NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 19 SETTEMBRE 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Il Capitalismo è come un pesce morto al chiaro di luna:
luccica ma puzza.
(Il comunista Horst Bucholz nel film Uno, due, tre! – 1.01.1961, regia Billy Wilder)
In: Suonala ancora Sam, Bompiani, 2001, pag. 270
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SOMMARIO
Il governo è caduto perché era nei patti 1
Il sito di Italia Viva registrato già il 9 agosto. 1
Raccomandazione alle Questure: nascondete i crimini dei profughi 1
Il dossier che scotta, da Eni a Enel è già iniziato il giro di valzer delle nomine 1
Da Lerner ai bimbi di Bibbiano: tutta l’ipocrisia della sinistra. 1
Scorribande finanziarie, Gentiloni come Soros 1
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, 19 e 20 settembre iniziative a Roma contro archiviazione 1
Terroristi dai corridoi umanitari
Dl ambiente, in arrivo bonus da 2 mila euro per chi rottama l’auto e usa mezzi pubblici Bologna, papà marocchino toglie figlio da scuola: Troppi bimbi stranieri
Affidi illeciti, nessuno parla
Ventimiglia, Macron blinda i confini. Poi viene in Italia a pontificare 1
Fammi essere ancora figlio
Lo scrittore Bret Easton Ellis contro il totalitarismo buonista 1
Un altro tassello del Sistema Casaleggio nel posto giusto, al momento giusto. 1
Uganda, “bambini al lavoro nei campi della Chiesa cattolica” 1
Coca-Cola compra l’italiana Lurisia per 88 milioni di euro. 1
Chi sono i responsabili politici del dominio della finanza a livello globale
Scandalo procure, Criscuoli si dimette da consigliere del Csm. 1
“Nel Csm si fa carriera con metodo mafioso”. L’attacco di Nino Di Matteo 1
L’urlo di Cerciello: “Siamo carabinieri!” E la bugia dei militari in incognito crolla 1
Migranti: Conte vuole rivedere il Trattato di Dublino
Cosa prevede il Trattato di Dublino e perché l’Italia lo vuole cambiare 1
Chi approvò il trattato di Dublino? Gli ultimi sono stati Enrico Letta, Alfano e la Bonino. 1
Passa il manifesto Cirinnà, Famiglia tradita da Conte 1
Lampedusa, sbarcano altri 102 immigrati
IMMIGRATI RIFIUTANO SOCCORSI: “ASPETTIAMO LE ONG PER SBARCARE IN ITALIA” 1
Lampedusa, Sap: ‘sbarcati 570 migranti, personale carente. Difficile gestire emergenza’ 1
VENTIMIGLIA: MIGRANTI RESPINTI DA MACRON VERRANNO TRASFERITI A TARANTO. 1
Stop notizie sull’immigrazione: lo chiedono Conte e la UE. 1
MONSIGNORE SMENTISCE PAPA BERGOGLIO: “NON ESISTE UN DIRITTO ALL’IMMIGRAZIONE” 1
L’Europa rispedisce in Italia un numero di migranti superiore a quelli che sbarcano 1
BELLANOVA (PD): “PORTI APERTI, LE AZIENDE MI CONTATTANO PER DIRMI CHE VOGLIONO I MIGRANTI” 1
RUSSIA E CINA HANNO DETERMINATO LO SGRETOLAMENTO DEL NUOVO ORDINE MONDIALE 1
Conte all’incontro con Macron: basta alla propaganda antieuropea
Così nasce il governo dei partiti sconfitti 1
LA7, LA RIVELAZIONE DI MYRTA MERLINO: “PD E M5S VERSO LA FUSIONE” 1
Renzi, un fuorionda dimostra che del Sud non gliene importa nulla 1
Il gruppo Bilderberg dietro alle stragi DI Stato italiane
IN EVIDENZA
Il governo è caduto perché era nei patti
Roma, 18 settembre 2019
L’isteria della Lega poco prima del Ferragosto. Rilanci, dichiarazioni sanguinose, protervie assortite, pretese maramaldesche. Alle soglie del Ferragosto: quasi a materiare la crisi d’una assurdità metafisico-balneare. Certe rodomontate le si apprezzava da lontano; psicologicamente, remoti dal fervore delle cure quotidiane, attutite: veniva voglia di dire: e fatela ‘sta crisi, ci rivediamo a settembre! Mentre si ingollava una bibita fresca, le piante dei piedi sprofondate nelle frescure dell’umida battigia. Un atto gravissimo, onusto di responsabilità epocali (aveva a liberare definitivamente il campo alle incursioni degli usurai europeisti), vissuto come uno scherzo: rammentava certa paccottiglia che i giornali, una volta, quando ancora sussistevano come giornali, inserivano nelle pagine scarnificate della cronaca, a mo’ di curiosità: pioggia di rane in Québec, ritrovata una seconda tomba di Nefertiti in Tunisia, cane uggiola al padrone che l’aveva abbandonato dieci anni fa (o viceversa), “Farò l’avvocato! dice Miss Torvaianica”, il sigillo del Papa ha l’emblema di Atlantide; e così via.
Personalmente ho vissuto la disfatta come se fosse stata inscenata nei bagni misteriosi ricreati da Giorgio De Chirico. Con onde simboliche, cabine metafisiche, piscine eterne. Nulla sembrava vero: possibile che …? Ma sì, lo era, tutto come previsto, in verità: non immaginavo, però, che l’epilogo assumesse tali pose stralunate e sfacciatissime. A Ferragosto! O forse sì: solo a Ferragosto poteva riaprire il teatro dei pupi della democrazia liberale: così evidente da non farsi accorgere di tanta enormità.
Purtroppo la mossa risiedeva nei patti.
Pacta sunt servanda. A meno che qualcuno, in nome di una italianità alta e disinteressata, colta, popolare e rifulgente a un tempo, abbia il muso di non rispettarli. In tal caso, tuttavia, chi non li rispetta va all’inferno con tutte le scarpe. E Salvini, e gli altri, non possono andarci poiché in paradiso si sta troppo bene. Nessuno ci va all’inferno, per il bene della Patria, poiché questa Patria maledetta, l’Italia, viene schifata da tutti. Non ce n’è uno di questi gaglioffi che abbia mai speso una parola di ammirazione per l’Italia. Nessuno. Fanno tutti i furbi. Si credono astute, queste facce di merda, mentre maneggiano, intrigano e recitano manganellate di gomma per quei poveri coglioni di elettori ancora animati da un manicheismo decrepito: di mezzo secolo, almeno: destra e sinistra, comunisti e fascisti, liberisti e dirigisti! Roba da spararsi dritti nel palato.
Sto rileggendo un po’ di Céline. Questa ignobile buffonata, la crisi, la rassomiglio alla rotta francese davanti agli Unni, nella Seconda Guerra. Son pagine memorabili, quello del Bastardo Destouches, una cosetta raffinata e rassegnata, dolente, in cui il prendingiro si ferma sempre lungo la linea abissale di uno sconforto immedicabile: “Son curiosi i soldati quando non vogliono proprio più morire …. L’ardore vien meno. Vedete quei graziosi ufficiali portar via il loro armadietto a specchio … traslocare il loro bene più prezioso … l’amichetta … in torpedo con diritto di precedenza … non li rivedremo tanto presto … Non avevano niente da fare in prima linea se non disturbare le battaglie, se battaglia ci fosse stata … Spettava ai militari esserci, rallentare l’invasore, rimanere a morire sul posto, il petto in fuori di fronte agli Unni, e non col didietro che se la svignava … Se dipendesse dalla forza delle parole saremmo senz’altro il re del Mondo. Nessuno potrebbe superarci in materia di chiacchiera e disinvoltura. Campioni del mondo in fanfaronate intontiti di pubblicità, di stupefacente fatuità, Ercoli in parlantina …”.
Segnali della decadenza: quando digiti “Céline” su google appare la “Dion”.
I 5S, da spaccamondo a ligi impiegati del nichilismo finanziario, i democratici,
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http://alcesteilblog.blogspot.com/2019/09/il-governo-e-caduto-perche-era-nei-patti.html#more
Il sito di Italia Viva registrato già il 9 agosto
Prima della nascita del governo fra Pd e Cinque stelle, Renzi ha avviato il suo piano per lanciare il suo nuovo partito
allegranti@ilfoglio.it – 17 Settembre 2019
“Il nome della nostra nuova sfida sarà Italia Viva”, ha detto ieri Matteo Renzi, a Porta a Porta, dopo l’annuncio dell’addio al Pd. Un addio ben meditato a quanto pare, visto che il sito “italiaviva.org” è stato registrato lo scorso 9 agosto, il giorno dopo alcune sue dichiarazioni che in sostanza preannunciavano le sue intenzioni: “Di sicuro nascerà una forza di centro, su questo non ci sono dubbi”, aveva detto in un colloquio comparso sulla Stampa.
Anche “italiaviva.eu” è stato registrato il 9 agosto. Prima dunque della
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Raccomandazione alle Questure: nascondete i crimini dei profughi
Necessario “tutelare” i richiedenti asilo, anche se delinquono. È discriminazione al contrario
Salvatore Tramontano – Ven, 23/10/2015 RILETTURA, PER RICORDARE BENE
La gogna non è uguale per tutti. Le Questure italiane, e i comandi dei carabinieri, hanno ricevuto una strana raccomandazione, un consiglio disceso da molto in alto, una sorta di velina a uso interno.
Se un profugo, un richiedente asilo, viene denunciato o addirittura arrestato mentre sta commettendo un reato non dovete raccontarlo a nessuno. Acqua in bocca. Omertà. Silenzio. Niente comunicati stampa, nessuna soffiata ai giornalisti. L’obiettivo è tutelare il migrante. Se, infatti, uno sta chiedendo aiuto allo Stato perché magari è perseguitato in patria significa che la sua vita è in pericolo. Nome, cognome e residenza sarebbero informazioni pericolose, notizie che i «regimi» potrebbero usare per colpire lui o la sua famiglia.
Uno viene a sapere una cosa del genere e pensa: bello, uno Stato garantista. Non c’è più il mostro in prima pagina. Solo che il principio vale solo per gli ospiti. Gli italiani devono solo pagare le tasse. Niente garantismo, nessuna tutela, neppure uno straccio di presunzione di innocenza. Anzi, quando poi si va a processo c’è la gara a far scappare dalle procure notizie, intercettazioni, frullati di vita privati, perfino di chi è capitato in quelle carte per caso, senza neppure essere indagato. E
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Il dossier che scotta, da Eni a Enel è già iniziato il giro di valzer delle nomine
Il dossier che scotta. In ballo ci sono le nomine alle aziende partecipate. Dalle Authority a Cassa Depositi e Prestiti.
Lui giura che no, non ha alcun interesse a mettere mano, anzi il naso, nelle nomine. Epperò poi specifica: «In ogni caso vorrei poter dire la mia sulla strategia».
Insomma, nonostante le smentite e le prese di distanza, anche Matteo Renzi ha tutta l’intenzione di dire la sua sul grande gioco delle prossime nomine.
E si che in ballo ci sono pezzi da novanta dalle partecipate di Stato.
Insomma, dopo lo stallo degli ultimi mesi e settimane, riparte, o almeno dovrebbe, il giro di valzer delle nomine ai vertici di authority e delle aziende pubbliche.
È questo uno dei dossier che scottano che il governo giallo- rosso dovrà affrontare. Una partita che, come sempre in questi casi, si preannuncia impegnativa e che, calendario alla mano, torna ad incalzare. Si comincia con le Autorità: Agcom, Garante per la Privacy, Anac. I vertici delle prime due, rispettivamente, Angelo Maria Cardani, e Antonello Soro, nominati nel 2012, sono al termine del loro mandato. Diverso, invece, il caso dell’Anac, dove il nodo della successione si è aperto dopo l’annuncio
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Da Lerner ai bimbi di Bibbiano: tutta l’ipocrisia della sinistra
Andrea Indini – 17 settembre 2019
Affezionati del loft, oggi vorrei fare un paio di considerazioni veloci in merito agli assurdi dibattiti che la sinistra ha montato nelle ultime ore per attaccare Matteo Salvini e screditare il raduno leghista di Pontida.
- Gli insulti a Gad Lerner. Non è la prima volta che dobbiamo sorbirci questa polemica. Lo schema è sempre lo stesso: il giornalista si presenta sul pratone in cerca della rissa e, gira che ti rigira, la trova sempre. Non che gli insulti siano mai edificanti, ma mi chiedo: se un tifoso dell’Inter se ne va in giro con la sciarpa nerazzurra per la fossa dei leoni, cosa spera di raccogliere? Io credo che Lerner si butti nella mischia e trovi proprio quello che va cercando. Forse proprio per
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Scorribande finanziarie, Gentiloni come Soros
Gli investimenti dell’ex premier prima della super-nomina
di Franco Bechis – 18 Settembre 2019
Paolo Gentiloni si era già internazionalizzato prima della supernomina a commissario europeo per l’Economia. Lo aveva fatto acquistando dal secondo semestre 2018 azioni in borsa di titoli italiani e internazionali.
Il suo portafoglio si è così riempito di azioni Microsoft, Array, Wirecard, Amplifon, Cucinelli, Techno Gym, Bio on, Nexi e Adobe.
Il valore del portafoglio titoli posseduto non è manco di piccolo conto: alla data dello scorso primo luglio ammontava a «circa 400mila euro».
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, 19 e 20 settembre iniziative a Roma contro archiviazione
di Redazione Blitz
Pubblicato il 19 Settembre 2019 7:00 | Ultimo aggiornamento: 18 Settembre 2019
ROMA – Una conferenza stampa per illustrare il conferimento, da parte del Comitato dei garanti dell’Archivio ‘Ilaria Alpi‘ alla FNSI e da questa alla Fondazione Murialdi, del ‘Fondo Alpi’ e un presidio, davanti al tribunale, in concomitanza con l’udienza in cui il gip è chiamato a decidere sulla richiesta di archiviazione delle indagini sull’omicidio della giornalista del Tg3 e di Miran Hrovatin.
Sono le due iniziative promosse dal sindacato dei giornalisti il 19 e il 20 settembre, a Roma, nell’ambito della campagna #NoiNonArchiviamo.
Giovedì 19 alle ore 12, nella sede della Fondazione per gli studi sul giornalismo ‘Paolo Murialdi’, Federazione nazionale della Stampa italiana, Fondazione Murialdi e Comitato dei garanti dell’archivio ‘Ilaria Alpi’ sottoscriveranno il protocollo per la conservazione e valorizzazione dell’archivio.
Con il segretario generale e il presidente della FNSI, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, e con il presidente e il segretario generale della Fondazione, Vittorio Roidi e Giancarlo Tartaglia, saranno presenti,
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Terroristi dai corridoi umanitari
Francesca Totolo – 19 09 2019
Già segnalato dalla polizia tedesca per sospetto terrorismo, Mahamad Fathe, che ha pugnalato un militare in stazione Centrale di Milano, era arrivato in Italia dalla Libia nel 2017 grazie ai corridoi umanitari, di solito gestiti da UNHCR in collaborazione con l’allora governo Gentiloni.
Dopo aver appreso che l’accoltellatore di Milano era arrivato grazie ad un corridoio umanitario dalla Libia,
stride la notizia che i corridoi umanitari
organizzati
dalla Comunità di Sant’Egidio,
dalla CEI,
dalla Caritas e
dalle chiese evangeliche italiane
abbiano ricevuto il Premio Nansen per i Rifugiati dell’UNHCR.
Oltre a Mahamad Fathe, sono arrivati in Italia più di 2.000 migranti e si prevede l’arrivo di altri 600.
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Dl ambiente, in arrivo bonus da 2 mila euro per chi rottama l’auto e usa mezzi pubblici
Bonus fiscale per i residenti nelle città metropolitane inquinate nelle zone interessate dalle procedure di infrazione comunitaria e che rottamano autovetture fino alla classe Euro 4: per loro un credito di imposta che può essere utilizzato entro i successivi cinque anni per abbonamenti al trasporto pubblico locale, servizi di sharing mobility con veicoli elettrici o a zero emissioni.
18/09/2019
Bologna, papà marocchino toglie figlio da scuola: “Troppi bimbi stranieri”
Di Ilaria Paoletti -18 Settembre 2019
Bologna, 18 sett – Siamo nella “rossa” e accogliente Bologna. E’ proprio qui, un cittadino 34enne di origine marocchina (ma chi si è laureato e lavora a Bologna) dichiara: “Nella scuola materna di mio figlio c’è un grave problema di integrazione, lo devo portare via”.
Entrambi i genitori marocchini
L’uomo non ha mai dimenticato le sue origini marocchine ed è un musulmano praticante proprio come la moglie, anch’essa di origini nordafricane (ma i suoi genitori sono venuti a vivere a Bologna nel lontano 1967) eppure vorrebbe che il figlio avesse la possibilità di integrarsi appieno. Cosa impossibile in una scuola in cui nessuno parla italiano.
Maestre fanno fatica a pronunciare nomi dei bimbi
«Al momento dell’iscrizione alla scuola materna — racconta l’uomo — abbiamo indicato le quattro scelte richieste dal Comune: nelle prime tre scuole che avremmo preferito non c’era posto, ci hanno inseriti nella quarta». La scuola prescelta è quella dell’infanzia del San Donato-San Vitale, fuori Massarenti. «Il giorno dell’open day” spiega il marocchino “avevo visto disegni con le bandiere di tutte le nazionalità nella scuola, ma avevo pensato si lavorasse molto sull’integrazione culturale, ma quando siamo arrivati a scuola il primo giorno ci siamo trovati in una classe con tutti i bambini stranieri». L’eccezione veramente
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BELPAESE DA SALVARE
Affidi illeciti, nessuno parla. Cinque indagati muti davanti al giudice
Di Cristina Gauri – 4 Luglio 2019
Reggio Emilia, 4 lug – Dopo l’orrore dei particolari emersi dall’inchiesta “Angeli e Demoni” sugli affidi illeciti in provincia di Reggio Emilia, ecco l’ignominia del muro di omertà. E così cinque indagati su sette fanno scena muta davanti ai magistrati, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Non si è sottratto Andrea Carletti, sindaco Pd di Bibbiano accusato di falso e abuso d’ufficio (degli stessi capi di imputazione devono rispondere Paolo Colli e Paolo Burani, ex primi cittadini dem, rispettivamente, di Montecchio e Cavriago) che ieri ha parlato per due ore davanti al gip Luca Ramponi e al pm Valentina Salvi. Come riferisce il Secolo d’Italia il legale di Carletti, l’avvocato Giovanni Tarquini, “ha chiesto la revoca dei domiciliari sostenendo che il suo cliente ha fornito chiarimenti sulla sua posizione”. Ma il gip si è riservato.
Bocche cucite invece per Fadia Bassmaji e Daniela Bedogni, la coppia di “mamme” lesbiche a cui era stata affidata una minore. Ricordiamo che la Bassmaji aveva in passato avuto una relazione sentimentale con Federica Anghinolfi, la psicoterapeuta attivista lgbt, “papessa” e figura chiave nel giro degli affidi nei comuni della Val d’Enza che decideva a chi affidare i bambini strappati illecitamente alle famiglie naturali. Scena muta anche per Marietta Veltri, responsabile dei Servizi sociali della Val d’Enza.
I magistrati hanno invece interrogato il terapeuta Claudio Foti, direttore
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L’Unità, tribunale di Roma: “81,6 milioni di debito da ripagare con soldi pubblici”. Ma Palazzo Chigi può rivalersi sui Ds
Il debito è stato contratto nei confronti di diverse banche: Intesa San Paolo, Unicredit, Bnl e Banco Bpm. A prendere la decisione, il 10 settembre scorso, il giudice del foro romano Alfredo Maria Sacco. La prima opposizione della Presidenza del Consiglio dei Ministri risale al governo Renzi, nel 2014
di F. Q. | 16 SETTEMBRE 2019
Un debito da 81,6 milioni di euro pesa sulle spalle dello Stato e quindi dei contribuenti. Si tratta di quello contratto, ormai 31 anni fa, dall’Unità, giornale dell’ex Partito comunista italiano fondato da Antonio Gramsci, nei confronti di diverse banche: Intesa San Paolo, Unicredit, Bnl e Banco Bpm. Il tribunale di Roma, infatti, ha respinto tre ricorsi-fotocopia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, presentati dall’Avvocatura di Stato per opporsi ai decreti ingiuntivi degli stessi istituti relativi al rimborso dei crediti utilizzando la garanzia dello Stato, come riporta il Messaggero.
A prendere la decisione, il 10 settembre scorso, il giudice del foro romano Alfredo Maria Sacco, che ha autorizzato l’azione contro i debitori non per insolvenza ma per inadempimento. Nel provvedimento il giudice scrive di “riconoscere alla Presidenza del Consiglio il diritto di rilievo e/o regresso” condannando però il legale pro tempore dell’Associazione Democratici di Sinistra chiamata in causa con contumace a rimborsare Palazzo Chigi “da ogni effetto patrimonialmente pregiudizievole conseguente alla presente decisione”. Vale a dire che la Presidenza del Consiglio di Ministri è tenuta a rimborsare le banche, ma può rivalersi su Democratici di Sinistra cioè l’associazione, fondatrice poi nel 2007 insieme alla Margherita del Partito democratico, che dal 1988 si
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CONFLITTI GEOPOLITICI
Ventimiglia, Macron blinda i confini. Poi viene in Italia a pontificare
I francesi proseguono con la linea dura sui migranti e l’Italia continua ad accogliere. Migranti sui binari: fermati i treni
Fabrizio Tenerelli – Mer, 18/09/
Non c’è stato neanche quasi il tempo di cambiare governo, che la frontiera italo francese di Ventimiglia, in provincia di Imperia, è tornata a essere blindata, con decine di migranti che vengono respinti, ogni giorno, dalle autorità transalpine a quelle italiane, attraverso il valico di Ponte San Luigi, e nugoli di agenti della “police nationale” che tengono sotto assedio la zona di confine.
Una situazione talmente tesa da far scrivere al Corriere della Sera in un reportage pubblicato oggi: “Alla frontiera alta sembra che sia scoppiata la guerra“. Eppure le condizioni di Ventimiglia era nota a tutti già da mesi. Lo scorso luglio, infatti, ilGiornale.it si era occupato del confine tra Francia e Italia racontando storie di ordinaria prevaricazione da parte di Parigi, con i migranti respinti illegalmenti.
I mezzi blindati francesi sono tornati a dividere la due frontiere, quando, fino a poche settimane fa, c’erano soltanto alcuni agenti che salutavano le famiglie italiane di ritorno dalle vacanze. Sono decine, infatti, gli stranieri respinti (con punte di settanta al giorno), perché accusati di essere entrati clandestinamente dall’Italia. Una situazione non più tollerabile, tanto che oggi, il deputato di Forza Italia e portavoce dei Gruppi azzurri di Camera e Senato, Giorgio Mulè, ha lanciato un appello al premier Giuseppe Conte, affinché pretenda “rispetto” e “chiarezza” da Emmanuel Macron, nell’odierno incontro a Roma.
“Anche a rischio di mandare di traverso i manicaretti che saranno serviti
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MILIZIANI APPOGGIATI DAGLI USA BLOCCANO L’EVACUAZIONE DEL “CAMPO DI STERMINIO” IN SIRIA: RIFERISCE LA RUSSIA
da Redazione
Il portavoce delle forze russe in Siria ha dichiarato che gli Stati Uniti e i suoi miliziani alleati stanno bloccando l’evacuazione di un campo profughi nel sud della Siria, dove i rifugiati vivono in condizioni spaventose.
L’esercito russo ha riferito che un’operazione guidata dalle Nazioni Unite per evacuare migliaia di rifugiati dal campo inizierà il 27 settembre e richiederà 30 giorni.
Il generale Mikhail Mizintsev, tuttavia, ha dichiarato in una conferenza stampa mercoledì che l’evacuazione si trova “sull’orlo del collasso a causa delle provocazioni dei ribelli sotto il controllo degli Stati Uniti”.
Il ministero della Difesa russo ha dichiarato in una nota ufficiale mercoledì che i militanti si sono rifiutati di garantire la sicurezza dei convogli di evacuazione.
I miliziani hanno sequestrato gran parte degli aiuti umanitari inviati dall’ONU e dalla Mezzaluna araba siriana al campo dall’inizio di questo mese, scatenando ampie proteste che hanno incontrato una reazione a colpi d’arma da fuoco
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CULTURA
Fammi essere ancora figlio.
Solo una volta. Una volta sola.
Poi ti lascio andare.
Ma per una volta, ancora, fammi sentire sicuro.
Proteggimi dal mondo.
Fammi dormire nel sedile dietro il tuo.
Guida tu. Che io sono triste e stanco.
Ho voglia che sia tu a guidarmi, papà.
Metti la musica che ti piace.
Che sarà quella che una volta cresciuto piacerà a me.
Fammi essere piccolo.
Pensa tu per me.
Decidi tu per me.
Mettimi la tua giacca, che a me sembra enorme, perché ho freddo.
Prendimi in braccio e portami a letto perché mi sono addormentato sul divano.
Raccontami storie.
E se sei stanco non farlo. Ma non te ne andare.
Ho voglia di rimanere figlio per sempre.
Abbracciami forte come dopo un gol.
Dormi ancora, come hai fatto, p
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Lo scrittore Bret Easton Ellis contro il totalitarismo buonista
Lo scrittore americano Bret Easton Ellis, che sta per pubblicare in Italia “White” (Einaudi), si scaglia contro il politicamente corretto e il perbenismo progressista
Roberto Vivaldelli – Mer, 18/09/2019
L’uscita di un nuovo libro dello scrittore americano Bret Easton Ellis è sempre un grande evento. L’autore di capolavori del calibro di Meno di Zero e American Psycho sta per tornare con White, in Italia prossimamente pubblicato da Einaudi, e il nuovo lavoro si preannuncia un coraggioso schiaffo contro il politicamente corretto imperante e il “liberalismo autoritario” dei progressisti.
Intervistato da Mattia Ferraresi su Il Foglio, Ellis si scaglia contro il perbenismo e conformismo liberal e il totalitarismo dei buoni che uccide l’arte e la libertà. Lo scrittore e sceneggiatore statunitense spiega che siamo entrati precariamente in una specie di totalitarismo che detesta la libertà di parola e punisce le persone se rivelano il loro vero io. “Ho scritto di una specie di totalitarismo, non del totalitarismo nel suo senso storico – sottolinea – e ho scelto di usare questo termine perché è così che mi sento: sotto controllo di un regime”.
Oggi, prosegue Bret Easton Ellis, ci sono una serie di regole che un artista deve seguire, “e se non le segue viene cancellato o messo a tacere”, parlando della psicosi politicamente corretta che dilaga negli Stati Uniti e in tutto l’Occidente. E aggiunge: “Tutto deve essere coordinato da una certa sensibilità. Questo meccanismo si vede oggi nelle case editrici. Ci sono editor che scandagliano i manoscritti alla ricerca di elementi che potrebbero offendere i lettori, che potrebbero farli arrabbiare, li evidenziano e si discute su cosa fare. I guardiani della cultura dominante stanno attivamente cancellando le opinioni degli artisti che non sono d’accordo con loro oppure perché non sono in linea con l’ideologia progressista del momento: un pensiero che propone
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Il mondialismo? Viene dal pensiero di Kant ed è un’ideologia che proclama un unico governo mondiale e l’ineluttabilità della globalizzazione: i suoi seguaci si dividono nettamente in due categorie: i perfetti idioti e i malvagi
Di Francesco Lamendola – 13 settembre 2019
Occorre distinguere fra globalizzazione e mondialismo. La prima è un processo in atto di totale internazionalizzazione della finanza, che ha l’effetto di assolutizzarla e imporla come il potere supremo e inappellabile a livello planetario: tutte le altre sue manifestazioni, dalla produzione alla cultura, dall’informazione allo sport, ne sono effetti collaterali. Infatti, se la finanza è concentrata in pochissime mani e nulla le si oppone, né gli stati, né i confini, né le leggi, né il pensiero, né le religioni, allora ogni aspetto della vita pubblica e privata le viene sottomesso e diventa una sua funzione, cioè una maniera di accrescere ulteriormente i suoi capitali, drenandoli da ogni altro soggetto. Il mondialismo è un’ideologia che proclama la bellezza, oltre che l’ineluttabilità della globalizzazione, con tutte le sue conseguenze: formazione di un unico governo mondiale, di un monopolio mondiale sulle agenzie d’informazione, di un monopolio mondiale sulla scuola, sulla sanità, sulla psichiatria, sui trasporti, su ogni tipo di tecnologia, sul controllo e la distribuzione dell’acqua potabile, e naturalmente sulle istituzioni culturali e universitarie. Pertanto, i suoi seguaci si dividono nettamente in due categorie:
i perfetti idioti, che si fanno propagandisti di un sistema che essi credono filantropico, umanitario, tollerante, garante dei diritti civili e specialmente di quelli delle minoranze, oltre che degli equilibri ecologici e ambientali; e
i malvagi, che si sono messi scientemente al servizio dell’oligarchia finanziaria per ricavarne vantaggi di carriera, denaro, successo, potere. Chiunque sia un fautore del mondialismo rientra in una di queste due categorie, con qualche sfumatura intermedia: o è un perfetto idiota, la cui ingenuità colossale viene sfruttata da altri, o è un perfetto delinquente, cinicamente disposto a calpestare la dignità e il bene dei popoli e delle persone, per motivazioni abiette ed egoistiche.
Il mondialismo? Viene dal pensiero di Kant ed è un’ideologia che proclama un unico governo mondiale e l’ineluttabilità della globalizzazione: i suoi seguaci si dividono nettamente in due categorie: i perfetti idioti e i malvagi!
Ma da dove viene, filosoficamente, il mondialismo? Da dove viene un’ideologia così spaventosa, ma così ben mascherata sotto nobili e altruistiche apparenze? Da dove viene un’ideologia che spinge ragazzotte come Carola Rackete a improvvisarsi salvatrici dell’Africa e strenue guerriere contro i mostri del sovranismo e del razzismo (perché è chiaro che non lasciarsi invadere è un patente delitto di razzismo), e giudici come Alessandra Vella ad assolverla e complimentarla per aver condotto una così encomiabile e ammirevole battaglia? Da dove viene un’ideologia che consente a un qualsiasi ragazzo africano di entrare a forza in Italia, chiedere e ottenere asilo “politico” perché omosessuale, quando nel suo Paese d’origine l’omosessualità è equiparata a un grave reato e punita con estremo rigore? E poco importa se quel ragazzo, poi, non è affatto omosessuale, e lo dimostra molestando e violentando le prime donne che gli capitano a tiro, oltre che rapinando nelle case e arrotondando le entrate con lo spaccio di droga, mentre è in attesa di ricevere una risposta alla sua domanda d’accoglienza: quel che conta è il principio. Se un cittadino senegalese, o nigeriano, o tunisino, si dichiara omosessuale in cerca di ospitalità, le porte non gli possono essere chiuse in faccia; qualsiasi Paese europeo che si dica civile ha il preciso dovere di accoglierlo, per risparmiargli le pene e le discriminazioni che la sua patria non tanto civile (e questo non è razzismo, cari progressisti e buonisti umanitari?) automaticamente gli infliggerebbe. Ciò significa che tutte le persone che dicono di essere discriminate e maltrattate in patria per il loro orientamento sessuale; tutte le persone che dicono di fuggire da guerre e carestie; tutte le persone che
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CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Come i servizi di sicurezza del Regno Unito hanno neutralizzato il principale quotidiano liberale del paese
Markus 18 Settembre 2019 – MATT KENNARD & MARK CURTIS
dailymaverick.co.za
Il Guardian, il principale quotidiano liberale britannico, con una reputazione mondiale di giornalismo indipendente e critico, è stato preso di mira con successo dalle agenzie di sicurezza, allo scopo di ‘neutralizzare’ i suoi pericolosi articoli sullo “stato di polizia,” secondo documenti e prove fornite da ex ed attuali giornalisti del Guardian.
I servizi di sicurezza del Regno Unito avevano preso di mira il Guardian nel giugno 2013, subito dopo l’inizio delle pubblicazioni da parte del quotidiano di alcuni documenti segreti del governo degli Stati Uniti fatti trapelare dal collaboratore della National Security Agency, Edward Snowden.
Le rivelazioni delle notizie esplosive di Snowden erano continuate per mesi ed erano state la più grande divulgazione di tutti i tempi di materiale classificato riguardante la NSA e il suo equivalente nel Regno Unito, il Quartier Generale delle Comunicazioni Governative (GCHQ). Erano venuti alla luce i programmi di sorveglianza di massa gestiti da entrambe le agenzie.
Secondo i verbali delle riunioni del Comitato Consultivo dei Media sulla Difesa e la Sicurezza del Regno Unito (DSMA), le rivelazioni avevano messo in allarme i servizi di sicurezza britannici e il Ministero della Difesa.
“Questo evento era stato molto preoccupante perché, all’inizio, il Guardian aveva evitato di impegnarsi con il [comitato] prima di pubblicare la prima tranche di informazioni,” rivela il verbale di una riunione tenutasi il 7 novembre 2013 al Ministero della Difesa (MOD).
Il comitato del DSMA, più comunemente noto come Comitato D-Notice, è gestito dal MOD, nella cui sede si riunisce ogni sei mesi. Anche un piccolo numero di giornalisti è invitato a far parte del comitato. Lo scopo dichiarato è “impedire la divulgazione involontaria al pubblico di informazioni che potrebbero compromettere le operazioni militari e di intelligence del Regno Unito.” [Questo comitato] può trasmettere “avvisi” ai media, per ‘incoraggiarli’ a non pubblicare determinate informazioni.
Il comitato è attualmente presieduto dal direttore generale del MOD per la politica sulla sicurezza, Dominic Wilson, che, precedentemente, era a capo della sicurezza e dell’intelligence presso l’Ufficio di Gabinetto del Regno Unito. Il suo segretario è il brigadiere Geoffrey Dodds, ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico, OBE, che si autodefinisce un “esperto, ex comandante militare con una vasta esperienza di leadership a livello operativo.”
Il sistema D-Notice sostiene di operare su base volontaria e di non imporre ai media l’obbligo di conformarsi agli avvisi emessi. Questo significa che il Guardian non aveva nessun obbligo di consultare il MOD prima di pubblicare i documenti di Snowden.
Tuttavia, i verbali della commissione rivelano che il segretario aveva dichiarato: “Il Guardian era obbligato a chiedere … consigli ai sensi dei termini di preavviso della DA [Defence Advisory].” Il verbale aggiunge: “Questa mancanza nel richiedere un parere si è rivelata una grossa fonte di preoccupazione e sono stati fatti sforzi notevoli per venirne a capo.”
“Notevoli sforzi”
Questi “notevoli sforzi” includevano una D-Notice inviata dal comitato il 7 giugno 2013, il giorno successivo alla pubblicazione da parte del Guardian dei primi documenti, a tutti i principali redattori dei media del Regno Unito, con l’indicazione che avrebbero dovuto astenersi dal pubblicare informazioni che avrebbero “messo a repentaglio la sicurezza nazionale e possibilmente anche il personale [militare] del Regno Unito.” [Il documento] era contrassegnato come “privato e riservato: non per pubblicazione, trasmissione o utilizzo sui social media.”
Chiaramente, il comitato non voleva che l’invio del documento fosse pubblicizzato e c’era quasi riuscito. Solo il blog di destra Guido Fawkes ne aveva parlato.
All’epoca, secondo i verbali del comitato, le “agenzie di intelligence, in particolare, avevano continuato a chiedere che venissero inviati più avvertimenti [D-Notice].” Questi D-Notice erano chiaramente considerati dai servizi di intelligence non tanto uno strumento per indirizzare i media, quanto piuttosto un modo per minacciarli e indurli a non pubblicare ulteriori rivelazioni di Snowden.
Una sera, dopo la pubblicazione delle prime soffiate di Snowden, l’allora segretario del D-Notice Committee, il vice-maresciallo dell’aeronautica Andrew Vallance, aveva personalmente telefonato ad Alan Rusbridger, all’epoca redattore del Guardian. Vallance “aveva espresso la sua preoccupazione per il fatto che il Guardian non
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Il Sistema Casaleggio ai vertici dell’Europa
Un altro tassello del Sistema Casaleggio nel posto giusto, al momento giusto
Scritto il 26 Novembre 2018 | di Marco Canestrari
https://www.spreaker.com/episode/16307589?utm_medium=widget&utm_term=episode_title&utm_source=user%3A10382113
C’è una notiziola che vi posso dare in anteprima. Il sistema Casaleggio è arrivato ai vertici, ai più alti vertici, dell’Unione Europea.
Seguitemi.
Nel 2014 il Movimento 5 Stelle elegge poco meno di una ventina di deputati al Parlamento Europeo. Va formato un Gruppo Parlamentare. Gianroberto Casaleggio invia Grillo e suo figlio Davide a trattare con Nigel Farage, si trova l’accordo e il gruppo parte. Si chiama Europa della libertà e della Democrazia Diretta. Farage, per intenderci, è colui che ha condotto la campagna per la Brexit in Regno Unito.
Casaleggio, come da regolamento, sceglie il responsabile della comunicazione. Si tratta di Claudio Messora, noto come Byoblu. Le cose però non vanno bene. Messora non è amato dai parlamentari: lo licenziano poche settimane dopo. A sostituirlo Casaleggio manda un dipendente della sua società, Casaleggio Associati, ossia Filippo
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https://www.marcocanestrari.it/2018/11/26/il-sistema-casaleggio-ai-vertici-delleuropa/
Caffeina Festival 2019 – Il sistema Casaleggio. Partito, soldi, relazioni: ecco il piano per manomettere la democrazia
DIBATTITO | – Viterbo – 22:30 Durata: 52 min 3 sec
A cura di Bretema e Alessio Grazioli
Organizzatori:
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Presentazione del libro di Nicola Biondo e Marco Canestrari (Ponte alle Grazie) promossa nell’ambito del Caffeina Festival 2019 “#iostocondonchisciotte” in programma dal 22 al 30 giugno 2019.
Registrazione video del dibattito dal titolo “Caffeina Festival 2019 – Il sistema Casaleggio. Partito, soldi, relazioni: ecco il piano per manomettere la democrazia”, registrato a Viterbo domenica 23 giugno 2019 alle ore 22:30.
Dibattito organizzato da Fondazione Caffeina Cultura.
http://www.radioradicale.it/scheda/577612/caffeina-festival-2019-il-sistema-casaleggio-partito-soldi-relazioni-ecco-il-piano-per
Il piano di contrastare la Lega in Europa: Casaleggio a Bruxelles tra cittadinanza digitale europea e alleanze post voto
Per M5S l’ambizione da ago della bilancia del fronte europeista; l’obiettivo del commissario all’Industria; l’idea (dai tratti eversivi) di un Rousseau europeo
- By Angela Mauro – 9 aprile 2019
Non appena escono fuori dai confini dell’Italia, viene fuori la debolezza delle forze di governo nel Belpaese, Lega e M5s. Ecco qui Davide Casaleggio, alla sua seconda trasferta europea da quando il Movimento ha dei suoi eletti a Bruxelles, cioè dal 2014. Nel menu delle chiacchierate con gli eurodeputati pentastellati, tra ieri a cena e oggi, anche i giochi per cercare di contare qualcosa in Europa dopo il voto di maggio. Come Matteo Salvini, che ancora non ha costruito la sua rete sovranista, anche i cinquestelle cercano casa in Ue e intanto però hanno un’idea su come muoversi, ne hanno parlato con Casaleggio. L’idea è di fare da ago della bilancia nel fronte europeista, chiedere per l’Italia un commissario all’Industria e valutare caso per caso se approvare o meno i nomi che verranno proposti per la presidenza del Parlamento, della Commissione, del Consiglio Ue.
Ma, dal punto di vista mediatico, la trasferta bruxellese di Casaleggio, con tanto di conferenza all’Europarlamento, serve anche a lanciare il tema della democrazia digitale europea, una sorta di ‘Rousseau europeo’, concetto al centro del programma M5s per le elezioni, una roba che al pari dei bitcoin sfida la giurisdizione degli Stati nazionali configurandosi come proposta a tratti ‘eversiva’ per come sono organizzate ora le istituzioni, nate quando internet non c’era.
Iniziamo però dal lato pragmatico: le mosse del M5s dopo il voto europeo. Il concetto è abbastanza semplice: da forza di governo in Italia il M5s sta cercando di farsi largo per contare anche in Europa a partire dalla discussione sulle nomine ai vertici dell’Unione che ci sarà a giugno, in vista dell’insediamento della nuova Eurocamera. All’inizio di luglio infatti l’aula di Strasburgo dovrà votare sul presidente dell’Europarlamento e quello della Commissione, che poi sceglierà tutta la squadra di Palazzo Berlaymont alla luce delle trattative tra gli Stati nazionali. Insomma, all’alba della sua seconda legislatura europea, il M5s non si colloca ai margini dell’emiciclo, in minoranza, impostato sul no a priori. Nemmeno per sogno. L’idea, discussa nell’incontro tra Casaleggio e gli eurodeputati, è di riservarsi una valutazione per ogni singola carica, per ogni nome sul tavolo. Sì o no a seconda dei casi,
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https://www.huffingtonpost.it/2019/04/09/il-cruccio-di-contare-in-europa-casaleggio-a-bruxelles-tra-cittadinanza-digitale-europea-e-alleanze-post-voto_a_23708711/
DIRITTI UMANI
Uganda, “bambini al lavoro nei campi della Chiesa cattolica”
di Lara Volpi – Pubblicato il 7 Gennaio 2016
KAMPALA – La Chiesa cattolica e quei legami con il lavoro minorile in Uganda: si intitola così un’inchiesta firmata da Vinnie O’Dowd e Danny Vincent della Bbc che indaga il rapporto tra il Paese africano, la Chiesa e i bambini sfruttati.
Durante la sua visita dello scorso novembre in Africa, continente in cui vivono quasi 200 milioni di cattolici, papa Francesco ha detto che i bambini sono le maggiori vittime dello sfruttamento occidentale in Africa. Allo stesso tempo ha invitato con forza i giovani africani a resistere alla corruzione. Eppure, si chiedono i cronisti della Bbc, il Vaticano potrebbe forse fare qualcosa di più?
Alex Turyaritunga, ex bambino-soldato dell’Uganda che oggi ha 32 anni, ha raccontato la propria esperienza alla Bbc: “Ero un bambinosoldato, nulla me lo farà mai dimenticare. Ricordo la guerra nel 1994. Portavo un fucile in spalla”. Oggi Turyaritunga è un infermiere presso l’Agenzia Onu per i rifugiati in Uganda.
Da bambino, però, rimase orfano del padre. Ad aiutare lui, sua madre e i suoi fratelli, ha detto alla Bbc, fu la Chiesa cattolica, che nel suo paese, Kabale, gli pagò gli studi. “Mi aiutarono a diventare quello che sono”, dice oggi. Allo stesso tempo, però, non risparmia le accuse.
Turyaritunga sostiene infatti che la Chiesa tolleri nelle sue terre
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ECONOMIA
Coca-Cola compra l’italiana Lurisia per 88 milioni di euro
Coca-Cola si prende anche Lurisia. Accordo preliminare con Acque Minerali per la cessione dell’intero pacchetto azionario per 88 milioni di euro
Rosa Scognamiglio – Mer, 18/09/2019
Coca-Cola HBC Italia allarga il proprio mercato alle acque minerali.
È della giornata di oggi, infatti, la notizia della stipula di un contratto preliminare da parte della branch italiana afferente alla multinazionale di Atlanta per l’acquisizione di Lurisia, azienda storica nel panorama nazionale per la produzione e distribuzione di acque minerali e bevande gasate. Lurisia, fondata nel lontano 1940 a Roccaforte Mondovì, piccola località in provincia di Cuneo, si è sempre contraddistinta per acque di tipo “premium”, prelevate dalla fonte Pigna a 1400 metri e commercializzate in bottiglie di vetro dal design esclusivo e per la produzione di bevande gasate quali tonica, chinotto con frutti savonesi, gazzosa con i limoni di Amalfi e aranciate con agrumi IGP del Gargano.
L’importo dell’operazione, che si andrà a concludere entro la fine del 2019, si attesta attorno agli 88 milioni di euro e prevede la cessione del pacchetto azionario, tuttora di proprietà congiuntamente dal fondo Idea Taste
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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Chi sono i responsabili politici del dominio della finanza a livello globale?
15 Settembre 2019
Roma, 15 set – Dal punto di vista storico e almeno per quanto riguarda l’Europa, per individuare i responsabili politici dell’attuale dominio della finanza bisogna andare oltralpe. Sono stati infatti i socialisti francesi, in modo particolare il presidente Francois Mitterrand, a deregolamentare la finanza internazionale attribuendo poteri enormi ai mercati. Accanto a Francois Mitterrand sia il socialista Jacques Delors sia Michel Camdessus – nominato da Mitterrand governatore della Banca di Francia e poi divenuto direttore del FMI – sia Henri Chavranski – presidente del comitato per i movimenti di capitale negli anni ’90 – e infine Pierre Bérégovoy – ministro dell’economia delle finanze francese e primo , ministro negli anni ’90- hanno dato un contributo decisivo. In particolare, per quanto riguarda Camdessus, non dimentichiamoci che fu proprio lui a porre in essere ampie e capillari privatizzazione in Russia, in Brasile e in Argentina.
Finanza sregolata: responsabilità francesi e tedesche
Contrariamente quindi a una ricostruzione della storia che vorrebbe attribuire a Washington la deregolamentazione fu invece proprio Parigi che negli anni ‘80 volle una globalizzazione di natura finanziaria.
In secondo luogo, i migliori alleati di questo processo di dominio della finanza globale furono i tedeschi e, in modo particolare, il cancelliere Helmut Kohl.
In terzo luogo, per affermare a livello globale questo dominio della finanza, la Commissione
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https://www.ilprimatonazionale.it/economia/responsabili-politici-dominio-finanza-129420/
GIUSTIZIA E NORME
Scandalo procure, Criscuoli si dimette da consigliere del Csm
18, settembre, 2019
Il Vicepresidente del Csm David Ermini ha ricevuto stasera la lettera del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la quale sono state trasmesse le dimissioni del consigliere Paolo Criscuoli da componente del Consiglio superiore.
Il Capo dello Stato ha ravvisato nella lettera di dimissioni presentata da Criscuoli senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni.
Criscuoli, togato di MI, era tornato pochi giorni fa, il 9 settembre, al lavoro a Palazzo dei Marescialli, dopo un periodo di autosospensione.
Si era autosospeso dall’incarico il 4 giugno scorso, dopo essere stato tirato in ballo nell’inchiesta della Procura di Perugia sul tentativo di condizionamento delle nomine dei vertici di alcuni degli uffici giudiziari più importanti d’Italia, in cui tra gli altri, è indagato per corruzione l’ex consigliere del Csm, Luca Palamara.
Oggi le dimissioni. rainews.it
https://www.imolaoggi.it/2019/09/18/scandalo-procure-criscuoli-si-dimette-da-consigliere-del-csm/
“Nel Csm si fa carriera con metodo mafioso”. L’attacco di Nino Di Matteo
Il pm che ha indagato sulla trattativa Stato-mafia si candida a Palazzo dei Marescialli e punta il dito contro il “correntismo” e i “poteri striscianti” che minano l’indipendenza della magistratura
di SIMONA OLLENI – 15 settembre 2019
“L’appartenenza a correnti o a cordate è diventata l’unica possibilità di sviluppo di carriera e di tutela nei momenti difficili che il nostro lavoro ci presenta, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso“. Lo ha detto il pm Nino Di Matteo, illustrando nella sede dell’Anm il suo programma come candidato alle prossime elezioni di ottobre per due nuovi togati al Csm.
“Oggi abbiamo una grande possibilità di invertire la rotta, forse è l’ultima, prima che ad approfittare della delegittimazione, e anche della rassegnazione di alcuni, siano altri, con riforme spacciate per efficienza, a renderci squallidi burocrati“, ha affermato ancora il magistrato, sottolineando che per “cambiare dobbiamo anche avete il coraggio e la lealtà di dire che quanto emerso dall’inchiesta di Perugia non ci deve stupire. Non c’è spazio per lo stupore, siamo tutti responsabili di questa situazione, anche chi ha espresso in passato il proprio voto pensando di darlo a chi poteva rendergli la cortesia”.
Di Matteo, quindi, ha messo in evidenza la sua “consapevolezza su quanto in passato siano stati delegittimati e isolati i migliori di noi”, ricordando anche Giovanni Falcone e le “bocciature clamorose” da parte del Csm, ma “credo che la magistratura continui a rappresentare l’avamposto più alto in difesa della Costituzione, anche di fronte alla volontà di poteri striscianti, non solo illegali, di limitare la nostra autonomia e indipendenza e di renderci collaterali e serventi rispetto alla politica”.
Per il Csm “non serve una riforma punitiva“, ma bisogna “ridargli autorevolezza costituzionale senza distinzioni legate all’appartenenza, al gradimento politico, alla capacità dei singoli di tessere reti relazionali” ha aggiunto Di Matteo, “Non condivido le proposte di riforma sul Csm e il sorteggio dei togati. Rispetto i colleghi che per spezzare le patologie del correntismo hanno proposto il sorteggio, ma penso che sia una proposta incostituzionale ed è devastante che i magistrati, che decidono su ergastoli o su patrimoni, non possano avere l’autorevolezza per eleggere i rappresentanti al Csm”.
“Negli ultimi 15 anni la magistratura è cambiata, pervasa da un cancro che ne sta invadendo il corpo, i cui sintomi sono la burocratizzazione, la gerarchizzazione degli uffici, il collateralismo politico, la degenerazione clamorosa del correntismo” ha detto spiegando che la sua candidatura al Csm (le elezioni per due nuovi togati si svolgeranno il 6/7 ottobre) è legata al “bisogno di mettermi in gioco in un momento così buio, a disposizione di chi vuole dare una spallata a un sistema che ci sta portando verso il baratro”.
Il pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, oggi sostituto alla Dna, ha sottolineato di non aver “mai pensato prima” di candidarsi a Palazzo dei Marescialli, “non sono mai stato iscritto a una corrente e sono intenzionato a farlo in futuro” e, ha aggiunto, “spero che la magistratura tutta, con questo voto, dimostri con i fatti di non volersi arrendere a prassi e a un sistema che la sta soffocando: una rivoluzione culturale, insomma, eleggendo chi ha dimostrato di essere estraneo e di voler contrastare le degenerazioni”. Se venisse eletto, l’attenzione di Di Matteo sarebbe rivolta, oltre che alla tutela dei giovani magistrati di prima nomina, alla “trasparenza” delle attività del Csm, alla “questione morale”.
L’urlo di Cerciello: “Siamo carabinieri!” E la bugia dei militari in incognito crolla
di Valeria Di Corrado – 12 Settembre 2019
«Ho sentito più volte urlare il collega Cerciello: “Fermati! Siamo carabinieri”». L’interrogatorio reso da Andrea Varriale lo scorso 9 agosto, davanti ai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Nunzia D’Elia, mette fine a molti dei dubbi avanzati finora sull’operato dei due militari intervenuti la notte tra il 25 e il 26 luglio in via Pietro Cossa, a Prati. La Procura ritene attendibile la testimonianza oculare di Varriale, che ripercorre i passaggi che hanno portato all’uccisione del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega.
«Insieme a Sergio Brugiatelli, utilizzando la macchina di servizio, siamo giunti in prossimità del luogo dell’appuntamento fissato dai due soggetti indicatici come estorsori. L’abbiamo posteggiata e siamo scesi. Brugiatelli è rimasto in prossimità dell’auto, mentre io e Cerciello, insieme, ci siamo recati verso il punto preciso dove era stato fissato l’incontro per la restituzione dello zainetto, che era stato indicato vicino alla banca Unicredit. (…) Sul lato sinistro, dove inizia via Pietro Cossa, davanti a una farmacia abbiamo notato due giovani in attesa (…) Erano vestiti entrambi con felpa e cappuccio alzato, nonostante la temperatura estiva. Abbiamo attraversato la strada e abbiamo approcciato i due giovani, sempre uno accanto all’altro. Ci siamo subito qualificati dicendo “Carabinieri” e mostrando entrambi il tesserino di servizio e la placca. Immediatamente i due giovani ci hanno aggredito. Ne è seguita una colluttazione. Io sono stato affrontato da quello con la felpa nera (Christian Natale Hjorth, ndr). Sono subito scivolato a terra come effetto di un corpo a corpo, finché il ragazzo non è riuscito a divincolarsi ed è scappato. Contemporaneamente l’altro giovane (Finnegan Lee Elder, ndr) aveva aggredito il collega Cerciello e, mentre io mi trovavo a terra, l’ho sentito urlare più volte: “Fermati! Siamo carabinieri”. Dopodiché ho visto in rapida successione dileguarsi anche l’altro giovane, scappato nella stessa direzione di fuga del primo, e mi sono reso conto che il collega sanguinava copiosamente da un fianco, ancora in piedi ma barcollante, mentre mi diceva: “Mi ha accoltellato”, per poi riversarsi al suolo. Mi sono precipitato su di lui, ho cercato di tamponare le ferite con la mia maglietta e ho immediatamente chiamato la Centrale operativa per i soccorsi che sono arrivati nell’arco di poco più di 15 minuti».
A precise domande dei pm, il militare chiarisce una serie di punti «oscuri»: perché non avessero chiesto i rinforzi, come mai non si fossero accorti che Brugiatelli era coinvolto in un episodio di spaccio, perché inizialmente Varriale aveva indirizzato le ricerche verso due maghrebini e, soprattutto, perché non fossero armati. «Ribadisco che né io, né il collega, avevamo mai visto Brugiatelli, né sentito il suo nome, prima di quella sera (…) Al momento dell’intervento, il nostro intento era quello di seguire la prassi abituale: tenere un profilo basso, nel senso di simulare un controllo su strada e chiamare una macchina per accompagnare i soggetti in caserma. (…) Escludo nel modo più assoluto che la percezione che sia io che Cerciello abbiamo avuto sia stata quella di agevolare il recupero dello zaino di un soggetto coinvolto in fatti di droga. Se davvero l’avessimo saputo, probabilmente le modalità sarebbero state diverse. Dopo aver sentito la telefonata, peraltro registrata da Cerciello, mi era sembrato che chi parlava, utilizzando un italiano un po’ storpiato, avesse l’accento tipico dei maghrebini. Poi in caserma ho fatto un identikit, il cui risultato è stato molto prossimo alla figura del ragazzo con il quale avevo avuto la colluttazione».
«Quella sera – precisa Varriale ai magistrati – quando siamo usciti, sia io che Cerciello avevamo in dotazione le manette, ovviamente i tesserini, ma abbiamo lasciato le pistole in caserma proprio in relazione al tipo di servizio che dovevamo fare. Essendo estate e dovendo confonderci con le persone, anche di un certo tipo, il nostro abbigliamento era costituito per me da blue jeans e maglietta e per Cerciello da un paio di pantaloni modello pinocchietto e una magliettina. Portarsi dietro la pistola avrebbe significato vanificare la mimetizzazione e di conseguenza l’efficacia del servizio. Credo di aver riferito nei giorni scorsi tale circostanza anche a i miei superiori gerarchici». Il riferimento è sicuramente al comandante della stazione di piazza Farnese, Sandro Ottaviani, che ha raccontato ai colleghi del Nucleo investigativo – mentendo – di aver ricevuto l’arma di Varriale all’ospedale Santo Spirito, dove era stato ricoverato Cerciello. Ottaviani non è indagato dalla Procura penale, come non lo è Varriale (su cui invece la Procura militare ha aperto un fascicolo per violata consegna).
Di fronte, però, alla contestazione dei pm in merito al verbale di sommarie informazioni reso il 28 luglio in cui Varriale aveva riferito ai carabinieri di aver portato con sé la pistola quella sera, il militare precisa: «Evidentemente si è trattato di un errore dovuto a un cattivo ricordo su una questione che non ritenevo determinante in merito alla ricostruzione dei fatti». Ammesso pure che il carabiniere abbia mentito per evitare un procedimento disciplinare, poco cambia ai fini dell’indagine sull’omicidio. Anche perché, il fatto che i due militari fossero disarmati, avvalora l’impianto accusatorio della Procura, secondo cui gli americani hanno agito con l’intento di uccidere due carabinieri qualificatisi come tali e non per difendersi da un’aggressione di quelli che credevano dei pusher. Inoltre, l’attendibilità del resoconto di Varriale è suffragata dalla testimonianza «terza» di un romeno che quella notte stava dormendo per strada, all’angolo tra via Cesi e via Gioacchino Belli. Dal suo giaciglio, il clochard vede i carabinieri sopraggiunti in via Cossa «parlare brevemente con uno dei due giovani, ossia con quello descritto da lui come “ben pettinato”: indubbiamente Natale Hjorth – si legge nell’informativa dei carabinieri – Mentre l’altro giovane era rimasto in disparte in silenzio». Dopo alcuni attimi, il romeno vede quello “ben pettinato” agitarsi, scagliandosi contro i due interlocutori, «al punto da costringerli a indietreggiare nell’evidente tentativo di evitare una colluttazione». Intuendo che stava scattando una rissa, Constantin, per paura, si nasconde. Ha ammesso di non aver sentito le parole proferite, in quanto ha problemi di udito, ma le sue dichiarazioni «sono riscontrate dalle immagini degli impianti di videosorveglianza», concludono gli investigatori di via In Selci.
Migranti, Conte vuole rivedere il trattato di Dublino
09.09.2019
La strategia del Viminale sarà quella di ottenere il ricollocamento preventivo, con la garanzia che i migranti che sbarcheranno in Italia vengano ricollocati su tutto il territorio europeo, non solo nel paese di primo approdo.
Il premier Conte, con un dossier sulle politiche migratorie che il prossimo mercoledì presenterà a Bruxelles, tenta di riaprire con l’Europa i tavoli di negoziazione per l’ottenimento di un meccanismo di accoglienza e di ricollocamento dei migranti che coinvolga tutti i paesi della UE.
La proposta supera il Trattato di Dublino, che invece prevede che i migranti restino per 5 anni in carico dello stato che li riceve. L’intesa inoltre, non sarebbe limitata ai profughi siriani ed eritrei, ma a tutti i migranti, sia economici che richiedenti asilo. L’obiettivo è quello di condividere con i partner europei anche la gestione dei rimpatri, sinora a carico del paese di accoglienza.
Conte, che aveva in precedenza dichiarato di avere intenzione di chiedere la revisione del trattato di Dublino secondo il principio che “chi entra in Italia entra in Europa”, intende riaprire il dialogo con l’Europa, ponendosi in discontinuità con la strategia sinora attuata dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, che aveva chiuso i tavoli dei negoziati con l’Ue.
Il percorso si preannuncia difficile, perché già vede la contrarietà di Visegrad e dei paesi Baltici. Potrebbero invece trovarsi a favore paesi che ricevono i flussi migratori, come Spagna, Grecia, Francia, Germania.
L’accoglienza
Un altro punto su cui lavorano Palazzo Chigi e il Viminale riguarda le strutture e l’organizzazione dell’accoglienza. Sembra prevalere l’idea di una gestione basata su piccole strutture, anziché i grandi CARA che hanno accolto anche migliaia di richiedenti asilo, individuate dalle istituzioni locali in partnership con associazioni e organizzazioni di volontariato.
In questo caso il dialogo con la Ue sarà necessario per l’identificazione dei profughi nei Paesi di origine e per organizzare i rimpatri.
Roma punta al coinvolgimento di strutture internazionali come UNHCR e OIM per mettere a punto una strategia condivisa.
Cosa prevede il Trattato di Dublino e perché l’Italia lo vuole cambiare
MARCO ZATTERIN06 Settembre 2015
1 Cos’è e quando è stato firmato il trattato di Dublino?
«È il regolamento dell’Unione europea che stabilisce criteri e meccanismi per l’esame, e l’eventuale approvazione, di una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un Paese terzo. Nasce dalle ceneri della Convenzione firmata nella capitale irlandese il 15 giugno 1990, ovvero dal primo trattato internazionale multilaterale firmato dagli allora dodici membri della Comunità europea per darsi regole comuni sull’asilo. In vigore nel 1997, è stato sostituito nel 2003 dal regolamento «Dublino II» che l’ha portato nell’ambito delle competenze dell’Ue. Una terza revisione – «Dublino III» – è stata varata nel giugno 2013».
2 Cosa stabilisce per quanto riguarda i richiedenti asilo?
«Il principio chiave è dettato dall’articolo 13. «Quando è accertato (…) che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale». In altre parole, la responsabilità dell’asilo è del Paese di primo sbarco. Ovvero: chi arriva in Italia tocca all’Italia, chi in Spagna alla Spagna e via…»
3 Quali le situazioni che hanno portato alla sigla del trattato?
«Nel preparare i trattati istitutivi della Cee, poi firmati a Roma nel 1957, gli Stati fondatori hanno deciso di tenere per sé una serie di politiche anche rilevanti, fra cui l’Immigrazione. Non una cosa da poco, se si pensa che solo nei primi quindici anni del secondo dopoguerra il Belgio accolse circa 200 mila italiani. Quando si arriva alla vigila del mercato unico, si pone l’esigenza di regolare l’asilo. Si tratta di evitare il turismo delle richieste, dunque stabilire che ogni straniero possa chiedere il permesso in un solo Paese. In caso di rifiuto, deve avere una seconda opportunità. È allora che si stabilisce il principio del primo approdo».
4 Fu una decisione difficile? E quali Paesi spinsero di più per arrivare all’intesa?
«Fu una decisione necessaria. Venticinque anni fa furono soprattutto i tedeschi, freschi di riunificazione ed esposti agli effetti della caduta della Cortina di Ferro, a spingere per regole precise. Oltretutto, dal gennaio 1993, nella Comunità europea s’iniziava la libera circolazione dei cittadini. La repubblica federale era già meta richiestissima, anche se la domanda allora era tutta dall’Est. Per l’Italia, la Convenzione fu un campanello d’allarme. La migrazione era prevalentemente albanese e controllabile. Per il resto si lasciava spesso correre, prassi alla quale «Dublino» costrinse a mettere in parte fine.
5 Cos’è cambiato in questi anni da mettere in discussione il trattato?
«Il contesto mediterraneo, africano e mediorientale. In anni recenti la guerra in Siria, le dittature in Eritrea e nella parte centrale del continente nero, l’instabilità afghana e pachistana, le primavere arabe tradite, hanno gonfiato il flusso dei migranti che, sino a giorni non lontani, erano in prevalenze gente a caccia di un lavoro. La caduta del regime di Gheddafi ha aperto la porta libica. I popoli in fuga hanno cominciato ad arrivare in Italia e Grecia. Più recentemente, soprattutto per l’offensiva dell’Isis in Siria, si è affollata la via balcanica. Il dato è che milioni di persone fanno la fila per cercare la pace nell’Unione».
6 Cos’è che non funziona? Perché è considerato uno strumento superato?
«Anzitutto viene contestato l’obbligo del Paese di primo approdo di gestire tutti gli accessi e accogliere chi arriva, sia l’Italia, la Grecia o l’Ungheria, alfieri europei più esposti agli sbarchi e desiderosi di maggiore solidarietà. In seconda battuta, lo stesso precetto impedisce di diritto la possibilità di arrivare a un meccanismo di emergenza che conduca alla redistribuzione obbligatoria di parte dei rifugiati nei momenti di maggiore crisi, ipotesi suggerita da Francia e Germania. Berlino continua a ripetere che «Dublino» è in vigore e la ripartizione obbligatoria verrebbe a valle della sua applicazione. L’Italia ne chiede la revisione: un trattato vecchio, si fa notare, per un mondo cambiato».
Chi approvò il trattato di Dublino? Gli ultimi sono stati Enrico Letta, Alfano e la Bonino
Un trattato che penalizza pesantemente l’Italia. Sembra che si sia firmato da solo. È un trattato figlio di nn
di Alessandra Nucci
Pochi documenti hanno influenzato le sorti attuali dell’Italia di quanto non abbia fatto il trattato di Dublino, di cui però l’italiano medio ha sentito parlare solo molto tardi, quando ormai la ratifica era lontana nel tempo e le responsabilità fumose e difficili da assegnare. Quello che si sa di sicuro è che attualmente è in vigore il Dublino III, firmato dal governo di Enrico Letta (ministro degli interni Angelino Alfano, ministro degli esteri Emma Bonino), che ribadisce il principio di responsabilità permanente del paese di primo approdo dei migranti, definendolo «una pietra miliare». Di suo, vi aggiunge il criterio della tutela dei minori e del ricongiungimento familiare per stabilire la competenza dei paesi a concedere il diritto d’asilo (competenza ad accogliere persone con le carte in regola, già identificate e vagliate dai paesi di primo approdo).
Ma il difficile è risalire alla responsabilità iniziale per la «pietra miliare» che rende il paese di primo approdo la discarica dell’Unione europea (adesso praticamente solo l’Italia, da quando la Grecia può spedire gli irregolari in Turchia, pagata miliardi dall’Ue per tenerseli. La Spagna comincia ad avere dei flussi in più da quando Minniti ha fatto l’accordo con i libici: circa 8 mila quest’anno, il doppio dei loro arrivi nel 2016, ma sempre un’inezia rispetto agli sbarchi in Italia).
Il trattato di Dublino III è stato siglato nel 2013 perché quello precedente aveva una scadenza: dieci anni.
Il Dublino II era stato infatti firmato nel 2003 dal governo Berlusconi (ministro degli interni Giuseppe Pisanu, ministro degli esteri Gianfranco Fini), e si basava a sua volta sul precedente documento, che si chiamava non Trattato ma Convenzione di Dublino. A questo il trattato firmato dal governo di centrodestra aveva aggiunto l’obbligo di prendere le impronte digitali. Adesso sembra un’ovvietà ma allora erano forti le polemiche dei garantisti per i quali è una discriminazione prendere le impronte ai soli extracomunitari. Esse però sono servite a creare per la prima volta una banca dati ottenendo così l’emersione di identità e pratiche multiple.
Ma il principio che lega per sempre il migrante al paese di primo approdo non nasce neppure nel 2003, risale al 1° settembre 1997, quando andò in vigore l’originaria Convenzione di Dublino. Quell’anno in Italia era giunta un’ondata di migranti albanesi (scatenata dallo scandalo finanziario delle «piramidi») che per la prima volta non fu respinta dal governo dell’epoca, il Romano Prodi I (ministro degli interni Giorgio Napolitano, ministro degli esteri Lamberto Dini), ma lasciata sostanzialmente sulle spalle delle Caritas e delle parrocchie, prevalentemente pugliesi.
Dunque, la Convenzione che andò in vigore nel 1997 era stata originariamente firmata nel lontano 1990, quando era al potere l’ultimo governo di Giulio Andreotti, l’Andreotti VI (ministro degli esteri Gianni De Michelis, Psi, ministro dell’interno Vincenzo Scotti, Dc). Come fa notare Claudio Borghi Aquilani sul suo account Twitter, all’epoca non solo non c’erano barconi di migliaia di uomini lanciati quotidianamente verso le coste dell’Italia, ma non esisteva neppure il concetto dell’entrata libera in un paese senza passare dall’ufficio passaporti e dal visto del paese ricevente.
Quella prima convenzione firmata a Dublino stabiliva una serie di criteri di assegnazione ai vari paesi dei richiedenti asilo in possesso di documenti, poi diceva cosa fare nei confronti degli irregolari: «Art.6. Se il richiedente l’asilo ha varcato irregolarmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da uno Stato non membro delle Comunità europee, la frontiera di uno Stato membro, e se il suo ingresso attraverso detta frontiera può essere provato, l’esame della domanda di asilo è di competenza di quest’ultimo Stato membro». All’epoca era una norma di semplice buon senso, c’erano ancora le frontiere anche all’interno dell’Europa, figuriamoci se si poteva entrare tranquillamente dall’esterno, tant’è vero che proprio quel governo lì fece fronte l’anno dopo al primo monumentale sbarco degli albanesi in Puglia. Era l’agosto 1991 e il Viminale dispose un ponte aereo che in una sola notte riportò in Albania 17.467 persone arrivate in Puglia sei giorni prima, con l’impiego di 3 mila uomini e l’intera 46esima aerobrigata, in tandem con l’Alitalia.
https://www.italiaoggi.it/news/chi-approvo-il-trattato-di-dublino-2206392
Passa il manifesto Cirinnà, Famiglia tradita da Conte
Con la nascita del Conte bis, le politiche familiari usciranno dal governo per diventare terreno di scontro per diritti Lgbt, fine vita e tutti gli esperimenti sui nuovi diritti. È la realizzazione dell’agenda Cirinnà, portata avanti dal volto rassicurante di un neoministro per la Famiglia Pd, di estrazione scout. Elena Bonetti, cattolica, per illudere qualche vescovo, e convinta sostenitrice della causa Lgbt e del divorzio anche nella Chiesa. Lgbt esultano. L’assegno familiare è una parentesi in un mare di ovvietà. Così il tradimento delle politiche familiari da parte del governo più di Sinistra della Repubblica è servito. Per distruggere quanto di buono seminato a Verona.
Già i segnali erano poco incoraggianti con l’ultima coda di governo Conte 1. Quando la Lega spedì Lorenzo Fontana a Bruxelles e mise ad occuparsi di disabilità e famiglia Alessandra Locatelli, si comprese che qualche cosa era cambiato: più attenzione ai disabili, bisognava prendere le distanze da quel grande “scandalo” che era stato il Congresso di Verona. Che è già una dichiarazione di guerra a chi considera la famiglia il motore della società. Infatti, negli ultimi mesi di governo le politiche familiari sono completamente sparite dal radar.
Adesso non solo usciranno dall’orizzonte di governo, ma diventeranno il simulacro su cui andrà a operare con maggiore tranquillità l’ideologia antifamilista che abbiamo visto annunciata nel manifesto di Monica Cirinnà opportunamente lanciato durante la formazione del governo: la legge sull’omotransfobia, la legalizzazione delle droghe leggere, il fine vita, il matrimonio egualitario, l’omogenitorialità e le adozioni gay etc…
Già che c’erano, Pd e Cinque Stelle potevano accordarsi e mettere lei a presiedere la delega, ma sarebbe stato troppo smaccato. Serviva un nome più rassicurante, magari che non facesse insospettire qualche vescovo.
E lo hanno trovato in Elena Bonetti. È lei, 43 anni, laurea in matematica e una militanza nel Pd di Mantova, che dovrà occuparsi di Pari Opportunità e Famiglia.
Prima considerazione. La Famiglia deve essere destinata ad andare sempre in accoppiata con qualche cos’altro: prima la disabilità, adesso le pari opportunità che nel linguaggio politically correct odierno equivale ormai a più diritti per i gay e più bavaglio per chi contesta l’ideologia omosessualista imperante. Che cosa c’entra questo con le politiche familiari? Con l’inverno demografico? Con la tassazione a misura di famiglia? Con la famiglia come sistema? Nulla, infatti con politiche a favore dell’agenda Lgbt sarà impossibile sostenere la centralità della famiglia fondata sul matrimonio come cellula da sostenere per far ripartire la società. Perché la famiglia naturale sarà sempre vista come discriminatoria di quell’altra. Antifamiglia vs pro family: 1-0
Ma per poterlo fare, dicevamo, serviva una faccia rassicurante. Una cattolica, anzitutto. Che però non ha partecipato al Congresso di Verona. E magari che facesse parte di quell’associazionismo cattolico che viene buono da spendere per operazioni politiche “perbene”. Proviamo con gli scout. Con Renzi l’avevano bevuta, tutto sommato, e la Cei si era prodotta in salamelecchi e caminetti. Elena Bonetti infatti ci informa sul suo profilo nel sito del Pd, di essere una scout. E anche dei più autorevoli e convinti. Infatti se si guarda un vecchio articolo del 2014 si scopre che la Bonetti da capo scout condivise un documento dell’Agesci in cui si chiedeva alla Chiesa di rivedere le posizioni in materia di divorzio e omosessualità. Guarda un po’.
Eureka. Il sito gaypost.it non se l’è lasciato sfuggire e a poche ore dall’annuncio della Bonetti così scrive: «E proprio dalla sua militanza nell’Agesci scopriamo che Elena Bonetti potrebbe essere un’alleata della comunità Lgbt+. Cattolica sì, ma friendly. Le possibilità di avere, dopo i mesi di Fontana, una ministra attenta ai diritti civili ci sono: solo il tempo ci potrà dire se si tratterà di amore o di un fuoco di paglia. Ci sarebbe aspettato una figura con un curriculum ancor più importante in tema di diritti ma, prendendo in prestito un tormentone del precedente governo, “lasciamola lavorare”». La militanza Lgbt esulta: 2-0.
Ma in fondo non c’era da stupirsi: nei 26 punti di programma, tanto vago quanto superficiale, la parola famiglia compare solo al 4° punto, in fondo, come aiuto alle famiglie con portatori di handicap e famiglie numerose. E al punto 6 l’assegno famigliare unico è una parentesi di un generico paragrafetto che parte dall’inclusione sociale, passa per le diseguaglianze di genere e approda ai caregiver. Insomma: le solite promesse di assistenzialismo e neanche tanto convinte. 3-0.
Resta appunto la sensazione – anzi la certezza – che la famiglia sia stata ancora una volta tradita. Tradito il Congresso di Verona, che i Cinque Stelle hanno fatto pagare alla Lega fino all’onta della damnatio memoriae. Tradite le politiche familiari in chiave natalista che – seppur zoppicanti, incerte, insufficienti e incomplete – si erano comunque affacciate con il primo governo Conte. Di tutto questo non c’è traccia nel governo più a Sinistra e laicista della storia repubblicana. 4-0.
Ma uno dice: be’, vediamo all’opera questa ministra. Certo. Ma come diceva Noodles in C’era una volta in America, è alla partenza che riconosci i vincenti e i brocchi. E alla partenza si riconoscono subito le coordinate che animano la nuova responsabile della Famiglia. Su internet si ritrova ancora il manifesto del Pd di fine legislatura dopo i governi Gentiloni e Renzi. Ebbene: la nostra si vantava di una legislatura dei diritti. Quali diritti? Presto detto: biotestamento, unioni civili e divorzio breve. Praticamente il manifesto Agesci. E quello Cirinnà. 5-0.
Per le politiche familiari ricomincia un’altra lunga traversata nel deserto.
IMMIGRAZIONI
Lampedusa, sbarcano altri 102 immigrati: la situazione è già al collasso
Di Alessandro Della Guglia -18 Settembre 2019
Ancora uno sbarco di clandestini a Lampedusa. Un’imbarcazione, scortata dalle motovedette di Guardia costiera e Guardia di finanza, è arrivata nel porto dell’isola siciliana con 102 persone a bordo: 48 uomini, 48 donne e 6 minori. Tutti quanti dovrebbero essere trasferiti all’hotspot di Lampedusa che è già sovraffollato.
Al centro di contrada Imbriacola vi sono infatti ancora un centinaio di immigrati, a fronte di una capienza di 95 persone. Nonostante i trasferimenti, oggi 80 persone hanno lasciato il centro, la situazione dunque ha decisamente superato il limite e si aggrava ancor di più con quest’ultimo arrivo. In totale, nelle ultime due settimane, sono giunti a Lampedusa 570 immigrati. Un numero impressionante e in forte aumento.
Situazione esplosiva
Tutti i nuovi arrivati sono sbarcati sull’isola autonomamente, con imbarcazioni che la Guardia costiera non è riuscita a intercettare in tempo. Insomma, dopo che Matteo Salvini ha lasciato il ministero dell’Interno non sono tornate a fare il bello e il cattivo tempo nel Mediterraneo soltanto le navi delle Ong.
Intanto la Ocean Viking, gestita dalle Ong Msf ed Sos Mediterranée, dopo aver scaricato a Lampedusa 82 immigrati, è tornata davanti alle coste libiche a fare il pieno e ne ha a bordo altri 109. Una situazione quindi esplosiva, che le politiche del nuovo governo non risolvono ma anzi accentuano.
IMMIGRATI RIFIUTANO SOCCORSI: “ASPETTIAMO LE ONG PER SBARCARE IN ITALIA”
È la prova, del resto nota da tempo, che le Organizzazioni non governative non salvano immigrati che rischiano di affogare.
Ma traghettano clandestini il cui unico obiettivo è quello di raggiungere le coste italiane:
Lampedusa, Sap: ‘sbarcati 570 migranti, personale carente. Difficile gestire emergenza’
18, settembre, 2019
In due settimane 570 persone sbarcate a Lampedusa. Paoloni (Sap): «Il personale è carente. Non ce la fa a gestire emergenza».
«Sbarchi continui. Nelle prime settimane di questo mese, 570 persone sono sbarcate a Lampedusa e il sistema sicurezza è già in tilt.
Il personale non è sufficiente per gestire la situazione». A dichiararlo è Stefano Paoloni, Segretario Generale del Sindacato Autonomo di Polizia (Sap).
«Attualmente sull’isola abbiamo 4 squadre da 10 uomini, tra Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, impiegate in turni in quarta. In realtà, le squadre dovrebbero essere cinque. Spesso – spiega Paoloni – una delle squadre è impiegata per gli accompagnamenti, lasciando inevitabilmente scoperto uno dei quadranti nel turno di 24 ore.
Questo costringe le restanti tre squadre ad effettuare doppi turni, talvolta anche in maniera consecutiva, iniziando il turno regolare alle 19.00 per poi giungere, tra viaggio e altro, a casa esausti, alle 21.00 del giorno seguente. È inammissibile lavorare in queste condizioni, con poco personale, due squadre in meno e con turni massacranti.
Ne va – conclude Paoloni – della sicurezza e del benessere psicofisico dei colleghi».
COMUNICATO STAMPA SAP (sindacato polizia) Roma, 18 settembre 2019
VENTIMIGLIA: MIGRANTI RESPINTI DA MACRON VERRANNO TRASFERITI A TARANTO
“A Ventimiglia decine di persone migranti arrivano dalla Francia, trattenute tutta la notte nei container della polizia francese.
Ora devono essere identificate alla frontiera italiana ed entreranno in Italia e saranno portati verso l’hotspot di Taranto”.
Servizio realizzato da Domenico Marock per Agorà (Rai 3).
VIDEO QUI: https://www.facebook.com/agorarai/videos/485630218652205/
https://stopcensura.info/ventimiglia-migranti-respinti-da-macron-verranno-trasferiti-a-taranto/
Stop notizie sull’immigrazione: lo chiedono Conte e la UE
14, settembre, 2019
IMMIGRAZIONE. BLACK OUT SULLE NOTIZIE, LO CHIEDONO CONTE E LA UE, MORRONE (LEGA): QUESTO E’ REGIME
Roma, 13 settembre. ‘Ridurre al minimo le esternazioni’ sull’immigrazione. Lo leggiamo sui quotidiani di oggi. E’ l’invito del premier Giuseppe Conte al Governo e, va da sé, l’intimazione ai media a non sgarrare.
La lungimirante politica immigratoria dell’esecutivo giallo-rosso punta a mettere il silenziatore alle notizie così gli italiani, tenuti all’oscuro, non potranno giudicare i deficit del nuovo governo e l’ossequio servile alla nuova Commissione UE, che, afferma Conte, risolverà con la bacchetta magica il problema delle ripartizioni.
Sai che valore hanno fantomatiche ‘rassicurazioni’ di Ursula von der Leyen di un ‘meccanismo temporaneo di ripartizioni tra paesi volenterosi’.
Quali siano questi Paesi non è dato di sapere, ma questo poco importa a Conte, al quale bastano le promesse della UE a cui ha svenduto l’Italia, con il beneplacito Pd. La storia si ripete.
Le stesse promesse erano state fatte ai governi dem che, grazie alla UE, hanno trasformato l’Italia nel più grande campo profughi d’Europa a spese dei contribuenti italiani. Ma ciò che più stupisce è che non ci sia la rivolta dei ‘chierici’ della libertà di informazione rispetto al bavaglio alle notizie auspicato dall’esecutivo.
L’avesse fatto la Lega, apriti cielo, già si griderebbe a politiche illiberali, al regime. Lo fanno l’avvocato di Palazzo e il Pd e tutto è giustificato. Questo è regime”.
Lo ha dichiarato in una nota l’on. Jacopo Morrone, segretario della Lega Romagna.
Ufficio stampa Lega Romagna
MONSIGNORE SMENTISCE PAPA BERGOGLIO: “NON ESISTE UN DIRITTO ALL’IMMIGRAZIONE”
Così Monsignore Nicola Bux, consigliere di Papa Benedetto XVI, smonta tutta la propaganda globalista ed immigrazionista di Bergoglio:
https://stopcensura.info/monsignore-smentisce-papa-bergoglio-non-esiste-un-diritto-allimmigrazione/
L’Europa rispedisce in Italia un numero di migranti superiore a quelli che sbarcano
di Lorenzo Maria Alvaro – 9 MAGGIO 2019 RILETTURA
A rilevarlo è il Sole 24 Ore che spiega: dal primo gennaio all’8 maggio 2019 sono sbarcati in Italia 857 migranti, nello stesso arco di tempo ben 710 “dublinanti” sono stati rispediti indietro soltanto dalla Germania. Ma non è dato sapere quando chi viene espulso sia approdato in area Ue
Germania, Austria e Francia rispediscono in Italia un numero di migranti superiore a quelli che sbarcano. Dal primo gennaio all’8 maggio 2019 sono sbarcati in Italia 857 migranti, nello stesso arco di tempo ben 710 “dublinanti” sono stati rispediti indietro soltanto dalla Germania. Senza considerare quelli rispediti dall’Austria, che in percentuale è il paese che rimanda in Italia più “dublinanti”. E poi ci sono quelli che vengono rispediti da Parigi.
A parlarne è stata Radio 24 la radio de Il Sole 24 Ore. «La notizia», affermano da Radio 24, «arriva da fonti alte ed accreditate ed è confermata anche dai numeri chiesti e ottenuti dal Ministero dell’Interno tedesco». I cosiddetti “dublinanti” sono i migranti sbarcati in l’Italia, poi passati nei paesi confinanti attraversando la frontiera a Ventimiglia, a Bolzano o altrove, intercettati dalla polizia e identificati in base ai dati della rete Eurodac, la banca dati europea delle impronte digitali. Se dai dati si scopre che sono arrivati in Italia questi migranti “dublinanti” vengono rispediti indietro, verso il paese di primo sbarco. Germania, Austria e Francia lo possono legittimamente fare in base al trattato di Dublino, che impone che i migranti chiedano asilo e restino nel paese di sbarco. Trattato che l’Italia non ha mai ottenuto di modificare.
Dal primo gennaio 2019 a fine aprile il numero di “dublinanti” rispediti in Italia supera e di molto il numero di migranti sbarcati dai barconi. Nel 2018, la Germania ha trasferito un totale di 2.848 persone in Italia in base al regolamento di Dublino (come da dati del ministero tedesco) e il trend continua. Le statistiche del governo federale, rese note a seguito di una interrogazione parlamentare di una deputata della Linke, e pubblicate dalla Suddeutsche Zeitung dicono che nei primi 11 mesi del 2018, su 51.558 casi esaminati, la Germania ha chiesto ad altri paesi dell’Unione europea di riprendersi i migranti arrivati in Germania dal resto d’Europa, e in 35.375 casi la richiesta tedesca è stata accolta in quanto inoppugnabile. Il paese che ha dovuto riaccoglierne in maggior numero è l’Italia, che ha dovuto riprendersi un migrante espulso su tre. Rispetto al 2017 la quota dei migranti espulsi dalla Germania è salita nel 2018 dal 15,1 al 24,5%.
Quello che non è dato sapere è quando, dal 2013 anno di entrata in vigore del regolamento di Dublino (formalmente chiamato “Regolamento UE n. 604/2013” oppure Regolamento di Dublino III), questi dublinanti siano entrati in Europa. L’anomali del numero superiore di espulsione verso l’Italia infatti si potrebbe spiegare con la presenza tra i “dublinanti” dei mesi presi in questione di immigrati arrivati molti mesi prima e rintracciati solo ora dalle autorità. Anche perché risulta difficile immaginare che l’Italia si faccia carico di persone senza verificare se effettivamente risultino sbarcate in Italia.
Quello che è certo è che a quanto pare la politica dei porti chiusi del governo giallo-verde non sta facendo i conti, tra le tante cose, anche con questo tipo di flussi, che in larga parte vengono alimentati dai Paesi di Visegrad e dall’Austria che idealmente sarebbero i nostri alleati sulla linea dura contro l’immigrazione.
09 maggio 2019
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
BELLANOVA (PD): “PORTI APERTI, LE AZIENDE MI CONTATTANO PER DIRMI CHE VOGLIONO I MIGRANTI”
“Bellanova passa ad Italia Viva di Renzi con l’incarico di ministro e dice, intervistata dalla Gruber:
“Le aziende mi chiamano e vogliono i migranti, i porti devono restare aperti, io li chiuderei alla contraffazione”.
Come volevasi dimostrare.
Inoltre, grazie a questi signori, abbiamo assistito alla distruzione del Made in Italy”.
È quanto sostiene su twitter l’utente Antonio Benni, postando il video dell’intervista a Otto e mezzo della Gruber alla ministra Teresa Bellanova.
Morti su lavoro, in Italia aumentano: sono 3 al giorno. Strage negli ultimi 7 mesi: 599 vittime. “Le leggi ci sono. Ma mancano i controlli”
L’ultimo rapporto Inail dice che tra gennaio e luglio del 2019 le vittime sono state 12 in più rispetto allo stesso periodo del 2018, con un aumento del 2 percento. I sindacati: “Numeri al ribasso. in questo conteggio non rientrano i milioni di lavoratori di categorie non coperte da assicurazione Inail”. L’operaio rappresentante dei lavoratori della sicurezza: “Basta chiamarle morti bianche. Così sembra che non ci siano responsabili, quando invece sono perfettamente riconoscibili”
di Stefano Galeotti | 13 SETTEMBRE 2019
Precipitati dai tetti di un capannone, incastrati tra i rulli di un macchinario, folgorati da scariche elettriche. Oppure, come nell’ultimo caso dell’azienda agricola di Arena Po, in provincia di Pavia, annegati dopo essere caduti in una vasca agricola. Sono tantissime le dinamiche di quella che i sindacati hanno iniziato a chiamare la “strage inaccettabile”. Ed è difficile dar loro torto sull’utilizzo del termine, guardando ai numeri: da gennaio a luglio del 2019, in Italia, 599 persone sono morte mentre si trovavano sul posto di lavoro. “Non è uno scherzo, sono tre vittime al giorno, senza considerare gli incidenti gravi”, commenta Rossana Dettori, responsabile nazionale della sicurezza sul lavoro per la Cgil. “La situazione è drammatica, ci vuole subito un piano nazionale per la prevenzione. Formare il lavoratore e i piccoli imprenditori è importante tanto quanto mettere in sicurezza le strutture”.
L’ultimo rapporto Inail, pubblicato in agosto, dice che le vittime nei primi sette mesi del 2019 sono state 12 in più rispetto allo stesso periodo del 2018, con un aumento del 2 percento. “Sono dati che tra l’altro vanno considerati al ribasso: in questo conteggio non rientrano i milioni di lavoratori di categorie non coperte da assicurazione Inail, come i vigili del fuoco. E bisogna ricordare che tantissimi lavoratori stranieri, poco informati sui loro diritti, spesso non denunciano, e sono impiegati in settori molto a rischio, come l’agroalimentare e l’edilizia”. L’analisi dell’Inail mostra come sia proprio l’agricoltura il settore che ha visto aumentare più di tutti il numero di denunce nel 2019: +22 (da 56 a 78) a fronte di 10 casi in meno nell’industria e servizi (da 522 a 512). Ad aumentare, pur rimanendo molto basse, sono anche le denunce di infortuni mortali per lavoratori comunitari (da 29 a 40) ed extracomunitari (da 64 a 71), mentre tra gli italiani si registrano sei casi in meno. “La sicurezza è vissuta sempre più come un costo, ma è esattamente il contrario, anche i termini economici: rappresenta un investimento, se si considerano i costi enormi degli incidenti gravi per il nostro sistema sanitario nazionale”. Dettori chiede subito un confronto con il nuovo governo e chiede, come prima cosa, una marcia indietro: “Questo fenomeno è legato alla crisi economica: le morti sul lavoro sono conseguenza ovvia di lavori precari e riduzione delle tutele. Ma con lo sblocca cantieri la situazione è peggiorata: è diventato molto più semplice fare lavori in subappalto, dove è più difficile fare verifiche, il lavoro nero è molto diffuso e le aziende investono meno in sicurezza e formazione”.
“Ma oltre ai numeri, il problema è culturale”, dice Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. “Io vorrei innanzitutto che smettessimo di chiamarle ‘morti bianche’: così sembra che non ci siano responsabili, quando invece sono perfettamente riconoscibili. E non sono neanche eventi casuali: dipendono solo dal fatto che nelle aziende ormai non si rispettano neanche le norme più basilari di sicurezza”. Secondo Bazzoni, non è un problema di legislazione, ma di volontà politica: “Se un governo dimostra di disinteressarsi alla sicurezza sul lavoro, qualcuno si sente più libero di fare come gli pare. Le leggi ci sono, bisogna renderle efficaci. Prendiamo il numero dei controlli: in Italia ci sono 4 milioni e mezzo di imprese, ma i tecnici della prevenzione delle Asl sono meno di 2000. Significa in media un controllo ogni 20 anni. Questa è questione di volontà politica”.
L’analisi per classi di età dell’Inail mostra un aumento delle vittime tra i 45 e i 54 anni (+43 casi) e in quella 20-34 anni (+19), mentre ci sono stati nove decessi in meno per i lavoratori tra i 35-44 anni e 39 in meno per quelli tra i 55 e i 69 anni. Dal punto di vista territoriale emerge invece un aumento dei casi mortali solo nell’Italia al Centro (10 in più, a 110 a 120) e al Sud (da 119 a 134), mentre al Nord c’è una diminuzione di 25 casi. A livello regionale, spiccano le 16 vittime in più della Puglia e le 17 in meno del Veneto. In termini assoluti, la Lombardia continua a essere la regione più colpita: 103 persone morte sul lavoro da inizio anno. “Una situazione inaccettabile”, secondo Cgil, Cisl e Uil regionali, che chiedono alla Lombardia di “rafforzare un’attività ispettiva palesemente insufficiente, inadeguata, rispetto al grave peggioramento degli accadimenti infortunistici, e in particolare di quelli mortali.
LA LINGUA SALVATA
ba-tra-co-mi-o-ma-chì-a
Lotta delle rane e dei topi; contesa vana, futile e ridicola
voce dotta, recuperata dal greco Batrachomyomachía ‘battaglia delle rane e dei topi’, titolo di un poema greco di genere epico-comico del VI secolo a.C. e tradizionalmente attribuito a Omero; è un composto di bátrachos ‘rana’, mys ‘topo’ e máche ‘lotta’.
Gonfiagote, re delle rane dello stagno, incontra sulla riva Rubamolliche, figlio del re dei topi Rodipagnotte. Con l’immediato attrito che ci si aspetta fra teste coronate, Rubamolliche vanta le leccornie che lui e i suoi sono in grado di procurarsi fra gli umani; Gonfiagote lo rintuzza: non sa quali sono le meraviglie dello stagno. Insiste per farselo salire in groppa e fargli fare un tour delle acque, e Rubamolliche, sconsiderato, non ci pensa due volte. Quando sono nel mezzo delle acque appare una biscia mostruosa che spaventa Gonfiagote. Subito s’inabissa per sfuggirle, e il principe topo affoga lanciando una terrificante maledizione. La scena, vista da un suddito roditore da riva, viene riferita a re Rodipagnotte, che straziato dal dolore richiama il parlamento e lo muove a guerra contro le rane traditrici. Vengono spezzati baccelli e indossati come schinieri, indossate armature di pelle di gatto, elmi di noce, affilati gli aghi di bronzo, e inviato l’araldo. Ricevendo l’ambasceria, Gonfiagote nega pubblicamente ogni responsabilità: lo sciocco topo voleva nuotare ed è annegato da sé. Però le rane si preparano, attenderanno i topi e cercheranno di affogarli tutti, intanto con foglie di bietola e di cavolo fanno armature e scudi, calzano caschi di chiocciola, aguzzano lance di giunco. Gli dèi non parteciperanno parteggiando per una o l’altra fazione: i topi rosicano le loro offerte e i paramenti dei templi, le rane li tengono svegli la notte. Inizia la carneficina, i topi rapidamente si mostrano in vantaggio, ma lo stesso Zeus, mosso a compassione dall’imminente fine delle rane, interviene prima cercando di fermare lo scontro con un fulmine, poi richiamando in soccorso delle rane i granchi, che corazzati mutilano i topi finché non sono costretti alla ritirata.
Questo è lo svolgimento della Batracomiomachia, che gli antichi attribuivano a Omero. L’epica, in uno scontro così piccolo e insignificante di fronte alle altezze umane, si fa comicità. Infatti la batracomiomachia, lasciato il significato specifico (impiegato però anche nei titoli di altre opere, come i Paralipomeni alla Batracomiomachia di Leopardi) diventa la contesa non solo vana e futile, ma ridicola.
È però una parola da usare con ironia. Infatti la sofferenza delle rane e dei topi del racconto è autentica, e con un certo occhio anche la peggiore guerra umana può essere una batracomiomachia nello stagno: senza ironia diventa facilmente una parola superba. Così chi vuole trar vantaggio da un conflitto dissimula il suo interesse affermando che non c’è motivo di intervenire nelle batracomiomachie, il dittatore che copre una repressione armata può presentare uno scontro come una batracomiomachia di nessun conto, e il nuovo candidato si presenta come un’alternativa alla batracomiomachia fra i vecchi.
Se usata, pretende di essere il baricentro della frase. È ingombrante, anzi sesquipedale, eppure raffinata. E molto potente.
Parola pubblicata il 25 Giugno 2019
https://unaparolaalgiorno.it/significato/batracomiomachia
PANORAMA INTERNAZIONALE
RUSSIA E CINA HANNO DETERMINATO LO SGRETOLAMENTO DEL NUOVO ORDINE MONDIALE
18 Settembre 2019 di Jon Krister Hellevig (*)
L’ultima settimana di agosto è stata piena di eventi portentosi. Solo qualcuno che non è stato sveglio negli ultimi anni potrà non rendersi conto di come questi eventi a prima vista scollegati facciano parte in realtà della stessa matrice. C’è stata una conversazione sempre più forte nei media mainstream su una recessione globale in avvicinamento, curve di rendimento invertite e rendimenti negativi, che ci dicono che il sistema finanziario occidentale è sostanzialmente in coma ed è tenuto in vita solo da generose iniezioni di liquidità IV dalla banca centrale. Almeno per il momento.
Successivamentew abbiamo visto Trump ottenere” nuovi successi “con i suoi messaggi su Twitter in Cina nella sua “grande contesa commerciale” a colpi di dazi. Così di volta in volta e i mercati azionari si sono mossi come un ottovolante in reazione a ogni nuovo salvataggio di Twitter. Inoltre, abbiamo avuto sia Trump che Macron che parlavano suavemente del recupero della Russia e della modifica del nome del loro club in G8. Martedì scorso, in una stampa del G7 a Biarritz, i Rothschild hanno sciolto Macron per fargli recitare il “mea culpa”e hanno fatto un altro passo parlando dei motivi per cui improvvisamente bramavano un’amicizia con la Russia: “Stiamo vivendo la fine dell’egemonia occidentale”, ha detto Marcron. Nella stessa serie, il nuovo governo britannico sotto Boris Johnson stava dicendo ai suoi colleghi di Biarritz che ora è decisamente avviato per una Brexit senza accordo,
Forse la notizia più strana per coronare tutto è arrivata da Jackson Hole, nel Wyoming, dove i banchieri centrali occidentali si nascondevano per il loro pensionamento annuale. Il presidente della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, ha sorpreso tutti (almeno quelli che non erano presenti) annunciando che il dollaro USA aveva superato il suo momento migliore e che avrebbe dovuto essere sostituito da un qualcosa che i banchieri centrali ancora non hanno in mano.
Il Nuovo Ordine Mondiale sta morendo
Quello che questi eventi hanno in comune è che i massimi responsabili dell’Occidente iniziano ad ammettere che il progetto globalista del Nuovo Ordine Mondiale, nella sua forma attuale, è defunto, o almeno si trova nella sua agonia. Tale progetto è andato a sbattere la testa contro un muro impenetrabile di quella che è la resistenza sino-russa. L’accesa propaganda totalitaria contro la Russia dal 2001 (quando il Nuovo Ordine Mondiale si rese conto che Putin non era il suo uomo); per il cambio di regime e rivoluzioni di colore nei paesi vicini ha fatto un buco nell’acqua. Hanno tentato colpi di stato a Maidan e a Mosca; e infine hanno provato con le sanzioni che, dal 2014, sono state fondamentali per la strategia degli imperi anglo-sionisti. Dovevano conquistare la Cina o la Russia per vincere l’egemonia mondiale assoluta. Prendendo il controllo di ognuno di loro, avrebbero abbinato il resto, e dopo tutto avrebbero conformato il mondo intero.
Giustamente loro consideravano la Russia il pezzo più debole e lottavano in quella direzione. Il Nuovo Ordine Mondiale voleva approfittare della debolezza della Russia nella forma della sua quinta colonna pro occidentale e di un’intellighenzia liberale scioccata (che domina i media, la cultura e gli affari, come a Hong Kong, BTW), che è costituzionalmente Incapace di pensare con i propri cervelli per sbarazzarsi degli stereotipi dell’era sovietica (“Unione Sovietica / Russia cattiva, occidente buono”).
Quindi si sono resi conto che le sanzioni economiche e culturali (ad esempio il divieto olimpico) insieme alla duplicazione della propaganda avrebbero spezzato il paese. Fortunatamente, il narod russo, la gente comune ha visto tutto e non ha giocato insieme al nemico. Allo stesso tempo, la Russia esibiva il suo esercito risorto in Crimea e Siria, nonché le sue nuove e formidabili armi ipersoniche da fine del mondo. L’opzione militare per impadronirsi della Russia non era più nelle possibilità degli anglo USA sionisti..
L’economia russa sempre più forte
Credendo nella propria propaganda, sbagliavano totalmente le loro previsioni. Ripetendo incessantemente i propri punti di discussione egoistici, devono aver davvero immaginato che l’economia russa non fosse altro che l’esportazione di combustibili fossili, che “l’economia russa è la dimensione dei Paesi Bassi”, che “la Russia non produce nulla” e che la Russia “non era altro che una stazione di servizio con bombe nucleari” (riuscendo in qualche modo a ignorare il significato della parte relativa alle armi nucleari). Credo seriamente che la propaganda fosse diventata così convincente che i leader occidentali e le persone dell’intelligence erano davvero venute per adattare la propria propaganda alla verità. Quel che è certo è che tutti i media occidentali, compresi quelli che dovrebbero essere le riviste di business più rispettate e tutti quei think tank, non avevano pubblicato una valutazione onesta dell’economia russa da 15 anni. Ogni pezzo che ho letto negli anni è stato chiaramente scritto con l’obiettivo di denigrare i risultati e lo sviluppo economico della Russia. Da nessuna parte sono stati trovati rapporti su come Putin nel 2013 avesse completamente rivisto l’economia trasformando la Russia nel paese principale diversificato più autosufficiente del mondo con tutte le capacità delle maggiori potenze industriali. In realtà, tendo a pensare che anche i presidenti degli Stati Uniti. , Da Bush a Obama, furono nutriti nei loro rapporti dalla intelligence che questa aveva prodotto falsi rapporti sull’economia russa e sull’intera nazione. In realtà, si farebbe un ulteriore passo avanti nello scommettere che la CIA stessa alla fine credeva nella propaganda che aveva partorito.
Ma in realtà tutti i dati erano in vista. Ho preso la briga di compilare un rapporto sulle condizioni reali della nuova economia russa all’inizio della crisi del 2014. Nel rapporto, ho iniziato a dimostrare che la Russia aveva davvero modernizzato e diversificato la sua economia; che aveva una vivace industria manifatturiera in aggiunta al suo settore dell’energia e dei minerali; e che le loro entrate di bilancio e la loro economia in generale non dipendevano dal petrolio e dal gas come affermato. Tra le altre cose, notiamo che la produzione industriale della Russia è cresciuta di oltre il 50% (tra il 2000 e il 2013) mentre era stata completamente modernizzata. Nello stesso periodo, la produzione alimentare è aumentata del 100% e le esportazioni sono aumentate di quasi il 400%, superando tutti i principali paesi occidentali.
L’essenza dello studio può essere riassunta con questa citazione da lui:
«L’economia russa, pur devastata dalla crisi e colpita da anni di capitalismo predatorio e anarchico degli anni ’90, che Putin ha ereditato nel 2000, ha ormai raggiunto una maturità sufficiente a giustificare la convinzione che la Russia possa realizzare l’avanzamento industriale annunciato dal Presidente» .
Gli eventi hanno confermato questa idea. Ed è per questo che la Russia ha vinto la battaglia delle sanzioni.
Il rapporto rappresentava un appello ai leader occidentali a rinunciare alla vana speranza di distruggere la Russia attraverso le loro sanzioni e il rischio di una guerra nucleare. La Russia era invincibile anche da questo punto di vista. A tal fine, ho espressamente aggiunto questa lettera nell’introduzione al rapporto:
“Crediamo fermamente che tutti traggano vantaggio dalla conoscenza del vero stato dell’economia russa, della sua storia reale nell’ultimo decennio e del suo vero potenziale. Conoscere lo stato reale delle arie è ugualmente utile per gli amici e i nemici della Russia, per gli investitori, per la popolazione russa e, di fatto, per il loro governo, che non è stato molto espressivo nel dire progressi reali. Penso che vi sia un grande bisogno di dati precisi sulla Russia, in particolare tra i leader dei suoi nemici geopolitici. I dati giusti aiuteranno gli investitori a realizzare profitti. E i dati giusti aiuteranno i leader politici a mantenere la pace. Sapere che la Russia non è lo specchio del paniere economico rappresentato dagli occidentali, aiuterebbe ad evitare i nemici dal percorso di collisione con la Russia in cui si sono imbarcati.
Un rapporto di follow-up di giugno 2017 che copre gli anni delle sanzioni 2014-2016, ha mostrato come la Russia si stava rafforzando, indipendentemente dai tentativi di isolamento occidentali. Questo rapporto sottolineava che l’economia russa era diventata la più diversificata al mondo, rendendo la Russia il paese più autosufficiente del mondo.
In questo rapporto, abbiamo messo in luce il più grande errore dell’analisi della Russia guidata dalla propaganda. Questa era la ridicola convinzione che la Russia dipendesse presumibilmente interamente dal petrolio e dal gas solo perché quei prodotti costituivano la maggior parte delle esportazioni del paese. Confondendo le esportazioni con l’economia totale, avevano stupidamente confuso la quota di petrolio e gas sulle esportazioni totali, che era ed è ancora del 60%, con la partecipazione di queste materie prime all’economia totale. Nel 2013, la quota di petrolio e gas nel PIL russo era del 12% (oggi 10%). Se gli “esperti” si fossero preoccupati di guardare più da vicino, si sarebbero resi conto che dall’altra parte dell’equazione, le importazioni dalla Russia erano, di gran lunga, le più basse (in percentuale del PIL) di tutti i principali paesi. La differenza qui è che, sebbene la Russia non esporti una grande quantità di prodotti fabbricati, ne produce una percentuale di gran lunga maggiore per il mercato interno rispetto a qualsiasi altro paese al mondo. Prendere il 60% delle esportazioni per rappresentare l’intera economia da cui è stato creato il meme “La Russia non produce nulla”.
Infine, in un rapporto del novembre 2018, poteva dichiarare che la Russia aveva vinto la guerra di sanzioni che ne derivava come una superpotenza quadrupla: superpotenza industriale, superpotenza agricola, superpotenza militare e superpotenza geopolitica.
Macron si rende conto che la Russia è davvero una superpotenza
Questi fatti hanno finalmente capito che alcuni stakeholder chiave del regime globalista possono essere discerniti dal fatto che hanno affidato al loro presidente eletto fantoccio Macron di fare la pace con la Russia. Trump ha lo stesso incarico, che è evidente dalle sirene dei due leader nella direzione di Putin. Entrambi vogliono invitare Putin ai loro futuri incontri G7-8.
Come detto, Macron si è spinto fino a capitolare unilateralmente e ha dichiarato il declino dell’Occidente. Ha continuato a spiegare che la ragione di questo spettacolare cambiamento geopolitico è stata la nascita dell’alleanza Pechino – Mosca (di fatto) che ha causato un cambiamento terminale sulla scena mondiale. È interessante notare che ha anche incolpato apertamente gli errori degli Stati Uniti per il terribile stato delle cose e ha osservato che “non solo si dovrebbe incolpare l’attuale amministrazione (USA)”. Indubbiamente, il principale di questi errori, pensava Macron, era l’alienazione della Russia e la spinta del paese nel caldo abbraccio della Cina. È abbastanza chiaro che questo è ciò che vogliono rimediare, strappare l’orso al drago. Fortunatamente, questo è un sogno che non si avvererà. Bene, ci sarà un approccio buono e se l’Occidente ci proverà, ma dopo tutto quello che la Russia ha imparato finora non sarà possibile svendere la partnerschip con la Cina in nessun caso. Penso che Putin e i plenipotenziari russi abbiano chiaramente optato per un ordine mondiale multipolare. Questo non è sicuramente quello che i datori di lavoro di Macron e Trump hanno in mente, ma lasciarli provare.
Fino a quando Trump non era entrato in carica, la strategia del regime americano era stata quella di perseguitare la Russia da sola nelle sue ambizioni geopolitiche, ma ormai si era reso conto che la Russia era invincibile, specialmente nell’alleanza di fatto con la Cina. Disperato, l’impero ha aperto un altro grande momento di conflitto con la Cina. Essenzialmente andando di male in peggio.
L’ordine mondiale viene scosso come mai prima d’ora
“L’ordine mondiale viene scosso come mai prima d’ora …”, questa è un’altra citazione di Macron. Ovviamente, si riferisce alle forze militari e geopolitiche dell’alleanza russo-cinese, ma certamente anche ai cambiamenti economici poiché l’Occidente ha perso e continuerà a perdere il suo dominio economico. Questo ci riporta a Mark Carney della Bank of England e al suo attacco senza precedenti al dollaro USA, sostenendo che era giunto il momento di porre fine al suo status di valuta di riserva globale. Come opzione, Carney ha affermato che le principali banche centrali occidentali emetterebbero una criptovaluta digitale. Cioè, una valuta NWO controllata dalle banche centrali. Ciò significherebbe effettivamente sostituire il cartello della Federal Reserve con un poster delle banche centrali occidentali (la Fed ne fa ovviamente parte).
Cosa avrebbe potuto far venire un’idea così radicale del declino dell’egemonia americana? Ovviamente, uno dei motivi è che le economie occidentali si trovano davvero in quell’estrema condizione critica che sempre più analisti avvertono. (Esamineremo i fatti economici di seguito). C’è una possibilità molto reale che saremo colpiti da una recessione della fine del mondo. Quel che è certo è che lo strano discorso di Carney potrebbe non essersi verificato in un normale contesto economico (così come l’ammissione di Macron che l’egemonia occidentale è finita). Secondo Zerohedge, The Financial Times, l’organo di partito dell’élite globalista, lo ha ammesso nel suo rapporto sull’incontro di Jackson Hole. I banchieri centrali “hanno riconosciuto di aver raggiunto un punto di svolta nel modo in cui hanno visto il sistema globale.
C’era un’ammissione efficace che i banchieri centrali avevano finito i trucchi per far uscire le economie dal disastro di tutto, per non parlare dell’imminente recessione della fine del mondo. Secondo FT, Carney è arrivata al punto di mostrare la lettera di guerra dicendo: “Casi passati di tassi molto bassi tendevano a coincidere con eventi ad alto rischio come guerre, crisi finanziarie e fallimenti nel regime monetario”. Da un lato, questo può essere visto come un’ammissione di quanto siano profondamente tormentati dalla situazione finanziaria e da cosa potrebbe accadere quando crolla. D’altra parte, può essere visto come un passo di vendite degli asset, “solo noi possiamo ripararlo, fidati di noi, darci una carta bianca”. O più probabilmente, entrambi.
Nota dall’alto di Carney che dice: “Gli Stati Uniti non possono più essere considerati un attore prevedibile nella politica economica o commerciale”. Il presidente della Bank of England attacca direttamente il presidente Trump.
E solo un paio di giorni dopo, William Dudley, ex presidente della Federal Reserve Bank di New York (la più influente delle 12 banche della Federal Reserve che compongono il Federal Reserve System) ha fatto seguire un attacco diretto a Trump . Ma come si dice delle spie, non ci sono ex-spie e penso che lo stesso valga per l’élite finanziaria globale. E sì, infatti, Dudley è membro del Council on Foreign Relations. Dudley aveva scritto un pezzo d’opinione per Bloomberg intitolato “La Federal Reserve non dovrebbe permettere a Donald Trump”, in cui preme apertamente affinché la Federal Reserve danneggi deliberatamente l’economia per neutralizzare le politiche (cioè le guerre commerciali) del presidente ad interim. ed evitare le loro possibilità di rielezione rovinando deliberatamente l’economia.
Una cosa è certa, l’élite è disperata e in grave disordine. Molto probabilmente anche l’élite è divisa. Sembra che ci siano due fazioni globaliste in competizione tra loro e che vogliono seguire strategie molto diverse. Una fazione sostiene Trump e l’altra è contro di lui. Forse, uno che vuole fare le cose con forza e un altro che vuole vincere di nascosto. Potrebbe essere il Pentagono e il complesso militare-industriale di fronte all’élite finanziaria, che possiede anche i media. La mia argomentazione non dipende dalla veridicità di queste linee di demarcazione, ma ci deve essere una pausa nel contrasto tra le élite, altrimenti Trump sarebbe già stato espulso con tutta quella pressione su di lui.
Riassumendo,
il mondo occidentale è in crisi: la schiacciante dominazione geopolitica precedente è andata e viene; le soluzioni militari contro i principali avversari, Cina e Russia, sono prive di possibilità; le guerre ibride contro di loro sono fallite; Cina e Russia sono economicamente più forti che mai, troppo forti per l’avversario; e, per cominciare, le economie domestiche occidentali hanno una forma di crisi straordinaria, rischiando una depressione di proporzioni epiche.
*Jon Hellevig Nato il 26 febbraio 1962 (57 anni) Helsinki ,
Nazionalità Finlandese
Avvocato, scrittore e politico finlandese. Risiede in Russia, uomo d’affari finlandese che lavora in Russia dai primi anni ’90. È il managing partner della società legale con sede a Mosca Hellevig, Klein & Usov Llc. Hellevig ha scritto libri sulla legislazione e la società russe e scrive colonne per i media russi . Hellevig è stato candidato alle elezioni del Parlamento europeo nel 2014.
Fonte: Russia Insider
Traduzione: Sergei Leonov
18 Settembre 2019 DI GILAD ATZMON
gilad.online
La lezione da trarre dall’attuale stallo politico israeliano è che Israele sta implodendo, rompendo gli elementi che non è mai riuscito a integrare in uno. Lo scisma non è più la dicotomia più quotidiana di Ashkenazi contro ebrei arabi (alias Sephardim); questa divisione è ideologica, religiosa, spirituale, politica, etnica e culturale. Né si divide in sinistra e destra, gli ebrei israeliani sono politicamente con la destra anche quando fingono di essere “sinistra”. Sebbene alcune delle voci critiche più astute della politica israeliana e del fondamentalismo ebraico siano israeliani (come Gideon Levi, Shlomo Sand, Israel Shamir e altri), non esiste una sinistra politica israeliana.
La politica israeliana si divide in molti elettori di estrema destra e in molti falchi ordinari. The Arab Joint List Party è praticamente l’unico partito di sinistra nella Knesset israeliana. Questo non dovrebbe essere più sorprendente. La sinistra ebraica, come ho sostenuto per molti anni, è un ossimoro; l’ebraismo è una forma di identificazione tribale mentre la sinistra è universale. Il “tribale” e l’”universale” sono come olio e acqua, non si mescolano molto bene.
La particolarità della divisione politica israeliana è che gli israeliani sono più uniti che mai nelle loro credenze nazionaliste e nel primato dei loro sintomi ebraici. Perché, se gli israeliani sono così unificati, nessuno può formare un governo nel loro cosiddetto “Stato ebraico”?
Avigdor Lieberman, ex alleato entusiasta di Netanyahu e lui stesso un nazionalista ebreo radicale, ieri ha scavato nella situazione di stallo politico israeliano. Ha sostenuto che le elezioni erano già state decise: “Il blocco ultra-ortodosso e messianico raggiunge i 62-61 seggi”. Il leader del rabbioso nazionalista Yisrael Beiteinu ha dichiarato: “Se non c’è un tasso di voto di almeno il 70% a favore di Gush Dan e Sharon, verrà istituito il governo di Halacha” (vedi nota, ndt).
Fondamentalmente, Lieberman ha affermato che, a meno che gli israeliani laici di Tel Aviv non vadano alle urne, dovrebbero aspettarsi di vivere in uno stato di Halacha sotto un governo Netanyahu di estrema destra.
Lieberman sembra detenere la chiave della stabilità politica di Israele. Sebbene lui e Netanyahu siano gemelli ideologici riguardo alla sicurezza israeliana e alle questioni nazionaliste, i due sono acerrimi rivali che combattono aggressivamente l’uno contro l’altro. Netanyahu ha saputo per alcuni anni che, in assenza di un forte governo di estrema destra, può aspettarsi di passare un po’di tempo dietro le sbarre, un’avventura che è diventata comune per le principali figure politiche di Israele.
I partner naturali di Netanyahu sono i partiti ultra-giusti e i partiti ortodossi. Dal punto di vista ideologico, Lieberman dovrebbe anche sentirsi a proprio agio in una simile coalizione politica, ma Lieberman ha preso una decisione politica cruciale, essenziale per la sua sopravvivenza politica. Qualche tempo fa ha capito che la sua base politica, gli immigrati ebrei dall’ex Unione Sovietica, molti dei quali a malapena ebrei e sottoposti a un costante terrore rabbinico, considerano i partiti ebrei ortodossi come i loro principali nemici. Molti di questi ebrei russi e ucraini ricoprono posizioni politiche di estrema destra ma vedono anche i rabbini come una minaccia imminente alla loro sopravvivenza.
Teoricamente, Lieberman potrebbe mediare un’enorme coalizione di unità con Netanyahu al vertice, affiancato da Blue and White (KacholLavan) e dai suoi tre marescialli di destra, il partito di Lieberman e probabilmente il partito laburista. Una simile coalizione avrebbe circa 80 seggi nella Knesset, più che sufficienti per sostenere un governo forte, ma questa coalizione si rifiuterebbe di garantire l’immunità di Netanyahu.
Netanyahu scommette invece su un debole governo religioso di estrema destra, un governo che potrebbe non durare a lungo ma che perderebbe più tempo affinché il suo PM rimanga fuori di prigione.
Questo conflitto nel cuore della politica israeliana è una finestra sullo stato ebraico e le sue paure. Israele sta rapidamente diventando uno stato ebraico ortodosso. Gli ebrei ortodossi di Israele sono il gruppo in più rapida crescita nel paese. Sono anche la popolazione più povera del paese, il 45% vive al di sotto della soglia di povertà in comunità segregate. Di solito, ci si aspetterebbe che i poveri appoggino la sinistra, ma gli ebrei israeliani della Torah sono rabbiosi nazionalisti e prestano apertamente il loro sostegno a Benjamin Netanyahu e al suo partito.
Il Prof. Dan Ben-David dell’Università di Tel Aviv ha recentemente ammonito che Israele potrebbe smettere di esistere entro un paio di generazioni. Ha sottolineato l’incredibilmente alto tasso di natalità tra gli ebrei ultraortodossi e ha predetto che, sulla base delle tendenze attuali, entro il 2065 costituiranno il 49% della popolazione israeliana. I partiti ultraortodossi sono destinati a dominare la Knesset entro una generazione o meno. Ben David prevede che la loro dipendenza dal sistema di welfare di Israele porterà a un rapido declino dell’economia israeliana. Ciò è abbastanza dannoso dal punto di vista economico ed è aggravato dal rifiuto della maggior parte delle scuole rabbiniche di incorporare materie occidentali standard come matematica, scienze e inglese nel loro curriculum di base. Di conseguenza, l’immagine che si presenta è peculiare. Man mano che Israele diventa sempre più ebreo e fondamentalista nella sua etica nazionalista e religiosa, è diventato anche più diviso su tutto il resto.
Gli immigrati russi trovano impossibile vivere accanto agli ultraortodossi e viceversa. L’enclave secolare a Tel Aviv è impegnata a vedere la propria metropoli come una estensione di New York. La sinistra israeliana si è trasformata in un’unità hasbara LGBT. Si è praticamente rimossa dal conflitto israelo-palestinese. I coloni ebrei aderiscono al concetto di “soluzione a due stati ebraici”. Vogliono vedere la Cisgiordania diventare una terra ebraica. Gli ebrei ortodossi sono a malapena preoccupati di queste questioni politiche. Sanno bene che il futuro dello stato ebraico appartiene a loro. Tutto ciò che devono fare è sostenere una minoranza ebraica secolare produttiva che funga da mucca da latte. Inoltre, affrontiamo le guerre di sopravvivenza di Bibi che minacciano di intensificarsi in qualsiasi momento in un conflitto mondiale.
Alla luce di tutto ciò, i palestinesi si trovano in una situazione relativamente buona. Devono semplicemente sopravvivere. Israele sembra essere il più feroce nemico di Israele.
Fonte: https://gilad.online/
Link: https://gilad.online/writings/2019/9/12/the-end-of-israel
12/09/2019
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da OLDHUNTER
Nota del traduttore:
Da Wikipedia: Halakhah (in ebraico הלכה) — traslitterato anche con Halakha, Halakhà, Halacha, o Halocho; plurale halakhot — è la tradizione “normativa” religiosa dell’Ebraismo, codificata in un corpo di Scritture e include la legge biblica (le 613 mitzvòt) e successive leggi talmudiche e rabbiniche, come anche tradizioni e usanze. Non trae nessuna distinzione nelle sue leggi tra vita religiosa e vita laica; la tradizione religiosa ebraica non distingue chiaramente tra identità nazionale, razziale, etnica o religiosa. Halakhah guida non solo le pratiche e credenze religiose, ma anche numerosi aspetti della vita quotidiana. Il termine Halakhah viene spesso tradotto come “Legge ebraica”, anche se una traduzione più letterale potrebbe essere “la via” o “il modo di condursi”. La parola deriva dalla radice che significa andare o camminare. Storicamente nell’esilio, poi anche detto diaspora, la Halakhah serviva a molte comunità ebraiche come un sistema esecutivo di diritto civile e diritto religioso. A partire dall’Illuminismo, dall’emancipazione ebraica (in era napoleonica e dall‘Haskalah in epoca moderna, i cittadini ebrei sono sottoposti alla Halakhah solo per consenso volontario. Tuttavia, secondo la legge israeliana contemporanea, alcune aree del diritto di famiglia e status personale sono sotto l’autorità dei tribunali rabbinici e pertanto trattate in base alla Halakhah. Alcune differenze sulla Halakhah stessa si possono riscontrare tra ebrei aschenaziti, mizrahì, sefarditi e yemeniti, che rispecchiano la diversità storica e geografica delle varie comunità ebraiche all’interno della Diaspora
https://comedonchisciotte.org/la-fine-di-israele/
Conte all’incontro con Macron: basta propaganda antieuropea
18.09.2019
Stasera a Palazzo Chigi si è svolto l’incontro tra il primo ministro italiano Giuseppe Conte ed il presidente francese Emmanuel Macron. Il presidente del Consiglio si è pronunciato molto lieto di ricevere Macron ed ha affermato che è “essenziale per l’Ue che volti pagina in direzione di una gestione strutturale e non più emergenziale dei flussi”.
Nella serata di oggi, il leader del nuovo governo Giuseppe Conte ha tenuto un colloquio con il presidente francese Emmanuel Macron. Il leader della Francia, prima della cena di lavoro con il premier italiano, aveva incontrato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo il termine del colloquio, Conte e Macron hanno rilasciato le loro dichiarazioni dinanzi ai giornalisti.
“Migranti? Voltare pagina, basta propaganda antieuropea. Molto lieto di ricevere Macron, nel primo incontro con un leader europeo dopo la formazione del nuovo governo. Possono anche emergere opinioni a volte non coincidenti, ma ciò deve avvenire sempre sulla base di un dialogo fondato sul rispetto come si conviene tra paesi fondatori Ue. È essenziale per l’Ue che volti pagina in direzione di una gestione strutturale e non più emergenziale dei flussi. Ho avuto la piena disponibilità di Macron per un meccanismo europeo sugli sbarchi, sulla ridistribuzione e per un a gestione efficace dei rimpatri. Dobbiamo far uscire il tema da una propaganda anche antieuropea”, ha affermato il premier italiano.
“L’Italia non si presta ad abbassare la guardia contro il traffico di vite umane, l’Italia non ritiene che debba esser consentito ai trafficanti di decidere come e quando avere ingresso ma abbiamo anche la necessità di gestire il fenomeno in modo concreto, pratico. Sulla Libia abbiamo convenuto che è fondamentale lavorare costruttivamente insieme e avere il medesimo obiettivo, coinvolgendo tutti i partner. L’obiettivo è la stabilizzazione del paese. Ho anticipato a Macron l’invito per tenere in Italia il prossimo vertice bilaterale. Lo faremo all’inizio del prossimo anno per rinsaldare anche gli intensi rapporti culturali”, ha aggiunto.
VIDEO QUI: https://www.facebook.com/it.sputnik/videos/522773845217012/
“Se sono qui oggi, caro Giuseppe, è in primis per indicare chiaramente l’intenzione di lavorare insieme per il progetto europeo, lanciare un messaggio di amicizia forte e chiaro al popolo italiano dal popolo francese, l’amicizia franco italiana è indistruttibile, talvolta non siamo d’accordo può capitare che si litighi e non ci si capisca, ma ci si ritrova insieme sempre. Rendo omaggio al lavoro di Mario Draghi, alle sue ultime decisioni adottate con molto capacità di visione e molto coraggio. Lo dico con forza anche se qualcuno non vuole sentirlo. Draghi ha ragione, la politica monetaria ha fatto il massimo per evitare il peggio. Rendo omaggio al lavoro di Mario Draghi, alle sue ultime decisioni adottate con molta capacità di visione e molto coraggio. Lo dico con forza anche se qualcuno non vuole sentirlo. Draghi ha ragione, la politica monetaria ha fatto il massimo per evitare il peggio”, ha dichiarato il presidente della Francia Emmanuel Macron.
Alla vigilia dell’incontro con Giuseppe Conte, il presidente francese ha affermato l’importanza delle distribuzioni dei migranti. Secondo Macron, esiste il bisogno di “un meccanismo stabile, prevedibile e automatico di ripartizione delle persone salvate in mare, senza rimettere in discussione il principio dell’approdo più vicino”.
A sua volta il premier Conte in precedenza aveva confermato la necessità di rivedere il Trattato di Dublino.
POLITICA
Così nasce il governo dei partiti sconfitti
Al governo vanno ancora una volta i grillini, che hanno vinto le elezioni politiche del 4 marzo 2018 ma hanno perso tutte le elezioni amministrative successive e le europee e, con loro, due partiti sonoramente sconfitti, Pd e Leu. Le opposizioni, soprattutto Meloni e Salvini, promettono battaglia.
Il Conte-bis è nato e oggi alle 10 ci sarà il giuramento del premier e dei ministri nelle mani del Presidente della Repubblica. Entro martedì è previsto il voto di fiducia delle Camere, che rimane davvero l’ultimo scoglio, più che altro al Senato, per la partenza effettiva del nuovo esecutivo giallo-rosso. Tutto lascia supporre che, soprattutto dopo il via libera ottenuto con il voto sulla piattaforma Rousseau, il Presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte, che ieri è salito al Quirinale per sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri, possa dormire sonni tranquilli.
Al governo vanno ancora una volta i grillini, che hanno vinto le elezioni politiche del 4 marzo 2018 ma hanno perso tutte le elezioni amministrative successive e le europee e, con loro, due partiti sonoramente sconfitti a tutte le ultime prove elettorali, vale a dire il Pd e Liberi e Uguali, che alle politiche dell’anno scorso a fatica raggiunse lo sbarramento del 4% per entrare in Parlamento, pur avendo candidato entrambi gli allora Presidenti delle Camere, Laura Boldrini e Pietro Grasso. È l’ennesima riprova dell’irrilevanza della volontà popolare ai fini della determinazione della politica nazionale. Ma c’è un elemento che non va sottovalutato. I gruppi parlamentari Pd e Cinque Stelle sono rispettivamente nelle mani di Matteo Renzi e Luigi Di Maio. Nessuno dei due, probabilmente, ha interesse a far durare la legislatura fino alla fine. Il primo perché non ha alcun potere ora, visto che nell’esecutivo non sono entrati suoi fedelissimi. Il secondo perché rischia di legare troppo il suo destino al Pd e di consegnare il suo Movimento a chi da sempre voleva l’alleanza con i dem e ora vorrebbe togliergli la leadership proprio per fargli pagare la precedente intesa con la Lega.
La squadra del Conte-bis è composta da 10 del Movimento Cinque Stelle, 9 dem e 1 Leu. All’Economia ci sarà, in quota Pd, Roberto Gualtieri, mentre il capo politico pentastellato, Luigi Di Maio, non sarà vicepremier ma ottiene il Ministero degli Esteri. Tra i Cinque Stelle risultano confermati Sergio Costa all’Ambiente e Alfonso Bonafede alla Giustizia. Alle Infrastrutture, al posto del discusso Danilo Toninelli, grillino, siederà Paola De Micheli, fedelissima di Nicola Zingaretti. Agli Interni, al posto di Matteo Salvini, arriva Luciana Lamorgese, già Prefetto di Milano, che ha collaborato in passato con alcuni titolari del Viminale, tra cui Angelino Alfano. Unico ministro di Liberi e Uguali è Roberto Speranza, che andrà alla Salute. Torna a ricoprire l’incarico di Ministro dei Beni culturali e del Turismo il dem Dario Franceschini. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sarà Riccardo Fraccaro (M5S). Un terzo dei ministri del nuovo Governo è donna.
Entusiasti, ovviamente, i commenti della maggioranza. «Dobbiamo rilanciare l’economia italiana in un periodo che rischia di essere difficile per lo sviluppo e la crescita in Europa. E dobbiamo farlo insieme, una nuova maggioranza non litigiosa ma plurale, unita per il bene dell’Italia», ha dichiarato il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che ha aggiunto: «Ora è il tempo di cambiare l’Italia facendo leva su un programma unico, di tutti, chiaro, di svolta e una squadra nuova. Il Governo è di forte cambiamento anche generazionale e deve partire e lavorare per il bene del paese, produrre fatti e risultati».
Serene e distese le parole di Sergio Mattarella: «C’è una maggioranza parlamentare e si è formato un governo e la parola compete al Parlamento e al governo che nei prossimi giorni si presenterà alle Camere per chiedere la fiducia e presentare il programma», ha spiegato il capo dello Stato. «Per me – ha proseguito – è stato di grande interesse leggere ogni mattina i giornali stampati o on line e la sera ascoltare le cronache e le interpretazioni dei fatti. Questo confronto tra prospettive differenti e opinioni diverse è prezioso per me come per chiunque e ancora una volta sottolinea l’importanza della libera stampa».
Dure critiche arrivano, invece, dalle opposizioni. Il leader leghista ed ex vicepremier Matteo Salvini, in un post su Facebook, attacca: «Un governo nato tra Parigi e Berlino e dalla paura di mollare la poltrona, senza dignità e senza ideali, con persone sbagliate al posto sbagliato. Lavoriamo come e più di prima, non potranno scappare dal giudizio degli italiani troppo a lungo: siamo pronti, il tempo è galantuomo, alla fine vinceremo noi». Neppure Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, scommette più di tanto sulla vita dell’esecutivo: «Questo governo non avrà una vita lunghissima. È vero che la qualità della colla per rimanere attaccati alle poltrone è buona, ma siamo di fronte a due partiti e due classi dirigenti che si detestano. Stanno insieme solo con il dichiarato intento di impedire agli italiani di votare liberamente, di avere un governo stabile e omogeneo. Pensano all’infornata di nomine pubbliche che nel 2020 andranno a scadenza e a eleggere Prodi alla presidenza della Repubblica, espressione delle consorterie europee, che ha già svenduto gli interessi italiani».
Il Conte-bis nasce ufficialmente come governo della svolta e con l’intenzione di durare fino alla fine della legislatura. La Lega ha annunciato che manterrà la presidenza delle commissioni parlamentari, dalle quali dipende l’iter dei provvedimenti. Prevedibile un certo ostruzionismo da parte degli uomini del Carroccio, che non escludono, nei prossimi mesi, di pescare altri deputati e senatori tra i pentastellati più scontenti. Basterà ancora una volta la figura equilibrata di Giuseppe Conte per tenere in piedi la baracca, così come accaduto nel precedente esecutivo giallo-verde?
http://lanuovabq.it/it/cosi-nasce-il-governo-dei-partiti-sconfitti
LA7, LA RIVELAZIONE DI MYRTA MERLINO: “PD E M5S VERSO LA FUSIONE”
Durante la trasmissione di La7 L’Aria Che Tira, la giornalista e conduttrice Myrta Merlino ha svelato alcuni retroscena riguardanti la fuoriuscita di Matteo Renzi dal Pd.
La Merlino ha parlato con fonti vicine ai renziani e, in diretta, ha rivelato che l’alleanza tra Pd e M5s può essere qualcosa di più di un patto momentaneo: “A proposito di fonti, ho parlato con molte delle persone che andranno via con Matteo Renzi e la giustificazione era: ‘Nel partito circola un’idea che l’alleanza con i 5 Stelle diventi permanente e diventi un grande partitone di Sinistra, giustizialista, contro il Capitalismo, il progresso e le infrastrutture’”.
Insomma, l’idea di poter creare un unico partito con i grillini ha fatto scappare a gambe levate i renziani da via Sant’Andrea delle Fratte. Per Matteo Renzi e soci era un rospo troppo grosso da ingoiare. (liberoquotidiano.it)
Per visualizzare il video: QUI
https://stopcensura.info/la7-merlino-pd-e-m5s-verso-la-fusione/
Renzi, un fuorionda dimostra che del Sud non gliene importa nulla
Video qui: https://www.youtube.com/watch?v=R6dPX_S-qAU
Fuorionda di Renzi all’inaugurazione della Fiera del Levante.
«Tranquilli ragazzi, stavolta ho parlato di Mezzogiorno. De Vincenti era terrorizzato». Già, “stavolta”.
Renzi ammette così che il Mezzogiorno d’Italia, il suo divario crescente con il Centronord, non sono mai stati in cima ai suoi pensieri.
La gente del Sud se n’era, per la verità, già accorta.
Ora Renzi lo fa capire apertamente, con la sua solita aria beffarda. Ma non c’è niente da ridere.
E gli italiani del Meridione non ridono davvero…
https://www.secoloditalia.it/2016/09/renzi-fuorionda-dimostra-sud-non-gliene-importa-nulla-video/
SCIENZE TECNOLOGIE
“Zucked”, il libro rivelazione di Roger McNamee. Cosa hanno in comune La compagnia delle indie orientali e Facebook? Un sistema che mette a rischio l’individuo e la sua libertà
Michele Di Lollo – 18/09/2019
Questa è la storia di una redenzione. “Facebook rappresenta una grave minaccia per la democrazia.
L’individuo è sotto attacco”, fa sapere Roger McNamee. Cosa hanno in comune La compagnia britannica delle indie orientali e Facebook? Il monopolio. Che ovviamente non è sinonimo di mercato. È in uscita a ottobre, in Italia, per la casa editrice Nutrimenti, un libro rivelazione sul colosso di Menlo Park e sulle altre big companies della tecnologia made in Usa. Si chiama “Zucked” ed è scritto proprio da McNamee, uno dei primi e maggiori finanziatori di Facebook. Un venture capitalist della Silicon Valley che decide di “dare di matto” e denunciare tutto ciò che c’è di oscuro dietro al mondo social.
Nel saggio racconta non solo l’ascesa della piattaforma, ma anche la figura del suo leader e tutto quanto si sviluppa al di là della facciata e gli slogan sulla connessione globale. Il libro racconta i retroscena legati ai big data (che hanno avuto nello scandalo Cambridge Analytica la massima risonanza per il pubblico) e più in generale al business delle informazioni dei grandi di Internet. Si tratta di una lucida denuncia della recente, pericolosa deriva del più diffuso e influente social network del mondo. Un’analisi dettagliata e approfondita che ripercorre la storia dell’azienda e del suo giovane leader, portando allo scoperto i gravi rischi a cui il social network espone i suoi quasi due miliardi di utenti.
“Da molto tempo sono un investitore e uno strenuo sostenitore dell’industria tecnologica”, scrive McNamee. “Per me la tecnologia è stata un lavoro e una passione, ma nel 2016 mi stavo ormai allontanando dalla professione di investitore full time e iniziavo a pensare alla pensione. Ero stato uno dei primi consiglieri del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg (Zuck, per molti amici e colleghi) e uno dei primi ad aver investito in Facebook. Per un decennio ci ho creduto davvero. Ancora oggi ne possiedo delle azioni. Se consideriamo esclusivamente il mio interesse personale, non avrei avuto alcun motivo di mettermi contro la società e certo non avrei mai immaginato di diventare un militante anti Facebook”.
All’inizio del 2016 il nostro McNamee ha iniziato a osservare che su quel social accadevano cose che non gli sembravano più giuste. Ha tirato quel filo e ha svelato una catastrofe. All’inizio era convinto che Facebook fosse una vittima e voleva semplicemente mettere in guardia i suoi amici. Quello che ha scoperto nei mesi a venire lo ha scioccato e deluso: la sua fiducia era stata mal riposta. Questo libro, in soldoni, racconta perché Facebook sia pericoloso per l’America.
E qui entra in ballo un’analisi di sistema. Qui si gioca la partita delle partite. Attaccare Zuckerberg significa denunciare lo strapotere delle big companies della California. Denunciare in particolare il potere sfrenato di cui godono. Qualcosa che si consuma in un attacco al capitalismo. Perché senza concorrenza e senza competizione, non c’è mercato. Stesso discorso, identico, si sviluppa quando è lo Stato a minacciare il libero scambio. Così accade per un’azienda che opera in un regime di monopolio. Google, come Facebook, ti regalano servizi. In cambio però chiedono la tua vita, i tuoi dati. La tua privacy. E in questi casi, l’utente medio, non può proprio farci nulla.
Ma facciamo un passo indietro: 1600. Nasce la Compagnia Britannica delle Indie Orientali (British East India Company). La regina Elisabetta I d’Inghilterra accorda una “carta” o patente reale che le conferisce per 21 anni il monopolio del commercio nell’Oceano Indiano. Nel 1670 il re Carlo II accorda per decreto alla Compagnia il diritto di acquisire nuovi territori, di battere moneta, di comandare delle truppe armate e di esercitare la giustizia sui propri territori. Si avviava quindi a divenire una formidabile macchina di potere, non solo in India ma anche in Inghilterra.
Vi dice nulla? Facebook rischia di fare lo stesso. Guardate ad esempio Lybra, la criptovaluta che darebbe al social di Menlo Park uno strapotere su tutto il mondo, quasi quanto un vero e proprio Stato. Stanco del lobbismo politico e al fine di ridurre questa enorme influenza della compagnia, il Parlamento inglese decide qualche anno dopo di rompere il monopolio della Compagnia e di permettere la creazione di una compagnia rivale, la Compagnia Inglese per il Commercio verso le Indie Orientali (English Company Trading to the East Indies). Esattamente ciò che gli Stati “potremmo definire classici” dovrebbero fare con Facebook. Magari sotto l’influsso di una riforma dettata dall’antitrust.
Il resto è storia. La Compagnia Inglese per il Commercio verso le Indie Orientali non sarebbe mai riuscita a competere con la “vecchia” Compagnia e questo tentativo di aumentare la concorrenza ha fine quando le due società si fondono nel 1702. Ma non tutto è perduto. Nel 1813 La compagnia delle indie orientali viene privata del suo monopolio commerciale e nel 1858 perde infine le sue funzioni amministrative in seguito ai Moti indiani del 1857 (chiamati anche “Rivolta dei Sepoy”). Al principio dell’anno 1860 tutti i possedimenti della Compagnia passano sotto il controllo della Corona. Il primo gennaio 1874 la Compagnia delle Indie Orientali viene sciolta per decreto regolare. Non auguriamo a Zuckerberg la stessa fine. “Ma qualcosa deve cambiare”, ci ricorda McNamee. “O a farne le spese saranno esclusivamente gli ignari utenti della piattaforma più potente del mondo”.
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/buco-nero-facebook-1754795.html
STORIA
Il Gruppo Bilderberg dietro alle stragi di Stato italiane
la rivelazione di Ferdinando Imposimato
VIDEO QUI: https://youtu.be/-8wizYyAuzc
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