NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
16 APRILE 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Una società che si fonda sulla Menzogna Evidente
non può che produrre un cinismo di massa spaventoso.
COSTANZO PREVE, Il bombardamento etico, Edizione C.R.T., 2000, Pag. 19
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
L’Italia nel mirino delle guerre coloniali in Africa
L’ultimo allarme dalla Libia: “800mila sono pronti a partire”. 1
Stiamo prendendo troppo sottogamba la crisi libica. 1
L’infantilizzazione dell’Informazione. 1
Ladri in salute
Libia e profughi
Il Golem
Il caso Allam e il maccartismo all’italiana
Reale e Irreale. La vera lotta politica del momento. 1
Come l’Occidente liberale si toglie la maschera. 1
La Trenta vuole riaprire i porti: “Dalla Libia rifugiati e non migranti”. 1
Serraj: in Libia sono presenti circa 800.000 migranti irregolari 1
Non si fermeranno fino a quando non avranno avvelenato tutti i pozzi
Golpe Monti
Il nuovo fascismo
Gentiloni mostra i muscoli
EDITORIALE
L’Italia nel mirino delle guerre coloniali in Africa
Manlio Lo Presti – 15 aprile 2019
La posizione geografica è storicamente una fonte inesauribile di problemi geopolitici per il nostro Paese. Da qualche tempo lo è ancora di più. La contiguità con l’Africa è un serio problema. Il continente è tuttora terreno di scontro durissimo fra contendenti molto potenti. Parliamo della Cina che ne ha già preso possesso mediante la costruzione di installazioni ed infrastrutture efficientissime in molti Stati africani, fino al punto di aver costruito ben 22 città – attualmente fantasma – che possono accogliere ciascuna 22 milioni di abitanti. Si tratta di una capacità abitativa di oltre 400.000.000 persone! Gli insediamenti, ora deserti, sono perfettamente funzionanti. Saranno la prossima abitazione di 400.000.000 di cinesi trasferiti con un immenso ponte aereo? Un trasferimento di tali dimensioni spingerà 200.000.000 di africani ad invadere l’Europa.
Lascio a ciascuno di voi immaginare le infinite ripercussioni di tale operazione.
Ci sono i russi che si muovono in modo più coperto ma ugualmente efficiente. Non farà migrazioni forzate, ma sta rafforzando le basi di una propria presenza qualificata.
Ci sono i francesi con le ex colonie trattate in modo schiavistico mediante l’infernale meccanismo del franco CFA. La Francia tenta da tempo di cacciare l’Italia con l’Eni ed altri interessi. Questa guerra provocata dalla Francia, appunto, ha lo scopo di sostituirsi agli italiani con i lo 12 miliardi di euro di accordi e, nel contempo, di distruggere la penisola con una invasione di almeno 2.000.000 di c.d. profughi da zone di guerre e quindi non respingibili!
Degli inglesi per ora sappiamo poco, ma non credo che facciano da spettatori.
Come i protagonisti appena elencati, gli USA fanno e disfano alleanze e alimentano conflitti.
Insomma, la Francia ha ottenuto due piccioni con una fava. Estromissione dell’Italia e invasione da conflitti regionali da loro provocati!
Come dice Aldo Guannuli in un suo recentissimo articolo (*), la situazione è gravissima e non va sottovalutata. Si spera che una volta tanto i politici italiani ascoltino i rapporti giustamente allarmistici dei nostri servizi segreti. Già le milizie armate dell’ENI si stanno muovendo con efficacia, ma l’appoggio del nostro Paese è necessario ed opportuno per la tutela anche di altri interessi commerciali in Libia.
Anche questa volta, l’unione europea ci lascerà soli in questa pericolosissima partita SPERANDO IN UN CROLLO IMMEDIATO DELLA PENISOLA DA SACCHEGGIARE SENZA DIFFICOLTA’ GRAZIE AI BUONI UFFICI DI DRAGHI O CHI PER LUI CON IL PROSSIMO VI-VII-VIII-IX GOVERNO “TECNICO” pilotato con alacre solerzia dall’effervescente inquilino del Colle, mandatario del DEEP STATE.
Adesso è ancora più comprensibile il martellamento ossessivo psichiatrico dell’opposizione, della chiesa, delle ong, delle otto mafie, della Francia, della Germania, dell’Inghilterra per far crollare questo governo addirittura prima delle elezioni europee.
Adesso è ancora più comprensibile il pilotato ritardo all’uscita dell’Inghilterra dall’europa: i piani alti devono utilizzare i voti inglesi per contrastare numericamente la compagine “populista”. Dopo, possono pure andarsene.
Adesso è ancora più comprensibile il fatto che l’Italia sarà LA SACCA RAZZIALE DEL CONTINENTE EUROPEO.
Ne riparleremo …
IN EVIDENZA
L’ultimo allarme dalla Libia: “800mila sono pronti a partire”
30 gennaio 2019
Ad intervenire sulla questione migranti, è anche il premier libico Fayez Al Sarraj. Dalla Libia ultimamente partono più barconi, anche se complessivamente la rotta che fa perno sul paese nordafricano risulta drasticamente ridimensionata rispetto agli anni passati. Ma oltre al discorso che riguarda l’attuale impotenza a fermare del tutto i clan che gestiscono il traffico di esseri umani, contro la Libia il dito viene puntato per le condizioni in cui versano i migranti all’interno dei centri presenti nel paese. Ed ecco perché, in visita in Austria, Al Sarraj chiarisce alcuni aspetti in merito queste vicende.
“Un esercito di migliaia di migranti pronti a partire”
Ad una specifica domanda posta durante la conferenza stampa tenuta lo scorso lunedì a Vienna, assieme al presidente austriaco Alexander Van der Bellen, Al Sarraj inizia ad illustrare alcuni numeri con l’obiettivo di dare una determinata idea dell’attuale situazione in Libia sul fronte dei migranti. In particolare, secondo il premier del governo riconosciuto dall’Onu, nel suo paese sono presenti 800mila migranti irregolari: “Ma solo 20mila si trovano all’interno dei centri gestiti dal governo”, chiarisce Al Sarraj. I migranti proverrebbero, in gran parte, dal Sahel: ancora una volta è il Niger il luogo privilegiato di transito, a dimostrazione che i confini meridionali della Libia si mostrano del tutto incontrollati. Nigeria, Burkina Faso, Mali e lo stesso Niger sarebbero i paesi maggiormente coinvolti nel flusso di persone che ogni settimana riesce a raggiungere la Libia.
Ciò che maggiormente colpisce nelle parole del premier riportate dal The Libya Observer, è l’enorme sproporzione tra il numero di migranti presenti in Libia e quelli realmente accuditi all’interno dei campi profughi. Come detto, 20mila si trovano nei centri del governo, degli altri 780mila non si sa nulla o quasi. Si troverebbero sparsi tra altri centri libici, gestiti da organizzazioni malavitose e dagli stessi trafficanti di esseri umani. Nel ribadire l’alto numero di migranti irregolari presenti in Libia, Al Sarraj vuole far sottintendere che il suo governo, già alle prese con la precaria situazione interna, da solo non può far molto. E che dunque, tra gli 800mila presenti nel suo paese, molti di loro potrebbero salpare verso l’Europa già nei prossimi mesi.
Sul tema dei migranti il premier libico ritorna poi, sempre durante il suo viaggio
Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/immigrazione-lallarme-di-al-sarraj-800-000-migranti-in-libia-pronti-a-partire/
Stiamo prendendo troppo sottogamba la crisi libica.
È molto più seria di quanto non si dica.
Scritto da Aldo Giannuli. – 15 APRILE 2019
Gli italiani non hanno mai amato molto la politica estera. Per i cittadini comuni si tratta di un rompicapo incomprensibile e comunque è inutile occuparsene perché, tanto, non contiamo nulla. Per i governanti tutto si riduce a cercare l’alleato potente di cui diventare i vassalli.
E’ un grave errore di prospettiva che rende sempre debole il nostro paese che, certamente non è una grande potenza come la Russia, la Cina e gli Usa, ma non è neppure il Lussemburgo o il Botswana.
E’ una media potenza di area regionale in una posizione delicata, a cavallo fra mediterraneo ed Europa, è pur sempre uno dei maggiori paesi industriali con un peso di primo piano in campoenergetico, ha un forte potenziale (non usato) di soft power.
Dunque, pur senza avere la forza militare di una grande potenza (ma comunque ha un potenziale militare non trascurabile) ha la possibilità di incidere soprattutto se sa muoversi insinuandosi negli spazi aperti dalle rivalità fra i grandi.
In ogni caso, puoi anche decidere di non occuparti di politica internazionale, maè la politica internazionale che si occupa di te e se fai la politica dello struzzo, mettendo la testa sotto sabbia, starai messo peggio.
Veniamo alla crisi libica che dovrebbe interessarci molto, non fosse altro perché è il cortile di casa da cui partono i famigerati barconi che terrorizzano tanto i valligiani che votano Lega, ed è uno dei principali campi di approvvigionamento petrolifero e può diventare il nuovo califfato dell’Isis. E’ sufficiente per occuparcene?
Dunque, chi è Haftar? E’ un generale settantacinquenne con seri problemi di salute, per cui, pur essendo l’uomo forte di Bengasi, potremmo trovarci in tempi non tanto lunghi, con una successione che magari peggiora le cose.
Sin qui è stato l’uomo di fiducia sostenuto dall’Egitto e, almeno per ora, non ci sono elementi per dire che le cose muteranno in un futuro politicamente prevedibile, anzi potrebbe rafforzarsi l’asse che possiamo definire neo-senusso (la Senussia era la confraternita islamica tradizionalmente forte in Cirenaica e legato nettamente alla Turchia ottomana ed all’Egitto che sostenne a lungo la guerriglia anti italiana di Omar el Mukhtar), e questo è già un aspetto che dovrebbe preoccuparci, per diversi motivi.
Pochi anni fa l’Eni scoprì, al largo delle coste egiziane, il giacimento di Zhor, il maggiore deposito di gas del Mediterraneo esteso per un’area stimata di 100 Kmq, che già al momento produce quotidianamente l’equivalente di circa 365.000 barili/oil.
In breve, questo dovrebbe rendere l’Egitto autosufficiente dal punto di vista energetico e trasformarlo in esportatore. Subito dopo sono iniziate trivellazioni al largo delle coste di Israele, Libano, Cipro e Turchia con buone probabilità di altre scoperte. In ogni caso, già la scoperta di Zhor cambia lo scenario geopolitico mediorientale, facendo dell’Egitto un attore ben più potente del passato.
Peraltro, la guerra del 2011 ha prodotto la nascita di un satellite egiziano in Cirenaica, appunto il regime di Haftar. Come è noto, la parte più rilevante dei giacimenti petroliferi libici si trova in Cirenaica, tuttavia questo non significa che Haftar ne abbia il controllo pieno e possa disporne come gli pare: per un complesso gioco di ragioni (non ultima l’accesso al gasdotto algerino che collega l’Africa settentrionale all’Europa) il generale filo egiziano non è in grado di commercializzare il suo greggio sin quando c’è Serraj a Tripoli e questo spiega il suo costante tentativo di abbattere il rivale ed unificare tutta la Libia sotto il suo dominio.
Dunque, una Libia unificata sotto l’egida del Cairo diventerebbe un formidabile polo di attrazione per i paesi confinanti: dal Nord Sudan che soffre ancora delle ferite della secessione delle province meridionali, all’Algeria in piena crisi del sistema politico, alla Tunisia sempre insidiata dal radicalismo islamico, sino alla Turchia dove il regime di Edogan è il declino e con il quale si litiga per il ruolo dei Fratelli Musulmani.
Insomma, un effetto domino che potrebbe trasformare del tutto il Medio Oriente. E, data la posta in gioco, si capisce l’interesse di molti e metterci il dito, dalla Russia, alla Francia all’Arabia Saudita che si schierano con Haftar all’Europa (meno la Francia), gli Usa e Quatar che stanno dalla parte di Serraj.
Sin qui la guerra di Libia non è stata molto sanguinosa sia perché la popolazione è piuttosto scarsa, sia perché, in particolare dalla comparsa di Haftar in poi, è stata un curioso misto di colpi di mano, di acquisto di tribù e zone desertiche a suon di dollari e di propaganda.
Il generale amico del Cairo, dopo la conquista di Bengasi, non ha affrontato grandi combattimenti campali, ma ha effettuato veloci incursioni impadronendosi di varie zone versando più dollari che sangue e forse anche per questo l’Europa non si è preoccupata più di tanto dell’offensiva su Tripoli, nella convinzione che si tratta solo di un espediente propagandistico di Haftar
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Libia, invasione senza precedenti per l’Italia: “800mila pronti a salpare”, parola del premier Al Sarraj
30 Gennaio 2019
Tutto pronto per un’invasione senza precedenti, proprio nei giorni in cui lo scontro sugli immigrati è ai massimi livelli (sia tra Europa ed Italia, sia dentro al solo nostro Paese).
Dalla Libia, infatti, arrivano le spaventose parole del premier Fayez Al Sarraj. Come riporta Il Giornale, a una specifica domanda nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta lunedì a Vienna, Al Sarraj ha spiegato che in Libia ci sono 800mila immigrati regolari, pronti a partire. “Solo 20mila si trovano all’interno dei centri gestiti dal governo”, ha sottolineato il premier.
La maggiora parte dei migranti proverrebbero dal Sahel, mentre sarebbe il Niger il luogo privilegiato di transito per poi raggiungere la Libia. Colpisce il fatto che a fronte di 800 migranti irregolari, solo
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L’infantilizzazione dell’Informazione
Ci trattano come dei bambini di seconda elementare e se ne fregano del fatto che avete maturità, lauree, master, dottorati, studi all’estero e tutto quello che vi pare.
10 Aprile 2019 Di Giuseppe Masala
Ieri sera mi sono soffermato a guardare il programma di Bruno Vespa e come al solito si parlava di economia. Ci sarebbe da fare amare considerazioni sul profluvio di programmi televisivi dove a tutte le ore del giorno e della notte pensosi dotti in materie economiche discettano sul come uscire dalla crisi ormai incancrenita: più le cose peggiorano e più ci tramortiscono con le ricette degli economisti. Ma non è di questo che vi voglio parlare.
La narrazione propagandata era la solita: lo Stato è una famiglia e quando è indebitato bisogna stringere la cinghia per pagare i debiti. Una narrazione semplice ed efficace, chiunque la capisce. Peccato che sia una narrazione che non regge alla prova dei fatti. Basti pensare alla crisi del 2011 quando saltarono in aria l’Irlanda e la Spagna e fu necessario l’intervento del Fondo Salva Stati Europeo per evitare il default conclamato con tutte le conseguenze del caso. Dicevo, una narrazione che non regge alla prova dei fatti: sia la Spagna che l’Irlanda erano due nazioni con un debito pubblico bassissimo e nonostante questo si ritrovarono sul baratro del default. Ma se lo Stato-Famiglia era oculato, ben amministrato e con un basso debito pubblico perché queste due nazioni rischiavano il fallimento? Cosa c’è che la narrazione dello Stato-Famiglia fa finta di non vedere? Semplice, il debito privato e segnatamente quella parte di debito privato facente capo a residenti esteri. Erano questi che in Spagna e in Irlanda creavano problemi. E allora, se si volesse usare la metafora della famiglia per spiegare la situazione economica sarebbe più aderente alla realtà dire: la nazione che è composta da Stato, Famiglie e Imprese deve essere come una famiglia; quando si consuma più di quello che si produce alla lunga sarà costretta ad indebitarsi verso l’estero (i vicini di casa) e/o a vendere loro l’argenteria di casa. Il problema della Nazione-Famiglia è che quando l’Estero (i vicini di casa) bussano per riavere i loro soldi sei nei guai e sei costretto a ridurre i consumi perché non puoi continuare a vivere sopra le tue possibilità. E non ha la minima importanza che ad avere i debiti sia lo Stato (diciamo il padre), le imprese (diciamo la madre) o le famiglie (diciamo i figli). Se l’insieme è in disavanzo ti indebiti fino a quando qualcuno ti fa credito, dopo stringi la cinghia.
Ecco, questo ragionamento mi pare più aderente alla realtà (ci sarebbero altre complicazioni, ma tant’è) ma evidentemente i geni del marketing politico lo trovano troppo complesso e semplificano tagliando la testa al toro e cancellando l’aggregato famiglie e l’aggregato imprese e facendo coincidere lo Stato con la famosa famiglia. Un discorso che, come dicevo, non regge alla prova della realtà ma efficace.
E qui sta il fenomeno importante: è stato imposto un messaggio politico ultrasemplificato, oserei dire, infantilizzato. Ci trattano come dei bambini di seconda elementare e se ne fregano del fatto che avete maturità, lauree, master, dottorati, studi all’estero e tutto quello che vi pare. E sotto quell’aspetto hanno anche ragione: non bastano le medagliette, se poi dimostrate di non avere spirito critico vi meritate (ci meritiamo) di essere trattati come dei babbei o come dei bambini di seconda elementare.
Ecco, a ben pensare, mi pare che questo fenomeno dell’infantilizzazione del messaggio politico sia in realtà molto più generale. Pensiamo al fenomeno delle migrazioni. Il messaggio è semplice: “siamo tutti fratelli,
Continua qui: https://glindifferenti.it/linfantilizzazione-dellinformazione/2535/
BELPAESE DA SALVARE
Ladri in salute
di Marco Travaglio – domenica 14/04/2019
Chi ancora si meraviglia per il sistema criminale scoperchiato dalla Procura di Perugia sui concorsi, le nomine e le assunzioni nella Sanità umbra, con l’arresto del segretario regionale Pd Gianpiero Bocci e dell’assessore Luca Barberini e la perquisizione della governatrice Catiuscia Marini, dovrebbe ricordare quel che accadde a Milano 24 anni fa.
Era il gennaio 1995 quando una giornalista del Corriere, Elisabetta Rosaspina, chiamò una sua fonte in Regione Lombardia per avere notizie sulle nomine alle Asl. La fonte rispose di non poter parlare, perché impegnata nella riunione decisiva sui nuovi direttori generali e sanitari delle aziende ospedaliere. Ma, pensando di metter giù la cornetta, premette per sbaglio il pulsante “vivavoce”. Così la cronista ascoltò in diretta il mercato delle vacche trasversale, senza riuscire a distinguere le voci dei “progressisti” del Ppi e del Pds e da quelle dei leghisti (alleati nella strana giunta del bossiano Arrigoni). “Noi vi lasciamo Magenta e ci portiamo a casa Vimercate”. “Molla Cernusco e facciamo un discorso su Garbagnate”. “A Lecco mandate chi volete, ma non un pidiessino, sennò Cristofori ci resta di merda”. “Se non mi date il Gaetano Pini, mi dimetto e fate la giunta con il Pds”. “Se Piazza va a Lecco e Berger al posto di Grotti, mettiamo Arduini a Milano 2, ma Riboldi resta fuori”. “A Cernusco sono d’accordo di mettere un Pds e Grotti su Milano 6”. “Posso chiedere ai pidiessini di spostarsi da Cernusco a Garbagnate”. Alla fine, due voci tirarono le somme:
“Dunque, a Milano, su 17 Usl e 8 ospedali, il Ppi ha 5 Usl e 2 ospedali, mi pare ragionevole”. “Voi chiudete con 2 ospedali, San Carlo e Fatebenefratelli, e 3 Usl, noi con 3 ospedali e 5 Usl, la Lega con un ospedale e 6 Usl, il Pds 2 più 2”.
La cronaca politica diventò presto cronaca giudiziaria: quasi tutta la giunta finì rinviata a giudizio. Ma il 1° luglio 1997, prima delle sentenze, il Parlamento a maggioranza centrosinistra ma anche coi voti del centrodestra, provvide a salvare tutti depenalizzando l’abuso d’ufficio non patrimoniale. Al giudice non restò che prosciogliere tutti gli imputati perché il reato non c’era più: se il pubblico ufficiale commette un atto contrario ai suoi doveri d’ufficio, ma non si riesce a dimostrare che ne abbia avuto un vantaggio quantificabile in denaro, non rischia più nulla. Legalizzati i favoritismi, le lottizzazioni, i nepotismi, i concorsi truccati. È la tipica reazione della politica agli scandali. Anziché rimuovere gli indagati, riformare le norme e le prassi che li inducono in tentazione, rendere più difficile commettere illeciti e più facile scoprirli, si aboliscono i reati e tutto continua come prima.
Fra i miracolati dalla controriforma del ’97 c’era l’ex assessora lombarda alla Sanità, Patrizia Toia, 47 anni, ex Dc passata al Ppi. Che, anziché accendere un cero alla Madonna e ritirarsi a vita privata, fece carriera: parlamentare dell’Ulivo, sottosegretaria nel governo Prodi-1, ministra nei governi D’Alema e Amato, eurodeputata dell’Ulivo e poi del Pd per altre tre legislature dal 2004 a oggi, è stata appena ricandidata da Zingaretti alle Europee per la quarta volta, a 69 anni. Ieri abbiamo pensato a lei, a quelli come lei e a chi li ha sempre protetti e promossi, leggendo le desolanti intercettazioni di Perugia, dove i vertici del Pd pilotavano (“un sistema illecito che andava avanti da sempre”) non solo le nomine dei vertici delle Asl, ma anche i concorsi per primari, medici, ausiliari, infermieri, barellieri e persino i posti riservati ai disabili, ciascuno col suo raccomandatore politico, o massonico, o curiale: “Non riesco a togliermi le sollecitazioni dei massimi vertici di questa Regione a tutti i livelli. Ecclesiastici… ecumenici, politici, tecnici. Se no a ’st’ora c’avevo messo le mani sulla gastro… altro che disposizioni di servizio dell’altra
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CONFLITTI GEOPOLITICI
LIBIA E PROFUGHI
Giovanni Bernardini – 13 aprile 2019
Il possibile riaccendersi della guerra civile in Libia darà fiato alle trombe degli immigrazionisti ad oltranza. Già ora viene presentato come a prova che la Libia non è MAI stata un porto sicuro.
Vediamo di chiarire, per punti, alcune cose.
1) L’attuale governo libico è riconosciuto dalla comunità internazionale, Italia compresa. Con quel governo il Ministro MINNITI strinse a suo tempo accordi in tema di immigrazione. Presentarlo come un governo genocida appare quanto meno azzardato. Chi lo fa dovrebbe essere contento del riacutizzarsi della guerra in Libia: grazie a questo riacutizzarsi un governo “genocida” e “razzista” potrebbe essere bloccato.
2) Fuori da facili polemiche: da sempre i profughi che fuggono da guerre e persecuzioni raggiungono il posto più vicino che possa offrir loro un riparo. Gli esuli antifascisti italiani e gli sconfitti della guerra civile spagnola ripararono in Francia. Gli ungheresi ed i cechi che fuggirono dai loro paesi dopo le invasioni sovietiche del 1956 e 1968 si rifugiarono in larga misura in Austria o in Italia. Chi fuggiva dalla RDT si rifugiava nella Repubblica federale tedesca.
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CULTURA
Il Golem
Federica Francesconi 11 04 2019
Ecco come lo pseudo-Fulcanelli (un discepolo del famoso alchimista o un membro della scuola da lui fondata, forse lo stesso Canseliet) In “Finis gloriae mundi” ebbe a descrivere metafisicamente l’attuale condizione del mondo dominata dal Golem tecnologico e scientista:
“Non si tratta degli ultimi sussulti del Kali-Yuga, di una manifestazione obbligata di una degenerazione ciclica. No! Questa trasgressione va molto più lungi del disordine causato da uno stato di decadenza. Quella che noi vediamo è un’alchimia invertita che si avvicina pericolosamente all’irrimediabile peccato contro lo
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“Il fuoco dentro” di Riccardo Nencini, scritti inediti di Oriana Fallaci: “Firenze matrigna con i suoi figli migliori”
Laura EduatiL’Huffington Post – 23 marzo 2016 RILETTURA OPPORTUNA E NECESSARIA
Antipatica, spigolosa, arrabbiata con l’Islam, superbamente chiusa come in una torre d’avorio nell’appartamento di Manhattan. E soprattutto in continua lotta con la sua Firenze. “Questa è l’unica immagine che sopravvive a Oriana Fallaci. Come suo amico intimo sento il bisogno di ricostruire le parti mancanti. Fu lei stessa a dirmi: pensaci tu a raccontarmi alla città che mi tratta male”.
Riccardo Nencini (Psi), oggi viceministro ai Trasporti dopo una lunga carriera politica al consiglio regionale toscano, racconta che una notte ricevette una chiamata da New York. “Era lei, litigammo per ore per una vicenda legata come sempre alla sua città natale. Alle otto del mattino dissi: signora Fallaci, di cosa stiamo parlando esattamente?”. In quel momento passarono a darsi del tu e rimasero amici fino alla sua morte nel settembre 2006.
Dieci anni dopo Nencini pubblica Il fuoco dentro. Oriana e Firenze (Mauro Pagliai Editore, pp. 176, euro 10), libro che accosta frammenti della vita adolescente della Fallaci negli anni di guerra e della liberazione, al rapporto tempestoso con la sua città natale e alle polemiche con gli amministratori fiorentini, in particolare per l’accampamento dei somali tra il Battistero e la Cattedrale nel 2000, poi l’apocalittico avvertimento ai suoi concittadini in occasione del Social Forum (“abbassate le serrande, chiudetevi in casa!”) e infine, come un boccone andato di traverso, la concessione regionale della Toscana alle mutilazioni genitali “protette”.
“Oriana trovava giustamente questa decisione politica il frutto di una Europa che non difende i propri valori, un’Europa stanca che tollera l’arretramento dei diritti individuali in nome di un multiculturalismo peloso”, spiega all’Huffington Post il viceministro, che già nel 2007 aveva scritto un fortunato memoriale sulla Fallaci intitolato “Morirò in piedi”. “Sull’Eurabia e la guerra tra Islam e Occidente non sono mai stato d’accordo, ma sulla difesa delle conquiste europee aveva ragione, una ragione postuma anche dopo i fatti di Charlie Hebdo e le molestie di Colonia”.
All’epoca invece la sinistra, tranne pochissime eccezioni, lasciò sola la Fallaci
Continua qui: https://www.huffingtonpost.it/2016/03/21/riccardo-nencini-oriana-fallaci_n_9515600.html
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Questo articolo è stato pubblicato su Lettera 22 e Il Riformista
Ci sono volte in cui si spera che l’oblio copra per sempre pagine poco edificanti della Storia. Pagine dai torni scuri, dai sapori amari, dagli esiti tristi. Poi, come una frusta, i sapori e i toni di quelle pagine salgono di nuovo in gola, negli occhi. Sono segnali proustiani, cellule-sentinella pronte a ricordarci di stare attenti. Che il pericolo di ritonfare dentro periodi bui è alle porte. È il maccartismo in versione italiota a bussare alla porta. Un maccartismo, certo, ancora meno evidente di quello che segnò gli Stati Uniti esattamente mezzo secolo fa. Ma non meno pericoloso. L’ho firmato per adempiere prima di tutto a un dovere morale, quello di rammentare – per quanto mi era possibile – all’intellighenzia italiana quali sono i compiti primi di un ceto che dovrebbe usare la testa e l’etica. Mai l’una senza l’altra. Sono nata nell’anno del Muro di Berlino, l’ormai lontano 1961. Sono stata formata da un giovane maestro elementare, con un altissimo senso del dovere e dell’abnegazione, al rispetto della sostanza di una bellissima Costituzione, sintesi dell’incontro di uomini provenienti da storie molto diverse. Sono cresciuta alla scuola di Paolo Spriano, singolare prodotto di cultura gobettiana e comunista, che mi ha insegnato il mestiere di storica e giornalista insieme. Dalle lezioni “anagrafiche” a quelle che Spriano teneva alla Sapienza di Roma, ciò che rimane solido dentro la mia etica individuale è il rispetto dell’uomo e – se possibile – della verità complessa. È per questo rispetto che ho firmato l’appello di Paolo Branca. E lo firmerei cento volte ancora, se e quando necessario. Il maccartismo odierno vuole che, nell’Italia di transizione in cui ora ci è dato di vivere, ci debba essere solo una vulgata, di quello che succede a sud e a est del Mediterraneo, in mezzo a oltre duecento milioni di persone che sono prima persone, poi arabe, e magari musulmane. Ci deve essere una sola vulgata della vita, cronaca, storia di un miliardo e trecento milioni di persone che, assieme e oltre il mondo arabo, sono musulmane. La vulgata è: sono un pericolo, sono un tutto indistinto che fa paura. Guai, dunque, a chi – da intellettuale e uomo di pensiero – rimarchi la complessità di un mondo di cui emerge solo l’infima percentuale oscura e (quasi) mai la grande civiltà e vivacità. Guai, soprattutto, a chi ricorda con il proprio lavoro quotidiano che si sta parlando di uomini, di società, di civiltà. L’appello di Paolo Branca non mette all’indice un libro. Tanto meno una |
Continua qui: http://www.caffeeuropa.it/pensareeuropa/326caridi.html
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Reale e Irreale. La vera lotta politica del momento
di Roberto Quaglia – 01/01/2017
Fonte: Megachip
Tre articoli, altrettanti video di Roberto Quaglia sul tema cruciale dell’anno, nel momento in cui il Re nudo dei media rovescia il tavolo e dice che i nudi siete voi.
La Politica 2.0 ovvero la lotta di classe fra il Reale e l’Irreale.
1) I pifferai magici dell’Irreale;
2) Maccartismo 2.0, ma McCarthy è Mister Bean;
3) Fermare il delirio: un movimento verso il Reale.
QUI IL SAGGIO COMPLETO in formato PDF.
- I pifferai magici dell’irreale
La prima domanda di oggi è: quanto credete voi di ciò che vedete in televisione?
Probabilmente, non esattamente tutto.
E la seconda domanda di oggi è: quanto credono di ciò che vedono in televisione le persone che voi conoscete? Forse più di voi, ma anche loro probabilmente non tutto. Se avete dei dubbi ponete loro questa stessa domanda: quanto credete di ciò che vedete in televisione? Credo sia ormai difficile trovare una persona che dichiari in buona fede di credere a tutto ciò che vede in televisione. L’idea che alla televisione ci raccontino un sacco di balle è ormai un concetto diffuso. E per inciso, anche per la stampa non è che vada meglio.
Eppure, ci sono diversi gradi di scetticismo rispetto alla visione del mondo che ci propongono i media mainstream. Si va dallo scettico omeopatico, che ha sì qualche piccolo dubbio, ma poi alla fine finisce per credere a tutte le balle essenziali, anzi, i suoi piccoli dubbi rinforzano paradossalmente le sue false credenze, sennò che scettico omeopatico sarebbe – fino al complottista più sfegatato, quello che confonde il non credere a nulla che venga dal maistream con il credere a tutto – purché non venga dal mainstream – un semplice capovolgimento di bias, un’attitudine che porta anch’essa a prendere grandi cantonate.
I cittadini dell’Occidente ormai si dividono principalmente in due: quelli che ormai in merito ai temi che contano non credono più all’informazione maistream e quelli che dicono di nutrire sì qualche dubbio e di non credere proprio a tutto, ma che nell’insieme invece credono ancora al mainstream, anche se devono fare sempre più spesso eccezioni quando si accorgono, ogni volta con un certo stupore, che ciò che viene loro comunicato non è proprio tutto da prendersi come oro colato. Ricordate lo stupore collettivo con cui l’Occidente prese atto che sulle famose armi di distruzione di massa di Saddam tutti i media avevano riportato notizie false? La cosa si ripete e continua a ripetersi ed ogni volta tutti si scoprono eternamente stupiti. Per dovere di cronaca dobbiamo poi anche menzionare una porzione di popolazione che annaspa al di là del credere o non credere – mi riferisco ai famosi “analfabeti funzionali”, quelli che, pur capendo la propria lingua, se però leggono o ascoltano qualcosa, non ne afferrano propriamente il significato. Ragione per cui in genere si limitano a ripetere quello che sentono dire più spesso, senza porsi troppi pensieri o perché. Di loro però adesso baderemo bene di non parlare.
Il dato di fatto importante è che fra la popolazione pensante occidentale, la credibilità dei grandi mezzi di informazione è in caduta libera. E, se posso aggiungere la mia opinione, ciò avviene con buona, anzi, buonissima ragione. Il mondo che i grandi media occidentali raccontano è infatti ormai un mondo del tutto immaginario e quando non è immaginario è irrilevante. La verità viene deformata per piegarla alle ragioni dell’invisibile ideologia occidentale, ed i nodi vengono al pettine quando, come nel caso recente delle elezioni americane oppure del Brexit, i media annaspano così distanti dal mondo del reale da rendersi completamente ridicoli nel momento in cui inevitabilmente finiscono per sbagliarle tutte. Ceffano ogni previsione e poi si rendono ridicoli con le false spiegazioni. Allontanarsi dal reale comporta infatti controindicazioni del genere.
I non più giovanissimi fra voi ricorderanno quando, nel 1991, alla fine della Prima Guerra del Golfo, il mitico ministro dell’informazione iracheno del regime di Saddam Hussein, Muhammad Saeed al-Sahhaf, che per tutta la guerra si era esibito in conferenze stampa trionfali, al momento della sconfitta continuava impassibilmente a mentire davanti alle telecamere sul fatto che la situazione fosse perfettamente sotto controllo, mentre in sottofondo si udivano gli spari della battaglia già dentro Bagdad e già si vedevano scene di combattimento in città. Poveretto, era al di là del ridicolo, faceva quasi pena, in seguito il Web lo prese in giro per mesi e mesi con caricature su caricature.
Oggi però lo stesso fenomeno coinvolge l’intero mainstream informativo occidentale. Non è soltanto il fatto di mentire che fa crollare ogni fiducia e rispetto nei confronti di televisioni, giornali e giornalisti. E’ il fatto di mentire in modo del tutto incoerente, in costante e ripetuta contraddizione con se stessi, affermando tutto ed il contrario di tutto a seconda delle occasioni, negando sistematicamente l’evidenza ed in totale disprezzo di ogni logica, un comportamento da veri e propri disturbati mentali. Il mistero non è come mai metà del pubblico abbia abbandonato con disgusto lo spettacolo, il mistero è cosa stia aspettando l’altra metà del pubblico a fare lo stesso.
L’ultima farsa, in ordine di tempo, è la risoluzione votata dal parlamento europeo, nella quale ci si propone di prendere “provvedimenti” contro la cosiddetta e terribile “guerra russa dell’informazione”, che poi andando bene a guardare si tratta di un singolo canale televisivo che la gente per lo più si guarda su Internet, RT, nota anche come Russia Today, ed una singola agenzia di stampa, Sputnik, anche questa accessibile in Europa solo su Internet. Nessuno si chiede come facciano queste due piccole realtà marginali, peraltro disponibili solo in un paio di lingue, a minacciare il colossale impero di centinaia fra reti televisive e testate giornalistiche occidentali che parlano, anzi, strillano allineati in coro ai cittadini europei, a ciascuno nella sua lingua, da tutti i canali televisivi e da tutte le edicole, col monopolio del 99% degli spazi. Una potenza di fuoco centinaia e centinaia di volte più potente di quella dei russi, ma chissà perché per capire cosa succeda nel mondo oggi sempre più cittadini europei preferiscono informarsi presso le più modeste fonti russe. Chissà perché. I politici e giornalisti occidentali non ce lo spiegano. Chiamano il giornalismo dei russi “propaganda”, ma non sanno spiegare perché esattamente sarebbe propaganda. Cosa intendono poi con “propaganda”? Si riferiscono forse a “informazioni false”? Non ce lo dicono. Anche perché poi magari dovrebbero farci qualche esempio di queste presunte informazioni false. Evidentemente però non sono in grado. Non sostengo che tutto ciò che venga da fonti russe debba essere necessariamente vero – ci mancherebbe altro. Ma se c’è qualcosa di falso, perché non isolare la menzogna ed esporla con tutte le prove e spiegazioni del caso?
Per contro, io invece potrei parlarvi per ore e ore di tutte le singole menzogne vomitate dalla stampa occidentale, dalla nostra stampa, mostrandovele singolarmente una dopo l’altra. E’ così che si espone la propaganda, dissezionandola, analizzandola punto per punto, elencando le bugie, spiegando, dimostrando. E invece che cosa si fa in Occidente? Si lanciano anatemi, si urla istericamente, si minacciano orribili rappresaglie, ma non si spiega mai in cosa in effetti consisterebbe questa presunta propaganda, non si fa mai neppure un esempio di una bugia o di un fatto distorto, niente di niente. Piuttosto, si arriva invece addirittura a paragonare il giornalismo di matrice russa nientedimeno che ai. tagliagole dell’ISIS, ai video splatter-propagandistici in cui questa feccia decapita la gente. E questo avviene in una sede istituzionale come il Parlamento Europeo. Vi rendete conto di cosa stanno facendo i vostri rappresentati a Bruxelles? Li avete eletti voi, ragazzi, e adesso questi qua mettono sullo stesso piano giornalisti e terroristi tagliagole. A nome vostro. Complimenti.
Prendete atto del fatto che oltre a starnazzare come oche impazzite “Russian propaganda, Russian propaganda“, ed accostare rispettabili giornalisti ai tagliatori di teste, questa gentaglia non ha evidentemente altri argomenti.
La realtà è quindi un’altra, e cioè che da un lato le notizie riportate in Europa dalle fonti russe sono solitamente accurate, altrimenti sarebbe facile smontarle, proprio come è facile smontare le notizie false del mainstream occidentale. Ed in secondo luogo che c’è un Occidente che è ormai terrorizzato da qualsiasi opinione che diverga dalla propria monolitica rappresentazione del mondo, proprio come lo era l’Unione Sovietica ai suoi tempi – e tutti abbiamo visto che fine abbia poi fatto l’Unione Sovietica. L’Occidente non è più in grado di sopportare opinioni che si discostino dai propri assiomi.
La delibera del parlamento europeo è soltanto l’ultimo atto censorio, in ordine di tempo, contro il giornalismo non allineato. Pochi mesi fa erano stati chiusi i conti bancari di RT in Inghilterra, senza alcuna spiegazione. Qualche anno fa era stata oscurata la rete iraniana Press TV dai satelliti europei. Si invocano censure ulteriori.
Quando qualche mese fa feci un’incursione nel parlamento europeo in ottima compagnia trovai dentro al parlamento stesso un manifesto pubblicitario che metteva in guardia nei confronti della propaganda russa.
Ecco l’apoteosi del delirio, i lavatori di cervelli colti nel fragrante atto di lavare i loro stessi cervelli in un atto di mistificazione surreale che ha un qualcosa fra lo psicotico ed il masturbatorio.
Un giorno si scriveranno libri su questo nuovo periodo oscuro della politica occidentale ed i nostri posteri guarderanno increduli alle scemenze che oggi compiamo. Questo, beninteso, se sopravvivremo all’infausta destinazione dove questi pifferai magici dell’irreale ci stanno conducendo e se gli ancora troppi lemming che sono tra noi continueranno a seguirli.
Benvenuti quindi nel magico mondo del Maccartismo 2.0. Su cosa fosse il Maccartismo 1.0 ed in cosa differisca il Maccartismo 2.0 ne parleremo alla prossima occasione.
Link primo capitolo: http://roberto.info/it/2016/12/29/pifferai-magici-irreale/#more-1376.
- Maccartismo 2.0, ma McCarthy è Mister Bean
È ormai un concetto comune che la storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa. E’ diventato un concetto comune proprio perché il fenomeno continua a verificarsi. Ma ogni volta, chissà perché, la farsa è sempre più farsesca.
Forse non tutti sanno che nei primi anni 50 del ventesimo secolo, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti furono sommersi da una ondata di paranoia anticomunista senza precedenti. Questo fenomeno è oggi noto come “maccartismo”.
Il termine “maccartismo” deriva dal nome del senatore Repubblicano del Wisconsin Joseph McCarthy, il quale conduceva le audizioni dei personaggi sospettati di simpatie comuniste ed antiamericane, interrogatori particolarmente umilianti che ad un certo punto furono pure trasmessi in tivù.
L’ambiente di Hollywood ne fu particolarmente colpito. Più di 330 fra attori, autori e registi finirono sulla lista nera, perdendo così la possibilità di lavorare. Charlie Chaplin fu una delle persone accusate di attività antiamericane, gli revocarono addirittura il visto d’ingresso negli Stati Uniti dopo una visita in Europa. E pure Walt Disney fu chiamato a testimoniare e fu sospettato di comunismo. Ma ve lo immaginate un Walt Disney colpevole di “attività antiamericane”? “Walt Disney l’antiamericano” è l’ossimoro del secolo! Furono indagati anche Orson Welles, il musicista Leonard Bernstein, il fisico dei quanti David Bohm, il padre del progetto Manhattan Oppenheimer, addirittura Albert Einstein, tutti potenziali comunisti ed antiamericani. Ci mancava che indagassero lo stesso presidente degli Stati Uniti. L’isteria durò parecchi anni, prima che si spegnesse. Eleanor Roosevelt, moglie del presidente americano ebbe a dire a proposito: «È stata una vera e propria ondata di fascismo, la più violenta e dannosa che questo Paese abbia mai avuto.»
Oggi il termine “maccartismo” ha una connotazione di accusa falsa e isterica, e d’attacco governativo alle minoranze politiche. Nessuno riesce oggi ad immaginarsi che un fenomeno tanto assurdo e delirante possa ripetersi. Nessuno riesce ad immaginarselo proprio mentre contemporaneamente il fenomeno si è ripresentato, con la russofobia isterica che in Occidente monta ogni giorno di più.
Julian Assange recentemente lo ha chiamato neo-maccartismo, io preferisco chiamarlo maccartismo 2.0, così da poterlo meglio distinguere dal maccartismo 3.0 che prima o poi ci toccherà.
Ciò che rende il maccartismo 2.0 particolarmente farsesco è che le stesse persone che lo fomentano sono probabilmente quelle che più di altri sostengono o sosterrebbero che un fenomeno assurdo come il maccartismo non potrebbe più verificarsi. Mica male, eh: fomentare un fenomeno mentre neghi che esso possa riaccadere. E magari anche in buona fede – il che, vorrei azzardare, è un’aggravante. Probabilmente, costoro capirebbero di trovarsi in una ondata di maccartismo solo se la campagna fosse ufficialmente inaugurata da qualcuno che si chiamasse anche lui McCarthy. Sono un po’ come quelli che ti mettono in guardia contro il fascismo, ma essi stessi sono in grado di riconoscere il fascismo solo se si ripresenta con gli stessi esatti costumi dell’epoca. Togli ai fascisti la divisa e sostituiscila con un doppiopetto e già questi intelligentoni non solo non capiscono più nulla, ma danno tutto il loro sostegno ai nuovi fascisti, che senza uniforme essi non sanno proprio riconoscere.
Se, come detto, nel Maccartismo 1.0 ci mancava solo che arrivassero ad accusare anche il Presidente degli Stati Uniti, nel Maccartismo 2.0 si è ovviato a questa mancanza. Come Hollywood ci insegna, i sequel devono esagerare negli effetti speciali per riuscire a stupire, e allora nel Maccartismo 2.0 si dipinge lo stesso neoeletto Presidente Trump come un burattino di Putin. Ma vi rendete conto?
Un altro aspetto umoristico di questo Maccartismo 2.0 è che i grandi imputati dai nuovi cacciatori di streghe, RT, cioè Russia Today e l’agenzia giornalista Sputnik, hanno nelle loro redazioni occidentali degli staff più o meno interamente occidentali. Chiunque abbia guardato RT avrà notato che si tratta di giornalisti di grande esperienza e capacità. Il famoso Larry King Show, uno dei più longevi talk show negli Stati Uniti, si è spostato dalla CNN a RT. Immaginare ora che tutti questi abili professionisti siano o spie russe oppure giornalisti venduti alla propaganda di Putin è non solo paranoico, ma pure del tutto stupido. Un giornalista televisivo di provata abilità e carisma se vuole non ha alcuna difficoltà a trovare felice collocazione nel giornalismo mainstream, dove peraltro non rischia il linciaggio delle cacce alle streghe.
Piuttosto, è proprio dal mainstream che saltano fuori gli scandali. Come quando il giornalista tedesco Udo Ulfkotte, per anni editore nella Frankfurter Allgemeine Zeitung, in preda a pentimento ha fatto outing confessando in pubblico di essere stato a lungo foraggiato dalla CIA per promuovere una linea atlantista, e che molti suoi colleghi sono altrettanto compromessi e corrotti. Ulfkotte ha scritto anche un libro sul tema: Giornalisti venduti (“Gekaufte Journalisten“). Curioso come di fronte ad un caso provato di propaganda – abbiamo addirittura il reo confesso, cosa volete di più – nessuno in Occidente si dia all’isteria, o anche solo all’inquietudine, ma piuttosto a riguardo regni il silenzio più totale. L’espressione due pesi due misure qui è decisamente un diminutivo.
La caccia alle streghe del Maccartismo 2.0 ha subito un’accelerazione quando il Washington Post ha pubblicato un forte articolo nel quale ha accusato la “propaganda russa” di avere diffuso notizie false durante la campagna elettorale americana che avrebbero aiutato Trump a battere la Clinton. Accusare la Russia di essere in grado di modificare l’esito delle elezioni presidenziali americane è cosa ben ben tosta – nemmeno McCarthy a suo tempo aveva osato tanto. Il Washington Post rimanda anche a PropOrNot, un sito web registrato pochi mesi fa da americani che dicono di voler combattere la propaganda russa e che chissà perché vogliono rimanere anonimi. PropOrNot elenca anche una lista di 200 siti di propaganda russa che comprende praticamente tutti i siti alternativi di informazione americani. Dal che dobbiamo dedurne che chiunque non sia allineato al mainstream negli Stati Uniti è al servizio, consapevole o inconsapevole, dei russi, e questo per rivelazione di un gruppo anonimo senza credenziali a cui però il Washington Post riconosce invece ogni credito. Accipicchia! E poi saremmo noi i complottisti!
Quest’articolo orwelliano del Washington Post ha scatenato una tale tempesta di critiche, proteste, sfottò da parte del mondo dell’informazione indipendente, ed anche una minaccia di denuncia per diffamazione, che il Washington Post ha in seguito dovuto fare retromarcia e dichiarare in una nota che essi non possono garantire per la attendibilità del sito PropOrNot che essi avevano appena citato come attendibile. Insomma, si sono immediatamente squalificati da soli, e chiunque abbia occhi per vedere capirà subito da che parte si pubblicano le informazioni false.
“Fake news”, notizie false è l’espressione chiave, il nuovo mantra con cui in Occidente il mainstream cerca di squalificare l’informazione non allineata. La precedente parola magica, “complottista”, ha perso efficacia, la nuova parola d’ordina è “fake news” e che si tratti di una parola d’ordine è evidente dalla velocità con cui si è propagata per tutto il mainstream.
L’aspetto affascinante è che l’accusa di diffondere notizie false è esattamente quella che il mondo nuovo che si è creato attorno ai circuiti dell’informazione non allineata, cioè noi, da tempo rivolge al mainstream, anche se fino ad ora senza utilizzare un’etichetta univoca di grande impatto come l’espressione “fake news”. Di fronte alla montante marea di queste accuse il mainstream è giunto alla brillante idea di ribaltare le cose, rimandando l’accusa al mittente, ma con due sostanziali differenze: innanzitutto un’etichetta, un “brand” di grande efficacia comunicativa – “fake news” – ed in secondo luogo la totale assenza di argomentazioni a sostegno delle accuse. Il risultato comico è che i media indipendenti non ci hanno impiegato molto a ribaltare la frittata a loro volta ed adottare il “brand” creato per denigrarli – “fake news”, contro il mainstream stesso. Ma in questo caso con tutte le argomentazioni del caso a sostegno delle accuse. Di fronte a questo ennesimo pasticcio ed autogol il mainstream, in un articolo apparso sul New York Times, si è esibito in un capolavoro dell’assurdo, ovvero la falsificazione della stessa storia di come l’etichetta “fake news” è assunta a “brand” in questa guerra dell’informazione, sostenendo – falsamente – che sia avvenuto ad opera dei perfidi media indipendenti e dei conservatori americani. Un esemplare caso di “fake news” al quadrato, quindi.
Abbiamo quindi oggi due mondi contrapposti, ognuno dei quali sostiene che le notizie veicolate dall’altro sono false. Pari e patta? Stessa cosa a ruoli invertiti? Ma nemmeno per sogno. Quando i giornalisti non allineati smascherano le notizie false mainstream di solito lo fanno mettendo puntigliosamente sul piatto le prove delle falsificazioni. Ma lo stesso raramente accade in direzione contraria. Il maistream si limita a dichiarare falsa l’informazione non allineata in virtù di un dogma, per verità rivelata, per decreto imperiale, per proprio arbitrio incontestabile, in cui l’unico argomento a sostegno è la propria presunta autorità. Se non ci credete fate qualche ricerca voi stessi.
Se durante il Maccartismo 1.0 McCarthy aveva gioco facile, perché non essendoci ancora internet l’informazione non allineata era ben poca cosa, nel Maccartismo 2.0 i nuovi cacciatori di streghe non fanno in tempo a dire una cazzata che milioni di booohh-booohhh si levano in rete a ridicolizzarli – e scopriamo così che nel Maccartismo 2.0 McCarthy è in effetti Mister Bean.
Se ai tempi del Maccartismo 1.0 la gente aveva la scusa della mancanza di informazioni alternative rispetto a quelle del mainstream cacciatore di streghe, oggi questa scusa non c’è più, dato che esiste internet e ci sono circuiti di informazione indipendente. Questo fa sì che per poter stare in piedi il Maccartismo 2.0 deve fare leva su livelli di stupidità senza precedenti, poiché per dargli retta oltre ad essere ciechi alle leggi della logica bisogna anche essere ciechi all’evidenza dei fatti stessi, visto che i fatti sono oggi a disposizione dell’analisi di chiunque voglia davvero informarsi.
E questo ci riporta a quanto io dico ormai da tempo, che l’Occidente è ormai irreversibilmente diviso in due veri e propri mondi separati, che anche se condividono gli stessi spazi vivono in realtà separate, e ognuno di questi due mondi considera l’altro una trappola di irrealtà. Il mondo rappresentato dal mainstream è in crisi di fede – e questo spiega l’isteria del mainstream nei confronti della montante marea di “eretici”, mentre il secondo mondo, il mondo di quelli che hanno perso fiducia nella narrativa mainstream, nei telegiornali, nella grande stampa, è in crisi di rappresentanza. Insomma, esistono, sono milioni di persone, hanno iniziato a pensare con la propria testa, diventano sempre di più, ma ancora non godono di una adeguata rappresentanza politica. È un aspetto interessante ed importante, del quale parleremo la prossima volta.
Link secondo capitolo: http://roberto.info/it/2016/12/30/maccartismo-2-0-mccarthy-mister-bean/#more-1389.
- Fermare il delirio – un movimento verso il reale
All’indomani della vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane, Gianluigi Paragone condusse una puntata de La Gabbia Open dove fra gli altri si fronteggiavano Giulietto Chiesa e Marcello Foa, due giornalisti molto diversi fra loro, con origini e storie radicalmente differenti, due tradizioni politiche antitetiche alle spalle, insomma, due persone che secondo la logica in cui siamo cresciuti avrebbero dovuto dissentire su praticamente tutto.
Invece, analizzando non solo l’esito delle elezioni americane, ma l’intero panorama politico internazionale contemporaneo, la visione di Chiesa e Foa concordava in modo sorprendente. In modo sorprendente, secondo il modo vecchio di intendere la politica, ma in modo per nulla sorprendente secondo il paradigma della Politica 2.0.
La politica a cui siamo abituati, che potremmo chiamare la Politica 1.0, è ormai finita. Era la politica di ideologie che non ci sono più, in una società fatta di persone con identità di gruppo che stanno scomparendo, collocata in un mondo senza internet che non c’è più nel quale la realtà condivisa generata dai media era incontestabile, cosa che grazie ad internet non è più.
Naturalmente, la Politica 1.0 ha la sua buona dose di inerzia e nelle convulsioni della sua agonia causerà sconquassi anche importanti. Naturalmente non sappiamo come si evolverà la Politica 2.0. Non abbiamo la sfera di cristallo. Ma possiamo fare delle ipotesi.
Quasi certamente la Politica 2.0 avrà due facce.
Nella sua manifestazione utopica la sua forza di trazione verrà dalla forza aggregante della rete. Soprattutto, essa non potrà prescindere dalla realtà, per lo meno non troppo, non certo nella misura incredibile in cui dalla realtà oggi prescinde la Politica 1.0.
Nella sua manifestazione distopica la Politica 2.0 sarà invece un impietoso meccanismo quasi-deterministico, in grado di utilizzare Big Data per formulare immagini psicometriche di ciascuno di noi che permetteranno di colpirci con un marketing politico personalizzato in grado di sedurci a colpo sicuro. In altre parole, l’ultima frontiera del populismo, le promesse (che non verranno mantenute) personalizzate cittadino per cittadino. Di questo aspetto della politica 2.0 però oggi non parlerò. Non mettiamo troppa carne al fuoco.
Ho illustrato in un paio di miei precedenti interventi la deriva verso l’irreale intrapresa dal mainstream politico-giornalistico occidentale negli ultimi anni. E’ il canto del cigno della Politica 1.0. False rappresentazioni del mondo e di quello che succede che hanno causato un vero e proprio scisma della percezione del mondo delle popolazioni occidentali.
Bisogna rendersi conto che l’entità del cambiamento in atto rivaleggia per portata con quella del crollo del sistema sovietico. E’ una intera visione del mondo quella che si sta rapidamente disfacendo in Occidente, ed il pubblico occidentale per lo più si divide in due.
C’è chi si tiene stretto il paraocchi e sperando di conservare un quieto vivere
Continua qui: https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=57999
Come l’Occidente liberale si toglie la maschera
Hypocrite lecteur, mon sembable, mon frére
11 Aprile 2019 Di Andrea Zhok
Stamane hanno arrestato Julian Assange. Dopo sette anni di reclusione nell’ambasciata ecuadoregna di Londra, dove aveva cercato rifugio nel 2012 per sfuggire alle accuse di molestie sessuali premurosamente fabbricate in Svezia (paese con grande expertise in materia).
Theresa May al parlamento britannico ha affermato orgogliosamente che “questo mostra che nel Regno Unito nessuno è al di sopra della legge”.
Già.
Cosa non si fa per tenere alto il vessillo dei valori liberali.
Qui una volta di più si celebra l’amore e la dedizione dell’Occidente liberale per i
Continua qui: https://glindifferenti.it/loccidente-liberale-si-toglie-la-maschera/2542/
DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
La Trenta vuole riaprire i porti: “Dalla Libia rifugiati e non migranti”
In Libia continuano gli scontri. Ci sarebbero 6mila immigrati pronti a partire. E il ministro della Difesa: “Il futuro non è gestibile con la chiusura dei porti”
Andrea Indini – Lun, 15/04/2019
C’è una fronda, all’interno dell’esecutivo, che vuole contrastare la linea dura dettata da Matteo Salvini per contrastare l’immigrazione clandestina. Contro la chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong si sono, infatti, schierati sia il vicepremier grillino Luigi Di Maio sia il ministro della Difesa Elisabetta Trenta.
Un attacco incrociato alle misure volute dal numero uno della Lega che hanno portato all’azzeramento degli sbarchi sulle coste italiane.
“Sono appena tornata da un viaggio nel Corno d’Africa, ero stata poco tempo prima in Niger: in questi Paesi abbiamo dei tassi di crescita demografica incredibili, il raddoppio della popolazione entro il 2030. Come pensiamo di poter gestire questo futuro con la chiusura dei porti? È impossibile, bisogna lavorare su una soluzione alternativa”.
Le dichiarazioni rilasciate dalla Trenta ai microfondi di Circo Massimo su Radio Capital il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ricalcano l’attacco lanciato da Di Maio dalle colonne del Corriere della Sera, ma affondano con una violenza maggiore. Entrambi considerano la chiusura dei porti una misura eccezionale che non può essere protratta in eterno e, mentre gli scontri in Libia si fanno sempre più cruenti, cercano il pretesto per tornare a riaprire le frontiere.
“Non sono quella che dice ‘apriamo a tutti’, assolutamente no – spiega il ministro della Difesa – però ragioniamo sul futuro perché prima o poi questo futuro ci sfugge di mano”.
La presa di posizione della Trenta arriva in un momento delicato per l’Italia. In Libia, come scriveva tempo fa Gli Occhi della Guerra, sono presenti
800mila immigrati
pronti a partire
per raggiungere il nostro Paese.
In queste ore, stando a un retroscena pubblicato ieri dal Corriere della Sera, gli 007 italiani avrebbero consegnato al premier Giuseppe Conte un dossier che ipotizza una prima ondata di 6mila stranieri.
Alcuni trafficanti senza scrupoli si starebbero già attrezzando per metterli in mare. Il pericolo è stato confermato anche dal direttore dell’Aise, Luciano Carta, nella sua audizione al Copasir e riguarda gli immigrati rinchiusi nei centri di detenzione
Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/politica/trenta-vuole-riaprire-i-porti-libia-rifugiati-e-non-migranti-1679562.html
Serraj: in Libia sono presenti circa 800.000 migranti irregolari
PUBBLICATO IL 29 GENNAIO 2019
Il premier di Tripoli, Fayez Serraj, ha reso noto che in Libia, attualmente, sono presenti circa 800.000 migranti irregolari e che soltanto in 20.000 si trovano all’interno di centri di detenzione gestiti dal governo.
Tale dichiarazione è stata rilasciata nel corso di una conferenza stampa, lunedì 28 gennaio, con il presidente dell’Austria, Alexander Van der Bellen, a Vienna. Nell’occasione, Serraj ha sottolineato che l’immigrazione irregolare è una questione che sta continuando ad affliggere la Libia e l’Europa, aggiungendo che una soluzione dovrebbe andare a risolvere le cause che spingono le persone a migrare, facendo sì che rimangano nei propri Paesi di origine.
“È vero che in Libia abbiamo dispute interne, dobbiamo cooperare tutti per porre fine a tali problemi, così che possiamo cooperare ancor Ameglio per il popolo libico”, ha dichiarato Serraj. In relazione alle future elezioni in Libia, il premier di Tripoli ha riferito ai giornalisti che il suo governo sta lavorando per organizzare votazioni democratiche e trasparenti, beneficiando dell’aiuto della missione dell’Onu nel Paese (UNISMIL).
Da parte sua, il presidente austriaco ha espresso il proprio supporto per la stabilità della Libia, ribadendo la necessità che l’Unione Europea svolga un ruolo maggiore nell’aiutare il Paese nordafricano, al fine di eliminare la minaccia terroristica e ricostruire uno Stato solido.
Da quando il regime del dittatore Muammar Gheddafi è stato rovesciato,
Continua qui: http://sicurezzainternazionale.luiss.it/2019/01/29/serraj-libia-presenti-circa-800-000-migranti-irregolari/
Non si fermeranno fino a quando non avranno avvelenato tutti i pozzi
Federica Francesconi – 14 aprile 2019
Diceva Costanzo Preve, riferendosi ai demiurghi e ai cattivi maestri che infestano il nostro tempo: “non si fermeranno fino a quando non avranno avvelenato tutti i pozzi”. Questo vale per fior di economisti asserviti al potere, per politici novelli demiurghi, ma anche è soprattutto per pseudomaestri dello Spirito. Questi ultimi, in particolare, avvelenano le coscienze spingendole verso il nichilismo. Come riconoscerli? Uno pseudomaestro spinge i suoi adepti verso il disimpegno nel sociale e verso il disinteresse per le ingiustizie che si consumano nel mondo.
Uno pseudomaestro costruisce per i suoi adepti universi paralleli e paradisi artificiali dove isolarsi dal mondo. L’adepto è così portato dall’economista, dal politologo e dal guru ad accettare l’ordine ingiusto del mondo rinunciando così ad agire per cambiarlo da dentro. Lo pseudomaestro non offre soluzioni allo status quo ma solo teorie raffazzonate e visioni tanto totalizzanti quanto inquinate sul mondo. Oggi che la maggior parte degli esseri umani non ha più gli strumenti di discernimento, cadere come pesciolini nella rete degli pseudomaestri è molto facile. Hanno dalla loro parte il potere, che mira a lobotomizzare concedendo alle vittime false libertà, false teorie parascientifiche e costruendo nuovi idoli con cui identificarsi. Tutto dell’essere umano deve essere distrutto: il corpo, l’anima e anche la sua innata
Continua qui:
https://www.facebook.com/federica.francesconi.3?fref=nf&__tn__=%2Cdm-R-R&eid=ARCc-YqEk24FABuClCvMdU_Ja1AnJBw-QksqcBRG-K49Ukw66ptRR2M4BFsQQzQpEtcVCnGsvcrQrAtN
Golpe Monti
#lamatrixeuropea
15 04 2019
Tornando a studiare le dinamiche che nel 2011 causarono la caduta del Governo in carica e l’arrivo di Mario Monti imposto dal Cartello finanziario speculativo, ho appena scoperto che addirittura il 9 Novembre 2011 alla vigilia dell’insediamento di Monti (ossia del membro del Committee del Bilderberg, del Presidente Europeo della Commissione Trilaterale di Rockefeller e del membro della Goldman Sachs
Continua qui: https://www.facebook.com/100009058688184/posts/2171369226508346/
PANORAMA INTERNAZIONALE
La Cina conosce benissimo i paesi europei del format 16+1. Una cooperazione che viene da lontano nel tempo, raffinatissima. Da Pechino si ridisegnano le prospettive europee
Trimarium e Cina
15 aprile 2019 di Pierluigi Fagan.
Della serie “cose di secondaria importanza” oggi vi aggiorno sull’avvenuto 8° meeting sulla cooperazione tra Cina e Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Nord Macedonia, Montenegro, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia e Slovenia, detto format 16+1. Ben 11 di questi 16 sono nell’UE. Ma da oggi si aggiunge la Grecia, quindi diventano 17+1 di cui 12 nell’UE e 6 nell’euro. Il format viene da lontano avendo avuto il suo primo meeting nel 2012.
Com’è andato? Be’ difficile trovare notizie nella stampa occidentale. Allego però il noiosissimo elenco delle risoluzioni finali di fonte cinese (ma tranquilli, è in inglese). In breve, si possono dire due cose con commento finale.
La prima cosa è che la dichiarazione riassuntiva è lunghissima, sono 10 punti articolati in 68 paragrafi. In linea generale, si mostra una articolazione estremamente sofisticata di chi fa cosa con chi, distribuendosi compiti e prospettive comuni. Alcuni punti sono molto interessanti dal punto di vista operativo.
La seconda è che gli appuntamenti per prossime iniziative – e solo per il 2019 – conta 38 eventi (commerciali, ricerca, studio, sport, fiere, lavori vari).
La sintesi di questi due punti è che la cooperazione va operativamente avanti da tempo, è estremamente articolata, cioè intessuta a grana fine, quindi trattata per l’oggettiva articolazione e differenze che i 16 o 17 paesi europei hanno. Non si limita alle ovvie centrali questioni inerenti la BRI ed il commercio nel senso che comprende approcci culturali più ampi. Per fare affari ci si deve conoscere e gli uomini vengono prima degli uomini d’affari, vecchio mantra che coloro che hanno avuto a che fare coi cinesi conoscono bene.
Quindi, si tratta di cose concrete, sempre più articolate, sistemiche, sia perché prevedono declinazioni molto ampie, sia perché a questo punto trattano i 16/17 paesi come un unico sistema ma non indifferenziato al suo interno. Gli stessi 16/17 paesi europei cominciamo sempre più a vedersi come un unico sistema, fatto che si evince anche nel richiamo al Trimarium (terre che collegano il Baltico, al Mar Nero, al Mediterraneo/Adriatico).
I cinesi si infilano così lesti lesti e senza attriti tra istanze geopolitiche diverse che questi Paesi hanno nei confronti della Russia, degli USA e della UE. E’ il vantaggio di chi non è tuo vicino e viene con le tasche piene di soldi a chiederti “cosa posso fare per te che poi è anche per me?”.
Il commento è che i cinesi hanno ben studiato la situazione di questi paesi che hanno tutti un comune passato da cortina di ferro (da oggi cortina di bambù, flessibile, elastica, permeabile) che hanno avuto accesso alle forme di economia moderna più o meno da quando anche i cinesi si sono ad esse convertiti, sono ignorati dall’UE che conta che è di fatto una unione (?) occidentale, sono in paranoia coi russi e sono usati dagli americani solo come base militare, vengono trattati da paria a Bruxelles e comunque non hanno ricevuto da Bruxelles alcuna attenzione sistemica, nessun piano Marshall, nessun trattamento organico. Tanto meno “investimenti” di sistema, perché l’UE non è un vero sistema
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POLITICA
IL NUOVO FASCISMO
Fernando Caporilli 14 04 2019
Parliamoci chiaro, tutti parlano di fascismo ma nessuno si accorge che l’abbiamo sotto gli occhi e da diversi anni. Un fascismo certo diverso da quello a cui siamo abituati, ma sempre fascismo è.
È questa Europa delle banche, della finanza criminale e non solo. Guardate quello che è stato fatto alla Libia, c’erano tutti, la Francia ha convinto Obama che, diciamolo, non aspettava altro, ma si sono accodati l’Inghilterra, la Spagna, l’Olanda, il Belgio, l’Italia e altri dell’Europa dell’Est tutti contenti di essere stati ammessi nel Clan, tutti contenti di distruggere un paese del Nord Africa che aveva prestato miliardi a tutta Europa specialmente alla Francia e all’Italia. Non contenti poi, tutti insieme leccando il culo agli USA, hanno devastato la Siria.
È il Nuovo Ordine Mondiale, il nuovo fascismo. Banche d’affari e/o finanza criminale, tutta gente che fino a qualche anno fa pagava le falangi fasciste per picchiare e/o assassinare qualcuno che dava fastidio, (noi in Italia lo sappiamo bene
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Gentiloni mostra i muscoli
UN DIVERTISSEMENT DI QUALCHE TEMPO FA
Sisto Ceci 14 04 2019
Il ministro Gentiloni, THE GENIUS, con il ciuffo al vento, ha solennemente affermato “Non accetteremo gesti unilaterali dall’Austria”.
In altri tempi e con altri personaggi si spostavano le divisioni al Brennero ……
Gentiloni ha invece minacciato di mandare le falangi:
dei centri sociali,
dei vegani,
degli ambientalisti,
della lega del tartufo,
del sindacato di base lavoratori dell’Acquagym,
di Black-block ,
dei NoTAV ,
NO TRIV,
NO OGM,
animalisti,
KM 0,
decrescisti felici e infelici,
medici ALLE FRONTIERE,
Oscar Farinetti con i gazebo di Eataly per i panini kamut e le zuppe di farro,
Emergency,
Case Famiglia Riunite,
GREENPEACE,
gli ON,
RAZZI,
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