RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 4 AGOSTO 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Lei si chiama Pierre Gedempoterahnick? No.
E non è contento?
(Milton Berle) in: Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano, Baldini & Castoldi, 2003, pag. 371
https://www.facebook.com/dettiescritti
https://www.instagram.com/dettiescritti/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
I numeri degli anni precedenti della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
Precisazioni legali
www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com
Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse.
Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali.
Il materiale presente in questo sito (ove non ci siano avvisi particolari) può essere copiato e redistribuito, purché venga citata la fonte. www.dettiescritti.com non si assume alcuna responsabilità per gli articoli e il materiale ripubblicato.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.
Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com
La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.
Detti e scritti porta all’attenzione le iniziative editoriali di terzi, nell’esclusivo interesse culturale e informativo del lettore, senza scopo di lucro.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SOMMARIO
LA CENSURA DEI SOCIAL COME LA STASI, IL KGB E LA CIA
BARE PER BAMBINI ORDINATE IN BLOCCO, “PRIMA VOLTA IN “OLTRE 30 ANNI”
GLI STATI UNITI HANNO AMMESSO DI AVER CREATO UN ESERCITO INFORMATICO UCRAINO PER ATTACCARE LA RUSSIA
La Nato sorveglia gli influencer che mettono in dubbio la versione ufficiale della guerra
L’uomo che non schiacciò il bottone rosso (ed evitò la guerra nucleare)
TAIWAN NON ÈUNO STATO SE NON E’ RICONOSCIUTO DAL RESTO DEL MONDO
TIMES AMMETTE CHE L’OCCIDENTE STA NASCONDENDO LA VERITA’ SUL SUCCESSO DELLA RUSSIA IN UCRAINA
L’UE spinge la Georgia a entrare in guerra
Giovanni Raboni e i grandi scrittori del ‘900 (tutti di destra)
IMMANUEL KANT, “CRITICA DELLA RAGION PURA”
“Inno alla notte”
LA CIA E LA NATO VOGLIONO ELIMINARE ZELENSKIJ. CHE PURGA I SUOI SERVIZI SEGRETI
Ucraina : la desinformazione del Sistema di Informazione
La Cina apre il fuoco verso Taiwan: l’isola è circondata
SCRIVERE LE PROPRIE IDEE IN MANIERA CONTRARIA
L’analfabetismo funzionale di Repubblica sulla Libia
Il mondo sempre più dipendente dal gasolio USA, che è sempre più scarso
E’ IL LOBBISTA IRLANDESE MARK MACGANN L’INFORMATORE CHE HA FATTO TRAPELARE I FILE INTERNI DI UBER
La BCE all’assalto dei salari: parte prima
La BCE all’assalto dei salari: parte seconda
Un salario meno che minimo: una farsa europea
Gli Stati Uniti sono in missione per conto del Caos
Il Pentagono ha stilato un contratto per la “Ricerca COVID-19” in Ucraina 3 mesi prima che il COVID-19 esistesse ufficialmente
Magistrato Paolo Ferraro: la verità su STATO, MAFIA e POTERI FORTI
BASTA MENZOGNE E BUFALE, IO C’ERO A VIA RASELLA
L’operazione “Timber Sycamore”: la guerra segreta della CIA in Siria finanziata principalmente da Saud
EDITORIALE
LA CENSURA DEI SOCIAL COME LA STASI, IL KGB E LA CIA
Manlio Lo Presti 4 08 2022
Fonte immagine: https://it.dreamstime.com/illustration/censura.html
I GESTORI DEI CANALI “SOCIAL” MINACCIANO E SANZIONANO TUTTI I CITTADINI CHE INSERISCONO I POST CHE SONO ALTRESI’ RIGOROSAMENTE ACCOMPAGNATI DAL RELATIVO LINK DI PROVENIENZA.
LO SQUADRONE DI CENSORI E IL ROBOT SEMANTICO NON FA PRIGIONIERI, NON FA ECCEZIONI. DECIDE DI BOLLARE IRREVOCABILMENTE, TOTALMENTE, IMMARCESCIBILMENTE, CONTINUATIVAMENTE LE NOTIZIE COME FALSE SENZA DARE SPIEGAZIONI. RIMANE OSCURO IL CRITERIO DI FORMULAZIONE DEL GIUDIZIO STERMINATORIO E NEGATIVO A PRIORI!
FORSE LA RIDETTA STRUTTURA NON SA CHE NESSUNO AL MONDO E’ IN GRADO DI STABILIRE ASSIOMATICAMANTE, TOTALITARIAMENTE E IRREFUTABILMENTE SE UNA NOTIZIA E’ FALSA?
UNO DEI CAPI DI ACCUSA PIU’ COMUNI E’: LA NOTIZIA E’ “FUORI CONTESTO” SENZA SPIEGARNE IL SIGNIFICATO. PUNTO E BASTA! COSA SIGNIFICA L’ETICHETTA “FUORI CONTESTO”?
IL CANALE ADDOSSA UNILATERALMENTE SULLO SCRIVENTE LA RESPONSABILITA’ DELLA VERIDICITA’ DELLA NOTIZIA IMPONENDOGLI UNA AUTOCENSURA CHE ESISTEVA TALE A QUALE AI TEMPI DELLA STASI DELLA GERMANIA EST, NEL MACCARTISMO AMERICANO DELLA CACCIA ALLE STREGHE E NEL KGB.
QUINDI, CITARE DOVEROSAMENTE LE FONTI DI UN POST NON SALVA IL CITTADINO CHE DEVE ESSERE STERMINATO LO STESSO… ALLA FACCIA DELLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO (SOTTOSCRITTA ANCHE DAGLI AMERICANI) DOVE LA LIBERTA’ DI PENSIERO E DI PAROLA SONO TUTELATI … O NO???
LA STORIA SOCIALE E MILITARE E’ PIENA DI CASI DI INTOSSICAZIONE DEL NEMICO, DI RAGGIRO DI INTERI SERVIZI SEGRETI, DI SISTEMI INFORMATICI, DI COLOSSI AZIENDALI, FIGURIAMOCI SE UN CITTADINO NORMALE E’ IN GRADO DI FARE UNA ANALISI PREVENTIVA SENZA AVERE IL POSSESSO E LO SPIEGAMENTO DI MASSICCI MEZZI DI ANALISI CHE TUTTAVIA, NON ESENTANO DALL’ESSERE TRUFFATI.
TUTTO CIO’ PREMESSO
ESSERE COLPITI DA UNA CENSURA DEL CANALE È UN’AZIONE IDEOLOGICA E NON DI SALVATAGGIO DELLA VERIDICITA’ DELLE NOTIZIE.
SI SCOPRE IL GIOCO NEL MOMENTO IN CUI EMERGE UNO SCHIERAMENTO PLATEALE VERSO UN CERTO FRONTE E LA ELIMINAZIONE SISTEMATICA DI CHI NON SI ALLINEA A QUESTO “FRONTE” CONDIZIONANDO LA SCELTA ALLA SITUAZIONE GEOPOLITICA DEL MOMENTO E AGLI SCHIERAMENTI PREVALENTI NEGLI USA.
ADESSO, PER PAR CONDICIO, DOVREBBERO ESSERE COLPITI ANCHE LE AGENZIE DEL POTENTISSIMO VATICANO, LE AGENZIE NORMALI E I GIORNALI DI CUI INSERISCO IL POST CON TANTO DI LINK PER RISPETTO DELLA PROPRIETA’ DELLE OPERE DELL’INGEGNO E PER CORRETTEZZA.
PER COMODITÀ OPERATIVA, FORNISCO LA LISTA DEI CONDANNATI ALLA MANNAIA ROBOTICA E IDEOLOGICA DELLA “DIVISIONE CANCRO” DEL CANALE:
https://lanuovabq.it/it/il-fact-checking-e-unopinione-i-fatti-non-centrano
https://radiomaria.it/lo-chiamano-fact-checking-in-realta-e-censura-sinistra/
https://discrimen.it/wp-content/uploads/Guerini-Fake-news-e-diritto-penale.pdf
https://www.ius40.it/diritto-civile/social-network-liberta-espressione-facebook/
https://www.wired.it/internet/social-network/2019/10/18/facebook-zuckerberg-liberta-parola/
https://www.altalex.com/documents/news/2022/03/16/liberta-di-espressione-e-social-qual-e-il-confine
ASPETTIAMO IL RASTRELLAMENTO DI QUESTI SITI CON L’ACCOMPAGNAMENTO SONORO DI SIRENE LACERANTI
IN EVIDENZA
BARE PER BAMBINI ORDINATE IN BLOCCO, “PRIMA VOLTA IN “OLTRE 30 ANNI”
BARE PER BAMBINI, Vaccinazione 11-15 anni in Canada: raddoppia la domanda di bare per i giovani
BARE PER BAMBINI. Un’azienda produttrice di bare dell’area di Toronto ha registrato un aumento vertiginoso degli ordini di bare per bambini di dimensioni più ridotte dopo l’introduzione dei vaccini COVID-19. I bambini stanno morendo. In definitiva, tutto nella vita si riduce alla morte. Siamo stati educati a credere che c’è un tempo per vivere e un tempo per morire. Il tempo per morire arriva con le malattie, gli incidenti e la vecchiaia. Ma non è più così.
In un’intervista esclusiva con la RAIR Foundation USA, Mick Haddock, produttore di bare nel nord di Toronto, afferma che le cose sono cambiate notevolmente nel settore negli ultimi nove mesi. “Le persone piccole stanno morendo”, dice. “È evidente nel nostro settore. Per la prima volta in oltre 30 anni, stiamo ricevendo ordini in massa per bare di dimensioni più piccole”. (Continua a leggere dopo la foto)
In genere, il settore delle bare rimane piuttosto stabile e un ordine di bare insolitamente grande di solito indica un evento traumatico, ma le vendite recenti indicano che le cose sono cambiate. “Non solo tutte le vendite sono in aumento, ma in passato, per ogni cinque bare a grandezza naturale che vendevamo, ne vendevamo una per giovani. Ora, per ogni cinque, ce ne sono due di dimensioni giovanili”.
Secondo Haddock, lui e i suoi colleghi del settore pensavano di assistere a un’impennata nel 2020, quando ci è stato detto che il covide era letale e uccideva indiscriminatamente migliaia di persone. Ma non è successo.
“Solo alla fine del 2020 e all’inizio del 2021 abbiamo assistito a un aumento delle vendite. Non abbiamo registrato alcun aumento delle vendite prima dell’introduzione dei vaccini e prima che la gente ricominciasse a viaggiare”, afferma Haddock. “E non voglio dare la colpa ai viaggi che hanno ucciso tutti perché, in verità, la maggior parte di questi luoghi nel mondo sono ancora poco esposti alle conseguenze per i viaggiatori. Anche le morti accidentali sono ancora limitate”.
In effetti, nel 2020 Haddock ha registrato un calo delle vendite del 60%. “È stato solo una volta che i vaccini sono stati spinti verso fasce demografiche sempre più giovani che abbiamo iniziato a vedere un aumento”, dice. “All’inizio si trattava solo di anziani e di persone molto fragili. Dopo due mesi dall’approvazione del vaccino per i bambini dagli 11 ai 15 anni, abbiamo notato una maggiore richiesta di unità più piccole”. Le vendite complessive sono aumentate del 30-40% rispetto al 2019. “È sbalorditivo quanto sia aumentato”, dice Haddock. “Ha iniziato a salire a metà del 2021; nel 2022 la crescita era misurabile”.
L’esperienza di Haddock rispecchia quella dell’impresario funebre britannico John O’Looney di Milton Keynes Family Funeral Services, che nel settembre 2021 ha reso pubblico un simile modello di morte. O’Looney ha osservato che non c’è stata un’impennata di decessi durante l’ondata iniziale di covirus, e semmai un numero minore di morti. Ma dopo l’introduzione del vaccino nel gennaio 2021, O’Looney ha detto che le chiamate si sono impennate, aumentando del 300%. “Non ho mai visto un tasso di mortalità simile in 15 anni”, ha detto. “Inizialmente, [i decessi] erano tutti esclusivamente nelle case di cura”,ha detto O’Looney. Ma dopo l’introduzione dell’iniezione di mRNA, i decessi non sono più avvenuti esclusivamente nelle case di cura e l’età dei morti è variata in modo significativo”. (Di seguito l’intervista in inglese)
O’Looney ha descritto una donna di cinquant’anni, in forma, amante della corsa e senza problemi di salute, a cui è stato somministrato un richiamo e che è morta per insufficienza epatica la settimana successiva. Haddock conferma che questo aumento misurabile si è verificato in Canada negli ultimi sei-sette mesi: “Inizialmente non era al ritmo attuale, ma quando abbiamo iniziato il ciclo di richiami abbiamo iniziato a notare più chiamate a settimana dagli stessi distributori (di bare). Tutte le vendite di bare sono aumentate drasticamente”, afferma. È solo che le vendite di bare per giovani sono aumentate più di ogni altra categoria”.
Sebbene Haddock e i suoi colleghi abbiano riscontrato il maggior aumento delle vendite nella categoria delle bare di medie dimensioni, “tutti sono a rischio con questi vaccini”, afferma Haddock. “È difficile negarlo. A cosa si può dare la colpa? Cosa è cambiato? Perché il tasso di mortalità è superiore a quello di prima dei vaccini?”, riflette.
I bambini dai 6 ai 12 anni sono esseri umani robusti. “Ora, queste sono le taglie che vendiamo”, dice Haddock. “I bambini non muoiono e basta. Non succede. Mai nella storia”. Fonte: rairfoundation.com
FONTE: https://raffaelepalermonews.com/bare-per-bambini-ordinate-in-blocco-prima-volta-in-oltre-30-anni/
GLI STATI UNITI HANNO AMMESSO DI AVER CREATO UN ESERCITO INFORMATICO UCRAINO PER ATTACCARE LA RUSSIA
Rosanna Spadini – 3 08 2022
Nonostante gli #hacker siano sempre “russi” per definizione, anche Stati Uniti e alleati utilizzano la tecnologia dell’informazione per scopi offensivi e “ammettono” di aver creato un “esercito informatico dell’Ucraina” per attaccare le infrastrutture russe, ha detto il viceministro degli Esteri russo Oleg Syromolotov.
Parlando della terza sessione del gruppo di lavoro aperto delle Nazioni Unite sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), ha affermato che in essa la delegazione russa, “sulla base dei fatti, ha ricordato che sono gli Stati Uniti e i loro alleati che utilizzano le TIC per scopi offensivi”.
“Ammettono anche di aver creato l'”Esercito IT dell’Ucraina” per attaccare le infrastrutture russe”, ha affermato il diplomatico.
A giugno, Andrey Krutskikh, direttore del Dipartimento per la sicurezza internazionale delle informazioni del ministero degli Esteri russo, ha affermato che gruppi di hacker provenienti dall’Ucraina, nonché dagli Stati Uniti e dalla Georgia, stanno effettuando attacchi informatici contro agenzie governative russe, archivi di dati di russi e stranieri, 22 gruppi di hacker sono coinvolti in operazioni illegali, il più attivo: ” IT-Army of Ukraine”, American GhostClan ( USA ), Georgian GNG, Polish Squad303.
Il capo del Cyber Command statunitense, direttore dell’Agenzia per la sicurezza nazionale, il generale Paul Nakasone, ha dichiarato a Sky News all’inizio di giugno che gli hacker militari statunitensi avevano effettuato diverse “operazioni offensive” a sostegno dell’Ucraina.
Il rappresentante permanente russo alle Nazioni Unite Vasily Nebenzya ha affermato in precedenza che Mosca avrebbe respinto qualsiasi tentativo di minare la sua sicurezza delle informazioni. Ha notato che l’Occidente sta ora coltivando attivamente un esercito di hacker in Ucraina .
La Nato sorveglia gli influencer che mettono in dubbio la versione ufficiale della guerra
Il 5 giugno 2022 il quotidiano Corriere della Sera ha rivelato l’esistenza in Italia di un programma di sorveglianza di personalità “filorusse”, che fa capo al Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS), un servizio d’intelligence che dipende direttamente dal primo ministro.
L’agenzia di stampa ANSA ha pubblicato il bollettino n. 4 del programma, intitolato Hybrid Bulletin, relativo al periodo 15 aprile-15 maggio. Si può dedurre che il n. 1 copra il periodo 15 gennaio-15 febbraio. Se l’ipotesi fosse confermata significherebbe che il programma è iniziato oltre un mese prima dell’intervento russo in Ucraina.
Il Corriere della Sera, prendendo per oro colato il rapporto dell’intelligence italiana, ha rivelato che il nostro amico geografo Manlio Dinucci è considerato la fonte più pericolosa [1]. Per screditarlo, il quotidiano sfacciatamente afferma che Dinucci è stato citato dal presidente Vladimir Putin nel discorso di celebrazione del Giorno della Vittoria. Una pura e semplice menzogna.
È perciò logico pensare che la censura da parte del quotidiano di sinistra Il Manifesto dell’articolo di Dinucci sulla pianificazione della guerra da parte della RAND Corporation [2] sia stata manovrata dall’esterno.
La commissione parlamentare deputata a sorvegliare i servizi d’intelligence, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, indaga sulla vicenda.
Con ogni probabilità non si tratta di un’iniziativa italiana, ma rientra in un programma più generale della Nato. Questo spiegherebbe perché il Consiglio di Difesa polacco ha fatto pressione sul provider francese Orange per censurare il sito Réseau Voltaire in Polonia, un fatto finora accaduto solo in Stati autoritari.
NOTE:
[1] “Ucraina : la desinformazione del Sistema di Informazione”, di Manlio Dinucci, Grandangolo , Rete Voltaire, 18 giugno 2022.
[2] “Ucraina, era tutto scritto nel piano della Rand Corp.”, di Manlio Dinucci, Rete Voltaire, 8 marzo 2022.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article217355.html
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
L’uomo che non schiacciò il bottone rosso (ed evitò la guerra nucleare)
Storia del tenente colonnello sovietico che nel 1983 capì che non era in corso un attacco Usa, ed evitò la guerra. «Ero l’uomo giusto al posto giusto al momento giusto»
CONFLITTI GEOPOLITICI
TAIWAN NON ÈUNO STATO SE NON E’ RICONOSCIUTO DAL RESTO DEL MONDO
Rosanna Spadini – 3 08 2022
#WarRoom – Quindi pare che Nancy Pelosi alla fine sia arrivata a Taiwan.
Magari molti non lo sanno, ma Taiwan NON è riconosciuto da nessun membro del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (non solo Cina e Russia, che sono cattivi, ma nemmeno USA, UK e Francia che sono buoni) e da nessun membro dell’Unione Europea (che siamo noi e che siamo buoni).
Gli unici Stati che lo riconoscono sono Belize, Città del Vaticano, weSwatini (ex Swaziland), Guatemala, Haiti, Honduras, Isole Marshall, Nauru, Palau, Paraguay, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent and the Grenadines, Tuvalu.
Tanto per mettere le cose in chiaro, rischiamo una guerra mondiale per uno Stato che non abbiamo nemmeno riconosciuto.
Quindi per una cosa che non è uno Stato.
TIMES AMMETTE CHE L’OCCIDENTE STA NASCONDENDO LA VERITA’ SUL SUCCESSO DELLA RUSSIA IN UCRAINA
Rosanna Spadini 25 07 2022
I media occidentali stanno deliberatamente nascondendo la verità sui maggiori successi della #Russia in #Ucraina, ha scritto il giornalista britannico Rod Liddle in un articolo sul quotidiano #Times.
Secondo lui, le pubblicazioni straniere stanno cercando di esagerare le possibilità di contrastare le forze armate ucraine .
“I maggiori successi dei russi sono trattati in modo molto più modesto”, ha osservato Liddle.
L’osservatore ha notato una tendenza: più successi ha la Russia , più spazio nei media occidentali viene dato alle immaginarie “atrocità” dei militari. “Tali messaggi entrano nei titoli “in alto”, distorcendo il quadro reale delle battaglie. <…> L’intero problema è che non ci viene nemmeno detta la verità. , dice l’osservatore.
Liddle ha aggiunto che la visione dell’Occidente del conflitto non è imparziale, ma modellata da un pio desiderio.
L’UE spinge la Georgia a entrare in guerra
In una conferenza stampa il presidente del partito al potere Sogno Georgiano Georgia democratica, Irakli Kobachidze, ha dichiarato che spera che la Georgia ottenga lo status di candidato all’Unione Europea in dicembre… senza però entrare in guerra con la Russia.
Kobachidze ha affermato di essere stato sollecitato (senza fornire maggiori dettagli) da responsabili europei per affrettare la candidatura, a condizione che il Paese entri in guerra.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article217649.html
CULTURA
Giovanni Raboni e i grandi scrittori del ‘900 (tutti di destra)
Ripubblicato da De Piante editore l’articolo del grande critico apparso sul Corsera nel 2002
Il 27 marzo 2002, un ventennio fa, per molti passato invano, sul “Corriere della sera”, Giovanni Raboni pubblicava l’articolo I grandi scrittori ? Tutti di destra: un titolo scandaloso per l’establishment culturale di ieri e purtroppo anche di oggi, come conferma la recente proposta editoriale di De Piante, che non solo ha ripubblicato, nella sua raffinata Gli Aurei, l’intervento di Raboni, ma lo ha anche integrato con ulteriori approfondimenti.
L’articolo in questione si muoveva dalla tesi, trasversale – secondo l’autore – a destra e a sinistra, che gli intellettuali sono “tutti di sinistra”. Si trattava ed in fondo per molti ancora si tratta di una convinzione talmente diffusa da trasformarsi, nell’immaginario collettivo, in una sorta di luogo comune, diffuso ed accettato. Intellettuale inquieto, poeta appassionato, diviso pasolinianamente tra la memoria della Milano che fu ed il libertarismo degli Anni Settanta, per il Raboni critico – come scrive Luca Daino, in premessa alla riproposta editoriale di De Piante – nell’ambito dell’espressione artistica vigeva un principio fondativo: “non può intervenire, nel giudizio su un’opera d’arte, alcun criterio politico. La riuscita di un’opera si misura primariamente sul piano estetico, il quale certo non ignora, ma sormonta e trascende, quello politico”.
In I grandi scrittori ? Tutti di destra l’autore va giù duro e senza mezzi termini: “Per dirla nel più diretto e disadorno e a prima vista (ma solo a prima vista) provocatorio dei modi, la verità dei fatti è la seguente: che non pochi, anzi molti, anzi moltissimi tra i protagonisti o quantomeno tra le figure di maggior rilievo della letteratura del Novecento appartengono o sono comunque collegabili a una delle diverse culture di destra – dalla più illuminata alla più retriva, dalla più conservatrice alla più canagliesca – che si sono intrecciate o contrastate o sono semplicemente coesistite nel corso del ventesimo secolo”. A sostegno della sua tesi Raboni fa nomi e cognomi, in rigoroso ordine alfabetico. Ad emergere è il gotha della cultura novecentesca: da Céline a D’Annunzio, da Hamsun a Ionesco, a Jünger, Marinetti, Maurras, Pound, Prezzolini … E’ una vera terapia antiretorica e liberatoria quella offerta dall’autore, “impegnato”, al di là delle vecchie appartenenze ideologiche, ad insinuare qualche dubbio, a destra (in chi vede in ogni scrittore un avversario politico) e a sinistra (rispetto a chi “scambia non meno ingenuamente ogni scrittore per un compagno di fede”).
Con questo fuoco di fila impossibile non fare scandalo, come confermava lo stesso Raboni, in un articolo di replica pubblicato sul “Corriere della sera” del 23 aprile 2002, fotografia di un mondo giornalistico e culturale che si ferma al sentito dire, al retorico riperpetuare di pregiudizi e di fraintendimenti (un po’ come accade oggi per la mostra dei dipinti di Julius Evola, esposti al Mart di Rovereto, su idea di Vittorio Sgarbi).
Di questo fuoco di fila “tra destra e sinistra” si fa carico, in appendice al libretto pubblicato da De Piante, Franco Cardini (Quando ancora si discuteva di egemonie culturali), un “irregolare” per antonomasia, che, sul filo del ragionamento di Raboni, aggiorna la questione ed alza il tiro, tra cancel culture (ultima follia di un mondo intellettuale che, nato all’insegna del “vietato vietare”, ha poi assunto le vesti della neo inquisizione del Pensiero unico) e “Male assoluto”, definizione usata – scrive Cardini – “per oggetti squisitamente storici che, in quanto tali, mai dovrebbero uscire dagli argini della contestualità e quindi della relatività (che non è sinonimo di relativismo)”.
Cardini ricorda come “a destra”, nei “furibondi anni Settanta”, si tentò di rompere i vecchi monopoli culturali “di sinistra” , rinverdendo, con nuove testate, esperienze di grande successo, come era stato “il Borghese”, scommettendo su imprese editoriali “fuori dal coro” (Rusconi), fino a cavalcare un autore come J.R.R. Tolkien ed il suo Il Signore degli anelli, che oltreoceano era stato un bestseller della beat generation. Furono, ancora, gli anni della “Nuova Destra e delle “nuove sintesi”, espressione di una vivace pattuglia di intellettuali, destinati – come nota Cardini – “a farsi un nome”, scompaginando il vecchio ordine dell’egemonia culturale di sinistra. Una sinistra costretta peraltro a fare i conti con la sua crisi ideologica, al punto da “rileggere” autori maledetti come Nietzsche, Unamuno, Céline, Schmitt.
Nel rimescolarsi delle appartenenze e degli autori di riferimento, la vera e pesante differenza è che la sinistra rispetto alla destra dispone di una “politica culturale” e che della cultura “ha un concetto prevalentemente demagogico e strumentale”.
Che cosa è mancato a destra ed in ambito cattolico per affrontare ad armi pari l’egemonia culturale della sinistra, dando il giusto rilievo agli autori di valore provocatoriamente riconosciuti da Raboni? Proprio la mancanza di consapevolezza rispetto ad una grande tradizione culturale, che il mondo cattolico, garantito dal potere democratico cristiano, non seppe alimentare, e che le destre consideravano una mera “sovrastruttura”, un addobbo di scarso valore da un lato ed un balocco nostalgico dall’altro. Così fu purtroppo anche nel 1994, l’anno della mitica svolta berlusconiana, allorquando alla vittoria elettorale non corrispose una seria strategia culturale, che – come nota Cardini – impedì di realizzare qualche “serio discorso nel campo della ricerca, dell’università e della scuola”. Al fondo di tutto il sostanziale isolamento degli uomini di cultura orientati “a destra”, laddove “a sinistra” si formulavano progetti, venivano elaborate riforme, nel segno di un impegno di taglio gramsciano. E questo malgrado sul fronte opposto fossero storicamente presenti i grandi scrittori, quelli verso cui Raboni manifesta il suo interesse.
Sia chiaro quella di Raboni non è stata una grande scoperta. Ciò che è importante, ieri come oggi, è il suo invito a rompere con l’omologazione culturale (quella secondo cui la cultura è monopolio della sinistra) spingendo quanti a certi autori dovrebbero guardare ed ispirarsi ad essere consapevoli di un’eredità importante, la quale non può solamente essere conservata e contemplata, ma va valorizzata, divulgata, fatta oggetto di dibattiti, di approfondimenti, fino ad trasformarsi in un elemento dinamico e creativo nella contemporaneità.
In questa prospettiva l’aureo libretto I grandi scrittori ? Tutti di destra, può diventare un punto di riferimento, a partire dal quale identificare più ampie strategie culturali, nel segno di una provocazione d’annata rispetto alla quale attardarsi in modo trasversale, a destra e a sinistra.
* I grandi scrittori? Tutti di destra, di Giovanni Raboni, De Piante Editore, Milano 2022, pp. 60, Euro 20
FONTE: https://www.barbadillo.it/105261-giovanni-raboni-e-i-grandi-scrittori-del-900-tutti-di-destra/
IMMANUEL KANT, “CRITICA DELLA RAGION PURA”
La vita secondo ragione, sorvegliata, diretta dalla ragione, Immauel Kant la svolge con le celeberrime Critica della ragion pura (che riguarda la conoscenza), Critica della ragion pratica (che riguarda la morale), Critica del giudizio (che riguarda la natura e l’arte). Niente si sottrae alla ragione, Kant è un pensatore sistematico, ripete Aristotele nel voler rendere coerente e intesa la totalità, mettendo da parte San Tommaso che è un sistematico ma all’interno della teologia.
Kant si occupa di tutto e vuole spiegare tutto a lume di ragione e che dice la ragione con riguardo alla conoscenza? Dice che non c’è conflitto tra l’esperienza e la ragione, occorre la divisione dei campi, vi sono attuazioni della conoscenza per le quali non ho bisogno di esperienza basta la ragione, che due sommato a due rende quattro è un risultato mentale incorrente di esperienza, tale giudizio mi accresce la conoscenza, Kant lo denomina “Giudizio sintetico a priori”, sintetico perché accrescitivo di conoscenza, a priori perché non bisognoso di sperimentazione, la ragione è sufficiente per sé.
Vi in altro giudizio a priori ma è analitico, non dà accresciuta conoscenza, se dico: A è A, non ho bisogno di conoscenza sperimentale, quindi è un giudizio a priori, ma non mi cresce la conoscenza quindi è analitico. Ma se dico: i gravi cadono, posso affermarlo solo sperimentandolo, quindi è un giudizio a posteriori, successivo all’esperienza, sintetico perché mi fa apprendere quanto prima non conoscevo. “Giudizio sintetico a posteriori”. In tal modo Kant concilia razionalismo ed empirismo, nessun conflitto, basta assegnare i campi di conoscenza, in taluni la ragione, i giudizi a priori (matematica, geometria), in altri occorre la esecuzione sperimentale (gli scettici greci negavano questa concezione).
Ma per Kant la mente umana è dotata di capacità organizzative idonee a mettere ordine, distinzione nella realtà che si presenta alla rinfusa. Mai! Kant è un tedesco disciplinato e disciplinante, prende la realtà com’è e la mette a posto come fosse un esercito. La mente razionale ha repulsione per il marasma della realtà confusionaria, Kant individua nella nostra mente stupefacenti mezzi per disciplinare la realtà ben spartendola, abbiamo le “categorie”, uno strumento di catalogazione dei fenomeni. E come categorizzo la realtà? Facilmente. Se dico, tutti, pochi, categorizzo la realtà secondo il criterio della Quantità; se dico una bella ragazza, categorizzo secondo la Qualità; se dico: questo e quello, categorizzo secondo la categoria della relazione; se dico quello provocato da quell’altro valuto secondo la causalità. Kant divide ulteriormente ogni categoria, ma sono determinazioni secondarie. Con i giudizi e le categorie la mente può avere cognizione della realtà organizzandola. La mente? E noi siamo la “mente”? Noi siamo “Io”, categorie e giudizi fanno capo ad un io, a singoli individui, il soggetto personale al quale si intestano giudizi e categorie.
Dunque, ciascuno di noi va in giro con il suo proprio “Io”, le sue categorie, i suoi giudizi a priori e a posteriori e valuta, ordina, associa, conosce ordinatamente. Illusi! Mi dispiace, ma non è così. Infatti: sono “io” a conoscere la realtà con la “mia” mente, quindi conosco la realtà mentalizzata, le sensazioni delle cose da me organizzate, io non sono dentro le cose né le cose sono dentro di me. Esisterebbe una realtà sostanziale da noi inafferrabile che ci fornisce sensazioni che noi ordiniamo e giudichiamo ma ci è impossibile entrare nelle “cose”.
Non basta, addirittura non soltanto non conosciamo la realtà in sé ma vi sono realtà oltre la mente ed ogni conoscenza, Dio (Kant critica sia la prova ontologica sia le prove di Tommaso, se ne dirà); realtà fuori da ogni comprensione, il mondo; inoltre, l’Io non può conoscere l’Io. La ragione conosce, conosce, conosce, e che conosce? Conosce soprattutto i propri limiti. Dio, il mondo, l’Io si sottraggono alla conoscenza. È così? Che delusione! Tanta ragione per nulla. Non è così. Kant è un filoso di nomenclatura poliziesca. Risolve il mistero alla prossima “Ragione”. Quella “pratica”. È il valore narrativo della filosofia, trame, vicende, intrighi. Chi si stancherebbe?
FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2022/07/08/antonio-sacc%C3%A0_immauel-kant-critica-della-ragion-pura/
“Inno alla notte”
Francesca Sifola – 2 agosto 2022
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
LA CIA E LA NATO VOGLIONO ELIMINARE ZELENSKIJ. CHE PURGA I SUOI SERVIZI SEGRETI
Tonio de Pascali 27 07 2022
La Cia e la Nato stanno cercando una exit strategy per la guerra in Ucraina.
E per più motivi.
Il primo, il più importante, è che la Russia ha vinto la guerra. Ma non bisogna ovviamente dirlo.
Guerra che sta costando capitali enormi agli Stati occidentali e che sta costando sacrifici enormi agli europei. Senza alcun risultato. Anzi. Esattamente il contrario.
Perché L’Occidente ha sbagliato tutto: con Putin ha bluffato, questo ha visto il bluff e tutto è andato a puttane.
Non solo : tutti pensavano che lo zar avrebbe capitolato in due settimane mentre quello sta asfaltando tutto e tutti.
Il problema è però un altro : hanno creato un mostro, Zelenskij, che ha preso troppo a cuore il ruolo di fantoccio dell’Occidente e che sogna da guerriero mondiale dimenticando di essere solo un comico.
Tutti stanno cercando di farglielo capire, di andare a trattative perché così non si può andare avanti, che ormai tutto è perduto.
Ma lui niente : vinceremo la guerra, sbaraglieremo i Russi e li ricacceremo a casa loro. Come Hitler negli ultimi giorni dal bunker.
Con danni e drammi enormi per il suo popolo.
E allora?
Allora due soluzioni per togliere di mezzo Zelenskij: un colpo di stato o un attentato.
Il primo sarebbe poco credibile perché non si può abbattere un pupazzo dopo averlo creato, come si faceva con i dittatori del sud America. I tempi sono cambiati.
Il secondo sarebbe più accettabile nella loro ottica: l’attentato, infatti, potrebbe essere sempre attribuito a Putin.
Capito dunque perché Zelenskij da 15 giorni sta epurando tutti gli alti comandi della macchina statale e soprattutto quelli militari e della intelligence?
Ucraina : la desinformazione del Sistema di Informazione
I servizi d’intelligence italiani (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza) sorvegliano l’insieme degli influencer filorussi in Italia. Non è un’idea bislacca di Roma, ma una pratica coordinata, messa in atto in tutti gli Stati membri della Nato. Come già per la rete stay-behind, il primo documento viene pubblicato in Italia. La vicenda permette di capire cosa abbia indotto il quotidiano di sinistra Il Manifesto a censurare il collega Manlio Dinucci, nonché cosa abbia spinto il provider Orange a censurare il nostro sito, Voltairenet.org, in Polonia.
Quale sia l’attendibilità del “sistema di informazione sul conflitto russo-ucraino” lo conferma quest’ultimo episodio: il senatore Bruno Tabacci, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, accredita la fake news del Corriere: “Il libro di Dinucci citato da Putin nel discorso celebrativo a Mosca”.
Il documento desecretato sulla “Disinformazione nel conflitto russo-ucraino”, redatto dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, attribuisce alle “narrative della propaganda russa” la presenza di forze neonaziste in Ucraina e la russofobia, e presenta come frutto della propaganda russa “gli attacchi all’immagine di Zelensky”. Quale sia la reale situazione emerge dalle notizie diffuse dalla stessa agenzia di stampa ucraina. Tra queste, la messa al bando del Partito socialista di Ucraina e la confisca dei suoi beni, misure adottate nei confronti di altri dieci partiti politici; l’ordine di Zelensky di distruggere 100 milioni di libri russi, compresi tutti i classici della letteratura russa, poiché “diffondono il Male”. Mentre gli atleti russi e bielorussi vengono esclusi da 125 gare internazionali, a una gara internazionale di pugilato in Ungheria una atleta ucraina esibisce la bandiera neonazista dell’Azov e si rifiuta di rimuoverla.
Il documento desecretato attribuisce alla propaganda russa anche la notizia che vi sono in Ucraina 30 biolaboratori collegati al Pentagono e a una rete di società statunitensi ed europee. Vi sono invece molte prove, provenienti da una agenzia USA di giornalismo investigativo e da altre fonti, non solo della loro esistenza ma delle loro attività consistenti nello sviluppare e testare virus patogeni per la guerra biologica. Il governo russo ha chiesto alle Nazioni Unite di inviare in Ucraina una commissione d’inchiesta, ricevendo però un netto rifiuto. Quali siano i pericoli derivanti dai biolaboratori in Ucraina per l’intera Europa e il mondo, viene denunciato anche da Tultsi Gabbard, esponente politica statunitense del Partito democratico.
«La rete di Putin in Italia: chi sono influencer e opinionisti che fanno propaganda per Mosca», di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera.
«Gabrielli sul rapporto al Copasir: “Nessun dossieraggio dell’intelligence”», di Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera.
«Caso Russia, il rapporto al Copasir. Gabrielli: non si tratta di dossieraggio», di R.R., Corriere della Sera.
«Il bollettino «desecretato» e i nomi nelle analisi da marzo», di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article217345.html
La Cina apre il fuoco verso Taiwan: l’isola è circondata
Stanotte sono iniziate le prime esercitazioni militari cinesi, al largo delle coste di Taiwan. Il rischio di escalation è altissimo
Le esercitazioni della Cina
A riportarlo non è solo il Global Times – il quotidiano cinese in lingua inglese – ma anche numerose agenzie mondiali, come Afp News Agency, che ha condiviso, sul proprio profilo Twitter, video ed immagini delle esercitazioni del Dragone. Qui sotto, per esempio, gli elicotteri cinesi stanno sorvolando l’isola di Pingtan, zona taiwanese, situata a pochissimi chilometri dal confine cinese. La risposta di Pechino è già arrivata: “Le contromisure sono necessarie, oltre ad essere la mossa giusta. Le azioni Usa sono state irrazionali ed estremamente irresponsabili”.
Anche gli Usa muovono l’esercito
Ma sono anche gli stessi media di Taiwan a riportare l’accrescimento delle tensioni. Il Taiwan News, per esempio, parla già di una mobilitazione della Uss Ronald Reagan nelle acque del sud-est dell’isola di Formosa, in risposta alle esercitazioni di Pechino. E ancora, lo stesso quotidiano parla di “grandi bagliori rossi su Taoyuan”, città a pochi chilometri dalla capitale Taipei. Alcuni giornalisti locali, seppur privi di fonti, immagini o video, affermano di aver visto “spari nei pressi dello Stretto di Taiwan” da parte dell’Esercito cinese.
Nel frattempo, almeno una decina di navi e di caccia del Dragone hanno violato lo spazio aereo di Taipei, portando l’isola di Formosa a schierare sistemi missilistici per tracciare l’attività dell’aviazione nemica. Il governo taiwanese è stato chiaro: non vuole arrivare ad un’escalation, ma in caso di una vera e propria offensiva, ecco che sarà pronto a rispondere militarmente.
Anche l’Ue si muove a sostegno del governo di Taipei. Poche ore fa, Joseph Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione Europea, ha fermamente condannato le esercitazioni di Pechino: “Non c’è alcuna giustificazione per usare una visita come pretesto per un’attività militare aggressiva nello Stretto di Taiwan”. E ancora: “È normale e di routine, per i legislatori dei nostri Paesi, viaggiare a livello internazionale. Incoraggiamo tutte le parti a mantenere la calma, esercitare moderazione e agire con trasparenza”.
Per ora, l’isola rimane accerchiata dalle forze del Dragone in sei punti diversi. Vedremo se, entro il 7 agosto, data del termine delle esercitazioni di fuoco cinesi, Xi Jinping vorrà spingersi ancora più in là. Il rischio è altissimo.
articolo in aggiornamento
9.00 Cina: “Taiwan? Un affare interno”
Arriva la risposta anche del ministro cinese per gli Affari di Taiwan, dopo l’inizio delle esercitazioni di Pechino, al largo delle coste di Taipei: “Non rappresenta una questione regionale, ma un affare interno”. La stessa ministro degli Esteri del Dragone, commentando la visita della Pelosi, l’ha definita un’azione “maniacale, irresponsabile ed irrazionale”.
Matteo Milanesi, 4 agosto 2022
FONTE: https://www.nicolaporro.it/la-cina-apre-il-fuoco-verso-taiwan-lisola-e-circondata/
DIRITTI UMANI
SCRIVERE LE PROPRIE IDEE IN MANIERA CONTRARIA
Maria Grazia Russo
Vorrei consigliare agli amici sempre più vittime della censura e dei blocchi facebookiane di esprimere le loro idee non in maniera esplicita ma scrivendo il contrario di quello vorrebbero in maniera iperbolica e caricaturale.
In questo modo il messaggio che volete comunicare giungerà lo stesso ai lettori con la differenza che nessuno potrà segnalare le vostre frasi. Per esempio, siete contrari alla maternità surrogata, argomento del dibattito contemporaneo che divide molti? Non scrivetelo in maniera diretta, dite che siete favorevolissimi a questa pratica, che non vedevate l’ora che arrivasse e che piuttosto vi chiedete come sia possibile che l’uomo non possa ancora effettuare la fotosintesi clorofilliana denunciando tale ingiustizia e diseguaglianza sociale.
L’analfabetismo funzionale di Repubblica sulla Libia
di Michelangelo Severgnini
Mancano meno di due mesi al voto e lo sappiamo già: ne sentiremo di tutti i colori.
Chi scrive o solo pensa un articolo simile è un analfabeta della Libia.
La quasi totalità dei migranti risiede sulla costa occidentale, lì trasportata dalle mafie africane perché sia manodopera a costo zero per le milizie.
È lì, in Tripolitania, dove risiedono i criminali a piede libero, altre volte detti trafficanti, dove i migranti vengono imbarcati su gommoni sgonfi mortali, dopo aver trovato un accordo con le Ong.
Loro, trafficanti libici e Ong, sono i responsabili dei quasi 30.000 sbarchi già quest’anno.
Di quale pressione russa stanno parlando?
I barconi che partono dalla Cirenaica sono tanto rari quanto le notizie obiettive di La Repubblica.
Che ci sia dietro la Wagner è poi “wishful thinking”. Gli piacerebbe fosse così per nascondere quello che loro già fanno in Tripolitania.
In 4 anni dacché sono in contatto con i migranti-schiavi in Libia non ne ho sentito uno lamentarsi dalla Cirenaica.
Al contrario abbiamo presentato un’interrogazione a Di Maio il mese scorso.
Soldi a Tripoli non per i migranti, ma per le armi e il saccheggio del petrolio.
È tutto nero su bianco. Nessuno ha ripreso.
Ma a questi che vivono nella bolla EU-NATO piacciono le narrazioni fiabesche. Tutto un altro genere letterario rispetto al giornalismo.
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/23558-michelangelo-severgnini-l-analfabetismo-funzionale-di-repubblica-sulla-libia.html
ECONOMIA
Il mondo sempre più dipendente dal gasolio USA, che è sempre più scarso
Agosto 3, 2022 posted by Giuseppina Perlasca
La crescente dipendenza dalle forniture di gasolio statunitense potrebbe causare problemi nei prossimi mesi, poiché la domanda interna statunitense di carburante aumenta mentre la produzione non riesce a crescere allo stesso ritmo. Prima o poi qualcuno resterà senza.
Bloomberg riporta che gli Stati Uniti stanno esportando gasolio a tassi record, raggiungendo 1,4 milioni di bpd a luglio, il massimo degli ultimi cinque anni, secondo i dati di Vortexa.
Le spedizioni di gasolio degli Stati Uniti sono destinate principalmente a Brasile, Messico, Cile e Argentina, ma ora anche all’Europa. Il Brasile , uno dei BRICS, quindi si trova a dipendere dagli USA, nonostante tutto.
Un’altra sfida sarebbe rappresentata dall’aumento della domanda interna con l’inizio del raccolto nel Midwest. La stagione del raccolto inizierà presto anche in Brasile, un grande acquirente di gasolio statunitense.
Le scorte di gasolio negli Stati Uniti sono state in calo per gran parte di quest’anno, poiché la domanda di carburanti ha continuato a riprendersi dalla pandemia più velocemente dell’offerta. Gli ultimi dati dell’Energy Information Administration hanno mostrato un altro calo delle scorte nella settimana al 22 luglio, pari a 800.000 bpd. Rispetto al calo di 1,3 milioni di barili della settimana precedente.
La produzione di distillati medi, compreso il gasolio, nel frattempo si è attestata intorno ai 5 milioni di barili al giorno. Secondo Bloomberg, sulla costa orientale si sta già profilando una carenza di gasolio. Le scorte stagionali di distillati, secondo i media, sono ai minimi storici da maggio. Già lo scorso inverno la East Coast ha sofferto di una carenza di gasolio e, se la situazione continuerà ad evolversi come sta accadendo, potrebbe ripetersi. Se dovesse esserci un incidente in qualche grossa raffineria sarebbe un bel guaio.
FONTE: https://scenarieconomici.it/il-mondo-sempre-piu-dipendente-dal-gasolio-usa-che-e-sempre-piu-scarso/
E’ IL LOBBISTA IRLANDESE MARK MACGANN L’INFORMATORE CHE HA FATTO TRAPELARE I FILE INTERNI DI UBER CHE RIVELANO DETTAGLI SULLE ATTIVITÀ DI LOBBYING DI ALTO LIVELLO NEI CONFRONTI DEI GOVERNI DI DIVERSI PAESI DELL’UE
MACGANN HA LAVORATO PER L’AZIENDA TRA IL 2014 E IL 2016 COME CAPO LOBBISTA PER EUROPA, MEDIO ORIENTE E AFRICA – I DOCUMENTI MOSTRANO COME I DIRIGENTI DELL’AZIENDA ABBIANO ESERCITATO PRESSIONI SUI POLITICI DI TUTTO IL MONDO PER OTTENERE FAVORI E NEGOZIANDO ACCORDI DI INVESTIMENTO CON OLIGARCHI RUSSI ORA SANZIONATI…
10 07 2022
(ANSA) – E’ il lobbista irlandese Mark MacGann l’informatore che ha fatto trapelare i file interni dell’azienda statunitense di trasporto Uber che rivelano dettagli sulle attività di lobbying di alto livello nei confronti dei governi di diversi Paesi dell’Ue. MacGann, 52 anni, ha lavorato per l’azienda tra il 2014 e il 2016 come capo lobbista per Europa, Medio Oriente e Africa. “Non ci sono scuse per il modo in cui l’azienda ha giocato con la vita delle persone”, ha detto, “sono disgustato e mi vergogno. Avevamo effettivamente venduto alle persone una bugia”, ha detto.
I documenti mostrano come i dirigenti dell’azienda abbiano esercitato pressioni sui politici di tutto il mondo per ottenere favori e abbiano negoziato accordi di investimento con oligarchi russi ora sanzionati. Oltre ad aver sfruttato la violenza contro gli autisti di Uber per spingere verso regolamenti favorevoli. MacGann, indicato come “Mmg” nelle e-mail trapelate, ha dichiarato in un’intervista esclusiva al Guardian di aver deciso di divulgare i documenti, più di cinque anni dopo le dimissioni, per denunciare le malefatte dell’azienda. Sostenendo con i governi che cambiare le regole a favore di Uber avrebbe portato benefici economici agli autisti, “abbiamo venduto alla gente una bugia”, ha dichiarato.
FONTE: https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/39-lobbista-irlandese-mark-macgann-39-informatore-che-ha-fatto-316949.htm
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
La BCE all’assalto dei salari: parte prima
La Banca Centrale Europea (BCE) ha annunciato, giovedì 9 giugno, una storica virata nella politica monetaria dell’area euro. Due sono i profili di questa manovra monetaria che invertono la rotta avviata con la crisi dei debiti pubblici degli anni Dieci: l’aumento dei tassi di interesse e la fine degli acquisti diretti di titoli pubblici da parte della banca centrale.
Dopo undici anni di ribassi continui, la BCE ha annunciato che a luglio tornerà ad aumentare i tassi di interesse. Tra i compiti fondamentali di una banca centrale c’è la definizione del cosiddetto costo del denaro, ossia il tasso di interesse che le banche commerciali pagano alle banche centrali per prendere a prestito il denaro di cui hanno bisogno per il loro regolare funzionamento. La BCE, fissando i tassi di interesse pagati dalle banche commerciali per le loro operazioni di rifinanziamento, riesce ad orientare i tassi di interesse che le banche commerciali faranno poi pagare allo Stato, ai cittadini e alle imprese per l’erogazione di prestiti. In prospettiva, la BCE ha anche annunciato che quello di luglio sarà il primo di una serie di aumenti dei tassi di interesse che, progressivamente, porterà il costo del denaro ben al di sopra degli attuali tassi negativi, e dunque fuori dalla zona di eccezione in cui si è mossa la politica monetaria emergenziale dalla crisi dei debiti pubblici alla pandemia.
Secondo l’ideologia della BCE, la politica monetaria ha il compito fondamentale di garantire la stabilità dei prezzi e mantenere l’inflazione attorno al 2%. L’inflazione è solitamente spiegata dalle banche centrali come determinata da un eccesso di domanda che surriscalda l’economia e che dunque crea ondate inflazionistiche. L’annunciato rialzo dei tassi di interesse è stato giustificato dalla BCE, non senza acrobazie, con il sensibile aumento dei prezzi che si è registrato negli ultimi mesi. Tuttavia, l’inflazione galoppante dei mesi scorsi deriva palesemente dalla spinta dei prezzi dell’energia, in gergo economico dal lato dell’offerta, e non da eccessivi surriscaldamenti dell’economia guidati dalla domanda. Dunque, non vi sarebbe alcuna ragione, pur all’interno del quadro teorico stesso della BCE, per aumentare i tassi di interesse e di conseguenza comprimere la domanda di famiglie e imprese. Ci è arrivato persino il principale consigliere economico di Draghi, il bocconiano Giavazzi, forse incoraggiato in questo slancio di perspicacia dagli effetti nefasti che l’aumento dei tassi avrebbe oggi sul suo Governo e di cui parleremo nell’ultima parte di questo contributo: i nostri amici bocconiani ci hanno sempre raccontato che spread e tassi dipendono dalla fiducia e da altre amenità, mentre oggi che la frusta monetaria si abbatte sul loro loden ci spiegano che “noi non abbiamo una inflazione da domanda come negli Usa ma abbiamo una inflazione legata al prezzo del gas” e dunque “alzare i tassi è uno strumento sbagliato”. Comunque, non ci si lasci ingannare da questa conversione. Infatti, è sempre Giavazzi a chiarire: l’aumento dei tassi è sbagliato perché noi già stiamo facendo i nostri “compiti a casa” con il PNRR e le sue 528 condizionalità, e, in ogni caso, sempre citando Giavazzi, il nostro peccato originale è sempre e solo l’elevato rapporto debito/PIL.
Dall’altro lato della frusta, a Francoforte, tirano dritto e sono costretti ad argomentare che, sebbene sia evidente che l’inflazione attuale sia principalmente da offerta, le aspettative di lungo periodo (altre creature mitologiche dell’economia dominante) ingloberebbero già un’inflazione da domanda, cioè un eccesso di spesa rispetto alla produzione che si potrà realizzare. Già, avete capito bene: alla BCE stanno dicendo che l’economia è troppo frizzante e cresce a ritmi troppo elevati rispetto alle capacità produttive, e dunque c’è bisogno di raffreddare gli animi, cioè aumentare il tasso di interesse per frenare la domanda di beni e servizi. Nelle parole della Presidente della BCE: “Stiamo chiaramente vedendo che l’aumento dell’inflazione oltre il 2% interessa il 75% dei beni considerati ai fini del calcolo dell’inflazione, una percentuale senza precedenti. Ciò vale per beni industriali non energetici, vale per i servizi e si spiega solo in parte – ma non solo – come un riflesso dell’aumento dei costi dell’energia.”
Infine, e qui il delirio ideologico della BCE ci porta più vicini alla sostanza del problema, la Lagarde punta il dito contro un presunto aumento dei salari: “siamo molto attenti ai salari, alla contrattazione salariale … vediamo aumenti salariali che hanno accelerato, in particolare da marzo … e prendiamo atto che la Germania, per esempio, aumenterà il salario minimo a partire dal primo ottobre”. Oltre la cortina di fumo della teoria economica dominante, si intravede ora il reale significato dell’aumento dei tassi di interesse annunciato dalla BCE. Con i prezzi energetici si è avviato un ciclo di aumento generalizzato dei prezzi che avrà, come effetto principale, una redistribuzione del reddito dai salari ai profitti. All’interno di questo processo, l’aumento del tasso di interesse serve a preservare i profitti del settore privato (finanziario e non finanziario), lasciando indietro solo i salari che sono schiacciati dalla debolezza contrattuale dei lavoratori, dalla precarietà diffusa e dall’elevato livello di disoccupazione, che scoraggia le rivendicazioni salariali.
Per quanto riguarda il settore bancario e finanziario, sono proprio gli aumenti dei tassi di interesse messi in moto dalla manovra della BCE che permettono alle rendite finanziarie di crescere parallelamente ai prezzi, scaricando così sui debitori i maggiori costi di prestiti e mutui. Per quanto riguarda il settore delle imprese non finanziarie e non bancarie, utile è richiamare l’attenzione su quello che tra gli economisti viene comunemente chiamato Paradosso di Gibson o Price Puzzle. Secondo questo fatto empirico, che impropriamente è definito un paradosso, una politica monetaria restrittiva della banca centrale basata sull’aumento dei tassi porta ad un aumento dei prezzi. In sostanza le imprese, vedendo aumentati i costi di produzione (si pensi ad esempio ad imprese indebitate con il settore bancario che dovranno pagare un tasso d’interesse maggiore e sopportare un più elevato costo del debito), scaricano questi maggiori costi sui prezzi, aumentandoli. Ovviamente, si tratta di un paradosso solo per la teoria economica dominante, secondo la quale in periodi di forte inflazione la banca centrale, aumentando i tassi di interesse, rallenterebbe il surriscaldamento dell’economia e di conseguenza l’inflazione. Tuttavia, proprio un paradosso non sembra essere e diversi studiosi hanno iniziato a inquadrare tale effetto come una normale conseguenza della politica monetaria, definendolo appunto il ‘canale di costo della politica monetaria’. Ne consegue anche che l’ulteriore aumento dei prezzi che si verificherà proprio a causa della stretta monetaria della BCE porterà ad una ulteriore diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori. In sostanza, oltre al danno anche la beffa: già gli aumenti dei prezzi dell’energia gravano in larga misura sulle spalle della classe lavoratrice; l’aumento dei tassi di interesse, guidato dalle politiche scellerate della BCE, non fa altro che aggravare la situazione per la maggioranza della popolazione, in quanto da un lato aumenta ulteriormente i prezzi dei beni – alla faccia delle misure di contenimento dell’inflazione – e dall’altro costringe a pagare interessi più elevati per prestiti e mutui.
Con l’aumento dei tassi, dunque, la BCE schiera l’autorità monetaria in linea con l’orientamento inflattivo dell’economia, a tutela delle rendite finanziarie e i profitti delle imprese e a discapito dei salari. Dietro al feticcio della stabilità dei prezzi si nasconde il ruolo politico svolto dalla banca centrale nella lotta di classe per la divisione del prodotto, un ruolo che oggi è svolto in Europa con una forza mai vista prima in virtù dell’architettura istituzionale dell’Unione. Come abbiamo visto, le istituzioni europee, invece di lavorare seriamente al raggiungimento di un accordo di pace in Ucraina, il quale sì porterebbe ad un riassorbimento dell’inflazione, hanno scelto la via più facile: non scontentare i padroni e far pagare le conseguenze della guerra alla classe lavoratrice. Evidentemente, la guerra non è uguale per tutti!
FONTE: https://coniarerivolta.org/2022/06/14/la-bce-allassalto-dei-salari-parte-prima/
La BCE all’assalto dei salari: parte seconda
La Banca Centrale Europea (BCE), giovedì 9 giugno, ha annunciato una storica virata nella politica monetaria dell’area euro: l’aumento dei tassi di interesse e la fine degli acquisti diretti di titoli pubblici da parte della banca centrale. Queste decisioni non saranno neutrali né per il potere d’acquisto della classe lavoratrice, come mostrato nella prima parte di questo contributo, né per la stabilità finanziaria e quindi politica dei paesi dell’area euro.
La manovra di politica monetaria di giovedì non si limita alla leva, pur fondamentale, dei tassi di interesse. L’altro pilastro della gestione finanziaria dell’area euro dell’ultimo decennio che viene abbattuto è il protagonismo della banca centrale negli acquisti di titoli pubblici sui mercati, che già a marzo scorso aveva segnato il passo con la fine del programma di acquisti di titoli varato per contrastare gli effetti della pandemia, il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP). A partire dal 2010, quando i tassi di interesse sui titoli greci volavano alle stelle, la BCE ha introdotto una serie di strumenti che le consentissero di acquistare direttamente sui mercati finanziari i titoli del debito pubblico dei Paesi membri. Così, prima con il Greek Loan Facility vennero acquistati i titoli del debito pubblico greco per frenare la spirale speculativa che si era abbattuta sul Paese, poi con il Securities Market Programme ed il fondo salva stati (oggi European Stability Mechanism) gli acquisti si sono estesi ai cosiddetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), la periferia dell’Unione dove si stava allargando il fronte dell’instabilità finanziaria esploso in Grecia. Passata la stagione emergenziale, la BCE aveva introdotto l’Asset Purchase Programme (APP), evoluzione di tutti gli strumenti precedenti, il quale serviva a gestire i flussi di questi acquisti diretti di titoli pubblici europei in maniera più equilibrata: questo strumento consentiva di comprare titoli della periferia ma anche titoli dei Paesi centrali, Germania in primis, e dunque di ribilanciare il costo del denaro pagato dai governi dell’area dell’euro e di governare pienamente gli spread, cioè i divari tra i tassi di interesse sui titoli di Stato dei vari Paesi europei. Infatti, ogni volta che la banca centrale acquista i titoli del debito pubblico di un Paese, spinge al ribasso il tasso di interesse su quei titoli perché ne alimenta la domanda: gli acquisti di titoli sono uno strumento di contenimento del costo del debito pubblico sostenuto dai governi, ovvero il principale strumento attraverso cui è stata garantita la stabilità finanziaria dell’area euro negli ultimi dieci anni.
Per avere un’idea più concreta di cosa significhi questo, guardiamo agli effetti sul costo del debito pubblico italiano del contesto di politica monetaria degli ultimi dieci anni, caratterizzato da tassi di interesse al limite minimo e acquisti diretti di titoli di Stato da parte della banca centrale: il costo medio all’emissione dei titoli del debito pubblico italiano è passato dal 3,61% del 2011 allo 0,1% del 2021. Da luglio, però, si volta pagina.
Proprio mentre decide di aumentare i tassi di interesse, con l’annuncio di giovedì la BCE termina l’APP, mettendo fine all’acquisto di ulteriori titoli pubblici europei sui mercati finanziari. Questa specificazione, “ulteriori”, è fondamentale per comprendere la mossa dell’autorità monetaria europea. Infatti, la banca centrale ha annunciato la fine degli acquisti netti, ma non degli acquisti lordi: non verranno più comprati nuovi titoli di Stato europei, ma quelli acquistati nell’ultimo decennio resteranno nei conti della BCE e, alla scadenza saranno reinvestiti sempre nell’acquisto di titoli di Stato, in modo da mantenere inalterata la quantità di titoli pubblici europei detenuta dall’autorità monetaria. Questo dettaglio è fondamentale perché, nel decennio di acquisti netti positivi la BCE ha accumulato, tra APP e PEPP, circa 4.500 miliardi di euro di debito pubblico dei paesi europei. Per provare a dare maggiore concretezza a queste cifre astronomiche, proviamo a concentrare l’attenzione sull’Italia: vi sono oggi in circolazione 2.300 miliardi di euro di titoli del debito pubblico italiano di cui 727 miliardi, cioè il 31,6%, detenuto dalla BCE in virtù degli acquisti effettuati tramite i due principali programmi, APP (448 miliardi) e PEPP (279 miliardi). In altre parole, attraverso acquisti diretti sui mercati finanziari, la BCE è giunta a detenere un terzo del debito pubblico dell’Italia e, analogamente, dei principali Paesi europei. Per fare cosa?
Con la fine degli acquisti netti decretata dalla BCE, questo patrimonio di circa 4.500 miliardi di euro di debito pubblico dei paesi dell’area euro smetterà di crescere ma non inizierà a diminuire, e resterà nella pancia della banca centrale. Con un’importante, ulteriore, specificazione: la composizione di questa massa di titoli pubblici potrà variare secondo logiche che la stessa banca centrale si riserva di definire nel prossimo futuro. In sostanza, la BCE si impegna a tenere in pancia titoli del debito pubblico di tutti i paesi europei per un ammontare pari a 4.500 miliardi di euro, ma si tiene la libertà di scegliere la composizione di questi 4.500 miliardi. Se da una parte quindi gli acquisti netti dell’euro area presa nel suo complesso non varieranno, potranno cambiare gli acquisti netti che la BCE farà in relazione ai titoli del debito pubblico dei singoli paesi. Infatti, potrà tranquillamente decidere di diminuire i 727 miliardi di debito italiano per comprare, ad esempio, più titoli tedeschi, portoghesi e spagnoli. E proprio qui veniamo al nodo della questione, al punto politico di maggiore attualità, ossia come la stabilità finanziaria di un paese poi influenza la sua stabilità politica. Infatti, quando discutiamo della composizione dei titoli di Stato detenuti dalla BCE stiamo discutendo del potere che quella montagna di titoli conferisce alla banca centrale nel determinare la stabilità o l’instabilità finanziaria di singoli Paesi dell’area euro. Non appena la banca centrale deciderà di modificare l’attuale composizione del suo patrimonio di titoli pubblici, potrà acquistare nuovi titoli pubblici di un Paese solo con i proventi derivanti dal disinvestimento dei titoli pubblici di un altro Paese. Abbiamo detto che l’acquisto di titoli pubblici da parte della banca centrale è una straordinaria arma di contenimento del costo del debito pubblico di un Paese; esattamente alla stessa maniera, la vendita di titoli pubblici detenuti dalla banca centrale è una straordinaria arma di aumento del costo del debito pubblico, e può innescare una spirale nei tassi di interesse capace di far saltare la stabilità finanziaria di qualsiasi Paese dell’area euro. È l’ormai nota dinamica degli spread, che fotografano esattamente la distanza che separa i tassi di interesse sui diversi debiti pubblici. Quando la BCE tira la coperta, lascia alcuni Paesi in balia dei mercati finanziari, e per questa ragione vedremo allargarsi i divari tra i tassi dei Paesi che restano al sicuro, sotto l’ombrello della banca centrale, e quelli scoperti e vulnerabili.
Per dare contenuto a questi ragionamenti proviamo, di nuovo, a guardare agli effetti sull’Italia di questa politica monetaria. Rispetto ad un anno fa, il rendimento dei BTP a 10 anni (i titoli maggiormente rappresentativi del debito pubblico italiano) è passato dallo 0,7% all’odierno 3,9%. Si potrebbe pensare che questo sia solo l’effetto sui mercati finanziari della prospettiva di aumento dei tassi di interesse annunciato dalla BCE. Basta volgere lo sguardo verso Berlino per capire che così non è, e che accanto alla tendenza generalizzata all’aumento dei tassi di interesse della BCE rilevano, nel contesto attuale, le scelte adottate dalla banca centrale in tema di acquisti diretti di titoli. Infatti, anche il rendimento dei bund decennali, gli omologhi tedeschi dei nostri BTP a 10 anni, è aumentato nell’ultimo anno, ma in misura sensibilmente minore, passando dal terreno negativo del -0,3% all’attuale 1,5%. Lo spread tra il tasso italiano e quello tedesco ci permette di cogliere all’istante il punto, perché vediamo che è passato, in un anno, da 100 punti base a 240 punti base, più che raddoppiando.
Insomma, i tassi di interesse sono aumentati per tutti, ma non per tutti i Paesi alla stessa maniera. Ci sono alcuni Paesi, tra cui la Germania, che soffrono meno l’aumento dei tassi mentre altri, tra cui l’Italia, risultano maggiormente esposti al rialzo. Questa maggiore o minore vulnerabilità ai capricci dei mercati finanziari dipende anche dal grado di protezione del debito pubblico garantito dall’autorità monetaria. Con la fine degli acquisti netti di titoli da parte della BCE, questa protezione finisce per dipendere esclusivamente dalla composizione del portafoglio di titoli pubblici detenuto dalla banca centrale: da oggi, qualsiasi decisione di disinvestimento dei titoli di Stato di un Paese dell’area euro da parte della BCE equivale alla fine della sua stabilità finanziaria. È proprio alla luce di questo scenario di elevatissima incertezza che assistiamo, già in queste settimane, ad un pronunciato allargamento degli spread: i mercati finanziari stanno semplicemente anticipando quello che è facile aspettarsi, e cioè il progressivo abbandono dei Paesi della periferia dell’area euro alla speculazione da parte della BCE, esattamente come accadde, più di dieci anni fa, con la Grecia. E come nel caso greco, i governi lasciati in balia dei mercati finanziari finiscono tra le braccia delle autorità europee, chiedendo un supporto finanziario che sarà condizionato alle solite riforme liberiste e alla solita rigida applicazione delle misure di austerità che servono a smantellare salari e stato sociale.
Non a caso, negli ultimi giorni si è iniziato a parlare – proprio come avvenne nel 2011 – della necessità di uno “scudo anti-spread” e il 15 giugno la BCE ha annunciato la prossima introduzione di un nuovo strumento. A breve, dunque, conosceremo i dettagli delle condizioni a cui la banca centrale subordinerà i suoi interventi in difesa dei debiti pubblici europei, secondo una dinamica sperimentata in Grecia e replicata in tutta la periferia europea negli anni a seguire. Dunque, la BCE deve decidere cosa chiedere in cambio della tutela della stabilità finanziaria, e la storia ci insegna che chiederà riforme, contenimento dei salari e riduzione della spesa pubblica, ovvero smantellamento dello stato sociale.
La BCE dal volto italiano di Mario Draghi presidiò, dalla torre di Francoforte e con l’arma dello spread, la lunga stagione di governi tecnici e di unità nazionale che hanno scandito la vita politica del nostro Paese negli ultimi due lustri, garantendo la piena compatibilità delle scelte governative con il perimetro politico ultraliberista imposto dalle istituzioni europee in un frangente storico di emersione delle spinte populiste incarnate dal successo elettorale del Movimento Cinque Stelle, che aveva fatto vacillare la stabilità politica del Paese dell’ultimo trentennio. Analogamente, la BCE dal volto francese di Christine Lagarde anticipa di poche ore con una stretta monetaria di portata storica lo smottamento della stabilità politica francese indotto dal successo elettorale di Nupes, la coalizione guidata da Jean-Luc Mélenchon, lanciando un messaggio chiarissimo ai mercati finanziari. Nell’istante in cui le scelte politiche di un Paese dovessero virare rispetto alla linea definita a Bruxelles, la sua stabilità finanziaria sarà compromessa, e con quella la sua tenuta economica e sociale da un lato e la stabilità politica dall’altro. È un ricatto che discende direttamente dall’uso sapiente delle principali leve della politica monetaria da parte di una classe dirigente che è pronta a tutto per difendere gli interessi di pochi dalla rivendicazione di maggiore giustizia sociale gridata nelle urne dal popolo francese e riecheggiata in ogni angolo d’Europa in cui la popolazione soffre precarietà, disoccupazione e fratture sociali che, dopo la pandemia e con la guerra in casa, continuano ad allargarsi.
FONTE: https://coniarerivolta.org/2022/06/16/la-bce-allassalto-dei-salari-parte-seconda/
Un salario meno che minimo: una farsa europea
La vicenda della direttiva europea sul salario minimo è un ottimo esempio di quello che le istituzioni europee possono fare in concreto per migliorare la vita dei lavoratori: nulla. L’esempio è istruttivo per due ragioni, una di merito ed una di metodo, strettamente intrecciate tra loro.
La ragione di metodo discende dal tortuoso percorso seguito dalla bozza di direttiva, proposta dalla Commissione europea nel 2020, poi sottoposta ad una lunga consultazione e, nella notte tra il 6 e il 7 giugno scorsi, fatta oggetto di un accordo tra i due legislatori europei, il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’UE. Per comprendere questo lungo e (come vedremo) inconcludente percorso legislativo siamo costretti a scavare nelle fondamenta dell’Unione europea, e cioè in quei Trattati istitutivi che ne disciplinano le funzioni essenziali, i poteri e le competenze.
Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al Titolo X dedicato alla Politica Sociale, menziona nell’art. 151 il “miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro” tra gli obiettivi dell’Unione. Un principio molto nobile, che trova la sua articolazione nel successivo art. 153, secondo cui l’Unione persegue tale obiettivo sostenendo e completando l’azione degli Stati membri in una serie di settori che include, al paragrafo 1, lettera b, le “condizioni di lavoro”.
In questo settore, prosegue il paragrafo 2, lettera b del medesimo articolo, i legislatori europei “possono adottare … mediante direttive, le prescrizioni minime applicabili progressivamente”. In altri termini, l’Unione europea può intervenire in tema di condizioni di lavoro con una direttiva, cioè con uno strumento normativo che vincola solamente nell’obiettivo (si parla qui di “prescrizioni minime applicabili”), lasciando libero ogni Stato membro di raggiungerlo con il percorso normativo più idoneo al proprio assetto istituzionale. Tutto lascerebbe intendere che vi sia lo spazio per fissare, come ci stanno raccontando in queste ore, un salario minimo europeo, che sarebbe un prezioso strumento di tutela del lavoro, un argine al cosiddetto lavoro povero.
Peccato che lo stesso art. 153 si concluda con il paragrafo 5, che recita testualmente: “Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle retribuzioni, al diritto di associazione, al diritto di sciopero né al diritto di serrata.” Non si poteva essere più chiari, più espliciti, più netti di così nel definire il perimetro entro cui l’Unione europea esercita il suo potere vincolante nei confronti degli Stati membri. Nessuna ingerenza dell’Unione è prevista nella determinazione delle retribuzioni e nei più fondamentali diritti di associazione sindacale e di sciopero.
Basta dunque leggere i Trattati che disciplinano il funzionamento dell’Unione europea per capire che una direttiva in tema di salario minimo può essere solo un esercizio di stile, una roboante dichiarazione di principi sulla necessità di garantire condizioni di vita dignitose ai lavoratori europei e nulla più. Ed infatti, leggendo il comunicato stampa del Consiglio dell’UE sull’accordo raggiunto con il Parlamento europeo, apprendiamo che la direttiva si comporrà di due pilastri, uno più ridicolo dell’altro.
Il primo pilastro riguarda i Paesi membri che hanno già un salario minimo nella loro legislazione, e richiede (tenetevi forte!) che questi “realizzino uno schema procedurale per fissare ed aggiornare questo salario minimo secondo un insieme di criteri chiari.” Questo serve a capire cosa sia il nulla di cui parlavamo prima: un mero esercizio metodologico da offrire in pasto alla burocrazia europea per mostrare che la fissazione del salario minimo, lì dove è già normata, segua un qualche criterio formalmente accettabile.
Ma il nulla non finisce qui. L’adeguamento del salario minimo all’inflazione – un tema caldissimo in un frangente in cui la rincorsa dei prezzi ai costi dell’energia divora il potere d’acquisto dei salari – dovrà avvenire “al più tardi ogni quattro anni per i Paesi che individuano un meccanismo di indicizzazione automatica”, mentre per i paesi che non si doteranno dell’indicizzazione questo periodo dovrebbe essere di due anni. Anche se non si capisce a cosa farebbe riferimento questa indicizzazione (per chi ce l’ha…), non ci vuole un dottorato in economia per capire che un adeguamento completo dei salari ai prezzi calibrato su un orizzonte temporale così esteso – fino a quattro anni! – equivale ad una perdita secca. Fatichi ad arrivare alla fine del mese? Fatti coraggio, alla fine del quadriennio ci sarà un adeguamento del salario minimo all’inflazione!
Il secondo pilastro riguarda quei Paesi in cui la contrattazione collettiva copre meno dell’80% dei lavoratori, e richiede (allacciate le cinture!) che questi “definiscano un piano d’azione per la promozione della contrattazione collettiva”. Di nuovo, imperativamente, il nulla.
Su questi due pilastri, se così possiamo chiamarli, Consiglio dell’UE e Parlamento europeo stanno definendo gli ultimi dettagli della direttiva che dovrà poi essere votata da entrambe le istituzioni. A quel punto…bé, per questa rivoluzione occorrerà aspettare ancora un po’: è lo stesso comunicato stampa del Consiglio UE a confessare che “gli Stati membri avranno a disposizione due anni per trasporre la direttiva nella legislazione nazionale”. Insomma, l’Unione europea ha preso il coraggio a quattro mani e ha abbozzato una direttiva che chiede per favore agli Stati membri – ma solo a quelli che hanno già un salario minimo – di adeguare quel salario minimo all’inflazione in qualche maniera tra circa sei anni. Davvero, come dice il Partito Democratico, “un passo decisivo per la costruzione dell’Europa sociale”.
Se tutto questo non bastasse a dimostrare l’assoluta inconsistenza della proposta europea in tema di salario minimo, provate a mettervi nei panni di un lavoratore a) così sfortunato da vivere in un Paese europeo in cui non c’è alcuna normativa sul salario minimo e b) così fortunato da vivere in un Paese in cui la contrattazione collettiva copre già più dell’80% dei lavoratori. Già, stiamo parlando proprio dell’Italia, un Paese a cui non si applica nessuno dei due “pilastri” della nuova e folgorante direttiva europea. Una direttiva che non impone l’introduzione del salario minimo ai Paesi che non hanno previsto questo strumento e non impone alcun rafforzamento della contrattazione collettiva ai Paesi che hanno già un sufficiente grado di copertura. Insomma, una direttiva completamente inutile per i lavoratori italiani.
L’obiettivo è vago, non c’è alcun vincolo su modi e tempi, né meccanismi di verifica condivisi. È una misura fatta per non incidere su nulla: propone due vie per garantire un salario dignitoso, o il salario minimo o la maggiore diffusione della contrattazione collettiva, lasciando completa libertà di scelta ai Paesi. Dunque, nei paesi dove c’è già il salario minimo, non serve perché c’è già e non impone alcun miglioramento né tantomeno diffusione della contrattazione collettiva. E nei paesi dove è diffusa la contrattazione collettiva (come l’Italia), non serve perché non impone l’introduzione del salario minimo né tantomeno alcun rafforzamento dei sindacati. Insomma, il nulla.
Chiudiamo questa breve riflessione con la ragione di merito che, a nostro avviso, rende interessante tutta questa storia. Abbiamo visto che l’inutilità della direttiva europea non è un caso – magari connesso agli equilibri politici del momento – ma è radicata nell’architettura istituzionale dell’Unione europea, che impedisce alle istituzioni europee di incidere sui fattori chiave delle condizioni di lavoro, ossia su remunerazione, sindacalizzazione e scioperi.
Per capire il senso di questo assetto, il significato di questa impotenza europea in tema di salari, proviamo a volgere lo sguardo verso le materie che, al contrario, i Trattati affidano alla legislazione esclusiva dell’Unione europea, sottraendole al potere degli Stati membri e concentrandovi tutto il potere delle autorità europee: dazi, concorrenza, politica commerciale e politica monetaria. L’Unione europea si regge sulla libertà della produzione di spostarsi lì dove è più conveniente, ovvero la libertà di movimento dei capitali, e sulla libertà di continuare a vendere le proprie merci in tutti i Paesi europei, ovvero la libertà di commercio interno. Le istituzioni europee, disegnate dai Trattati, nascono in altri termini per garantire ai capitali di muoversi liberamente tra i Paesi europei alla ricerca delle condizioni più favorevoli per accrescere i profitti. Ma cosa sono, in ultima istanza, queste “condizioni più favorevoli”, se non le peggiori condizioni di lavoro – cioè proprio salari, sindacalizzazione, libertà di sciopero – che consentono alle imprese di sfruttare al meglio il lavoro e, dunque, di rendere massimi i propri profitti?
L’Unione europea nasce per tutelare i profitti di pochi, e quindi si fonda sulla necessità del capitale di mantenere bassi i salari, in modo da conservare e alimentare in Europa un habitat ideale per lo sfruttamento del lavoro. Se i lavoratori vogliono difendersi dal carovita non devono chiedersi cosa l’Unione europea possa fare per loro (lo abbiamo visto: non può fare assolutamente nulla), ma devono piuttosto chiedersi cosa possono fare loro per smantellare quell’organizzazione sociale basata sullo sfruttamento e sulle disuguaglianze.
Nel frattempo, se si vuole sostenere davvero il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori ed evitare che questi siano costretti a pagare l’ennesima crisi, serve una legge sul salario minimo di almeno 10 euro lordi l’ora, la cui introduzione comporterebbe – questa sì! – un aumento dello stipendio in busta paga per oltre 5 milioni di persone. Il salario minimo può essere una misura di civiltà e un argine all’aumento del costo della vita, peccato che la direttiva europea si riveli solo una misura di marketing senza conseguenze reali sulle condizioni materiali dei lavoratori.
FONTE: https://coniarerivolta.org/2022/06/10/un-salario-meno-che-minimo-una-farsa-europea/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Gli Stati Uniti sono in missione per conto del Caos
di Andrea Zhok – 02/08/2022
Fonte: Andrea Zhok
Sei giorni fa il segretario di stato americano Anthony Blinken ha incontrato il primo ministro del Kosovo a Washington, ufficialmente per “sostenere l’integrazione euro-atlantica del Kosovo”. Tre giorni dopo il governo del Kosovo ha iniziato un processo di limtazione dell’uso dei documenti e delle targhe serbe ai serbi residenti in Kosovo, creando le condizioni per un’escalation. Ieri schermaglie e spari al confine, mentre il deputato della Rada ucraina Oleksiy Goncharenko propone che l’esercito ucraino si mobiliti contro la Serbia (definita “cavallo di Troia della Russia”) se la situazione dovesse degenerare. Intanto Nancy Pelosi cerca in ogni modo di provocare il governo cinese superando simbolicamente proprio quella “linea rossa” che Pechino aveva posto rispetto ai rapporti con Taiwan. E tutto questo mentre in Ucraina continua una sanguinosa guerra per procura degli USA contro la Russia. Ecco, se fossi incline a letture di tipo biblico-apocalittico direi che gli USA oggi sono in missione per conto del Caos: agenti dell’Armageddon. Più sobriamente, la politica estera USA è, al di là di ogni possibile dubbio, la più radicale e costante minaccia alla pace mondiale. Comunque segnalo che poco più di cent’anni fa il mondo (e specificamente l’Europa) ha vissuto la più grande distruzione di risorse e persone della sua storia, e che tutto cominciò in un piccolo paese balcanico, la Serbia. Oggi la miccia è già accesa in Ucraina, ma una dilatazione verso la Serbia sarebbe un punto di non ritorno. Chi non ha ancora capito che siamo nelle mani di gente priva di coscienza e responsabilità, gente pronta a sacrificare non una persona, ma un intero continente sull’altare del proprio potere è meglio che capisca in fretta e ne tragga le conseguenze, perché troppe micce portano già alla polveriera.
Il Pentagono ha stilato un contratto per la “Ricerca COVID-19” in Ucraina 3 mesi prima che il COVID-19 esistesse ufficialmente
Il mondo ha iniziato a sentire parlare per la prima volta di un nuovo coronavirus all’inizio di gennaio 2020, con segnalazioni di una presunta nuova malattia simile alla polmonite che si è diffusa a Wuhan, in Cina. Tuttavia, il mondo non conosceva il Covid-19 fino a febbraio 2020, perché è stato solo l’11 di quel mese che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficialmente chiamato la nuova malattia da coronavirus Covid-19.
Quindi, essendo questa la verità ufficiale, perché i dati del governo degli Stati Uniti mostrano che il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DOD) ha assegnato un contratto il 12 novembre 2019 a Labyrinth Global Health INC. per la “ricerca COVID-19”, almeno un mese prima della presunta comparsa del nuovo coronavirus e tre mesi prima che fosse ufficialmente soprannominato Covid-19?
I risultati scioccanti, tuttavia, non finiscono qui. Il contratto aggiudicato nel novembre 2019 per la “Ricerca COVID-19” non solo doveva svolgersi in Ucraina, ma faceva parte di un contratto molto più ampio per un “Programma di riduzione della minaccia biologica in Ucraina” .
Forse spiegando perché Labyrinth Global Health ha collaborato con EcoHealth Alliance di Peter Daszak e Metabiota di Ernest Wolfe sin dalla sua formazione nel 2017.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-pentagono-ha-stilato-un-contratto-per-la-ricerca-covid-19-in-ucraina-3-mesi-prima-che-il-covid-19-esistesse-ufficialmente/
POLITICA
Magistrato Paolo Ferraro: la verità su STATO, MAFIA e POTERI FORTI
La verità che non troverete mai in TV e che solo il coraggio, la tenacia e l’intelligenza di un vero magistrato come Paolo Ferraro può farvi conoscere, a rischio della propria vita.
Il Magistrato PAOLO FERRARO ci ha lasciati, nella notte del 16 Gennaio 2022. Ne dà notizia la moglie, Patrizia Folani. Pochi giorni prima dell’infarto che l’avrebbe portato via da questa vita, ci ha lasciato questo video, testamento prezioso. Che la terra ti sia grande combattente… Il video è stato diffuso nel 2014
FONTE: https://raffaelepalermonews.com/magistrato-paolo-ferraro-la-verita-su-stato-mafia-e-poteri-forti-video/
STORIA
BASTA MENZOGNE E BUFALE, IO C’ERO A VIA RASELLA
Gaetano Immaginario 24 07 2022
Il vero ed unico scopo del Pci, predisponendo l’attentato di Via Rasella a Roma, non fu quello di “colpire i nazisti per liberare Roma dall’occupazione nazifascista “, ma dapprima, tentare di far saltare il progetto vaticano di “Roma, città aperta”, provocando conflitti a fuoco che il Pci riteneva potessero farlo fallire e poi , resosi conto della inutilità di quei tentativi , decise di “provocare” la rappresaglia ,prevista dalla legge bellica, come “punizione” esemplare contro gli attentati, proprio per provocare l’abbattimento del piano vaticano ed intestarsi il merito di combattere l’occupante nazifascista
La dichiarazione di “Roma città aperta” è del 14 agosto del 1943 e il 2 marzo del ’44, tre allievi ufficiali della Guardia Repubblicana, Leopoldo Bedeschi e Pierluigi Peloso ed il lombardo Umberto Sughi, furono bersagliati da attentatori nascosti in Viale Giulio Cesare, a Roma e feriti gravemente i primi due ed ucciso il terzo.
L’“indifferenza” del popolo romano, mandò su tutte le furie il Pci che si aspettava una violenta insurrezione popolare che avrebbe prodotto la spietata e crudele rappresaglia che avrebbe fatto decadere il piano Vaticano di “ Roma città aperta”, consentendo così al Pci di “ apparire”, all’opinione pubblica, come la forza politica che aiutava la popolazione a liberarsi dal giogo tedesco.
la mancata insurrezione dei romani provocò la rabbiosa stizzita e isterica reazione del Pci e Giorgio Amendola inviò alla Sezione clandestina del Pci di Milano una lettera , nella quale faceva presente “ che dopo tanti conflitti notturni il fatto che la popolazione non avesse reagito come si sperava era il segno evidente che per sollevare il popolo contro l’invasore tedesco ci voleva ben altro”.
Ed il Pci con i Gap organizzano “il ben altro”, che culminerà il 23 marzo del 44 con l’eccidio di Via Rasella e con il genocidio delle Fosse Ardeatine, un attentato “inutile” perché gli alleati entrarono Roma a giugno del ’44
L’attentato fu dunque una autentica e cinica operazione di miserabile politica del Pci, come confessò lo stesso Sandro Pertini a Gianni Bisiach nella quale non seppe fornire altra spiegazione di quell’attentato se non, alla fine, quasi esasperato esclamare, come fosse una giustificazione “…era tutto il Pci che lo voleva…”, per poter fare fucilare, dai tedeschi, trecento e passa inermi vittime civili per sabotare il piano del Vaticano sulla “città aperta”, un attentato, quello di Via Rasella dettagliatamente programmato dal Pci per sbarazzarsi, includendoli fra i “fucilandi”, di circa 160 partigiani “partigiani pericolosi per il Pci” e dunque da sopprimere.
Il Pci fa uscire, nel 1945, un film che la agiografia resistenziale ha voluto far diventare un “film storico “, un film che nell’immaginario collettivo del popolo analfabeta e ignorante del tempo, ha a lungo rappresentato il “nirvana” di una ipotetica nobile “resistenza romana”, un film che il Pci ha voluto elevare ad icona della resistenza comunista: si tratta del famigerato film “Roma, città aperta”.
Aldo Fabrizi, Anna Magnani, Roberto Rossellini, Sergio Amidei e Alberto Consiglio, interpreti, i primi due, regista il terzo, sceneggiatore ed autore del soggetto, il quarto ed il quinto, sfacciatamente e miserabilmente proni ai voleri e ai soldi del Pci per rifilarci la “grande, immensa menzogna” della Roma liberata dal giogo nazifascista dalla resistenza.
Ma negli ambienti romani si stava facendo largo la verità di quel film e se Roma città aperta ‘non’ ha voluto parlare di via Rasella è perché già da allora i comunisti sapevano bene che quell’azione in sostanza era stata un errore politico e strategico, una infamia assoluta
La grande menzogna di Via Rasella e dell’eccidio alle Fosse Ardeatine è durata molto a lungo nel tempo,
Il 31 marzo 1979 Marco Pannella, leader del Partito Radicale, durante il 21º congresso del partito, paragonò l’azione gappista di via Rasella al terrorismo brigatista.
IA distanza di un solo anno da quando l Pci aveva fatto di tutto per costringere le Brigate Rosse ad uccidere Moro, ecco la indagine storiografica mettere a nudo le colpe del Pci su Via Rasella e sulle Fosse Ardeatine.
L’operazione “Timber Sycamore”: la guerra segreta della CIA in Siria finanziata principalmente da Saud
Un articolo del New York Times ha appena rivelato il nome in codice della guerra multinazionale segreta della CIA in Siria: si chiama Timber Sycamore, che significa ” legno di sicomoro” Nel 1992, i ricercatori siriani Ibrahim Nahal e Rahme Adib avevano pubblicato uno studio secondo il quale, «la larghezza dell’anello dell’albero (è chiamato platano o anche sicomoro) è influenzata da fattori ambientali, inoltre il legno del platano orientale può essere classificato come caratterizzato da una crescita relativamente più rapida rispetto a quello del faggio o rovere. “I gruppi ribelli per lo più jihadisti, che si sono moltiplicati in Siria a partire dall’estate del 2011, potrebbero essere considerati” platani orientali “a causa della loro” crescita relativamente veloce “- senza essere necessariamente avere un collegamento preciso tra il nome in codice di questa operazione segreta della CIA e questo fenomeno biologico.
In sostanza, il New York Times ha rivelato in questo articolo che l’Arabia Saudita ha finanziato per “diversi miliardi” la guerra segreta della CIA in Siria. Altri collaboratori a questa campagna della CIA sono stati citati dal giornale. Questi collaboratori sono: la Turchia, la Giordania e il Qatar. Tuttavia, anche se l’importo esatto dei contributi dei singoli Stati coinvolti in queste operazioni non è stato reso noto, l’Arabia Saudita è stato il principale finanziatore . Secondo il New York Times, «gli alti funzionari degli statunitensi non hanno rivelato l’importo del contributo saudita, che è di gran lunga il più grande finanziamento estero del programma di fornitura di armi ai ribelli che combattono le forze presidente Bashar Assad. Tuttavia, le stime indicano che il costo totale del finanziamento e dell’attività di formazione [dei ribelli] ha raggiunto diversi miliardi di dollari. ”
Il Times conferma le informazioni del Washington Post, che avevo analizzato un paio di settimane prima degli attacchi del 13 novembre. Infatti, nel mese di giugno 2015, questo giornale ha rivelato che la CIA aveva “effettuato dal 2013 contro il regime di Assad”, uno delle sue più grandi operazioni segrete “, il finanziamento annuale di circa un miliardo di dollari. Secondo questo giornale, questa azione segreta (…) fa parte di uno “sforzo più ampio che coinvolge diversi miliardi di dollari in Arabia Saudita, Qatar e Turchia”, vale a dire, i tre stati notoriamente noti per sostenere le fazioni estremiste in Siria. “Grazie al New York Times, ora sappiamo che l’Arabia Saudita ha fornito ” di gran lunga “, il principale sostegno statale di questa guerra segreta – in particolare attraverso l’acquisto massiccio e la consegna da parte dei servizi speciali sauditi ( GID), di TOW missili anticarro marca Raytheon per gruppi affiliati ad al Qaeda, dell’Esercito della Conquista.
Sempre secondo il Times, il capo della stazione Cia svolge un ruolo diplomatico è più importante dell’ l’ambasciatore Usa in Arabia Saudita. Così, tra il GID e la CIA, “l’alleanza rimane forte, perché è rinforzato da un legame tra le principali spie. Il ministro dell’Interno saudita, il principe Mohammed bin Nayef è succeduto al principe Bandar nella fornitura di armi ai ribelli [in Siria]. Egli conosce l’attuale direttore della CIA John O. Brennan dai tempi in cui era capo della sezione dell’Agenzia a Riyadh nell’anno 1990. Gli ex colleghi dicono che questi due uomini sono rimasti vicini ( …) Il ruolo occupato in precedenza dal signor Brennan a Riyadh è molto di più di quella dell’ambasciatore degli Stati Uniti, è il vero legame tra il potere statale, USA e il regno [di Saud]. Ex diplomatici ricordano che le discussioni più importanti sono state sistematicamente effettuate tramite il capo della sezione della CIA [nella capitale saudita]. ”
Tali informazioni del New York Times a rafforzare il concetto di “stato profondo sovranazionale” tra alti funzionari dei servizi segreti degli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, è ciò che spiega Peter Dale Scott nel suo ultimo libro. Così, questo autore dimostra che le relazioni USA-sauditi costituiscono una vera e propria “scatola nera”:
“Nel 1980, William Casey, il Direttore della CIA, ha preso decisioni cruciali nella condotta della guerra segreta in Afghanistan. Tuttavia, questi sono stati sviluppati al di fuori del quadro burocratico dell’Agenzia, essendo stata preparata con i direttori dei servizi di intelligence sauditi – prima Kamal Adham e poi il principe turco ben Fayçal . Le decisioni prese, permisero la creazione di una Legione Straniera con il compito di aiutare i mujaheddin afghani per combattere i sovietici. E’ chiaro che dopo la fine della guerra tra l’URSS e l’Afghanistan, si agì per l’istituzione di un sistema di supporto operativo conosciuto come Al Qaeda . Casey ha esposto i dettagli di questo piano effettuato con i due leader dell’ intelligece saudita, e con il direttore della Banca di Credito e Commercio Internazionale (BCCI), la banca del Pakistan-Arabia con Kamal Adham e il principe turco ben Fayçal.
In tal modo, Casey con la CIA ed alcuni canali esterni, costruì con i sauditi il futuro al Qaeda in Pakistan, mentre la gerarchia ufficiale dell’Agenzia a Langley “pensava che fosse imprudente.” In La macchina da guerra americana , ho individuato il Safari Club e BCCI in una successione di accordi in virtù di un “CIA alternativa” o “seconda della CIA”, risalente alla creazione nel 1948 dell ‘Ufficio di coordinamento delle politiche (OPC per l’ufficio di coordinamento delle politiche). Pertanto, è comprensibile che George Tenet, il direttore della CIA sotto George W. Bush, ha seguito il precedente di [William] Casey [il direttore dell’Agenzia sotto Reagan] incontrando una volta al mese il principe Bandar, presso l’ambasciatore saudita negli Stati Uniti – ma senza rivelare alla CIA del contenuto delle loro discussioni ufficiali . ”
Nell’articolo il Times, il principe Bandar è presentato come il principale artefice di questa politica per sostenere la ribellione in Siria. In effetti, il giornale conferma che “gli sforzi sauditi sono stati guidati dal fiammeggiante principe Bandar bin Sultan, il capo dei servizi segreti, che ha chiesto alle spie saudite di acquistare migliaia di [ mitragliatrici] AK-47 e milioni di munizioni in Europa orientale per i ribelli [in Siria]. La CIA ha facilitato alcuni di questi l’acquisto di armi per i sauditi, tra cui un grande accordo con la Croazia nel 2012. Nell’estate dello stesso anno, queste operazioni al confine tra Turchia e Siria delle nazioni del Golfo di invio di denaro e armi ai gruppi ribelli sembravano fuori controllo , – compresi i gruppi i responsabili USA temevano fossero legati a organizzazioni estremiste come al Qaeda. ”
Così, la guerra segreta della CIA e dei suoi partner stranieri in Siria ha fortemente incoraggiato l’ascesa del Daech, che il Pentagono ed i suoi alleati hanno bombardato da settembre 2014 senza molta efficienza. Dal luglio 2012, attraverso la spregiudicata politica del principe Bandar, il piano jihadista “piano” in Siria ha sperimentato una “crescita relativamente veloce”, con il sostegno attivo della CIA e dei suoi partner. Ma Bandar è così vicino all’agenzia che è riuscito a dissociarsi dalle sue azioni clandestine aiutato dal suo ruolo ambasciatore dell’Arabia Saudita che aveva a Washington (1983-2005) e poi per il ruolo di direttore dell’intelligence saudita (2012-2014). Dieci giorni prima degli attacchi del 13 novembre, ho pubblicato un articolo intitolato “La guerra segreta della CIA multinazionale in Siria”, in cui ho scritto:
“Da quando nel luglio 2012, il principe Bandar è stato nominato capo dei servizi segreti sauditi, si è registrato da parte di molti esperti come un segno di indurimento della politica siriana dell’Arabia Saudita. Soprannominato “Bandar Bush” per la sua vicinanza alla dinastia presidenziale dello stesso nome, è stato ambasciatore a Washington, al momento degli attentati dell’11 settembre. Per molti anni quest’ uomo intimamente legato alla CIA è accusato dall’ ex senatore della Florida di aver sostenuto alcuni dei dirottatori identificati quali autori degli attacchi . Fino a quando non è stato spinto fuori nel mese di aprile 2014, le Guardian ha sottolineato che aveva diretto gli sforzi sauditi per coordinare meglio le forniture di armi ai ribelli che combattono Assad in Siria. Tuttavia, è stato criticato per aver sostenuto i gruppi islamici estremisti, rischiando il ripetersi della vicenda dei combattenti sauditi di Osama bin Laden che tornarono a casa dopo la jihad contro i sovietici in Afghanistan nel 1980 – un guerra santa che era stato ufficialmente autorizzata. (…) Nel 2014, un parlamentare USA aveva detto a condizione di anonimato che la CIA era «ben consapevole che molte armi in dotazione [all’agenzia] erano cadute in mani sbagliate“. Nel mese di ottobre 2015, il massimo esperto Joshua Landis della Siria ha dichiarato che “tra il 60 e l’80% delle armi che gli Stati Uniti hanno introdotto [in questo paese] è andato a al Qaeda e gruppi affiliati ad essa”. ”
In altre parole, la CIA ei suoi alleati turchi e le petrolmonarchie hanno fortemente promosso la nascita di questi gruppi di estremisti in Siria, tra cui al-Qaeda e Daech. Tuttavia, è stato questa politica deliberatamente scelta dalla Casa Bianca? La risposta a questa domanda non è ovvia. Come ho sottolineato nel mese di agosto 2015, l’ex direttore dei servizi segreti militari al Pentagono (DIA) Michael Flynn aveva denunciato ad Al Jazeera l’irrazionalità sconcertante della Casa Bianca sulla questione siriana. In questa occasione, ha rivelato che i funzionari dell’amministrazione Obama hanno preso la “decisione deliberata” di “fare quello che fanno in Siria”; in altre parole, avrebbero scelto di sostenere le milizie anti-Assad che la DIA ha descritto nel 2012 come infiltrate e dominate da forze jihadiste. A partire da quest’anno, Flynn e la sua agenzia hanno informato la Casa Bianca del rischio di comparsa di uno “stato islamico” tra l’Iraq e la Siria a causa del sostegno occidentale, turco e delle petrolmonarchie a questa ribellione.
Per chiarire il suo intervento, ha poi detto a un giornale russo che il governo americano aveva finora sostenuto “una tale diversità di fazioni [anti-Assad che] che era impossibile capire chi queste fossero e per chi lavorino. La composizione della opposizione armata siriana, sempre più complessa, ha reso notevolmente più difficile qualsiasi identificazione. Per questo motivo (…) in termini di interessi statunitensi, bisogna (…) fare un passo indietro e presentare la nostra strategia per un esame critico. A causa della possibilità, molto reale, che noi sosteniamo le forze legate alla Stato islamico (…), insieme ad altre forze anti-Assad in Siria. “,Quando il generale Flynn ha diretto la DIA al Pentagono , l’agenzia ha sostenuto 1.200 gruppi milizie in lotta [in Siria]. “Di conseguenza, il generale Flynn pensa” che in realtà nessuno, compresa la Russia, ha una chiara comprensione di ciò che abbiamo a che fare lì, ma tatticamente, è davvero importante capirlo. Una visione unilaterale della situazione in Siria e in Iraq sarebbe un errore. ”
In questo terreno complesso è stata usata la procedura tradizionale dell’Agenzia, quella che si pone come obiettivo di cancellare il governo degli Stati Uniti da qualsiasi azione penale ricorrendo ad agenti e / o esteri privati. Nel mio articolo sulla guerra segreta della CIA in Siria, avevo fatto notare che “le operazioni anti-Assad sono state anche una grande fonte di confusione. In primo luogo, anche se molti servizi occidentali e mediorientali sono stati coinvolti insieme in questo conflitto, è difficile pensare a questa guerra segreta in una prospettiva multinazionale. In effetti, i media e gli esperti hanno avuto la tendenza a dissociare le politiche siriane di Stati terzi illegalmente impegnati a destabilizzare la Siria. E ‘vero che la rinuncia degli Stati membri di intervenire direttamente ha provocato taglienti tensioni diplomatiche con la Turchia e l’Arabia Saudita. Inoltre, l’ostilità di re Abdullah contro i Fratelli Musulmani ha generato grandi divisioni trail regno saudita il Qatar e Turchia – queste tensioni sono aumentate dopo l’intronizzazione del re Salman nel gennaio 2015.
A causa di queste differenze,le politiche siriane ostili il regime di Assad sono stati troppo poco analizzate sotto la loro prospettiva multinazionale. Piuttosto, le operazioni occidentali sono stati separate da quelli dei paesi del Medio Oriente. Ma i servizi speciali dei diversi Stati hanno condotto azioni finora comuni e coordinate nell’opacità più abissale. Nel gennaio 2012, la CIA e l’MI6 hanno lanciato operazioni clandestine di forniture armi tra ribelli Libia, Turchia e Siria, con l’aiuto di turchi e il finanziamento di Arabia S. e Qatar. (…) Secondo il parlamentare inglese Lord Ashdown è dimostrato che queste armi sono state consegnate “quasi esclusivamente” a fazioni jihadiste, . Secondo il giornalista Seymour Hersh, “il coinvolgimento del MI6 ha permesso alla CIA di eludere il diritto qualificando la sua missione come un’ operazione di collegamento.” Le azioni dell’Agenzia in Siria sono meglio controllate oggi? La questione rimane aperta, ma la dottrina della “negazione plausibile” tradizionalmente attuata dalla CIA potrebbe essere una risposta.
(…) Anche se questa procedura tende a confondere le acque, il ruolo centrale della CIA in questa guerra segreta multinazionale [in Siria] non è più in dubbio. Nel mese di ottobre 2015, il New York Times ha spiegato che «[t] lui TOW anticarro missili di fabbricazione americana sono apparsi nella zona nel 2013, attraverso un programma clandestino [CIA] guidata dagli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e gli altri alleati. Ha lo scopo di aiutare gruppi di insorti “selezionati” da parte dell’Agenzia per la lotta contro il governo siriano. Queste armi sono consegnati a terra da alleati degli Stati Uniti, ma gli Stati Uniti sostengono la loro destinazione. (…) Comandanti ribelli hanno riso quando li interrogato sulla consegna di 500 TOW da Arabia Saudita, dicendo che era un numero ridicolo rispetto a ciò che è effettivamente disponibile. Nel 2013, l’Arabia Saudita ha ordinato [di Washington] più di 13 000 [TOW]. ”
(…) A seguito dello scoppio della guerra in Russia, un ex consigliere del Pentagono ha confermato al Washington Post che l’uso di partner stranieri ha comportato il “diniego plausibile”, che permette di coprire le operazioni della CIA in Siria: “Fabbricati da Raytheon, i missili [TOW] provengono principalmente dalle scorte governative saudite: ne hanno acquistato 13,795 nel 2013 (…) Secondo Shahbandar, un ex consigliere del Pentagono poiché gli accordi di vendita prevedono che l’acquirente informi gli Stati Uniti per la loro destinazione finale , l’approvazione [Washington] è implicita. Secondo questi, non è richiesta alcuna decisione da parte dell’amministrazione Obama perchè il programma continui. “Non c’è bisogno del semaforo verde americano. Una luce ambrata è sufficiente. “Questo è un [programma] illegale e può tecnicamente essere negato, ma è caratteristico delle guerre per procura.” “Così, la dottrina del “diniego plausibile “, che coinvolge terzi che noi possiamo incolpare sembra spiegare il motivo per cui il ruolo della CIA e dei suoi alleati occidentali nella guerra segreta è represso, distorto o minimizzato. “
In questo articolo, vorrei aggiungere che “[contrariamente al mito dell’ inazione “[militare] occidentale contro il regime di Bashar al-Assad, la CIA è stata fortemente coinvolta in Siria come parte di un’azione segreta sovvenzionata dai bilanci classificati, ma anche stranieri. Ora, questi finanziamenti esterni e la mobilitazione di miliardi di dollari non sono supervisionati dal Congresso degli Stati Uniti, questa istituzione non ha il potere di esercitare il controllo su tali politiche o budget stranieri. “Sulla base delle dichiarazioni di un parlamentare USA, il New York Times ha confermato questa mancanza di trasparenza dovuta all’utilizzo di fondi esteri:
“Mentre l’amministrazione Obama ha visto la coalizione come un argomento seducente per il Congresso, il senatore democratico dell’Oregon -Ron Wyden – ha chiesto il perché la CIA aveva bisogno del denaro saudita per finanziare l’operazione . Mr. Wyden ha rifiutato di rispondere alla domanda ma la sua squadra ha rilasciato una dichiarazione chiedendo maggiore trasparenza: “funzionari del governo hanno detto che gli Stati Uniti vogliono rafforzare le capacità operative dell’opposizione militare anti-Assad. Tuttavia, i cittadini non sono stati informati circa i termini della politica che coinvolge le agenzie degli Stati Uniti, o i partner stranieri con le quali queste istituzioni collaborano. ”
Alla luce delle rivelazioni del New York Times circa l’operazione legno di sicomoro , e sapendo che il sostegno della CIA e dei suoi alleati qaedisti in Siria è ormai di dominio pubblico – anche in Francia – E ‘essenziale che i cittadini occidentali chiedano responsabilità ai loro parlamentari. Come era coraggiosamente denunciato la parlamentare USA Tulsi Gabbard tre settimane prima degli attacchi del 13 novembre, “le armi degli Stati Uniti vanno nelle mani dei nostri nemici, al-Qaeda e altri gruppi, questi gruppi estremisti islamici che sono i nostri nemici giurati. Si tratta di gruppi che ci hanno attaccato l’11 settembre, e si sarebbero dovuti sconfiggere, ma noi li sostengono con le armi per rovesciare il governo siriano. (…) Io non voglio che il governo degli Stati Uniti fornisca armi ad al-Qaeda, agli estremisti islamici, ai nostri nemici. Penso che questo sia un concetto molto semplice:non si può sconfiggere i tuoi nemici se, allo stesso tempo, li armi e li aiuti. E’ una sciocchezza assoluta, “E ‘pertanto urgente che le potenze occidentali sviluppino ed attuino politiche più razionali e pragmatiche al fine di lottare efficacemente contro il terrorismo, altrimenti questa foresta continuerà ad espandersi pericolosamente.
di Maxime Chaix | gen 24, 2014
FONTE: https://www.vietatoparlare.it/loperazione-timber-sycamore-la-guerra-segreta-della-cia-in-siria-finanziata-principalmente-da-saud/
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°