RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
22 SETTEMBRE 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Dove sei stata micia micina?
A Londra a vedere la regina.
Cos’hai trovato a Londra di buono?
Un topo che stava sotto il trono.
GIANNI RODARI, OPERE, Mondadori, 2020, pag. 556
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SOMMARIO
IL GOVERNO E IL VIZIETTO DEI DPCM
Vi spiego perché vogliono andare alle elezioni proprio adesso
Mario Draghi riceve a New York il premio “statista dell’anno”
Corna di Caprone 2002, minacciò così
L’allarme cyber nell’autunno caldo italiano
Siamo in una di quelle fasi storiche che precedono una catastrofe
NATO vs RUSSIA 1-1 e palla al centro.
«Vi spiego perché la guerra sta diventando più pericolosa». Il preoccupato allarme del Generale italiano
La guerra d’Oriente per negati
Libero pensiero
Il manifesto dell’idiota globale
CANCEL CULTURE PRODOTTO DETERIORE DEL MAOISMO OCCIDENTALE
Servizi segreti Usa: irrompono nelle elezioni italiane e votano PD
Niente da fare: un’informazione corretta sui media è impossibile. Continuiamo a farci del male da soli
AMAZON GLOBALIZZA GLI ANELLI DEL POTERE
Laura Pausini
Energia e Povertà
Italia impoverita
“Ecco l’elenco di tutti i risultati (fallimentari) raggiunti con la sua guida”, la controlettera dei sindaci anti-Draghi
Vaccino Covid: lede la dignità sospendere la retribuzione
Gazzetta Ufficiale: Decreto legge conferisce poteri speciali al Presidente del Consiglio
MOLLICHELLA, MOLLICHELLA, SI RISCRIVE LA COSTITUZIONE
Putin annuncia la mobilitazione parziale: «Il Donbass sarà russo»
“Come la mobilitazione annunciata da Putin riapre uno spiraglio per il negoziato”
L’Ucraina non è uno stato sovrano
Golpe, le ammissioni di Bolton e il silenzio (imbarazzato e imbarazzante) dell’UE
MA PUTIN È UN GRANDE GIOCATORE DI SCACCHI
Omicidio Dugina, arriva la rettifica della Santa Sede
In arrivo IDPay: la piattaforma della schiavitù digitale
EDITORIALE
IL GOVERNO E IL VIZIETTO DEI DPCM
di Manlio Lo Presti (scrittore esperto di sistemi finanziari)
Riprende il vizietto di utilizzare il Dpcm, e dopo un periodo di calma dettata dalla tattica d’evitare di esporsi troppo ad una indagine della magistratura: perché molte procure hanno iniziato ad indagare. Durante la carcerazione virale biennale, lo strumento è stato utilizzato in modo eccessivo, in presenza di un Parlamento che incitava la popolazione a “credere nella scienza”, che costituiva una ignobile giustificazione all’inerzia della quasi totalità dei parlamentari, così scaricati di ogni responsabilità. Ora Riutilizzano questo strumento, che è meramente di natura amministrativa e non è un decreto (come invece continuano a dichiarare). I poteri del Parlamento sono così aggirati, sotto dettatura d’interessi internazionali che hanno trovato in questo meccanismo giuridico la via per agire in piena libertà: salvo il rispetto di regole intoccabili sostenute da organismi mondiali, con l’aggiunta di qualche paletto all’interno di una Costituzione, mai applicata per intero e inesorabilmente lacerata. Perché adesso si fa ricorso al Dpcm? Perché può essere emesso dal presidente del consiglio, ancorché incaricato al disbrigo degli affari correnti a ridosso delle elezioni. Questo conferma che si tratta di un provvedimento amministrativo, e che non necessita di atti politici per essere approvato. Un ulteriore elemento di sospetto è la data di emissione. Per coloro (oramai pochissimi) che hanno memoria delle vicende politiche della Penisola, agosto è storicamente il mese delle congiure, delle pugnalate alle spalle e dei cosiddetti governi balneari, allestiti per avere il tempo di rafforzare quello in arrivo. La data è sospetta, è una operazione con data troppo anticipata rispetto al 25 settembre: segno questo che i maggiordomi del Colle e di Palazzo Chigi hanno ricevuto l’ordine di rispettare duramente il ruolino di marcia ricevuto dai gruppi internazionali, e con ampio anticipo rispetto alla data delle elezioni indette con una fretta che desta sospetto, mirante a lasciare poco tempo alle forze d’opposizione di organizzarsi adeguatamente, nonché di seminare tra i parlamentari la paura di non essere rieletti, fortificata anche dalla radicale riduzione del numero dei parlamentari.
Dopo il 25 settembre 2022, l’Assemblea appena eletta nascerà amputata: che già abdica al suo ruolo per devolvere senza condizioni i mandati ad un presidente del consiglio potenziato, con poteri generati da un provvedimento amministrativo e non con una votazione democratica assembleare. Guarda caso, gli effetti di questo atto amministrativo inizieranno dopo le votazioni, e qualsiasi sia la maggioranza politica che si formerà. Dobbiamo leggere questa sicurezza operativa come il segnale: 1) che l’attuale presidente verrà riconfermato senza scossoni? 2) che l’inquilino del Colle darà mandato, comunque, al capo del governo uscente, anche in presenza di estesi consensi al centrodestra, del quale cercherà di spaccare la compattezza? La maggioranza uscente cercherà di cooptare i numeri necessari per far proseguire una coalizione di centro sinistra? Il senso di queste manovre di retrobottega ci fa capire che sarà prescelto il maggiordomo in uscita alfiere della finanza euroamericana nella Penisola sotto la minaccia del solito spread, dell’inflazione, della guerra, dei i virus, del “fare presto”? Il sospetto è dettato dal fatto che i poteri anglofrancotedeschiUsa non intendono correre il rischio di far affluire poteri nuovi ad un nome a sorpresa. Chiaro il concetto?
Il Dpcm 133 dell’1 agosto 2022 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2022/09/09/211/sg/pdf) presenta contenuti meramente tecnici. Attribuisce al capo del governo in carica di attuare azioni di controllo “di settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni” (rimandi a pagina 1 della Gazzetta Ufficiale). Il rimando al Dpr 25 03 2014 n. 86 contenente le procedure per l’attuazione dei poteri speciali dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Il Dpcm continua nei rimandi a specificare che i settori sono la difesa e la sicurezza nazionale. Fa riferimento al “segreto di Stato” per amputare sul nascere le eventuali contestazioni e controlli dell’opposizione. Un altro rimando fa cenno alla guerra cibernetica dove siamo a ricasco degli Usa. Ravvisa la creazione di un “Dipartimento per il coordinamento amministrativo che opera nel settore dell’attuazione in via amministrativa delle politiche del Governo”. Ulteriore rimando riguarda la sicurezza cibernetica nazionale, la cui gestione deve precedere procedure gestite dal ridetto Coordinamento senza che sia necessaria la delibera del Consiglio dei ministri! Insomma, abbiamo capito che gestisce tutto il “Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri”. Una struttura di fatto fuori controllo del Parlamento appena eletto e delle sue specifiche Commissioni Parlamentari. Ogni normativa pubblicata in Gazzetta Ufficiale contiene un elenco di “rimandi e di considerando” che – erroneamente – quasi sempre sono trascurati per passare subito alla lettura del testo di legge.
Qualche sito importante minimizza l’importanza di questa devoluzione (https://www.open.online/2022/09/13/elezioni-politiche-2022-dpcm-decreto-poteri-speciali-draghi-governo-fc/ ). Si tratta invece di un rilevante spazio di manovra fuori controllo politico, che comporta anche e soprattutto titanici investimenti e spese di cui nessuno avrà il diritto/dovere di fare controlli grazie al segreto di Stato. Nel ridetto Dpcm non è evidenziato il nome della struttura finanziaria di riferimento che dovrà intermediare questa massa di miliardi, ma è probabile che sia la potentissima Cassa Depositi e Prestiti – CDP -, la corazzata dello Stato in materia finanziaria con un capitale di oltre 5oo miliardi di euro e con oltre sessanta Fondazioni bancarie fra i soci. Gli interessati possono vedere l’elenco provvisorio delle società gestite riassunto in un organigramma visibile qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Cassa_depositi_e_prestiti#:~:text=La%20Cassa%20Depositi%20e%20Prestiti,16%25%20da%20diverse%20fondazioni%20bancarie . Il controllo della CDP è demandato al Ministero delle finanze – MEF: https://www.cdp.it/resources/cms/documents/CDP-Modello-231_04-04-2022_ITA.pdf. Quindi, l’Eurosistema e la Banca d’Italia sono fuori.
Non sono elencati i settori aziendali che saranno incaricati alla creazione/manutenzione dei dispositivi cibernetici, i costi del personale addetto alla sicurezza, le modalità di assegnazione dei soldi. Tutto diventa agile e rapido, mentre continuano a trascorrere anni per avere un esame clinico. Questo atto non è una semplice firma. Si tratta della gestione fuori controllo parlamentare dei delicatissimi temi della difesa, della guerra cibernetica, delle energie, dei trasporti e delle telecomunicazioni.
Alla faccia della semplificazione linguistica e burocratica, il testo è scritto in modo contorto, pesante, mirante a far stancare subito un eventuale cittadino che avesse voglia di leggerlo. E’ assordante il silenzio delle Camere sullo spostamento ad un uomo solo al comando di un “Dipartimento”, la cui composizione è pedantemente descritta all’art. 3 del Dpcm 133 del 2022. Si tratta di componenti ai vertici di molte strutture apicali della macchina amministrativa e governativa dello Stato italiano, ma la stampa governativa e alcuni siti allineati ne minimizzano l’importanza o non ne parlano affatto.
Sotto le mentite spoglie di atto giuridico di terzo livello, si nasconde un mondo immenso di cui nessuno fa cenno, e ne comprendiamo adesso il perché. Gli interessi che muove sono di natura democratica, di finanza non controllata da organi bancari, di gestione di perimetri di competenza dei servizi segreti nazionali il cui responsabile è nominato dal Parlamento, di posizionamento geopolitico dell’Italia. Minimizzare desta sospetto in un mondo dove ogni evento è dilatato dai megafoni di regime.
Niente è come sembra
FONTE: https://www.lapekoranera.it/2022/09/15/il-governo-e-il-vizietto-dei-dpcm/
IN EVIDENZA
Vi spiego perché vogliono andare alle elezioni proprio adesso
di Claudio Messora
Il Parlamento peggiore della storia di questa Repubblica SpA si avvia a fare le valigie. Con pochissime eccezioni, arroccate sia tra le fila dei partiti che nei gruppuscoli di fuoriusciti, numericamente ininfluenti, questa masnada di pavidi, opportunisti, utili idioti ed arrivisti ha avallato la peggiore macelleria sociale e le politiche di repressione più violente dai tempi della Seconda guerra mondiale, tanto più stolide quanto basate su assunti scientifici traballanti quando non completamente falsi. Ha supinamente recepito tutte le direttive imposte dall’alto, e non già dalle organizzazioni internazionali, di per sé poco rappresentative degli stati nazionali perché comunque eterodirette, come l’Oms, ma direttamente dalle multinazionali e dai ricchi padroni del pianeta che si riuniscono nei loro parlamenti privati di Davos. Un Parlamento che avrebbe dovuto rappresentare la voce del popolo italiano (perché siamo ancora, sebbene formalmente, una Repubblica parlamentare), e che invece, esattamente come i sindacati, ha rappresentato solo la sua subordinazione muta al potere dei soldi, della finanza e dei progetti di ingegneria sociale dei multimiliardari globali.
Per un parlamentare la prima legge morale è la coerenza. In questo senso, forse i migliori sono i piddini: tutto quello che è successo è opera loro, fa parte del loro dna. Sono loro i globalisti, i cessori di sovranità, loro che anelano ad un mondo in cui il potere anche politico risiede nelle mani di pochi, possibilmente lontano dai popoli che amministrano, meglio sarebbe addirittura su un altro pianeta.
Loro sono sempre stati fedeli a se stessi ed hanno vinto su tutta la linea. Il loro popolo, composto dai “superiori”, quelli che si credono intellettualmente e moralmente chiamati a pascolare le greggi insipienti, ammantando la loro retorica di parole come “uguaglianza”, “correttezza”, “civiltà”, per nascondere l’odio sociale che nutrono per le classi ritenute inferiori, al punto da giustificare qualsiasi repressione possibile, perfino la reclusione per coloro che non si adeguano alle loro determinazioni, il loro popolo – dicevo – si è sentito perfettamente rappresentato dagli estensori delle liste di proscrizione, da quelli che volevano sparare con il piombo sulla folla, dai promulgatori di leggi che tolgono i diritti, il lavoro, la libertà, i soldi a chi non si adegua. Il Partito Democratico (nomen omen) ha quindi rappresentato perfettamente la sua base.
I peggiori invece sono stati quelli che sono stati eletti a furor di popolo per aprire la scatoletta di tonno. Quelli che dovevano fare piazza pulita della “casta”, quelli che non si facevano chiamare onorevoli e rifiutavano le auto blu, quelli per cui la politica di professione era un insulto, quelli che sbraitavano contro la legge Lorenzin e poi una volta avute le chiavi di casa del Ministero della Salute in mano non l’hanno cambiata. I peggiori sono stati indiscutibilmente loro, i Cinque Stelle, o quel che ne rimane, dato che al ritmo di una scissione al giorno presto ne resterà solo uno, probabilmente Conte. Proprio lui che in fondo “grillino” non è mai stato, chiamato dalla storia a chiuderne la parabola terrena. Lui, trattato dai media come se rappresentasse ancora qualcuno a parte se stesso. Sono loro, i grillini – non dimentichiamolo – che hanno riesumato il Partito Democratico dalla naftalina dove gli italiani lo avevano relegato alle scorse politiche. Sono loro che hanno preso un partito privo di sensi e gli hanno assegnato addirittura un dicastero chiave come quello dell’economia e delle finanze. Mattarella ebbe l’ardire di rifiutare un ministro, Paolo Savona, designato dal presidente del consiglio incaricato, e loro ci hanno infilato il Partito Democratico (Gualtieri), che ha avuto come premio di consolazione, per essere arrivato ultimo, l’unico scranno che davvero importava alle élite tecnofinanziarie con segreteria a Bruxelles e sede legale a Washington: il timone delle politiche economiche e finanziarie del paese. Se cercate una definizione di gatekeeping, ve l’ho appena data.
La Lega, divisa tra i populismi di Salvini e il governismo di Giorgetti, nonostante gli strali del suo segretario generale contro lo spettro di Mario Draghi (memorabile quando diceva “Mai con Draghi, complice di una UE che sta massacrando l’economia italiana!“), non solo ci ha fatto un Governo insieme, ma da quel Consiglio dei Ministri sono usciti tutti i decreti legge che hanno tolto il lavoro e la libertà a milioni di persone. E non si era più nella fase del Governo Conte II, quella che “Oddio, moriremo tutti, si salvi chi può!”, e dunque qualche DPCM di troppo si poteva anche in qualche misura, ob torto collo, tollerare. No, eravamo già nella fase in cui ormai avevamo tutti capito benissimo che non ci trovavamo davanti alla peste del secolo, e ciononostante, i ministri leghisti lasciavano che Draghi andasse in televisione a dire “Non ti vaccini, ti ammali, muori“, senza colpo ferire. Questo non è lavorare negli interessi degli italiani: questo è ingannarli al fine di conservare il potere senza dispiacere alle forze sovranazionali che lo preordinano.
Forza Italia esiste al solo scopo di garantire le aziende di Berlusconi e gli interessi economico-aziendali dei suoi iscritti. Del resto era nata per quello. Da sempre a braccetto con Bruxelles, da sempre per la conservazione e l’incremento del capitale di chi già ce l’ha, da sempre per il lavoro ma contro i lavoratori, da sempre a fianco di chi ha i soldi, da sempre per il massacro della scuola (ricordiamo l’eliminazione dei corsi di educazione civica e la riforma Gelmini), da sempre per la sua trasformazione degli studenti in serbatoio di manovalanza acritica destinata all’impiego nelle aziende, da sempre conformista e a difesa dello status quo, perfino quando si tratta di vessare i cittadini imponendo loro trattamenti sanitari obbligatori (“l’introduzione per legge dell’obbligo vaccinale” è “l’unica arma efficace per convincere gli indecisi“, Anna Maria Bernini; “Subito vaccino obbligatorio per tutti i lavoratori“, Licia Ronzulli, “il Green Pass” come “costo psichico e monetario” per via dei tamponi nel naso, strumentale a costringere i no vax a vaccinarsi, Renato Brunetta). A Forza Italia basta che i ricchi alla Briatore continuino ad essere tali ed i poveri continuino a farsi sfruttare: se nulla cambia, la sua mission è stata raggiunta.
Fratelli D’Italia ha avuto l’intelligenza politica di restare fuori dal Governo e ha votato in maniera contraria al Green Pass, organizzando proteste in aula e accusando Forza Italia e Lega. Non è un caso se i sondaggi premiano Giorgia Meloni, che attualmente guida il primo partito d’Italia. Di questo, politicamente, le va dato atto. Tuttavia Fdl, ammesso che vinca le elezioni, non potrà certamente governare da solo, ma avrà bisogno della Lega, che ancora oggi si attesta al 14%, e di Forza Italia, che ha quasi l’8%. Insomma è solo insieme a Salvini e a Berlusconi che la Meloni potrà andare a Palazzo Chigi, ammesso che Mattarella non si metta di traverso (dopo il caso Savona, ci aspettiamo ormai di tutto). I quali Salvini e Berlusconi, casualmente, sono anche i suoi storici alleati. I tre si conoscono da anni, si frequentano e hanno lavorato insieme al punto che è difficile credere che non tessano una tela comune, dove allo scopo di sostenere il sistema, di volta in volta si sacrifichi l’uno o l’altro, mentre il terzo si erge a paladino del popolo per conservare il consenso di area. Se uno scende, l’altro sale in maniera programmatica, e alla fine la somma non cambia. Del resto, Silvio Berlusconi, alias “Il Discepolo 1816“, aveva la tessera di quello che per lui era poco più che un circolo culturale, la P2, mentre per la commissione parlamentare guidata da Tina Anselmi che se ne occupò, Propaganda Due era una loggia massonica eversiva, che aveva tra i suoi compiti quello di creare una finta alternanza tra due maxi poli contrapposti, che desse l’illusione al popolo di vivere in una democrazia (scaricare la relazione dell’inchiesta della commissione parlamentare qui). Il potere non lavora mai per il popolo, ma per preservare se stesso. A tutti i livelli.
Dunque perché – si chiede la gente per strada – un Parlamento rotto a tutto, che ha avallato qualsiasi legge repressiva proveniente da Palazzo Chigi senza battere ciglio, che ha guardato gli elicotteri inseguire la gente sulla spiaggia e non ha sentito il bisogno di fare neppure una misera interrogazione, che – aggiungo io perché non guasta – ha appreso della cancellazione del canale di una testata con 200 milioni di visualizzazioni e quasi un milione di iscritti da parte di una multinazionale americana senza sentire l’esigenza di alzare il ditino in difesa della libertà di stampa -, oggi dovrebbe improvvisamente ritrovare una parvenza di schiena dritta e tornare a tuonare contro l’unto del Signore, la divinità monetaria, il banchiere centrale “che usa il cuore” (come ha detto lui nel tentativo di rendersi simpatico), e scaricare Mario Draghi?
La narrazione del povero Conte che non trova rassicurazioni sui punti programmatici che gli interessano, e dunque non vota la fiducia, e guarda un po’ non la votano neanche i leghisti e i forzisti, facendo cadere il presupposto dell’unanimità nel sostengo ad un governo tecnico guidato da un uomo non eletto (sai che novità), narrazione cara a Draghi, sta in piedi solo nel paese dei balocchi, ed è quanto di meglio evidentemente siano riusciti a partorire gli spin doctor. Che, va detto, ultimamente dopo le emergenze climatiche, le emergenze pandemiche, le emergenze idriche, francamente sono un po’ a corto di nuovi imprevisti per le loro trame hollywoodiane, e l’invasione aliena sembra forse ancora un po’ prematura.
I fatti sono che ogni cinque anni c’è quella seccatura chiamata elezioni, che tuttavia è un passaggio formale ancora necessario per illudere la popolazione di contare ancora qualcosa ed evitare sommosse, rivoluzioni ed altre amenità spiacevoli. E le elezioni sarebbero arrivate nella primavera del 2023. Tra la primavera del 2023 ed oggi, in mezzo ci sono un autunno ed un invero di fuoco da affrontare. E cosa succede in autunno? Semplice: il gas da razionare, l’acqua da non sprecare, il numero dei positivi che si impenna, gli ospedali senza personale con le terapie intensive piene allo zero virgola uno (che per i media sarà un problema enorme). E cosa fa il Governo di una colonia, in questi casi? Rimette il Green Pass, lascia la gente a casa dal lavoro, magari anche al freddo (così le polmoniti e le bronchiti ne gioveranno, e poi vi diranno che è colpa di Omicron 42), magari fa anche un bel lockdown selettivo, cosicché i non vaccinati non consumino troppo le risorse destinate ai cittadini modello, quelli allineati in fila per tre, mentre le forze dell’ordine ricominciano a controllare la carta di identità alla brava gente che va a mangiarsi una pizza con i figli, lasciando i mafiosi in giro. Qualche decreto legge e passa la paura, insomma.
Problema: i decreti legge durano 60 giorni, poi vanno convertiti dal Parlamento. Il Parlamento converte tutto, ςa va sans dire, non è quello il problema. Però… c’è un però. I Decreti Legge sono leggi che scrive direttamente il Governo (sulla base dei presupposti – oggi obsoleti – di necessità ed urgenza), ma che poi il Parlamento (cioè il popolo) deve convertire in legge, pena il loro decadimento (con problemi seri circa gli effetti che nel frattempo la legge ha prodotto, e che in caso di non conversione vanno annullati). Il Parlamento ha 60 giorni di tempo per convertirli in legge ordinaria oppure per invalidarli. Ora, la scadenza per la conversione dei nuovi decreti legge liberticidi (quelli della collezione autunno inverno 2022) andrebbe al 2023. Il Parlamento sarebbe come sempre obbligato a convertire tutto (non ricordo una sola volta in cui si sia rifiutato), ma questo avverrebbe troppo a ridosso delle elezioni perché possa essere dimenticato perfino dal cittadino più sbadato. Non si può fare una nuova campagna elettorale promettendo le solite menzogne (come quella di fare gli interessi degli elettori), nel presupposto che gli italiani abbiano la memoria così corta (ce l’hanno, ma non così tanto) da dimenticare un tradimento (l’ennesimo) avvenuto soltanto un mese prima, ovvero di fatto a campagna elettorale già in corso. Andare ad elezioni, se a dichiarare nuove restrizioni fossero stati i ministri del Governo attuale e se a ratificare questa decisione fossero state quelle stesse forze politiche impegnate contemporaneamente a calcare i talk show, sbraitando sguaiatamente contro Draghi il cattivone, sarebbe stato semplicemente fallimentare. Gli spin doctor si sarebbero licenziati in massa.
Allora come si fa? Le restrizioni bisogna pur emanarle cribbio!, se no come si possono onorare i contratti secretati con le case farmaceutiche, come si può giustificare il fatto che sia ormai improrogabile investire miliardi nell’industria cosiddetta “green” (come hanno deciso di fare a Davos) e, senza emergenza energetica, come sarebbe mai possibile motivare l’interventismo in una guerra militare contro la Russia?
Semplice: bisogna che le nuove restrizioni vengano decise dopo le elezioni, altrimenti poi “non ci vota più nessuno“. E se le restrizioni si devono fare in autunno, allora significa che è necessario andare a votare subito prima. Allora qual è la mossa geniale? Facciamo dimettere subito Draghi. Lasciamolo a sbrigare gli affari correnti fino ad ottobre (cioè con il pilota automatico fino all’insediamento del nuovo Governo). Facciamo le elezioni in autunno e poi, appena sbrigata la pantomima delle consultazioni e della fiducia, sarà il nuovo Governo ad occuparsi della collezione liberticida autunno – inverno 2022. Che tanto, tra cinque anni, quando la farsa della partecipazione democratica si rinnoverà come il sangue di San Gennaro, puoi scommetterci che nessuno si ricorderà più niente. E da dove poteva partire la scintilla di questa mossa, se non da chi aveva appena preso una batosta senza precedenti alle elezioni amministrative, e dunque aveva già avuto avvisaglie che non si potevano ignorare? Il meteorite Cinque Stelle, con sopra Conte ed suo fidato scudiero Rocco, si stava schiantando sulla politica a velocità supersonica. Questo significa chiaramente non solo la sua estinzione, ma anche che il PD non avrebbe più avuto un alleato che gli desse i numeri per governare. Di Maio è stato il primo, come uno Schettino della politica, ad abbandonare la nave, portandosi dietro altri topi in fuga. A Giuseppi e Casalino toccava accedere la miccia, agli altri non restava che approfittare della baraonda e portare a casa tutto quello che potevano.
Quando i bufali sono in branco, sulla terra ferma, neppure i leoni riescono ad avvicinarsi. Ma quando devono attraversare il fiume… è lì che i coccodrilli li aspettano al varco. Quello è l’unico momento in cui sono deboli. Il fiume di queste istituzioni ormai distanti dal popolo sono le elezioni, e i coccodrilli siamo noi. Riusciremo a farci trovare pronti, quando si tufferanno nella corrente?
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/23497-claudio-messora-vi-spiego-perche-vogliono-andare-alle-elezioni-proprio-adesso.html
Mario Draghi riceve a New York il premio “statista dell’anno”
Il premier Mario Draghi ha ricevuto al Pierre Hotel di New York il World Statesman Award (statista dell’anno), in occasione della 57ma edizione dell’Annual Awards Dinner della Appeal of Conscience Foundation
20 Settembre 2022
Per la sua “lunga leadership poliedrica nella finanza e nel pubblico servizio di cui hanno beneficiato l’Italia e l’Unione europea e che ha aiutato la cooperazione internazionale”, come ha spiegato il rabbino Arthur Schneier, presidente e fondatore della fondazione. Insieme a lui sono stati premiati Robert Craft, fondatore presidente e ceo di Kraft Group, e Jean Paul Agon, presidente del gruppo L’Oreal, rispettivamente per il loro impegno nella giustizia sociale (in particolare nella lotta all’antisemitismo) e nella diversità/inclusività. Presente nel parterre anche il segretario di stato Vaticano Pietro Parolin, oltre all’ambasciatrice d’Italia a Washington Mariangela Zappia, il ceo di Bank of America Brian Thomas Moynihan e il presidente e ceo di Blackstone Group Stephen Allen Schwarzman, che ha ricordato come Draghi abbia “salvato l’Europa dal collasso e dato lustro al suo Paese nel mondo”.
In occasione del riconoscimento il presidente Usa Joe Biden e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres hanno inviato un messaggio di saluto. “Mi congratulo con il mio amico, il premier Mario Draghi” scrive Biden, sottolineando che ha ricevuto il premio “per il suo lavoro per fare avanzare i diritti umani nel mondo. Draghi è stato una voce potente nella promozione della tolleranza e della giustizia, lo ringrazio per la sua leadership”.
Nel suo discorso, Mario Draghi ha parlato della situazione internazionale: “L’invasione russa dell’Ucraina rischia di inaugurare una nuova era di polarizzazione, un’era che non abbiamo visto dalla fine della guerra fredda. La questione di come trattiamo con le autocrazie definirà la nostra capacità di plasmare il futuro comune per molti anni a venire. La soluzione sta in una combinazione di franchezza, coerenza e impegno”. “Quando tracciamo una linea rossa, dobbiamo farla rispettare. Quando prendiamo un impegno, dobbiamo onorarlo. Le autocrazie prosperano sfruttando la nostra esitazione. Dovremmo evitare l’ambiguità, per non pentircene in seguito. Infine, dobbiamo essere disposti a collaborare, purché ciò non significhi compromettere i nostri principi fondamentali”. E ancora: “Dobbiamo essere chiari ed espliciti sui valori fondanti delle nostre società. Mi riferisco alla nostra fede nella democrazia e nello Stato di diritto, al nostro rispetto dei diritti umani, al nostro impegno per la solidarietà globale. Questi ideali dovrebbero guidare la nostra politica estera in modo chiaro e prevedibile”.
“Nonostante le tristezze dei tempi in cui viviamo, io resto ottimista sul futuro” ha detto Draghi. “L’eroismo dell’Ucraina, del presidente Zelensky e del suo popolo – ha osservato – è un monito potente di quello per cui lottiamo e rischiamo di perdere. L’Unione europea e il G7, insieme con i loro alleati, sono rimasti fermi e uniti in supporto dell’Ucraina, nonostante i tentativi di Mosca di dividerci. La nostra richiesta collettiva per la pace continua, come dimostra l’accordo per sbloccare tonnellate di cereali dai porto del Mar Nero. Ma solo l’Ucraina può decidere quale pace è accettabile. Il mondo chiede coraggio e chiarezza ma anche speranza e amore”. L’auspicio di Draghi è che presto “ci sia un futuro in cui la Russia decida di tornare alle norme che ha sottoscritto nel 1945”. “Solo la cooperazione globale – ha concluso il premier che ribadirà il concetto stasera nel discorso all’assemblea generale dell’Onu – può aiutare a risolvere i problemi globali, dalla pandemia ai cambiamenti climatici”.
FONTE: https://www.globalist.it/politics/2022/09/20/mario-draghi-riceve-a-new-york-il-premio-statista-dellanno/
Corna di Caprone 2002, minacciò così
Una lettrice mi ha ricordato questa azione dello Statista dell’Anno secondo i giudei. Anno 2002.
https://twitter.com/Wikileaks_Ita/status/1571427435647832066
Wikipedia
Con il nome giornalistico di Affare Telekom Serbia si intende la vicenda giudiziaria che riguarda l’acquisto di azioni dell’azienda telefonica Telekom Serbia da parte di Telecom Italia. Secondo la ricostruzione basata sulle dichiarazioni del faccendiere svizzero Igor Marini, nel corso di tale compravendita sarebbero state pagate delle tangenti ad esponenti del centrosinistra, tra le quali una supposta tangente di 125 000 dollari versata a Romano Prodi e Lamberto Dini. I giudici ritennero tali accuse infondate e le prove chiave prodotte a loro supporto dei falsi. Mai toccareil le sinistre di potere. La commissione parlamentare istituita da Parlamento per fare luce sugli eventi durante il Governo Berlusconi II e presieduta da Enzo Trantino, non formulò alcuna accusa diretta e non presentò al Parlamento la relazione finale. Nel 2005 l’indagine della Procura di Torino aperta nel 2001 sui vertici di Telecom del 1997 venne archiviata.
Francesco Bonazzi:
Nel giugno 1997 Stet-Telecom Italia, controllata dal ministero del Tesoro, compra dal governo di Milosevic il 29% della società telefonica nazionale, pagandolo, allora, l’equivalente di 878 miliardi di lire. Alla fine del dicembre 2002 il pacchetto viene rivenduto a Belgrado per meno della metà, da pagare in comode rate. Un pessimo investimento, evidentemente, ma prima ancora un contratto anomalo che tuttavia, per oltre tre anni, non attira l’attenzione di politica, stampa, o magistratura, nemmeno nel periodo in cui il dittatore serbo attacca gli albanesi del Kosovo e le forze militari della Nato intervengono per fermare il genocidio. Ma nel febbraio 2001 un’inchiesta giornalistica chiama in causa i responsabili dell’azienda e gli uomini di governo, e lo sfortunato affare diventa un ‘affaire’ politico a proposito del quale si accumulano gli interrogativi: perché un’acquisizione di quel valore non è stata discussa in consiglio di amministrazione? Come mai il beneficiario del pagamento è diverso dall’intestatario del contratto? È possibile che il nostro governo fosse all’oscuro dell’operazione? Perché furono ignorate le relazioni sui rischi legati all’investimento a causa delle forti tensioni etnico-sociali nei paesi della ex Jugoslavia? Le successive, clamorose rivelazioni di Igor Marini, le accuse a Prodi, Fassino e Dini di avere intascato cospicue tangenti, la pioggia di denunce reciproche fra i personaggi coinvolti nelle indagini, le false piste e le contraddizioni in cui si incagliano i giudici e la commissione parlamentare d’inchiesta, i fantasmi di presunti burattinai e l’ombra dei depistaggi trasformano il caso Telekom Serbia in un giallo politico-finanziario intriso di veleni. Francesco Bonazzi, che ha seguito la vicenda fin dall’inizio, ne ha ripercorso le tappe, spiegando i tanti punti oscuri, illustrando il ruolo dei personaggi più o meno noti, cercando i collegamenti fra gli aspetti finanziari, politici e giudiziari. E, con una ricostruzione puntuale e incisiva, indica le responsabilità economiche e istituzionali di questa storia intricata.
Intervista al governatore della Banca centrale jugoslava Mladjan Dinkic: “I magistrati italiani sentano Milosevic”
Duecento miliardi di lire le tangenti di Telekom Serbia”
https://www.repubblica.it/online/mondo/serbiadue/duecento/duecento.htm
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/corna-di-caprone-2002-minaccio-cosi/
BELPAESE DA SALVARE
L’allarme cyber nell’autunno caldo italiano
Le ultime settimane hanno fatto segnare un’impennata negli attacchi cyber all’Italia e mostrato con forza vulnerabilità e fragilità di un sistema che già nel 2021 era stato messo alle corde dalle offensive hacker e che nell’ultimo anno ha promosso un’accelerazione della risposta alle minacce culminata nella creazione dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.
Il combinato disposto tra la prevista crisi energetica, la caduta del governo Draghi e l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale hanno aumentato l’allarme per il sistema-Paese che teme choc legati a cyber-offensive capaci di paralizzare comparti strategici dell’attività economica e produttiva nazionale o di interferire coi processi sociali interni. Nel mirino, come possibile attore ostile, la Russia è guardata a vista, ma bisogna pensare a quanto il cyber sia il regno dell’incertezza e, in particolar modo, gruppi privati di matrice criminale o terroristica possano sfruttare come false flag le presunte responsabilità di un attore, statuale o meno che sia, terzo.
A maggio l’Italia è stata prima nazione in Europa e sesta al mondo per attacchi hacker subiti e si teme che nelle prossime settimane i dati sul mese in corso e quello passato possano essere ulteriormente preoccupanti: Swascan, Cyber Security Company italiana, ha rivelato in una ricerca che ad agosto la parola chiave “Italy” è stata quella più attenzionata dagli utenti in due dei forum più utilizzati dagli hacker e dai cybercriminali: Breached.to e XSS.
Nel mirino in primo luogo le compagnie energetiche, in trincea in questa fase per la criticità degli approvvigionamenti e le conseguenze che una disruption delle forniture dalla Russia potrebbe causare sui già volatili prezzi di gas e elettricità e sull’equilibrio dei mercati interni. L’utility che gestisce l’erogazione dell’energia nel mercato, il Gestore dei Servizi Elettrici (Gse) e il colosso dell’oil&gas nazionale, Eni, sono stati soggetti a attacchi cyber di matrice ignota e in seguito ad agosto è andata sotto attacco anche la sede di Sarzana, in Liguria, del gruppo Canarbino. L’Acn guidata dal professorRoberto Baldoni, dopo essersi confrontata con Palazzo Chigi e il governo Draghi, ha comunicato di avere preso contatto con utilities e gruppi del settore “per l’innalzamento dei livelli di protezione delle infrastrutture digitali degli operatori energetici, adeguandole costantemente alle più recenti informazioni sulla minacce”.
Il Nucleo per la Sicurezza Cybernetica dell’Acn, scrive Agenda Digitale, “ha evidenziato il perdurare di diverse campagne globali di tipo DDOS e intrusivo, che includono campagne di social engineering volte a individuare target aziendali particolarmente sensibili (singoli dipendenti o intere articolazioni), nell’ambito delle quali l’Italia risulta essere un target particolarmente colpito”. Inoltre, è stato evidenziato dal Nucleo in diversi suoi test e in varie analisi come “sempre più spesso gli obbiettivi di tali azioni siano non solo le principali aziende del settore energetico ma anche tutta la catena di approvvigionamento e di distribuzione dei prodotti o servizi ad esse connesse”, nel novero delle piccole e medie imprese in cui l’approccio security-by-design per hardware e software non ha ancora fatto presa assieme a una vera cultura della sicurezza.
Un altro fronte, meno strategico ma su cui l’intensità di personale e gli stakeholder coinvolti invitano a porre l’attenzione, tempestato da offensive cyber è quello dell’istruzione. Il nostro Paese, infatti, ha registrato quasi 3mila attacchi settimanali negli ultimi sei mesi, per un totale di oltre 70mila azionni tra phishing, hackeraggi e furti di dati. Sotto attenzione anche sanità e pubblica amministrazione, che assieme alla scuola sono unite dalla necessità di dover governare dati sensibili dello Stato, in un contesto che vede il terreno potenziale di attacco dilatato dopo la pandemia da un lato e la sicurezza avanzare a singhiozzo dall’altro.
Alta resta l’attenzione anche sul timore di infiltrazioni cyber sulle elezioni da parte di gruppi ostili. In questo caso le mosse mirerebbero a generare caos e sospetti nel Paese, non a modificare l’esito del voto se non attraverso più complesse strategie di disinformazione, e sono quelle su cui l’ombra della Russia aleggia con maggiore insistenza. I Servizi segreti della Confederazione Svizzera (Src) hanno avvertito Roma di attenzionare gli hacker che si muovono da server elvetici e anche l’Autorità delegata alla Sicurezza della Repubblica Franco Gabrielli ha avvertito di recente sulle mosse di Mosca, invitando le agenzie a una sorveglianza paragonabile a quella compiuta dal Cyber Command degli Stati Uniti in vista delle elezioni di metà mandato. L’Italia è in trincea di fronte all’ignoto: imprese, servizi, autorità indipendenti e apparati pubblici temono la tempesta cyber. La vigilanza dell’Acn è, in quest’ottica, una buona cosa e la percezione del rischio segnala che a Roma si stano facendo passi avanti. Il Dl Aiuti abilita oggi la possibilità di rispondere a offensive cyber di cui sia stato individuato l’autore: ci si augura che scrutinio e deterrenza possano in futuro dissuadere attori malevoli dal colpire con la stessa insistenza un Paese che mantiene vulnerabilità strutturali nel suo apparato cyber.
FONTE: https://it.insideover.com/politica/quella-corsa-al-gas-naturale-dietro-la-guerra-siria.html
CONFLITTI GEOPOLITICI
Siamo in una di quelle fasi storiche che precedono una catastrofe
di Andrea Zhok
Per quel che conta, a titolo strettamente personale, avverto un’estrema difficoltà in questo momento a frequentare i media o social media senza sofferenza.
La mia percezione – ovviamente fallibile, mi auguro erronea – è che siamo in una di quelle fasi storiche che precedono una catastrofe.
Queste fasi storiche – la più studiata è la fase immediatamente precedente alla Prima Guerra Mondiale – sono caratterizzate (lo vediamo bene a posteriori) da una sorta di accecamento collettivo, un’incapacità di uscire dai vecchi schemi, da stantii riflessi condizionati, mentre la storia ci sta portando su scogli che abbiamo visti affiorare da tempo.
La percezione è quella di uno scollamento totale, irredimibile, tra le coscienze di chi verrà chiamato a giocare le prossime partite (elettorato e classi dirigenti) e la durezza di una realtà che ci ha già detto in faccia a muso duro che stiamo per venire travolti.
Abbiamo costruito una società che, nel migliore dei casi, ci addestra alla furbizia, mai all’intelligenza, e finiamo per credere che basti sempre una mossetta capace di sbilanciare chi ci sta di fronte per passargli davanti in fila, e questo basta a pensare di aver avuto successo.
Questo paese e la sua classe dirigente vanno semplicemente ricostruiti da capo.
E per le ricostruzioni ci sono due percorsi: o si usano le strutture esistenti per rimpiazzarle pezzo a pezzo (riformismo illuminato, palingenesi politica), oppure si attende la catastrofe sperando che essa lasci in piedi almeno i materiali da costruzione per un mondo nuovo.
Tentare la prima strada è un dovere, senza alternative, perché le catastrofi solo talvolta consentono di ricostruire, più spesso spengono intere civiltà e travolgono interi popoli.
Ma più mi guardo in giro, più ho l’impressione che la gravità della situazione, la pericolosità della strada su cui ci muoviamo non sia affatto percepita. E solo quella percezione consentirebbe di mobilitare una serietà d’intenti all’altezza della situazione.
Così, non riesco a togliermi dai pensieri fissi e ricorrenti la chiusa del Dialogo tra la Natura e un Islandese:
“Mentre stavano in questi e simili ragionamenti è fama che sopraggiungessero due leoni, così rifiniti e maceri dall’inedia, che appena ebbero forza di mangiarsi quell’Islandese; come fecero; e presone un poco di ristoro, si tennero in vita per quel giorno. Ma sono alcuni che negano questo caso, e narrano che un fierissimo vento, levatosi mentre che l’Islandese parlava, lo stese a terra, e sopra gli edificò un superbissimo mausoleo di sabbia: sotto il quale colui diseccato perfettamente, e divenuto una bella mummia, fu poi ritrovato da certi viaggiatori, e collocato nel museo di non so quale città di Europa.”
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/23530-andrea-zhok-siamo-in-una-di-quelle-fasi-storiche-che-precedono-una-catastrofe.html
NATO vs RUSSIA 1-1 e palla al centro.
Massimo Bordin 9 09 2022
L’iniziativa è tornata in mano ucraina dopo una penetrazione russa di diverse settimane. Mi si rimprovera di dire “Nato” e non Ucraina allo scopo di sminuirne il successo.
Faccio sommessamente presente che la Nato non è uno stato, ma una coalizione illegale di stati che spendono una valanga di miliardi in armi sottraendoli a istruzione e sanità. Ma questo è tema politico, che non voglio approfondire, tanto su questo ognuno mantiene le sue idee.
Andiamo sul tecnico.
Io sono un avido lettore di storia (per lavoro) e di strategie (per passione), ma non sono un esperto di armi. Nel senso che conosco le armi attuali più della fascia media perchè io se vedo un t72 so cos’è mentre l’uomo medio no, ma non è una mia passione e dunque ho molte pecche in quel campo. Rispetto ai veri amanti direi che non ne so un cazzo. Pero’ le armi che vedo nei filmati diffusi da media e appassionati vari e che sono in uso agli ucraini sono armi americane e turche, su questo non ci sono dubbi, cioè sono armi che appartengono ai due principali paesi della Nato. E non sono i fucili che anche l’ultimo dei furieri impara ad usare, ma armi che richiedono addestramento, e tanto. A questo, aggiungo un aneddoto personale. La vicenda Ucraina mi interessa da molti anni, e mi è servita per dedicare qualche pagina del libro scritto nel 2016. Dunque, è da allora che leggo ogni info Nato sull’argomento. Un mese circa prima che iniziasse il conflitto del 24 febbraio, in un video youtube, durante un’intervista, Andrea Gilli si vantava dei suoi corsi a Kiev. E diceva che quella settimana ci doveva tornare a Kiev per fare un aggiornamento al personale ucraino. Andrea Gilli NON è un tecnico di armi, NON è un militare, NON è un istruttore, ma un ricercatore della Nato che elabora strategie e tattiche nei think thank. Ed è italiano, quindi dentro la Nato conta na sega. Non oso immaginare quanti corsi e consulenze fanno ed hanno fatto i Nato targati Uk e Usa in Ucraina negli ultimi 10 anni. Probabilemnte migliaia, al netto di questioni politiche sul colpo di stato che richiederebbero una enciclopedia a parte. Mi si può obbiettare che il soldato che viene formato dalla Nato è comunque ucraino. Il che sarebbe come dire che a spianare Azov a Mariupol non sono stati i russi, ma operatori tecnici di una compagnai privata chiamata Wagner…
Dunque, le chiacchiere stanno a zero. Se ci fosse una guerra Ucraina contro Russia, l’Ucraina sarebbe ora sparita dalle cartine geografiche, come i russi fecero con tutti i paesi dell’est europa nel secolo scorso. La guerra è tra Russia e Nato. La partita è difficile, e aperta. Io tifo per la Russia per tanti motivi, anche morali (i crimini perpetrati dalla Nato in questi anni sono paragonabili a quelli dei nazisti di Hitler), ma soprattutto perchè il paese che la contrasta (la Russia) non prende decisioni anche per il sottoscritto. Come direbbe il vecchio Cassius Clay: “nessun vietgong mi ha mai chiamato negro”.
Per fortuna (o purtroppo), non sarà certo il tifo mio e di altri a determinare l’esito dello scontro Nato-Russia. Quel che pare di capire finora, è che andrà per le lunghe.
FONTE: https://www.facebook.com/1537779950/posts/pfbid0EoQuSf6brj6ugUEwqaaSvVczHXib8AEGUJiqXnrTFVzjtSgiM6ZgruZm3QpYnfBZl/
«Vi spiego perché la guerra sta diventando più pericolosa». Il preoccupato allarme del Generale italiano
L’intervista rilasciata a La Verità dal Generale Marco Bertolini, incursore paracadutista Folgore, è di quelle che suscitano parecchio interesse, specialmente in un periodo storico come quello attuale. Bertolini ha un curriculum di tutto rispetto: Primo comandante interforze operazioni Forze Speciali; esperienze in Libano, Somalia, Bosnia Erzegovina; Capo di stato maggiore di tutto il comando internazionale in Afghanistan. Insomma, uno che di guerra ne sa e che sicuramente può essere in possesso di tutte le informazioni che servono alla cittadinanza per capire cosa sta realmente accadendo in Ucraina.
(Continua a leggere dopo la foto)
Il Generale inizia con una chiara analisi militare di ciò che sta accadendo in territorio ucraino, partendo da alcune considerazioni sul numero di soldati impegnati dalla Russia: «Le forze messe in campo dai russi non erano dimensionate all’invasione dell’Ucraina. Soprattutto all’inizio erano distribuite su un fronte lunghissimo che addirittura partiva dal confine bielorusso ucraino vicino a Kiev per arrivare a Est. Le forze erano molto “diluite”. Si tratta comunque di forze poco significative per un fronte che continua a essere molto lungo». Proprio sui soldati russi, Bertolini dice la sua: «Dai numeri che si sentono, sono stati impegnati tra i 160.000 ed i 180.000 soldati. Un numero assolutamente insufficiente per un’invasione». Gli standard militari per compiere una simile azione infatti sono ben diversi: «In linea di massima dovrebbe essere tre a uno in favore dell’attaccante. Questa superiorità può essere realizzata anche solo localmente, in base all’obiettivo».
Sui metodi con cui è stata condotta la controffensiva ucraina condotta, il generale ha spiegato che «Si tratta di un’operazione terrestre classica fatta di artiglieria, carri e fanteria, presumibilmente con un apporto decisivo degli aiuti militari occidentali». Un conflitto lui stesso ha più volte definito convenzionale e simmetrico: «Nel senso che grazie a Dio fino a ora non è nucleare. E la guerra è
comunque simmetrica perché condotta da due eserciti che applicano dottrine moderne con mezzi similari in quanto non c’è questa enorme sproporzione sul campo. C’è stata una fase in cui i russi hanno affondato il coltello nel burro, all’inizio dell’operazione. E ora è il momento della controffensiva ucraina. Intendiamoci, le guerre sono fatte tutte così. E non è affatto finita».
E qui arriva il punto interessante, ovvero l’analisi del generale sulla tipologia di scenario che ci aspetta: «Sarebbe il momento giusto per negoziare. Finora gli ucraini erano parte soccombente e si sarebbero dovuti sedere al tavolo del negoziato con il cappello in mano cercando di salvare il salvabile. Ora hanno dato una dimostrazione di forza non indifferente, grazie all’aiuto occidentale e soprattutto Usa, e questa potrebbe aprire una finestra di opportunità anche per la Russia, almeno a sentire gli accenni sulla necessità di un negoziato da parte del ministro Lavrov. Ma non credo che succederà, perché si innescano anche questioni psicologiche e gli ucraini si sentono incoraggiati, credo illusoriamente, di poter prevalere. Sarebbe necessario ricordare che pure noi nella Prima guerra mondiale abbiamo avuto Caporetto, poi sappiamo come è finita. La guerra è così. L’unica costante sono i morti».
(Continua a leggere dopo la foto)
C’è poi il nodo della centrale di Zaporizhzhia, controllata dai russi ma con la presenza degli ispettori internazionali attualmente sul posto per monitorare la situazione. Come ben sappiamo, «Russia e Ucraina si accusano vicendevolmente di bombardarla, rischiando imprevedibili conseguenze in termini di radiazioni nucleari che ci riguarderebbero direttamente. In questo caso, non sapremmo neppure chi ne è il vero responsabile, innescando però una situazione di pericolosa indeterminatezza che potrebbe scatenare un’escalation che ci coinvolga ancora di più». Nel frattempo, i salotti televisivi italiani pullulano di opinionisti che osservano e commentano giulivi, quasi come se questa guerra fosse un derby di calcio. «Bisogna sempre tenere conto che per la Russia la perdita dell’Ucraina – che non faceva parte del Patto di Varsavia ma dell’Unione Sovietica stessa – sarebbe vissuta come un vulnus mortale. Anche se non ci fosse Putin al potere. E la Russia, piaccia o no, ha l’ambizione di essere una potenza globale ed europea al tempo stesso. Sente quindi che è in gioco la sua stessa sopravvivenza. Per questo sarebbe pericoloso se si sentisse senza una via d’uscita. In quella situazione potrebbe sentirsi obbligata a utilizzare risorse fino ad allora non sfruttate. E noi sappiamo che la Russia quelle risorse le ha».
A preoccupare l’occidente c’è anche la rinsaldata alleanza tra Russia e Cina. I due Paesi, infatti, fanno grossi affari alle spalle delle sanzioni occidentali, dimostrando una chiara alleanza economica. Ma questa intesa potrebbe diventare anche militare? «Con il venir meno della guerra fredda è rimasta una sola super potenza mondiale. Gli Stati Uniti d’America. Una volta erano due perché c’era pure l’Unione Sovietica. Mi riferisco all’essere superpotenza con un largo giro d’orizzonte: militare, economico, politico e culturale. Oggi, la Russia non è messa bene economicamente, e politicamente ha problemi non indifferenti. Ma rimane comunque una superpotenza militare in termini sia convenzionali sia soprattutto nucleari. E la saldatura economica con la Cina e con l’India potrebbe aiutarla a recuperare terreno da un punto di vista economico».
Ma, secondo Bertolini, la situazione merita un’analisi più ampia: «Noi adesso siamo giustamente molto concentrati sull’Ucraina. Ci interessa più da vicino e ci spaventa. Però non dobbiamo dimenticare che è solo un tassello di una instabilità generalizzata e crescente che interessa tutto il contorno del blocco euroasiatico che va dall’Atlantico al Pacifico. Consideriamo le frizioni che ci sono in Kosovo e riguardano un Paese come la Serbia che è molto vicina alla Russia dal punto di vista culturale e commerciale. Si consideri la Siria. Il conflitto sembra in pausa ma quella guerra sta andando avanti dal 2011 con la Russia direttamente impegnata dal 2015. Poi c’è la questione fra Azerbaijan (quindi la Turchia) e l’Armenia (quindi la Russia). Poi ci sono i disordini in Kazakistan e si arriva all’annosa questione fra Cina e Taiwan. Un’enorme area di instabilità che ci riguarda da vicino. Non dobbiamo quindi concentrarci solo sulla crisi a noi più vicina, ma operare per evitare che altre simili e peggiori esplodano. Lavoro, insomma, per la nostra diplomazia, sempre che sia in grado di fare quello per cui esiste».
Insomma, il mondo sembra essere diventato (più del solito) una polveriera pronta ad esplodere in qualunque momento. Le aree di tensione sono dislocate a macchia di leopardo ed il protrarsi del conflitto ucraino non lascia presagire nulla di buono. Mentre l’Europa si trova costretta a far fronte alla carenza energetica causata dalle sue stesse sanzioni, la Russia, che nel frattempo ha stretto alleanze più salde nel macro-blocco euroasiatico, sembra non voler arretrare di un passo. L’unica soluzione per chiunque abbia un minimo di buonsenso dovrebbe essere quella di avviare intensi tavoli diplomatici dislocati nelle aree di maggior interesse, ma la Nato sembra voler continuare a perseguire la via dell’invio delle armi e dell’applicazione delle sanzioni. Se non arriverà presto una spallata a questa situazione, il mondo rischia seriamente di finire nuovamente oltre l’orlo del baratro. Una situazione che deve essere evitata ad ogni costo.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/vi-spiego-perche-la-guerra-sta-diventando-piu-pericolosa-il-preoccupato-allarme-del-generale-italiano/
La guerra d’Oriente per negati
Siccome gli italiani fanno fatica a impegnarsi con sufficiente entusiasmo nella guerra in corso tra Russia e Ucraina, ho deciso di spiegargliela in modo semplice semplice.
Devo consegnare una traduzione e non ho tempo per cercare mappe aggiornate, ma va anche bene questa che ci fa vedere il mondo qualche anno fa:
Allora, a sinistra avete la Polonia/Lituania, con la provincia della Podolia. A destra avete, in verde, l’impero russo.
La guerra riguarda oggi le terre definite qui Nouvelle Russie e Crimée.
Contese tra la Russie che esiste ancora oggi, e quella che qui nella mappa si chiama Podolie, ma oggi ha un altro nome e ha una bandiera molto bella:
E qui arriva la parte importante: tutti i Paesi Liberi del Mondo sono d’accordo che su Nouvelle Russie e Crimée debba sventolare solo questa bandiera:
e non questa:
E chi ci abita deve avere il prefisso telefonico 00380 e non 007 (che sa pure di spie).
E’ semplice, si tratta della Legalità Internazionale, se non lo capite da soli e non siete disposti a dare la vita per lei, peggio per voi.
Allora, i russi hanno messo la bandiera sbagliata proprio su quelle due regioni, e noi li dobbiamo buttare fuori, perché siamo dalla parte della Legalità Internazionale.
Le nostre guide democraticamente elette hanno sviluppato un piano che richiede un po’ di pazienza, ma ci permetterà di vincere.
Noi dobbiamo smettere di comprare il gas e il petrolio dalla Russia.
La Russia poi cercherà di rivenderceli, a prezzo maggiorato, attraverso vari amici della Russia.
All’inizio, sembrerà un sacrificio, a mano a mano che a milioni perdono casa e lavoro.
Però, se riusciamo a far maggiorare abbastanza il prezzo, dopo un po’ diventeremo talmente poveri, che non potremo nemmeno più comprare il gas e il petrolio dagli amici della Russia.
A quel punto anche le famiglie russe diventeranno poverissime e cominceranno ad abbattere i boschi per riscaldarsi, provocando disastri ambientali; non potendosi pagare le cure sanitarie, ritornerà la peste bubbonica, poi ci sarà una guerra civile e alla fine, non ci sarà più la Russia. Ci sarà solo democrazia, da oceano a ocenao.
Comunque se non dovesse andare tutto come previsto, c’è il Piano B, appena rivelato al mondo dalla nuova Prima Ministra inglese, Liz Truss.
Un signore, durante una riunione del suo stesso partito, le ha infatti chiesto se sarebbe disposta a schiacciare il pulsantino che fa esplodere la bomba atomica, anche se ciò dovesse significare l’annientamento globale.
La signora ha risposta che era prontissima.
So che dovete tirare la cinghia per adesso, ma non vi preoccupate: in un modo o nell’altro, vinceremo.
O almeno, loro perderanno di sicuro.
Nei nostri cuori una squadra giallo blu
Che ci fa sognar
Che ci fa sperar
Che la vittoria arrivi prima o dopo per noi
Vi sentiremo grandi e festa sarà
Un grazie poi
A tutta la gente
Che in qualche modo ha aiutato
I giallo blu
Anche a lui andrà Tanta felicità
Viva i tifosi e viva la città
Oh. oh.oh. oh. oh. oh. oh
CULTURA
Il manifesto dell’idiota globale
Siamo lieti di annunciare finalmente l’uscita in mondovisione dell’atteso manifesto dell’idiota globale e nullafacente che aspettavamo da anni. Si avvertiva la mancanza nonostante i ripetuti tentativi di versioni parziali. A scriverlo è un poeta e scrittore svedese, Gustav Sjoberg; il titolo è persino accattivante, “La fiorente materia del tutto” e il tema suggerito è invitante: “Sulla natura della poesia”. Ma non si parla solo di poesia, come vedrete, è una concezione del mondo che si offre al modico prezzo di 18 euro (in Italia lo pubblica Neri Pozza). Non mancano, oltre a citazioni dotte, anche esempi ed esemplari nostrani, di ogni tipo, a supporto del manifesto. Non scriverei di questo autore e di quest’opera se non trovassi espresso in sintesi globale e concentrata tutti gli elementi, i testimonial e i temi relativi a questo prezioso argomento, incluse le implicazioni politico-culturali, di cui vedremo.
Dunque la tesi principale, ma non l’unica, è la seguente: la poesia, come ogni arte e pensiero, non è opera di un singolo autore, anzi non è opera dell’uomo, ma è frutto del mondo intero, e dei suoi regni, animale, vegetale e minerale. Tutto è fluido, non ci sono più differenze né distinzioni di genere.
Quando diciamo mondo non diciamo dunque umanità ma qualunque essere vivente o semplicemente presente (pietre incluse). La Divina Commedia non è opera di Dante ma è frutto corale di animali, piante e sassi. La tesi dello svedese è una libera interpretazione dell’intelletto possibile di Averroé, previo divorzio del commentatore arabo dal suo maldestro maestro, Aristotele.
Tutto, dal verme al corpo celeste, concorre all’opera; e per un poeta, dice Raoul Hausmann “il ventre è un organo molto più importante del cervello” (vero, se le sue opere sono defecazioni).
Ma questo è ancora niente. La grande rivoluzione che il profeta del mondo autogestito annuncia è l’abolizione del lavoro per fare un dispetto al capitale.
Il fine dell’essere umano, dice, è far niente (neanche darsi alla poesia, perché ci pensano le cipolle, i gechi e le rocce a produrla). C’è un’espressione ad hoc da tenere a mente: nichstun, letteralmente farniente. Nel nome, tenetevi forte, di “un’anarchia metamorfica”; ossia mutanti a piacere o a caso, senza aggiungere la doppia zeta, per dirla in linguaggio più greve e comprensibile. Bellissimo, ma come campa l’umanità, chi provvede ai servizi, a farci vivere, nutrire, vestire, ecc ecc.? Chi fa i mestieri? Ma che dettagli plebei, grezzi, irrilevanti… “Né gli dei né gli animali lavorano, per non parlare delle piante” e il fine della vita, anzi il lato bello, è “limitarsi a vegetare”. Un idealista.
Ma tutto questo ha una chiave ideologica, politico-culturale interessante. Il nemico da abbattere, la civiltà, la cultura umanistica, la poesia e l’arte, ha un nome preciso: è “la cultura di destra”. Tutto quello che ha fatto finora l’uomo, tutto quello che ha scritto, pensato, creduto, realizzato è colpa di questa maledetta “cultura di destra”. Viceversa la salvezza è rappresentata dal “comunismo cosmico”(conio di Otto Freundlich) che estende il comunismo ad animali, piante e minerali; siamo tutti uguali, uomini, bestie e cose.
“Una tale animalizzazione, vegetalizzazione e mineralizzazione è proprio quello che ci vuole per una scrittura che cerca di assestarsi al di là dell’umano”, così recita la bibbia dell’antiumanesimo.
Chi pensa che sia il delirio di un poeta isolato si sbaglia. L’autore cita molti che la pensano come lui. Per esempio l’artista Gianfranco Barrucchello che nel 1973 lasciò Roma “spinto dal timore giustificato di una presa del potere dei fascisti” (cosa che notoriamente poi avvenne). Lui smise di fare arte e proclamò arte la coltivazione della patata, dice ammirato lo svedese, che spiega: il progetto è non distinguere più “la scrittura dalle patate”. Altro esempio virtuoso è tale Gillés Clement che libera i giardini dai recinti e sogna il giardino planetario. Un capolavoro di demenza creativa e virtuale. E Sjoberg chiosa: “la scrittura deve diventare un giardino planetario”, cioè globale e immaginario. O il caso della critica d’arte Carla Leonzi che portando a fondo la sua critica smise di fare critica d’arte e si dette al femminismo militante “per non essere complice con il mondo presente”. O ancora un altro italiano, Emilio Prini un artista che per ribellione non fa più arte, nelle mostre si limita ad andarsene in giro per le sale e discute con gli operai allestitori; nel 1971 presentò un manifesto di protesta tutto in bianco e con un gioco di parole che desta l’ammirazione dello svedese, cambia la parola mostra in mostro. Un genio. O tale Emilio Villa (tutti italiani questi geniacci) che scrisse poesie su pietre che poi all’istante gettò nel Tevere per denunciare la pietrificazione della scrittura. Il bello degli artisti ammirati da Sjoberg è che hanno smesso di essere artisti, lottano, coltivano patate, manifesti in bianco, gettano sassi, sognano impossibili giardini mondiali, smettendo di coltivare quelli reali, cessano di lavorare per non fare un favore al potere del capitale (chi li mantiene, mammà o il reddito di cittadinanza?). L’autore cita altri intellettuali, anzi mescola autori veri e seri con ridicoli venditori di fuffa.
Come vedete, non è il delirio solitario di un autore; c’è un mondo dietro questa idiozia globale, e c’è perfino una traduzione politica: comunismo cosmico contro cultura di destra. Da qui la gioia di aver finalmente scovato, dopo tanti indizi sparsi, l’atto di nascita dello Scemo Globale. Abbasso la poesia e il lavoro, viva la patata e il farniente.
(Panorama, n.38)
FONTE: https://www.marcelloveneziani.com/articoli/il-manifesto-dellidiota-globale/
CANCEL CULTURE PRODOTTO DETERIORE DEL MAOISMO OCCIDENTALE
SILVANO DANESI 13 SETTEMBRE 2022
Eliminare la lettura dei classici greco romani perché sarebbero stati razzisti, in quanto esaltavano l’uomo bianco.
E’ questa una delle ultime idiozie di quella perdita di cervello che pervade le istituzioni universitarie americane e che indica uno sbandamento grave di un Paese che sta perdendo se stesso. Sbandamento che arriva a mettere in discussione persino Shakespeare, del quale si vorrebbe proibire “Sogno di una notte di mezza estate”. Siamo oltre l’idiozia. Siamo al manicomio.
Gli States vanno al confronto con Russia e Cina armati di una debolezza culturale impressionante, in quanto l’idea forza di voler esportare la loro civiltà, ritenuta paradigmatica per il mondo intero, crolla sotto il peso delle idiozie che pullulano grazie al pensiero unico politicamente corretto imposto da élite che hanno assunto, come strumento orientante, la bussola della Banda dei quattro del maoismo demenziale della rivoluzione culturale.
Mentre la Cina ritorna a Confucio e la Russia rivendica la sua storia e la sua cultura, negli Usa torna di moda l’Index librorum proibitorum creato da Paolo IV nel 1559 ed eliminato da Paolo VI nel 1996.
La logica è sempre quella del dominio delle menti, oltre che di quello dei corpi.
In questo caso il totalitarismo è orwelliano e risponde agli interessi della finanza e delle multinazionali.
La cancel culture è figlia di molte madri, la prima delle quali è la Sacra Congregazione della romana universale inquisizione (Bolla Licet ab initio di Paolo III, 1542).
Roghi di uomini e di donne sono serviti, per molti anni, a deprivare l’Umanità della libertà di pensiero, dovendo l’essere umano dell’Occidente cattolico conformare le proprie idee a quelle dei vari preti e frati che stabilivano l’ortodossia, consegnando al braccio secolare, dopo le inevitabili torture, i poveretti che erano capitati sotto le grinfie degli inquisitori per essere purificati e inviati nell’Aldilà. Purificati, quindi, bruciati.
I libri sono stati bruciati dal nazismo, proibiti dal comunismo e da tutti i vari dittatori che la storia ha dovuto registrare nei secoli.
La logica di fondo è sempre una: abolire la storia, distruggere la cultura, fare tabula rasa per affermare il pensiero unico politicamente corretto confacente al potere di chi è dominante al momento.
L’ispirazione degli idioti della cancel culture sembra però sempre di più essere quella che viene dal maoismo.
Come scrive Henry Kissinger nel suo Cina: “Mao fu il primo governante, fin dall’originaria unificazione della Cina, a frantumare le tradizioni cinesi con un deliberato atto di politica statale. Si riteneva investito del compito di ringiovanire il paese smantellando, talvolta con brutalità, la sua antica eredità. Come dichiarò egli stesso al filosofo francese André Malraux nel 1965: «Il pensiero, la cultura e i costumi che hanno condotto la Cina dove si trova oggi devono scomparire, e al loro posto devono stare il pensiero, la cultura e i costumi della Cina proletaria, che ancora non è venuta all’esistenza… il pensiero, la cultura e i costumi devono essere partoriti dalla lotta, e la lotta deve continuare finché rimane il pericolo di un ritorno al passato»”.
La Cina della tradizione confuciana doveva essere distrutta per lasciare posto ad una trasformazione radicale e ad una rottura netta con il passato.
Tabula rasa.
Parafrasando Kissinger si potrebbe scrivere degli Usa: “Mentre l’America tradizionale riveriva il passato e teneva in gran conto la propria originaria scelta di libertà e di indipendenza, le élite al servizio della finanza, affascinate da Mao, dichiarano guerra all’arte, alla cultura e ai modi di pensiero tradizionali dei Padri fondatori”.
La cancel culture, che pervade le menti obnubilate di una parte di quella che dovrebbe essere l’intellighenzia occidentale, non è altro che la diretta figlia del maoismo della Rivoluzione culturale: una logica distruttiva importata da intellettuali, o presunti tali, che odiano il loro mondo, le loro radici e che sono asserviti ad un disegno, proprio della finanza internazionale, di riduzione ad una poltiglia insignificante ogni aspetto della storia e della cultura, per creare l’uomo consumatore, ignorante e grigio, manipolabile dalla propaganda e riducibile ad un nuovo servo della gleba in una società neo feudale che riscopre l’index librorum proibitorum contrabbandandolo per modernità antirazzista.
Che la Cina piaccia alle finanza e alle multinazionali non è più un mistero, dopo la delocalizzazione selvaggia, l’utilizzo di campi di lavoro, il tentativo di importare il metodo orwelliano di controllo sociale, ma la Cina che più piace alle élite al servizio della finanza è quella di Mao, quella che si basava sull’ignoranza elevata a sistema.
La Rivoluzione culturale comportò lo sterminio di 30-40 milioni di persone, prodotto dalla stupidità fanatica e dall’ideologia criminale di un regime e dalla protervia di un criminale come Mao, il quale va associato, senza dubbio alcuno, a Stalin e a Hitler.
La Rivoluzione culturale, la distruzione di cultura e vite, è stato uno dei più grandi disastri dell’autocrazia comunista cinese, ma c’è ancora chi, vestendo i finti panni dell’antirazzismo, vuol cancellare l’Umanità in nome di un delirio da manicomio.
FONTE: https://www.nuovogiornalenazionale.com/index.php/italia/politica/8380-cancel-culture-prodotto-deteriore-del-maoismo-occidentale.html
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Servizi segreti Usa: irrompono nelle elezioni italiane e votano PD
18 09 2022
di Fosco Giannini, direttore di “Cumpanis”
A pochi giorni dalle elezioni politiche nazionali in Italia (25 settembre), di nuovo entrano violentemente in campo, col plateale obiettivo di condizionare fortemente, persino di determinare, l’esito elettorale, i servizi segreti americani.
Il rovesciamento dei ruoli e del senso politico delle cose è da teatro dell’assurdo, un Rhinocéros di Ionesco. L’accusa non dimostrata, rivolta dai servizi segreti Usa alla Russia, è quella di finanziare alcune forze politiche nel mondo al fine di dirigere e decidere i vari passaggi elettorali. L’assurdo è che i servizi segreti americani lancino queste loro accuse durante le fasi elettorali in corso, come le attuali in Italia, divenendo così essi stessi, la Cia, la Space Delta 7 e tutta l’intelligence statunitense, i veri soggetti cinicamente manipolatori degli esiti elettorali.
I servizi segreti Usa utilizzano a piene mani l’“arte” della furbizia, ma non devono aver letto Machiavelli, che sosteneva che il Principe dev’essere sì furbo, ma non troppo se no diviene un imbecille.
A che cosa siamo di fronte, in Italia, in questi giorni? Alla “rivelazione”, da parte dei servizi segreti Usa, che la Russia avrebbe devoluto, dal 2014, 300 milioni di dollari a partiti di diversi Paesi del mondo. Naturalmente, affinché questi partiti facessero gli interessi di Mosca nel loro Paese e, magari, vincessero le elezioni.
Colpisce immediatamente la data d’inizio dei supposti “aiuti russi”: il 2014, secondo la CIA, e cioè lo stesso anno del golpe nazifascista di Kiev, lo stesso anno della controrivoluzione Usa-Nato con la quale si fa violentemente fuori il legittimo presidente ucraino, non certo filo americano, Viktor Janukovic e inizia la nuova era del risorto movimento Bandera, che viaggia sui carri armati del Battaglione Azov. Come dire, costruendo una narrazione allucinata ma che può stare in piedi in Occidente: vedete, noi americani li abbiamo sconfitti in Ucraina e loro, i russi, come risposta elargiscono rubli per spingere le forze occidentali a schierarsi contro di noi.
Se noi, con una equazione non certo geniale, non certo alla Sherlock Holmes, giungessimo a pensare alla stranezza di queste “rivelazioni” americane disseminate, con una grancassa planetaria, proprio durante il climax delle elezioni italiane, in molti, molte anime belle e candidissime potrebbero (lo fanno) darci dei complottisti.
Come rispondere a queste anime belle?
In questo modo: secondo voi cosa ci stanno a fare, nella vita e nella storia, i servizi segreti? E più precisamente: perché i servizi segreti americani sono i più grandi, estesi, costosi del mondo?
Perché, forse è bene saperlo: negli Usa esistono – dalla più antica, l’Office of Naval Intelligence, alla Cia; dalla Space Delta 7 alla United States Space Force costituita solo nel 2020 – ben 17 diverse articolazioni dei servizi segreti. Il numero di uomini e donne impiegati in questi 17, diversi, “soggetti” dei servizi segreti risulta essere (fonte: Washington Post del 2010) 854 mila, per una spesa complessiva, da parte dello Stato americano, di 85,8 miliardi di dollari (ultimo dato conosciuto, 2020).
Per le “anime belle” italiane, inclini a definire complottista ogni tentativo di comprendere, decodificare politicamente le azioni dei servizi segreti Usa, questo immenso apparato di “intelligence” starebbe lì per bellezza, con le mani in mano, con la funzione di un’inerte e polverosa tappezzeria.
Bene, non è così: la realtà, dalle provocazioni del Golfo del Tonchino servite agli Usa, nel 1964, per lanciare la guerra contro il Vietnam, alla falsa fiala all’antrace agitata da Colin Powell all’ONU per la guerra contro l’Iraq, ci dice che l’intera storia dei servizi segreti Usa è una sfacciata storia di menzogne di grandi, incredibili dimensioni, diretta ad orientare gli eventi storici e determinare/subordinare la vita dei popoli.
E se i servizi segreti americani hanno sempre agito al fine di determinare guerre, “golpe”, cambiamenti politici radicali, figuriamoci se essi possano risparmiarsi o avere ritrosie nell’orientare le elezioni politiche, nell’entrare a gamba tesa in un agone politico elettorale come quello ora in corso in Italia.
Di cosa stiamo parlando?
Di questo: alcuni mesi fa i servizi segreti Usa “fanno girare” un dossier secondo il quale la Russia avrebbe elargito, dal 2014, 300 milioni di dollari a partiti, nel mondo, vicini alle posizioni di Mosca, o utili a Mosca. Questa “rivelazione”, divulgata già da alcuni mesi dalla CIA, in Italia – guarda caso! –solo ora viene fatta circolare, immessa come un veleno nella campagna elettorale italiana.
Per un dossier dei servizi segreti Usa che circolava, più o meno, dal maggio 2022, in Italia si apre, ora, un finimondo. Ora! E nonostante il “dossier” americano non citi affatto l’Italia come Paese destinatario dei supposti fondi russi né, conseguentemente, possa citare o evocare possibili forze politiche destinatarie di quei fondi, l’intero apparato mass-mediatico italiano asservito all’egemonia politica e culturale americana, liberale e liberista, “individua” subito nella Lega di Salvini, nel M5S di Conte e persino nei Fratelli d’Italia i “naturali” amici di Mosca che Putin avrebbe ricoperto d’oro.
Peraltro, a ratificare il fatto che nel dossier americano sia l’Italia che i suoi partiti non vengono indicati come destinatari dei “fondi russi” vi sono le stesse dichiarazioni del Presidente del Copasir, Adoldo Urso, che afferma: “Al momento l’Italia non risulta tra i Paesi coinvolti”. Anche se poi, per non correre il rischio di uscire dallo schieramento filo americano e antirusso, lo stesso Urso prosegue, aumentando così l’ambiguità totale della vicenda: “Ma le cose possono sempre cambiare nei prossimi giorni”. Anche se non si sa come possano cambiare, visto che il dossier americano è del maggio 2022 e da allora esso non ha avuto “code”, cioè non ha più fornito notizie aggiuntive che, certo, possono sempre venire, magari due soli giorni prima del voto.
Se, sinora, i mass-media italiani hanno individuato nella Lega, nel M5S e, incredibilmente, anche nei FDI i possibili destinatari dei rubli, chi esce, sinora, benissimo dal can can mediatico è soprattutto il PD di Letta che alza la voce, accusa la Lega, “giudica grave che essa non disdica gli accordi con Russia Unita” chiedendo, infine, “chiarimenti prima del voto”.
Certo, prima del voto, in modo che un PD già chiaramente sconfitto alle elezioni possa provare disperatamente a risalire la china attraverso il dossier americano.
Quasi curiosa, paradossale è la situazione del Partito della Meloni, che in questi anni non ha fatto altro che “smacchiarsi” politicamente, andare in pellegrinaggio a Washington, abiurare totalmente alla propria precedente, critica dell’Ue, assumere sempre più, mano a mano che si sta avvicinando il 25 settembre, la politica economica “draghiana” ed ora è stato accusato, su “la Repubblica”, da Kurt Volker, ex ambasciatore Usa della Nato, “di aver preso soldi da Mosca”.
La risposta di Crosetto, fondatore dei FDI, a “la Repubblica” (“Com’è possibile credere che Mosca possa inviare rubli al nostro Partito, visto che siamo i più convinti sostenitori dell’invio di armi all’Ucraina?”) è una risposta che, pur svelando la totale natura politica governista e filo americana dei FDI, purtuttavia non basta a fermare “il venticello” ispirato dagli americani.
La provocazione dei servizi segreti Usa ha messo in luce il teatrino politico italiano: il PD è il partito preferito da Washington, dalla Nato e dall’Ue, esso è considerato il vero architrave dell’atlantismo e dell’imperialismo americano in Italia, il garante più conseguente della Nato e delle sue guerre, è il partito che per Biden deve vincere le elezioni poiché, nonostante tutta un’altra serie di “tradimenti” verso se stessi, la Lega e il M5S sono ancora contrari all’invio delle armi in Ucraina e FDI ha ancora su di sé una vaga aurea nazionalista che disturba Washington. Non è il retaggio fascista di FDI, certamente, a far storcere il naso a Biden, ma è il fatto che ancora, in FDI, persistano aree, nascoste quanto vuoi ma non del tutto estinte, non del tutto convinte della liceità del “comando americano” in Italia, non ancora del tutto certe del fatto che l’Italia debba spegnersi nell’Ue.
La storia, anche quand’essa è ancora solo cronaca, sta lì a dirci sempre qual è la verità: chi non ricorda il luglio del 2019, quando il Salvini del Papete è all’apice del proprio successo politico e va già assaporando la sua “presa del governo”, chi non ricorda che egli viene chiamato a Washington, si crede, si pensa, per una sua “santificazione”, per ricevere la benedizione americana quale nuovo capo del governo, e invece dall’incontro con gli “amerikani” viene distrutto politicamente, poiché troppo amico di Putin per guidare l’Italia?
Chi non ricorda che proprio nei giorni della sua visita negli Usa il sito americano “BuzzFeed” pubblica la registrazione di un meeting all’Hotel Metropol di Mosca – di cui aveva già scritto l’Espresso nel febbraio precedente – tra uomini vicini all’allora Ministro dell’Interno ed esponenti del Cremlino? L’incontro al “BuzzFeed” viene divulgato sul piano internazionale e Salvini è bruciato. Gli Usa lo allontanano dal governo italiano e colpiscono la Lega. E ora, con il nuovo dossier americano, la storia si ripete.
È il PD che deve vincere, per Biden; è questo partito che dà sicurezza, che garantisce l’espandersi della Nato in Italia, le guerre degli americani, le armi a Zelensky e ai nazifascisti, che garantisce le stesse politiche dell’Ue subordinate a Washington, che garantisce, certo come altri, ma anche più di altri, la costruzione di un esercito europeo subordinato alla Nato.
È il PD che deve vincere: per questo si mischiano le carte, si tenta sino all’ultimo, sino ai tempi supplementari, di avvelenare la campagna elettorale italiana.
È Letta che deve vincere, per gli Usa, anche con la carognesca “sinistra” a lui alleata, quel Fratoianni e quel Bonelli che si faranno, magari, ponti con De Magistris.
Se proprio Letta non potrà vincere, pensano gli americani agitando la CIA, almeno dovrà rafforzarsi così tanto da imporre un governo di larghe intese con se stesso all’interno e di nuovo Draghi, l’uomo “amerikano”, al comando. Non è, peraltro, ciò che dice Calenda che sembra sempre essere appena uscito dall’Ambasciata americana a Roma?
Che Circo Barnum, quello che vediamo agitarsi nel nostro Paese: attraverso l’accusa di interferenza della Russia nella campagna elettorale italiana sta passando una gigantesca e trucida interferenza imperialista negli affari italiani. Un’interferenza che diviene tanto più impossibile da nascondere quanto più è grande il tentativo di riconsegnare, da parte degli Usa, la vittoria, o comunque una risalita, ad un PD disperato e perdente. L’importante, per Biden, è fermare la Lega e il M5S.
Come non dare ascolto, come non ritenere razionali le parole dell’Ambasciata russa in Italia, che in queste ore ha affermato: “Washington sta ancora una volta tentando di accusare la Russia di ingerenze negli affari interni dei Paesi occidentali, in particolare nel processo elettorale. L’assenza di prove di quanto detto è enorme e plateale. E che cosa sarebbe questo, se non uno sfrontato tentativo di manipolare l’opinione pubblica alla viglia delle elezioni?”.
Nell’isteria russofoba e filo imperialista qualcuno, anche sul fronte borghese, può sempre mantenere un minimo di lucidità. Ha dichiarato, infatti, Mario Monti, l’unico soldato che sembra non aver bevuto nell’accampamento occidentale: “Inviterei gli americani a trasmetterci le informazioni che possano avere conseguenze, perché se non si tratta di una fuga di notizie ma di partecipazione intenzionale dell’Amministrazione Usa, allora anche un’uscita di questo genere potrà essere ritenuta un’interferenza nella nostra campagna elettorale”.
Lo diciamo per anticipare le critiche degli sciocchi, che abbondano e militano nello stesso partito dei torbidi, delle anime nere: noi comunisti non ci schieriamo certo con la Lega, non votiamo il M5S e siamo nemici dei FDI. Diciamo solo, e non è poco, che il PD è oggi più che mai il partito politico degli Usa, della Nato e delle politiche iperliberiste dell’Ue in Italia. E per appoggiare questo partito i servizi segreti Usa sono, pericolosamente, nel loro solito modo “golpista”, al lavoro.
Per il resto, in questo squallido deserto irto di secche piante velenose che è la politica italiana, sentiamo sempre più la mancanza e l’esigenza di un vero, forte, popolare, rivoluzionario partito comunista. Sentiamo sempre più l’esigenza di una controcultura proletaria di massa.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-servizi_segreti_usa__irrompono_nelle_elezioni_italiane_e_votano_pd/39130_47362/
Niente da fare: un’informazione corretta sui media è impossibile. Continuiamo a farci del male da soli
di Ugo Bardi
Certe volte ti prende veramente lo sgomento. Guardate il titolo del pezzo di Federico Rampini del 26 Luglio sul Corriere. “Perché la Germania non estrae il suo gas?“
Eh, proprio….. immaginatevi: c’è una rete di Putiniani in Germania che opera da vent’anni per sabotare la produzione di gas in Germania. Lasciateli lavorare ancora un po’ e fra breve vedremo di nuovo la bandiera rossa sovietica sventolare sul Bundestag a Berlino.
Ma non si riesce mai a fare un minimo di ragionamento anche vagamente basato sui dati? Andiamo a vedere l’andamento della produzione di gas in Germania e troviamo questo grafico su “Statista”:
Dove vedete come in 20 anni la produzione di gas in Germania è scesa a circa un quarto del massimo intorno al 1999. Se prima produceva circa il 25% della domanda, ora ne produce circa il 5% (meno di un quarto, perché la domanda è aumentata).
Cosa è successo? Sabotaggio? Ma perché mai? Non è successo niente di speciale. Il gas, come tutte le risorse minerali, non è infinito. I pozzi si esauriscono, ed è del tutto normale che se ne estragga sempre di meno. Infatti, se andiamo a vedere le riserve di gas in Germania su Worldometers, vedete che effettivamente non c’è rimasto quasi più nulla da estrarre. Finito, esaurito, capitolo chiuso, grazie a tutti e arrivederci.
Eppure, evidentemente, il complottismo paga. Altrimenti non si scriverebbero cose del genere sulla prima pagina di un giornale teoricamente serio come “Il Corriere.” E così continuiamo a farci del male da soli facendo credere al pubblico che basta riaprire qualche documento o fare qualche buco per terra per risolvere il problema del gas.
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/23548-ugo-bardi-niente-da-fare-un-informazione-corretta-sui-media-e-impossibile-continuiamo-a-farci-del-male-da-soli.html
AMAZON GLOBALIZZA GLI ANELLI DEL POTERE
Matteo Brandi 12 09 2022
La serie tv Gli Anelli del Potere, prodotta da Amazon con una valanga di denaro, sta ricevendo una pioggia di recensioni negative da parte del pubblico.
Il tentativo, goffo e totalmente ideologico, di storpiare il capolavoro di Tolkien in salsa woke è stato mal digerito.
Elfi neri, rivisitazioni femministe, una Terra di Mezzo che diventa quella melassa globalizzata che tanto piace ai liberal a stelle e strisce… Uno stupro letterario. Peccato che la cosa sia ridicola e forzata sotto ogni punto di vista.
Nel mondo di Tolkien ogni popolo e ogni razza (elfi, nani, umani ecc.…) ha una forte identità, difesa con orgoglio. Esistono alleanze, amicizie e amori, ma mai in senso distruttivo, non si predica la dissoluzione delle appartenenze e delle peculiarità culturali, etniche e territoriali. Questo rende quell’universo così interessante.
Che dire, c’è ancora speranza. Le pagine e i siti di recensioni, un branco di pavidi (e disonesti) allineati al pensiero unico globalista, tentano di difendere l’indifendibile accusando, ovviamente, di fascismo e di razzismo chiunque non trangugi il frullato di Amazon. Come se la trasposizione di una leggenda etiope o del folklore cinese con attori bianchissimi e biondissimi non facesse lo stesso, orrendo, effetto.
Ma il politicamente corretto, con tutte le sue follie, ha stufato. Anche i “live action” della Disney, pieni zeppi di attori ficcati a forza nella storia per il loro colore della pelle e avulsi dal contesto, stanno riscontrando un pessimo gradimento.
Vedremo se il tornaconto economico peserà più del fanatismo ideologico…
FONTE: https://www.facebook.com/matteobrandireal/posts/pfbid037cfgLF4uNinrzQTJUY68aHdizG4uTzJaz5FFYBRswxz1uSSqNFFS1KRQZRXBnSc4l
Laura Pausini
Mario Francesco Ioppolo 16 09 2022
Parliamo di Laura Pausini, ne avete voglia? Io si e vorrei condividere il mio pensiero con Voi.
Direte con Voi chi? Con quelli che mi leggono, quelli che hanno una visione diversa dalla narrativa televisiva o mediatica dei fatti.
Sapete che, per lavoro ho viaggiato in giro per il mondo, anche in angoli remoti della terra.
La cosa che mi ha sempre dato gioia e reso orgoglioso, è stata di salire su un taxi in Messico, piuttosto che in Germania, oppure in Egitto, in Est Europa, e sentire alla radio la Pausini. A volte in un bar, in un hotel, mi citano dell’Italia proprio Lei, e le bellezze artistiche del Nostro Paese.
Una donna e madre con una carriera meravigliosa, un reddito da multinazionale, vincitrice di premi prestigiosi come il Golden Globe, il Grammy e moltissimi altri, ascoltata in tutto il mondo, con il più alto numero di ammiratori e di dischi venduti tra gli artisti di casa nostra, e mai dico mai, protagonista di alcuno scandalo, ecco che si tenta di distruggerla a casa propria.
Chi scrive contro di Lei? I soliti odiatori seriali, gente senza arte né parte, aizzata dai falsi perbenisti di una parte politica, e qualche misero attorucolo italiano.
Sono quelli che amano la Ferrragni, Fedez, Elodie, personaggi che fanno notizia solo entro i confini nazionali e nati grazie alla tastiera del computer, mica come Laura che la carriera l’ha costruita seriamente in 30 anni a livello mondiale.
E poi PIF, già il nome sarebbe oggetto di scherno, nato artisticamente grazie ai soldi di Mediaset e di Silvio, il quale si erge a giudice sputando sentenze e veleno, solo perché Laura non ha voluto eseguire un brano musicale caro alla sinistra radical chic italiana.
E se magari quel brano fa cagare anche per Lei? Mica le è stato chiesto di seguire l’inno nazionale, che avrebbe cantato meravigliosamente bene con la sua voce.
Diciamo basta a queste polemiche, spegniamo questi tromboni spiantati, ed omaggiamo chi merita rispetto e fa conoscere il nostro paese come culla di talenti nel mondo.
E non dimentichiamo poi, le varie iniziative umanitarie delle quali si è resa protagonista e promotrice nel mondo.
Tacciano questi delatori, e dimostrino di essere migliori con i fatti, perché con la lingua, siamo tutti premi Nobel.
Come diceva Gesù, nessun profeta è disprezzato se non in patria.
FONTE: https://www.facebook.com/1558891433/posts/pfbid02Ts1LqhC2vRfqB5ghVszopZVEqqKAgQAJ1DyLJZR43a9Z4Bw2kHB1xdsynN4iotrHl/
ECONOMIA
Energia e Povertà
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Energia, guerre ibride e povertà
I Paesi che hanno a disposizione energia, sia per produzione di elettricità sia per trasporti, riscaldamento, lavorazioni industriali, hanno raggiunto avanzati livelli di crescita e vivono in agiatezza. I Paesi che non hanno accesso a energia vivono in povertà, rappresentano un quarto della popolazione terrestre, 2,7 miliardi di persone rimaste allo stato di indigenza, dipendenti da biomasse per prepararsi il cibo. I Paesi avanzati poco o nulla fanno per estendere ai poveri parte dei benefici della loro agiatezza, non si preoccupano di stabilire un minimo di giustizia sociale. È un problema che affligge da sempre l’umanità, è esacerbato dall’aumento della popolazione, la vertiginosa domanda globale di energia, e le continue guerre creano nuove folle di poveri. Le persone maggiormente colpite dal flagello della povertà sono concentrate in prevalenza in Africa (sub-sahariana), Asia meridionale, Caraibi, America centrale e latina.
L’incidenza di povertà viene misurata come indice multi-dimensionale di povertà determinato dal livello di deprivazione generale, da mancanza di sufficiente assistenza sanitaria, di acqua e impianti sanitari. Il rapporto fra mancanza di accesso a energia adeguata e povertà crea un circolo vizioso: le persone che non hanno accesso a energia sono intrappolate nel ciclo di scarsità di mezzi per migliorare le loro condizioni di vita, costrette a impiegare le loro limitate risorse per procurarsi forme di energia inefficienti e insufficienti ai loro bisogni. La condizione di povertà potrebbe essere parzialmente mitigata favorendo l’accumulo, da parte dei poveri, di seppure modesti surplus di mezzi di sostentamento, liberando energie per istruzione, salute, nutrimento, alloggio, acqua pulita, salubrità degli ambienti interni infestati dai residuati da difettosa combustione dell’unica energia di cui dispongono.
La linea assoluta di povertà è convenzionalmente riportata alla disponibilità di almeno $1,25 al giorno pro capite. Ai poveri viene negato l’accesso a opportunità di miglioramento, sono esclusi dalla partecipazione all’avanzamento sociale. L’accesso a energia è essenziale per promuovere crescita economica, opportunità di lavoro, disponibilità di servizi, mentre la mancanza di energia compromette le opportunità di generare dignitosi mezzi di sostentamento. Aspetto tragico della privazione di energia è che essa incide gravemente sulla aspettativa di vita, in particolare dei piccoli, per mancanza di impianti di trattamento e purificazione e la difficoltà di adottare misure igieniche elementari come quella della bollitura dell’acqua. La povertà colpisce le donne più degli uomini perché, a causa degli impegni domestici esse devono rinunciare alle opportunità di istruzione, e l’analfabetismo le rende vulnerabili a disordinate gravidanze precoci e ravvicinate e a elevato rischio di mortalità da parto.
Raramente esistono programmi specificamente riservati alle donne per aiutarle a dedicarsi ad attività redditizie. La Grameen Bank (Bangladesh) istituita dal Premio Nobel Muhammad Yunus, offre aiuti alle donne in modo che si possano finanziare macchinario agricolo e strumenti e tecnologia per attività artigianale. La lodevole iniziativa non ha fatto scuola. Un migliore livello di istruzione sarebbe indispensabile per permetterebbe alle donne di fare sentire la loro voce nelle decisioni politiche. Elettricità durante la notte renderebbe possibile l’erogazione continua di servizi medici, l’uso di macchinari diagnostici, la refrigerazione per conservare le medicine, e per proteggere le donne da elevato rischio di aggressione. L’eccessiva deforestazione compromette la raccolta di biomasse. Le biomasse non sono amiche dell’ambiente, liberano gas serra ma è aspetto trascurabile a livello globale. Le tonnellate annue di CO2 emesse pro capite nei Paesi avanzati sono enormemente più elevate (USA 16,16t, Cina 6,86t).
Le privatizzazioni dell’industria di generazione elettrica danneggiano i poveri. Imprenditori privati si rivolgono ai mercati redditizi, non hanno interesse a servire i poveri: la giustizia sociale non è nelle loro priorità. Dei 192 Paesi del mondo elencati nella graduatoria di energia consumata pro capite primeggiano, fra i primi dieci grandi consumatori, gli Stati Uniti d’America con 11730 kWh. Seguono cinquanta Stati – fra cui (Giappone, Svizzera, Germania, Francia, Russia, Italia, Cina – con consumo di energia che va da 10000 a 3900 kWh. I rimanenti Stati della lista (132) consumano dai 3900 a zero kWh (72 di questi Paesi consumano meno di 1000 kWh (fra cui l’India al 125° posto con 857 kWh), elemento rappresentativo di povertà Ventitre Stati definitivamente poveri hanno un consumo pro capite inferiore a 100 kWh.
Per rendere possibile l’accesso dei poveri all’energia è necessario che la produzione di energia tenga il passo con la crescita della popolazione e della domanda globale. La produzione era di 25000 TWh nel 2016, si stima che sarà di 42000 TWh nel 2050. Come potrà il mondo raggiungere l’obiettivo? Non con le rinnovabili che rappresentano attualmente uno stentato 6% della produzione globale. Le fonti di energia fossili continuano a essere demonizzate (salvo la dilettantesca reazione da girandola della EU) perché eccessivamente inquinanti. Comunque, rappresentano l’80% del consumo mondiale di energia. L’unica fonte di energia moderna e pulita è al momento quella da fissione nucleare (con zero emissione di diossido di carbone). Il mondo aspetta, e si illude di ottenere, effetti stravolgenti con le “solo rinnovabili”. I sognatori rincorrono la chimera del controllo sulla fusione che probabilmente diventerà realtà ma ci vorrà molto tempo di ricerca e tecnologia applicata prima che possa efficacemente contribuire alla soddisfazione della domanda energetica del mondo. I poveri rimangono poveri, il mondo agiato si rassegna all’inazione e si adagia nella perversa attitudine che è “meglio che i poveri non vivano come noi (occidentali) altrimenti l’atmosfera diventerebbe irrespirabile”
Nicola Walter Palmieri
Estratto dalla relazione presentata al convegno ISPG del 15 settembre 2022
Note____________________
1 Monossido di carbonio, ossido di azoto, benzene, butadiene, formaldeide, idrocarburi poliaromatici
2 L’acqua sarebbe anche essenziale per migliorare la resa agricola nelle zone poco fertili.
3 L’idroelettrico sta facendo progressi con grandi centrali cinesi, brasiliane, canadesi. E si parla di un progetto da 40 GW sul fiume Congo. Le idroelettriche erodono i fianchi delle montagne e possono essere nemiche dell’ambiente. (La producibilità annua del Vajont sarebbe stata di 150 MWh)
4 Esiste tecnologia avanzata per costruire centrali alimentate con gas a turbine a ciclo combinato con diminuzione di emissione di diossido di carbonio e centrali con combustione a letto fluido.
5 Dopo entusiasmante esordio, il semi-incidente di Three-Mile-Island e il grave incidente di Chernobyl (dovuto a errore nella manutenzione) gli entusiasmi si raffreddarono e subentrò avversione emozionale. (L’incidente di Fukushima non fu dovuto a malfunzionamento delle centrali nucleari ma alla combinazione di terremoto e maremoto: contribuì ad aumentare l’angoscia). L’Italia, unico Paese al mondo, rese illegali le centrali nucleari ma continuò a comprare dal nucleare francese, assieme alla pioggia radioattiva eventualmente portata dal maestrale, il 15% del proprio fabbisogno. Centrali nucleari sono operative negli Stati Uniti d’America, Francia, Cina, Russia, Giappone e altri Paesi. Svizzera e Spagna hanno annunciato piani per uscire, il Belgio ha rimandato l’uscita, la Germania sembra persistere nella volontà di uscire. La Marina militare americana opera da decenni con portaerei e sommergibili a propulsione nucleare – con venti anni di autonomia – senza incidenti.
FONTE: https://www.civica.one/energia-e-poverta/
Italia impoverita
Elio Lannutti 10 09 2022
Mass media e Cinegiornali Rai Luce, ‘Tg Tele Zelensky’, fanno a gara a manipolare, dissimilare, disinformare l’opinione pubblica che non si bevono le loro frottole, per far ingoiare la pillola amara delle sanzioni ai russi “che stanno funzionando” – come ripetuto ossessivamente da Draghi e dal governo dei migliori soldatini di Biden e NATO- che al contrario stanno impoverendo gli italiani alla canna del gas. Servi !
Bugie da establishment sul crollo della Russia.
Di Alessandro Orsini.
Nessun italiano vorrebbe che la guerra in Ucraina si prolungasse per molti anni come accade in Siria che sanguina ininterrottamente dal 2011. Tuttavia, la strategia del sanguinamento della Russia, una vera e propria strategia geopolitica contenuta nei migliori manuali di guerra, è quella che il blocco occidentale ha deciso di applicare in Ucraina. Il problema è che l’Unione europea deve creare il consenso intorno alla strategia del sanguinamento; deve convincere i cittadini che sia la strada giusta, l’unica percorribile. Il che richiede due condizioni di base.
La prima è la chiusura di ogni ipotesi di dialogo: chiunque parli di “accordo”, “mediazione”, “concessione”, “punto d’incontro” con la Russia, deve essere aggredito e diffamato. La seconda è la distorsione dell’informazione per indurre gli italiani a credere che il crollo della Russia sia imminente. Una volta costruita questa cornice cognitiva attraverso i media dominanti, milioni di italiani si convinceranno che “anche oggi la Russia cadrà domani”. La caduta imminente della Russia, che però non cade mai, fa apparire più razionale la condotta dei “falchi”, un’espressione con cui indichiamo quei leader politici convinti di risolvere la crisi soltanto con le armi, come Biden, Draghi e Stoltenberg.
Proviamo a indicare un caso di manipolazione dell’informazione avvenuto in questi giorni sui media dominanti utilizzando il metodo comparato ovvero confrontando una notizia che riguarda la Russia con una notizia analoga relativa agli Stati Uniti.
La notizia che la Russia starebbe acquistando munizioni dalla Corea del Nord è stata commentata così da un noto settimanale italiano di politica internazionale: “La Russia è chiaramente in difficoltà, sta esaurendo le munizioni”. Stando alle parole del comandante supremo dell’esercito tedesco, Eberhard Zorn, non sembra affatto vero. In un’intervista del 31 agosto scorso, Zorn ha dichiarato che la Russia dispone di uno sproposito di munizioni. L’acquisto russo potrebbe essere spiegato in molti modi. Potremmo ipotizzare che la Russia compri le munizioni nordcoreane per combattere in Siria o perché pianifica un attacco futuro contro la Finlandia o la Georgia sempre più vicine alla Nato, ma i media dominanti hanno concluso che quell’acquisto è la prova che la Russia sta precipitando.
Di contro, i generali americani dichiarano di essere preoccupati perché i loro magazzini si stanno svuotando di armi strategiche regalate agli ucraini. Quelle armi – dicono – devono essere rimpiazzate perché gli Stati Uniti non possono farne a meno. I media italiani non hanno commentato queste dichiarazioni con un drammatico: “Gli Stati Uniti stanno per crollare” oppure “non hanno armi sufficienti per aiutare l’Ucraina”. Una prova ulteriore del fatto che l’informazione in Italia sulla guerra è ampiamente distorta e spesso manipolata proviene dal fronte meridionale ucraino in cui è in atto la controffensiva di Zelensky. Le notizie giunte finora dicono che l’Ucraina non ha le forze per liberare l’Oblast di Kherson o la Crimea. Il Washington Post ha appena pubblicato un servizio in cui intervista nove soldati ucraini mutilati dai russi durante la controffensiva. I nove feriti non possono essere sospettati di avere parlato sotto minaccia di morte da parte dei russi, perché sono ricoverati in due ospedali di Odessa che è sotto il controllo ucraino. Questi soldati dicono che la controffensiva di Zelensky è un fallimento, perché la sproporzione tra le forze russe e quelle ucraine è enorme. Ma questo non può essere detto agli italiani, i quali devono pensare che anche oggi la Russia cadrà domani.
FONTE: https://www.facebook.com/1341911388/posts/pfbid02v6X2bP3LFSkHGGa7zvW8VbLFeDR5xFuCA1RvWhxS3YofhWa9uRZjzP42sTE5j51kl/
“Ecco l’elenco di tutti i risultati (fallimentari) raggiunti con la sua guida”, la controlettera dei sindaci anti-Draghi
Pubblicato il 21/07/2022
Assistiamo ad una presa di posizione da parte di alcuni Sindaci, che si sono espressi a sostegno dell’azione del Governo Draghi, chiedendogli di ritirare le dimissioni.
Avremmo preferito non intervenire, lasciando le considerazioni di merito sul piano personale, ma poiché il dado è tratto non possiamo esimerci dall’esprimere anche il nostro parere che è discordante.
Cari colleghi, Vi ricordiamo che questo è sempre lo stesso Presidente del Consiglio che ha, sin dal suo insediamento, svilito, umiliato e mortificato la rappresentanza parlamentare, rendendo il Parlamento un luogo inutile, ignorando la voce dei cittadini nelle strade e ignorando anche la nostra voce degli amministratori.
GIUSTIZIA E NORME
Vaccino Covid: lede la dignità sospendere la retribuzione
Obbligo vaccinale Covid: atti alla Consulta
Il Tribunale del Lavoro di Brescia, con l’ordinanza del 22 agosto 2022 (sotto allegata) trasmette gli atti alla Corte Costituzionale, ritenendo parzialmente fondate le questioni di incostituzionalità sollevate da un’ostetrica, sospesa dal lavoro e dalla retribuzione dalla datrice e raggiunta dal provvedimento di sospensione da parte del Consiglio dell’Ordine di appartenenza a causa del mancato completamento del ciclo vaccinale obbligatorio per i sanitari per contrastare il Covid. vediamo le ragioni di questa decisione.
Vaccino incompleto: sospesa da lavoro e retribuzione
Un’ostetrica viene sospesa dal lavoro e dalla retribuzione a causa del mancato assolvimento del ciclo vaccinale comprensivo di tre dosi previste obbligatoriamente per contrastare il Covid 19, essendosi sottoposta solo alle prime due dosi.
L’ostetrica decide così, nel ricorso al giudice del lavoro, di eccepire anche la violazione di diverse norme costituzionali, sottolinenando che il sacrificio del diritto al lavoro dovrebbe rappresentare l’extrema ratio, come sottolineato anche dalla Cassazione, tanto più che la stessa è stata sospesa quando ormai lo stato di emergenza era concluso.
Nel ricorso contesta altresì il mancato riconoscimento dell’assegno alimentare, che doveva esserle riconosciuto a causa della sospensione della retribuzione.
Chiede quindi la riammissione in servizio visto che comunque è immunizzata, previo accertamento della illegittima sospensione, la disapplicazione della delibera del Consiglio dell’Ordine e in via subordinata il riconoscimento dell’assegno alimentare, stante la condizione di indigenza dimostrata con documenti.
Dignità della persona lesa
Il Giudice, dopo avere dichiarato la propria giurisdizione, oggetto di contestazione in giudizio, ritiene parzialmente fondate le questioni di incostituzionalità sollevate dall’ostetrica, risolte le quali è possibile procedere alla definizione del procedimento avviato dalla lavoratrice sospesa.
Il giudice ritiene che la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione nei confronti del lavoratore che non intende vaccinarsi è del tutto irragionevole e sproporzionata rispetto allo scopo finale della normativa, soprattutto se non prevede una soluzione alternativa intermedia.
Ricorda poi che “l’articolo 2 Costituzione nel prevedere una particolare tutela dell’individuo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (tra cui rientra in luoghi di lavoro) non sembra permettere l’adozione di misure che possano arrivare sino al punto di ledere la dignità della persona come può avvenire quando alla persona sia preclusa ogni forma di sostentamento per far fronte ai bisogni primari della vita.“
L’articolo 4 comma 5, del decreto legislativo n. 44/2021, che per il periodo di sospensione disposta in virtù del mancato assolvimento dell’obbligo vaccinale, prevede la non corresponsione della retribuzione né di altro compenso o emolumento, appare per il giudice in contrasto anche con l’articolo 3 della Costituzione “a fronte di una condotta non integrante illecito né disciplinare né penale e che riguarda una fattispecie introdotta in una fase emergenziale in un contesto del tutto eccezionale, nega a siffatto personale persino la corresponsione di quell’indennità come un assegno alimentare generalmente riconosciute dall’ordinamento per sopperire alle esigenze alimentari del lavoratore sospeso anche laddove quest’ultimo sia coinvolto in procedimenti penali e disciplinari per fatti di oggettiva gravità, posto che ciò genera una irragionevole disparità di trattamento nei confronti dei soggetti che hanno posto in essere condotte che, proprio per previsione legislativa, sono esenti da alcun tipo di rilievo.”
FONTE: https://www.studiocataldi.it/articoli/22202-se-giri-con-la-marmitta-bucata-rischi-la-multa.asp
Gazzetta Ufficiale: Decreto legge conferisce poteri speciali al Presidente del Consiglio
di Augusto Sinagra – SI È SUPERATA OGNI MISURA – ESTOTE PARATI
Nello stordimento continuo della aberrante politica sanitaria del governo, della guerra tra USA e Russia con la interposta persona del comico ucraino, l’Italia che di fatto e giuridicamente ha dichiarato guerra alla Russia (e la cosa fa più ridere che piangere) e le celebrazioni agiografiche della Signora Elisabetta Windsor (ma in realtà una appartenente alla dinastia tedesca degli Hannover), con dichiarazioni masochistiche che non tengono conto che da sempre l’Inghilterra è stata nemica dell’Italia (e al riguardo basta leggere il libro di Giovanni Fasanella “Il golpe inglese”, scritto sulla base di documenti desecretati degli archivi britannici), il rincoglionimento degli italiani, con l’aiuto della Barbara Durso, ha raggiunto un livello forse irreversibile.
In questo clima di voluto rincoglionimento per mezzo di organi di informazione servili e venduti, è sfuggita l’apparizione in Gazzetta Ufficiale di un Decreto-legge che conferisce poteri speciali al Presidente del Consiglio dei Ministri sulla base di una legge del 2012 che li prevede in materia societaria per il comparto difesa e sicurezza e in materia di trasporti, comunicazioni e altro.
Il Capo dello Stato che firma tutto, ha firmato anche questo Decreto-Legge.
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2022/09/10/gazzetta-ufficiale-decreto-legge-conferisce-poteri-speciali-al-presidente-del-consiglio/
MOLLICHELLA, MOLLICHELLA, SI RISCRIVE LA COSTITUZIONE
Avv. Angelo Di Lorenzo
Avvocati Liberi
Il prossimo 25 settembre si terranno le elezioni che chiuderanno in anticipo la XVIII Legislatura, una delle più travagliate e controverse della storia repubblicana, durante la quale si è proceduto a numerose modifiche della Carta Costituzionale italiana.
Mai come questa volta si sono approvate, nottetempo e senza alcun dibattito popolare e sociale, quattro leggi di riforma costituzionale, due delle quali – la riduzione del numero dei parlamentari e l’abbassamento da 25 a 18 anni dell’età per eleggere i componenti del Senato della Repubblica – avranno un ruolo decisivo in vista della imminente tornata elettorale.
Il Parlamento uscente, però, ha inserito nella Carta anche la “tutela dell’ambiente e degli animali” nonchè la “peculiarità delle isole”.
La norma sulle Isole è stata pubblicata in G.U. il 29 luglio 2022 – data dalla quale può essere fatta richiesta di referendum confermativo entro tre mesi – ed aggiunge un comma dopo il quinto dell’articolo 119 Cost. ove si «riconosce le peculiarità delle Isole» e si promuovono «le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità», svantaggi paradossalmente creati dallo stesso Parlamento che ha approvato il confinamento degli isolani sprovvisti di un lasciapassare, sequestrati senza potersi spostare nella penisola continentale per volontà e ragioni meramente politiche.
Quanto invece all’ambiente ed agli animali, con la legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 si è inserito negli articoli 9 e 41 della Costituzione la tutela delle biodiversità e degli ecosistemi – anche nell’interesse delle future generazioni – che diviene, perciò, uno dei princìpi fondamentali della Repubblica, tale da condizionare o subordinarvi l’iniziativa economica privata che l’art. 41 Cost. limitava solo quando era dannosa o pericolosa per la sicurezza, la libertà e la dignità umana.
Dunque il lockdown, i fallimenti delle imprese e la rovina economica del Paese non erano giustificabili e nemmeno possibili prima della modifica costituzionale la quale, del resto, è servita solo per giustificare quanto lo Stato italiano ha fatto in assenza della norma costituzionale, a dimostrazione della illegittimità del suo operato.
Anche l’abbassamento da 25 a 18 anni dell’età per eleggere i componenti del Senato della Repubblica in modifica dell’art. 58 comma I Cost nonché la riduzione del numero dei parlamentari – da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi – in modifica degli articoli 56 comma II, 57 comma II Cost. sono destinate, come detto, ad avere enorme rilevanza, laddove si individua un numero minimo di senatori per ciascuna Regione o provincia autonoma pari a tre, ad eccezione del Molise (due senatori) e della Valle d’Aosta (un senatore), mentre si fissa a cinque il numero massimo di senatori a vita di nomina presidenziale.
Oltre a quanto “già fatto”, numerose sono le altre proposte di riforma costituzionale avviate nel corso di questa Legislatura.
Tra queste troviamo le seguenti:
A.C. 1173 – A.S. 1089 recante modifica all’articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare
A.C. 1854 per la modifica dell’art. 114 Cost. volta a valorizzare l’autonomia normativa, amministrativa e finanziaria di Roma Capitale
A.C. 2238-A per l’elezione del Senato su base circoscrizionale anziché regionale
A.C. 716 per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica
A.S. 747 – A.C. 3531 per la modifica all’articolo 33 Cost in materia di benessere psicofisico dell’attività sportiva
A.S. 852 per la modifica dell’art. 75 Cost. volta a vincolare il legislatore alla volontà popolare espressa con referendum abrogativo
A.S.1124 per abrogare il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro
A.S.388, per l’individuazione delle priorità di esercizio dell’azione penale
A.C. 3429 e 3541 volte ad istituire un organismo costituente per la riforma della parte II della Costituzione
Mollica, mollichella ci cambiano la Costituzione a spot
FONTE: https://t.me/avvocati_liberi
PANORAMA INTERNAZIONALE
Putin annuncia la mobilitazione parziale: «Il Donbass sarà russo»
Il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto stamani un discorso alla nazione – Reuters
Annunciato ieri, incerto fino a sera, poi rinviato a oggi. Stamani, alle 8 italiane, il presidente russo Vladimir Putin ha rivolto un discorso alla nazione con un video messaggio, preregistrato, trasmesso in tv. Un discorso che segna un’escalation della guerra in Ucraina.
Spazzato il campo da ogni ipotesi di trattativa, in una fase che vede in vantaggio le forze armate ucraine, Putin rivendica l’inevitabilità di quella che insiste a chiamare “operazione speciale”, annuncia la “mobilitazione parziale” dei riservisti russi (“già firmato il decreto”) e il “sostegno” di Mosca ai referendum per l’annessione nei territori ucraini conquistati. L’obiettivo rimane “la liberazione di tutto il Donbass”, a proposito del quale Putin parla di proposito “irremovibile”.
Il capo del Cremlino rilancia al rialzo contro l’Occidente, accusato di voler “indebolire, dividere e distruggere la Russia”. “Nella sua aggressiva politica anti-russa, l’Occidente ha superato ogni limite” sostiene Putin, chiarendo che userà “tutti i mezzi a nostra disposizione” e che coloro che stanno cercando di usare il ricatto nucleare contro la Russia scopriranno che le carte in tavola possono essere rivoltate contro di loro. “Non sto bluffando”, aggiunge.
Il ministro della Difesa Serghei Shoigu, citato dalla Tass, ha spiegato che la mobilitazione parziale prevede il richiamo di 300.000 riservisti, che verranno formati e poi mandati al fronte. Si tratterà di uomini che hanno già servito nell’esercito, con esperienza di combattimento e specializzazioni militari. Sono esclusi i militari di leva. Scopo della mobilitazione, ha detto, è “controllare i territori liberati”. “Non posso fare a meno di sottolineare che oggi combattiamo non solo contro l’Ucraina e l’esercito ucraino, ma contro tutto l’Occidente e la Nato”. Shoigu ha aggiunto che la Russia ha un’enorme risorsa in termini di mobilitazione militare, un bacino di quasi 25 milioni di persone.
«L’Occidente ci ricatta, Kiev non vuole la pace, credo nel vostro sostegno»
Ecco i principali passaggi del discorso rivolto da Putin alla nazione nel video messaggio.
“L’obiettivo dell’Occidente, che non vuole la pace in Ucraina, è l’indebolimento e la distruzione della Russia”. “Nella sua aggressiva politica anti-russa, l’Occidente ha superato ogni limite. Sono loro a ricattarci sull’uso delle armi atomiche. Ma all’Occidente dico: abbiamo tantissime armi con cui rispondere. E useremo ogni strumento per difendere il Paese e il nostro popolo. Non è un bluff”.
L’Occidente che “dice apertamente di aver sciolto l’Urss nel 1991”, ora ritiene sia arrivato “il momento di fare lo stesso con la Russia”.
“L’Ucraina è stata riempita di armi ancora di più” e “unità militari addestrate secondo gli standard della Nato” sono “sotto il comando effettivo di consiglieri occidentali”. Kiev “ha lanciato nuove bande di mercenari stranieri e nazionalisti”.
“Dopo che il regime di Kiev ha respinto una soluzione pacifica al problema del Donbass e ha fatto la sua rivendicazione sulle armi nucleari, è diventato assolutamente chiaro che una nuova, ampia offensiva nel Donbass, come già accaduto due volte in precedenza, sia inevitabile”.
“Lo ripeto, stiamo parlando solo di una mobilitazione parziale. Ciò significa che solo quei cittadini che sono nelle riserve e soprattutto, coloro che hanno prestato servizio nelle forze armate, hanno determinate specializzazioni militari ed un’esperienza rilevante saranno soggetti a coscrizione”.
“È nostra tradizione storica e destino del nostro popolo fermare coloro che cercano il dominio mondiale, che minacciato di smembrare e rendere schiava la madrepatria. È quello che stiamo facendo ora, e credo nel vostro sostegno“.
FONTE: https://www.avvenire.it/mondo/pagine/il-discorso-di-putin-mobilitazione-parziale-obiettivo-donbass
“Come la mobilitazione annunciata da Putin riapre uno spiraglio per il negoziato”
Un titolo e una opinione in controtendenza speculare rispetto all’urlo dei media e dei governi occidentali –secondo cui Putin ha minacciato la guerra atomica – tanto più che è scritto da Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa: per il quale il Cremlino desidera congelare il conflitto, accontentandosi dei territori occupati..
Ma se cliccate sul titolo per leggere il pezzo, ecco cosa appare
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Provate anche voi cliccando qui:
https://www.agi.it/estero/news/2022-09-21/ucraina-russia-discorso-putin-mobilitazione-18159479/
Non esiste più la libertà di pesniero e di opinione.
Insomma, l’Occidente non vuole che si conosca il ragionamento di un esperto militare di primo piano sulle possibilità di negoziato che aprirebbe il discorso di Putin; l’Occidente, non Putin, ha scelto la guerra e vuole guerra fino allo smembramento della Russia in entità sub-statali.
Sappiamo infatti da Avia.Pro che
Ufficiali regolari della NATO e il comando militare americano si trovano nel territorio di Odessa.
Sul territorio della città, infatti, si trova un intero centro di comando, dal quale sono controllate non solo le unità delle Forze armate ucraine, ma anche i vertici delle singole regioni dell’Ucraina.
Secondo i dati presentati, il comando delle truppe ucraine viene effettuato direttamente sotto il controllo del comando militare statunitense e, probabilmente, degli ufficiali della NATO.
“Un ufficiale americano sovrintende al lavoro del governatore della regione di Nikolaev Vitaly Kim e del capo della difesa della regione, il maggiore generale delle forze armate ucraine Dmitry Marchenko, di Odessa, ha detto un rappresentante delle forze dell’ordine della regione di Kherson noi. È stato anche riferito che non vivono a Nikolaev da diversi mesi. Secondo le informazioni preliminari, Vitaly Kim vive in due città: o a Odessa o a Nikolaev. In precedenza, Kim aveva annunciato l’intenzione di chiudere Nikolaev per uno o due giorni “per neutralizzare collaboratori e traditori”. Ha affermato che tutti i residenti erano sospettati “, riporta l’agenzia di stampa TASS.
на: https://avia.pro/news/v-odesse-nahoditsya-amerikanskoe-voennoe-komandovanie-i-oficery-nato
Quello che sembra essere un passo dell’articolo di Gaiani – se lo è – è riportato da sito LR Geopolitica e News. Interessante a suo modo perché dice la impreparazione degli europei a questa guerra americana: :
“L’Ucraina ha fame di mezzi, munizioni e armamenti per sostenere le sue offensive. E mantenere la pressione sui russi ha un significato politico per Zelensky, che è stato molto criticato in patria per le fortissime perdite subite. Gli eserciti occidentali non hanno però quasi più nulla da dare perché, se questa guerra continua, c’è il rischio di un loro coinvolgimento. È una questione di numeri: le forze corazzate delle principali potenze europee hanno un’entità ridicola. L’Italia ha forse 200 carri armati di cui un terzo operativo, la Francia e la Germania ne hanno 250 e non tutti operativi. Nessun esercito occidentale avrebbe la possibilità di reggere un conflitto del genere per più di qualche settimana”.
Lo spiraglio negoziale che vede Gaiani nel discorso di Putin converrebbe molto agli europei. Ma è vietato evocarli. Ma è vietato anche solo conoscerlo.
Sul progetto neocon di smembramento della Russia, può essere istruttivo rileggere questo:
https://www.maurizioblondet.it/per-la-russia-pronto-un-piano-kivunim/ù
I media italioti hanno ben altre notizie da dare:
FAKE NEWS SULLA RAI SMENTITE DALLE GUARDIE DI FRONTIERA FINLANDESI
La RAI condivide video fake sui fantomatici 35km di code al confine tra Russia e Finlandia: “FUGA DALLA RUSSIA – Dopo il discorso di Putin su mobilitazione dei riservisti ed armi nucleari molte persone tentano di uscire dalla Russia”.
https://www.rainews.it/video/2022/09/video-code-di-35-chilometri-al-confine-tra-russia-e-finlandia-51491e95-cc25-43b0-a785-8afa50e0f30f.html?nxtep
Dichiarazione delle Guardie di frontiera finlandesi: “La situazione ai confini della Finlandia non è cambiata con l’annuncio della mobilitazione russa. Sui social media circolano video, almeno alcuni dei quali già girati in precedenza e ora estrapolati dal contesto. Circolano informazioni errate.”
L’Ucraina non è uno stato sovrano
di Antonio Castronovi
Combatte per la causa NATO-USA non per la sua indipendenza.
L’Ucraina non è più uno stato sovrano dal 2014 quando è passata, col golpe di piazza Maidan, sotto la sovranità NATO-USA con il supporto delle milizie banderiste neonaziste e di un governo indicato dall’Ambasciata americana a Kiev, vera regista del golpe. Il governo Zelensky è un governo fantoccio, utile per dare una parvenza di democraticità a quello che è a tutti gli effetti un regime militarizzato e repressivo sotto il tallone delle formazioni neonaziste e della polizia.
Eletto con la promessa di pacificazione con la Russia e di risolvere la questione del Donbass rispettando gli accordo di Minsk e le autonomie di quelle regioni, dopo le elezioni ha cambiato linea di condotta ed ha abbracciato la causa della guerra infinita alla Russia aderendo a tutta l’impostazione nazionalista dell’estremismo ucraino russofobo, fagocitato dagli ambienti NATO e intimidito dalle milizie banderiste.
Tutta l’opposizione politica è stata decapitata, messa al bando o incarcerata, ridotta al silenzio o fuggita dal paese. L’Ucraina non è più una democrazia, è un paese fallito, con una economia fallita, che vive dei sussidi europei e di economia di guerra. L’informazione è militarizzata e i dissidenti, anche giornalisti stranieri che operano nel Donbass, sono iscritti in un albo con tutti i riferimenti anagrafici personali e resi pubblici sulla rete: una vera e propria lista di proscrizione che mette a rischio la loro vita. L’esercito è sotto il comando NATO-USA. Il suo nerbo è costituito dai reparti speciali addestrati dalla NATO e da milizie occidentali camuffate da volontari e mercenari. Il compito assegnato dalla NATO – angloamericana e antieuropea – al popolo ucraino è quello di fare guerra alla Russia e di sacrificarsi per questa crociata fornendo carne da cannone. I soldati sono mandati al massacro contro l’artiglieria russa in numero esorbitante, stile Cadorna durante la Prima guerra mondiale, con l’obiettivo di raggiungere l’obiettivo anche a costo di enormi perdite umane. La conquista della sola zona di Karkov in questi giorni si stima abbia provocato circa 5.000 morti e diecimila feriti nelle file dell’esercito ucraino che affollano gli ospedali dell’Ucraina e dei paesi europei e che viene sottaciuta dalla informazione nostrana e dai suoi giornalisti con l’elmetto in testa.
Il comando, le armi, le tecnologie, le strategie di guerra e le chiavi della pace e della guerra sono nelle mani di Londra e Washington, non di Zelenskji e del suo governo. Per porre termine a questa guerra bisogna scollegarsi da questa catena di comando NATO e rivendicare la piena sovranità politica del nostro paese sulle decisioni che riguardano la pace e la guerra. Ricordiamocelo anche quando andremo a votare. Sulla pace l’Europa non ha voce in capitolo. Non esiste una diplomazia europea. Bruxelles è allineata alla NATO. Non l’ha neanche la Russia, che può solo provare a vincere per raggiungere una pace che garantisca la sua sicurezza. Il generale inverno ci dirà di più.Oppure finirà quando lo vorranno Londra e Washington che non nascondono il loro obiettivo di destabilizzare la Russia e dividersi le sue spoglie. Oppure, in questo caso, arriverà dopo una guerra nucleare, indipendentemente da chi premerà per primo il fatidico bottone. Una pace, questa, non augurabile e da evitare.
L’Italia è in guerra. Diciamocelo senza ipocrisie. Lo è sostenendo in tutte le forme le strategie di guerra della NATO-USA, dalle sanzioni alla Russia all’invio di armi senza il controllo del Parlamento. Lo è con il coinvolgimento emotivo dell’opinione pubblica sulle ragioni della guerra alla Russia, con la militarizzazione dell’informazione e del sistema mediatico tutto con il compito di costruirne il consenso. Lo è accettando le restrizioni nefaste per il benessere dei cittadini causate dalle sanzioni scellerate, utili solo per mettere inginocchio la nostra economia e quella europea.
Questa guerra non ci appartiene. L’Italia non ha nulla da guadagnarci e tutto da perdere. Dire che combattiamo per la libertà e la democrazia in Ucraina è solo una menzogna senza riscontro nei fatti. L’Ucraina non è né una democrazia né uno Stato ormai più sovrano, ma una colonia USA-NATO.
Questa guerra serve solo gli interessi egemonici del mondo anglosassone che oggi sceglie la guerra in Europa per ri-affermarli, come è sempre stato nella sua eterna storia coloniale.
Speriamo anche di no, stavolta.
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/23837-antonio-castronovi-l-ucraina-non-e-uno-stato-sovrano.html
Golpe, le ammissioni di Bolton e il silenzio (imbarazzato e imbarazzante) dell’UE
di Geraldina Colotti
Ipocriti e prezzolati. Così, con la consueta vis polemica che lo caratterizza, il presidente del parlamento venezuelano, Jorge Rodriguez, ha stigmatizzato i media egemonici, che si mostrano stupiti di fronte alle dichiarazioni di John Bolton.
L’ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Donald Trump tra il 2018 e il 2019, ha infatti ammesso che il governo nordamericano “ha aiutato” a compiere colpi di stato in altri paesi. Lo ha fatto rispondendo alla domanda di un giornalista della Cnn, Jake Tapper, a proposito dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021: non si è trattato di un colpo di stato, ha detto, “credete a me che di golpe me ne intendo, avendo aiutato a pianificarli non qui ma in altri paesi”. Per preparare un golpe – ha aggiunto – “c’è bisogno di molto lavoro”, mentre Trump non ha fatto che “saltare da un’idea all’altra, finché ha finito per aizzare i responsabili dei disturbi al Campidoglio”.
Quanto agli interventi in altri paesi – sia rivendicati in precedenza dai funzionari nordamericani, come ha fatto anche Hillary Clinton nel suo libro a proposito del golpe contro Manuel Zelaya in Honduras, sia provati a distanza di anni dai documenti desecretati, come per l’intervento della Cia contro Salvador Allende in Cile – Bolton è rimasto nel vago.
Ha fatto però riferimento al Venezuela: ai tentativi destabilizzanti contro il governo di Nicolas Maduro, culminati con l’operazione Gedeon del 2020. Nel maggio 2020, un gruppo di mercenari provenienti dalla Colombia provò a sbarcare sulle coste venezuelane, ma venne respinto dalla reazione dei pescatori organizzati nel potere popolare, coadiuvati con la Forza armata nazionale bolivariana.
Obiettivo dei paramilitari, fra i quali due ex marine, era quello di arrivare alla capitale, Caracas, sequestrare il presidente Maduro con l’appoggio aereo delle forze nordamericane e dei golpisti locali, ed eliminare un gran numero di dirigenti chavisti. Vale ricordare che, in quel periodo, Trump, in un crescendo di delirio neocoloniale, era arrivato a mettere una taglia sulla testa di Maduro e di altri dirigenti chavisti.
La taglia, come dimostrarono poi in vari servizi giornalistici gli stessi golpisti rifugiati a Miami, in perenne litigio fra loro per la spartizione del bottino, aveva suscitato grandi appetiti, come ai tempi del far west. I piani dei mercenari vennero scoperti e diffusi dopo l’arresto del gruppo di invasori, appartenenti a una compagnia privata della sicurezza, incaricata di tutelare le attività politiche di Trump.
“Sul Venezuela – ha affermato Bolton – ho scritto nel mio libro, però quel tentativo di golpe non è andato a buon fine. Ho visto quel che si doveva fare affinché l’opposizione cercasse di rovesciare un governo eletto in modo illegittimo”. Tanta fatica per nulla, ha ammesso Bolton, rendendo omaggio agli sforzi compiuti per esportare la democrazia modello Usa. Sforzi sprecati perché, ha dichiarato l’alta funzionaria Carrie Filipetti in una lunga e illuminante intervista alla Bbc, i circoli militari non hanno tradito Maduro, e le valutazioni suggerite dalla destra golpista non hanno consentito una strategia efficace.
Filipetti è stata Sottosegretaria di Stato per il Venezuela e Cuba durante la presidenza Trump, a capo di una commissione (di ingerenza) permanente. Nell’intervista, racconta il giorno dell’autoproclamazione dell’oscuro deputato Juan Guaidó, catapultato al rango di “presidente a interim” del Venezuela. E poi spiega in dettaglio, anche se con qualche omissis che contraddice quanto dichiarato pubblicamente da Bolton o da Mark Esper, la criminale applicazione e le vere finalità delle misure coercitive unilaterali, nonché il furto degli attivi all’estero del Venezuela per consentire al loro burattino di distribuire qualche prebenda, facendo finta di maneggiare risorse dello Stato e mantenere la sua pantomima di “governo” virtuale.
L’imperialismo ha dunque dovuto ammettere che non è venuto meno il motore principale della rivoluzione bolivariana, l’unione civico-militare costruita da Chávez e rinnovata per due mandati da Nicolas Maduro. Nonostante i suoi attacchi multicentrici e multimilionari, l’unico fattore che l’imperialismo non ha potuto calcolare, infatti, è stata la coscienza e l’organizzazione di classe, che ha resistito contro venti e maree. La coesione politica, la fermezza sui principi, ancorata alla storia anticoloniale e rivoluzionaria, il bilancio dei tentativi rivoluzionari per rovesciare le “democrazie camuffate” della IV Repubblica, e non le spinte corporative, mascherate da false alternative “antisistema”, sono i fattori che muovono il vero cambiamento. Diversamente, come vediamo tristemente in Europa, e specialmente in Italia, dove la parola comunismo è diventata impronunciabile, la propaganda bellica sortisce i suoi effetti, disorientando le coscienze e i cervelli.
“Sono così abituati a comprare i traditori, che non possono concepire una realtà diversa”, ha detto Jorge Rodriguez, ironizzando sulla descrizione resa da Bolton e Filipetti circa l’impegno messo nell’organizzare la destabilizzazione del paese: “Sembravano descrivere l’attività di un volontario, di un ecologista, di un operatore sociale, mentre stavano pianificando l’uccisione di esseri umani”, ha detto il presidente del parlamento. E il deputato Pedro Infante ha aggiunto: “L’imperialismo Usa, i falchi del governo, sia repubblicano che democratico, continuano la politica di aggressione che si perpetua contro il nostro popolo da oltre due secoli. Ma oggi, il nostro popolo grida: Leali sempre, traditori, mai. Continueremo a vincere”.
Carrie Filippetti, che oggi continua a promuovere “la democrazia” a capo della Ong Vandenberg, disserta a lungo anche sui recenti due viaggi compiuti dalle delegazioni nordamericane in Venezuela, mettendo in rilievo il ruolo del falco James Story, ambasciatore in Colombia, e i piani degli Usa sulle prossime presidenziali del 2024 in Venezuela. Lamenta che l’amministrazione Biden oscilli fra l’interesse a ottenere il petrolio del Venezuela nel contesto del conflitto in Ucraina, che solo la legittima presidenza di Maduro gli può garantire, e l’ossessione di rovesciarlo continuando a sostenere la banda di ladroni inaffidabili su cui hanno puntato gli Usa.
Intanto, è stata resa pubblica una lettera dei familiari dei mercenari detenuti in Venezuela e di alcuni alti funzionari dell’impresa Citgo (succursale di Pdvsa negli Usa), condannati per spionaggio e corruzione. I familiari propongono di scambiare i detenuti statunitensi con il diplomatico venezuelano Alex Saab, sequestrato e deportato illegalmente negli Usa, e con i nipoti di Cilia Flores, dirigente chavista e moglie di Maduro, detenuti in Nordamerica con l’accusa di narco-traffico. Chiedono anche l’alleggerimento delle “sanzioni”, e accusano James Story di aver sabotato i negoziati.
“Story è stato un ostacolo maggiore di Maduro nella possibilità di riportare a casa mio fratello”, ha scritto Mark Denman, fratello di Luke Denman, uno dei mercenari catturati durante la fallita Operazione Gedeon. Altre forti critiche alla delegazione di Biden sono arrivate anche dai social del giornalista e politologo, John Sweeney, che si è unito alle denunce contro Roger Cartens e Story come sabotatori del negoziato. “L’accordo raggiunto con il presidente Nicolás Maduro – ha scritto – è stato cancellato dallo stesso presidente all’ultimo minuto per via di una riunione che James Story e Juan Guaidó, ex-deputato e complice del furto di Citgo hanno tenuto in parallelo alle conversazioni”.
Ipocriti e prezzolati, i media egemonici. Costretti ora a parlare dell’operazione Gedeon, che si sono dedicati a negare, screditando il governo bolivariano e le prove inoppugnabili che produceva, solo per via della “svista” neocoloniale di John Bolton e per le dichiarazioni della solerte Filipetti. Un’ulteriore operazione di smascheramento del ruolo svolto dall’imperialismo nordamericano qualunque sia l’amministrazione che lo guida, e sul sovversivismo delle classi dominanti: che dovrebbe far riflettere le tante anime belle che vedono la Nato e gli Usa come fattori di “progresso”.
“Le dichiarazioni di Bolton indicano che gli Stati Uniti sono il peggior nemico della democrazia e della vita”, ha detto l’ex presidente della Bolivia, Evo Morales, che fu vittima di un golpe con contorno di false denunce per frode e dell’“autoproclamazione” di Janine Añez, nel 2009. Per il ministero degli Esteri cinesi, non c’è da stupirsi, perché l’ingerenza degli Usa negli affari interni di altri paesi e i tentativi golpisti sono “prassi corrente”. La portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharaova, ha invece chiesto un’indagine internazionale, per conoscere in quali altri paesi gli Stati Uniti abbiano pianificato colpi di Stato.
Silenzio, invece, da parte dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera di sicurezza, Josep Borrell, particolarmente loquace e attivo nella politica di ingerenza contro il Venezuela, e grande sponsor dei golpisti venezuelani.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-servizi_segreti_usa__irrompono_nelle_elezioni_italiane_e_votano_pd/39130_47362/
MA PUTIN È UN GRANDE GIOCATORE DI SCACCHI
Tonio De Pascali 14 09 2022
Allora: è fuor di dubbio che l’Ucraina stia avanzando ad incredibile velocità nei territori conquistati dai Russi nei mesi precedenti.
E’ fuor di dubbio perché oramai lo dichiarano a denti stretti anche i Russi.
Per non saper né leggere né scrivere e non avendo studiato Strategia militare, mi chiedo, così da profano che non crede minimamente ai salti di gioia persino di Draghi:
– i Russi hanno i satelliti e le spie come la Cia e dunque sapevano che si stava preparando la contro-offensiva, dunque, non possono raccontare di essere stati presi alla sprovvista
– i Russi da due mesi oramai avanzavano molto lentamente, un chilometro al giorno, e non perché incontrassero resistenza ucraina
– i Russi hanno lasciato sguarnite le posizioni oggi riconquistate dagli Ucraini.
– I Russi stanno reagendo scompostamente, continuando a non utilizzare le armi moderne di cui dispongono e continuando ad opporre alle nuovi armi regalate dall’Occidente all’Ucraina carri armati fabbricati nel 1962
– Persino il leader ceceno, che sta arrivando con i suoi Lupi, s’è permesso di criticare la strategia o meglio la mancanza di strategia russa
– I Russi non reagiscono: se volessero, potrebbero bombardare a tappeto con i missili moderni l’Ucraina dell’est facendo ritirare immediatamente i soldati ucraini. Ma non lo fanno.
– E’ ovvio che Putin ed i suoi non sono così scemi ed handicappati così come raccontano i cartoni animati dell’Occidente. E’ ovvio. Perché se fosse così gli Usa avrebbero invaso la Russia da anni.
Ed allora? che sta succedendo?
qual è la tattica russa? E’ ovvio che ne hanno una ma qual è?
Non certo quella di ritirarsi dopo tutto l’ambaradan combinato fino ad oggi. E questo lo sa persino quel deficiente di Zelensky oggi fortunatamente scappato ad un incidente stradale in cui però è rimasto ferito (domanda: ma si può andare per auto per la città con tanta scorta iper-armata, come fanno vedere in tv, e poi cadere vittima di un ” casuale 🙂 🙂 incidente stradale”? Stiamo parlando di un Capo di Stato che gode di tutto l’appoggio logistico della Cia, mica del Di Maio).
Zelesnsky dice addirittura che si riprenderanno la Crimea.
Ma davvero lo pensa e così la pensano i suoi generali addestrati segretamente dalla Nato negli anni passati?
Stiamo a vedere. Una cosa è certa: come ieri non credevamo alle panzanate di Zelensky e dei media occidentali così dobbiamo continuare a non crederci oggi.
Ma tutti, pure Zelensky, sanno che l’uomo dagli occhi di ghiaccio è un ottimo giocatore di scacchi e chissà cosa ha in serbo.
Buona visione.
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid02iyk98EvYCE2WmbjN5Fm4mK5HeDCWxZKawPJSqQ8yAwyaBoaME2yegJUUxjAfYBGQl&id=100015824534248
Omicidio Dugina, arriva la rettifica della Santa Sede
Le parole di Papa Francesco sulla guerra in Ucraina “vanno lette come una voce alzata in difesa della vita umana e dei valori connessi a essa, e non come prese di posizione politica”. In particolare sulla “guerra di ampie dimensioni in Ucraina, iniziata dalla Federazione Russa, gli interventi del Santo Padre sono chiari e univoci nel condannarla come moralmente ingiusta, inaccettabile, barbara, insensata, ripugnante e sacrilega”. Lo afferma la Santa Sede in una nota, dopo le polemiche dei giorni scorsi per le parole del Pontefice nei confronti di Daria Dugina “vittima innocente della guerra”.
SCIENZE TECNOLOGIE
In arrivo IDPay: la piattaforma della schiavitù digitale
Marcello Pamio – 19 luglio 2022
Già a marzo 2022 il ministro dell’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao al forum ANSA aveva dichiarato: “Stiamo pensando ad una piattaforma per l’erogazione di tutti i benefici sociali, il nome provvisorio è IDPay, tutto direttamente in digitale, addirittura in pagamento anticipato, senza bisogno di dover anticipare i soldi, venire riconosciuti nel punto vendita e ricevere l’ammontare di bonus di voucher grazie alla piattaforma” e si può partire “già da quest’anno”.
Vogliono entro il 2022 arrivare ai pagamenti e ai servizi digitali con IDPay, una piattaforma che permetterà ai sudditi di accedere ai bonus e alle misure di sostegno del governo. Quindi per accedere all’elemosina di Stato, alle erogazioni dei bonus pubblici servirà la piattaforma, altrimenti cazzi vostri.
Attenzione perché questa è la dolce carotina, il bastone nel didietro va ben aldilà degli spiccioli del regime, e della ridicola lotta all’evasione, perché si inserisce in un piano più ampio che ha già visto la nascita di PagoPa (che gestirà IDPay), la «piattaforma dell’interoperabilità» dove tutte le pubbliche amministrazioni come Agenzia delle Entrate, Anagrafe, Ministero dell’Interno e Inps agganceranno i propri dati. Avete capito cosa c’è sotto? Il quadro inizia a prendere forma se vi dico che a tale sistema confluiranno anche i dati della cartella sanitaria elettronica, dello status vaccinale e delle eventuali pendenze giudiziarie? Non si tratta solo della società cashless priva di contanti, ma è l’inizio della digitalizzare della Vita umana! E’ schiavitù digitale all’ennesima potenza!
L’uomo non sarà più un cittadino, ma un ID, un codice digitale: i cui diritti potranno essere attivati o disattivati semplicemente da una tastiera di un pc o peggio ancora da un algoritmo di una Intelligenza Artificiale! E’ l’apoteosi del controllo sociale!
Questa dittatura digitale va impedita con ogni mezzo…
FONTE: https://disinformazione.it/2022/07/19/in-arrivo-idpay-la-piattaforma-della-schiavitu-digitale/
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