La PekoraNera ha intervistato lo scrittore Manlio Lo Presti che con il suo sito www.dettiescritti.com ha raccolto notizie, stati d’animo e reazioni politiche al primo suicidio assistito italiano, quello del signor Mario. Lo Presti ha scatenato polemiche e ripensamenti, conversioni e dubbi.
Ci spiega la recente autorizzazione al compimento del suicidio assistito di Mario?
“Ad una prima valutazione emotiva, si tratta di un atto che ha rispettato la volontà del malato ridotto ad una condizione di vita priva di dignità. Il significato è tutto qui: accettare che un paziente irreversibile abbia diritto a decidere di interrompere una vita che non è più degna di questo nome”.
Le reazioni all’approvazione del suicidio assistito di Mario ha scatenato polemiche vaste che hanno toccato nervi scoperti di molti settori della società civile e dell’opinione pubblica…
“Dietro le prevedibili reazioni negative provenienti da varie aree della società italiana, fra le quali primeggiano numerose organizzazioni come Pro Vita, il Vaticano, l’elemento prevalente è stato quello dell’emotività che un tema così difficile ha scatenato. Sono state poche le voci che hanno considerato le conseguenze giuridiche che potrebbero insorgere dopo la vicenda umana di Mario. Di valutazioni razionali se ne sono viste poche”.
Va detto che la stampa forse non ha assegnato al tema lo spazio che merita, forse a causa delle operazioni ucraine, della siccità e delle elezioni anticipate, della crisi economica, e via dicendo…
“Perfettamente vero. La presenza di argomenti più spendibili in tema di gestione e controllo dell’emotività della popolazione ha posto in secondo piano il suicidio assistito che, invece, potrebbe aprire le porte di un mondo di cui non sappiamo i contorni e i pericoli”.
Ci spieghiamo meglio?
“Dando per scontato l’aspetto umano della vicenda e delle sofferenze fisiche correlate che spingono una persona a chiedere di terminare la propria vita, dobbiamo ragionare valutando nel lungo termine le conseguenze che tale decisione provoca sia sul piano giuridico che su quello economico e sociale. Esiste in aggiunta, anche l’aspetto etico di tali decisioni che, in una democrazia debole come la nostra, viene sovrastato dalla prepotenza dei motivi ideologici”.
Possiamo tuttavia considerare il suicidio assistito un passo avanti sul piano delle libertà civili?
“È vero se una normativa aiuta ad eliminare una sofferenza personale indicibile ed insopportabile. Purtroppo, il rischio di speculazioni demagogiche esiste ed andrebbe spento con decisione. Non dobbiamo fermarci a questa considerazione condivisibile, dandoci come impegno civile quello di esaminare le conseguenze giuridiche e sociali successive se non viene subito allestita una rete di controlli in ambito parlamentare”.
Allora partiamo dal primo effetto di questa vicenda?
“La conseguenza che mi viene in mente è la possibilità di utilizzare la normativa e le sentenze della Cassazione in ambito penale per estende il campo di applicazione del suicidio assistito ad altre fattispecie, casi che presentano forti analogie ma con scopi diversi. In una democrazia fragile come quella italiana, questo può verificarsi per mancanza di vigilanza democratica soprattutto in ambito parlamentare”.
Si tratterebbe di una deriva pericolosa?
“Direi proprio di si perché gli strumenti giuridici a sostegno di una strisciante mutazione di qualsiasi normativa sono quelli della interpretazione analogica e della interpretazione estensiva. Se ne parla poco di questi strumenti che vengono usati dai giudici in casi di necessità ed urgenza laddove la copertura normativa è insufficiente o addirittura inesistente. Del ricorso a questi artifici tecnico-giuridici se ne parla poco ed in ambiti solo accademici. Il cittadino comune ne sa ben poco”.
Andando in dettaglio, come si realizzerebbe questa deriva?
“Limitandoci al tema del suicidio assistito, sarebbe possibile una sua applicazione di massa grazie alla interpretazione analogica ed alla interpretazione estensiva. Questi strumenti possono essere pericolosamente dei cavalli di Troia. Potrebbe verificarsi laddove la normativa vigente, originariamente utilizzata ad un preciso settore minoritario della popolazione, sia lentamente estesa in un futuro immediato in modo strisciante a tutte le fasce sociali che una società orientata totalmente ‘commerciale’ considera solamente un costo da ridurre. Un effetto ignobile sarebbe quello della eliminazione di bambini affetti da malattie rare che rappresentano un costo. Non a caso, la corte inglese ha recentemente disposto d’ufficio l’interruzione delle cure ad un minore perché costava troppo ai contribuenti! Se non interveniamo, la strada che si sta aprendo è quella della valutazione della vita da un punto di vista mercantile, cioè dei costi”.
La prospettiva appena accennata è a dir poco inquietante. Come sarebbe realizzabile un’operazione simile?
“È possibile subito fare una elencazione rapida dei destinatari di una normativa appositamente allargata. Mi riferisco alle bocche inutili da eliminare, ai pensionati soprattutto; malati di lunga degenza e malati terminali, afflitti da dementia praecox, da Alzheimer e da altre lesioni del cervello. Forse, dietro a queste scelte esiste uno studio certificato dalle solite organizzazioni mondiali dove è previsto che nell’immediato futuro una persona su tre avrà malattie degenerative del cervello, cioè 2.100.000.000 di umani; ultraottantenni, ma anche di età inferiore; volontari da eliminare usati per esperimenti segreti andati male e che si sono infettati: prove da eliminare rapidamente ed alla chetichella, ed infine, una volta aperto il varco, ed indotta la popolazione ad abituarsi al concetto, la legge estesa sarebbe applicata agli oppositori, ai dissenzienti, ai devianti”.
Il quadro delineato è inquietante ma fa riflettere. Sarebbe possibile sintetizzare i passaggi che condurrebbero a questa distopia?
“Il passo è breve e la storia ce lo ha dimostrato! Basta elencare in un disegno di legge che contenga nel testo una asettica lista di requisiti di morte ed il gioco è fatto, con l’approvazione alle camere durante il picco dell’estate o delle feste natalizie, quando il livello di attenzione è scarso o perfino inesistente! Ecco perché continuo a dire che non deve venire meno la vigilanza democratica del Parlamento e della cittadinanza! Diversamente, rischiamo tutti di esporci al rischio di creare una nuova edizione della Conferenza di Wannsee del 1942 che stabilì l’eliminazione delle “lebensunwerte”: Leben, cioè le bocche inutili, i soldati tedeschi feriti gravemente, dementi, prigionieri politici, oppositori, omosessuali, altre etnie, età avanzata, ecc. ecc. ecc.. Aggiungo che tutto questo potrebbe accadere, tra l’indifferenza della popolazione pronta a girare la testa da un’altra parte! E non sarebbe la prima volta”.
La solita domanda che viene in mente in questi casi: cosa dobbiamo fare allora?
“Su temi di tale importanza è necessario riflettere con la testa, analizzare, con calma, ricordale le letture storiche fatte in passato, confrontare i dati raccolti. Insomma, usare il cervello. Siamo sempre noi in prima persona a difendere diritti e doveri, a scovare eventuali abusi e fermarli. L’etica della responsabilità individuale e collettiva ci impone di ricorrere alle istituzioni dopo e non prima di questo processo”.
FONTE: https://www.lapekoranera.it/2022/08/09/manlio-lo-presti-parla-di-effetti-imprevisti-della-normativa-sul-suicidio/