NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 17 LUGLIO 2019

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NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

17 LUGLIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Tanto più progrediamo, tanto meglio viviamo 

e tanto più insignificanti diventiamo.

MARIO A. RIGONI, Variazioni sull’impossibile, Il notes magico, 2006, pag. 89

 

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https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

 

Le notizie non informano ma servono per minacciare

I COLLEGAMENTI DI CAROLA CON IL TRIBUNALE ONU DELL’AJA.. 1

Ecco la prova del legame tra scafisti e Ong. 1

Salvini e quelle intercettazioni tra scafisti e Ong. 1

Nasce il P.C.U.S. 1

Sergio Romano: “Russiagate, mancano le prove: per ora è tutto fumo e niente arrosto”. 1

La violenza quadrisex di Bibbiano

Federica Anghinolfi, chi è l’assistente sociale arrestata a Reggio Emilia. 1

EMERGENZA IN CORSIA: BOOM DI MEDICI STRANIERI SENZA TITOLI ADEGUATI 1

Spotify sta ammazzando la musica. Care radio, è arrivato il momento di boicottarlo. 1

Cambiamenti climatici e femminicidio, sì; suicidio no. 1

Avvenire promuove la teologia gender/queer?. 1

Matrix francese

Nazioanlista

Non solo missili: l’Italia ha un problema enorme con il traffico illegale di armi 1

Il rompicapo del materialismo. 1

I giapponesi hanno cambiato sistema di scrittura e non capiscono più i vecchi documenti. Li salverà un algoritmo?. 1

Il quadrato semiotico dell’informazione online. 1

I COMPLICI DELLE ONG AVEVANO PREVISTO TUTTO: “FAREMO ARRIVARE IMMIGRATI IN MASSA”. 1

La liretta dell’Italietta. 1

IL PANTANO DEFLAZIONISTICO E IL RUOLO DELLE BANCHE CENTRALI 1

La gip di Agrigento non ha applicato i principi enunciati dalla Cassazione. 1

I conti con il passato

Esattore. 1

Incredibile vaticano

Liberismo selvaggio in usa 1

L’autonomia

Grillini & pd

Cocaina e vaccini

Ci sono anche i morti da paracetamolo. 1

 

 

EDITORIALE

Le notizie non informano ma servono per minacciare

Manlio Lo Presti – 17 luglio 2019

L’Italia è ancora sotto attacco. I proiettili sono le moltissime notizie sparate a ripetizione dalle solite centrali neomaccartiste e al 90 percento controllate dalla sinistra arcobaleno post-togliattiana che da tempo segue gli interessi oligarchici a danno della popolazione italiana.

Il Processo di creazione delle “notizie” è quello della mitraglia fragorosa utile a creare confusione ed alterare la percezione della realtà. Grandissima parte dei contenuti di queste pseudonotizie contengono degli “avvertimenti”. L’informazione è puramente secondaria.

Le notizie che non informano arrivano alla ribalta dei soliti canali per una durata prestabilita e poi scompaiono.

Non si sa più nulla

  • Delle cinque operazioni chirurgiche che doveva affrontare la atleta colpita da uova lanciate al suo occhio da rampolli del pd locale. La vittima è improvvisamente guarita e del procedimento contro i figli del pd autori del gesto idiota non si sa più nulla.
  • Del maestro che diceva ai suoi alunni quanto era brutto il bimbetto nero. Il padre ha sbraitato davanti ai 150 canali tv, radio, stampa, web, terra, aria, mare. Ma poi è calato il silenzio quando si è saputo che l’insegnante che doveva essere additato come fascista, razzista è un alto esponente del pd locale. Insabbiamento generale. Figuriamoci cosa sarebbe accaduto se l’insegnante fosse stato leghista!!!!!!!!!!!!
  • La vicenda dei 5.000.000 di euro non incassati da Unicef che non ha voluto denunciare nascondendosi dietro cervellotici “distinguo”.
  • Del 1.000.000.000 al mese bonificati dall’oligarca Soros alla SOCIETA’ OPEN di Firenze e altri denari alla Bonino e ad altre formazioni politiche. Siccome è stato fatto dagli americani è tutto giusto e perfetto: non se ne parla affatto, non c’è attentato né corruzione internazionale!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
  • La vicenda del ponte Morandi di cui non sono chiari tutti i particolari: troppi soldi in ballo
  • La vicenda ILVA, Alitalia, Monte dei Paschi, CARIGE, i derivati per 60 miliardi di euro di Unicredit, ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.
  • Della bestiale e disumana elettrificazione dei bambini obbligati a dire che i genitori li violentavano e a fare disegni – poi alterati dalle assistenti sociali – in modo da giustificare la consegna dei minori stessi dapprima a case-famiglia e poi a coppie quadrisex contro il prezzo di oltre 100.000 euro ciascuno. Qualcuna di queste copie “arcobaleno” li hanno violentati davvero. Silenzio di Saviano, di Riotta, di Severgnini, di Fabio Fazio, della Littizzetto, di Gad Lerner, di Mentana di Parenzo e del suo sodale, della Gruber. Insomma, della nomenklatura disinformativa italiana in mano alle sinistre oligarchiche neomaccartiste antifa multisex.
  • Nessuno che punta il dito sulle spose bambine dei rom in Italia e del miserevole stato di abiezione dei bambini rom, motivo sufficiente per toglierli alle famiglie: MA QUELLA E’ UN’ALTRA CULTURA. Lo vedremo quando saremo colpiti dalle sanguinarie Sha’ria islamiche contro le donne italiane: MA QUELLA E’ UN’ALTRA CULTURA!
  • La vicenda consiglio superiore della magistratura e tutto il marcio sottostante da basso impero che ha toccato anche i perimetri dell’effervescente inquilino del colle che è dovuto uscire allo scoperto per il minimo indispensabile: niente di più.
  • La lista potrebbe continuare per altre 400 pagine.

Il DEEP STATE DE’ NOANTRI ha tirato fuori a raffica:

  • La treccina Thurnberg
  • La rastafan che ha speronato volutamente l’imbarcazione della Guardia di Finanza: tutto a tacere
  • Adesso i rubli alla Lega, mentre i russi hanno dato solti e tanti, ma non al partito di Salvini! Il clamore serve per far dimenticare la vicenda dei bimbi elettrificati e il materiale fecale a schizzo che si promana sempre più copioso e alluvionale dalla vicenda del consiglio superiore della magistratura.

P.Q.M.

Denuncio la pervasiva bolla percettiva deformante e disinformativa dentro la quale è costretta la popolazione italiana.

Allo stato attuale, non c’è speranza che qualcosa cambi significativamente.

Ci vorrebbe uno scossone …

Ma pensiamo piuttosto a

  • Calcio
  • Cocaina ed altri eccipienti
  • Televisioni a pagamento
  • Telecristo

DOBBIAMO ESSERE INONDATI DA UN OCEANO DI NOTIZIE IRRILEVANTI

Avanti così ….

Ne riparleremo

 

 

 

 

IN EVIDENZA

I COLLEGAMENTI DI CAROLA CON IL TRIBUNALE ONU DELL’AJA

di Ruggiero Capone05 luglio 2019

 

La vicenda della Sea-Watch 3 presenta almeno tre punti interrogativi, da cui discendono ombre e insicurezze per le casse dello Stato (ovvero per noi contribuenti) e, soprattutto, funesti presagi. Quindi analizziamo i fatti. Attualmente la cittadina tedesco-olandese Carola Rackete può vantare presso la Corte dell’Aja due atti pubblici: la pronuncia di un tribunale italiano, che forse non l’assolve dall’ipotesi di reato di “aggressione a nave militare”, e l’interrogazione parlamentare di Nicola Fratoianni (deputato di Sinistra Italiana) che chiede, nello specifico, le misure che intenderebbe prendere il Comando generale della Guardia di finanza contro comandanti ed equipaggio della motovedetta che, a parer suo, avrebbe impedito l’attracco umanitario della Sea-Watch 3 nel porto siciliano. Fratoianni ha improntato la propria attività ispettiva parlamentare (interrogazioni e altro) su situazioni inerenti la mancata accoglienza ed attività ostative alle Ong da parte dello Stato italiano: valga da esempio la posizione presa dall’onorevole Fratoianni nel 2017, all’indomani dell’accordo stretto dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti (Pd) con il governi sia di Tripoli che della Cirenaica per frenare l’immigrazione dalla Libia.

Altro aspetto che va considerato è che la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), fino alla messa in libertà di Carola Rackete, non s’era occupata della questione. Anzi, aveva rigettato la richiesta (presentata con urgenza) che migranti ed equipaggio della Sea-Watch 3 venissero immediatamente portati in Olanda: il Paese nordeuropeo aveva la porta aperta solo per Carola, ma come “normale” cittadino.

Ora spieghiamo questo “normale”: Carola Rackete è figlia d’un imprenditore tedesco e d’una aristocratica olandese, il padre (superficialmente descritto come trafficate d’armi) presiede la società equivalente della nostra Finmeccanica, mentre la madre può vantare parentele con avvocati e magistrati presso la corte internazionale di giustizia dell’Aja (organo giudiziario dell’Onu).

Anzi, c’è da supporre che quest’ultima istituzione non sia entrata nella questione per mantenere il distacco (l’equidistanza) forse imputabile anche alla disapprovazione della famiglia Rackete verso l’attività della figlia. La Rackete aveva detto a Repubblica “Entro nelle acque italiane e li porto in salvo a Lampedusa. Sto aspettando cosa dirà la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Poi non avrò altra scelta che sbarcarli lì”: forse era certa d’un supporto d’amici e parenti? Il supporto in un primo momento non c’era stato. Oggi, grazie al pronunciamento del Gip di Agrigento Alessandra Vella, la famiglia della Rackete può adire alle competenti corti europee (Aja e Strasburgo) per chiedere condanna dell’Italia e forma risarcitoria. Per certi versi, si potrebbe sostenere che i potenti sono stati alla finestra sino al proscioglimento. Fonti beninformate ci rivelano che, l’intelligence italiana conosce l’attività della Rackete, ed il gruppo di cui fa parte era stato attenzionato

Continua qui:

http://opinione.it/editoriali/2019/07/05/capone_carola-rackete-sea-watch-fratoianni-cedu-tribunale-onu-aja-migranti-salvini-milosevic/

 

 

 

 

Ecco la prova del legame tra scafisti e Ong

Il servizio di Quarta Repubblica che svela i presunti contatti tra gli scafisti e le Ong

16 luglio 2019

VIDEO QUI: https://www.nicolaporro.it/wp-content/uploads/2019/07/srv-scafisti-ong.mp4?_=1

Il ministro Matteo Salvini la settimana scorsa, ospite di Quarta Repubblica, aveva rivelato l’esistenza di intercettazioni che confermerebbero il legame tra le Ong e gli scafisti.

Ecco cosa abbiamo svelato durante la puntata di ieri, una cosa che nessuno aveva ancora documentato…

Dalla trasmissione del 15 luglio 2019.

https://www.nicolaporro.it/ecco-la-prova-del-legame-tra-scafisti-e-ong/

 

 

 

Salvini e quelle intercettazioni tra scafisti e Ong

11 luglio 2019

Durante la puntata di Quarta RepubblicaMatteo Salvini risponde alle critiche del Ministro della difesa Trenta sulla questione migranti e, a seguire, si lascia andare a una rivelazione importante, quanto grave: esisterebbero intercettazioni (in mano alla magistratura) che confermerebbero accordi tra scafisti e Ong.

Dalla trasmissione dell’8 luglio 2019

https://www.nicolaporro.it/salvini-e-quelle-intercettazioni-tra-scafisti-e-ong/

 

 

 

 

Nasce il P.C.U.S.

4 luglio 2019 – Gian J. Morici

 

 

Il Partito Comunista United States (P.C.U.S.) si appresta a depositare il suo simbolo prima di entrare nell’agone politico internazionale, partendo dagli Stati Uniti d’America. Il logo, i cui colori saranno il rosso, il bianco e l’azzurro, sarà composto dalla falce e martello inserita all’interno dei contorni geografici degli Stati Uniti, contorni all’interno dei quali si riconosce in modo certo la bandiera americana.

Il P.C.U.S. comprende un gruppo di persone aperte al confronto, di orientamento conservatore e tradizionalista.

A sollecitare la nascita del partito, il popolo di Facebook è la vicenda della nave Sea Watch.  

 

È stato infatti  sufficiente porre in evidenza come le problematiche legate al fenomeno dell’immigrazione, non possano essere risolte a colpi di selfie e tweet, né con gite in barca, ma che debbano essere affrontate nelle sedi opportune, per scatenare le ire della tifoseria salviniana, pronta a tacciare di “comunismo” i magistrati e quanti, anziché partecipare al coro degli ultrà, hanno preferito analizzare i fatti, documentandosi in merito agli aspetti normativi, anche di carattere internazionale.

Apriti cielo! Prima critica – chiamiamo così l’arroganza e la presunzione di quanti non condividendo un’opinione ricorrono all’eliminazione, per fortuna non fisica ma solo sul social network – di chi ha osato turbare l’equilibrio nervoso del soggetto in questione: “La capitana sta violando tutte le norme internazionali e le leggi italiane.

 

Purtroppo, voi comunisti 

appoggiate l’illegalità in tutte le sue forme

e odiate l’Italia.

 

Con questo ho finito di seguirti anche io. Divertiti”

A nulla è servita la risposta data da un’altra persona, nota per le sue idee vicine alla destra più estrema: “Gian Joseph Morici comunista? Posa il lambrusco”. Un comunista è un comunista, punto e basta.

La malaugurata scelta da parte dell’editore di un sito – un ex servitore dello Stato, noto per le sue simpatie verso la destra – di analizzare i fatti per quello che sono, ha fatto sì che anche tra i follower della pagina Facebook del suo sito, ci fosse chi lo tacciasse di essere comunista.

In passato, era spesso stato definito fascista, quando non addirittura nazista. Ma questa è l’Italia…

Non è andata meglio a un esperto informatico, con un passato nella Marina Militare, forse anche nostalgico del periodo fascista e del Duce Benito Mussolini. Comunista anche lui…

Quando i dubbi ti assalgono, non ti resta che confrontarti con un comunista, questo sì veramente comunista, chiedendo lumi a chi ti ha sempre tacciato di essere filoamericano, filocapitalista etc.

“Cosa vuoi che ti dica? Solo per aver espresso opinioni diverse dalla tua, per tutti sono diventato fascista e salviniano

 

Continua qui:

 

http://www.lavalledeitempli.net/2019/07/04/nasce-p-c-u-s/

 

 

 

 

 

 

Sergio Romano: “Russiagate, mancano le prove: per ora è tutto fumo e niente arrosto”

Secondo l’ex-ambasciatore ci sono ancora troppi punti oscuri per tentare una ricostruzione dei fatti credibile e dimostrabile. Al momento sono i giornali a spingere su una storia che ancora non presenta elementi di realtà certi

16 luglio 2019 – Dario Ronzoni

 

Un esponente “mediano” di un partito italiano accompagna il leader in una visita all’estero, ad esempio in Russia, partecipa a parte degli incontri ufficiali e poi, in via più riservata, intavola altre trattative con misteriosi finanziatori provenienti dal Paese in cui si trova. L’obiettivo è ottenere soldi per sostenere la campagna elettorale successiva. Però qualcosa non va. Il mediatore agisce in modo maldestro, oppure cade in una trappola: l’incontro viene registrato e finisce sui giornali. Prima su quelli italiani, poi – dopo qualche mese – americani. E scoppia un caso politico.
È il “Russiagate” italiano, che va a colpire il leader della Lega Matteo Salvini, attraverso le mediazioni (non è dato sapere se siano andate a buon fine) messe in piedi da Gianluca Savoini, da sempre sostenitore di un rapporto speciale tra Russia e Italia. Il caso sembra inchiodare ma, al momento, non inchioda. Sembra dare risposte ma, in realtà, solleva più che altro domande: cosa è successo, davvero? Ci sono stati passaggi di denaro? E ancora: chi ha teso la trappola? Chi ha interesse a colpire (forse punire) Salvini? Quali poteri si sono mossi nell’ombra?
Secondo l’ex ambasciatore Sergio Romano, editorialista e profondo conoscitore sia del mondo americano che russo, la situazione è ancora troppo confusa per poter dare delle risposte.

Gli elementi sembrano suggerire una cosa: è meglio muoversi con cautela.
Sì. Diciamo che il caso in questione è, secondo me, “immaginabile”.

Cosa intende?
Intendo che possiamo immaginare che la Russia, che in questo momento può sentirsi accerchiata da Paesi che prendono parte alla Nato, cerchi amicizie in Paesi con cui vanta rapporti consolidati, come ad esempio l’Italia. E possiamo immaginare che sarebbe felice se un partito amico, che propone istanze di scongelamento dei rapporti, andasse al potere, perché potrebbero aiutarli a uscire dall’isolamento.

Possiamo immaginarlo, ma è reale?
Uno scenario del genere del resto possiamo averlo già visto negli Stati Uniti. Era chiaro che per la Russia un candidato come Hillary Clinton sarebbe stato meno preferibile del suo concorrente. Ed è possibile che sia intervenuta, in qualche modo, per condizionare il risultato. Ma c’è un problema.

Quale?
Che non mi basta. Non ci sono prove, non ci sono elementi per corroborare queste storie. So che è possibile immaginarle e so anche che c’è sempre qualcuno che le immagina e cerca di diffonderle. È quasi un meccanismo inarrestabile,

 

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https://www.linkiesta.it/it/article/2019/07/16/sergio-romano-russiagate-putin-salvini/42878/

 

 

 

La violenza quadrisex di Bibbiano

In Emilia e Romagna il Gender a scuola era la prassi. Molti mostri coinvolti nelle vicende di Bibbiano o narrate da Veleno organizzavano eventi per le scuole a Bologna, Modena e Reggio Emilia col patrocinio di PD, Sinistra Italiana ed Arcigay.

Dalle locandine degli eventi è agevole comprendere perché sull’agghiacciante vicenda degli affidi illeciti tutti gli organi di informazione si sono divisi su due fronti: il fronte minoritario di chi ha portato la vicenda allo scoperto, e quello più interessato al debunking o alla minimizzazione degli orrori subiti dalle famiglie vittime degli abusi. Il fatto che gli indagati appartengano a un certo schieramento politico e obbediscano ai dettami di una certa agenda culturale, e che i media impegnati in tale opera siano in sintonia con tale agenda, non è causale.

“Bibbiano come le foibe, cioè una serie di eventi sui quali la ‘destra’ sta speculando e dei quali si è fatta alfiere per strumentalizzazione politica”.

 

Nessun pensiero per le vittime, un po come il democratico USA Epstein,

che li faceva scomparire nella sua isola privata

dopo aver soddisfatto le sue voglie e quelle degli amici LibDem.

 

Manlio Converti, Psichiatra e Presidente Amigay, ha lamentato che “l’omofobia sanitaria in Italia … danneggia il percorso della Medicina di Genere Lgbt e quindi dei suoi stessi Diritti Sanitari. La grande responsabilità del SSN è quello di non avere ancora garantito in Italia la completa depatologizzazione dell’omosessualità e per conseguenza di non avere modificato in modo inclusivo l’Anagrafica Sanitaria” “È necessario ed utile fare Coming Out con i medici ed il personale sanitario deve sostenere il Coming Out. È l’unico modo per contrastare il Minority Stress ed aumentare il benessere delle persone Lgbt. … Solo la visibilità garantisce i Diritti Sanitari Lgbt.

 

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https://www.facebook.com/100000248554468/posts/2534641053220822/

 

 

 

 

 

 

Federica Anghinolfi, chi è l’assistente sociale arrestata a Reggio Emilia

Federica Anghinolfi, assistente sociale, è tra le persone arrestate per lo scandalo dei bambini tolti dai genitori a Reggio Emilia.

Di Mattia Pirola – 28 Giugno 2019

 

Federica Anghinolfi, assistente sociale, è tra le persone arrestate per lo scandalo dei bambini tolti dai genitori a Reggio Emilia. Sul suo profilo Facebook sono disponibili solo poche informazioni, e non si può capire facilmente chi era Federica. Tra le informazioni, l’unica disponibile riguarda la sua attuale situazione sentimentale. Federica, infatti, sarebbe single. Qualche idea, sul suo carattere, sulla sua personalità, la possiamo ricavare spulciando i suoi post.

Federica Anghinolfi

Federica ha 57 anni, è originaria di Montecchio (Re) ed è responsabile del servizio sociale dell’Unione della Val d’Enza. Nel caso dei bambini tolti dai genitori a Reggio Emilia, Federica è indicata dagli inquirenti come uno degli elementi di spicco della rete.

Ora, tuttavia, la Anghinolfi è salita sul banco degli imputati anche per i post su Facebook, che comunque la si pensi non c’entrano nulla con le indagini in corso. Questi post erano, negli ultimi tempi, contro Matteo Salvini e a favore dellacapitana Carola. Sulla propria bacheca, infatti, pubblicava post intitolati “Ognuno ha i capitani che si merita. Io scelgo Carola Rackete”.

Tante poi le immagini che raffiguravano Matteo Salvini. Federica postava fotomontaggi che ritraevano il Ministro dell’Interno con in mano un mitra e un crocifisso. In un’altra immagine, Salvini è vestito come Barney dei Flintstones con a fianco Donald Trump.

Bambini tolti ai genitori a Reggio Emilia

Poi, però, al di là dei post su Facebook, ci sono anche delle immagini personali. In una di queste la Anghinolfi è stata fotografata assieme al Sindaco Carletti (Pd) all’inaugurazione del progetto “La Cura”. Un progetto voluto dall’Unione Comuni Val d’Enza in collaborazione con la Ausl di Reggio Emilia e la Casina dei Bimbi.

Tuttavia, come sappiamo, le indagini hanno sviscerato una realtà opposta a quella “arcobaleno”. A Reggio Emilia, infatti, andava in scena un vero e proprio film horror, con i bambini tolti ai genitori biologici e dati in affidamento, dietro compenso, ad amici e ad “amici degli amici”.

Venivano compilate false certificazioni e i piccoli subivano un vero e proprio lavaggio del cervello.

Senza contare le torture che gli stessi bambini erano costretti a subire, come

scosse elettriche per confondere la loro memoria.

Inoltre, gli assistenti sociali si sarebbero travestiti da “mostri” (anche se lo erano già) per rappresentare i genitori delle vittime.

Vittime di stupro

Come ha riportato il Corriere della Sera, alcuni bambini, dopo l’allontanamento dalle famiglie d’origine, sarebbero stati addirittura stuprati. Le violenze avvenivano all’interno delle famiglie affidatarie, tra questi c’era anche il titolare di un sexy shop, e all’interno delle comunità.

Ma c’è di più: i servizi sociali, per tantissimi anni, non hanno voluto consegnare ai bambini i regali e le lettere da parte dei genitori biologici. I carabinieri hanno trovato questi regali e queste lettere buttati in un magazzino.

Gli arrestati

Non solo la Anghinolfi e Andrea Carletti si sono ritrovati dei braccialetti di metallo ai polsi. Sono stati arrestati anche Francesco Monopoli, 34enne di Correggio, assistente sociale dell’Unione Val d’Enza; Nadia Bolognini, 49 anni, psicoterapeuta della onlus piemontese Hansel e Gretel; Claudio Foti, 68 anni, psicoterapeuta, anch’egli della onlus Hansel e Gretel, marito di Nadia Bolognini e Marietta Veltri, 63 anni, di Quattro Castella, coordinatrice dei servizi sociali dell’Unione.

Val d’Enza, la terra dei bambini in affido: oltre cento in due anni e mezzo

Un aumento vertiginoso di casi che è stato scoperto dal consigliere comunale pentastellato dell’Unione, Natascia Cersosimo. Per i servizi sociali un boom in linea con i dati dei Paesi in guerra

Oltre cento minori dati improvvisamente in affidamento, dal 2016 fino a metà 2018, dai servizi sociali della Val d’Enza, mentre nel 2015 gli affidi erano zero. È quanto si evince da un documento contabile dell’Unione val d’Enza

…Un aumento vertiginoso di casi e di affidi che è stato scoperto dal consigliere comunale dell’Unione val d’Enza, Natascia Cersosimo (candidato sindaco, non eletto, del M5S a Cavriago) che un anno fa, quando venne chiesto di varare una maggiore spesa di 200mila euro per i centri accoglienza, chiese i documenti e si trovò di fronte a questi numeri.

……Per minimizzare la cosa, nella relazione di fine mandato l’Unione scrive: “Preme sottolineare come i dati di grave maltrattamento e abuso della Val d’Enza, superiori alla media regionale, non sono ascrivibili a un fenomeno

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https://www.maurizioblondet.it/federica-anghinolfi-chi-e-lassistente-sociale-arrestata-a-reggio-emilia/

 

 

 

 

 

 

EMERGENZA IN CORSIA: BOOM DI MEDICI STRANIERI SENZA TITOLI ADEGUATI

7 luglio 2019

Ora distruggono anche la nostra sanità importando medici a basso costo. Questo non farà che esasperare la fuga dei nostri.

Riguardo la fuga dei nostri medici, è evidente che il problema va risolto. Subito. In due modi: carota e bastone.

e la domanda dall’estero aumenta, dobbiamo adeguare l’offerta che, evidentemente, non è abbastanza vantaggiosa, rispetto a nazioni come Inghilterra e Germania che non hanno formato abbastanza medici e,

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https://voxnews.info/2019/07/07/emergenza-in-corsia-boom-di-medici-stranieri-senza-titoli-adeguati/

 

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Spotify sta ammazzando la musica. Care radio, è arrivato il momento di boicottarlo

Lo streaming musicale è esploso negli ultimi anni, ma non fa altro che generare musica scadente, oltre che artisti destinati a tramontare in fretta. Per questo le radio dovrebbero fare cartello contro Spotify e simili, per il bene nostro e di tutta la discografia

16 luglio 2019 – Michele Monina

 

A un certo punto, nella storia dell’umanità, c’è sempre qualcuno che, consapevolmente o meno, eroicamente o meno, prende una decisione o più semplicemente si fa venire un’idea che interrompa una situazione in apparenza irrisolvibile. Un eroe, in alcuni casi, un genio, in altri, uno che passa e che risolve un problema, comunque.

Facciamo un esempio facilmente comprensibile a tutti, anche a quelli che non hanno superato la prova Invalsi con risultati passabili. Prendiamo questa faccenda che se scopi può capitare che la donna resti incinta. Immagino che, quando l’uomo, inteso come essere umano, quindi uomo e donna, è apparso sulla terra la faccenda della procreazione fosse più che altro istintiva. Non eravamo già Homo Sapiens Sapiens, quindi ci si muoveva a spanne, su questo come su altri fronti. E il fatto che ci fossero tante gravidanze, credo, fosse anche un modo per mandare avanti il genere umano, altrimenti destinato a prematura estinzione, vista la bassa età media o l’alto tasso di mortalità, a seconda di come la si voglia guardare.

Poi, man mano che l’uomo, inteso sempre come essere umano, si è evoluto, ci sarà stato qualcuno che avrà pensato che quella faccenda del rimanere incinta, che ancora suppongo non si chiamava così, rimanere incinta, fosse legato allo scopare, e più nello specifico al fatto che l’uomo venisse dentro la donna. Magari sarà successo contemporaneamente a più persone, di intuire questa cosa. Anche oggi succede che più persone abbiano la stessa idea, magari anche nel campo della creatività, e per evitare spiacevoli questioni di plagi e diritti d’autore si tende a dire che certe idee sono nell’aria. Ecco, a un certo punto deve essere stato nell’aria questo fatto che il rimanere incinta era diretta conseguenza dello scopare. Qualcuno ha fatto due più due e ci è arrivato. Col tempo qualcuno avrà anche pensato che magari rimanere incinta con troppa frequenza non era il massimo dalla vita, e avrà iniziato a ragionare, sempre che così si possa dire, su come impedire che a ogni scopata o giù di lì coincidesse una gravidanza.

Ma le rivoluzioni passano spesso da intuizioni bislacche, estrose, volendo anche folli

Ora, senza entrare nello specifico, questo non è un articolo che parla né di gravidanze né di scopate, ci sarà stato un giorno in cui qualcuno avrà pensato di creare un primo caso di prifilattico. Pensateci voi, così, a freddo. In un’epoca passata, lontanissima, ci sarà stato qualcuno che avrà pensato a un profilattico, a un profilattico rudimentale, fatto con un budello di animale da avvolgere intorno al cazzo. Pensateci, non è mica una cosa così naturale, infatti un sacco di gente continua a vederla così, per altro. E pensate anche alla donna di quel tipo, che si vede davanti il proprio uomo con un budello di capra avvoltolato intorno al cazzo, lì a dirle, non ti preoccupare, con questo non rimani incinta. C’è da rimanere perplessi, converrete con me. Ma le rivoluzioni passano spesso da intuizioni bislacche, estrose, volendo anche folli, che però hanno lo scopo di interrompere una situazione che ci sembra incresciosa, innaturale, e forse in questo caso l’esempio del profilattico non è calzantissimo,

 

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https://www.linkiesta.it/it/article/2019/07/16/musica-streaming-spotify-radio/42876/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Cambiamenti climatici e femminicidio, sì; suicidio no.

Chi produce problemi sociali?

24 Giugno 2019 – di Roberto PECCHIOLI

 

La nostra società ha un sacco di problemi reali. Altri li ha inventati o enfatizzati per tornaconti, campagne ideologiche o interessi economici. La novità rispetto al passato è che una volta non c’erano tante persone interessate a ottenere denaro, potere e influenza attraverso i guai degli altri. Alcune campagne mediatiche di grande impatto, alimentate dall’alto e purtroppo credute dalla massa per coazione a ripetere , ingenuità e carenza di giudizio critico, si trasformano in cause programmaticamente “giuste”, cariche di significati morali – costruiti ad arte, beninteso – fino a determinare grandi cambiamenti dell’opinione pubblica, modifiche legislative e tutto quanto consente ciò che Thomas Kuhn chiamava cambio di paradigma, ossia la trasformazione , il vero e proprio rovesciamento, della percezione comune intorno a un problema, un fatto, vero o presunto.

Due casi ci sembrano emblematici: l’allarme per il cambiamento climatico e la grancassa relativa alla cosiddetta “violenza di genere”, cioè l’assunto secondo cui milioni di donne subirebbero costante violenza dall’altro sesso, costituito da predatori inclini all’abuso seriale.

Questi problemi attirano l’attenzione dei media con forza, generano veri e propri allarmi sociali, determinano fratture profonde nella comunità, modificano il comportamento elettorale di molti, come dimostra il rinnovato successo, specie nel Nord Europa, dei partiti e movimenti ambientalisti, una nuova generica pseudo sinistra creata dal grande capitale per i propri scopi di profonda ristrutturazione industriale, con una curiosa protagonista in parte inconsapevole, creata dal sistema di intrattenimento, la giovane pasionaria Greta Thunberg.  Altri fenomeni di grande disagio e drammaticità restano sullo sfondo, assenti dalle notizie gridate della TV. Le vittime restano prigioniere dei loro drammi. Pensiamo alle malattie mentali, alle dipendenze da droghe, alcool, gioco, sesso. Nessuno di queste tragedie ha un posto all’ordine del giorno della nostra società, inosservate tranne allorché capita di viverle in prima persona.

In una società dello spettacolo, dell’immagine e del consumo, non è la gravità di un problema che ne determina la visibilità sociale, ma elementi ed interessi non di rado inventati di sana pianta. In Italia e nei paesi avanzati, le due principali cause di morte violenta sono gli incidenti stradali e i suicidi. Le tragedie del traffico generano allarmi solo in casi eccezionali, il suicidio non sembra interessare alcuno. Nulla di così strano, in una società che, attraverso aborto ed eutanasia, ha concretizzato il “vivere per la morte “di Heidegger, ma la percezione sociale del fenomeno è nulla, come l’impegno per alleviare il fenomeno e le sue cause, confinate nei freddi numeri della statistica. Tutto ciò nonostante l’opera che inaugurò l’analisi sociologica sia stata Il Suicidio di Emile Durkheim, del 1897, in cui l’autore francese difese l’idea che il suicidio sia un fatto sociale, determinato in buona parte da cause sociali e per questo da analizzare con gli strumenti delle nascenti scienze umane.

Tutto sommato, nella società spappolata e assopita, neppure gli omicidi causano grande preoccupazione. In Italia, per fortuna, il tasso relativo è tra i più bassi del mondo, circa 0,80 per centomila abitanti, in calo costante da almeno un decennio. Nel 2016 gli omicidi furono 397. C’è però un sottoinsieme che innesca un allarme esorbitante tra i media e nella percezione comune da essi costruita, quello degli assassinii di per mano di mariti, compagni o ex. Quarantasei eventi nel 2016, intorno al 12 per cento del totale degli omicidi, le cui vittime sono per il 70 per cento uomini. I media non solo riportano con grande dovizia dettagli morbosi e dedicano enorme attenzione al fenomeno, per cui hanno inventato un vocabolo, femminicidio e per il quale invocano pene esemplari ed aggravanti “di genere”, ma tengono una dettagliata contabilità, tesa alla creazione di un’indignazione speciale. In nessun modo se ne può trascurare la gravità; sono tragedie terribili che distruggono vite, spezzano famiglie, producono effetti drammatici, ma se vi è tanta giusta indignazione per la perdita di vite per mano di un compagno rifiutato o tradito, perché gli omicidi di donne per altri moventi e le morti violente di uomini raggiungono una rilevanza mediatica tanto inferiore?

Perché alcune morti diventano problemi sociali colossali e altre cadono nella più totale indifferenza?  E’ tutta questione di costruire una storia, un impianto simbolico accattivante accolto dal sistema di informazione ed intrattenimento. Si tratta, direbbe Debord, di una forma di spettacolo, o, con il lessico di Lyotard, di elaborare una “narrazione”, un racconto che diventa verità indiscussa.

In Creare problemi sociali, i sociologi Malcolm Spector e John Kitsuse sostengono che la

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https://www.maurizioblondet.it/cambiamenti-climatici-e-femminicidio-si-suicidio-no-chi-produce-problemi-sociali/

 

 

 

 

Avvenire promuove la teologia gender/queer?

22 Agosto 2018 di Lupo Glori

 

Mentre la Chiesa cattolica è travolta, da un capo all’altro del mondo, dai vergognosi scandali a sfondo sessuale il quotidiano dei vescovi Avvenire, nel suo supplemento del 29 luglio scorso dedicato al raduno mondiale delle famiglie che si apre a Dublino, sdogana la teoria del gender, pubblicando un articolo in cui viene esposta la “bontà” di una improbabile teologia in chiave “gender” e, perché no, anche “queer”.

Ad avanzare l’audace tesi è la teologa Lucia Vantini, della Facoltà Teologica del Triveneto, con un testo astruso, redatto secondo l’artificioso e criptico linguaggio genderista, nel quale la professoressa espone la propria personalissima “teologia” di orientamento gender in cui, secondo le sue stesse parole, ”non viene esclusa a priori nemmeno la prospettiva queer“.

La Vantini spiega infatti come il Coordinamento delle teologhe italiane di cui è vice presidente, “è impegnato in una teologia di genere” che “promette inclusività, (…) e provoca il mondo maschile a rendere conto della propria parzialità corporea e prospettica, mascherata sotto il segno del neutro anche in teologia. Tuttavia, in questa ricerca delle donne trovano spazio l’epistemologia della differenza e la politica dell’uguaglianza e non viene esclusa, a priori, nemmeno la prospettiva queer, con la sua preziosa forza decostruttiva degli stereotipi espliciti ed impliciti dell’ordine simbolico cristiano. Si tratta di epistemologie che non prevedono una transizione definitiva dall’una all’altra ma che aprono un processo a spirale verso la profondità dell’essere sessuato”.

Obiettivo dell’intervento della docente della Facoltà Teologica del Triveneto è quello di rivendicare e dimostrare l’origine femminista dell’espressione “differenza sessuale”, impropriamente utilizzata, a suo dire, come “arma anti-gender” dai detrattori della teoria di genere, proponendone una propria particolare rilettura.

La sua principale preoccupazione sembra essere dunque quella di “riappropriarsi” gelosamente di tale termine, ostaggio della “rigidità” di pensiero degli “antigender, chiarendone il suo autentico carattere “libero”, che affonda le sue radici teoriche nel femminismo francese e in particolare nel pensiero della psicoanalista belga Luce Irigaray (favorevole alla contraccezione e all’aborto) e nella “Comunità filosofica femminile di Diotima”.

In tale prospettiva, spiega la teologa, l’espressione “differenza sessuale” rettamente intesa, “compare in attrito con la politica dell’uguaglianza e originariamente corredata di una forza simbolica tutta da interpretare nella libertà soggettiva. Nei detrattori del gender non sembra restare nulla di questo senso libero della differenza sessuale, svenduto con leggerezza in cambio di un rassicurante essenzialismo. In certi contesti teologici ed ecclesiali analfabeti riguardo le diverse teorie femministe, infatti “differenza sessuale” è categoria prescrittiva e deterministica, usata per confermare un concetto di natura che non ha nulla di naturale, e per corroborare un irresistibile istinto patriarcale di conservazione del potere e della tradizione”.

In uno scritto, intitolato Voci della differenza sessuale: genere, differenza, differenze, pubblicato sul Bimestrale di teologia delle Edizioni Messaggero Padova,Credere oggi la Vantini chiarisce meglio il suo concetto di “differenza sessuale”, scrivendo: “A uno sguardo profondo non sfugge che quell’«abitare insieme» di uomini e donne a cui si riferiva Irigaray si pone oggi come un sogno per certi aspetti irrealizzato: il mondo è ancora lacerato dalla violenza di maschi abbandonati dalle loro compagne, paralizzato da innumerevoli soffitti di cristallo che ostacolano l’opera delle donne, oscurato da diversi stereotipi di genere, impreparato a un’educazione che valorizzi la differenza sessuale senza gerarchizzarla, prigioniero di un concetto arrogante di natura, analfabeta nelle relazioni, sordo di fronte ai soggetti che patiscono il disagio dell’omofobia”.

Per uscire da questa impasse e comprendere il reale significato dell’espressione “differenza sessuale” bisognerebbe quindi, secondo la Vantini, agire su due fronti distinti: da un lato “affrancare le manifestazioni originarie della differenza dalle sue interpretazioni androcentriche” e dall’altro “sperimentare mediazioni diverse per dare voce soggettiva all’esperienza femminile”.

E’ necessario dunque, da un lato, sbarazzarsi di quella arcaica ed ottusa concezione fondata sul “dominio patriarcale” che “divide il mondo secondo un binarismo problematico che colloca sul versante maschile razionalità, azione, forma, cultura, spazio pubblico, mondo della produzione, e su quello femminile affettività, passività, materia, natura, spazio privato e mondo della riproduzione” e, dall’altro, costruire un nuovo “ordine simbolico femminile” secondo – spiega sempre la Vantini – quanto suggerito dalla femminista Carla Lonzi (1931-1982) che così scriveva: “La donna non è in rapporto dialettico con il mondo maschile. Le esigenze che essa viene chiarendo non implicano un’antitesi, ma un muoversi su un altro piano”. Per la Vantini, la differenza sessuale è infatti “qualcosa di complesso, non riconducibile né al piano biologico, né a quello sociale, né a quello culturale: è la perturbazione di un campo in cui sono attive tutte queste variabili”.

Insomma una faccenda troppo seria e complicata perché ne possa comprendere qualcosa la gente comune non avvezza agli intricati cavilli e sofismi intellettuali in materia.

In ultima analisi, la teologa Vantini è, di fatto, una epigona contemporanea del femminismo cosiddetto di “seconda ondata” che, tra il 1968 e il 1980, succedette alla prima ondata, che aveva combattuto in nome del raggiungimento dell’uguaglianza tra uomini e donne, ponendo al centro delle sue rivendicazioni il principio appunto della “differenza sessuale”, dal momento che ad essa venivano imputate le origini e le cause della posizione di subordinazione della donna nei confronti dell’uomo.

Il “femminismo della differenza” vide infatti nella gravidanza, nel parto, nell’allattamento, e in tutte le caratteristiche peculiari del ruolo femminile, degli insopportabili limiti da rimuovere, in quanto fondamenti della condizione di inferiorità che aveva, fino a quel momento, relegato la donna a compiti e ruoli domestici e accuditivi.

In tale prospettiva, l’obiettivo primario della nuova lotta femminista divenne l’abbattimento di tutti quegli “ostacoli”, così da poter finalmente assicurare alla donna l’accesso alla vita pubblica e sociale fino ad allora riservata all’uomo. Da qui l’individuazione di nuovi “diritti” speciali, basati proprio sulla differenza sessuale, che costituiranno le fondamenta delle rivendicazioni successive del movimento femminista più radicale.

Diritti legati alla possibilità di disporre in maniera autonoma e arbitraria del proprio corpo, della propria sessualità e capacità riproduttiva, che si tramuteranno, concretamente, in diritto alla contraccezione e diritto all’aborto.

Nello stesso scritto dedicato alla “differenza sessuale”, la Vantini chiarisce anche il suo pensiero sulle teorie di genere, scrivendo come esse non siano altro che “un altro modo di significare la differenza sessuale”. Al riguardo, la teologa spiega come le teorie di genere costituiscono infatti semplicemente un diverso modo di esprimere la differenza sessuale proponendo delle re-interpretazioni e riletture del binomio sex/gender system. Una volta distinti sex e gender, inevitabilmente, si finisce, sempre secondo la teologa, in un inedito spazio ambiguo dove tale sistema binario sex/gender viene “percepito e gestito come una semplice differenziazione teoretica tra livelli del sé, oppure come una frattura irreparabile”.

In tale duplice rappresentazione la Vantini si schiera sul fronte della prima prospettiva, da lei definita ermeneutica della distinzione, la quale “non si disfa dei corpi e si rivela molto utile per esaminare l’immaginario con cui vengono pensati, espressi, e normati il «maschile» e il «femminile»”, respingendo la seconda prospettiva radicale della separazione, che, “riducendo il corpo

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BELPAESE DA SALVARE

Matrix francese

Francesco Amodeo 14 07 2019

 

1) La criminale operazione dei Francesi & CO contro Gheddafi ha fatto scoppiare l’emergenza migranti.

 

2) La Francia fornisce i missili ad Haftar per bombardare quei migranti.

 

3) I migranti fuggono. La Rakete li raccoglie e li porta in Italia

 

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Nazionalista

Walter Buscema 15 07 2019

 

Ormai non si sente parlare d’altro che di Destra Nazionalista, mi chiedo ma perché il Comunismo o la Sinistra Italiana non erano nazionaliste?

Io sono cresciuto in una famiglia Comunista, che più Comunista non si può, tanto che a casa mia a colazione mangiavano i bambini con contorno di peperoni e patate.

Pertanto, vorrei ricordare ai piccoli sedicenti comunistelli 4.0, che probabilmente non conoscono per niente i contenuti dell’ideologia comunista e nemmeno hanno conosciuto la vera sinistra italiana, che il nostro Paese è da sempre stato Nazionalista fino a Prodi and Co. e che in Italia fino ad un passato molto recente abbiamo avuto i MONOPOLI DI STATO, espressione massima del Nazionalismo.

Sempre per mero tuziorismo, ricordo ai nuovi fans della pseudo sinistra, che uno degli slogan

 

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CONFLITTI GEOPOLITICI

Non solo missili: l’Italia ha un problema enorme con il traffico illegale di armi

L’Europol ha indicato la ‘Ndrangheta, i gruppi criminali albanesi e la Sacra Corona Unita fra le organizzazioni maggiormente coinvolte nel commercio illegale di armi. Ma non solo: adesso c’è anche il dark web, dove si compra e si vende di tutto. Anche missili aria-aria

17 luglio 2019 – Pietro Mecarozzi

Un arsenale con cui poter scatenare una guerra, oppure, semplicemente, con cui arricchirsi in maniera smisurataLa maxi operazione della Digos di Torino, che ha trovato in casa di Fabio Del Bergiolo, Alessandro Michele Aloise Monti e Fabio Amalio Bernardi (tre militanti di estrema destra), pistole, carabine d’assalto, munizioni e un missile aria-aria, riporta l’Italia indietro nel tempo. E non solo ai sanguinosi anni di piombo. Il Bel Paese torna a essere un attore di peso all’interno degli scambi transfrontalieri, nel ruolo di crocevia di rotte clandestine che viaggiano sui binari malavitosi di Cosa Nostra, della Camorra, della ’Ndrangheta e della Sacra Corona Unita. Il traffico illegale di armi è in crescita continua dal 1996 e tra i maggiori Paesi coinvolti, col pregio di essere tra i più longevi, troviamo l’Italia.

Salvo colpi di scena, come la conferma da parte delle forze dell’ordine di una mera attività da collezionista di Fabio Del Bergiolo, il quale secondo il suo avvocato, interpellato da Le Monde, è un semplice “appassionato di armi, che scrive su riviste online e potrebbe essere paragonato a un collezionista di oggetti archeologici”, l’indagine della Digos piemontese porterà alla luce un nuovo commercio sommerso di armi, che di nuovo, tuttavia, ha ben poco.

La realtà, illustrata dall’ultimo rapporto dell’Istituto di ricerche internazionali dell’Archivio Disarmo (Iriad), stima che nel mondo è in circolazione oltre un miliardo di Salw, armi piccole e leggere, di cui due terzi nelle mani di attori non statali e civili. Le Salw sono responsabili del 90% delle uccisioni avvenute nel corso di tutti i conflitti che si sono susseguiti dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi, con vittime civili che costituiscono mediamente il 70-80%. L’Italia, nonostante l’impegno con il governo Gentiloni (Legge 25 ottobre 2017, n. 163) e un sistema informatico di tracciabilità più stringente e collegato con gli altri paesi Europei, con lo scopo di disincentivare gli acquisti e di controllarne i passaggi di proprietà, continua a vivere criticità importanti in questo settore.

L’Europol ha indicato la ‘Ndrangheta, i gruppi criminali albanesi e la Sacra Corona Unita fra le organizzazioni maggiormente coinvolti nel commercio illegale di armi. Le dimensioni di tale mercato sono difficilmente calcolabile, sebbene la proporzione legata al valore del commercio italiano autorizzato, che secondo l’ultimo report governativo si attesta su 5,2 miliardi di € di autorizzazioni e 2,5 mld€ di trasferimenti definitivi nel corso dell’anno 2018, ammonterebbero a circa il 10-20%, ovvero fra i 520 milioni e il miliardo di dollari.

I depositi sino-sovietici localizzati nei Balcani occidentali e le stesse manifatture private e officine clandestine, rendono l’ex zona rossa una perfetta zona franca dove fare la spesa, senza pressione alcuna. Se poi si è un ex ispettore antifrode della dogana, come Fabio Del Bergiolo, il passaggio transfrontaliero diventa un gioco da ragazzi

Nel periodo tra il 2010 e il 2015, l’Italia è stata medaglia d’argento per sequestri di Salw con 493 casi documentati, mentre si è aggiudicata l’oro per lo Stato europeo con il maggior numero di incidenti con armi da fuoco, con 1.589 casi, un terzo dei totali dell’Unione Europea. All’interno del Mediterraneo allargato si contano tre rotte principali, tra cui quella balcanica, che coinvolge la Bosnia, l’Italia, la Croazia e la Slovenia, raggiunge l’Europa occidentale, l’Africa e il Medio Oriente, passando dai Paesi dell’Europa meridionale.

Il connubio, come rivela il rapporto finale del Progetto Fire (Fighting Illicit Firearms Trafficking Routes and Actors at European Level), coordinato dal centro Transcrime dell’Università Cattolica, tra mafia e Balcani è totale. I depositi sino-sovietici localizzati nei Balcani occidentali e le stesse manifatture private e officine clandestine, rendono l’ex zona rossa una perfetta zona franca dove fare la spesa, senza pressione alcuna. Se poi si è un ex ispettore antifrode della dogana, come Fabio Del Bergiolo, il passaggio transfrontaliero diventa un gioco da ragazzi.

La Relazione annuale dei servizi segreti, ha evidenziato, inoltre, come “la crisi ucraina ha suscitato l’interesse dell’estrema destra, scatenando però un vivace dibattito interno che ha determinato il formarsi di due fronti: l’uno, favorevole alle istanze nazionaliste di Kiev; l’altro, solidale con gli indipendentisti delle regioni orientali dell’Ucraina, sostenuti da Mosca”, il che – oltre a spiegare l’interesse degli indagati al conflitto armato nella regione ucraina del Donbass – porta a pensare a un ulteriore via di commercio nascente proprio da quei teatri di guerra dove le armi di certo non smettono di arrivare.

Dalle valutazione dell’organizzazione Small arms survey, la più accreditata nel settore, in Italia (dati riguardanti il 2017) ci sarebbero 8,6 milioni di armi tra legali e illegali. Nel Bel Paese, secondo il Censis“si contano 1.398.920 licenze per porto d’armi, considerando tutte le diverse tipologie (dall’uso caccia alla difesa personale), con un incremento del 20,5% dal 2014” quindi complessivamente “c’è un’arma da fuoco nelle case di quasi 4,5 milioni di italiani (di cui 700.000 minori)”. E le restanti armi, allora, da dove provengono?

L’Iter amatoriale di Camorra e Cosa Nostra ha cambiato respiro: le armi rubate nelle armerie, o alle forze dell’ordine o a privati cittadini (anche è emerso come circa il 70% dei furti di armi a danni di privati cittadini in Campania, sono invece cessioni volontarie ai mafiosi che, in questo modo, garantiscono una protezione e si assicurano armi ‘pulite’ per compiere omicidi), non bastano più

L’Iter amatoriale di Camorra e Cosa Nostra ha cambiato respiro: le armi rubate nelle armerie, o alle forze dell’ordine o a privati cittadini (anche è emerso come circa il 70% dei furti di armi a danni di privati cittadini in Campania, sono invece cessioni volontarie ai mafiosi che, in questo modo, garantiscono una protezione e si assicurano armi “pulite” per compiere omicidi), non

 

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CULTURA

Il rompicapo del materialismo

Giacomo Leopardi e i suoi usi

 

13 LUGLIO 2019 – Antonio LombardiMarco Spagnuolo

Leopardi, rompicapo per l’interpretazione critico-letteraria e campo di battaglia nel percorso filosofico italiano del Novecento. Filosofo, poeta o moralista? Progressista o rivoluzionario? Materialista, nichilista, democratico? Ottimista o pessimista? La filosofia italiana del «secolo breve» ha scoperto nel poeta recanatese il volto del proprio secolo, a partire dallo «spartiacque» segnato, nel 1947, da due pubblicazioni: La nuova poetica leopardiana di Walter Binni e Leopardi progressivo di Cesare Luporini. Spartiacque «vero e proprio», come segnala Massimiliano Biscuso nel suo Gli usi di Leopardi, edito per Manifestolibri (2019). C’è, infatti, un prima e un dopo nettamente divisi dall’evento-1947 – prima, un Leopardi nella versione vitalista di Tilgher o in quella religiosa di Vossler o nella versione ottimista della critica fascista; dopo, un Leopardi problematizzato, rompicapo appunto, progressista in Luporini, democratico in Timpanaro, sovversivo in Negri.

In questa caosmosi filosofica, dove i piani teoretico, morale e politico si intrecciano e si confondono, è difficile muoversi con la lente della critica letteraria, individuando in questi modi di concepire l’opera del poeta recanatese delle categorie «interpretative». Biscuso, in apertura del suo ultimo lavoro, dà subito l’indicazione del metodo che lo ha guidato in questo studio: non si tratta di interpretazioni, quanto invece di veri e propri «usi». Cioè, «un’interpretazione che risemantizza il testo alla luce di un contesto teorico diverso da quello attribuito canonicamente al testo al fine di rafforzare quello stesso contesto» (p.7, nota 2). Dunque, il campo di battaglia è filosofico, ma il movente – esplicito o meno – è tutto politico.

Leopardismo e idealismo: l’inversione

Proprio perché si tratta di «caosmosi» – è forse la stessa natura del pensiero poetante del Recanatese a richiedere che sia tale – lo spartiacque della guerra disegna sbiecamente anche un’altra traiettoria, le cui cuspidi sono rappresentate da alcuni dei leopardismi trattati da Biscuso. I quali se per un verso incrociano il «prima» ottimista, vitalistico, religioso e il «dopo» enigmatico e ribelle del Leopardi novecentesco, dall’altro rappresentano i momenti in cui è possibile osservare la scansione e il mutamento del neoidealismo.

Non è un caso, infatti, che Biscuso muova da un idealista «pentito», Giuseppe Rensi: a lui, che si spinse a sostenere che fosse «il nostro maggiore filosofo» (anche se non spiegava poi molto bene perché) Leopardi doveva servire anzitutto ad opporre alla fiducia storicistica di Croce, reo peraltro di averlo estromesso dalla sua Estetica, uno scetticismo della rassegnazione, e alla sua netta distinzione tra filosofia e lirica, l’assoluta coincidenza delle due. Un cortocircuito a tutti gli effetti, quello di Rensi, che pur di riconoscere nel recanatese un filosofo finiva con il far evaporare la stessa filosofia in mera «ripercussione» di movimenti interiori. Coerentemente coi precisi confini tetrarchici stabiliti sin dagli inizi del secolo, Croce rimproverava a Leopardi il «didascalismo» della sua arte, denunciando «una produzione poetica che, abbandonando la purezza dell’espressione lirica del sentimento, indulge a proporre al lettore l’esposizione di una serie di pensieri, di un catechismo pessimistico» (pp. 36-37). Né carne né pesce, perciò: mala poesia e mala filosofia. Su questa linea, anche Vossler. E Rensi aveva qualche ragione per storcere il naso, ma nelle pagine che Biscuso dedica al suo «paradossale» leopardismo relativista si possono apprezzare – o meglio sarebbe dire, disprezzare – tutte le conseguenze cui lo aveva menato l’abbandono definitivo dell’hegelismo: l’essere non è riconducibile a nessun senso o razionalità – questo insegnerebbe Leopardi – e perciò è legittimo che il potere lo eserciti chi se lo conquista con la pura forza. Idee, queste, che potrebbero aver influenzato direttamente Mussolini (p. 42).

Ne viene che per incontrare il Leopardi filosofo era necessario imboccare altre vie. Sul versante «rensiano» il testo di Biscuso ha l’innegabile merito di porre sotto il riflettore il semisconosciuto Giovanni Amelotti, il cui Filosofia del Leopardi (1937) rappresentò un’originale lettura dello Zibaldone alla ricerca di quella «logica diversa» in cui il recanatese s’imbatté a partire dal 1819, quando scoprì che «la contraddizione è il fondamento primo» (p. 63) dell’essere stesso; e nel suo tentativo di non pensarla come «altro» bensì come «nulla» risulta sorprendentemente accomunabile a taluni esiti dialettico-nichilistici della filosofia tedesca: Hegel, Heidegger.

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https://operavivamagazine.org/il-rompicapo-del-materialismo/

 

 

 

 

 

I giapponesi hanno cambiato sistema di scrittura e non capiscono più i vecchi documenti. Li salverà un algoritmo?

Il sistema corsivo Kuzushiji non è più insegnato da decenni nelle scuole del Sol Levante: risultato, pochissimi riescono a leggere opere e scritti precedenti al 1868. Forse un software di Deep Learning potrebbe risolvere il problema

17 luglio 2019

 

Da una parte ci sono centinaia di testi letterari interessanti, dall’altra pochissime persone in grado di leggere e comprendere l’alfabeto in cui sono stati scritti. È una situazione comune in Giappone, in cui le opere in kusushiji, una forma di corsivo utilizzato dal VIII al XX secolo, sono ormai diventate inaccessibili. Non è successo per caso: la spinta modernizzatrice cominciata nella seconda metà del 1800 ha portato a una progressiva cancellazione dell’insegnamento del kuzushiji dalle scuole del Paese con l’obiettivo di riallineare il Giappone (isolato per secoli) ai livelli di sviluppo dell’Occidente. Risultato: gran parte della popolazione adesso è tagliata fuori dalla lettura e dalla comprensione di opere scritte anche solo 150 anni fa.

Non è così grave. Esiste la possibilità di tradurre i testi antichi e, soprattutto c’è uno sparuto ma combattivo esercito di conoscitori, circa 700mila persone, che se ne può occupare. Il problema è che la quantità dei testi è enorme (1,7 milioni di libri pubblicati prima del 1867, più altri tre milioni non registrati dai cataloghi ufficiali e, infine, un miliardo di documenti storici in tutto il Paese) e per

 

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https://www.linkiesta.it/it/article/2019/07/17/giappone-scrittura-kanji/42896/

 

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Il quadrato semiotico dell’informazione online

Un disegno per capire cosa è successo quando i giornali hanno incontrato i social network. E perché sono sparite le mezze misure

di Andrea GirolamiGiornalista e video producer – 13 FEB, 2014                               RILETTURA

 

Da più di 15 anni passo le giornate online davanti un computer (“Ma bravo!” sfotterete voi…) e ormai ho accumulato una quantità di dati, letture, numeri ed esperienze da far venire la nausea al solo pensarci. Un ritmo che è persino aumentato negli ultimi 4 anni di lavoro nella redazione di Wired Italia. Periodo che è coinciso con il trionfo della dimensione social dei contenuti. Facebook, Twitter e i loro fratelli minori sono divenute le piattaforme predilette per la diffusione delle news, da soli sono in grado di decidere il successo o il fallimento di un articolo, un servizio fotografico, un video.

Con lo scarabocchio che vedete in testa l’articolo ho cercato di fotografare una situazione presente partendo da una semplice constatazione. Nell’ecosistema dei contenuti attuale la “medietà” di toni/argomenti/formati è una caratteristica inefficace, per questo destinata all’estinzione. Mi spiego meglio. Proprio perché arriviamo alle news soprattutto attraverso i social network questi hanno portato l’ecosistema mediatico ad evolversi a loro immagine e somiglianza. Estremizzando potremmo dire che news e servizi hanno preso ad assomigliare agli status update di amici e conoscenti. Emotivamente coinvolgenti, spiritosi, informati e narrativi, a volte esageratamente lunghi per attirare il vostro sguardo, altre volte scioccanti, volgari e fulminanti per lo stesso motivo.

Tutto per essere in grado di farci cliccare all’interno di un flusso che è quasi sempre quello del newsfeed del social di turno in cui la breaking news è in diretta competizione con le foto di famiglia di amici e zie.

Gli esempi riportati all’interno del quadrato (e linkati qui sotto in calce ad ogni paragrafo) sono tratti dal sito che state navigando, quello che conosco meglio, ma potrebbero essere estesi con le dovute misure a qualunque sito di informazione.

Asse orizzontale: il tempo

La prima discriminante per la creazione e distinzione di un contenuto online è quella temporale. “In che modo è legato al momento presente?”. Vale allora la pena ricordare la più ovvia delle verità svelate anche dal brillante saggio Post Industrial Journalism. A differenza del passato dove i giornali venivano gettati il giorno dopo l’uscita il Web è una dimensione in buona parte atemporale dove qualcosa creato oggi può essere valido molto a lungo, possibilmente per sempre e riutilizzabile infinite volte.

Da una parte quindi c’è l’attualità, tutti sappiamo quanto è utile in termini di accessi essere i primi ad annunciare la morte di un personaggio famoso, l’affondamento della Concordia. Dall’altra esiste però un “tempo di Internet” dove il presente è un’opinione e si vive in un eterno fermo immagine (GIF?) in cui gli argomenti più gettonati sono sempre i medesimi: classifiche, liste, video buffi, polemiche sempreverdi tra partigiani della propria fazione. Aneddoti vintage provenienti da un passato più o meno recente comunque lontano da questo “presente che non passa” in cui ci siamo fermati da una decina d’anni.

Esempio#coglioneNo, la campagna per la tutela dei creativi italiani / Il ritorno del Winner Taco: la vittoria dei troll (buoni)VS Come ho fregato tg, politici e giornali con qualche riga su Wikipedia / Le foto più importanti di sempre (secondo la Rete)

Asse verticale: appartenenza

Uso la parola appartenenza per definire il concetto della prossimità tra un sito e i contenuti che sta pubblicando. Come già ricordato altrove la dimensione quantitativa è ancora più importante di quella qualitativa. Ecco perché buona parte dei database di news online è composta da citazioni, rilanci, brevi e facezie trovate nel Web che vanno inglobate e fatte rimbalzare con il minimo sforzo possibile. L’obiettivo è quello di massimizzare l’efficacia di qualcosa prodotto altrove e trasformarlo in benzina per il proprio motore di traffico. Trattandosi quasi sempre di rilanci di materiale trovato e curato da altri il livello di appartenenza è minimo. Dall’altro lato cose altrettanto efficaci, e indubbiamente più importanti per sviluppare una propria voce editoriale, sono i contenuti profondamente legati alla propria ragione editoriale, magari esclusivi, che dimostrano l’autorevolezza della testata. Non una semplice riproposizione degli adagi del vecchio giornalismo cartaceo però. A questo giro si tratta soprattutto di esaltare la capacità di maneggiare materiale multimediale, anche in funzione del sempre più importante abilità nel creare il famigerato Native Advertising.

Come riuscire a vendere un prodotto con la propria voce se non se ne ha una? Soprattutto creare valore aggiunto da diffondere nell’ambiente social. A quanti si lamentano delle reazioni furenti e commenti acidi del propri lettori bisognerebbe chiedere anche quante volte ultimamente hanno dimostrato di meritare la loro fiducia, amore e entusiasmo. Gli stessi valori che applaudiamo in marchi vincenti come Apple o Red Bull capaci di far innamorare i propri clienti di quello che non è più un semplice prodotto in negozio ma un brand che proprio grazie ai social viene vissuto e respirato 24h su 24. In molti oggi parlano di Long Form Journalism, un formato nato proprio dall’esigenza di incanalare e formalizzare questi contenuti più importanti un tempo presenti solo nelle edizioni cartacee delle varie testate. Oltre a queste opinioni, editoriali e prese di posizioni (spesso eredità dell’antica blogosfera ormai del tutto assorbita dall’ecosistema mediatico ufficiale) capaci di coinvolgere, provocare e scuotere il lettore molto più profondamente di una semplice news o servizio di scenario. EsempioMappa ospedali / Tutta la storia del metodo Stamina / Arduino: creare è un gioco da ragazzi VS Tutti gli spot del Super Bowl / Park Seo-yeon e il voyeurismo gastronomico.

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https://www.wired.it/attualita/media/2014/02/13/il-quadrato-semiotico-dellinformazione-online/

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

I COMPLICI DELLE ONG AVEVANO PREVISTO TUTTO: “FAREMO ARRIVARE IMMIGRATI IN MASSA”

 

7 LUGLIO 2019

Quello che oggi sta avvenendo sotto i nostri occhi, la sostituzione etnica attraverso massiccia immigrazione dall’Africa, le Ong che prendono d’assalto le nostre coste, non è un fenomeno ‘naturale’: è la fase finale di un piano a lungo termine concepito da entità sovranazionali e che in Italia ha i propri esecutori nella ex sinistra politica. Un piano di integrazione forzata.

La sinistra ha pianificato quest’invasione alla fine degli anni ’80. L’assalto all’Italia delle Ong è solo l’attacco finale: se vincono loro, se fanno passare l’idea che i confini non esistono, sarà la fine.

E c’è una data da tenere in mente. Questa data è il 18 settembre 1988. Perché? Che accadde? Dove?

Il luogo è Campi Bisenzio, comune alle porte di Firenze, l’evento è il Festival Nazionale de “L’Unità”, un Festival importante, ove si presentava alle “masse” il nuovo segretario nazionale: Achille Occhetto. E quella che segue è la testimonianza di un ‘infiltrato’.

 

Era un Festival per qualche verso diverso a tutti gli altri, erano scomparsi i gazebo dei paesi dell’Est, al loro posto c’erano quelli di varie industrie, anche multinazionali… Mi colpì la cucina multietnica – anche questa era una novità – e uno sparuto gruppetto di anziani, meno di dieci , che ascoltavano l’oracolo di un alto esponente del partito, un parlamentare presente anche in questa legislatura, che avevo conosciuto da ragazzo nei primi anni sessanta.

Mi avvicinai ed ascoltai: “Compagni, vi vedo preoccupati, ma non ne capisco la ragione… il Partito si è mosso. Sì all’Est siamo in crisi e può anche darsi che salti tutto per aria… Ma da noi non succederà niente. Per certi versi anzi è meglio… non ci potranno più accusare di essere i servi di Mosca…Dal prossimo anno faremo arrivare in massa gli extracomunitari, ci serviranno per rilanciare la lotta di classe, disarticolare l’Occidente e la Chiesa Cattolica.” Sbalordito ricordai subito la prosa profetica del mio Amico don Lorenzo Milani che sul comunismo, il 31 luglio 1966, ebbe a dirmi: “Il comunismo è la mediazione e l’organizzazione politica di ogni male, al fine di consentire, ad una classe dirigente parassitaria e brutale, la gestione di ogni forma di potere sulle spalle degli ultimi”. Credo che si possa affermare, senza ombra di dubbio, che il criminale cinismo dell’esponente comunista toscano, è perfettamente coerente con la prosa, lucidissima, del Profeta di Barbiana.

Il fatto, sul piano personale, mi sconvolse a tal punto dal trasformare la pacifica organizzazione del Movimento Solidale,1 che incarnava il Decalogo di Barbiana, nel combattente Movimento Autonomista Toscano, perché ero certo, per lunga esperienza e per l’autorevolezza dell’esponente comunista, che si trattava di una operazione gravissima che si sarebbe risolta in una aggressione a danno dei nostri Ultimi – giovani, anziani, ammalati, senza casa, disoccupati – e della nostra cultura ed identità. Fu seguita da allora, con

 

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https://voxnews.info/2019/07/07/i-padroni-delle-ong-avevano-previsto-tutto-faremo-arrivare-immigrati-in-massa/

 

 

 

 

ECONOMIA

La liretta dell’Italietta

di Isidoro il 26 Ottobre 2018

di Claudio Barnabé Fonte: scenarieconomici.it

C’era una volta una nazione insignificante, dimenticata dal dio Mercato, che per i propri commerci era costretta a servirsi di una moneta priva di valore in quanto lo “stato ladro” (oramai si scrive tutto attaccato) stampava denaro a profusione per fare fronte alla crescente corruzione, ai clientelismi e alle mirabolanti promesse elettorali fatte alle spalle dei lavoratori. Sì, perché secondo questa narrazione, come ci ricorda l’onorevole Bersani, le vere vittime di questo dissennato modo di operare sarebbero stati proprio i lavoratori che si trovavano in tasca della carta straccia e si vedevano erodere il proprio potere d’acquisto.

Quel Paese negletto, triste ed isolato dal mondo, si chiamava l’Italia e quella “carta straccia” si chiamava lira: la Liretta dell’Italietta.
Per uno strano caso del destino, quello stesso Paese, che veniva dalle devastazioni della Seconda guerra mondiale, ebbe per oltre un trentennio dei tassi di crescita pazzeschi, un autentico “miracolo economico”: il 16 maggio 1991, infatti, il Corriere della Sera titolava in prima pagina a cinque colonne: “L’Italia quarta potenza”.

Due anni dopo, a seguito dell’uscita dell’Italia dallo SME (Sistema Monetario Europeo), lo stesso Corriere della Sera titolava: “Made in Italy mai così bene”, mentre la Germania, col suo marco che non godeva più dei benefici offerti dall’aggancio valutario, non era mai andata “così in basso”.

Il 14 febbraio 1996, sempre sul Corriere della Sera, Danilo Taino commentava entusiasta: Lira magica unica vera colonna dell’Italia. Se non fosse sottovalutata staremmo tutti un po’ peggio”.

Tutto questo, però, avveniva a causa della svalutazione “competitiva”. E’ vero: in quegli anni, quando la lira non era agganciata in maniera più o meno efficace con altre valute, tendeva a perdere valore.

 

Quella che ha rivalutato maggiormente è, come era facile prevedere, il marco tedesco (linea nera), mentre dollaro americano (linea gialla) e franco francese (linea rossa) hanno avuto andamenti più moderati e sostanzialmente analoghi.

Ma perché noi svalutavamo? La teoria più basilare sulla modalità di determinazione dei tassi di cambio nominali si chiama “parità dei poteri di acquisto” (in inglese Purchasing Power Parity, sintetizzato in PPP). Tale teoria si basa sulla legge del prezzo unico che afferma che, se i costi di trasporto sono relativamente trascurabili, il prezzo di un bene economico scambiato a livello internazionale deve essere uguale in ogni luogo. Se così non fosse, tutti comprerebbero dove costa meno, facendone aumentare il prezzo del bene fino al ristabilimento dell’equilibrio. Secondo questa teoria, quindi, il tasso di cambio nominale tra il Paese A ed il Paese B sarebbe diretta conseguenza del livello dei prezzi dei due Paesi, pertanto la variazione del tasso di cambio (la svalutazione o la rivalutazione) deriverebbe dalla variazione relativa del livello dei prezzi (ovvero dalla differenza relativa tra i tassi di inflazione). Tradotto per la casalinga di Voghera: svaluta chi ha l’inflazione più alta.

Infatti, come si vede nella figura sottostante, l’Italia (linea viola) ha avuto un tasso d’inflazione mediamente superiore alle altre nazioni e quindi la lira si è svalutata nei confronti delle altre valute. Di converso, la Germania (linea nera) è il Paese che ha avuto l’inflazione più bassa ed in effetti ha rivalutato rispetto a tutti gli altri.

Da notare che, ad eccezione della Germania, nel periodo intercorrente tra la prima crisi petrolifera (1973) e i primi anni ’80, tutti i Paesi hanno avuto un tasso d’inflazione in doppia cifra.
La domanda da porsi è allora: perché l’Italia aveva un tasso d’inflazione (leggermente) superiore agli altri Paesi? Detto in altri termini: perché l’Italia aveva una competitività di prezzo (leggermente) inferiore alle altre nazioni e pertanto svalutava? È intuitivo che una nazione risulta essere tanto più competitiva quanto più riesce ad abbassare il prezzo delle merci che offre al resto del mondo, conseguentemente per ottenere una maggiore competitività occorre imporre un aumento della produttività e/o una riduzione di qualche

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https://www.radiospada.org/2018/10/la-liretta-dellitalietta/

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

IL PANTANO DEFLAZIONISTICO E IL RUOLO DELLE BANCHE CENTRALI

di Gerardo Coco – 2 LUGLIO 2019

 

Forse il 2019 sarà considerato come anno “spartiacque”, l’anno in cui tutte le politiche che hanno in qualche modo funzionato in passato non funzioneranno più in futuro. Quando il tracollo finanziario globale del 2008 ha cominciato a devastare le economie, le banche centrali del G10 temendo un ritorno agli anni Trenta, hanno creato trilioni di unità monetarie riversandole nei mercati finanziari. Tale esperimento monetario, il Quantitative easing, avrebbe dovuto ripristinare la crescita economica. Ma il denaro creato non è andato alle imprese in difficoltà, a chi ha perso il lavoro o la casa. È andato a già ricchi, che non ne avevano bisogno; è andato alle grandi società, che lo hanno usato per riacquistare le proprie azioni e pagare ai loro dirigenti stipendi stellari. È andato alle banche, quelle stesse i cui prestiti sconsiderati hanno contribuito ad affossare le economie. Una nuova Grande Depressione è stata evitata, ma certamente non c’è stata una ripresa. C’è stato, invece, un decennio di stagnazione.

Ora, perfettamente consapevoli di aver ridotto a quasi zero tutte le opzioni, all’inizio del 2019, le autorità monetarie del G10 hanno tentato di “normalizzare” le loro politiche. Normalizzare significa ridurre i bilanci, vendendo attività invece di comprarle e alzare i tassi di interesse riportando lentamente il sistema finanziario e l’economia su livelli che erano normali nelle epoche precedenti e che lasciavano spazio per rispondere a recessioni e crisi espandendo il credito e abbassando i tassi. Ma, sfortunatamente, tali autorità si sono rese subito conto di non poter ridurre le flebo di eroina monetaria alle economie avendole ormai rese dipendenti da stimoli, nei mercati obbligazionari, nelle Borse e nei mercati immobiliari. Non appena hanno sentore che gli stimoli cessino, questi mercati oscillano subito nell’instabilità come la cronaca di questi ultimi mesi ha confermato. L’intera struttura economica di “ricchezza” dipende da bolle che se dovessero scoppiare a seguito di rialzi dei tassi di interesse, farebbero fallire governi, fondi pensionistici, assicurativi, società e persone fisiche, tutti ormai costretti a rinnovare i propri debiti per l’incapacità di estinguerli. Per tale motivo ogni entità economica appare solvibile ma non più capace di generare crescita.

La prima causa di tutto ciò origina soprattutto da quella visione che domina la politica monetaria e che pone l’accento sulla sovvenzione e salvataggio dei debitori, a spese dei risparmiatori e produttori, una visione disastrosa di cui oggi vediamo gli effetti. Esiste una grande quantità di debito del settore pubblico (12 trilioni di euro, equivalente al pil dell’eurozona), che ha rendimento negativo. Gli unici investitori di questi titoli folli sono fondi pensione, banche e istituzioni obbligati per statuto a acquistarli (quando il capo della Banca centrale europea, Mario Draghi, la scorsa settimana ha fatto i suoi commenti sulla necessità di abbassare ancora i tassi di interesse, sapeva di parlare a questo mercato asservito). I tassi di interesse negativi sopprimono il costo di indebitamento ai governi ma è ingenuo credere che siano una forma di stimolo all’economia perché limitano il credito al settore industriale trasferendo ricchezza dal settore privato a quello pubblico. La politica monetaria è così diventata un freno alla crescita globale. Meno capitale privato nel sistema finanziario significa meno leva nell’economia per promuovere

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http://opinione.it/economia/2019/07/02/gerardo-coco_crisi-globale-2008-banche-centrali-g10-quantitative-easing-bce-mario-draghi/

 

 

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

La gip di Agrigento non ha applicato i principi enunciati dalla Cassazione

6 Luglio 2019 di Bruno Tinti (Ex Magistrato)

 

Nel mio articolo sugli errori giuridici contenuti nell’ordinanza del gip di Agrigento per il caso Sea Watch, ne ho trascurato uno molto importante che è stato rilevato da alcuni colleghi. Ripeto qui di seguito il commento di uno di questi. Mi pare molto importante per valutare non solo l’erroneità dell’ordinanza ma soprattutto il pregiudizio ideologico che, a questo punto, è difficile escludere.

«La Corte di cassazione dice che in sede di convalida il giudice deve compiere una valutazione diretta a stabilire la sussistenza del fumus commissi delicti (probabilità che il reato sia stato commesso, Ndr.), allo scopo di stabilire se l’indagato sia stato privato della libertà in presenza della flagranza di uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 cpp, dovendosi escludere che possa

 

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https://www.maurizioblondet.it/la-gip-di-agrigento-non-ha-applicato-i-principi-enunciati-dalla-cassazione/

 

 

 

 

 

 

 

I conti con il passato

Vito Schepisi – IL LIBERO PENSIERO – 13 luglio 2019

 

Tiziana Parenti per chi non lo ricorda o per chi non era ancora nato è stata un PM di Mani Pulite.

Fu messa da parte quando, al contrario di altri che si facevano dettare l’agenda da una intelligence che ne stabiliva l’indirizzo politico-mediatico-giudiziario, capì che il sistema delle tangenti era più diffuso, quasi totalitario, più di quanto si volesse far credere.

Fu lei che indagò sulle tangenti al PCI, si deve a Tiziana parenti l’emergere dei soldi incassati da Primo Greganti, sospettato di portare le valigette piene di soldi nella sede romana di Botteghe Oscure (luogo in cui il PCI, indisturbato, tesseva la sua tela, come un mostruoso e venefico ragno, per catturare l’Italia e la sua democrazia e FOTTERCI tutti).

Botteghe Oscure era anche la sede in cui si sospettava che allora, senza la tecnologia di oggi, quindi senza intercettazioni e tecniche di controllo remoto, funzionasse una centrale di collegamento con l’Unione Sovietica che di fatto ne gestiva, sia economicamente che politicamente, le azioni.

Il “centralismo democratico” (absit iniuria verbi), per chi non sa cosa sia stato, obbligava tutti gli aderenti e gli eletti del PCI a rispettare fedelmente gli indirizzi dei suoi vertici. Lo facevano persino i mandatari dei comportamenti sotto copertura che mai e poi mai avrebbero svelato i nomi e le funzioni dei loro mandanti. Tra questi, per merito di Tiziana Parenti, con coraggio e senza farsi intimidire dalle insormontabili barriere, sembra che sia stato beccato Primo Greganti.

La Parenti, donna di sinistra, era stata persino iscritta al PCI. Pagò questo suo amore per i’imparzialità della giustizia con l’emarginazione. Fu costretta ad uscire dalla magistratura, perché con quel clima che si era creato non era facile lavorare in una Procura che voleva girare l’Italia come un calzino.

Sarà la storia, quando sarà scritta senza pressioni e convenienze, a dirci se quella Procura agiva per rendere un favore al PCI che con la caduta del Muro di Berlino (9 novembre 1989) perdeva la sua maschera, facendo emergere l’orrore e la disperazione in quei paesi in cui sosteneva esservi situazioni paradisiache, con tanta gioia e felicità. E, come è evidente, non cambiò nulla, anzi venne meno

 

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https://www.facebook.com/notes/il-libero-pensiero-di-vito-schepisi/i-conti-con-il-passato/2539810072730656/

 

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Esattore

e-sat-tó-re

SIGN Chi ha il compito di riscuotere somme di denaro, specie tributi

voce dotta recuperata dal latino exactor, che è da exactum ‘esatto’, propriamente participio passato del verbo exigere ‘esigere’, derivato di agere ‘condurre’ col prefisso ex-.

Ci sono categorie professionali che, per forza di cose, non hanno mai goduto di grande popolarità. Un tempo erano perlopiù mestieri che battevano territori tabù quali la morte (becchini, boia) o incorrevano in peccati capitali come l’avarizia (usurai). Oggi, più banalmente, si tratta di figure alle quali associamo una minaccia di dolore fisico (i dentisti) o la sanzione delle nostre infrazioni alle regole (i vigili). Ma chi ha suscitato un odio feroce, unanime e costante in ogni tempo, sono specialmente gli esattori delle tasse. Come mai?

Alcuni riterranno la domanda inutilmente retorica, altri rimarcheranno sarcastici che ciò accade soprattutto in Italia, data la notoriamente scarsa propensione nazionale al pagamento delle imposte. Tuttavia, a parte il fatto che non si ha notizia di Paesi in cui folle di cittadini giubilanti inondino le strade ad ogni imposizione di tasse, si dà il caso che vi sia una nazione in cui persino la parola esattore è stata privata di legittimità, e non si tratta dell’Italia bensì della Francia. Possibile che oltralpe abbiano un senso civico persino più anemico del nostro? Prima di proferire un’accusa tanto grave, vediamo se l’etimologia ci offre una spiegazione più rassicurante.

L’etimo di esattore, prevedibilmente, non è proprio simpatico: deriva dal latino exactor, a sua volta da exactum (esatto), che è il participio passato del verbo exigere (esigere), formato da agere col prefisso ex-. Il senso originario del verbo è perciò “spingere o tirare fuori, scacciare, far uscire”, e da questo nucleo si dipanano poi altre accezioni, tra cui portare a terminemisurarepesare, e quindi soppesareesaminare e giudicare (da cui anche examen, “esame”, ed exactum, “esatto”, che in origine era “pesato esattamente”), ma anche – ed è ciò che qui ci interessa di più – esigereriscuoterepretendere. Tale significato, partendo dal nucleo di “tirare fuori”, è tanto trasparente quanto brutale: esigere non è semplicemente chiedere, ma chiedere imperativamente, in un modo che non ammette obiezioni. Si esige rispetto, obbedienza, delle scuse per un’offesa subita; ma si esige anche una somma che è dovuta, e in questo caso la trita metafora del cittadino spremuto come un limone dal fisco

 

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https://unaparolaalgiorno.it/significato/E/esattore

 

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

INCREDIBILE VATICANO 

Sisto Ceci 13 07 2019

 

E allora ditecelo, non si possono fare le cose così maldestramente. All’apertura delle 2 tombe delle principesse al cimitero Teutonico di Roma, una avrebbe dovuto contenere il corpo o quello che ne restava dopo un così lungo soggiorno, della principessa Sophia di Hoenlohe – Langenburg e l’altra la principessa Carlotta Federica di Meclemburgo.

Sottolineato da un ME COJONI salmodiante, più volte sommessamente ripetuto, dai camposantari che hanno aperto le tombe, ma. incredibile dictu, visu, auditu, le tombe erano vuote!!!!!!

Ora nella storia c’era una sola tomba rimasta vuota dopo la tumulazione fatta davanti a testimoni, non depredata da banditi, quella di Cristo poi Risorto ……e allora, senza fare pensieri oscenamente blasfemi, sulla ripetizione dell’evento miracoloso

 

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Liberismo selvaggio in usa

Francesco Erspamer 11 07 2019

 

Dubito che qualcuno in Italia si ricordi di un episodio accaduto nei primi anni Novanta negli Stati Uniti, in un momento decisivo per l’affermazione del liberismo selvaggio. I media si guardano bene dal menzionarlo e i politici, anche quelli a cui potrebbe rivelarsi utile, sono troppo superficiali o ignoranti per averne nozione. Parlo di David Dinkins e del quadriennio in cui fu sindaco di New York. Nel decennio precedente la metropoli era precipitata in una spirale di violenza, disordine e sfiducia, e Dinkins la risollevò; in nessun periodo la criminalità diminuì come durante il suo mandato. Ma i giornali e i network televisivi fecero finta di niente e Dinkins stesso pensò soltanto ai risultati e non al modo di farli conoscere o di fondarli su un’ideologia facilmente comunicabile e recepibile.

Così fu scalzato da Rudolph Giuliani, che restò al potere per otto anni con lo slogan della “tolleranza zero”; poco importò che i suoi risultati fossero modesti: la gente aveva bisogno di una retorica forte, di una sensazione di sicurezza ancor più che di vera sicurezza, e naturalmente i media fecero la loro parte attribuendogli il nomignolo di “sceriffo” e successi inesistenti o già ottenuti

 

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POLITICA

L’Autonomia

Antonio D’Amico 11 07 2019

 

Agli Onorevoli della Lega, al Governatore Zaia e al Ministro Salvini voglio dire che io sono d’accordo sulla creazione delle macroregioni (diminuiamo I costosissimi parlamenti regionali) e sul concedere l’AUTONOMIA ai padani.

Ma ATTENZIONE!!!!! Prima di ciò bisogna riscrivere la verità storica sul cosiddetto “Risorgimento Italiano” e di come avete rubato le risorse economiche e succhiato il sangue al REGNO DELLE DUE SICILIE che era, socialmente e culturalmente, tra gli Stati più progrediti al mondo ed era molto più ricco della “padania”. È vero che la storia la scrivono i vincitori (lo Stato Savoia e l’America insegnano), così come è vero che ormai la “cultura storica” (e non solo storica) è inesistente.

Al Ministro Salvini e al Governatore Zaia voglio chiedere come mai i Veneti non chiedevano la creazione delle Regioni e la autonomia negli anni 60/70? Quando i veneti emigravano con le pezze nel culo non solo in Lombardia e Piemonte ma nel resto del mondo e anche nell’Italia meridionale. Per rinfrescarVi la memoria guardate qualche film degli anni ’50/’60 e vi sorprenderà constatare che a Roma le collaboratrici domestiche, le badanti, non parlavano l’Ucraino o il Rumeno, ma il Veneto ed il Friulano!!!!

Comunque, io sono per l’Autonomia! Ma, prima, occorre fare giustizia!

Propongo: Attualizziamo tutte le tasse che Nord e Sud hanno versato nelle casse dello Stato italiano dal 1861 e tutto il denaro che lo Stato ha elargito al Nord e al Sud dal 1861 ad oggi. Naturalmente non mi riferisco soltanto alle risorse che annualmente lo Stato destina alle Regioni in base alla popolazione e alla estensione, MA CHIEDO CHE VENGANO ATTUALIZZATI

 

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GRILLINI & PD

Sisto Ceci 15 09 2019

 

Caro Enzo Cinelli, con una campagna elettorale già in corso, una bufala del genere, ti farebbe aumentare a dismisura i voti, come quando arrivavano gli avvisi di garanzia, a pacchi, al Berlusca dalla Procura di Milano, tutti capirebbero la stupida provocazione e la giustizia ad orologeria.

Invece così, con un governo in carica, la paura di fare la crisi è reale, perché non sai come potrebbe reagire il tuo elettorato reale e quello potenziale e allora serri i ranghi in attesa di tempi migliori.

Proprio quello che vogliono i tuoi avversari, ovvero resti ancora in questo governo di merda, che ORA, serve SOLO ai 5S e al PD, altri 6 mesi, 1 / 2 anni, riduci l’Italia in un cumulo di macerie e poi torni sfiancato alle elezioni e prendi una bastonata che ti riporta con i piedi per terra.

Il lavoro di anni, vanificato da decisioni sbagliate, già si vede che i grillini hanno

 

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Cocaina e vaccini

Lisa Stanton 13 07 2019

 

Qualche settimana fa 18.000 chili di cocaina per un controvalore di 1,3 miliardi di dollari, sono stati sequestrati su una delle più grandi navi portacontainers in un porto di Filadelfia, dopo essersi fermata in Colombia, Cile, Perù, Panama e Bahamas.

È di ieri la notizia che la nave, la MSC Gayane, è di proprietà di JP Morgan ed è stata

 

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SCIENZE TECNOLOGIE

 

Ci sono anche i morti da paracetamolo

Gioia Locati – 5 luglio 2019

 

Alla fine, può succedere che il farmaco più usato – quello che si somministra anche ai lattanti e l’unico concesso in gravidanza – possa essere responsabile di molte intossicazioni. Sì, se il paracetamolo è assunto alla dose sbagliata, si può stare malissimo, addirittura correre il rischio di morire.

Il Centro Antiveleni dell’ospedale Niguarda di Milano (uno dei tre presenti in Lombardia insieme a Pavia e Bergamo) registra ogni anno, in media, circa 8mila sovradosaggi da farmaci e il paracetamolo è il primo nella lista dei medicinali coinvolti negli errori di somministrazione sui bambini sotto i 6 anni. Sono numeri importanti. Si consideri che in tutta Italia le intossicazioni – provocate da farmaci e da non farmaci – superano le 44mila all’anno e che il 45% di queste interessa bambini sotto i 6 anni . Cliccate qui per consultare l’ultimo rapporto Istisan (per il paracetamolo pagine 45,46,53,55).

Attenzione: non parliamo di intolleranze individuali, allergie o ipersensibilità. La “cosiddetta reazione avversa con la giusta dose di farmaco, purtroppo, non si può prevedere fino al momento della prima assunzione” ci spiega Franca Davanzo, anestesista, rianimatore, tossicologa e responsabile del Centro Antiveleni del Niguarda.

Stiamo parlando di sovradosaggi.

Come mai si eccede con più facilità con il paracetamolo?

“Per svariati motivi.  È un prodotto utilizzato come anti febbrile ma anche come antidolorifico generico, (dolori mestruali, delle ossa, da influenza, da otiti) e in commercio esistono decine di formulazioni diverse che contengono paracetamolo (da solo o associato all’acido acetilsalicilico, alla caffeina, alla codeina, all’ibuprofene, all’acido ascorbico, alla fenilefrina cloridato, alla clorfenamina maleato, all’isopropamide ioduro). C’è chi, in preda al dolore, assume tre o quattro farmaci con nomi diversi ma tutti contengono paracetamolo”.

Fra i soggetti a rischio di intossicazione ci sono anche bambini…

“Sì, la maggioranza. Può dipendere da una disattenzione dei genitori che nell’armadietto delle medicine dispongono di diverse confezioni di prodotto in cui la dose di paracetamolo contenuta è differente e, invece di somministrare al piccolo i 125 mg, utilizzano i 1000 mg (per adulti). Altri confondono le gocce (che sono più concentrate) con lo sciroppo (che si ingerisce a cucchiai). Le supposte, poi, sembrano tutte uguali, ma le dosi di principio attivo sono differenti.

Riconosco che i foglietti illustrativi sono complicati e le scatole riportano talvolta disegni imprecisi. Per non sbagliare consiglio sempre di non considerare l’età del bambino ma il suo peso. Se si somministra il farmaco più volte al nella giornata non bisogna superare i 90mg per chilo di peso”. (Esempio: per un bimbo di 15 kg non si devono superare i 1.350 mg nelle 24 ore; la dose tossica

Continua qui:

http://blog.ilgiornale.it/locati/2019/07/05/ci-sono-anche-i-morti-da-paracetamolo/

 

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