Deutsche Bank a picco, per salvarla la Merkel viola le sue regole

Furbate tedesche

Deutsche Bank a picco, per salvarla la Merkel viola le sue regole

26 settembre 2016

L’indiscrezione trapela dall’autorevole settimanale finanziario tedesco, Handelsblatt, secondo il quale lo scorso martedì sarebbe avvenuto un incontro a porte chiuse tra i membri della Commissione Finanze della Spd, il partito socialdemocratico, fortemente preoccupati dalla situazione finanziaria di Deutsche Bank, ad un passo dalla necessità di un salvataggio di Stato. Solamente il febbraio scorso, il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, aveva ribadito nettamente la sua «assenza di preoccupazioni» per la situazione del colosso bancario tedesco. Stavolta, racconta Bloomberg, «il ministro delle finanze ha preferito non commentare la situazione della banca». Dall’inizio dell’anno Db ha perso il 48% del valore delle sue azioni e ora si ritrova a fronteggiare una richiesta di multa delle autorità americane per le irregolarità commesse sui mutui subprime prima della crisi del 2008, pari a 14 miliardi di dollari, più del doppio dei fondi accantonati dalla banca per far fronte ad eventuali contenziosi legali. L’allarme è arrivato anche da un altro importante indice bancario, il capitale Tier 1, ovvero il rapporto tra il capitale totale detenuto dalla banca e le sue attività ponderate per il rischio, che si trova attualmente al 2,68%, in calo dallo scorso anno e al di sotto della soglia minima del 3% fissata dagli accordi di Basilea III. Basti pensare che alcune tra le più importanti banche internazionali, come Barclays e Credit Suisse, superano il 4%.

In altre parole, Db è fortemente sottocapitalizzata e potrebbe avere bisogno di un aumento di capitale di circa 8 miliardi di euro. Le soluzioni non sono molte e tra queste ci sono la riduzione dei crediti e la vendita degli asset della banca. Per Handelsblatt, «sono in corso trattative tra Db e il gruppo finanziario Phoenix Group, per vendere Abbey Life, la filiale assicurativa inglese della banca tedesca». Un’operazione che porterebbe nelle casse di Deutsche Bank un miliardo di euro, ma che non è sufficiente a coprire tutto il capitale necessario per rimettere in sesto la banca.

Ecco allora l’ipotesi di un salvataggio di Stato che sarebbe stato al centro della riunione tenutasi tra i membri della Commissione Finanze. Apparentemente non è ancora stato raggiunto un accordo, ma il solo fatto che già si consideri un’ipotesi fino a poco tempo fa impensabile, la dice lunga sulla gravità della situazione della banca tedesca. Il problema è che le regole europee vietano questa possibilità poiché proprio dall’inizio dell’anno è entrata in vigore la Bank Recovery and Resolution Directive che impedisce un salvataggio di Stato (bail-out) delle banche nazionali degli stati membri, e ripartisce le perdite della banca (bail-in) sui proprietari di conti superiori a 100mila euro. È stato proprio il governo tedesco a mettersi di traverso in Europa, rispetto all’eventualità di mettere soldi di Stato per salvare Monte de Paschi, anch’essa fortemente sottocapitalizzata e le cui azioni hanno toccato il minimo storico di 19 centesimi. In teoria questo potrebbe essere un ostacolo virtuale, dal momento che sono numerosi i precedenti nell’Ue nei quali la Germania ha violato le stesse regole che chiede agli altri Stati di rispettare, ad esempio la soglia del 3% deficit/Pil, ma l’operazione potrebbe avere un costo politico ben più alto per il governo tedesco a fronte delle prossime elezioni del 2017, nelle quali la Cdu della Merkel potrebbe avere più di qualche difficoltà a giustificare un salvataggio che graverebbe non poco sui conti pubblici. L’ultima volta il conto per salvare le banche tedesche che avevano incautamente elargito prestiti alla Grecia, lo ha pagato l’Italia. Come ha spiegato l’ex ministro delle Finanze Visco, «quando è esplosa la crisi della Grecia l’esposizione delle banche italiane verso quel Paese ammontava a circa 1,9 miliardi. Oggi l’esposizione dello Stato italiano verso Atene è di 40 miliardi». Di fatto il debito privato delle banche tedesche nei confronti della Grecia è stato spostato sui bilanci degli Stati membri, e in particolare l’Italia. Ora, dopo l’approvazione della direttiva sul bail-in, le regole sono cambiate e prima di ricorrere al fondo salva stati è necessario comunque attingere dalle risorse interne della banca, ovvero i proprietari dei conti correnti superiori a 100mila euro, gli azionisti e i portatori di obbligazioni subordinate.

Ad ogni modo, questa potrebbe essere un’enorme occasione da sfruttare per l’Italia. Se la situazione di Db va verso la possibilità di un salvataggio di Stato, il governo italiano potrebbe prendere la palla al balzo per salvare Monte de Paschi, dal momento che la Germania stessa potrebbe essere costretta a violare le regole che chiede agli altri di rispettare. A quel punto, il governo tedesco ben difficilmente potrebbe presentare qualche rimostranza, perché si troverebbe nelle stesse condizioni del governo italiano. Per farlo occorrerebbe un premier indipendente da Berlino, ma al momento l’Italia sembra esserne sprovvista.  di Paolo Becchi e Cesare Sacchetti

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