecco perché tutti i piccoli Paesi si sono associati alla UE. Ma, alla fine, si scopre che l’Unione Europea non è altro che una Area Commerciale di Mercato Comune, esattamente come definito da Maastricht, dove nessuno deve comandare e dove nel voto “uno vale uno“, la Germania vale come Malta, la Francia con le portaerei e bombe nucleari vale come Paesi tipo la Lituania, Lettonia, etc.. che in compenso prendono decisioni rischiose bloccando il traffico dalla Russia verso la sua enclave di Kaliningrad, senza concordare con gli altri Paesi UE e violando anche accordi internazionali in vigore da anni. La minaccia più spaventosa per l’Unione Europea, in questo momento è lo ‘spread‘, cioè la differenza dei tassi sui Titoli dei Paesi EU. Che ovviamente è aumentata in questo periodo di inflazione.
La crisi degli spread del 2008 -2009, che distrusse inutilmente la Grecia, finì nel 2012 quando Draghi abbassò i tassi a sottozero e fece acquistare alla BCE centinaia di miliardi di Titoli di Stato vicini al default, e in questo fu bravo e salvò l’Euro.
Il G7 e la guerra
Nei giorni scorsi al Castello di Elmau, nelle Alpi Bavaresi, si è svolto il G7, al quale hanno partecipato tre paesi dell’UE – Germania, Francia e Italia – , il Washington Times riporta che il Presidente degli USA, Biden, si è scatenato, non soltanto ad elogiare gli ottimi risultati delle “democrazie” nel contrasto alla Russia e l’appoggio all’Ukraina, ma anche lanciando un programma mondiale di investimenti per contrastare la ‘Belt & Road Initiative’ della Cina verso i Paesi in via di sviluppo. Il programma prevede una partnership di investimenti, pubblici, cioè degli Stati, e privati fino a 600 miliardi di dollari per costruire nuove infrastrutture. Biden ha detto che gli USA parteciperanno (1) per 200 miliardi. Il giornale riporta anche che le grandi Corporation americane non sembrano ansiose di investire soldi in progetti a fondo perduto, che difficilmente avranno ritorno economico, per l’insicurezza dei Paesi beneficiati. Se gli USA parteciperanno per 200 miliardi, a chi toccheranno gli altri 400? A Europei e Giapponesi? Si vedrà se il programma avrà seguito o sono solo discorsi elettorali. Invece, come scritto in un precedente articolo, il problema potrebbe essere la prossima pace fra Ukraina e Russia (2).
Il conto da saldare
Si può però ipotizzare che le distruzioni in Ukraina, per i bombardamenti ed altro, siano dell’ordine di 500-800 miliardi, pari quindi a 3-4 volte il PIL del Paese. Ci vogliono quindi tanti soldi per ricostruire. Il conto chi lo pagherà, gli USA e/o la UE? Non ha senso prestarli, visto che non saranno mai restituiti. Da fonti riservate – Analisi Economiche Internazionali – si apprende che gli USA, la UE e la NATO vorrebbero far pagare tutto alla Russia, come danni di guerra. Stesso trattamento che venne imposto alla Germania di Weimar, dopo il 1918. Questo porterebbe la Russia alla distruzione economica. Altrimenti gli Occidentali sono fautori della continuazione della guerra fino alla sconfitta della Russia. Un possibile motivo di continuazione all’infinito dello scontro militare. Nessuna trattativa se non si sa chi paga i danni alla fine. Probabilmente anche la promessa di accettare l’Ukraina nella UE è solo propaganda, perché nel caso sarebbe un debito spaventoso per gli altri Paesi europei. E’ quindi altamente probabile che si dovrà convivere con uno stato di guerra guerreggiata per i prossimi anni, sperando che resti limitata all’attuale scenario.
La situazione potrebbe diventare ipercritica se esplodessero conflitti militari in altri posti, esempio Medio Oriente – tra Israele, Arabia e Iran (che confina direttamente con la Russia ). Ne potrebbero seguire recessioni, turbolenze sui prezzi, inflazione, disagi sociali, stagnazione e crisi economica. Sempre che si combatta in modo tradizionale, senza usare il nucleare.
Fabrizio Gonni
Note:
1-Alcuni programmi: un impianto di energia solare da 2 miliardi in Angola, 320 milioni per ospedali in Costa D’Avorio, 600 milioni per cavi sottomarini fra Asia, Africa ed Europa.
2- I dati: il PIL dell’Ukraina è di 160 miliardi Euro e il PIL pro capite è di soli 3.200 Euro. Quello della Russia è di 1.500 Miliardi e il pro capite di quasi 12.000. Pertanto il PIL italiano è superiore alla somma di Russia e Ukraina. E’ un PIL formato in maniera diversa, quello russo e ukraino è basato su industria di base, industria militare, esportazioni di gas, petrolio, granaglie. Il nostro è basato su prodotti “consumer”
FONTE: https://www.civica.one/chi-paga-i-danni-di-questa-guerra/
Una rivoluzione colorata per l’Uzbekistan?
Paul Craig Roberts
Eccomi di nuovo come un disco rotto che ripete che la tolleranza delle provocazioni da parte del Cremlino garantisce che il Cremlino sperimenterà più provocazioni.
Per ripetermi ancora, Washington ha disintegrato l’Unione Sovietica per creare paesi indipendenti ai confini della Russia che, con le “rivoluzioni colorate”, potessero rivoltarsi contro la Russia. Finora Washington ha avuto successo con quelli in Georgia e Ucraina. Il tentativo in Bielorussia di due anni fa e il recente tentativo in Kazakistan sono falliti, ma ora ne è in corso uno in Uzbekistan. Southfront riporta l’improvvisa escalation da una protesta sezionale a violenza estrema. Con la stampa aziendale statunitense e Radio Free Europe finanziata dagli Stati Uniti sulla scena in anticipo per filmare e denunciarlo, abbiamo i segni distintivi di un’operazione di cambio di regime della CIA.
Dobbiamo chiederci perché il Cremlino non si aspetta questi eventi e non intraprende azioni preventive. Dopo Georgia e Ucraina, che hanno reso necessario l’intervento militare russo, potremmo pensare che il Cremlino sarebbe più attento. Ma a quanto pare no.
L’unico motivo per cui queste rivoluzioni colorate orchestrate dalla CIA sono possibili è che il governo russo ha tollerato per molti anni le ONG finanziate dagli Stati Uniti all’interno della Russia e delle ex province sovietiche, il cui compito è creare organizzazioni che possono essere chiamate in segno di protesta e sviluppare reti di politici più interessato al denaro e ai legami con l’Occidente che alla sovranità russa. Come la CIA sa, ci sono alcuni russi che il comunismo ha rivolto contro la Russia.
È inspiegabile il motivo per cui il governo russo ha concesso all’Occidente l’accesso per indebolire il governo russo e destabilizzare le ex parti costitutive dell’Unione Sovietica ai confini della Russia.
Poiché il Cremlino non è in grado di sostituire un comportamento proattivo al suo comportamento reattivo, la Russia può aspettarsi che le provocazioni continuino e diventino più serie.
FONTE: https://www.paulcraigroberts.org/2022/07/09/a-color-revolution-for-uzbekistan/
CULTURA
L’ACQUA CONTRO LA SETE
Il libro “Il senso della sete” della scrittrice Fausta Speranza, giornalista inviata di Radio Vaticana e prima donna ad occuparsi di politica internazionale a L’Osservatore Romano, rappresenta un prezioso e informatissimo resoconto sul tema della distribuzione e del possesso delle fonti idriche nel mondo. L’Autrice si concentra sulle rotte che l’oro blu intraprende, con destinazioni spesso diverse da quelle dove esiste la maggiore necessità. L’acqua diventa immediatamente un’arma politica e di dominio. La sua scarsità può mettere in ginocchio intere aree del pianeta dove vivono faticosamente decine di popoli diversi destinati ad una dolorosa e lenta estinzione per siccità.
Il testo è costruito su una vasta raccolta di informazioni e di lunghe ricerche. Contiene interviste a responsabili di organizzazioni mondiali, a studiosi, a politici. L’Autrice parla di idro-politica creando un neologismo che spero abbia la giusta diffusione e fortuna. La definizione trova la sua espressione nella quasi totalità dei territori africani con la storia millenaria dei suoi fiumi più importanti ai quali sono legate le storie di popoli, lingue, filiere commerciali, vie carovaniere. La situazione di crescente scarsità di acqua attanaglia il sud America aumentando tensioni geopolitiche pregresse a malapena gestite per non esplodere in conflitti regionali disastrosi. Attualmente, i conflitti in corso per la detenzione dell’acqua sono oltre 500 nel mondo.
L’Autrice ha riportato un dato preoccupante che riguarda la dura contesa per il controllo delle fonti. Nel libro viene esplicitamente chiarito che secondo i trend attuali entro il 2050 saranno ben 5,7 miliardi gli umani esclusi dall’uso di acqua potabile! (pag. 55). La spinta alla privatizzazione dell’acqua per farla quotare perfino in Borsa non attenuerà l’insorgere di conflitti di magnitudine distruttiva crescente!
La tesi più interessante intorno alla quale il libro ha il suo fondamento è considerare l’acqua il primo dei diritti umani che costituisce l’architrave dei diritti sociali, economici, ecc. Mutamenti dei flussi idrici provocano migrazioni di crescente entità che vanno in parallelo con la privatizzazione dell’acqua. La destinazione più importante di questi spostamenti di masse umane è il continente europeo che rischia di essere la destinazione di almeno mezzo miliardo di persone. Il dissesto idrico in corso è la risultante del mutamento climatico causato – a detta di alcuni scienziati – da tanti fattori tra cui il cambiamento delle attività solari.
La presenza umana senza controlli continua ad incrementare l’inquinamento ambientale e le “isole di plastica” ne sono il segno più vistoso ed allarmante. La svolta climatica solare ha peggiorato gli effetti della mala gestione idrica.
I temi di questo informatissimo ed interessante testo sono distribuiti in tre parti. La prima con dodici paragrafi; la seconda con otto paragrafi; la terza con 17 paragrafi che trattano gli aspetti religiosi, e culturali dell’acqua per un totale di duecentocinquantacinque pagine ricche di notizie, fatti, suggestioni. Si apre al lettore un mondo di patrimonio culturale e spirituale di grande vastità, complessità, peso simbolico, che attiene agli uomini di ogni fase storica e di ogni latitudine.
Lo stile narrativo è piacevole grazie alla notevole esperienza professionale e allo spessore culturale dell’Autrice.
Un bel libro che si può leggere a più livelli: come un lungo racconto, come un saggio, come un rapporto informativo. Infine, è soprattutto un libro che va riletto e ripensato con calma perché lascerà il segno!
Fausta Speranza, Il senso della sete, Infinito Edizioni, 2021, Pag. 255, € 17,00.
FONTE: https://www.opinione.it/societa/2022/07/11/manlio-lo-presti_acqua_idro_politica_diritti_siccit%C3%A0/
ECONOMIA
Il WEF, il club d’élite di multinazionali e leader politici con sede a Davos, ha creato Food Innovation Hub in tutto il mondo. “Piattaforme di partenariato multistakeholder basate sul mercato volte a rafforzare gli ecosistemi di innovazione locali”, così le descrive il WEF. Devono garantire che la catena alimentare sia preparata per il futuro.
Andrea Zhok – Massimo Franco e la libidine autoritaria delle elites finanziarie
Ieri Massimo Franco (Corriere della Sera) spiegava con la consueta pacatezza come il governo in Italia non può più tornare nelle mani del parlamento.
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Come sta cambiando il sistema bancario
Zuppa economica domenicale
Bitcoin: monete o beni?
L’importanza della moneta e il principio nominalistico
Se le criptovalute siano monete o beni giuridici è l’interrogativo nato dalla necessità di analizzare il fenomeno che sta alla base della diffusione della criptoattività, ma anche gli effetti sul piano giuridico, economico e sociale.
Dal baratto, alle monete metalliche, fino alla dematerializzazione, lo strumento monetario è sempre stato al centro di complessi e virtuosi dibattiti.
Alla fine del secolo precedente, l’idea che fosse della politica la responsabilità anche dei fenomeni economici era già preponderante e sulla scorta di una necessaria regolamentazione collettiva coordinatrice delle operazioni economiche, e sull’idea di una libertà maggiore espressione di un insieme compatto, è nata l’Unione Europea.
Il pilastro principale è costituito dalla moneta unica, attraverso la quale si voleva garantire una maggiore integrazione fra le Nazioni.
Moneta unica, fattore di omogeneizzazione
La Banca Centrale Europea svolge, tra le varie funzioni, non solo quella di emissione monetaria, ma anche di garante della stabilità monetaria in ogni Paese appartenente all’Unione.
L’articolo 136 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, prevede che il Consiglio Europeo ponga in essere operazioni di sorveglianza e di rafforzamento del coordinamento delle politiche di bilancio, e operi al fine di orientare le politiche economiche dei vari Stati Membri.
La produzione e la circolazione di moneta è accompagnata dalla sua dematerializzazione.
Oggi le funzioni basilari della moneta sono: unità di conto attraverso cui misurare il valore dei prodotti, riserva di valore attraverso cui individuare la capacità di risparmio e mezzo di pagamento utilizzabile cioè, ai fini di acquisto. Da un punto di vista giuridico invece, la banconota o la moneta è quella che ha corso legale ossia è quella moneta alla quale lo Stato riconosce queste tre funzioni.
La regolamentazione dei rapporti che hanno ad oggetto la moneta legale è rinvenibile nella disciplina delle obbligazioni pecuniarie. Porre l’attenzione sulle obbligazioni pecuniarie richiede di soffermarsi sul principio nominalistico secondo cui le obbligazioni pecuniarie si estinguono attraverso la moneta avente corso legale. In virtù di tale principio, alla scadenza del termine per l’adempimento, il debitore si libera pagando l’importo dovuto al tempo in cui è nata l’obbligazione a prescindere dal valore reale della valuta.
Il principio nominalistico come ordine pubblico monetario è utile al fine di salvaguardare la politica economica e fiscale del nostro Paese. Il costante equilibrio economico viene ancorato ad un parametro numerico monetario in cui la valuta è l’elemento di stabilizzazione dei mercati.
Il riferimento alla moneta legale nell’articolo 1277 c.c. non sta a significare però che l’unica possibilità riconosciuta al debitore sia quella di utilizzare moneta contante: non è previsto alcuno ostacolo. Il suddetto articolo definisce il debito pecuniario non debito di moneta in contanti, ma semplicemente debito di somma di denaro creata dallo Stato. Le difficoltà concettuali risiedono nell’inquadrare il rapporto tra moneta avente corso legale e i diversi mezzi di pagamento che sono sempre più diffusi ed utilizzati.
Se la moneta sovrana per legge libera dalle obbligazioni pecuniarie, contrariamente si distingue dalla moneta avente corso libero. Quest’ultima è definita anche moneta contrattuale, tale per cui si è liberi di accettare il pagamento del proprio credito attraverso uno strumento diverso rispetto alla moneta avente corso legale.
Moneta legale non significa però esclusivamente moneta contante, infatti la moneta bancaria ed elettronica nonostante oggetto di ampie discussioni, si pongono all’interno del concetto di sovranità monetaria e quindi non sono antagoniste ed estranee alla moneta legale. Infatti il dibattito sul dualismo tra moneta statale e moneta bancaria, è stato chiarito dal. lgs. 27.1.10 n.11. chiudendo definitivamente le questioni controverse e constatando che la moneta bancaria è una forma trasmissiva di moneta equivalente a quella statale.
Le monete elettroniche, le monete virtuali, i Bitcoin
Quando si fa riferimento alle monete elettroniche in senso stretto invece, si ci riferisce per esempio ai Bitcoin. Si tratta di una moneta proveniente dal Giappone e creata nel 2009. Il Bitcoin viene qualificato come moneta virtuale con una anonimità parziale che si scambia attraverso l’uso della crittografia, non è sostenuta da alcuna autorità statale, per cui, non è soggetta ad alcun controllo o garantita da altri soggetti giuridici. I Bitcoin sono trasferibili liberamente e sono negoziabili su mercati che consentono lo scambio con valute di corso legale. Si tratta non di una passività emessa dalla Banca Centrale come il contante, infatti non è moneta legale ma non nel senso che il suo utilizzo è illegittimo, nel senso che non è riconosciuta dallo Stato come quella moneta che ha vincolativamente il potere di estinguere le obbligazioni.
Alla base di tali monete virtuali vi sono complessi calcoli matematici e algoritmici, che possono essere riassunti con il termine di blockhain. Il termine di criptovaluta vuol dire valuta nascosta. È infatti una entità che può essere utilizzata solo se si possiede uno specifico codice attraverso cui è consentito l’accesso alla piattaforma.
Coloro che detengono tali portafogli sono anonimi e le transazioni sono tecnicamente irreversibili, nel senso che, una volta compiute, non possono essere annullate. Bisogna chiedersi in primis se i Bitcoin possono essere inquadrati in quella definizione di moneta tradizionale, perché sul punto non vi è unanimità di vedute. Gran parte della dottrina per esempio afferma che i Bitcoin non possono essere qualificati come moneta in quanto non rientrerebbero nelle varie definizioni teoriche di moneta stessa. La teoria statalista sostiene per esempio, che il Bitcoin non possiede la forza liberatoria delle obbligazioni proprio perché ad oggi, gli Stati non lo hanno individuato come moneta avente corso legale. Il creditore per tanto sarà sempre libero di rifiutare una prestazione che ha ad oggetto un pagamento in Bitcoin. Si è di fronte insomma ad una datio in solutum e non potrebbe quindi, estinguere l’obbligazione senza il consenso del creditore.
A causa della sua versatilità è possibile che qualsiasi inquadramento nel nostro ordinamento che canalizzi una nozione di Bitcoin, potrebbe risultare inadatta e comportare effetti negativi. Vi è innanzi tutto chi ha tentato, ai sensi dell’articolo 810 del codice civile, di inquadrare la moneta virtuale come un bene giuridico immateriale. Un bene giuridico meritevole di tutela in virtù di interessi economici ad esso sotteso, un bene oggetto di diritti.
Una sentenza del T.A.R. del Lazio, nella sentenza del 27 gennaio 2020 in merito ad una controversia dell’Agenzia delle Entrate, ha disposto proprio in relazione alla natura di tali monete, che le valute virtuali devono essere qualificati come beni immateriali, non svolgendo le funzioni tipiche della moneta, di unità di conto e di riserva di valore, nonostante la possibilità di utilizzarle come mezzi di scambio per via consensuale fra le parti, quindi è sempre limitato da una accettazione incerta.
La criptovaluta esprime digitalmente un valore, ecco perché infondo ha una affinità con il concetto di moneta classica che non è altro che la rappresentazione di un valore. Il fatto che la criptovaluta sia totalmente estranea ad una politica monetaria però, crea una frattura inevitabile tale da rendere impossibile assimilarla al concetto di moneta tradizionale. Nonostante venga identificata con il termine di moneta virtuale in realtà si tratta chiaramente di un fenomeno differenziato rispetto a quello della moneta in senso proprio. La criptovaluta rappresenta un nuovo bene immateriale, fungibile e limitato. La moneta virtuale altro non è che la rappresentazione di un valore virtuale, posizionabile nella categoria dei beni fungibili. Qualificare la cryptocurrency come bene comporta secondo alcuni, che il pagamento di beni e servizi venga qualificato come una vera e propria permuta. Nel caso in cui il Bitcoin sia trasferito al fine di estinguere un’obbligazione in denaro si è dinnanzi, ai sensi dell’articolo 1197 c.c., ad una prestazione in luogo di adempimento. Oppure ancora, se al sorgere di una obbligazione pecuniaria viene offerta la possibilità di una datio in Bitcoin, si è di fronte ad una obbligazione alternativa. La dottrina maggioritaria quindi ritiene assai lontana la valuta virtuale dal sistema predisposto dall’articolo 1277 c.c. poiché la criptovaluta non può essere lontanamente equiparata ad una moneta avente corso legale in uno Stato
Qualificare la valuta virtuale come bene è un modo che consente di inquadrare in base alla disciplina civilistica alcuni meccanismi del mercato dedicati alla moneta virtuale stessa. Non bisogna dimenticare che si tratta di un fenomeno astratto e quindi, ci si domanda in che modo l’utente acquisti e gestisca il guadagno virtuale racchiuso nella criptovaluta.
È fondamentale quindi, inquadrare dal punto di vita giuridico, il rapporto che sussiste tra il soggetto gestore di una piattaforma di deposito e scambio fra utenti e gli utenti stessi. Già di per sé questo rapporto permette di individuare i confini della responsabilità della piattaforma nei confronti degli utilizzatori-utenti. È inevitabile sottolineare come ci si trovi di fronte ad un profilo civilistico nuovo. Una delle prime impostazioni ed interpretazioni riguarda la qualificazione dei gestori delle piattaforme come prestatori di servizi che hanno ad oggetto la valuta virtuale e questo ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2007 modificato dal decreto legge n.90 del 2017. Secondo questa normativa gli utenti risulterebbero avvantaggiati dalla piattaforma solo al fine di realizzare scambi tra loro, senza alcun coinvolgimento del gestore, il quale sarebbe semplicemente colui che mette a disposizione la piattaforma-portale per garantire negoziazioni fra privati. In virtù di tale qualificazione, non dovrebbe sussistere nessun obbligo di custodia o di restituzione che gravi sul gestore, il quale rappresenta appunto, colui che si limita ad offrire una piattaforma telematica di scambio fra terzi soggetti a lui estranei. Questa qualificazione risulta favorevole e difensiva della posizione del gestore del caso in questione, ma pone qualche dubbio rispetto all’esonerare completamente il gestore stesso da ogni tipo di responsabilità nei casi di ammanchi consistenti di criptomoneta, magari dovuta ad una fallace gestione di sicurezza del software utilizzato. In alcuni casi potrebbe essere prevista nelle condizioni generali d’uso della piattaforma, una clausola di limitazione della responsabilità del gestore in merito ai rischi circa il corretto funzionamento della criptomoneta, e secondo parte della dottrina, tale esonero non rientrerebbe comunque nelle ipotesi di esonero stabilite dall’articolo 1229 del codice civile.
Secondo una impostazione, in quanto bene capace di formare oggetto di diritto ai sensi dell’articolo 810 c.c., in questo mercato apposito, ogni utente ha un profilo nel quale collocare le sue monete virtuali, che può scambiare secondo lo schema tipico della permuta, possono essere prelevate e trasferite anche su portafogli esterni.
Fino a che le criptomonete si trovano sulla piattaforma non sono conservate all’interno del singolo portafoglio ma, vengono raccolte da alcuni wallet individuali dentro una sorta di conto unico che fa capo alla piattaforma. Il gestore della piattaforma quindi esercita una sorta di controllo sulle operazioni da parte degli utenti, poiché questi non possono effettuare prelievi o trasferimenti se non attraverso un codice informatico che rappresenterebbe una sorta di consenso da parte del gestor del conto centralizzato. Si tratterebbe allora, della configurazione di un deposito irregolare. Ai sensi dell’articolo 1782 c.c. «se il deposito ha per oggetto una quantità di denaro o di altre cose fungibili, con facoltà per il depositario di servirsene, questi ne acquista la proprietà ed è tenuto a restituirne altrettante della stessa specie e qualità. In tal caso si osservano, in quanto applicabili, le norme relative al mutuo». Il deposito irregolare può essere utilizzato per inquadrare il rapporto che sussiste tra l’utente che utilizza la criptomoneta e il titolare della piattaforma virtuale. Il fatto che il gestore abbia la piena disponibilità di criptomonete fungibili è l’elemento caratteristico che collegherebbe il fenomeno al deposito irregolare, e questa disponibilità perciò è l’elemento che permette di rinvenire nel gestore stesso un potere-dovere di supervisione e controllo sulle operazioni svolte nella piattaforma
Collegare la figura del deposito irregolare a quella della gestione della piattaforma online di criptovalute obbliga inevitabilmente il depositario gestore a risarcire il danno nei confronti del soggetto-utente a cui non viene garantita l’esecuzione della sua richiesta di restituzione di una quantità di beni fungibili della medesima specie e quantità ai sensi del già citato articolo 1782 c.c.
Secondo diversi economisti non è possibile utilizzare come mezzo di pagamento uno strumento che si basa sulla segretezza, se l’obbiettivo generale e globale è quello di creare un sistema bancario trasparente che lotti contro l’evasione fiscale.
In che limiti, i Bitcoin possano rientrare nell’ambito applicativo degli articoli 1277-1278 c.c.?
La modalità di pagamento tramite Bitcoin non è intermediata da banche, ma da utenti singoli, che collegandosi alla rete svolgono transazioni. Come già accennato è discusso se la moneta sia un bene in senso giuridico ai sensi dell’articolo 810 c.c., infatti molti affermano che in realtà il diritto di proprietà ai sensi dell’articolo 832 c.c. potrebbe rappresentare un importante ostacolo nel qualificare la moneta come bene giuridico. Tale ultima disposizione qualifica la possibilità di godere e disporre esclusivamente di un bene. Ecco, della moneta si può disporre ma difficilmente se ne può godere: la funzione della moneta intesa come strumento di pagamento comporta la sua cessione ad altri come corrispettivo. Se la moneta non è un bene giuridico, ed il Bitcoin non può essere qualificato come moneta, ancor di più è sostenibile la tesi che equipara la criptovaluta come bene giuridico ai sensi dell’articolo 810 c.c.
Le monete virtuali possono essere qualificate semplicemente come mezzi o beni idonei ad adempiere alle obbligazioni se le parti lo vogliono. Sulla sua natura la BCE si è espressa, deducendo che si tratti di monete prive di apparati normativi attraverso la quale è possibile stabilirne la funzione di mezzo di adempimento obbligazionario, e quindi non sono moneta. Tra le difficoltà sollevate, si pensi alle questioni ereditarie quando l’eredità è fondata solo su criptovalute. La questione è nata in virtù di un accaduto del nove dicembre Gerald Cotten morì in India, malato ormai da tempo. Il Sig. Cotten era l’unico che era a conoscenza della password di accesso alla piattaforma QuadrigaCX: da quando il fondatore morì nessuno è stato in grado di accedere alla piattaforma, causando la perdita complessivamente di un patrimonio di 150 milioni di dollari espresse in criptovaluta. La vedova Jennifer Robertson ha dichiarò alla Corte Suprema di non conoscere la password per poter accedere alla piattaforma tramite il Pc personale del de cuius. Questo accaduto potrebbe esprimere nuovamente i limiti che pone questo mondo monetario virtuale e digitale, poiché manca un quadro normativo capace di garantire tutele adeguate in situazioni del genere come quelle ereditarie e non solo. Se le chiavi di accesso le conosce solo chi muore, è impossibile sapere se una persona detenga una fortuna o non detenga niente, poiché i c.d. portafogli contengono numeri illimitati di indirizzi, a cui vengono assegnati numeri sconosciuti di Bitcoin.
L’assenza di strumenti di risoluzione delle controversie e quindi di un sistema a tutela delle parti comporta la presenza di elevati rischi per gli utenti, per esempio una eventuale inadempimento o frode, potrà risolversi tramite il consenso e l’accordo volontario delle parti.
La direttiva dell’Unione Europea del 2018 n. 843 costituisce un primo intervento europeo derivante dal crescente allarme legato al rischio di attività illecite attraverso l’utilizzo di valute virtuali. In Italia però il Decreto Legislativo n. 231 del 2007 ha anticipatamente cercato di qualificare la criptovaluta come una rappresentazione digitale di valore, non emessa da banca centrale o da un autorità pubblica, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi, trasferita e archiviata elettronicamente: approccio confermato anche dalla direttiva V antiriciclaggio recepita con il Decreto Legislativo del 4 Ottobre del 2019 n.125 che ha ampliato certamente la definizione della criptovaluta. Si tratta quindi sempre di una rappresentazione di valore che non necessariamente debba essere collegata ad una moneta avente corso legale: è evidente sul piano giuridico che si è delineato e qualificato un fenomeno difficilmente codificabile. Le valute di cui tratta il precedente citato decreto legislativo del 2007 n. 231, include nella definizione di valuta virtuale, non solo quelle in senso stretto, ma anche le varie tipologie di cripto-asset e tutte le finalità sottese alla loro emissione e circolazione. Questa inclusione ampia e generale implica che nella qualificazione di criptovalute possono sussistere sia assetriconducibili alla categoria dei beni, ai sensi dell’articolo 810 c.c., di documenti, o titoli di legittimazione, di strumenti finanziari, a seconda di come vengono emessi o di come avviene la circolazione. In via conclusiva, il quadro normativo posto in essere relativo alla prevenzione del reato di riciclaggio di denaro e finanziamento di attività terroristiche tramite il settore delle criptovalute è ancora prettamente agli albori.
Se la criptovaluta non è una moneta, conseguentemente non è considerabile come uno strumento finanziario, ma è un valore che rappresenta relativi diritti ad esso connesso, la considerazione di criptovaluta come bene giuridico sembrerebbe maggiormente confermarsi. Ai sensi dell’articolo 810 c.c.:” Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”. Infatti, sebbene sia chiaro che si è di fronte ad una categoria nuova suscettibile di una autonoma disciplina, non è detto che semplicemente per il fatto che si tratti di entità di componente tecnologica e virtuale, non possano essere compresi nelle definizioni già esistenti all’interno del nostro codice civile ed all’interno del nostro ordinamento in generale. Inquadrare la criptoattività nella categoria dei beni giuridici, significherebbe applicare la normativa esistente relativa ad essi.109 Il contenuto della definizione adottata dalla Consob, conferma il suo approccio volto alla necessaria inquadratura e regolamentazione del fenomeno. Se le criptovalute non sono monete ma beni giuridici ai sensi dell’articolo 810 c.c., è valevole inevitabilmente la relazione opposta secondo la quale la moneta non può essere qualificata come bene giuridico. La moneta rappresenta infatti, la disciplina giuridica di un potere economico, della sua disponibilità e del suo esercizio. Tale affermazione richiede qualche passo a ritroso partendo proprio dalla concezione tradizionale che identifica la moneta con la res. Tale identificazione consentiva di ricorrere allo schema proprietario, secondo cui con il pagamento si realizza il trasferimento della titolarità dei pezzi monetari al creditore. Ricondurre il denaro alla categoria dei diritti reali si è dimostrato complesso tanto che ha spinto gran parte della dottrina ad escludere la moneta dal regime giuridico posto ai sensi dell’articolo 810 c.c. La disponibilità di una certa somma di denaro quindi, andrebbe più che altro a configurare un’unica situazione giuridica, ma non riconducibile alla tradizionale ripartizione dei rapporti giuridici in reali e obbligatori. La qualificazione della criptovaluta non può prescindere dalla qualificazione giuridica della moneta. Quanto appena esposto dimostra ulteriormente l’inidoneità del diritto di proprietà a rappresentare il legame che sussiste tra soggetto e banconota. Il diritto di proprietà infatti è caratterizzato dal potere di godimento e di disponibilità. Alla moneta sicuramente non appartiene il primo dei poteri indicati essendo che l’utilità monetaria si risolve nel compiere nuovi acquisti e quindi nel perdere il possesso monetario. Ancora, in relazione alla situazione possessoria, laddove i beni materiali assorbono una situazione di possesso tale da ampliare la sfera giuridica patrimoniale del titolare mediante l’ingresso del bene, con riguardo alla moneta il possesso delle banconote realizza una situazione dinamica, il cui utilizzo realizza una uscita del relativo valore dalla sfera giuridica del disponente. Logiche diverse e diverse discipline che rendono difficile l’identificazione del denaro con le banconote, poiché non rileva il substrato materiale, tanto da spingere la dottrina a qualificare la moneta, un bene immateriale: anche questa impostazione però ha suscitato forti dubbi. Le entità immateriali infatti, sono dei beni strumentali, attraverso lo sfruttamento economico di quest’ultime si realizza la loro utilità: si pensi alle opere di ingegno. Pur individuando nella moneta una certa strumentalità, non significa necessariamente che i fenomeni possano essere sovrapposti. L’opera di ingegno è di per se idonea a conferire diverse utilità, tra cui il diritto di esclusiva. Pur mancando di rappresentazione concreta e reale, l’idea di ingegno conserva una sua rilevanza giuridica poiché si ogettivizza nel bene di nuova realizzazione ed invenzione, stillato dall’idea stessa. L’ordinamento 93 semplicemente si limita a riconoscere una realtà esistente in natura, idonea a conferire una utilità diretta. Per la moneta non è così. L’utilità conferita alla moneta richiede inevitabilmente l’intervento normativo: il denaro non rappresenta un bene esistente in natura. Quindi manca quella fase di oggettivizzazione che si realizza nei beni immateriali in quanto non sussiste una realtà naturale da riconoscere o qualificare, è l’ordinamento che selezionando gli interessi meritevoli, da vita a quell’utilità che il denaro può realizzare. La moneta è una produzione del diritto: e si risolve quindi in una disciplina applicabile allo scambio di beni e servizi. Tali argomentazioni inducono in definitiva a non poter qualificare la moneta come entità alla quale è applicabile la disciplina dei diritti reali né di credito.
Considerazioni finali
Il mercato dei Bitcoin attualmente rappresenta quello di maggiore valore che ha dato vita ad una vera e propria guerra dei soldi, chi investe in Bitcoin ha tra i suoi principali obbiettivi quello del rendimento costante. Il Bitcoin è una entità virtuale di cui il prezzo è in continuo mutamento. Internet è oggi, una piattaforma attraverso la quale lo scambio di informazioni avviene senza alcun tipo di censura. In un mondo in cui lo scambio di informazioni è libero e infinito non c’è da meravigliarsi se ad un certo punto l’uomo è giunto persino a scambiare il valore. I sostenitori del mercato cripto hanno affermato addirittura di voler realizzare un sistema capace di sostituirsi interamente al sistema economico e di mercato odierno, tuttavia resta ancora, al momento, uno strumento di speculazione. Chi compra Bitcoin spera principalmente di arricchirsi. Tra le principali vicende recenti che hanno avuto a che fare con il fenomeno cripto si può prendere in considerazione quella di Elon Musk, imprenditore patron di Tesla che ha annunciato, all’interno di piattaforme social network, che avrebbe accettato pagamenti in Bitcoin. Questo annuncio ha generato un improvviso aumento del loro valore e poche settimane dopo, lo stesso Elon Musk ha messo in dubbio la sostenibilità ambientale delle monetecripto, causando un crollo del valore di Bitcoin di ben 40 mila dollari. Se ElonMusk avesse cercato di influenzare l’andamento di un titolo nel mercato concorrenziale attuale, al di fuori del sistema critpo, sarebbe stato accusato di reato, poiché avrebbe avuto un comportamento contrario alle norme imposte dalle autorità centrali. In mancanza di istituzioni o entità di controllo, è ovvio che per Elon Musk questo comportamento è stato possibile, poiché si è di fronte ad un meccanismo senza censure. Tornando alla sostenibilità ambientale dei Bitcon alla quale ha fatto riferimento anche Elon Musk, è un qualcosa che dovrebbe realmente essere preso in considerazione, soprattutto perché i così detti miners (minatori) di Bitcoin, per crearli utilizzano schede elettroniche particolarmente costose. I computer sono alimentati da diverse schede che risolvono con la loro potenzialità di calcolo, operazioni molto complesse. I miners cioè i minatori del futuro sono quindi armati di schede grafiche e processori che generano una vera e propria corsa all’oro del nuovo millennio. I miners hanno una strumentazione adatta alla creazione di criptovalute. Si tratta di una attrezzatura rara e costosissima ma che ha spinto alcuni ad utilizzare antiche miniere idroelettriche sfruttandole come miniere digitali mediante energia a basso costo. Vere e proprie macchine da soldi. E’ proprio da qui che si afferma l’insostenibilità ambientale dei Bitcoin. Infatti dietro questi ultimi vi è una vera e propria ideologia: eliminare totalmente gli intermediari finanziari che in questo momento hanno soffocato il sistema monetario e creare una vera e propria moneta del popolo e riprodurre in sostanza la scarsità dell’oro: così come l’oro è prezioso in quanto scarso, anche il valore dei Bitcoin sale quanto più è difficile ottenerli. Siamo di fronte ad una delle innovazioni più grandi da un punto di vista digitale ed ecco cosa sono i miners in realtà: dei veri e propri certificatori di transazioni. Se però dietro l’atto di un bonifico vi è la banca atta a certificare la sicurezza della transazione, i blockhain che sono qualificabili come gli atti di trasferimento, sono controllati dai miners. I miners certificano la sicurezza delle transazioni. L’industria generata da questo meccanismo è diventata gigantesca. E’ ovvio che grande potenza di calcolo implica grande utilizzo di energia a basso costo. Gli esempi che è possibile riportare derivano proprio dal territorio Italiano. a Vincenza è stata istituita all’interno di una antica miniera metallurgica una struttura per la realizzazione di miners: è stata tramutata quindi, in una struttura che ospita al suo interno grandi e potenti macchinari che generano criptovaluta Bitcoin. Il meccanismo è quello di convertire l’energia in potenza di calcolo per produrre valuta virtuale. A Vicenza è nata addirittura una sturt up che produce impianti di calcolo al fine di fornire i macchinari per i miners di bitcoin. Un Bitcoin vale miliardi, oggi. In Trentino per esempio sussiste la Bitcoin Valley, un laboratorio che produce il Bitcoin. In Trentino è possibile incontrare giornalai che accettano pagametni in Bitcoin ed anche i saloni di bellezza. Finchèla domanda di 99 Bitcoin cresce, cresce anche il suo consumo energetico e questo richiederà sempre maggiore sfruttamento del consumo energetico, di vecchie centrali in disuso molte delle quali ancora alimentate con carbonio e fossili, particolarmente inquinanti. Le manifestazioni di coloro che lottano contro la tutela del nostro ecosistema ambientale sono state numerosissime. Buffalo negli USA per esempio è un territorio che presenta all’incirca 49 impianti. L’importanza di analizzare il ruolo e lo sviluppo incessante dei Bitcoin deriva dal fatto che alla base dei fautori di tali sistemi vi è la volontà di annientare gli intermediari finanziari e la macchinosa struttura formata da istituzioni economiche e politiche. L’obbiettivo principale dei sostenitori della moneta virtuale è proprio quello di sostituire il sistema economico globale attuale, che si fonda sulla esistenza di monete legali, e sulla regolamentazione monetaria proveniente dal sistema bancario. Tuttavia la vigilanza delle banche ad oggi è necessaria al fine di garantire la tutela dei contraenti, dei consociati e del mercato concorrenziale. L’obbiettivo principale di questo elaborato ha riguardo la possibilità di individuare un inquadramento giuridico delle così dette criptovalute, poiché in mancanza di una specifica regolamentazione, qualificare tali entità all’interno del nostro ordinamento ed incardinarle negli schemi giuridici di istituti già presenti, consente una possibile regolamentazione, evitando vuoti normativi ma soprattutto vuoti di tutela e di garanzie.
Lasciare scoperti fenomeni così impellenti e di rapida crescita potrebbe infatti rappresentare un pericolo per le strutture democratiche attuali.
Nonostante possano esserci questioni giuridiche ancora aperte, e su cui diversi studiosi cercano di orientarsi, un intervento congruo tra economisti, informatici, giuristi è importante al fine di infrangere in via definitiva le barriere che li divide. L’unione di esperti e di tali discipline potrebbe affrontare la sfida di realizzare una tecnologia adatta al fine di contrastare i vuoti normativi che inevitabilmente agevolano non sono fenomeni criminali, ma instabilità di mercato, elementi che ledono e che potrebbero ledere ancor di più il nostro sistema economico e conseguentemente la vita di ogni individuo.
FONTE: http://www.salvisjuribus.it/bitcoin-monete-o-beni/
PANORAMA INTERNAZIONALE
“Manovrano i governi”. Scoperta la super-lobby Usa che manovra i politici per cambiare le leggi
Paolo Biondani e Leo Sisti hanno pubblicato su L’Espresso un’inchiesta esplosiva su Uber, il colosso multinazionale che ha rivoluzionato il sistema dei trasporti privati con le nuove tecnologie di Internet. È un’app conosciutissima e utilizzatissima e che in Italia soprattutto ha creato non pochi problemi, soprattutto al settore dei taxi. Cosa emerge dalle carte segrete? Scrive L’Espresso: “Lavoratori sfruttati, sottopagati, spiati, licenziati senza preavviso né giustificazione. Programmi segreti per bloccare i computer aziendali durante le perquisizioni di polizia. Soldi spostati nei paradisi fiscali per non pagare le tasse, mentre nei bilanci ufficiali vengono esposte perdite miliardarie. Accordi da centinaia di milioni con gli oligarchi e i banchieri russi più vicini a Putin. E una massiccia attività di lobby per reclutare politici, comprare consensi, condizionare e orientare leggi e regolamenti in tutto il mondo”. Sono questi i segreti di Uber.
La multinazionale, si diceva, proprio in Italia in questi giorni è al centro delle proteste e degli scioperi dei sindacati dei taxi, che accusano il governo Draghi di aver varato una riforma su misura, ora all’esame finale del Parlamento, per favorire il colosso californiano. “Uber Files è il nome di questa inchiesta giornalistica che ha unito più di 180 cronisti di 44 testate internazionali, tra cui L’Espresso in esclusiva per l’Italia. I reporter di 29 nazioni hanno analizzato per più di sei mesi, insieme, oltre 124 mila documenti interni della multinazionale, ottenuti dal quotidiano inglese The Guardian e condivisi con l’International Consortium of Investigative Journalists (Icij). Le notizie scoperte grazie a questo lavoro collettivo è basato su materiale che va dal 2013 al 2017 e comprende circa 83 mila email dei manager di Uber: quattro anni di messaggi e comunicazioni riservate che rivelano, in particolare, le pressioni su politici e amministratori pubblici di decine di nazioni, per evitare procedimenti giudiziari e piegare le norme statali agli interessi della multinazionale”.
Casi mai emersi prima, che chiamano in causa personalità di altissimo livello “come l’attuale presidente francese Emmanuel Macron e l’ex vicepresidente della Commissione europea Neelie Kroos. «Italy – Operation Renzi» è il nome in codice di una campagna di pressione organizzata dalla multinazionale, dal 2014 e il 2016, con l’obiettivo di agganciare e condizionare l’allora presidente del consiglio e alcuni ministri e parlamentari del Pd. Nelle mail dei manager americani, Matteo Renzi viene definito «un entusiastico sostenitore di Uber». Per avvicinare l’allora capo del governo italiano la multinazionale ha utilizzato, oltre ai propri lobbisti, personalità istituzionali come John Phillips, in quegli anni ambasciatore degli Stati Uniti a Roma. Il leader di Italia Viva ha risposto alle domande de L’Espresso spiegando di non aver «mai seguito personalmente» le questioni dei taxi e dei trasporti, che venivano gestite «a livello ministeriale, non dal primo ministro». Renzi conferma di aver incontrato più volte l’ambasciatore Phillips, ma non ricorda di aver mai parlato di Uber con lui o con altri lobbisti americani. E comunque il governo Renzi non ha approvato alcun provvedimento a favore del colosso californiano”.
“Un autorevole intervento politico a favore di Uber risulta documentato in Francia, che nel 2015 era attraversata da un’ondata di proteste dei taxi contro la multinazionale americana, con motivazioni molto simili alle agitazioni di oggi in Italia. Dopo giorni di scontri in diverse città, il 20 ottobre le autorità di Marsiglia decisero di sospendere Uber, dichiarando illegale la sua attività per mancanza delle licenze pubbliche richieste dalla legge francese (come da quella italiana, in attesa della prevista riforma) per tutti i tassisti e autisti privati. Il giorno dopo, il manager Mark MacGann, responsabile delle politiche aziendali di Uber in Europa, ha mandato una mail a Macron, allora ministro dell’Economia, chiedendogli apertamente di intervenire sulla prefettura. Macron gli ha risposto alle 6.54 del mattino del 22 ottobre 2015, con questo messaggio: «Me ne occuperò personalmente. Restiamo calmi in questo momento». La sera stessa, le autorità di Marsiglia hanno modificato il provvedimento in un modo che i manager di Uber hanno festeggiato come una vittoria. A quel punto MacGann ha ringraziato personalmente Macron per la «buona cooperazione del suo ufficio»: «Grazie per il vostro supporto»”.
Il caso francese non è isolato: è la prassi di questa multinazionale. “Negli Uber Files si legge che tra il 2014 e il 2016 i manager e i lobbisti di Uber hanno avuto più di 100 incontri riservati con leader politici ed esponenti delle istituzioni di decine di nazioni, tra cui almeno 12 rappresentanti della Commissione europea. Questi «meeting» non erano mai stati rivelati prima d’ora. Dalle carte aziendali emerge una schedatura di oltre 1.800 esponenti della politica e delle istituzioni di mezzo mondo che vengono indicati come obiettivi delle attività di lobby della multinazionale. I documenti mostrano che in quegli anni i massimi dirigenti della società hanno incontrato, tra gli altri, l’allora vicepresidente americano Joe Biden, il capo del governo israeliano Benjamin Netanyahu, il primo ministro irlandese Enda Kenny, il presidente dell’Estonia Toomas Hendrik e molti altri leader allora in carica, chiedendo a tutti di cambiare leggi o pronunciarsi a favore della multinazionale”.
“Il colosso americano del noleggio di autisti ha assunto decine di ex politici e funzionari pubblici, trasformandoli in propri manager e lobbisti. Un caso esemplare riguarda Neelie Kroes, che è stata ministro dei trasporti nel governo olandese e vicepresidente della Commissione europea con delega alla concorrenza fino all’ottobre 2014, con competenze strategiche per Uber. Cessata la carica pubblica, le regole della Ue vietano di farsi assumere da aziende private per almeno 18 mesi, per evitare conflitti d’interesse. Un anno dopo aver lasciato la Commissione, Kroes ha chiesto di essere autorizzata a ottenere entrare nel comitato dei consulenti di Uber con un contratto retribuito. La Commissione ha respinto la sua richiesta. Gli Uber Files ora rivelano che in quel periodo, nonostante il divieto, Neelie Kroes ha fatto pressioni su un ministro e altri esponenti del governo olandese «per obbligare le autorità di controllo e la polizia a lasciar cadere» un’indagine sulla sede europea di Uber ad Amsterdam, come si legge nelle carte”.
“Tra il 2013 e il 2017, nei quattro anni coperti dagli Uber Files, la multinazionale americana ha lanciato un’aggressiva strategia di conquista di nuovi mercati, scontrandosi con le leggi e le autorità di controllo in diversi paesi, dall’Europa all’India, dalla Thailandia agli stessi Stati Uniti. Per affermarsi e sconfiggere la concorrenza dei taxi, ha adottato una filosofia aziendale del fatto compiuto, che viene riassunta dagli stessi top manager di Uber con frasi sconcertanti. «Siamo fottutamente illegali». «Meglio chiedere il perdono che il permesso». «Prima partiamo con l’attività, poi arriva la tempesta di merda delle regole e controlli». Le carte interne della multinazionale descrivono anche un programma informatico segreto, chiamato in gergo «Kill switch», che interrompe i collegamenti con la rete dei computer aziendali e impedisce alle forze di polizia di acquisire i dati in caso di perquisizioni o controlli”. Dall’Europa all’Asia, dall’Africa al Sudamerica, l’arrivo di Uber, che ha potuto approfittare della mancanza di regole e controlli degli Stati nazionali sulle piattaforme di Internet, ha scatenato ondate di proteste delle organizzazioni dei taxi e degli autisti privati, che per lavorare hanno invece bisogno di ottenere costose e contingentate licenze pubbliche.
Un’indagine penale della Guardia di Finanza e della Procura di Milano, con il pm Paolo Storari, ha portato al commissariamento, dall’aprile 2020 al marzo 2021, di Uber Italy. “La filiale italiana della multinazionale è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria con l’accusa-shock di caporalato, cioè di sfruttamento criminale della manodopera attraverso un giro di intermediari. Le vittime sono decine di immigrati molto poveri, africani e asiatici, che dal 2018 al 2020 consegnavano cibo in bicicletta, a Milano, Torino, Roma e altre città, per salari bassissimi (3 euro a consegna, per qualsiasi distanza, per un totale di 300-400 euro al mese al massimo) senza ottenere contratti, assicurazioni, misure di sicurezza e contributi sanitari e pensionistici. Gli intermediari sono già stati condannati in tribunale, mentre una dirigente di Uber è in attesa del processo di primo grado e si proclama innocente”.
Si invita alla lettura completa dell’inchiesta su L’Espresso.
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FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/segreti-uber-inchiesta-espresso/
La Francia è pericolosa per gli ebrei
di Guy Millière • 8 luglio 2022
Lione, Francia. 17 maggio 2022. Quartiere della Duchère. René Hadjadj, un ebreo di 89 anni è stato defenestrato dal 17° piano, un gesto che è stato subito considerato un omicidio. L’assassino è Rachid Kheniche, un arabo musulmano di 51 anni, con un account Twitter contenente numerosi messaggi antisemiti. Il procuratore, che nel frattempo ha riconsiderato in parte la sua posizione, ha subito dichiarato che l’omicidio non è stato un crimine antisemita. I media mainstream non hanno mai denunciato l’omicidio; soltanto i quotidiani ebraici lo hanno fatto. La famiglia della vittima, che vive nello stesso quartiere, ha dichiarato di voler rimanere in silenzio.
I giornalisti hanno analizzato la situazione degli ebrei in quartieri come La Duchère. Le risposte delle famiglie intervistate sono sempre le stesse: continue vessazioni e minacce da parte dei musulmani. Le famiglie aggiungono che la situazione dei cristiani e dei non musulmani è più o meno la stessa: i non musulmani che hanno i mezzi per trasferirsi si spostano in quartieri più sicuri. Chi resta non può permettersi un trasloco. Ma soprattutto gli ebrei sono a rischio. Una giornalista, Noémie Halioua, ha recentemente pubblicato un libro sull’argomento, Les uns contre les autres (“Gli uni contro gli altri”).
La Duchère è uno dei quartieri che viene definito dal governo francese “zona urbana sensibile“. Tali quartieri dovrebbero essere più accuratamente chiamati “no-go zones“, ma le autorità francesi e i principali media francesi affermano che le “no-go zones”, che sono sparse in tutto il Paese, non esistono in Francia. La polizia, tuttavia, ne ha finora individuate 751.
Tali aree sono pressoché esclusivamente popolate da musulmani arabi e africani che vivono insieme e hanno le proprie regole e il proprio codice comportamentale. Le bande musulmane, ad esempio, non derubano né attaccano altri musulmani presenti. Queste “zone urbane sensibili” sono enclave islamiche semiautonome sul territorio francese. Sono controllate da gang musulmane e la legge che vi regna è essenzialmente quella delle bande e degli imam radicali.
Il resto del Paese è territorio francese, ma coloro che vivono nel resto della Francia sanno che potrebbero essere attaccati da persone provenienti dalle “zone urbane sensibili” e che gli aggressori hanno buone possibilità di rimanere impuniti. Le rapine, le aggressioni gratuite e gli omicidi stanno aumentando rapidamente in tutte le città francesi e a volte possono essere atti barbari. Il 10 maggio, ad esempio, Alban Gervaise, un medico, se ne stava seduto su una panchina ad aspettare i suoi figli davanti a una scuola cattolica di Marsiglia, quando è stato accoltellato a morte da un uomo che ha detto di agire “in nome di Allah”. Altre persone lì presenti, paralizzate dalla paura, non hanno reagito: si sono limitate a descrivere alla polizia ciò che avevano visto. La stampa ha appena menzionato l’omicidio. Atti criminali di questo tipo sono sempre più frequenti.
La polizia non entra quasi mai nelle “zone urbane sensibili” e il governo francese chiede agli agenti di andarci il meno spesso possibile. In questi quartieri, quando i gruppi criminali commettono un crimine e la polizia li insegue, i membri delle bande confidano nel fatto che le forze dell’ordine si fermeranno ai margini del distretto, e non vi entreranno. Presumono anche che se uno dei membri di una gang viene ferito o ucciso dalla polizia, il quartiere andrà in fiamme e che se uno di loro viene arrestato, verrà rapidamente rilasciato da un magistrato. Da quando nel 2005 le rivolte hanno portato la Francia sull’orlo della guerra civile, i successivi governi francesi sono diventati consapevoli del fatto che le “zone urbane sensibili” possono esplodere rapidamente. Di recente, non è passato un anno in Francia senza che non ci fossero scontri.
Non sono molti i crimini antisemiti commessi nelle “zone urbane sensibili” ad essere registrati dalle autorità: i reati di entità minore commessi contro gli ebrei non portano quasi mai le vittime a sporgere denuncia. Le persone che vivono in queste aree temono giustamente che sporgere denuncia possa portare a rappresaglie contro di loro o contro le loro famiglie. Hadjadj è il primo ebreo francese ad essere stato assassinato in una “zona urbana sensibile” e l’atteggiamento della magistratura francese nei confronti del suo omicidio è simile al modo in cui da decenni considera tutti gli omicidi commessi ai danni di ebrei in Francia. In primo luogo, le autorità affermano sempre, il più rapidamente possibile, che l’omicidio di un ebreo non è affatto motivato dall’antisemitismo. Quando le prove contrarie si accumulano e diventano impossibili da negare, il movente antisemita può essere riconosciuto con riluttanza, come nel caso del rapimento, della tortura e dell’uccisione di Ilan Halimi, nel 2006; dell’omicidio di Sarah Halimi, nel 2017; e dell’assassinio di Mireille Knoll, nel 2018.
Il fatto che gli assassini siano generalmente musulmani incoraggia ulteriormente la magistratura francese a non parlare di antisemitismo. In effetti, è quasi un tabù parlare di qualsiasi atto di antisemitismo musulmano in Francia perché si presume che l’antisemitismo musulmano non esista. Tutte le organizzazioni dedite alla lotta all’antisemitismo prendono di mira soltanto “l’estrema Destra“, sebbene tutti gli attacchi e gli omicidi di ebrei siano commessi da musulmani.
Le autorità francesi sono estremamente caute riguardo all’Islam. Evitano di fare qualsiasi osservazione che potrebbe anche sembrare offensiva per i musulmani. Quando si verifica un omicidio di matrice antisemita, le autorità esprimono tristezza e indignazione, e poi lasciano perdere. Il presidente francese Emmanuel Macron ha menzionato l’omicidio di Sarah Halimi avvenuto il 4 aprile 2017 soltanto il 16 luglio 2017, più di tre mesi dopo. Macron si è limitato a dire che la corte deve “fare chiarezza sulla questione”. Un anno dopo, il 28 marzo 2018, cinque giorni dopo l’assassinio di Mireille Knoll, il presidente francese ha dichiarato che la donna “è stata uccisa perché ebrea” ed è stata vittima di “oscurantismo barbaro”. Più tardi, quello stesso giorno, migliaia di persone si sono radunate a Parigi per una marcia contro l’antisemitismo. Poi, sono tornate a casa.
Le autorità francesi non diranno che le “zone urbane sensibili” sono spesso gestite da bande musulmane. Il 3 ottobre 2018, il ministro dell’Interno francese Gérard Collomb ha affermato cautamente: “Oggi viviamo fianco a fianco, ma temo che domani potremmo ritrovarci gli uni contro gli altri”. Poco più di due anni dopo, il 29 gennaio 2021, il suo successore al dicastero dell’Interno, Gérald Darmanin ha ammesso che erano stati commessi “errori” di “urbanistica” e di “assegnazione degli alloggi sociali” che avevano probabilmente portato a un “contagio islamista”. Darmanin non ha fatto praticamente nulla per migliorare la situazione. Il numero delle “zone urbane sensibili” è lo stesso oggi di quando ne parlò lui: sono 751. Nel 2020, in Francia, c’erano 540 moschee islamiste che predicavano il jihad ; nel 2021, soltanto 22 di esse sono state chiuse.
Ne consegue che la criminalità sembra aumentare notevolmente in tutto il Paese. Tra il 2020 e il 2021 le aggressioni sessuali sono aumentate del 33 per cento; le percosse e le aggressioni del 12 per cento e gli omicidi del 4 per cento.
Le autorità francesi e i media mainstream parlano dei crimini, ma non ne danno una spiegazione, nel senso che i crimini sono in aumento, ma non vengono contrastati. In Francia, il 70 per cento dei detenuti è musulmano, mentre ufficialmente costituiscono soltanto l’8 per cento della popolazione, e la quasi totalità dei detenuti musulmani proviene dalle “zone urbane sensibili”. Questi fatti potrebbero aiutare coloro che se ne occupano a capire il problema, ma il governo francese non vuole documentare la religione o la razza delle persone accusate di crimini. Sebbene il rifiuto possa essere basato sulle migliori intenzioni, impedisce qualsiasi comprensione di ciò che sta accadendo e, di conseguenza, l’uso di qualsiasi mezzo per affrontarlo o impedirlo.
Il risultato è che la Francia è ora divisa religiosamente, etnicamente e geograficamente.
Per più di 20 anni, coloro che sono stati eletti per governare la Francia pur conoscendo la situazione non hanno fatto nulla per migliorarla. Si sono limitati ad aggiungere alla cecità delle misure che loro speravano avrebbero riportato la calma, ma che hanno solo peggiorato ulteriormente una situazione già in deterioramento. Hanno versato centinaia di milioni di euro nelle “zone urbane sensibili” per sovvenzionare molteplici “associazioni culturali” e ristrutturare edifici. Il denaro è finito spesso nelle tasche di politici corrotti e di leader delle gang. Gli edifici ristrutturati presto si deterioreranno di nuovo.
La possibilità di vedere cambiamenti politici che permettano alla Francia di sfuggire alla “grande sostituzione” che si profila all’orizzonte sembra quasi inesistente. Il numero di musulmani che si stabiliscono in Francia e diventano cittadini francesi continua ad aumentare (circa 400 mila immigrati dal mondo musulmano arrivano in Francia ogni anno e il tasso di natalità dei musulmani in Francia è superiore a quello dei non musulmani). Il voto musulmano ha acquisito un tale peso che ormai è quasi impossibile per un candidato essere eletto presidente senza di esso; estraniare i musulmani sarebbe un suicidio politico, come hanno dimostrato ancora una volta le recenti elezioni presidenziali francesi.
Nell’ottobre 2020 Macron ha affermato di voler combattere quello che ha definito il “separatismo islamista” e che dovrebbe essere approvata una legge in tal senso. È stato cauto nell’affermare che stava prendendo di mira l’islamismo, che ha definito come un’ideologia totalmente separata dall’Islam, e non l’Islam. Tuttavia, come spiegato nel 2007 dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan:
“Queste definizioni sono molto brutte, sono irrispettose e sono un insulto alla nostra religione. Non esiste un Islam moderato o smodato. L’Islam è l’Islam e questo è quanto”.
Non sorprende che le parole di Macron abbiano suscitato l’ira delle organizzazioni musulmane francesi. Manifestazioni di protesta contro la Francia si sono svolte in diversi Paesi del mondo musulmano. Macron ha immediatamente inviato il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian in Egitto per incontrare l’imam di al-Azhar al Cairo e per sottolineare solennemente il profondo rispetto della Francia per l’Islam. Nell’agosto 2021, è stata approvata una legge che “ribadisce il rispetto dei principi della Repubblica”. Tutti i riferimenti all’islamismo sono stati rimossi dal testo. Nelle settimane precedenti le elezioni presidenziali dell’aprile 2022, Macron ha promesso sovvenzioni a varie organizzazioni musulmane e ha ottenuto il sostegno da parte della Grande Moschea di Parigi, così come dal Rassemblement des musulmans de France, una delle due principali organizzazioni musulmane francesi.
Mentre Macron ha ricevuto una piccola percentuale di voti musulmani, per la prima volta in Francia un candidato ha beneficiato in modo massiccio dei consensi dell’elettorato musulmano. Si tratta di Jean-Luc Mélenchon, un marxista che ha ripetutamente affermato che la Francia doveva essere completamente aperta all’Islam. Mélenchon ha preso parte a una marcia contro l’Islamofobia che si è conclusa al grido di “Allahu Akbar” [“Allah è il più grande”].
Mélenchon candidato di La France Insoumise, ha ottenuto il 69 per cento dei voti musulmani francesi al primo turno delle elezioni. In tutte le città in cui i musulmani sono la maggioranza della popolazione, egli ha ricevuto più del 50 per cento dei consensi.
Un’altra sfidante di Macron nel 2022, Marine Le Pen, ha abbandonato il suo programma del 2017 e ha persino smesso di parlare di Islam e di immigrazione. Macron l’ha comunque demonizzata, come nel 2017, e ha vinto facilmente.
Il giornalista e scrittore Éric Zemmour è stato l’unico candidato alla presidenza che ha osato parlare dell’islamizzazione della Francia, dell’antisemitismo musulmano e della criminalità proveniente dalle “zone urbane sensibili”. Per settimane ha attirato abbastanza elettori ansiosi che i sondaggi lo prevedessero al secondo turno delle elezioni. Tutti gli altri candidati, di Destra o di Sinistra, hanno trascinato Zemmour nel fango e un mese prima delle elezioni è caduto bruscamente nei sondaggi. Al primo turno delle presidenziali, il giornalista francese ha raccolto pochi consensi per influenzare il dibattito.
Macron è stato eletto con un numero enorme di voti da parte di un elettorato di età superiore ai 65 anni. Mélenchon, oltre al voto musulmano, ha ricevuto un enorme sostegno da parte di elettori di età inferiore ai 34 anni. Il sistema scolastico francese è nelle mani di insegnanti che votano prevalentemente per la Sinistra e hanno influenza. Marine Le Pen ha ottenuto i voti delle classi popolari bianche, degli ex colletti blu ora condannati alla disoccupazione e della classe medio-bassa che era fuggita dai quartieri che sono diventati “zone urbane sensibili” quando le bande musulmane hanno iniziato ad averne il controllo.
L’attuale panorama politico francese sembra un campo di rovine. I due partiti che hanno governato la Francia per decenni – il Partito Socialista di François Hollande e il Partito Repubblicano di Nicolas Sarkozy – sono morti. Nelle elezioni del 2022, il candidato del Partito Socialista ha ottenuto l’1,75 per cento dei consensi e il candidato del Partito Repubblicano ha ricevuto il 4,78 per cento dei suffragi. Il Rassemblement National di Marine Le Pen resta segnato dal triste fatto che, quando si chiamava Front National, Jean Marie Le Pen, padre di Marine e fondatore del partito, era un palese antisemita. La parte dell’elettorato che la voterebbe sta gradualmente diminuendo. L’elettorato di Macron è per lo più vecchio e sta gradualmente scomparendo. Mélenchon, che vede che l’elettorato musulmano continuerà a crescere può ben calcolare che tra cinque anni avrà la possibilità di vincere.
Negli anni a venire, le “zone urbane sensibili” aumenteranno. E anche la sensazione di insicurezza pubblica, visto che non è stato fatto nulla per frenarla, continuerà a crescere. Per adattarsi alla situazione, Macron ha di recente nominato Ministro dell’Educazione Nazionale Pap Ndiaye, un uomo che guida la lotta contro il “privilegio bianco” e autore di un libro che elogia il movimento Black Lives Matter. Zemmour, durante la campagna elettorale, ha affermato che la Francia potrebbe scomparire presto. Se le tendenze attuali continuano, potrebbe avere ragione. Probabilmente Hadjadj non sarà l’ultima vittima di un antisemitismo che sta crescendo in Francia e in Europa e che quasi nessuno sembra intenzionato a combattere.
Guy Millière, insegna all’Università di Parigi ed è autore di 27 libri sulla Francia e l’Europa.
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/18689/francia-pericolosa-ebrei
Giappone: trionfo per i liberaldemocratici al governo, anche nel ricordo di Abe
Luglio 11, 2022 posted by Giuseppina Perlasca
Il governo di coalizione conservatore del Giappone ha aumentato la sua maggioranza nella camera alta del parlamento nelle elezioni di domenica, due giorni dopo l’assassinio dell’importante e rimpianto politico Shinzo Abe.
Abe, il leader moderno più longevo del Giappone, è stato ucciso venerdì durante un discorso di campagna elettorale nella città occidentale di Nara, in un omicidio che ha sconvolto un Paese in cui la violenza politica e i crimini con armi da fuoco sono rari. leggi tutto
Il Partito Liberal Democratico (LDP) del Primo Ministro Fumio Kishida, di cui Abe è rimasto un influente leader sino alla morte, e il suo partner minore Komeito hanno conquistato 76 dei 125 seggi contesi alla Camera, rispetto ai 69 precedenti, secondo un exit poll dell’emittente pubblica NHK ripresa da Reuters. In realtà leggendo i dati finali è stato soprattutto Ishin a vincere, mentre i Liberaldemocratici sono rimasti quasi invariati
L’LDP ha ottenuto 63 seggi, rispetto ai 55 precedenti, conquistando la maggioranza dei seggi contesi, ma non abbastanza per ottenere la maggioranza assoluta, per cui dovrà continuare a governare in alleanza con Ishin. le opposizioni hanno pagato l’estremo frazionamento politico fra una sinistra che ha poche alternative e una destra radicale.
Le elezioni per la meno potente camera alta del parlamento sono tipicamente un referendum sul governo in carica. Non era in gioco il cambio di governo, che viene deciso dalla Camera bassa, ma una conferma delle politiche attuali, anche in mezzo alla crisi energetica che sta colpendo il Giappone e che ha spinto il primo ministro Kishida a richiedere misure di risparmio energetico collettivo. Comunque un risultato importante che conferma il partito al governo, nell’ombra anche del ricordo di Shinzo Abe.
FONTE: https://scenarieconomici.it/giappone-trionfo-per-i-liberaldemocratici-al-governo-anche-nel-ricordo-di-abe/
A CHE PUNTO SIAMO?
Le attese coltivate dalle cancellerie occidentali, qui nell’Impero dei Buoni, erano di vedere una Russia che in breve tempo perdeva il suo slancio iniziale, finendo impantanata in una rasputiza di fango, sanzioni politiche, economiche e sconfitte militari via via più evidenti finché le armate russe avrebbero dovuto fermarsi e ritornare a Mosca a testa bassa e con la coda tra le gambe, sconfitte ed umiliate.
È difficile capire che cosa passi per la testa di molti analisti occidentali che negano l’evidenza o, almeno, non sospendono il giudizio in attesa degli eventi più definiti. Forse un mal riposto senso di patriottismo spinge alcuni a parteggiare sistematicamente per quella che è oramai la parte sbagliata fin dalla caduta del muro di Berlino e della dissoluzione dell’unione Sovietica. Pensando ad altri, viene alla mente anche Udo Ulfkotte, le necessità del vivere quotidiano e quei piccoli, irrinunciabili, lussi che rendono per taluni la vita così piacevole da far dimenticare di essere solo degli abili scribacchini a pagamento.
Malgrado l’impressionante numero di sanzioni che l’Occidente ha imposto alla Russia di Putin, malgrado l’aiuto militare, economico e di intelligence fornito al regime di Kiev, il Donbass è ora quasi interamente liberato e Mosca si preparata a liberare anche Odessa e la Transnistria. A meno che non succeda un inatteso stravolgimento sul campo a favore di Kiev e del suo presidente capace di suonare un pianoforte con il proprio pene, è molto probabile che la guerra terminerà con la vittoria russa e il conseguimento degli obiettivi che Mosca si era prefissa.
Quali obiettivi, nel medio e lungo termine? Leonid Savin, esperto russo di geopolitica, ha risposto alle nostre domande sul possibile futuro che ci attende.
1) Perché la politica estera americana è bloccata da decenni sui soliti binari che oramai conosciamo bene tutti?
R) La tecnica principale degli Stati Uniti è semplice. In politica interna si basa sulla formula del triangolo di ferro (corporazioni – lobby – governo) che si riflette anche sulla politica estera. Per le relazioni internazionali, invece, Washington utilizza il principio del bastone e della carota, mascherato dall’idea di hard power/soft power. Ma l’obiettivo è lo stesso: controllo delle risorse all’estero, dominio ed egemonia.
2) È possibile che la situazione attuale, compresa la guerra in Ucraina, sia dovuta ad una passata eccessiva ragionevolezza della Russia nei confronti dell’Occidente?
R) È a causa dell’irresponsabilità e della logica contorta dell’Occidente. Persino negli Stati Uniti molti scienziati e politici concordano sul fatto che la crisi in Ucraina sia il risultato dell’espansione della NATO spinta dagli Stati Uniti. Ora vediamo molte iniziative dei governi occidentali, soprattutto degli Stati Uniti, per isolare e separare la Russia. Lo spirito della guerra fredda è ancora nelle loro teste. Ma i tempi della guerra fredda sono finiti. La Russia non aspetterà di vedere come l’Occidente cercherà di distruggerla.
3) Casa Bianca, Pentagono e Dipartimento di Stato seguono tutti la medesima concordata linea d’azione? Oppure possiamo aspettarci un’altra “fronda dei generali” come successe per la Siria?
R) Sembra che la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato siano d’accordo sulla Russia. Il Pentagono è più cauto, ma segue gli ordini di Biden e Blinken. Recentemente il Dipartimento della Difesa ha annunciato che fornirà ulteriore assistenza all’Ucraina. In generale, quindi, vediamo una strategia unitaria contro la Russia.
4) Russia ma anche Germania. La crisi in Ucraina ha forse come bersaglio anche il castrare le aspirazioni di Berlino ad una maggiore indipendenza da Londra e Washington? Secondo lei, Berlino potrebbe aver cercato la protezione di Mosca negli anni passati portando avanti un’agenda a lungo termine?
R) L’asse Mosca-Berlino-Parigi è il peggior incubo per gli atlantisti. In realtà, nel libro di Brooks Adams scritto alla fine del 19° secolo si può trovare la tesi della necessità per gli Stati Uniti di impedire in futuro l’amicizia tra Cina, Russia e Germania a vantaggio di Washington. Gli Stati Uniti temono l’integrazione continentale dell’Eurasia in qualsiasi forma. Per questo motivo utilizzano la strategia del dividi et impera. Finora non c’è alcun segno che Berlino avvii una politica sovrana e indipendente. Alcuni ministri si limitano a fare passi da gigante. Abbiamo sentito che la Germania non fornirà più armi all’Ucraina perché deve mantenere la Bundeswehr in uno stato normale. È una buona notizia, ma non sufficiente. D’altra parte, la lezione della Russia sulle forniture di gas e sui prezzi sarà utile ai politici tedeschi per pensare nel modo giusto.
5) L’Operazione Militare Speciale in Ucraina sta procedendo secondo i piani?
R) Sì, proprio così. Si procede passo dopo passo. Non ci sono termini concreti, ma obiettivi. Ora la Repubblica Popolare di Lugansk è stata liberata. Il prossimo passo sarà la Repubblica Popolare di Donetsk e altre regioni dell’Ucraina. Ogni giorno ci sono meno possibilità per la dittatura di Zelensky e più opportunità per le prossime richieste russe.
6) Kyev rischia seriamente di trovarsi senza un qualsiasi sbocco sul mare e l’estensione del suo territorio largamente ridotta, anche a favore di alcuni suoi “amici” sul confine occidentale?
R) Gli “amici” della frontiera occidentale sono molto interessati a integrare queste parti dell’Ucraina nel proprio territorio alla prima occasione. Penso che questo tipo di occasione si presenterà presto. Ma anche la costa ha un’importanza strategica per l’Ucraina. Attualmente le regioni che producono la maggior parte del PIL dell’Ucraina (settori industriali del Sud-Est) sono sotto il controllo russo. Il porto di Odessa sarà un buon premio dopo altri successi nella regione di Zaporozhie e nella regione di Nikolaev, quando sarà sotto l’amministrazione russa (spero molto presto).
7) Può aggiornarci sui (purtroppo) famosi laboratori biologici americani in Ucraina?
R) L’ultima notizia riguardava il collegamento dei cittadini russi scomparsi in Ucraina dal 2014 e l’attività di questi laboratori. Ora le indagini sono in corso.
8) Parliamo di economia. Il sistema MIR rende la Russia indipendente da SWIFT e sicura da una sua eventuale esclusione?
R) All’interno della Russia possiamo usare Mastercard e Visa – non ci sono ancora problemi. Il MIR è più indipendente perché è un prodotto nazionale, ma all’estero è limitato. Ora i governi russi stanno negoziando per installarlo nei Paesi amici.
9) Come sarà la nuova moneta di riserva internazionale? Sarà esclusiva o convivrà con il dollaro?
R) Nel mercato azionario russo vediamo che lo yuan è più utile del dollaro USA. La Cina sta costruendo un proprio sistema di transazioni. Inoltre, Pechino e Mosca hanno concordato di organizzare un’altra valuta globale per evitare qualsiasi dipendenza.
10) Il momento unipolare americano si è chiuso definitivamente?
R) Sì, certamente. Ma come per ogni cambiamento globale, avremo delle turbolenze per qualche tempo.
11) Se mi permette, vorrei concludere con una domanda ingenua: perché i popoli occidentali sono ancora così convinti che i loro governi siano “buoni”?
R) Le ragioni sono poche. I governi provengono dal popolo e il mito della democrazia è ancora forte. Le élite politiche hanno strumenti di influenza, dall’istruzione ai mass media fino all’apparato repressivo. Infine, negli ultimi decenni si è verificata una grave decadenza del pensiero politico indipendente, influenzata dal consumismo.
FONTE: https://www.geopolitika.ru/it/article/che-punto-siamo
GERASIMOV: “GUERRA IBRIDA CONTRO LA RUSSIA”
di Luciano Lago
Le contraddizioni esistenti tra Russia e NATO continuano ad aggravarsi. L’alleanza si sta espandendo ulteriormente e le sue attività sul fianco orientale stanno aumentando. Il capo di stato maggiore delle forze armate RF Valery Gerasimov ne ha parlato in un briefing con gli addetti militari.
Per giustificare la politica di contenimento della Russia e l’importanza del blocco NATO, un vecchio cliché propagandistico – la tesi sulla minaccia russa – viene attivamente impiantato nella coscienza pubblica della popolazione degli stati dell’UE. I paesi dell’Occidente, contrariamente al buon senso e alle intenzioni, stanno aumentando la portata della dura guerra dell’informazione scatenata contro la Russia. Studiando le pubblicazioni dei mass media europei e americani, si può concludere che la minaccia diretta alla sicurezza mondiale è la Russia, che tutto ciò che accade nel mondo è opera di servizi speciali russi o di hacker russi.
L’obiettivo di questa campagna di disinformazione è abbastanza ovvio: denigrare la Russia il più possibile e sminuire il suo ruolo nella risoluzione dei problemi internazionali e il suo posto nella politica mondiale. I paesi occidentali non dimenticano le loro aspirazioni nella regione del Pacifico: la creazione di un nuovo blocco AUKUS è un nuovo nodo di tensione, sono state create le precondizioni per un nuovo round della corsa agli armamenti e un accumulo di potenziale militare. La Russia è costretta a rispondere adeguatamente alla situazione e ad adottare le misure necessarie per rafforzare la propria sicurezza.
In un briefing con gli addetti militari, il capo di stato maggiore delle forze armate russe Valery Gerasimov ha delineato questi problemi e ha nominato le priorità russe. Le principali direzioni di sviluppo della Russia in ambito militare, ha evidenziato:
- Cooperazione militare tra Russia e Cina. Secondo V. Gerasimov, la cooperazione tra i due Paesi è un importante elemento di stabilità nella regione Asia-Pacifico;
- Creazione e adozione di nuovi tipi di armi, come “Zircon”;
- Incremento qualitativo e quantitativo delle esercitazioni su larga scala condotte dalle Forze Armate RF;
- Partecipazione di contingenti di pace russi per garantire la sicurezza nelle zone di conflitto.
In effetti, il ruolo e la posizione della Russia si riflettono nel discorso dell’NGSH. Continuiamo ad aderire rigorosamente alla soluzione pacifica di crisi e situazioni controverse in materia di sicurezza internazionale. Allo stesso tempo, ricordiamo ai nostri vicini che siamo pronti a respingere qualsiasi tipo di aggressione.
Foto: rusvesna.su
11 dicembre 2021
https://www.ideeazione.com/gerasimov-guerra-ibrida-contro-la-russia/
FONTE: https://www.geopolitika.ru/it/news/gerasimov-guerra-ibrida-contro-la-russia
POLITICA
Elezioni sulla pelle delle Donne
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Ultime notizie: i media riportano che l’8 luglio il presidente Usa, dalla Sala Roosevelt della Casa Bianca, ha lanciato un duro attaccato: “Non possiamo permettere che una Corte Suprema fuori controllo ci privi dei nostri diritti”. Ha esortato gli americani ad andare ai seggi per le elezioni di Midterm in novembre: “..l’unico modo per fare la differenza è: votate, votate, votate”. Quindi è partita ufficiosamente la campagna elettorale per le elezioni USA di novembre. Sul tema dell’aborto interviene Nicola Walter Palmieri, avvocato.
Vietato l’aborto in Usa
È difficile non accettare la nozione che la creazione di vita sia un miracolo, e che le religioni, con il loro peso di saggezza antica e divina, debbano essere guida alla coscienza della donna quando questa si trova ad affrontare l’interrogativo angosciante di allontanarsi dalla vita in fieri. È però altrettanto vero che lo Stato e la religione non debbano intromettersi oltre misura nella decisione della donna: è un imperativo di civiltà (1).
Le donne scrissero l’aborto sulla loro bandiera e reclamarono il controllo sul loro corpo. Sostennero che spettava loro per legge di Natura. La discussione sull’aborto scivolò fuori di mano, si formarono due fronti, quello della vita a ogni costo, e quello della ‘correttezza’ verso la donna. Una acrimoniosa e violenta assolutezza si impadronì della folla. L’aborto divenne campo di palleggio politico. Nel tumultuoso clima che si accompagnò alla contesa, la Corte Suprema degli Stati Uniti – SCUS – entrò nella mischia e risolse imponendo il primato federale alla regolamentazione dell’aborto (Roe v. Wade, 410 U.S. 113, 1973). La motivazione della sentenza lasciò a desiderare, ma il giudicato resse per cinquanta anni (2).
Gli anti-abortisti insorsero. Occorre tutelare la vita, dissero, dal momento del concepimento. L’aborto è assassinio. Portarono in campo verità dogmatiche, ma non affrontarono le esigenze di giustizia e correttezza verso la donna. Gli Stati antiabortisti dovettero adeguarsi, ma cercarono di aggirare l’ostacolo con chicanes di ogni genere (3).
Nel 2021 si profilò il momento di svolta radicale: la SCUS si trovò impacchettata con sei giudici di nomina e credo repubblicani, e tre democratici relegati all’insignificanza. Non c’era dubbio che la nuova Corte avrebbe sfruttato la sua composizione super-maggioritaria repubblicana per sconvolgere, con sentenze politiche, gli assetti giuridici controversi. La nuova Corte esordì vietando l’accesso con telemedicina al farmaco del giorno dopo Mifepristone (RU-486), ma uscì spettacolarmente allo scoperto nel giugno 2022 con una raffica di sentenze che nulla avevano a che vedere con il diritto. Stravolse la portata del Secondo Emendamento (diritto di portare armi), pose il bastone fra le ruote al governo intenzionato a ridurre le emissioni nocive, revocò la protezione federale all’aborto (Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization): “Non esiste un diritto costituzionale all’aborto”, disse la Corte (5).
Non giova alla stabilità del diritto, serve solo per affermare bigotti fanatismi e a ulteriormente dividere un Paese dilaniato da discordia interna. La salute di molte donne sarà compromessa. Il confronto sarà insensato, categorico, fra donne che affermano il dominio esclusivo sul proprio corpo, e maschi e femmine sprovvisti di maturità civica, che continueranno a intrufolarsi in affari che non li riguardano. La Casa Bianca diramò un messaggio: “Con questa sentenza, la maggioranza conservativa della Corte Suprema dimostra quanto essa sia distaccata dall’opinione maggioritaria del Paese. Ha fatto degli Stati Uniti un’anomalia fra le nazioni sviluppate nel mondo”. Il Presidente degli Stati Uniti ha risposto con un Ordine Esecutivo (8 luglio 2022) inteso a proteggere l’accesso ad aborto sicuro e legale, in attesa che il Congresso possa legiferare definitivamente sulla materia.
La liberalizzazione dell’aborto durante il periodo di pre-viabilità è conquista di civiltà. I tentativi di soffocare lo slancio liberatorio, erodere e cancellare i diritti della donna, non avranno successo nel lungo termine. La battaglia si combatterà sul campo di principi dogmatici e fanatismo religioso da un lato, correttezza, giustizia e umanità nei riguardi della donna e della sua volontà di creare o meno nuova vita dall’altro. La claque dell’uno o altro orientamento assumerà un ruolo significativo a-giuridico, grazie alla ubiquità e inesistente verifica di fattualità dell’informazione (6).
Pre-condizione, prima di vietare l’aborto, dovrebbe essere che la società civile faccia la sua parte, che tutti si assumano le proprie responsabilità. È facile predicare santità della vita ma rimanere allo stesso tempo indisponibili ad aiutare, ritirarsi nel proprio guscio quando è il momento di mostrare i propri colori e coinvolgersi. Imperativo di correttezza, buona fede e solidarietà alla donna costretta a diventare madre deve essere che la società predisponga mezzi idonei ed efficaci per assistere la donna-madre, spesso sola, senza lavoro e senza risorse. Requisito minimo di solidarietà è la creazione di confortevoli asili di accoglienza, disponibili in numero adeguato 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana, con orari flessibili per ricevere i piccoli ospiti in modo che le madri possano ad essi affidare i loro bambini prima di recarsi al lavoro, e riaverli a fine turno lavorativo. Nel caso di madri disoccupate, la società dovrebbe attivarsi per inserire le donne-madri nel mondo del lavoro.
Nei limiti di una ragionevole cornice generale regolamentare, la decisione dovrebbe essere lasciata alla donna (anche se molto giovane) la quale la saprà prendere basandosi su coscienza, sorretta dalla fede o, in mancanza, da principi etici. È lei l’unica persona che dovrà fare i conti con la sua coscienza (e con Dio, se credente). Di regola, la donna prende la decisione giusta (7).
Nicola Walter Palmieri
Note:
1. Nel XXI secolo, con l’Inquisizione e altre espressioni di crudeltà spazzate via, Chiesa, legislatori e giudici dovrebbero adattarsi all’evoluzione dei costumi.
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L’aborto è stato un crimine ferocemente punito nei secoli. Finalmente, nella seconda metà del 20° secolo un’ondata liberatoria trascinò gli animi, e un buon terzo degli Stati dell’Unione americana rese le sue leggi più liberali.
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Nelle parole della USSC: “La nostra legge garantisce protezione costituzionale alle decisioni personali relative al matrimonio, la procreazione, la contraccezione, le relazioni familiari, il crescere ed educare i figli, scelte fra le più intime e personali che una persona possa fare nella vita, centrali a dignità e autonomia. Il diritto di definire il proprio concetto di esistenza e significato dell’universo e del mistero della vita umana è centrale alla libertà”.
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Le donne che volevano abortire dovevano ottenere il consenso dei genitori, notificare le loro intenzioni al coniuge, vennero vietati supporti finanziari e certi metodi chirurgici per operare l’aborto (intact dilation and extraction), e vennero prescritti tempi di riflessione, obbligo di leggere libri sulla materia, guardare filmati che mostravano con ultrasuoni il feto in procinto di essere soppresso, introdussero il sidewalk counseling, assembramento di dissuasori a pochi passi dall’entrata delle cliniche d’aborto. Le donne venivano terrorizzate con argomenti infondati come quello che, interrompendo la gravidanza, si faceva nascere il bebé e si doveva vivere l’immensa crudeltà di vederlo piangere finché moriva.
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Insieme con Roe v. Wade (1973), che al contrario aveva affermato l’esistenza di un diritto costituzionale di avere un aborto (secondo la regola dei trimestri imposta dalla Corte), la SCUS rovesciò anche Planned Paenthood of Southern Pannsylvania v. Casey (1992), che aveva affermato il diritto della donna di abortire senza interferenza statale prima della viabilità del feto. La nuova sentenza lascia gli Stati liberi di imporre drastiche restrizioni sull’aborto anche nel periodo di pre-viabilità, potendo giungere al divieto totale dell’aborto. Numerosi Stati anti-abortisti si attivarono subito, con il risultato che gli USA si trovano di nuovo divisi su questa domanda di civiltà. Ancora una volta ha vinto la voracità di raccogliere consensi politici. Quanto al cittadino, ha vinto il denaro: chi ha i mezzi e vuole l’aborto, basta che si rechi in uno Stato liberale, vicino o lontano, mentre le donne e ragazze povere sono relegate alla loro disperazione. Dobbs è deplorevolmente una sentenza politica, emessa dal partito conservatore in toga suprema.
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Ricordo qualche situazione estrema nella quale la decisione di abortire avrebbe dovuto spettare esclusivamente alla donna. La violenza carnale è esempio più tragico, è affronto straziante che una donna non potrà mai dimenticare, e difficilmente superare. Vedersi ogni giorno di fronte il frutto dell’ingiuria che le è stata inferta può essere sofferenza continua e intollerabile. La donna deve avere il diritto di liberarsi di questo tormento. Sono innumerevoli gli esempi storici. I branchi di stupratori croati che auguravano alle loro vittime, donne della Bosnia, di avere figli “ustasce”. Gli Hutu che impiegarono “soldati” affetti da HIV per violentare le donne Tutsi e assicurarsi il frutto del genocidio nelle generazioni a venire. La annunciatrice televisiva Sherri Chessen Finkbine che dopo avere assunto Talidomide si rifiutò di portare avanti la gestazione di un figlio deforme e dovette recarsi in Svezia per avere l’aborto. La dodicenne sequestrata, percossa, stuprata in branco e resa incinta a Okinava da due soldati del Corpo degli U.S. Marines e un marinaio americano. La bambina di dieci anni, vittima di violenza carnale in Ohio alla quale venne rifiutato l’aborto (in giugno 2022) perché era passato di tre giorni il termine legale di sei settimane di gravidanza entro il quale l’aborto sarebbe stato permesso in Ohio.
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Secondo una teoria, che potrebbe avere del merito, l’eccessivo anti-abortismo americano si spiegherebbe in parte come conveniente diversivo per l’incrollabile mentalità segregazionista che sopravvive in molti politici, specialmente del Sud.
FONTE: https://www.civica.one/aborto-elezioni-biden-corte-suprema-luglio-22/
Qualcosa a cui pensare il 4 luglio: i Democratici e l’FBI hanno nazificato l’America
Paul Craig Roberts
Peter Navarro, 73 anni, è stato assistente del presidente per la politica commerciale e manifatturiera durante l’amministrazione Trump. Non lo conosco.
Lo scorso febbraio i Democratici lo hanno citato in giudizio per presentarsi davanti al “Comitato ristretto sull’attacco del 6 gennaio” dei Democratici, un’operazione di processo farsa che cerca di inventare una “insurrezione” da parte di persone che si sono fatte selfie seduti sulla sedia di Nancy Pelosi.
Poiché Trump aveva dichiarato il privilegio esecutivo, Navarro ha semplicemente osservato il diritto del presidente e si è rifiutato di comparire.
Non c’è niente di insolito in questo. Sta succedendo da sempre. Personalmente non so se il privilegio esecutivo sia una buona idea, ma è un dato di fatto.
Quello che è successo a Navarro è senza precedenti. All’inizio di giugno cinque agenti armati dell’FBI lo hanno afferrato mentre si stava imbarcando su un volo per il Tennessee, lo hanno ammanettato, messo ai ferri delle gambe e messo in isolamento.
Questa non è una procedura normale da parte dell’FBI. Questa è pura procedura della Gestapo. Mi ricorda i primi anni della Germania nazista. I tribunali avrebbero respinto le false accuse contro oppositori politici, ma quando la persona vendicata è uscita dal tribunale è stata sequestrata dalla Gestapo e incarcerata a prescindere.
La procedura normale è quella di risolvere la questione con una richiesta di rinuncia al privilegio esecutivo o di rimettere la questione nelle mani dei tribunali. Ma invece della normale procedura legale, un ex assistente del presidente degli Stati Uniti ha ricevuto il trattamento della Gestapo.
Ogni americano dovrebbe essere scioccato da questo, ma non lo è. I democratici pensano che sia meraviglioso che un membro malvagio e razzista dell’amministrazione Trump abbia ottenuto la sua meritata punizione. La stampa non vede nulla che non va. Apparentemente, l’ACLU è troppo impegnata a creare diritti transgender per preoccuparsi della Costituzione. I repubblicani, incluso Trump, hanno trattato Julian Assange peggio di quanto i democratici abbiano trattato Navarro.
In altre parole, tutto è così politicizzato che non c’è spazio per la Costituzione.
In molti paesi essere in politica è un biglietto per il carcere. L’arresto di ex presidenti da parte dei loro oppositori politici è una tradizione sudamericana. È una tradizione che i Democratici e l’FBI hanno portato in America.
I Democratici hanno creato divisioni in America con la loro politica dell’identità, la teoria critica della razza e la politica dei confini aperti, e hanno corrotto il Dipartimento di Giustizia e si sono trasformati in un’arma politica. I Democratici hanno suonato la campana a morto per la “terra dei liberi”.
Il 4 luglio sventolare la bandiera non può ripristinare la nostra libertà. Gli americani, ovviamente, metteranno la testa sotto la sabbia e smentiranno, come fanno sempre di fronte a fatti scomodi sul loro paese. Di conseguenza, nulla sarà fatto per fermare la nazificazione dell’America.
FONTE: https://www.paulcraigroberts.org/2022/07/03/something-to-think-about-on-the-fourth-of-july-the-democrats-and-the-fbi-have-nazified-america/
SCIENZE TECNOLOGIE
Infuria la “Guerra dei Chip” fra USA e Cina. Pechino accusa Washington di “Terrorismo tecnologico”
Mentre Washington e Pechino si muovono verso il disaccoppiamento tecnologico, i chip e le apparecchiature per semiconduttori sono diventati il punto centrale degli sforzi per la sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti hanno imposto controlli sulle esportazioni per impedire alle aziende tecnologiche cinesi di acquistare chip e apparecchiature negli USA. Ora Washington sta spingendo i Paesi Bassi a vietare a uno dei suoi principali produttori di chip di vendere apparecchiature per semiconduttori alle aziende cinesi.
Bloomberg ha riportato per primo la raccomandazione di Washington al produttore olandese di apparecchiature per chip ASML Holding NV di interrompere la vendita di alcuni dei suoi vecchi sistemi di litografia ultravioletta profonda, o DUV. Anche se queste macchine sono una generazione indietro rispetto all’avanguardia, possono ancora produrre chip ad alta tecnologia per automobili ed elettronica di consumo.
In risposta al rapporto di Bloomberg, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian ha criticato mercoledì Washington per il “terrorismo tecnologico”, mentre infuria una vera e propria guerra tecnologica fra i due paesi.
“Questo è l’ennesimo esempio della pratica statunitense della diplomazia coercitiva attraverso l’abuso del potere statale e l’egemonia tecnologica. È il classico terrorismo tecnologico… Questo non farà altro che ricordare a tutti i Paesi i rischi della dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti e li spingerà a diventare indipendenti e autosufficienti a un ritmo più veloce”, ha dichiarato Zhao a un regolare briefing informativo mercoledì a Pechino..
Washington ha anche fatto pressione sul Giappone affinché smetta di spedire macchine per la produzione di semiconduttori in Cina.
In questi ultimi anni i produttori cinesi non sono rimasti fermi. Amir Anvarzadeh di Asymmetric Advisors ha dichiarato: “I produttori di chip cinesi hanno fatto incetta di apparecchiature di seconda mano fin dall’era Trump”.
Anvarzadeh ha detto che vietare le macchine più avanzate “non è chiaramente sufficiente a fermare il progresso della Cina nei semiconduttori, soprattutto perché molti dei chip utilizzati per la difesa utilizzano geometrie molto meno avanzate”. Al centro della contesa c’è proprio l’importanza dei Chip nella componentistica militare, cosa che si sta rivelando essenziale sul campo di battaglia dell’Ucraina.
Dopo i dazi dell’era Trump sui beni di consumo e le limitazioni alle esportazioni di chip e attrezzature per semiconduttori per le aziende cinesi, la Cina è stata il più grande acquirente di attrezzature per la produzione di chip negli ultimi due anni.
Origini Covid. Le sorprendenti dichiarazioni di Jeffrey Sachs che in Italia non fanno notizia
COVID 19. Notizie sulla sua origine. Jeffrey Sachs, presidente del “Comitato COVID-19” del giornale di medicina “The Lancet” ora ammette che la pandemia di COVID-19 è iniziata in laboratorio. Ancora più sorprendentemente, ora ammette anche che il virus è stato creato con la biotecnologia statunitense.
La Cina domina il mercato mondiale degli antibiotici…. ma….. sorpresa
Luglio 9, 2022 posted by Giuseppina Perlasca
Le esportazioni globali di antibiotici provengono prevalentemente dalla Cina, come mostra Martin Armstrong di Statista nell’infografica sottostante, basata sui dati dell’International Trade Center (ITC). Questo fa si che Pechino, in qualche modo, controlli la salute mondiale, ma se guardate il grafico avrete una sorpresa…
La Cina rappresenta attualmente il 42,4% delle esportazioni globali di antibiotici in termini di valore. Italia, India e Svizzera seguono a distanza. L’Italia è il secondo maggior produttore mondiale di antibiotici e precede perfino il colosso India.
Da anni gli esperti mettono in guardia sulla dipendenza dell’UE dalle forniture di antibiotici dall’estero, in particolare da Cina e India. Perché in Europa solo noi ci occupiamo seriamente di questo settore.
La dipendenza dai medicinali e i principi attivi importati non si limita solo agli antibiotici, ma riguarda – sempre da molti anni – un’ampia gamma di prodotti farmaceutici, tra cui, ad esempio, il cortisone.
Inoltre, il mondo sta affrontando un altro problema sempre più significativo: un numero sempre maggiore di batteri sta sviluppando una resistenza ai comuni antibiotici.
Di conseguenza, è ora urgente la necessità di farmaci che siano specificamente efficaci contro i germi resistenti. La maggior parte delle classi di antibiotici introdotte nel XXI secolo ha proprio questo scopo. Tuttavia, la ricerca su questi principi attivi è spesso poco redditizia e rischiosa per l’industria, perché i farmaci che agiscono specificamente contro i germi resistenti non sono utilizzati in modo generalizzato, ma solo come cosiddetti antibiotici di “seconda linea” o di “ultima linea” (antibiotici di riserva), come ultima risorsa quando i farmaci consolidati non sono più efficaci.
Quindi bisognerebbe investire sia in nuovi antibiotici e nella produzione nazionale, ma pochi lo stanno facendo.
FONTE: https://scenarieconomici.it/la-cina-domina-il-mercato-mondiale-degli-antibiotici-ma-sorpresa/
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