RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 2 APRILE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
L’ordine porta a tutte le virtù! Ma che cosa all’ordine?
GEORG Ch. LICHTENBERG, Osservazioni e pensieri, Einaudi, 1975, Pag. 158
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SOMMARIO
Le risorse-INPS
Governo vittima delle proprie menzogne
BERGAMO: «OPERAI E ANZIANI SACRIFICABILI»
Lettera sullo stato delle cose. Riflessioni di un pensatore di lungo corso
Quando il Padrone Atlantico non tollera trasgressioni (in politica estera) – Parte I
ANNO 2030. “NONNO RACCONTAMI QUANDO L’ITALIA DIVENNE UNA NAZIONE COSI’ BELLA!”
Faziosità di Lilli Gruber
I rituali del nuovo abitare. Dopo la tragedia
Italiani unici carcerati d’Europa con un governo indegno
Prove di regime in corso
Gli anarchici: Covid, l’infame bancarotta del sistema-Italia
Il desiderio dell’uomo decisivo
I traditori della patria atto 1°, Mario Monti
Guerra ai cavi sottomarini: lì c’è il 97% delle informazioni
L’Occidente deve svegliarsi davanti alla duplicità della Cina
Ursula von der Leyen chiede scusa all’Italia: l’UE ha sbagliato, ora siamo con voi
Lo Stato di Eccezione – spiegato breve
Botjan: l’agente segreto sovietico che salvò la città di Cracovia
Bizzi: guerra segreta (mondiale) contro la Cabala del Covid
INPS hackerato: cosa è successo davvero?
Coronavirus e infantilizzazione delle masse
Covid-19, settimane storiche per il nostro futuro – I Parte
La chiusura delle aziende e l’effetto domino
I MILIARDI PER RILANCIARE L’ITALIA ? SI POSSONO TROVARE IN TANTI MODI
La spesa per la salute nell’Italia di Sbilanciamoci!
“Coronabond” e commissariamento: il prezzo da pagare?
L’ORO È MONETA, TUTTO IL RESTO È CREDITO
A tutti i giuristi in ascolto. Astenersi perditempo
CORONAVIRUS, PER I MIGRANTI NON VALE QUARANTENA, TUTTI ASSEMBRATI A NAPOLI
MALVEZZI: INPS IN TILT? NON CI SONO I SOLDI PER TUTTI….
CORONAVIRUS, FIRENZE: ESPOSTI E DENUNCE MA I MIGRANTI CONTINUANO A TRAFFICARE
Assembramento
NOAM CHOMSKY: USA, STATO CANAGLIA E…
IL CORONAVIRUS HA SANCITO IL FALLIMENTO DELLA UE
Ecco a chi siamo in mano nell’ora più buia
Quella che verrà dopo non sarà stagione da giochetti politici
EDITORIALE
Le risorse-INPS
Manlio Lo Presti – 2 aprile 2020
Durante lo svolgimento della sarabanda virus si è applicata una censura ferrea sul tema dell’epidemia sui migranti-paganti-votanti. Un silenzio così totale da paragonarlo a quello della STASI o dei nostri servizi che non dicono nulla sui misteri italiani da oltre mezzo secolo.
Per aumentare la paura, da qualche giorno evidenziano che tra i morti ci sono anche giovani.
I registi spin doctor esperti di tecnica di sovversione e gestione del terrore si sono accorti che parlare di morte di gente anziana, in gran parte con problemi di salute anche gravi, era di fatto una cosa triste ma che rientra nell’ordine delle cose. Sembrava di sminuire lo sforzo poderoso e patriottico degli italiani-brava-gente-volontari-accorsi-in-massa-da-tutta-italia.
I giovani che muoiono fanno sempre effetto, nonostante l’abbietto e ignobile cinismo dei tempi correnti. Evvai quindi partire a tutto spiano con gli effetti speciale della strage degli innocenti!!! Innocenti che, agli inizi, era stato detto che fossero immuni e quindi non erano un elemento di preoccupazione…
Ma, agli inizi del genocidio non morivano? Stanno morendo da qualche giorno, per alimentare la paura e lo strazio della popolazione colpevolizzata, minacciata e carcerata in massa nei Gulag domestici???????????????????????
Eddai! Rincariamo la dose con l’infanticidio affrontato dalla messe di volontari che fanno usbergo del loro corpo al suono elettrizzante della marcetta paesana nazionale spiattellata ben 67 ore al giorno con l’alacre e martellante lavorio di propagandisti e scrivani di regime coadiuvati ed elogiati dalla titanica disponibilità di mezzi diffusori di terra di mare di aria via web, carta, catene Tv a reti unificate.
Però c’è un ma …
Dietro le quinte di questa pièce teatrale, degna della regia di Stanley Kubrick, assoldato (si diece da più parti e con insistenza) per girare gli atterraggi mai esistiti sulla luna per conto della Nasa che si era sgargarozzata miliardi di dollari, si aggira un convitato di pietra . Nessuno ne fa cenno a nessun livello. Non ci sono nemmeno piccolissime crepe.
Mi riferisco ai migranti e ai Roma che se ne fottono dei divieti penali-concentrazionari imposti agli italiani. Continuano a spacciare, ad aggirarsi liberamente per le strade. Non si fermano gli sbarchi che ora fanno arrivare MIGRANTI-PAGANTI-VOTANTI con le mascherine. Il marketing schiavistico si aggiorna…
Nessuno dei solerti corifei del buonismo neomaccartista quadrisex antifa ha trovato da ridire sulla totale assenza di medici di Emergency, di Medici Senza Frontiere, di Alan Kurdi, delle legioni oscure della Rakete, ecc. ecc. ecc. Come al solito, i buonisti amano l’idea immigrazionista ma odia gli individui singolarmente considerati! Questo spiega la loro ignobile e plateale assenza nella offerta di aiuto alla popolazione italiana che non li fa guadagnare come gli sbarchi di MIGRANTI-PAGANTI-VOTANTI.
Altro convitato di pietra è il totale oscuramento della minoranza cinese, specialmente quella più numerosa che alberga in Toscana: nessun contagiato, nessun morto, nessun respiratore e se ci sono sono per gli italiani demmerda che devono morire per fare spazio alle risorse INPS .
Nessuno negli ospedali parla di contagiati clandestini perché è razzismo? Non si parla di esami diagnostici obbligatori per gli stranieri migranti-paganti-votanti perché è razzismo fascista? E’ fascismo evitare esami diagnostici ai cinesi perché ai governatori basta la dichiarazione delle relative autorità consolari?
Sarebbe il caso che i solertissimi giornalisti, pronti a fare domande al cloroformio stupide e senza importanza, facessero delle indagini sul trattamento differenziato riservato ai migranti-paganti-votanti e sui cinesi?
Anche in questo caso, troviamo applicazione della doppia morale messianica biblica-gesuitica che sostiene imperituramente coloro-che-sono-onusti-della-ragione da irrogare alla popolazione demmerda che va controllata, umiliata, rieducata anche con la forza,
per il bene dell’umanità..
Come disse qualcuno scherzosamente:
ai POSTER l’ardua sentenza!
IN EVIDENZA
Governo vittima delle proprie menzogne
Il Governo è ormai prigioniero delle stesse menzogne che va raccontando agli italiani, di una propaganda a senso unico, tesa a fare quadrato attorno al suo eroico presidente del Consiglio.Quando eravamo ragazzini e giocavamo a pallone in oratorio, nel nostro ventaglio delle competenze ne avevamo una quasi infallibile da adottare quando l’avversario era troppo forte, tecnicamente più bravo, più prestante fisicamente, più veloce, con più fiato, si chiamava “viva il parroco” che era l’esclamazione che alcuni di noi urlavano a squarciagola nel momento in cui si applicava. Consisteva nel tirare la palla in alto al campanile o fuori dal campo, in modo rude e deciso, quando si era in difficoltà, e l’esclamazione serviva a far imbestialire l’avversario, capiva che la partita si era incanalata nel sentiero della rissa e non della tecnica e della bravura. Raramente si vinceva, tuttavia, ma talvolta si limitavano i danni.
Ma anche quando le cose andavano casualmente bene o meno peggio, c’era una regola tacita e non scritta alla quale tutti si attenevano, la consapevolezza di essere collettivamente scarsi, anche se qualche bravino c’era. Non crediamo quindi di essere stati educati alla stessa parrocchia di chi attualmente ci governa, a meno che non abbiano cambiato non solo il parroco, ma anche i principi etici su cui si regge. L’approccio, poco dibattuto e molto subito da tutti noi, sul ruolo dell’Italia verso l’Europa e viceversa, avviato dal nostro governo con la formula urlata “facciamo da soli” ci riporta alla memoria la vecchia esclamazione succitata “viva il parroco”. E se la palla ritorna in campo, bisogna far finta di subire fallo, buttarsi a terra e dimenarsi con espressioni, anche facciali, di grande sofferenza. Che stiamo facendo con l’Europa? Battiamo i pugni sul tavolo, in modo maschio e marziale?
Alziamo la voce e ci facciamo valere? E come mai ci mandano a quel paese? Non credono al fallo in area di rigore che abbiamo invocato? Come mai? Non avranno mica imparato anche i nostri detti regionali, fra i quali spicca il napoletanissimo “chiagne e fotte”? Ma come, ci diciamo in casa, questa è un’emergenza che riguarda tutti, in modo simmetrico, ci devono ascoltare, devono fare qualcosa per noi, non fanno mai abbastanza, non esprimono solidarietà, sono egoisti, se non la smettono facciamo da soli! E ancora: servono gli Eurobond, ci devono garantire loro, in maniera incondizionata e per un tempo illimitato. Questo è l’approccio, questa è l’impostazione. Eppure il patto di stabilità è stato sospeso, l’Italia può indebitarsi per gli affari propri, sia in Italia che all’estero.
La Bce ha lanciato, dopo la marcia indietro di Christine Lagarde, un intervento di Quantitative easing diverso sia quantitativamente che qualitativamente, visto che la rigidità del vincolo di acquisto di titoli in base alla popolazione dei vari Paesi è stato superato. Ma a noi non basta, noi abbiamo i morti, in Europa devono fare di più. Sicuramente l’Europa avrebbe potuto fare di più, ma prima bisogna creare un sistema sanitario che, almeno per quanto riguarda rischi come quelli di pandemia, si muova all’unisono. Ma bisogna anche ricordarsi che questi sistemi, esattamente come i tanto invocati Eurobond, vanno finanziati e si potrebbe farlo solo attraverso una fiscalità di tipo europeo o strumenti simili, quindi attraverso una diretta o indiretta ulteriore cessione di sovranità, quantomeno di tipo economico, una contraddizione, un serpente che si morde la coda, di cui la nostra classe politica non sembra voler prendere atto.
Perché tutti dovrebbero essere così compiacenti con noi? Anche gli altri stanno male e siamo i primi a dichiararlo, la crisi è simmetrica. Però gli altri dovrebbero esprimere solidarietà nei nostri confronti, altrimenti sbattiamo i pugni e viva il parroco! E l’opinione pubblica interna è contenta stringiamoci a corte e bastardi i tedeschi, ma quella volta, li abbiamo battuti 4 a 3! Perché è stato dato così poco risalto all’aiuto concreto che ci ha dato il Governo tedesco e alla lettera di solidarietà e amicizia inviata al presidente Mattarella e agli italiani da parte del loro presidente Frank-Walter Steinmeier del 20 marzo scorso? Gli ospedali tedeschi, ben più attrezzati dei nostri quanto a numero di posti letto in terapia intensiva e con ventilatori polmonari (circa 25mila, in fase di raddoppio), hanno ricevuto circa 50 pazienti italiani, nel momento in cui la crescita dei contagi da loro era ancora in fase esponenziale.
Perché non si dice praticamente niente di tutto questo e si dà anche poco risalto agli aiuti americani, se non dopo che il loro presidente comunicatore lo scrive su Twitter, mentre si dà risalto (e non si sta dicendo che non vada bene, gli aiuti sono sempre ben accetti) solo alle attività dei cinesi, dei russi e dei cubani? Si è aggiunta l’Albania, ma è un capitolo a parte, da ascrivere ad un sentimento di amicizia erede delle politiche dei primi anni Novanta scorsi, non a tattiche di geopolitica, e merita ben altro rispetto. Casi che ci ritorneranno indietro, nostro malgrado e senza alcun dibattito parlamentare (ma forse nemmeno in Consiglio dei ministri, non è dato sapere), come una risacca di spazzatura, quando l’emergenza sarà terminata. Cerchiamo di essere pratici, servono strumenti pronti nel breve periodo e questi strumenti sono due: il Mes (Meccanismo europeo di stabilità) e il Pepp, (Pandemic Emergency Purchase Programme) della Bce. In entrambi i casi, la storia pregressa, in termini di garanzie, conta, ma viene mitigata da un insieme di meccanismi.
Conta, perché la storia economica di ciascun paese, checché ne pensino i nostri governanti pro tempore, non può essere spazzata in nome del fatto che adesso noi, poverini, abbiamo bisogno di aiuti perché siamo in difficoltà. Lo sono anche gli altri e non siamo dentro il libro cuore (che non a caso è stato scritto in Italia, in altre culture ci sono terribili orchi e dispettosi folletti), e abbiamo dimostrato, negli anni, di saper manipolare più o meno a nostro piacimento le norme economiche contenute in trattati internazionali, tanto da diventare fra i peggiori nell’utilizzo dell’azzardo morale in termini di finanza pubblica. Niente di strano che i governi stranieri, ovvero i contribuenti stranieri, chiedano garanzie. Chiunque sano di mente le chiederebbe in situazioni poco chiare. Vorremmo quindi vedere i nostri governanti cercare di far funzionare l’esistente, gli strumenti effettivi, anziché inseguirne altri che stanno nella loro testa, come gli Eurobond o i Coronabond, per definire i quali ci vuole tempo e capacità diplomatica e contrattuale internazionale.
Stendiamo un velo pietoso sull’ultima, ma ci vuole tempo, ed è maledettamente scarso per potersi riprendere, per far ripartire l’economia. Ma anche solo prendere in considerazione gli strumenti esistenti, sembra uno sforzo insormontabile, sembra più conveniente dire che “è meglio fare da soli”. E su questo concetto nascono delle epiche di rara idiozia abilmente veicolati sui social (e sarebbe interessante conoscere come nascano e come vengano propagate), le abbiamo ricevute tutti, racconti di un nonno che nel 2050 racconta al nipote come le altre nazioni cattive ci abbiano costretto a “fare da soli”, come abbiamo sottoscritto da soli un prestito da 500 miliardi e altre amenità del genere e alla fine eravamo la nazione che stava meglio. Un ennesimo capitolo del libro cuore al quale moltissimi vogliono credere, parte della classe politica compresa.
Una certa parte della classe politica, dando segno di profondo analfabetismo finanziario, sostiene che l’Italia non solo non debba utilizzare il Mes, meccanismo che, occorre precisarlo, consente di minimizzare gli interessi sul debito a fronte di garanzie, ma dovrebbe ritirare i soldi già versati. Attualmente l’Italia ha versato fra i 13 e i 14 miliardi. A fronte di un contenimento degli interessi sul debito, un aumento dello spread, su debito emesso in modo diretto fino ai 200-250 miliardi che attualmente si dichiara essere fabbisogno necessario per questa crisi, equivarrebbero ad uno o due mesi di maggiori interessi che andremo a pagare su un mercato libero dei capitali, senza contare eventuali downgrading delle agenzie di rating che ci metterebbero definitivamente nelle condizioni di Argentina o Venezuela. Ma il Governo è ormai prigioniero. Prigioniero delle stesse menzogne che va raccontando agli italiani, di una propaganda a senso unico, tesa a fare quadrato attorno al suo eroico presidente del Consiglio, contro tutti i nemici del Nord Europa. E noi, popolo, imprenditori, aziende, lavoratori, sembriamo destinati a morire in nome del nostro avvocato presidente. Presidente, visto che ci sta condannando a soccombere per Lei, ci faccia la cortesia: risponda almeno a queste semplici domandine:
1) Avendo emanato la “Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020”, con la quale ha dichiarato, “per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, ritiene che le azioni da Lei messe in campo nelle settimane successive siano state sufficienti, o almeno funzionali al contenimento di questa emergenza internazionale o non ha per caso deliberato come atto dovuto, sottovalutando il fenomeno stesso?
2) Perché, data l’emergenza, il fatto che i primi focolai di contagio fossero estremamente localizzati e che da più parti (nel settore medico) si stesse avvisando il Governo sulla crisi cui sarebbero inevitabilmente andate incontro le strutture sanitarie in assenza di un intervento immediato, non ha predisposto risorse e mezzi, concentrandoli sui focolai, consentendo di effettuare il massimo sforzo per cercare di circoscrivere il fenomeno in modo da renderlo gestibile e, al contempo tenere aperte la attività produttive nelle altre regioni italiane?
3) Perché, relativamente al tema ella disponibilità di mascherine, altri dispositivi di protezione individuale, ventilatori per gli ospedali, non ha proceduto all’utilizzo di strumenti persuasivi o coercitivi nei confronti di aziende produttrici, in modo che questi dispositivi e strumenti fossero messi a disposizione in tempi brevi e utili alla gestione della crisi e ha invece usato lo strumento delle gare Consip, generando ulteriori ritardi di tipo burocratico?
4) Perché non ha chiesto immediatamente alle Forze Armate di allestire in tempi brevissimi e con criteri di potenziale mobilità delle strutture, ospedali da campo per questa necessità, quando ogni italiano sa che il nostro Esercito è perfettamente in grado di operare in tal senso, visto che lo fa ordinariamente in veste di forza di pace in zone di guerra?
5) Perché non ha reso immediatamente disponibili in conto corrente risorse monetarie ai cittadini e alle imprese, sulla base di criteri semplici e facilmente verificabili posteriormente in caso di abusi, ma ha scelto procedure burocratiche tortuose, inevitabilmente destinate a generare ulteriori ritardi, sofferenze e rinunce a riaprire attività produttive alla fine di questo percorso?
6) Perché, dato l’impegno da parte della Bce, di acquistare titoli del debito italiano fino ad un importo di 220 miliardi, non ha intanto iniziato ad attingere da questa fonte, peraltro calmierata quanto ad interessi, voce enorme del nostro debito pubblico, per alleviare la situazione economica italiana, ingaggiando un duello polemico tanto sterile, quanto burocraticamente complesso e certamente lungo nei tempi, con altre istituzioni europee su fantomatici Coronabond?
7) È vero che superando la Sua vera, o presunta, iniziale ritrosia, sta fondando un proprio partito o movimento politico con cui candidarsi direttamente o sta mettendo a capo di uno già esistente?
FONTE:http://www.opinione.it/politica/2020/04/01/alessandro-cicero_governo-conte-lagarde-steinmeier-germania-europa-bce-mes-pepp-quantitative-easing-coronabond/
BERGAMO: «OPERAI E ANZIANI SACRIFICABILI»
intervista di Marco Veruggio a Francesco Macario, segretario di Rifondazione Comunista a Bergamo (*)
Francesco Macario è il segretario provinciale di RC a Bergamo, città di cui è stato assessore comunale. Oggi è consigliere comunale in un piccolo centro dove la settimana scorsa è morto un numero di persone pari alla metà di quelle che di solito muoiono in un anno, ma ufficialmente non di COVID-19. Un mese fa è stato anche l’unico politico ad accusare il sindaco di Bergamo Giorgio Gori (PD) di incoscienza, dopo il suo appello ai bergamaschi a uscire di casa e riempire locali e negozi. Erano i giorni in cui Sala lanciava lo slogan «Milano non si ferma» e Zingaretti accorreva per un aperitivo in favor di telecamere. Ed è stato tra i primi a denunciare la discrepanza tra le cifre ufficiali e le vittime effettive, che ora tutti ammettono (VIDEO). Partiamo da qui per un lungo excursus in cui cerchiamo di toccare i punti salienti della questione: le condizioni della sanità lombarda, il ruolo delle imprese e della politica, le relazioni tra Bergamo e la Cina, la condizione dei lavoratori oggi nelle fabbriche, quella dei medici in prima linea e, infine, qualche riflessione politica su quanto sta avvenendo. Perché da lì, quando tutto questo sarà finito, occorrerà ripartire.
Nella tua denuncia tu sostieni che nel bergamasco i morti veri sono 5-10 volte quelli contabilizzati ufficialmente, cioè non 1.000 ma dai 5.000 ai 10.000. E’ una tesi che ormai rilanciano anche i media e lo stesso sindaco di Bergamo.
Adesso, ma 10 giorni fa tutti lo negavano e mi davano del pazzo. Dicevano che i morti a Bergamo erano qualche decina. Sulle pagine dell’Eco di Bergamo prima dell’epidemia c’erano 25-30 necrologi al giorno. Ora sono circa 200. Il quotidiano non prende più necrologi per telefono, devi mandare una mail e qui gli anziani sono un terzo della popolazione, per cui molti desistono. Una persona che ci è riuscita ha ricevuto una telefonata in cui le hanno detto che il necrologio sarebbe uscito qualche giorno più tardi, perché la direttiva è non pubblicare più di 20 pagine di necrologi al giorno e pare che ne rimangano 400 da smaltire. I medici dicono che il rapporto tra morti ufficiali e vittime effettive in alcune aree tocca punte di 1 a 20 e in media probabilmente è di 1 a 10. In Cina pare ci siano stati 3.500 morti, qui nel bergamasco Gori dice 5.500, alcuni medici dicono 10.000 e più. Con 1 milione e 100.000 abitanti significa che in provincia ogni famiglia ha un morto. Oggi il capo della Protezione civile su Repubblica ammette che il contagio potrebbe essere dieci volte la stima ufficiale, un’ammissione che anche il numero dei morti va corretto all’insù.
Quando ti riferisci ai morti che non vengono contabilizzati ufficialmente nelle statistiche perché muoiono in casa cosa intendi, cioè perché non vanno in ospedale?
Le cose vanno così. Tu stai male, ti sale la febbre per 2-3 giorni e hai due possibilità: o ti riprendi e guarisci oppure peggiori. In questo caso dopo 5-6 giorni arriva una crisi respiratoria, che può essere terminale, cioè muori in meno di un’ora perché lo scambio tra ossigeno e anidride carbonica nei polmoni è insufficiente, non affluisce abbastanza ossigeno al cervello e muori nel tuo letto in preda alle convulsioni, un’esperienza terribile anche per i familiari. Se invece il paziente sopravvive viene messo su un’ambulanza e portato nel triage, dove gli attaccano l’ossigeno e gli fanno il tampone. Se ha il COVID-19 va negli infettivi, sennò in un altro reparto. In altre parole se muore a casa non gli fanno il tampone e risulta perlopiù morto per infarto o polmonite. Poi c’è l’altra ipotesi e cioè che portino l’ossigeno direttamente a casa del malato, perché non ci sono posti letto o il tuo caso viene giudicato relativamente meno grave. Anche in questo caso se poi il paziente muore il tampone non viene effettuato e quindi il decesso non viene attribuito al coronavirus. Sabato è morto mio zio. Lo avevano portato all’ospedale ed è mancato in attesa che gli facessero il tampone. Ufficialmente è deceduto per polmonite, è stato seppellito, non cremato come i morti di COVID, e i parenti a contatto con lui non hanno l’obbligo della quarantena, perché lui non risulta contagiato.
La sanità lombarda in che condizioni affronta questa prova?
Qui la popolazione ha un’età media molto elevata. L’assistenza sanitaria è di buon livello, se ti ammali ti curano bene, mentre la medicina preventiva è decisamente insufficiente. Ma nel complesso si vive a lungo, anche 110 anni, però a una certa età si è molto vulnerabili, perché spesso si sovrappongono più patologie croniche. In questo contesto le giunte di Formigoni e poi quelle leghiste, a partire dagli anni ’90 e poi, più rapidamente, dopo il 2000, hanno intrapreso una sistematica azione di chiusura o privatizzazione delle strutture pubbliche. Sono stati chiusi o privatizzati 28 ospedali, i posti letto per acuti sono stati trasformati in posti letto per riabilitazione, i reparti di pronto soccorso chiusi e due terzi dei posti di terapia intensiva cancellati. Di recente Giancarlo Giorgetti ha dichiarato persino che bisogna abolire i medici di base perché non ci va più nessuno. Si è parlato di seguire i malati cronici a domicilio tramite call center privati. L’ultimo ospedale che hanno cercato di chiudere, l’anno scorso, era quello di San Giovanni Bianco, che serve alcune zone montane con una popolazione molto anziana e dove le strade sono impervie e più che l’ambulanza serve l’elicottero. Se ci fossero riusciti l’alternativa sarebbe stata a 50 chilometri . Ma la gente ha reagito, ci sono state proteste a cui abbiamo partecipato e alla fine anche i sindaci si sono convinti e la chiusura è stata sventata. Ebbene oggi senza quell’ospedale saremmo al collasso. L’ospedale Papa Giovanni a Bergamo invece è stato rifatto ex novo. I lavori sono terminati 10 anni fa, ma coi lavori sono diminuiti sensibilmente i posti letto, che oggi mancano. E così dobbiamo costruire un ospedale da campo dentro la fiera perché nessuno aveva previsto un’emergenza.
Tu sostieni che questo tipo di gestione rientra in una lunga tradizione di malasanità attribuibile alla politica.
Nella sanità lombarda scandali e inchieste non si contano. C’è stato il caso delle camere iperbariche in alcune cliniche, che lavoravano a ciclo continuo trattando un numero di pazienti ingiustificabile a spese del SSN. Poi c’è stato il caso della clinica milanese Santa Rita, ribattezzata “la clinica degli orrori”, perché si eseguivano operazioni inutili su pazienti perlopiù terminali facendosi rimborsare dalla ASL. Questa è la sanità di Formigoni e della Lega. Il bilancio della regione equivale al budget di un paese come la Danimarca e la sanità rappresenta la prima voce di spesa. Le ASL sono rigorosamente lottizzate: nel bergamasco Treviglio alla Lega, Bergamo a Forza Italia-Comunione e Liberazione, mentre Seriate era prima di AN ora di FdI. E’ qui che Giovanna Ciribelli, revisore dei conti, che era stata anche nostra consigliera comunale, ha denunciato alcune anomalie contabili innescando una inchiesta che ha visto rinviato a giudizio un ex eurodeputato di AN, per 15 anni dg dell’ospedale di Seriate, accusato di peculato. Tra i suoi addebiti due viaggi andata e ritorno da Seriate alla Croazia effettuati d’estate con auto e autista di servizio. Poi si sono aggiunte altre accuse ed è stato costretto a dimettersi. Insomma se all’ospedale di Alzano, nella ASL di Seriate, qualcuno è andato coi sintomi del virus e non se ne sono accorti possiamo dire che c’entra l’inefficienza strutturale di quell’ospedale, già al centro di polemiche.
Il secondo punto della tua denuncia riguarda l’arrivo del virus e la sua diffusione nel bergamasco. Che relazioni ci sono tra Bergamo e la Cina?
C’è un rapporto strutturale dettato dalla geografia. Bergamo è il terminale di una rotta commerciale che dalla Cina arriva nell’Adriatico, oggi tramite il Canale di Suez, e da lì nella nostra provincia e risale a Marco Polo e all’antica Via della Seta. La città era l’ultima fortezza veneziana che garantiva il transito di merci cinesi dirette in Francia e nel nord Europa. Per questo ci sono sempre state relazioni culturali e commerciali. Quando ero assessore comunale avevo seguito un progetto sulle fortezze veneziane nel Mediterraneo finanziato dall’UNESCO. Tradizionalmente quando l’economia cinese tira questa via prospera e, viceversa, quando va in crisi si isterilisce.
Fatta questa premessa il vero nodo è che il bergamasco ospitava un importante distretto tessile concentrato soprattutto in Val Seriana. Col passare del tempo però le imprese tessili della zona hanno delocalizzato la produzione in Cina, creando joint-venture coi cinesi e fornendo loro telai e macchinari, per cui ci sono tecnici e manager cinesi che vengono in Italia e italiani che vanno in Cina. I nostri tecnici vanno là per fare manutenzione, corsi di formazione ecc. L’aeroporto di Orio al Serio ospitava voli low cost diretti agli scali intermedi per la Cina e questo consentiva ai tecnici di fare avanti e indietro anche in settimana. Questo traffico probabilmente aveva già portato l’infezione in Italia a fine gennaio e probabilmente qualcuno coi sintomi del virus era stato all’ospedale di Alzano e la cosa era stata sottovalutata. Ma il fenomeno presumibilmente in quei giorni era circoscritto.
Il prestigioso sito finanziario Forbes220320 domenica ha scritto che l’Italia «a febbraio nel punto più alto dell’epidemia spediva gente a fare la spola con le fabbriche di prodotti tessili nella provincia dell’Hubei».
A febbraio, quando l’Italia ha bloccato i voli diretti con la Cina, le aziende hanno continuato a far fare avanti e indietro ai propri dipendenti, facendo fare loro scalo a Mosca o a Bangkok. Perciò quando tornavano non risultavano in arrivo dalla Cina e non venivano sottoposti ai controlli né registrati. Tutti lo sapevano. Nelle fabbriche se ne parlava e la gente era preoccupata, ma nessuno è andato ad autodenunciarsi alle autorità sanitarie per timore delle conseguenze. E così l’infezione in Val Seriana ha galoppato per l’atteggiamento irresponsabile degli imprenditori.
Tra Bergamo a la Cina ci sono affari per 1,3 miliardi (BergamoNews220319), il che spiega la tesi del Fatto210320, cioè che gli imprenditori avrebbero messo sotto pressione i sindaci della zona: due della Lega, ad Alzano e Albino, e due del PD, a Villa di Serio e a Nembro. Il primo cittadino di Scanzorosciate, confinante con Alzano e Villa di Serio, è anche segretario provinciale del PD e amico del viceministro per l’economia Antonio Misiani (così ha scritto lui su Facebook dopo la nomina di Misiani), uomo forte del PD nel bergamasco. L’oggetto delle pressioni sarebbe stata l’ipotesi di istituire in quest’area una zona rossa come Codogno e Vo’.
A Nembro c’è la Persico Marine, che fa barche da regata come Luna Rossa. L’articolo del Fatto che hai citato riferisce che la Persico avrebbe avuto alcune consegne importanti tra febbraio e marzo, altri dicono che il 9 marzo doveva consegnare una barca in Sardegna. L’Azienda naturalmente ha smentito. In zona poi ci sono molte altre imprese importanti come la Polini Motori e le cartiere Pigna. In ogni caso gli imprenditori della Val Seriana quando si è cominciato a parlare di zona rossa hanno cominciato a protestare dicendo che sarebbe stato un danno economico incalcolabile. Confindustria ha dato loro man forte.
Quindi se ho ben capito nella ipotetica zona rossa ci sono due sindaci del PD e due della Lega e anche il Comune dove è sindaco il segretario provinciale del PD, vicino alla longa manus del governo a Bergamo, rischia di essere incluso nella zona rossa. Fatto sta che il Governo decide di non istituirla…
Ma non lo fa neanche la Regione, che pure ne avrebbe l’autorità. I sindaci leghisti di Alzano e Albino, che a fine febbraio escludevano la zona rossa, oggi dicono che era necessaria ma non è stata fatta per colpa del governo. Insomma governo e Regione si rimpallano la responsabilità per non aver preso una decisione che ciascuno dei due avrebbe potuto prendere in autonomia. Poi ci sono le aggravanti.
Quali sono?
L’ultima settimana di febbraio qui c’è una situazione da matti, le persone muoiono già a mazzi, qualcuno dice che serve una zona rossa, ma imprenditori e sindaci sono contrari e tutto va avanti come nulla fosse. Il sindaco di Albino continua ad autorizzare il mercato rionale con le bancarelle, che viene sospeso solo la settimana scorsa. Il 26 febbraio il sindaco di Bergamo Giorgio Gori va con la moglie Cristina Parodi a mangiare la pizza nel ristorante di un consigliere comunale del PD e invita i bergamaschi a uscire e a fare shopping e il weekend dopo sui bus c’è il biglietto unico per l’intera giornata per incentivare la gente a mettere in pratica i consigli del sindaco. In provincia risiedono un milione e 100.000 persone. Il capoluogo ha una popolazione relativamente ristretta, 120.000 persone, ma la grande Bergamo, che è la “città reale”, è una conurbazione con 400.000 residenti, di cui fanno parte anche i 4 Comuni più colpiti dal virus. La gente arriva da tutto il circondario, scende dalle valli, attirata dallo spot del sindaco pro commercianti, trasformando l’intera zona in un grande lazzaretto a cielo aperto. E quando io attacco Gori, dandogli dell’incosciente, vengo coperto di insulti, coi militanti del PD che mi telefonano dicendo che così si ammazza l’economia.
Da lì poi il contagio è dilagato verso Brescia e Cremona. Attraverso quali canali?
Siccome c’è il timore che il virus colpisca Milano, sulle strade tra Bergamo e Milano hanno fatto più controlli, c’erano i posti di blocco ai caselli autostradali e nei principali snodi. Verso Brescia invece i controlli erano decisamente più blandi. Tieni conto che tra le due province ci sono legami economici forti, mediati dalle aziende della siderurgia e dall’industria vinicola – qui c’à la zona del Franciacorta. Poi ci sono imprese che hanno cave sia nel bresciano sia nel bergamasco e c’è stata una fusione tra una banca di Bergamo e una di Brescia, per cui molti bancari da Bergamo vanno a lavorare a Brescia. Cremona è un caso limite, sono pochi, circa 350.000 residenti, ma hanno la più alta percentuale di contagi, probabilmente perché sono stati aggrediti da due lati. A nord confinano con noi e ci sono diversi canali diretti. Tieni presente che la parte meridionale del bergamasco è provincia di Brescia ma diocesi di Cremona e anche la loro agricoltura gravita più sul cremonese. A ovest invece confinano col lodigiano, dove si è manifestato il primo focolaio.
La produzione nel frattempo continua ad andare avanti.
Le fabbriche di vernici e quelle del settore della gomma-plastica, che producono guarnizioni per auto, fanno parte della chimica e quindi sono aperte. Ma anche qui i paradossi non mancano. Ad esempio la Regione ha stabilito che le aziende artigiane devono chiudere. Perciò ci sono aziende artigiane con 200 dipendenti che fanno guarnizioni per auto che chiudono e imprese industriali con lo stesso numero di dipendenti che producono le stesse guarnizioni che invece rimangono in attività. Un’azienda che ha una produzione sia di vernici ad acqua per tinteggiare sia di vernici per carrozzerie ha deciso di fermare la prima mettendo i dipendenti in ferie forzate. L’altro reparto continuerà a lavorare chiedendo la deroga perché le sue vernici possono essere usate anche per le carrozzerie delle ambulanze. E finita l’emergenza avrà i magazzini pieni.
I lavoratori come reagiscono?
I lavoratori hanno fatto scioperi spontanei, in particolare nel settore metalmeccanico e chimico. Il sindacato finora ha fatto poco, in alcuni casi la FIOM soprattutto ha dato la copertura ad alcuni di quegli scioperi innescati dall’assenza di sicurezza. Nel settore delle vernici, ad esempio, si lavora sempre con la mascherina perché ci sono emissioni dannose. Ora che le mascherine non si trovano più, i lavoratori devono usare la stessa mascherina monouso per una settimana, col rischio di intossicarsi con la polvere di talco che dopo un po’ ci rimane appiccicata sopra. Perciò i lavoratori italiani col posto fisso o si mettono in malattia o trovano il modo per farsi mettere in quarantena – il decreto Cura Italia parifica la quarantena alla malattia – e tante fabbriche in realtà sono costrette a chiudere per questo. Il problema sono gli immigrati e i precari, che rischiano di perdere il posto di lavoro e se sono stranieri anche il permesso di soggiorno. Se hai 45 anni, un contratto a tempo con un mutuo da pagare e una famiglia da mantenere cosa fai? Vai a lavorare. Ho visto gente andare in fabbrica piangendo. Sanno che loro probabilmente non si ammaleranno, ma porteranno il virus a casa, dove magari hanno genitori o suoceri, col rischio di condannarli a morte.
Tra i lavoratori ci sono anche i medici, i farmacisti e gli infermieri. E’ vero che in corsia si è costretti a scegliere chi curare e chi no?
Come ti dicevo prima ci sono pazienti che vengono ricoverati e altri a cui viene mandato l’ossigeno a casa. Se tu ti trovassi a scegliere tra ricoverare un padre di famiglia di 45 anni coi bambini piccoli e un ottantenne che magari ha già 2-3 malattie cronache e sai che al 70% non ce la farà, che cosa faresti? Qui sono tutti sotto shock, perché situazioni come queste ti cambiano il modo in cui vedi la vita. E si accumula una profonda rabbia sociale, perché c’è la coscienza che tutto questo si poteva evitare. Se poi ti fanno vedere la gente sui balconi che canta Fratelli d’Italia e tu hai genitori, zii e nonni che muoiono ti incazzi.
Torniamo ai medici.
Mia sorella è medico di base in Valcalepio e ha 1500 mutuati, ma ora che il suo collega è a letto, probabilmente col coronavirus, ne ha ereditati altri 1500. Le è arrivato un documento di 10 pagine in cui spiegano per filo e per segno come deve usare mascherina, occhiali e tuta protettiva, che però non le vengono forniti. Lei è un medico di quelli di una volta, visita i pazienti a casa, ora ne ha tantissimi in quarantena a letto con la bombola dell’ossigeno. Deve andare a visitarli, ma non ha una mascherina. Il suo compagno è arrivato a pubblicare un appello in FB chiedendo se qualcuno gliene può dare una. Mia moglie invece è farmacista e di mascherine gliene hanno dato tre. Per il resto non si trovano oppure si trovano a prezzi esorbitanti. I prezzi li fanno i grossisti e se tu le compri e le vendi a quelle cifre la gente se la prende con te. Dico io, vuoi fare la sanità privata? Falla, ma senza contributi pubblici. Qui mancano letti e ci sono strutture private che tengono aperti solo i posti letto convenzionati e gli altri li chiudono per ragioni economiche. Abbiamo buttato i soldi pubblici nelle cliniche per rifare i nasi alle ragazzine e non abbiamo scorte strategiche per le emergenze.
Qui siamo alle riflessioni più politiche. Secondo te la rabbia di cui parlavi poco fa potrà essere incanalata per cambiare le cose e far sì che non succeda mai più?
La gente vuole cambiare. Chiede una commissione di inchiesta e voglio vedere se la politica acconsentirà. Diciamo che ci sono due possibili esiti. La rabbia può sfociare in una presa di coscienza, soprattutto nelle fabbriche, perché qui i lavoratori si sono resi conto di essere sacrificabili coi loro cari sull’altare della della produzione. Un operaio mi ha detto: “Ho scoperto che non lavoro per vivere ma vivo per lavorare e quindi sono sacrificabile”. Dicevano che la classe operaia era scomparsa, ma oggi riscopriamo che tra Bergamo e Brescia ci sono 500.000 operai, un quarto dei residenti. Perciò i lavoratori possono giocare un grande ruolo.
Qual è la seconda possibilità?
Che a cavalcare la rabbia sia la destra. In questi giorni abbiamo visto crescere un clima di intolleranza verso i moderni “untori”. Ho sentito simpatizzanti leghisti dire che bisogna sparare a chi è in strada senza motivo. Altri invocano i militari in strada coi mitra e più in generale circola l’idea che la democrazia sia troppo complicata e inadatta ad affrontare le emergenze. Si parla di app per tracciare gli spostamenti, droni e virus che possono mettere i nostri telefoni sotto controllo. La vera minaccia per la democrazia è questa.
(*) ripreso da www.glistatigenerali.com/
FONTE:http://www.labottegadelbarbieri.org/bergamo-operai-e-anziani-sacrificabili/#comment-132840
Lettera sullo stato delle cose. Riflessioni di un pensatore di lungo corso
Carissimi,
martedì 17 marzo u.s. ho compiuto il novantesimo anno.
Costretto per esigenze sanitarie, non dipendenti dalla mia volontà, a rimanere nella mia casa, mi permetto di esternare alcune considerazioni sullo “STATO DELLE COSE”, su questo particolare e difficile momento, che
purtroppo non avrà breve durata e porterà effetti davvero perniciosi.
Non è certo il coronavirus l’aspetto peggiore perché la scienza riuscirà a trovare una soluzione.
È l’umanità che si trova in profonda crisi, nel suo intero complesso, in ogni Stato, in ogni luogo, ove l’Uomo esercita un potere come se fosse il DOMINUS MUNDI.
Invero, è venuto meno il principio della libera associazione costituita da quella entità nella quale possono realizzarsi interessi comuni, non contrastanti con i principi etici e morali, rispettosa dell’altrui libertà, della libertà di pensiero e di azione, della libertà di iniziativa economica, della libertà religiosa.
È venuto meno, principalmente quel primo legame, essenziale, costituito dalla famiglia, quel rapporto di amore tra genitori e figli.
Ricordo gli anni della mia fanciullezza e adolescenza; mi riferisco agli anni che vanno dal 1935 al 1945, cioè di quel periodo attraversato da conflitti e da grandi disagi (la Guerra d’Africa 1935-1936, la Rivoluzione Spagnola, il grande Conflitto Mondiale dal 1940 al 1945).
Vicino a me stavano i miei amati genitori, la mia carissima nonna, in un clima di affetto e di serenità finalizzato anche a superare quei difficili momenti. Ricordo che le donne e le persone anziane accudivano ad ogni
necessità (i giovani erano stati tutti chiamati alle armi prima dell’8 settembre 1943 e subito dopo aggregati alle Brigate dei Partigiani o alla Repubblica di Salò).
Quel poco che c’era veniva equamente spartito. È pur vero che in quel momento c’erano profittatori e mercanti; c’era il cosiddetto “mercato nero”.
Tuttavia esisteva quella cordialità che consentiva di vivere in povertà, con pochi spiccioli e tanto rispetto.
Oggi questo mondo globalizzato ha mutato e trasformato il “modus vivendi”, ha stravolto il concetto di amicizia e/o di fratellanza. Il linguaggio è scorretto; nello scambio velocissimo di messaggi, le offese, le accuse, le cattive parole, sono l’espressione e la manifestazione di un profondo “odio” degli uni verso gli altri.
Nell’ultimo decennio del secolo scorso, la globalizzazione veniva intesa come la possibile trasformazione del mondo economico in un sistema che avrebbe consentito ad ogni uomo il necessario per vivere; è, invece,
avvenuto il contrario: l’aumento della ricchezza per pochi, l’aumento della povertà per molti.
I veri valori sono stati stravolti. L’onore del possesso ha presa aggressiva; di ciò che si desidera sono il mezzo e lo strumento per ottenere e realizzare il successo.
Tutto ciò ha esaltato l’egoismo e l’egocentrismo, tutto ciò, come disse un mio caro amico molti anni fa “ha portato ad un parossistica accentramento del senso di separazione in ogni campo – politico – religioso – economico; ha portato alla intollerabile assuefazione di ideali percepiti”.
Così è caduta e precipitata la forma associativa dell’Unione tra gli Stati Europei. Lo dimostrano i fatti recentissimi, in cui la Germania, l’Olanda e la Svezia si oppongono a dare un aiuto economico alle nazioni latine Francia, Spagna e Italia.
Sembra di essere presente ad un conflitto religioso, da una parte gli stati latini, tutti cattolici, dall’altra parte gli stati ortodossi.
Lo dimostra la crisi profonda della Chiesa Cattolica, ove il contrasto tra l’attuale Papa Francesco e il Papa Emerito Benedetto XVI è messo ancor più in evidenza.
Lo dimostra la situazione di grave disagio della situazione politica dello Stato Italiano, governata da gruppi di persone, privi di ideologia e di programmi, determinata dalla completa scomparsa dei partititi politici, dai
quali nacque la Carta Costituzionale del 1947.
Non va dimenticata la profonda crisi dell’associazionismo laico di cui i giornali parlano, affermando l’esistenza di collegamenti non chiari e poco ortodossi.
Oggi si afferma che il coronavirus sia una “corona di perle” perché con la sua fobia e la sua sicura fine consentirà il superamento di ogni concezione separatista e darà alla vita dell’uomo quell’armonia che potremmo definire
“fratellanza universale”.
È un augurio; non ne sono certo perché (come disse Carl Gustav Jung ottant’anni fa) sotto il profilo esoterico ed astrofisico ci troviamo alla soglia di avvenimenti che corrispondono alla fine di un’Era: il passaggio dall’Era dei Pesci a quella dell’Acquario; Era, iniziata ai tempi dell’Imperatore Ottaviano, che ha una durata di 2126 anni.
Sta passando l’Era di Cristo, ma in questo secolo, in cui il digitale e la tecnica prevalgono, l’Uomo ha perduto le sue qualità intellettive; arriverà certamente un’era migliore, in tempi molto più lunghi, oltre il 2100.
Vi abbraccio tutti.
Avv. Giancarlo Zuccaccia
Studio Legale Zuccaccia
Associazione Professionale – Perugia
Mail del 31 marzo 2020 alle ore 13,02
Quando il Padrone Atlantico non tollera trasgressioni (in politica estera) – Parte I
Premessa
Se giudicherete questo mio articolo di stampo complottista, non so cosa potrete pensare di queste dichiarazioni di Walter Veltroni (2014), secondo cui esiste una Entità esterna che governa l’Italia e che è stata la regista di tutti gli eventi importanti a partire dalla strage di Piazza Fontana del 1969.
VIDEO QUI: https://youtu.be/0-EuGNquqhg
Veltroni non è certo un pericoloso sovversivo, tutt’altro, è stato un uomo di potere che ha svolto un ruolo importante nel percorso PCI-PDS-PD e che ora vive di rendita per “i meriti” di cui si è coperto. Perché se ne è uscito con questa sparata? Qualche idea ce l’avrei, ma restiamo sul tema del mio articolo, seguendo il solco tracciato dall’obnubilato (drogato?) Walter.
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Italia, e in buona parte l’intera Europa è un (geo)protettorato militare e politico (anglo) americano.
Nei primi 45 anni di dopoguerra, periodo coincidente con l’esistenza della supposta “minaccia” Unione Sovietica, l’Europa era un mercato (MEC/CEE) in cui ogni Paese si confrontava con gli altri ad armi pari – inclusa la propria valuta -, l’economia italiana aveva una forte componente pubblica (IRI), il governo avevano le leve della politica economica e monetaria, la crescita del tenore di vita e della ricchezza era generalizzato (in tutta Europa. Sorge spontanea la provocatoria domanda: ma che bisogno c’era di creare l’Unione Monetaria?). E ci siamo affermati con successo sui principali mercati di esportazione in Europa e nel Mondo in concorrenza con Germania e Francia, diventando (1991) la quarta potenza economica mondiale.
Caduto il Muro di Berlino e dissolta l’Unione Sovietica (1990-1991), per i padroni atlantici cambia lo scenario europeo, nasce la propaganda della Globalizzazione: nel Vecchio Continente danno il bastone del comando alla Germania riunificata (e alla Francia) concedendole CambioFissoEuro, ma mantenendola occupata militarmente e sotto sorveglianza politica (alla larga dalla Russia!!).
Washington vuole concentrarsi su Russia e sopratutto sulla nascente Cina, che gli stessi potentati finanziari e industriali USA hanno da tempo deciso di far decollare, per partecipare alla suddivisione dei profitti generati da un serbatoio di ….. 7-800 milioni di lavoratori! Anche il consumismo, “il modello sociale occidentale” viene esportato e assorbito dai cinesi (particolare non trascurabile in una prospettiva di lungo termine).
Per l’Europa nasce quindi la fase 2 post II Guerra Mondiale a marchio yankee: Maastricht (1992) partorisce CambiofissoEuro e la politica di Austerità, il controllo della emissione e della gestione della Moneta (Nota1) viene trasferito alla BCE, gli spazi di politica economica nazionale vengono recintati. Comincia in quegli anni la stagione delle “privatizzazioni” contro lo Stato “inefficiente e corrotto”. L’Eurozona entra in vigore il 1° gennaio 1999. La Germania che si avvale ora di una valuta per lei debole può cominciare a pompare profitti dai mercati esteri nella madre patria.
Sempre nel 1992 comincia l’attacco alla classe politica della Prima Repubblica che, sia pur fedele ai vincitori atlantici, si era permessa il lusso di mantenere in politica estera una certa quale autonomia (Palestina, Libia, Tunisia, Sigonella) e non era certo pronta ad accettare la incombente sudditanza nei confronti di Germania e Francia e a rinunciare alla presenza pubblica nell’economia nonché alle leve di politica economica.
Ci pensa quindi la spettacolare (ma quando mai si erano visti i processi in televisione e personaggi folkloristici come l’improvvisato magistrato Di Pietro nella impomatata e sclerotizzata magistratura??) Mani Pulite a spazzarla via, ad eccezione, guarda caso, del ….. predestinato mostro di traformismo PCI-PDS-PD (possiamo ora aggiungere Italia Viva … sic!) che infatti sarà ed è tuttora in prima linea politico-governativa nel lungo periodo di decadenza economica e sociale italiana, iniziato prprio negli anni 90.
La “nuova” classe politica e dirigente si appresta consapevolmente – fa eccezione l’imprevisto Berlusconi-Tremonti, lunga e per altri versi infausta “parentesi” italiana – ad eseguire fedelmente le direttive di Washington e/o Berlino.
La ex quarta potenza economica mondiale inverte la marcia, inizia un più che ventennale periodo di crescita asfittica. Era prevedibile: avendo ora una valuta per lei forte (EuroMarco), per restare competitiva sui mercati stranieri l’Italia deve comprimere il costo del lavoro, ma di conseguenza anche il potere d’acquisto interno degli italiani (in termini macroeconomici: la domanda interna delle famiglie). Contemporaneamente a comprimere la domanda pubblica (consumi e investimenti) ci pensano i Trattati europei e l’Austerita teutonica.
Ma, ma …. alla lunga c’é un “imprevisto”: man mano che si diffonde il disagio sociale in fette sempre più larghe della popolazione italiana (europea e americana) – con il rilevante contributo dell’immigrazione, anch’essa da inquadrare in un contesto esterno di geopolitica – perdono credibilità i partiti politici tradizionali e nasce la domanda di nuove rappresentanze politiche. Siamo arrivati quindi al governo M5S/Lega e ai “populismi/fascismi” di diverse sfumature (in Francia Marine Le Pen, in Ungheria Victor Orban, in Austria Sebastian Kurz, in Germania Afd, in Gran Bretagna la Brexit, negli USA Donald Trump, la cui elezione non è affatto casuale).
Da questa sintetica premessa, dovrebbe risultare chiaro un principio per me consolidato. La Repubblica italiana è da 70 anni una colonia, più precisamente e in termini medioevali, un valvassino, dove il Re è Washington e il valvassore è Berlino. Per il Re è prioritaria la nostra politica estera (anche nei confronti del valvassore, leggasi rapporti Germania-Russia), come sta la popolazione è secondario, i “politici e le classi dirigenti” (sic!) nonché i mass media locali hanno il compito, che portano avanti egregiamente, di imbonirla e confonderla.
Per il valvassore è fondamentale invece controllarci economicamente e sui mercati di esportazione, così può contenere la sua Austerità interna (e la Francia ne approfitta facendo shopping in Italia). Anche la Germania usa a man bassa i collusi politici italioti e i mass media nostrani per dividere e confondere gli italiani e inculcare loro l’idea che se andiamo male è perché siamo fannulloni e corrotti.
In chiave politica: in questa situazione geopolitica anche il miglior (per il popolo) governo del valvassino-Italia può solo tirare a campare, nella migliore delle ipotesi può contenere lo squilibrio UE/Italia – e tra élite nazionale/massa popolare sul piano interno – ma senza intaccare realmente l’interesse del Re, del valvassore (Nota2) e dell’élite nostrana.
Nella peggiore delle ipotesi invece la classe dirigente/governo apertamente fiancheggiatore procederà ad ulteriori cessioni di sovranità, a spalleggiare a spese degli italiani l’immigrazione clandestina, a svendite del patrimonio pubblico italiano agli stranieri o all’élite locale (le sacre privatizzazioni) o a pescare nella residua ricchezza accumulata dalle famiglie italiane grazie al loro lavoro nei 50 anni pre Euro. In cambio, ovviamente, i collaborazionisti riceveranno dal Re e /o dal Valvassore adeguate prebende.
Nella seconda parte dell’articolo applicherò questa mia visione geopolitica alla caduta del governo M5S/Lega.
NOTA1 – Come noto, per statuto la BCE teutonica è (teoricamente) indipendente da qualsiasi entità politica a livello europeo o nazionale e non può intervenire direttamente a favore di un singolo stato/governo membro. L’istituzione della BCE non avrebbe potuto avere luogo se le Banche Centrali nazionali presistenti non fossero state già in quella situazione.
La preparazione del terreno in tal senso per la Banca d’Italia avvenne nel 1981 (I Repubblica) con un colpo di mano di due individui, Andreatta Ministro delle finanze e Ciampi Governatore di Bankitalia, che agirono tra di loro tagliando fuori Governo e Parlamento. I due con un tratto di penna sullo Statuto di Bankitalia annullarono l’obbligo per l’Istituto di Piazzale Koch di acquistare i titoli di debito pubblico (emessi con il tasso di interesse definito dal Ministro del Tesoro) che fossero eventualmente rimasti invenduti all’asta di emissione.
Oltre ad essere una mossa propedeutica per la futura BCE, si è trattato del primo violento, illeggittimo atto di espropriazione della sovranità italiana: la misura del tasso di interesse all’emissione passava dal governo ai “mercati”, un gruppo ristretto di banche private, che successivamente con il mercato secondario avrebbe avuto lo strumento per condizionare quotidianamente la stabilità politica e finanziaria pubblica. Dal 1981 al 1998 (nascita BCE) sono trascorsi 17 anni, ma la strategia/mente è la stessa.
NOTA2 – Anche il valvassore teutonico deve rispettare la strategia geopolitica di Re USA. Mi spiego.
Con gli esiti della II Guerra Mondiale la Germania demilitarizzata e sotto presidio NATO/USA non è più un pericolo geopolitico militare (tenete presente questo quando un Piddino europeista vi dice che “La UE ci ha salvato dalla guerra”….).
Resta tuttavia per Londra e Washington un pericolo geopolitico economico: 1) nei confronti della Russia con cui può nascere una “alleanza energetico-industriale” e 2) verso la Cina con un partenariato economico-commerciale.
Questo sotteraneo scontro USA-Germania è in pieno svolgimento, da quando la Germania riunificata e forte del bazooka CambioFissoEuro ha ampiamente sviluppato questa doppia linea di strategia geoeconomica (i tedeschi mal sopportano la sudditanza nei confronti degli yankee).
Al punto che alla Casa Bianca e “dintorni” qualcuno vorrebbe togliere il bazooka (mandare gambe all’aria l’Eurozona, via Brexit o … una Italexit) gentilmente concesso dagli stessi americani o quanto meno indebolire l’Europa e/o direttamente la Germania (guerra dei dazi). Senza ovviamente perdere il presidio militare nel Vecchio Continente, anzi spostandolo nell’Europa dell’Est, più vicino alla Russia. Questa mi sembra una delle missioni fondamentali di Trump2, dopo le mosse propedeutiche del Trump1.
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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
ANNO 2030. “NONNO RACCONTAMI QUANDO L’ITALIA DIVENNE UNA NAZIONE COSI’ BELLA!”
L’Italia fu colpita prima di tutti in Europa, tanti morti, forse tutti chiusi in casa, paura, diffidenza, gli ospedali erano pieni di gente. Durò alcune settimane, fu dura tanto!
Le persone riscoprirono il valore dell’aiutarsi a vicenda.
Purtroppo la chiusura delle fabbriche e di tantissimi negozi fu il vero problema che dovemmo affrontare.
Oppure dargli le nostre aziende, gli aeroporti, le autostrade, l’oro della Banca d’Italia, i nostri risparmi, ma come, dopo quello che avevano combinato, proprio loro!”.
– E allora nonno cosa accade?
A quel punto chiamarono un grande banchiere, un certo Draghi!
Eravamo così orgogliosi di essere italiani, furono anni di grande intensità emotiva e riscoprimmo di essere un grande popolo, fortunato perché vivevamo nel Paese più bello del mondo!”.
– Grazie nonno, domani me la ripeti? E’ una storia così bella!
FONTE:https://www.fossadeilupi.it/ANNO-2030-NONNO-RACCONTAMI-QUANDO-L-ITALIA-DIVENNE-UNA-NAZIONE-COSI-BELLA.htm
Faziosità di Lilli Gruber
Francesco Erspamer 31 03 2020
I rituali del nuovo abitare. Dopo la tragedia
La Cura ai tempi del Coronavirus #2
La necessità di riposizionare la malattia nella nostra società torna ad essere un fatto di primaria importanza come mai in questi giorni in cui il pianeta è colpito da un’epidemia di portata globale. Ce ne dà l’occasione di nuovo, dopo 7 anni, Salvatore Iaconesi. La performance de La Cura continua con una tragica e peculiare sincronia, nel momento in cui tutti quanti possiamo trarne più beneficio e coglierne l’opportunità, insieme:
VIDEO QUI: https://youtu.be/DxR9iDYUq_I
In questa serie di articoli l’autore pone le basi per una nuova Cultura Ecosistemica che trova il luogo materiale e immateriale per sperimentare le forme di un «abitare iperconnesso» in HER she Loves Data: il centro di ricerca di nuova generazione dedicato alla cultura dei dati fondato da Iaconesi e dalla sua compagna, Oriana Persico. Leggi gli articoli precedenti.
Non stiamo per tornare alla normalità. La dissincronia tra le forme di vita umane (con diverse durate, resistenze, resilienze, di tipo economico, psicologico, sociali, spaziali, politiche…) rende ancora più evidente che si romperanno diverse cose con diverse dinamiche e diverse scansioni temporali.
Diventa ancora più urgente ed importante reintrodurre nella nostra società un tema che pare dimenticato e rimosso: la tragedia. Per definizione: la tragedia si ha quando non c’è soluzione. Coesistono almeno due dinamiche:
quella del design e dell’ingegneria, volte a trovare soluzioni
quella della tragedia, che si attua ogni volta che la soluzione non c’è
Esistono tutte e due, e tutte e due sono necessarie: ci dobbiamo avere a che fare. Nel nostro tempo, la dimensione della tragedia diventa progressivamente un rimosso, sulla base della capacità (e della speranza) della scienza, della tecnologia, del design, dell’ingegneria di accedere alla tecnica per trovare soluzioni.
Ma la tragedia, nonostante quanto proviamo a rimuoverla, non va via: è irriducibile. La dimensione della tragedia, proprio per il suo carattere di irriducibilità, è anche la nostra porta d’accesso alla dimensione della complessità: la complessità È la tragedia: non si può ridurre, semplificare, risolvere. Non va via. La tragedia, oggi, nella crisi del COV19, del cambiamento climatico, delle migrazioni e della disparità di accesso alle opportunità, si manifesta sotto la forma della necessaria e scomoda compresenza fra individuo ed ecosistema.
Io la chiamo Cultura Ecosistemica, ed è quella cosa che avviene quando devo adottare simultaneamente due punti di vista:
quello individuale, fatto del mio corpo, del mio livello psicologico, di un mio centro
quello dell’ecosistema, che è diffuso, sistemico, ubiquo, sociale, complesso
Il che mi apre a mille tipi di scontri e paradossi: è una condizione inumana, in cui i due livelli possono addirittura trovarsi in guerra aperta tra loro, come nel caso di questi giorni in cui l’ecosistema detta necessità che sono in aperto contrasto con la mia individualità. È una condizione di tragedia e, in quanto tale, è la nostra opportunità.
Oggi, avere esperienza di fenomeni ecosistemici (complessi, globali, iperconnessi) passa principalmente attraverso la disponibilità di enormi quantità di dati e della computazione per raccoglierli, elaborarli, interpretarli e rappresentarli. La scienza, l’ingegneria e il design già fanno questo tipo di azione. Ma lo fanno dal primo punto di vista: quello della ricerca della soluzione. Il che è importantissimo. Ma, come abbiamo visto, non è sufficiente: la soluzione a volte non c’è.
Ci troviamo persi, ci manca un pezzo della nostra esistenza, e senza non possiamo vivere, abitare il nostro tempo. Come, quindi, possiamo trovare nuovi modi di abitare anche quest’altra dimensione, per avere la possibilità di esistere nel nostro tempo?
Un’ipotesi di partenza: con l’arte e la cultura, tramite tutti i modi in cui dati e computazione cessano di essere materia tecnica, e diventano materia esistenziale. Partiamo da un esempio (e nei prossimi articoli continueremo con altri, per estendere il discorso e, soprattutto, per capire cosa fare insieme).
Immaginiamo un nuovo rituale, in cui i dati e la computazione si uniscano al corpo, alla psicologia, alla relazione, all’esperienza del mondo. Per esempio, come nell’immagine di apertura, traendo ispirazione dalla situazione attuale, potrebbe trattarsi di un neo-rituale dedicato alla pandemia COV19 e al cambiamento climatico. La disponibilità di dati sul nostro corpo si unisce a quella dell’ecosistema in un gioco che è dell’intimità, della consapevolezza e dell’interconnessione globale, ma anche di cura del sé – perché mentre genero dati col mio corpo, mi verso i dati dell’ecosistema addosso, e quindi mi lavo, mi pulisco, mi curo trovando similitudini e differenze tra me e l’ecosistema, in cui ricongiungersi.
Rituali di questo genere possono essere il risultato della nostra evoluzione culturale dei prossimi anni, e il modo in cui verranno creati – grazie alla convergenza tra arte, design, tecnologia e scienza – ci darà la misura del senso che siamo stati capaci di generare come umanità. Per investigare i modi in cui, per esempio, l’arte può contribuire a questo tipo di creazione, propongo un esempio centrato su un recente prodotto della comunicazione: il serial TV Sinner.
Prodotti comunicativi come Sinner hanno un alto livello di interesse per la loro capacità di predisporre dinamiche esposte alla sensibilità. Tutto in Sinner è pensato per essere sensatile, ovvero per essere esposto e suscettibile alla sensibilità dei fruitori:
ogni elemento della comunicazione di prodotti come questo è un hook, un gancio che è reso significativamente esposto e suscettibile all’esperienza umana individuale (facendo link col corpo, la psicologia..) e sociale (attraverso la comunicazione, la moda, l’empatia, le relazioni…)
tutto in Sinner è progettato per essere sensatile
Nel prossimo articolo inizieremo ad esplorare le implicazioni di questa sensatilità: cosa succede quando tutti i dati e la computazione che ci permettono di avere esperienza dei fenomeni complessi dell’ecosistema, e quindi di immergerci nella Cultura Ecosistemica, sono presenti in maniera sensatile. La nostra ipotesi è che possa avviarsi una nuova esperienza dell’abitare il nostro tempo.
FONTE:https://operavivamagazine.org/i-rituali-del-nuovo-abitare-dopo-la-tragedia/
BELPAESE DA SALVARE
Italiani unici carcerati d’Europa con un governo indegno
di Marco Santero
Rilancio con vero piacere la splendida sintesi della situazione italiana comparata con resto d’Europa e oltre:
Ci hanno vietato di uscire per prendere aria e sole, fare due passi e soprattutto fare attività fisica all’aperto, peccato che queste semplici azioni siano di fondamentale importanza per mantenere in buono stato il sistema immunitario, stare in casa, soprattutto per chi ha un appartamento piccolo e magari senza balconi è fortemente negativo per la salute fisica e psicologica.
Infatti, come ben illustrato nel approfondimento di byoblu vari paesi d’Europa incentivano fortemente l’attività fisica all’aperto (con le dovute cautele) come basilare per il mantenimento della salute sia diretta (sole = vitamina D, esercizio fisico all’aperto = salute polmonare) che indiretta (chiusi in casa = stress, ansia e depressione = crollo sistema immunitario).
Tralasciando per una volta gli argomenti economici e i disastri (accuratamente progettati in accordo con i mandanti Tedeschi ) che questo governo indegno sta facendo vi rilancio un altro video di Byoblu (che sta facendo un lavoro splendido di PLURALE E REALE INFORMAZIONE FONTAMENTALE IN QUESTO MOMENTO e per questo è oggetto di forti attacchi) in cui viene intervistato Meluzzi che fa una sintesi splendida e interdisciplinare che disegna prospettive molto fosche per l’Italia.
Anche lui, pur non essendo economista, arriva al punto chiave
VIDEO QUI: https://youtu.be/vLEoIjm8uGs
Ci hanno vietato di uscire per prendere aria e sole, fare due passi e soprattutto fare attività fisica all’aperto, peccato che queste semplici azioni siano di fondamentale importanza per mantenere in buono stato il sistema immunitario, stare in casa, soprattutto per chi ha un appartamento piccolo e magari senza balconi è fortemente negativo per la salute fisica e psicologica.
Infatti, come ben illustrato nel approfondimento di byoblu vari paesi d’Europa incentivano fortemente l’attività fisica all’aperto (con le dovute cautele) come basilare per il mantenimento della salute sia diretta (sole = vitamina D, esercizio fisico all’aperto = salute polmonare) che indiretta (chiusi in casa = stress, ansia e depressione = crollo sistema immunitario).
Tralasciando per una volta gli argomenti economici e i disastri (accuratamente progettati in accordo con i mandanti Tedeschi ) che questo governo indegno sta facendo vi rilancio un altro video di Byoblu (che sta facendo un lavoro splendido di PLURALE E REALE INFORMAZIONE FONTAMENTALE IN QUESTO MOMENTO e per questo è oggetto di forti attacchi) in cui viene intervistato Meluzzi che fa una sintesi splendida e interdisciplinare che disegna prospettive molto fosche per l’Italia.
Anche lui, pur non essendo economista, arriva al punto chiave:
VIDEO QUI:https://youtu.be/PgbdWeu4foA
SENZA RECUPERARE ALMENO IN MODO PARZIALE (MINIBOT) LA SOVRANITA’ MONETARIA SIAMO DEL GATTO, ANZI DELLE ELITES TEDESCHE, OLANDESI E NORD EUROPEE IN GENERE CHE DA DECENNI SBAVANO COME LUPI FAMELICI PRONTI A BUTTARSI SULL’ITALIA ALL’ATTIVARSI TOTALE O PARZIALE DEL MES O DEGLI EUROBOND CON L’AIUTO DI QUESTO GOVERNO DI VENDUTI E TRADITORI DEL PAESE.
Se questi sono fratelli e parenti della grande “famiglia” U.E. (“parenti serpenti”) sarà meglio lavorare per conto proprio per recuperare gli asset produttivi e i servizi essenziali strategici sotto controllo pubblico dello stato.
Anche perché siamo in un cambio epocale e pericoloso: il mondo e le nostre vite non torneranno come prima e il controllo sociale e l’invadenza sanitaria dello stato (iniziata “casualmente” col decreto lorenzin) saranno sempre maggiori, in nome della sicurezza ovviamente e quando il vaccino sarà pronto saremo tutti obbligati a farlo alla faccia dei diritti costituzionali.
Orwell era un dilettante, il controllo che permetterà il 5 G sarà certosino e assoluto oltre ai rischi per la salute, che hanno fatto bloccare l’istallazione del 5 G in Svizzera, che si è resa conto dei rischi (oltretutto già presenti con le tecnologie 2G, 3G E 4G già presenti) per la salute pubblica.
Come spiega Meluzzi questa botta di umiltà che il Coronavirus ci sta dando deve riportare al centro proprio quei valori che tanto odiano i sinistrati mentali come la Cirinnà e piddini in genere: Dio (inteso come spiritualità), Patria (intesa come amore e impegno per il bene comune) e famiglia (fondamento di ogni vita sana e sensata) devono tornare ad essere la bussola che ci da la direzione delle nostre azioni e le nostre priorità, gli ideali edonistici e egoistici pompati per decenni dal neoliberismo devono essere resettati, perché solo uniti sui grandi temi strategici possiamo avere un buon futuro, altrimenti ci aspetta il CAPITALESIMO in cui saremo schiavi in totale balia delle élites.
Tanti 30-40-50-60enni che si comportano e sembrano adolescenti improvvisamente si dovranno dare una rapida svegliata smettendo di pensare solo a calcio, selfie, social, apericene, edonismo, shopping compulsivo, videogiochi, ecc. per dare senso alla propria vita. Il vero senso della vita è impegnarsi per la difesa dei diritti costituzionali, della qualità della vita di tutti i cittadini italiani e per raggiungere una sostenibilità in tutti i settori che rispetti nuovamente gli equilibri naturali e ci faccia tornare in simbiosi con la natura = solo un’economia con un fortissimo intervento pubblico (come è prevista nella costituzione!) può avere obiettivi del genere, il privato neoliberista se ne catafotte dell’ambiente, della salute e del futuro collettivo, lui pensa solo al massimo utile subito!
Cogliamo l’occasione di essere agli arresti domiciliari per informarci meglio e prepararci a riprendere il potere sovrano del popolo sancito come fondamento della costituzione e a spazzare via politicamente chi ci ha portati nella CACCA cioè chi sostiene questo governo e a votare chi giurerà sul suo onore e su un programma scritto e preciso come un contratto di ridarci la sovranità economica, monetaria, sanitaria, alimentare, ecc., ecc.
LA U.E. E’ MORTA VIVA L’EUROPA VERA, QUELLA DELLA C.E.E. PRIMA DELLO SME (fino a tutti gli anni 70) in cui paesi sovrani (ognuno con la sua moneta e politica monetaria) in sana competizione fra loro hanno creato l’area economica più forte al mondo e in cui c’era il più elevato benessere diffuso per i cittadini!
Poi è caduto il muro di Berlino e il comunismo russo e tutto questo benessere dell’Europa occidentale creato per contrastarlo DOVEVA TORNARE NELLA SCATOLA DEL MONOPOLI DELLE ELITES FINANZIARIE OCCIDENTALI E COSI’ STA ACCADENDO.
Solo un popolo informato correttamente e consapevole di essere l’artefice del proprio futuro può darsi un futuro migliore, quindi i raduni di popolo (in piazza o virtuali in rete) devono di nuovo essere quelli per fini socio politici e non, come accade dal 68 in poi, i concerti delle rockstar dove si inneggia alla libertà più sfrenata, al godimento acefalo, all’individualismo più sfrenato, allo stordimento spichedelico con droghe varie = non serve a nulla la lotta REPRESSIVA alla droga senza una battaglia culturale CONTRO QUELLO CHE LA DROGA DAL 68 RAPPRESENTA PER I GIOVANI E LA SOCIETA’ TUTTA ( i giovani del 68 hanno ora fra i settanta e gli ottanta, tanti sono baby pensionati da 35-40 anni e fanno ancora danni) = se il tuo paese, la tua vita, il mondo non ti piacciono invece di drogarti per dimenticare UNISCITI AD ALTRI, LOTTA PER CAMBIARE IL TUO PAESE, LA TUA VITA E IL MONDO DANDO UN VERO SENSO ALLA TUA VITA!!
P.s.
ALLARME ROSSO: la U.E. nella sua infinita “BONTA’” sta valutando il “MES leggero” per l’Italia (cioè ci insaponano il cappio) = FREGATURA, SE RIESCONO A FARCI FARE DEBITO IN DIRITTO LUSSEMBURGHESE (CIOE’ ESTERO) INIZIA LA CATASTROFE COME ACCADUTO ALLA GRECIA.
Le manfrine di Gualtieri e Conte sono tutto “TEATRO” per farci credere (come a degli ebeti e tali ci considerano) CHE CI STANNO PURE FACENDO UN FAVORE A METTERCI UN CAPPIO AL COLLO!!
FONTE:https://scenarieconomici.it/italiani-unici-carcerati-deuropa-con-un-governo-indegno-di-marco-santero/
Prove di regime in corso
20 Marzo, 2020 posted by Francesco Carraro
Dedicato a quelli che non ne hanno mai abbastanza, che vorrebbero l’esercito per le strade, anzi in salotto o a presidiare l’ingresso del bagno. E magari il bando con “fine pena mai” per i reprobi colpevoli di anelare a una boccata d’aria oltre il filo spinato del proprio balcone. Insomma, eccovi una consulenza legale gratuita per instaurare un regime “efficiente” e “responsabile”. Avete presente? Quella “cosa” dove le autorità passano a rastrellare casa per casa e a segregare gli infetti oppure a rieducare i riottosi (differenza, invero, sottile). Recapitandoli, poi, ad apposite “strutture” deputate alla sanificazione ovvero alla “rieducazione” degli “infetti”. Ora segnatevi queste dritte giuridiche, grazie alle quali potrete ottenere misure ancora più “restrittive”; quelle che, a voi, non bastano mai. Ma non siete i soli, sapete. Oggi, il Governatore del Veneto ha imposto, con ordinanza, ai suoi concittadini di non allontanarsi, pedibus scarpantibus, più di duecento metro dalle petunie dei rispettivi giardini.
E, sempre oggi, nella conferenza stampa quotidiana dei Commissari Straordinari (o come diavolo si chiamano), ho sentito ventilare una ipotesi agghiacciante, se non ho capito male; del che, nel caso, anticipatamente mi scuso. Che, cioè, gli asintomatici positivi possano essere allontanati coattivamente dalle loro famiglie per evitare ai parenti stretti l’onta (e i rischi mortali, va da sé) dell’immondo contagio. Vi spiego, allora, come si fa. Così magari fate giungere la strategia alle orecchie aguzze di chi di dovere. Per esempio, di chi ci sta consegnando, approfittando dell’immenso casino che c’è, al MES. Allora, ecco la ricetta.
Prendete l’articolo 32 della nostra Costituzione. Quel rottame democratico dove si legge: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario”. Non preoccupatevi dell’apparente eccesso di garanzia (per la libertà vostra e altrui). Proseguite nella lettura della norma, piuttosto: “se non per disposizione di legge”. Ecco, adesso cominciamo a ragionare come si deve. Con una “legge”, si può autorizzare la coercizione (in gergo giuridico si parla, appunto, di “riserva di legge”). Bisognerebbe, però, bypassare pure l’altro vetusto privilegio sancito dall’articolo 16 della Suprema Carta, così declinato: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale”. Di nuovo: non datevi pena. Letta la norma, trovato l’inganno: “Salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”.
FONTE:https://scenarieconomici.it/prove-di-regime-in-corso/
Gli anarchici: Covid, l’infame bancarotta del sistema-Italia
Di fronte a questa crisi, Stato e capitale stanno mostrando, con un’evidenza mai raggiunta prima, tutti i propri enormi limiti e la loro strutturale incapacità di tenere conto delle necessità e della salute delle persone. In Italia, le scelte politiche dei governi hanno costantemente tagliato la sanità pubblica (più che pubblica, statale). Parte delle poche risorse è stata dirottata verso la sanità privata, anche durante l’emergenza attuale. La contemporanea “regionalizzazione”, secondo un modello aziendalista-capitalista, ha poi reso questo servizio, che in teoria dovrebbe essere di carattere universale, fortemente differenziato tra regione e regione, tra regioni ricche e regioni povere. I pazienti sono diventati clienti e le cure prestazioni d’opera monetizzate in un quadro generale di competizione e profitto. Questa impostazione del servizio sanitario svela in questo momento drammatico il suo vero volto lasciandoci tutti in balìa della sua filosofia che non è certo quella della pietà umana e del riconoscimento dell’altro come un nostro simile bensì quella del calcolo delle esigenze materiali minime per il massimo profitto che si traducono ora nella carenza di strutture attrezzate, di personale assunto, di materiale di consumo nei magazzini.
Il risultato è che i sempre più risicati fondi e il sempre più ridotto personale, già sfruttato al limite nell’ordinario, non lasciano margini per le situazioni di emergenza. Salvo poi ammettere che i posti in terapia intensiva si stanno esaurendo, il personale scarseggia, i respiratori non ci sono e sarà necessario effettuare delle scelte su chi curare. E tutto questo quando lo Stato sborsa senza batter ciglio 70 milioni di euro al giorno per spese militari. Con i 70 milioni spesi in uno solo dei 366 giorni di quest’anno bisestile si potrebbero costruire ed attrezzare sei nuovi ospedali e resterebbe qualche spicciolo per mascherine, laboratori di analisi, tamponi per fare un vero screening. Un respiratore costa 4.000 mila euro: quindi si potrebbero comprare 17.500 respiratori al giorno, molti di più di quelli che servirebbero ora. Abbiamo assistito in queste settimane a una totale cialtroneria del ceto politico nell’affrontare l’emergenza, con esponenti di tutte le aree che hanno affermato tutto e il contrario di tutto, invocando la chiusura e l’apertura a seconda di ciò che invocava l’avversario. Abbiamo visto il governo impugnare la chiusura delle scuole marchigiane salvo poi chiudere tutto il paese pochi giorni dopo, abbiamo visto opportunismi ributtanti e ora assistiamo alla retorica del “ce la faremo”.
Se ce la faremo, non sarà certo grazie ai governi nazionale e regionali. Non sarà certo grazie alla massiccia militarizzazione di città e confini. Non sarà certo grazie alle imprese, che tramite Confindustria hanno gettato la maschera scegliendo esplicitamente il profitto. Lo hanno dichiarato in modo chiaro e netto, senza giri di parole, senza vergogna: non chiudiamo, la produzione deve andare avanti. Questo ha portato a scioperi spontanei in molte aziende, con le centrali sindacali a inseguire le lotte dei lavoratori che non hanno voluto cedere supinamente alle pretese padronali. L’inseguimento dei sindacati di regime ha raggiunto il traguardo del ridicolo protocollo siglato il 14 marzo, contenente solo obblighi per i lavoratori e solo raccomandazioni per le imprese. Questo disgustoso cinismo, questa fame di profitto unita al disprezzo per la salute di chi lavora, proprio perché espressi in un momento così eccezionale, non devono passare e lor signori ne devono rendere conto. Questa crisi la sta pagando soprattutto chi lavora in sanità ed è sotto la pressione continua di turni massacranti e dei crescenti casi di contagio e di morti fra il personale stesso.
Nessun media mainstream ha ripreso la denuncia degli avvocati dell’associazione infermieri, un’istituzione che non ha nulla di sovversivo. Nella narrazione dominante infermiere ed infermieri sono descritti come eroi, purché si ammalino e muoiano in silenzio, senza raccontare quello che succede negli ospedali. Gli infermieri che raccontano la verità sono minacciati di licenziamento. A quelli che vengono contagiati non viene riconosciuto l’infortunio, perché l’azienda ospedaliera non sia obbligata a pagare indennizzi a chi si trova ogni giorno a lavorare senza protezioni o con protezioni del tutto insufficienti. Questa crisi la sta pagando chi ha un lavoro saltuario o precario, al momento senza reddito e senza nessuna certezza di riavere il lavoro a epidemia conclusa. La sta pagando chi si trova a casa in telelavoro a dover conciliare una presenza casalinga spesso molto complessa con bambini o persone da accudire e contemporanei obblighi produttivi. La sta pagando chi è costretto ad andare nel proprio luogo di lavoro senza nessuna garanzia per la salute. La sta pagando chi è povero, senza casa, chi sopravvive per strada o in un campo nomadi.
La stanno pagando i lavoratori e le lavoratrici che hanno fatto scioperi spontanei contro il rischio di contagio e sono stati a loro volta denunciati per aver violato gli editti del governo, perché manifestavano in strada per la loro salute. La stanno pagando i reclusi nelle carceri dello Stato democratico che hanno dato vita a rivolte in 30 prigioni in difesa della propria salute. Durante le rivolte ci sono stati quattordici morti. Quattordici persone che – ci raccontano – sarebbero morte tutte per overdose da farmaci auto indotta. Quattordici persone sottomesse alla responsabilità di un sistema a cui forse non è parso vero di poter applicare con pugno di ferro altre misure di contenimento, non tanto dell’infezione ma dei carcerati stessi. In una situazione esplosiva a causa delle condizioni già ai limiti dell’umano che da anni – in modo strutturale e non eccezionale – si vivono all’interno delle carceri il governo ha pensato bene di bloccare ogni visita senza prendere misure efficaci a tutela della salute dei carcerati.
Purtroppo sappiamo bene che una volta conclusa e superata questa fase di emergenza saranno sempre le stesse persone a rimetterci in termini di impoverimento e di ulteriore sfruttamento. Perché anche se nessuno di noi ha la sfera di cristallo, si può già prevedere che useranno la scusa della “ripresa”, del “risanamento economico”, del “superamento della crisi”, per comprimere sempre di più gli spazi di lotta nei posti di lavoro e le libertà civili e politiche. Non sarà certo una sorpresa se la retorica della “responsabilità” sarà utilizzata per affinare ulteriormente i dispositivi disciplinari e di controllo sociale, per limitare ancor di più la libertà di movimento, per limitare ancor di più la libertà di scioperare e manifestare, che ora è di fatto sospesa. Già adesso il numero dei denunciati per la violazione dei decreti supera quello dei contagiati. Su questo saremo chiamati a vigilare e agire senza tentennamenti. Siamo solidali con tutti coloro che in questo momento stanno rischiando la propria vita per salvarne altre, con tutto il personale in servizio negli ospedali, con chi lavora e sciopera per garantire condizioni di sicurezza per sé per gli altri, con tutti coloro che non possono permettersi di #restareacasa perchè una casa non ce l’hanno.
Siamo solidali con chi ha paura perché teme per sé e per i propri cari. Siamo solidali con tutti coloro che si sono ammalati e sono stati strappati da casa senza poter avere contatti con i propri cari a causa dell’assenza di dispositivi di protezione, siamo solidali con tutti coloro che stanno morendo con cure palliative per l’assenza di strutture di emergenza adeguate e lo siamo anche con chi ha dovuto prendere delle decisioni in merito alle vite altrui su chi intubare e chi no nel disperato tentativo di ridurre il danno al minimo quando il danno è comunque certo. Non ci dimenticheremo di chi è la responsabilità di quello che accade oggi: è dei governi e degli Stati che hanno sacrificato la salute di noi tutti scegliendo il profitto, la guerra e il rafforzamento del loro potere. Ma non si illudano: le lotte non andranno in quarantena.
(”Coronavirus ed emergenza: non ci dimentichiamo da quale parte della barricata siamo”, dichiarazione della Commissione di Corrispondenza della Fai, Federazione Anarchica Italiana, pubblicata su “Umanità Nova” il 20 marzo 2020).
FONTE:https://www.libreidee.org/2020/04/gli-anarchici-covid-linfame-bancarotta-del-sistema-italia/
Il desiderio dell’uomo decisivo
di Militant
Che Mario Draghi trovi sostegno in un certo ambiente economico, è nelle cose. Che su Mario Draghi stia convergendo tutta la politica italiana, è un’altra cosa. Dal Pd alla Lega al vasto mondo della critica keynesiana, il quadro politico sembra chiudersi attorno alla soluzione migliore per tutti (o quasi: l’unico a rimanere col cerino in mano sarebbe Conte, e con lui il M5S). I motivi di questo interesse sono facilmente intuibili. Meno i problemi politici che verrebbero a generarsi dall’unità nazionale attorno all’uomo delle banche.
La crisi economica, già in corso e che seguirà la fine o il contenimento dell’epidemia, sarà di vaste proporzioni. Tutti i paesi, nessuno escluso, subiranno il contraccolpo dell’arresto dei flussi commerciali misurandolo in vari punti percentuali di calo del Pil. Per l’Italia, questo non potrà non aggirarsi in una forbice che va dal -5 al -15%. Percentuali da economia di guerra, come evidente e come stanno dicendo un po’ tutti, Draghi per primo. Se in tempo di pace la questione poteva essere affrontata (e aggirata) attraverso l’accelerazione export oriented dell’economia del paese, dinamica che ha portato l’Italia alla ventennale stagnazione economica, le soluzioni per questa crisi non potranno replicare quanto è stato fatto fino ad ora. Per risollevare un paese in profonda recessione è inevitabile stimolare la domanda interna, rafforzando il mercato domestico di produzione e circolazione di beni e servizi. Altrimenti quel -15% lo recuperiamo nel 2050, come infatti (non) è avvenuto con la crisi scoppiata nel 2008: il Pil dell’Italia nel 2019 non ha ancora raggiunto i livelli a cui era arrivato nel 2007. Ci stiamo rimpicciolendo drasticamente e troppo velocemente nel tempo, e questo è uno dei motivi dello scarso peso politico dei nostri governi in Europa.
Stimolare la domanda interna è possibile solo attraverso la leva degli investimenti pubblici, da un lato, e tramite una politica di moderazione fiscale per le imprese, dall’altro. L’insieme di questi due interventi dovrebbe servire ad aumentare l’occupazione e il livello medio dei salari. Questa è la dinamica keynesiana classica, ed è questo che Draghi ha aleggiato nel suo intervento sul Financial Times lo scorso mercoledì. Si capisce dunque perché tutti vogliano salire sul carro del dopo-crisi: Draghi non è Monti, non verrebbe a commissariare l’Italia per imporre politiche d’austerity; al contrario, è l’uomo della provvidenza, il gestore di una pioggia di finanziamenti pubblici, italiani ed europei, che pioveranno a dirotto una volta che si assesterà l’epidemia e la Ue troverà l’accordo per finanziare la riscossa economica del continente.
Peraltro, Draghi assomiglia sempre più alla “contropartita” per azionare il Meccanismo europeo di stabilità. Invece di imporre condizioni capestro in cambio di aiuti finanziari, come ad esempio “riformare” il mercato del lavoro o perseguire il pareggio di bilancio, la condizione politica in cambio degli aiuti economici è che a gestirli non sia Conte e il suo precario governo. Draghi, da una parte, è garanzia di prudente gestione dei fondi europei; dall’altra, il sostegno trasversale che lo accompagnerebbe al governo renderebbe lo stesso più solido e deciso. Si capisce, da tutto ciò, perché Pd, Renzi, Forza Italia e Lega stiano tentando il colpo di mano: il governo Draghi non è un governo che farà perdere voti ai protagonisti. Per il Pd, si tratterebbe di garantirsi al governo e al tempo stesso anestetizzare l’opposizione della Lega; per la Lega, tornare al governo raccogliendo i frutti dell’apertura dei cordoni della borsa. Per i protagonisti minori, il solo tornare al governo è motivo di entusiasmo. Se questo è lo scenario “razionale” per “salvare il capitalismo” dal virus, si capirebbero le grida di giubilo che giungono dalle parti più impensabili. Ma tutto andrà come descritto?
In primo luogo, è tutto da vedere che la partita con la Ue termini con una “vittoria” italiana (che, tradotto, sarebbe l’approvazione degli “Eurobond”, cioè obbligazioni di debito pubblico emesse direttamente dalla Bce). Titoli di Stato, garantiti non da questo o quello Stato comunitario, ma dalla Ue nel suo complesso. Titoli senza spread dunque. Si capisce l’interesse dell’Italia all’introduzione di questa forma di condivisione del debito. Eppure lo scontro in corso per il momento non promette una soluzione di questo tipo. La mediazione verte su di un Mes “ammorbidito” nelle condizioni di apertura del credito, e dall’aumento dei fondi in dotazione al Mes stesso. Su di un altro piano, il proseguimento sine die e senza fondo del quantitative easing. L’Italia in questa battaglia ha al suo fianco altri paesi, tutti importanti ma nessuno decisivo: la Francia, che però è un non-alleato, visto il rapporto organico con la Germania; la Spagna, martoriata dal virus, ma anch’essa alleata organica della Germania; la Slovenia, paese dell’est – cioè del retroterra produttivo tedesco – ma Stato troppo piccolo; l’Irlanda, un paese del nord, ma anch’esso piccolo e periferico. Oltre questo fronte l’Italia non ha margini di contrattazione rilevanti. L’alternativa cinese è minacciata ma di fatto impraticabile: l’Italia non scinderà l’alleanza politico-economico-militare con la Nato e gli Usa, neanche per questa battaglia. Dunque, vedremo. Ma lo scenario più probabile, al momento, è una mediazione che rafforzi il Mes e disinneschi gli Eurobond. Anche perché l’Unione europea è un’associazione competitiva e non cooperativa. Questo significa che la crisi sarà anche generalizzata, ma il modo in cui uscirne è delegato ai singoli Stati. L’uscita dalla crisi avverrà cioè tentando di sottrarre quote di mercato, di produzione, di risorse agli altri Stati membri. Una debolezza italiana, in tal senso, consentirebbe scorrerie finanziarie a cui stanno guardando un po’ tutti, in Occidente. I “gioielli di famiglia” oggi sono scalabili, e il dopo-crisi aprirà all’economia di rapina continentale margini di conquista che saranno valutati attentamente dai nostri “partner”.
Draghi verrebbe dunque a gestire il Mes, non a governare un debito pubblico lasciato libero di crescere a dismisura per cause di forza maggiore (cosa che, in ogni caso, avverrà). E sarà proprio in questa fase, in cui la politica sarà decisiva, che si vorrebbe anestetizzare il confronto demandando il compito di allocare le risorse (eventuali e limitate) al “tecnico”. Lo stesso “tecnico” che ha commissariato l’Italia nel 2011 cacciando Berlusconi e imponendo Monti; lo stesso “tecnico” che ha istituito il Fondo salva-Stati e che ha gestito la “trattativa” con la Grecia sull’orlo del fallimento. Già oggi si condividono le ricette del mondo dell’imprenditoria, non a caso fatte proprie anche dal resto dell’arco parlamentare e non solo. “Abolire”, “sospendere” o “dilazionare” le scadenze fiscali, ad esempio. Tutti, anche a sinistra purtroppo, rincorrono le parole d’ordine imprenditoriali della moderazione fiscale. Al contrario, bisognerebbe ragionare su di una nuova leva fiscale progressiva, che diminuisca il peso fiscale sui redditi più bassi e su una determinata composizione lavorativa, e al contempo innalzi la pressione fiscale sui redditi maggiori, sui loro patrimoni immobiliari o finanziari, nonché sui patrimoni immobilizzati nelle banche.
Sciogliere le briglie dell’economia in una fase (possibile ma non per questo sicuramente probabile) di spesa in deficit porterebbe inevitabilmente a ripensare il mercato del lavoro. In quale direzione? Garantendolo attraverso migliori definizioni contrattuali? Oppure “liberalizzandolo” ulteriormente in senso anglosassone? E la vicenda dello smart working di massa come inciderà sulle coperture contrattuali e salariali dei lavoratori? Perché il processo di de-fiscalizzazione porterà, facile immaginarlo, allo scambio perverso tra busta paga leggermente più alta e minori garanzie contrattuali, abolendo la contrattazione nazionale in favore di quella aziendale. Processi che passerebbero indolori in una fase di crescita sostenuta del Pil, ma che ricadrebbero come macigni una volta esaurita la traiettoria di crescita drogata dal debito pubblico. Anche qui, dunque, ci vorrebbe la politica, non la pacificazione nazionale a sostegno del tecnico-salvatore della patria.
Se nei tempi brevi la ricostruzione dell’economia porterebbe a una condivisione di fatto delle urgenze, nei tempi medi – una volta passata la tempesta – uno come Draghi al governo sarebbe un problema di non poco conto. L’uomo di Goldman Sachs completerebbe l’opera di privatizzazione degli asset nazionali, a cominciare da quell’Alitalia che invece in questi giorni sembrerebbe sulla via della nazionalizzazione. Insomma, Draghi ha gioco facile, oggi, a imporsi quale uomo della provvidenza: l’orizzonte di ricostruzione dell’economia è delineato (non si trova più un liberista in giro, fateci caso…), ma è proprio nel momento in cui si allargano i cordoni della borsa che, al contrario, è necessaria la politica. Capire dove e come spendere i soldi della ricostruzione – se e quanti saranno – è il primo campo di battaglia nel confronto politico. Confronto che si vorrebbe sospendere, in nome di un obiettivo che è tutto fuorché “neutro”. Che questa sospensione venga richiesta dalla destra liberista o sovranista, non fa stupore. Che a richiederla sia anche una parte della “sinistra keynesiana” rischia di validare il sostegno unificato ad un personaggio, e a una politica, che si configura già oggi come anti-lavorativa, anti-sindacale e aperta a ogni sperimentazione repressiva, sul lavoro e nella società. Il virus, come ogni crisi, può essere anche un’opportunità. Facciamo in modo che a coglierla non sia solo il capitale organizzato attraverso le sue rappresentanze politiche.
FONTE:https://www.sinistrainrete.info/europa/17343-militant-il-desiderio-dell-uomo-decisivo.html
I traditori della patria atto 1°, Mario Monti
Come promesso inizia la rubrica, i traditori dell’Italia, ovvero la galleria di ritratti dei peggiori personaggi italiani ed internazionali che hanno condotto l’Italia e l’economia nel tunnel in cui si trovano oggi.
Economisti, politici, comunicatori, giornalisti, tutti coloro che hanno sposato dottrine economiche sbagliate sapendo di sbagliare, che hanno manipolato l’opinione pubblica e disinformato per decenni.
Con il vostro contributo stiamo raccogliendo materiali anche per i prossimi personaggi: Giorgio Napolitano, Emma Bonino, Carlo Cottarelli, Beppe Grillo, Marco Travaglio, Mario Draghi, Frierdick Von Hayek, Milton Friedman, Lilli Gruber, Massimo D’Alema, Romano Prodi, ecc. ecc. ecc.
Abbiamo deciso di sposare l’arma dell’ironia.
C’è poco da ridere, ma è sempre pur meglio che piangere.
Mario Monti, bocconiano doc, nasce figlio di un banchiere e, invece di essere avviato a più consone attività professionali, segue le orme del padre.
I casi della vita, il peggiore che potesse capitare a noi.
Dedito alla stabilità di bilancio, un po’ meno ai doveri di uno statista verso il suo popolo, è riuscito a farsi raccomandare dai mercati persino per ricoprire la carica di presidente del Consiglio.
Da qui è un florilegio di performances d’accatto degne di qualsiasi tirapiedi degno di questo nome.
È così che riesce a fare danni ovunque egli metta le mani.
Vi raccontiamo la storia del personaggio ideale per la galleria dei traditori dell’Italia.
MARIO MONTI
Si auto-definisce economista perché nella sua carriera ha ricoperto, nell’ordine le seguenti cariche:
Commissario europeo per_il_mercato_interno_e_i_servizi
Commissario_europeo_per_la_concorrenza
Ministro_dell’economia_e_delle_finanze_della_Repubblica_Italiana
Presidente_del_Consiglio_dei_ministri_della_Repubblica_Italiana
Oltre a queste ha ricoperto numerosi incarichi pubblici e privati, inclusi ruoli nell’Aspen Institute e diversi all’interno di Goldman Sachs
Dalla sua defenestrazione da Palazzo Chigi diventa capo di una roba che si millanta partito politico. Si squaglierà nell’arco di pochi mesi, certificando il definitivo livello di apprezzamento che può vantare presso gli elettori.
Chi è e cosa fa Mario Monti
Il nome di Mario nasce dal più classico degli amletici dubbi che assale i suoi genitori i quali, eternamente indecisi, ogni anno fanno il gioco della bottiglia per scegliere la metà per le vacanze: mari o monti?
Nell’autunno del 2011 viene fatto senatore a vita da Re Giorgio Napolitano, pur di ficcarlo a Palazzo Chigi al posto di Silvio Berlusconi a guidare, nel ruolo di Mario-netta di Governo tecnico a guida tedesca.
Il suo primo provvedimento di rilievo è l’infausto decreto dal profetico nome, Salva Italia con il quale si affretta ad anticipare i tempi per l’inconvertibilità della Lira nell’Euro.
Il seguito è scritto nel libro di ricette europee donatogli dalla Troika come omaggio per il prestigioso incarico ricevuto.
Quando lo mostra agli amici, ne cancella il titolo e scarabocchia a mano sulla copertina un nuovo titolo, per farlo sembrare farina del suo sacco.
Lo intitola Agenda Monti.
Anziché far sì che gli italiani possano convertire le vecchie Lire nascoste in qualche cassetta di sicurezza o ereditate da parenti vicini e lontani fino al 2012, Mario Monti anticipa i tempi e chiude i cordoni della borsa.
La Cassazione sancisce che la norma è incostituzionale. La sentenza potrebbe costare allo Stato 1,3 miliardi di euro, l’equivalente delle lire non convertite incassate in anticipo Tre mesi prima.
Già da qui scopriamo che il suo unico scopo è di fare cassa in tutti i modi.
Le mosse del curatore fallimentare
spacciato per salvatore della patria
Ecco tutte le successive mosse come la riforma Fornero che prevede:
- Il passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo;
- l’aumento dell’età pensionistica: minimo 20 anni di contribuzione e 66 anni di età per donne del pubblico impiego e uomini (Pa e privati), 62 anni per donne del settore privato (poi 66 anni e 3 mesi nel 2018), 63 anni e 6 mesi per donne lavoratrici autonome (che diventeranno gradualmente 66 anni e 3 mesi nel 2018);
- abolisce la pensione di anzianità il che crea il problema degli esodati;
- l’adeguamento dell’aspettativa di vita non più triennale ma biennale, a partire dal 2019;
- allungamento dell’età pensionabile delle lavoratrici, per renderla nel tempo uguale a quella dei lavoratori
L’agenda Monti: ricette per l’austerity
Qui ecco elencati tutti i danni della austerity introdotta da Mario Monti.
Nemmeno con le sue ricette (copiate dal grande libro delle ricette europee) lo Stato è riuscito a contenere i costi previdenziali causando, in compenso, danni sociali al Paese.
Anzi, nel frattempo il debito pubblico continua a salire. Formidabile il suo risultato di fare aumentare il debito pubblico di 129 miliardi in appena 11 mesi da “salvatore della patria” fa fare un balzo simile a quelli che era riuscito solo ad Amato e a Berlusconi.
Per fortuna che, mentre taglia sul lavoro, salute pubblica e servizi ai cittadini, trova i soldi per saldare il conto della banca che gli pagava lo stipendio prima di entrare in politica.
Senza darne mai spiegazioni, il 3 gennaio 2012 fa bonificare due mirati e mezzo a Morgan Stanley.
Per le banche i soldi si trovano sempre e si trovano subito.
Un valore pari al 10% del Salva Italia sfuma così.
Toccherà alla Corte dei Conti intentare il recupero di quel danni. Verrà fermata da un “difetto di giurisdizione” che interromperà l’azione della Corte.
Solo con questo “giochetto” Mario Monti ha causato danni in solido per 4 miliardi, senza contare ovviamente gli incalcolabili danni sociali e all’economia.
Un Capitan Patacca contro lo spread
Durante il suo fulgido mandato si diffondono strane voci sul suo conto, come quella che grazie a lui lo spread dei BTP si era abbassato.
Nulla di più falso. All’insediamento come presidente del consiglio, lo spread cala per merito del primo quantitative leasing di Mario Draghi, che assorbe il colpo della crisi su tutti i Titoli del sud Europa.
Di lì a poco, nonostante super Monti, lo spread ricomincia a risalire ai livelli del suo arrivo.
Leggiamo dal libro di economia spiegata facile
Fortemente voluto alla guida del Paese da Re Giorgio Napolitano, il giaguaro con lo sguardo da rapace, secondo solo a quello di Romano Prodi, Mario Monti è fedele alla stabilità del bilancio, un po’ meno al popolo italiano.
Tra le sue migliori perle in tal senso, la difesa dell’intervento di Christine Lagarde che sputtana la Borsa di Milano (-17%) grazie alla famosa frase “Non siamo qui per “chiudere gli spread”. Ci sono altri strumenti e altri attori per gestire queste questioni“.
SEI STANCO DEI BUROCRATI
E DEI POLITICI SCARSI?
Mario Monti il comunicatore
Ma le sue migliori dichiarazioni, con ispirato senso comunicativo, sono altre.
La prima e forse più “importante” è: “Qual è il più grande successo dell’Euro? Ma la Grecia!“
FONTE:https://scenarieconomici.it/i-traditori-della-patria-atto-1-mario-monti/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Guerra ai cavi sottomarini: lì c’è il 97% delle informazioni
FONTE:https://www.libreidee.org/2020/02/guerra-ai-cavi-sottomarini-li-ce-il-97-delle-informazioni/
L’Occidente deve svegliarsi davanti alla duplicità della Cina
- In un articolo pubblicato dall’agenzia di stampa Xinhua, uno dei portavoce del Partito comunista cinese, Pechino ha minacciato di bloccare l’esportazione dei prodotti farmaceutici dopo che gli Stati Uniti sarebbero “precipitati nel potente mare del coronavirus…”. – Yanzhong Huang, senior fellow per la salute globale presso il Council on Foreign Relations, Twitter, 4 marzo 2020.
- “Dietro le sue dichiarazioni di solidarietà, la Cina intende acquistare le nostre aziende e infrastrutture in difficoltà.” – Bild, 19 marzo 2020.
- L’Italia, un Paese colpito duramente dalla pandemia di coronavirus della Cina, è ora al centro di una strategica campagna di propaganda cinese. Pechino ha inviato medici e forniture in Italia e in Europa. In Italia, si possono vedere manifesti con su scritto “Forza Cina!” La Cina sta cercando di comprare il nostro silenzio e la nostra complicità. Purtroppo, ciò è già in atto.
- La Cina non offre il suo aiuto per “solidarietà”. Il regime cinese sta cercando di rappresentare se stesso come il salvatore del mondo. All’inizio della pandemia, al governo di Pechino non importava nemmeno della vita della propria popolazione: era troppo occupato a censurare l’informazione.
La Cina sta conducendo una duplice guerra d’informazione: una all’estero e un’altra per i propri cittadini, entrambe guidate dalle autorità con in testa il presidente Xi Jinping. Evidentemente, considerano l’Occidente debole e sottomesso. E anche noi. (Foto di (Foto di Naohiko Hatta – Pool/Getty Images) |
Il Partito comunista cinese rappresenta la “principale minaccia della nostra epoca”, ha detto astutamente a gennaio il segretario di Stato americano Mike Pompeo. In quel momento, il coronavirus si era già diffuso in Cina e nel mondo; il tentativo del Partito comunista cinese di nascondere l’epidemia ha dimostrato che Pompeo aveva più che ragione. “La mia preoccupazione è che questo insabbiamento, questa disinformazione in cui è impegnato il Partito comunista cinese, stia ancora negando al mondo le informazioni di cui ha bisogno in modo che si possano prevenire ulteriori casi o qualcosa del genere”, ha aggiunto la scorsa settimana Pompeo.
Secondo uno studio dell’Università di Southampton, se la Cina avesse risposto all’epidemia tre settimane prima, i casi di coronavirus avrebbero potuto ridursi del 95 per cento. In quelle tre settimane, il governo di Pechino era troppo occupato a nascondere la verità. Secondo Steve Tsang, direttore del SOAS China Institute dell’Università di Londra, “è la dissimulazione messa in atto dal Partito comunista cinese nei primi due mesi ad aver creato le condizioni per una pandemia globale”.
I leader cinesi, tuttavia, sembravano ossessionati solo dalla sostenibilità del loro regime totalitario, e impazienti di mettere a tacere ogni critica, come hanno fatto in passato. Da gennaio, le prove del deliberato insabbiamento da parte della Cina del Covid-19 a Wuhan sono diventate una questione di dominio pubblico. Il governo cinese ha censurato e arrestato medici e informatori coraggiosi che hanno tentato di dare l’allarme. Uno degli imprenditori più ricchi della Cina, Jack Ma, ha di recente rivelato che Pechino ha nascosto almeno un terzo dei casi di coronavirus.
La Cina è stata in grado di diventare una superpotenza perché ha adottato pratiche economiche dall’Occidente. Nessun altro Paese ha mai conseguito un progresso sociale ed economico così rapido per un periodo di tempo così prolungato. Tuttavia, le speranze riposte dall’Occidente nel mercato cinese hanno altresì alimentato un pericoloso miraggio. Noi in Occidente pensavamo che una Cina modernizzata con un PIL in aumento si sarebbe anche democratizzata e avrebbe imparato a rispettare la trasparenza, il pluralismo e i diritti umani. Invece, il miraggio si è trasformato in un disastro mentre guardavamo la Cina diventare ancor più uno “Stato totalitario“.
La natura del regime cinese – il divieto di esercitare la libertà di stampa e di espressione; l’assoluto dominio del Partico comunista sugli attori sociali, religiosi ed economici; le minoranze perseguitate e imprigionate, la libertà di coscienza calpestata – sta contribuendo all’insorgenza di questo disastro sanitario. Il costo, in termini di vite umane e di PIL mondiale, è immenso.
La complicità del governo cinese nella pandemia offre ora un’opportunità all’Occidente per rivalutare i suoi legami con Pechino. Secondo Guy Sorman, un esperto franco-americano di Cina:
“Come utili idioti, non solo abbiamo aiutato il Partito Comunista Cinese a prosperare, ma, peggio ancora, abbiamo rinunciato ai nostri valori umanitari, democratici e spirituali nel farlo”.
“È tempo”, ha dichiarato l’editorialista americano, Marc A. Thiessen, “di immunizzare la nostra economia e la sicurezza nazionale dalla nostra dipendenza da un regime subdolo”.
La Cina sta conducendo una duplice guerra d’informazione: una all’estero e un’altra per i propri cittadini, entrambe guidate dalle autorità con in testa il presidente Xi Jinping. Evidentemente, considerano l’Occidente debole e sottomesso. E anche noi.
La Cina sembra credere di essere in ascesa mentre l’Occidente è in declino. “Ci troviamo in quello che i tedeschi chiamano Systemwettbewerb, una competizione di sistemi tra le democrazie liberali e il capitalismo della Cina, che sta proiettando sempre più la sua pretesa assoluta di potere oltre i suoi confini”, ha detto Thorsten Benner, co-fondatore e direttore del Global Public Policy Institute a Berlino. La guerra Fredda con la Russia era più chiara.
“Noi avevamo un antagonista ideologico e della sicurezza che non era un concorrente economico. C’era un muro cinese tra le economie dell’Occidente e dell’Unione Sovietica. Oggi, ci troviamo di fronte a un avversario che è un potente concorrente economico e implicato in maniera complessa nell’economia politica dell’Occidente. Allo stesso tempo, dipendiamo altresì dalla cooperazione con la Cina su questioni transnazionali come i cambiamenti climatici e le pandemie. Il sistema capitalistico autoritario cinese con le sue ambizioni egemoniche è di gran lunga la sfida strategica più difficile che l’Occidente ha dovuto affrontare sinora”.
Secondo lo storico Niall Ferguson, “oggi, la Cina rappresenta una sfida economica più grande di quella posta dalla Russia”. L’Unione Sovietica non potrebbe mai fare affidamento su un settore privato dinamico, come sta facendo la Cina. In alcuni mercati – come quello della tecnologia – la Cina è già in vantaggio rispetto agli Stati Uniti. E non solo questo: l’economia cinese, la seconda più grande al mondo, è più integrata con l’Occidente di quanto non sia mai stata l’economia sovietica. Il governo monopartitico e totalitario cinese consente maggiori libertà personali, almeno al momento, rispetto all’Unione Sovietica. L’epidemia di coronavirus è, in effetti, in parte una conseguenza della libertà di movimento di cui godono i cittadini cinesi.
La Cina è stata anche in grado di convincere gran parte dell’Occidente che non è un nemico. L’obiettivo di Pechino sembra essere quello di cercare di attirare l’Occidente – e il resto del mondo – nell’orbita economica e ideologica. La Cina ha aperto mercati in Occidente mentre ha offerto alla propria popolazione una sorta di patto col diavolo: rinunciate alle vostre idee e ai vostri principi e godrete di un miglioramento materiale e della sicurezza sociale. Intanto, la Cina è diventata un colosso industriale e tecnologico, un’impresa che l’Unione Sovietica poteva solo sognare.
Consideriamo, ad esempio, il settore farmaceutico. Secondo Yanzhong Huang, senior fellow per la salute globale presso il Council on Foreign Relations, le aziende cinesi forniscono agli Stati Uniti più del 90 per cento dei loro antibiotici, di vitamina C e di ibrufene, oltre al 70 per cento di paracetamolo e al 40-45 per cento di eparina. Gli Stati Uniti non sono mai stati dipendenti dall’Unione Sovietica per questo tipo di prodotti.
In un articolo pubblicato dall’agenzia di stampa Xinhua, uno dei portavoce del Partito comunista cinese, Pechino ha minacciato di bloccare l’esportazione dei prodotti farmaceutici dopo che gli Stati Uniti sarebbero “precipitati nel potente mare del coronavirus”. Il pezzo era in realtà titolato “Abbiate coraggio: il mondo deve un ringraziamento alla Cina”.
Il conduttore della Fox News, Tucker Carlson, aveva ragione a criticare alcuni membri dell’élite americana accusandoli di aver venduto il loro Paese agli interessi economici cinesi.
I leader cinesi sperano probabilmente che non si possa sfidare una potenza che sta vendendo la maggior parte dei farmaci vitali che consumiamo.
L’Italia, un Paese colpito duramente dalla pandemia di coronavirus della Cina, è ora al centro di una strategica campagna di propaganda cinese. Pechino ha inviato medici e forniture in Italia e in Europa. In Italia, si possono vedere manifesti con su scritto “Forza Cina!” La Cina sta cercando di comprare il nostro silenzio e la nostra complicità. Purtroppo, ciò è già in atto. A febbraio, mentre alcuni esponenti politici italiani (di destra) hanno esortato il primo ministro Giuseppe Conte a mettere in quarantena gli alunni del nord Italia di ritorno dalla vacanze in Cina, le massime autorità politiche italiane erano occupate a cercare di compiacere Pechino. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, e il ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, hanno presenziato a un concerto a Roma per “l’amicizia italo-cinese“. Il presidente cinese Xi Jinping li ha calorosamente ringraziati.
La Cina non offre il suo aiuto per “solidarietà”. Il regime cinese sta cercando di rappresentare se stesso come il salvatore del mondo. All’inizio della pandemia, al governo di Pechino non importava nemmeno della vita della propria popolazione: era troppo occupato a censurare l’informazione.
“Dietro le sue dichiarazioni di solidarietà, la Cina intende acquistare le nostre aziende e infrastrutture in difficoltà”, afferma Bild, il principale quotidiano tedesco. L’Italia è stato il primo Paese del G7 a firmare il programma di investimenti globali della Cina, un accordo che a giusto titolo ha destato preoccupazioni negli Stati Uniti. La Cina sembra essere pronta a continuare la propria espansione nell’economia e negli interessi strategici dell’Italia.
Il Partito comunista cinese sembra anche essere in guerra con la libera circolazione delle informazioni a livello internazionale. La recente espulsione di giornalisti americani ha rappresentato la più grave violazione alla libertà di informazione dopo la morte di Mao Zedong. Pechino ha inoltre cercato di addossare la colpa della pandemia agli Stati Uniti, accusando i militari americani presenti a Wuhan di essere all’origine dell’epidemia. Lijian Zhao, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha postato dichiarazioni in tal senso sui social media cinesi e su Twitter. La crisi del coronavirus è ormai un campo di battaglia per la propaganda cinese.
Il paradosso è che Global Times, un media del Partito comunista cinese, diffonde su Twitter una falsa propaganda anti-americana, che è vietata in Cina. Quanto a Twitter, ha bandito il sito web Zero Hedge per aver pubblicato un articolo che collega uno scienziato cinese alla pandemia di Covid-19. Purtroppo, Twitter ha anche stabilito che la Cina non viola le regole dei social media, diffondendo bugie contro gli Stati Uniti.
Già qualche anno fa, nel 2013, una direttiva segreta del Partito comunista cinese conosciuta sotto il nome di Documento n. 9 chiedeva il rifiuto di sette idee occidentali come “la democrazia costituzionale occidentale”, “i valori universali” dei diritti umani, e ancora, le nozioni di ispirazione occidentale per l’indipendenza dei media, la partecipazione civica, il “neoliberismo” favorevole a un mercato privo di regolamentazione e di autorità pubblica e le critiche “nichiliste” in merito al discutibile passato del Partito comunista. Tra gli obiettivi da combattere vi erano le “ambasciate occidentali, i consolati, le attività mediatiche e le organizzazioni non governative”. Huang Kunming, capo della propaganda del Partito comunista cinese, attacca “alcuni Paesi occidentali che utilizzano i loro vantaggi tecnologici e le posizioni mediatiche dominanti per spacciare i cosiddetti valori universali”. Il ministro cinese dell’Educazione; Yuan Guiren, ex presidente della Normal University di Pechino, ha aggiunto: “Non lasciate mai che nelle nostre classi appaiano libri di testo che promuovono i valori occidentali”.
In discorsi e documenti ufficiali, il presidente Xi parla di una lotta tra il “socialismo con caratteristiche cinesi” e le “forze occidentali ostili alla Cina”, con le loro idee “estremamente malevoli” di libertà, democrazia e diritti umani. L’Occidente sembra essere diventato un obiettivo. Secondo un nuovo studio dell’International Republican Institute:
“Il Partito comunista cinese (…) utilizza, nel settore economico e in quello dell’informazione, una serie di tattiche che minano le istituzioni democratiche e la prosperità futura di numerosi Paesi in via di sviluppo man mano che cresce la loro dipendenza dalla Cina”.
La Cina sa come usare i media occidentali per la propria propaganda. “Il Vaticano e le élite economiche occidentali”, ha scritto Michael Brendan Dougherty, “che hanno giocato un ruolo determinante nella vittoria dell’Occidente durante la guerra Fredda, sono stati costretti all’obbedienza dal Partito comunista cinese”. Il regime cinese è riuscito là dove il regime sovietico ha fallito. Nel dicembre scorso, una bambina di sei anni a Londra nel preparare i biglietti di auguri di Natale ha trovato all’interno di una di queste cartoline il seguente messaggio: “Siamo stranieri detenuti nella prigione cinese di Shanghai Qingpu, costretti a lavorare contro la nostra volontà. Aiutateci e informate le organizzazioni dei diritti umani”. Il capitalismo occidentale è diventato perfino complice della schiavitù cinese.
I marchi occidentali non sono gli unici a temere di “offendere” il Partito comunista. La cultura occidentale si sottopone con zelo all’auto-censura sulla Cina. “L’Occidente è talmente tollerante, passivo, accomodante e ingenuo nei confronti di Pechino”, ha dichiarato Liao Yiwu, uno scrittore cinese esiliato a Berlino.
“Gli occidentali guardano la Cina con occhi increduli, sono sedotti come un vecchio davanti a una ragazza. Tutti tremano di fronte agli onnipotenti cinesi. L’Europa mostra tutta la sua debolezza. Non si rende conto che l’offensiva cinese minaccia la sua libertà e i suoi valori”.
L’ambasciata della Cina nella Repubblica Ceca finanzia attualmente un corso di studi presso la Charles University, la più prestigiosa del Paese. Numerose università britanniche dipendono in gran parte dagli studenti cinesi; secondo stime prudenti, le loro tasse universitarie ammontano a circa 1,75 miliardi di dollari. L’Australia è ancora più dipendente dai suoi 200 mila studenti cinesi. Se essi tornassero in Cina o se le donazioni cinesi smettessero di affluire, tali atenei perderebbero circa 4 miliardi di dollari.
Le 1.500 filiali dell’Istituto Confucio che il regime cinese ha istituito in 140 Paesi offrono programmi linguistici e “culturali”. Tuttavia, secondo Matt Schrader, un analista esperto di Cina che lavora presso l’Alliance for Securing Democracy, questi istituti sono “strumenti di propaganda“. Lo scorso mese di ottobre, il Belgio ha espulso il direttore dell’Istituto Confucio di Brussels, Xinning Song, dopo che i servizi di sicurezza lo avevano accusato di spionaggio a favore di Pechino.
Nel 2013, quando l’Università di Sydney ha annullato una conferenza del Dalai Lama nel campus, molti hanno ravvisato in questa decisione dei legami esistenti tra l’università e gli interessi cinesi coinvolti negli sforzi compiuti per vanificare questo evento precedentemente approvato. Il Tibet, l’indipendenza di Taiwan o il dissidente premio Nobel per la Pace Liu Xiaobo sono argomenti tabù.
Secondo un articolo di Bloomberg, la Cina si sta inoltre infiltrando nella classe politica europea finanziando i partiti politici e invitando dei politici in Cina. Il presidente Xi, portando la sua battaglia ideologica all’estero, ha perfino donato una statua di Karl Marx, in occasione del 200mo anniversario della sua nascita, alla città tedesca di Treviri, luogo di nascita del teorico del materialismo storico e del comunismo.
Non sorprende affatto che Pechino abbia utilizzato le istituzioni multilaterali occidentali a proprio vantaggio. Come ha spiegato Michael Collins del Council on Foreign Relations, il regime cinese ha ampliato la sua presenza nell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “I contributi offerti dalla Cina all’OMS sono aumentati del 52 per cento dal 2014 per attestarsi intorno agli 86 milioni di dollari”, afferma Collins.
“Ciò è in gran parte dovuto a un incremento da parte della Cina dei contributi fissati che sono basati sulla crescita economica e sulla popolazione di un paese. Tuttavia, la Cina ha altresì aumentato leggermente i contributi volontari, facendoli passare da 8,7 milioni di dollari nel 2014 a circa 10,2 milioni di dollari nel 2019”.
Come l’ex Unione Sovietica, la Cina tenta di costruire un enorme apparato di controllo. Lo chiamano la “polizia di Internet“. Provate a immaginare la Stasi, la polizia segreta della ex Germania dell’Est, che utilizza i più avanzati sistemi di sorveglianza del mondo: questa è la Cina del 2020.
Le dittature comuniste finiscono sempre per seguire lo stesso copione. Lo scrittore sovietico Boris Pasternak era stato insignito del premio Nobel per Letteratura, ma il regime comunista gli ha impedito di riceverlo. In Cina, il critico letterario, scrittore, poeta e attivista per i diritti umani Liu Xiaobo non ha potuto partecipare alla cerimonia di assegnazione del premio Nobel per la Pace poiché è morto sotto sorveglianza in un ospedale cinese. L’Unione Sovietica aveva dei campi di lavoro forzato proprio come la Cina. Il dissidente cinese Harry Wu, condannato a 19 anni di prigione, ha paragonato i campi cinesi (laogai) ai gulag sovietici e ai campi di concentramento nazisti.
Nell’Unione Sovietica, scrittori, esponenti politici, generali e medici che vennero messi a tacere e giustiziati sotto Stalin, furono in seguito “riabilitati” dopo la sua morte. Il Partito comunista cinese ha appena “scagionato” il dottor Li Wenliang che aveva cercato di lanciare il primo avvertimento sull’epidemia. Li era stato accusato di aver “diffuso notizie false e turbato l’ordine sociale”, per poi essere costretto a ritrattare, e poco dopo, è deceduto a causa del Covid-19, all’età di 33 anni. È un vergognoso tentativo da parte delle autorità cinesi di ripulire la loro immagine.
In un editoriale pubblicato dal quotidiano spagnolo El Pais, il premio Nobel Mario Vargas Llosa ha scritto riguardo al coronavirus:
“Nessuno sembra accorgersi che nulla di tutto ciò sarebbe potuto accadere nel mondo se la Cina fosse stata un Paese libero e democratico e non la dittature che è”.
Vargas Losa ha poi paragonato la pandemia al disastro di Chernobyl nella Russia sovietica. Entrambe le dittature hanno censurato e messo a tacere le informazioni sulla catastrofe. In risposta, il regime di Pechino non solo ha definito “irresponsabile” lo scrittore peruviano, ma ha anche bandito i suoi libri dalle piattaforme cinesi di vendita on line. Vargas Llosa ha ammonito gli “sciocchi” occidentali a non credere nella Cina, cioè “il libero mercato con una dittatura politica” e che “ciò che è accaduto con il coronavirus dovrebbe aprire gli occhi al cieco”.
Ma se la catastrofe di Chernobyl ha portato in parte alla caduta dell’Unione Sovietica, il regime comunista cinese invece potrebbe uscirne rafforzato dalla crisi – soprattutto se, a causa della pandemia di coronavirus, il popolo americano a novembre non potrà sostenere il primo presidente che negli ultimi quarant’anni ha apertamente sfidato la Cina.
Il sogno occidentale di un “rinascimento della nazione cinese” si è trasformato in un incubo globalizzato. Centinaia di milioni di persone nel mondo sono in lockdown; migliaia sono morte; le economie dei Paesi occidentali sono paralizzate, e alcune sull’orlo del collasso. I negozi e le strade vuote sono all’ordine del giorno.
Questo potrebbe essere ciò che gli analisti chiamano “la fine dell’ordine liberale“. Oggi, i comunisti cinesi sono più capitalisti che marxisti, almeno a livello dello Stato. Il presidente Xi ha adottato il “leninismo di mercato” – mescolando un’economia gestita dallo Stato con una “forma terrificante di totalitarismo“. L’Occidente deve prendere coscienza della duplicità della Cina
Giulio Meotti, redattore culturale del quotidiano Il Foglio, è un giornalista e scrittore italiano.
FONTE:https://it.gatestoneinstitute.org/15829/cina-duplicita
Ursula von der Leyen chiede scusa all’Italia: l’UE ha sbagliato, ora siamo con voi
Le inattese scuse di Ursula von der Leyen che rassicura l’Italia: ora siamo con voi
Ursula von der Leyen si è scusata con l’Italia.
Le inattese dichiarazioni della donna, attuale Presidente della Commissione europea, sono state rese note nella mattinata odierna da La Repubblica e sono peraltro giunte come un fulmine a ciel sereno.
Negli ultimi giorni, infatti, il tema della solidarietà all’interno dell’UE ha dato vita a un profondo dibattito che ha trovato terreno fertile nell’ultimo Eurogruppo e nelle forti opposizioni della Germania e del Nord Europa alle proposte dell’Italia (tra cui gli eurobond). Ora però la von der Leyen si è scusata e ha confermato: adesso l’UE è al fianco del Belpaese.
Le scuse di Ursula von der Leyen all’Italia
Il Presidente della Commissione europea ha ammesso che, durante i primi giorni della crisi da coronavirus, molti Paesi dell’UE hanno pensato solo ed esclusivamente ai propri interessi, lasciando l’Italia a lottare da sola contro un nemico invisibile. Il mea culpa e le scuse della von der Leyen non si sono fatte attendere:
“Quello passato è stato un comportamento dannoso che poteva essere evitato, ma ora l’Europa ha cambiato passo.”
Nell’ultimo mese, ha continuato la donna, la Commissione UE non ha lasciato nulla di intentato per aiutare il Belpaese e continuerà a fare sempre di più. Ma come? Ad esempio tramite la proposta di destinazione dei soldi rimanenti nel bilancio annuale dell’Unione alla lotta contro il coronavirus.
“Aiuteremo agricoltori e pescatori, che ogni giorno danno da mangiare al nostro continente. Allo stesso tempo, la Banca europea di investimenti sta aiutando le imprese europee – in particolare le piccole e medie – a trovare i finanziamenti di cui hanno bisogno in questa situazione di emergenza. Questa crisi è una prova per l’Europa. E non possiamo permetterci di fallire.”
La von der Leyen ha inoltre confermato le indiscrezioni già circolate nella giornata di ieri grazie al Financial Times e ha dichiarato che l’UE metterà a disposizione fino a 100 miliardi di euro per i Paesi colpiti dal coronavirus.
FONTE:https://www.money.it/Ursula-von-der-Leyen-scuse-a-Italia-UE-ha-sbagliato
CULTURA
Lo Stato di Eccezione – spiegato breve
di Leo Essen – 23 MARZO 2020
Secondo la definizione, che risale a Bodin, la sovranità è il potere supremo, giuridicamente indipendente e non derivato. Questa definizione, dice Carl Schmitt (Teologia politica), impiega il superlativo «potere supremo» per indicare una grandezza reale, benché nella realtà dominata dalla legge di causalità non possa essere isolato nessun fattore singolo al quale un simile superlativo sia applicabile. Nella realtà politica, dice Schmitt, non esiste un potere supremo, cioè più grande di tutti.
Questa dimostrazione è stata prodotta da Spinoza. Secondo Spinoza (Hegel, Lezioni) il singolare è qualcosa di limitato. Il suo concetto dipende da altro, non esiste per se stesso come qualcosa di vero. Con riguardo a ciò che è determinato, ovvero a ciò che, come dice Schmitt, è una grandezza reale, una forza effettiva, Spinoza stabilisce che «omnis determinatio est negatio». Dunque, è sovrano, ovvero assoluto, solo ciò che non è determinato, singolare. Sovrano è solo ciò che è universale. Solo questo è sostanziale e dunque veramente reale [reale, nel senso dato a questa parola della scolastica]. Al contrario, una forza, un potere, un’istituzione, un’unità territoriale, una burocrazia, eccetera, sono qualcosa di limitato, poiché sono cose singole. Ciò per cui una cosa è singola è negazione. Negazione vuol dire che essa è, solo in quanto è in relazione con ciò che non è – per esempio un’altra forza, un altro Stato, un’altra istanza, un’altra giurisdizione, eccetera.
Se la sovranità non può essere qualcosa di effettivo, in quanto ogni potere effettivo non può essere un potere sovrano, allora, dice Schmitt, la conciliazione del potere supremo di fatto con il potere supremo di diritto costituisce il problema di fondo del concetto di sovranità.
La grandezza di Schmitt sta proprio nell’avere posto questo problema in maniera chiara e netta.
Il bersaglio di Schmitt è il neo-kantismo, rappresentato al suo tempo da Kelsen, il quale, dice Schmitt, fornisce la dimostrazione più approfondita del concetto di sovranità prodotta negli ultimi anni. Tuttavia, dice, questa dimostrazione cerca di risolvere il problema in modo molto semplice, ovvero introducendo una disgiunzione fra sociologia (realtà effettiva) e giurisprudenza (teoria), qualificando così, mediante un’alternativa semplicistica, qualcosa come puramente sociologico o puramente giuridico. Tutti gli elementi sociologici (realtà) vengono esclusi dal concetto giuridico (teoria) e in tal modo viene costruito, con incontaminata purezza, un sistema di riferimenti a norme e a una norma fondamentale finale e unitaria.
Non è difficile riconoscere in queste obiezioni mosse a Kelsen lo stesso atteggiamento di Hegel verso Kant, atteggiamento che porterà Hegel a elaborare il suo concetto di esperienza; come non è difficile vedervi assonanze con Marx, con ciò che dice della verità, o del diventar vero – per esempio nell’Introduzione del 57.
Kelsen si tiene in equilibrio nella partizione tra personale e impersonale, concreto e generale, individuale e generale, autorità e qualità, e, dice Schmitt, nella sua definizione filosofica, tra persona e idea. E considera ogni atteggiamento autoriale e di comando come la negazione della norma avente validità obiettiva.
Kelsen, dice Schmitt, giunge al risultato, per nulla convincente, che per la considerazione giuridica lo Stato debba essere qualcosa di puramente giuridico, qualcosa di valido sul piano normativo, e quindi non una realtà qualsiasi o qualcosa di pensato accanto o al di fuori dell’ordinamento giuridico stesso, bensì nient’altro che l’ordinamento giuridico stesso.
Insomma, dice Schmitt, allo stesso modo in cui Kant pone l’io trascendentale o puro, distinguendolo nettamente da ogni io empirico o psicologico, Kelsen pone la sovranità pura, distinguendola da ogni fatto o entità empirica e psicologia.
L’io puro, l’io trascendentale, non è, e non può essere, per le ragioni che ha riconosciuto lo stesso Schmitt, un fatto empirico. Di più, ogni esperienza è resa possibile proprio da questo io puro. La personalitas psychologica, dice Kant, presuppone la personalitas trascendentalis.
In questo quadro kantiano, la sovranità, ovvero la competenza più elevata, non pertiene ad una persona o, dice Schmitt, ad un complesso di potere psicologico-sociologico, bensì soltanto allo stesso ordinamento sovrano, nell’unità di un sistema di norme.
L’intero impianto giuridico di Kelsen è retto da una tautologia: la sovranità è la sovranità. Kelsen, dice Schmitt, risolve il problema del concetto di sovranità semplicemente negandolo. Ad essere sovrano non è lo Stato, ma il diritto. Non viviamo più sotto la signoria di persone, ma sotto la signoria di norme. In ciò, dice, si manifesta l’idea moderna di Stato. Lo Stato non è una struttura empirica con una forza e degli apparati che ne costituiscono i tentacoli; né tanto meno è una volontà effettiva dalla quale promana la norma. Semmai è vero il contrario. Da ciò, dice, discende il progressivo sviluppo del decentramento e dell’autonomia amministrativa. Lo Stato è la norma. Ovvero il manuale di istruzioni per produrre altre norme.
Anche se così fosse, rimarrebbe da giustificare l’origine di questo manuale d’uso.
Questo è il problema che Kelsen dà per scontato. L’argomento decisivo di Kelsen, ripetuto continuamente e sollevato contro ogni avversario, rimane sempre lo stesso, dice Schmitt: il fondamento, ovvero l’origine, per l’efficacia di una norma può essere solo una norma.
Ma anche se si supponesse che la Legge è già da sempre a disposizione – il che non è – rimarrebbe da dimostrare come si accede alla Legge.
In ogni caso, se si vuole derivare la norma dalla norma, e dare origine ad uno Stato partendo da questi presupposti, bisogna garantire, dice Schmitt, che questa origine sia pura.
La sfida che Schmitt lancia al kantismo è proprio questa. Dare la dimostrazione di un’origine pura della norma, senza relegare o ridurre l’elemento psicologico ed empirico ad un ché di solamente pensato (noumeno).
Ogni caso concreto, dice Schmitt, deve essere deciso in modo concreto, anche se come criterio di misura viene offerto soltanto un principio giuridico nella sua generalità astratta. Anche se noi avessimo la Legge già disponibile, e non ci interrogassimo sulla sua provenienza, dunque sulla sua legittimità, rimarrebbe sempre da dimostrare come possa e debba avvenire il passaggio dalla Legge generale la Caso concreto.
Ogni volta che questo passaggio si determina, dice Schmitt, si verifica una trasformazione. In ogni trasformazione è presente una auctoritatis interpositio. La Legge, da sola (ma non ha alcun senso dire la «Legge da sola», perché la Legge non è un questo o un quello o un qui), non può disporre nulla. Può disporre di un qualcosa o un qualcosa solo attraverso un braccio secolare.
Ricordiamo che qui è in gioco la fondazione della Sovranità, e che, come è stato detto all’inizio, non c’è speranza di fondare la Sovranità su un’autorità psicologica (sociologica), perché ogni realtà effettiva è dominata dalla legge di causalità, e dunque non può esservi isolato alcun fattore singolo che possa dirsi assoluto, ovvero slegato da un potere precedente che lo ha determinato. È evidente che una entità che ha in una causa la sua ragione di essere non può dirsi sovrana.
La sovranità deve essere assoluta, il suo inizio deve essere semplice. Non insisto su questo punto, e rimando alla Logica di Hegel. Come non insisto sulla relatività nella quale immette la contraddizione determinata, riassunta dal motto di Hegel «Cattivo infinito».
Insomma, dice Schmitt, non è possibile ricavare dalla semplice qualità giuridica di una massima una esatta determinazione di quale persona individuare o quale concreta istanza possa pretendere ad una autorità del genere. Questa è, dice, la difficoltà che si continua ad ignorare: il passaggio dalla norma al caso concreto, il salto dalla Legge alla storia.
Questo salto impossibile, è possibile. La decisione, ovvero l’eccezione, è il salto stesso, o la trasformazione della norma.
La forza giuridica della decisione, dice Schmitt, è qualcosa di diverso dal risultato del suo fondamento. Essa non si spiega con l’aiuto di una norma. Ogni concreta decisione giuridica, dice, contiene un momento di indifferenza contenutistica, poiché la conclusione giuridica non è deducibile fino in fondo dalle sue premesse, e la circostanza che una decisione è necessaria resta un momento determinante di per sé. Non si tratta della nascita causale e psicologica della decisione, bensì della determinazione del suo valore giuridico. In senso normativo, dice, la decisione è nata dal nulla.
La decisione contiene un momento di indifferenza rispetto al continuum storico. È svincolata dalla concatenazione delle cause e degli effetti, pur mantenendo un legame con la storia. Ha spezzato ogni legame con ogni entità psicologica e sociologica. È il prodotto di una sorta di io puro-empirico. Una vera eccezione – un miracolo – dice Schmitt.
Il tanto decantato stato di eccezione è questo: il miracolo di una decisione storica che spezza il continuum della storia; che non è fuori dalla storia e dal tempo, ma non ne subisce le condizioni.
Lo stato di eccezione, dice Schmitt, ha per la giurisprudenza un significato analogo al miracolo per la teologia.
Si possono riconoscere in questa idea di eccezione certe posizioni espresse da Benjamin in un testo del 1921 (Saggio sulla violenza), testo accolto con entusiasmo dal Schmitt, e lodato in alcune lettere private inviate all’autore.
La decisione assoluta, la decisione pura, non ragionata né discussa, dice Schmitt, non ha bisogna di legittimazione, e quindi sorge dal nulla. È in sostanza dittatura.
Ciò che qui Schmitt sta cercando di profilare è l’evento puro, il non atteso, il non previsto, il non calcolato, il non ragionato – l’arrivante per eccellenza, l’immigrato di cui non si sa nemmeno che è un immigrato. Il perturbante che non perturba, che non si annuncia; la creazione che non deriva da niente, che non ha legami con niente, che non si basa su niente. Il semplice. Ciò che Schmitt sta prefigurando è l’arrivo, in carne e ossa, dell’io trascendentale di Kant.
Come è mai possibile tutto ciò? Visto e considerato che ogni entità empirica è legata e concatenata con ciò che la precede e la segue. Ciò è possibile se si concepisce la Decisione come un atto di follia pura, un arbitrio totale, una follia molto più folle e romantica della follia raccontata da Foucault, per esempio – un’eccezione, insomma.
L’eccezione è ciò che dà fondo alla regola. E la regola è ciò entro cui si muovono i liberali, i quali, dice Schmitt, in ogni occasione politica, discutono e transigono, trattano, con una irresolutezza fondata sull’attesa. Scrivono sui giornali e blaterano all’infinito (cattivo infinito), in attesa (un’attesa disperata) che la partita si chiuda. Ma la partita non si chiude mai, nonostante l’impegno di tutti i burocrati e gli applicati del mondo, di tutti gli scienziati e i tecnici del mondo, e di tutto l’apparato scientifico-industriale impiegato al 100%. Tutti si affannano affinché l’inatteso arrivi. Ma non arriva niente. Più gli sforzi della scienza e gli affanni della burocrazia aumentano, più la decisione si fa attendere; più le analisi e le indagini scientifiche si intensificano più lo stato di eccezione, donde deriva la Legge, si sottrae. La decisione, se è tale, non solo è inattesa e imprevedibile, ma è totalmente contraria al ragionamento e alla scienza, i quali, con i loro metodi, pretendono di addomesticarla, ma senza riuscirci. Invece di affrettarne la venuta, la ritardano.
Dopo aver mostrato lo splendore e il rigore della dimostrazione di Schmitt, non c’è più tempo per mostrarne i limiti evidenti, limiti che condivide con la dottrina del Performativo di Austin.
FONTE:https://www.sinistrainrete.info/teoria/17256-leo-essen-lo-stato-di-eccezione-spiegato-breve.html
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Questo articolo è dedicato a una leggenda dei servizi segreti sovietici e russi: Aleksej Nikolaevič Botjan. Quest’uomo oggi ha 102 anni ed è colui che ebbe il merito di salvare la città polacca Cracovia, dalla distruzione organizzata dalle truppe tedesche.
Botjan è nato nel villaggio di Čertoviči in Bielorussia, a 78 km da Minsk, il 10 febbraio 1917. Dopo la guerra polacco-sovietica, il suo villaggio natale divenne territorio polacco.
Il 1 settembre 1939, il giorno dell’invasione tedesca della Polonia, Aleksej Nikolaevič Botjan era un ufficiale della divisione antiaerea dell’esercito polacco. Lo stesso giorno, sparando personalmente con una mitragliatrice antiaerea riuscì ad abbattere tre aerei Junkers nazisti. Questi tre aerei rappresentano i primi aerei tedeschi abbattuti nel corso di tutta la Seconda Guerra Mondiale.
Per moltissimi anni la sua vita è stata del tutto segreta. Solo dopo il 2000 una piccola parte della sua storia e delle sue attività è stata desecretata. Ma ancora oggi e forse per sempre, la stragrande maggioranza della sua vita e delle sue attività, rimarranno coperte dal segreto di Stato.
Quindi affidiamoci ai suoi racconti forniti solo dopo il 2000 previa autorizzazione delle autorità della Federazione Russa e alle poche informazioni presenti nei documenti desecretati. Botjan qualche anno fa ha raccontato: “Ho combattuto da solo per diversi mesi, poi finalmente le truppe sovietiche occuparono la nostra regione, impedendo ai nazisti di catturarla, e così fortunatamente divenni cittadino dell’Unione Sovietica. Smisi di combattere e fui assunto come insegnante delle scuole elementari, poi nel 1940 mi mandarono a Mosca per studiare. E poiché conoscevo già quattro lingue, il polacco, il bielorusso, il russo e il tedesco, mi fu offerto di entrare in una scuola agenti segreti destinati alle attività di ricognizione. Accettai e dopo la formazione, nel novembre del 1941, fui trasferito in prima linea come parte di un reparto speciale. Nella primavera del 1944, quando il fronte si stava spostando verso ovest, fu deciso di spostare numerosi distaccamenti partigiani e gruppi speciali nel territorio occupato della Polonia. Il mio gruppo ha attraversato il confine polacco. Mi chiamarono «partigiano Alësha». Il mio gruppo aveva il compito di garantire che l’offensiva dell’Armata Rossa avvenisse senza ostacoli. Quindi, anticipando il passaggio dei soldati dell’Armata Rossa, noi organizzavamo agguati contro i convogli militari tedeschi, facevamo saltare in aria i loro treni che trasportavano armi e soldati, effettuavamo rischiosissime operazioni di sabotaggio. Alla fine del 1944, catturammo l’ingegnere-cartografo Sigmund Ogarek, un polacco che prestava servizio nelle retrovie della Wehrmacht. Riuscimmo a far parlare Ogarek e ci fornì preziose informazioni su una quantità enorme di esplosivi nascosti nel Castello degli Jagelloni. Ci riferì che quell’enorme quantità di esplosivi sarebbe dovuta essere utilizzata per distruggere il centro storico di Cracovia, la diga Rozhnovskij e i ponti sul fiume Dunajec. Così decisi di intervenire. Analizzata la situazione e la dinamica di ciò che stava accadendo, mi finsi un patriota polacco che aveva il compito di stivare l’esplosivo nel castello e riuscii a posizionare una bomba a tempo per neutralizzare tutti quegli esplosivi. Feci esplodere il castello il 18 gennaio 1945, alle ore 05.20 del mattino. Pertanto, fu impedita la distruzione di Cracovia e il nostro esercito entrò in città potendo attraversare i ponti rimasti intatti“. La bellissima città di Cracovia è rimasta intatta e ogniqualvolta vi recate a visitarla, ricordatevi che avete l’opportunità di ammirare il suo fantastico centro storico grazie alla prodezza di Botjan.
Oggi, questa e altre operazioni condotte da Botjan sono incluse nei libri di testo per l’addestramento delle forze speciali.
Dai pochi documenti desecretati è stato possibile venire a conoscenza di un’altra operazione di sabotaggio realizzata da Botjan, anche questa memorabile: l’esplosione del quartier generale delle SS nella regione di Žytomyr, in Ucraina. Anche in questo caso Botjan riuscì ad introdursi nel quartier generale delle SS. Il risultato fu che più di 100 ufficiali delle SS che partecipavano a una riunione per fare il punto sulla lotta contro i partigiani locali, furono fatti saltare in aria dall’esplosione della dinamite piazzata da Botjan all’interno del quartier generale. Dopo espressa autorizzazione delle autorità della Federazione Russa, Botjan ha potuto raccontare alcuni elementi di questa operazione: “Per questa operazione mi avvalsi dell’aiuto di un uomo di nome Jakov Kaplyuk, un esperto di esplosivi che viveva lì. I tedeschi si fidavano di lui. Così ordinai a lui e sua moglie di introdurre clandestinamente esplosivi nell’edificio che ospitava il quartier generale delle SS. Furono necessarie alcune settimane. Feci introdurre 150 kg di dinamite suddivisa in tre posti diversi dell’edificio. Feci esplodere l’edificio la notte del 9 settembre 1943, durante una riunione alla quale parteciparono più di 100 ufficiali delle SS. Non si salvò nessuno“. Avendo interrotto l’operazione delle SS per contrastare le forze partigiane nella regione di Žytomyr, Botjan salvò migliaia di vite di cittadini civili.
Dopo la vittoria nella Grande Guerra Patriottica, Botjan continuò a lavorare nei servizi segreti sovietici. Anche in questo caso, le autorità della Federazione Russa hanno autorizzato Botjan a raccontare una piccola parte del suo operato: “Mi fu affidato un compito delicato. Mi fu cambiata l’identità. Mi fornirono dei documenti falsi. Dovevo fingermi un cittadino di origine ceca che dopo aver combattuto la guerra nell’Ucraina occidentale, veniva rimpatriato nella sua Cecoslovacchia. Lì, la mia missione consisteva nell’infiltrarmi nelle agenzie di intelligence occidentali, che avevano mostrato grande interesse per i giacimenti di uranio presenti in Cecoslovacchia. Sotto il mio nuovo nome «Leo Dvorak» arrivai nella cittadina di Aš. Lì studiai al college minerario e trovai lavoro in una miniera di uranio. Ad Aš incontrai una bellissima donna del posto di nome Elena Vinsel. Ci siamo innamorati e ci siamo sposati. Le non sapeva nulla della mia attività. Poco dopo riuscii ad infiltrarmi in un’agenzia dei servizi segreti occidentali che però non posso rivelare e iniziai a fornire informazioni alla sede del KGB”.
La sua carriera di agente segreto infiltrato terminò nel 1953. Botjan fu inaspettatamente convocato a Mosca. Partì di nascosto senza dire nulla alla propria famiglia. Il capo del nono dipartimento (intelligence e sabotaggio) del Ministero degli Interni dell’Unione Sovietica Sudoplatov fu represso, i suoi subordinati furono licenziati. Botjan ha raccontato: “Immediatamente, con l’aiuto di alcuni miei colleghi ho dovuto trasferire illegalmente dalla Cecoslovacchia a Mosca, sia mia moglie che mia figlia Irina. Mia moglie non capiva perché doveva lasciare la Cecoslovacchia così improvvisamente e immediatamente. Fu solo quel giorno che Elena scoprì chi ero veramente. Riuscii ad ottenere dei nuovi documenti per lei e così divenne cittadina sovietica con il nome Galina Vladimirovna Botjan. Io dovevo trovarmi un lavoro per vivere e ottenni un posto come capo cameriere in un grande ristorante di Mosca. Dopo un anno e mezzo, quando la situazione di scontro all’interno dei servizi segreti si placò, la direzione del KGB mi riassunse di nuovo in servizio. A questo punto mi fu consentito di avvisare la mia famiglia che iniziavo di nuovo ad operare come agente segreto infiltrato. Mia moglie fu convocata e dovette superare un addestramento speciale. Una volta superato l’addestramento di Galina, nel 1956 siamo tornati in Cecoslovacchia con nuove identità false e ripresi il mio lavoro infiltrandomi in una agenzia di intelligence straniera. Anche in questo caso non posso rivelare oltre, ma in quel periodo viaggiamo spesso in molti paesi stranieri“.
Questa parte di vita di Aleksej Nikolaevič Botjan è totalmente coperta dal segreto di Stato. Della sua vita e delle sue attività dal 1956 al 1985 non si sa nulla. Non si ha conoscenza di quali furono i paesi presso i quali si recò e quali operazioni fu incaricato di compiere.
Dai documenti desecretati si apprende che nel 1979 addestrò personalmente le forze speciali che presero d’assalto il palazzo di Amin a Kabul. A proposito di questa circostanza, l’unica dichiarazione autorizzata di Botjan è la seguente: “Ho chiesto più volte di inviarmi in missione in Afghanistan, ma la mia richiesta non è mai stata soddisfatta“. Successivamente è noto solo che Botjan e la sua famiglia fecero ritorno in Unione Sovietica nel 1985 e che nel 1989 è stato congedato e inviato in pensione.
I suoi meriti non furono immediatamente apprezzati. Aleksej Nikolaevič Botjan fu presentato due volte per ottenere il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica. Ma entrambe le volte invece è stato premiato con un’onorificenza di minor valore, quella dell’Ordine dello Stendardo Rosso; le autorità sovietiche vedevano di cattivo occhio il suo breve trascorso nell’esercito polacco prima che iniziasse la guerra. La giustizia ha trionfato solo il 10 maggio 2007 grazie al presidente Putin. Infatti con decreto del Presidente, il colonnello Botjan è stato insignito del titolo di Eroe della Federazione Russa. Consegnandogli la stella d’oro, il presidente Vladimir Putin ha dichiarato: “Una delle città più bella d’Europa, l’antica Cracovia è stata preservata per la Polonia e per l’intera cultura mondiale, grazie al tuo coraggio personale“.
Botjan ha risposto: “Signor Presidente, alcuni anni fa, quando le gambe ancora me lo permettevano, mi incontravo con i miei colleghi più giovani almeno una volta alla settimana. Giocavo con loro a pallavolo e a ping-pong. Amo ancora giocare a scacchi. Nel 1995 all’età di 78 anni durante un incontro con i soldati delle unità da sbarco abbiamo organizzato una gara di tiro con la pistola al poligono militare ho realizzato 29 punti sul massimo di 30 disponibili. Non ci sono ex ufficiali dell’intelligence e Lei certamente mi può capire!“.
Fonti
Bizzi: guerra segreta (mondiale) contro la Cabala del Covid
Le massonerie nazionali sono spaventate, assoggettate alle restrizioni liberticide dei governi che in realtà eseguono decisioni prese dell’alto: entità paramassoniche, Bilderberg, Trilaterale – e altre, di cui si parla meno. Al di sopra di queste, c’è la galassia delle superlogge (di cui parla Gioele Magaldi, e che forse di massonico hanno ormai soltanto il nome: molti sono contro-iniziati che si contendono il potere, alternandosi al comando). Al di sopra di queste, poi, ce ne sono altre ancora. Ci sono organizzazioni che finora hanno sostenuto i piani del cosiddetto nuovo ordine mondiale, finalizzato all’accentramento del potere e delle risorse, alla spoliazione dei popoli, a concentrare tutto nelle mani dei soliti noti. Marco Della Luna lo ha spiegato bene in “Oligarchia per popoli superflui”, di cui sono l’editore, uscito due anni fa. Ha anticipato tutto quello che sta accadendo oggi. Adesso però c’è un bivio. A quanto pare, il problema è stato scatenato da una certa fazione. Una fazione che vuole mantenere il potere economico, la schiavitù monetaria, il controllo della finanza. Una fazione che è legata all’industria farmaceutica, a sua volta legata ad altri grandi complessi industriali, non ultimo quello degli armamenti.
E’ una fazione che molto probabilmente ha scatenato questo problema: il virus è stato creato in laboratorio (nemmeno i bambini credono più alla vulgata mainstream del virus naturale). E’ un’arma batteriologica a medio-bassa intensità, con durata probabilmente di sei mesi. La fazione che ha scatenato il virus voleva accelerare il processo di Nwo, la logica del controllo, del microchip obbligatorio per tutti, della restrizione definitiva di ogni libertà democratica. Ma lo scatenarsi di questo pandemonio ha provocato, inevitabilmente, una reazione opposta. Ci sono fazioni che sono contrarie alla logica della schiavitù monetaria – la logica dei Rothschild, dei Rockefeller (chiamiamola “mafia khazariana”, chiamiamola Cabala o Cupola: i nomi non contano). E queste fazioni antagoniste, a quante pare, sono passate violentemente al contrattacco.
In questi giorni seguo con interesse certi network americani, Q-Anon e non solo (Q-Anon lo seguo da almeno tre anni, e le sue notizie le prendo con le molle, con le dovute cautele, in attesa di verificare i fatti). In qualche caso mi è anche capitato di anticiparli: il 15 dicembre scorso, sulla mia pagina Facebook, prevedevo la caduta, l’esautorazione della casa reale britannica entro la fine di marzo. Prevedevo anche la caduta di Macron – e qui ci siamo: Macron ha le ore contate, è stato ormai messo nel mirino. La sua ex ministra della sanità ora lo accusa di aver colpevolmente ignorato il suo allarme sul virus, risalente a gennaio. Parliamoci chiaro: a gennaio tutti conoscevano il problema. Sono emerse prove che il governo italiano abbia avuto informazioni precise, dall’intelligence americana, già a dicembre, quando negli Usa si verificavano i primi casi di coronavirus.
I numeri del virus sono molto diversi da quelli ufficiali: non ci si può fidare, della Cina. La compagnia telefonica cinese che gestisce i cellulari ha ammesso che, da dicembre a oggi, ci sono 21 milioni di utenze non più attive. E questo dato deve far pensare. Come può esser stato circoscritto alla sola Wuhan, il problema? Il virus è stato contenuto, certo, ma in Cina la situazione è stata sicuramente più pesante, rispetto a come viene raccontata. Poi è arrivato negli Usa? E’ arrivato prima in Germania o in Italia? Si possono fare tutte le congetture del mondo. Ma ciò che conta è che l’esercitazione Nato, dapprima ridimensionata, ha cambiato nome: adesso si chiama “Protezione dell’Europa”. Sta dispiegando un enorme quantitativo di uomini e mezzi – mentre, simultaneamente, molti personaggi celebri sono in quarantena.
S’è iniziato con Justin Trudeau in Canada, in quarantena insieme alla moglie. Poi Alberto di Monaco: non dimentichiamoci che il Principato di Monaco è tra le principali “lavanderie” di riciclaggio del denaro sporco, a livello mondiale, insieme a pochi altri paradisi fiscali. Il Dalai Lama è in quarantena preventiva. Angela Merkel, anche lei risultata positiva al virus, è sembrata sparire, per alcuni giorni. E due aerei di Stato tedeschi, tra cui quello ufficiale della Cancelliera, sono stati visti atterrare all’aeroporto di Las Vegas, già chiuso al traffico ordinario. E’ stata esautorata? Secondo Maurizio Blondet, sarebbe stata esautorata di fatto, in base al trattato Usa-Germania del 1945. Fino al 2099, la Germania non può decidere autonomamente, in politica estera e in politica economica. Alla Germania era stato dato il guinzaglio largo, ma ora a quanto pare il guinzaglio si è stretto. C’è un video, che prova la presenza degli aerei tedeschi a Las Vegas la scorsa settimana. E sappiamo che questi video sono sempre diffusi da servizi segreti, a loro volta divisi in fazioni. La Merkel poteva benissimo volare negli Usa in modo anonimo e discreto, non certo su un volo di Stato. Chi ha diffuso quel video, nell’ambito dell’intelligence Usa, voleva lanciare un segnale chiaro: guardate dove va, la fautrice del rigore finanziario.
Vero obiettivo: abbattere l’Unione Europea? Fanno bene, se stanno abbattendo il sistema che ci ha distrutti, negli ultimi vent’anni. Voglio sperare che sia così. Non dico che stiano vincendo “i buoni”. Dico che, secondo me, stanno prevalendo “i meno peggio”: è con loro, probabilmente, che avremo a che fare. Cambieranno gli scenari economici. La Germania, che era la principale fautrice del rigore, dopo l’annuncio secondo cui la Merkel era in quarantena ha emesso 550 miliardi di euro, creati dal nulla, e solo come prima tranche. A mio parere, si sta andando verso uno scardinamento violento, e imposto dall’alto – non dagli americani come tali, ma dalla fazione di Trump, da una guerra interna contro il Deep State – e secondo me vedremo molti scenari cambiare: vedremo sparire molti capi di Stato e di governo.
Quanto ai britannici, non scordiamoci che non è in quarantena solo il principe Carlo. Secondo fonti di stampa, tra cui la versione online del “Fatto Quotidiano”, è morto il principe consorte Filippo di Edimburgo. All’ambasciata britannica a Roma c’è stato un gran trambusto, con un continuo viavai di politici anche italiani. I nostri telegiornali non ne hanno fatto il minimo accenno? Non stupisce: sono arrivati addirittura a delegittimare il “Tg Leonardo”, che è il fiore all’occhiello dell’informazione scientifica (il servizio il cui mostrava il laboratorio cinese che ingegnerizza i coronavirus). Ma la cosa più interessante è che è in quarantena anche il duca di Kent, cugino della regina e 37esimo pretendente al trono, gran maestro della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, che controlla il 60-70% delle massonerie nazionali mondiali. Vuol dire che è in corso una svolta epocale: stanno abbattendo i vecchi schemi anche in certi ambiti, fino a ieri intoccabili.
Mi auguro che le notizie che leggo siano vere. Moltissime star di Hollywood stanno registrando filmati in cui hanno il volto terrorizzato, e in cui compaiono ovunque orecchie di coniglio (a richiamare la Tana del Bianconiglio di “Alice nel paese delle meraviglie”). Sono segnali in codice: richieste di aiuto. Sono segnali di disperazione, mascherati da video strani. Oprah Winfrey, la grande giornalista americana, obamiana e vicina ai Clinton, vera e propria autorità mediatica nazionale, è in quarantena – ma coi marines che circondano e presidiano la sua villa. Tante cose non tornano. Ma intanto lanciano segnali, come a dire: guardate. L’Italia è piena di autocarri russi e militari russi: va bene che la situazione è eccezionale, ma siamo pur sempre un paese della Nato. E’ evidente che ci sono accordi precisi. Stanno cambiando gli scenari a livello globale, secondo me. Ed è molto probabile anche un cambio di governo in Italia.
(Nicola Bizzi, dichiarazioni rilasciate il 25 marzo 2020 alla trasmissione web-radio “Forme d’Onda”, condotta da Stefania Nicoletti. Editore, titolare della casa editrice Aurora Boreale, Bizzi è uno storico indipendente: è autore di lavori recenti, come lo studio dedicato a Ipazia di Alessandria. Assai rilevante il volume “Da Eleusi a Firenze”, in cui Bizzi ricostruisce l’ascendenza della “comunità misterica eleusina” dietro le quinte della storia, per esempio nella fioritura politico-culturale del Rinascimento italiano).
FONTE:https://www.libreidee.org/2020/04/bizzi-guerra-segreta-mondiale-contro-la-cabala-del-covid/
INPS hackerato: cosa è successo davvero?
Matteo Novelli – 2 Aprile 2020
INPS hackerato o errore di sistema? Facciamo chiarezza e ripercorriamo insieme quanto accaduto ieri a seguito della fuga dei dati personali dei cittadini. Cosa è successo davvero?
Nella giornata di ieri l’INPS avrebbe subito un grave attacco informatico causato, secondo quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, da alcuni attacchi hacker. L’INPS è stato davvero hackerato? Le dichiarazioni ufficiali parlano di multipli attacchi ai danni della piattaforma, ma una serie di indizi lasciano lo spazio ad alcuni dubbi.
Si tratta ovviamente di ipotesi: i dati ufficiali ci dicono che nella giornata del 1 aprile il sito dell’INPS ha riscontrato diversi malfunzionamenti e problemi di accesso che hanno portato a una grave violazione dei dati personali dei cittadini, con singoli profili privati apparsi in automatico e senza alcun tipo login o controllo.
Un gravissimo data breach, etichettato in modo fin troppo vago: ecco cosa sappiamo.
INPS, cosa è successo davvero: attacco hacker o errore di sistema?
Partiamo dalle dichiarazioni di Pasquale Tridico, presidente dell’INPS (successivamente riprese poi da Conte in un dibattito in aula con Salvini): i malfunzionamenti del portale ufficiale, nella giornata record in cui prendevano il via le domande del fatidico bonus da 600 euro per i titolari di partita IVA, sarebbero dovuti a un attacco informatico.
L’ipotesi hacker non convince molto, a essere onesti: i dati di fatto riportano infatti una sola versione dell’accaduto, che sarà soggetta ai dovuti accertamenti come dichiarato dal Garante della privacy Antonello Soro:
“Abbiamo immediatamente contattato l’INPS dopo l’accaduto, avvieremo i primi accertamenti utili a constatare e verificare se possa essersi trattato di un problema strettamente legato alla progettazione del sistema o se si tratta di una problematica dalla portata più ampia”.
Il sito è stato poi successivamente chiuso per risolvere la falla ma alcuni dettagli lasciano aperta la porta ad alcuni dubbi circa l’ufficialità dei problemi riscontrati.
INPS hackerato o malfunzionamento involontario?
Le dichiarazioni di Tridico che etichettano l’episodio a un banale attacco hacker non convincono pienamente, ma sono da considerarsi vere fino a prova contraria.
Prima di tutto, la natura stessa dell’attacco hacker: solitamente i pirati informatici, esperti nel furto dei dati sensibili e nella manomissione di misure di sicurezza sistematiche, non lasciano alcun tipo di traccia del loro passaggio (andrebbe contro i propri interessi) e oltretutto non lasciano che il proprio bottino rimanga di dominio pubblico (in questo caso, i dati personali a cui tutti gli utenti del sito dell’INPS hanno avuto accesso in modo causale e del tutto involontario).
C’è una sola singola alternativa che fa eccezione in questo caso, ed è la rivendicazione dell’attacco hacker.
Per il momento non c’è stata alcun richiamo da parte dei principali gruppi del settore, non è detto che non possa accadere ma il fattore che smonta la tesi dell’attacco hacker è proprio una smentita d’eccezione.
INPS hackerato, parla Anonymous: non centriamo nulla, il malfunzionamento è vostro
Decisamente sopra le righe le dichiarazioni di Anonymous, che smentisce categoricamente di essere dietro l’attacco al portale dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale:
“Caro Inps, vorremmo prenderci il merito di aver buttato giù il vostro sito web, ma la verità è che siete talmente incapaci che avete fatto tutto da soli, togliendoci il divertimento”.
FONTE:https://www.money.it/INPS-hackerato-cosa-e-successo-davvero
Coronavirus e infantilizzazione delle masse
di Salvatore Bravo – 1 APRILE 2020
L’infantilizzazione delle masse
L’infantilizzazione dei popoli, ormai plebi addomesticate, è palese. La gestione dell’epidemia coronavirus ha reso evidente l’azione dei poteri negli ultimi decenni: i popoli-plebi dapprima sono stati trasformati in consumatori anglofoni, ed ora a masse bambine a cui bisogna ripetere ossessivamente di “lavarsi le mani”, “leggere un libro”, “riscoprire gli affetti famigliari”, non devono mancare i momenti ludici, con i bambini si usa il bastone e la carota è risaputo, per organizzare dall’alto attimi di sospensione dell’attenzione e della pressione mediante canti corali sui balconi, esposizione di arcobaleni e del tricolore. Il potere deve presentarsi come il grande padre che deve gestire le masse ossificate nell’infanzia, sono ripetute a tamburo battente le prescrizioni e le sanzioni, in modo che il timore paralizzi il pensiero. Si assiste, ancora una volta, ad una regressione dei popoli ad uno stadio di dipendenza dai poteri e dai leader, i quali si rappresentano come padri severi che devono redarguire le folle con i loro discoli comportamenti, il tutto avviene in modo naturale, senza frizioni, senza dialettica.
L’infantilizzazione delle masse è l’effetto di decenni di passività, di rincorsa ad un edonismo, il cui fine era ridurre l’essere umano a sole funzioni consumanti e a narcisismo regressivo. Se le masse accettano gli ordini, si dispongono secondo le geometrie ed i desideri del potere ciò avviene, non per senso civico, ma per l’abitudine all’obbedienza, alla passività che ha privato i popoli di immaginazione e della capacità di porre domande. La parola ed il logos sono stati sostituiti dall’immagine e dall’inglese commerciale.
Bambini senza domande
La definizione “infantilizzazione delle masse”, non presuppone un pregiudizio, un giudizio negativo verso l’infanzia, anzi, i bambini solitamente sono curiosi, pongono domande, guardano il mondo con un’attenzione che sfugge all’adulto. I bimbi irritano l’adulto con le loro osservazioni. Nulla di tutto questo, il potere ha sollecitato la fuga dalle responsabilità, dai contenuti, dalle domande, ha favorito gli elementi regressivi, viziando il suddito, illudendolo che poteva fare tutto ed aveva il diritto ad ascoltare i propri desideri senza mediarli con alcuna attività cognitiva. Il modello del liberismo è stato il desiderio senza limiti, d’altronde “senza limiti” e “senza regole” sono stati gli slogan spesso utilizzati per invitare al consumo. I genitori hanno imitato i propri figli, i professori gli alunni, i vecchi i giovani. L’infantilizzazione è consistita in una fuga generalizzata da se stessi, in un’anarchia edonistica che ha travolto le istituzioni ed ha favorito i processi di privatizzazione dei servizi essenziali della vita dei cittadini, e specialmente dei più deboli. Le voci dissenzienti non sono mancate, ma sono state ridicolizzate, definite “gufi”; il concetto, il pensiero dovevano scomparire dall’orizzonte dei popoli per favorire il vitalismo consumistico, in cui tutti erano posti e disposti sul piano delle sole pulsioni.
Disprezzo dei popoli
Il disprezzo verso i popoli nella condizione attuale, nell’emergenza epidemiologica che stiamo vivendo si esprime con la ripetizione degli ordini e con le indicazioni continue sui comportamenti da assumere amplificati dai media; ovunque vi sono voci metalliche o suadenti che ripetono gli stessi messaggi. I popoli sono incapaci di tutto, sono privi di responsabilità “per natura” per cui una miriade di capi e capetti provvedono a cacciare dai parchi gli infanti e ogni assembramento sospetto. I capetti nelle strade divengono patetici padri che, dopo aver umiliato il senso sociale con un individualismo senza freno, ora, pretendono una nuova obbedienza. L’apparire del potere per le strade ha anche il fine di guadagnarsi un facile consenso, nulla è fatto in modo disinteressato, ma tutto è calcolato, misurato ai fini della propaganda che deve esaltare il grande padre che salva il popolo bambino da se stesso. In questi giorni di “eccezione” dal popolo bambino si esige una nuova trasformazione: dev’essere solidale… Gli appelli alla solidarietà si susseguono, fino ad invitare un singolo per condominio ad uscire (come in Cina) per effettuare la spesa per tutti. Il ridicolo è segnato dalla tracotanza del potere che vuole cambiare comportamenti ed abitudini secondo necessità immediate ed in modo smart, considerando i popoli una “macchina”, in cui il potere introduce l’algoritmo a seconda dei casi. Va scena la verità del potere: il nichilismo. Se le abitudini possono essere dettate dall’alto, se la plebe è concepita e rappresentata come fango pronta a prendere la forma che le circostanze esigono, ciò avviene poiché si ritiene che non vi sia una natura umana. I mezzi a disposizione permettono di dare forma all’informe, ma il pensiero che per decenni è stato negato riemerge, la natura umana non può essere negata, la gente in fila, nel silenzio metafisico delle città, comincia a porsi domande, ci si rende gradualmente conto che il numero esorbitante dei morti, forse è dovuto ai tagli lineari indiscriminati ai diritti sociali, che mancano i posti letto non per un sortilegio malefico, ma per le politiche liberiste. Mancano i medici per il ricambio generazionale che non vi è stato a causa delle politiche di risparmio sulle pensioni e quindi siamo costretti a chiederli alla Cina, a Cuba ecc. Le scuole sono chiuse, perché luogo di infezione, in quanto a causa dei tagli le classi in media sono di trenta alunni, ammassati l’un sull’altro, per cui probabilmente rimarranno chiuse molto a lungo, dato che non sono garantite le condizioni spaziali per la sicurezza. Non vi sono mascherine, perché si è scelto di trasformare la nazione in un paese di consumatori e non di produttori. Sullo sfondo c’è l’unità europea, l’Europa dell’euro, che ha sostituito la parola comunità con la parola unione. La comunità è la pluralità democratica, l’unione è il collettivismo della finanza e dei finanzieri che giocano con i popoli come si fa con i titoli in borsa.
Olocausto silenzioso
L’Italia sta vivendo come la Grecia il suo olocausto silenzioso per effetto del dominio dell’economia sulla vita, della scelta deliberata di favorire taluni contro i popoli. L’osanna allo stato minimo non favorisce la riconversione della produzione in condizione di necessità estrema. L’osceno ha mille forme, si esige che si resti a casa, che non si esca, ma dopo decenni di atomismo sociale, le famiglie sono spesso al singolare, i vecchi vivonomsoli, l’appello è quindi assurdo, perché mostra che il potere non conosce ciò che ha prodotto, o peggio la sua violenza si spinge al punto da esigere l’impossibile fino a ignorare le condizioni materiali di vita dei governati. Il silenzio di questi giorni per le strade liberate dal traffico, nelle file per reperire il necessario per sopravvivere sta favorendo l’emergere delle domande. La tragedia che stiamo vivendo ci sta ponendo innanzi il volto meduseo della verità, se non distogliamo lo sguardo, forse, è ancora possibile deviare il percorso che ci sta conducendo verso l’abisso, ma affinché ciò sia possibile dobbiamo tenerci strette le domande e le parole con i loro significati per un nuovo inizio. Vi sono le condizioni materiali e storiche per la prassi storica, perché ciò avvenga dobbiamo mettere in atto la scuola del sospetto, porre in parentesi le parole che quotidianamente ci vengono ripetute, e specialmente rifiutare un’informazione ridotta a cronaca pruriginosa che si limita ad elencare il numero dei morti, o a identificare l’untore. E’ necessario capire le cause profonde di ciò che stiamo vivendo, le domande che si stanno sollevando esigono la disciplina della risposta senza la quale ogni nuovo “incipit” è inutile.
FONTE:https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/17339-salvatore-bravo-coronavirus-e-infantilizzazione-delle-masse.html
ECONOMIA
Covid-19, settimane storiche per il nostro futuro – I Parte
I risvolti del ciclone Covid-19 per l’Europa e l’Italia – Parte prima: lo scenario di fondo
Ecco chi ha in mano il nostro destino …….Non intendo scrivere qui del Covid-19 in senso generale*, ma desidero concentrarmi sulle fonti di finanziamento degli interventi necessari per fronteggiare le sue inevitabili e violente conseguenze sociali, economiche e finanziarie.
Diciamo subito che il “che fare” dipenderà in prima battuta dal grado di trasgressione che la Germania consentirà delle regole della Unione (sic!) €uropea di prevalente marca ….. tedesca. L’impresa è ardua e infatti il tentativo di settimana scorsa di definire una linea comune si è concluso con il fallimento del Consiglio europeo. Siamo quindi tutti in attesa della sentenza di frau Mekel & C. prevista per settimana prossima. Nel frattempo, per stare dalla parte del sicuro, il governo di Berlino ha già adottato suoi interventi di carattere straordinario, grazie alle sua abbondanti risorse, accumulate anche grazie a 20 anni di €uroZona.
Ma nelle ultime settimane anche altri paesi “guida” del mondo (USA, Regno Unito, altri) hanno varato manovre di una portata quantitativa e qualitativa che definire storiche non è esagerato. Prima di arrivare alle faccende di casa nostra ritengo opportuno vedere velocemente di quali manovre si tratta, perché potrebbero diventare un modello di riferimento. Per chi? Probabilmente non per la Germania che in 20 anni di Euro ha messo molto, ma MOLTO, fieno in cascina e quindi, temo neanche per l’€urozona nel suo complesso.
E allora per chi? Per i paesi/governi europei che a fronte di una più che probabile risposta asfittica della Germania volessero decidere di rompere l’assedio della Austerità teutonica (tema della II parte di questo articolo).
E allora passiamo a schizzare preliminarmente a) lo scenario socio-economico mondiale che si sta delineando e b) l’entità e le tipologie delle mosse di politica economica e finanziaria già varate da chi sta reagendo velocemente e con strategie nuove.
LO SCENARIO PROSSIMO FUTURO.
La parziale ma pur sempre vasta paralisi dei principali paesi dell’emisfero nord della terra coinvolge ormai oltre 3 miliardi di persone e sta creando una crisi sociale, economica e finanziaria che, qualora il blocco dovesse anche solo perdurare fino a fine aprile, non avrà precedenti nella storia moderna.
Per dare qualche numero: A) il calo del Pil mondiale, dopo un “deludente aumento” del 2,3% nel 2019, potrebbe arrivare ad avere 2 cifre (nel 2009 fu di -2%) B) i debiti privati di famiglie e imprese non finanziarie (oggi intorno al 150% del Pil mondiale) si ridurranno, nel senso che …….. ci sarà una lunga catena di fallimenti di imprese e una impennata della disoccupazione C) i debiti pubblici (oggi 85% del Pil mondiale) vedranno un forte e generalizzato aumento, direttamente proprozionale alla durata del blocco. Per noi potrebbe anche superare il 160%, per Francia (oggi 100) e USA (oggi 105) potrebbe salire al 120% o oltre, persino la Germania potrebbe salire dall’attuale 60 a un 70-75, non parliamo del Giappone che parte già da un 320%, che regge meglio del nostro perché laBank of Japan fa l’interesse del suo paese D) la disoccupazione nel mondo oggi tra il 4 e il 5% sarà abbondantemente a 2 cifre (nel 2010 nelle economie avanzate raggiunse l’8,3%). Mi fermo qui e spero di essere smentito quanto prima, questione di qualche mese.
Di fronte a questo scenario i governi che nell’interesse dei propri paesi vorranno veramente contenere le conseguenze del blocco economico e far ripartire al più presto il lavoro e i redditi dei loro cittadini, dovranno investire risorse straordinarie per la loro entità, ma ancor di più per la canalizzazione e la destinazione dei necessari finanziamenti. E come accennato all’inizio alcuni tra i più importanti paesi occidentali si sono già mossi.
LE MANOVRE DI EMERGENZA VARATE.
Anche qui qualche dato per capire la portata degli interventi già in fase di decollo.
Negli Stati Uniti è partita una manovra di 2.200 miliardi di dollari, equivalente a circa il 11% del Pil, la Germania, il Regno Unito, il Giappone e altri paesi hanno lanciato manovre analoghe anche se non della stessa portata (leggi qui e vedi grafico sotto) E questo potrebbe essere solo il primo tempo, tutto dipende dalla durata del blocco socio-economico. L’Europa, Germania a parte, è in stallo – guardate nel grafico Spagna, Francia e Italia – ne parleremo a fondo nella seconda parte. Anche la Cina ha già preso le sue contromisure, ma una crescita 2020 pari a + 2,9% (Bloomberg Finanza) di è la più bassa dal 1976.
NOTA al grafico – Il deficit pubblico dei vari stati aumenterà di quasi tutta la parte marrone dell’istogramma e di una quota minoritaria di quella rosa.
Quanto alla cruciale tipologia di finanziamento e di destinazione, siamo di fronte ad una novità storica assoluta: una quota importante dei miliardi di dollari creati da un computer della FED e della BOE fluiranno – dopo un passaggio intermedio presso enti governativi – nei conti correnti di famiglie e imprese!
Si concretizza così la vecchia (1969) provocazione dei “soldi dall’elicottero” di Milton Friedman, una mossa che solo (le Banche Centrali) gli IdE possono porre in essere. La Germania consentirà alla BCE di generare “helicopter money”? Lascio in sospeso la mia risposta.
Naturalmente oltre a questo “miracoloso” intervento, gli IdE (inclusa BCE in questo caso) stanno 1) alimentando la liquidità/sopravvivenza del sistema bancario e finanziario 2) sostenendo i titoli di debito pubblico acquistandoli nel mercato secondario. Anche in questo caso con nuova Moneta digitale
Tradotto in termini politici, nei paesi citati (aggiungo Hong Kong, che è stato il primo, Macao, Singapore) gli IdE si apprestano ad affiancare i Governi per consentire loro di realizzare un intervento pubblico straordinario di salvataggio (fallimenti e disoccupazione di massa)
Non c’è settore della vita pubblica che non benefici della Moneta creata dagli IdE: lo Stato, le imprese, le banche, le famiglie.
Tutto bello e semplice? Niente affato, se la creazione di Moneta è gestita male (per incompetenza o volutamente) può avere ripercussioni molto negative**. Patriottismo o opportunismo politico delle classi dirigenti di questi paesi? Slancio di beneficienza di chi controlla gli IdE? Domande che lascio in sospeso.
Dobbiamo infatti passare a scrutare le possibili – e certamente tardive – mosse che la Germania, indiscutibile leader (führer in lingua tedesca) della (Dis)Unione €uropea, deciderà di porre in atto. Ci riguarda molto da vicino.
NOTA* – In questo articolo mi concentro esclusivamente sulle conseguenze dell’epidemia Covid-19 sul futuro sociale ed economico del nostro Paese, “trascurando” la tragedia delle vittime, l’altrettanto enorme sacrificio dei sanitari che si battono sul campo. Rientrerebbe altresì nello scenario analizzare la possibile genesi del Covid-19, entrando nel dibattito se si tratti di un evento naturale (il mercato dei pipistrelli di Wuhan) o se è il prodotto di “ricerca” biologica – diffuso per errore o volutamente per finalità di business (se dovesse uscire a sorpresa un vaccino ….) o di natura geopolitica – o se è una montatura mediatica, o una combinazione delle possibilità citate. Analisi di alto interesse ma impossibile (parlo per me) da sviluppare oggi su basi solide e comunque secondario rispetto alla assoluta priorità di concentrarsi sul “che fare”. L’Italia, dopo 20 anni di CambioFisso€uroMarco, si accinge ad affrontare questa crisi epocale con “difese immunitarie” vicine al livello di guardia.
NOTA** – L’inflazione è il pericolo maggiore che comporta la creazione di Moneta che fluisce direttamente o indirettamente alle famiglie e/o alle imprese e/o allo stato, aumentando quella che in termini macroeconomici viene definita domanda aggregata. Se la domanda è molto superiore all’offerta (la produzione di beni e servizi) si può infatti creare inflazione, che sarà proporzionale alla differenza tra Domanda e Offerta, non sono però quasi mai in perfetto equilibrio.
Il nostro paese ad esempio è, ormai da molti anni, uno dei paesi europei in cui la capacità produttiva è sotto utilizzata (talvolta distrutta): questo significa che la creazione di nuova Moneta/Domanda prima di creare inflazione dovrebbe prima arrivare a saturare la capacità produttiva, che però nel frattempo potrebbe anche essere aumentata con nuovi investimenti.
Si potrebbe anche fare qualche considerazione quantitativa, prendendo a riferimento il valore della Produzione Intena Lorda (Pil, che in Italia è intorno ai 1.750 miliardi), ma mi fermo qui. Naturalmente la problematica è molto più complessa di queste considerazioni elementari, ma la relazione di base tra Moneta – Domanda – Produzione – Inflazione è quella appena descritta. Ne consegue che chi sostiene a spada tratta che nuova Moneta crea automaticamente inflazione o non tiene conto di queste considerazione o è in mala fede.
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FONTE:https://ilprof.com/2020/03/31/covid-19-settimane-storiche-per-il-nostro-futuro-i-parte/
La chiusura delle aziende e l’effetto domino
Nicola Porro – 29 marzo 2020
Oggi leggo sui giornali, con grande evidenza, di questi “delinquenti”, loro non scrivono così ma lo sottointendono, che vogliono tenere le fabbriche aperte. Il prefetto di Milano annuncia controlli durissimi, i sindacati sono scandalizzati dalle richieste di deroga numerosissime. Tutti d’accordo nel chiudere l’Italia sine die. Leggete questa lettera, che non prende in considerazione solo la perdita di reddito e di lavoro, ma la follia di chiudere un pezzo di una filiera: è come un castello di carte, se ne togli una, rischiano di cadere anche le altre.
Le scrivo per metterla al corrente della situazione, anche se sono sicuro che la conoscerà purtroppo bene. Sono responsabile di un punto vendita della più grande industria italiana di pneumatica, ( MxxxK) che ha sede a xxxx in provincia di Brescia. Da lunedì siamo stati costretti a chiudere, visto l’andamento dei decreti, sia la produzione (circa 900/1000 persone) che i 18 punti vendita sparsi per l’Italia (altre 200 persone).
Le ricordo che nell’industria alimentare e nell’industria chimica, farmaceutica e di prodotti disinfettanti e detergenti il 90% delle macchine funziona con la pneumatica per un discorso igienico. Nello stesso momento hanno chiuso anche i nostri concorrenti in Italia (altre 2 grandi aziende, una sempre di Brescia e l’altra in Emilia Romagna).
I nostri clienti continuano a chiederci pezzi di ricambio perché, in questo delicato momento, le macchine dell’industria alimentare e dell’industria farmaceutica lavorano sotto sforzo 24 ore al giorno su tre turni, quindi sotto stress. Come può pensare il governo che le industrie che ritengono necessarie possano resistere ancora per tanto senza avere la possibilità di fare manutenzione ai loro macchinari?
Se lo stanno chiedendo i nostri amministratori? Perché nessuno dei nostri governanti non va a fare una visita alle poche industrie che stanno lavorando per avere il polso della situazione? I sindacati si rendono conto della situazione? Scusi se faccio a lei queste domande alla quale sicuramente non potrà rispondere ma è lecito farsele e mettere al corrente le persone di quello che realmente sta succedendo.
Le faccio i miei più sinceri complimenti perché lei è una delle poche voci che dicono veramente le cose come stanno. Continui così e non si faccia intimorire da nessuno perché in Italia servono persone come lei.
Grazie mille
Cordiali saluti
FONTE:https://www.nicolaporro.it/la-chiusura-delle-aziende-e-leffetto-domino/
I MILIARDI PER RILANCIARE L’ITALIA ? SI POSSONO TROVARE IN TANTI MODI
Il governo Conte, e tutta la parafernalia Piddina si è intestardita, per pure motivazioni politiche, nella necessità di finanziarsi con Coronabond. Eppure i 100-200 miliardi necessari possono essere finanziati con modalità molto diverse e molto varie, ciascuna con dei punti positivi e punti negativi, soprattutto in una prospettiva temporale di medio- lungo periodo. Grazie a economia spiegata facile vi proponiamo un quadro completo delle diverse alternative che possono essere utilizzate per finanziare questo enorme investimento nella nostra economia:
Il problema colossale del MES, meccanismo europeo è che, in un momento in cui bisognerebbe investire in modo generalizzato e con pochi limiti temporali, per sua natura è fortemente condizionale, cioè, obbligatoriamente, impone dei limiti di bilancio ed il rispetto del two pack, e del six pack, che andrebbe in direzione diametralmente opposto rispetto a quello di cui abbiamo bisogno: risorse a costo molto basso, ed eventualmente con tempi di restituzione molto lunghi ed incondizionati. Poi le altre soluzioni hanno vantaggi e svantaggi, e chi abbaia che “Vanno contro le norme europee” dovrebbe ricordare che le leggi sono scritte da uomini, per uomini, e possono, anzi devono, essere cambiate quando le condizioni ambientali cambiano. Chi non lo fa o è uno stupido o un pazzo, o entrambe.
FONTE:https://scenarieconomici.it/i-miliardi-per-rilanciare-litalia-si-possono-trovare-in-tanti-modi/
La spesa per la salute nell’Italia di Sbilanciamoci!
Da 20 anni Sbilanciamoci! chiede di sostenere la sanità pubblica. Se quelle proposte fossero state ascoltate avremmo oggi una spesa sanitaria dell’8,4% del Pil, solo un punto in meno di Parigi e Berlino. E con una sanità più forte saremmo più in grado di affrontare l’epidemia e limitare i danni economici.
Il 25 marzo 2020 il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha giustificato in Parlamento gli errori iniziali del governo con la nota frase: “del senno di poi sono piene le fosse”. Ci permettiamo di ricordare qui che c’è stato anche un “senno di prima” dell’epidemia, quello di chi chiedeva più risorse per la salute degli italiani. Tra questi c’è, da vent’anni, la Campagna Sbilanciamoci!, che ogni anno propone, nelle sue “Controfinanziarie”, priorità diverse per la spesa pubblica.
Abbiamo messo in fila vent’anni di Controfinanziarie e siamo andati a rileggere le nostre proposte. Erano idee condivise tra le circa 50 associazioni che fanno parte della campagna, con un contributo importante di quelle che più lavorano sui temi della salute come Cittadinazattiva, discusse ogni anno con economisti ed esperti. Erano ragionevoli proposte di aumenti progressivi della spesa sanitaria, compensati da tagli alle spese “sbagliate” – come quelle per le armi e gli F-35 – e da maggiori imposte sui più ricchi, in modo da lasciare immutato il saldo dei conti pubblici deciso dai governi che si succedevano ogni anno.
Abbiamo rifatto i conti della spesa pubblica per la sanità – usando i dati Ocse – a prezzi correnti, trascurando così l’erosione della spesa avvenuta in vent’anni per effetto dell’inflazione. La figura 1 mette a confronto la spesa effettuata dai governi e quella che avremmo avuto se le proposte di Sbilanciamoci! fossero state accettate.
Nel 2001 si partiva da 75 miliardi di euro, e Sbilanciamoci! chiedeva un miliardo in più, 76. Nel 2002 si chiedevano 500 milioni in più, in un paio di occasioni la richiesta è stata di 3 miliardi in più. Per farci cosa? Per evitare i tagli al Fondo sanitario nazionale, per lo sblocco del turnover del personale medico e infermieristico, per il potenziamento dei servizi di cura domiciliari e territoriali. Tra le proposte di Sbilanciamoci! c’era il finanziamento di centinaia di unità di rianimazione e di cura di patologie croniche e per malati terminali, anche in relazione all’invecchiamento della popolazione.
Rileggiamo quello che chiedeva la Controfinanziaria del 2008: “È necessario mettere termine all’incertezza sulle risorse, definire le linee di azione per una redistribuzione della spesa a favore della medicina di base, della prevenzione e di forme di assistenza domiciliare, razionalizzare le strutture ospedaliere, diminuire la spesa farmaceutica, individuare sprechi e situazioni di cattiva gestione e di illegalità, garantire il pieno utilizzo delle strutture pubbliche limitando il ricorso a quelle private, privilegiare il rapporto esclusivo da parte del personale medico. Sono questi i punti principali di un rilancio della sanità pubblica quale indispensabile elemento di sostegno di una società avanzata e fondamentale indicatore di civiltà”. E si chiedeva “il riordino delle convenzioni con le strutture sanitarie private, che producono sovrapposizioni e sprechi specialmente in Lombardia”, la regione che, dodici anni dopo, con una sanità pubblica ridimensionata, si è trovata impreparata ad affrontare l’epidemia di coronavirus.
Che cosa hanno fatto i governi? L’antefatto, tra il 1992 e il 1995, è stata la prima pesante riduzione della spesa sanitaria pubblica ad opera del governo presieduto da Giuliano Amato, con Francesco De Lorenzo ministro della Sanità (poi condannato per corruzione): in quel triennio la riduzione fu del 14%, con tagli al prontuario farmaceutico, riduzione di prestazioni, blocco del turnover del personale sanitario, aziendalizzazione delle Usl, margini d’azione incontrollata alle Regioni, spazio alla sanità privata.
Dal 2001 al 2006 la spesa sanitaria (a prezzi correnti) sale progressivamente, scivola nel 2007, risale nel 2008, poi con la crisi diminuisce fino al 2013, si stabilizza e registra un lieve aumento, fino a 116 miliardi di euro, negli ultimi anni. I tagli peggiori vennero a partire dal 2010 con il governo Berlusconi: 5 miliardi di euro in meno in tre anni al Fondo sanitario nazionale, poi qualche rifinanziamento e il commissariamento delle Regioni che avevano accumulato debiti troppo elevati per coprire le spese sanitarie, spesso per pagare onerose convenzioni a ospedali e case di cura private. Proprio nel 2010 Sbilanciamoci! chiedeva di evitare i tagli e lasciare 3 miliardi di euro alla spesa per la salute.
Se facciamo le somme, in vent’anni le richieste di maggiori spese (o minori tagli) avanzate da Sbilanciamoci! arrivano a 34 miliardi di euro: avremmo oggi una spesa pubblica per la salute di 150 miliardi di euro. Per una parte significativa tale spesa avrebbe sostituito la spesa privata, con un ridotto carico aggiuntivo sull’economia.
Ma era fattibile, questa “Italia di Sbilanciamoci!”, a confronto con l’Italia dei tagli alla sanità, delle privatizzazioni, dell’austerità, dell’evasione fiscale? Guardiamo a Francia e Germania negli stessi anni: i dati, sempre Ocse, sono nella Figura 2, in termini di spesa pubblica sanitaria in percentuale del Prodotto interno lordo. Vent’anni fa l’Italia aveva un serio ritardo, spendeva il 5,8% del Pil contro il 7,7 dei due paesi, due punti percentuali di Pil in meno. Per un decennio c’è stato un lieve avvicinamento, poi dal 2010 la divergenza diventa nettissima e oggi il nostro ritardo si è allargato a tre punti di Pil: 6,5% in Italia e 9,3-9,5% in Francia e Germania.
Come sarebbe oggi l’“Italia di Sbilanciamoci”? Saremmo più vicini al resto d’Europa, con una spesa dell’8,4% del Pil, solo un punto in meno di Parigi e Berlino. Con una sanità pubblica più forte saremmo stati più in grado di affrontare l’epidemia, ridurre le vittime, limitare i danni economici e sociali. È il momento di imparare la lezione del coronavirus, tornare alle proposte di Sbilanciamoci! di aumento della spesa sanitaria, sociale e ambientale, cambiare strada nello sviluppo del paese.
FONTE:http://sbilanciamoci.info/la-spesa-per-la-salute-nellitalia-di-sbilanciamoci/?spush=bG9wcmVzdGltYW5saW9AZ21haWwuY29t
“Coronabond” e commissariamento: il prezzo da pagare?
In un’Europa flagellata dal Covid-19 è in atto un braccio di ferro sugli strumenti finanziari da adottare per sostenere gli Stati membri, e in particolare sulla possibilità di emettere titoli garantiti da tutta l’Eurozona. L’Italia è al centro della contesa. La posta in gioco è la sopravvivenza dell’Unione.
All’emergenza sanitaria legata alla diffusione della pandemia di Covid-19 fa seguito quella economica, un’emergenza che di fatto stiamo già vivendo e che affonda le radici non in un tessuto finanziario malato o negli umori instabili degli operatori circa la tenuta dei conti pubblici, ma nel terreno fertile e precario dell’economia reale. E, come spesso si tende a scordare nell’eterna contrapposizione fra teorie economiche ortodosse ed eterodosse, tale emergenza interessa entrambi i lati del mercato: c’è bisogno di sostenere la domanda, è vero, ma è altresì importante alimentare un tessuto produttivo che rischia inevitabilmente la rottura[1].
È in relazione alle preoccupazioni sulla tenuta di quest’ultimo lato del mercato che si inserisce (e colpisce) l’intervento di Mario Draghi sulle colonne del Financial Times, il quale individua nel debito pubblico il principale strumento su cui ogni Governo deve fare leva per impedire il collasso del proprio sistema economico[2]. In particolare, il principale meccanismo di salvataggio, secondo l’ex Presidente della Banca Centrale Europea, deve passare attraverso la rapida concessione di credito a costo zero alle imprese da parte del settore bancario; una volta finita l’emergenza, sarà lo Stato a farsi carico di questa operazione, cancellando il debito contratto dal bilancio delle aziende.
Non sembra sia un caso che l’intervento di Draghi sia arrivato insieme a una svolta storica da parte della Bce di Christine Lagarde: all’interno del nuovo programma straordinario di 750 miliardi di euro (Pepp – Pandemic emergency purchase programme), la Bce potrà acquistare senza limiti titoli di Stato, compresi (finalmente) quelli della Grecia, e bond emessi da enti internazionali e sovranazionali. Cade, dunque, uno dei pilastri su cui si fondava il Quantitative Easing (Qe), ossia il limite del 33% per l’acquisto di titoli di Stato e del 50% per i titoli sovrannazionali. Non solo: questi acquisti straordinari, che dureranno almeno fino alla fine dell’anno, potranno spaziare su titoli e attività con durata da 70 giorni a 30 anni, così da tenere sotto controllo l’intera curva dei rendimenti.
La rimozione di questi vincoli ha più che altro un significato simbolico, data la probabile ingente futura emissione di titoli di debito a cui molti paesi dell’Eurozona dovranno ricorrere per far fronte all’emergenza (in altre parole, se in passato questi limiti sono stati sfiorati per alcuni paesi con il conseguente rischio di depotenziamento del Qe, il prevedibile aumento delle emissioni avrebbe potuto rendere nell’immediato meno pressante la loro rimozione): Christine Lagarde, che finalmente sembra aver raccolto il pesante testimone lasciato da Draghi, non vede ora limiti al suo impegno per la tenuta dell’euro. In questo quadro, quello che sembra un cavillo contabile, in realtà, rappresenta un segnale politico significativo: non dover rispettare un limite prestabilito significa che, teoricamente, nel caso di un’emissione di eurobond (Coronabond o Covidbond, come vengono ora definiti da più parti), la Bce potrà sottoscriverne l’intero importo.
Il dibattito sulla possibilità di emettere titoli garantiti da tutta l’Eurozona e finalizzati a sostenere l’emergenza economica che sta interessando tutti è partito da un intervento del Presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, sempre sulle colonne del Financial Times in cui esortava i paesi membri a utilizzare i restanti 410 miliardi (la dotazione iniziale era di 500 miliardi) a disposizione del cosiddetto Fondo Salva-Stati (Esm-European stability mechanism), evitando però di sottoscrivere le rigide misure di condizionalità richieste dall’attuale Trattato[3]. Intorno a tale intervento si è presto creato uno schieramento compatto di altri paesi (Francia, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Grecia, Portogallo e Slovenia) che chiedono a gran voce l’emissione da parte di un’istituzione europea (la Banca europea per gli investimenti rappresenta un’altra possibilità) di uno strumento di debito comune per far fronte al drammatico impatto del coronavirus sull’economia.
All’interno di questo ragionamento, avendo la crisi origini sanitarie e non finanziarie e/o economiche, nessun paese dovrebbe sottostare a particolari condizioni economiche. D’altro canto, come hanno di recente sottolineato – finalmente – economisti storicamente ortodossi come Alberto Alesina e Francesco Giavazzi in relazione all’opportunità di un intervento diretto da parte del Fondo Salva-Stati, la Bce può sì spegnere gli incendi ma non può da sola dare una risposta completa ed equa a un enorme shock che colpisce tutta l’Eurozona (e non solo).
Sembra essersi, dunque, fatto strada anche nei corridoi mainstream il riconoscimento dell’opportunità di una manovra fiscale coraggiosa a livello europeo, lontana dall’annuale valzer in cui paesi come l’Italia sono costretti a contrattare limitati (per non dire insufficienti) spazi di bilancio. D’altro canto, come già metteva in luce Mundell nel 1961, un’area valutaria per poter essere ottimale deve rispettare alcune condizioni: non soltanto vi è la necessità di redistribuire il reddito tra i paesi membri nel caso in cui questi vadano incontro a fasi del ciclo economico diverse ma, nel caso di uno shock esogeno comune, si dovrebbe anche implementare una risposta fiscale coordinata e comune con un’equa ripartizione dei costi[4].
In ogni caso, l’eventuale emissione di Coronabond non è priva di rischi: per quei paesi che già scontano significative pressioni al rialzo dei tassi di interesse nelle fasi più tumultuose (si pensi all’Italia e alla sua enorme mole di debito pubblico), questi nuovi strumenti finanziari sarebbero a rimborso privilegiato rispetto ai titoli di stato nazionali, il che renderebbe questi ultimi inevitabilmente più rischiosi e, di conseguenza, costosi per il paese emittente. L’idea di una loro potenzialità irredimibilità, ossia emissione senza obbligo di rimborso ma soltanto subordinata al pagamento di un interesse annuo, è stata da più parti avanzata; e il riferimento al ruolo della Bce che potrebbe assorbire interamente le relative emissioni appare scontato.
In quest’ottica, la successiva immissione di liquidità non è vista foriera di spinte inflazionistiche data la grave recessione alle porte. D’altro canto, va detto che la maggior parte delle manovre di bilancio pensate e varate ultimamente, così come gli eventuali Coronabond, non è inflazionistica per il semplice motivo che gli Stati non creano domanda aggiuntiva ma impiegano tali risorse per tamponare l’emergenza.
Sembra ormai chiara l’esigenza di una svolta politica ed economica a livello europeo. L’attivazione della clausola di sospensione del Patto di Stabilità e Crescita introdotta come parte del Six-Pack nel 2011 rappresenta una misura necessaria, insieme alla sospensione della rigida disciplina sugli aiuti di Stato, ma purtroppo insufficiente. La clausola prevede, infatti, che, in periodi di severa recessione per l’Unione Europea e la zona euro, gli Stati possano temporaneamente allontanarsi dall’aggiustamento del saldo di bilancio verso l’obiettivo di medio termine, posto, tuttavia, che ciò non metta a rischio la sostenibilità del bilancio nel medio termine.
Si introduce, dunque, la possibilità di sforamenti di bilancio rispetto a quanto concordato, senza però prevedere coraggiosi piani di sostegno al progressivo collasso del sistema produttivo a cui stiamo assistendo. I Paesi del Nord Europa, che hanno in passato insistito per avere diritto di veto all’interno del Fondo Salva-Stati, ritengono gli spazi di azione consentiti dall’alleggerimento dei vincoli di bilancio sufficienti a contrastare la crisi in atto. Ai loro occhi, in primis a quelli dell’Olanda, capofila della resistenza a un’eventuale emissione di debito comune, dell’Austria e della Finlandia (la posizione della Germania appare lievemente più flessibile), i Coronabond rappresentano un primo passo attraverso il quale i Paesi del Sud vogliono mutualizzare parte del loro debito invece di ridurre la spesa pubblica e aumentare il prelievo.
La sensazione è che i Paesi del Nord non cederanno di un millimetro rispetto alle loro forti resistenze: sottostare alla condizionalità degli eventuali interventi di sostegno appare oggi la condizione necessaria per l’accesso ai fondi del Fondo Salva-Stati o, in ogni caso, per l’implementazione di politiche di bilancio comuni in modo da salvaguardare la sostenibilità dei debiti pubblici nazionali. In altre parole, si invoca la firma di un Memorandum of understanding che rievoca lo scenario tragico della Grecia durante la Crisi dei Debiti Sovrani. Se così fosse, ben farebbe l’Italia ad andare avanti per la sua strada, varando le manovre che ritiene opportune per sostenere il proprio sistema economico. La speranza è che l’Europa non ceda ai propri fantasmi e faccia un passo in avanti nella costruzione di un’Europa federale piuttosto che un passo indietro che rischia di mettere in discussione la sua stessa esistenza.
Note
[1] Giovanni Carnazza ed Emilio Carnevali, “Dobbiamo prepararci a un’economia di guerra?”, Sbilanciamoci.info, 20 marzo 2020.
[2] Mario Draghi, Financial Times, 25 marzo 2020.
[3] Giuseppe Conte, Financial Times, 19 marzo 2020.
[4] Robert A. Mundell, “A Theory of Optimal Currency Area”, The American Economic Review, 1961.
* Giovanni Carnazza, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre
FONTE:http://sbilanciamoci.info/coronabond-e-commissariamento-il-prezzo-da-pagare/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
L’ORO È MONETA, TUTTO IL RESTO È CREDITO
19 GENNAIO 2020
Beata ingenuità, banche centrali, finanza e AGP
Nella lontana fine dell’ottocento (XIX secolo d.C.) fra un treno a vapore e l’altro, un simpatico qualunque John, figlio di un finanziere di successo, esclama la seguente affermazione: “L’oro è moneta, tutto il resto è credito”.
John aveva capito davvero tutto, aveva capito il passato, il presente ed anticipato il futuro. Gli amici lo chiamavano anche Pierpont perché il suo secondo nome era proprio più figo; John era un mago di Wall Street, Pierpont prendeva soldi a credito e li moltiplicava in borsa. John aveva bisogno di credito per le sue speculazioni, Pierpont memore del suo motto, sapeva che il denaro era credito per il sistema.
John sapeva che le banche gli facevano credito, ma gli davano carta mica oro (tecnicamente nel mondo finanziario si dice “Oro per Estikaatsi”). Pierpont faceva magie con la carta e pensò che sarebbe stato bello stampare carta per vincere speculando, altra carta con la quale comprare la realtà al fine di tesaurizzare oro e rivendere nuovamente la nuova carta generata dal suo nuovo oro acquisendo sempre più potere come effetto collaterale[1] (importante leggersi la nota ed il link dopo aver letto l’articolo).
Un giorno, forse per colpa di un fischio di una locomotiva a vapore del suo antico tempo, John Pierpont si svegliò e disse: per diventare più ricco, per avere più oro, per speculare meglio a Wall Street, per vendere carta in cambio di oro, DEVO ESSERE UNA BANCA!
Eureka, il guru di WS fondò la sua banchetta commerciale di globale e schiacciante successo: la “John Pierpont M.” La conoscete tutti se ci pensate[2] ((importante leggersi la nota ed il link dopo aver letto l’articolo).
Qual’è la morale della favola?
- Che la storia fa rima quando non si ripete, corsi e ricorsi GBV.
- Che non è una favola, la storiella è tutta vera e la banca è meglio conosciuta come J.P. Morgan.
[1] Cosa é il credito? é denaro emesso da una sorgente, chiamata creditore, ad un destinatario, chiamato debitore, con sopra un tasso di interesse che il debitore é chiamato a pagare. Niente di piú. Spesso useró il termine denaro, credito e debito in modo intercambiabile. Infatti sono la stessa cosa, da punti di vista diversi. Tutto il denaro creato oggi é CREDITO. Si porta dietro un interesse. Ripetiamolo insieme (repetita juvant): il denaro che usiamo é CREDITO. il denaro che usiamo é DEBITO. il denaro che usiamo sono NUMERI in un registro con associato un NUMERELLO che é il tasso di interesse. Le banche creano denaro dal nulla quando erogano prestiti o mutui. [Video] Debunking di una fake news: il contante NON é un problema https://www.orazero.org/debunking-di-una-fake-news-il-contante-non-e-un-problema ; https://youtu.be/2-zd1gJfqsY
[2] Uno dei più potenti banchieri della sua epoca, J.P. (John Pierpont) Morgan (1837-1913) finanziò le ferrovie e aiutò a organizzare gli Stati Uniti Steel, General Electric e altre grandi società. Il nativo del Connecticut seguì suo padre benestante nel settore bancario alla fine del 1850, e nel 1871 formò una partnership con il banchiere di Filadelfia Anthony Drexel. Nel 1895, la loro azienda fu riorganizzata come J.P. Morgan & Company, un predecessore del colosso finanziario moderno JPMorgan Chase. Morgan ha usato la sua influenza per aiutare a stabilizzare i mercati finanziari americani durante diverse crisi economiche, incluso il panico del 1907 https://it.passosdegegant.com/john-pierpont-morgan-3102
- Che John Pierpont Morgan aveva ben presente che il denaro era credito ma che solo l’oro è moneta. Geniale perché nessuno vede la differenza a parte pochi eletti.
- Che le banche sono il cuore della creazione di denaro grazie al credito che creano e grazie al fatto che accettano la carta emessa da altre banche.
- Morì nel 1913 con un patrimonio personale che oggi sarebbe equivalente a circa 40 miliardi di dollari, ma la sua banchetta oggi vale solo oltre 430 miliardi di dollari.
- Nel 1929 Wall Street ed il mondo intero capirono la criptica simmetria fisica ed esoterica che permea l’occulto magico mondo della finanza: il denaro è credito ma il credito è debito quindi il denaro è debito[3](fondamentale leggersi la nota ed il link dopo aver letto l’articolo). Ed è proprio così!
Solo pochi eletti, ovviamente i Più Fessi della Galassia per tutti, sanno benissimo che TUTTE le crisi finanziarie sono causate esclusivamente dall’eccessivo indebitamento privato e aziendale. Mai nessun debito pubblico ha generato una crisi finanziaria, chiedetevelo perché ve lo fanno credere!
John era un inguaribile ottimista, Pierpont era davvero ruspante, Morgan credeva con tutto se stesso che il denaro avesse l’intrinseca qualità di separarsi dagli stupidi e quindi disse: “l’Oro è moneta, tutto il resto è credito”[4] (importante leggersi la nota ed il link dopo aver letto l’articolo).
Noi Liberi Giardinieri, facciamo tesoro della vita di Pierpont e capiamo benissimo la sua visione della valle ammirata sopra il monte delle banche e della finanza. Ma noi Liberi Giardinieri adoriamo adoperarci per la floridità della valle, non ci interessa dominare tutti i Nuovi Schiavi dall’arida vetta della montagna.
Il Libero Giardiniere, a differenza di banchieri e muratori che non lo dicono, ha un motto:
“L’Oro è moneta, tutto il resto è debito. Il potere si esercita col credito”.
Analizzeremo in seguito la situazione attuale, i rimedi delle Banche Centrali, i comportamenti della finanza, gli andamenti delle imprese quotate e dell’economia, la geopolitica… anzi l’AGP per noi Giardinieri grandi MoonImbottigliatoriWorshipper.
Un assaggio del presente:
[3] Nei mesi scorsi Dalio non aveva fatto mistero del fatto che l’unica via d’uscita per la crescita, dato il ridotto spazio di manovra rimasto alla politica monetaria, sarebbe un maggior coordinamento con la politica fiscale e un incremento delle monetizzazioni del debito pubblico. Ovvero, finanziare nuova spesa pubblica tramite moneta di nuova emissione. Dal momento che i debiti privati e pubblici sono cresciuti negli anni successivi alla crisi, spinti da tassi ultrabassi intesi a far ripartire l’economia, per Dalio “appare ovvio che le banche centrali dovranno aiutare i debitori relativamente ai creditori; allo stesso tempo mi sembra che le forze di allentamento dietro a questo paradigma”, come i tagli ai tassi e il Quantitative easing, “avranno effetti sempre minori”. Per queste ragioni, dunque, Dalio è convinto che nel prossimo futuro ci saranno più monetizzazioni e svalutazioni della moneta: due fenomeni che dovrebbero incrementare l’attrattiva futura dell’oro. https://www.wallstreetitalia.com/ray-dalio-oro/
[4] “Gold is money. Everything else is credit.” was said by John Pierpont (J. P.) Morgan on December 19, 1912 at the Pujo Committee of the House of Representatives that was investigating the power of Wall Street. Morgan’s statement was featured in newspapers the next day. https://www.barrypopik.com/index.php/new_york_city/entry/gold_is_money_and_nothing_else_gold_and_silver_are_money_everything_else_is
Here we are…….. oggi negli Usa per avere un dollaro di valore prodotto ne occorrono solo quattro di nuovo debito. Che bella economia, ed è quella che se la passa bene!
Il governatore della FED di Dallas, il sedicente Kaplan[5], da oggi membro esimio dei Più Fessi della Galassia, suo malgrado, ha dichiarato: “La mia opinione è che la politica monetaria sta avendo effetto sulle attività a rischio”[6]. Povero Kaplan, da disonesto muratore sembrerebbe voler diventare un Fratello Giardiniere adoratore dello Sfalcio, speriamo non del bilancio della FED? So cosa state pensando Giardinieri golosoni!
Qualcuno ha detto QE nel repo market?[7] Spioni che non siete altro, Kaplan muratore traditore!
Se qualcuno inizia a capire perché le BC si stanno tutte rifacendo il fisico, in particolare le BC vanitose del così detto Heartland (parleremo dell’incubo delle potenze marittime), significa che state abbracciando il Libero Giardinaggio, ovvero che volete far parte dell’esclusivo club “I Più Fessi della Galassia” (in futuro e solo per i Fratelli Giardinieri).
Breaking panino al salame non vegano: AGP – Eruzione del Vulcano Taal https://www.ilfoglio.it/cronache/2020/01/15/gallery/le-spettacolari-immagini-dell-eruzione-del-vulcano-taal-nelle-filippine-296746/
In perfetta sincronia con le ns previsioni AGP, dopo la Luna piena del 10 notte (allineata con i pianeti), inizia l’attività vulcanica e geologica. Sempre in accordo con l’AGP[8], l’allineamento celeste marcatempo ad uso multifattoriale, ci ha regalato l’assassinio di Suleimani prima, il bombardamento sincrono dell’Iran sulle basi USA in Iraq (era dal Vietnam che gli ammerregani non prendevano legnate in testa su basi militari proprie) e la confessione iraniana sul volo abbattuto subito dopo. Vedremo i prossimi appuntamenti che ci regalerà l’AGP.
[5] https://www.dallasfed.org/kaplan
[6] https://www.bloombergquint.com/global-economics/fed-fuels-rise-in-risk-assets-with-balance-sheet-kaplan-says
[7] https://it.businessinsider.com/con-280-miliardi-di-liquidita-la-fed-ha-riacceso-la-giostra-di-wall-street-ma-i-manager-delle-grandi-aziende-scendono-dal-treno-in-corsa/
[8] https://www.orazero.org/agp-astro-geo-politica-20-20-attacco-allue/
FONTE:https://www.orazero.org/loro-e-moneta-tutto-il-resto-e-credito/
GIUSTIZIA E NORME
A tutti i giuristi in ascolto. Astenersi perditempo
2 APRILE 2020
A tutti i giuristi in ascolto (Presidenti del Consiglio compresi): se ci siamo battiamo un colpo. Negli ultimi anni non c’è stato un tema più importante – per le sorti della democrazia, dei diritti politici, civili e sociali, per l’economia e per la finanza – dell’Unione europea e dell’euro. Non foss’altro perché l’Unione europea e l’euro hanno impattato in misura debordante, più di qualsiasi altro evento dell’ultimo ventennio, sulle sorti della democrazia, dei diritti politici, civili e sociali, dell’economia e della finanza.
Eppure, per qualche oscura ragione, questo tema cruciale è stato appaltato (quasi) in esclusiva alla sola categoria degli economisti. Gli economisti hanno letteralmente imperversato prima, durante e dopo l’inizio dell’eurozona coincidente con il triennio iniziato il primo gennaio 1999 e finito il 1 gennaio 2002. Prima per spiegarci (quasi all’unisono) perché nella moneta unica dovevamo entrarci, poi per convincerci (la gran parte di essi) che dovevamo restarci nonostante i disastrosi effetti; o per rimproverarci (una risicata minoranza) di averlo fatto, visti quegli stessi disastrosi effetti.
E con questo non intendo affermare che gli economisti non siano importanti. Anzi, ci hanno aiutato a capire un sacco di “segrete cose” altrimenti destinare a restare ignote alle masse. E ci hanno anche insegnato a guardarci da chi economista non è, ma si impanca a “cioccolataio” della materia economica (e, già che c’è, persino di quella giuridica). Dico, però, che abbiamo dato loro troppa importanza. E, al contempo, abbiamo sottovalutato l’importanza del diritto come genesi dei problemi causati dalla UE e dall’euro, ma anche come farmaco in grado di guarirci dalla Ue e dall’euro.
Dopotutto, e per lo più, troppi economisti (piccoli o grandi che fossero) si sono spesso dimostrati simili alla “nottola di Minerva” di cui parlava Hegel descrivendo la sostanziale ininfluenza della filosofia: sono arrivati sul far della sera per descriverci com’era andata la giornata. E adesso che dire? E che fare? Possiamo intanto dire che è arrivato, se mai c’è stato, il nostro momento. Perché se l’economia governa il mondo (come ci hanno insegnato gli economisti), il diritto può governare l’economia (come ben sa ogni giurista).
È colpa di norme concepite male e scritte peggio oppure di norme scritte bene ma con finalità “scellerate” se siamo finiti in un “posto” (la UE e l’euro) in cui gli Stati sono depotenziati di ogni funzione, in cui gli organi investiti del ruolo di generare la liquidità non possono farlo e in cui entità con meri fini di speculazione e di lucro (le “Borse” e i “Mercati” venerati da troppi economisti o sedicenti tali) possono decidere chi vive e chi muore nell’eurozona. Prestando quattrini a discrezione, e solo dietro rigorosissime condizionalità, a Nazioni ridotte al rango di clochard della globalizzazione nell’era della competitività.
Ora, dopo aver detto ciò che c’era da dire, veniamo alla seconda domanda: che fare? Cambiamo le regole. O cominciamo a reinterpretarle secondo una ratio opposta a quella corrente. Spieghiamo – agli economisti, ai politici, ai comuni cittadini – che le regole possono essere cambiate e interpretate. E anche “come” possono essere cambiate e interpretate. Con creatività e coraggio, se del caso. E mai si è dato un “caso” più urgente di quello che abbiamo davanti agli occhi. È solo grazie a una nostra decisa, e definitiva, presa di posizione giuridica che il mondo potrà cambiare verso. Il nostro potere è immenso, ma lo abbiamo quasi sempre subìto più che esercitato. E allora, mettiamo mano alla “macchina” giuridica donde discendono le storture economiche, finanziarie e politiche da cui la Ue e l’euro sono patologicamente afflitte. Nessuno, più di noi, conosce la potenza di una regola. Se scendiamo in campo e iniziamo ad agire sulle “regole”, invertiremo il declino di una democrazia, e di una civiltà, al tramonto. Se non ora, quando?
Avv. Francesco Carraro
FONTE:https://scenarieconomici.it/a-tutti-i-giuristi-in-ascolto-astenersi-perditempo/
IMMIGRAZIONI
CORONAVIRUS, PER I MIGRANTI NON VALE QUARANTENA, TUTTI ASSEMBRATI A NAPOLI
VIDEO QUI: https://twitter.com/i/status/1245390497306247171
FONTE:https://stopcensura.org/coronavirus-per-i-migranti-non-vale-quarantena-tutti-assembrati-a-napoli-video/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
MALVEZZI: INPS IN TILT? NON CI SONO I SOLDI PER TUTTI….
1 APRILE 2020
L’INPS è in TILT, e ce lo si poteva aspettare. Oggi professionisti, commercialisti, imprenditori, semplici lavori autonomi, hanno cercato di poter accedere a questa che è veramente una carità fatta dallo stato, e fatta pure male, in modo complicato, con una burocrazia demenziale, un sistema informatico che salta (alla faccia degli investimenti, delle reti superveloci, etc etc). Il tutto per nascondere la triste verità: non chiamatelo clock day, ma è un clickday, e chi arriva prima prende i soldi, gli altri si attaccano.
Buon ascolto di questa trasmissione di Radio Radio: https://youtu.be/ZExJHggIpqM
FONTE:https://scenarieconomici.it/malvezzi-inps-in-tilt-non-ci-sono-i-soldi-per-tutti/
CORONAVIRUS, FIRENZE: ESPOSTI E DENUNCE MA I MIGRANTI CONTINUANO A TRAFFICARE
31 Mar 2020 Redazione
“Firenze, ieri centinaia di migranti mentre spacciano indisturbati nella città di Dario Nardella (Pd), quello di “abbraccia un cinese” per capirci. Noi persone perbene in quarantena, loro in giro a spacciare: governo indegno e di incapaci”. Lo svela il portavoce di Radio Savana su Twitter.
VIDEO QUI:https://twitter.com/i/status/1244916257490698240
FONTE:https://stopcensura.org/coronavirus-firenze-esposti-e-denunce-ma-i-migranti-continuano-a-trafficare/
LA LINGUA SALVATA
Assembramento
as-sem-bra-mén-to
SIGNIFICATO Riunione occasionale e disordinata di persone, specie all’aperto
ETIMOLOGIA da assembrare, derivato del francese assembler, ottenuto dal latino simul ‘insieme’, col prefisso ad- ‘verso’ e il suffisso verbale, attraverso la forma ipotetica adsimulare.
L’altro giorno sono andato a fare la spesa. Agli scaffali delle farine — più interessanti del solito — si era raccolto un manipolo di persone, che, pur standosene a debita distanza le une dalle altre mentre squadravano rapaci gli scaffali (almeno io li squadravo rapace), creavano un addensamento da dissipare. È sopraggiunto un addetto, che passando indaffarato ci ha ammoniti “Troppo assem… troppo assem…blaggio”.
Si sente parlare di assembramenti molto più spesso di quanto fossimo abituati a sentire: un termine dal significato semplice, che però da un lato mette molti davanti agli imbarazzi di una parola poco battuta, dall’altro stuzzica le persone sollecite nel correggere gli errori altrui. Ebbene, se il termine ‘assembramento’ ci pare strano ci sono delle ragioni.
Tutto nasce dal verbo francese assembler, vecchio di mille anni. Prende il latino simul ‘insieme’, e ci mette un prefisso ad- che significa avvicinamento e un suffisso verbale. Da qui viene la nostra assemblea (parola trecentesca), il nostro assemblare (parola degli anni ’60), ma anche l’assembramento e l’assembrare, in cui -bl- è stato adattato in -br-. Per quanto nell’italiano antico si trovassero anche assembiamento e assembiare.
Abbiamo quindi un mazzo di varianti che dallo stesso ceppo si diramano su significati diversi. Alcune sono recenti e vivaci, altre sono morte secoli fa, alcune sono rimaste più aderenti al francese, altre hanno percorso un diverso adattamento .
L’assembramento ha preso da subito il taglio di un affollamento tendenzialmente occasionale e disordinato, oltre che all’aperto o in spazi ampi — perfino protestante; non ha certo il costrutto dell’assemblea (ma anticamente anche ‘assembrea’), che è invece una riunione importante e canonica. Con questo taglio ha avuto la fortuna di essere accolto e protetto nel più conservativo dei lessici specifici: quello giuridico.
Infatti ‘assembramento’ ricorre soprattutto quando si parla tecnicamente di pubblica sicurezza, ordinanze prefettizie, decreti ministeriali e simili. Inoltre — e qui sta il curioso — ‘assembrare’ e ‘assembramento’ sono non di rado (erroneamente) usati come varianti magari più dotte di ‘assemblare’ e ‘assemblaggio’ (il tecnico assembra la caldaia, spiego l’assembramento dei pezzi del fiore di carta).
Insomma, l’assembrare e l’assembramento, con quell’adattamento un po’ inconsueto (-bl- in -br-), lasciano tanti nella scomoda incertezza di non saper bene, all’impronta, se sono giusti, o addirittura a farli percepire come varianti più dotte rispetto a (creduti) omologhi con la ‘l’. Sorte normale per differenze di forma così sottili, su cui però si reggono differenze di significato importanti.
Parola pubblicata il 02 Aprile 2020
FONTE:https://unaparolaalgiorno.it/significato/assembramento
PANORAMA INTERNAZIONALE
NOAM CHOMSKY: USA, STATO CANAGLIA E…
…e l’assassinio di Suleimani lo conferma
La decisione di Trump di assassinare uno dei più eminenti e altamente rispettati leader militari dell’Iran, il maggior generale Qassim Suleimani, ha aggiunto un altro nome alla lista delle persone uccise dagli Stati Uniti, che molti considerano il maggior stato canaglia del mondo.
L’assassinio ha intensificato le ostilità tra Teheran e Washington e creato una situazione ancor più esplosiva nel politicamente volatile Medio Oriente. Come c’era da aspettarsi, l’Iran ha promesso di ricambiare a propria scelta l’uccisione del suo generale, annunciando anche che si ritirerà dall’accordo dell’Iran sul nucleare. Il parlamento iracheno, a sua volta, ha votato per espellere tutti i soldati statunitensi, ma Trump ha reagito con minacce di sanzioni se gli USA fossero costretti a rimuovere le proprie truppe dal paese.
Come segnala l’intellettuale pubblico di fama mondiale Noam Chomsky in questa intervista esclusiva per Truthout, il principale scopo della politica estera in Medio Oriente è stato controllare le risorse energetiche della regione. Qui Chomsky – professore universitario emerito al MIT e professore insigne di linguistica all’Università dell’Arizona che ha pubblicato più di 120 libri sulla linguistica, gli affari globali, la politica estera statunitense, studi sui media, politica e filosofia – offre la sua analisi dell’avventato atto di Trump e dei suoi possibili effetti.
C.J. Polychroniou: Noam, l’assassinio statunitense del comandante della forza iraniana Quds, Qassim Suleimani, ha riaffermato l’ossessione di lungo corso di Washington per l’Iran e il suo regime clericale, che risale ai tardi anni Settanta. Su cosa verte il conflitto tra USA e Iran e l’assassinio di Suleimani costituisce un atto di guerra?
Noam Chomsky: Atto di guerra? Forse possiamo accordarci per avventato terrorismo internazionale. Pare che la decisione di Trump, per capriccio, abbia sconcertato alti ufficiali del Pentagono che lo avevano aggiornato su opzioni, su basi pragmatiche. Se vogliamo guardare oltre, potremmo chiederci come reagiremmo noi in circostanze paragonabili.
Immaginiamo che l’Iran uccida il secondo dirigente più elevato degli Stati Uniti, il suo massimo generale, all’aeroporto di Città del Messico insieme con il comandante di una larga parte dell’esercito appoggiato dagli Stati Uniti di una nazione alleata. Sarebbe un atto di guerra? Decidano altri. Per noi è sufficiente riconoscere che l’analogia è sufficientemente equilibrata e che i pretesti avanzati da Washington, una volta esaminati, crollano così rapidamente che sarebbe imbarazzante passarli in rassegna.
Suleimani era grandemente rispettato, non solo in Iran, dove era una specie di figura di culto. Questo è riconosciuto da esperti statunitensi dell’Iran. Uno degli esperti più eminenti, Vali Nasr (non una colomba, e che detesta Suleimani) afferma che gli iracheni, compresi i curdi iracheni, “non lo vedono come la figura efferata considerato dall’occidente, ma lo vedono attraverso le lenti della sconfitta dell’ISIS”. Non hanno dimenticato che in grande esercito iracheno, pesantemente armato e addestrato dagli Stati Uniti, è crollato rapidamente e la capitale curda di Erbil, poi Baghdad e tutto l’Iraq stavano per cadere nelle mani dell’ISIS (noto anche come Daesh) sono stati Suleimani e le milizie irachene sciite da lui organizzate a salvare il paese. Non un cosa di poco conto.
Quanto a su cosa verta il conflitto, le ragioni di fondo non sono oscure. E’ da lungo tempo un principio primario della politica estera degli Stati Uniti controllare le vaste risorse energetiche del Medio Oriente: controllare, non necessariamente usare. L’Iran è stato centrale in questo obiettivo nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale è la sua uscita dall’orbita statunitense nel 1979 è risultata perciò intollerabile.
La “ossessione” può essere fatta risalire al 1953, quando la Gran Bretagna – la signora dell’Iran da quando il petrolio fu scoperto nel paese – non fu in grado di impedire che il governo si impossessasse delle proprie risorse e chiamò la superpotenza globale a gestire l’operazione. Non c’è spazio per esaminare il corso dell’ossessione da allora in dettaglio, ma alcuni momenti salienti sono istruttivi.
La Gran Bretagna si rivolse a Washington con una certa riluttanza. Farlo significava cedere altro del suo ex impero agli Stati Uniti e scendere ancor più al ruolo di “partner di minoranza” nella gestione globale, come il ministero degli esteri riconobbe con costernazione. L’amministrazione Eisenhower subentrò. Organizzò un colpo di stato militare che rovesciò il regime parlamentare e reinsediò lo Scià, restituendo le concessioni petrolifere nelle giuste mani, con gli USA che si presero il 40 per cento delle concessioni ex britanniche. E’ interessate che Washington dovette costringere le maggiori compagnie statunitensi ad accettare quel dono; esse preferivano tenersi il petrolio saudita a basso costo (che gli USA avevano rilevato dalla Gran Bretagna in una miniguerra durante la Seconda guerra mondiale). Ma sotto imposizione del governo, esse furono costretta a adeguarsi; uno di quegli incidenti insoliti ma istruttivi che rivelano come il governo a volte persegua interessi di lungo termine passando sopra le obiezioni del potente settore industriale che in larga misura lo controlla e persino gli fornisca personale, con considerevole eco nelle relazioni USA-Iran in anni recenti.
Lo Scià procedette a instaurare una tirannia feroce. Era regolarmente citato da Amnesty International come uno dei principali praticanti della tortura, sempre con forte sostegno statunitense mentre l’Iran diventava uno dei pilastri del potere statunitense nella regione, assieme alla dittatura della famiglia saudita e a Israele. Tecnicamente Iran e Israele erano in guerra. In realtà avevano relazioni estremamente strette, che emersero pubblicamente dopo il rovesciamento dello Scià nel 1979. Le tacite relazioni tra Israele e l’Arabia saudita stanno emergendo molto più chiaramente ora in seno al quadro dell’alleanza reazionaria che l’amministrazione Trump sta forgiando come base del potere statunitense nella regione: le dittature del Golfo, la dittatura militare egiziana e Israele, collegate all’India di Modi, al Brasile di Bolsonaro e ad altri elementi simili. Una rara parvenza di strategia coerente in questa amministrazione caotica.
L’amministrazione Carter appoggiò vigorosamente lo Scià fino all’ultimo momento. Alti dirigenti statunitensi – [Henry] Kissinger, [Dick] Cheney, [Donald] Rumsfeld – sollecitò università statunitensi (principalmente il mio MIT, contro forti proteste degli studenti ma acquiescenza dei docenti) a contribuire al programma nucleare dello Scià, anche dopo che egli aveva reso chiaro che stava perseguendo armi nucleari. Quando la rivolta popolare rovesciò lo Scià, l’amministrazione Carter fu apparentemente divisa se sottoscrivere il consiglio dell’ambasciatore israeliano di fatto Uri Lubrani, che consigliava che “Teheran può essere presa da una forza relativamente limitata, decisa, feroce, crudele. Intendo che gli uomini che guiderebbero tale forza dovranno essere emotivamente preparati alla possibilità di dover uccidere decine di migliaia di persone”.
Non funzionò, e presto l’ayatollah Khomeini prese il controllo su un’enorme ondata di entusiasmo popolare, stabilendo la brutale autocrazia clericale che tuttora governa, reprimendo proteste popolari.
Poco dopo, Saddam Hussein invase l’Iran con forte sostegno statunitense, indifferente al suo ricorso ad armi chimiche che causarono enormi perdite iraniane; i suoi mostruosi attacchi di guerra chimica contro curdi iracheni furono negati da Reagan, che cercò di incolpare l’Iran e bloccò la condanna del Congresso.
Alla fine gli USA presero in larga misura il controllo inviando forze navali per assicurare il controllo di Saddam sul Golfo. Dopo che l’incrociatore missilistico Vincennes abbatté un aereo civile di linea iraniano in un corridoio commerciali contrassegnato chiaramente, uccidendo 290 passeggeri e tornando in porto tra grandi festeggiamenti e premi per servizio eccezionale, Khomeini capitolò, riconoscendo che l’Iran non può combattere gli Stati Uniti. Il presidente Bush poi invitò scienziati nucleari iracheni a Washington per un addestramento avanzato alla produzione di armi nucleari, una minaccia molto grave contro l’Iran.
I conflitti sono proseguiti senza interruzioni, concentrandosi in anni più recenti sui programmi nucleari dell’Iran. Tali conflitti sono terminati (in teoria) con il Piano d’Azione Generale Congiunto (JPCOA) nel 2015, un accordo tra Iran e i cinque membri permanenti dell’ONU più la Germania, in cui l’Iran aveva accettato di ridurre drasticamente i suoi programmi nucleari – nessuno di essi riguardante armi nucleari – in cambio di concessioni occidentali. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che conduce intense ispezioni, riferisce che l’Iran ha rispettato interamente l’accordo. Lo spionaggio statunitense concorda.
L’argomento suscita molti dibattiti, diversamente da un’altra domanda: gli USA hanno rispettato l’accordo? Evidentemente no. Il JPCOA afferma che tutti i partecipanti sono impegnati a non impedire in alcun modo la reintegrazione dell’Iran nell’economia globale, particolarmente nel sistema finanziario globale, che in effetti è controllato dagli Stati Uniti. Agli Stati Uniti non è consentito di interferire “in aree di commercio, tecnologia, finanza ed energia” e altri.
Anche se questi temi non sono indagati, risulta che Washington ha interferito costantemente.
Il presidente Trump afferma che la sua effettiva demolizione del JPCOA è un tentativo di negoziare un miglioramento. E’ un obiettivo valido, facile da realizzare. Ogni preoccupazione riguardo a minacce nucleari iraniane può essere superata creando una zona priva di armi nucleari (NWFZ) in Medio Oriente, con intense ispezioni quali quelle attuate con successo nell’ambito del JPCOA.
Come abbiamo discusso in precedenza, ciò è molto semplice. Il sostegno regionale è schiacciante. Gli stati arabi hanno avanzato la proposta molto tempo fa e continuano a darsi da fare per essa, con il forte sostegno dell’Iran e degli ex paesi non allineati (G-77, oggi 132 paesi). L’Europa è d’accordo. In realtà c’è solo un’unica barriera: gli USA, che regolarmente oppongono il veto alla proposta quando arriva alle riunioni d’esame dei paesi del Trattato sulla Non-Proliferazione, più recentemente da parte di Obama nel 2015. Gli USA non permetteranno ispezioni dell’enorme arsenale nucleare di Israele, e nemmeno ne ammetteranno l’esistenza, anche se è fuori dubbio. Il motivo è semplice: in base alla legge statunitense (Emendamento Symington) ammettere la sua esistenza imporrebbe di bloccare tutti gli aiuti a Israele.
Dunque il semplice metodo per por fine alla presunta preoccupazione per la minaccia iraniana è escluso e il mondo deve far fronte a prospettive cupe.
Poiché questi temi sono scarsamente citabili negli USA, vale forse la pena di ripetere un’altra questione vietata: gli USA e il Regno Unito hanno una responsabilità speciale di operare per creare una NWFZ in Medio Oriente. Sono formalmente impegnati a farlo in base all’articolo 14 della Risoluzione 687 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che hanno invocato nel loro sforzo di escogitare una quale debole base legale per la loro invasione dell’Iraq, affermando che l’Iraq aveva violato la Risoluzione con programmi di armi nucleari. L’Iraq non l’aveva fatto, come sono stati presto costretti ad ammettere. Ma gli USA continuano a violare la Risoluzione fino a oggi al fine di proteggere il loro vassallo israeliano e di consentire agli USA di violare la legge statunitense.
Fatti interessanti ma che, purtroppo, sono troppo evidentemente esplosivi per vedere la luce del sole.
Non ha senso esaminare gli anni che sono seguiti nelle mani dell’uomo “mandato da Dio per salvare Israele dall’Iran”, nelle parole dell’importante figura dell’amministrazione, il Segretario di Stato Mike Pompeo.
Tornando alla domanda originale, c’è parecchio su cui meditare riguardo a su che cosa verta il conflitto. In due parole, principalmente il potere imperiale, e al diavolo le conseguenze.
L’espressione “stato canaglia” (usata diffusamente dal Dipartimento di Stato USA) si riferisce al perseguimento di interessi statali senza riguardo a standard accettati di comportamento internazionale e ai principi fondamentali della legge internazionale. Considerata tale definizione, gli Stati Uniti non sono un esempio lampante di stato canaglia?
I dirigenti del Dipartimento di Stato non sono gli unici a usare l’espressione “stato canaglia”. E’ stata usata anche da eminenti politologi statunitensi… con riferimento al Dipartimento di Stato. Non a quello di Trump, a quello di Clinton.
Nell’era tra le atrocità terroristiche omicide di Reagan in America Centrale e l’invasione dell’Iraq da parte di Bush, hanno riconosciuto che per gran parte del mondo gli USA stavano “diventando una superpotenza canaglia”, considerata “la singola maggiore minaccia esterna alle loro società” e che “agli occhi di gran parte del mondo, infatti, il primo stato canaglia oggi sono gli Stati Uniti” (il professore di scienze del governo di Harvard e consigliere governativo Samuel Harrington; il presidente dell’Associazione Statunitense di Scienze Politiche Robert Jervis. Entrambi nella principale rivista del sistema, Foreign Affairs, 1999, 2001).
Dopo l’ascesa di Bush, le qualifiche sono state lasciate cadere. E’ stato affermato come dato di fatto che gli USA “hanno assunto molte delle caratteristiche stesse delle ‘nazioni canaglia’ contro cui hanno… combattuto”. Altri, al di fuori della corrente prevalente negli USA, potrebbero pensare a termini diversi per il peggior crimine del millennio, un esempio da manuale di aggressione senza un pretesto credibile, il “crimine internazionale supremo” di Norimberga.
Si suppone che noi dobbiamo onorare la Costituzione statunitense. Perciò dovremmo onorare l’articolo VI, che dichiara che i trattati validi saranno “la legge suprema del paese”.
E a volte altri esprimono le loro opinioni. La società Gallup conduce regolari sondaggi dell’opinione internazionale. Nel 2013 (gli anni di Obama) ha chiesto per la prima volta quale paese sia la maggior minaccia alla pace mondiale. Gli Stati Uniti hanno vinto; nessun altro ci è nemmeno arrivato vicino. Molto indietro, al secondo posto, c’era il Pakistan, presumibilmente gonfiato dal voto indiano. L’Iran – la maggiore minaccia alla pace mondiale nel discorso statunitense – era a malapena citato.
Quella è stata l’ultima volta in cui la domanda è stata posta, anche non dovrebbe esserci troppa preoccupazione. Non pare sia stata riferita negli Stati Uniti.
Potremmo riflettere un po’ più su queste domande. Si suppone che noi veneriamo la Costituzione USA, specialmente i conservatori. Dobbiamo perciò venerare l’articolo VI, che dichiara che i trattati validi saranno la “legge suprema del paese” e che i dirigenti debbono essere vincolati da essi. Negli anni postbellici, il trattato di gran lunga più importante di essi è la Carta dell’ONU, istituita per iniziativa statunitense. Vieta “la minaccia o l’uso della forza” in affari internazionali; specificamente il ritornello comune che “tutte le opzioni sono aperte” riguardo all’Iran. E tutti i casi di ricorso alla forza a meno di essere esplicitamente autorizzati dal Consiglio di Sicurezza o per difesa contro un attacco armato (una nozione interpretata alla lettera) fino a quando il Consiglio di Sicurezza, che deve essere informato immediatamente, non sia in grado di bloccare l’attacco.
Potremmo riflettere su come sarebbe il mondo se la Costituzione statunitense fosse considerata applicabile agli USA, ma lasciamo da parte tale interessante questione, non, tuttavia, senza citare che c’è una professione rispettabile, chiamata “avvocati e docenti di legge internazionale”, che può spiegare in modo erudito che le parole non significano quel che significano.
Dopo l’invasione statunitense del 2003, l’Iraq ha lottato per mantenere una situazione equilibrata sia con Washington sia con Teheran. Tuttavia il parlamento iracheno ha votato, dopo l’assassinio di Suleimani, di espellere tutti i soldati statunitensi. E’ probabile che accada? E, in tal caso, quale impatto avrebbe sulle future relazioni USA-Iraq-Iran, compresa la lotta contro l’ISIS?
Non sappiamo se succederà. Anche se il governo iracheno ordinerà agli USA di andarsene, essi lo faranno? Non è evidente e, come sempre, l’opinione pubblica negli USA, se organizzata e impegnata, può contribuire a dare una risposta.
Quanto all’ISIS, Trump gli ha appena dato nuova voglia di vivere, proprio come gli ha dato un tessera di “uscire liberi di prigione” quando ha tradito i curdi siriani, lasciandoli alla mercé dei loro feroci nemici Turchia e Assad, dopo che avevano adempiuto la loro funzione di combattere la guerra contro l’ISIS (con 11.000 perdite, rispetto alla mezza dozzina di statunitensi). L’ISIS si è organizzato dapprima con evasioni dal carcere e oggi è libero di farlo di nuovo.
All’ISIS è stato fatto un dono benvenuto anche in Iraq. L’eminente storico del Medio Oriente Ervand Abrahamian osserva: L’uccisione di Soleimani… ha di fatto offerto all’ISIS una splendida occasione di riprendersi. Ci sarà una ripresa dell’ISIS in larga misura a Mosul, nell’Iraq settentrionale. E ciò, paradossalmente, aiuterà l’Iran, perché il governo iracheno non avrà altra scelta, per essere in grado di contenere l’ISIS, che affidarsi sempre più all’Iran (che ha guidato la difesa dell’Iraq contro la carica dell’ISIS sotto il comando di Suleimani)… Trump si è ritirato dal nord dell’Iraq, dall’area in cui stava l’ISIS, ha tolto la terra da sotto i piedi ai curdi, e ora ha dichiarato guerra alle milizie filoiraniane. E l’esercito iracheno non è stato in grado in passato di far fronte all’ISIS. Così, la cosa ovvia è oggi: come farà fronte il governo iracheno alla rinascita dell’ISIS?… non avrà altra scelta che affidarsi sempre più all’Iran. Così Trump ha di fatto indebolito la sua stessa politica, se vuole eliminare l’influenza dell’Iran in Iraq.
In gran parte come fece Bush quando invase l’Iraq.
Non dovremmo dimenticare, tuttavia, che un enorme potere può riprendersi dalla confusione e dal fallimento… se la popolazione nazionale lo permette.
Putin risulta aver superato in abilità gli USA non solo in Siria, ma quasi dovunque sul fronte mediorientale. Che cosa persegue Mosca in Medio Oriente e qual è la tua spiegazione della diplomazia spesso infantile esibita dagli Stati Uniti nella regione e, in effetti, in tutto il mondo?
Un obiettivo, sostanzialmente realizzato, era prendere il controllo della Siria. La Russia è entrata nel conflitto nel 2015, dopo che la fornitura di armi avanzate da parte della CIA agli eserciti prevalentemente jihadisti aveva fermato le forze di Assad. L’aviazione russa ha invertito il corso e, trascurando l’enorme pedaggio di vittime civili, la coalizione guidata dalla Russia ha preso il controllo della maggior parte del paese. La Russia è ora l’arbitro esterno.
Altrove, persino tra gli alleati statunitensi del Golfo, Putin si è presentato, apparentemente con un certo successo, come un attore esterno credibile. La diplomazia da elefante in una cristalleria di Trump (se quello è il termine esatto) consiste nel conquistare alcuni amici fuori da Israele, cui sta prodigando doni, e gli altri membri dell’alleanza reazionaria che sta prendendo forma. Qualsiasi idea di “potere morbido” è stata praticamente abbandonata. Ma le riserve statunitensi di potere forte sono enormi. Nessun altro paese può imporre sanzioni dure a volontà e costringere parti terze a onorarle, a costo di espulsione dal sistema finanziario internazionale. E naturalmente nessun altro ha centinaia di basi militari in tutto il mondo o qualcosa di simile al potere militare avanzato e alla capacità di ricorrere alla forza a volontà e con impunità. L’idea di imporre sanzioni agli Stati Uniti o di qualsiasi altra cosa che non siano una tiepida critica, confina con il ridicolo.
E così è probabili che permanga che “agli occhi di gran parte del mondo il principale stato canaglia oggi sono gli Stati Uniti”, considerevolmente più che vent’anni fa, quando queste parole sono state pronunciate, a meno che, e fintanto che, la popolazione non costringa il potere statale a perseguire un corso diverso.
Questa intervista è stata leggermente rivista per chiarezza e concisione.
C. J. Polychroniou è un economista politico/politologo che ha insegnato e lavorato in università e centri di ricerca in Europa e negli Stati Uniti. I suoi principali interessi di ricerca sono l’integrazione economica europea, la globalizzazione, l’economia politica degli Stati Uniti e la decostruzione del progetto politico-economico del neoliberismo. E’ un collaboratore regolare di Truthout e anche membro del Public Intellectual Project di Truthout. Ha pubblicato numerosi libri e i suoi articoli sono apparsi in una varietà di riviste, periodici, giornali e siti giornalisti popolari in rete. Molte delle sue pubblicazioni sono state tradotte in numerose lingue straniere, tra cui croato, francese, greco, italiano, portoghese, spagnolo e turco. E’ autore di Optimism Over Despair: Noam Chomsky on Capitalism, Empire and Social Change, un’antologia di interviste a Chomsky in origine pubblicate presso Truthout e raccolte da Haymarket Books.
da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/us-is-a-rogue-state-and-suleimanis-assassination-confirms-it/
Originale: Truthout
Traduzione di Giuseppe Volpe
FONTE:http://www.labottegadelbarbieri.org/gli-stati-uniti-sono-uno-stato-canaglia-noam-chomsky/
IL CORONAVIRUS HA SANCITO IL FALLIMENTO DELLA UE
di Mimmo Caruso – 2 APRILE 2020
Da italiano fiero del suo Paese e, perché no, orgoglioso delle proprie radici ho provato vergogna nel leggere l’appello che Carlo Calenda, dalle pagine del Frankfurter Allgemeine Zeitung ha rivolto al Governo tedesco per invitarlo a rivedere la propria posizione riguardo alla richiesta avanzata nel Consiglio Europeo di adottare gli Eurobond per affrontare la crisi aggravata dalla diffusione del coronavirus.
E ancora più vergogna ho provato nell’ascoltare la patetica intervista rilasciata alla Tv tedesca Ard dal miracolato di Volturara Appula che ha rinnovato la supplica dell’ex ministro dello Sviluppo Economico nei governi Renzi e Gentiloni dal momento che sono fermamente convinto che sia meglio mangiare pane e cipolla e non mendicare aiuti a governi che fanno i propri interessi e che, come accaduto in passato, cercano di sfruttare situazioni di emergenza per metterci in ginocchio.
Nel 1908, all’indomani del tremendo terremoto che colpì Messina e Reggio Calabria, Franz Conrad Von Hotzendorf, Capo di Stato Maggiore dell’esercito austroungarico, propose una guerra preventiva per regolare i conti con l’Italia approfittando della situazione di debolezza del nostro Paese colpito da quella immane sciagura che provocò oltre 100.000 vittime.
Allora pensavano di piegare il nostro Paese con le armi, ora intendono sottometterlo con il MES e le sue clausole di condizionalità che non siamo in grado di soddisfare.
Tempora mutantur et nos mutamur in illis ripeteva Ovidio oltre duemila anni fa e, non a caso, il Cancelliere Kurz ha appoggiato la posizione tedesca sul cosiddetto meccanismo di stabilità che altro non è se non la riproposizione sotto altre vesti dell’Operazione Alarich (da Alarico re dei Visigoti che saccheggiò Roma) messa in atto dalla Germania nella Seconda Guerra Mondiale dal momento che gli aiuti del MES sono subordinati alla preventiva valutazione di solvibilità e all’obbligo di ristrutturazione del debito pubblico circostanza che equivale a un default di fatto.
In pratica, aderendo al MES l’Italia si sottometterebbe ai diktat del suo direttore generale Klaus Regling e della Commissione Europea presieduta dalla tedesca Von der Leyen che a loro volta rispondono alla cancelliera Merkel interessata a chiedere all’Italia il versamento di 115 miliardi di euro utili per mettere in sicurezza le banche tedesche in crisi senza dare nemmeno un euro al nostro Paese se non a costo di ulteriori tagli al welfare e cessioni di asset a rilevanza strategica così come accaduto alla Grecia.
Conte e Calenda non hanno compreso che la Germania non conoscendo il significato della parola solidarietà di cui, peraltro, noi orgogliosi italiani facciamo volentieri a meno, non accetterà mai di pagare interessi sugli eurobond così come non fornirà mai garanzie per i debiti dei Paesi periferici UE e quindi avrebbero fatto meglio a mantenere un dignitoso silenzio.
Non hanno nemmeno capito che, insistendo nel voler affidare la gestione della crisi a un organismo finanziario internazionale estraneo al diritto primario UE, Germania, Austria, Finlandia, Olanda di fatto sono usciti dalla UE che anche in questa occasione ha dimostrato la sua totale inutilità.
Così come la Grande Guerra ha posto fine alla bella époque e il crollo del muro di Berlino ha decretato la fine del comunismo, il coronavirus ha sancito il fallimento dell’Unione Europea entità priva di valori e principi comuni, un vaso di coccio stretto nella morsa di giganti come Usa, Russia, Cina incapace come è di opporsi anche alle pressioni della Turchia di Erdogan.
E’ ora di portare i libri in tribunale!
FONTE:https://scenarieconomici.it/il-coronavirus-ha-sancito-il-fallimento-della-ue-di-mimmo-caruso/
POLITICA
Ecco a chi siamo in mano nell’ora più buia
20 MARZO 2020
È nell’ora più buia, che ci accorgiamo di quanto le nostre classi dirigenti siano inadeguate alla sfida dei tempi. Per rimanere alla metafora dell’oscurità, le élite di oggi sono come le vacche nere nella notte nera. Tutte: dal governo italiano ai tecnocrati europei, dalla Chiesa, agli intellettuali, al calcio. Gli aedi dell’antipolitica dicevano che uno vale uno. Loro, però, valgono zero. Ma pure gli anni di retorica sui “competenti” si sono sgretolati alla prima emergenza autentica (che poi, economicamente, è la seconda in una decina d’anni: e neppure il precedente è eccelso). Si può discutere lungamente sulle cause di questo decadimento atomico delle classi dirigenti. Si può aggiungere, a loro parziale discolpa, che la pandemia è per certi versi una crisi inedita (mentre, ad esempio, i Churchill o i De Gaulle, prima di trovarsi nell’inferno della seconda guerra mondiale, avevano già vissuto la prima). Per un’analisi del genere ci vorrebbe un libro. Qui, al massimo, possiamo trastullarci con una tragica galleria dei personaggi cui – ahinoi – sono affidate le nostre sorti.
Giuseppe Conte: il Vanesio. Doveva essere, stando al portavoce Rocco Casalino, il premier con meno apparizioni tv di sempre. Invece è tutti i giorni in video e sui giornali. Adesso ha anche delle ammiratrici social: “Le bimbe di Giuseppe Conte”, su Instagram, conta 270.000 follower. S’è paragonato a Winston Churchill, ma la fiducia riposta in lui dal 71% degli italiani (così assicura il sondaggista Ilvo Diamanti) sembra, più che un’entusiastica ammirazione, l’ultimo disperato appiglio di chi non sa più a che santo votarsi. Alla prova dei fatti, s’è dimostrato un ottimo spargitore di aria fritta, per quanto grandiosamente imbellettato. Prima, ignorando i virologi, ha rifiutato di mettere in quarantena chi tornava dalla Cina, chiudendo tuttavia i voli diretti e piombando il Paese nella giungla degli irrintracciabili arrivi con lo scalo. Poi è andato avanti a tentoni, di indiscrezione in indiscrezione, di decreto in decreto, imponendo (con 24 ore di ritardo, affinché sembrasse farina del suo sacco) le misure invocate dai governatori leghisti. Ha persino fatto lo scaricabarile sui medici di Codogno, ma per favore, non paragonatelo al generale che accusò i soldati della disfatta di Caporetto, Luigi Cadorna. Per rispetto di Luigi Cadorna.
Sergio Mattarella: il DesapareciNo. Stendiamo un pietoso velo sulla sua visita alla scuola cinese dell’Esquilino, dove s’era recato nei giorni in cui volevano convincerci che la vera emergenza nazionale fosse il razzismo. Tanti come il presidente, per la verità, che però della categoria è ovviamente il più illustre rappresentante. A un certo punto era sembrato che fosse stufo degli scivoloni del duo Conte-Casalino, tanto da essere pronto a sostituire in corsa il premier “pochettato”. Poi è andato in stand by. Deve aver perdonato Giuseppi. Ha saggiamente bacchettato la Bce, per tornare in campo, invocando l’unità nazionale, quando s’è incrinata la solidarietà politica del centrodestra. Nel frattempo, si sono sprecati gli attestati di stima e amicizia tra Mattarella e Xi Jinping. Forse l’inquilino del Quirinale non è il miglior comandante in capo che potessimo aspettarci. Ma sicuramente è il miglior amico di Pechino.
Beppe Sala: l’Involtino. L’8 febbraio era nella Chinatown milanese per sconfiggere, pure lui, il razzismo. S’è fatto immortalare mentre gustava un po’ di leccornie pechinesi. Col senno di poi, una mossa impropria. Ma il sindaco più fighetto d’Italia non è uno che demorde. E così, dopo il primo decreto del governo, l’avevamo ritrovato a organizzare, con Nicola Zingaretti, il fantozziano aperitivo dem sui Navigli, celebrazione degli assembramenti che le autorità sanitarie e l’esecutivo regionale imploravano di evitare. Perché, per dispetto ai leghisti, #Milanononsiferma. Travolto dagli eventi, Sala ha però dovuto pregare i cittadini di “ridurre la socialità”. Dopo s’è defilato, imbarazzato, in attesa che ci si dimentichi di quando si preoccupava per il business degli involtini primavera e del riso alla cantonese. Almeno, non ha assaggiato la tartare di pipistrello.
Christine Lagarde: la Gaffeuse. Che il suo mandato dovesse sancire la fine del paracadute della Bce, introdotto da Mario Draghi, era chiaro. Ma per fare la rigorista, ha scelto il momento peggiore, mandando a picco le Borse di tutta Europa e letteralmente radendo al suolo Piazza Affari. È stata costretta a chiedere scusa per la sua sortita (“non siamo qui per contenere lo spread”). Alla fine ha dovuto persino tirare fuori il bazooka: il maxi quantitative easing da 750 miliardi. Al che uno si chiede: ma se un microrganismo ha abbattuto i dogmi dell’eurozona – quelli che peraltro i Paesi all’apparenza più zelanti non hanno mai rispettato –tutto questo attaccamento a parametri di Maastricht, divieto di aiuti di Stato, controllo dell’inflazione eccetera, era solo un conglomerato di superstizioni?
Roberto Gualtieri: l’Acquafresca. Le urne di Roma centro, quasi svuotate dal coronavirus, gli hanno rovinato la festa per la conquista del seggio alle suppletive. Le armi da lui messe in campo per combattere l’emergenza economica sono a dir poco spuntate. Acqua fresca, appunto. Un’elemosina di 600 euro alle partita Iva (professionisti esclusi), un congedo parentale di due settimane (a metà dello stipendio), tasse rinviate di due mesi (solo ad alcune imprese). Senza contare che dopo la chiamata di Enrico Letta, insieme a Conte, s’era scoperto tafazziano, con l’ideona di ricorrere al Fondo salva Stati. Gli apologeti dicono: senza condizionalità. I detrattori invece sospettano che ci saremmo ritrovati in casa la Trojka. La quale, se è vero ciò che disse Federico Fubini, rispetto al virus è meno attratta dagli anziani: in Grecia, la sua “cura” ha aumentato la mortalità infantile. Nel frattempo, via XX Settembre, con Gualtieri, ha approfittato del decretone per accelerare sulla nazionalizzazione di Alitalia. Per certe cose, i soldi non mancano mai.
Angela Merkel: la Negazionista (pentita). Sembra che l’untore di Codogno venisse dalla Baviera. In Germania, nessuno lo sapeva. Per forza, lì per farsi un tampone bisogna raccomandarsi a san Pietro Canisio, patrono nazionale. E ai defunti, il test clinico non si somministra. Che sia l’economia o la sanità, in Germania si trova sempre il modo per truccare i numeri. Con la scusa dell’autonomia dei Länder, la cancelliera è riuscita a lungo a minimizzare l’epidemia, contenendo il panico e soprattutto limitando il tracollo finanziario (secondo la dottrina del ministro Peter Altmaier). Alla fine, la Merkel ha ceduto. Prima la sortita sul 70% dei tedeschi a rischio contagio, poi il drammatico discorso sulla “sfida più grande dalla seconda guerra mondiale”. Angela non poteva incontrare banco di prova più arduo, per congedarsi dalla sua leadership quindicinale.
Vincenzo Spadafora: il Minaccioso. Fa parte, come Casalino, del cerchio magico di Conte. E si vede. Imbarazzante la sua conduzione del capitolo sport, di cui è ministro. Aveva invocato partite a porte chiuse ma in chiaro, raccogliendo la disponibilità di Sky ma scordandosi che la pratica andava sbloccata da un atto del governo. Governo di cui è esponente. All’ultima giornata di Serie A (gestita in maniera altrettanto dilettantesca dal presidente di Lega, Paolo Dal Pino), ha fatto l’indignato perché Parma e Spal stavano scendendo in campo. Le ha fatte tornare negli spogliatoi, poi ha cambiato idea. Anche lì, s’era scordato dei poteri dell’esecutivo sullo stop al campionato. Stesso copione per il jogging: prima Spadafora l’ha autorizzato, dopo ha minacciato di proibirlo. È stata la sua strategia per combattere la sedentarietà: con tutte queste giravolte, di attività fisica ne ha fatta parecchia.
FONTE:https://www.nicolaporro.it/ecco-a-chi-siamo-in-mano-nellora-piu-buia/
Quella che verrà dopo non sarà stagione da giochetti politici
Non sarà questione di Conte contro Pinco Pallino e viceversa. Ci sarà bisogno di cambiare tutto ripartendo da zero. Cominciando, spero, da una bella Assemblea Costituente, come avvenne dopo la tragedia del fascismo e della guerra.
A scanso di equivoci: faccio il giornalista da cinquanta anni e credo di avere imparato a guardare a persone e fatti con il dovuto distacco. Se qualche volta mi schiero lo faccio esplicitamente: e quando mi capita, lo faccio sempre e orgogliosamente per partiti eroicamente ultra-minoritari, da prefisso telefonico. Attualmente sono felicemente scontento sia di questo governo raccogliticcio e pasticcione, sia di questa opposizione rappresentata da leader che abusano di toni demagogici e, talvolta, persino eversivi.
Da inguaribile romantico, mi ostino a credere che i politici veri, i grandi leader, se circostanze come oggi la tragedia della pandemia da coronavirus lo richiedono, debbano compiere qualsiasi sacrificio nel nome dell’interesse generale. Oggi abbiamo un presidente del consiglio che si chiama Giuseppe Conte, ma niente cambierebbe se si chiamasse Pinco Pallino. Ed abbiamo la fiera opposizione di tre partiti che fanno riferimento a Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, ma che pure potrebbero essere altrettanti Pinco Pallino. E c’è poi un Paese impaurito da una pandemia che ogni giorno ci presenta il conto di migliaia di nuovi contagiati e nuovi deceduti; ma anche angosciato dalla prospettiva di tantissime fabbriche che stanno chiudendo per non riaprire più. Un Paese, inoltre, con un carico di debiti che rischia il fallimento. Per questo, la settimana scorsa, su Pensalibero, mi è sembrato giusto, e nell’interesse generale, formulare una ipotesi: una sorta di armistizio ad una guerra senza senso e con soli sconfitti, quella tra filogovernativi ed oppositori. Prenda l’iniziativa Conte: dichiari subito che dopo avere condotto la nave in acque tranquille, lascerà il comando restando neutrale tra i combattenti che si affronteranno quando si voterà nuovamente. Le opposizioni non potranno non accettare, pena il marchio dell’irresponsabilità. E tutti riconoscerebbero la nobiltà del gesto del capo del governo.
L’articolo è stato letto da moltissima gente. La proposta accolta in vario modo. Sintetizzando, sono emerse tre posizioni: condivisione della proposta; contrari perché sarebbe mia intenzione favorire Conte “che deve togliersi subito di torno”; contrari perchè sarebbe mia intenzione penalizzare Conte “che è l’unico che sta facendo qualcosa”. Insomma, le consuete risse da tastiera; o se preferite da stadio, magari da parte di chi ha un guardaroba zeppo di magliette di diversi colori e indossate per altre squadre. Provo ancora, con qualche altro argomento, a spiegare perché la strada sarebbe quella giusta. E perché il “gioco sporco” non viene dalla mia proposta ma, casomai, dalle opposte tifoserie. Come si vede in questi giorni drammatici, l’avvocato del popolo ha bisogno di tanti poteri per guidare la battaglia contro il coronavirus. Tanti poteri e tante procedure straordinarie per decidere: una zona grigia e nebulosa, borderline rispetto alla Costituzione. Ed è giusto che abbia tutto questo, e che lo si lasci lavorare tranquillamente. Ma, se vogliamo il loro contributo, o il loro atteggiamento responsabile, anche i partiti di opposizione hanno bisogno di tranquillità. Ecco: un bel gesto di Conte, tipo “ragazzi, lasciatemi lavorare in pace, metto al sicuro il nostro Paese e poi lascio. Magari non per sempre, ma sicuramente per tutta la prossima legislatura. Ve lo devo: ho goduto di un atteggiamento speciale a causa del momento eccezionale. Non posso essere stato per uno o due anni, uomo di tutti e, subito dopo ridiventare uomo di parte”. E’ così fuori dal mondo? E, soprattutto, siete sicuri che dopo questa immane tragedia sanitaria e quella economica nella quale ci stiamo immergendo, tutto resti come prima in Italia, in Europa e nel Mondo? Il nostro sistema politico e la nostra organizzazione dello Stato ancora una volta si sono dimostrati un colabrodo inadeguato ad una moderna democrazia industriale. Per riemergere, dopo il coronavirus e le sue conseguenze, non sarà più tempo di maggioranze raccogliticce e opposizioni che giocano col fuoco. Non si illudano coloro che puntano sulla popolarità che potrà guadagnare Conte, o, al contrario sulla impopolarità che potrà derivargli dalla gestione della pandemia.
Non sarà questione di Conte contro Pinco Pallino e viceversa.
Ci sarà bisogno di cambiare tutto ripartendo da zero. Cominciando, spero, da una bella Assemblea Costituente, come avvenne dopo la tragedia del fascismo e della guerra.
Nicola Cariglia
FONTE:http://www.pensalibero.it/quella-che-verra-dopo-non-sara-stagione-da-giochetti-politici/
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