NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
20 FEBBRAIO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Credere nel progresso
Non significa che il progresso sia già avvenuto.
Questa non sarebbe una fede.
FRANZ KAFKA, Aforismi di Zürau, Adelphi, 2004, pag. 48
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Precisazioni
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SOMMARIO
Se questi sono uomini
La parola ai giovani
Virus mediatico
La Tempesta. Una metafora per la vita, spiegata da Nadia Fusini
Intellettuali
Zero Hedge censurata da Twitter
VOI
Fake news, disinformazione e il nuovo ministero della Verità.
Mps, ecco perché il Monte è stato snobbato da Intesa Sanpaolo
Canopia
Nella mente di Xi
Coronavirus: La morte del dottor Li Wenliang scuote la Cina
Apocalisse demografica di Mattarella e Carofiglio
Macché crisi di governo, è solo normalizzazione…
San Gregorio Magno e il Coronavirus del suo tempo
IN EVIDENZA
Se questi sono uomini
Gli orrori della psichiatria di ieri e oggi.
di Guendalina Middei – 13 Febbraio 2020
Immaginate di essere incatenati al vostro letto, di non potervi alzare; delle cinghie di cuoio v’immobilizzano al letto, impedendovi il movimento; giacete nudi o con indosso dei camiciotti di cotone; tutt’attorno a voi udite gemiti, lamenti, pianti, vedete luridi stanzoni, muri grigi e scrostati; l’aria che respirate è viziata, nauseante; non c’è nessuno che vi tenga compagnia, niente libri, giornali, niente musica, niente televisione; nessuna visita; passano i giorni, i mesi, gli anni. E voi lì, inchiodati su un letto. La chiamereste vita, questa?
Non è l’incipit di un romanzo o il resoconto di un prigioniero di un qualche campo di concentramento, ma è la realtà in cui hanno vissuto migliaia di internati rinchiusi nei manicomi prima che venissero aboliti (nel nome, almeno) con la Legge Basaglia. La Storia è costellata del male che gli uomini, in nome di una legge ingiusta, di una qualche perversa ideologia, di una distorta concezione medica, hanno inflitto ai loro simili. Prigionieri di guerra, carcerati, matti, deportati non fa alcuna differenza, la storia che si racconta in fondo è sempre la stessa, ed è una storia di dignità violate, di diritti negati, di indifferenza, di silenzi. Come in ogni storia che si rispetti però, anche la storia dei matti ha i suoi eroi.
Giorgio Antonucci è il fondatore dell’approccio non-psichiatrico alla sofferenza psichica. Dal 1973 al 1996 ha lavorato nel manicomio di Imola. Antonucci abolì tutti i sistemi di contenzione fisica e l’uso degli psicofarmaci nel trattamento dei pazienti psichiatrici. In molti lo osteggiarono e videro nel sistema adottato da Antonucci un imperdonabile tradimento da parte di un medico che aveva osato paragonare la realtà manicomiale a quella dei campi di concentramento. Ciò che vide, quando per la prima volta mise piede nel manicomio di Imola, fu quello che all’epoca era considerata una prassi nei manicomi: pazienti (ma sarebbe più corretto parlare di prigionieri) incatenati ai loro letti, picchiati, maltrattati, privati di qualunque forma di contatto con il mondo esterno.
“Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se si ascoltassero, non capirebbero,” queste sono le parole di Primo Levi in Se questo è un uomo, parole che in fondo non sono poi tante diverse da quelle di Antonucci, quando tre decenni dopo descrisse un’altra forma di male, un’altra forma di annientamento e di sterminio.
Dopo tanti anni di letto, legate mani e piedi da cinture di pelle, la camicia di forza e qualche volta, come ho visto addosso a una contadina che aveva l’abitudine di sputare, una specie di museruola di plastica che le chiudeva la bocca, si facevano tutto addosso, non volevano vestirsi, non camminavano.
Continua qui: https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/societa/se-questi-sono-uomini/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
La parola ai giovani
Lisa Stanton 18 02 2020
Umberto Galimberti, nel suo “La parola ai giovani: dialogo con la generazione del nichilismo attivo”, sottolineava come oggi un liceale conosca in media 300 vocaboli rispetto ai 1.600 di un coetaneo del 1976 ed ai 700 di un coetaneo del 1996.
Secondo il FMI l’Italia, il Paese che fa politiche fiscali restrittive (austerità) da ben 28 anni, spende meno per l’istruzione tra tutti i 37 che fanno parte dell’OCSE: il 6,3% del PIL contro una media del 10,1%. La spesa pubblica per l’istruzione, nonostante fosse la più bassa già nel 2005 (l’8,1% del PIL contro una media OCSE dell’11,6% e UE del 10,6%) è stata negli anni progressivamente tagliata fino a scendere al 6,3% del 2016. Quasi 1/4 di meno (-22,2%) tra il 2005 e il 2016.
A ciò bisogna aggiungere che in Italia, fra settembre 2018 e luglio 2019, ci sono stati episodi di crolli in una scuola, in media uno ogni tre giorni: il dato più alto degli ultimi 5 anni. Anche gli investimenti pubblici per la manutenzione e la costruzione di edifici scolastici sono stati negli anni progressivamente ridotti, precisamente di oltre 1/4 in meno di 10 anni, cioè del 26,5% tra il 2009 e il 2018, quando gli investimenti fissi lordi dello Stato, che comprendono appunto anche la costruzione e la manutenzione degli edifici scolastici, sono passati da 74,91mld di dollari ad appena 55mld.
Un Paese che distrugge la sua Scuola non lo fa mai solo perché le risorse mancano o i costi sono eccessivi. Un paese demolisce l’istruzione perché è governato da quelli che dalla diffusione del sapere hanno solo da perdere: per avere dei servi, è condizione essenziale avere ignoranti.
Galimberti scriveva che «riusciamo a pensare limitatamente alle parole di cui disponiamo, perché non riusciamo ad avere pensieri a cui non corrisponde una parola. Le parole non sono strumenti per esprimere il pensiero, al contrario sono condizioni per poter pensare.
Ovviamente, c’è una stretta correlazione tra la spesa in istruzione e la crescita economica di un paese: anche qui, negli Stati con maggiore spesa per la scuola dell’obbligo corrisponde un maggiore PIL pro capite.
Vediamo cosa è accaduto all’Italia dalla famigerata riforma Berlinguer a quella Moratti passando per la legge Germini e finendo con la “Buona scuola” renziana.
Semplice: i docenti ed i genitori non contano nulla o quasi nelle scelte educative e nelle politiche scolastiche, sono multinazionali e finanza globale (i politici quali esecutori) a dettare le politiche scolastiche e educative. Il suo nome è TreeLLLe, un mostruoso think tank attivo da anni che influenza i direttori del MIUR e chiunque ne sia a capo. Non ci vuole molto a capire cosa vuole da bambini e ragazzi: pubblica infatti annualmente documenti aberranti che mirano a renderli degli analfabeti funzionali dopo averli allontanati dall’educazione familiare.
TreeLLLe è quella dalla materna obbligatoria sin da un anno di età; della commissione di psicologi formati alla Hansel e Gretel che scelga l’istituto superiore per il ragazzo/a di 13 anni; del 30% di docenti premiati cerchè obbediscano alle sue linee-guida e contaminino i colleghi etc. etc…
https://www.facebook.com/100000248554468/posts/2996596093691980/
Virus mediatico
Francesco Erspamer – 5 FEBBRAIO 2020
Basta che i media lo vogliano e un virus che finora ha fatto molte meno vittime della solita influenza che arriva ogni inverno e che quest’anno è più virulenta del solito nell’indifferenza generale, diventa una minaccia apocalittica e provoca terrore di massa. In Italia soprattutto, come qualche anno fa l’Isis che stava per sbarcare e far sventolare la bandiera nera su San Pietro. Un panico che dura pochi giorni e poi scompare senza lasciare traccia: ma nel frattempo ha distratto la gente dai veri pericoli, il cambiamento climatico, la sovrappopolazione, il consumismo sfrenato, la dissoluzione dei vincoli sociali e culturali, la deriva morale, trasformati anch’essi in breaking news usa-e-getta come tutte le altre.
Altro esempio, l’oltraggio dei media americani per il ritardo dei risultati delle primarie democratiche in Iowa. Eppure, non si trattava di informazioni urgenti: conoscerli dopo qualche ora non cambiava nulla visto che ci sono davanti mesi di primarie e le elezioni presidenziali saranno a novembre. E infatti già oggi i telegiornali hanno smesso di parlarne. Come mai allora ieri annunciavano a reti unificate la grande débâcle? Per impedire che la gente si accorgesse che la fretta non è necessaria.
Il liberismo si fonda sulla fretta di avere, sapere, consumare, buttare, passare ad altro: che è la ragione per cui da quando il calcio è stato comprato dai miliardari non si rifanno più le finali terminate in parità ma si va alla ben poco sportiva lotteria dei calci di rigore. Non sopravviverebbe, questo sistema, se si lasciasse alle persone la possibilità di riflettere, di giudicare, anche di annoiarsi un po’ e nell’attesa accorgersi che non tutte le novità e le mode sono positive e tanto meno necessarie.
Fretta e efficienza (presunta), queste le parole d’ordine delle multinazionali e dei tanti economisti e giornalisti al loro servizio. Anche al prezzo di rinunciare al piacere di vivere. E naturalmente alla democrazia e alla politica, sacrificabili all’esigenza di avere sùbito un governo con pieni poteri, come chiedono Salvini e Renzi ma anche a parecchi pentastellati; e non importa se votato da un quarto o un quinto degli aventi diritto. Pieni poteri che piacevano anche a Mussolini: e che a qualcosa servirono, tipo far arrivare i treni in orario; peccato che il potere assoluto corrompa assolutamente e che in cambio di quella puntualità l’Italia precipitò in una guerra sconsiderata, i cui effetti furono morte e distruzione, la perdita di parte del suo territorio e la rinuncia alla propria sovranità a vantaggio degli Stati Uniti (o fate finta di non ricordare che siamo il paese con più basi e bombe atomiche americane ?).
I nostri oppressori sono potentissimi ma si può provare a combatterli. Quello che non si può combattere è la stupidità delle vittime, la loro passiva accettazione dei meccanismi di pensiero preparati e diffusi dalla casta. A cominciare dalla fretta di consumare e consumarsi – in modo efficiente.
https://www.facebook.com/frerspamer?__tn__=%2CdC-R-R&eid=ARCcnrZQC2i-SS2FHbhLK_NljBHyJ2RiFF5yBLQmdz0nKzqn3GW-NjL9O1wD6HK4NQDq8Y5WVwJlU7rL&hc_ref=ARR2h2AkDpFgFs6iLblNGrUZGLn6MqwWnhTeua4K68KOjpT4EduaUtWeedrVZ1amKYY&fref=nf
CULTURA
La Tempesta. Una metafora per la vita, spiegata da Nadia Fusini
di Nadia Fusini – Pubblicato il 17 gennaio 2020
La grande onda di Kanagawa – Opera di Katsushika Hokusai
Descrizione
La grande onda di Kanagawa è una xilografia in stile ukiyo-e del pittore giapponese Hokusai pubblicata la prima volta tra il 1830 e il 1831. È la prima e più celebre opera della serie intitolata Trentasei vedute del Monte Fuji, oltre a essere la più famosa nel suo genere e una delle immagini più conosciute al mondo. Wikipedia
Dimensioni: 26 cm x 38 cm
Data: 1830-1831 circa
Data di creazione: 1830–1831
https://it.wikipedia.org/wiki/La_grande_onda_di_Kanagawa
La meraviglia di questa passione vi parlerò a partire dalla Tempesta di Shakespeare.
In realtà la meraviglia non è una passione che compaia nel tetracordo, diciamo così classico delle passioni, che ruota fondamentalmente su due passioni, l’aegritudo, o infelicità, e cioè il patimento del male presente, e la laetitia, cioè la gioia di un bene presente, che poi proiettandosi nel tempo futuro si trasformano in metus, ovvero nella paura di un male a venire; o libido o cupiditas, o lust in inglese, desiderio in italiano, e cioè nell’appetito di un bene futuro.
Agostino parla appunto di laetitia, tristitia, cupiditas, timor. Boezio di gaudium, timor, spes, dolor. Tommaso incorpora le quattro passioni in uno schema ben più complesso di stati emotivi, che risultano dal modo in cui alle facoltà irascibili e concupiscibili della parte appetitiva dell’anima viene presentato un oggetto fonte di bene o di male, su un registro temporale scandito sempre su due tempi, il presente e il futuro, sì che sollecitate dall’esperienza, tali facoltà rispondono all’esperienza medesima con l’amore, o con la speranza; con l’odio, o con la disperazione; con il desiderio, e con il coraggio; oppure con l’avversione o con la paura; con la tristezza, con la rabbia, o la gioia.
Come vedete anche qui due fondamentali spinte, e dunque movimenti dell’anima e del corpo sono colti in contrasto: l’amore e l’odio, che diventano quattro, se proiettati nel futuro, facendosi l’uno speranza, l’altrA paura.
Confermano questa tetrarchia Cicerone e Virgilio. Servio, nel suo commento a Virgilio, insiste su questo numero, e su tale numero insistono i neo-platonici. Sì che Landino e Ficino dopo di lui vedranno una connessione tra le quattro passioni e i quattro umori e così via… Più avanti riprenderà il medesimo schema Shakespeare – il cui teatro è una grande trattazione drammatica delle passioni. Come potrebbe essere altrimenti? Visto che le passioni sono esse stesse teatro, teatro dell’anima? E il teatro è per definizione spettacolo delle passioni?
Il tetracordio delle passioni, dunque, arriva a Shakespeare, che senz’altro conosce Virgilio e Cicerone, e se per quello Terenzio. Senz’altro Shakespeare ripete, imita, e al tempo stesso ogni cosa che tocca Shakespeare ricrea.
Così anche delle passioni Shakespeare declina aspetti nuovi. Esplora lati inattesi. E proprio questo qui e oggi vorrei mostrarvi: in che modo Shakespeare “tratta”, diciamo così, la passione della meraviglia – ovvero quel moto o movimento che è il fondamento della filosofia – l’inizio, e il fine e la fine della volontà di conoscenza. Moto che guida e accompagna il pensiero.
La meraviglia, potremmo dire, è la disposizione umana di apertura di fronte al mistero delle cose. Ora, questa emozione scorre, muove nella lingua stessa della Tempesta, dove Shakespeare, scopre, direi, la meraviglia del cuore umano. E della natura umana. E nella vicinanza tra wonder e compassion trova, alla lettera inviene, inventa un gioco drammatico, dove la fragilità della creatura a fronte delle sue infinite potenzialità suscita, insieme con l’ammirazione, l’altra fondamentale passione della compassione, aprendo così a nuove emozioni, tra cui l’ammirazione: perché, Shakespeare insegna nella Tempesta, la vita rappresenta la più rara e la più stupefacente delle creazioni umane.
Ora, che cos’è la meraviglia? Sa bene che cos’è la meraviglia chi soffre di quella malattia che in inglese che si chiama “labyrinthine vertigo” – e consiste nel brivido che si prova quando la testa prende a girare e si ha l’impressione di cadere, di perdere l’equilibrio. Ecco, quel senso di terrore che accompagna lo stupore c’entra molto con la meraviglia. Ce lo spiega Socrate nel Teeteto (155d), quando per l’appunto Teeteto confessa a Socrate di sentirsi preso e perso nella meraviglia di fronte alle innumerevoli miriadi di contraddizioni del mondo, al punto che gli gira la testa, ha le vertigini, e usa un verbo – skotodiniò– che in inglese corrisponde alla sensazione di quando uno sente “one’s head swim”. E vi faccio notare che swim, swimming sono parole molto pertinenti visto che nella tempesta shakespeariana si tratta per l’appunto di naufragi, di alto mare.
A questo punto Socrate lo conforta dicendogli che quel “pathos” di cui parla è precisamente all’origine della filosofia. Sì, dice Socrate, questa sensazione è essenziale alla filosofia, e dunque la filosofia ha molto a che fare con la meraviglia, o comunque con la disposizione a provare le vertigini. Quanto a Aristotele nella Metafisica (982b) insisterà che chi prova meraviglia riconosce di non sapere ed è per questo, o anche per questo, che si farà filosofo.
Ignoranza, innocenza sono stadi di sviluppo dell’anima, che nella commedia shakespeariana incarna alla perfezione Miranda, che già nel nome- nomen omen– annuncia come questo sia il suo proprio significato.
Ora, tra molte altre cose la Tempesta è anche una specie di Bildungsroman,
Continua qui: https://larivistaculturale.com/2020/01/17/la-tempesta-una-metafora-per-la-vita-spiegata-da-nadia-fusini/
Intellettuali
Francesco Erspamer 16 02 2020
La crisi del nostro tempo deriva in gran parte dal fatto che non ci sono intellettuali che abbiano il coraggio e la lucidità di chiamarla tale: crisi, decadenza. Tutti troppo ansiosi di compiacere i ricchi e i potenti, che hanno interesse a far credere che vada tutto benissimo (e per loro effettivamente va tutto benissimo), o magari di piacere alla gente ordinaria, milioni di individui incapaci di sentirsi parte di qualcosa più grande e duraturo di loro – un popolo, una comunità, una famiglia, una nazione, una religione, una civiltà, una cultura, un partito – e dunque disperatamente in cerca di conferme che l’attualità che stanno vivendo abbia senso e sia la migliore possibile. A questo servono ormai gli intellettuali: a vendere il presente e in modo divertente, intrattenente, se no gli altri, ricchi e poveri, si annoiano e neanche li stanno a sentire. E allora gli intellettuali si deprimono, si sentono inutili, soli, perdono fiducia in sé stessi e nelle proprie idee: come all’inizio degli anni novanta, quando di fronte alla sconfitta del comunismo, in cui avevano creduto, invece di serrare le fila e di organizzare una resistenza contro il più pervasivo e distruttivo regime della Storia, si convertirono in massa e istantaneamente alla fede liberal e liberista, ottenendo in cambio visibilità nei talk show e sui giornali e di conseguenza le prebende che la società dello spettacolo assicura alle celebrity.
Hanno anche paura di mostrarsi pessimisti, in un mondo in cui, a imitazione degli Stati Uniti, l’ottimismo euforico e giovanilistico è obbligatorio mentre dubitare nelle magnifiche sorti e progressive e nel destino manifesto della crescita economica e civile è politicamente scorretto.
Invece il compito degli intellettuali è quello di dire verità scomode e non di moda: e se ricevono pochi “mi piace”, tanto meglio, vuol dire che erano opportune. Perché il punto non è persuadere la gente a salvare il mondo: il punto è offrire alla gente la possibilità di prendere coscienza, ma se non la vuole, perché troppo distratta, superficiale, insicura o semplicemente in disaccordo, cazzi suoi, chi non vuole salvarsi non va salvato e non si salverà – i miracoli succedono solo nelle favole.
Quando a mia volta sono sfiduciato o stanco, rileggo alcuni autori a me cari: Machiavelli, Leopardi, Gramsci, Pasolini. Ma anche Petrarca, un grande italiano che gli italiani ignorano, preferendogli autori stranieri più pubblicizzati. Per esempio, la sua lettera “de mutatione temporum”, uno straordinario manifesto del coraggio dell’inattualità, oggi introvabile in libreria. Ecco l’inizio: “So che mi verrà contrapposta quella frase di Orazio che, parlando del comportamento dei vecchi, li chiama queruli, incontentabili e lodatori del tempo della loro giovinezza. Ma per quanto io a volte rimpianga e lodi i tempi antichi, sono fondate sulla verità sia la mia lode del passato che la mia critica del presente”.
Sono poche pagine, ve le consiglio.
https://www.facebook.com/100003196950060/posts/2679686245481248/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Zero Hedge censurata da Twitter
Lisa Stanton 11 02 2020
Twitter ha rimosso il sito del mercato finanziario Zero Hedge dalla sua piattaforma a causa di un articolo sul virus corona. Zero Hedge ha ricevuto un corrispondente messaggio da Twitter venerdì, circa la pagina del mercato finanziario, che non può più essere raggiunta via Twitter per i suoi circa 670.000 follower.
Il gruppo americano ha giustificato la mossa con l’accusa di violazione delle regole, abusi e molestie. In un articolo, Zero Hedge ha suggerito una connessione tra uno scienziato cinese e l’epidemia di coronavirus.
Zero Hedge ha dichiarato che la decisione di Twitter era apparentemente correlata al reclamo sul sito di notizie online di Buzzfeed. Buzzfeed aveva affermato che uno scienziato di Wuhan credeva che il virus fosse stato sviluppato come un’arma biologica. L’articolo è andato sotto il titolo: “È questo l’uomo dietro la pandemia globale di coronavirus?”
Internet è pieno di teorie spesso grezze e ovviamente sbagliate sulla genesi del virus, che spesso suscitano incertezza e dovrebbero portare pubblicità ai loro distributori. Persino Facebook aveva affermato di voler rimuovere la disinformazione mirata sul virus, un allontanamento dalle pratiche precedenti.
Piuttosto, la rete si basa su informazioni provenienti da autorità neutrali come l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). La rete cinese TikToc e Pinterest stanno anche rimuovendo le teorie della cospirazione legate al virus corona.
https://www.facebook.com/groups/Finanzcapitalismo/permalink/1241249049397406/
VOI
C’era una volta il Mc Julian’s Pub – 17 02 2020
Sono a conoscenza dei vostri sforzi per abbattere, sedare e controllare le popolazioni del mondo. Sono pienamente consapevole dei vostri programmi distruttivi e schifosi per modificare l’umanità, il Dna, attraverso la chimica, attraverso l’energia elettromagnetica, attraverso la genetica dei nostri alimenti, piante, animali e noi stessi. Sono a conoscenza della vostra distruzione della nostra terra, dei cieli e degli oceani attraverso lo sfruttamento delle risorse, la geoingegneria e la modifica meteo. Vedo tutti i vostri, tanti falsi eventi governativi e i vari schemi subdoli, progettati apposta per mantenere il mondo nella paura eterna e nelle continue guerre contro nemici esterni per il controllo e il profitto.
Sono a conoscenza del vostro sistema medico fascista, progettato per svuotare e distruggere l’umanità, basato sul profitto e sulla cattiva salute ad ogni livello, compresa la proliferazione di farmaci, trattamenti invasivi e debilitanti, e danneggiare gravemente e deliberatamente con l’impiego dei vaccini.
Vedo ogni mossa che fate attraverso uno stato di polizia mondiale basata su paura e disinformazione, prodotta per manipolare l’umanità al fine di eseguire il vostro programma di controllo e sottomissione. Vedo il lavoro della truffa e so che il vostro stabilimento politico di marionette è tutto messo in scena e progettato per distrarre dai problemi reali e tenere occupata la popolazione e farli sentire come partecipanti mentre lavori il tuo losco programma da manipolatore. Sono a conoscenza del vostro sistema fiscale ingiustamente imposto, volto a finanziare ulteriormente l’agenda che controlla un’agenda generale di guerre genocida su popoli innocenti. So che alcune grandi società con interessi acquisiti in questa agenda globale, ora controllano quasi tutti i media, e che i mezzi di comunicazione di massa non sono altro che un portavoce della propaganda per portare avanti la tua agenda/programma. So che la vostra industria di “intrattenimento” è semplicemente un controllo mentale progettato dal punto di vista sociale.
Sono informato della vostra intelligenza artificiale, griglia elettromagnetica con manipolazione della mente, e le varie tecnologie che vengono applicate per ampliare ulteriormente il tuo programma di controllo psicopatico. So anche che amate reprimere le tecnologie emergenti che minacciano quelle esistenti e redditizie, come le industrie allucinanti del petrolio e del nucleare, quando sono emerse fonti energetiche alternative e altre soluzioni del genere, che voi avete prontamente soppresso. So che gestite l’isolamento della conoscenza e dell’informazione in una vasta gamma di campi per mantenere la popolazione generale al buio e quindi non si accenna affatto sul nostro vero contesto storico, mentre state cercando informazioni segrete e facendo ricerche segrete avanzate per i vostri scopi. So che avete stigmatizzata, emarginato, e avete cercato di vietare qualsiasi forma di critica, interrogatorio o dissenso usando qualsiasi scusa voi possiate produrre. Sono a conoscenza delle vostre truffe oppressive, di schiavismo, di controllo monetario e legale, saccheggio bancario privato e voglie contorte di denaro e potere in un sistema di controllo imposto che non aveva mai avuto bisogno di esistere.
Sono a conoscenza del vostro programma di gestione delle istituzioni, delle fondazioni, degli istituti, delle organizzazioni di beneficenza e degli organismi internazionali quali le cosiddette Nazioni Unite e le sue numerose agenzie e programmi spaziali fantastici/demenziali che vengono utilizzati per sviluppare ulteriormente i vostri piani e programmi di controllo globale. So tutto sulle vostre società segrete, fedeli alla linea di sangue e alle radici di Lucifero, che spingono la cattiveria dei vostri stessi leader, con sacrifici rituali, le tendenze alla bestialità e delle altre pratiche folli.
So chi siete.
Lo sappiamo, siamo in tanti svegli e attivi, e faremo di tutto per vedere noi e la nostra terra sopravvivere e far tremare questa invasione parassita. Dalla nostra terra aspettatevi ripercussioni, così come da noi, una tempesta di sacra verità che non potete immaginare. La vostra opposizione, la vostra resistenza e i vostri piccoli sforzi saranno nulla in confronto a ciò che vi aspetta.
Verità e amore saranno le nostre armi.
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2786783351367258&id=759180264127587
La censura al tempo dei social
Fake news, disinformazione e il nuovo ministero della Verità.
di Federico Nicola Pecchini – 17 febbraio 2020
In un’epoca di inganno collettivo, dire la verità è un atto rivoluzionario». (Orwell)
Sono tempi difficili per la verità. Offesa, derisa e bistrattata da ogni parte sembra ormai irriconoscibile. Non è un caso che molti sociologi si siano affrettati a designare quella in corso come l’era della post-verità. Già a partire dal secolo scorso, le élite intellettuali d’occidente si sono cimentate in una vera e propria demolizione controllata della verità. Heisenberg, con il principio di indeterminazione, e prima ancora Einstein, con la teoria della relatività, ne avevano ribaltato le fondamenta ontologiche. Nel dopoguerra è stato il turno di decostruzionismo, postmodernismo e relativismo, correnti che hanno contribuito a minarne le basi epistemologiche. Il risultato oggi è un nichilismo dilagante. La verità (e quindi i valori) non esistono più. Esistono solo interpretazioni, punti di vista. E nessuno di essi può considerarsi privilegiato o migliore degli altri. Siamo perciò costretti alla dittatura dell’opinione, dove l’unica cosa che conta è il parere della maggioranza. Non era forse questo il senso della democrazia? Ma in fondo la questione è molto più antica. Torna alla mente Ponzio Pilato: “Che cos’è la verità?” – aveva chiesto a Gesù il governatore, con una punta di sarcasmo, prima di rivolgersi alla folla inferocita.
Senza impantanarci nel magma filosofico, torniamo ad oggi. Quello a cui stiamo assistendo, a livello globale, non è niente meno che un crollo della fiducia nelle istituzioni. Secondo uno studio del 2017 condotto da Edelman, la credibilità di governi, media, business e perfino ONG è in caduta libera. In tre quarti del mondo i cittadini non credono più ai propri governi. Negli Stati Uniti, la perdita di fiducia dopo la morte di Kennedy è stata drammatica, e tocca ormai l’80% della popolazione. “Il sistema si è inceppato”, ha concluso Edelman, mostrando come in diciannove paesi dei ventotto testati, la maggioranza della gente ritenga che il “sistema” non funzioni più nel suo complesso. In altre parole, la crescente sfiducia nelle istituzioni, esacerbata dalla crisi economica, si è tramutata in un senso di scetticismo generale.
In Italia la situazione non è diversa. Per il rapporto Censis 2019, la parola chiave che riassume l’umore del Belpaese è “incertezza”. Per Demos, la fiducia degli italiani nei confronti dello stato si attesta al 22%, verso le banche al 19%, verso i partiti addirittura al 9%. Secondo Eurispes 2020, meno del 15% dei cittadini ha fiducia nel sistema istituzionale del nostro paese. Sono dati che devono far riflettere.
Cresce la diffidenza anche nei confronti della scienza. Uno studio americano del 2017 ha trovato che solo il 35% degli intervistati aveva “molta fiducia” negli scienziati, mentre il numero di quelli che non ne aveva affatto era raddoppiato dal 2013 e rappresentava ormai il 10% della popolazione. Un trend preoccupante che ha spinto Tom Nichols, ricercatore dell’Universitá di Harvard, a pubblicare un libro intitolato “La conoscenza e i suoi nemici. L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia” (Luiss, 2018). Facendosi portavoce del sentimento di molti colleghi e dell’establishment accademico in generale, Nichols ha denunciato come irresponsabile la deriva populista ed anti-intellettuale che discredita “gli esperti” a favore dell’uomo comune. Tra le cause principali individua proprio l’ascesa di internet e dei social network, colpevoli a suo parere di promuovere una sorta di egualitarismo narcisistico e disinformato dove ogni opinione ha lo stesso valore.
Se pure “gli esperti” non abbiano tutti i torti, scaricare ogni responsabilità sulla stupidità della gente è ugualmente irresponsabile. Una ricerca del 2005 aveva trovato che la maggior parte dei risultati pubblicati su riviste scientifiche si sono poi rivelati falsi. Nel 2009 la ricercatrice di Harvard Dr. Marcia Angell, ex-editrice del prestigioso New England Journal of Medicine, aveva dichiarato che “non è più possibile credere alla maggior parte degli studi clinici pubblicati, o fidarsi del giudizio di medici famosi e delle direttive mediche più autorevoli”. Nel 2015, niente meno che l’editore capo della rivista medica più famosa al mondo, The Lancet, aveva rincarato la dose: “Il caso contro la scienza è semplice: gran parte della letteratura scientifica, forse persino la metà, potrebbe essere semplicemente falsa.” Infine, un articolo del 2017 pubblicato sul British Medical Journal ha dimostrato come la maggior parte delle più importanti riviste biomediche ricevano ingenti finanziamenti dalle case farmaceutiche, in alcuni casi di centinaia di migliaia di dollari l’anno.
Non è quindi casuale che un crescente numero di persone in tutto il mondo diffidino della parola degli esperti, e preferiscano piuttosto affidarsi a soluzioni fai-da-te, sia nel caso della medicina sia più in generale per quanto riguarda l’accesso alle informazioni. È indubbio infatti che l’impatto sociale
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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Mps, ecco perché il Monte è stato snobbato da Intesa Sanpaolo
di Manola Piras
Tutti i problemi in casa Mps che tengono la banca controllata dal Tesoro ai margini del risiko vista anche l’operazione di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca
Npl e rischi legali: sono i due “difetti” nel presente e nel futuro del Monte dei Paschi che rendono la banca Siena una sposa poco allettante. E che hanno tenuto ben lontano da lei il principe azzurro Intesa Sanpaolo che ha preferito fare un’offerta pubblica di scambio da 4,9 miliardi a Ubi Banca.
Una situazione, del resto, che finora ha allontanato altri pretendenti, nonostante da tempo si parli insistentemente di un ruolo anche per Mps nel grande gioco del risiko bancario di cui finora la prima mossa è stata fatta proprio da Carlo Messina, amministratore delegato dell’istituto nato sull’asse Milano-Torino.
Intanto per Rocca Salimbeni si prospettano settimane decisive con l’arrivo del verdetto della Commissione europea sul piano di dismissione dei crediti deteriorati ad Amco e il rinnovo del consiglio d’amministrazione, in programma il prossimo 6 aprile.
LA QUESTIONE NPL
Come si diceva, oltre ai pesanti esborsi per le richieste di danni legate ai processi penali in corso per le operazioni Alexandria e Santorini, la spada di Damocle sulla testa di Mps (Monte dei Paschi di Siena) è rappresentata dal fardello dei crediti deteriorati. Amco, l’ex sga di proprietà del Tesoro, è disposta ad acquistarli e a creare dunque una sorta di bad bank ma il punto è: quanti? E a quale prezzo?
E’ in queste due domande che si gioca la partita. Il dossier non è affatto semplice
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LA LINGUA SALVATA
Canopia
ca-nò-pia
Parte alta di una comunità di piante, che intercetta la maggior parte della luce solare
dall’inglese canopy, che attraverso l’antico francese conopé è dal latino conopèum ‘zanzariera’.
Questa parola è ancora piuttosto difficile da trovare sui dizionari, ma pare rampante, specie per via della diffusione dell’interesse naturalistico e di pratiche di sostenibilità ambientale. E a questo aggiungiamo che è splendida e che ha degli addentellati storici suggestivi e inattesi.
La canopia (termine adattato, come anche in altre lingue europee, dall’inglese canopy, che vedremo di ascendenza latina medievale) è in biologia la parte alta di un insieme di piante, quella che intercetta la maggior parte della luce solare e che nelle foreste è anche nota come ‘volta’. Si potrebbe approssimare a una chioma o a un’insieme di chiome, ma rileva nel suo essere un vero e proprio strato tridimensionale dell’ecosistema.
Ad esempio è nella canopia che il documentario ci mostra gli oranghi muoversi con pacata agilità di ramo in ramo; una ripresa aerea ci mostra come dalla canopia svettino radi alberi di uno strato emergente; mentre ci verrà raccontato come è che le piante tentano lentamente di conquistare uno spazio vuoto nella canopia, lasciato da un albero caduto.
In inglese il termine ‘canopy’ parla in maniera consueta di una tettoia, specie del genere della tenda e del gazebo, rifacendosi al baldacchino. In effetti è quella del baldacchino, della tenda sopra al letto, l’immagine che ci fa risalire il corso dell’etimologia (peraltro ‘baldacchino’ è usato talvolta proprio come sinonimo di ‘canopia’); un’immagine che ci conduce a fare tappa in Francia per trovare il canapé.
Pare pacifico che quel canopy inglese derivi dall’antico francese
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Nella mente di Xi
Dal Made in China 2025 alla Nuova via della seta, fino al recente scontro con gli Stati Uniti di Trump: la Cina è alla ricerca di egemonia globale o di un proprio spazio vitale?
di Emanuel Pietrobon – 10 Febbraio 2020
1 ottobre 1949: Mao Tze Tung pone fine alla sanguinosa guerra civile e proclama la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Primavera ed estate del 1989: sull’onda delle rivoluzioni colorate che poco alla volta stanno travolgendo il secondo mondo, facendo cadere i quarantennali regimi comunisti in tutto l’impero sovietico, una parte del popolo cinese insorge contro la dittatura e manifesta con forza, riempiendo le piazze della capitale. Quella che avrebbe potuto essere la primavera di Pechino – e sulla quale pesano ancora oggi le ombre delle interferenze straniere – finisce nel massacro di piazza di Tiananmen.
2013: Xi Jinping, da poco succeduto alla presidenza a Hu Jintao, dichiara all’oltre un miliardo di cittadini del paese di avere avuto una visione di grandezza e prosperità. Ribattezza quella visione il “sogno cinese” e, ai fini della sua realizzazione, annuncia Made in China 2025 e la cosiddetta Nuova Via della Seta.
2016: con l’ascesa dell’amministrazione Trump ha inizio il primo capitolo della guerra fredda del nuovo millennio, quella fra Stati Uniti e Cina.
Le date elencate sono senza dubbio importanti, ma per capire cosa si celi nella mente di Xi si devono dimenticare il 20esimo ed il 21esimo secolo e riaprire i libri di storia al capitolo dell’espansione imperialistica delle potenze europee e degli Stati Uniti in Asia nella seconda metà del 1800. La Cina del 19esimo secolo era molto diversa da quella attuale: era un impero in tremendo declino, i cui confini erano violati giornalmente dalle più grandi potenze del globo,
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Coronavirus: La morte del dottor Li Wenliang scuote la Cina
di Gordon G. Chang – 17 febbraio 2020
Pezzo in lingua originale inglese: Coronavirus: Death of Dr. Li Wenliang Rocks China
Traduzioni di Angelita La Spada
La malattia che sta flagellando il Paese potrebbe essere la “Chernobyl” della Cina, l’occultamento di un disastro che finirà per portare al crollo del regime.
- Molti analisti si aspettano che Pechino rilanci l’economia, ma questo è possibile solo se c’è un’attività economica sottostante. Con gran parte dell’economia ferma, non c’è molto da stimolare. Un’economia morta è una crisi esistenziale per un regime la cui base primaria di legittimazione è la promessa di garantire prosperità al popolo cinese.
- L’audacia delle recenti richieste mostra che, a causa dell’epidemia, il popolo cinese sta iniziando a perdere la paura di Xi e del Partito comunista. [L’ex premier australiano] Rudd e i propagandisti cinesi affermano che il partito supererà questa crisi, ma quando la gente non ha più paura, può accadere di tutto.
- “Se non ci danno una spiegazione, noi non ci arrenderemo”, ha detto Lu Shuyun, la madre del dottor Li Wenliang, chiedendo di sapere perché la polizia ha vessato suo figlio mentre cercava di salvare i pazienti.
- Il 7 febbraio, gli abitanti di Wuhan, nella Cina centrale, sottoposti a una rigida quarantena, nel sentire la notizia della morte del dottor Li Wenliang per il contagio da coronavirus, hanno aperto le finestre e hanno pianto. Altri sono scesi in strada per rendere sonoramente omaggio al medico “whistleblower”. Il dolore e la rabbia, espressi negli ultimi giorni nelle strade, dai balconi e sui social media, hanno raggiunto livelli senza precedenti.
Li era uno degli otto medici che a dicembre avevano messo in guardia dal pericolo della diffusione dell’epidemia e per questo erano stati redarguiti dal governo cinese. Le autorità cinesi lo avevano accusato di aver “diffuso notizie false e turbato l’ordine sociale” e a causa dei suoi coraggiosi sforzi era stato fermato, interrogato e costretto a firmare una dichiarazione di “autocritica” in cui ammetteva di aver affermato il falso. Di certo, ha contratto il virus nel tentativo di salvare i pazienti dell’ospedale centrale di Wuhan.
Il primo annuncio ufficiale della sua morte, giovedì sera, ha suscitato forte indignazione sui social media e nel tentativo di ammorbidire l’opinione pubblica, i media di Stato hanno poi detto che era vivo, ma gravemente malato. Il secondo annuncio ufficiale del suo decesso è rimbalzato con incandescente clamore. La censura cinese ha cancellato milioni di post sui social media a sostegno del giovane medico. Li aveva 34 anni.
Alcuni affermano che il sistema politico cinese sarà in grado di
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POLITICA
Apocalisse demografica di Mattarella e Carofiglio
Francesco Erspamer 18 02 2020
Mattarella, democristiano liberista messo al Quirinale da Renzi, e il renziano Carofiglio, celebrity e dunque intellettuale (così va oggi), lanciano l’allarme e stampa e televisione amplificano. Di che si tratta? Del fatto che la popolazione italiana è calata: 116mila cittadini in meno. Per cui siamo solo 60 milioni e 300mila, come nel 2014: una tragedia. Chissà come facevamo allora, o mezzo secolo fa, quando eravamo 50 milioni.
Si scordano di far notare, i profeti dell’apocalisse demografica, che la densità per km² è superiore alla media europea e mondiale e che restiamo uno dei paesi più sovrappopolati del pianeta – fra gli stati con più di 20 milioni di abitanti occupiamo il quindicesimo posto, appena sotto la Nigeria. Duecento abitanti per km², malgrado un territorio in buona parte montagnoso; la Francia ne ha 123, la Spagna 93, gli Stati Uniti 33.
Siamo troppi. Ma se la decrescita continuasse a questo ritmo (e non è affatto detto) ci vorrebbero ben dieci anni per tornare ai livelli del 2010. A me pare un processo morbido, graduale, non un tracollo come vogliono farvi credere Mattarella e Carofiglio. E spero che continui a lungo per poi stabilizzarsi sui 40 milioni di abitanti. Il mondo dovrebbe seguire il nostro esempio. Se non ora, quando? Visto che gli stessi liberisti che vogliono più figli prevedono un drastico calo dell’occupazione a causa dell’automazione. Ma allora perché non gli va bene? Non lo sanno che in un paese e in un pianeta di dimensioni finite, a un certo punto ci si dovrà fermare in ogni caso? E che più tardi ci si ferma, meno risorse saranno disponibili? Perché non ora?
Perché il capitalismo non sa fare altro che crescere e senza crescita muore. Non smetterà mai, neppure davanti al rischio o alla certezza della fine della civiltà o dell’annientamento della nostra specie. Non illudetevi che possano ravvedersi, i ricchi e gli speculatori: l’avidità è la loro natura, come quella dello scorpione della favola è colpire la rana che lo sta portando in salvo fuori dal fiume, anche se così ucciderà sé stesso. Il successo li ha convinti di essere onnipotenti: siccome sanno moltiplicare il denaro, credono di poter moltiplicare qualunque cosa, anche i pani e i pesci. Ma non è vero, sanno solo depredare ciò che natura e civiltà hanno accumulato nei secoli.
Mattarella e Carofiglio vogliono più immigrati, per realizzare il sogno liberal di un’Italia multiculturale, all’americana, e di un mondo omogeneizzato dal consumismo; la Lega preferirebbe più piccoli italiani, per tenerci puri. Posizioni differenti ma concordi su un punto: l’importante è che ci siano tanti lavoratori da sfruttare, tanti miserabili da aizzare gli uni contro gli altri, tanti disperati da stordire con gadget inutili. Ci sono già milioni di poveri, in Italia: dai, creiamone di più, che conviene ai vincenti.
La soluzione non è crescere: è distribuire in maniera equa l’enorme ricchezza disponibile, in modo da vivere meglio tutti, senza eccessi e senza sprechi.
https://www.facebook.com/100003196950060/posts/2683351535114719/
Macché crisi di governo, è solo normalizzazione…
di Dante Barontini
La crisi infinita della politichetta italiana sta collassando. Non esiste più alcuna differenza apprezzabile tra i vari “schieramenti politici”. L’unica novità sta nell’annullamento di quanto resta della “alternativa” malamente rappresentata per un decennio dai Cinque Stelle.
Pura normalizzazione, insomma, condotta per via di logoramento quotidiano.
I due attori principali, per il momento, sono gli stessi che da un quinquennio dominano la scena mediatica: “i due Matteo”. Come in un serial ormai stanco e ripetitivo…
Che un governo possa cadere per via di una cosa poco chiara ai più, come la “prescrizione”, è indicativo del fatto che i veri giochi si stanno facendo su tutt’altro. E che ad aprire la crisi sia il gruppo di interesse – nessuno riuscirebbe a prendere sul serio “Itala viva” come “partito” – che meno di tutti ha la possibilità di trarre vantaggio da eventuali elezioni anticipate, la dice lunga sul ruolo di “killer su commissione” affidato a Renzi & co.
La prescrizione
Togliamo di mezzo questo tema, fonte solo di confusione. In qualsiasi paese di “democrazia liberale” – che è cominciata ad esistere affermando l’habeas corpus, ossia il diritto ad essere processati restando uomini liberi fino alla condanna (con tante e non sempre ovvie eccezioni) – il sistema giuridico deve tenere insieme due esigenze opposte: perseguire chi commette un reato, violando le leggi, e farlo in un processo che abbia “tempi ragionevoli”. Un’ottima panoramica è offerta, una volta tanto, dal Corriere della Sera.
La seconda esigenza, come è logico, vale soprattutto nei processi penali, in cui – a seconda della gravità del reato contestato – l’indagato può essere sottoposto a carcerazione preventiva; ossia in una condizione che equivale a scontare concretamente una condanna anche se non è ancora stata sentenziata né trasformata in definitiva.
Nei processi civili, dove ci sono in ballo “solo” soldi e proprietà, ma non la libertà personale, non esiste prescrizione. E infatti i tempi di celebrazione sono sempre infiniti. Alcune sentenze arrivano dopo diversi decenni, e interessano a quel punto gli eredi dei danti causa. Chi ci è passato sa che spesso è “normale” veder fissare la successiva udienza (e ogni processo, anche banale, ne prevede diverse) anche anni dopo. Impensabile che questo possa avvenire con persone imprigionate e che dunque potrebbero essere innocenti e, in percentuali rilevanti, lo sono.
La “riforma Bonafede” era ed è un’infamia da sbirri, perché blocca la prescrizione senza garantire “tempi certi e ragionevoli” allo svolgimento dei processi penali. E quindi crea un regime in cui delle persone possono restare sotto processo, e spesso in galera, per un tempo imprecisato.
Qualche “sinistro” equivoca sull’argomento, portando esempi di processi “finiti in prescrizione” che riguardavano potenti, imprenditori, ricchi in genere. Ed è ovviamente vero che “finire in
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STORIA
San Gregorio Magno e il Coronavirus del suo tempo
Roberto de Mattei – 19 febbraio 2020
Un alone di mistero avvolge il Coronavirus, o Covid-19, di cui non conosciamo né l’origine, né i reali dati di diffusione, né le possibili conseguenze. Ciò che però sappiamo è che le pandemie sono sempre state considerate nella storia come flagelli divini e che l’unico rimedio che la Chiesa ha opposto ad esse è stata la preghiera e la penitenza. Così accadde a Roma nell’anno 590, quando Gregorio della famiglia senatoriale della gens Anicia, fu eletto Papa con il nome di Gregorio I (540-604).
L’Italia era sconvolta da malattie, carestie, disordini sociali e dall’onda devastatrice dei Longobardi. Tra il 589 e il 590, una violenta epidemia di peste, la terribile lues inguinaria, dopo aver devastato il territorio bizantino ad Oriente e quello dei Franchi ad Occidente, aveva seminato morte e terrore nella penisola e si era abbattuta sulla città di Roma. I cittadini romani interpretarono questa epidemia come un castigo divino per la corruzione della città. La prima vittima mietuta a Roma dalla peste fu papa Pelagio II, che morì il 5 febbraio 590 e fu sepolto in San Pietro. Il clero e il senato romano elessero come suo successore Gregorio che, dopo essere stato praefectus urbis, viveva nella sua cella monacale sul monte Celio. Dopo essere stato consacrato il 3 ottobre 590, il nuovo Papa affrontò subito il flagello della peste. Gregorio di Tours (538-594), che fu contemporaneo e cronista di quegli eventi, racconta che in un memorabile sermone pronunciato nella chiesa di Santa Sabina, Gregorio invitò i romani a seguire, contriti e penitenti, l’esempio degli abitanti di Ninive: «Guardatevi intorno: ecco la spada dell’ira di Dio brandita sopra l’intero popolo. La morte improvvisa ci strappa dal mondo, senza quasi darci un minuto di tempo. In questo stesso momento, oh quanti son presi dal male, qui intorno a noi, senza neppure potere pensare alla penitenza».
Il Papa esortò quindi a sollevare lo sguardo a Dio, il quale permette tali tremendi castighi al fine di correggere i suoi figliuoli e, per placare la collera divina, ordinò una «litania settiforme», cioè una processione dell’intera popolazione romana, divisa in sette cortei, secondo il sesso, l’età e la condizione. La processione mosse dalle varie chiese di Roma verso la Basilica Vaticana, accompagnando il cammino con il canto delle litanie. È questa l’origine delle cosiddette Litanie maggiori della Chiesa, o rogazioni, con cui preghiamo Dio di difenderci dalle avversità. I sette cortei muovevano attraverso gli edifici dell’antica Roma, a piedi nudi, a passo lento, il capo coperto di cenere. Mentre la moltitudine percorreva la città, immersa in un
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