NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
27 GIUGNO 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Il paradosso è solo un conflitto
tra la realtà
e la nostra percezione di come la realtà “dovrebbe essere”
MICHELLE FEYNMAN, Le battute memorabili di Feynman, Adelphi, 2017, pag. 206
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
Mattarella riunisce il Consiglio di Difesa
Se l’Ue ci vuole morti, meglio trattare con Parigi e Berlino. 1
Barnard: getto la spugna, non posso più essere giornalista 1
Così gli scafisti comprano e vendono i migranti Milioni di dollari verso le casse dell’Is 1
L’Occidente e quella nuova alleanza tra chiesa cattolica e sinistra
Palermo, compagnia aerea low cost nega imbarco a disabile
Magaldi: Renzi bussa alla superloggia Maat, quella di Obama. 1
Assedio all’Italia. Al solito, la sinistra tifa per lo straniero 1
IMAM: “IN CASE SFITTE ITALIANE C’È POSTO PER 2 MILIONI DI PROFUGHI” 1
Un’Europa a pezzi pretende di umiliare l’Italia
SINISTRA DENUNCIA FALSA RAPINA DI VIGILI A IMMIGRATO, FIGURACCIA. 1
La crisi USA/Iran vista dal Sol Levante 1
Uomini, missili, alleati e i Pasdaran: ecco perché il Pentagono teme l’Iran. 1
Le radici della crisi tra Usa e Ue 1
RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE “EU-ROPEO”. 1
Strage di Ustica: quella battaglia nei cieli nascosta dallo Stato 1
Migranti, sciolto gruppo interforze che bloccava gli scafisti 1
Istat, pressione fiscale record dal 2015. Profitti imprese ai minimi da 20 anni 1
Al via gli aumenti in bolletta per clienti Tim, Vodafone, Wind 3. 1
La UE uccide il riso italiano: arrivano 80 tonnellate dal VietNam
Sarà la Germania che romperà l’euro. Si è preparata da anni. E noi?. 1
Ilaria dalla Riva lascia le risorse umane di banca Monte dei Paschi 1
Sea Watch, esposto in procura “I migranti privati della libertà”. 1
Emmanuel Macron, il richiamo della Corte dei Conti: “Francia, il debito preoccupa”. 1
Riscaldamento globale, l’Onu avverte: “Si va verso l’apartheid climatico”. 1
VESCOVO ACCUSA: “DIETRO SBARCHI C’È PIANO PER SOSTITUIRE I POPOLI EUROPEI” 1
MELUZZI: QUELLO DI SEA WATCH È UN ATTACCO POLITICO ALL’ITALIA – VIDEO. 1
Casapound fuorilegge? Vediamo un po’ che si può fare….. 1
EDITORIALE
Gli editoriali sono disponibili su : www.dettiescritti.com
IN EVIDENZA
Mattarella riunisce il Consiglio di Difesa: Libia priorità per l’Italia “Il terrorismo internazionale permane una minaccia preoccupante”
25 giugno 2019
“Il terrorismo transnazionale continua a costituire una minaccia preoccupante e l’Italia deve contribuire con decisione alle iniziative della Comunità Internazionale tese a contrastare le molteplici forme in cui esso si manifesta. La Libia resta una priorità per il nostro Paese. Soltanto il ripristino del dialogo tra tutte le parti potrà creare le condizioni per un reale processo di pace e di conseguente stabilità e controllo del territorio”.
Lo si legge nel comunicato finale diffuso dal Quirinale dove il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha presieduto la riunione del Consiglio Supremo di Difesa. Al summit sulla sicurezza nazionale hanno partecipato il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, il Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Di Maio; il Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Enzo Moavero Milanesi, la Ministro della Difesa Elisabetta Trenta, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Prof. Giovanni Tria; il Capo di Stato Maggiore della Difesa generale Enzo Vecciarelli. Hanno altresì presenziato il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Giancarlo Giorgetti, il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica,Ugo Zampetti; il Segretario del Consiglio Supremo di Difesa, Generale Rolando Mosca Moschini. “Il Consiglio – sottolinea il Colle- ha fatto un punto di situazione sulle principali aree di crisi, sullo stato del terrorismo internazionale e sull’impegno delle Forze Armate nei diversi Teatri Operativi, con particolare riguardo all’area del Mediterraneo”.
In questo senso, oltre alla “priorità Libia”, in “Afghanistan, l’Italia – afferma il Quirinale- segue con attenzione gli sviluppi politico-diplomatici in atto e confida su un percorso elettorale pacifico e democratico. Il nostro Paese continuerà a dare il suo contributo
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Se l’Ue ci vuole morti, meglio trattare con Parigi e Berlino
Scritto il 21/6/19
Oggi Draghi ha annunciato che l’abbassamento dei tassi di interesse (alcuni sono già negativi!) ed il quantitative easing continueranno. Senza di essi, vale a dire con tassi di interesse e acquisti di titoli pubblici in linea con quanto fa la Fed (a discapito di Trump), sarebbe prevedibile un accumulo di liquidità disponibile solo sulle obbligazioni, e quindi in grado di mettere in grande crisi le Borse, fino ad un loro crollo. Ma la missione di Matteo Salvini a Washington – se coronata da pieno successo, vale a dire un riavvicinamento Russia-Usa in chiave anticinese e antieuropea – apre ad uno scenario di rafforzamento della posizione internazionale dell’Italia. Posizione debole, per ragioni che risalgono agli omicidi di Mattei e Moro, alla soppressione di Craxi, alle politiche economiche scelte in Italia dopo il 1981. Di contro, l’Ue non è così intelligente da giocarsela bene con la Cina stessa: ben altro c’è da attendersi da Francia e Germania, in grande difficoltà e sempre con la carta da giocare di uno svincolamento dall’Eurozona per avvicinarsi a superpotenze alternative alla stessa imbelle Ue (vedi Africa, per esempio). D’altra parte, la Russia di oggi è una superpotenza solo militare; non fa paura agli Usa come una superpotenza economica.
A casa nostra si delineano scenari chiari purché non si finisca a dare con una mano e prendere con l’altra: è importantissimo che al promesso e ineludibile calo (della pressione) delle tasse non faccia da controbilanciamento un pari taglio della spesa pubblica (quella fu la causa prima del crollo della classe media negli Usa dei Bush); così – ma questo pare più che altro, almeno si spera, un mero problema di comunicazione – il salario minimo garantito deve significare un livello minimo della paga oraria (non la definizione di un “reddito minimo” che, nelle esperienze passate, ha creato più problemi che altro). Quindi, il taglio delle tasse (necessario, prioritario, sacrosanto e
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https://www.libreidee.org/2019/06/se-lue-ci-vuole-morti-meglio-trattare-con-parigi-e-berlino/
Barnard: getto la spugna, non posso più essere giornalista
Scritto il 27/6/19
Io ero giornalista quando potevo fare quello che vedete in foto. Era un altro universo, secolo, epoca, oggi scomparsi per me. C’è un mio video che è circolato molto e in cui lascio una specie di “testamento”, indicato nel mio recente articolo sui metodi ‘fai-da-te’ di procurarsi eutanasia quando il morire ci riduce il fine-vita a un insulto alla dignità e ad un’agonia per nulla, mentre né medici né familiari sanno o possono aiutarci a spegnerci degnamente. Il video si conclude con un addio ai lettori, nel mio rammarico di non aver potuto fare di più come giornalista (si legga però l’ultimo paragrafo). Per coloro che non si danno pace su come sia possibile che un Paolo Barnard getti la spugna del giornalismo, a prescindere da ciò che mi accade nella vita privata, è mio dovere ripetere, molto più in sintesi, ciò che già scrissi mesi fa. Eccovelo, e un abbraccio a tutti. Non mi è più possibile essere giornalista. In primo luogo il mio lavoro è stato devastato dal Facebook-journalism e dal Twitter-journalism, due tumori del mestiere che ricadono sotto l’ombrello del Google-journalism, o peggio persino, col Netflix-journalism.
Oggi chiunque dal pc può infarcirsi di Google search, poi sparare ‘giornalismo’ nel web, Social o persino sui quotidiani online e reclamare, buffonescamente, competenza e celebrità. Il risultato è un’iperinflazione da Weimar di grotteschi personaggi auto proclamatisi giornalisti o commentatori, cioè tizi che eruttano masse di ‘factoids’ sparati ogni ora e 24/7, in un impazzimento fuori controllo. Tragicamente, hanno masse crescenti di pubblico stolto al seguito, che a ogni ‘factoid’ proclama “ecco la verità!”. Fra l’altro è proprio questo pubblico che ha preteso che il giornalismo diventasse intrattenimento istantaneo a portata di click o smart phone 24/7 come Netflix. Notatelo: ho appena scritto che i nuovi giornalistoidi dilaganti del Google-Netflix-journalism eruttano fattoidi sparati ogni ora 24/7, ma lo fanno perché è la gente che oggi chiede maniacalmente la news o il commento dopo pochi minuti da qualsiasi fatto accaduto, esattamente come oggi pretende eruzioni continue di serial e film su Netflix (+ altri) e guai se ogni giorno non ci sono, o esattamente come stanno incollati ai messaggi o ai like sui loro social 24/7.
Ma che cazzo di frenesia è questa? Questo non sarà mai giornalismo. E’ una pietosa deformazione cerebrale molto ben conosciuta, ha un nome: “Short term, dopamine driven, feedback loops”. Si tratta di una forma di tossicodipendenza dal web studiata a tavolino nei laboratori di Facebook (et al.) dal 2004 in poi. Gli “Short term, dopamine driven, feedback loops” viaggiano sulla gratificazione immediata (dopamine driven) delle risposte (feedback da like, commenti, o appunto articoli) che diventa una tossicodipendenza (loops). Applicata al mio mestiere, ha significato letteralmente la fine del mio mestiere. Io nacqui come giornalista e reporter negli anni ’80, mi consolidai negli anni ’90 a “Report”, e nella mia vita ho prodotto vero giornalismo. Cos’è il giornalismo? Necessita di un editore in primo luogo, radio Tv o stampa; il giornalista deve essere pagato; il giornalista deve avere i mezzi finanziari per viaggiare, indagare, e attendere se necessario. Queste sono le tre basi elementari e indispensabili per qualsiasi tipo di giornalismo. Il resto è una truffa.
Il mio maggior libro, che fu il Longest-Seller e il Best-Seller della collana Rizzoli che lo pubblicò (in foto), richiese 4 mesi di viaggi, quasi 25.000 euro di spese vive, e quasi un anno per la pubblicazione. Le mie inchieste Rai erano lavori maniacalmente rifiniti nel controllo dei fatti, delle fonti, e anche lì occorse tempo e denaro. Idem per il mio impegno in economia. Quello era il giornalismo di Paolo Barnard, per un vero pubblico. Da anni ormai quelle tre condizioni indispensabili mi sono pervicacemente negate, e
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https://www.libreidee.org/2019/06/barnard-getto-la-spugna-non-posso-piu-essere-giornalista/
Così gli scafisti comprano e vendono i migranti Milioni di dollari verso le casse dell’Is
Per il procuratore di Palermo, Franco Lo Voi, è necessario seguire quella montagna di denaro per mettere in ginocchio un sistema criminale perfetto. I sospetti sui contatti tra gli schiavisti e le “istituzioni” locali libiche
Dietro alle tragedie dei migranti c’è un sistema criminale perfetto, un sistema transnazionale che non lascia nulla al caso ed è in grado di fornire servizi e assistenza mirati in base a quanto ciascun disperato è disposto a pagare. Alla base di tutto c’è un giro di denaro incalcolabile: per arrivare dal centro Africa alla Libia si pagano dai 4000 ai 5000 dollari; per attraversare il Canale di Sicilia se ne devono spendere tra 1000 e 1500. Ma il servizio non finisce qui: l’assistenza viene fornita anche in Italia, organizzando la fuga dai centri di accoglienza (da Siculiana, in provincia di Agrigento, e dal Cara di Mineo), con dei veri e propri servizi taxi e garantendo ospitalità per una o due notti (costo compreso tra i 200 e i 400 dollari). Infine, l’intero asset si conclude con i servizi di trasporto verso i paesi del centro e Nord Europa, la meta finale più scelta: anche questo transfert si paga carissimo, sino a 1000 dollari, nonostante vengano utilizzate le normali linee degli autobus o le ferrovie.
Esiste anche un “decalogo” per il migrante, che viene istruito dagli organizzatori del traffico su come comportarsi e come sottrarsi, se possibile, alle procedure di fotosegnalazione e agli accertamenti di rito. La ragione della clandestinità degli spostamenti, nel territorio nazionale, è legata alle procedure di Schengen: una segnalazione in Italia comporterebbe un procedimento amministrativo nel paese dove è iniziato, mentre i migranti preferiscono trasferirsi nei paesi del Nord Europa, per ricongiungersi a parenti e congiunti, lì residenti. Sono tutti dati che emergono dall’inchiesta della Dda di Palermo sui migranti, una rete di connessioni tra Italia (con basi in Sicilia, nel Lazio e in Lombardia), Libia e Sudan.
Sulle sponde della Libia ci sarebbero almeno 500 mila profughi siriani in attesa di compiere l’ultimo tratto del viaggio della speranza. In ballo ci sono centinaia di milioni di dollari: “A chi finiscono queste somme di denaro?”. È
l’interrogativo lanciato dal procuratore di Palermo Franco Lo Voi, nel commentare l’inchiesta sulle rete del traffico di migranti che ha portato all’emissione di 24 ordinanze di custodia cautelare. L’indagine, condotta dallo Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, ha svelato i volti dei trafficanti, le modalità operative in Africa e sul territorio italiano e ha decapitato la rete dei collaboratori che operava sul territorio italiano.
Quella smantellata, spiegano magistrati e investigatori, è una delle reti che operano nel settore del traffico di migranti verso le coste della Sicilia. Un primo passo, non definitivo. Ma già i tasselli di quel puzzle di morte che è il traffico di migranti si inizia a comporre.
Dal porto di Zuwara in Libia alla Sicilia arrivano in migliaia, e in migliaia, come le cronache raccontano, ci lasciano la pelle. Per i magistrati siciliani, ormai linea di frontiera dello Stato nel contrapporsi ai mercanti di morte, si tratta di un “traffico inarrestabile”, la cui trama è stata svelata, solo in parte, grazie all’attività degli uomini del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato guidata da Renato Cortese. Solo in parte perché, proprio come suggeriscono i dubbi del Procuratore Lo Voi, il prossimo passo sarà verificare dove finisca quella montagna di denaro. Ed è forte il sospetto che quei fondi siano parte del tesoro accumulato dalle frange islamiste che si contendono i resti della Libia. Perché la rete che controlla i traffici di esseri umani dalla sponda sud del Mediterraneo hanno contatti con le “istituzioni” locali o con quel che ne resta. Lo dimostrano alcune intercettazioni catturate dalla voce di Medhanie Yehdego Mered, il “Generale” che controlla il fronte
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L’Occidente e quella nuova alleanza tra Chiesa cattolica e sinistra
Francesco Boezi – 25 GIUGNO 2019
Ci si può arrivare per deduzione: se la Chiesa cattolica, come le elezioni europee hanno corroborato, è impegnata in una campagna di freno rispetto alle formazioni politiche sovraniste, allora vuol dire che le stesse istituzioni ecclesiastiche non disdegnano di avvalorare la tesi progressiste. Può sembrare un ragionamento forzato, ma facendo bene attenzione ai fatti non lo è.
La scena è questa: il cardinale Rehinard Marx, subito dopo l’avvento della formazione ecologista in Germania, ha incontrato il leader dei Verdi. Gli ambientalisti sono appena diventati il secondo partito teutonico. La Spd non ha ancora finito di rimettere insieme i cocci, ma il vertice dei vescovi tedeschi sembra aver già in mente un altro interlocutore. Il Sinodo sull’Amazzonia è alle porte: l’ecologismo integrale sta per entrare a far parte della dottrina ufficiale. Politica e indirizzo pastorale procedono di pari passo. La Conferenza episcopale tedesca, poi, non si è mai risparmiata sulla gestione dei fenomeni migratori. L’Ong Lifeline dovrebbe aver presente quel finanziamento ricevuto dallo stesso porporato: era l’ottobre del 2018. Molto altro da segnalare, rispetto alla prossimità idealistica di quell’episcopato con le formazioni politiche e con generiche realtà ascrivibili alla sinistra che operano nell’agone germanico, non c’è. È tutto abbastanza chiaro.
Poco dopo l’elezione di Emmanuel Macron come inquilino dell’Eliseo, l’episcopato transalpino – lo riporta ancora la Sir – ha parlato mediante un suo esponente di “clima di laicità pacificata con un presidente della Repubblica che ha dato più volte segnali concreti di apertura al dialogo con le religioni”. Bisogna affrancarsi dal linguaggio ecclesiologico, ma interpretando questo virgolettato in chiave d’apertura politica, i vescovi francesi apparvero tutto fuorché scontenti dall’avvento dell’enfant prodige. Non c’è stata la possibilità di registrare la stessa “contentezza”, quando Marine Le Pen e il Rassemblement National hanno primeggiato nelle urne, scavalcando En Marche! un mese fa. Anzi, in passato tre presuli d’Oltralpe – si apprende sempre sull’agenzia citata – hanno provato a porre qualche paletto elettorale ai cattolici, sconsigliando la preferenza lepenista. Le presidenziali sono andate come sappiamo.
Cosa aggiungere rispetto alla presunta vicinanza tra certi alti ecclesiastici statunitensi e l’universo politico democratico a stelle e strisce? Si può procedere per esclusione. Quando Il Corriere della Sera si è occupato dei “cardinali che tifano Trump”, è emerso come si trattasse di “settori minoritari”. Lifesite News ricorda di quando l’ex cardinal Theodore McCarrick, che è
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https://it.insideover.com/religioni/occidente-chiesa-cattolica-sinistra.html
Maurizio Blondet 26 Giugno 2019
La loro “umanità” è odio per gli italiani poveri, perché i miliardi spesi per mantenere i clandestini stranieri sono sottratti a loro.
Questi commettono atti di guerra civile.
E l’avranno vinta, perché dalla loro hanno tutto: la “giustizia Palamara” e la “Europa”, la Marina militare, la Rai-Tv, la 7, le ONG, El Papa, la passività del popolo italiano.
Insieme all’Olanda e alla Germania, responsabili della Sea Watch e della sua comandante, volevano dimostrare che Salvini è impotente. E ci stanno riuscendo, perché la sola reazione adeguata a questo atto di guerra sarebbe un atto di guerra – l’affondamento – e non si può fare.
Se il popolo italiano non si mobilita dietro il NO a questi violatori e spregiatori dell’Italia, se non tiene duro a sostegno del ministro Salvini,
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https://www.maurizioblondet.it/30468-2/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Palermo, compagnia aerea low cost nega imbarco a disabile
26.06.2019
Un passeggero stava per partire alla volta di Ancona ma gli impiegati di Volotea hanno ritenuto pericolosa la batteria al litio della sedia a rotelle. Gli avvocati chiedono chiarezza sull’avvenuto. Lo riporta oggi La Sicilia.
Michael Baioni Bechtol, il giovane che aveva fatto la tratta Ancona-Palermo, ha riscontrato degli ostacoli per tornare indietro con la stessa compagnia aerea. Al passeggero è stato negato l’imbarco perché la batteria al litio della sua sedia a rotelle era stata considerata pericolosa e quindi non trasportabile né in cabina né in stiva. Tra l’altro il giovane era in viaggio con la sua compagna e il figlio minore. I fatti risalgono all’8 giugno ed ora Michael Baioni Bechtol insieme ai legali dell’Unione nazionale consumatori Corrado Canafoglia e Elisa Pellegrini, commenta la lettera di scuse inviata dalla compagnia aerea che si è anche offerta di rimborsare il biglietto.
“Se l’operato di Volotea è stato corretto perché si scusa e perché vuole rimborsargli il biglietto? Non vogliamo l’elemosina ma che sia fatta chiarezza su un comportamento assurdo che non deve ricapitare più a nessun altro disabile”, chiedono gli avvocati.
“Solo dopo due ore di inutile attesa il responsabile check in acconsentiva di imbarcare Baioni ma quando questi tornava dopo cinque minuti accompagnato da un carabiniere al banco check in, senza la batteria, il responsabile gli comunicava la chiusura dell’imbarco, nonostante la compagna ed il minore avessero atteso il suo ritorno e fossero presenti gli addetti dell’assistenza disabili pronti ad accompagnarlo a bordo dell’aereo. E nonostante il gate di imbarco non fosse stato ancora aperto e l’aereo fosse in ritardo di oltre 30 minuti
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Magaldi: Renzi bussa alla superloggia Maat, quella di Obama
Scritto il 25/6/19
Secondo Giulio Occhionero, indagato per hacking nel 2018 durante la legislatura Renzi-Gentiloni, i servizi segreti avrebbero forgiato false prove per il Russiagate. Sempre secondo Occhionero, Renzi potrebbe essere accolto nella superloggia Maat, dove si trova anche Obama. Occhionero, accusato di aver hackerato i computer di Renzi e Draghi, sembra il capro espiatorio di un gioco più complesso: lui e la sorella Francesca Maria, arrestati e condannati per accesso abusivo a sistemi informatici, stanno pagando per qualcosa di più grande di loro. L’ammissione di Renzi nella Ur-Lodge “Maat”?
E’ uno dei luoghi in cui Renzi, che ora è passato per il Bilderberg, sta iniziando a bussare. La “Maat” fu un incontro di conservatori di stampo non terroristico, massoni neoaristocratici vecchio stile – non quelli della filiera “Hathor Pentalpha” (che hanno dato origine all’Isis e, prima ancora, ad Al-Qaeda). La “Maat” fu immaginata da Ted Kennedy e da Zbigniew Brzezisnki come la loggia che doveva supportare l’arrivo del “fratello” Obama alla Casa Bianca per mettere fine agli anni bui dei Bush, col predominio terroristico globale di “Hathor Pentalpha”, “Geburah”, “Der Ring” e altre superlogge interessate a creare terrore globale, a fare guerre, a distruggere per poi ricostruire.
Nel frattempo, la funzione storica della “Maat” si è un po’ appannata, e oggi quella superloggia è meno prestigiosa di altre, pur restando importante. Renzi? Sta cercando in tutti i modi di entrare da qualche porta, magari anche da qualche entrata di servizio, come il Bilderberg. Io però continuo a ritenere che oggi più che mai non ci sia alcun interesse, da parte di nessun gruppo massonico, ad ammettere Renzi, la cui stella è chiaramente in declino, benché qualcuno possa ancora ritenerlo una pedina, certo subalterna. Di questo e altro – per esempio, dei retroscena del Russiagate – si parlerà nel mio libro “Globalizzazione, esoterismo e massoneria”, di prossima uscita. Ammetiamolo: ci sono delle filiere di contatto tra Putin e Trump, così come nel corso del ‘900 ci sono sempre stati contatti tra ambienti russi e americani. Basta vedere il caso dell’imprenditore Armand Hammer, massone, esponente dell’ultradestra repubblicana aspramente antisovietica e contemporaneamente vicinissimo ad alti esponenti del Cremlino. Uno strano uomo d’affari, un massone molto potente che si trovava a contatto, in modo plateale, con quelli che formalmente demonizzavano l’Unione Sovietica, e allo stesso tempo era in contatto coi dirigenti sovietici che, nell’era Breznev, avevano dato una sterzata in senso autoritario, dopo le storiche aperture di Nikita Khrushev.
Riguardo al Russiagate, sul piano delle indagini non sarà facile arrivare al dunque, perché quello che si cerca è sbagliato. Non è che Trump sia stato eletto grazie ai servizi segreti russi: questa è una stupidaggine. E non è che vi sia, quindi, la possibilità di trovare la prova di questo ipotetico “tradimento”, di questa operazione per la quale Trump sarebbe una sorta di avamposto del “nemico russo”, al quale sarebbe legato da chissà quali patti. Non è così. Però esistono evidentemente dei network massonici, la cui attività non viene spiegata in modo leale, dai media: quando avviene l’elezione del presidente di un paese importante, le filiere sovranazionali massoniche si muovono, in modo trasversale. Sembra paradossale, rispetto a quello che uno si immaginerebbe. Ma non si tratta di russi che intervengono negli Usa, o viceversa: in queste filiere sovranazionali siedono, l’una accanto all’altra, persone di paesi che magari formalmente sono in guerra o in stato di tensione
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BELPAESE DA SALVARE
Assedio all’Italia. Al solito, la sinistra tifa per lo straniero
giovedì 27 giugno 6:00 – di Francesco Storace
Assedio all’Italia, attacco alla legge nazionale, colpi d’ariete a suon di migranti. La Sea Watch è l’arma contundente per appiccare il fuoco, incendiare il clima, caricarci ogni responsabilità.
Una pazza alla guida dell’imbarcazione tedesca della Ong con bandiera olandese si è messa in testa di regalarci un altro gruzzolo di migranti. Se ne frega delle nostre leggi, del divieto delle autorità italiane e ha deciso di correre per il torneo di Lampedusa. Con il suo personale medagliere in carne umana.
No no e no. Mille volte no alla prepotenza contro l’Italia. Questa Carola va acciuffata e rinchiusa nelle patrie galere. Perché per entrare in Italia ci vuole il nostro permesso; e senza spaccio di immigrati clandestini.
Ma la vergogna peggiore è quella solita che viene da sinistra, come di consueto schierata dalla parte opposta a quella della Nazione. Persino Zingaretti strilla in una sceneggiata senza fine.
Attaccano sguaiatamente contro Matteo Salvini e Giorgia Meloni; il primo per la giusta difesa del principio che i confini sono nostri e la sovranità italiana non hanno diritto a violarla neppure le Ong. E la seconda per aver ribadito con chiarezza ad un governo che non ha avuto il coraggio di proporre il blocco navale alle coste della Libia, di fare almeno la cosa minima. Una nave pirata non si accoglie; una nave pirata disconosciuta dal suo Stato si requisisce, si fanno scendere i suoi ospiti migrati, si arresta l’equipaggio e la si affonda a picco. Altro non c’è di fronte alla delinquenza.
E chi se ne frega se Roberto Saviano torna a fare commedia. Se Laura Boldrini ulula. E se tutti i soliti che non aprono le porte di casa loro abbaiano perché vorrebbe aprire le case nostre. Guai ad esitare di fronte alla demagogia rossa e davvero sinistra.
L’immigrazione clandestina va fermata ad ogni costo. Protestano quelli che ci fanno affari con le loro cooperative. Alla sinistra antinazionale occorre rispondere che abbiamo già pagato duramente la loro folle politica migratoria che ci ha fatto invadere da centinaia di migliaia di persone senza una prospettiva. Le carceri italiane sono piene di clandestini e noi dobbiamo caricarcene altri?
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https://www.secoloditalia.it/2019/06/berbere-milano-3/
IMAM: “IN CASE SFITTE ITALIANE C’È POSTO PER 2 MILIONI DI PROFUGHI”
27 giugno 2019
“Potremmo accogliere i due milioni di profughi che l’Italia è assolutamente in grado di ospitare”.
“Una parte delle case sfitte in Italia può andare ai migranti e una parte agli autoctoni. Secondo alcune stime, le case sfitte nel sud sono 700 mila, e nel Paese oltre tre milioni. Questo significa che gli spazi per accogliere i migranti ci sono”.
Questo pensa Izzeddin Elzir, presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia e vicino a Renzi fin da quando era sindaco di Firenze.
L’uomo dell’Arabia Saudita in Italia ha fatto da tempo il conteggio
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https://voxnews.info/2019/06/27/imam-in-case-sfitte-italiane-ce-posto-per-2-milioni-di-profughi/
Un’Europa a pezzi pretende di umiliare l’Italia
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13.06.2019 – Gian Micalessin
L’Unione Europea vuole mettere al tappeto il governo giallo-verde spogliandolo di tutte le cariche di rilievo. Ma non riesce a mettersi d’accordo sulla nomina del Presidente della Commissione. Ed è lacerata dallo scontro tra Francia e Germania.
Affondare l’Italia per lanciare un monito ai paesi dove il nemico sovranista resta in agguato.
È questa la parola d’ordine delle cosiddette forze europeiste chiamate a guidare il nuovo Parlamento europeo.
Il primo round dello scontro che punta a mettere al tappeto il governo giallo-verde è previsto per il 20 e il 21 giugno quando il Consiglio Europeo esaminerà il pacchetto di proposte per la nomina dei Commissari e del Presidente della Commissione.
L’obbiettivo è lasciare a bocca asciutta l’Italia negandole quella poltrona di peso, individuata tra Commercio, Industria e Concorrenza, che le spetta di diritto in quanto fondatrice dell’Unione e terzo contribuente europeo. Prima di punire l’Italia i presunti vincitori delle elezioni europee devono però mettersi d’accordo tra di loro. E l’intesa non è proprio scontata.
La scelta del Presidente della Commissione, prima e principale carica in discussione nel prossimo Consiglio Europeo, rappresenta anche il principale pomo della discordia.
La battaglia per la Presidenza minaccia di far saltare le intese tra Partito Popolare Europeo, Socialisti e liberali sulla nuova maggioranza. Le regole introdotte nel 2014 per volere di Angela Merkel prevedono che lo Spitzenkandidat, il candidato alla Presidenza, sia designato dal Partito più votato. I socialisti d’accordo con un gruppo liberale notevolmente rafforzato dall’arrivo degli eurodeputati di Emmanuel Macron sono decisi a far cadere la candidatura di Manfred Weber, il capogruppo del Ppe all’Europarlamento scelto dalla stessa Merkel. Una prima motivazione addotta per affossare il candidato del Ppe è il sostanziale ridimensionamento dei popolari che controllando soltanto 179 dei 751 seggi dell’Europarlamento non possono formare una maggioranza senza l’aiuto di Verdi e Socialisti.
Ma l’argomento di peso avanzato da Socialisti e Liberali è l’assoluta mancanza d’esperienza del candidato popolare. Weber, a differenza dei precedenti Presidenti della Commissione, non ha, infatti, mai ricoperto incarichi di governo. Proprio per questo i socialisti gli contrappongono l’ex-ministro degli esteri olandese e vice-presidente della Commissione Frans Timmermans. I liberali, invece, mettono sul tavolo una rosa di sette nomi tra cui l’ex commissario alla concorrenza Margrethe Vestager e l’ex premier belga, attuale capogruppo liberale a Bruxelles, Guy Verhofstadt.
In verità dietro la guerra per lo Spitzenkandidat emerge ancora una volta quel sordo
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https://it.sputniknews.com/opinioni/201906137767940-uneuropa-a-pezzi-pretende-di-umiliare-litalia/
SINISTRA DENUNCIA FALSA RAPINA DI VIGILI A IMMIGRATO, FIGURACCIA
25 GIUGNO 2019
Il consigliere Barsanti commenta il falso episodio di razzismo in centro a Lucca millantato su Facebook e rilanciato dal consigliere di maggioranza Bianucci.
“La sinistra è talmente ossessionata dal “fascista razzista violento” – dice Barsanti – da diventare patologica e produrre vere e proprie allucinazioni. O mentire per distogliere l’attenzione dalle proprie continue figuracce. Altrimenti non si spiega l’incredibile incidente diplomatico rischiato nei confronti di due agenti della municipale, il cui lavoro ordinario di contrasto al vagabondaggio è stato scambiato per un’aggressione xenofoba con tanto di rapina”.
“La fretta è cattiva consigliera:
troppo frettoloso il presunto testimone del fatto nel dare giudizi;
troppo frettoloso il consigliere Bianucci nel goffo tentativo di cavalcare il falso episodio;
troppo frettolosi i media che hanno rilanciato la fake news salvo poi sfumare l’accaduto.
Ci sarebbe da ridere – continua Barsanti – se non fosse che queste allucinazioni spesso diventano il motore di iniziative politiche e la giustificazione per invocare repressione e creare allarmismo. Se non fosse
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https://voxnews.info/2019/06/25/sinistra-denuncia-falsa-rapina-di-vigili-a-immigrato-figuraccia/
CONFLITTI GEOPOLITICI
La crisi USA/Iran vista dal Sol Levante
da aurorasito – Gearóid Ó Colmáin
L’avevamo previsto da tempo: gli Stati Uniti avrebbero infine fabbricato una massiccia crisi internazionale per provocare una guerra con l’Iran. L’intera serie di guerre e false rivoluzioni dal 911 degli ultimi due decenni furono solo il preludio alla distruzione imminente dell’Iran. Ora, il Giappone si trova al centro di un’escalation della crisi internazionale dopo che gli statunitensi accusavano l’Iran degli attacchi del 13 giugno a due petroliere nel Golfo di Oman, uno di proprietà della Norvegia e l’altro del Giappone. La Norvegia fu un importante mediatore nei negoziati dell’Iran coll’occidente e Oslo, anche se membro della NATO, spesso persegue politiche estere discretamente indipendenti. Ma in questo articolo, voglio concentrarmi sul coinvolgimento del Giappone in questa crisi. Che ruolo potrebbe giocare nella guerra degli Stati Uniti contro l’Iran?
Mike “Mentiamo-ricattiamo-rubiamo” Pompeo
Il segretario di Stato nordamericano Mike Pompeo dichiarò alla CBS News che gli Stati Uniti erano sicuri che l’Iran fosse dietro gli attacchi. Costui è lo stesso uomo che recentemente ammise che da direttore della CIA aveva mentito ripetutamente. Chiunque abbia un minimo di conoscenza delle relazioni internazionali sa che la CIA è una macchina che fabbrica menzogne; che vende guerre d’aggressione con le bugie; che il suo solo scopo è controllare la percezione delle masse al fine di proteggere i suoi capi. La CIA ha sempre odiato i cittadini nordamericani tanto quanto i loro finti “nemici” stranieri. Allora, qual è il piano degli Stati Uniti ora? In primo luogo, consideriamo la nuova scacchiera geopolitica e i suoi “imperativi strategici” per prendere a prestito una frase del defunto Zbigniew Brzezinski. Gli Stati Uniti non controllano più il Medio Oriente; controllavano l’America Latina. Gli Stati Uniti hanno perso il controllo della propria economia e cercano disperatamente con Trump di riavere la propria industria mentre la Cina continua ad espandere la propria influenza nel mondo. Il governo degli Stati Uniti del presidente Trump non controlla nemmeno gli USA.
La complicità dell’Iran nel mondo?
Quindi torniamo a Pompeo. Cosa dice ora? Dice che gli USA “sanno” che l’Iran è dietro gli attacchi nel Golfo Persico e che non hanno bisogno di alcuna autorizzazione per usare la forza. Questo è ciò che disse nell’intervista alla CBS: gli Stati Uniti possono bombardare e distruggere qualsiasi Paese nel mondo quando i loro interessi sono minacciati; e i loro interessi sono gli interessi della cabala finanziaria che ne controlla il governo e ne dirige la politica. Chiamiamo tale cabala Israele. Quello che dice Pompeo è che Stati Uniti/Israele sono al di sopra della legge. Israele è la sua legge e attaccherà chiunque, ovunque, in qualsiasi momento e ad ogni costo. Dovremmo almeno essere grati a Pompeo per aver reso le cose ufficiali. Pompeo aveva anche detto: “Questo è un regime che ha causato molti problemi in tutto il mondo”. Ora considerate tale affermazione per un momento. “L’Iran ha attaccato gli USA l’11 settembre 2001? L’Iran ha invaso e occupato l’Afghanistan? L’Iran ha invaso e occupato l’Iraq? L’Iran ha iniziato la guerra in Libia? L’Iran ha iniziato la guerra in Siria? L’Iran ha iniziato la finta guerra al terrore? L’Iran ha invaso e bombardato oltre 50 Paesi dalla Seconda guerra mondiale, molti dei quali democrazie, sostituendone i governi con regimi dittatoriali? No. Allora a chi si riferisce Pompeo? Si riferisce agli Stati Uniti d’America!”
I Japs sono tornati!
Abbiamo visto tutti i film della Seconda guerra mondiale che descrivono i giapponesi come crudeli e spietati tiranni che schiavizzano i popoli asiatici. Sebbene per molti aspetti sia vero, è comunque una visione unilaterale parziale dei complessi obiettivi geopolitici del Giappone durante la Seconda guerra mondiale. Dalla loro sconfitta, i giapponesi furono sottoposti agli Stati Uniti. Raramente furono in disaccordo con la politica nordamericana in Asia. Ma negli ultimi anni, la terza potenza economica del mondo ha flesso i muscoli. Il Giappone ha rimilitarizzato ed anche rivisto la sua storia, in particolare, il suo ruolo durante la Seconda guerra mondiale. Il Giappone si considerava il liberatore dell’Asia dalla perniciosa influenza del colonialismo inglese. Secondo il Giappone, l’Asia fu colonizzata in larga misura da Gran Bretagna e Francia a causa della debolezza delle nazioni asiatiche. Il Giappone si presentò come difensore della razza mongolide contro il dominio dei caucasici. Non cerco di difendere l’imperialismo giapponese, ma è importante capire che ogni Paese che partecipa a entrambe le guerre mondiali ebbe quelle che considerava legittime ragioni per le sue azioni e le potenze vinte non potevano mai scrivere la propria storia. Tale nuovo ruolo assertivo che il Giappone gioca nella regione causava molteplici problemi con la Cina. “Nella misura in cui il revisionismo storico giapponese minaccia la Cina, gli Stati Uniti non ne sono preoccupati. Ma permettendo al Giappone di riarmarsi e non sancire il nazionalismo risorgente, indicano che c’è sempre una minaccia che il Giappone possa sfuggire alle grinfie degli Stati Uniti”.
In diversi recenti conflitti, una diplomazia giapponese sempre più indipendente è venuta alla ribalta. Durante la destabilizzazione del Myanmar nel 2017, quando gruppi islamici sostenuti da oligarchi di Arabia Saudita e occidente scatenarono il terrorismo nello Stato settentrionale del Rakhine, che i media internazionali attribuivano alle vittime, i giapponesi si rifiutarono di condannare e isolare Naypyidaw. Al contrario, si unirono discretamente a Russia e Cina nel sostenere il tentativo del governo birmano di allentare la crisi. Durante la Seconda guerra mondiale, la Birmania fu un obiettivo strategico chiave del tentativo dell’Impero giapponese di estromettere gli inglesi dall’Asia. Le relazioni del Giappone coi birmani rimasero cordiali, nonostante l’ostilità nordamericana ed europea. Negli ultimi anni, il Giappone ha convocato importanti conferenze con le nazioni africane e non ha nascosto l’ambizione di rivaleggiare cogli investimenti della Cina nel continente. La recente visita di Shinzo Abe a Teheran era un tentativo di Tokyo di mediare nel conflitto cogli Stati Uniti. Dall’amministrazione del Primo ministro Yukio Hatoyama (2009-2010), il Giappone cerca di riorientare la politica dall’americo-centrismo a crescenti legami con le nazioni asiatiche. Il governo di Hatoyama fece importanti gesti per migliorare i rapporti con la Cina. Sebbene il risorgente nazionalismo di Shinzo Abe abbia inevitabilmente peggiorato le relazioni con essa, pone anche problemi agli Stati Uniti perché non è sempre diretto solo contro la Cina. La contraddizione nella politica estera giapponese fu evidenziata alcuni anni fa dall’ex-ministro delle Finanze Shoichi Nakagawa, vicino ad Abe. Era profondamente sospettoso nei confronti della Cina e fermamente favorevole a Taiwan, ma era ugualmente sospettoso nei confronti degli Stati Uniti. Anche suggerì che il Giappone acquisisse armi nucleari. Nakagawa fu uno dei pochi importanti funzionari giapponesi a condannare pubblicamente il lancio delle bombe atomiche su Nagasaki e Hiroshima alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Gli Stati Uniti sono l’unico Paese ad aver mai usato armi nucleari per uccidere una popolazione civile. Il lancio delle bombe atomiche sul Giappone era giustificato dal fatto che era l’unico modo per fermare la guerra. Ma i giapponesi tentavano di negoziare la pace con gli Stati Uniti dal 1943, senza successo. “Gli Stati Uniti erano decisi ad usare la bomba atomica per mostrare ai sovietici chi erano veramente i nuovi padroni del mondo”.
L’esternalizzazione dell’industria nordamericana in Asia fece sì che il Giappone, sebbene in declino, abbia comunque guadagnato di statura. Con una forte base industriale e una popolazione ampiamente omogenea, il Giappone ha ancora il potenziale per svolgere un ruolo di primo piano nell’integrazione asiatica, a condizione che possa mantenere buoni rapporti con le nazioni esportatrici di petrolio e gas. Il 12 marzo 2017, il re saudita Salman bin Abdulaziz al-Saud visitò Tokyo, la prima visita di un capo di Stato saudita in 50 anni. I due Paesi firmarono diversi accordi commerciali di alto livello aprendo l’economia saudita agli investimenti high-tech giapponesi in cambio di lucrosi scambi in petrolio col Giappone. Nel 2017, re Salman visitò Tokyo dove fu inaugurata la Joint Vision 2030 saudita-giapponese. Mentre l’Arabia Saudita intraprende un vasto programma di privatizzazione, il Giappone guadagnerà diventando un partner importante nella diversificazione dell’economia saudita. Sebbene i sauditi siano accusati come possibili sospettati degli attacchi nel Golfo di Oman, i colpevoli sono più probabilmente Stati Uniti ed Israele. L’autorevole religioso sciita iracheno Muqtada bin Sadr visitò Jidah, in Arabia Saudita, nell’aprile 2017, dove incontrò il principe
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http://aurorasito.altervista.org/?p=7663
Uomini, missili, alleati e i Pasdaran: ecco perché il Pentagono teme l’Iran
Lorenzo Vita
27 GIUGNO 2019
Donald Trump ha fermato l’attacco contro l’Iran, perché nella mente del leader della Casa Bianca non c’è motivo di avventurarsi in un nuovo conflitto in Medio Oriente che questa volta potrebbe avere effetti devastanti su tutta la regione (e sicuramente anche nel mondo). Ma non è solo Trump ad aver fermato i falchi della sua amministrazione. C’è un’altra parte fondamentale dello Stato americano ad aver chiesto di non arrivare a una guerra aperta e che da tempo frena su intervento armato: il Pentagono.
I generali americani non vogliono una guerra con Teheran. O quantomeno E il motivo è che sanno perfettamente che la pur netta superiorità tecnologica degli Stati Uniti non sarebbe capace di coprire tutti i rischi di una guerra su vasta scala contro quella che è considerabile la maggiore potenza militare del Medio Oriente insieme a Israele.
Sottovalutare la forza della Repubblica islamica è un errore che al Pentagono sanno
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https://it.insideover.com/guerra/stati-uniti-perche-il-pentagono-teme-liran.html
Le radici della crisi tra Usa e Ue
Roberto Vivaldelli – 26 GIUGNO 2019
Come scrive Graham Allison nel suo Destinati alla Guerra (Fazi Editore, 2018), nel 2011, l’allora segretario di Stato Hillary Clinton annunciò, con notevole clamore, un’importante “svolta” nella politica estera americana, che avrebbe reindirizzato l’attenzione e le risorse di Washington dal Medio Oriente verso l’Asia, al fine di fronteggiare l’ascesa della Cina nella regione. Citando le parole del presidente Barack Obama: “Dopo un decennio in cui abbiamo combattuto due guerre a caro prezzo, in termini di sangue e di risorse del tesoro, gli Stati Uniti stanno rivolgendo la loro attenzione al vasto potenziale della regione pacifico-asiatico”. Obama promise di aumentare la presenza diplomatica, economica e militare dell’America nella regione.
Meglio conosciuto come Pivot to Asia, il “grande riequilibrio” annunciato da Obama e Clinton, come nota Allison, rimase sulla carta e una grande aspirazione. Come ha ricordato un funzionario della Casa Bianca sotto Obama: “Non c’è mai stata la sensazione che avessimo davvero voltato strada rispetto al Medio Oriente. Circa l’80% delle nostre riunioni più importanti presso il Consiglio per la sicurezza nazionale si è concentrato sul Medio Oriente”. Oltre alle guerre in Iraq e Afghanistan, le cosiddette “Primavere arabe” del 2011 e soprattutto il conflitto in Siria e la lotta contro lo Stato islamico, accantonarono definitivamente ogni tentativo di svolta dell’amministrazione Obama.
L’amministrazione Trump ha avviato una guerra commerciale con Pechino mentre ha mostrato una certa insofferenza per l’Ue a guida tedesca e, in particolare, per il surplus commerciale di Berlino: il presidente Donald Trump, inoltre, preferisce di gran lunga trattare con i singoli Stati che con l’intricata casta di burocrati dell’Ue. Da pragmatico, ha perfettamente compreso che a tirare le redini dell’Unione europea sono Germania e Francia. Nel complesso, le relazioni fra Ue e Washington sono peggiorate e i leader europei come Angela Merkel e Emmanuel Macron sperano in cuor loro che il prossimo presidente degli Stati Uniti sia il democratico Joe Biden, ex vicepresidente di Obama. All’inizio del 2019, alla vigilia della Conferenza di sicurezza di Monaco, Biden ha inviato un messaggio rassicurante ai politici, diplomatici e leader militari europei preoccupati per il disimpegno americano: “Torneremo”.
L’Europa “è un vegetariano in un mondo di carnivori”
Come scrivono Alina Polyakova e Benjamin Haddad su Foreign Affairs, in un articolo intitolato Europe Alone (l’Europa sola), nonostante le rassicurazioni di Joe Biden e le speranze dei leader europeisti, “una nuova amministrazione degli Stati Uniti potrebbe alleviare alcune delle attuali tensioni transatlantiche”, ad esempio “eliminando le tariffe sull’acciaio e sull’alluminio europeo o rientrando nell’accordo sul clima di Parigi”. Ma queste correzioni, osservano gli esperti sull’autorevole rivista americana, “non risolveranno il problema alla radice. La spaccatura tra Stati Uniti ed Europa non è iniziata con Trump, né si concluderà con lui”. Piuttosto che cedere alla nostalgia, affermano, “i leader statunitensi ed europei dovrebbero valutare con onestà il percorso che li ha portati all’attuale crisi: il primo passo verso la creazione di una partnership transatlantica più matura e lungimirante”.
La crisi odierna, osservano, “è prima di tutto un risultato della forte asimmetria tra gli Stati Uniti e l’Europa. Per molto tempo, entrambe le parti hanno accettato questo squilibrio, lo hanno persino coltivato. L’Europa è rimasta
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CULTURA
Storia di un’amicizia – di Franco Ferrarotti (EDB)
VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=IAfoZnBayRE
https://cafegolem.wordpress.com/2018/06/23/al-santuario-con-pavese-storia-di-unamicizia-di-franco-ferrarotti-edb/
RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE “EU-ROPEO”.
Per la rinascita dell’EUROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE.
Una “memoria” – di Federico La Sala.
(…) il “nuovo mondo” che abbiamo costruito dimostra quanto presto abbiamo dimenticato la ‘lezione’ delle foreste, dei mari, dei deserti, e dei fiumi e delle montagne!!!
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- secondo quanto suggerisce Vitruvio (De architectura, 2,1,3) la struttura del tempio greco trasse la sua origine da primitivi edifici in argilla e travi di legno(Wikipedia)
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- IL SEGRETO DI ULISSE: “[…] v’è un grande segreto /nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri./ Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,/rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso./Intorno ad esso feci il mio talamo […]” (Odissea, Libro XXIII, vv. 188-192).
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- EUROPA. PER IL “RISCHIARAMENTO” (AUFKLARUNG”) NECESSARIO. FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA.
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TERRA! TERRA!
IL BRASILE DÀ UNA ‘LEZIONE’ ALL’EUROPA E ALLE SUE RADICI
Sul referendum brasiliano sulle armi – prima e dopo [2005].
di Federico La Sala *
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- Art. 11. L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. (Costituzione della Repubblica italiana).
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“Su cosa è stato edificato il nuovo mondo? Genocidi e stermini. Chi ha dato il nome a questo nuovo mondo? Un Vespucci ((in verità non lui direttamente, ma ricordiamoci dei ragni e delle formiche di Bacone). Chi ha chiamato così l’Amazzonia? E, chi così il Brasile? A Napoli, sì sempre a Nea-polis, questo nome ricorda la brace, il braciere, persone intorno a un fuoco che riscalda, un cerchio familiare che si apre e accoglie chi ha freddo – non la devastazione e il deserto di chi cieco e folle si mette a distruggere tutto: Edipo con in mano il lancia-fiamme a volontà – Platone, il Tecno-crate. Di fronte alla Foresta gli uomini ciechi e folli di potenza (ma qui si parla anche delle donne-amazzoni) vedono nulla e fanno e … faranno il Brasile?” (Federico La Sala, La mente accogliente. Tracce per una svolta antropologica, Antonio Pellicani Editore, Roma 1991, pp. 180-181)
Se vogliamo parlare di identità europea, oggi che dovremmo parlare di identità terrestre (siamo le generazioni che hanno visto e vedono la Terra dalla Luna, e dallo Spazio!!!), parliamone con più ampiezza, profondità, e altezza: reinterroghiamo il mito, antropologicamente!!!
Se ci muoviamo così, non è solo da “Europa” che dobbiamo partire, ma da chi l’ha rapita – da “Zeus” e da chi era “Zeus”. Così ci avvicinamo a Creta, a Minosse, a Pasifae, al Minotauro, al Labirinto, a Dedalo, Icaro, ad Arianna e Teseo, ecc. ecc. e arriviamo a Troia, a Omero, a Ulisse e ad Atena e … Atene! Il problema è quello delle origini della Polis e del potere, del Potere armato di tecnica e di astuzia (Atena, figlia di Metis) – Zeus! La ‘civiltà’ del Logos armato e astuto: questo è il problema! Allora, forse, capiremo perché “Europa” non è più in Europa… e noi non sappiamo più chi siamo!!!
La questione è da ‘peccato originale’: Eva è stata ‘rapita’ dal fascino di un serpente, Europa dal fascino di un toro. Tutte e due le ‘storie’ dicono del cadere in tentazione, della madre di tutti i viventi e della madre di tutti gli europei, tra le braccia di un ‘dio’ ingannatore, camuffato da animale – e l’obiettivo di tutti e due è negare e togliere “Dio” dal centro della vita sociale e politica degli esseri umani: così per il ‘serpente’, così per Zeus che, con l’aiuto della madre, aveva spodestato Chronos, che a sua volta aveva evirato
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http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=901
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Strage di Ustica: quella battaglia nei cieli nascosta dallo Stato
26 giugno 2019
Il 27 giugno del 1980, nello spazio aereo tra Ponza e Ustica, il volo di linea Itavia IH870 esplode e si inabissa nel Mar Tirreno, trascinando con sé i corpi di tutti e 81 gli occupanti. Sono passati 39 anni, tra depistaggi e altre morti sospette, e il “muro di gomma” dei silenzi e delle coperture di Stato non si è ancora sgretolato. Ve ne abbiamo già parlato anche con Gaetano Pecoraro
“Su quel volo, insieme a mio padre, dovevo esserci anche io, avevo già il biglietto in tasca. Poi un impegno improvviso nell’azienda di famiglia, dove finita la scuola davo una mano, mi trattenne e non andai. Era la seconda volta che papà volava per lavoro. Quel giorno per me rappresenta la data di una strage. Non è stata una casualità, hanno voluto creare un danno. La verità la sappiamo, basterebbe poco, ovvero la volontà di andare a chiederla. Perché in qualche cassetto c’è”.
Stefano Filippi, 55 anni, parla di quella notte, tra il 27 e il 28 giugno 1980, e ripete le stesse parole pronunciate nell’aula bunker di Rebibbia, il 16 gennaio 2001, davanti alla Corte d’Assise di Roma dove si stava celebrando un processo storico, quello per i depistaggi della strage di Ustica. Il dibattimento era iniziato da pochi mesi e dinanzi a giudici e cronisti sfilavano imputati e testimoni. L’aria era carica di aspettative, perché quel processo arrivava esattamente vent’anni dopo la notte in cui il Dc9 della compagnia Itavia, mentre era in volo da Bologna a Palermo, con a bordo 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio, era improvvisamente piombato nella fossa più profonda del Tirreno (una strage silenziosa alla quale abbiamo dedicato il servizio che potete rivedere sopra).
Stefano, oggi vicepresidente dell’associazione dei familiari delle vittime, all’epoca della strage aveva 16 anni. Quel giorno, davanti ai giudici, aveva raccontato tutto d’un fiato la sua Ustica, partendo dalla telefonata di un amico di famiglia che la mattina del 28 giugno gli aveva comunicato che suo padre Giacomo non c’era più. “Mi sono subito reso conto che era successo qualcosa di grave. Ricordo che a stento riesco a prendere la bicicletta per andare dal giornalaio a prendere tutti i quotidiani. Mi tremavano le gambe, avevo il batticuore. Leggo i giornali davanti all’edicola, seduto in una panchina, trovo la lista degli scomparsi e leggo il nome di mio padre”. Stefano pensa che non può essere vero, che una cosa del genere può succedere a chiunque, ma non a lui. Invece, è tutto vero.
Il nome di Giacomo Filippi da Forlimpopoli, 47 anni, imprenditore e titolare di un’azienda che commercializzava carni fresche e surgelate, era in quella lista di passeggeri. Ustica a Stefano Filippi, oltre alla verità che cerca ancora oggi insieme agli altri familiari, ha strappato un padre di cui non ha riavuto neanche il corpo: ufficialmente disperso, in mare, insieme ad altri 41 passeggeri.
Per capire Ustica bisogna ricominciare dall’inizio e ascoltare le storie dei familiari, prima ancora di addentrarsi nelle carte dell’imponente istruttoria condotta dal giudice Rosario Priore, l’unica che abbia fissato alcuni punti fermi su quanto accadde, e dei procedimenti civili che negli ultimi anni hanno cristallizzato lo scenario in cui tutto avvenne e le responsabilità di chi non riuscì ad evitare che tutto questo diventasse uno dei più longevi misteri della storia repubblicana. Perché quella notte è accaduto qualcosa che ancora oggi gli italiani non devono sapere. Un segreto inconfessabile che coinvolge governi e interessi internazionali di fronte ai quali la vita di 81
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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
Migranti, sciolto gruppo interforze che bloccava gli scafisti
Avevamo conosciuto Carlo Parini e la sua squadra che lotta contro l’immigrazione clandestina nel servizio di Cristiano Pasca. Oggi Carlo è stato messo a timbrare passaporti alla questura di Siracusa e il suo ufficio non c’è più. Motivazione ufficiale: “Non ci sono più sbarchi”
Era un gruppo interforze d’eccellenza, in grado di individuare al 99,9% gli scafisti a bordo delle navi di migranti arrivate in Italia. Il gruppo, di cui anche Le Iene vi avevano parlato con Cristiano Pasca nel servizio che potete rivedere sopra, è stato letteralmente smembrato. Parliamo del Gici” di Siracusa guidato da Carlo Parini, di cui anche il New York Times aveva parlato con toni entusiasti in un suo reportage.
La squadra di Carlo Parini oggi non esiste più: lui è stato dirottato all’Ufficio passaporti della Questura di Siracusa e gli altri componenti del suo team sono andati ad occuparsi di ambiente.
La chiusura sarebbe arrivata, ufficialmente, a seguito della fine degli sbarchi nel siracusano, ma Carlo Parini, intervistato dal quotidiano “Il Sole24ore”, sono stato rimosso”. Ma solo pochi giorni fa l’Alto Commissariato per i Diritti umani delle Nazioni Unite (Ohchr) aveva tuonato contro le politiche migratorie del Viminale e di Matteo Salvini. In particolare, gli strali dell’Onu
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https://www.imolaoggi.it/2019/06/25/migranti-sciolto-gruppo-inter-forze-che-bloccava-gli-scafisti/
ECONOMIA
Istat, pressione fiscale record dal 2015. Profitti imprese ai minimi da 20 anni
La pressione fiscale dei primi tre mesi dell’anno risulta essere del 38%, in aumento dello 0,3% rispetto allo stesso periodo del 2018. L’istituto di statistica precisa che si tratta del picco nel confronto fra trimestri. Sale la propensione al risparmio delle famiglie. Lieve calo del rapporto deficit-Pil e Nordest sul podio per crescita e occupazione
di F. Q. | 26 Giugno 2019
Tasse record dal 2015, mentre a fronte dell’aumento del potere d’acquisto delle famiglie – dopo due cali consecutivi – i consumi scendono, con una crescita della propensione al risparmio. Ma i dati diffusi dall’Istat parlano anche del Nord est, sul podio per crescita e occupazione rispetto alla media nazionale, e dei profitti delle imprese, ai minimi storici degli ultimi 20 anni. L’Istituto registra infatti che nei primi tre mesi del 2019 la quota di profitto – che riguarda le società non finanziarie e il reddito da capitale ottenuto sul valore aggiunto prodotto – è al 40,7%, in calo di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Si tratta del valore più basso registrato nell’attuale serie storica di riferimento, avviata nel 1999.
Pressione fiscale – Nei primi tre mesi del 2019 è risultata del 38,0%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’istituto nazionale di statistica, specificando che si tratta del picco dal 2015 nel confronto fra trimestri, precisa che anche in questo caso vale solo il confronto annuo, tra stessi trimestri. Nel primo la pressione fiscale mostra un livello più basso rispetto al resto dell’anno. Ripercorrendo a ritroso i livelli registrati dalla pressione fiscale, sempre nel confronto tra primi trimestri, l’Istat ricorda che, appunto, nel 2018 era stata pari al 37,7%, stesso dato rilevato nel 2017, mentre nel 2016 era stata pari al 37,9%. Per trovare un dato superiore a quello del primo trimestre del 2019 si deve torna quindi a inizio 2015, quando era stato toccato un valore pari al 38,9%.
Nord Est sul podio per crescita e occupazione rispetto alla media nazionale – Nella ‘stima preliminare del pil e dell’occupazione territoriale 2018’, si legge che nel 2018 il Pil messo a segno dall’area è stato pari al +1,4%, con una dinamica particolarmente vivace del settore dell’industria in senso stretto che ha registrato un +3,2%. Modesta invece la performance nel Mezzogiorno, +0,4%, nonostante il risultato positivo delle costruzioni con un +4,1%. Sul fronte occupazione il Nord-est segna il +1,1%, +2,3% nell’industria; più contenuti i valori al Sud, nel Mezzogiorno che registra +0,7% ma con un marcato aumento nel settore dei servizi finanziari, immobiliari e professionali +3%.
Consumi e risparmi delle famiglie – Dopo due cali consecutivi, si registra però un aumento del potere d’acquisto delle famiglie, cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,9%. Torna così a segnare un nuovo massimo dal 2012, ma resta ancora sotto il picco precrisi, toccato nel 2007 (-5,7%). Per l’istituto si tratta di “un marcato recupero” del reddito che, “grazie alla frenata dell’inflazione, si è trasferito direttamente in crescita del potere d’acquisto”. I consumi delle famiglie nei primi tre mesi del 2019 sono cresciuti in termini nominali dello 0,2%, frenando su base congiunturale (erano aumentati dello 0,6% alla fine del 2018). Invece, la propensione al risparmio delle famiglie è stata pari all’8,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Rapporto deficit-Pil – L’incidenza dell’indebitamento, invece, è lievemente scesa rispetto allo stesso periodo del 2018: nel primo trimestre del 2019 il rapporto tra deficit e Pil, infatti, è stato pari al 4,1%, mentre nello stesso trimestre del 2018 era al 4,2% e a 1,7% nell’ultimo trimestre 2018. L’Istat ricorda che il deficit mostra un andamento stagionale e che il confronto può essere fatto solo su base annua. Nel primo trimestre dell’anno il deficit risulta infatti sempre più alto a confronto con gli altri trimestri.
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Al via gli aumenti in bolletta per clienti Tim, Vodafone, Wind 3
Sono in arrivo forti aumenti sulle bollette di Tim, Vodafone e Wind 3. Rincari che vanno dai due ai tre euro al mese, già comunicati agli utenti con un mese di preavviso come prevede la legge
Franco Grande – 26/06/2019
Sono in arrivo forti aumenti sulle bollette di Tim, Vodafone e Wind 3.
Rincari che vanno dai due ai tre euro al mese, già comunicati agli utenti con un mese di preavviso come prevede la legge.
“È questo il regalo che i gestori telefonici stanno presentano ai propri clienti mobili”, attacca il Codacons che ha presentato un esposto urgente all’Agcom e all’Antitrust.
“Le più colpite – si legge sul Corriere della Sera – sono le offerte più economiche. Alcuni faranno rincari anche sul telefono fisso.
L’idea, come ogni anno, è che d’estate gli utenti sono più distratti dalle vacanze e quindi più probabilmente possono non accorgersene”.
Tim aumenterà le tariffe di 1,99 euro al mese e in cambio il cliente riceverà 20GB al mese gratis per 1 anno per navigare o minuti illimitati gratis. La scelta tra le due opzioni dipenderà dal tipo di contratto stipulato. Dal primo luglio per le offerte Tutto Voce e Voce Senza Limiti il costo dell’abbonamento della linea fissa salirà di 1,90 euro.
Per i clienti Vodafone la data di scadenza è il 27 luglio, giorno in cui chi ha esaurito il proprio credito potrà continuare a usare la sua sim per i numeri fissi e mobili nazionali e navigare senza limiti in Italia e nei Paesi dell’Unione Europea al costo di 0,99 euro per 24 ore, per un massimo di 48 ore consecutive dall’esaurimento del credito. Nessun costo ulteriore, invece, per i
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http://www.ilgiornale.it/news/economia/aumenti-bolletta-clienti-tim-vodafone-wind-3-1717034.html
LA UE UCCIDE IL RISO ITALIANO: ARRIVANO 80 TONNELLATE DAL VIETNAM
25 giugno 2019
Con l’accordo di libero scambio con il Vietnam che sarà firmato ad Hanoi il prossimo 30 giugno, l’Unione Europea darà il via libera all’ingresso a dazi zero di 80 mila tonnellate di riso.
Un’altra batosta alla nostra industria alimentare.
Del resto, la Ue è nata per fare gli interessi tedeschi: quindi no dazi con Cina e altri Paesi dell’Estremo oriente che la Germania rifornisce di macchinari.
Così loro ci riempiono di merda e prodotti low-cost che fanno con i macchinari tedeschi.
E usando il lavoro minorile, come accade con la produzione di riso in Vietnam.
“Si tratta – attacca il senatore Prandini – di una decisione sbagliata e contraddittoria in virtù della difficile situazione del comparto e della decisione dell’Unione europea che da metà gennaio 2019 ha messo finalmente i dazi sulle importazioni provenienti dalla Cambogia e dalla Birmania che fanno concorrenza sleale ai produttori italiani”.
“Il settore agricolo non deve diventare merce di scambio degli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto sul piano economico, occupazionale e ambientale sui territori”, precisa il presidente, nel sottolineare che
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https://voxnews.info/2019/06/25/la-ue-uccide-il-riso-italiano-arrivano-80-tonnellate-dal-vietnam/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Sarà la Germania che romperà l’euro. Si è preparata da anni. E noi?
Maurizio Blondet 26 Giugno 2019 0
Hans-Werner Sinn è l’ex direttore dell’IFO, il primo istituto di ricerca economica tedesca vicino al governo, ed è ancora attualmente nel consiglio del ministero dell’Economia. Il 21 febbraio 2019, all’università di Buckingham, il professor Sinn ha tenuto una conferenza nel corso di un convegno intitolato “L’Economia delle Unioni Monetarie – Esperienze passate e l’Eurozona. Il suo intervento era centrato su “come ridurre i saldi Target”. Il Target 2 (la sigla sta per Trans-European Automated Real-Time Gross Settlement Express Transfer System) è il sistema di pagamento interbancario dei bonifici transfrontalieri fra i paesi che condividono la moneta euro.
Grosso modo: quando un italiano compra una BMW e la paga, appare “debito” di Bankitalia verso la Bundesbank, la banca centrale tedesca, che lo considera un “credito”. Siccome la Germania accumula surplus su surplus, il supposto “debito” italiano accumulato nel Target 2 è sui 500 miliardi, e la Spagna, 400 miliardi. Come recuperare questo immenso “credito”? o come ridurlo? Ciò assilla gli economisti tedeschi fino all’ossessione.
In realtà, come spiega in questo video Luca Fantacci, storico dell’economia dell’Università Bocconi,
https://twitter.com/i/status/1134441526132715520
I “crediti Target 2” non sono esigibili, perché sono spendibili: la Germania può spenderli immediatamente in beni e servizi. Allora perché ossessionano gli economisti tedeschi? Essi diventano di problematica convertibilità solo se qualcuno degli stati esce dall’euro. Adesso è diventato d’attualità il rischio che sia l’Italia ad uscire dall’euro – ma in realtà, questa ossessione degli economisti tedeschi da Sinn a Weidmann – come recuperare i mille miliardi di crediti Target 2 – va inteso come una proiezione freudiana: non avrebbero nessuna ragione di essere preoccupati, se non pensassero di uscire dall’euro. Invece ci pensano, ecco il punto, coltivano il progetto, sanno che ad un certo punto dovranno necessariamente uscirne loro. Solo così si spiega la loro ossessione per i Target 2.
VIDEO QUI: https://youtu.be/fumQDve9804
La conferenza di professor Sinn a Buckingham è tutta puntata, ossessivamente, sui modi per “ridurre” il Target 2, insomma rendere più piccola la cifra, e dunque il danno che subirebbero quando usciranno.
Anzitutto, egli (come Weidmann) interpreta i 500 miliardi di “debito” verso la Germania che l’Italia ha cumulato nel Target 2, e i 400 della Spagna, come “enormi avanzi e disavanzi della bilancia dei pagamenti accumulati tra i paesi dell’euro” per colpa della “ Banca centrale europea (BCE) che ha consentito a questi paesi che incontrano difficoltà di bilancia dei pagamenti di risolvere i loro problemi aumentando in modo sproporzionato l’offerta di moneta nazionale. Il credito sostitutivo delle “tipografie” nazionali dell’Eurosistema, concesso ai sei paesi colpiti dalla crisi di Grecia, Cipro, Italia, Portogallo, Spagna e Irlanda, ammontava in tal modo a oltre 1.000 miliardi di euro nell’estate del 2012″….
Insomma i 500 miliardi sarebbero, per loro, i soldi in più che la Germania ha dato agli italiani per consentire loro di vivere al disopra dei propri mezzi (per esempio, comprando le loro BMW). E, aggiunge Sinn: “Mentre i politici hanno costantemente spregiato l’argomento, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann ha espresso le sue preoccupazioni in merito alle rivendicazioni Target della Bundesbank in una lettera al presidente della BCE Mario Draghi”.
Sinn sente urgente di “ridurre” la misura di questi sbilanci, ancorché la loro riduzione abbia come diretta conseguenza il calo delle esportazioni tedesche verso i paesi debitori. Esamina otto di questi modi. Si tratta, nel complesso, di mettere un limite a quanto uno Stato “debitore” come Italia o Spagna possa ingrossare il suo “debito” Target 2. Si va dalla assegnazione di lotti fissi, alla fissazione di quote per le operazioni di politica monetaria; dall’imposizione al paese il cui cittadino compra una BMW, di presentare un collaterale sotto forma di obbligazioni pregiate, buoni del Tesoro coperti o garanzie delle banche centrali ; di eseguire i saldi in oro, come a prima di Bretton Woods; di imporre tassi d’interesse altissimi e punitivi al paese che ha uno sbilancio eccessivo sul target 2.
L’ultimo, ottavo modo consigliato, nel video si legge: “DEXIT”, ossia uscita della Germania dall’euro. Altro che Italexit o Frexit o Brexit….
In realtà, anche i modi precedentemente elencati da Sinn configurano uscita dall’euro. Perché, come ha spiegato Mario Draghi nella conferenza stampa del 26 luglio 2018 a domanda di un giornalista (tedesco), chiunque voglia “mettere un tetto, un limite [al Target 2], imporre di versare un collaterale… non gli piace l’unione monetaria”.
Un qualunque limite o tetto farebbe immediatamente sì che gli euro circolanti in Italia o Spagna varrebbero meno degli euro circolanti in Germania o Olanda. Lo Stato italiano dovrebbe immediatamente reagire alla fuga di capitali che avverrebbe istantaneamente, rimettendo in vigore il reato di esportazione dei capitali – sarebbe il primo passo versa la re- istituzione della propria moneta, per pura necessità.
https://www.ecb.europa.eu/press/pressconf/2018/html/ecb.is180726.en.html
Non essendo il vostro cronista un economista tedesco, non riesce a capire come Sinn e Weidmann abbiano risolto il problema seguente: ogni riduzione dello sbilancio del Target 2 significa un calo drammatico delle BMW (e WV) che italiani e spagnoli comprano dalla Germania, il che rovinerebbe l’industria tedesca. Ancor più il Dexit, ossia l’uscita della Germania e il suo ritorno al marco, che di colpo sarebbe rivalutato del 20-30%. Il vostro cronista però è sicuro che questi esimi economisti tedeschi ci hanno pensato e quindi abbiano già previsto come risolveranno il problema del crollo dell’export tedesco verso l’Italia, Spagna, Portogallo, Cipro, Grecia – o forse pensano che noi compreremo le loro auto anche quando costeranno il 20% in più. Non so. Se non si preoccupano loro, vuol dire che hanno pensato e risolto. Pensano a tutto, al contrario di noi.
Sarà il Dexit – e coglierà di sorpresa i nostri pro-euro
Ma è certo che hanno pensato a tutto minuziosamente, preparandosi scrupolosamente alla Dexit. Da anni. Anche Yanis Varoufakis, nel 2013, mentre cercava di salvare la Grecia dallo stivale chiodato in cui la schiacciava la UE con la BCE, ha espresso il dubbio che “l’intransigenza della Bundesbank fosse la campagna surrettizia di mister Weidmann di restaurare il Marco Tedesco”; anzi il “grande” marco tedesco, dall’Olanda alla Polonia.
Varoufakis citava come indizio dei suoi sospetti il ricorso che mr. Weidmann, il capo della Bundesbank, aveva fatto alla Corte costituzionale tedesca di Karlsruhe contro gli acquisti a manetta di Mario Draghi per inondare le banche europee di liquidità allo scopo di salvare l’euro.
Fra i quesiti che la Bundesbank ha posto alla Corte per sapere se il quantitative easing era un atto illegale, contrario alla Costituzione germanica, criminale, brilla la prima asserzione:
“Non spetta a una banca centrale di garantire l’irreversibilità di una moneta”.
Di grazia, a chi spetterebbe questo compito, se non a una banca centrale?, si domanda Varoufakis. In base a quale inaudita dottrina economica il capo della Bundesbank ritiene questo? In quale università ha appreso che una banca centrale non ha il dovere di difendere e far durare la moneta che emette?
Nessuna risposta. Da questa balzana frase di Weidmann, si ricava solo questa certezza:
Weidmann, e la Germania dietro di lui, vogliono renderereversibile l’euro.
E pensare che i nostri media pro-euro accusano di essere “contro l’euro” Bagnai e Borghi….. “L’euro è irreversibile!” tuonano ripetendo le parole di Mario Draghi. Senza accorgersi mai – proprio mai – che è il capo della Bundesbank che lo ha dichiarato reversibile, sostenendo che non spetta a una banca centrale garantire la durata di una valuta.
E adesso, Weidmnann diventa quasi sicuramente il nuovo
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https://twitter.com/molumbe/status/1143255018440671232
Ilaria dalla Riva lascia le risorse umane di banca Monte dei Paschi
Data: 24 giugno 2019 18:06
Roberto Coita nuovo chief of human officer (Responsabile per le risorse umane dell’azienda)
SIENA. Ilaria Dalla Riva, Chief Human Capital Officer di Banca MPS, lascia la Banca per cogliere una nuova sfida professionale e sarà sostituita da Roberto Coita, attuale Responsabile dell’Area Talent & Knowledge Management della stessa Direzione.
“Concludo un percorso di 7 anni costruito con il supporto di una squadra di professionisti con cui ho condiviso obiettivi, idee e iniziative per sostenere il Piano della Banca e grazie al contributo fattivo di tutti i colleghi BMPS e delle OOSS. Ringrazio in particolare Marco Morelli e il Management Team per il clima di serietà e fiducia e per il confronto costruttivo con cui ogni giorno abbiamo
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Paolo Becchi, minibot. Macron e sospetti su Draghi: “Ma perché Franco Cfa e Marco che gira ancora…?”
25 giugno 2019
La grande truffa di Franco Cfa e marco tedesco. Paolo Becchi, su Twitter, rilancia una battaglia che qualche mese fa aveva agitato M5s e Lega, creando non pochi grattacapi diplomatici tra Italia e Francia, e tornato prepotentemente d’attualità sull’onda della polemica sui minibot.
“La Francia emette il Franco CFA: una moneta neppure locale poiché circola fuori dai confini francesi”, suggerisce Becchi.
“Perché Draghi, che subito è intervenuto sui MiniBot,
non ha mai detto una parola su questa moneta utilizzata dai francesi
in forma di banconote stampate in Francia?”.
Alberto Bagnai, economista d’area Lega, interviene gettando acqua sul fuoco: “Perché non circola nell’Eurozona e non è emessa dalla Francia, ma dalle banche centrali di CEMAC (https://www.beac.int) e UEMOA (https://www.bceao.int)“.
Tutto vero, ma resta lo “strabismo” delle istituzioni finanziarie europee sul tema. E infatti Becchi insiste: “Come mai Draghi non ha detto niente sul fatto che in alcune città tedesche si possono ancora liberamente utilizzare le banconote dei vecchi marchi al posto degli euro?”. In questo caso “l’euro-provocazione” del professore sovranista non riceve risposta, per ora, da Bagnai. Ma la tesi è
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GIUSTIZIA E NORME
Trapani, i migranti assolti per legittima difesa fanno storia. E l’accordo con la Libia non vale più
Altro che tabaccaio che spara al ladro per evitare che gli rubi qualcosa.
Tutti i migranti in fuga dalla Libia potrebbero legittimamente ribellarsi, per legittima difesa, agli equipaggi che cercano di riportarli nelle mani della Guardia Costiera libica.
Lo si legge nelle motivazioni della sentenza del giudice Piero Grillo che manda assolti dopo dieci mesi di carcere i due migranti, uno sudanese e uno ghanese, accusati di una serie di reati; ma, sostanzialmente, di aver capeggiato la rivolta nei confronti dell’equipaggio della nave Vos Thalassa, battente bandiera italiana, che dopo averli salvati li stava riportando verso la Libia.
Era già notevole il ricorso alla legge della legittima difesa. Ancora più ampia e notevole è la motivazione della sentenza, di ben 70 pagine, appena uscita, che nel motivare la decisione presa di assolvere i “ribelli” mette sotto accusa i comportamenti adottati negli ultimi anni nella cosiddetta Sar libica.
Per il Tribunale di Trapani i due imputati possono sì avere commesso i fatti, per quanto riguarda minacce o financo violenze (ma non c’è prova di lesioni) nei confronti dell’equipaggio; ma il fatto non costituisce reato.
La condotta dell’equipaggio che li conduceva verso la Guardia Costiera libica era una
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https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/08/trapani-i-migranti-assolti-per-legittima-difesa-fanno-storia-e-laccordo-con-la-libia-non-e-piu-valido/5241348/
Sea Watch, esposto in procura “I migranti privati della libertà”
Il Garante nazionale per i diritti dei detenuti ha presentato un esposto alla Procura di Roma sul caso della Sea Watch
Angelo Scarano – 25/06/2019
Nemmeno un istante dopo il respingimento del ricorso alla Cedu, si apre un altro fronte sulla Sea Watch.
A entrare sul campo di “battaglia” è il Garante dei detenuti, Mauro Palma. Il Garante infatti ha presentato un esposto alla Procura di Roma. Il Garante di fatto non interviene sulle scelte politiche in merito al “blocco” sullo sbarco imposto dal Viminale, però punta il dito contro “la privazione della libertà personale”. Palma fa sapere che “non può né intende intervenire su scelte politiche che esulano dalla propria stretta competenza. Tuttavia, è suo dovere agire per fare cessare eventuali violazioni della libertà personale, incompatibili con i diritti garantiti dalla nostra Carta, e che potrebbero fare incorrere il Paese in sanzioni in sede internazionale. In particolare, ribadisce che le
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http://www.ilgiornale.it/news/politica/sea-watch-esposto-procura-i-migranti-privati-libert-1716566.html
13 Giugno 2019da Federico Dezzani
Lo scandalo del “mercato delle toghe”, dopo aver sconquassato il Consiglio Superiore della Magistratura, si dirige rapidamente verso il vero obiettivo politico dell’inchiesta: Sergio Mattarella, che del CSM è presidente secondo l’articolo 104 della Costituzione. Non è certo una novità che le nomine dei procuratori avvenissero secondo criteri non propriamente cristallini: la tempistica dello scandalo lascia sottintendere la volontà di defenestrare, o perlomeno neutralizzare, il Capo della Stato, in vista dello showdown tra Roma e Bruxelles. L’europeista Mattarella è l’ultimo ostacolo alla strategia distruttiva del governo gialloverde che, pilotato da Washington e Londra, rischia concretamente di portare verso il baratro l’Italia e il Continente. Nel frattempo, avanza la “No Deal Brexit”.
Estate calda, autunno bollente
La crisi in Italia si acuisce e si allarga, raggiungendo le massime istituzioni dello Stato e rischiando di fare tabula rasa dell’intero Paese: persino la carica presidente della Repubblica è rimasta intrappolata nell’ingranaggio che sta portando l’Italia, terza economia dell’eurozona e in pessime condizioni finanziarie, in rotta di collisione con l’Unione Europea.
A fine maggio è scoppiato lo scandalo del “mercato delle toghe”: attraverso un serie di intercettazioni è emerso che i membri del Consiglio Superiore della Magistratura, nella fattispecie Luca Palamara ed altri colleghi, avessero nominato i procuratori delle maggiori città italiane secondo logiche politico/affaristiche. Qualsiasi persona un po’ disincantata, per non ricorrere all’aggettivo cinica, sapeva da sempre che fossero questi i meccanismi di selezione dei magistrati. L’interrogativo che molti si sono subito posti è quindi stato: perché lo scandalo è scoppiato, e perché ora? Chi, oltre a essere disincantato, fosse anche stato dotato di un’infarinatura di diritto pubblico (articolo 104 della Costituzione) e fosse stato al corrente delle dinamiche nazionali ed internazionali, ha pensato subito che l’obiettivo finale dello scandalo fosse Sergio Mattarella, nella sua veste di presidente del CSM. Parliamo dello stesso presidente della Repubblica cui dedicammo nella primavera del 2018 l’articolo “L’ultima resistenza del “filotedesco” Mattarella”.
I sospetti si sono dimostrati fondati tra il 12 ed il 13 giugno, quando l’inchiesta ha virato a livello mediatico verso il Capo dello Stato: “Fango su Mattarella” titola a prima pagine La Repubblica, lasciando presagire che ben presto lo scandalo del mercato delle toghe concentrerà il fuoco sul Quirinale. Fin dalle fasi iniziali del governo gialloverde, concepito da Washington e Londra per minare alle fondamenta la stabilità dell’eurozona e dell’Unione Europea, il presidente Sergio Mattarella, eletto nella precedente legislatura, ha rappresentato un ostacolo: tutto si può chiedere a questo placido siciliano, tranne che rinnegare il suo passato di democristiano di sinistra ed europeista di ferro. Forse, un altro presidente della Repubblica più energico, al suo posto, avrebbe fatto ricorso ai poteri di capo delle Forze Armate; Mattarella, semplicemente, non si sente di portare l’Italia in rotta di collisione con l’Unione Europea, con tutte le calamità economiche e finanziarie
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http://federicodezzani.altervista.org/ostacolo-mattarella/
LA LINGUA SALVATA
sal-pà-re (io sàl-po)
SIGN Sollevare l’ancoraggio dal fondo; tirare in superficie; partire
etimo incerto.
Nei dizionari ogni parola pare uguale all’altra, ma alcune sono molto più consunte di altre. E anche se ne possiamo continuare a leggere chiaramente il significato, da dove questo emerga a volte diventa un mistero che pare quasi irrecuperabile.
Per la successione dei significati che si è guadagnato in italiano, parrebbe che dapprima il salpare sia stato il sollevare l’ancoraggio di un’imbarcazione dal fondo a cui l’assicurava, e che sia quindi passato a significare il partire in maniera via via più figurata. Ma le acque sono molto confuse. Innanzitutto, è esistita la variante ‘sarpare’, attestata alla fine del Trecento (mentre ‘salpare’ è di due secoli dopo), insieme ad altre forme antiche o dialettali: anche sapere quale sia il punto di partenza per risalire all’origine pare difficile. Qualcuno ha avanzato una derivazione dall’ipotetica voce del latino parlato exherpare ‘uscire dal porto’, mutuato dal greco exérpein, altri descrivono una transizione simile, ma dal greco exarpàzein ‘strappare’, attraverso l’ipotetico latino parlato exarpare; c’è perfino chi l’ha voluto da un non attestato disalpare, che potremmo leggere come un ‘mollare gli alpeggi’ alla fine della stagione estiva. È comunque affascinante come questo verbo abbia sobbollito
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Perché lo fa? Perché l’hanno eletto per questo. Bergoglio è stato eletto in maniera illegittima (perché è gesuita) da una cricca di cardinali massoni; pertanto, soggiace alla sorveglianza continua della massoneria ecclesiastica
di Francesco Lamendola – 26 giugno 20219
Nemmeno la santa Messa del Corpus Domini, domenica 23 giugno 2019, è sfuggita alla politica di Bergoglio d’infilare almeno un’eresia in ogni occasione che gli si presenta, liturgica o profana, solenne o quotidiana. Il Vangelo del giorno parlava del miracolo della moltiplicazione di pochissimi pani e pesci per sfamare una folla di migliaia di persone (cinquemila erano solo gli uomini, cioè i capifamiglia); e che ha fatto il signore argentino travestito di bianco? Di eresie, per non essere avaro, ce ne ha rifilate almeno due: primo, che Gesù si è fatto pane; secondo, che quell’episodio evangelico non ruota intorno al miracolo della moltiplicazione, dato che Gesù “non faceva magie” (strana affermazione da parte di uno che ama circondarsi di stregoni, oltre che di maestri di Reiki), ma sull’atto della condivisione, per insegnarci a dividere le cose col prossimo. Inoltre, ha spostato il commento dal miracolo all’atto di benedire il pane e quindi alla benedizione in se stessa, presentata come una sorta di rito laico avente per scopo, genericamente, il “dir bene” di qualcuno o di qualcosa, gesto che a sua volta “fa star bene” le persone; e infatti lui si è rifiutato in più d’una occasione di benedire i fedeli e fare il segno della Croce, come avvenne a Palermo il 15 settembre 2018, per non mettere a disagio i non credenti.
In buona sostanza, dal suo sermone si evince che egli non crede al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, e che gli dà fastidio anche solo evidenziare il fatto della moltiplicazione, perché a lui quel che interessa è solamente il simbolo della distribuzione.
Come, come? Gesù fattosi pane? Ma questo non è il Magistero della Chiesa: non è Gesù che si fa pane, ma è il pane che si trasforma nel Corpo di Cristo, nel mistero Eucaristico. Chi glielo spiega a Bergoglio che, se uno studente di teologia alle prime armi dicesse uno sproposito del genere, verrebbe sonoramente bocciato, e per giunta ammonito a misurar bene le parole?
Ecco alcuni passaggi della omelia di Bergoglio, così come sono stati riportati dal sito ufficiale del Vaticano (non restio, peraltro, a manipolare i testi originali, quando le esternazioni a braccio del sedicente papa risultano troppo imbarazzanti):
… Perché benedire fa bene? Perché è trasformare la parola in dono. Quando si benedice, non si fa qualcosa per sé, ma per gli altri. Benedire non è dire belle parole, non è usare parole di circostanza: no; è dire bene, dire con amore. Così ha fatto Melchisedek, dicendo spontaneamente bene di Abramo, senza che questi avesse detto o fatto qualcosa per lui. Così ha fatto Gesù, mostrando il significato della benedizione con la distribuzione gratuita dei pani. Quante volte anche noi siamo stati benedetti, in chiesa o nelle nostre case, quante volte abbiamo ricevuto parole che ci hanno fatto bene, o un segno di croce sulla fronte… Siamo diventati benedetti il giorno del Battesimo, e alla fine di ogni Messa veniamo benedetti. L’Eucaristia è una scuola di benedizione. Dio dice bene di noi, suoi figli amati, e così ci incoraggia ad andare avanti. E noi benediciamo Dio nelle nostre assemblee (cfr Sal 68,27), ritrovando il gusto della lode, che libera e guarisce il cuore. Veniamo a Messa con la certezza di essere benedetti dal Signore, e usciamo per benedire a nostra volta, per essere canali di bene nel mondo. (…)
Il secondo verbo è dare. Al “dire” segue il “dare”, come per Abramo che, benedetto da Melchisedek, «diede a lui la decima di tutto» (Gen 14,20). Come per Gesù che, dopo aver recitato la benedizione, dava il pane perché fosse distribuito, svelandone così il significato più bello: il pane non è solo prodotto di consumo, è mezzo di condivisione. Infatti, sorprendentemente, nel racconto della moltiplicazione dei pani non si parla mai di moltiplicare. Al contrario, i verbi utilizzati sono “spezzare, dare, distribuire” (cfr Lc 9,16). Insomma, non si sottolinea la moltiplicazione, ma la con-divisione. È importante: Gesù non fa una magia, non trasforma i cinque pani in cinquemila per poi dire: “Adesso distribuiteli”. No. Gesù prega, benedice quei cinque pani e comincia a spezzarli, fidandosi del Padre. E quei cinque pani non finiscono più. Questa non è magia, è fiducia in Dio e nella sua provvidenza…)
Perché lo fa? Perché l’hanno eletto per questo: questo impostore travestito da papa, non avrebbe dovuto nemmeno divenir Vescovo di Buenos Aires, perché il suo diretto superiore, il generale dei gesuiti Kolvenbach, aveva dato parere sfavorevole al riguardo,
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http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/la-contro-chiesa/7689-perche-lo-fa
Emmanuel Macron, il richiamo della Corte dei Conti: “Francia, il debito preoccupa”
Non è solo il governo italiano a dover far tornare i conti sul debito, anche la Francia sembra avere qualche difficoltà. A lanciare l’allarme è la Corte dei Conti francese, questa volta sulle finanze di Parigi. Il presidente Emmanuel Macronera stato già avvisato qualche settimana fa da Christine Lagarde, presidente del Fondo Monetario Internazionale. “Non esistono rischi immediati visto il basso livello di tassi d’interesse con cui Parigi opera sui mercati internazionali, ma l’alto livello del debito offre poca tranquillità” aveva ammonito. Ora – fa sapere Il Giornale – il rapporto annuale sui conti pubblici parla di “situazione preoccupante”. Troppo deboli, secondo gli esperti economici, le iniziative prese da Parigi “per ridurre il deficit strutturale”.
Le proteste dei gilet gialli non hanno giovato: i dibattiti infatti hanno portato ad un deragliamento della traiettoria del debito e ad un aumento del rapporto deficit-Pil che potrebbe arrivare al 3,1 nel 2019.
La Francia, secondo i magistrati, intraprenderebbe così un percorso opposto rispetto agli altri Paesi dell’eurozona, in cui il debito si starebbe abbassando. Per la Corte dei Conti parigina, la tendenza negativa è destinata a durare, complice anche il taglio di 5 miliardi sulle imposte sul reddito promesso da Macron ai gilet jaunes. Non è ancora
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https://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/13477418/emmanuel-macron-richiamato-corte-dei-conti-debito-parigi-troppo-alto-va-ridotto.html
Riscaldamento globale, l’Onu avverte: “Si va verso l’apartheid climatico”
Ci saranno 120 milioni di nuovi poveri entro il 2030. La previsione arriva da un funzionario delle Nazioni Unite, che bolla come “palesemente inadeguate” le contromisure prese finora”
“Apartheid climatico” è l’espressione scelta da Philip Alston, relatore speciale dell’Onu sull’estrema povertà, per descrivere la differenza tra la parte ricca del pianeta che è al sicuro rispetto a riscaldamento climatico, fame e conflitti, mentre “il resto del mondo è lasciato a soffrire”. L’esperto delle Nazioni Unite mette in guardia su un aspetto spesso trascurato dell’emergenza climatica: quello della disuguaglianza sociale, destinata ad aumentare assieme alle temperature. “Anche se verranno raggiunti gli attuali obiettivi – sottolinea Alston – decine di milioni di persone saranno più povere, portando a un diffuso sfollamento e alla fame”
Tommaso Lecca – 25 giugno 2019
Il funzionario ha presentato un rapporto al Consiglio dei diritti umani dell’Onu, nel quale ha criticato le misure adottate dagli organismi delle Nazioni Unite in quanto “palesemente inadeguate” per salvare la Terra dal “disastro imminente”. “Il cambiamento climatico – prosegue – minaccia di annullare gli ultimi 50 anni di progressi nello sviluppo, nella salute globale e nella riduzione della povertà”. Alston ritiene che la crisi ambientale “potrebbe portare a oltre 120 milioni di indigenti in più entro il 2030 e avere l’impatto più grave nei Paesi più poveri”. Il rapporto denuncia inoltre che le nazioni in via di sviluppo si faranno carico di almeno il 75% dei costi causati dal cambiamento
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https://europa.today.it/ambiente/onu-apartheid-climatico.html
VESCOVO ACCUSA: “DIETRO SBARCHI C’È PIANO PER SOSTITUIRE I POPOLI EUROPEI”
27 GIUGNO 2019
Un piano per sovvertire l’identità etnica e religiosa dell’Europa. Il vescovo Athanasius Schneider lanciava l’allarme Grande Sostituzione qualche mese fa.
Un piano “preparato da lungo tempo”.
“Il fenomeno della cosiddetta “immigrazione” rappresenta un piano orchestrato e preparata da lungo tempo da parte dei poteri internazionali per cambiare radicalmente l’identità cristiana e nazionale dei popoli europei.
Questi poteri usano l’enorme potenziale morale della Chiesa e le sue strutture per conseguire più efficacemente il loro obiettivo anticristiano e antieuropeo. A tale scopo si abusa il vero concetto dell’umanesimo e persino il comandamento cristiano della carità”.
Avete capito? Probabilmente parla del Piano Kalergi.
E non è un caso che Bergoglio sia stato premiato, proprio tempo fa, con il premio che ne porta il nome. La Chiesa si è fatta strumento, consapevole o meno, del grande piano di sostituzione etnica.
“Non seguo e non conosco bene la situazione politica italiana, per questo
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POLITICA
MELUZZI: QUELLO DI SEA WATCH È UN ATTACCO POLITICO ALL’ITALIA – VIDEO
Intervistato da La Zanzara, con la presenza del disturbatore Parenzo, Meluzzi spiega la strategia dei terroristi umanitari di Sea Watch:
VIDEO QUI: https://youtu.be/amigV5IeBrM
https://voxnews.info/2019/06/26/meluzzi-quello-di-sea-watch-e-un-attacco-politico-allitalia-video/
Casapound fuorilegge? Vediamo un po’ che si può fare…
Scritto da Aldo Giannuli – 24 giugno 2019
L’Anpi ha chiesto la messa fuorilegge di Casapound come organizzazione neo fascista (ai sensi della XII disposizione finale della Costituzione), immediatamente dopo, Repubblica, la Cgil, Sinistra Italiana ecc. si sono associati.
Nel suo documento l’Anpi si rivolge direttamente al Ministro dell’Interno Salvini. Sono d’accordissimo sul fatto che ormai, dopo le aggressioni ai giovani del Cinema America, dopo le spedizioni contro la famiglia rom che aveva ottenuto legalmente una casa popolare eccetera, la presenza di Casapound non sia più tollerabile e la questione vada risolta una volta per tutte, ma siamo sicuri che sia questa la via migliore?
Mettiamo un po’ di ordine nella discussione: la XII disposizione finale della Costituzione non è immediatamente applicativa, occorre procedere ai sensi della “legge Scelba” che sanziona la ricostituzione del disciolto partito fascista.
Salvini (e potete immaginare quanta simpatia mi ispiri il personaggio) non può sciogliere un’organizzazione motu proprio (e meno male!), per farlo occorre un a sentenza definitiva passata in giudicato che riconosca quella organizzazione come ricostituzione del partito fascista.
Ci sono alcuni precedenti (pochi in verità): nel 1973 On fu sciolto dopo una sentenza di primo grado che lo indicava come partito fascista. La cosa suscitò molte perplessità in Aldo Moro che era certamente antifascista ma era un giurista, Taviani, come lui stesso ammise, era cosciente di star facendo una forzatura ma decise ugualmente di farla come misura politica.
Un anno dopo toccò ad Avanguardia Nazionale, il gruppo di Delle Chiaie, ma si era in un momento particolare segnato da frequenti stragi e tentativi di colpo di Stato ed è piuttosto improbabile che oggi un Ministro dell’Interno (anche a prescindere dalle sue idee politiche) possa decidere uno scioglimento dopo una sentenza solo di primo grado.
Anche perché la natura del reato è piuttosto sfuggente ed offre molti appigli alla difesa, anche se la XII disposizione diche che è vietata la ricostruzione del partito fascista “sotto ogni forma”, peraltro sarebbe necessario ascoltare molte decine di testimoni (fra poliziotti, carabinieri, vittime di aggressioni, esperti eccetera).
Personalmente non credo che la natura fascista di Casapound sia dubitabile, ma si aprirebbe una discussione molto complessa e sicuramente non breve.
Dunque, questo significa un percorso di non meno 5 anni, il che non è esattamente quello che vogliamo. In ogni caso, cari amici e compagni, se pensate che questa sia la strada da percorrere, non servono i comunicati: prendete carta bollata e penna ed andate alla Procura della Repubblica di Roma a depositare una denuncia per ricostituzione del partito fascista. Possibilmente firmate tutti la denuncia (Presidente dell’Anpi, direttore di Repubblica, Segretario generale della Cgil, segretario reggente di Sinistra Italiana eccetera) e curate prima un libro bianco con l’elenco degli episodi, i documenti, le foto, insomma le prove a supporto.
Per la verità diverse articolazioni periferiche di Casapound sono state denunciate e sono sotto inchiesta in diverse città (credo Napoli e Bari oltre che altre città).
Quello che non viene aperto, almeno per quel che se ne sa, è un procedimento penale a Roma contro la struttura nazionale. Dunque, i comunicati lasciano il tempo che trovano, mentre una denuncia a livello centrale, chiedendo di centralizzare tutte le inchieste periferiche costringerebbe la magistratura a far qualcosa, magari decidere un’archiviazione di cui assumersi la responsabilità (ma non credo che ci sia un solo magistrato disposto a sfidare l’opinione pubblica in questo modo).
Personalmente non sono convinto che sia questa la strada più rapida e produttiva. E non credo che la configurazione di Casapound come gruppo fascista sia il profilo più esaustivo. La cosa la vedrei in modo diverso e la strada più consistente credo sia quella del 416 bis, l’associazione a delinquere di stampo mafioso.
In primo luogo, abbiamo un’impressionante serie di reati certissimi e reiterati: incitamento all’odio razziale, ripetute violenze private, intimidazioni eccetera eccetera. Ed è evidente in vincolo associativo che collega i molti casi. Sembra
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