è la sostanza della trasformazione, il mutamento è la funzione della trasformazione.
Quello che non cambia mai è la sostanza della trasformazione, quello che cambia col tempo è la funzione della trasformazione.
La libertà dal pensiero e la libertà dagli artifizi sono la sostanza della trasformazione; la sensazione e la reazione sono la funzione della trasformazione.
Quando si conosce la funzione si può capire bene la sostanza; quando si comprende la sostanza si può acuire la funzione.
I saggi osservano sopra ed esaminano sotto, cercano lontano e afferrano quello che è vicino, comprendono così quella sostanza;
le persone superiori sviluppano le loro qualità, coltivano il loro lavoro, assolvono i loro incarichi, e regolano le loro capacità, fondandosi su quella funzione.
CLEARY, Il libro dell’equilibrio e dell’armonia, III, a c., Mondadori, 1994, pag.50
Il malcontento tra i militari cresce. Le esternazioni del ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, in seguito all’apertura di un’istruttoria nei confronti del generale Paolo Riccò, che lo scorso 25 aprile aveva abbandonato la cerimonia della Festa della Liberazione a Viterbo in seguito agli attacchi dell’Anpi, non sono piaciute né alla base né ai vertici delle Forze armate.
Sui social la polemica si è scatenata, tanto che è stato creato un gruppo, che conta oltre 4.400 iscritti, dal nome «Io sto con il generale Paolo Riccò».
Il fatto è che il ministro, nel corso del suo anno di mandato, ha fatto un sacco di promesse, ma ne ha mantenute poche, a partire da quelle sul riordino delle carriere, tanto che un delegato Cocer ha dovuto fare, nel silenzio più assoluto della Difesa, 40 giorni di sciopero della fame per avere le rassicurazioni del caso dal premier Giuseppe Conte.
I militari sono abituati all’obbedienza, al rispetto dell’istituzione, per cui se
“Altro che libertà d’espressione, l’antifascismo è il vero male”. Francesco Polacchi, numero uno della casa editrice AltaForte accusata di essere troppo vicina a Casapound e per questo al centro delle polemiche sul Salone del Libro di Torino, commenta così chi chiede a gran voce l’esclusione dello stand dalla manifestazione.
“Quanto sta avvenendo è allucinante, noi abbiamo solo intervistato il ministro dell’Interno”, dice l’editore all’agenzia Adnkronos, “A leggere certi commenti sulla libertà di espressione mi viene da ridere. Ora c’è chi si ritira dal Salone: a sinistra, quando qualcuno viene da un altro contesto culturale, dicono ‘mi ritiro sull’Aventino’… È gravissimo quello che ha fatto la sinistra negli anni: l’occupazione di ogni tipo di spazio pubblico possibile, dalla scuola alla magistratura, all’informazione. L’egemonia di gramsciana memoria, un retroterra culturale che è ancora proprio della sinistra di oggi: hanno paura di perdere terreno nei confronti del populismo e così cercano di tenere gli altri ai margini“.
Polacchi considera poi lo scrittore Christian Raimo – primo a “denunciare” la presenza della casa editrice di destra al Salone – “il mandante morale di ciò che potrebbe accadere a Torino”. “C’è il rischio di essere attaccati dai centri sociali”, spiega l’editore, “Si prevede un contesto burrascoso. Io non indietreggio ma con questo clima di caccia alle streghe temo ci siano
Cosa ci manca per essere come Rosselli, Palme e Sankara
Scritto il 07/5/19
Quando parliamo di costruire il futuro, spesso facciamo uso di sogni e visioni. Oggi, qui, invece, possiamo partire dalla realtà, che non di rado è meno piacevole. La realtà ci dice che Thomas Sankara è morto giovane e non è diventato il padre nobile di un’Africa democratica, più consapevole ed economicamente evoluta, che infatti ancora non c’è. La realtà ci dice che Carlo Rosselli non è sopravvissuto al fascismo e non ha potuto contribuire direttamente a rendere l’Italia e l’Europa postbelliche più libere e felici. E la realtà dice anche che Olof Palme non è diventato segretario generale delle Nazioni Unite. Sono stati assassinati e, soprattutto, nessuno ha potuto, o saputo, prendere il loro posto. Eppure sono stati degli esempi, per noi. Prendiamo Sankara: ha realizzato un piano tutto interno al Burkina Faso, coinvolgendo per quattro anni sette milioni di africani abbandonati a sé stessi e alla propria povertà. Ha fatto costruire scuole, ospedali, pozzi, dighe, strade, campi sportivi. Ha promosso la piantumazione del Sahel, e lo sviluppo agricolo e dell’allevamento. Ha esteso le cure sanitarie a tutti, consentito un aumento della vita media e favorito la prevenzione dell’Aids. Ha reso possibile l’istruzione diffusa e ha consentito a tutti di dire il proprio pensiero alla radio nazionale, senza filtri e senza mediazioni.
Ha impegnato l’esercito in opere civili, e convertito parte dei fondi militari destinandoli a progetti di sviluppo. Ha liberato la donna dal giogo culturale maschile e proibito le mutilazioni genitali femminili, valorizzando quindi gli aspetti culturali costruttivi del suo paese e intervenendo su quelli deteriori. Ha chiesto di cancellare il debito estero di origine coloniale. Un presidente non ancora quarantenne ha realizzato tutto ciò in quattro anni. L’emozione che sentiamo di fronte alle azioni di Sankara è un pugno nello stomaco per la nostra coscienza, perché ci fa vedere quanto e quanto in fretta è possibile cambiare. Palme ha proposto un mondo senza dittature, che controlla le armi nucleari, cancella l’apartheid, distribuisce la ricchezza e rende i lavoratori piccoli azionisti delle aziende per le quali prestano la propria opera. Rosselli ha insegnato a coinvolgere tutti, nelle decisioni che riguardano tutti, al fine di raggiungere il benessere per tutti: liberalismo come metodo, socialismo come fine.
Potremmo forse considerare questi tre leader degli idealisti o, peggio, degli ingenui. Ingenuo sarebbe colui che guarda solo i propri ideali, incapace di comprendere il mondo per quello che è. Si dice che in politica il contrario dell’ingenuità sia invece il realismo, cioè la capacità di guardare la dura realtà e governare le masse di conseguenza, senza illusioni, per raggiungere quello che si può. Eppure, Sankara per conoscere il suo paese girava le città e le campagne anche in bicicletta, pagava il mutuo e quando morì c’erano pochissimi soldi sul suo conto corrente; aveva ben presenti i suoi nemici e sapeva quale pericolo rappresentavano per lui; Palme si oppose alla guerra in Vietnam (che gli Usa persero, e tale sconfitta dimostrò quanto fossero falsi i motivi per i quali era stata combattuta); Rosselli previde che l’esito della parabola nazifascista sarebbe stato una guerra fratricida. Che cosa accomuna questi tre leader? Tutti hanno usato in modo costruttivo le risorse materiali e mentali a disposizione, per raggiungere obiettivi di valore. Usare la cooperazione al posto della competizione, che ha nella guerra la sua fine più stupida e ingloriosa
Fratelli siamo qui per giudicare le reiterate mancanze del confratello Franco Nuccio, e determinare per lui una giusta punizione. Cedo la parola al segretario della loggia.
Magnifico trentatré, sarò breve: tutti voi fratelli sapete quali cospicui interessi abbia rappresentato la metanizzazione dell’isola, i cui profitti ancor oggi, oltre a rendere agiati la maggior parte di voi, ci consentono di mantenere questo prestigioso tempio in Largo degli Abeti che ci è invidiato da tutte le altre logge palermitane.
Non vi è ignoto che il Parco dei Nebrodi, e l’attentato a Giuseppe Antoci sono il nostro capolavoro, e che ad esso ci siamo ispirati per l’operazione Mezzojuso. Quando a dicembre dello scorso anno quel massonofobo illiberale del generale Gebbia, nel corso di un processo che lo vedeva testimone a Roma, ha rivelato la vera identità di Salvatore Napoli, e Francesco Carbone ne ha ascoltato la registrazione su Radio Radicale, un canovaccio che era già tutto predisposto per giungere alla creazione del Parco della Brigna e di Rocca Busambra , con modalità di attuazione che ci avrebbero permesso di intascare 21 milioni di contributi regionali per le vittime di mafia, ha cominciato a rivelare il suo fragile ordito, ed avevamo deciso per una soluzione radicale, l’eliminazione di Gebbia e Carbone. Il primo gennaio di quest’anno Matteo Messina Denaro doveva ucciderli esattamente nello stesso posto, a Mondello, dove avevamo fatto eliminare l’onorevole Lima tanti anni fa. Ma Matteo sta invecchiando, e la presenza in macchina, oltre che di Gebbia e Carbone, anche della moglie di quest’ultimo e delle due loro figliolette, gli ha intenerito il cuore, per cui il problema è ancora irrisolto. Mi è gradito comunicarvi, a questo punto, che i nostri fratelli che seggono in Parlamento stanno chiudendo, una volta per tutte, Radio Radicale. Posso anche confermarvi che il confratello Salvo Palazzolo sta per ultimare l’iniziazione del giovane Giuseppe Spallino, che dal Giornale di Sicilia ci ha reso tanti servigi. Molti di voi avranno notato, per altro verso, il progressivo allontanamento dal nostro progetto di Antonio Di Pietro, e se ne saranno domandati la ragione. Ho qualche amicizia nell’Opus Dei palermitana, e posso ora rivelarvi con certezza che il suo Gran Maestro è intervenuto personalmente, ricordando all’ex pubblico ministero la sua gioventù di muratore emigrante in Germania, quando proprio loro lo avviarono agli studi di giurisprudenza, e lo mantennero fino al conseguimento della laurea. Ma la defezione che più temo è quella, possibile, di Massimo Giletti. Fino ad oggi lo abbiamo avuto in pugno grazie alla sua debolezza di non volere fare outing circa le sue più genuine preferenze sessuali. I flirt con giovani donne di rilievo pubblico, veri o presunti tali, è lui che li promuove sulla stampa, mentre noi gli abbiamo sempre assicurato la massima copertura per le sue relazioni omosessuali. Ma i nostri amici- rivali cattolici, messi in allarme dalla continua presenza di Luxuria alla sua trasmissione, e dalla costante attenzione alle tematiche transgender, hanno avuto ordine dai due Papi di sbarazzarsene una volta per tutte. Quale migliore occasione della diretta da Mezzojuso, dandone la colpa
Così come è difficile farsi un’idea esatta della grandezza di una montagna quando si è proprio sopra questa montagna, così è difficile capire fino a che punto un cambiamento è rivoluzionario quando si è in piena rivoluzione. E noi siamo oggigiorno nel bel mezzo di una grande rivoluzione, di un cambio drammatico del nostro modo di comprendere la natura umana. Detto con altre parole la nostra cultura in Occidente sta cambiando il modo in cui interpreta il genere.
Confusione gender
Questo cambiamento è globale e si esprime in movimenti importanti quali il femminismo, il movimento per i diritti degli omosessuali e adesso, i diritti dei transgender.
Non si tratta di perfezionare o di aggiustare alla meglio le interpretazioni del passato. Le interpretazioni del passato non sono tanto moderatamente modificate quanto piuttosto completamente ribaltate. La rivoluzione che concerne il gender è radicale e veemente, e come tutti i rivoluzionari convinti, i suoi adepti non fanno prigionieri; questo spiega in gran parte la violenza retorica e verbale nelle guerre culturali americane. Se il Signore tarda (1) , gli storici fra centinaia di anni si ricorderanno della fine del XX secolo e dell’inizio del XXI secolo come dell’epoca in cui l’Occidente ha fatto la guerra contro il modo con cui i suoi antenati hanno interpretato le differenze di genere da tempi immemorabili. Coloro che leggono la sociologia parleranno di un cambiamento fondamentale di paradigma. Quelli che leggono Screwtape (2) si domanderanno se la rivoluzione non è il risultato di decisioni di grande portata prese da ”nostro Padre qui in terra” .
La vecchia interpretazione considerava il genere come un dono divino. I testi giudeo-cristiani parlano della nostra esistenza sessuata e dei differenti ruoli che Dio ha prescritto con la creazione: “E così Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio, e li creò uomo e donna” (Genesi 1. 27 )
L’Islam ha ereditato questa interpretazione del genere e anche i pagani che non hanno letto le scritture di nessun tipo hanno capito che la mascolinità e la femminilità erano delle categorie fondamentali e stabili. Per questo motivo hanno privilegiato il matrimonio legale rispetto alla sessualità non regolamentata. Certi Pagani (per esempio i Greci; i Romani erano più lenti ad adeguarsi) non avevano problemi per la pederastia, ma hanno sempre insistito sul matrimonio eterosessuale come fondamento di una società stabile.
Per tutti fino alla metà o alla fine del ventesimo secolo, con l’eccezione di qualche rara anomalia anatomica o medica, si era nati uomini o donne e questo vi indirizzava nella vita e vi dava dei ruoli e delle responsabilità specifiche. Gli uomini dovevano comportarsi in un certo modo e così pure le donne. Certo i comportamenti prescritti comportavano un certo grado di tolleranza -per esempio, il comportamento da “maschiaccio” era ancora accettabile per le ragazze e gli uomini se volevano potevano lavorare a maglia- ma la via di base era molto chiara, anche se morbida. Questo non si limitava alle tradizioni giudeo-cristiana o islamiche. Come scrive l’illustre Clive Staples Lewis nel suo libro “L’abolizione dell’uomo” queste regole si ritrovano in tutte le culture. Egli lo chiamò “Tao” e lo riconobbe come la pratica universale dell’umanità.
La rivoluzione in Occidente è cominciata negli anni ‘60 del ventesimo secolo, con ciò che allora si chiamava “La liberazione delle donne”. Questo movimento ha trovato una accoglienza dalla cultura perché in gran parte sembrava essere frutto di semplice buon senso e perché il movimento delle suffragette, che reclamava il diritto di voto per le donne gli aveva in parte preparato il terreno. Anche se non introduce dei cambiamenti radicali o negativi nella comprensione di fondo dei ruoli di genere, il movimento della liberazione delle donne ha preparato le persone a considerare il cambiamento come una cosa sostanzialmente buona e necessaria e questa apertura al cambiamento continuerà a governare la mentalità di base (anche) quando saranno proposti dei cambiamenti più profondi. Questo movimento si è anche largamente ispirato al linguaggio dei diritti civili razziali e si è presentato in termini di lotta analoghi. Qui mettiamo l’accento sulla parola “lotta” perché il movimento ha utilizzato il metodo della protesta (celebre per la sua messa al rogo simbolica del reggiseno e del suo uso) e per aver qualificato i suoi oppositori come nemici oscurantisti del progresso. I germi di una futura guerra culturale possono dunque essere ritrovati in questa predilezione per la protesta fin dagli inizi.
Malgrado il ricorso alla denuncia collerica della persecuzione ricevuta e alla retorica incendiaria che caratterizzano sempre più il movimento femminista nelle sue varie forme, i cambiamenti radicali sono comunque apparsi inizialmente con il movimento dei diritti dei gay. Anche qui noi osserviamo una escalation. Ciò che è cominciato con un semplice atto di depenalizzazione è stato seguito da una domanda di accettazione da parte della società di un modo di vita alternativo come se fosse stato altrettanto valido quanto il matrimonio tradizionale. Di conseguenza ci sono state dapprima delle richieste di inserimento sociale e di non discriminazione, poi la domanda di unioni civili legali tra omosessuali e infine la richiesta di legalizzare il matrimonio tra di loro. L’affermazione secondo la quale la mascolinità e la femminilità non erano ruoli universali, ma semplicemente delle realtà anatomiche che non comportavano alcun ruolo sociale, era connaturata a questa esigenza. Si potrebbe pertanto nascere unicamente maschi e cercare l’unione sessuale con un altro uomo (socialmente legittimata dal matrimonio) o con degli uomini e delle donne. L’anatomia è stata definitivamente dissociata dal ruolo di genere e dalla “preferenza” sessuale che l’accompagna. In effetti il linguaggio stesso utilizzato -”inclinazione sessuale” – presuppone che si possa scegliere altrettanto facilmente l’uno o l’altro sesso. In altri tempi gli uomini non “preferivano” le donne, ma erano indirizzati a questa scelta, se non per desiderio sessuale innato per le donne negli uomini, almeno in virtù della legge divina. Oppure si potrebbe “preferire” il maschio alla femmina in modo altrettanto facile e legittimo quanto si può preferire il cioccolato alla vaniglia.
Il passaggio seguente consisteva nello scindere l’anatomia non solo in funzione del ruolo di genere, ma anche in funzione dell’identità di genere. In questo percorso di legittimazione del transgenderismo, è stato affermato che si può nascere anatomicamente maschi pur “essendo” una donna. Non c’era nessun metodo obiettivo per dire se una persona era un uomo o una donna. Tutto dipendeva ormai dai sentimenti soggettivi di una persona e dal sesso nel quale ella s’identificava. Nel corso di questa lunga progressione del cambiamento, i suoi difensori hanno continuato a impiegare la retorica dei diritti civili, denunciando con indignazione i loro oppositori come bigotti, culturalmente neandertaliani. Le guerre culturali imperversavano. Nella confusione, la voce della fede Cristiana storica, contemporaneamente ricca di regole inviolabili e di sottili distinzioni piene di sfumature, era generalmente coperta e inudibile.
E così adesso quelli che si identificano come gay o transgender occupano la posizione di nobili vittime in costante pericolo di violenza, mentre quelli che si oppongono alla nuova rivoluzione rivestono il ruolo di pericolosi criminali culturali, la cui opposizione bigotta alla nuova rivoluzione minaccia la vita stessa di quelli che compongono la comunità LGBQT. Quelli che assegnano i ruoli sono spesso motivati da una mentalità moralizzatrice che non fa prigionieri e giustifica l’odio, la collera e l’intimidazione.
La rivoluzione è pronta a continuare, animata dalla sua propria logica interna. Se l’anatomia fisica non interessa più, allora non conta per nessun argomento. Se la volontà (o la preferenza) è sovrana allora è lei che comanda. Questo comprende non solo il sesso del partner sessuale ma anche il numero di partner. O l’età dei partner. La pedofilia (o “attrazione per i minori”, come si fa chiamare) è attualmente lontana dall’accettazione generale, ma l’ambiente della discussione e i suoi limiti cambiano in fretta. Nessuno che vivesse nel 1950 avrebbe potuto prevedere la situazione attuale. È dunque possibile che l’attuale richiesta estrema di accettazione de “l’attrazione verso i minori” diventi un giorno un modo di pensare prevalente. Nessuno sa dove si fermerà questa rivoluzione. Personalmente credo che il traguardo non sia ancora in vista.
La domanda rimane: che problema c’è con la rivoluzione? Chi soffre? La rivoluzione di genere (o “confusione dei generi”, secondo i punti di vista) ribalta il modo in cui l’umanità ha considerato se stessa fin dagli inizi, perché è così sbagliata? Si potrebbero dire molte cose ma una sola risposta dovrà essere sufficiente. Nel nuovo paradigma che ci si offre, ciò che in altri tempi era
Aldo Moro, la figlia scrive al Papa contro la beatificazione
Processo trasformato in una guerra tra bande
Maria Fida Moro ha lanciato un appello a Bergoglio, spiegando che “dal 9 maggio di 41 anni fa è cominciato il ‘business’ della morte e lo sciacallaggio continuativo per sfruttare il suo nome a fini indebiti”. Un processo macchiato da “infiltrazioni anomale e ributtanti da parte di persone alle quali non interessa altro che il proprio tornaconto”
Stop al processo di beatificazione di Aldo Moro. A chiederlo è la figlia primogenita, Maria Fida, che con una lettera indirizzata a Papa Francesco chiede di interrompere il “business della morte” nato dopo il sequestro e l’uccisione del padre, il 9 maggio 1978. “Santità, la prego dal profondo del cuore di interrompere il processo di beatificazione di mio padre Aldo Moro, sempre che non sia invece possibile riportarlo nei binari giuridici delle norme ecclesiastiche – scrive la donna nella sua lettera-appello – Perché è contro la verità e la dignità della persona che tale processo sia stato trasformato, da estranei alla vicenda, in una specie di guerra tra bande per appropriarsi della beatificazione stessa strumentalizzandola a proprio favore”.
Una “guerra tra bande” interna alla Chiesa, afferma la figlia del leader della Democrazia Cristiana che rivela di aver tentato di mettersi in contatto con il postulatore, senza ottenere risposta, mentre nel processo di beatificazione sarebbero avvenute “infiltrazioni anomalee ributtanti“: “A me risulta che il postulatore legittimo sia Nicola Giampaolo – si legge – al quale ho consegnato due denunce che sono state protocollate e inserite nella documentazione della causa nonché inoltrate per via gerarchica a chi di dovere. Ma non ho avuto alcuna risposta e sono passati anni. Nell’ambito dello stesso processo ci sono delle infiltrazioni anomale e ributtanti da parte di persone alle quali non interessa altro che il proprio tornaconto e per questo motivo intendono fare propria e gestire la beatificazione per ambizione di potere. Poi è spuntato un ulteriore postulatore, non si sa a quale titolo. Vorrei proprio che la Chiesa facesse chiarezza nella forma e nel merito”.
La figlia di Aldo Moro, oggi 72enne, ripercorre i 41 anni successivi al ritrovamento del cadavere del padre, descrivendo le lotte di potere nate e mai sopite intorno alla figura del politico ucciso dalle Brigate Rosse: “Mio padre è stato tradito, rapito, tenuto prigioniero e ucciso sotto tortura – continua – Dal 9 maggio di 41 anni fa è cominciato il ‘business’ della morte e lo
A Napoli la Camorra spara alle bambine, e in varie trasmissioni Rai e no provano a dire che in fondo è colpa di Salvini. Che “si fa i selfie”, “è in campagna elettorale”, “non è andato a Napoli. Un “esperto” di non ho capito il nome, a domanda: se fosse lei al governo cosa farebbe, risponde: anzitutto bloccherei le armi, come mai è facilissimo averle, come mai anche i ragazzini hanno le armi? Un discorso a casaccio, come chi dice: ci vuole “la cultura” eccetera. Certo, bloccare lo spaccio clandestino di armi in una città che ha un porto, e dove la Camorra esiste da secoli ed ha “formato” la società; realmente governa tutte le attività che le interessano, turismo compreso; dove intere categorie (non escluso politiche e burocratiche) sono al suo servizio; dove è un fenomeno tribale che nasce dal basso -oltre che essere promosso e glorificato dai serial di Saviano – ed è colpa di Salvini. Appena arrivato ad un ministero dell’Interno che non controlla affatto. Povero Sparafucile.
A parte che contro Camorra come contro Mafia, ormai le cose sono al punto che non è più possibile contrastarle se non con metodi e forze extra-legali e militari (come fece in parte il prefetto Mori),si conferma qui il perennemente valido detto di Voltaire: