NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
26 NOVEMBRE 2018
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Una religione è condannata,
confessa la sua definitiva impotenza,
il giorno in cui brucia il suo primo eretico.
EZRA POUND, Dal naufragio d’Europa, 2016, Neri Pozza, pag. 83
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
Il ritorno all’Operazione Togliatti
LA MALATTIA DEGLI ULIVI ERA TUTTA UNA TRUFFA! 1
MANOVRA: PROCURA ROMA APRE FASCICOLO SU DICHIARAZIONI MOSCOVICI E OETTINGER 1
Marcello, il divo della porta accanto… 1
In Germania hanno vietato ai bambini di scrivere le lettere a Babbo Natale
Nessuno vuole vivere in un posto di merda 1
Soros sposta la sua università e mette nel mirino l’Italia sovranista 1
L’Italia non può prescindere dal mare Quale deve essere la sua strategia? 1
Quella linea sempre più sottile tra difesa e sicurezza interna 1
Iran – Lo sviluppo della tecnologia difesa/offesa 1
Trapelato audio di John Kerry che rivela, il via libera al potere di ISIS , per ordine di Obama 1
I terroristi continuano a pianificare un attacco di falsa bandiera (FALSE FLAG) chimico a Idlib in Siria
Riprendiamoci Aristotele
Anonymous rivela: agenti segreti inglesi conducono guerra ibrida in UE
I disastri della dottrina ‘responsability to protect’ 1
È in corso l’esproprio dei figli?. 1
Ecco i nomi delle aziende italiane che mangiano sulle guerre
Avvocati e giuristi uniti: «Siamo noi l’argine che ferma il populismo». 1
Abruzzo, Ball Beverage licenzia 70 operai dal giorno di Natale. 1
Petrolio ed economia: ecco le priorità per la Libia 1
NON ESISTONO SOLUZIONI TECNICHE MA SOLO SCELTE POLITICHE. 1
I campioni dei sovranisti: sono Enrico Mattei e Giovanni Paolo II
In USA trovato serbatoio di virus mutanti
Cina, in libreria il primo volume di poesie scritte dall’intelligenza artificiale 1
EDITORIALE
Il ritorno all’Operazione Togliatti
Manlio Lo Presti – 26 novembre 2018
Il disordine istituzionale persiste in Italia. La confusione dei ruoli, il vuoto istituzionale e quindi l’occupazione degli spazi da parte di altri poteri dello Stato sono fatti quotidiani. Un caos che persiste perché voluto con determinazione e con scientifica perizia dalla cabina di regia che sovragestisce la ex-italia da oltre un secolo.
In questa fase, che si protrae da tempo per i motivi ormai noti, il ramo giudiziario estende con feroce determinazione la propria influenza pesante nell’area del potere politico quasi in stato comatoso. L’espansione è in stile frontale e da Gengis Khan, sorretto da una fideistica certezza di essere sempre dalla parte della ragione.
Il gruppo giudiziario de’ noantri adesso si erge a diga contro il populismo. Come tutte gli altri soggetti politici che hanno la responsabilità – non ancora punita duramente (e qui si farebbe giustizia, ancora e volutamente mancata) – di aver portato la ex-italia verso la distruzione:
Economica
Sociale
Umana
Culturale
Scolastica
Sanitaria
Lavorativa, con precariato al 90percento spacciato per posto di lavoro, come detta una ipocrita statistica
che evita accuratamente il dato ponderato,
che evita la durata dei c.d. posti di lavoro (la distinzione fra lavoro fisso e quello temporaneo evidenzierebbe il dramma e la macelleria sociale ancora in atto nel nostro martoriato Paese)
che evita il tasso di investimento formativo (a che serve ad un precario che poi va buttato via come la carta straccia?).
Salvo poche eccezioni subito tacitate, NESSUNO PROCEDE AD UNA ANALISI ACCURATA DELLA SITUAZIONE POLITICA PRECEDENTE E DELLA SUA CLASSE POLITICA COME RESPONSABILI DELL’ATTUALE QUADRO POLITICO E DELLA NASCITA DELLA ATTUALE MAGGIORANZA DI GOVERNO, COME CAUSA TRENTENNALE DELL’ATTUALE INSODDISFAZIONE SOCIALE CHE STA SCIVOLANDO NEL CAOS!
Cosa viene invece fatto per capire cosa accade? Si risponde con l’accusa e la demonizzazione di coloro che non hanno votato i partiti usciti.
Si azzarda l’ipotesi che coloro che hanno votato gli attuali partiti di governo sono dei deficienti con presenza di disturbi mentali (chi vota a destra è malato di mente) sostenendo questa tesi con le teorie di sconosciuti professori (americani, ovviamente).
Si azzarda sfacciatamente un disprezzo e un odio verso la popolazione che non ha votato i neomaccartisti proponendo che sarebbe rapidamente necessaria una vasta campagna di rieducazione dei populisti, con scuole opportunamente gestite dai buonisti antifa quadrisex, con l’aiuto di professoroni universitari che ingenuamente o furbescamente si sono fatti coinvolgere nelle indecorose e teleguidate (democraticamente, ovvio!) sedici o diciotto trasmissioni politiche di prima serata diffuse dalla corporazione monolitica a senso neomaccartista costituita dalle 40-50 reti televisive, in gran parte foraggiate dalla Presidenza del Consiglio.
Nessuno, ripeto, nessuno, procede ad una analisi sociale, economica, storica, politica che ha provocato il cosiddetto VOTO POPULISTA al quale va risposto invece con una ferma volontà di sterminio giustificato dal fervore della guerra santa del politically correct, del disprezzo di quei merdosi che hanno avuto la sfacciataggine di non votare i partiti uscenti che stavano lavorando #nellinteressedegliitaliani, SEMPRE!
L’opzione totalitaria antidemocratica NWO di educazione dei subumani che hanno votato populista è inoltre fiancheggiata dalla ombrosa corporazione giudiziaria. Il gruppone giustizialista ad intermittenza, per il tramite zelante del suo organo di stampa IL DUBBIO, ipotizza la creazione di squadre di giudici, insegnanti che vadano nelle scuole ad “informare” sui danni del populismo da arginare e da sterminare (un giornalista buonista ipotizzò apertamente, in un canale televisivo fiancheggiatore esterno in una rubrica di prima serata ben gestita da una vivace e solerte giornalista, la necessità di scalzare questo governo con la forza!!!)
Ebbene, nel corso di una trionfale assemblea descritta con insolita solerzia in un articolo che si può leggere qui:
i pretoriani della giustizia ad intermittenza preconizzano una campagna di evangelizzazione da attuare nelle scuole.
Così facendo, portano allo scoperto la realizzazione – gestita dall’alto di una regia esperta e in forma rammodernata – della OPZIONE TOGLIATTI per la colonizzazione e il lavaggio del cervello degli studenti!
Una opzione che ha condotto alla demolizione del sistema scolastico trascinando nel caos il nostro Paese infettato da una susseguente e fortemente voluta epidemia di deficit cognitivo di massa causata da una scuola che non deve insegnare nulla e soprattutto, non deve insegnare a pensare!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
P.Q.M.
Aspettiamoci altre imminenti devastazioni sociali, scolastiche, bancarie, economiche, sanitarie, politiche, ATTI DI TERRORISMO CON CENTINAIA DI MORTI, secessione in tre tronconi del territorio, sempre teleguidate dai piani alti atlantici.
Come ripetuto da Churchill più volte, “l’Italia deve rimanere in stato comatoso, ma non al punto di crollare, in quel caso interverremmo noi” (gli inglesi).
Il compito principale della penisola è quello di pagare interessi su un debito che tutti additano ma che in Europa nessuno vuole veramente risanare perché arricchisce le banche nordeuropee e di non interferire sul banchetto in corso nel Mediterraneo.
SEMPRE #NELLINTERESSEDEGLIITALIANI, OVVIO!
NE RIPARLEREMO …
IN EVIDENZA
LA MALATTIA DEGLI ULIVI ERA TUTTA UNA TRUFFA!
6 GENNAIO 2017 RILETTURA
Svolta nell’inchiesta della Procura di Lecce sulla diffusione del batterio Xylella fastidiosa. Sono dieci i nomi che sono stati iscritti sul registro degli indagati. Tra loro, oltre a funzionari della Regione Puglia, ricercatori del Cnr e dello Iam e componenti del Servizio Fitosanitario centrale, c’è anche Giuseppe Silletti, comandante regionale del Corpo Forestale, nelle vesti di commissario straordinario per l’emergenza fitosanitaria. Rispondono dei reati di diffusione colposa di una malattia delle piante, inquinamento ambientale colposo, falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, getto pericoloso di cose, distruzione o deturpamento di bellezze naturali.
I nomi sono riportati nel decreto con cui le Pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci dispongono il sequestro preventivo d’urgenza di tutte le piante di ulivo interessate dalle operazioni di rimozione immediata come previsto dal Piano Silletti e individuate nell’ordinanza del commissario del 10 dicembre scorso. Sottochiave sono finiti anche tutti gli ulivi interessati dalla richiesta di rimozione volontaria “sulla base del verbale dell’Ispettore fitosanitario, in cui si rileva la presenza di sintomi ascrivibili a Xylella fastidiosa”, in esecuzione alle previsioni della nota di Silletti del 3 novembre scorso. Inoltre, sono sequestrate tutte le piante di olivo già destinatarie dei provvedimenti di
Continua qui: http://www.informazionelibera.eu/?p=1462
MANOVRA: PROCURA ROMA APRE FASCICOLO SU DICHIARAZIONI MOSCOVICI E OETTINGER
LA DENUNCIA: HANNO MANIPOLATO I MERCATI. INDAGINI DEL PM RODOLFO MARIA SABELLI.
Francesco Palese 23 novembre 2018
(MB. Ma davvero c’è un giudice a Berlino? Pardon, a Roma?)
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo in merito alla denuncia per aggiotaggio e manipolazione del mercato contro i commissari europei Pierre Moscovici e Guenther Oettinger, presentata dai giornalisti Francesco Palese e Lorenzo Lo Basso.
“Alcune dichiarazioni dei due commissari – secondo i denuncianti – avrebbero pesantemente turbato i mercati italiani, facendo salire lo spread”. L’indagine è affidata al Pm Rodolfo Maria Sabelli. Lo rendono noto gli stessi Palese e Lo Basso.
“Nelle ultime settimane – si legge nella denuncia depositata il 24 Ottobre scorso – – alcune dichiarazioni dei commissari europei Pierre Moscovici e Guenther Oettinger hanno pesantemente turbato i mercati italiani. Dichiarazioni rese alla stampa (non quindi comunicazioni ufficiali come il loro ruolo istituzionale imporrebbe) a mercati aperti che hanno manifestamente modificato l’andamento degli stessi, incidendo in modo significativo sulla fiducia e l’affidamento che il pubblico pone della stabilità patrimoniale di banche e gruppi bancari, alterando contestualmente il valore dello spread italiano. Tali dichiarazioni sono state rese PRIMA che detti commissari ricevessero l’intera documentazione da parte del Governo italiano, avvenuta in data 16/10/2018 con il Documento programmatico di bilancio. In tal modo hanno diffuso notizie false e posto in essere operazioni simulate sulle conseguenze per l’Italia da tale manovra di bilancio provocando l’alterazione del prezzo di strumenti finanziari (violazione art. 185 TUF E ART. 501 C.P.) Lo Spread, che incide sui risparmiatori italiani, è infatti cominciato a salire. Si consideri che a fine Settembre era sul livello di 240 punti mentre è cominciato a salire vertiginosamente unitamente alle dichiarazioni dei due funzionari.
Nella denuncia vengono citate le dichiarazioni di Moscovici dello scorso 28 Settembre alla tv francese Bfm, riprese dalle agenzie di stampa italiane alle ore 10. “Fare rilancio economico – disse Moscovici – quando uno è indebitato si ritorce sempre contro chi
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ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Marcello, il divo della porta accanto…
All’Ara Pacis di Roma “Mastroianni”, un ritratto intimo del grande attore
Mario Monicelli osservò che «la sua silhouette così discreta, senza parole inutili, così autoironica, ha portato nel mondo intero un’idea della nostra civiltà, della nostra cultura, che ben pochi altri hanno saputo offrire con la stessa eleganza».
La mostra Mastroianni – fino al 17 febbraio 2019 al Museo dell’Ara Pacis di Roma – offre un ritratto intimo e personale del grande attore che, pur occupando un posto d’onore nell’immaginario collettivo di più generazioni e rappresentando indiscutibilmente un divo dalla statura internazionale, ha saputo coltivare senza remore “uno stile nell’ombra, senza eccessi, senza abusi, preferendo le riflessioni interiori”, con quell’umiltà caratteriale che gli permise di imparare – e successivamente rielaborare – la lezione di grandi interpreti quali Totò, Tyrone Power, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Jean Gabin, Amedeo Nazzari e, in particolar modo, Fred Astaire, del quale ammirava la capacità di recitare con tutto il corpo, specificamente consona al mezzo teatrale.
«Non si recita con tutto il corpo, – evidenziava Mastroianni – al cinema; a teatro sì. A me dispiace, perché il corpo ha una sua funzione precisa, esprime un atteggiamento del personaggio, esprime anche uno stato d’animo».
Non a caso, proprio nel teatro Mastroianni mosse i suoi primi passi, scoperto giovanissimo da Luchino Visconti – «Luchino mi ha insegnato buona parte di quello che so… Mi sento privilegiato, perché sono entrato dalla porta d’oro del teatro» – ma, proprio quando sembrava che il teatro potesse plasmarne il destino – e infatti non se ne separerà mai, fino all’esito estremo costituito dallo spettacolo Le ultime lune, che debuttò al Teatro Goldoni di Venezia il 10 novembre 1996, circa un anno prima della scomparsa – la chiamata di Federico Fellini sparigliò le carte. «Vissi un dubbio atroce, – ammise l’attore – però alla fine optai per il cinema».
Assecondò così fino in fondo la smania di recitare che non lo abbandonava fin da quando era un ragazzo.
Confidò infatti in diverse interviste: «Da che mi ricordo, ho sempre voluto essere un attore», per poi stemperare: «Magari per vanità, per civetteria, per caso o forse per necessità».
Attraverso foto, cimeli, filmati e testimonianze – attingendo anche agli stralci di interviste rilasciate per il documentario di
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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
In Germania hanno vietato ai bambini di scrivere lettere pubbliche a Babbo Natale
25.11.2018
Le autorità della città tedesca di Rot, Baviera, hanno vietato ai bambini di appendere le lettere di Babbo Natale sull’albero di Natale a causa delle nuove leggi dell’Unione Europea sulla privacy, scrive il Daily Mail.
Il problema è che i bambini di solito scrivono non solo i loro desideri, ma anche il loro nome, età e indirizzo in modo che Babbo Natale sappia dove consegnare i regali. Per legge, le autorità devono ottenere un’autorizzazione scritta dai genitori di ogni bambino che
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BELPAESE DA SALVARE
Nessuno vuole vivere in un posto di merda
Paolo Rebuffo 24 novembre 2018
Ho dato un’occhiata ad un ottimo servizio statistico fornito da Istat:
http://demo.istat.it/index.html
Anzi devo confessare che sono parecchi mesi che lo studio dei dati che ci ho trovato dentro è diventato un hobby (si lo so ho hobby perversi), la questione generale è questa:
- L’Italia è in pieno declino demografico
- C’è ancora un flusso di immigrati non italiani che bilancia un pochino la differenza tra italiani morti e nati vivi.
- Ma … c’è una grande differenza fra posti ancora decenti e posti merda. Una parte d’Italia è ancora capace di attirare persone e crescere, una parte d’Italia va verso la desertificazione
Il terzo punto è quello interessante, almeno per me.
Sono nato è ho vissuto per circa 40 anni in un posto di merda, il peggiore in assoluto del nord Italia, anzi, dal punto di vista demografico il peggiore d’Italia e il settimo peggiore del mondo.
Genova
Genova è una città schifosa nel senso letterale del termine, sporca, puzzolente, dissestata, invasa da animali e vegetazione, con strade da terzo mondo e rappezzate, inquinata, in pieno declino economico, sociale e demografico. Non sorprende che le persone che hanno la forza e quindi l’età di andarsene lo fanno, neppure sorprende la mancanza di voglia di fare famiglia a Genova.
Le statistiche demografiche sono impietose.
In generale l’Italia sta vivendo una lieve decrescita demografica che tende ad accentuarsi nel tempo, tuttavia se guardiamo le statiche area per area ci accorgiamo di un fatto piuttosto logico.
Il declino demografico avviene nei posti di merda, e per “posto di merda” intendo luogo che per una serie di ragioni è diventato inospitale per avere una vita decente.
Se guardiamo questa statistica sul link: https://www.tuttitalia.it/statistiche/nord-centro-mezzogiorno-italia/ osserviamo che il tasso di “spopolamento” dell’Italia è enorme e tende a salire al sud, abbastanza rilevante al centro, quasi insignificante al Nord.
Se però andiamo a guardare dentro le statistiche regione per regione, e città per città ci accorgiamo che tolti i “terroni del nord” ovvero i liguri il Nord Italia cresce ancora, attira persone dalle altre parti d’Italia o dall’estero mentre
Continua qui: http://funnyking.io/?p=2575
Soros sposta la sua università e mette nel mirino l’Italia sovranista
22 novembre 2018 – Roberto Vivaldelli
Che correlazione c’è fra i recenti attacchi alla manovra economica italiana del giovane cancelliere austriaco Sebastian Kurz e il suo incontro a Vienna con il controverso finanziere George Soros e suo figlio Alexander? Ufficialmente il meeting è servito per discutere nei dettagli il trasferimento della Central European University da Budapest alla capitale austriaca, a causa delle tensioni con il presidente ungherese Viktor Orbàn, che ritene intollerabile la propaganda che Soros e la sua Open Society Foundations fanno per promuovere l’ideologia globalista.
Con il cancelliere austriaco, però, che è anche presidente del Partito Popolare austriaco, i Soros hanno sicuramente discusso anche di altro: di Europa, Brexit, immigrazione, integrazione dei Balcani. A confermalo lo stesso Alexander Soros su twitter: “Grazie al cancelliere austriaco @sebastiankurz per aver ricevuto mio padre e me a Vienna. Abbiamo discusso il futuro del @ceuhungary in Austria e una serie di altre questioni, inclusa l’integrazione dei Balcani occidentali”. Secondo il Kurier, il primo a dare la notizia dell’incontro di Vienna, il cancelliere e il finanziere si sarebbero trovati d’accordo sulla Brexit ma non – e questa era chiaro – sulla gestione del fenomeno migratorio.
L’Italia sovranista contro il finanziere
E in tutto questo cosa c’entra l’Italia? Nessuno potrà mai sapere se si tratta solo di dietrologia o il nostro Paese è stato effettivamente uno degli argomenti affrontati a Vienna. Certo è che il cancelliere austriaco, che anche è il presidente di turno del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo, ha affrontato temi di interesse nazionale ed europeo con un privato cittadino , per quanto influente, che ha dichiarato “guerra” sin dal primo giorno al governo giallo-verde. “Sono molto preoccupato della vicinanza del nuovo governo alla Russia – aveva dichiarato il finanziere al festival dell’Economia di Trento la scorsa estate.
“Quelli del nuovo governo hanno detto che sono a favore della cancellazione delle sanzioni contro la Russia. Putin cerca di dominare l’Europa, non vuole distruggerla ma sfruttarla perché ha la capacità produttiva, mentre l’economia russa sotto Putin può solo sfruttare le materie prime e le persone. È una forte minaccia e sono davvero preoccupato”.
Di recente, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha puntato il dito proprio contro il magnate: “Se volessi pensare male – ha detto Salvini al convegno dell’Ugl – direi che dietro lo spread di questi giorni c’è una manovra di speculatori alla Soros che puntano al fallimento di un Paese per comprare le aziende sane rimaste, a prezzi di saldo. A nome del governo dico che non torneremo indietro. Chi vuole speculare sull’economia italiana sappia che perde tempo”.
Le ong finanziate dall’Open Society in Italia
Sta di fatto che, come spiega Italia Oggi, negli ultimi anni l’attività del finanziere nel nostro Paese attraverso l’Open Society Foundations è aumentata notevolmente: ogni anno, il budget della Fondazione Soros a livello mondiale è di un miliardo di dollari, di cui il 10% viene speso in Europa. In Italia arriva il 2,5% del budget europeo, per un totale di 2,1 milioni di dollari nel 2017.
Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/soros-sposta-la-sua-universita-mette-nel-mirino-litalia-sovranista/
L’Italia non può prescindere dal mare
Quale deve essere la sua strategia?
23 novembre 2018 – Lorenzo Vita
Gli interessi strategici italiani passano inevitabilmente attraverso il mare. E l’Italia non può fare a meno di riflettere sulla propria strategia marittima e sul ruolo che deve avere nel Mar Mediterraneo. Un fattore troppo spesso sottovalutato, dato quasi per scontato. Come se il mare interessasse solo il settore esclusivamente marittimo, senza capire che invece è il mare, con i suoi collegamenti, i suoi fondali, i suoi porti, le sue rotte e le sue risorse a essere il vero fulcro della nostra economica e delle nostre strategie.
L’Italia non può prescindere da una strategia navale. Non lo può fare né da un punto di vista economico, né da un punto di vista militare, né, in definitiva, politico. Proiettati al centro del Mediterraneo, siamo necessariamente connessi al mondo attraverso le vie di comunicazione marittime. Che oggi presentano sfide anche legate alla sicurezza nazionale e internazionale, come dimostrato anche dalle diverse crisi che si sono sviluppate nel bacino mediterraneo e in altri mari dove è impegnata la nostra Marina miliare.
L’idea che il mare debba essere al centro delle politiche di sicurezza ed economiche dei governi italiani è stata confermata anche nell’incontro per i 150 anni della Rivista Marittima, organo di informazione che permette di valutare la strategia navale del nostro Paese. Un incontro che, alla presenza del Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Valter Girardelli, è servito non solo per celebrare i 150 anni della rivista, ma anche per soffermarsi sull’importanza del mare per il nostro benessere e per la nostra sicurezza. Il mondo ha nel mare la sua più grande via di comunicazione e di accaparramento di risorse.
Proprio per questa ragione, il mare presenta non solo certezze, ma anche sfide. Da un punto di vista commerciale, è del tutto evidente che per l’Italia prescindere dai porti e dalle rotte marittime è impossibile. L’Italia è fra i primi Paesi dell’Unione europea per traffico commerciale marittimo: i dati Eurostat del 2016 parlavano del 61% del nostro traffico commerciale con Paesi terzi effettuato via mare (66,6% di importazioni e circa il 56% per quanto riguarda le esportazioni). Il nostro sistema portuale e mercantile movimenta un numero di tonnellate di merci tale per cui è impossibile non considerare il mare come elemento imprescindibile della nostra economia che va ben al di là del nostro semplice comparto marittimo. È l’intero sistema commerciale del Paese a dipendere, in buona parte, dal Mediterraneo.
Ed è anche per questo che è necessario che le amministrazioni si concentrino sul potenziamento dei porti e delle infrastrutture che rendano raggiungibili i suoi moli. Sfida in cui non è da sottovalutare anche l’arrivo di investimenti stranieri, in particolare cinesi. La Nuova Via della Seta marittima ha messo da tempo l’Italia nel suo mirino. E i governi di Roma hanno già presentato i porti di Genova, Trieste e del Nord Adriatico come terminali dell’iniziativa cinese. Per l’Italia è un’opportunità di sviluppo da cogliere al volo, come spiegato anche da Matteo Bressan. Ma è anche un rischio, nel momento il cui mondo viene sempre più caratterizzato da una polarizzazione fra Oriente e Occidente e dallo scontro commerciale fra Cina e Stati Uniti. Un eccessivo dinamismo cinese preoccupa, inevitabilmente, la potenza occidentale che copre con il suo ombrello Nato, l’intera area euro-mediterranea.
Ecco dunque che interessi economici, politici e militari si fondono in unico grande blocco. E in questo senso è difficile anche valutare quale possa essere il peso maggiore nelle scelte strategiche di un Paese. Perché il mare è anche il nostro spazio di sicurezza e non è un caso che la Marina svolga anche il ruolo di “prima linea di difesa dei nostri interessi nazionali”, come spiegato da Germano Dottori nel corso del convegno. E questo ruolo di difesa dell’interesse nazionale nel mondo lo si evince anche dal fatto che è stato proprio in Marina che si è iniziato a parlare per la prima volta di Mediterraneo allargato, quel concetto che identifica un’area che non riguarda solo il Mediterraneo
Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/italia-mare/
Quella linea sempre più sottile tra difesa e sicurezza interna
13 novembre 2018
Allorché si parla di Difesa, e del modo in cui un qualsiasi Stato provvede ad assolvere questo obbligo, la prima distinzione che viene fatta è quella che tradizionalmente suddivide la difesa in “difesa esterna ” e “difesa interna”.
La prima, affidata alle Forze Armate, è centrata sul territorio e gli spazi aereo e marittimo nazionali ma può altresì essere proiettata in altre parti del mondo in cui il paese ritenga opportuno difendere suoi interessi di particolare rilievo e comunque minacciati. La seconda invece rimane confinata strettamente entro i limiti delle nostre frontiere ed è affidata ai vari corpi di Polizia, primi fra tutti i tre più grandi di essi , vale a dire Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza.
Si tratta però di una distinzione che si è rivelata da tempo più tradizionale che reale. Già la cosiddetta ” Legge dei principi” che fissava negli anni ‘70 del secolo scorso i compiti delle Forze Armate elencava infatti, dopo la difesa vera e propria il concorso alle forze dell’ordine in caso di necessità.
Un principio che trovò una estesa applicazione negli ”anni di piombo”, allorché i soldati vennero utilizzati per conferire spessore e potenziale intensità di fuoco ai posti di blocco, nonché per sostituire poliziotti e carabinieri in compiti secondari in modo da permettere loro di dedicarsi pienamente al nucleo duro delle funzioni di istituto.
A partire dagli anni ‘80 poi, cioè dal momento in cui l’Italia ricomincio a proiettarsi oltre le frontiere nel quadro della gestione internazionale delle crisi, i Carabinieri si videro affidare sempre più di frequente compiti intesi a coprire la zona grigia del peacekeeping.
Quella cioè in cui il successo dell’operazione rendeva ridondante l’impiego di forze con struttura e compiti esclusivamente militari mentre nel frattempo, la situazione rimaneva ancora tanto fluida da richiedere comunque una presenza ed una garanzia di sicurezza di forze internazionali.
Nacquero così dopo le prime esperienze, le Multinational Special Units (MSU) che pur essendo multinazionali ebbero sempre nei Carabinieri il loro reale punto di forza. Crescevano nel frattempo – l’appetito viene mangiando! – anche le occasioni in cui le Forze Armate e soprattutto la loro componente di terra, l’Esercito, erano chiamate a contribuire alla sicurezza interna del paese.
Spariva inoltre con la definitiva abolizione della leva una delle distinzioni fondamentali fra forze dell’ordine, quasi interamente composte da personale di carriera e le Forze Armate costituite prevalentemente da giovani coscritti.
Cresceva quindi in parallelo l’affidabilità di Esercito, Marina ed Aeronautica, in grado di mettere in linea anche nei compiti “di polizia ” veterani con alle spalle due, tre o più missioni all’estero, spesso condotte in teatri operativi particolarmente agitati .
Una altra distinzione svaniva infine con l’apertura all’arruolamento delle donne nelle FFAA, ove la loro presenza raggiungeva rapidamente valori percentuali molto simili a quelli esistenti nella Polizia di Stato.
L’offensiva del terrorismo fondamentalista islamico, iniziata con l’attacco alle torri gemelle del 2001 e sostanzialmente tuttora in corso , ha poi ulteriormente accelerato il processo di progressiva fusione della sicurezza interna con la sicurezza esterna.
Il punto culminante lo si è raggiunto con l’affermarsi in Siria ed Iraq del Daesh (o ISIS, o Califfato che chiamar si voglia), cioè di un organismo capace di attentare nel medesimo tempo, con i medesimi procedimenti e con le stesse forze ai diversi aspetti della nostra sicurezza nazionale.
Anche la reazione si è fatta di conseguenza più integrata e non è per niente un caso il
Continua qui: https://www.analisidifesa.it/2018/11/quella-linea-sempre-piu-sottile-tra-difesa-e-sicurezza-interna/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Iran – Lo sviluppo della tecnologia difesa/offesa
8 novembre 2018
Roberto Roggero
Di fronte al ritiro americano dal programma nucleare, e ai continui tentativi di Washington di contrastare qualsiasi forma di sviluppo da parte dell’Iran, Teheran non è stata certo a guardare e, come risposta a quella che definisce una vera e propria aggressione, ha cominciato a sviluppare le proprie contromisure.
Dal dicembre 2011, quando venne abbattuto un drone americano Sentinel, la CIA si è data parecchio da fare per presentare la tecnologia di Teheran come derivata da una sorta di “retro-ingegneria” americana tipo RQ170 Sentinel, ovvero copiata, ma il rapporto diffuso dall’US-Naval Institute è in seguito risultato falso, ovvero costruito in base a deduzioni appositamente calcolate come quella che vuole il drone iraniano realizzato con un software a modello statunitense, per la precisione del caccia F5-Tiger. La CIA ha poi ammesso la perdita del drone, tuttavia precisando che non sarebbe stato abbattuto, ma precipitato per un malfunzionamento e che il rischio di una “copiatura” della tecnologia al suo interno non esisteva in quanto i sistemi di protezione sono predisposti perché, in caso di emergenza, ogni apparato sia prontamente autodistrutto, per non cadere in mano nemica.
L’Iran invece sostiene la versione opposta, cioè di avere abbattuto un drone americano, e di averne carpito ogni minimo particolare segreto. Dove sta la verità?
I fatti che seguono forse possono dare qualche suggerimento: non molto tempo dopo, l’Iran presentò al mondo il nuovo caccia super tecnologico di quinta generazione, battezzato Qahwer-313, ma il documento video diffuso si rivelò a sua volta un falso, come i precedenti Shafagh e Twilight che, definiti superiori a qualsiasi altro velivolo, furono smascherati come modelli in legno. Stesso discorso per il nuovo sottomarino Classe Ghadir.
Il Qaher-313, (letteralmente “Conquistatore”) è stato presentato in occasione del primo giorno delle celebrazioni che commemorano la vittoria della Rivoluzione Islamica del 1979. Alla presentazione del velivolo definito “super caccia di ultima generazione” partecipò l’allora presidente Mahmoud Ahmadinejad in persona. Il Qaher-313, secondo quanto affermato durante la presentazione, era equipaggiato con le più recenti tecnologie sviluppate in Iran, ad esempio il radar in grado di inseguire e ingaggiare molteplici bersagli aerei e terrestri in ogni condizione meteo. Il velivolo poteva svolgere svariate missioni in una sola uscita, con una capacità di trasportare internamente il proprio carico bellico per ridurre la segnatura radar.
Il ministro della difesa, il generale Ahmad Vahidi, dichiarò: “Il nostro caccia invisibile è in grado di seguire il profilo del terreno sfrecciando ad altissima velocità grazie al suo profilo. Il Qaher è una manifestazione delle capacità iraniane di costruire velivoli di ultima generazione, in grado di rivaleggiare ad armi pari per caratteristiche e prestazioni con i caccia più avanzati del pianeta come l’F22 o l’F35“.
L’Iran si è quindi dotato di un caccia spaventosamente potente, in grado di affrontare i velivoli occidentali di quinta generazione?
Probabilmente, più che un prototipo volante, cosi come affermato durante la presentazione, il Qaher-313 è soltanto realizzato per propaganda interna.
Presentare al popolo un caccia di ultima generazione, fortifica il consenso della leadership politica tipica dei governi totalitari o militarizzati. Affermare di possedere la tecnologia “stealth”, infatti, significa essere al passo con i tempi, trasmettendo l’idea di un paese avanzato. E forse l’obiettivo è stato raggiunto, considerando la reazione del popolo dopo la presentazione del caccia dinanzi alla nazione.Ma quello che è stato mostrato, non sarebbe nemmeno in grado di alzarsi in volo.Analizzando le foto, infatti, ci sono molte anomalie. Intanto le misure del velivolo sembrano essere troppo ridotte per un jet da combattimento.Quasi nessun radar, per esempio, potrebbe inserirsi sul muso del velivolo.
Ad oggi e dopo che i video del Qaher in volo si sono dimostrati dei falsi, non ci sono prove che suggeriscano che l’Iran abbia i mezzi tecnologici per costruire un aereo stealth avanzato. Ciò non significa, però, che lo non sia
Continua qui: http://assadakah.com/iran-lo-sviluppo-della-tecnologia-difesa-offesa/
Trapelato audio di John Kerry che rivela, il via libera al potere di ISIS , per ordine di Obama
Sean Adl-Tabatabai 6 gennaio 2017 RILETTURA
Una registrazione audio trapelata di John Kerry rivela che il presidente Obama ha richiesto la sua amministrazione di facilitare e permettere a ISIS di salire al potere.
Il 30 settembre 2016, il New York Times con molta calma ha pubblicato una registrazione audio trapelata del segretario John Kerry che discute la strategia della Casa Bianca e trattava di Siria e ISIS.
Theconservativetreehouse.com riferisce:
Quando si ascolta la registrazione audio (che trovate sotto) diventa subito evidente che cosa stava succedendo quando entrambe le dichiarazioni sono state fatte, era il 2014, dalla Casa Bianca. Inoltre, si scopre il motivo per cui questa perdita del racconto sbalorditivo nel 2016 fu nascosto dai media americani e come questo si collega a più di 5 anni di politica degli USA in Medio Oriente lasci tutti perplessi.
Questa evidenza all’interno di questa storia singola avrebbe / dovuto eliminare per sempre ogni credibilità della politica estera degli Stati Uniti sotto la presidenza Obama. Distrugge anche la credibilità di un gran numero di ben noti Repubblicani. Che la registrazione rivela:
- In primo luogo, solo un cambio di regime, la rimozione di Bashir Assad, in Siria era l’obiettivo per il presidente Obama. Questo è ammesso e delineato dal Segretario John Kerry.
- In secondo luogo, al fine di raggiungere questo obiettivo primario, la Casa Bianca era disposto a vedere il sorgere di ISIS, ponendo la loro scommessa che il successo di ISIS avrebbe costretto il presidente siriano Bashir Assadad accettare i termini di Obama a dimettersi.
- In terzo luogo, al fine di agevolare i due obiettivi, Obama e Kerry hanno dato intenzionalmente armi a ISIS e anche, probabilmente, hanno attaccato un convoglio militare del governo siriano per fermare un attacco strategico sugli estremisti islamici uccidendo80 soldati siriani.
Un momento di pausa per prendere in considerazione questi tre punti con attenzione prima di continuare. Perché l’audio (in basso), insieme con l’accompagnamento di ricerche che ora stanno emergendo, non solo espone questi tre punti come verità -, ma fornisce anche prova specifica contro di loro.
Il problema nella strategia segreta di Obama / Kerry è diventato chiaro, quando ISIS è cresciuto in forza sufficiente, per dare l’ottimismo alla Casa Bianca sul regime – tuttavia, invece di capitolare Assad si rivolto a chiedere l’aiuto dela Russia .
Quando la Russia è scesa ad aiutare Bashir Assad il governo siriano ha acquisito la forza necessaria per sconfiggere ISIS e gli elementi islamici estremisti dentro la Siria. Per il piano nascosto di Obama / Kerry (ma anche di McCain, Graham), la Russia sconfiggendo ISIS, al-Qaeda e al-Nusra, ha rovesciato il loro obiettivo.
Le rivelazioni all’interno di questo audio trapelato sono semplicemente stupefacenti. La discussione di 40 minuti ha avuto luogo a margine di una Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York.
L’incontro ha avuto luogo presso la Missione olandese alle Nazioni Unite il 22
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I terroristi continuano a pianificare un attacco di falsa bandiera (FALSE FLAG) chimico a Idlib in Siria
Tahrir al-Sham Hay’at (il Levant Liberation Board o il Fronte di Al-Nusra) ha trasferito una nuova spedizione di materiali chimici in una località non specificata nella provincia di Idlib tra i tentativi di mettere in scena un attacco di bandiera falsa nella zona demilitarizzata, un russo outlet riportato martedì.
Ian Greenhalgh 11 2018
VT
Sa Defenza
Il sito web in lingua araba Sputnik ha citato fonti ben informate che rivelano che Tahrir al-Sham ha trasferito una nuova spedizione di materiali velenosi dalla città di al-Dana a Nord di Iblib verso una destinazione sconosciuta nella provincia.
Ha inoltre affermato che i terroristi di Tahrir al-Sham hanno prelevato la partita, comprese 5 bombole di gas di cloro, da un magazzino vicino ad al-Dana con severe misure di sicurezza, aggiungendo che nessun militante siriano è stato coinvolto nell’operazione.
L’agenzia di stampa ha proseguito affermando che Tahrir al-Sham, con la cooperazione dei militanti di White Helmet Organization (i Caschi Bianchi finti soccorritori) , hanno distribuito un grande volume di materiali chimici attraverso la zona demilitarizzata nella Siria settentrionale e nord-occidentale per usarli in un attacco chimico di falsa bandiera per successivamente accusare l’esercito di Damasco
Continua qui: https://sadefenza.blogspot.com/2018/11/i-terroristi-continuano-pianificare-un.html
CULTURA
Riprendiamoci Aristotele!
www.lintellettualedissidente.it
Diego B. Panetta 25 novembre 2018
Spesso si sente parlare di mondo “classico”, più volte, infatti, con enfasi si grida al mito della classicità, della Grecia antica additata ad esempio di civiltà tollerante verso le diversità (ne siamo così sicuri?) e, immancabilmente, come patria della democrazia.
D’altra parte è altrettanto vero che pensatori e filosofi come Immanuel Kant, Jean-Jacques Rousseau e Voltaire hanno contribuito enormemente affinché di quella classicità e della sua natura più profonda, della sua essenza, non restasse che la scorza esteriore, spesso sapientemente utilizzata per fini che esorbitavano da scopi che si preoccupassero effettivamente di comprendere e analizzare il frutto più duraturo che ci ha consegnato l’epoca classica, per bocca dei suoi più illustri protagonisti.
Sino all’epoca medievale, e forse ancor dopo, se v’era un filosofo che meritasse la lettera “F” in maiuscolo, ebbene questi era senza ombra di dubbio Aristotele. Lo Stagirita fu stretto discepolo di Platone, maestro di Alessandro Magno e fondatore di una nuova scuola: il Liceo. Egli, oltre la filosofia, che esplorò nel profondo e a cui consacrò tutta la vita, fu cultore di diversi saperi quali: l’astronomia, la fisica, la biologia. Uno dei contributi più straordinari che ci lasciò e su cui vale la pena soffermarvisi è quello relativo all’Etica. Il Filosofo trattò di filosofia morale in tre opere in particolare: l’Etica Nicomachea, l’Etica Eudemia e la Grande Etica.
La prima di queste tre opere, che prende il nome dal figlio di Aristotele, Nicomaco, è la più celebre, destinata ancor oggi ad essere considerata una delle più straordinarie e affascinanti trattazioni che siano mai state scritte, dalla lungimiranza sorprendente e dal realismo cristallino che contrassegna ogni pagina dei dieci libri che la compongono.
È bene, oltre che utile, ricordare che gli antichi greci non avevano un religione, o comunque un approccio al sacro fondato su di un testo scritto, su di una Rivelazione divina. Il concetto di Legge così come era intesa dal popolo ebraico, era ai greci sconosciuta. Ogni polis aveva un corpo di leggi, al cui interno erano disciplinati aspetti legati alla vita politica e cittadina e anche ciò che concerneva il culto pubblico. Era, pertanto, sconosciuto alla Grecia antica il concetto di Etica come siamo abituati ad intenderla oggi, ossia come morale religiosa. Questo aspetto rende ancor oggi l’Etica di Aristotele non solamente attuale ma anche molto attraente, molto umana.
Perché questo aggettivo: umana? Certamente per la suggestione del messaggio che l’opera dello Stagirita ci dona. Il fine dell’uomo è la felicità, ci dice, ed essa è conseguibile agendo secondo virtù (aretè). La virtù è la capacità di svolgere le proprie funzioni nel miglior modo possibile. Al che Aristotele distingue due tipi di virtù: quelle dianoetiche e quelle etiche. Le prime sono le più importanti, legate alla ragione o intellettuali, mentre le
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CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE
Anonymous rivela: agenti segreti inglesi conducono guerra ibrida in UE
23.11.2018
Un gruppo di hacker afferma di aver ottenuto documenti che fanno luce sulle attività di una ONG con base a Londra che ufficialmente svolge una missione nobile: “difendere la democrazia dalla disinformazione”. Invece, il progetto, noto come Integrity Initiative, è usato da Londra per interferire negli affari interni dei paesi europei.
Anonymous ha annunciato venerdì che il governo britannico ha creato un “servizio segreto di informazioni su larga scala” in Europa, Stati Uniti e Canada per intromettersi negli affari interni delle nazioni europee.
Una schermata del documento che descrive l’operazione Moncloa fornito da Anonymous
Citando un “gran numero” di documenti trapelati, Anonymous ha affermato che Integrity Initiative, una rete di cluster in Europa e Nord America lanciata nell’autunno 2015 per “rivelare e combattere la propaganda e la disinformazione”, era
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I disastri della dottrina ‘responsability to protect’
Gli USA e i suoi alleati negli anni hanno adottato la nuova dottrina della “responsability to protect” in base alla quale hanno reso legale sovvertire qualsiasi paese che non segua il proprio modello di civiltà e democrazia.
Il punto di vista di alcuni studiosi e le conseguenze disastrose nei paesi ‘beneficiati’ dall’ingerenza umanitaria.
by Patrizio Ricci – VietatoParlare.itEsiste solo un punto di vista, una sola lettura delle situazioni. La scala dell’autorevolezza non è data dalla realtà oggettiva ma da quella imposta e diffusa dagli Stati Uniti, dalle Nazioni Unite; cioè da quegli organismi ‘sovranazionali’ che si prendono carico della ‘sicurezza globale’.In sostanza, secondo tale mentalità di ‘governo globale’ i diritti e la sicurezza globale verrebbero prima del valore del singolo uomo e delle comunità nazionali. Ma attenzione: gli interessi delle potenze mondiali che incarnano i ‘diritti umanitari’ vengono prima della pace; è la pace che deve conciliarsi con gli interessi economici e la sicurezza nazionale e non viceversa: i sovrani dispotici sono giudicati non in quanto tali ma se in armonia con il ‘lego’: solo se in armonia o funzionali con tali progetti non avverrà alcuna ‘ingerenza umanitaria’ sui propri affari interni.
Una simile mentalità è indice che qualcosa evidentemente non funziona. Emblematico è il modo con cui la situazione siriana è descritta dal ”Global Center to Responsability to protect”. Questa organizzazione rispecchia il punto di vista maggiormente condiviso da parte della ‘Comunità Internazionale’ essendo supportata da tutti i governi occidentali, da ‘figure di spicco della comunità dei diritti umani’, nonché da International Crisis Group, Human Rights Watch, Oxfam International, Refugees International, e WFM-Institute for Global Policy:
La guerra civile in corso in Siria vede le popolazioni affrontare le atrocità di massa commesse dalle forze di sicurezza dello Stato e le milizie affiliate.
Non è spesa una parola di condanna sulle milizie islamiste che imperversano nel paese e che costituiscono l’80% delle forze ‘ribelli’. Il giudizio è netto: la responsabilità grava totalmente sul governo siriano. E’ l’opinione del circolo che conta, e poco importa se la situazione reale è del tutto rovesciata (l’aggressione è subita dalla Siria ad opera delle milizie fondamentaliste eterodirette).
Simili ‘insindacabili giudizi’ rimangono immutati anche davanti a evidenze di segno opposto. La radice è profonda e deriva da una concezione dell’uomo e dei diritti in mutamento, diritti che hanno una loro casistica ben definita e che derivano da una visione dell’esistenza umana lontana dalla fede di Cristo (da cui sono pur nati tutti i ‘valori’ europei…). E’ una visione della vita e dell’uomo nichilista a e relativista sottomessa al ‘progresso economico’ infinito. E’ un argomento che accende il dibattito e divide i paesi occidentali al loro interno ma all’esterno dominano e prendono le decisioni i centri di potere che innalzano i loro principi assoluti:
L’ideologia occidentale della humanitarian intervention, con la sua pretesa di diffondere nel mondo intero i valori occidentali – e tali sono i valori sottesi alla dottrina dei diritti umani e della democrazia -, coincide in realtà con una strategia generale di promozione di “interessi vitali” dei singoli Stati “umanitari” – o di alleanze fra Stati -, presentati come interessi della comunità internazionale…
(Danilo Zolo, giurista).
Così inteso, l’intervento umanitario è subdolo e non è sincero:
Può accadere che l’emergenza umanitaria sia pura invenzione di una potenza che si propone di interferire nella ‘domestic jurisdiction’ di un altro Stato per ragioni politiche e/o economiche. Oppure può accadere che una guerra civile di ridotte dimensioni venga gonfiata di proposito da parte di una grande potenza per giustificare l’aggressione contro un paese militarmente debole che essa ha deciso di occupare per ragioni strategiche.
(Danilo Zolo).
Le conseguenze di questa ‘ricetta’ sono sotto gli occhi di tutti: Iraq, in Libia ed in Siria ne sono la testimonianza vivente.
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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
È in corso l’esproprio dei figli?
Articolo dell’arcivescovo Giampaolo Crepaldi
3 luglio 2018 – Giampaolo Crepaldi
Di chi sono i figli? I figli non sono di nessuno perché sono di Dio. C’è stato un tempo in cui l’idea che il figlio fosse un dono era radicata nel cuore e nella mente delle persone, e non solo delle mamme. Un dono che viene da Dio e che bisogna educare perché a Lui ritorni. La procreazione era sentita come appartenente ad un ciclo di senso che toglieva il bimbo dalle mani di ogni potere terreno, perché era “del Signore”.
Questo sentire comune è ancora vivo in molti genitori, ma in generale lo è sempre di meno. Questo da quando la razionalizzazione tecnica e politica ha assunto anche questa forma di dominio, il dominio sui figli.
Erano state le utopie politiche a produrre nei secoli scorsi delle serie eccezioni all’idea che i figli appartenessero al Signore, a cominciare dall’antica utopia di Platone secondo cui i bambini appena nati dovevano venire subito allevati in strutture pubbliche, sotto le ali dello Stato, in modo che ogni cittadino, vedendo i giovani per le strade e le piazze potesse dire: “potrebbe essere mio figlio”. La negazione della famiglia era funzionale alla creazione di una comunità politica di uguali dai saldi legami reciproci. Se i figli avessero continuato ad essere dei genitori – si pensava – l’unità interna alla comunità si sarebbe indebolita e frammentata. L’idea ha una lunga storia, che passa dalla comunione delle donne nei Falansteri del nuovo mondo di Fourier, alle indicazioni del Manifesto di Marx fino ad arrivare agli stati totalitari del secolo scorso.
L’ideale utopistico di cittadini orfani perché possano meglio sentirsi cellule dell’organismo statale si consolida progressivamente con la formazione dello Stato moderno, che concentra in sé l’istruzione e l’educazione, centralizza la sanità e la cura dell’infanzia, indebolisce le forme familiari di solidarietà e sempre più si sostituisce a genitori e famiglie. Per recare danno alla Chiesa e alla religione che alle famiglie direttamente si riferiva, alle mamme affidava l’educazione anche religiosa dei bambini e insegnava una procreazione che solo nel matrimonio trovava il suo specifico luogo umano.
La Chiesa, con la sua Dottrina sociale, ha sempre insegnato che i bambini sono dei genitori, perché quello era l’unico modo per far sì che fossero di Dio. Ha sempre insegnato che come il luogo umano della procreazione è la coppia degli sposi, così il luogo umano della educazione è la famiglia. L’educazione è infatti un proseguimento e un completamento della procreazione e spetta originariamente ai genitori. La Chiesa, dicendo questo, sapeva sì di enunciare un evidente principio di legge morale naturale, ma sapeva anche che solo così i bambini potevano essere educati alla pietà cristiana, ai rudimenti del catechismo, alle preghiere all’angelo custode. Tramite i genitori e non tramite lo Stato la Chiesa avrebbe potuto ancora far conoscere ai bambini Gesù Cristo. È il rovescio positivo della medaglia: lo Stato si sostituisce ai genitori per diseducare i futuri cittadini al Vangelo, la Chiesa si allea con i genitori contro lo Stato per educare i futuri cittadini al Vangelo.
Era una vera e propria lotta, che oggi la Chiesa non sembra voler combattere più. Oggi, non meno che nella Repubblica di Platone, i figli sembrano essere dello Stato che li assume in carico nelle proprie strutture fin dall’asilo nido, li forma secondo i propri programmi e, come la Chiesa aveva sempre giustamente temuto, li allontana sistematicamente da Gesù Cristo, parlandone male o non parlandone mai affatto. La Chiesa non protesta più per questo e non punta su forme di scuola alternative – come le scuole parentali – che sarebbero l’unico modo perché essa, la Chiesa, ritornasse ad educare i bambini, tramite la riappropriazione della funzione educativa dei genitori. La scuola parentale può essere non solo la scuola dei genitori, ma la scuola della Chiesa tramite i genitori. Sarebbe un modo per ritornare al principio che i figli sono di Dio e non del ministro della pubblica istruzione.
Le democrazie occidentali non sono da questo punto di vista diverse dai regimi totalitari.
Il bambino viene inserito nel “sistema”:
viene educato da insegnanti-funzionari di Stato uniformemente istruiti dall’Università pubblica e dai corsi di formazione ministeriali;
viene precocemente psicologizzato da funzionari di Stato ormai presenti in tutte le scuole;
viene precocemente sessualizzato da funzionari di Stato tramite progetti curricolari inderogabili;
della sua salute si fa lo screening fin dal ventre materno ed eventualmente viene abortito da parte di funzionari di Stato;
viene mandato a fare l’Erasmus in qualche altro Paese dove imparerà stili di vita e valori standardizzati stabiliti da funzionari di quello Stato-non Stato che è l’Unione Europea;
nel suo percorso scolastico gli si insegnerà ad usare la contraccezione, compresa quella di “emergenza”, e la fecondazione artificiale in modo che procrei a sua volta altri bambini orfani di Stato.
Solo che le democrazie questo lo fanno senza darlo a vedere.
L’educazione di Stato parla di inclusione e intende uniformità, parla di tolleranza e intende immoralità, parla di pari opportunità e intende indifferentismo sessuale, parla di libertà di scelta e intende sessualizzazione forzata fin dalla scuola materna secondo Linee Guida emanate da qualche ufficio di funzionari di Stato uniformati al pensiero unico e dominante. In questo modo i genitori sono tagliati fuori, e sono pure felici di esserlo. La Chiesa è tagliata fuori e il bambino è deformato ancor prima che senta per la prima volta la
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ECONOMIA
Ecco i nomi delle aziende italiane che mangiano sulle guerre
3 settembre 2017
Vergognosa ipocrisia, profughi che scappano dalla guerra, associazioni umanitarie che raccolgono fondi che adesso si sa dove finiscono… ma la verità è ancora una, In Italia il potere marcia sulla guerra più che in ogni altro paese. Prima di tutto sui profughi, c’è chi ha messo da parte milioni di euro, poi sulla guerra e sulle armi. La relazione annuale del governo sull’export militare italiano 2015 – appena trasmessa al Parlamento e anticipata da Nigrizia – mostra un aumento del 200% per le autorizzazioni all’esportazione di armamenti il cui valore complessivo è salito a 7,9 miliardi dai 2,6 del 2014, un dato senza precedenti. Boom verso Paesi in guerra, in violazione, attraverso vari escamotage, della legge 185/1990: il volume di vendite autorizzato verso l’Arabia Saudita è salito a 257 milioni dai 163 del 2014: +58%.
Cresce il ruolo delle banche, Unicredit la più attiva
A conti fatti quindi, nell’ultimo anno è triplicata la vendita di armi italiane all’estero e sono aumentate le forniture verso Paesi in guerra: in particolare quelle verso l’Arabia Saudita, condannata dall’Onu per crimini di guerra nel conflitto in Yemen e per la quale il Parlamento europeo ha chiesto un embargo sulla vendita di armamenti, ma noi le leggi le rispettiamo solo se c’è da ridurre le quote latte o da cedere òle nostre spiagge alla Germania.
Cresce anche l’intermediazione finanziaria delle principale banche italiane,Intesa e Unicredit, e tra i piccoli istituti coinvolti compare ancora Banca Etruria e una banca libica.
Come si legge nella relazione, “i settori più rappresentativi dell’attività d’esportazione sono stati l’aeronautica, l’elicotteristica, l’elettronica per la difesa (avionica, radar, comunicazioni, apparati di guerra elettronica), lacantieristica navale ed i sistemi d’arma (missili, artiglierie), che hanno visto, nell’ordine: Alenia Aermacchi, Agusta Westland, GE AVIO, Selex ES, Elettronica, Oto Melara, Intermarine, Piaggio Aero Industries, MBDA Italia e Industrie Bitossi ai primi dieci posti per valore contrattuale delle operazioni autorizzate. La maggior parte di queste aziende sono di proprietà o in varia misura partecipate dal Gruppo Finmeccanica”.
Ma il dato politicamente più importante è il boom di vendite verso Paesi in guerra, in violazione, attraverso escamotage, della legge 185/1990 che vieta l’esportazione e il transito di armamenti verso Paesi in stato di conflitto e responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Un sotterfugio che un ex ministro della Difesa di nomeSergio Mattarella denunciò anni fa come “un grave svuotamento delle disposizioni contenute nella legge 185”: il governo può aggirare il divieto di forniture militari a un paese in guerra se con esso ha stipulato un accordo intergovernativo nel campo della difesa e dell’import-export dei sistemi d’arma. Il caso più grave riguarda le forniture belliche alle forze aeree del regime Saudita, che da oltre un anno conducono bombardamenti indiscriminati su città, scuole e ospedali in Yemen che finora hanno provocato almeno 2mila morti civili, per un quarto bambini. Crimini di guerra ripetutamente condannati dal segretario generale dell’OnuBan Ki-moon, che a febbraio hanno spinto il Parlamento europeo ha chiedere un embargo sulla vendita di armi a Riyad.
Il valore dell’export di armi ‘made in Italy’ verso l’Arabia Saudita autorizzato nel 2015 è salito a 257 milioni dai 163 milioni del 2014. Un aumento del 58% attribuibile in gran parte alle tonnellate di bombe aeree prodotte nello stabilimento sardo di Domusnovasdella Rwm Italia S.p.a. e spedite via aerea e navale da Cagliari tra le proteste e le denunce – anche alla magistratura – di parlamentari e pacifisti. Consegne confermate dalla relazione: 600 bombe Paveway da 500 libbre (per 8,1 milioni di euro), 564 bombe Mk82 da 500 e 2000 libre (3,6 milioni), 50 bombe Blu109da 2000 libre (3,6 milioni) e cento chili di esplosivo da carica Pbxn-109 (50mila euro).
A questo si aggiunge il forte incremento del valore delle esportazioni italiane verso l’Arabia Saudita che rientrano tra i programmi intergovernativi di cooperazione militare, saliti nel 2015 a 212 milioni dai 172 milioni del 2014. Il principale programma riguarda i cacciabombardieri Eurofighter usati ogni giorno dalla Royal Saudi Air Force nei suoi raid in Yemen. La fornitura, iniziata anni fa, riguarda l’Italia non solo per la sua partnership industriale nel consorzio europeo (con Finmeccanica), ma anche perché questi aerei, assemblati negli
GIUSTIZIA E NORME
Avvocati e giuristi uniti: «Siamo noi l’argine che ferma il populismo»
La manifestazione dei penalisti: Caiazza : «Nasce da qui il manifesto in difesa della giustizia liberale»
La scena: un teatro gremito da oltre 500 persone. Molti sono in piedi. Si infiammano alle parole dei leader dell’Unione Camere penali. Del presidente Gian Domenico Caiazza, innanzitutto. Dei precedenti presidenti Gustavo Pansini e Beniamino Migliucci. Ma fin qui niente di nuovo. Il fatto incredibile è un altro. È la mobilitazione dei giuristi. «Da qui deve nascere un’aggregazione continua» (Fausto Giunta, docente di Diritto penale a Firenze). «È importante che l’accademia stia insieme con l’avvocatura» (Luigi Stortoni, ordinario a Bologna). «Quando la casa brucia, non è che si sta a vedere chi è il vigile del fuoco: serve l’aiuto di tutti» (Giorgio Spangher, professore alla Sapienza). E si potrebbe andare avanti.
Sono tutte tessere di un mosaico che rappresenta il miracolo. Nell’evento al Teatro Manzoni di Roma che conclude le quattro giornate di astensione, i penalisti italiani celebrano sì il pieno successo della loro iniziativa «contro il populismo giustizialista, in difesa della Costituzione e dei diritti». Eppure, nel la sala gremita non solo di avvocati ma anche di studiosi appassionati, i penalisti italiani colgono un obiettivo forse impensabile: vedono schierarsi al loro fianco l’accademia come fosse un sol uomo contro le riforme azzardate dal governo gialloverde. L’Ucpi mobilita i professori e li trasforma in una schiera unita, pronta a scendere in campo. «A Sorrento, al nostro congresso», dirà alla fine di una lunga e appassionante mattinata Caiazza, «avevamo intuito e ottenuto l’elezione anche in virtù di una proposta: costruire con la comunità dei giuristi un manifesto della giustizia penale liberale. Ecco, ci si arriva prima di quanto immaginassimo: quel manifesto lo stiamo costruendo qui, ora».
DAI PROF PERSINO UN COMUNICATO
Tutto vero. La scena lo dice con chiarezza: i penalisti hanno trasformato i professori in un fronte politicamente impegnato. Non s’era mai visto. «Non era mai avvenuto», segnala infatti uno di loro, il già ricordato Stortoni, «che di fronte a provvedimenti in materia processuale, l’Associazione dei professori di Diritto penale intervenisse con un proprio comunicato». Vero: le avvisaglie di una disponibilità inedita a scendere in campo erano arrivate prima che ieri la «comunità dei giuristi» esprimesse davanti a una platea numerosissima il proprio desiderio di battersi.
L’INTUIZIONE DI SPANGHER
Come si spiega un successo simile? Non è un caso se a perfezionare l’analisi provvede uno dei processual-penalisti storicamente più apprezzati, applauditi, amati dall’avvocatura: Giorgio Spangher. Il quale scandisce: «Non ci sono più corpi intermedi ad attendere che il Parlamento sforni leggi, perché ormai la politica vincente ha scelto di costruire il proprio consenso in un rapporto diretto con gli elettori. Salta a pie’ pari appunto, quei corpi intermedi. Ecco, ma i nuovi agenti sociali in grado di svolgere la funzione di mediazione siete voi». Applausi degli avvocati in platea. «I corpi intermedi di un tempo non sono più in grado di opporsi ai programmi di restaurazione dell’Anm». E quindi, attenzione, «noi siamo gli unici a poter costituire la necessaria barriera». Prima il «voi» rivolto alle Camere penali che hanno organizzato l’evento di ieri. Poi quel «noi» che autoannette i professori all’esercito dell’avvocatura, li arruola nello stesso partito. Ecco, Spangher dice tutto, spiega tutto: è avvenuto molto semplicemente che i vecchi partiti si sono dissolti. Che il ceto medio nella sua espressione classica, la borghesia delle professioni, sulle prime non ha creduto di poter essere chiamato a entrare in campo. Poi ha preso coraggio. Grazie all’avvocatura, ha capito di poter giocare una partita vera
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LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Abruzzo, Ball Beverage licenzia 70 operai dal giorno di Natale
“Nel 2018 record di lattine prodotte, azienda non è in crisi”
La multinazionale chiude il sito di San Martino sulla Marrucina, in provincia di Chieti. La lettera dei lavoratori: “Tra i clienti Coca Cola, Nestlé, Campari, San Benedetto e Ferrero. Quest’anno prodotte 2,3 milioni di lattine al giorno. Saremo nelle case degli italiani per le festività ma noi non avremo nulla da festeggiare”. Il vice capo di gabinetto del Mise: “Azienda chieda la cassa integrazione”. E intanto per 9 mesi delocalizzano in Serbia
di Maurizio Di Fazio | 25 novembre 2018
Licenziati proprio il giorno di Natale. Non ci sarà nulla da festeggiare per i 70 lavoratori – più i 15 dell’indotto – dello stabilimento della Ball Beverage Packaging di San Martino sulla Marrucina, in Abruzzo. La multinazionale americana ha confermato la chiusura del sito, le cui linee sono già ferme da alcuni giorni, e le maestranze in mobilità protestano scrivendo una “lettera del lavoratore” che diventa virale sui social. “Sono passato innumerevoli volte nelle tue mani attraverso il mio lavoro. Sono un lavoratore della Ball di San Martino sulla Marrucina, dal 1981 in questo stabilimento produco lattine in alluminio da 33cl formato sleek per Coca Cola, Nestlé, Campari, Peroni, San Benedetto, Heineken, Ferrero e tanti altri. La Ball Corporation mi licenzierà a Natale”.
Il 25 dicembre, spiegano i lavoratori, “quando saremo tempestati dalle pubblicità scintillanti dei clienti della Ball, sarò seduto attorno a un tavolo con la famiglia per una triste giornata di festa. Quello sarà il mio primo giorno da ex lavoratore, sarò un nuovo disoccupato“. Eppure, spiegano i dipendenti, “questa azienda non è in crisi e negli anni ha raggiunto tanti traguardi (tra i quali, proprio quest’anno, il record di produzione giornaliera con 2.300.000 lattine). Come ti sentiresti se la tua azienda decidesse di licenziarti il giorno di Natale pur non essendo in crisi? Io mi sento male, tradito“.
Sabato mattina la protesta è proseguita nelle sale della Provincia di Chieti: addosso una maglietta bianca con l’hashtag #uomininonlattine, hanno montato un albero di Natale fornito di un unico pacco regalo, la scritta “licenziamento”. All’assemblea pubblica sulla loro vertenza ha partecipato anche il vice-capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo economico, Giorgio Sorial, che ha lanciato un appello alla multinazionale a stelle e strisce affinché impegni dodici mesi di cassa integrazioneper la reindustrializzazione del sito: “Certo che l’istanza deve farla l’azienda. Sappiamo che negli Usa questi strumenti non esistono, ma se vogliono glieli spieghiamo per filo e per segno. Siamo a disposizione per compartecipare anche dal punto di vista finanziario”.
L’amministratore delegato di Ball Beverage Packaging Italy, Lorenzo Garbellini, ha però dichiarato nei giorni scorsi che “sono state offerte opzioni di ricollocamento ad altre posizioni in Ball Beverage Packaging Europe”. Tradotto, significa che una tranche di volenterosi licenziati abruzzesi potrebbe essere riassunta fuori dai confini nazionali, negli stabilimenti che Ball possiede nel resto d’Europa. È questa l’unica controproposta messa sul tavolo. Nessun passo indietro: la linea di produzione di San Martino sulla Marrucina
Continua qui:
LA LINGUA SALVATA
ten-tén-nà-re (io ten-tén-no)
SIGNEssere instabile, traballare, oscillare; essere incerto, esitare
dal latino tintinnare, di origine onomatopeica.
Questa parola ha un mazzo folto di sinonimi, ma è particolare. Va capito perché, anche visto che l’origine onomatopeica, a vederla così, dice e non dice.
Siede insieme all’oscillare, al dondolare, al traballare, all’ondeggiare: ma fra tutti è il più secco, il più duro. E nell’uso è chiaro il perché: così come è duro il suono della vibrazionedella lama del coltello incurvata e lasciata scattare elasticamente (un tèn, tèn) chi o ciò che tentenna ha tendenzialmente una base confitta in un suolo, o comunque è pesantemente poggiato, senza che si smuova facilmente. Un’amaca non può tentennare, non tentenna un drappo. Invece tentenna il palo piantato male, tentennano le cime degli alberi,
Continua qui: https://unaparolaalgiorno.it/significato/T/tentennare
PANORAMA INTERNAZIONALE
Petrolio ed economia: ecco le priorità per la Libia
26 novembre 2018 – Mauro Indelicato
Tra le tante emergenze che investono la Libia dalla caduta di Mu’ammar Gheddafi e che testimoniano la frammentazione del paese, vi è anche quella della divisione della banca centrale. Ne esistono due: una “ufficiale” a Tripoli, l’altra “parallela” ad Al Beyda. La prima è strettamente connessa alle vicende inerenti il consiglio presidenziale presieduto da Hafez Al Sarraj, ossia il governo riconosciuto ufficialmente dall’Onu. Lì, in teoria, finiscono i soldi proventi delle attività della Noc, l’azienda petrolifera della Libia. L’altra banca centrale, fa riferimento invece al parlamento di Tobruck e quindi alla parte di Libia controllata da Haftar. La necessità di unificare i due istituti è emersa tra le priorità di cui si è discusso nella recente conferenza di Palermo.
Si stima, stando a dati del 2014 e dunque antecedenti all’attuale divisione tra est ed ovest della Libia, che
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POLITICA
NON ESISTONO SOLUZIONI TECNICHE MA SOLO SCELTE POLITICHE.
IL GRANDE INGANNO DEI “POTERI INDIPENDENTI”
Francesco Maria Toscano – 8 11 2018
E’ importante che la società civile prenda atto di vivere dentro una sostanziale dittatura, demistificando il racconto dei ceti dominanti che spacciano per pilastri di “democrazia liberale” quelli che a buon diritto possono essere definiti semmai dissimulati strumenti di tortura. Alcuni pseudo intellettuali a pancia piena tipo Corrado Augias stanno facendo in questi giorni il giro delle sette chiese denunciando i pericoli insiti nel concetto di “dittatura della maggioranza” già elaborato da Alexis de Tocqueville. Sul Corriere della Sera di oggi Giuliano Amato esprime concetti simili chiedendosi ad alta voce come sarà mai possibile coniugare per il futuro la prosecuzione del dominio barbaro delle avide élite con il mantenimento del suffragio universale. Nei giorni passati un altro privilegiato senza merito come Sabino Cassese sviluppava sempre sul Corriere dei padroni l’elogio dei cosiddetti “poteri indipendenti”, finiti inopinatamente nel mirino del discolo Di Maio che aveva osato perfino rimproverare il presidente della Bce Mario Draghi e il relativo “apprendista” Ignazio Visco. Tutte queste vedove inconsolabili che rimpiangono i tempi in cui governavano i partiti definiti “moderati” (ovvero schiavi dei poteri finanziari e bancari) si ritrovano nel pensiero delirante e ossimorico di un certo Yascha Mounk,
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I CAMPIONI DEI SOVRANISTI? SONO ENRICO MATTEI E GIOVANNI PAOLO II.
CON TANTI SALUTI A MACRON E ALLA MERKEL
ANTONIO SOCCI – 18 NOVEMBRE 2018 – LIBERO
Alla commemorazione della fine della Prima guerra mondiale, il presidente francese Macron ha esaltato il “patriottismo” (proprio) e ha “bombardato” quello altrui squalificandolo come “nazionalismo”. Ce l’aveva con il sovranismo dei paesi (come l’Italia) che non si vogliono sottomettere al nazionalismo di francesi e tedeschi.
Donald Trump, in un tweet, ha scritto che Macron cerca di parlar d’altro perché ha, in Francia, un livello di consenso troppo basso (il 26%) e un livello di disoccupazione troppo alto (circa il 10%). Poi Trump ha aggiunto: “a proposito, non c’è paese più nazionalista della Francia, gente molto orgogliosa, ed è giusto così”.
Insieme a Macron anche la Merkel ha tuonato contro il nazionalismo: ha detto che porta alla guerra. I due paesi più nazionalisti d’Europa, poco dopo aver dato queste “lezioni” agli altri, hanno realizzato un’intesa a due sul bilancio dell’eurozona, ovviamente penalizzante per l’Italia. L’ennesimo gesto di supremazia ed arroganza.
Chiamano “nazionalismo” il tentativo degli altri paesi di difendere la propria sovranità e i propri interessi dallo strapotere franco-tedesco.
Peraltro, negli ultimi duecento anni, due paesi hanno tentato di soggiogare con le armi tutta l’Europa: prima ci ha provato la Francia napoleonica e poi la Germania del III Reich.
La storia dunque dovrebbe indurre quei due paesi ad evitare di dar lezioni agli altri e piuttosto dare il buon esempio. Invece continua la guerra economica e politica in Europa che è alimentata da una guerra di parole, usate a sproposito.
Per esempio identificare il nazionalismo con la nazione è come identificare la polmonite col polmone. Senza i polmoni non si può vivere e chi se li facesse asportare per evitare la polmonite si suiciderebbe. Egualmente senza sovranità nazionale un paese si suicida.
Il sovranismo è dunque un dovere. Volete il miglior esempio di sovranista mai visto in Italia, un patriota capace di una straordinaria azione di difesa dei nostri interessi nazionali? E’ Enrico Mattei. Il mitico “fondatore” dell’Eni.
Già partigiano cattolico, avendo alle spalle la Dc di De Gasperi, Vanoni e Moro, riuscì a dare al nostro paese quell’indipendenza energetica che lo liberò dalla sudditanza straniera e che fu la precondizione del nostro miracolo economico.
Mattei, difendendo i nostri interessi nazionali, inaugurò anche un rapporto nuovo nei confronti dei paesi sottosviluppati, ma ricchi di petrolio, rispettando e riconoscendo anche i loro giusti interessi. In questo modo mostrò che l’amore alla patria italiana significa anche rispettare la patria e gli interessi altrui. Il miglior campione di sovranismo è dunque Mattei.
Purtroppo oggi si stravolge il linguaggio e “sovranista” (che poi è un’espressione ripresa dall’art. 1 della Costituzione) è diventato un termine deprecabile. Addirittura la parola “nazione” è diventata disdicevole.
Ha stupito per esempio un intervento di Andrea Riccardi pubblicato dal giornale della Cei, “Avvenire” (l’intenzione era quella di attaccare i “movimenti sovranisti e populisti”).
Il concetto principale di Riccardi, leader della Comunità di S. Egidio ed ex ministro del governo Monti, è questo: “La ‘cultura nazionale’ è stata un grande contenitore che ha dato efficienza all’odio, l’ha congelato e conservato negli anni, l’ha diffuso come educazione all’identità. Storia, lingua, geografia, epica letteraria hanno contribuito all’efficienza e alla diffusione dell’odio”.
A dire il vero il Novecento è stato devastato e insanguinato da una cultura dell’odio che proveniva non dalle nazioni, ma dalle ideologie, che erano radicalmente avverse alle diverse identità nazionali: il comunismo e il nazismo.
E’ strano è che una tale demonizzazione dell’idea stessa di nazione appaia sul quotidiano dei vescovi, perché è un concetto totalmente contrapposto al magistero di Giovanni Paolo II, il quale, nel corso del suo pontificato, ha elaborato una vera e propria “teologia delle nazioni”.
Il papa polacco affermò, in uno storico discorso a Varsavia, il 2 giugno 1979, che “non si può comprendere l’uomo fuori da questa comunità che è la nazione”. E lo stesso giorno aggiunse: “la ragion d’essere dello Stato è la sovranità della società, della nazione, della patria”.
In quello storico viaggio incitò i giovani polacchi ad amare la cultura e la storia della propria nazione e concluse: “Restate fedeli a questo patrimonio! Fatene il fondamento della vostra formazione e il motivo del vostro nobile orgoglio! Conservate e accrescete questo patrimonio, trasmettetelo alle generazioni future”.
Altro che la “cultura nazionale” come contenitore di odio. Giovanni Paolo II sottolineò che “la fedeltà all’identità nazionale possiede anche un valore religioso”.
Come si vede da una parte c’è Giovanni Paolo II (a cui si potrebbero aggiungere le parole analoghe di Pio XII, di Benedetto XV, di Leone XIII e di san Tommaso d’Aquino), dalla parte opposta Riccardi e l’“Avvenire” (che su questo concetto sono in consonanza con Emma Bonino).
Fu soprattutto in un discorso all’Onu, il 5 ottobre 1995, che Giovanni Paolo II articolò l’insegnamento della Chiesa sulle nazioni.
Anzitutto dette, del Secondo conflitto mondiale, un’interpretazione opposta a quella oggi dominante
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SCIENZE TECNOLOGIE
In USA trovato serbatoio di virus mutanti
20.11.2018
I virologi americani ancora non sanno quanti virus possa contenere il suolo.
Come parte di un esperimento a lungo termine per studiare i cambiamenti climatici, i microbiologi e i virologi dell’Università del Massachusetts Amherst hanno scoperto che con l’isolamento a lungo termine dall’ecosistema generale, alcuni batteri e ceppi di virus sconosciuti alla scienza cominciano a comparire nel terreno e nell’acqua. Secondo Science Alert, i campioni di terreno in un laboratorio creato in uno dei boschi hanno mostrato la presenza di numerosi batteri mutati e 16 supervirus precedentemente sconosciuti nella scienza.
I ricercatori osservano che i virus potrebbero essersi formati a causa dell’isolamento “a lungo termine” nel suolo, ma dopo l’inizio dei processi di cambiamento climatico, il terreno in certe aree ha permesso l’inizio del processo di mutazione del microrganismo, che alla fine ha portato a un cambiamento degli agenti patogeni caduti nel terreno. Gli scienziati ritengono che processi
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Cina, in libreria il primo volume di poesie scritte dall’intelligenza artificiale
L’autore si chiama Xiaoice (tradotto in inglese come Little Ice), ed è un chatbot sviluppato da Microsoft. Per imparare a comporre ha studiato duro: tutte le poesie di 519 poeti, pubblicate dal 1920 a oggi
6 giugno 2017
di ROSITA RIJTANO
ROMA – Vede un’immagine e da lì trae ispirazione per i propri versi. E scrive, scrive, scrive a più non posso: una strofa dopo l’altra. Una personalità poetica e tormentata, le cui fatiche trovano ora posto sugli scaffali delle librerie cinesi. Eppure chi mai potrebbe immaginare che l’autore non è un essere umano. Ha mente e cuore fatti di chip e il libro appena fresco di stampa è stato annunciato in pompa magna dalla casa editrice di Pechino, Cheers Publishing, che ne ha curato la pubblicazione, come “il primo volume di poesie scritto da un’intelligenza artificiale nella storia dell’umanità”.
Il poeta si chiama Xiaoice (tradotto in inglese come Little Ice), è stato sviluppato dalla divisione asiatica dell’azienda di Redmond e ha le fattezze di un chatbot, cioè un software smart programmato per messaggiare con gli esseri umani. È disponibile su 14 social network, sia cinesi che internazionali, e conta 20 milioni di utenti. Come succede già con Zo, l’altro chatbot di casa Microsoft, anche con Xiaoice si può chiacchierare conversando del più e del meno, per allenarlo a dare risposte sempre più azzeccate, sempre più acute. Ma dietro le parvenze di un programmino comune, Little Ice ha una passione inconsueta per un cervello elettronico: quella per le poesie, appunto.
Un’attitudine nata non per caso, dato che per imparare a comporre ha studiato duro: tutte le poesie di 519 poeti, pubblicate dal 1920 a oggi. Per avere un’idea: a uno scrittore in carne ed ossa, acquisire una cultura del genere costerebbe cento anni di lettura matta e disperatissima, annota il sito web del People’s Daily, il più grande gruppo editoriale della Repubblica popolare cinese. Tale livello di preparazione, stando a quanto riferisce il papà del software Li Di, dotano Xiaoice di uno stile unico e di una straordinaria capacità di scegliere le parole giuste.
Il punto di forza del chatbot, però, non è tanto la raffinatezza linguistica quanto la straordinaria prolificità: gli ci son volute solo 2,760 ore per scrivere oltre 10mila poemi. “Ogni volta che vede un’immagine, diventa ispirato e crea una poesia moderna. Il processo è lo stesso dei poeti in carne ed ossa”, ha detto al People’s Daily Dong Huan, produttore del libro. Il numero di componimenti non passa inosservato, anche se per il volume appena uscito sono state selezionate 139 opere, pescando all’interno di questa sterminata collezione.
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