RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
31 MARZO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Perciò Orfeo chiamò questo ordinamento Notte,
in quanto al di sopra del fulgore visibile di quel cielo .
Frammenti Orfici, TEA, 1989, Pag. 67 – a cura di Giorgio Colli
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
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Precisazioni
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SOMMARIO
Golpisti all’ombra del coronavirus
CREO UN VIRUS
Letta insulta Meloni e Salvini per difendere la Merkel e il Mes
Crowley Lake e il mistero delle colonne di pietra, California, USA
Come Netflix cambia canale per non pagare imposte
Autoanalisi Surrealista
Andrà tutto bene
Verranno a casa e vi faranno il tampone
SE QUESTO É ANCORA UNO STATO?!
In America si dice “good cop, bad cop”
Quello che i Draghi non dicono
Dai su, che fra tre anni ne siamo fuori…
La strage delle illusioni: il pensiero politico leopardiano contro la modernità
Telecom Sparkle, Unicredit e Generali. Che cosa si dice tra Copasir e Servizi
Morire a 17 anni negli Stati Uniti: non aveva un’assicurazione sanitaria e l’ospedale lo ha allontanato
L’inganno della sostenibilità
Super Mario col pilota automatico
BlackRock, ecco fini e minacce del fondo americano super green di Fink
Prof Sinagra: magistratura corrotta, una verità scomoda
CORONAVIRUS? ONG TEDESCA RIPARTE IN DIREZIONE LIBIA PER PRELEVARE MIGRANTI
Saviano promuove raccolta fondi per prelevare migranti
“Rischio 47 milioni di disoccupati”. Lo studio che ha terrorizzato Trump
STATO ITALIANO & UE (Società a Responsabilità Limitata)
Diana Johnstone: “Non vogliamo cambi di regime artificiali, ma movimenti autenticamente critici di cittadini europei”
CHI È, COSA HA FATTO E COSA STA FACENDO DONALD TRUMP
SETTE DOMANDE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIUSEPPE CONTE
La “leva di Wallerstein”
Cina: riconoscimento facciale obbligatorio per acquistare un cellulare
Prodi confessa: “avevo il compito obbligatorio di privatizzare”
Paolo Barnard: “Prodi è un sicario che ha distrutto le imprese italiane”
EDITORIALE
Benvenuti all’inferno 3D
Manlio Lo Presti – 31 marzo 2020
L’attuale governo Badoglio 2.0 continua a diffondere l’approvazione di un finanziamento di ben 400 milioni ai Comuni. Come precisato da pochissimi sindaci coraggiosi e poco pubblicizzati e che dovranno stare attenti a non essere suicidati prossimamente per incidente stradale, i dineros tanto strombazzati sono destinati alla copertura di “spese di gestione ordinaria”. Questi fondi insomma erano già stati deliberati in tempi non sospetti e ora spacciati per intervento salvifico!
Siamo alle solite! Continua la diffusione di notizie contraffatte, cioè false a metà e quindi apparentemente più plausibili.
Siamo un popolo di arabo-turco-messicani-sefarditi il cui criterio guida – molto orientale – è il seguente:
Dire e non fare
Fare e non dire
Mentire e fare a metà
Se la menzogna investe questo finanziamento di dimensioni modeste, immaginiamo la favolistica onirica autistica che informa i criteri di comunicazione di finanziamenti e provvidenze riguardanti cifre maggiori, cifre – sempre irrogate ex gratia dall’alto.
Ricordiamocelo per il futuro!
La menzogna è inoltre garantita dalla totale e verticale estromissione del Parlamento e conta sul silenzio colpevole e delinquenziale della quasi totalità dei parlamentari ciascuno dei quali è individualmente frontalmente esecutivamente ricattato e in condizioni di non reagire!
Il mancato controllo parlamentare ed il richiamo martellante all’urgenza-fate-presto consente altresì di adottare misure di controllo elettronico di massa con droni, braccialetti elettronici, imposizione di controllo capillare della popolazione contro la volontà individuale, di invisibili microchip epidermici incollabili sulla pelle con la scusa della disinfezione epidermica, ingeribili con bevande o cibi, o iniettabili con fiale di vaccini imposti al “gregge” (1) dietro minacce di carcerazione e/o sanzioni monetarie, sequestri di beni, ecc. ecc. ecc.
Il gregge deve rimanere a casa finché saranno poste in distribuzione vaccini e disponibili tecnologie elettroniche di sorveglianza a distanza.
POI L’ESERCITO DI TERRA DI MARE E DI ARIA , CONGIUNTAMENTE CON I RANGHI DELLE 7 POLIZIE NAZIONALI E LOCALI, PASSERA’ ALL’AZIONE A TAPPETO SUL TERRITORIO CASA PER CASA.
E’ IL FATE-PRESTO-CE-LO-CHIEDE-L-OMS che giustificherà tutti questi abusi violenti contro la popolazione, ALLA FACCIA DELLE TUTELE COSTITUZIONALI.
Mentre tutti continuano a focalizzare la propria attenzione sulle procedure e non sull’analisi globale
mediante una visione panoramica delle questioni,
ESSI agiscono in fretta.
Benvenuti all’inferno 3D!!!!!!!!!!!!!!
IN EVIDENZA
Golpisti all’ombra del coronavirus
Mentre le popolazioni hanno gli occhi puntati sui dati della progressione del contagio da coronavirus, nei governi è in atto un profondo riassetto, che consente ai gestori della salute pubblica di prendere il sopravvento sui politici. Dietro le quinte, banchieri e militari si agitano sperando d’accaparrarsi il potere e d’usarlo a proprio vantaggio.
- Il 1° febbraio il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Mark Esper, ha dato istruzioni al generale Terrence J. O’Shaughnessy di tenersi pronto. Il 13 febbraio, davanti alla Commissione Senatoriale per le Forze Armate, il generale ha dichiarato di prepararsi allo scenario peggiore. In caso di catastrofe sanitaria, il piano di “continuità del governo” farebbe di O’Shaughnessy il dittatore (nel senso antico del termine) degli Stati Uniti.
Il primato della logica amministrativa sulla logica politica
Numerosi governi di Paesi industrializzati hanno deciso di rispondere all’epidemia di COVID-19 mettendo in isolamento la popolazione. Questa strategia non si fonda sulla medicina, che mai ha confinato le persone sane, bensì sulla necessità di gestire al meglio gli strumenti sanitari, per prevenire l’ingorgo degli ospedali provocato dal riversamento in massa dei malati. Pochi sono i Paesi industrializzati che, come la Svezia, hanno rifiutato un approccio amministrativo dell’epidemia, optando invece per una scelta di carattere medico, che non impone un isolamento generalizzato.
Quindi, la prima lezione da trarre è che nei Paesi sviluppati la logica amministrativa prevale sull’esperienza medica.
Pur privo di competenza specifica, non dubito che, per contrastare una malattia, millenni di tradizione medica possano essere più efficaci degli accorgimenti burocratici. Del resto, se osserviamo i dati, constatiamo che la Svezia al momento registra dieci morti ogni milione di abitanti; l’Italia ne piange invece 166. Naturalmente siamo solo all’inizio dell’epidemia e Italia e Svezia sono Paesi tra loro molto diversi. È però probabile che l’Italia dovrà fronteggiare una seconda e poi una terza ondata di contaminazione, mentre la Svezia, avendo raggiunto l’immunità di gregge, ne sarà protetta.
La preminenza dei gestori della Sanità sugli eletti del popolo
Stabilito questo, l’isolamento generalizzato delle persone sane nuoce non solo all’economia, ma anche alle modalità di governo. Un po’ ovunque vediamo la parola dei politici farsi da parte e lasciare posto a quella degli alti funzionari della Sanità, ritenuti più autorevoli. Ed è logico, giacché la misura dell’isolamento è un provvedimento puramente amministrativo. Abbiamo collettivamente accettato di batterci per gli ospedali e di metterci al riparo dalla malattia, invece di combatterla.
È però sotto gli occhi di tutti che, al di là di quanto ci viene mostrato, non abbiamo migliorato in efficacia. Per esempio, gli Stati dell’Unione Europea non sono in grado di fornire con tempestività equipaggiamenti sanitari e medicine. La colpa è delle regole ordinarie. Un esempio: la globalizzazione economica ha fatto sì che ci sia un solo produttore di respiratori artificiali e che sia cinese. Le procedure ordinarie degli appalti richiedono diversi mesi prima di vederne gli esiti e i politici non sono più lì per scavalcare le procedure. Soltanto gli Stati Uniti sono stati in grado di risolvere immediatamente il problema, grazie alla requisizione d’imprese.
La Francia, che durante la seconda guerra mondiale ha vissuto con Philippe Pétain una dittatura amministrativa denominata Stato Francese, ha già vissuto tre decenni di occupazione del potere politico da parte di alti funzionari. Si è così parlato di ENArchia [monopolio delle alte funzioni pubbliche da parte degli enarchi, i diplomati dell’École Nationale d’Administration, Scuola Nazionale di Amministrazione, con sede a Strasburgo, ndt]. Un sistema che, come accaduto con Pétain, pur senza esserne consapevole, ha privato i politici della conoscenza dei meandri dell’amministrazione, che consentiva loro la somma di mandati locali e nazionali. Ora gli eletti sono meno ben informati degli alti funzionari e li controllano con grande difficoltà.
Così come gli alti funzionari della Sanità si trovano all’improvviso investiti di un’autorità che normalmente non compete loro, anche i banchieri e i militari aspirano ad analogo avanzamento a spese dei politici.
I banchieri rintanati nell’ombra
L’ex cancelliere dello scacchiere (ministro delle Finanze) e in seguito primo ministro britannico, Gordon Brown, ha pubblicato una libera tribuna sul Financial Times [1] ove auspica che la paura del COVID-19 possa servire a realizzare quanto non si è riusciti a fare con la crisi finanziaria del 2008. All’epoca, Brown non riuscì a ottenere l’istituzione di un governo finanziario mondiale e dovette accontentarsi di una semplice concertazione con il G20. Secondo Brown, oggi si potrebbe cogliere l’opportunità di creare un governo della Salute Mondiale e pensare a quali potenze dovrebbero essere associate ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.
Non c’è ragione alcuna di ritenere che un governo mondiale sarebbe più efficace dei governi nazionali. Una cosa però è certa: sfuggirebbe a qualunque forma di controllo democratico.
Questo progetto non ha maggiori possibilità di successo del governo finanziario mondiale. Del resto, Gordon Brown era anche un accanito sostenitore della permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. E anche in quest’occasione ha perso.
Lo Stato profondo rintanato nell’ombra
Il 30 gennaio 2020 l’OMS ha dichiarato lo «stato d’emergenza della sanità pubblica di portata internazionale». Il giorno successivo, il segretario alla Difesa, Mark Esper, ha firmato in segreto un Warning Order (messa in stato d’allerta) con cui si stabilisce che il NorthCom deve prepararsi a un’eventuale applicazione delle nuove regole di “continuità di governo”.
Queste regole sono classificate Above-Top Secret, ossia vengono comunicate esclusivamente a chi ha il massimo livello di abilitazione e dispone di un accesso nominativo speciale (Special Access Program).
Ricordiamo che il principio di “continuità del governo” è stato elaborato agli inizi della guerra fredda allo scopo di proteggere gli Stati Uniti in caso di guerra nucleare con l’Unione Sovietica e di morte o impedimento del presidente, del vicepresidente e del presidente della Camera dei Rappresentanti. Secondo una direttiva scritta del presidente Dwight Eisenhower, in tal caso, un governo militare avrebbe dovuto subentrare per assicurare immediatamente la continuità del comando, per l’intera durata della guerra, e comunque fino al ristabilimento delle procedure democratiche [2].
Il governo sostitutivo è stato richiesto una sola volta: l’11 settembre 2001 dal coordinatore nazionale per la lotta al terrorismo, Richard Clarke [3]. Ma, sebbene il Paese stesse subendo un tremendo attacco, né il presidente né il vicepresidente né il presidente della Camera dei Rappresentanti erano morti o incapaci, il che m’indusse a ritenere si trattasse di un colpo di Stato. In ogni caso, il presidente George Bush Jr. è rientrato nelle sue piene funzioni la sera stessa, ma non è mai stato spiegato quanto sia accaduto nelle dieci ore di sospensione dell’autorità presidenziale [4].
In un articolo pubblicato su Newsweek [5] il migliore specialista del Pentagono, William Arkin, afferma che oggi esistono sette piani distinti:
Rescue & Evacuation of the Occupants of the Executive Mansion (RESEM) per la protezione del presidente, del vicepresidente e delle loro famiglie.
Joint Emergency Evacuation Plan (JEEP) per la protezione del segretario alla Difesa e dei principali capi militari.
Atlas Plan per la protezione di membri del Congresso e della Corte Suprema.
Octagon, di cui non si sa nulla.
Freejack, parimenti sconosciuto.
Zodiac, di cui s’ignora il contenuto.
Granite Shadow, che prevede il dispiegamento di unità speciali a Washington, nonché stabilisce le condizioni per l’utilizzo della forza e per il trasferimento degli spazi sotto l’autorità militare [6].
Sia chiaro che il RESEM ha lo scopo di proteggere il presidente e il vicepresidente, ma può essere messo in atto solo dopo la loro morte o in caso di loro impedimento.
Comunque sia, la messa in atto di questi sette piani spetterebbe al Comando militare degli Stati Uniti per l’America del Nord (NorthCom), sotto la responsabilità di un illustre sconosciuto, il generale Terrence J. O’Shaughnessy.
È bene ricordate che, secondo il diritto statunitense, O’Shaughnessy diventerebbe il dittatore degli Stati Uniti solo in caso di morte o impedimento delle tre principali cariche elettive dello Stato federale, ma che invece il suo predecessore, generale Ralph Eberhart, ha esercitato questi poteri straordinari senza che ne ricorressero le condizioni. Oggi Eberhart dirige, a 73 anni, le principali società di avionica militare USA.
Il 13 febbraio il generale O’Shaughnessy ha affermato davanti alla Commissione senatoriale delle Forze Armate che il NorthCom si sta preparando al peggio ed è in collegamento quotidiano con gli altri dieci comandi centrali degli Stati Uniti, che hanno in carico altrettante regioni del pianeta [7].
Il NorthCom ha potere non soltanto sugli Stati Uniti, ma anche su Canada, Messico e Bahamas, e, in virtù di accordi internazionali, può, di propria iniziativa, dispiegare truppe USA in questi tre Stati.
Nel 2016 il presidente Barack Obama firmò la segretissima Direttiva Politica Presidenziale n. 40 (Presidential Policy Directive 40) sulla «Politica di continuità nazionale» (National Continuity Policy). L’amministratore dell’Agenzia per la Gestione delle Emergenze (FEMA), Craig Fugate, due giorni prima che Donald Trump assumesse le funzioni di presidente firmò la Direttiva di Continuità Federale n. 1 (Federal Continuity Directive 1) che ne precisa alcune modalità di funzionamento a livello inferiore.
Hanno pensato a tutto e sono pronti al peggio. L’epidemia è la scusa per passare ai fatti. All’improvviso, gli interrogativi del portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, su una possibile disseminazione deliberata del virus da parte delle forze armate USA assumono pieno significato.
[1] “End the dog-eat-dog mentality to tackle the crisis”, Gordon Brown, Financial Times (UK), Voltaire Network, March 26, 2020.
[2] Continuity of Government: Current Federal Arrangements and the Future, Harold C. Relyea, Congresionnal Research Service, August 5, 2005.
[3] Against All Enemies: Inside America’s War on Terror, Richard Clarke, Free Press (2004).
[4] A Pretext for War: 9/11, Iraq, and the Abuse of America’s Intelligence Agencies, James Bamfort, Anchor Books (2005).
[5] “Exclusive: Inside The Military’s Top Secret Plans If Coronavirus Cripples the Government”, William M. Arkin, Newsweek, March 18, 2020.
[6] “Top Secret Pentagon Operation “Granite Shadow” revealed. Today in DC: Commandos in the Streets?”, William Arkin, Washington Post, September 25, 2005.
[7] Hearing to receive testimony on United States Northern Command and United States Strategic Command in review of the Defense Authorization Request for fiscal year 2021 and the future years Defense Program, Senate Committe on Armed Service, February 13, 2020.
CREO UN VIRUS
Stefano Orecchioni 25 03 2020
1- CREO UN VIRUS, ANZI PER COMODITÀ SFRUTTO QUELLO DELL’INFLUENZA GIÀ ESISTENTE.
2- LO PROPAGO DOVE HO INTERESSI
3-ORDINO ALL’OMS DI ANNUNCIARE LA “ PANDEMIA” E POI CREO IL PANICO ATTRAVERSO LA TV
4- CREO LA CRISI ECONOMICA CHE CERCO
5- FACCIO UN PO DI PULIZIA DI MALATI E PENSIONATI CHE MI COSTANO SOLO SOLDI
6- CONTROLLO TOTALMENTE LA POPOLAZIONE CON TELECAMERE DI SORVEGLIANZA E DRONI
7- CREO IL VACCINO
8- IMPONGO LA VACCINAZIONE CREANDO UNA LEGGE AD HOC
9- VENDO COSI’ IL VACCINO NEI PAESI CHE HO DESTABILIZZATO
10- I VACCINI SI PAGHERANNO (RICERCA E APPLICAZIONE) CON CIFRE ESORBITANTI DA DENARO PUBBLICO
11- IL VACCINO INOLTRE, CONTIENE IL MICROCHIP CHE DA TEMPO CERCAVO DI IMPIANTARE A QUESTI FESSI, ADIUVANTI TOSSICI E METALLI PESANTI
12- GLI AVVOLTOI FINANZIARI SFRUTTANO IL CAOS PER FARE AFFARI
13- FINE DEL VIRUS E QUINDI DELLA PANDEMIA.
HANNO MESSO IN ATTO DI NUOVO IL CRIMINE PERFETTO.
….Insomma …mancano solo gli ALIENI, e poi siamo apposto
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=3672191409489358&id=100000956055038
Letta insulta Meloni e Salvini per difendere la Merkel e il Mes
31, marzo, 2020
“Quello che sta succedendo è tremendamente in linea con la crisi del 2008. Siamo di nuovo lì, al tabù tedesco del deficit, dell’inflazione e della mutualizzazione del debito. Al ‘Whatever it takes’ di Draghi e alla nascita del Fondo salva-Stati, Angela Merkel ci arrivò con quattro anni di ritardo, un tempo letale. L’ho sempre molto stimata” ma “mi preoccupa questa drammatica carenza di leadership”.
È quanto afferma Enrico Letta in un’intervista al Corriere della Sera. Letta sostiene che “i Paesi che frenano sugli aiuti, come Olanda, Germania e Svezia, sono quelli ancora aperti perché non hanno visto i cortei di bare, è triste dirlo”. Poi aggiunge: “Ma ora i nuovi epicentri sono Londra e New York, che non sono né meridionali, né spendaccioni, quindi il dito puntato su Italia e Spagna non ha più senso. I governi del Nord Europa devono imparare la lezione e muoversi per tempo, senza aspettare”.
Quindi “il no olandese e tedesco sono dei no alla Salvini, la cui filosofia ha fatto all’Europa un danno culturale”. “Se al governo di Berlino ci fosse lui, manderebbe al diavolo gli italiani chiamandoli terroni” ma “se tu imposti la battaglia politica nella logica mortifera del prima gli italiani, che solidarietà puoi chiedere?” si chiede l’ex premier nell’avanzare una sua proposta alla Ue che consiste nel mettere in campo una soluzione che “dia vantaggi a tutti e sia finanziata da tutti, per arrivare a un grande scudo europeo che protegga imprese, lavoratori, famiglie”, come per altro ha affermato il presidente dell’Aula di Bruxelles, David Sassoli, proprio qualche giorno fa in. Un colloquio con il quotidiano di via Solferino.
Quanto al rischio che l’Europa possa soccombere, Letta dice che “lo ha detto nel suo appello Jacques Delors” e “se è tornato a parlare ora, è perché il pericolo mortale esiste”.
Secondo Letta, poi, “la propaganda politica ha trasformato in zombie i due principali strumenti esistenti” come il Mes e gli eurobond, per aggiungere: “Io sono favorevole agli eurobond, che i nordici non vogliono perché pensano di dover pagare il nostro debito. Ma si possono fare senza trasferimento di soldi da loro a noi. Dobbiamo, insieme, costruire uno strumento europeo per battere la crisi”.
Quanto al Mes, invece, “da noi è diventato tabù per colpa di Salvini, Meloni e dei 5 Stelle, alla ricerca di un nemico fantomatico”, sostiene Letta, ma “nessuno – dice – vuole il Mes come per la Grecia, quella è una storia finita, piena di ombre” mentre il Mes “ha in cassa 410 miliardi e le regole di ingaggio si possono cambiare. Non poterlo nemmeno citare, a causa di una propaganda schizofrenica che ha avvelenato i pozzi, è un assurdo tabù nominalistico”.
Per l’ex presidente del Consiglio invece l’idea è quella di avviare “un grande Corona deal europeo, sul modello del Green new deal, per rilanciare l’economia e garantire la resilienza di questa fase che sarà lunga”. Un’operazione gestita “da tutti i Paesi” e finanziata “con tutte le risorse disponibili, tra cui una emissione di bond dalla Bei, usando i soldi del Mes senza condizionalità”.
“Se costruisci uno scudo Ue da centinaia di miliardi di euro – prosegue Letta – scateni una potenza di fuoco, esci dalle logiche della Troika ed eviti di aprire la discussione della mutualizzazione del debito”. Possibili rischi all’orizzonte? “Con queste regole il rischio non esiste. E poi ci sarebbe Gentiloni in cabina di regia” assicura l’ex premier. AGI.IT
FONTE:https://www.imolaoggi.it/2020/03/31/letta-insulta-meloni-e-salvini-per-difendere-la-merkel-e-il-mes/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Crowley Lake e il mistero delle colonne di pietra, California, USA
Agnès Tiberty 23 12 2019
Queste maestose colonne sono considerate un vero capolavoro geologico e si trovano lungo le rive del lago Crowley, una riserva d’acqua sul fiume Owens in California. Le origini del fenomeno sono ancora avvolte da un velo di mistero e oggetto di studio da parte degli esperti.
Il lago fu creato nel 1941 con la costruzione della diga di Valle Lunga da parte del dipartimento di acqua e di elettricità di Los Angeles e quando il livello del lago si è drasticamente ridotto queste formazioni rocciose sono emerse rivelando tutto il loro splendore.
Più di 5 mila colonne di roccia porosa, alte 20 metri e con una struttura che varia per forma, colore e dimensione: alcune sono grigiastre e dritte, altre sono piegate e di colore rosa.
I recenti studi di un gruppo di geologi dell’Università della California, che ha analizzato alcune porzioni delle formazioni attraverso l’uso di raggi X e microscopi elettronici, hanno portato alla scoperta di piccolissimi spazi interni, creati da una composizione minerale resistente all’erosione.
Sono così giunti a ipotizzare che le colonne siano il risultato della fusione tra l’acqua gelida e la cenere causata da una violentissima esplosione vulcanica avvenuta ben 700 mila anni fa. Si stima anche che, oltre alle colonne già scoperte e sparse in un’area di tre miglia quadrate, molte di esse siano ancora sepolte.
In attesa che l’enigma su questo tempio naturale sia risolto, non ci resta altro che gioire ammirando lo scenario mozzafiato che ci offre.
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2775511825839124&id=100001410008695
Come Netflix cambia canale per non pagare imposte
Netflix ha spostato profitti fino a 430 milioni di dollari verso paradisi fiscali nel 2018. Lo rivela un rapporto di TaxWatch, un think tank di Londra che monitora le politiche fiscali delle multinazionali nel Regno Unito.
Nel 2018, nonostante profitti globali pari a 1,2 miliardi di dollari ed entrate stimate per circa 860 milioni di sterline, Netflix non ha pagato alcuna imposta nel Regno Unito.
Secondo un rapporto di TaxWatch, «No Tax and Chill. Netflix’s offshore network», la piattaforma di streaming on demand più famosa al mondo ha spostato profitti fino a 430 milioni di dollari dalle sue filiali internazionali verso paradisi fiscali nel 2018.
Da un’analisi dei conti della società di streaming video negli Stati Uniti, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito, infatti, è emerso che anche Netflix utilizza una rete di società offshore per spostare i profitti nelle giurisdizioni più favorevoli ed evitare di pagare le imposte.
In Gran Bretagna, ad esempio, sebbene Netflix gestisca alcune società a Londra, le vendite nel Regno Unito vengono fatturate da una società offshore con sede nei Paesi Bassi, che a sua volta acquista servizi dalla filiale britannica di Netflix con un margine basso, con conseguenti scarsi profitti o tasse sia nel Regno Unito che nei Paesi Bassi, dove la società olandese paga miliardi ad altre società Netflix sconosciute, lasciando i Paesi Bassi a bocca asciutta.
Sebbene Netflix gestisca alcune società a Londra, le vendite nel Regno Unito vengono fatturate da una società offshore con sede nei Paesi Bassi. Questa società acquista servizi dalla filiale britannica di Netflix con un margine basso, con conseguenti scarsi profitti o tasse nel Regno Unito.
Secondo il rapporto, anche i Paesi Bassi beneficiano poco di questo schema poiché la società olandese paga miliardi ad altre società Netflix sconosciute, lasciando anche in Olanda scarsi profitti.
FONTE:https://www.startmag.it/economia/come-netflix-cambia-canale-per-non-pagare-imposte/?ct=t(RSS_EMAIL_CAMPAIGN)
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Autoanalisi Surrealista
Se faccio una analisi profonda su di me e la estendo a ogni episodio di cui ho memoria, di ogni evento di cui sono parte, di ogni sensazione e di ogni percezione, rimane un unico denominatore comune, costante e insopprimibile.
Ora però prima si svelarlo (cosa che farò tra poche righe) devo anticipare che ogni volta che direttamente o indirettamente tiro fuori l’argomento, vengo sempre tacciato per quello che “vuole accentrare su di sé l’attenzione“, vuole “fare il figo” o “la gara” anche se in via un po’ autistica. Non nascondo che ho certamente dei tratti nello spettro, mi riconosco un poco autistico e per questo ho voluto approfondire la questione facendone argomento della mia vita. Ma un conto è il desiderio di esaltare l’ego, un altro è il desiderio di capire e comunicare che con l’ego non centrano un fico secco. Non si può sopprimere il desiderio di comunicare senza manifestare una patologia che va oltre l’autismo anche nelle forme più gravi: lo stato vegetativo non è esattamente l’autismo e tra l’altro Edgar Allan Poe ci suggerisce con i suoi romanzi che l’incapacità di comunicare non implica la soppressione del desiderio di stabilire un contatto.
Quel denominatore comune quindi, non è qualcosa che percepisco come “un esaltazione egoica“, qualcosa di cui andare fiero o essere orgoglioso, ma al contrario un peso sgradevole tremendo, sulla soglia dell’insopportabile. Tanto che morire sarebbe un sollievo per me anche se la sofferenza che può precedere la morte mi incute timore. L’unica cosa più forte è la mia morale che non accetta il suicidio (in nessuna forma) come soluzione.
Allo stesso tempo però non vorrei che si creassero delle forme “simpatetiche” tra me e il lettore, tipo “anche io sono fatto così“, non perché voglio fare l’antipatico e non mi piace la simpatia, ovviamente. Tutt’altro! Solo che è qualcosa di troppo intimo e non saprei confermare se davvero è così, questo richiederebbe per ciò un “processo di verifica” che risulterebbe eccessivamente invasivo, intollerabile per chiunque, anche un santo! Quindi ognuno valuti in silenzio se per lui vale lo stesso e non me lo faccia sapere, per favore.
Vengo al dunque: l’unica costante che trovo nel mio profondo, in tutto il mio percorso di vita è l’affermazione “non centro niente“, nel senso che non riesco a sentirmi completamente parte di niente. Nessun evento, nessun pensiero, nessun contesto che mi coinvolga. Ad esempio la religione cattolica: riconosco tratti che mi suonano “famigliari” ma con me “quella roba lì” così com’è “non centra niente“. A questo si abbina la domanda correlata: “cosa ci faccio qui?” a cui segue pedissequamente “non centro niente“. Aggiungo che quella percezione (non verbale) non intende sollevarmi da nessuna responsabilità, anzi, tutto l’opposto, mi costringe ad essere responsabile per qualunque cosa e di qualunque cosa. Se io infatti non centro niente perché non so cosa ci faccio qui, qualsiasi tentativo di comunicare provoca disturbo, esattamente come farebbe un “estraneo“, almeno in parte. Io mi sento così quindi, qualcuno o qualcosa che a prescindere “disturba” e che (suo malgrado) non può nemmeno fare a meno di comunicare. Posso anche stare in silenzio (e riesco a farlo per tempi molto lunghi senza soffrirne, ci ho provato) ma tanto il corpo è una specie di diapason: basta e avanza il pensiero per “disturbare” me e l’ambiente insieme! Quindi il mutismo rimane una forma di fuga inutile e patetica.
Uno dei miei sogni (si lo so, non me lo dite che “sono io il disturbato” … è una battuta che faccio spesso a me stesso) è sperimentare la macchina di deprivazione sensoriale per un tempo indefinito. Cioè sigillare il mio corpo dentro un ambiente isolato dove ogni senso sia disattivato e tanti saluti. Che non è “normale“, non c’è bisogno che me lo si dica. Non credo che siano in molti ad avere questo sogno. Il dr. Lilly che inventò l’apparecchio (una vasca) lo fece solo perché voleva capire cosa succedeva deprivando il corpo dei sensi e una volta capito che veniva compromessa la stabilità psicologica fino al crollo e alla morte (però per completezza ce da aggiungere che lui faceva anche un uso della vasca combinato con LSD) non è mai stato consentito per applicazioni civili di spingersi oltre un esperienza di qualche minuto. Un esperienza cioè “pericolosa” quanto una giostra da luna park.
Io ho voluto provare l’apparecchio e dopo qualche tribolazione ci sono riuscito. Non so se ancora sia possibile, ma certi centri di rilassamento lo permettevano almeno fino alla fine degli anni ’90 con vasche ricavate da quelle originali per principio, ma che consentono una permanenza “lunga” di non oltre 10 minuti (per la tutela dell’integrità psicofisica dei clienti e per la sicurezza legale del servizio, ovviamente). Quando ho provato, subito (ed è raro) ho sperimentato un senso di leggerezza e di pace che non credevo nemmeno possibile (prima) al punto che mi ha dato sinceramente molto fastidio “smettere” e me ne sono lagnato con il gestore, ma lui non poteva farci niente: era regolato così l’impianto dall’installatore e lui poteva manipolarlo a suo rischio e pericolo, ma solo fino a un certo punto e solo dopo che varie “visite” lo avessero tranquillizzato circa l’impatto psicofisico sul cliente.
Da questa esperienza ho ricavato che per me “vivere” equivale a un “disturbo“, ma allo stesso tempo la vita non posso non considerarla un valore assoluto. Ci ho provato, ma non ci riesco a basta a considerarla diversamente e nemmeno sopporto più il cinismo (adesso).
Potrebbe essere lecito immaginare che da quel momento ho desiderato riprovare (come una droga) la vasca di deprivazione. No, interrompere così presto l’immersione è stato troppo brutto e non vorrei mai e poi mai sperimentare di nuovo quella sensazione sgradevole, piuttosto sparo al proprietario prima (seriamente) e manometto il meccanismo che regola i tempi (dopo). Quindi è meglio rinunciare del tutto: troppo complicato e non ce la farei (a manomettere il meccanismo ). Scherzo ovviamente, ma allo stesso tempo vorrei passasse il contrasto che spiega molte cose sulla natura dei miei POST.
“Io non centro niente” è il mantra che mio malgrado mi trascino dentro e che cicla perpetuo a prescindere con la domanda “che ci faccio qui?”. Ho fatto di tutto per spegnere, rinnegare, interrompere, reprimere questo “ciclo“. Davvero di tutto. Poi mi sono arreso all’evidenza che era impossibile e che faceva parte di me come una verità incontestabile, qualsiasi cosa volesse dire. La radice dell’evidenza evidente che non si può ignorare, che non posso ignorare, pur rimanendo sullo sfondo come un sussurro così lieve che si potrebbe fare finta che non c’è senza che cambi niente.
A quel punto, dopo aver accettato la realtà incontestabile e immutabile in me, che sembrava all’inizio così fragile e sottile da essere cancellabile e invece era la forza forte che si imponeva su tutto, dopo e solo dopo, ho capito che il problema era la sua interpretazione, non la sua presenza. Il fatto che non mi sentissi mai completamente parte di niente, significava che da qualche parte, non so dove, non so quando, invece avevo provato la sensazione di fare parte completamente di tutto. Non esiste se no la possibilità di provare quella sensazione di “incompatibilità“, non sarebbe coerente. A questo punto il mio animo ha cominciato a dare istintivamente “la caccia” all’incoerenza in ogni manifestazione che mi circondava, da prima poco alla volta e poi come una cascata, fino a “vedere” il mondo nel suo aspetto più “surreale”, in pieno allineamento con i movimenti neo-surrealisti (di cui l’immagine tratta da un opera di Michael Cheval). Ora non ho nessun controllo di quel meccanismo e ne sono consapevole, per ciò mi scuso spesso. Vedo l’incoerenza e so perché la vedo e so che è proprio quello che vedo, non riesco a non descriverla ma allo stesso tempo mi rendo conto che quello che scrivo da “disturbo” e non potrebbe altrimenti. Magari qualcosa mi può sfuggire (e spesso mi sfugge) ma solo perché sono disattento, non perché “privo della vista” (interiore ovviamente) verso la nuova surrealtà che ci circonda.
FONTE:https://comedonchisciotte.org/forum-cdc/#/discussion/103320/autoanalisi-surrealista
BELPAESE DA SALVARE
Andrà tutto bene
Lisa Stanton 26 03 2020
Andrà tutto bene”: era il 20 Febbraio scorso quando sua nullità Giuseppi, invitato in studio dalla Gruber, a domanda sul Coronavirus diceva:”Non ci sarà nessun problema, in Italia siamo preparati a qualsiasi emergenza, siamo un paese più all’avanguardia degli altri”.
Dopo un mese, tra coprifuoco, militarizzazione delle strade, delazioni tra cittadini e chiusura di milioni di posti di lavoro, gli analisti si chiedono se la vita delle persone potrà mai riacquistare una sua normalità.
Il 31 gennaio Giuseppi aveva firmato un DL in cui dichiarava lo stato d’emergenza determinato dall’epidemia con durata sino al 31 luglio, prorogabile. Ad oggi 26 marzo, a quasi due mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza, non si trova nè una mascherina, nè un flacone d’alcool. In compenso, la “cabina di regia” di giorno in giorno è diventata *permanente*.
Gliesperti avvertono che in Italia sarà difficile ritornare allo stile di vita d’un mese fa e tutto lascia pensare che sarà così. Il Belpaese è stato scelto anni fa come territorio di sperimentazione di nuove abitudini comportamentali che portano alla disgregazione del tessuto sociale. Meccanismi come la geolocalizzazione degli individui, l’imposizione di condotte “a tutela della collettività”, di limitazioni alle libertà fondamentali, di trattamenti sanitari obbligatori sono destinati a diventare permanenti.
Contestualmente, il Governo provvederà secondo atti morali aventi forza immediata di legge a salvaguardare la sicurezza pubblica, e “ogni 15 giorni il Parlamento verrà edotto”. In tale svolta autoritaria è favorito dall’oppiosizione che reclama un governo di salute pubblica e più dure limitazioni personali cui i cittadini assistono impotenti.
Ricordate, per il vostro bene, questi semplici concetti: chi “intercetta” un sentimento popolare come quello della paura (indotta) è un opportunista; il nemico “invisibile” è l’alibi del vero nemico; chi esegue gli ordini è complice. Tralascio, per pietà, il ruolo dei “volontari” che s’improvvisano delatori contro altri cittadinicolpevoli di nulla e/o invocano droni e braccialetti elettronici.
Non ci credete? Noi tuttosubitisti abbiamo sempre torto?
Bene, secondo Bill Gates per riprendere le attività lavorative dopo la pandemia tutti dovranno avere sotto pelle certificati digitali anti Covid19 coi relativi vaccini. CI sta pensando lui a creare l’acceleratore terapeutico del COVID19 per identificare, valutare, sviluppare e potenziare i trattamenti dell’epidemia. E non solo: se anche fosse “la pandemia del secolo”, “gli strumenti” (digitali) “ci saranno utili per la prossima che arriverà”. Per Enrico Letta anche il passaggio dell’insegnamento al digitale sta avvenendo in questi giorni a gran rapidità. Serve a migliorare l’offerta didattica, e ci pensa sempre Bill a formare gli insegnanti.
Insomma, è il momento di “eliminare chi è restio alla tecnologia.”
https://www.facebook.com/100000248554468/posts/3079020012116254/
Verranno a casa e vi faranno il tampone
Salvatoredellastirpe Laudando – Facebook – 25 03 2020
verranno a casa e vi faranno il tampone,che non potrà mai vedere un vrus, il tampone segnala i batteri non i virus
poi a dir loro risultate positivi vi porteranno nei lager
vi strapperanno dalle vostre famiglie
lo faranno le forze dell’ordine e militari armati
quelli che sono predisposti a difendervi, ma invece difendono i criminali istituzionali
le forze dell’ordine sono la mano armata di un presunto governo illegittimo
conte se ne esce con un decreto al giorno
vi ruberanno tutto
disobbedite, non esiste pandemia
l’unica pandemia è la pandemia di questi criminali
tutti corrotti, tutti demoni
generali, polizia, carabinieri, finanza, esercito, procure, giudici, e non parliamo degli azzeccagarbugli, gente senza onore e dignità
per non parlare dei medici che si vendono per un pugno di fave
uno stato di proprie e vere mmerdacce umane, da fucilare, hanno tradito il popolo
ma il popolo vive nell’ignoranza piu’ assoluta
ribellatevi!!!
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=205399427381806&id=100037352492211
SE QUESTO É ANCORA UNO STATO?!
26 Giugno 2019 giuseppegerminario – Augusto Sinagra RILETTURA, PER NON DIMENTICARE
La “comandante” della Sea Watch III, la ormai famosa pasionaria Carola Rackete, in commissione di una serie interminabile di reati e da ultimo l’ingresso illegale in acque territoriali italiane e, prima, di complicità con scafisti e trafficanti di esseri umani, fingendo di salvare naufraghi (i filmati ne sono prova), oltre che di sequestro di persona e tratta di esseri umani e violazione delle leggi sull’immigrazione (delitti che prevedono l’arresto suo e dell’equipaggio), pretende di scaricare in Italia e solo in Italia la sua mercanzia umana facendosi beffe del Governo italiano e delle sue leggi.
E ciò a scopo di suo lucro personale (diversamente non la pagano) e a illegittimo scopo della ONG di riferimento.
Premesso che uno dei principali “gestori” della ONG in questione è quel tale Gregor Gysi, già agente della polizia segreta della DDR (la famigerata STASI: sicuramente Rebecca Merkel se lo ricorda) e la medesima ONG fa capo a ignobili speculatori di ogni genere e si colloca nel più vasto contesto di una preordinata destabilizzazione dello Stato italiano oltre che specificamente del Governo in carica, se lo Stato italiano esiste ancora e non si è trasformato in un “cabaret”, esso attraverso i suoi organi deve:
1. trarre in arresto l’equipaggio della Sea Watch e per prima la sua “comandante”.
2. Sequestrare la nave come corpo di reato per poi procedere alla confisca e quindi alla demolizione (Patronaggio permettendo ma sicuramente l’aria è cambiata anche per lui).
3. Procedere all’immediato fermo di tutti i clandestini con immediato trasbordo su unità della Marina Militare italiana, con adeguata scorta armata, riportandoli al punto della loro partenza volontaria e cioè in Libia anche perché pure in Libia funzionano bene i costosissimi cellulari di ultima generazione di cui sono in possesso.
4. Richiamare immediatamente l’Ambasciatore italiano all’Aja e dichiarare l’Ambasciatore olandese a Roma “persona non grata” dandogli 48 ore di tempo per lasciare il territorio nazionale.
Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini si sta giocando tutta la sua credibilità e il vasto consenso elettorale che ha avuto. Lui sa bene che i voti vanno e vengono. Ne tiri le conseguenze anche a costo di provocare una crisi parlamentare di governo.
Il figlio di Bernardo Mattarella non si permetta di aprire bocca. Non ha più autorità istituzionale né politica e né morale. Lui è finito.
Il pampero argentino si taccia e la finisca di frantumare le balle al Popolo italiano e lo si avverta che le intese concordatarie possono essere anche denunciate così i suoi “dipendenti” e cioè i vescovi delle Diocesi italiane che ammorbano l’aria, e fanno perdere la fede ai credenti. La finiscano di interferire negli affari interni dello Stato fino al punto di istigare alla disapplicazione delle leggi.
Alla denuncia del Concordato non fa ostacolo l’art. 7 della Costituzione, come ben sanno i miei Colleghi costituzionalisti. E se è necessario si modifichi l’art. 7 della Costituzione. Qualcuno avverta il pampero argentino che in Italia non c’è più la “religione di Stato”.
A parte il fatto che è proprio il pampero argentino che nega la religione cattolica, offendendo Cristo, i Santi, gli Apostoli e falsificando il Vangelo e le Scritture. Lui non è solo scismatico o eretico, lui è un apostata.
Qui sotto, invece, le dichiarazioni dell’Ammiraglio Nicola De Felice, fino al 2018 comandante di Mariscilia
“Caso Sea Watch: arrestare la Comandante e convocare gli ambasciatori di Paesi Bassi e Germania*
Le convenzioni internazionali sul diritto del Mare delle Nazioni Unite, Il Codice Italiano della Navigazione e le direttive nazionali sulla Sicurezza richiedono delle azioni politiche e giuridiche inoppugnabili: le infrazioni commesse dal Comandante della nave Sea Watch sono tali da richiederne l’immediato arresto se non addirittura l’estradizione in Libia qualora richiesto visto che le prime infrazioni sono state commesse in acque di competenza libica. Inoltre, il passaggio illegale dei migranti è stato commesso in territorio olandese e – in ottemperanza all’articolo 13 del Trattato di Dublino dell’UE – l’Olanda deve farsi carico dei migranti saliti a bordo sulla Nave battente bandiera olandese. La Germania è la nazione della ONG responsabile del misfatto. Ai sensi delle più elementari regole diplomatiche internazionali, gli ambasciatori di tali Stati devono essere immediatamente convocati per giustificare l’inerzia dei rispettivi Governi in tali misfatti. La nave va sequestrata, vanno applicate le sanzioni amministrative previste ivi comprese le spese sostenute dallo Stato per la gestione del caso, come previsto dall’art 84 del codice di navigazione. Tutto ciò va fatto in tempo reale onde evitare che il misfatto sua emulato da altri incoscienti. Ne va della dignità di uno Stato sovrano come il nostro”
FONTE:https://italiaeilmondo.com/2019/06/26/se-questo-e-ancora-uno-stato-di-augusto-sinagra/
In America si dice “good cop, bad cop”
Francesco Erspamer 27 03 2020
In America si dice “good cop, bad cop”, la tattica del poliziotto che fa finta di essere buono e di quello che gioca la parte del cattivo, con quest’ultimo che spaventa il cittadino da incastrare in modo da indurlo ad affidarsi al primo, che naturalmente lo fregherà. Ne volete un esempio recente? Guardate i titoli dei giornali recenti: da una parte Draghi, a fare il buono (“salvare vite a ogni costo”), dall’altra Salvini a fare il duro con l’aiuto di Feltri. Peraltro, un giochino uguale uguale (i liberisti hanno pochissima fantasia, solo tanti soldi) a quello che stanno facendo negli Stati Uniti: per fermare il cattivo Trump, il buon Biden, liberista dal volto umano e contrario a un sistema nazionale pubblico perché se no si finisce come l’Europa. (Meno di una settimana dopo è l’America il nuovo epicentro del contagio ma ormai neanche chi ha perso lavoro e assicurazione medica riesce a prendere coscienza e, disperato, preferisce prendersela con “il virus cinese”, come lo chiama la destra, ossia con la Cina.
È il governo che stanno preparando anche per l’Italia, per impedire tentazioni nazionaliste e per gestire le centinaia di miliardi della ricostruzione (altro che Olimpiadi, Expo o Ponte sullo Stretto!): una grande destra con Draghi al comando e al suo fianco Salvini, Renzi e Meloni, appena sotto i grand commis che da anni si mangiano gran parte delle risorse statali o le indirizzano verso i loro clienti e amici degli amici (con stipendi varie volte più alti di quelli dei parlamentari ma nessuno pretende tagli alle loro prebende, perché al liberismo l’antipolitica va benissimo ma guai a toccare i ricchi), e alla base milioni di consumisti e di finti sovranisti, ansiosi di farsi americanizzare in cambio di celebrity da adorare e di gadget di plastica con cui masturbarsi (fisicamente e mentalmente) o giocare da mattina a sera per dimenticare la realtà.
Che fare? Passare all’offensiva, costi quel che costi. Attaccare i bad cop ma soprattutto i good cop, alzare la tensione, costringere la gente a svegliarsi prima che sia troppo tardi. In pratica? Occupare la Rai con la scusa della crisi o qualsiasi altro pretesto (che ci stanno a fare i servizi segreti? gli avvocati di stato?), liquidando tutti i leghisti o affini che da anni fanno propaganda e disinformazione, e poi assaporare con soddisfazione e piacere le reazioni isteriche dei filistei liberisti e liberal, finalmente messi sulla difensiva. Va fatto assolutamente, come va revocata la concessione ai Benetton: così appena finisce l’emergenza ci si troverà in una condizione vantaggiosa. Altrimenti saranno loro, i liberisti, a beneficiare di questa tragedia inventandosi una narrazione che demonizzi Conte e il M5S e faccia ripartire le privatizzazioni e l’abbuffata. In attesa di altre catastrofi di cui approfittare.
Non è il momento della moderazione e certamente non è il momento del meno peggio, che è solo il peggio travestito; è il momento della chiarezza e del coraggio.
https://www.facebook.com/100003196950060/posts/2765107156939156/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Quello che i Draghi non dicono
“Siamo in guerra e dobbiamo comportarci di conseguenza”. Sono queste le parole con cui Mario Draghi, l’ex presidente della Banca Centrale Europea (BCE), si è recentemente pronunciato sul Financial Times su come affrontare l’attuale emergenza economica e sanitaria conseguente alla diffusione del Coronavirus. Draghi ci dice che, in tempi di guerra o pandemia, quando si rischia il collasso dell’intero sistema produttivo, occorre fare ricorso ad un massiccio intervento pubblico per salvare il salvabile sia in termini di vite che di occupazione: “E’ già chiaro che la risposta dovrà comprendere un significativo incremento del debito pubblico”, con alti livelli di debito pubblico che diventeranno “una caratteristica permanente delle nostre economie”.
Sembrerebbero pensieri e parole in controtendenza rispetto a quelli solitamente espressi dallo stesso Draghi da Governatore della Banca d’Italia e della BCE. Ricordiamo infatti diversi episodi nei quali ha sostenuto il ricatto del debito per condizionare i Paesi della periferia: dalla lettera cofirmata al Governo Berlusconi alla crisi degli spread, con l’emblematica gestione del caso greco o, più in generale, la sistematica ingerenza nella vita politica ed economica dei Paesi dell’Eurozona. In tempo di guerra, però, l’intervento statale non è così malvisto nemmeno da Draghi. Lo Stato, quindi, dovrebbe spendere tutto il necessario per fronteggiare la crisi sanitaria ed economica scatenata dal dilagare della Covid-19. Il tema, continua l’ex governatore della BCE, non è quindi “se spendere o no”, bensì “come spendere”. I provvedimenti dello Stato per lavoratori e imprese saranno costosi: occorrerà sia potenziare gli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione, sia rimborsare alle banche parte dei crediti che hanno verso le imprese non capaci di onorarli. Insomma, occorrono soldi, tanti soldi, se si vuole davvero “proteggere sia i posti di lavoro che la capacità produttiva”.
Tuttavia, una domanda sorge spontanea a questo punto: dove le prendiamo queste risorse per fronteggiare la crisi? Nell’attuale assetto istituzionale dell’Eurozona esistono essenzialmente due vie percorribili.
La prima è il ricorso al mercato: per finanziare la spesa aggiuntiva necessaria a fronteggiare l’emergenza, i governi potrebbero farsi prestare soldi dai mercati (banche, fondi di investimento, risparmiatori), emettendo titoli del debito pubblico. Sappiamo tuttavia che in questo scenario il ricatto dello spread sarebbe dietro l’angolo per i Paesi periferici, mentre i Paesi centrali potrebbero indebitarsi a tassi nulli o addirittura negativi non incorrendo in nessun rischio di instabilità finanziaria.
La seconda è il ricorso ad un prestito di carattere istituzionale erogato da una istituzione dell’Unione Europea. Occorre qui compiere un’ulteriore differenziazione.
- In un caso, un ente dell’UE come ad esempio la Banca Europea per gli Investimenti potrebbe emettere dei titoli di debito chiamati Covidbond, i quali sarebbero collocati sui mercati e, verosimilmente, sottoscritti almeno in parte dalla BCE. Le risorse così reperite sarebbero poi prestate ai singoli Stati. Si tratterebbe, almeno nell’idea dei Paesi periferici, di un aiuto apparentemente incondizionato. Non è detto però che questa sia la forma che assumerebbero, e non sembra nemmeno che questo sia lo scenario più plausibile (tutt’altro, almeno stando alle recenti dichiarazioni dei Paesi del nord, e alle comprensibili reazioni di alcuni Paesi periferici).
- Nell’altro caso, le risorse sarebbero ottenute dai singoli Stati facendo ricorso ad un prestito diretto dal MES, fondo che attualmente conta circa 700 miliardi di euro. Il prestito sarebbe erogato a condizione di un impegno (messo nero su bianco fin da subito tramite la sottoscrizione di un Memorandum o di una lettera di intenti) ad adottare ferree misure di austerità negli anni a venire.
In entrambi i casi, i singoli Paesi registrerebbero un aumento delle passività verso le istituzioni europee; nel secondo caso dovremmo fronteggiare con certezza la scure della condizionalità con le annesse pretese di tagli alla spesa pubblica e riforme del mercato del lavoro.
Torniamo ora a Draghi. Sul punto specifico di come reperire le risorse necessarie le sue parole diventano molto più sibilline: Draghi non menziona nessuna soluzione al problema di come finanziare il debito che lui stesso, con tanta veemenza, ci incoraggia a fare. Neppure prende in considerazione l’idea che l’Italia ‘vada per conto suo’ (a reperire le risorse sui mercati), dato che “sotto certi aspetti, l’Europa è ben attrezzata a fronteggiare questo straordinario shock”. Draghi sta senz’altro caldeggiando l’ipotesi di un prestito delle istituzioni europee lasciando però abilmente aperta la porta ad entrambe le interpretazioni: se le istituzioni europee saranno ‘morbide’, concederanno il prestito incondizionato, altrimenti sarà scelta la strada ‘dura’ del MES. Ciò che però sappiamo per certo è che mentre i Covidbond andrebbero ingegnerizzati (al momento sono solo uno slogan) e calati negli attuali assetti istituzionali, il MES è uno strumento già esistente e a disposizione delle economie europee. Alla luce di quanto visto possiamo quindi dire due cose. Primo, in questo momento, premere per l’indebitamento significa sostanzialmente premere per il ricorso al MES. Secondo, Covidbond o MES, in entrambi i casi un Paese che ricorresse a questo tipo di prestiti cadrebbe nella morsa dell’austerità: più edulcorata, e con qualche margine di negoziazione, nel caso dei Covidbond, messa atrocemente nero su bianco fin da subito nel caso dell’appello al MES. In entrambi i casi l’obiettivo ultimo delle istituzioni europee sarebbe l’utilizzo dell’attuale crisi come un’occasione imperdibile per imporre con ancora più forza il loro controllo sulle economie nazionali.
Nel frattempo l’Italia si dice pronta a varare una ulteriore manovra per fronteggiare l’emergenza, e quindi si troverà nella posizione di dover reperire le risorse per finanziare il deficit aggiuntivo. Stando alle dichiarazioni, occorrerà trovare circa 45 miliardi per finanziare la manovra di marzo e quella che arriverà ad aprile. E non basteranno se davvero si vorrà evitare il tracollo economico paventato. Tuttavia, nel contesto appena discusso la recente uscita del Premier Conte (“faremo da soli, spenderemo quanto serve”) rischia di essere una minaccia vuota qualora, come ribadito recentemente dalla neo-Governatrice Lagarde e salvo sorprese, la BCE non farà nulla per contenere la speculazione, con conseguente aumento del differenziale di rendimento rispetto ai Paesi centrali. In tal senso, nell’improbabile caso in cui Conte forzasse la mano, si aprirebbe uno scenario nel quale molti nodi verrebbero al pettine: sarebbe l’episodio più tangibile del costante strangolamento al quale la gabbia europea ci sottopone. Al momento sappiamo solo che l’Eurogruppo si è riunito e ha rilasciato un comunicato in cui dice che stanno lavorando sul MES e sull’ECCL. Il Consiglio Europeo, da par suo, è in stallo e ha rinviato la palla all’Eurogruppo, lasciandogli 14 giorni per decidere. Con i Covidbond già bocciati da Olanda e Germania, e sotto il ricatto dello spread, l’Italia sarà quasi certamente costretta a ricorrere al MES. A quel punto, le condizioni del prestito saranno oggetto di negoziazione: uno scenario non improbabile è quello di un prestito condizionato non alle ferree regole previste per l’accesso alla Linea di Credito a Condizioni Rafforzate (ECCL), per le quali occorre la firma di un memorandum, bensì alla meno rigorosa ma comunque coercitiva lettera di intenti prevista per l’accesso all Linea di Credito Precauzionale Condizionate (PCCL). Intenti che attesterebbero, ad ogni modo, l’impegno dell’Italia a mantenersi, nei prossimi anni, nel doloroso tracciato dell’austerità che solchiamo da ormai tre decenni.
Ribaltando il discorso di Draghi, la guerra in cui siamo non va solo intesa come la sacrosanta battaglia contro il Coronavirus ed i suoi effetti sull’economia, bensì anche come quella da combattere contro quei subdoli meccanismi di disciplina che, anche ai tempi della Covid-19, sono all’opera per imporre miseria, disoccupazione e precarietà ai Paesi periferici e più in generale alle classi subalterne. Meccanismi che, come visto, al momento vedono il ricorso al MES come l’unica soluzione strutturata sul tavolo. Qualora l’attuale esecutivo decida di non accettare il prestito dal MES, rimarrebbe in auge l’ipotesi, molto discussa in questi giorni, di Draghi premier. La guida del governo da parte dell’ex presidente della BCE sarebbe nient’altro che la continuazione del MES con altri mezzi, la condizionalità fatta persona, incarnata da una figura perfetta per garantire il rispetto di quell’impegno a restare sul tracciato dell’austerità, resa più politicamente digeribile dall’evitare l’umiliazione del Memorandum. Sempre di lacrime e sangue si tratterebbe, ma in doppiopetto e corredate di un curriculum impeccabile.
FONTE:https://coniarerivolta.org/2020/03/30/quello-che-i-draghi-non-dicono/
Dai su, che fra tre anni ne siamo fuori…
CULTURA
La strage delle illusioni: il pensiero politico leopardiano contro la modernità
Il 26 marzo del 1820 è la data indicata per il primo dei pensieri di Giacomo Leopardi, curati da Mario Andrea Rigoni, e raccolti nella prima vera antologia sul pensiero politico leopardiano edito Adelphi: La strage delle illusioni. Appena ventiduenne, un Giacomo Leopardi uscito dai suoi sette anni di studio matto e disperatissimo, scriveva nello Zibaldone:
Per le grandi azioni che la maggior parte non possono provenire se non da illusione, non basta ordinariamente l’inganno della fantasia come sarebbe quello di un filosofo, e come lo sono le illusioni de’ nostri giorni tanto scarsi di grandi fatti, ma si richiede l’inganno della ragione, come presso gli antichi.
La raccolta si apre dunque con un monito del poeta recanatese a tutta la grande politica europea: le azioni e le imprese gloriose possono provenire solo ingannandosi ed illudendosi. Un ammonimento spietato, figlio di un’idea aspramente critica nei confronti del progresso e della modernità. La Natura rappresenta l’unico elemento in grado di salvaguardare gli uomini e le più complesse costruzioni umane, vale a dire le nazioni e gli stati, da un altrimenti inevitabile declino. Inutile a tal proposito viene invece giudicato da Leopardi il contributo della filosofia e dei filosofi in generale («Un popolo di filosofi sarebbe il più piccolo e codardo del mondo»), giacché la Natura sarà sempre infinitamente superiore alla ragione e occorre riavvicinarsi alla Natura, anziché allontanarsene come auspicato da tutta la filosofia positivista del periodo. La Natura spingerebbe le nazioni al predominio rispetto alle altre.
Nel secolo di Leopardi, agli inizi del XIX secolo, le nazioni erano sospinte invece all’imitazione, specialmente, di un modello politico per eccellenza: quello parlamentare britannico. Un atteggiamento che trovava riscontri anche a livello culturale e di costumi e che anticipava clamorosamente una certa tendenza all’omologazione inizialmente a stelle e strisce e poi globale che oggi, a sua volta, predomina nel Vecchio Continente:
A che scopo, a che grandezza a che incremento può portare questa bella gara? Anche l’imitare è una tendenza naturale, ma ella giova, quando ci porta a cercar la somiglianza coi grandi e cogli ottimi. Ma chi cerca di somigliare a tutti? […] Quando saremo tutti uguali, lascio stare che bellezza che varietà troveremo nel mondo, ma domando io che utile ce ne verrà?
Riferimento ideale e termine di paragone resta poi, in Leopardi, l’antichità. Anche Roma divenne secondo il poeta una «specie di colonia greca in fatto di costumi e letteratura» rendendosi però anche sostanzialmente una civiltà di servi al pari dei greci. Dall’esempio antico emerge anche la critica del cosmopolitismo, ultimo stadio del progressivo allontanamento dell’uomo dallo stato di Natura. Il cosmopolitismo non sarebbe in grado, secondo Leopardi, di sostituire con valori altrettanto efficaci l’amor di patria:
Quando tutto il mondo fu cittadino Romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino Romano fu lo stesso che Cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo: l’amore patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo e nullo: e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu più patria di nessuno, e i cittadini Romani, avendo per patria il mondo, non ebbero nessuna patria, e lo mostrarono col fatto.
Se una sostanziale negazione dell’allargamento incondizionato del concetto di patria risulta funzionale all’amore per quest’ultima e ad una vita realmente attiva a sostegno della propria comunità, ad essere messa in discussione nella concezione politica leopardiana, come già accennato, è anche l’ampliamento degli strumenti razionali e della conoscenza filosofica. Una “mezza filosofia”, madre di numerosi errori, risulterebbe comunque più «compatibile coll’azione». La “mezza filosofia” risulta, nel pensiero politico del poeta recanatese, molto più vicina alle sempre benefiche illusioni naturali, che «diriggono l’egoismo e l’amor proprio, appunto a non voler nulla più degli altri, a sacrificarsi al comune, a mantenersi nell’uguaglianza». Conseguenza dell’incivilimento è invece l’allontanamento dalle grandi azioni dal mantenimento di una comunità. Saper fare, anche con errore, ha sempre un impatto maggiore sulla società immaginata da Leopardi, che non il saper pensare:
Vuol dire che il fare non è proprio né facoltà che della natura, e non della ragione; e siccome quegli che fa è sempre signore di chi solamente pensa, così i popoli o naturali o barbari che si vogliano chiamare, saranno sempre signori dei civili, per qualunque motivo e scopo agiscano.
Destino delle nazioni civili è quello di soccombere dinanzi a popoli “barbari”, o a nazioni nutrite ancora di grandi e pieni ideali. Destino delle nazioni civili è la progressiva frammentazione interna, la dissoluzione del concetto di patria nella solitudine di migliaia di individui («L’individuo solo, forma tutta la sua società.»). In Leopardi sembrano così riecheggiare, quasi profeticamente, la frammentazione e la parcellizzazione sociale figlie della corsa sfrenata allo sviluppo del capitalismo neo-liberista, lo smantellamento del concetto di classe e la demolizione di qualsiasi aggregazione sociale, nazionale o ideologica, cui consegue il trionfo dell’isolamento e dell’individualismo senza regole. Al trionfo di un egoismo individualista («Non si hanno più nemici nazionali? Ma si hanno nemici privati»), Leopardi oppone l’idea di un egoismo nazionale o di società, che è l’unico antidoto alla sua disgregazione. Quegli odi e quelle invidie concentrati su un nemico esterno finiscono, in sua assenza, per rivolgersi contro un nemico interno, ovvero contro i vicini. L’amor patrio, figlio di una illusione, può sussistere solamente grazie al pregiudizio, non certo secondo ragione. Ancora una volta la filosofia, secondo Giacomo Leopardi, essendo basata sulla ragione come strumento conoscitivo, risulta sostanzialmente in contraddizione con la sopravvivenza di una comunità e di una patria:
Come l’individuo, così le nazioni non faranno mai nulla se non saranno piene di se stesse, di amor proprio, ambizione, opinione di se, confidenza in se stesse.
Il parallelismo tra individuo e nazione nel pensiero politico-filosofico leopardiano viene perciò sintetizzato nella comune resistenza alla realtà, grazie alle illusioni e all’amor proprio: due strumenti indispensabili alla sopravvivenza dell’uomo. L’allontanamento dalle illusioni rappresenta l’ultimo stadio di un allontanamento irreparabile dell’uomo della natura, a cui non può sostituirsi nulla di altrettanto efficace a livello etico o politico. Profonda è anche l’ironia del poeta marchigiano nei confronti dell’«inutilità quasi perfetta degli studi fatti dall’età di Solone in poi per ottenere la perfezione degli Stati civili e la felicità dei popoli […] di questo furore di calcoli e di arzigogoli politici e legislativi». Cuore del pensiero politico di Giacomo Leopardi è in effetti la ricerca forsennata e disperata di felicità, giacché non si può dare la felicità dei popoli «senza la felicità degli individui». Sul finire degli anni venti, Leopardi iniziò a soffermarsi ulteriormente sulle imperfezioni caotiche presenti nelle singole comunità, frutto della naturale propensione umana all’errore: si tratta di uno straordinario proclama che un intellettuale titanico ed instancabile, radicalmente critico nei confronti dello spirito del proprio tempo, ebbe il coraggio di rivolgere contro ogni costrutto filosofico e contro ogni pretesa di perfettibilità futura dell’uomo, sul solco di un mitico ed indefinito progresso tecnico e scientifico:
Io tengo che la società umana abbia principii ingeniti e necessari d’imperfezione, e che i suoi stati sieno cattivi più o meno, ma nessuno possa esser buono.
Negli ultimi anni della sua vita, si assiste perciò al distacco di Leopardi dal pensiero e dalla discussione politica in generale in favore di una via contemplativa e di una lettura vagamente ironica degli errori del suo tempo. A rappresentare la conclusione ideale della raccolta di pensieri politici leopardiani è pertanto una lettera indirizzata a Fanny Targioni Tozzetti, datata 5 dicembre 1831:
Sapete che io abbomino la politica, perché credo, anzi vedo che gli individui sono infelici sotto ogni forma di governo, colpa della natura che ha fatto gli uomini all’infelicità; e rido della felicità delle masse, perché il mio piccolo cervello non concepisce una massa felice composta di individui non felici.
La via leopardiana alla politica è una via d’imperfezione congenita e di ricerca forsennata della felicità, che non ha in sé nulla della ricerca spasmodica ed egoistica del piacere materiale, predominante nella moderna civiltà occidentale. Da conoscitore sottile ed instancabile della vita e delle forme umane, Leopardi critica un’umanità protesa verso la continua perfettibilità, inconsapevole del destino ineluttabile di Morte e di Nulla che inevitabilmente seguirà ad ogni azione o pensiero. La vita delle illusioni e dei pregiudizi, dell’attività e della ricerca del bello e dell’utile, come anche delle azioni eroiche, rappresentano altrettanti strumenti di resistenza e di sopravvivenza, di titanica opposizione che l’umanità frappone tra sé e il Nulla. Consapevoli della sconfitta, che pure arriverà, gli uomini di ogni popolo e nazione sono dunque come il fiore della Ginestra alle pendici del Vesuvio: una resistenza all’ineluttabile, senza eccessi di orgoglio e senza arrendevole codardia:
Meno inferma dell’uom, quanto le frali
tue stirpi non credesti
o dal fato o da te fatte immortali.
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Telecom Sparkle, Unicredit e Generali. Che cosa si dice tra Copasir e Servizi
di Fernando Soto
Primi commenti all’iniziativa del Copasir con i rumors su Unicredit, Assicurazioni Generali e Telecom Sparkle. Il tweet di Crosetto, il ruolo di Volpi, l’intervento di Bessi e l’analisi di Aresu
Maggioranza e opposizione concordi nel difendere le aziende strategiche dell’Italia da Stati esteri, anche europei.
E’ quello che emerge dopo l’iniziativa del Copasir (Comitato parlamentare di sicurezza della Repubblica) di avviare una serie di audizioni sul rischio scalate per gruppi italiani: Unicredit, Assicurazioni Generali, ma non solo.
IL TWEET DI CROSETTO
Tra i primi, se non il primo, a elogiare l’iniziativa è stato un esponente di spicco dei Fratelli d’Italia, Guido Crosetto, che presiede l’Aiad, l’associazione che riunisce e rappresenta le aziende del comparto difesa, aerospazio e sicurezza. Emblematico il suo tweet a commento dell’articolo con informazioni e indiscrezioni di Start Magazine:
GLI OCCHI DELLA LEGA
In prima fila sul tema c’è la Lega: il partito guidato da Matteo Salvini esprime il presidente del Copasir, Raffaele Volpi, un passato da democristiano e poi leghista della prima ora che di recente nel governo Conte 1 come sottosegretario alla Difesa si è scontrato su tutti i principali dossier con l’ex ministro pentastellato Elisabetta Trenta. Proprio su Unicredit e Assicurazioni Generali, i leghisti hanno puntato le attenzioni nelle scorse settimane, a ridosso dell’attivismo di Leonardo Del Vecchio con la sua Delfin nella filiera Unicredit-Mediobanca-Generali: “Si intravede – notò criticamente il deputato della Lega, Giulio Centemero – un piano di Delfin su Generali i cui contorni, finanziari e personali, dipenderanno da molti elementi”. In questa chiave – rimarcò Centemero – è centrale il ruolo di Unicredit, la banca guidata dal francese Jean-Pierre Mustier, che di Mediobanca è primo azionista, con l’8,8% e che con Del Vecchio è in ottimi rapporti”. Negli scorsi mesi c’è chi ha ipotizzato un’aggregazione di Assicurazioni Generali con la francese Axa, considerato anche che il capo azienda del gruppo assicurativo di Trieste e il francese Philippe Donnet. Conclusione di Centemero: “Ho deciso dunque di interrogare il governo per capire quali misure si vogliano intraprendere, poiché non si corre solo il rischio di indebolire il nostro sistema imprenditoriale, ma anche di depotenziare il sistema finanziario italiano consegnando in mani francesi il controllo di due entità fondamentali per l’ecosistema finanziario italiano”.
L’INTERROGAZIONE DI FORZA ITALIA
Anche Forza Italia segue la questione. Nelle scorse settimane Mauro D’Attis, membro della Commissione Bilancio Tesoro e Programmazione della Camera, ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, circa le indiscrezioni di stampa relative alle strategie del patron di Essilor-Luxottica, Leonardo Del Vecchio, riguardo alle quote da lui possedute in Generali e Mediobanca: “Le voci di un passaggio sotto il controllo francese del primo gruppo assicurativo italiano, detentore di oltre 60 miliardi del debito pubblico italiano, e le ripercussioni di questo cambio di quote azionarie anche all’interno di Mediobanca preoccupano non poco. Per questo motivo, ho chiesto se da parte di Consob sono state rilevate procedure anomale riguardo l’evoluzione del quadro azionario di Mediobanca S.p.A. e di Assicurazioni Generali S.p.A. E ho inoltre chiesto al governo se è al corrente delle suddette notizie ed eventualmente come è intenzionato a tutelare l’interesse nazionale evitando che il controllo di Assicurazioni Generali e di Mediobanca – già oggi controllata per il 14 per cento del capitale da investitori istituzionali di origine francese – possa finire definitivamente in mani straniere, soprattutto francesi che hanno già dato prova di voler fagocitare il patrimonio economico del nostro Paese”.
Lo afferma l’on. Mauro D’Attis di Forza Italia, membro della Commissione Bilancio Tesoro e Programmazione della Camera.
DOSSIER TELECOM SPARKLE
Anche esponenti della maggioranza di governo che seguono i dossier a cavallo tra economia, finanza, energia e sicurezza sono attenti alle mosse del Copasir. Ieri, nel corso dell’audizione dell’Aise al Copasir, il tema tlc ha fatto capolino quando il generale Luciano Carta (direttore dell’Aise) ha parlato – come ha svelato ieri Start – di reti di comunicazione con eventuali infrastrutture tecnologiche cinesi o Stati occidentali ma “senza un reale coordinamento Nato”. Ha chiosato Alessandro Da Rold oggi sul quotidiano La Verità: “Si tratta di un’affermazione che sarebbe stata riferita a Vivendi, azionista francese di Telecom-Tim, il nostro colosso delle telecomunicazioni che controlla Telecom Sparkle, ovvero il traffico dati che transita dai cavi del Mediterraneo”.
L’INTERVENTO DI BESSI
Un tema sul quale si è soffermato Gianni Bessi, consigliere Pd in Emilia Romagna: “Il territorio libico è quello da cui passano e passeranno i preziosi cavi delle telecomunicazioni e dove sono collocate le centrali di raccordo. Ed è per questo che non è certo da oggi che la Libia ha attratto l’attenzione di Francia, Usa, Egitto e Russia. Uno scenario che, verrebbe da dire come di consueto, vede l’Italia ai margini, nonostante non siamo certo gli ultimi nello sviluppo di queste tecnologie: chiedere a Telecom Italia Sparkle spa, la controllata Telecom che gestisce la rete di tipo Tier-1 per i dettagli”, ha scritto Bessi su Formiche (la rivista che ha recente festeggiato i 150 numeri alla presenza come ospite d’onore del direttore del Dis, Gennaro Vecchione, come ha documento con testo e foto il sito Dagospia).
L’ANALISI DI ARESU
Anche un esponente del governo ha apprezzato l’iniziativa del Copasir. Ha scritto l’analista Alessandro Aresu, consigliere scientifico di Limes, direttore scientifico della Scuola di Politiche fondata da Enrico Letta e ora capo della segreteria tecnica del ministero per il Sud retto da Giuseppe Provenzano: “Un tema sempre più importante del sistema creditizio e assicurativo è la sua intensità tecnologica e innovativa. In termini di infrastrutture, da questo punto di vista conta in particolare il destino di Borsa Italiana, già all’attenzione del governo. Nel medio termine, sarà interessante capire se in questo decennio alla crescente capacità tecnologica dei principali operatori assicurativi cinesi si accompagnerà l’acquisizione di asset europei. La sensibilità anticinese del Copasir potrebbe già portare a guardare con maggiore attenzione le joint venture e gli accordi tra banche e assicurazioni italiane con gli operatori di Pechino”. Non solo: “Sia nell’ambito finanziario e in quello industriale, l’aspetto delle scalate andrebbe legato alle prospettive delle aggregazioni europee. Come mostrato da alcuni casi della disciplina golden power (nata per corrispondere a regole europee), si può ritenere che la minaccia di grave pregiudizio agli interessi dello Stato possa giungere da aziende di altri Stati europei. In seguito, questo tema potrebbe riproporsi proprio per gli equilibri di future aggregazioni”.
FONTE:https://www.startmag.it/mondo/telecom-sparkle-unicredit-e-generali-che-cosa-si-dice-tra-copasir-e-servizi/?ct=t(RSS_EMAIL_CAMPAIGN)
DIRITTI UMANI
Morire a 17 anni negli Stati Uniti: non aveva un’assicurazione sanitaria e l’ospedale lo ha allontanato
Il ragazzo era entrato in difficoltà respiratoria me i medici hanno rifiutato il ricovero
27 MARZO 2020
Aveva appena 17 anni ed è morto perché non aveva un’assicurazione sanitaria. Insomma il caso dell’adolescente morto venerdì scorso negli Stati Uniti, a Lancaster in California, si complica e fa emergere una realtà durissima ma purtroppo non del troppo rara negli Usa.
La verità la racconta alla Cnn il sindaco della cittadina americana che si dice sconvolto per l’accaduto: “Quando il ragazzo si è ammalato i genitori lo hanno portato in un pronto soccorso di un ospedale locale ma poi sono stati allontanati perché non aveva un’assicurazione sanitaria”. E poi: “Quando un ragazzino entra in difficoltà respiratoria non si deve chiedere un’assicurazione, si deve curare “, ha continuato il sindaco Parris.
Ancora non è chiaro se il 17enne avesse contratto il Coronavirus. I medici parlano di un primo test che sarebbe risultato positivo. Ma poi non si è avuta alcuna conferma. Il risultato è che familiari e amici del ragazzo ora vivono nel terrore e nell’incertezza
FONTE:https://www.ildubbio.news/2020/03/27/morire-17-anni-negli-stati-uniti-non-aveva-unassicurazione-sanitaria-e-lospedale-lo-ha-allontanato/
ECONOMIA
L’inganno della sostenibilità
Il concetto di sostenibilità è oggi di gran moda. Il Rapporto Brundtland del 1987 definisce come “sviluppo sostenibile” quello che soddisfa i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità di quelli delle generazioni future. Ma questo non è possibile per via dei principi della fisica e della termodinamica: non c’è modo per lasciare in eredità alle prossime generazioni la Terra così come noi l’abbiamo trovata poiché è impossibile realizzare un processo che sia efficiente al 100%, ovvero che non inquini.
Quando parliamo di sostenibilità non dobbiamo illuderci che questa possa davvero permetterci di crescere per sempre poiché, per quanto possiamo essere tecnologicamente avanzati, non saremo mai perfetti e inquineremo il Pianeta. Se la termodinamica ci dice che non saremo mai in grado di non produrre scorie, che non potranno mai più rientrare nel ciclo produttivo, i processi di riciclo o recupero, in quanto processi termodinamici produrranno scorie non più utilizzabili. Per quanto ci impegneremo per riciclare, ogni nostro sforzo non sarà mai in grado di violare la termodinamica. Dovremmo certo aspirare a processi produttivi meno inquinanti, ma senza illuderci che l’economia circolare – una crescita economica senza distruzione o spreco – sia possibile o che – come sostiene l’Unione Europea – questa “promuoverà una crescita economica sostenibile”.
In economia, come in tutti i processi irreversibili, le risorse non possono essere continuamente riutilizzate, il che significa che ci sono attività estrattive o produzione di rifiuti non riciclabili. Un uso più responsabile delle risorse è ovviamente un’ottima idea. Ma per raggiungere questo obiettivo, il riciclaggio e il riutilizzo non sono sufficienti.
Lo sviluppo sostenibile non è un ossimoro se si rispettano quattro condizioni: l’utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere inferiore al loro reintegro; lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo; il processo di produzione non deve essere soggetto alle leggi della fisica; e l’inquinamento dell’ambiente non deve superare la capacità di carico dell’ambiente stesso. Le prime due sono condizioni economiche – da leggere tra l’altro in rapporto a una popolazione che è quasi triplicata negli ultimi 60 anni – mentre le altre ci ricordano che siamo parte della natura e che, poiché i tempi di reazione di questa sono assai diversi da quelli dell’economia, rischiamo di abbuffarci oggi e morire di fame domani.
L’uroboro, un serpente mitologico che si nutre cibandosi della propria coda che continuamente ricresce, è una perfetta rappresentazione dell’economia circolare. Peccato sia – come la sostenibilità – solo un mito. Produrre rispettando l’ambiente è dunque necessario, sebbene non sufficiente. Se è vero che “l’età della pietra non ebbe fine perché finirono le pietre”, quella dei combustibili fossili non avrà termine con la loro disponibilità, ma perché il loro uso sta distruggendo la vita umana. Raggiungere la consapevolezza che solo producendo rispettando la natura ci sarà un futuro, non è però sufficiente. Le condizioni sopra ricordate ci ammoniscono a contrastare il dogma della crescita infinita del PIL e ad affrontare i problemi della crisi del sistema – distribuzione iniqua, povertà e precarietà in aumento. Si può così individuare un disegno strategico in due parti: produrre in modo compatibile con l’ambiente e con l’umanità, cioè col benessere e non col PIL.
Si può cambiare l’alimentazione dell’automobile – evitando l’inquinamento – ma se si vogliono evitare gli incidenti stradali dobbiamo modificare opportunamente la macchina. Il capitalismo ha invece dimostrato che il mercato non si regola da solo, producendo ad esempio troppo inquinamento e poca ricerca. Dobbiamo ridurre la produzione di inquinamento, ma anche cambiare un sistema che non si autoregola passando dal mito della crescita infinita del PIL all’abbastanza (la Felicità Interna Lorda del Buthan è un primo riferimento, dove sono garantiti i diritti di base, un sistema educativo e uno sanitario gratuito). Poter credere di attribuire un prezzo a tutto – come fa il PIL – è estremamente limitativo, perché non si possono valutare in termini economici salute e benessere. Se è difficile quantificare i danni diretti operati dall’uomo nel corso delle sue attività produttive, appare ancora più difficile calcolare il costo delle ripercussioni indirette, come quelle causate dai cambiamenti climatici.
Per esempio, oggi possiamo restaurare gli ecosistemi degradati, utilizzare l’ecologia industriale, sviluppare sistemi innovativi per ridurre l’anidride carbonica, gestire in modo virtuoso la natura rispettando i suoi processi. Ma tutto questo finirà con lo scontrarsi con un sistema guidato dalla massimizzazione del PIL – e che cerca una impossibile giustificazione nella “teoria” neoliberista che non si preoccupa della sua distribuzione e degli effetti della produzione sull’ambiente. Mi piace concludere con le parole di Fuà: “ogni Paese dovrebbe perseguire la sua propria via, quella che la sua peculiare cultura gli indica, rifiutando il precetto di un unico percorso da seguire”, quello di massimizzare la crescita, soprattutto ora che occupazione e PIL sono slegati.
FONTE:http://sbilanciamoci.info/linganno-della-sostenibilita/?spush=bG9wcmVzdGltYW5saW9AZ21haWwuY29t
Super Mario col pilota automatico
Draghi smentisce le previsioni e tira dritto verso il pre 2007, “con pazienza”
20 Luglio 2017 RILETTURA, PER RICORDARE CHI E’ DRAGHI
Mario Draghi fa notizia anche quando la notizia non c’è. Così è accaduto ieri nell’ultima riunione pre-estiva del direttivo della Banca centrale europea (Bce), nella quale, come previsto, si è deciso di non decidere nulla, rinviando “ad autunno” ogni discussione sulla fine del Quantitative easing (alleggerimento monetario), smentendo peraltro che “il summit del 7 settembre sia già autunno” – il dibattito potrebbe proseguire a ottobre – “perché occorre mantenersi deliberatamente vaghi”. Restano così confermati gli acquisti di titoli del Qe (60 miliardi al mese) fino al 31 dicembre, che potrebbero proseguire “anche oltre per durata e importo se il quadro economico lo imponesse”. Draghi ha parlato esplicitamente di che cosa convince, e cosa ancora non convince, il board, unanime, della Bce: “Sull’inflazione ancora non ci siamo, il trend al netto dell’energia deve rafforzarsi in maniera durevole, convincente e omogenea”. Invece, confermando quanto anticipato nel vertice di Sintra, a fine giugno in Portogallo, il capo dell’Eurotower resta ottimista sulla crescita economica – parole che hanno avuto l’effetto di riportare l’euro sul dollaro oltre quota 1,15 dopo un momentaneo indebolimento – “ma”, nota Draghi, “il nostro mandato riguarda l’inflazione; la crescita dipende anche dalle riforme dei singoli governi”. Se nulla è stato anticipato sulla fine del Qe, pari a zero le notizie sul successivo rialzo dei tassi, oggi negativi: “Non se ne è discusso”. Of course. Spiazzati gli analisti che si erano improvvisati aruspici elencando le sfumature lessicali per prevedere il tapering, l’inizio della stretta monetaria. E cioè: se Draghi avrebbe usato per il Qe la formula “anche oltre” (previsione: non utilizzata; realtà: utilizzata); se avrebbe accennato al tetto non superabile del 33 per cento di acquisti per paese (previsione: sì; realtà: nessun accenno); se avrebbe parlato di rischi di “reflazione” – rimbalzo dei prezzi dopo una politica monetaria troppo accomodante – superiori a quelli della deflazione (previsione: lo avrebbe detto; realtà: vi ha accennato solo per smentire). In compenso il presidente della Bce ammette che la crisi ha cambiato nel profondo i meccanismi del lavoro, dei salari, della disoccupazione. Ma chiedendosi se torneremo ai livelli ante 2007, risponde di sì, “con la fiducia, la pazienza e la prudenza”. Qualità che Draghi evidentemente ritiene di avere.
https://www.ilfoglio.it/economia/2017/07/20/news/super-mario-col-pilota-automatico-145616/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
BlackRock, ecco fini e minacce del fondo americano super green di Fink
di Giusy Caretto
Che cosa ha scritto Larry Fink, il numero del più grande gestore di fondi al mondo BlackRock che ha aderito al comitato Climate Action 100+ di cui fanno parte anche Arcelor Mittal, Lukoil e China Petroleum
È guerra alle aziende inquinanti (o poco sostenibili, che dir si voglia). La dichiarazione di intenti arriva da Larry Fink, il numero di BlackRock, il più grande gestore di fondi al mondo, che investe 7 trilioni di dollari in numerose attività, in una lettera indirizzata ai ceo delle aziende.
La lotta al cambiamento climatico è diventata una priorità per BlackRock, che nei giorni scorsi ha anche aderito a Climate Action 100+. Andiamo per gradi.
CAMBIAMENTO CLIMATICO PRIORITA’
“Il cambiamento climatico è divenuto per le società un fattore determinante da prendere in considerazione nell’elaborare le strategie di lungo periodo”, scrive Fink nella lettera, aggiungendo: “I dati sui rischi climatici obbligano gli investitori a riconsiderare le fondamenta stesse della finanza moderna. Ricerche di varie organizzazioni – inclusi l’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, il BlackRock Investment Institute e molti altri, nonché i nuovi studi di McKinsey sulle implicazioni socioeconomiche del rischio fisico derivante dai cambiamenti climatici – rafforzano la nostra comprensione di come il rischio climatico avrà un impatto non solo sul mondo fisico, ma anche sul sistema globale che finanzia la crescita economica”.
LA GUERRA DI BLACKROCK
E così, alle aziende che non fanno abbastanza da un punto di vista sostenibile, BlackRock promette guerra vera: “Laddove riteniamo che le società e i consigli di amministrazione non stiano producendo informative efficaci sulla sostenibilità – scrive nella Larry Fink nella lettera – o non stiano implementando procedure per la gestione di questi problemi, considereremo i membri del consiglio di amministrazione responsabili. Alla luce del lavoro già effettuato nella divulgazione, e considerando i crescenti rischi di investimento che circondano la sostenibilità, saremo sempre più propensi a votare contro i dirigenti e i consiglieri di amministrazione quando le società non svolgeranno progressi sufficienti in materia di informativa sulla sostenibilità e non predisporranno linee guida e piani aziendali ad essa connessi”.
UNA GUERRA INIZIATA
A dire il vero, la guerra sembra essere già iniziata: l’anno scorso BlackRock ha votato contro o negato i voti a 4.800 amministratori di 2.700 società.
STOP AD INVESTIMENTI NEL CARBONE (E NON SOLO)
La politica di investimento delineata da BlackRock è chiara e gli obiettivi futuri sono delineati: rendere la sostenibilità parte integrante della costruzione dei portafogli e del risk management; uscire da investimenti con elevati rischi legati alla sostenibilità, come nel caso di produttori di carbone termico; lanciare sul mercato nuovi prodotti finanziari che tengono in considerazione esplicitamente l’utilizzo di combustibili fossili e aumentare l’impegno a favore di sostenibilità e trasparenza.
ADESIONE A CLIMATE ACTION 100+
La strategia del più grande fondo al mondo si delinea anche nell’adesione al Climate Action 100+, un gruppo di 370 investitori, che gestiscono un patrimonio complessivo di 41 trilioni di dollari, che promuove azioni rispettose dell’ambiente e spinge le aziende ad allineare le proprie attività all’accordo sul clima di Parigi.
GLI OBIETTIVI DI CLIMATE ACTION 100+
Aziende, investitori e azionisti si impegnano migliorare il loro processo di governance sui rischi dei cambiamenti climatici, a ridurre le emissioni e ad essere più trasparenti di fronte ai propri investitori sul potenziale impatto dei cambiamenti climatici.
NON SOLO BLACKROCK
Se l’adesione di BlackRock è arrivata solo nelle ultime settimane, c’è chi in questa iniziativa c crede da molto più tempo. Tra gli altri, ci sono: Airbus, ArcelorMittal, Basf, Bayer, Boeing, BP, China Petroleum & Chemical Corporation, CNOOC, Daikin Industries, E.ON, Edf, Enel, ENGIE, Eni, Exxon Mobil Corporation, Fiat Chrysler Automobiles, Ford, Lukoil, Nestlé, Nissan, Royal Dutch Shell, Toyota, Volkswagen.
FONTE:https://www.startmag.it/energia/blackrock-ecco-fini-e-minacce-del-fondo-americano-super-green/
GIUSTIZIA E NORME
Prof Sinagra: magistratura corrotta, una verità scomoda
CRONACA, NEWSgiovedì, 13, febbraio, 2020
La verità nuda e cruda sullo stato della corruzione in atti giudiziari, svelata in un’intervista esclusiva e senza filtri. Armando Manocchia intervista il professor Augusto Sinagra.
InformalTV per ImolaOggi.it
VIDEO QUI:https://www.informaltv.it/wp-content/uploads/2020/02/MAGISTRATURA-CORROTTA-VF1080.mp4
FONTE:https://www.imolaoggi.it/2020/02/13/prof-sinagra-magistratura-corrotta-una-verita-scomoda/
IMMIGRAZIONI
CORONAVIRUS? ONG TEDESCA RIPARTE IN DIREZIONE LIBIA PER PRELEVARE MIGRANTI
“Dopo quasi un mese di sospensione delle operazioni di ricerca e salvataggio di immigrati, la Ong tedesca Sea-Eye è ripartita ieri a bordo della sua nave Alan Kurdi dal porto spagnolo di Burriana per raggiungere le coste libiche, nonostante l’emergenza Coronavirus in Italia e in tutta Europa perché “i diritti umani sono sempre una priorità”. Anche quando è in corso una pandemia senza precedenti“, spiega Francesca Totolo con un articolo su Il Primato Nazionale.
“I primi di marzo, dopo la quarantena a bordo imposta alle navi Ocean Viking e Sea Watch, le Ong avevano sospeso le operazioni di traghettamento degli immigrati dalla Libia all’Italia”, argomenta Francesca Totolo.
“Si vocifera che il ministro Luigi Di Maio abbia comunicato agli Stati di bandiera delle navi umanitarie, Norvegia e Germania, l’impossibilità di accogliere gli immigrati a causa della tragica situazione Coronavirus in Italia”, aggiunge.
“Una questione è certa: senza Ong piazzate al largo della Libia, sia gli sbarchi in Sicilia sia le partenze dalla Libia si sono drasticamente ridotte. Così come si sono zittite le segnalazioni del centralino Alarm Phone, fondato da […] Don Zerai”, conclude l’autrice del volume Inferno SPA.
Saviano promuove raccolta fondi per prelevare migranti
CRONACA, NEWSvenerdì, 14, febbraio, 2020 RILETTURA, PER NON DIMENTICARE
“Facciamo rete!” Con queste parole Roberto Saviano rilancia su Twitter la raccolta fondi per consentire a Mediterranea di tornare a prelevare migranti in mare.
“La #MareJonio, imbarcazione di @RescueMed è libera di tornare in mare a salvare vite. Ma per farlo – scrive Saviano – ha bisogno del nostro sostegno. L’armatore sociale di Mediterranea @AlessandroMetz ha lanciato una raccolta fondi per ripartire. Facciamo rete!”.
FONTE:https://www.imolaoggi.it/2020/02/14/saviano-promuove-raccolta-fondi-per-prelevare-migranti/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
“Rischio 47 milioni di disoccupati”. Lo studio che ha terrorizzato Trump
Le terrificanti cifre di uno studio della Fed di St. Louis che prevede un futuro cupo per gli Stati Uniti, soprattutto se consideriamo che il picco massimo di disoccupati durante la grande depressione del ’29 non superò il 24%, ben al di sotto, dunque, del 32% previsto
Più di 47 milioni di posti di lavoro persi e disoccupazione al 32%. Sono le terrificanti cifre di uno studio della Fed di St. Louis che prevede un futuro cupo per gli Stati Uniti, soprattutto se consideriamo che il picco massimo di disoccupati durante la grande depressione del ’29 non superò il 24%, ben al di sotto, dunque, del 32% previsto dallo studio della Fed di st.Louis.
Non solo, a rendere ancora più nero il futuro prossimo degli americani, arriva anche la proiezione dell’Imperial College di Londra che prevede ben 2,2 milioni di vittime in assenza di restrizioni adeguate. Ma anche con le misure di contenimento, difficilmente il numero di vittime potrebbe scendere sotto quota 100mila. Almeno a dar retta ad Anthony Fauci, uno dei più prestigiosi virologi americano: “Se riuscissimo a limitare il numero diciamo a 100.000, che comunque è un numero orribile, si potrebbe dire che si è fatto un buon lavoro”, ha detto il presidente Trump senza mezzi termini.
Colui dal quale deriva il termine “stacanovismo”: Aleksej Grigor’evič Stachanov
PANORAMA INTERNAZIONALE
STATO ITALIANO & UE (Società a Responsabilità Limitata)
Antonino Trunfio 27 03 2020
Nelle pie intenzioni iniziali (pie come si presentano sempre le intenzioni dei pianificatori centrali, meglio noti come legislatori) l’UE doveva essere un’area di libero scambio economico (beni, merci, persone).
La realtà inesorabile come sempre, svela la natura maligna di quelle intenzioni e lo schema Ponzi su cui si reggono:
- Gli stati nazionali detengono un territorio e su di esso basano la loro stessa “legittimità”; hanno creato la moneta nazionale; le frontiere e le dogane; impongono dazi, passaporti, codice fiscale; chiedono ai residenti di cantare l’inno nazionale e sventolare la bandiera per andare in guerra come per evitare un virus stando sul divano (tutte bestialità che hanno prodotto macerie, morti in guerra, vedove e orfani, morti di polmonite).
- Gli stati nazionali decidono che la moneta nazionale, il territorio e le frontiere, e tutte le scemenze ideate al punto 1, impedendo, limitando, mortificando le possibilità di sviluppo e prosperità dei singoli territori e nazioni, devono essere rimosse e decidono pertanto di “uniamoci a corte siam pronti alla morte”…
- Portato a compimento la pia intenzione nr. 2, l’UE realizza che aver solo cambiato facciata a: moneta, frontiere, dogane e tutto il resto delle scemenze di cui detiene il copyright, soprattutto in un mondo globalizzato, non è ancora abbastanza.
- Si passa quindi a: tasse, debito pubblico, deficit, tenore di vita, culture, know how, tradizioni, forze dell’ordine, comprese la lunghezza delle zucchine e la forma del caciocavallo, ecc… Tutto deve essere armonizzato (espressione appositamente inventata, per colorare di “armonia” appunto, il tumore maligno della pianificazione e dell’interventismo iniziali)
Fine dello schema.
La Libertà, a partire da quella economica, la cooperazione umana e l’ordine spontaneo del libero mercato, ne escono ovviamente massacrati, coi risultati che sono davanti ai nostri occhi.
Rammento ai distratti che tutto avviene ed è avvenuto ai sensi di quelle che loro chiamano erroneamente leggi, e che la Scienza della Libertà dimostra essere invereconde disposizioni arbitrarie e totalitarie.
Tutto questo, mentre schiere sconfinate di utili idioti, scappati di casa del governo, media di regime & stampa igienica tricolori, gridano al liberismo selvaggio !! Causa primaria dello sfacelo prodotto invece da migliaia di leggi, regolamenti, interventi statali ed UE.
Lo schema Ponzi, in effetti sfugge non solo ai pochi sbadati, ma a decine di milioni di utili idioti che invocano a seconda del colore della propria idiozia: più italia, più europa, più euro, più lira, si Mes no Mes, si Fiscal Compact no Fiscal Compact, più deficit meno deficit, più sanita pubblica, più stato, tutti uniti vinceremo, wiwa l’italia e wiwa la repubblika.
Meritano, questo paese e milioni dei suoi utili idioti, solo di scomparire dalla storia e dalla geografia
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2490820384473825&id=100006376638770
Diana Johnstone: “Non vogliamo cambi di regime artificiali, ma movimenti autenticamente critici di cittadini europei”
Abbiamo intervistato Diana Johnstone, giornalista e commentatrice politica, già ospite di Saker Italia con i suoi articoli di analisi e di approfondimento sui temi “caldi” del mondo contemporaneo. Grazie alla sua esperienza e alla sua militanza (“the political is personal” [la politica è personale]), Diana ci offre uno sguardo sempre lucido e senza compromessi sull’attualità. Ben nota, infatti, la polemica e la censura subita per la sua posizione su Srebrenica (“Well, I am very much a genocide denier, and I’m proud of it and I can say why” [“Sono davvero una negazionista del genocidio, ne sono fiera e posso dire il perché”]) e la difesa che di tale posizione ne fece anche Noam Chomsky [in inglese].
Con lei abbiamo voluto affrontare ciò che in questo momento consideriamo temi urgenti: la frattura tra il blocco orientale (Russia, Cina, Iran) e quello atlantico, il ruolo mondiale degli USA in piena crisi di identità, i movimenti sociali e politici in fuga dal modello europeo. Provando a dare uno sguardo al nostro futuro geopolitico.
S.I: Uno dei temi caldi e “macro” è il cosiddetto “nuovo ordine mondiale”, in particolare l’evoluzione del modello di equilibrio del potere da bipolare a multipolare. La storica opposizione tra USA e Russia si arricchisce di nuovi player (Cine e Iran), e certamente il ruolo americano sta cambiando, un ruolo che influenza anche l’equilibrio e le dinamiche europee. Qual è il quadro che ne puoi fare di questo momento e in che modo secondo te si evolverà? Ci saranno dei nuovi player in futuro? Qual è il ruolo e/o l’influenza della lobby israeliana in tale contesto?
Esiste realmente una “opposizione storica” tra Stati Uniti e Russia? La Russia ha sostenuto il Nord durante la Guerra Civile Americana mentre la Gran Bretagna e la Francia erano dalla parte del Sud, la Russia e gli Stati Uniti sono stati dalla stessa parte nelle due Guerre Mondiali. La storica opposizione alla Russia è piuttosto da parte degli Inglesi e richiama il “Grande Gioco” della rivalità in Asia Centrale del XIX secolo.
La Russia è stata vista come avversaria degli Stati Uniti per il Comunismo. La paura del Comunismo si è rivelata come il perfetto pretesto ideologico per gli USA al fine di mantenere il dominio guadagnato durante la Seconda Guerra Mondiale. L’Europa occidentale doveva essere difesa dal Comunismo. I paesi del Terzo Mondo dovevano essere protetti dalla diffusione del Comunismo.
I Russi stessi erano evidentemente convinti che l’ostilità americana fosse semplicemente ideologica, motivata dal Comunismo. Io penso che credessero davvero che la caduta del Comunismo sovietico avrebbe reso possibile tra le due nazioni un rapporto di partnership amichevole.
Tutto ciò che è accaduto è che l’opposizione è stata esposta come una semplice questione di rapporti di forza. E’ molto chiaro che questa non è una battaglia ideologica tra “democrazia liberale” e “dittatura comunista”, ma tra gli Stati Uniti e chiunque resista all’egemonia mondiale statunitense.
Dopo le due grandi guerre del XX secolo che hanno mandato in rovina tutte le maggiori potenze, gli Stati Uniti sono avanzati e hanno occupato il vuoto di potere. Educati a considerare l’America moralmente superiore al “vecchio mondo”, i leader degli Stati Uniti hanno con facilità considerato la loro nuova supremazia come naturale, inevitabile ed eterna. Sono psicologicamente incapaci di pensare come fa Putin a “un mondo di uguali”.
Tale attitudine è stata sfruttata con molto successo dai sostenitori di Israele, siano l’elite politica neoconservatrice, Hollywood o l’AIPAC. Sono riusciti a far identificare Israele come una piccola America, la terra di coloro che sono scappati dalla malvagia persecuzione in Europa per creare una nazione libera in una terra selvaggia, e che devono per sempre respingere i nemici della democrazia. L’influenza israeliana ha avuto un effetto molto negativo sia sull’ideologia americana sia sui metodi americani, a partire dalle uccisioni mirate dei nemici politici fino ai metodi di controllo delle masse.
Non considererei l’Iran come un “nuovo player”. Gli Stati Uniti nutrono un vecchio rancore contro la Repubblica Islamica a partire dalla crisi degli ostaggi dell’ambasciata nel 1979. L’Arabia Saudita e soprattutto Israele sfruttano tutto questo per dipingere il loro più forte avversario nella regione come minaccia per gli Stati Uniti, quando in realtà l’Iran cerca solo delle relazioni pacifiche con l’Occidente.
I nuovi “player” che potrebbero fare la differenza potrebbero essere i paesi dell’Europa occidentale, i cui leader cercano di liberarsi dall’occupazione militare e ideologica degli Stati Uniti, che dura da più di settant’anni. Ma per ora la sconsiderata obbedienza dell’Europa fornisce il sostegno decisivo per le pretese mondiali degli Stati Uniti.
S.I. Parlando dell’Europa, la UE è sempre più percepita dai suoi cittadino come una entità burocratica piuttosto che politica o culturale. Considerando anche la politica estera di Macron e della Merkel, qual è la tua opinione sull’attuale stato di salute della UE?
La UE è di fatto una entità burocratica piuttosto che politica o culturale. Forse anche peggio, dato che i suoi trattati bloccano gli Stati membri in una politica economica neoliberale e vincolano la sua difesa alla NATO. Per dirla in breve, la UE è l’esperimento più avanzato della globalizzazione dominata dagli Stati Uniti.
In questo contesto, né l’Unione Europea né i suoi Stati membri possono avere una loro politica estera. Questa è la ragione per cui si stanno sbracciando disperatamente, poiché comprendono che seguire gli Stati Uniti li farà cadere nel burrone.
Il presidente francese è stato ampiamente citato per aver commentato che la NATO è “in coma”. Ho appena letto un’intervista ad Alain de Benoist, il quale ha osservato giustamente che è l’Unione Europea ad essere in coma, a differenza della NATO che è in piena salute. E’ fin troppo vero. La NATO sta realmente facendo la politica estera dell’Europa attraverso la crescita della presenza militare contro la Russia, e tutti partecipano, sebbene solo la Polonia e i piccoli stati baltici lo approvino davvero.
La politica interna europea è ampiamente impopolare, e quella estera è dettata dalla NATO. Tuttavia la UE perdura perché le sue popolazioni sono state indottrinate per generazioni a pensare che solo queste particolari strutture sovranazionali salvaguardano l’Europa dalla guerra, sebbene l’Europa stessa sia stata trascinata nelle guerre di Yugoslavia, Afghanistan, Libia, Siria… e chissà quale sarà la prossima.
S.I. La risoluzione del Parlamento Europe, che ha equiparato il Nazismo con il Comunismo, ha recentemente sollevato molte polemiche. Ricordando inoltre che quest’anno a maggio i festeggia il 75mo anniversario della Vittoria contro il Nazismo – una vittoria ottenuta principalmente grazie al governo sovietico – qual è la tua opinione su questa operazione ideologica, che può facilmente diventare un decisivo spartiacque politico e culturale per la stessa identità dell’Unione Europea?
Il Parlamento Europeo non ha alcuna autorità per fare alcunché, men che meno definire la verità storica. Questa vergognosa risoluzione dimostra la vuotezza intellettuale dell’attuale classe politica europea nel suo complesso.
L’equiparazione Nazismo-Comunismo sovietico si basa sulla pratica propagandistica di etichettare entrambi come “totalitarismi”, un concetto astratto e opinabile che fa riferimento alle tecniche di controllo ideologico, che ignora le nette differenze tra intenzione e pratica. Il punto è screditare l’estrema sinistra e l’estrema destra, e difendere il “centro liberale” come l’unico posto senza colpa in cui stare. Costruendo una versione ufficiale della storia e una ufficiale ideologia liberale, il Parlamento Europeo sembra esso stesso pendere un po’ verso il totalitarismo. Dal momento che non esiste nulla che possa essere una sensibilità europea, la UE prova ad auto-identificarsi con idee astratte e miti storici, in maniera molto simile a come fa il suo sponsor, cioè gli Stati Uniti.
S.I. Continuando a parlare di Europa, vediamo il movimento dei Gilet Gialli e la recente vittoria del Sinn Fein nelle elezioni irlandesi. Tutti questi movimenti ed espressioni sembrano essere fortemente in contrasto non solo con il concetto di Unione Europea ma anche apertamente anti-establishment. Che tipo di futuro vedi per questi movimenti? Quali altri sono forse sul procinto di nascere?
La Costruzione dell’Europa è stata disegnata (specificamente seguendo linee tracciata da Jean Monnet) per mettere fine agli Stati-nazione e anche alla politica, sostituita dal capitalismo e dal governo tecnocratico. Ma la politica si sta riaffermando in vari modi. La misura è colma. In Francia, il problema con la UE è che la camicia di forza neoliberale blocca il tipo di economia mista, con un forte ruolo dello Stato, una politica industriale, servizi pubblici e benefit sociali. In Ungheria, la politica europea sull’immigrazione minaccia l’identità di una piccola nazione con difficoltà linguistiche. Questi movimenti portano l’attenzione sulle crescenti differenze tra nazioni storiche che, in base al concetto dell’Unione Europea, dovevano crescere come un unico popolo europeo. Ma proprio nel centro dell’Unione Europea, il Belgio si sta sgretolando perché le Fiandre, che sono ricche, di destra e di lingua olandese, non vogliono dividere i costi sociali con la Vallonia, che è di sinistra e di lingua francese. Questo dimostra la spaccatura nord-sud che tormenta l’Unione Europea. Se il piccolo Belgio non riesce a restare unito dopo due secoli, un re e una buona squadra di calcio, come potranno unirsi in una sola nazione la Finlandia e il Portogallo, Malta e la Danimarca, la Germania e la Grecia?
S.I. In quella che è geograficamente l’Europa, stiamo assistendo al terribile conflitto in Ucraina. Ci puoi dare la tua opinione sul ruolo dell’Europa? Pensi che ci possa essere una fine del conflitto e, se sì, come?
Il ruolo dell’Europa è semplicemente deplorevole. Vista da Washington, l’Ucraina è un grande cuneo per entrare in Russia. Utilizzare l’Ucraina contro la Russia è stata una politica americana sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La consueta tattica americana è lo sfruttamento di uno scontento minoritario per promuovere un cambio di regime, e l’immigrazione massiva di Ucraini anti-sovietici e anti-russi nell’America del Nord ha fornito molto sostegno.
Chi fa politica in Europa dovrebbe avere una più profonda consapevolezza di quanto possa essere pericoloso sfruttare le differenze interne all’Ucraina, che hanno origine da una storia violenta e complicata segnata da discordanti interpretazioni della storia.
Al contrario, tutto l’attuale casino è cominciato con le richieste all’Ucraina di fare una scelta netta a favore degli accordi economici con la UE, tagliando i legami con la Russia, il suo principale partner commerciale con forti legami storici. Questo era vincolato a rinvigorire ed esacerbare le divisioni tra le due metà del paese, l’Ucraina occidentale che sembra Occidente e l’Ucraina dell’Est che sembra Est. La Germania aveva le sue pedine in Ucraina, e spingeva per la presa di potere europeo, ma ha ceduto agli Americani. Gli Stati Uniti hanno sfruttato la protesta per sostenere un colpo di stato che ha dato il controllo del governo di Kiev alle forze favorevoli alla partecipazione alla NATO. Questo equivaleva alla chiara minaccia di portare sotto il controllo americano la principale base navale russa in Crimea. La Russia è stata capace di respingere questa inaccettabile minaccia in maniera pacifica, grazie al fatto consolidato che gran parte degli abitanti della Crimea volevano che il proprio territorio si ricongiungesse alla Russia. Il referendum è stato la dimostrazione schiacciante.
Ora, ogni persona in Europa con una cultura seria può capire che non è stata una “invasione russa” dell’Ucraina, ma un’abile mossa per dirottare un potenziale confronto militare. Diversamente dal bombardamento della NATO che ha causato il distacco del Kosovo dalla Serbia, è stata una operazione pacifica e democratica.
Nel frattempo, le persone della regione russofona del Donbass si sono rivoltate contro il colpo di Stato che ha rovesciato il presidente che avevano votato, e ha insediato un regime ostile che include elementi neonazisti. La Russia avrebbe potuto invadere l’Ucraina orientale molto facilmente per sostenere i ribelli del Donbass, ma non l’ha fatto. Eppure, la solidarietà atlantica ha obbligato tutti a dichiarare che la Russia “ha invaso l’Ucraina”, e che quindi “minaccia di invadere i paesi limitrofi”.
L’Ucraina è quindi impantanata in un conflitto congelato. La via d’uscita era già chiara fin quasi dall’inizio, quando i leader di Francia, Germania, Russia e Ucraina si incontrarono nel 2014 durante la commemorazione dello sbarco in Normandia, tentando di lavorare verso una soluzione. Lo schema della soluzione è stato ovvio dall’inizio: una Ucraina decentralizzata, forse una federazione sul modello tedesco, che avrebbe permesso alle regioni di auto-governarsi. Solo gli Americani hanno un interesse nella guerra civile in corso in Ucraina, come una spina nel fianco della Russia. Gli Stati Uniti hanno detto con chiarezza durante la crisi jugoslava degli anni ’90 che non potevano indietreggiare e permettere agli Europei di risolvere i loro problemi. L’Ucraina è una prova cruciale di questo controllo.
S.I. Guardando una mappa mondiale, cosa pensi e quali previsioni puoi fare del prossimo futuro geopolitico?
Oggi la Siria è ancora il punto centrale di confronto tra grandi potenze. Provo a comprendere il passato e il presente, e non predico mai il futuro. Ma posso preoccuparmi. Mi preoccupo per le folli esercitazioni NATO ai confini con la Russia. Mi preoccupo oggi per lo sconsiderato e totalmente illegale intervento della Turchia in Siria, che sta portando un membro della NATO direttamente dentro un conflitto con la Russia. La vera esistenza della NATO è la minaccia al mondo e se i leader europei non fossero “in coma”, pretenderebbero il suo scioglimento. Nel frattempo, leggo che c’è una forte opposizione da parte dei Turchi all’ “avventurismo” di Erdogan. Invece di “cambi di regime” artificiali pianificati dalle agenzie americane, abbiamo bisogno di più movimenti autenticamente critici composti da cittadini europei, che esigano dai governi la soddisfazione delle necessità interne e la fine del confronto militare.
Diana Johnstone è una scrittrice politica, interessata soprattutto alla politica europea e alla politica estera occidentale. E’ laureata in discipline russe e ha ottenuto un master in letteratura francese presso l’Università del Minnesota.
Attiva nei movimenti contro la Guerra del Vietnam, ha organizzato i primi contatti internazionali tra cittadini americani e rappresentanti vietnamiti.
Diana ha lavorato per l’agenzia France Presse, è stata la corrispondente europea di In These Times ed è stata la responsabile stampa del gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo dal 1990 al 1996. Diana ha vissuto per molto tempo in Francia, Germania, Italia e dal 1990 vive a Parigi.
I suoi scritti sono stati pubblicati su New Left Review, Counterpunch e Covert Action Quarterly.
E’ autrice dei libri “The Politics of Euromissiles: Europe’s Role in America’s World” (1984), “The Politics of Euromissiles: Europe’s Role in America’s World (1985), “Fools’ Crusade , Nato, and Western Delusions” (2003), “Queen of Chaos: The Misadventures of Hillary Clinton” (2015 – Disponibile in italiano col titolo “Hillary Clinton. Regina del caos”).
Nel 2020 ha pubblicato “Circle in the Darkness: Memoir of a World Watcher”, un libro che racconta l’impegno lungo una vita che Diana ha profuso per comprendere che cosa sta accadendo nel mondo, cercando la verità dei nostri tempi tormentati superando i veli della propaganda governativa e dell’inganno dei media.
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Intervista a cura di Elvia Politi per SakerItalia
FONTE:http://sakeritalia.it/attualita/diana-johnstone-non-vogliamo-cambi-di-regime-artificiali-ma-movimenti-autenticamente-critici-di-cittadini-europei/
CHI È, COSA HA FATTO E COSA STA FACENDO DONALD TRUMP
Autore: Tyler Durden – 26 03 2020
Adesso è il momento giusto per tutti di capire cosa sta facendo Donald Trump e di provare a decifrare l’ambiguità di come lo sta facendo. Il controverso presidente ha un’agenda molto più chiara di quanto chiunque possa immaginare, sia in politica estera, che in affari interni, ma dal momento che deve rimanere al potere o, addirittura, rimanere in vita per raggiungere i suoi obiettivi, la sua strategia è così raffinata e sottile che quasi nessuno può vederla. Il suo obiettivo generale è così ambizioso che deve seguire percorsi ellittici casuali per passare dal punto A al punto B, usando schemi che confondono le persone nella loro comprensione dell’uomo. Ciò include la maggior parte dei giornalisti indipendenti e i cosiddetti analisti alternativi, così come gli editori di notizie false tradizionali e una grande maggioranza della popolazione.
Per quanto riguarda la sua strategia, potrei fare un’analogia rapida e accurata con i farmaci: la maggior parte delle pillole sono progettate per curare un problema, ma presentano una serie di effetti secondari. Bene, Trump sta usando le medicine esclusivamente per i loro effetti collaterali, mentre il primo scopo della pillola è di mantenerlo al potere e vivo. Entro la fine di questo articolo, vedrete che questa metafora si applica praticamente ad ogni decisione, mossa o dichiarazione che ha fatto. Una volta capito Trump, sarete in grado di apprezzare la straordinaria presidenza che sta conducendo, al cui livello nessun predecessore si è mai avvicinato. Per iniziare, chiariamo un aspetto della sua missione che è lineare e terribilmente diretto: è il primo e unico presidente americano ad affrontare il peggior difetto collettivo dell’umanità: la sua totale ignoranza della realtà.
Poiché i media e l’educazione sono entrambi controllati da una manciata di miliardari che guidano il pianeta, non sappiamo nulla della nostra storia, che è stata distorta dai vincitori e non abbiamo idea del nostro mondo attuale.
Mentre entrava nell’arena politica, Donald rese popolare l’espressione «fake news» per convincere i cittadini americani, e anche la popolazione mondiale, che i media ti mentono sempre. L’espressione ora è diventata banale, ma vi rendete conto di quanto sia profondamente scioccante il fatto che quasi tutto ciò che pensate di sapere sia totalmente falso? Le bugie dei media non riguardano solo la storia e la politica, ma hanno modellato la vostra falsa percezione su argomenti come economia, cibo, clima, salute, su tutto.
E se vi dicessi che sappiamo esattamente chi ha sparato a JFK dalla collinetta erbosa, che la conoscenza anticipata di Pearl Harbor è stata dimostrata in tribunale, che l’effetto serra della CO2 è scientificamente assurdo, che il nostro denaro viene creato attraverso prestiti da banche che non hanno neanche i fondi o che la scienza dimostra con certezza al 100% che il 9/11 è stato un “inside job”?
Avete mai sentito di un giornalista mainstream, di un documentario o di un insegnante universitario che vi parla di questo? 44 presidenti sono arrivati e se ne sono andati senza nemmeno parlare di questo enorme problema, prima che arrivasse il 45°.
Trump sa che liberare le persone da questa insondabile ignoranza è il primo passo verso la libertà generale, quindi ha iniziato a chiamare i giornalisti mainstream e i loro editori per quello che sono: bugiardi patologici.
«Migliaia di professionisti della salute mentale concordano con Woodward e l’autore del New York Times: Trump è pericoloso.» – Bandy X. Lee, The Conversation 2018
«La domanda non è se il presidente sia pazzo, ma se sia pazzo come una volpe o pazzo come un matto.» – Masha Gessen, The New Yorker 2017
Diciamo chiaramente una cosa: per le istituzioni, Trump non è mentalmente affidabile, ma è sicuramente visto come una possibile nemesi del loro mondo.
Da quando si è trasferito alla Casa Bianca, Trump è stato raffigurato come un narcisista, un razzista, un sessista e uno scettico sul clima, carico di storie ombrose e problemi mentali. Anche se circa il 60% degli americani non si fida più dei media, molti hanno accettato la storia secondo cui Trump potrebbe essere leggermente pazzo o inadatto a governare, e la statistica sale ancora più in alto quando si esce dagli Stati Uniti. Certo, Donald non sta facendo nulla di speciale per cambiare la percezione profondamente negativa che così tanti giornalisti e persone hanno su di lui. È apertamente oltraggioso e provocatorio su Twitter, suona impulsivo e stupido per la maggior parte del tempo, agisce in modo irrazionale, mente quotidianamente e lancia sanzioni e minacce come se fossero bastoncini di zucchero dalla borsa di un elfo in un centro commerciale a dicembre.
Immediatamente possiamo distruggere un mito mediatico persistente: l’immagine che Trump sta proiettando è autodistruttiva ed è l’esatto contrario di come agiscono i narcisisti patologici, poiché prosperano per essere amati e ammirati da tutti. A Donald semplicemente non importa se vi piace o no, il che lo rende il contrario di un narcisista per la sua definizione psicologica. E questo non è nemmeno in discussione, è un fatto abbastanza semplice e innegabile.
Il suo piano generale deriva da uno dei suoi motti preferiti: «Restituiremo potere al popolo», perché gli Stati Uniti e la sua rete imperialista intrecciata nel mondo sono stati nelle mani di alcuni banchieri globalisti, industriali militari e multinazionali per più di un secolo. Per realizzare il suo piano, deve porre fine alle guerre all’estero, riportare a casa i soldati, smantellare la NATO e la CIA, ottenere il controllo della Federal Reserve, tagliare ogni legame con gli alleati stranieri, abolire il sistema finanziario Swift, demolire il potere di propaganda dei media, drenare la palude dello stato profondo che gestisce le agenzie di spionaggio e disabilitare il governo ombra che si nasconde in seno al Consiglio per le Relazioni Estere e gli uffici della Commissione Trilaterale. In breve, deve distruggere il Nuovo Ordine Mondiale e la sua ideologia globalista. Il compito è enorme e pericoloso per non dire altro. Per fortuna, non è solo.
Prima di approfondire le sue tecniche e tattiche, dobbiamo sapere qualcosa in più su ciò che sta realmente accadendo nel mondo.
Potente Russia
Sin da Pietro il Grande, l’intera storia della Russia è una dimostrazione permanente della volontà di mantenere la propria indipendenza politica ed economica dalle banche e dall’imperialismo internazionali, spingendo questa grande nazione ad aiutare molti paesi più piccoli, a combattere per mantenere la propria indipendenza. Due volte la Russia aiutò gli Stati Uniti contro l’impero britannico/Rothschild; dapprima sostenendoli apertamente nella Guerra d’Indipendenza, e ancora nella Guerra Civile, quando i Rothschild stavano finanziando i Confederati onde abbattere politicamente la nazione per riportarla nella gabbia dell’Impero coloniale britannico. La Russia ha anche distrutto Napoleone e i nazisti, entrambi finanziati da banche internazionali come strumenti per schiacciare nazioni economicamente indipendenti. L’indipendenza è nel loro DNA. Dopo quasi un decennio di oligarchia occidentale che rilevò l’economia russa dopo la caduta dell’URSS nel 1991, Putin prese il potere e prosciugò la palude russa. Da allora, ogni mossa che ha fatto mira a distruggere l’Impero americano, o l’entità che ha sostituito l’Impero britannico nel 1944, che è il nome della teoria della cospirazione del Nuovo Ordine Mondiale.
Il nuovo impero è fondamentalmente lo stesso schema bancario centrale, solo con un insieme leggermente diverso di proprietari che hanno cambiato l’esercito britannico per la NATO, rendendola la loro Gestapo Mondiale.
Fino all’arrivo di Trump, Putin stava combattendo da solo il Nuovo Ordine Mondiale, la cui secolare ossessione è il controllo del mercato mondiale del petrolio, poiché il petrolio è il sangue che scorre nelle vene dell’economia mondiale. Il petrolio è mille volte più prezioso dell’oro. Le navi mercantili, gli aerei e gli eserciti non funzionano a batterie.
Pertanto, per contrastare i globalisti, Putin ha sviluppato i migliori sistemi missilistici offensivi e difensivi, con il risultato che la Russia può ora proteggere ogni produttore di petrolio indipendente come la Siria, il Venezuela e l’Iran. I banchieri centrali e il governo ombra americano sono ancora aggrappati al loro piano morente, perché senza una vittoria in Siria Israele non si può espandere, ponendo così fine alla secolare fantasia di unire la produzione petrolifera del Medio Oriente nelle mani del Nuovo Ordine Mondiale. Chiedete a Lord Balfour se aveste qualche dubbio. Questo è il vero interesse della guerra siriana, una questione di vita o di morte.
Un secolo di bugie
Ora, poiché un governo ombra sta impartendo ordini diretti alla CIA e alla NATO in nome di banche e industrie, Trump non ha alcun controllo sui militari. Lo stato profondo è un rosario di funzionari permanenti che governano Washington e il Pentagono, che rispondono solo ai loro ordini. Se credete ancora che il «comandante in capo» sia al comando, spiegatemi perché ogni volta che Trump ha ordinato di ritirarsi dalla Siria e dall’Afghanistan, sono arrivate più truppe? Mentre scrivo questo testo, le truppe statunitensi e della NATO si sono ritirate dalle zone curde, sono andate in Iraq e sono tornate con attrezzature più pesanti attorno alle riserve petrolifere della Siria. Donald deve ancora drenare a fondo la palude prima che il Pentagono obbedisca davvero a tutto ciò che dice. Trump dovrebbe essere indignato e denunciare ad alta voce che il comando militare non si cura di ciò che viene loro ordinato, ma ciò darebbe origine a un caos inimmaginabile, e forse persino a una guerra civile negli Stati Uniti, se i cittadini che possiedono circa 393 milioni di armi nelle loro case dovessero scoprire che l’esercito risponde agli interessi privati. Questo conduce anche a una domanda molto semplice, ma drammatica: «Qual è esattamente lo scopo della democrazia?» Queste armi sono le recinzioni in titanio che proteggono la popolazione dal Grande Fratello totalitario.
Bisogna rendersi conto di quanti problemi l’esercito americano e le agenzie di spionaggio hanno provocato nel creare operazioni sotto falsa bandiera per più di un secolo, in modo che i loro interventi siano sempre sembrati giusti, in nome della promozione della democrazia, dei diritti umani e della giustizia intorno al pianeta.
- Hanno fatto esplodere la nave Maine nel 1898 per entrare nella guerra ispanico-americana, quindi la Lusitania nel 1915 per entrare nella Prima guerra mondiale.
- Spinsero il Giappone ad attaccare Pearl Harbor nel 1941, erano a conoscenza dell’attacco con 10 giorni di anticipo e non dissero nulla alla base hawaiana.
- Hanno inventato un’aggressione con siluranti nordvietnamita contro le loro navi nel Golfo del Tonkino per giustificare l’invio di soldati sul terreno vietnamita.
- Hanno inventato una storia di soldati iracheni che hanno distrutto gli incubatori con neonati per invadere il Kuwait nel 1991.
- Hanno inventato armi di distruzione di massa per attaccare di nuovo l’Iraq nel 2003 e
- hanno organizzato l’Undici settembre per distruggere la Costituzione del 1789, attaccare l’Afghanistan e lanciare una guerra al terrorismo.
Questa maschera totalmente falsa della virtù deve essere preservata per controllare l’opinione dei cittadini americani e del loro arsenale domestico, che devono credere di indossare i cappelli da cowboy bianchi della democrazia.
Quindi, come ha reagito Trump quando è venuto a sapere che le truppe americane stavano rientrando in Siria? Ha ripetuto più volte in ogni intervista e dichiarazione che “abbiamo messo in sicurezza i giacimenti petroliferi della Siria”, e ha anche aggiunto “Sto pensando di inviare Exxon nella regione per prenderci cura del petrolio siriano”. I Neocon, i sionisti e le banche erano elettrizzati, ma tutti gli altri si sono indignati, perché la stragrande maggioranza non capisce che Trump sta inghiottendo questa pillola solo per i suoi effetti collaterali. Su questa singola bottiglia è scritto in caratteri minuscoli che «l’uso di questo farmaco potrebbe costringere le truppe americano-NATO a uscire dalla Siria sotto la pressione della comunità mondiale unita e della popolazione americana sbalordita». Trump ha reso insostenibile la situazione di rimanere in Siria per la NATO, e il modo in cui ha ripetuto questa posizione profondamente scioccante e politicamente scorretta mostra chiaramente la sua reale intenzione. Ha distrutto oltre un secolo di false virtù in una sola frase.
Trump è un’anomalia storica
Trump è solo il quarto presidente della storia degli Stati Uniti a combattere effettivamente per il popolo, a differenza di tutti gli altri 41, che hanno principalmente incanalato il denaro del popolo in un oleodotto di dollari che finisce nelle banche private.
In primo luogo, ci fu Andrew Jackson, il quale fu colpito dopo aver distrutto la Seconda Banca Nazionale, che accusò apertamente di essere controllata dal Rothschild e dalla City di Londra.
Poi ci fu Abraham Lincoln, che venne assassinato dopo aver stampato i suoi «biglietti verdi», denaro nazionale che lo stato emise per pagare i soldati, perché Lincoln si era rifiutato di prendere in prestito denaro da Rothschild al 24% di interesse.
Poi ci fu JFK, che venne ucciso per una dozzina di ragioni che andavano principalmente contro i profitti delle banche e delle industrie militari, e ora c’è Donald Trump, che ha urlato che avrebbe «restituito l’America al popolo».
Come la maggior parte degli uomini d’affari, Trump odia le banche, per il formidabile potere che hanno sull’economia. Date un’occhiata al libro di Henry Ford, L’ebreo internazionale: un problema del mondo, per scoprire quanto fosse profonda la sua sfiducia e il suo odio verso le banche internazionali. Le attività di Trump hanno sofferto molto a causa di queste istituzioni che fondamentalmente ti vendono un ombrello, solo per riprenderselo non appena piove. Il controllo del private banking sulla creazione di moneta e sui tassi di interesse, attraverso ogni banca centrale di quasi tutti i paesi, è un potere permanente sulle nazioni, molto al di sopra del ciclo effimero dei politici.
Nel 2000, questi saccheggiatori della nazione erano a pochi passi dal loro sogno planetario totalitario, ma un paio di dettagli rimasero immobili: Vladimir Putin e 393 milioni di armi americane. Poi è arrivato Donald con la faccia arancione, l’ultimo pezzo del puzzle di cui noi gente avevamo bisogno per porre fine a 250 anni dell’impero bancario.
Tecniche e tattiche
All’inizio del suo mandato, Trump ha provato ingenuamente l’approccio diretto, circondandosi di ribelli dell’establishment come Michael Flynn e Steve Bannon, poi infastidendo tutti i suoi alleati stranieri, distruggendo i loro trattati di libero scambio, imponendo tasse sulle importazioni e insultandoli di fronte alle riunioni del G7 del 2017 e del 2018. La reazione è stata forte e tutti hanno raddoppiato l’assurdità del Russiagate, in quanto sembrava l’unica opzione per fermare l’uomo sulla strada della distruzione del globalismo. Com’era prevedibile, l’approccio diretto non è andato da nessuna parte; Flynn e Bannon dovettero andarsene e Trump rimase impigliato in una manciata di indagini che gli fecero capire che non avrebbe ottenuto nulla con la trasparenza. Doveva trovare un modo per annientare le persone più pericolose del pianeta, ma allo stesso tempo rimanere al potere e in vita. Doveva riassettarsi. Fu allora che il suo genio esplose nel mondo.
Ha completamente cambiato la sua strategia e il suo approccio, e ha iniziato a prendere decisioni assurde e twittare dichiarazioni scandalose. Minacciose e pericolose come alcune di queste a prima vista apparivano, Trump non le usava per il loro significato di primo grado, ma mirava ai veri effetti di secondo grado che le sue mosse avrebbero avuto. E non gli importava di quello che la gente pensava di lui, perché alla fine contano solo i risultati. Giocava persino a fare il buffone su Twitter, sembrava ingenuo, pazzo o decisamente idiota, forse nella speranza di sedimentare la convinzione che non sapesse cosa stesse facendo e che non poteva essere così pericoloso.
È intenzionalmente e politicamente scorretto nel mostrare la brutta faccia che si nasconde dietro la maschera degli Stati Uniti.
Il primo test sul suo nuovo approccio è stato quello di cercare di fermare il crescente pericolo di un attacco e un’invasione della Corea del Nord da parte della NATO. Trump ha insultato Kim Jung-Un tramite Twitter, lo ha chiamato Rocket Man e ha minacciato di colpire la Corea del Nord. La sua erronea sfuriata politica è andata avanti per settimane fino a quando non è entrato nella testa di tutti che quelle non erano buone ragioni per attaccare un paese. Ha paralizzato la NATO. Trump ha poi incontrato Rocket Man, e hanno camminato nel parco con l’inizio di una bella amicizia, ridendo insieme, pur non realizzando assolutamente nulla nelle loro negoziazioni, dal momento che non hanno nulla su cui negoziare.
Molti parlavano del premio Nobel per la pace, perché molti non sanno che di solito viene consegnato ai criminali di guerra come Obama o Kissinger.
Poi venne il Venezuela. Trump ha spinto la sua tattica un passo avanti, per assicurarsi che nessuno potesse sostenere un attacco al paese libero. Ha messo i peggiori neo-con disponibili sul caso: Elliott Abrams, precedentemente condannato per cospirazione nell’accordo Iran-Contras negli anni ’80, e John Bolton, famoso guerrafondaio di primo grado. Trump ha quindi confermato Juan Guaidò come sua scelta per il presidente del Venezuela; un pupazzo vuoto così stupido che non riesce nemmeno a capire quanto venga usato. Ancora una volta, Trump ha minacciato di mandare il paese in rovina, mentre la comunità mondiale ha guardato con soggezione la totale mancanza di sottigliezza e diplomazia nel comportamento di Trump, con il risultato che il Brasile e la Colombia si sono fatte da parte e hanno detto che non volevano avere nulla a che fare con un attacco al Venezuela. La strategia di Trump ha lasciato solo 40 paesi satellite in tutto il mondo, con Presidenti e Primi Ministri abbastanza morti da sostenere timidamente Guaidò, il Giullare. Donald spuntò la casella accanto al Venezuela nell’elenco e continuò a scorrere verso il basso.
Poi vennero i due doni a Israele: Gerusalemme come capitale e le alture del Golan siriane come suo possedimento confermato. Netanyahu, che non è la matita più appuntita nella scatola, saltò di gioia, e tutti urlarono che Trump era un sionista. Il vero risultato conseguente fu che l’intero Medio Oriente si è unito contro Israele, che ormai nessuno può più sostenere. Anche il loro complice storico, l’Arabia Saudita, ha dovuto disapprovare apertamente questo enorme schiaffo di fronte all’Islam. I due regali di Trump erano in realtà due pugnalate alla schiena allo stato di Israele, il cui futuro non sembra troppo luminoso al giorno d’oggi, poiché la NATO dovrà uscire dalla regione. Verificate nuovamente.
Mentre la realtà affonda
Ma c’è di più! Con la sua mancanza di controllo sulla NATO e sull’esercito, Trump è molto limitato nelle sue azioni. A prima vista, l’eccezionale moltiplicazione delle sanzioni economiche su paesi come Russia, Turchia, Cina, Iran, Venezuela e altre nazioni sembra dura e spietata, ma in realtà queste sanzioni hanno spinto quei paesi fuori dal sistema finanziario Swift, progettato per mantenere le nazioni in schiavitù attraverso l’egemonia del dollaro, e stanno tutti scivolando via dalla morsa delle banche internazionali.
Ha costretto Russia, Cina e India a creare un sistema alternativo di pagamenti commerciali basato sulle valute nazionali, anziché sul dollaro onnipotente. La realtà bipolare del mondo è ora ufficiale e, con le sue prossime sanzioni, Trump spingerà più paesi fuori dal sistema Swift per unirsi dall’altra parte, mentre importanti banche stanno iniziando a cadere in Europa. Anche nell’uragano politico in cui si trova Trump, trova ancora il tempo per mostrare il suo umorismo quasi infantile e arrogante. Guardate la sua grandiosa beffa ai danni di Hillary Clinton e Barack Obama, mentre si sedeva con i generali più schietti che riusciva a trovare, per scattare una foto nella cosiddetta «Situation Room» durante la simulazione del monitoraggio della morte di Baghdadi, proprio come i suoi predecessori criminali hanno fatto molto tempo fa con il falso omicidio di Bin Laden. Ha persino aggiunto la versione “farsa” dei dettagli di un cane che riconosce il falso califfo di Daesch annusando la sua biancheria intima. Ora che capite di cosa tratta Trump, sarete anche in grado di godervi lo spettacolo, in tutto il suo splendore e il suo vero significato.
«Abbiamo messo in sicurezza i giacimenti petroliferi della Siria». In effetti, con questa breve frase, Trump ha unito la sua voce a quella del generale Smedley Butler che scosse il mondo 80 anni fa con un minuscolo libro intitolato La guerra è un racket. Saccheggiare e rubare il petrolio non è sicuramente così virtuoso come promuovere la democrazia e la giustizia. Ciò che mi stupisce sono quei numerosi giornalisti e analisti «alternativi», che conoscono sulla punta delle dita ogni problema tecnico relativo al 9/11, o realtà scientifica sull’assurda storia del riscaldamento globale, ma non hanno ancora idea di cosa stia facendo Trump, dopo 3 anni nel suo mandato, perché credono ai media mainstream che hanno convinto tutti che Trump sia mentalmente inaffidabile.
Per coloro che continuano a nutrire dubbi sull’agenda di Trump, credete davvero che l’evidente implosione dell’imperialismo americano sul pianeta sia una coincidenza? Credete ancora che sia a causa dell’influenza russa sulle elezioni del 2016 che la CIA, l’FBI, tutti i media, il Congresso americano, la Federal Reserve, il Partito Democratico e la metà dei guerrafondai repubblicani stanno lavorando contro di lui e stanno addirittura cercando di metterlo sotto impeachment?
Come la maggior parte delle cose che provengono dai media, la realtà è esattamente l’opposto di quello che vi viene detto: Trump potrebbe essere l’uomo più indicato a mettere mai piede nell’ufficio Ovale. E sicuramente il più ambizioso e politicamente scorretto.
Conclusione
Il mondo cambierà drasticamente tra il 2020 e il 2024. Il secondo e ultimo mandato di Trump coincide con l’ultimo mandato di Putin come Presidente della Russia. Potrebbe non esserci mai un’altra coincidenza come questa per molto tempo, ed entrambi sanno che è ora o mai più.
Insieme, devono porre fine alla NATO, Swift e l’Unione europea dovrebbe sbriciolarsi.
Il terrorismo e il riscaldamento globale antropogenico salteranno nel vortice e scompariranno con i loro creatori. Trump dovrà svuotare la palude nella CIA e nel Pentagono e dovrà nazionalizzare la Federal Reserve. Insieme a Xi e Modi, potrebbero porre fine al private banking negli affari pubblici, rifiutando di pagare un solo centesimo dei loro debiti e ripristinare l’economia mondiale spostandosi sulle valute nazionali prodotte dai governi, poiché le banche private cadranno come un domino, senza più servitori tipo Obama per salvarli a vostre spese. Una volta fatto questo, la pace e la prosperità ora irraggiungibili potrebbero diffondersi per il pianeta, poiché le nostre tasse saranno utilizzate per lo sviluppo dei nostri paesi invece che per acquistare attrezzature militari inutili e pagare interessi sui prestiti di banchieri che in primo luogo non hanno nemmeno i soldi.
Se non capite ancora Donald Trump dopo aver letto quanto sopra, siete senza speranza.
Oppure potreste essere Trudeau, Macron, Guaidò o qualsiasi altro utile idiota, ignaro del fatto che il tappeto sotto i vostri piedi sia già scivolato via.
(Grazie a Adriano Cian)
POLITICA
SETTE DOMANDE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIUSEPPE CONTE
Gliele riproporremo ogni giorno, in modo da ridurre la possibilità che le sfuggano, per fare chiarezza su aspetti che ci stanno a cuore e che è importante che siano chiari anche agli italiani.
È bene precisarlo subito ed in premessa, non ho niente, nemmeno una goccia di malanimo, nemmeno un milligrammo di antipatia personale nei confronti del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, anzi lo trovo, come molti italiani, educato, elegante, sempre esteticamente in ordine, dotato di un buon italiano e di buona rappresentanza pubblica. Per taluni versi si può anche stare, ma entro certi limiti (perché si è capito il suo gioco, come vedremo dopo) dalla sua parte nella negoziazione con l’Europa, salvo il fatto che si è arrivati in condizioni tali da far pensare ad una nazione già alle corde, in posizione china, un po’ troppo esposta a predatori e avvoltoi.
E come se n’è accorto chi scrive, figuriamoci se non se ne sono accorti i cosiddetti partner europei. Peraltro, il nostro premier, ormai è stato anche brutalmente smentito dalla presidente della Commissione Ue Ursula von Der Leyen, che ha bollato i Coronabond con un commento che lascia pochi spazi all’interpretazione “sono solo uno slogan” poi corretto, quindi in realtà confermato, con un “in questo momento, la presidenza non esclude alcuna opzione entro i limiti del Trattato”, quindi un altro sonoro no e ancora “lo spazio fiscale per i nuovi strumenti è limitato”, un ulteriore no con ceffone finale, qualora si sia distratto qualcuno.
Nonostante questo, nella negoziazione con l’Europa, non si può che essere con Giuseppe Conte, non foss’altro perché siamo sulla stessa barca, ma dove ci sta portando questo timoniere, non convince affatto, e se ne possono citare i motivi. Quanto meno è stato interessante vedere la mutazione di Giuseppe Conte, dapprima avvocato del popolo, poi medico del popolo, adesso nella sua nuova doppia veste di presentatore e moderatore per il popolo, tutto questo è accaduto sotto i nostri occhi lo scorso 28 marzo, verso 19.30, nell’ennesima conferenza stampa, ammesso che si possa ancora chiamare così una cosa costruita, come quella andata in onda, con sole pochissime domande e neanche incalzanti.
Il programma di attualità condotto dal premier, con tanto di intervista e ringraziamenti al sindaco Antonio Decaro (Pd, maggioranza di Governo) in qualità di presidente dell’Anci e per suo tramite agli altri sindaci italiani, ha mostrato uno stile secondo solo a quello di alcuni conduttori di programmi, che palesemente strizzano l’occhio al governo, che deliziano le nostre serate di informazione domiciliare coatta di questi ultimi tempi. Magari in un prossimo futuro, potremmo anche ritrovarlo accanto a Fabio Fazio, in qualche trasmissione moralisticheggiante, in cui ci spiegherà quanto voglia bene agli italiani, alla loro salute, un po’ come ha fatto lo scorso sabato sera, poco prima del Tg1, interrompendo la programmazione dell’imprescindibile programma televisivo l’Eredità, cosa che non era riuscita nemmeno al presidente Sergio Mattarella.
Esistono delle regole non scritte, regole che si reggono su periodi medio lunghi, sul proprio curriculum professionale, sulla coerenza fra ciò che si dichiara e su come si agisce. Non si vuole rivangare gli sfondoni curriculari, dal “visiting professor” ad altri dettagli, emersi all’atto della prima nomina di Giuseppe Conte, né fare dei confronti con la credibilità di Mario Draghi, persona che ha fatto della competenza e della coerenza fra il dichiarato e l’agito, punti di forza talmente potenti da diventare proverbiali in tutto il mondo, sarebbe ingeneroso e anche troppo facile. Uno si limita ad osservare la coerenza fra l’agire e il dichiarare. Il nostro presidente del Consiglio spesso inizia i suoi discorsi, oppure le risposte ai giornalisti, queste sempre più rare, quanto sono più rare le domande che gli chiedono di commentare i dati del giorno, quelli esposti nella messa in onda delle 18, dicendo frasi che rimandano all’onestà, alla verità, alla trasparenza.
La retorica è quella del dirci che i dati sono crudi, ma che lui non li può eludere, perché lui è onesto, non vuole mentire agli italiani, non vuole nascondere i dati al mondo. Di che dati stiamo parlando? Che dati guidano le decisioni? Sappiamo ormai tutti, da settimane orsono, e ce lo conferma nel quotidiano il bollettino della Protezione civile, che i dati sono incerti, per non dire farlocchi, di tutto ciò ne ha anche parlato e scritto in questi giorni qualche giornalista fuori dal pensiero unico, uno di quelli che difficilmente Casalino si guarderebbe bene di invitare nelle conferenze stampa o in ciò che sono diventate nel frattempo. Gli unici, purtroppo, attendibili, sono i dati dei decessi. Non quelli dei contagiati, sintomatici e non, e non quelli dei guariti, atteso che molti hanno superato la malattia senza neanche accorgersene. E ancora meno abbiamo un minimo dominio della distribuzione del fenomeno su base territoriale, regionale o provinciale e della situazione dei grandi centri urbani.
Non solo non possediamo questi dati, ma dato il tempo che si è perso e che, presumibilmente, dato il non metodo dimostrato nel gestire il problema, ancora se ne perderà altro, questi dati rischiano anche di perdere significatività ai fini gestionali. Quindi è da chiedersi sulla base di quali dati il presidente Giuseppe Conte prende le decisioni? Sulla base dei dati complessivi che compongono il totale finale? È questa la verità, la trasparenza di cui parla? E che cosa si può trarre da quei dati, se non la convinzione, o la narrativa, e la inevitabile conclusione che solo un potere più elevato, la Bce, il Mes o il Coronabond, la Ue, o nostro Signore possa salvare la nostra nazione? E, ancora in tema di credibilità, qual è quella internazionale di questo Governo?
Internamente, nelle ultime settimane, ci stiamo abituando ad una narrazione tale per cui senza l’Italia non c’è più Europa. Non parliamo dell’Europa politica o di quella sentimentale, ma di quella economica. Lo leggiamo ovunque, sulla carta stampata e sui social, lo sentiamo nei commenti in tivù, lo dicono sempre in modo più esplicito politici in corso, di mezzo e lungo corso, e redivivi in cerca di visibilità. La tecnica per cui il nemico è fuori, siamo circondati e ce l’hanno con noi, funziona sempre abbastanza bene per captare consensi, far stringere a corte, far restare uniti, censurando e bollando nel nome del disfattismo per ogni voce dissonante, ma signori ricordatevi che tutto ciò funziona solo nel breve periodo, finché non si scoprono le carte. E questo virus ha accorciato moltissimo i tempi.
La credibilità internazionale è fondamentale quando si propone di fatto una mutualizzazione del debito fra diverse nazioni o la creazione di un debito da pagare in solido, è del tutto normale che i tuoi partner guardino alla tua credibilità nel momento in cui chiedono ai propri contribuenti di garantire, seppure parzialmente, per te. E conta poco, seppure rivesta un alto valore etico e politico in casi come questi, ricordare alla Germania il condono parziale dei suoi debiti di guerra, occorre essere realistici, di questo la Germania se n’è fregata già con la Grecia, figuriamoci con noi. Di certo non possiamo aspettarci un atteggiamento di gratitudine simile a quello dell’Albania, nazione molto più povera della nostra, ma che per riconoscenza, parole del presidente Edi Rama, farà quello che può in termini di supporto sanitario pur di starci vicino. Purtroppo la credibilità internazionale dell’Italia è quella di una nazione che si è fermata totalmente e non sta aiutando i propri cittadini.
E se si è fermata totalmente, se, come da alcune proiezioni, rischia di perdere fra il 10 e il 30 per cento del proprio Pil (Ubs e Morgan Stanley -6 per cento nel primo trimestre; Goldman Sachs -11 per cento; Cerved indica la perdita fra il 275 e 600 miliardi di euro – il 30 per cento del Pil italiano – se la crisi dovesse fermarsi a maggio) come potrebbe quindi garantire un eventuale maggior debito? Non potrebbe, prendiamone atto, per questo serve un’operazione di verità, non la propagazione di illusioni di soluzioni dall’alto che tra l’altro non ci sono affatto. Occorrerebbe un ripensamento complessivo possibile, alla Mario Draghi, occorrerebbe la credibilità dello stesso personaggio. Però al momento Mario Draghi non c’è, se non a livello giornalistico. Il modello italiano viene propagandato, all’interno dei nostri confini, come se fosse un metodo vincente che viene adottato via via da tutte le nazioni e si criticano queste nazioni per aver sottovalutato il fenomeno.
Quindi la dinamica, in sequenza, sarebbe: 1, stigmatizzare gli italiani; 2, sottovalutare il problema; 3, adottare misure di contrasto non adeguate; 4. prendere atto della situazione oggettiva; 5, adottare il modello italiano. Questa narrazione, per quanto contenga degli elementi di verità (il primo fatto, ad esempio, è accaduto e non era, se non in parte, razzismo o pregiudizio nei nostri confronti, quanto piuttosto elemento di strategie volte a captare flussi turistici importanti) è sostanzialmente falsa. Il modello italiano ha avuto le stesse fasi che vengono rimproverate agli altri, senza avere i provvedimenti e la cura che altri hanno avuto nei confronti dei loro cittadini. Se ne accorgono gli italiani che guardano almeno al di là del proprio naso, fuori dai nostri confini, e vedono come alle altre nazioni gli aiuti alla popolazione arrivino saltando i cavilli burocratici.
Come arrivino immediatamente gli aiuti alle imprese, anche in forma di una tantum, ma volti ad assicurarne la riapertura, il sostentamento, in modo che il tessuto produttivo di quelle stesse nazioni non ne risulti sconvolto e, con esso, la capacità di far fronte a nuovo debito. Nel modello italiano tutto questo non c’è. Semmai c’è solo nei proclami, in una comunicazione efficace solo per captare consenso di breve periodo, ma che nel medio (che ormai equivale a poche settimane) è destinata a fare i conti con la dura realtà. C’è, nel modello italiano, il rinvio di soli quattro giorni per il versamento Iva per aziende con volume d’affari sopra i 2 milioni di euro, annunciato la sera stessa della scadenza, quando molti avevano già versato, e di un mese e mezzo per gli altri, a fronte della proroga di due anni per i controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
C’è che in molte parti d’Italia la stessa Agenzia delle Entrate sta continuando ad inviare cartelle esattoriali. C’è che molte banche, in assenza di provvedimenti concreti, perbacco, forse scopriremo che alle banche non bastano i proclami televisivi, chiedono il rientro ai propri clienti, in un momento in cui molti di questi si dimenano per non far morire le loro attività. C’è che tutti abbiamo ricevuto la comunicazione da parte del commercialista che prima ci avvisava dell’appuntamento col portale dell’Inps per oggi lunedì 30 marzo e il giorno dopo ci avvisavano che l’appuntamento era spostato al primo aprile, mentre il presidente Conte tutto questo ce lo ha presentato come uno sforzo di Sisifo, con tanto di ringraziamenti all’Inps per la rapidità, andiamo proprio bene. C’è che è evidente a tutti che siamo impastoiati in procedure burocratiche pazzesche che lo stesso Conte ci assicura che andranno azzerate, ma non ci dice affatto come lo si farà tutto questo e non ce lo dice per un motivo evidente a tutti.
È dura realtà, per usare le parole dello stesso presidente del Consiglio, che “per quanto riguarda le attività produttive, quelle ovviamente che abbiamo individuato come non essenziali è una misura che, allo stato, diciamo, non sappiamo ancora, è ancora troppo presto, dall’inizio della settimana inizieremo a lavorarci”, per poi assicuraci che “per noi l’obiettivo prioritario rimane sempre, sempre, la salute dei cittadini”. Si ribadisce sempre lo stesso discorso, come dire non abbiamo fatto niente, ma c’è la salute dei cittadini come priorità. Ma molti cittadini cominciano a chiedersi a chi parla Conte quando fa queste affermazioni? A quali cittadini? Ai dipendenti statali e delle aziende partecipate che hanno comunque assicurato il loro stipendio, o ai commercianti e agli autonomi che ha additato addirittura in una legge dello Stato firmata da lui come evasori fiscali?
Ai piccoli imprenditori, ormai ridotti a potenziali percettori di una miserabile elemosina e che in gran parte non saranno nemmeno in grado di riaprire la loro attività alla fine di questo periodo disastroso? Ai percettori di reddito di cittadinanza, finalmente chiamati in causa almeno dalla ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova (alla quale va il nostro plauso, ma poi si vedrà se le si darà retta), per contribuire almeno a tenere viva la catena del valore agricola, messa in crisi anch’essa dalla mancanza di braccianti? La dura realtà che, man mano, sta emergendo è che sembra di essere in mano a persone che non hanno la minima idea di come far ripartire le attività produttive, perché, oltre che per incapacità, queste probabilmente non erano affatto nei loro pensieri. Nei loro pensieri c’era addossare alla Ue o ad altri organismi comunitari il problema, visto che non esistono piani interni di rilancio.
Come mai, sono faticosi? È faticoso dividere la popolazione in cluster di persone più o meno esposte ad una probabilità di contagio? È difficile verificare quali aziende, e non importa di quali settori, possano assicurare condizioni di lavoro sicure ai propri dipendenti e quali no? È difficile capire che un artigiano, che spesso lavora da solo o con pochissimi collaboratori, in un laboratorio e che vede clienti solo occasionalmente e lo può fare in assoluta sicurezza, non rappresenta una minaccia per nessuno, ma almeno contribuisce a tenere vivo il tessuto imprenditoriale italiano? Ma Conte non ha la minima intenzione di prestare attenzione a questo tipo di ragionamenti. Per lui c’è solo la pretesa, che è uno slogan (a volte si può essere d’accordo anche con la Von Der Leyen, capita), che “l’Europa faccia il suo” e lo faccia in fretta, modificando al volo procedure e trattati internazionali, accordi e leggi degli stati appartenenti alla Ue.
Una bella pretesa da parte di chi non riesce a semplificare nemmeno mezza procedura a casa sua, a partire dagli indecenti moduli per uscire da casa. Una bella pretesa da parte di chi riesce a complicare ulteriormente il flusso dei danari che servono ai cittadini, facendolo passare attraverso i Comuni, aggiungendo ulteriore burocrazia, lungaggini e ancora un ulteriore strato di insopportabile retorica sulle sentinelle rappresentate dai sindaci italiani. Occorre ricordare al presidente del Consiglio Conte e a noi italiani, che posseggono già tutti i nostri dati, incluso l’Iban del nostro conto corrente, la procedura che scavalca la burocrazia era, ed è, a portata di mano o se preferite a portata di click, ma ai nostri burosauri questo non interessa, l’importante è che il loro stipendio arrivi puntuale, come ad esempio quello modesto di Rocco Casalino.
E poco importa se ad un mese dall’annuncio della cassa integrazione non si siano trovati modi e procedure per farla arrivare alle piccole aziende nei tempi in cui servono. Signor presidente del Consiglio, un suggerimento, prenda esempio dalla Svizzera, dal Ticino, si parla e si scrive in italiano anche lì. Veda, tramite il suo staff della comunicazione, sulla stampa svizzera in quali tempi e con quali semplici modalità i piccoli imprenditori abbiano già ricevuto i primi soldi sul conto corrente aziendale o su quello personale. presidente Conte è interessante il suo lanciarsi nell’elaborazione di nuove teorie economiche, certo non sappiamo se macro, micro o se si tratti di esoterismo spinto come, “riteniamo che questa misura (il blocco delle attività, ndr) sia anche una misura conveniente dal punto di vista economico, perché è chiaro che confidiamo che da questa sospensione così disposta delle attività economiche, soprattutto quelle non essenziali ne possa derivare una fuoriuscita dal quadro dell’emergenza quanto più rapido possibile, e quindi una piena ripresa di tutte le attività”.
Avete capito bene? Abbiamo la soluzione, non a questa crisi economica, ma a tutte: chiudiamo, perché poi è chiaro che avremo una ripresa economica! Ci sarebbe da ridere, se non stessimo parlando della nostra vita, del futuro dei nostri figli, della carne viva di un sistema produttivo, di una nazione, che è fatta di persone. Che cosa legge Conte? Quali report gli presentano? Riesce a capire in quale tunnel sta infilando l’economia dell’Italia? Riesce a capire che la propaganda che ci propina e con la quale gli suggeriscono di intortare gli italiani rappresentano un boomerang pazzesco a livello internazionale, tale da far capire alle varie Ursula von Der Leyen, Angela Merkel, Christine Lagarde, che il potere contrattuale dell’Italia è pari a zero? E che frasi ad effetto come “mi batterò fino all’ultima goccia di sudore, all’ultimo grammo di energia, per ottenere una risposta forte, vigorosa, coesa” a livello internazionale, ma fra non molto anche nazionale, sono secondi solo ai discorsi del generale Vargas, de Il dittatore dello Stato libero di Bananas? Presidente Conte, ci rivolgiamo direttamente a Lei, come se fossimo in una virtuale conferenza stampa.
Le porgiamo sette domande, alle quali vorremmo che avesse la cortesia di rispondere. Gliele riproporremo ogni giorno, in modo da ridurre la possibilità che le sfuggano, per fare chiarezza su aspetti che ci stanno a cuore e che è importante che siano chiari anche agli italiani:
1) Avendo emanato la “Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020”, con la quale ha “dichiarato, per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, ritiene che le azioni da Lei messe in campo nelle settimane successive siano state sufficienti, o almeno funzionali al contenimento di questa emergenza internazionale o non ha per caso deliberato come atto dovuto, sottovalutando il fenomeno stesso?
2) Perché, data l’emergenza, il fatto che i primi focolai di contagio fossero estremamente localizzati e che da più parti (nel settore medico) si stesse avvisando il Governo sulla crisi cui sarebbero inevitabilmente andate incontro le strutture sanitarie in assenza di un intervento immediato, non ha predisposto risorse e mezzi, concentrandoli sui focolai, consentendo di effettuare il massimo sforzo per cercare di circoscrivere il fenomeno in modo da renderlo gestibile e, al contempo tenere aperte la attività produttive nelle altre regioni italiane?
3) Perché, relativamente al tema ella disponibilità di mascherine, altri dispositivi di protezione individuale, ventilatori per gli ospedali, non ha proceduto all’utilizzo di strumenti persuasivi o coercitivi nei confronti di aziende produttrici, in modo che questi dispositivi e strumenti fossero messi a disposizione in tempi brevi e utili alla gestione della crisi e ha invece usato lo strumento delle gare Consip, generando ulteriori ritardi di tipo burocratico?
4) Perché non ha chiesto immediatamente alle Forze Armate di allestire in tempi brevissimi e con criteri di potenziale mobilità delle strutture, ospedali da campo per questa necessità, quando ogni italiano sa che il nostro Esercito è perfettamente in grado di operare in tal senso, visto che lo fa ordinariamente in veste di forza di pace in zone di guerra?
5) Perché non ha reso immediatamente disponibili in conto corrente risorse monetarie ai cittadini e alle imprese, sulla base di criteri semplici e facilmente verificabili posteriormente in caso di abusi, ma ha scelto procedure burocratiche tortuose, inevitabilmente destinate a generare ulteriori ritardi, sofferenze e rinunce a riaprire attività produttive alla fine di questo percorso?
6) Perché, dato l’impegno da parte della Bce, di acquistare titoli del debito italiano fino ad un importo di 220 miliardi, non ha intanto iniziato ad attingere da questa fonte, peraltro calmierata quanto ad interessi, voce enorme del nostro debito pubblico, per alleviare la situazione economica italiana, ingaggiando un duello polemico tanto sterile, quanto burocraticamente complesso e certamente lungo nei tempi, con altre istituzioni europee su fantomatici Coronabond?
7) È vero che superando la Sua vera, o presunta, iniziale ritrosia, sta fondando un proprio partito o movimento politico con cui candidarsi direttamente o sta mettendo a capo di uno già esistente?
FONTE:http://www.opinione.it/politica/2020/03/30/alessandro-cicero_coronavirus-sette-domande-conte-ue-bce-von-der-leyen-merkel-lagarde-casalino-coronabond-focolai/
La “leva di Wallerstein”
di Daniele Burgio, Massimo Leoni, Roberto Sidoli
Il presente scritto è un estratto in anteprima del seguente libro in prossima pubblicazione online: Politica-struttura espressione concentrata dell’economia
Marx – Engels, Berlin
Un’altra verifica e un ulteriore stress-test riguardo alla teoria della politica-struttura e del fatto che una sezione della sfera politica si rivela costantemente “espressione concentrata dell’economia” consiste nell’esperienza concreta e plurisecolare del capitalismo, la quale dimostra instancabilmente come proprio a fini economici e materiali di classe “il controllo del potere statale (o la sua conquista, quando era necessario) sia stato l’obiettivo strategico fondamentale di tutti i principali attori nella scena politica, lungo l’intero arco del capitalismo” (Wallerstein).
Perché dunque risulta così importante, anche nelle formazioni economico-sociali capitalistiche contemporanee, “occupare” e controllare i gangli fondamentali del potere politico e degli apparati statali?
Perché impossessandosi totalmente/parzialmente dei diversi organi dell’apparato statale, in modo più o meno completo i nuclei politici vittoriosi escludono gli antagonisti dall’accesso al potere direzionale, di controllo e repressivo delle loro formazioni statali, potendo pertanto decidere sugli affari comuni della società in un senso sfavorevole agli interessi politico-materiali dei propri avversari/antagonisti e dei loro mandanti sociali, garantendosi allo stesso tempo una favorevole riproduzione materiale della loro esistenza come soggetto politico e – soprattutto – producendo scelte di priorità almeno particolarmente a vantaggio dei loro più diretti referenti sociali.
Una prima conferma “in negativo” della sovraesposta “teoria dell’occupazione” viene dall’esperienza plurimillenaria vissuta dall’élite economica del popolo ebraico e in particolare dalla sua profonda e costante vulnerabilità, in assenza forzata fino al 1947 di un suo controllo (almeno parziale) sui centri decisivi del potere politico e degli apparati statali delle nazioni nelle quali operava.
«In diversi periodi, nell’antichità, nei secoli bui e nell’Alto Medioevo, nel XVI secolo, gli ebrei avevano avuto commercianti e imprenditori brillanti, spesso di grande successo, ma il potere economico ebraico era estremamente vulnerabile, con ben scarsa tutela sul piano legale. Sia nella cristianità sia nell’islam i patrimoni degli ebrei erano esposti a sequestro arbitrario da un momento all’altro. Si potrebbe dire che l’assalto nazista alle attività ebraiche, tra il 1933 ed il 1939, o le confische di proprietà ebraiche da parte degli stati arabi negli anni 1948-50, sono stati soltanto gli ultimi più radicali di questi attacchi economici contro gli ebrei.»
Il filosionista P. Johnson, ostile ai sacrosanti diritti del popolo palestinese, almeno ha intuito quasi per caso la reale importanza (economica) del controllo diretto-indiretto degli apparati statali per ogni classe e frazione di classe sfruttatrice: ma anche nella nostra epoca post-moderna vi sono innumerevoli segnali in questa direzione, a partire dalla vittoria nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2000 e del 2004 del repubblicano G. W. Bush.
Anche se la differenza reale tra i programmi di quest’ultimo e quelli dei democratici A. Gore e Kerry era inesistente su nodi politici centrali, quali la difesa a oltranza del sistema capitalistico americano o la priorità assoluta attribuita da tutti gli interessati alle esigenze planetarie dell’imperialismo statunitense, il successo riportato dal rampollo della dinastia Bush sui suoi rivali ha consentito per una certa fase la quasi completa affermazione della sfera dei bisogni e dell’opzione politico-materiale di alcune frazioni del monopolio statunitense operanti nel settore energetico e degli armamenti, tanto da consentire allo scrittore statunitense G. Vidal di affermare che “l’ex presidente Bush Senior rappresenta il Carlyle Group: petrolio. L’attuale presidente, George W. Bush, rappresenta la Harken Oil, che ha legami con l’Arabia Saudita. La bellissima Condoleeza Rice è stata per dieci anni una dirigente della Chevron: petrolio. Il ministro della Difesa Rumsfield, Occidental Oil: petrolio. Questi sono i grandi rappresentanti del governo” (Manifesto, dicembre 2002).
Detto in altri termini, tra il 2001 ed il 2008 i mandatari politici delle grandi multinazionali petrolifere e del complesso militare-industriale del paese hanno occupato le posizioni centrali della stanza dei bottoni di Washington, spostando con più decisione che in passato il baricentro politico dell’imperialismo USA a sostegno di posizioni iperaggressive rispetto ad aree “calde” ed importanti del pianeta quali l’Asia centrale, il Golfo Persico e l’Europa orientale, dando vita ed alimento alle guerre scatenate contro l’Afghanistan e l’Iraq nel periodo compreso tra il 2001 e il 2003 ed ottenendo dal loro successo politico enormi dividendi materiali per i loro diretti mandanti sociali: ad esempio la Lockeed Martin ha visto aumentare le sue vendite di armi al Pentagono più del 30% nel periodo compreso tra il 2001 ed il 2004.
In modo sostanzialmente corretto Norman Birnbaum, docente all’Università di Georgetown di Washington, ha focalizzato l’attenzione sul cardine centrale dell’ideologia e della pratica politica di G. W. Bush e del suo clan, in cui la distinzione tra politica ed affari sostanzialmente svanisce, anche sotto l’aspetto formale e propagandistico.
«I democratici ridono del suo nepotismo, l’accusano di considerare la politica un business. Ma, in realtà, il giovane Bush ha capito un aspetto fondamentale del capitalismo: la sottomissione della sfera pubblica al mercato. I suoi soci in affari, esattamente come suo padre, sono presenti nel commercio delle armi, nei servizi finanziari, della petrolchimica e dell’alta tecnologia. E i loro rappresentanti sono stati quindi piazzati alla testa delle istituzioni e dei dipartimenti federali».
Bush padre, Bush figlio, Silvio Berlusconi e Donald Trump costituiscono del resto quattro esempi concretissimi e ipermoderni di controllo e occupazione, diretta e plateale, del potere politico da parte di grandi miliardari e di sezioni, più o meno consistenti, dell’alta borghesia occidentale legate e connesse al quartetto in oggetto, il quale ha compreso perfettamente il ruolo giocato dalla “leva di Wallerstein”.
L’importanza di avere propri uomini e propri amici, ben “piazzati” nei gangli centrali degli apparati statali, risulta del resto perfettamente conosciuta dalla borghesia e si è manifestata chiaramente anche nei frequenti scontri creatisi tra i monopoli della stessa nazione o di diversa provenienza statale, lotte che hanno spesso segnato nell’ultimo secolo i processi economici all’interno delle metropoli del capitalismo di stato post-moderno e contemporaneo. Quando l’economista S. Cingolani ha analizzato minuziosamente le “guerre dei mercati” e le alleanze che hanno contraddistinto la storia delle multinazionali mondiali del settore dell’auto, dell’elettronica, delle finanze e dell’energia, dell’aviazione e dell’alimentazione a partire dall’inizio della seconda guerra mondiale e fino al 2000, sintetizzando i risultati complessivi del suo lavoro lo studioso italiano ha espresso un’interessante valutazione sul ruolo determinante giocato dalla sfera politica nelle guerre di mercato, con particolare riferimento al ventennio 1980-2000.
«Nel ventennio in cui lo stato ha mollato il ruolo di produttore di ricchezza, ha ridimensionato la sua funzione redistributrice (soprattutto di fronte all’esplodere dei mercati finanziari), ma molto spesso ha rinunciato anche a scendere in campo come arbitro, si sono verificate pesanti intromissioni dei governi nelle guerre di mercato per sostenere imprese (è avvenuto nella battaglia Boeing-Airbus) o interessi di gruppi organizzati (come i contadini in Europa e i produttori di auto negli Stati Uniti), operare salvataggi non tutti economicamente giustificati (l’acciaio in Europa, la Chrysler e le casse di risparmio negli USA). In modo diretto e indiretto il potere politico è sempre rimasto attivo, come abbiamo visto. Persino la Coca-Cola deve il suo primato al sostegno ottenuto dell’esercito americano durante la seconda guerra mondiale. Il dibattito sul ruolo del pubblico contrapposto al privato, dunque, dovrebbe tenere presente molto di più il concreto svolgimento del conflitto concorrenziale».
Il ruolo del settore pubblico ha esercitato un enorme peso sia nel caso politico-giudiziario che ha coinvolto la Microsoft di Bill Gates nel 1997-2001 che nel processo di sostegno finanziario statale costantemente offerto, per decenni, al monopolio torinese della FIAT, passando negli ultimi decenni dalla vendita-regalo dell’Alfa Romeo fino agli aiuti economici forniti dai governi Prodi e Berlusconi alla famiglia Agnelli per “contrastare la concorrenza internazionale”: gli esempi si potrebbero facilmente moltiplicare proprio partendo dall’area italiana, visto che un certo Silvio Berlusconi è sicuramente a conoscenza da molti decenni del ruolo decisivo svolto dalla sfera politico-sociale nell’assicurare il successo/insuccesso economico di certi capitalisti, di determinati monopoli e di particolari tendenze politico-sociali della borghesia monopolistica, rispetto ai loro concorrenti economici ed avversari politici.
Un’ulteriore massa di prove empiriche a sostegno dell’importanza assunta ancora oggi, proprio nell’era post-moderna, dai processi di occupazione – totale/parziale – degli apparati statali e della sfera politica da parte delle diverse frazioni che compongono l’insieme dei gruppi sociali privilegiati proviene dalle concrete esperienze moderne e post moderne vissute da tutte quelle potenti “minoranze economicamente dominanti” nei loro stati di appartenenza, abitati in larga maggioranza da popolazioni di etnia/religione/lingua diversa dalla loro, le quali risultano di regola particolarmente vulnerabili ad attacchi politico-economici da parte dei loro concittadini, ivi comprese le lobby economiche più ricche e potenti di questi ultimi.
La studiosa americana Amy Choua ha notato correttamente che, tra il 1945 ed il 2002, «in tutti i paesi del Sud e del Sud-Est asiatico, dell’Africa, dei Caraibi e delle Indie occidentali, in quasi tutta l’America Latina e in alcune zone dell’Europa orientale e della ex Unione Sovietica, il libero mercato ha determinato una rapida accumulazione di ricchezze, tanto consistenti da risultare spesso sconvolgenti, nelle mani di una minoranza etnica “estranea” o “alloctona”»: secondo Choua tali minoranze dominanti sul piano economico si distinguono sia «per le loro origini, per il colore della pelle, per la religione, per la lingua o per legami di sangue dalle masse impoverite o dalle altre sezioni dei ceti benestanti che li circondano e che li considerano appartenenti a una diversa etnia o a un gruppo differente», che per il loro interesse vitale al mantenimento/acquisizione di un grado sufficiente di controllo sulla sfera politica e gli apparati statali.
Sempre secondo la studiosa «il dato di fondo è questo: la democrazia» (di matrice occidentale e liberal parlamentare) «può risultare avversa agli interessi delle minoranze economicamente dominanti. Gli indiani del Kenya e i bianchi del Sudafrica, dello Zimbabwe e degli Stati Uniti del Sud che per generazioni hanno opposto resistenza alla democratizzazione avevano ottime ragioni per farlo: le minoranze economicamente dominanti non aspirano mai alla democrazia, almeno non quando rischiano che il loro destino sia deciso da un vero governo di maggioranza.
Alcuni lettori solleveranno di certo molte obiezioni. Spesso sembra che diverse minoranze economicamente dominanti – i cinesi in Malaysia, tanto per fare un esempio, o gli ebrei in Russia e gli statunitensi in tutto il mondo – rappresentino i più accesi fautori della democrazia. Ma il concetto di “democrazia” è notoriamente controverso, e il suo significato varia secondo l’uso.
Quando una minoranza imprenditoriale ma politicamente vulnerabile, come i cinesi del Sud-Est asiatico, gli indiani dell’Africa orientale o gli ebrei russi, auspica la democrazia, quello che ha in mente è un sistema costituzionale di garanzia dei diritti umani e di tutela della proprietà delle minoranze. In altri termini, quando questi gruppi “estranei” rivendicano la democrazia, richiedono una protezione dalla “tirannia della maggioranza”.»
In altre parole, tali “gruppi estranei” richiedono almeno un controllo parziale sulla politica economica degli stati in cui operano, ed un’occupazione parziale del potere politico.
«In modo analogo, quando le élite di sangue europeo della Bolivia, dell’Ecuador o del Venezuela parlano di democratizzazione, fanno invariabilmente riferimento allo “Stato di diritto”. Ciò che di sicuro queste élite non vogliono dalla democrazia è che il diritto di proprietà e la politica economica finiscano improvvisamente nelle mani della maggioranza di sangue indio del paese, impoverita e scarsamente istruita. (Ne siano testimonianza l’orrore provato dall’élite venezuelana quando il leader populista Hugo Chavez è asceso al potere e i conseguenti tentativi di spodestarlo)».
Tirando le conclusioni, ha acquisito un valore generale per tutte le società classiste (asiatiche, schiavistiche, ecc.) la tesi espressa dallo storico I. Wallerstein in riferimento al rapporto continuamente riprodottosi, negli ultimi secoli, tra potere politico ed interessi di classe/frazioni di classe della borghesia.
«In che modo la gente, i gruppi di persone hanno condotto le loro politiche nel capitalismo storico? La politica consiste nel cambiare i rapporti di potere in una direzione più favorevole agli interessi di qualcuno, e nel riorientare per conseguenza i processi sociali. Perseguirla con successo vuole dire trovare leve per il cambiamento che consentano il massimo vantaggio con il minimo sforzo… Non è un caso, perciò, che il controllo del potere statale (o la sua conquista, quando era necessario) sia stato l’obiettivo strategico fondamentale di tutti i principali attori nella scena politica, lungo l’intero arco del capitalismo moderno».
“Controllo del potere statale” come “obiettivo strategico”, per “conseguire il massimo vantaggio” (economico, materiale) con “il minimo sforzo”: la “leva di Wallerstein” illumina la profonda matrice e il pesante ruolo socioproduttivo svolto dalla sfera politica borghese nell’ultimo millennio.
Bibliografia
I. Wallerstein, “Il capitalismo storico”, p. 34
P. Johnson, “Storia degli ebrei”, p. 314, ed. TEA
P. Phillips e Project Censored, “Censura 2007″, p. 339, ed. Nuovi Mondi Media
N. Birnbaum, “Le Monde Diplomatique”, ottobre 2002
S. Cingolani, “Guerre di mercato”, p. 461, ed. Laterza e W. Reymond, “Coca-Cola. L’inchiesta proibita”, p. 296, ed. Anteprima
Amy Chua, “L’età dell’odio”, pp. 31/285, ed. Carocci
I. Wallerstein, “Il capitalismo storico”, p. 34, ed. Einaudi
FONTE:https://www.sinistrainrete.info/teoria/16745-daniele-burgio-massimo-leoni-roberto-sidoli-la-leva-di-wallerstein.html
SCIENZE TECNOLOGIE
Cina: riconoscimento facciale obbligatorio per acquistare un cellulare
1, dicembre, 2019
Riconoscimento facciale obbligatorio per chiunque registri un nuovo contratto di telefonia mobile, è il nuovo regolamento, annunciato a settembre e operativo nei prossimi giorni, con il quale il governo cinese afferma di voler “proteggere i diritti e gli interessi legittimi dei cittadini nel cyberspazio”. Ma in realtà, l’intento è quello di verificare e “schedare” le centinaia di milioni di utenti che in Cina utilizzano Internet proprio attraverso il cellulare.
Quando si registrano nuovi contratti di telefonia mobile le persone sono già tenute a mostrare la propria carta di identità nazionale (come richiesto in molti paesi) e a farsi fotografare. Ma ora avranno anche i loro volti scansionati per verificare che siano una vera corrispondenza con i dati forniti.
Il nuovo regolamento è stato definito dal Ministero dell’Industria e dell’Information Technology un modo per garantire che il governo possa identificare tutti gli utenti di telefonia mobile. La maggior parte delle persone accede al web tramite il cellulare e da sempre la autorità di Pechino hanno cercato di applicare regole per garantire che tutti coloro che navigano lo facciano con le loro identità reali.
Con il riconoscimento facciale questo è possibile, ma sono in molti a essere preoccupati. Tra le motivazioni principali, infatti, c’è quella di riuscire a rintracciare meglio la popolazione. “C’è una spinta molto centralizzata – spiega Jeffrey Ding, un ricercatore di intelligenza artificiale cinese all’Università di Oxford – per cercare di tenere sotto controllo tutti, o almeno questa è l’ambizione”. tgcom24.mediaset.it
FONTE:https://www.imolaoggi.it/2019/12/01/cina-riconoscimento-facciale-obbligatorio-per-acquistare-un-cellulare/
STORIA
Prodi confessa: “avevo il compito obbligatorio di privatizzare”
4, febbraio, 2020 RILETTURA, PER NON DIMENTICARE
Distruzione dell’industria italiana, Prodi confessa: “Il compito, obbligatorio per tutti i nostri riferimenti europei, era di privatizzare”. “Bisognava – dice – si immagini se ero contento..”
Però ha eseguito gli ordini del controiniziato Draghi, senza ribellarsi.
Paolo Barnard: “Prodi è un sicario che ha distrutto le imprese italiane”
Umberto Molini @molumbeQuesto era l’IRI.pic.twitter.com/rvBJJyJEtE https://twitter.com/gariboldialess1/status/1224415437770969088 …
alex:)@gariboldialess1Non sempre sappiamo cosa era l IRI. Qualcuno ce lo spiega e cosa ha ottenuto? Chi tirava le fila?
La verità prego https://twitter.com/molumbe/status/1224110901156089859 …
“Il compito, obbligatorio per tutti i nostri riferimenti europei, era di privatizzare”.
Prodi
Paolo Barnard: “Prodi è un sicario che ha distrutto le imprese italiane”
2, febbraio, 2020
VIDEO QUI: https://youtu.be/3pO_NhBrFbw
Canale Italia
Paolo Barnard: “Romano Prodi è un sicario che ha distrutto le imprese italiane, sia pubbliche che private, nel caso di queste ultime lo ha fatto consegnando tutta l’Italia ad una moneta tedesca, l’euro”.
FONTE:https://www.imolaoggi.it/2020/02/02/paolo-barnard-prodi-e-un-sicario-che-ha-distrutto-le-imprese-italiane/
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