LE DODICI FINESTRE

LE DODICI FINESTRE

Manlio Lo Presti

 

 

 

 

 

 

 

 

Il titolo di questo romanzo breve fa riferimento ai dodici capitoli in cui è suddiviso il testo, ma è anche l’arco di tempo di dodici anni dalla morte della amata Mara. Fa pensare al titolo di un romanzo di Perez-Reverte e ad una certa letteratura gotica, ma lo scenario qui è diverso. È in gioco la memoria, il ricordo, il distacco affettivo e le emozioni che vi sono collegate. Un insieme di stati della coscienza che spesso non è facile governare con fermezza.

Il romanzo ci racconta di un percorso di asciugamento del proprio ego dalle incrostazioni dei pregiudizi. Al protagonista viene chiesto di liberarsi ogni mese di un aspetto del proprio carattere. La spoliazione è un metodo per indurre il protagonista ad andare verso sé stessi, nel centro privato della corazza indossata fino al giorno della scomparsa della amatissima moglie. Non sveliamo la conclusione che induce a riflessioni interessanti.

In questa epoca dove i testi sono conseguenza di pensieri smozzicati, di contenuti intermittenti, di messaggini frettolosi costruiti come i pensierini della seconda elementare, l’Autore ha uno stile elegante. Cura la lingua italiana che non è solo comunicazione, ma anche ornamento e suono. Il testo non cede al vittimismo che è oramai la cifra del tempo presente. Le preziosità stilistiche e lessicali non appesantiscono la lettura e diventano invece strumenti per attivare la fantasia e il pensiero dei lettori.

La forza di questa novella lunga e romanzo breve è nell’assenza di rancore, di risentimento o di pentimento. La compagnia eterea della Dama perduta sviluppa un rapporto improntato sul rispetto e sulla tenerezza rispetto al tema della elaborazione del lutto. L’Autore riesce ad evitare evitando il facile scivolamento nella lacrima, con il rischio di cadere in una trama lagnosa e quindi troppo prevedibile.

Rispetto e tenerezza sono le chiavi di lettura del libro. Possiamo leggere lunghe descrizioni e riquadri emotivi che non si trasformano mai nel pietismo. Si percepisce la fruizione di letture di grandi autori, in particolare quelli ottocenteschi italiani e russi. Un filone letterario che ha privilegia l’attentissima esplorazione dei recessi dell’anima umana.

Questa “opera prima” è di gradevole lettura e dà respiro interiore.

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