RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
17 GIUGNO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Giornate commemorative: punti nodali del fraintendimento
ELIAS CANETTI, La rapidità dello spirito, Adelphi, 1996, pag. 87
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SOMMARIO
ROMA COME PECHINO: LA DITTATURA SANITARIA PRONTA A SFERRARE UN ALTRO DURO COLPO AL CUORE DELL’ITALIA
Epstein è solo l’ultimo. Ecco la Lista Completa dei morti che hanno avuto a che fare con il Clan dei Clinton
Ritratto di Bill Primo, re del mondo
«OLYMPIA» DI ÉDOUARD MANET: LO SGUARDO DELLO SCANDALO
K’ILLUMINATI – La DIABOLICA moda promossa da Cèline Dion
PERCHE’ NON VALE LA PENA DI LEGGERE LA RELAZIONE COLAO
Gli altri Stati generali: ripensiamo il Paese assieme
IL GRANDE TOYNBEE PREVIDE NEL ’47 CHE UN’UNIONE EUROPEA SAREBBE STATA DOMINATA DALL’IMPERO TEDESCO.
La rivoluzione digitale e la schematizzazione del dissenso
I POTERI FORTI DIETRO LE QUINTE SPIEGATI DAL MEDICO-COLONNELLO RUSSO VLADIMIR KVACHKOV
Isteria antirazzista fuori controllo: “Gli Alpini sono razzisti e colonialisti. Il monumento va rimosso”
La raccolta Btp dimostra che l’Italia non ha bisogno proprio di nessuno
Il piano Colao
Cos’era la lira e perché dava tanto fastidio?
Nordio: “La magistratura? Una corporazione conservatrice che attacca chi chiede riforme liberali”
Maturità 2020: come funziona l’esame quest’anno
E’ morto lo scrittore Jean Raspail.
LA NORVEGIA BLOCCA LA SUA APP CONTRO IL COVID
Europa e Italia nel vortice della crisi: parla Guido Salerno Aletta
Intervista a Frank Dotro, responsabile della sezione americana della rete
CARO BERSANI, I MORTI A CAUSA DEL COVID VANNO ANNOVERATI FRA LE VITTIME DEL COMUNISMO
Discorso breve al popolo dei genuflessi
Apocalisse informatica in GEOX ed è la seconda volta
VACCINI CONTRO! La Strategia di Speranza va contro quella della Commissione
La più grande minaccia per l’umanità non è il cambiamento climatico ma l’Ia
La Battaglia di Lissa per capire il Veneto
IN EVIDENZA
ROMA COME PECHINO: LA DITTATURA SANITARIA PRONTA A SFERRARE UN ALTRO DURO COLPO AL CUORE DELL’ITALIA
I romani si preparano alla vita alla cinese: lockdown, riconoscimenti facciali e “città proibita”.
Ormai ci hanno abituati allo Stato di Polizia e alla repressione, ora sono pronti a nuovi e pericolosi attacchi.
Roma, cuore d’Italia e faro del mondo, è il prossimo obiettivo della dittatura sanitaria globale. Con la complicità dello Stato italiano. (Che di italiano ha solo il nome ormai)
di Ruggiero Capone
I vertici dello Stato stanno accarezzando l’idea, e non tanto velatamente, di bloccare Roma. Perché vorrebbero scongiurare le proteste della gente, come che passino sotto i riflettori i veri problemi della Capitale.
Così un lockdown romano concentrerebbe i media sul virus, omettendo di parlare di trasporti pubblici non a norma, dell’impossibilità di risarcire chi ha subito danni in autobus e metro, del cattivo uso che fa l’amministrazione dei milioni che incassa con Imu, Tasi, Tari, Cosap…
Perché solo il virus può salvare l’accordo romano (cosa non da poco conto) Pd-5 Stelle, scongiurando la campagna elettorale e, soprattutto, le categorie in protesta sotto il Campidoglio.
Perché l’amministrazione romana ha messo fuori legge ambulanti, autodemolitori, attività artigianali… creando un disastro occupazionale ampliato dal lockdown e dagli arresti di massa.
Ma come si potrebbe bloccare la città e tacitare le proteste?
Hanno iniziato a fare timidamente capolino su tiggì e giornali le storie di contagio da corona virus in palazzi occupati da sudamericani, quindi difficilmente monitorabili, e mentre altri esperti del piffero (pardon virologi) parlano con volto grave di focolai all’Istituto San Raffaele.
Così nei piani alti sognano di poter bloccare Roma come oggi accade in tre quartieri di Pechino.
E poi rincarano “avete visto in Cina? … lo avevamo detto che necessita predisporre una chiusura che prevenga la seconda ondata”.
Intanto la vetrina ampollosa degli “Stati Generali” ha di fatto già creato un secondo “piccolo lockdown” nelle zone tra Roma-Nord e Monteverde.
La polizia controlla tutto e tutti.
Elicotteri e droni muniti di raggi laser volteggiano notte e giorno, turbando i sonni dei romani.
L’evento è davvero rococò, e costa allo Stato (quindi ai poveri italiani) più di cinque milioni di euro tra sicurezza, ristorazione, accoglienza e pernotto degli ospiti, trasporti…
Tanto dispendio di risorse nel momento in cui viene dribblato il problema degli aiuti a chi ha perso lavoro, casa, azienda.
Il tratto di via Aurelia Antica che porta verso la Boccea è presidiato da un migliaio di cecchini che, appostati su alberi, palazzi e rovine romane, illuminano col loro cannocchiale tutti gli eventuali bersagli.
Colpo in canna e sarebbe un soffio colpire, come per errore sparare sul passante di turno. Le forze dell’ordine in assetto da guerra fermano, controllano, perquisiscono.
I residenti evitano d’andare a prendere un boccata d’aria verso Villa Pamphili, infastiditi da questa prova muscolare.
Intanto scopriamo che su Roma sperimentalmente potrebbe partire già da settembre il riconoscimento facciale per chi abitualmente frequenta le zone a traffico limitato.
E l’iniziativa verrebbe presentata alla cittadinanza come un servizio alla sicurezza dei cittadini. L’iniziativa andrebbe di pari passo con l’interdizione del centro al traffico di veicoli privati (richiesta presentata da Vittorio Colao agli Stati Generali), quindi il riconoscimento facciale si concentrerebbe su accessi ciclabili e pedonali.
Al vaglio delle autorità di sicurezza (Comitato provinciale per la sicurezza) anche l’eventuale progetto di Daspo per i cittadini ritenuti non compatibili a circolare nella zona sensibile, ovvero il centro di Roma.
Di fatto la Capitale va verso una politica dell’Interno di tipo cinese: ovvero una città per tutti ed una proibita e chi non nel novero delle alte cariche e personalità.
Tutto questo verrebbe deciso oltrepassando il popolo: richiesta che Colao ha fatto anche per il 5G.
Infatti il capo della task force ha detto chiaramente che, il pacchetto d’interventi andrà calato impedendo che cittadini ed enti locali possano osteggiare la ricetta.
Lo stesso Colao ha precisato che il 5G sarà alla base della sicurezza.
Quindi spionaggio a distanza nelle case e riconoscimento facciale.
Sarà una vita sul filo del lockdown.
Epstein è solo l’ultimo. Ecco la Lista Completa dei morti che hanno avuto a che fare con il Clan dei Clinton
Ritratto di Bill Primo, re del mondo
Roberto Pecchioli – 8 maggio 2020
FONTE:https://www.ricognizioni.it/ritratto-di-bill-primo-re-del-mondo/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
«OLYMPIA» DI ÉDOUARD MANET: LO SGUARDO DELLO SCANDALO
Édouard Manet adorava lo scandalo, bramava che al Salon i borghesi osservassero le sue opere sconvolti, strabuzzando gli occhi e facendo gesti di diniego. Amava a tal punto questa sensazione che, dopo le pesanti critiche rivolte alla sua Colazione sull’Erba del 1863, decise di rivedere totalmente il dipinto che stava realizzando per renderlo più scioccante: Olympia.
«Olympia» di Manet: analisi dell’opera
Il quadro, presentato al Salon del 1865, ottenne l’effetto che Manet sperava: scatenò le critiche e i dibattiti più feroci, scuotendo l’opinione pubblica ancor più della Colazione sull’Erba, tanto che dovette essere protetta da due poliziotti. Ma perché l’opera suscitò tanto clamore?
Leggi anche:
«La colazione sull’erba» di Manet, manifesto della modernità
Prima di tutto per il soggetto: Olympia era una prostituta, come si può notare dai molti dettagli all’interno dell’opera. La mano sul pube riprende le stampe pornografiche che circolavano all’epoca, l’orchidea tra i capelli, gli zoccoli calzati anche sul letto e il nastrino nero al collo, sensuale dettaglio volto a sottolineare la nudità della donna.
Poi la posa: il nudo sdraiato era un tipico stilema della pittura italiana del Rinascimento, ripreso poi da artisti come Velasquéz e Goya. Si trattava però di allegorie, come la celebre Venere di Urbino di Tiziano, simbolo del matrimonio e della fedeltà coniugale. Olympia sembra fare il verso proprio alla delicata opera conservata agli Uffizi: la posa e l’ambientazione sono molto simili, con la donna sdraiata su un letto, sollevata da numerosi cuscini, lo sguardo fisso verso lo spettatore. Anche la figura della serva è ripresa da Tiziano: nell’opera dell’artista veneziano due domestiche frugano in un baule ricolmo di vestiti, mentre nel quadro di Manet una donna nera porge alla dama un voluminoso mazzo di fiori, probabile omaggio di un ammiratore, o di un cliente.
Anche l’animale posto ai piedi del letto è un divertente rimando alla Venere di Urbino: nell’opera cinquecentesca un dolce cagnolino dorme accanto alla fanciulla, simboleggiando la fedeltà e l’abnegazione della sposa nei confronti del marito; in Olympia un gatto nero dallo sguardo stralunato fa la gobba e soffia contro lo spettatore, rivelando la natura forte e dominante della donna ritratta.
Il colore è steso con freddezza, senza indugiare nei chiaroscuri e nello sfumato, rendendo ancora più osceno il corpo di Olympia, che fissa lo spettatore con uno sguardo inedito nella storia dell’arte: non c’è la dolcezza della Venere di Urbino, né la provocante malizia della Maya Desnuda di Goya. La donna ci osserva freddamente, provocando quasi un senso di imbarazzo a chi incontra il suo sguardo. Non vuole sedurre, vuole essere pagata prima che ve ne andiate, mentre un altro cliente, forse proprio il mittente del mazzo di fiori, attende dietro il separé alle sue spalle.
A proposito di Édouard Manet
Édouard Manet (Parigi, 23 gennaio 1832 – Parigi, 30 aprile 1883) è stato uno degli artisti più importanti della Parigi di fine secolo. Precursore dell’impressionismo, la sua opera è debitrice del Realismo di Gustave Courbet e soprattutto delle innovazioni di Velàsquez, a cui aggiunge una nuova impostazione coloristica, lavorando su una resa espressiva dell’immagine attraverso l’uso della luce e delle campiture di colore. Per questo motivo viene indicato come uno dei padri dell’Impressionismo, dove l’accostamento e l’armonia dei colori prevalgono sulla resa dei volumi e dei dettagli formali.
L’opera di Manet divenne il simbolo della rottura con le accademie, pur rimanendo fedele alle esposizioni istituzionali. La sua opera, fortemente criticata dal pubblico e osteggiata dall’establishment, ebbe importanti sostenitori tra gli intellettuali dell’epoca, tra cui Émile Zola, Charles Baudelaire e Stéphane Mallarmé.
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
K’ILLUMINATI – La DIABOLICA moda promossa da Cèline Dion
giugno 7, 2020 — ZeRo
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L’arconte (avversario, arrogante) inganna non solo attraverso le parole ma anche e soprattutto attraverso i segni e i simboli.
(Pistis Sophia)
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Non occorre essere un semiologo (esperto di segni e simboli) per rendersi conto che c’è qualcosa di sinistro nella linea di abbigliamento (per bambini!) Celinununu, promossa dalla cantante Cèline Dion.
Celinununu fa parte del marchio di moda israeliano Nununu: la moda no-gender per i bambini, farcita di immagini devianti e simboli esoterici.
Secondo il comunicato stampa del brand:
“Con questo nuovo marchio, Céline Dion e Nununu vogliono LIBERARE I BAMBINI DAI RUOLI TRADIZIONALMENTE PREDESTINATI ALLE BIMBE E AI BIMBI, sviluppando una collezione che permetta loro di indossare ciò che vogliono, SENZA ASSOCIARE UN SESSO AI VESTITI”.
Vogliono “permette loro di indossare ciò che vogliono”, come se un bimbo di due anni che non sa neppure camminare ha miracolosamente la capacità di scegliere l’abito migliore per lui. E se potesse farlo ovviamente sceglierebbe abiti cupi, senza colori a parte un po’ di bianco e molto nero…
Sì, perché la collezione Celinununu – che comprende bene la mentalità e i gusti dei bambini – ha disegnato una linea composta da abiti scuri, quasi sempre tendenti al nero, con dei simboli e delle scritte che di infantile e innocente hanno ben poco.
Il disegno di “teschi”, la scritta “Nuovo Ordine”, cappucci a forma di corna, fotogallery ambigue che ritraggono i bimbi sotto insegne con allusioni sessuali… tutto questo è per il bene e la libertà dei bambini.
E alcuni genitori se la bevono pure.
Prima di vedere questi favolosi abiti diamo un’occhiata al video promozionale di Celine Dion.
VIDEO QUI: https://youtu.be/vSdSFKj-hOc
A prima vista sembra un video normalissimo, tant’è che la maggior parte dei notiziari e dei telespettatori ha trovato il video “esilarante”.
Altri individui, un po’ più attenti e meno ingenui, non hanno reagito bene al messaggio del video.
Il video inizia con Céline seduta sul retro di un SUV. Dice: “I nostri bambini non sono davvero i nostri figli”.
A quel punto Céline si intrufola in un reparto maternità e altera l’estetica della stanza e dei bambini.
Quando Céline scende dal SUV per entrare in un ospedale, i suoi vestiti diventano magicamente neri. Sta per succedere qualcosa di oscuro.
All’interno del reparto maternità dell’ospedale scopre qualcosa di inaccettabile.
Si rende conto che i maschietti sono vestiti di blu e le femminucce di rosa. L’orrore. Céline è completamente disgustata.
Allora Céline sparge della polvere nera e tutto cambia. In peggio.
Le immagini del maschietto e della femminuccia sul muro vengono sostituite con il logo del marchio. Tutto è ora nero, bianco. Infarcito con pupazzi raccapriccianti.
Questo bambino indossa un cappello con teschi. Sì certo, festeggiamo una nuova vita facendole indossare simboli che rappresentano la morte. La maglietta recita “Nuovo Ordine” … un abbreviativo per “Nuovo Ordine Mondiale”.
Passiamo ora alla collezione di abiti ritenuti innocenti e privi di altri riferimenti.
Le seguenti immagini le potete trovare nel sito del brand israeliano (https://www.celinununu.com/) oppure nella loro pagina Instagram (https://www.instagram.com/nununuworld/).
Questa è la moda dell’élite…
Questa è la foto in cima alla pagina Informazioni del marchio: un bambino il cui volto è tenuto stretto da uno scheletro. Uno degli occhi del bambino è “casualmente” nascosto.
L’agenda di Nununu non riguarda solo la neutralità di genere. Si tratta di qualcosa di molto più oscuro. Un rapido viaggio nella pagina Instagram del marchio rivela alcuni materiali inquietanti: la sessualizzazione dei bambini, il satanismo e il controllo mentale Monarch. In breve, tutte le ossessioni dell’élite occulta. (1)
Questo fa parte della collezione “Holiday” del marchio. Non ditemi che non sanno cosa significa “Ho” (slang per prostituta).
La canzone “Let’s Get Physical” parla di fare sesso. Chissà perché bambini si trovano proprio sotto quella scritta?
Questa ragazza indossa una camicia con “occhi che tutto vedono” – tatuati anche sulla mano. Sui pantaloni ci sono i numeri 3 e 6 (tre volte sei, cioè 666
Guardate bene come questi bambini NON siano allegri e neppure sorridenti. Indovinate come mai…
Una ragazza con le corna. Altre allusioni pseudo-sataniche.
Un bambino che porta un cappello con le corna da diavolo. Che carino, vero?
Qui sembra che un pedofilo schifoso abbia messo la sua grande mano sporca sul petto di questa ragazzina.
Questo bambino nasconde un occhio mentre indossa una maglietta con un teschio con un occhio nascosto. Inoltre, i suoi pantaloni sono dotati di occhi che tutto vedono.
L’account IG del brand contiene inoltre varie immagini e dipinti contrassegnati con #inspiration. Quasi tutti sono inquietanti e pieni di simboli che si riferiscono alle pratiche più oscure dell’élite occulta.
Sì, una bambina con la testa di un caprone e un libro di rituali satanici… vi ricordo che questo appartiene all’account IG di un marchio di abbigliamento per bambini che è estremamente popolare a Hollywood.
La didascalia di questa immagine è “Hidden Desire”. La mia didascalia sarebbe “Che problemi hanno queste persone?”.
Questa didascalia è: “Necessità di schiarirsi le idee”.
Il controllo mentale basato sul trauma serve appunto a “chiarire o ripulire le idee” delle vittime grazie all’abuso e al trauma psicofisico.
Giovani ragazzi in asciugamano. Le loro teste sono state sostituite con bulbi oculari.
Un teschio di animale usato per fare il segno di un occhio: l’ispirazione perfetta per vestiti da bambini.
Tutto di questa foto urla “infanzia distrutta”. Che vogliano distruggere l’infanzia di molti bambini?
Che belle ispirazioni per bambini
Questa immagine è puro controllo mentale Monarch- uno schiavo MK con diverse sub-personalità (ci ritorneremo).
Ci sono molte altre immagini, ma ne abbiamo viste abbastanza. Tutte puntano nella stessa direzione: depravazione dell’élite occulta e depredazione spudorata dei bambini. Tutta questa roba è “travestita” dal vocabolario ipocrita della neutralità di genere e della “liberazione dei bambini”.
E chi meglio di Céline Dion (e della sua salutare aura) può rendere questo progetto mostruoso attraente per le mamme con soldi da buttare?
Questa donna sprizza salute e gioia da tutti i pori…
La quarantena e la lontananza dai bambini le ha fatto male… che questa vampira sia in astinenza da Adrenochrome?
Adrenochrome = droga preferita dall’elite satanica che consiste in sangue infuso di adrenalina indotta dalla tortura di vittime sacrificali?
Fonte primaria (articolo originale americano): https://vigilantcitizen.com/latestnews/something-is-terribly-wrong-with-celine-dions-genderless-clothing-line/
Fonte secondaria (Blog italiano): https://neovitruvian.wordpress.com/2018/11/16/ce-qualcosa-di-malato-e-sbagliato-nella-nuova-linea-di-abbigliamento-genderless-di-celine-dion/
FONTE:https://risvegliodalsognoplanetario.wordpress.com/2020/06/07/killuminati-la-sinistra-moda-promossa-da-celine-dion/?fbclid=IwAR39idNM1mTKYuwTG5sC3rvzqg_nrHj605bKAbdmcedjr4osYw04840GhLw
BELPAESE DA SALVARE
PERCHE’ NON VALE LA PENA DI LEGGERE LA RELAZIONE COLAO
(figuriamoci applicarla)
Mi ero ripromesso di leggere la famosa relazione Colao, quelle 35 pagine che, secondo Contebis, dovrebbero essere la guida al salvataggio dell’Italia. Per fortuna che , partendo dall’inizio, mi sono capitate le premesse del documento che mi hanno mostrato come la lettura fosse solo una perdita di tempo.
Le premesse guidano le conclusioni: se queste sono sbagliate o superficiali, il resto è inutile. Vediamo le premesse del documento Colao:
L’Italia ha importanti punti di forza – tra cui creatività, dinamismo, imprenditorialità diffusa e
orientata all’export e una capacità di attrazione unica al mondo – ma la crisi ha messo in
drammatica evidenza cinque fragilità del nostro Paese, che hanno anche contribuito alla bassa
resilienza dell’economia italiana ai precedenti shock (2008-2009 e 2011-2012):
- Tassi di crescita economica e livelli di produttività da anni inferiori a quelli delle altre
grandi nazioni europee - Un rapporto tra debito pubblico e Pil tra i più alti dell’area OCSE
- La scarsa efficienza ed efficacia della macchina amministrativa pubblica
- Una rilevante economia sommersa (12% del Pil) con una significativa evasione fiscale
(oltre 110 miliardi di euro all’anno) - Un elevato livello di diseguaglianze di genere, sociali e territoriali, un basso tasso di
partecipazione femminile al mercato del lavoro ed un numero molto elevato di giovani
che non studiano e non lavorano.
Per ascoltare premesse così profonde, non accompagnate da nessun dato, neanche in nota, bastava ascoltare un talk show mattutino. Magari, essendo all’estero, sono state queste le sue principali fonti di informazione sull’economia italiana, ed un aziendalista puro non è detto che capisca qualcosa di economia politica, politica economica e pubblica amministrazione. L’esperienza aziendale dà un po’ di praticità, e dovrebbe essere obbligatoria per qualsiasi dipendente pubblico, che, prima dell’assunzione, invece che un concorso, dovrebbe gestire una pizzeria o un negozio per sei mesi, però non fornisce una maggiore intelligenza o visione, di per se. Dato che abbiamo parlato però dei temi in queste premesse per secoli a scenair, vorremmo tornarci:
- Produttività. La produttività, è un concetto noto dagli anni sessanta, non è qualcosa di infusione divina, ma viene a variare al variare dei volumi prodotti. La seconda legge di Kaldor afferma che la crescita della produttività della manifattura è direttamente proporzionale alla crescita della manifattura stessa, cioè del suo output. Le motivazioni sono varie e logiche: economie di scala, maggiore specializzazione, distretti industriali etc. Quindi Colao, se volesse più produttività, dovrebbe prima vedere come incrementare l’offerta, e quindi la domanda, dei prodotti italiani. Vai a vedere….
- Anche i sassi sanno ormai che il debito pubblico è cresciuto quando vi è stato il divorzio fra Banca d’Italia e tesoro, per il peso degli interessi, neanche per la spesa pubblica. Ed allora ? Colao No Euro?
- La scarsa efficienza ed efficacia della Pubblica Amministrazione è plasticamente dimostrata dal fatto che bisogna chiamare uno da Londra per scrivere queste banalità. Oppure non sarà un problema limitato alle due forze politiche gli gli hanno firmato il mandato?
- vediamo una fonte al di sopra di ogni sospetto per l’economia non rilevata. nel 2017 ISTAT affermava che si l’economia “Non rilevata” (quindi anche quella da attività illecite) era del 12%, ma anche affermava che era in calo il suo peso sull’economia di ben 1,5%. Il problema è che questo settore è anche influenzato da cosa è definito illecito e cosa non lo è. Oltre a questo c’è l’ovvia influenza della ricchezza, o povertà, collettiva e dei sistemi di assistenza sociale. Pensare per partito preso è stupido e va bene se fai un compitino, ma socialmente è devastante. Se mai il tema del giorno è l’esterovestizione degli utili con trasferimento delle sedi nei Paesi Bassi, Irlanda o…Londra. Toh, la città di Colao;
- Che il problema sia la disuguaglianza di genere è, francamente, una PALLA VERGOGNOSA, per la quale basta controllare i dati dell’Unione Europea/EurostatIl GAP di genere in Italia è fra i più bassi nell’Unione europea, quindi come facciamo a dire che il problema dell’Italia è il gap di genere? Seriamente, abbiamo cercato notizie o informazioni, o ci siamo basati sui soliti pregiudizi antitaliani? questo punto è stato fornto da qualche piddino povero di idee e che ripete a pappagallo quello che altri, magari veramente con questo problema, dice a Bruxelles.
La cosa migliore di questa relazione è di aver messo le proprie errate premesse in testa, evitando quindi la necessità di leggere il resto e facendo risparmiare un bel po’ di tempo da utilizzarsi più proficuamente, magari leggendo una Storia della Rivoluzione Francese. In conclusione, quando le premesse sono sbagliate o superficiali, o entrambe, il prodotto non può che essere superficiale, sbagliato e di scarsa qualità. Colao si è basato su una visione distorta e scorretta dell’economia e dell’Italia ed i risultato non è potuto essere che una relazione superficiale e, francamente, pericolosa. Eppure Colao festeggia a Villa Pamphili.
FONTE:https://scenarieconomici.it/perche-non-vale-la-pena-di-leggere-la-relazione-colao-figuriamoci-applicarla/
Gli altri Stati generali: ripensiamo il Paese assieme
Quali priorità dovrà seguire il Paese per riprendersi dalla fase di crisi esacerbata dalla pandemia di coronavirus? Quale agenda programmatica l’Italia dovrà strutturare sul piano politico ed economico per tornare a marciare e rialzarsi? Il “piano Colao” presentato all’esecutivo nelle scorse giornate e di cui il governo Conte discuterà a partire da questo fine settimana nei suoi “Stati Generali” a Villa Pamphili è davvero funzionale alla ripresa dell’Italia?
A queste e molte altre domande si proverà nelle prossime settimane a dare risposta nel corso di una serie di videoconferenze organizzate nel quadro dell’evento “Gli altri Stati generali” alla cui organizzazione la squadra dell’Osservatorio Globalizzazione ha avuto l’onore di partecipare assieme ad altre giovani e dinamiche associazioni e centri studio: Kritica Economica, portale di approfondimento e di discussione di teoria, storia e politica economica conquistatosi nei primi mesi del 2020 un posto nel dibattito; Sottosopra, associazione milanese organizzatrice di dibattiti di alta qualità sui temi caldi e più importanti dell’attualità, aventi l’obiettivo di fornire idee innovative per le sfide del presente; La Fionda, attiva e graffiante rivista di discussione e dibattito, che prende il nome, emblematicamente, dallo strumento di chi si ribella all’oppressione; Associazione Minerva, attivo gruppo di studenti universitari e giovani lavoratori che intendono rendere la competenza, il valore etico della cultura e dell’impegno civile il proprio linguaggio.
Fino al 21 giugno, in parallelo agli “Stati generali” di Villa Pamphili, anche il nostro quintetto di organizzazioni presenterà le sue proposte, le sue idee, i suoi progetti per ridare linfa vitale a un Paese, l’Italia, che affronta sfide cruciali per il suo futuro.
Dopo un intenso lavoro comune, la rete di organizzazioni ha messo in campo questi “Stati generali” alternativi, pensati per dare reale centralità nel dibattito a questioni come Europa, lavoro, disuguaglianze, ambiente, energia, politica industriale, istruzione e sanità di cui riteniamo si stia parlando in maniera eccessivamente confusa e tutt’altro che efficace. Rifiutando la logica di segretezza che sembra essere destinata a permeare la kermesse di Villa Pamphili, i nostri Stati generali sono aperti a tutti, ai vostri commenti, alle vostre orecchie, ai vostri occhi. Ospiti prestigiosi, temi bollenti, idee per ricostruire il Paese.
FONTE:http://osservatorioglobalizzazione.it/progetto-italia/gli-altri-stati-generali-ripensiamo-il-paese-assieme/
CULTURA
IL GRANDE TOYNBEE PREVIDE NEL ’47 CHE UN’UNIONE EUROPEA SAREBBE STATA DOMINATA DALL’IMPERO TEDESCO.
RILEGGERLO OGGI PER DIRE “NO” AL MES
Ieri, un’intervista del “Sussidiario” al professor Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, era titolata: “L’ultima mossa tedesca: senza la firma del Mes l’Italia non avrà più aiuti dalla Bce”.
Basta questo per capire tutto. Se qualcuno vuole appiopparti ad ogni costo un prestito, con le buone o le cattive (e tutti peraltro si rifiutano di prenderlo), perfino un bambino capirebbe che è una trappola.
Il professor Mangia lo spiega bene e spiega pure chi è, in Italia, che lo vuole: “qualche partito che, a Mes attivato, spera di continuare a governare l’Italia per conto terzi, come sta facendo adesso”. Solo che le conseguenze per il nostro Paese sarebbero pesanti.
Una cosa è evidente: la Germania la fa da padrona in tutte le istituzioni europee e vuole un’Italia sottomessa, con un governo che obbedisce a Berlino. Sarebbe questo “l’ideale europeo” che tanto è propagandato dai media?
TUTTO PREVISTO
Che l’Unione Europea sarebbe diventata solo lo pseudonimo dell’“Impero Tedesco” qualcuno – soprattutto in Gran Bretagna – lo aveva capito ancora prima della sua nascita.
Basta rileggere il grande Arnold J. Toynbee e specialmente un classico come il suo “Civilization on Trial”, che fu pubblicato in Italia da Bompiani, nel 1949, col titolo “Civiltà al paragone”.
Toynbee è stato uno straordinario storico, un filosofo della storia che – com’è tipico della tradizione inglese – ha avuto anche ruoli politici e diplomatici. In particolare è stato direttore dell’“Istituto reale per gli affari internazionali” di Londra dal 1925 al 1955 e da questo osservatorio ha potuto riflettere sulle vicende politiche europee.
La sua opera “Civilization on Trial” è del 1947 e – come ho detto – illustra in anticipo, alla luce della storia e della geopolitica, cosa sarebbero diventati gli eventuali “Stati Uniti d’Europa”.
Toynbee parte da ciò che era accaduto proprio in quegli anni, ovvero la tentata “unificazione” dell’Europa “manu militari” da parte di Hitler. Scrive:
“Hitler disse una volta che se l’Europa voleva diventare sul serio una potenza nel mondo del nostro tempo (…) doveva accettare la politica del Fuhrer e partecipare ad essa (…). L’Europa di Hitler, un’Europa unita con la violenza della conquista germanica e consolidata sotto la dominazione germanica, è il solo tipo di Europa che potrebbe presumibilmente, come potenziale bellico, competere sia con gli Stati Uniti, sia con l’Unione Sovietica: e una simile Europa, unita sotto il predominio germanico, estremamente ripugna a tutti gli europei non tedeschi”.
Toynbee ricordava infatti che solo pochi anni prima i popoli europei avevano sperimentato la spaventosa “dominazione tedesca” ed erano rimasti tanto scottati da non volerla rivivere mai più.
Tuttavia la domanda che sorge spontanea – e che implicitamente Toynbee affronta già nel 1947 – è la seguente: può esistere un’Europa unita per via pacifica che non diventi una colonia tedesca, un’appendice della Germania, ma sia e resti un’Europa dei popoli liberi e indipendenti?
Lo storico inglese sostiene che per ragioni geopolitiche e storiche ciò è semplicemente impossibile: in un modo o nell’altro, più o meno camuffata pacificamente, l’unità continentale europea sarà sempre una colonizzazione dell’imperialismo tedesco.
Ecco le sue pagine preveggenti:
“In un’Unione Europa che escluda tanto gli Stati Uniti quanto l’Unione Sovietica – e questo ex hypotesi, è il punto di avvio per tentare di costruire una ‘Terza Grande Potenza’ Europea – la Germania deve venir fuori, e al sommo, presto o tardi, in un modo o in un altro, anche se questa Europa unita dovesse presentarsi all’inizio con una Germania disarmata, decentralizzata o addirittura divisa”.
Toynbe infatti sottolinea la posizione geopolitica della Germania, che fra Usa e Urss “occupa una posizione centrale di comando” e aggiunge: “la nazione tedesca torna a primeggiare, numericamente, fra le nazioni più popolose di Europa: il cuore dell’Europa abitata da tedeschi (senza contare in esso l’Austria e quella parte della Svizzera che parla tedesco) contiene una parte preponderante della totalità di mezzi – materie prime, impianti e capacità umana – che l’Europa può applicare alle industrie pesanti”.
E i tedeschi sono molto “efficienti nell’organizzazione”, secondo Toynbee, che conclude: “In qualunque forma la Germania fosse inclusa, all’inizio, in una Unione Europea che non comprendesse né l’America né la Russia, di tale Europa essa diverrebbe, a lungo andare, la padrona: e quando la supremazia non potuta raggiungere con la forza in due guerre, fosse venuta alla Germania, sia pure, questa volta, per vie pacifiche e graduali, nessun Europeo non tedesco potrà credere che i Germanici, col potere a portata delle loro mani, avrebbero la saggezza di trattenersi dal ricominciare ad agitare la frusta e a giocar di speroni”.
Questo “problema tedesco” secondo Toynbee era, nel 1947, “un ostacolo insormontabile alla costruzione di una ‘Terza Grande Potenza’ europea”.
Invece purtroppo non è andata così. Quando, dopo il 1989, si è permessa la riunificazione tedesca, si è pensato di mettere le briglie alla potenza germanica con i Trattati di Maastricht e la moneta unica (l’euro), ma – al contrario – con tali mezzi le è stata aperta davanti un’autostrada perfetta per il suo dominio continentale.
La Merkel oggi è la grigia ragioniera dell’imperialismo tedesco sull’Europa. La “frusta” e gli “speroni” che paventava Toynbee oggi sono di natura economica. Lo si vede in questi giorni sul Mes e le altre sigle di presunti “aiuti” di cui si parla.
QUALE CONVERSIONE?
Essi, diversamente da quanto ripete la propaganda, non rappresentano affatto la “conversione” della Germania alla “bontà”, dopo le politiche del rigore che ci hanno devastato.
Come osserva Ugo Bertone, “la conversione di Angela Merkel, rapida e sorprendente, si spiega con il nuovo quadro dell’economia accelerato dalla crisi del coronavirus. La politica dell’austerità imposta all’Europa nel recente passato dipendeva dalla scelta di non investire nemmeno un euro sul rafforzamento di Eurolandia. A sostenere le sorti dell’export tedesco bastava e avanzava la domanda della Cina, combinata con la resilienza di altri mercati extra-Ue. Per quale motivo, insomma, preoccuparsi della tenuta dei mercati del Sud Europa quando le vendite in Oriente giravano a mille? Al più, i partner italiani e spagnoli potevano essere integrati nel ciclo di produzione tedesco, garantendo flessibilità e costi decrescenti”.
Ma ora (anche per “l’ondata di protezionismo in atto”) tutto è cambiato: “l’Europa, da terzista dell’industria tedesca, torna a essere un mercato di sbocco. L’austerità, già dogma per un Paese deciso a non essere coinvolto dalle vicende dei vicini, cede il passo a una presunta ‘generosità’ fatta di prestiti a tasso quasi zero che servono a rilanciare economie satelliti cui in un domani verrà presentato il conto. L’importante, per ora, è rilanciare l’economia tedesca che vive di export ridando fiato ai partner”.
Come dice l’inno tedesco: “Deutschland über alles”. Altro che Europa.
Antonio Socci
Da “Libero”, 10 giugno 2020
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
La rivoluzione digitale e la schematizzazione del dissenso
« Possiamo comprendere l’impatto sociale dello sviluppo di nuove reti di comunicazione e informazione solo se mettiamo da parte l’idea intuitivamente plausibile secondo cui i mezzi di comunicazione servirebbero a trasmettere contenuti simbolici, ma lasciando le relazioni tra individui fondamentalmente immutate. Dobbiamo riconoscere, invece, che l’uso dei mezzi di comunicazione implica la creazione di nuove forme di azione e interazione nel mondo sociale, di nuovi tipi di relazioni, e di nuovi modi di rapportarsi agli altri e a se stessi. ››
(Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità)
Qualsiasi scelta reca con sé delle conseguenze. Al di là dell’impatto che una decisione può produrre, ogni atto umano è tale in quanto detiene la capacità di generare reazioni da parte di chi ascolta. Prendendo per vero tale assunto di base, secondo quali direttive l’apparato informativo conferisce un’impostazione coerente al ruolo sociale che è tenuto a ricoprire? Nell’epoca dell’informazione istantanea e multimediale emerge con chiarezza la propensione da parte del sistema informativo di creare indirizzi di pensiero prestabiliti, all’interno dei quali far confluire filoni di interpretazioni precostruiti.
J. Thompson in “Mezzi di comunicazione e modernità” (1998), nel tentativo di delineare un quadro rappresentativo della realtà informativa esistente nelle nostre società, giunge all’elaborazione del concetto di “quasi-interazione mediata“. Trattasi di un approccio inedito largamente diffuso in gran parte dei mass media che reca con sé innovazioni capaci di capovolgere l’approccio unilaterale che da sempre ha caratterizzato il sistema informativo occidentale.
Tale interazione, mediante l’utilizzo del progresso digitale, della condivisione di contenuti multimediali e dell’espansione di nuove tecnologie consente il capovolgimento del tradizionale paradigma informativo unidirezionale, generando un apparato comunicativo che vede il protagonismo degli utenti, i quali si spogliano del ruolo passivo che ha sempre caratterizzato il pubblico dei mass media e adottano una funzione più attiva nel processo di informazione di massa.
Tale processo se da un lato viene presentandosi come il conferimento di una forma di pluralismo a vantaggio della massa di ascoltatori e utenti dei media, dall’altro reca con sé una serie di criticità proprie della rivoluzione digitale e della natura del sistema informativo occidentale. Il cambiamento di cui si fa promotore tale approccio si esplica mediante il mutamento da un approccio tradizionale fortemente centralizzato ad un’innovativa struttura comunicativa reticolare caratterizzata da una forte pervasività lungo le sue venature, capace talvolta di influenzare l’opinione pubblica e di offrire una narrazione degli eventi non in linea con la realtà. All’opinione pubblica viene conferita dunque l’illusoria possibilità di divenire il centro di tale processo, nella convinzione di esser partecipe e protagonista del più ampio processo informativo. Talvolta il dissenso, per via della sua naturale necessità di essere espresso, viene incanalato in direzioni previste e precostituite.
Alla luce di tale necessità, l’industria dell’elaborazione dell’opinione pubblica mette in campo diverse strategie di produzione di interpretazione della questione pubblica. Tale dimensione è finalizzata in ultima analisi alla capitalizzazione del dissenso, intesa come monetizzazione dell’insoddisfazione del pubblico rivolta alle quesioni di pubblico dominio. Le condizioni sociali dei nuovi paradigmi comunicativi offrono panorami relazionali che, seppur inediti, rispecchiano i tradizionali rapporti di forza esistenti nelle comunità occidentali. In tale ottica, l’apparato informativo altro non è che una diversa codificazione dei rapporti di potere.
« Il potere non unifica e non livella le differenze né verso l’alto, né verso il basso; il potere divide e oppone. Il potere è nemico giurato e soppressore della simmetria, della reciprocità e della mutualità ›› (Z. Bauman, Le sorgenti del male, 2013).
Foucault riteneva che la più generale concezione di potere dovesse essere ripensata come una serie di rapporti e di conflitti perpetui mirati ad accumulare quote sempre maggiori di egemonia. Trattasi di un processo contrassegnato da indirizzi di lotta perpetua, alla luce dei quali la stessa pace non può che essere interpretata come una sorta di guerra silenziosa. Al netto di tali considerazioni, è facile immaginare come qualsiasi atto informativo sia mirato ad alimentare tali contrasti, nella direzione della più ampia lotta per il potere. Lotta che necessita di esprimersi anche mediante il sistema informativo. Marcuse in “L’uomo a una dimensione” ritiene che il capitalismo sia riuscito a contenere le sue contraddizioni, i suoi squilibri e le sue diseguaglianze mediante l’elaborazione di un sistema sociale pervasivo dotato di una sistematica eliminazione del pensiero critico. In tale contesto di “desublimazione repressiva” il pensiero umano viene sostituito da sistematiche strategie di intrattenimento e disinformazione. Gli studi sulla sociologia della comunicazione annoverano diverse tecniche relative all’approccio informativo di massa. In particolare, due specifiche strategie emergono nel più ampio spettro dell’economizzazione dell’insoddisfazione sociale. La prima riguarda la saturazione comunicativa, consistente in un’offerta perenne e sistematica di informazioni mirate al sovraccarico dell’attenzione individuale. La saturazione concentra in sé un numero assai elevato di notizie al fine di distogliere la concentrazione su determinati avvenimenti. Il numero ingente di news offerte su argomenti talvolta ritenuti “superflui” viene elaborato nell’intento di attirare l’attenzione su un versante parallelo ai nuclei di informazione più scomodi o soggetti ad “insabbiamento“. La seconda strategia è la creazione di pilastri di interpretazioni fra loro contrari, mirati alla creazione di un’antinomia fra filoni di opinioni elaborate dai mass media sulla base delle tematiche più popolari. La creazione di contrapposizioni di opinioni pre-elaborate segue la direzione della manipolazione del giudizio, secondo cui tali pilastri di interpretazioni devono necessariamente essere distanti da una presa di coscienza della problematica reale. La costruzione di un’impalcatura di giudizio dell’opinione pubblica deve adempiere alla creazione delle condizioni necessarie a distogliere l’attenzione della massa di ascoltatori. In tale contesto, ai fini del consolidamento delle opinioni dominanti, si possono collocare interventi mediatici quali la presa di posizione di personaggi famosi al grande pubblico, campagne mediatiche e pubblicitarie, flash mob.
Ai fini della nostra analisi, per comprendere la genesi del dissenso è utile fare riferimento alle tesi sulla “disobbedienza civile” di Hannah Arendt ove notiamo come tale disobbedienza, al contrario della disobbedienza rivoluzionaria, sia mirata alla messa in campo di manifestazioni aventi l’obiettivo di contestare determinate questioni, le quali possono essere espresse individualmente senza necessariamente far riferimento a istanze rivoluzionarie. Il rischio della nozione arendtiana della disobbedienza risiede nel fatto che, pur rimanendo nella dimensione della contestazione, il dissenso, esprimendosi talvolta individualmente e senza particolari ambizioni rivoluzionarie, può sfociare in un mantenimento dello status quo e nel suo rafforzamento. Ed è in tale ottica che si inserisce la moderna comunicazione di massa, ove cioè la possibilità di contestare risulta fine a sé stessa nella misura in cui tutte le spinte di dissenso spontaneo vengono interiorizzate dalle medesime dinamiche produttrici della contestazione, le quali mantengono il loro potere e conferiscono sistematicamente al pubblico un elementare quota di partecipazione al dibattito pubblico.
« Questa società cambia tutto ciò che tocca in una fonte potenziale di progresso e di sfruttamento, di fatica miserabile e di soddisfazione, di libertà e di oppressione. ›› (Herbert Marcuse, La tolleranza repressiva, 1968).
Stuart Hall, caposcuola dei Cultural Studies britannici, mediante una prospettiva di ispirazione marxista, sostiene che i moderni media permettono l’emergere di un foro pubblico in cui vengono discussi i problemi della società, ma che tuttavia esso può venire abilmente controllato e manipolato per rispondere agli interessi di specifici settori posti al vertice della stratificazione sociale. È chiaro dunque che il panorama informativo relativamente alla soglia di progresso a cui giunto palesi innumerevoli contraddizioni. L’apparato informativo va inteso come una sovrastruttura collocata al vertice dei nostri sistemi sociali. Da esso si diramano le nostre opinioni, punti di vista e osservazioni. Supporre l’assenza di contrasti e di lotte finalizzate alla conquista di quote di potere da parte dei soggetti che operano al suo interno è quanto mai utopico. L’industria informazionale, forte della sua natura unidirezionale, seppur mascherata da un pluralismo irrisorio, necessità di essere inquadrato nel più ampio dibattito sul potere e sui rapporti di forza esistenti all’interno della società. «La prima condizione necessaria per godere la libertà è la conoscenza di sé stessi, e tale auto-conoscenza è impossibile senza l’auto-confessione ›› (Karl Marx, Dibattiti sulla libertà di stampa, 1842)
FONTE:http://osservatorioglobalizzazione.it/osservatorio/la-rivoluzione-digitale-e-la-schematizzazione-del-dissenso/?fbclid=IwAR0p-upAaVK4QaCh-5lLut8T6MMTW3OR6eUrftf2M7A9lI0Kt-05OAIRCJ4
I POTERI FORTI DIETRO LE QUINTE SPIEGATI DAL MEDICO-COLONNELLO RUSSO VLADIMIR KVACHKOV
INTERVISTA CON UN ESPONENTE DI SPICCO DELL’INTELLIGENCE RUSSA (VIDEO A FINE ARTICOLO)
Circola in rete grazie a Telesmunto e a Luigiman un video estremamente importante realizzato in Russia, dove un giornalista moscovita intervista una delle autorità russe più rappresentative del momento nel settore medico-strategico-militare, che risponde al nome di Vladimir Vasilievich Kvachkov.
IL COLONNELLO KVACHKOV SI DIMOSTRA INFORMATO E COMPETENTE
La rilevanza di questo documento deriva dal fatto che è inedito e che proviene da un personaggio informato dei fatti e che racchiude in sé conoscenza avanzata e approfondita dell’intera vicenda ginovirus sia dal punto di vista epidemiologico che da quello strategico. Parliamo di un militare russo, e pertanto si tratta di un punto di osservazione autonomo e assai diverso dalle usuali fonti americane ed europee, tutte filtrate e manipolate da media mainstream addomesticati, censurati, monolitici e manipolati a bacchetta dal regime.
LA RUSSIA DI OGGI È PUNTO DI EQUILIBRIO
Ognuno deve saper valutare con la propria testa quanto accade e perché accade, per cui ogni dato e ogni valutazione vanno filtrate e interpretate. Tuttavia, guardare oggi alla Russia di Putin come osservatorio politico-economico-salutistico internazionale significa trovare più agevolmente quella informazione che ci viene negata. Ci dà inoltre modo di percepire dati e umori che girano negli alti gradi dell’esercito di una grossa potenza mondiale che al momento si trova oggettivamente su posizioni di osservatrice critica ed obiettiva, oltre che temporaneamente fuori dai giochi conflittuali tra Cina e America.
ESISTE UN PALCOSCENICO VISIBILE ED ESISTE UN POTERE OCCULTO DIETRO LE QUIONTE
Da rilevare che Kvachkov usa in continuazione, almeno una ventina di volte, l’espressione “behind-the-scenes” (dietro le quinte), per definire i poteri forti della finanza internazionale, ovvero i burattinai che stanno guidando e provocando l’intera pagliacciata mondiale Coronavairus. C’è dunque da una parte chi tira le fila, e dall’altra, sul palcoscenico della vita quotidiana, una massa di comparse manovrate e telecomandate. Ovvio che i termini e i toni usati da Kvachkov sono compassati e misurati, da persona militare e saggia a conoscenza dei fatti, ma le sue stesse espressioni facciali lasciano trapelare il suo pensiero fortemente critico sull’intera vicenda. La parola al colonnello Kvachkov dell’Intelligence Russa. Come mio solito ho arricchito ed esplicitato il testo senza mai modificarne il senso.
IL PROBLEMA VIRALE È LA PILLOLA IDEOLOGICA PER CHI SI ACCONTENTA DI POCO
A mio avviso il Coronavirus non va esaminato affatto dal punto di vista della salute della gente, dal punto di vista epidemiologico. Occorre invece guardare e valutare il tutto nell’ottica di un conflitto epocale tra le forze globali religiose, politiche, economiche, militari, finanziarie e nazionali. Il fenomeno come pandemia è una pura menzogna. Si tratta di una speciale operazione di strategia globale. Trattasi anche di esercizio o training preparativi di come il mondo tenderà ad essere secondo i suoi maggiori protagonisti operanti nell’ombra, motivati sempre di più al controllo politico delle masse, dell’intera umanità.
NON C’È PIÙ FEDE NÉ IN DIO NÉ IN SATANA
Questo è il reale obiettivo del Coronavirus. Fatto è che oggi crediamo poco all’esistenza di Dio, ma ancor meno crediamo all’esistenza di un Satana Nemico della Razza Umana, mentre invece non è detto che tale Nemico non esista. Ho grossi dubbi però che il nemico sia un un banalissimo frammento chiamato Virus. Questo è il mostro apparente creato a uso e consumo della popolazione plasmabile-lavorabile-imbrogliabile-impressionabile.
CENTO MILIONI DI PRIVILEGIATI PADRONCINI E UN MILIARDO DI PARIA
Pertanto, l’obiettivo evidente dei poteri finanziari e sionisti “behind-the-scenes” è la riduzione della popolazione mondiale, noto tema esplicitamente annunciato e auspicato da Kissinger 20 anni or sono e via via dalla Trilaterale, dal Bilderberg e dalla massoneria. Questa è la loro idea fissa. Per loro c’è sulla Terra troppa gente normale e ordinaria che non risponde alla loro visuale e ai loro diabolici piani. Dovrebbero esserci circa 100 milioni di persone in tutto a spartirsi le risorse del pianeta e, al massimo, un miliardo di gente obbediente e senza grilli in testa, pronta a produrre, lavorare e a servirli. Questo è il loro preciso e circostanziato disegno.
CORONAVIRUS E CRISI FINANZIARIA SONO LA STESSA MOSSA
Ecco perché il Coronavirus e la crisi finanziaria mondiale sono emersi in modo simultaneo, legati indissolubilmente l’uno all’altro. L’obiettivo chiaro e lampante è di contrastare le eccessive libertà politiche nel mondo intero. Una specie di piano per irreggimentare il pianeta. Qualcosa che non sarebbe stato possibile ottenere in termini politici sia nella libera America che nella Repubblica capital-comunista cinese. Ci sono forti diversità tra le costituzioni dei diversi paesi, tuttavia le genti del mondo si sono abituate e standardizzate a usufruire e a pretendere troppi diritti, mentre è necessario rigare dritti in regime di decrescita, di depopolamento e di controllo sociale.
IL DECRETO MONDIALE LIBERTICIDA PARTE DALLE TORRI GEMELLE
Il primo tentativo di togliere tali diritti alla gente è arrivato con la data fatidica dell’11 settembre 2001. Non molti sembrano ricordarsi che, dopo il cosiddetto attacco pianificato alle WTC Towers di New York, il Pentagono e la Casa Bianca -forti di tale alibi tanto spettacolare quanto prefabbricato- hanno dichiarato guerra globale al terrorismo. Per capire cosa sia oggi il Coronavirus occorre analizzare quello che è stata la dichiarazione di guerra all’umanità, guerra all’umanità mascherata da guerra al terrorismo. È successo 19 anni fa, sembra ieri. I poteri forti dietro le quinte hanno creato l’evento dell’11 Settembre. Sono diventate sempre più brave, intraprendenti, avventurose nel prevedere e creare in anticipo determinati eventi piuttosto che nel subirli da parte del caso o da forze incompatibili col loro volere.
PARLARE DI VIRUS È SEMPLICEMENTE FUORVIANTE
Ecco perché oggi sentivano la necessità di un’altra scusa per incrementare in modo formidabile il controllo su una umanità troppo arrembante, libertaria, fastidiosa e disobbediente, sia a ovest che a est. Tutto qui, né più né meno. Non è epidemia e non è pandemia. Ho esaminato poco fa i dati veri al di là delle cifre gonfiate ad uso e consumo del pubblico malleabile, al di là delle manipolazioni di rito. Stanno morendo per motivazioni virali 300 persone al giorno nel mondo intero. Trecento persone da salutare con pena e dispiacere, ma in termini statistici si tratta di una miseria. 300 al giorno su 7,5 miliardi di persone: una cifra insignificante e normalissima.
MANOVRE A DANNO DELLA GENTE COMUNE
Qui ci troviamo davanti a ben altro. Qui si tratta di esercizi strategici di comando personale da parte del regimi forti a danno della cittadinanza. Esercizi e manovre mirati a limitare le libertà politiche ed economiche, mirati a spaventare la gente e a renderla meno effervescente, reattiva e pretenziosa.
IL PANICO E LA CORSA AL CIBO
Mentre parliamo, il popolino sciocco e in stato di panico evidente sta assaltando letteralmente il grande supermarket a nostro fianco, allo scopo di accumulare provviste in vista del peggio. La gente sta tesorizzando miglio, grano saraceno, farine varie e persino carta igienica. Perché tutto questo? Esiste un progetto specifico mirato a spaventare la massa di tutti i paesi, a mantenerla tesa, preoccupata, sul filo del rasoio. Soprattutto la massa europea e cinese. Quella russa reagisce di conseguenza. La vera epidemia è questa, non il virus.
IDEE CHIARE E OBIETTIVI PRECISI
In sintesi l’obiettivo N. 1 è il più satanico, cioè quelle di ridurre la popolazione. L’obiettivo N. 2 è quello di impadronirsi ulteriormente del potere o di renderlo più sicuro e rafforzato mediante controllo dei singoli, delle comunità e delle nazioni. L’obiettivo N. 3 è quello riguardante il controllo di finanza, economia, sovranità monetaria e disponibilità contante. Il potere finanziario e il controllo delle banche è ovviamente di basilare importanza.
MONDO INSOSTENIBILE DA SGONFIARE
Ogni prodotto esistente sul mercato, dalla penna biro all’automobile subisce un gonfiamento di valore di almeno 20 volte rispetto ai costi di produzione, per cui tutti viviamo in una abnorme bolla finanziaria di un quadrilione e 200 trilioni di dollari. Bolla irreale e insostenibile che deve essere sgonfiata e deflazionata. In che modo si può ottenere tutto questo? Solo con una crisi mondiale artificiale prodotta a comando.
DECRESCITA OBBLIGATA PER LA MASSA
Chi ha il potere, chi ha il coltello dalla parte del manico e conosce alla perfezione i meccanismi monetari, inflattivi e deflattivi, ha pure il piede sul freno e sull’acceleratore della crescita e della decrescita, dell’impiego e della disoccupazione. Non si riesce più a sostenere i ritmi di vita e di consumo e pertanto si restringe la cintura alla massa, facendo crollare l’economia a comando.
INGEGNERIZZAZIONE DEL VIRUS SECONDO TECNICHE BEN NOTE ALLA GUERRA BATTERIOLOGICA
Ora siamo in un momento particolarmente importante e delicato. Quando in un virus vai a prendere la molecola di Rna, non di Dna ma del suo corrispondente retrovirale Rna, e trovi che una parte del genoma (totalità dei geni di una cellula) è stata chiaramente tolta e che un’altra parte estranea è stata inserita a suo posto, e trovi pure che questo è avvenuto non una volta a caso ma 2-3 o più volte, è ovvio che alla fine i ricercatori che lavorano in laboratorio scoprono il trucco. Gli scienziati cinesi di Wuhan se ne sono finalmente accorti e l’hanno capito, denunciando il tutto, e conformandosi poi alle disposizioni strategiche del politburo di Pekino.
MANOVRE E CONTRO-MANOVRE TRA CINA E AMERICA
Si è trattato di una creazione artificiale, con diffusione intenzionale avviata da Wuhan mediante 2 ceppi differenziati. Capito il gioco degli americani, i cinesi -volpi della situazione- hanno trasformato l’azione sporca degli americani in strumento utile ai loro fini di controllo politico interno verso il proprio malcontento popolare in pericolosa crescita, hanno colto cioè al volo l’occasione per soffocare ogni rivolta studentesca e popolare interna senza dover ripetere Piazza Tienamen.
PARLARE DI VIRUS SIGNIFICA CADERE NEL RIDICOLO
Che dire dell’Italia? Cosa è mai successo in quel paese? Come può essere che un ceppo diverso, più virulento e pericoloso di quello cinese, sia apparso d’improvviso in Italia? Penso che da quelle parti ci siano state alcune migliaia di colpiti e un migliaio di morti in tutto. Ma, anche in questo caso, in Italia si verificano morti 100 volte maggiori per influenza, polmonite, scrofola ed epatite. Direi che tutto sommato non serve parlare tanto di colpiti, di ammalati e di morti. Ce ne sono sempre e dovunque purtroppo. E direi che non è nemmeno il caso di parlare di virus. Sarebbe una perdita inutile di tempo.
SIAMO SOGGETTI A UNA MASSICCIA OPERA DISINFORMATIVA
Concentriamoci piuttosto sul fatto che ci viene servita e propinata quotidianamente una ondata propagandistica, una massiccia e brutale psico-informazione. Siamo di fronte a una grossa operazione di manipolazione delle masse coi mass-media globalità al servizio dei sionisti illuminati ai vertici mondiali, autori dell’attuale clima terroristico mondiale. Ora stanno verificando la geografia politica dell’assenso e del dissenso, chi sta con loro e contro di loro, una specie di conta e di verifica delle forze in campo. Stanno osservando chi obbedisce e chi no.
XI JINPING GIOCA AL GATTO E AL TOPO
È un mondo a rischio per tutti, sia per chi obbedisce che per chi si ribella. In Cina hanno introdotto misure draconiane. Ma Xi Jinping è anche andato a Wuhan, rimettendo al suo posto la fazione pro-americana responsabile della manipolazione, come a dire “Grazie, la vostra operazione per quanto turbolenta, mi risulta gradita e conveniente e mi permette di controllare meglio senza dispiegamento di forze militari le zone ribelli di Hong Kong e i movimenti indipendentisti interni alla Cina, mantenendo pure un minaccioso stato di allerta verso Taiwan.
FAZIONI INTERNE SISTEMATE PER LE FESTE GRAZIE ALLA MOSSA VINCENTE DEL PRESIDENTE
Da rilevare che in Cina non tutto fila liscio come appare. Esiste una fazione politica patriottica e socialisteggiante o filo-cinese, in qualche modo più vicina a noi e all’Europa, e che è pure preferita dal presidente. E ci sono pure nel contempo i filo-americani ex membri del Komsomol, una fazione più “money-oriented”, più focalizzata nel fare soldi sul piano speculativo. Questa fazione cerca di usare il Coronavirus per ricavarne benefici politici ed economici. Da parte sua Xi Jinping ha tacitato tutti facendosi eleggere presidente a vita.
IL COMPAGNO XI JINPING CONOSCE IL FATTO SUO
L’abile manovratore cinese Xi Jinping ha saputo per ora tenere tutti al loro posto e, conseguentemente, si è risolto il problema virale in Cina. E a quel punto l’ondata virale si è trasferita in modalità strane verso l’Italia e l’Europa, (e con le propagazioni pompate a dismisura dai media in USA, Brasile, India e Sud-Africa, NdT).
TUTTA UNA QUESTIONE DI GRANDI MANOVRE POLITICO-STRATEGICHE
Come intelligence militare, noi guardiamo con attenzione al chi e al dove. Europa e Cina sono al momento 2 realtà geopolitiche oggettivamente in conflitto con gli USA, avversarie degli USA. Ora capite spero il perché è stato inventato ed ingegnerizzato e gonfiato mondialmente questo Coronavirus.
Come accennato, si è andati per punti dalla dimensione religiosa-diabolica e distruttiva del popolo terrestre, al controllo politico sull’umanità, alla deflazione o sgonfiamento della bolla finanziaria. La quarta dimensione è la eliminazione della concorrenza geo-economica tramite un mercato mondiale unico dai costi di produzione e dai prezzi controllati. Come dicevo all’inizio, l’obiettivo dichiarato è un mondo ordinato e manovrato dai soliti sangue blu che, circondati da lobbisti e leccapiedi, controllano un miliardo di paria e di derelitti obbedienti e a libertà limitata.
SCORDATE IL VIRUS: NON C’ENTRA PER NIENTE CON L’EMERGENZA MONDIALE
Ve lo dico e ve lo rivelo in tutta chiarezza, senza secondi fini, nella mia funzione e nel mio ruolo ufficiale del Centre for Defence and Strategic Studies of the General Staff of the Russian Armed Forces (o Centro Studi Strategici delle Forze Armate Russe): il virus non è niente al di là di fare da spauracchio. Tutto va riportato sul piano dello stop totale alle normali attività umane, stop voluto, previsto e desiderato.
PRIMO SCOPO È CREARE UNA INSANABILE FRATTURA TRA CINA ED EUROPA
A questo punto l’intervistatore russo chiede quale sia la valutazione e l’impatto umano della presente epidemia. Colonnello Kvachkov, ti ringraziamo di quanto esposto in stile netto, franco e militare. Puoi darci qualche previsione e qualche consiglio per il futuro? Puoi dirci quali paesi saranno sotto pressione?
La Russia certamente dovrà soffrire in futuro. Fanno troppa gola le sue risorse energetiche e territoriali. America e Russia non sono in concorrenza attualmente. In questo momento i principali sforzi dei poteri occulti dietro le quinte americane sono di spezzare e boicottare la penetrazione cinese in Europa, e in particolare la cosiddetta Via della Seta tramite l’Italia. Anche la Russia rientra in questa ottica di ridurre la popolazione e di appropriazione del territorio.
SPOSTEREI IL DISCORSO SUI PARASSITI, CHE STANNO DEVASTANDO PIÙ CHE MAI LA SALUTE DELLA GENTE
Colonnello non ci hai detto la tua opinione sul nostro piano di azione difensiva sul piano personale. Cosa fare per proteggere noi stessi. Qualche raccomandazione per la gente spaventata e terrorizzata suo malgrado.
Oltre che militare io sono un medico parassitologo, più che epidemiologo. Sono stato prescelto per capire e dire la mia sulle strutture di potere della Russia a confronto con quelle del resto del mondo. Lo studio dei parassiti non è certo meno importante di quello dei virus, anche sul piano della guerra batteriologica. Posso però esprimermi come medico-epidemiologo-parassitologo. E lo faccio con una battuta. Fin quando non siamo in grado di sbarazzarci dei parassiti che albergano in noi, non saremo mai in grado di sbarazzarci dei parassiti che vengono da lontano.
CHIUSURA FINALE CON TANTO DI INDECIFRABILE IRONIA
Complimenti al colonnello Kvachkov, chiaro e diretto quando lo vuole essere, ma anche ironico ed enigmatico quando decide di non dire fino in fondo le sue verità e di riaffermare il suo ruolo nel settore intelligence, lasciandoci ai nostri dubbi e alle nostre incertezze, dote tipicamente e caratterialmente russa.
Valdo Vaccaro
DIRITTI UMANI
Isteria antirazzista fuori controllo: “Gli Alpini sono razzisti e colonialisti. Il monumento va rimosso”
L’accusa di queste ore? In parallelo con il fanatismo anti-razzista che sta andando in scena dagli Usa alla Gran Bretagna dopo l’omicidio George Floyd, il monumento – anche nella sua ultima “versione” dedicata semplicemente alla memoria di tutti gli alpini – è indicato arbitrariamente dai secessionisti come un inno razzista e colonialista. «Anche in Alto Adige ci sono numerosi monumenti e nomi di strade e caserme che ricordano l’oppressione e l’assassinio della popolazione africana nera in Etiopia. Tra questi ci sono cimeli fascisti come il rilievo di Mussolini a Bolzano e il monumento agli Alpini a Brunico». La proposta? «Rimuovere finalmente tali glorificazioni scolpite nella pietra». Queste le parole dei membri del Süd-Tiroler Freiheit – il partito radicale che rivendica la libertà del Sud-Tirolo dall’Italia– che esprimono così il loro principio di “rivalutazione storica”: la scusa, cioè, con cui in mezzo mondo sta andando avanti la crociata politicamente corretta contro la storia.
ESCALATION
Nella proposta di risoluzione al consiglio provinciale di Bolzano, il partito fondato da Eva Klotz chiede non solo la dismissione del monumento agli Alpini a Brunico ma – come già avvenuto più volte in questi ultimi anni con la toponomastica delle montagne e delle località – anche la rimozione dei nomi di strade e caserme che sono associati al Ventennio fascista o semplicemente all’Italia. Si tratta di un’escalation a tutti gli effetti: per far capire il “clima” che si respira in Alto Adige, solo qualche giorno fa, proprio alla vigilia della festa della Repubblica del 2 giugno, ci avevano pensato gli schützen ad esempio a spostare provocatoriamente il confine dell’Italia a Sud al motto di «l’Italia non fa bene all’Alto Adige. L’Italia è un danno per tutte le persone che ci vivono».
La risposta della destra altoatesina in difesa del monumento agli Alpini e non solo non si è fatta attendere. «È pura demenza solo avvicinare l’idea pura di pace degli alpini al razzismo», sbotta Alessandro Urzì, consigliere regionale di Fratelli d’Italia che da parte sua definisce i secessionisti tirolesi «i talebani di casa nostra che cercano pateticamente di sfruttare l’onda innescata dalle proteste per la morte di George Floyd». Secondo il consigliere di FdI la richiesta di rimozione del monumento all’alpino è una speculazione, un’offesa al valore delle Penne nere: «La storia non si modifica a colpi di piccone – continua -. Con questo e con la dinamite ci hanno provato a cambiarla i terroristi e gli islamisti». Proprio per questo l’assimilazione alpini-razzismo viene rispedita al mittente: «Non ci provino a speculare accostando l’Italia e gli italiani al razzismo. Si facciano un serio esame di coscienza sulla loro vocazione all’insulto dei simboli e dell’identità italiana: questo sì che è razzismo».
Se in Alto Adige la questione Floyd viene utilizzata per riattivare la propaganda anti-nazionale, a Londra gli identitari iniziano ad organizzarsi a difesa delle statue dall’attacco degli anti-razzisti. È successo ieri quando gruppi nazionalisti e diversi tifosi delle squadre di calcio londinesi si sono riuniti nelle strade – al Cenotafio a Whiteall come davanti la statua di Winston Churchill in Parliament Square – a protezione dei simboli della propria storia nazionale.
FONTE:https://www.rassegneitalia.info/isteria-antirazzista-fuori-controllo-gli-alpini-sono-razzisti-e-colonialisti-il-monumento-va-rimosso/
ECONOMIA
La raccolta Btp dimostra che l’Italia non ha bisogno proprio di nessuno
Il piano Colao
Piero Galiazzo 9 06 20
Non ho scritto appositamente nulla giorni fa sui rumors riguardanti il piano Colao, perché ancora non era la versione ufficiale. Difatti alcune cose poi sono sparite dal documento finale.
Ora che però è stato reso pubblico questo orrore, prodotto da una task force inutilmente pagata dai contribuenti, tanto è uguale alla solita minestra che ci rifilano da trent’anni, non posso che condividere quanto scritto in questa analisi.
È utile sapere che il piano non è stato firmato da Mariana Mazzucato, l’unica economista che serviva ascoltare all’interno della task force, probabilmente soverchiata numericamente da Colao e dagli altri membri incaricati dal Partito Democratico, che ha letteralmente egemonizzato l’intero lavoro per conto di Confindustria.
Di Riccardo Achilli
“Il piano Colao è pessimo, sia dal punto di vista redazionale che contenutistico. Dal primo punto di vista, non ha impostazione, risolvendosi in una mera giustapposizione alla rinfusa di interventi in ogni settore, senza un filo logico che li metta insieme e li leghi in una strategia unitaria, senza una previsione di impatto e senza l’indicazione di priorità e di fonti finanziarie. Ma anche per i contenuti, ovvero per la filosofia sottostante, chiaramente legata ad una interpretazione ortodossa e poco fantasiosa della supply side economics di matrice neoclassica e liberale: l’intero piano è focalizzato sul miglioramento dei fattori di produttività dal lato dell’offerta (fisco, infrastrutture, snellimento della PA, capitale umano e ricerca, sostegno alla crescita dimensionale ed alla capitalizzazione, lasciando sullo sfondo il posizionamento di filiera di eccellenza di piccole imprese, che possono anch’esse sviluppare, con dovuti sostegni e strumenti, politiche innovative). Il tutto con i consueti stimoli di natura essenzialmente fiscale, che hanno dimostrato di funzionare solo per un gruppo molto ristretto di imprese medio-grandi ad elevato posizionamento sui mercati esteri ed alto profitto, ma non per il grosso del sistema produttivo, rischiando quindi di creare nuove fratture nelle filiere (e nei territori, ovviamente penalizzando quelli più deboli del Sud) nel non dare risposte, se non molto limitate, alle piccole imprese a mercato locale ed interno.
In questa impostazione dal lato dell’offerta, Colao dimentica le diseguaglianze, che non sono solo un tema etico, ma economico: senza una chiusura delle diseguaglianze distributive, il mercato interno non potrà più sostenere la crescita economica, trasformando l’Italia in un Vietnam: Paese povero con imprese molto competitive ed alti tassi di attrazione di investimenti esterni. Ma questa strategia è fallimentare: i mercati esteri rischiano di essere depressi per lungo periodo, a causa del Covid, e senza difesa di quello interno una strategia meramente export-based rischia di essere fallimentare persino sul versante della crescita.
Il mercato interno, in questa fase, esattamente come dopo la grande depressione degli anni trenta, dovrebbe essere il fortino da presidiare, stimolando consumi ed investimenti domestici, in un mondo sconvolto dalla crisi. Il capitolo sull’equità sociale, infatti, prende in considerazione soltanto le categorie astratte dell’immaginario dirittovicilistico liberale: le donne (ma non tutte le donne sono penalizzate socialmente e lavorativamente) i giovani ed i disabili, dimenticando la questione vera, quella più emergenziale: la questione della povertà e dei salari bassi che producono i working poors.
Si affidano virtù taumaturgiche a politiche di scarso effetto, se non pericolose, come il commissariamento statale, senza coinvolgimento degli enti locali, delle infrastrutture strategiche, che rischia soltanto di far saltare il controllo sociale, a tutto vantaggio di penetrazioni mafiose nei cantieri, o l’abolizione del contante, che non colpirà la grande evasione fiscale delle imprese multinazionali che costituiscono fondi neri all’estero o truccano il bilancio, ma solo la piccola evasione, spesso di sopravvivenza e di piccolo impatto finanziario, dei bottegai o degli autonomi (anche qui, ribadendo una linea politica di lotta di classe contro il piccolo imprenditore, in favore di una economia piramidale gestita dalle grandi imprese prive di controllo politico nazionale). O come la sanatoria al lavoro nero, che le varie sanatorie fatte in passato hanno dimostrato essere inutile. O la sanatoria per i fondi esportati in evasione fiscale, che a fronte di recuperi di gettito non molto significativi, crea una sottocultura che spinge ad ulteriori fughe di capitale. O il reshoring di imprese italiane, che, anziché analizzare i complessi motivi dell’investimento off-shore, si illude di riportarle indietro con qualche incentivo fiscale.”
FONTE:
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10223358268010683&id=1405651081
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Cos’era la lira e perché dava tanto fastidio?
La lira era la moneta a corso legale in Italia pienamente sovrana fino al divorzio tra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia.
Avvenuto durante governo Spadolini, il “divorzio”, venne formalizzato e dal ministro Beniamino Andreatta nel 1981. Il passaggio avvenne senza dibattito, né approvazione parlamentare, bensì con una semplice lettera del Ministro al capo della banca centrale italiana. Allora, a capo della Banca d’Italia, c’era Carlo Azeglio Ciampi.
Il 1981 dunque segna la fine della sovranità monetaria dell’Italia.La perdita di sovranità ha causato la fine della di monetizzazione dei deficit pubblici, ovvero l’impossibilità di finanziare il disavanzo pubblico tramite creazione di nuova moneta, ma anche la rinuncia al controllo sui tassi di interesse.
La lira, ovvero il sostegno all’economia italiana scomoda e per questo da riformare
I Governi di fine anni Settanta e inizio anni Ottanta peroravano la causa di un’economia industriale fondata su grandi gruppi e grandi imprese.
Quindi uno dei miraggi di quella classe dirigente era quello di abbandonare un’industria imperniata sulle piccole e le micro aziende manifatturiere dell’epoca.
Bisognava pertanto deindustrializzare l’Italia e di impiantare il modello tedesco entro i nostri confini, per cercare di assomigliare di più alle economie continentali.
Ciò, secondo le teorie di quella classe dirigente, politica in particolare, ci avrebbe aperto le porte dell’Europa nei panni dei protagonisti assoluti, assieme a Germania e Francia.
Per raggiungere un obiettivo simile, occorreva mutare il sistema di finanziamento dello Stato ritenuto troppo paterno ed assistenziale nei confronti del sistema produttivo italiano, oltre che padre di tutti i vizi.
Uno dei rami da potare, come abbiamo visto negli articoli che hanno riguardato le privatizzazioni di Prodi e il taglio del welfare di Monti, era la partecipazione dello Stato nella vita produttiva e sociale italiana.
Ciò avviene a partire dagli anni 90, ma per giungere a questo obiettivo, si era resa necessaria molti anni prima, la prima grande privatizzazione: la cessione di sovranità.
Anzi, per meglio dire, si era resa necessario abbattere il principale sostegno alle famiglie e alle imprese fino ad allora indispensabile per portare l’Italia fra le prime cinque industrie mondiali.
Ma andiamo con ordine.
Per introdurre l’argomento della buona, vecchia lira italiana, ci affidiamo alla lettura del libro di Economia spiegata facile, edito da Gingko Edizioni.
Chi stampava la lira
Anche se siamo abituati a dire che le banche centrali stampano moneta, dovremmo piuttosto imparare a parlare di emissione di moneta.
Comunque, continuando in parole semplici, per venire incontro a tutti e non deviare il discorso su questioni più tecniche, diciamo che le banche “stampano moneta”, OK?
La lira veniva stampata dalla banca d’Italia presso la zecca di Stato.
Inizialmente su ordine del Tesoro, poi di sua iniziativa in quanto titolare della politica monetaria.
La Banca d’Italia aveva anche l’incarico di acquistare tutti i titoli di Stato rimasti invenduti alle aste dei titoli.
Cos’è la Banca d’Italia
La banca d’Italia è la banca centrale dello stato italiano che fino al 1981 fungeva da prestatrice di ultima istanza (cioè prestava i soldi allo Stato).
Con l’entrata in vigore dell’euro ha perso gran parte dei suoi poteri, perché delegati alla BCE.
Oggi i compiti della Banca d’Italia sono soprattutto di tipo statistico. trasmette alla BCE le statistiche sull’economia italiana, riceve dei compiti della BCE ed è responsabile della vigilanza sul sistema bancario italiano.
Da sempre le quote della banca d’Italia sono detenute dalle banche private italiane.
Nonostante ciò la banca d’Italia non persegue fini di lucro (come da suo statuto).
Come veniva emessa la lira?
Lo Stato emetteva la lira direttamente “stampando” denaro.
Detto così sembra banale e contraddittorio con quanto scritto poc’anzi, ma vediamo quale era la prassi tecnica; perché non è che lo Stato ordinasse banconote per un tot di peso, di numero o per cifre buttate lì a caso.
C’era dietro un meccanismo attraverso il quale lo Stato stabiliva quanto dov’esse essere emesso.
Peraltro questo meccanismo è rimasto simile nei Paesi sovrani, cioè che battono moneta propria.
Va anche detto che, per come è concepita l’economia odierna, l’emissione di nuova moneta sottostà al sistema del debito.
Pertanto non ne parliamo come se debba essere una regola giusta o universale ed immutabile, ma soltanto per tradurre in parole semplici come funziona il sistema odierno. Starà a noi o ai posteri trovare sistemi di monetizzazione differenti; più efficienti ed equi.
Fino al 1981 la banca d’Italia poteva acquistare i titoli di Stato rimasti invenduti alle aste.
I Titoli di Stato a noi più familiari sono: i BOT (con scadenza 3, 6, 12 mesi) e i BTP (3 anni in su). Poi ci sono anche i CCT (7 anni), i CTZ (2 anni) e i BTP€i (5, 10 anni). Ma per capire come funziona il meccanismo di base a noi basta sapere cosa sono e a cosa servono questi primi due.
Buoni Ordinari del Tesoro
Sono Titoli a breve scadenza – da qualche mese a un anno – che vengono emessi per far fronte a spese impreviste oppure per una spesa in deficit il cui rientro è previsto a breve. BOT e CCT partecipano all’asta competitiva cioè offorno rendite molto basse.
Buoni del Tesoro Poliennali
Sono Titoli a lunga scadenza – 3 , 5, 10, 15, 30 anni con cedole semestrali – emessi per fare fronte a spese importanti ed investimenti che richiedono risorse che non prevedono rimborsi urgenti e quindi danno il tempo allo Stato di rientrare delle spese. I BTP partecipano all’asta marginale.
I titoli di Stato possono essere acquistati anche da altri Stati determinando un credito pubblico di quei Paesi nei confronti dello Stato che glieli ha venduti e specularmente un debito dello Stato emittente.
Esistono anche altri tipi di Titoli pubblici come i Titoli comunali (BOC), provinciali (BOP) e regionali (BOR) che comunque vengono garantiti dallo Stato ma attualmente godono di scarso interesse del mercato.
Avere un prestatore di ultima istanza (spiegato qui e qui) consentiva al Governo di contenere i tassi d’interesse sul debito pubblico e allo stesso tempo di creare nuova moneta.
Infatti partecipando all’asta degli stessi titoli italiani, la Banca d’Italia creava una domanda di titoli artificiale, mettendosi in competizione con gli investitori, cosa che facevano e fanno ancora tutti gli Stati sovrani.
Dal 1981 al 1992 la perdita di sovranità monetaria ci costa il pagamento di interessi sui BTP mediamente intorno al 5%, che causa il raddoppio del debito in appena un decennio.
Cos’era successo dal dopoguerra fino al 1981?
Dal dopoguerra fino agli anni ottanta, passando per il boom economico, l’Italia aveva recuperato gran parte dello svantaggio economico che la separava dal resto d’Europa e dagli USA.
Ma dal 1982, con il boom degli interessi (cioè delle rendite) sui titoli, avviene una fuga di capitali dalla produzione verso la speculazione.
Ricordate il discorso iniziale sulla deindustrilizzazione italiana?
Quando lo Stato inizia a finanziarsi sul mercato dei capitali, avviene il boom delle rendite e il sistema industriale cambia politiche di investimento.
Invece di investire nel lavoro e nello sviluppo, diventa prassi delle principali aziende private nazionali, prendere grossi prestiti (da cui si deducevano anche gli interessi dalle tasse) da destinare all’acquisto di titoli italiani.
La Fiat nel 1986 fa il 55% dei suoi utili acquistadto obbligazioni, la Olivetti addirittura il 67%.
È l’inizio del declino dell’industria italiana e il detonatore della supremazia della finanza sul lavoro.
FONTE:https://scenarieconomici.it/cosera-la-lira-e-perche-dava-tanto-fastidio/
GIUSTIZIA E NORME
Nordio: “La magistratura? Una corporazione conservatrice che attacca chi chiede riforme liberali”
Negli ultimi giorni, sono venute alla luce conversazioni presenti nel telefono del magistrato Luca Palamara, coinvolto in un’inchiesta della procura di Perugia. I contenuti delle intercettazioni non sembrano essere penalmente rilevanti, ma riaprono il dibattito sulla magistratura. Il parere di Carlo Nordio in un’intervista rilasciata a Stefano Zurlo del Giornale.
Siamo alle solite.
«Solo che adesso i protagonisti delle intercettazioni sono i magistrati e questo crea grande imbarazzo. Scopriamo ora che anche dentro la corporazione togata c’è un alto tasso di ipocrisia».
Carlo Nordio, uno dei più noti pm d’Italia, oggi in pensione, ha letto i brani riportati dal quotidiano La Verità: le manovre e le trame che Luca Palamara e altre toghe, poi risucchiate dall’inchiesta di Perugia, conducevano con grande disinvoltura.
Nordio, è stupito?
«Per niente. È da 25 anni che denuncio questo malcostume: la lottizzazione e gli scambi di favori fra le diverse correnti che convivono nell’Anm».
Palamara e gli altri decidevano chi far sedere su questa o quella poltrona.
«Lo sanno tutti che i meccanismi sono questi. Semplificando, potremmo dire che tutti trattavano con tutti».
Una pratica mortificante che imita il lato peggiore della politica?
«Intendiamoci: spesso per incarichi importanti vengono scelte persone di primissima qualità, tecnici del diritto di grande preparazione, ma si passa sempre o quasi attraverso mediazioni estenuanti e la stanza di compensazione delle correnti che sono ovunque. Specialmente al Csm».
Ma come se ne esce?
«Anche su questo versante è da un quarto di secolo che predico la soluzione più semplice: l’elezione per sorteggio dei membri del Csm».
Il sorteggio non svilirebbe la carica?
«L’obiezione è una colossale sciocchezza. Ovviamente non si sorteggerebbe il primo che passa per la strada, ma seguendo alcuni criteri ragionevoli».
Per esempio?
«Restringendo la rosa ai magistrati di Cassazione».
Torniamo alle intercettazioni.
«E mi faccia ripetere per l’ennesima volta che è una barbarie vedere sui giornali testi che dovrebbero rimanere segreti».
Ma così non si nasconde all’opinione pubblica quel che accade dietro le quinte?
«Eh no, così si ferma l’inciviltà. Questi brani sono selezionati senza alcun contraddittorio fra le parti, non ne conosciamo il contesto e non sappiamo nemmeno con che tono sono state pronunciate quelle parole. Si tratta di materiale carico di suggestioni, appetibile ma scivolosissimo. Quante volte abbiamo letto pagine che sembravano sentenze di condanna e invece erano il frutto di fraintendimenti, equivoci, errori grossolani».
Adesso ci imbattiamo in giudizi sorprendenti su Salvini. Ci volevano le microspie per venire a sapere che i pensieri delle toghe non sono poi così politicamente corretti come appaiono in pubblico?
«È la solita ipocrisia che alberga nella mia categoria. Nei congressi fuoco e fiamme, in privato un linguaggio assai diverso».
C’è di più. Auriemma aggiunge: «Non capisco cosa c’entri la procura di Agrigento», ma Palamara respinge la critica e detta la linea dura: «Hai ragione, ma bisogna attaccarlo».
«La magistratura è una corporazione conservatrice che attacca la politica, quasi sempre il centrodestra ma qualche volta pure il centrosinistra, quando la politica prova a eliminare o ridurre privilegi non giustificati e varare riforme liberali».
Qui c’è di mezzo anche un processo e un’accusa gravissima: sequestro di persona.
«Ho sempre sostenuto che quell’accusa non stava né in cielo né in terra e quel capo d’imputazione diventa ancora più incredibile oggi, dopo che il capo del governo ha sequestrato in casa sessanta milioni di italiani per il Coronavirus. Ma, naturalmente, non voglio nemmeno immaginare che qualcuno abbia puntato il dito contro Salvini in malafede: sarebbe un sacrilegio».
In conclusione, la giustizia ruzzola nella polvere delle intercettazioni ma il ministro resta in sella.
«Il centrodestra ha sbagliato bersaglio: le scarcerazioni dei boss sono opera dei magistrati di sorveglianza, non di Bonafede. Resta l’obbrobrio della prescrizione e la responsabilità politica della gestione scriteriata delle carceri».
Stefano Zurlo, Il Giornale 22 maggio 2020
FONTE:https://www.iliberali.org/rassegna-stampa/nordio-la-magistratura-una-corporazione-conservatrice-che-attacca-chi-chiede-riforme-liberali/?fbclid=IwAR2sHqoxmxbedmQQjIwpEFdJawgEmvx12c6EKeC0Edtn13unftlveukpzrA
Maturità 2020: come funziona l’esame quest’anno
Maturità 2020 al via: vediamo come funziona l’esame quest’anno, come viene valutata la prova, quali sono le misure di sicurezza da adottare. Si tratta di un maxi orale di 60 minuti.
Maturità 2020: come funziona l’esame quest’anno? Si tratta di un maxi orale in presenza che prende il via oggi dopo mesi di didattica a distanza.
La prima grande novità dell’esame di Stato 2020 riguarda proprio le prove scritte che vengono meno, quella del 17 giugno era inizialmente la giornata dedicata al tema di italiano.
L’esame della Maturità 2020 inoltre si svolge alla presenza di una commissione composta da sei insegnanti interni alla classe mentre solo il presidente resta esterno.
Il Miur ha chiarito anche, su indicazione del Comitato tecnico scientifico, come funziona l’esame in sicurezza: uso della mascherina per personale docente e non docente, come anche per gli studenti che potranno però abbassarla in fase di colloquio.
La distanza di sicurezza da rispettare è di almeno 2 metri con aerazione e sanificazione costante dei locali scolastici. Obbligatoria anche un’autocertificazione attestante lo stato di salute.
Vediamo ora nel dettaglio come funzione l’esame della Maturità 2020, come si calcola il voto e le linee guida per la sicurezza.
COME FUNZIONA L’ESAME DI MATURITÀ 2020
Maturità 2020: orario d’inizio e durata esame
La Maturità 2020, il solo maxi orale, ha preso il via oggi 17 giugno con orario previsto per i primi colloquo alle 8:30.
La durata prevista per l’esame orale è di 60 minuti il che comporta un’articolazione dello stesso molto più complessa rispetto a quanto accade ordinariamente.
L’esame orale infatti cerca di sopperire alla mancanza delle prove scritte, il tema d’Italiano e la seconda prova mista sulle materie d’indirizzo, ricomprendendo tutte le prove in un colloquio scandito da cinque momenti fondamentali.
Sappiamo che la Maturità 2020 inizia oggi, ma ogni scuola comunica ai propri studenti, come accade ogni anno, il calendario interno con il giorno assegnato al singolo.
Cos’è il maxi orale della Maturità 2020: le prove
Ora vediamo nel dettaglio cos’è il maxi orale della Maturità 2020 che si articola in diverse fasi che si esauriscono in 60 minuti. A fissare le regole e spiegare come funziona l’esame orale della Maturità 2020 è proprio l’ordinanza ufficiale del Miur e in particolare l’articolo 17.
- Discussione di un elaborato concernente le discipline d’indirizzo (quelle individuate come oggetto della seconda prova). L’argomento è stato assegnato a ciascun candidato su indicazione dei docenti delle discipline d’indirizzo medesime entro il 1°giugno. L’elaborato è stato trasmesso dai candidati ai docenti componenti la sottocommissione per posta elettronica entro il 13 giugno}. Per gli studenti dei licei musicali e coreutici, la discussione è integrata da una parte performativa individuale, a scelta del candidato, della durata massima di 10 minuti. Per i licei coreutici, il consiglio di classe, sentito lo studente, valuta l’opportunità di far svolgere la prova performativa individuale, ove ricorrano le condizioni di sicurezza e di forma fisica dei candidati;
- discussione di un breve testo, già oggetto di studio nell’ambito dell’insegnamento di lingua e letteratura italiana durante il quinto anno e ricompreso nel documento del consiglio di classe;
- analisi, da parte del candidato, del materiale scelto dalla commissione;
- esposizione da parte del candidato, mediante una breve relazione ovvero un elaborato multimediale, dell’esperienza di PCTO svolta nel corso del percorso di studi;
- accertamento delle conoscenze e delle competenze maturate dal candidato nell’ambito delle attività relative a “Cittadinanza e Costituzione”.
Voto Maturità 2020: il calcolo
La stessa ordinanza del Miur definisce come viene assegnato il voto della Maturità 2020 e come avviene quindi il calcolo dello stesso.
I maturandi possono arrivare a un voto massimo di 100 che si compone di due parti: la valutazione del percorso scolastico con i crediti formativi e la valutazione dell’orale stesso.
L’esame orale verrà valutato con un punteggio massimo di 40 punti nello stesso giorno in cui l’esame viene svolto.
Secondo l’ordinanza per la Maturità 2020 la commissione, che ricordiamo è di soli insegnanti interni, assegna il punteggio sulla base della griglia presente nell’allegato B dell’ordinanza che riportiamo di seguito. Per quanto riguarda il credito scolastico questo vale 60 punti ed è così suddiviso:
Il consiglio di classe, come si legge nell’ordinanza, in sede di scrutinio finale provvede alla conversione del credito scolastico attribuito al termine della classe terza e della classe quarta e all’attribuzione dello stesso per la classe quinta sulla base rispettivamente delle tabelle A, B e C presenti nell’allegato A dell’ordinanza che portiamo di seguito.
- Griglia di valutazione orale Maturità 2020
- Griglia di valutazione per assegnazione del punteggio all’orale.
Maturità 2020: come funziona l’esme a distanza
Non solo in presenza, perché vi sono dei casi eccezionali in cui l’esame si può svolgere a distanza, per esempio se ci si ammala di COVID-19, si è in convalescenza o comunque non si è in condizioni fisiche ottimali. Per capire come funziona l’esame a distanza dobbiamo sempre far riferimento all’ordinanza del Miur.
Si legge altresì che qualora uno o più commissari d’esame siano impossibilitati a seguire i lavori in presenza, inclusa la prova d’esame, in conseguenza di specifiche disposizioni sanitarie connesse all’emergenza epidemiologica, il presidente dispone la partecipazione in videoconferenza o altra modalità telematica sincrona. Lo stesso può avvenire nel caso di uno o più studenti.
Qualora questi non possano partecipare neanche in videoconferenza verrà fissato, secondo l’ordinanza per la Maturità 2020, il colloquio orale in altra data.
Il documento del 15 maggio
Il documento del 15 maggio slittato al 30 maggio è quello che per la Maturità 2020 redige il consiglio di classe. Nel documento viene anche definito il testo di Italiano che i maturandi dovranno discutere durante il colloquio orale. Vediamo pertanto cosa, secondo l’ordinanza, il documento contiene:
- le attività, i percorsi e i progetti svolti nell’ambito di «Cittadinanza e Costituzione», realizzati in coerenza con gli obiettivi del Piano triennale dell’offerta formativa;
- i testi oggetto di studio nell’ambito dell’insegnamento di Italiano durante il quinto anno che saranno sottoposti ai candidati nel corso del colloquio orale
- per i corsi di studio che lo prevedano, le modalità con le quali l’insegnamento di una disciplina non linguistica (DNL) in lingua straniera è stato attivato con metodologia CLIL.
Come funziona l’esame secondo il protocollo di sicurezza
Vediamo ora, per concludere, come funziona l’esame della Maturità 2020 secondo il protocollo di sicurezza che si basa sulle linee guida del Cts. Il personale scolastico docente e non docente, come anche i maturandi, dovrà indossare la mascherina e sarà necessario garantire una distanza di almeno 2 metri.
I guanti non sono necessari e la mascherina può essere tolta dal candidato nei 60 minuti del colloquio. Ciascun maturando dovrà presentarsi con non più di un accompagnatore all’orario stabilito sulla base del calendario interno.
Al fine di evitare ogni possibilità di assembramento, come si legge nel documento, il candidato dovrà presentarsi a scuola 15 minuti prima dell’orario di convocazione previsto e dovrà lasciare l’edificio scolastico subito dopo l’espletamento della prova. Non è necessaria la rilevazione della temperatura all’ingresso, ma in ogni caso i maturandi dovranno presentare un’autocertificazione con la quale attestino:
- l’assenza di sintomatologia respiratoria o di febbre superiore a 37.5°C nel giorno di espletamento dell’esame e nei tre giorni precedenti;
- di non essere stato in quarantena o isolamento domiciliare negli ultimi 14 giorni;
- di non essere stato a contatto con persone positive, per quanto di loro conoscenza, negli ultimi 14 giorni.
Per quanto riguarda i componenti della commissione d’esame dovranno dichiarare quanto appena illustrato.
I locali scolastici dovranno essere regolarmente sanificati, arieggiati e dovranno essere presenti dispenser igienizzanti. Nel documento tecnico di sicurezza si legge chiaramente che:
- i locali scolastici destinati allo svolgimento della Maturità 2020 dovranno prevedere un ambiente sufficientemente ampio che consenta il distanziamento di almeno due metri tra candidato e ciascun componente (banchi e tavoli anche);
- dovranno essere presenti finestre per favorire il ricambio d’aria;
- dovrà essere garantito un ricambio d’aria regolare e sufficiente nel locale di espletamento della prova favorendo, in ogni caso possibile, l’aerazione naturale.
FONTE:https://www.money.it/Maturita-2020-esame-come-funziona-orale
IMMIGRAZIONI
E’ morto lo scrittore Jean Raspail.
Trent’anni prima della Fallaci lanciò l’allarme sull’invasione dei migranti
E’ morto lo scrittore, giornalista, etnologo ed esploratore francese Jean Raspail, autore nel 1973 di “Il campo dei santi”, romanzo apocalittico sulla Francia del 2050 di fronte al massiccio arrivo di migranti in Costa Azzurra. Aveva 94 anni.
Raspail era un romantico, ecologista, utopico
L’annuncio della scomparsa l’ha dato il quotidiano parigino “Le Figaro“, sottolineando che Raspail è stato autore adorato e maledetto. Tuttavia “ha segnato l’universo della letteratura francese del XX secolo: era un essere ostinato, orgoglioso delle sue posizioni, della sua fede cattolica e del suo attaccamento alla monarchia; un ecologista realista, utopico e avventuriero, un romantico”.
Trent’ anni dedicati alle esplorazioni
Nato a Chemillé-sur-Dême il 5 luglio 1925, Raspail ha dedicato 30 anni alle avventure e alle esplorazioni intorno al mondo (dalla Patagonia all’Alaska, dalle Antille alle Ande peruviane), raccontando nei suoi primi libri di terre desolate. Nel 1981 con “Moi, Antoine de Tounens, roi de Patagonie” ha vinto il Grand Prix de l’Académie Française. Sei anni dopo SugarCo ha pubblicato in Italia “I nomadi del mare”, autentico bestseller in Francia, rimasto a lungo nei primi posti nelle classifiche delle vendite e ricevendo il Prix Chateaubriand. Nel 1996 si è aggiudicato il Prix Prince Pierre de Monaco e il Prix Maisons de la Presse con il romanzo “L’anello del pescatore“, pubblicato in Italia nel 2009 da CasadeiLibri.
“Il campo dei santi”: la profezia sui migranti prima di Fallaci e Houllebecq
Quando apparve nel 1973 per i tipi dell’editore Laffont di Parigi “Il campo dei santi” turbò l’opinione pubblica francese, accolto tra polemiche e apprezzamenti. Parve una specie di opera fantascientifica, immaginando in India uno strano profeta che incita i suoi compatrioti a rifiutare la miseria per dirigersi in massa verso il benessere, cioè verso l’Europa: impossessatisi di una flotta di carrette del mare, i suoi seguaci sbarcano pacificamente sulle coste della Francia e in tanti si prodigano per accoglierli tutti. In Italia “Il campo dei santi” è un romanzo quasi clandestino, con l’unica traduzione disponibile pubblicata nel 1998 dalle Edizioni di Ar di Franco Freda. In Francia si calcola che abbia venduto oltre mezzo milione di copie.
Ne “L’anello del re Pescatore” preveggenza sui Papi
Jean Raspail ha vinto anche il Grand Prix roman della Ville de Paris nel 1992 con il romanzo “Sire“; il Premio Audiberti nel 1999 con “Hurrah Zara!” e il Prix littéraire de l’Armée de Terre – Erwan Bergot nel 2006. “L’anello del pescatore“, uscito in Francia nel 1995, appare per certi aspetti inquietantemente preveggente: narra le vicende dei successori dell’antipapa Pedro de Luna e, in particolare, del suo ultimo erede Benedetto il quale, ormai in miseria, avrebbe incontrato papa Wojtyla e sarebbe poi morto a Roma.
Il cordoglio di Marine Le Pen
“Jean Raspail ci ha lasciati. E’ un’immensa perdita per la nostra famiglia nazionale”. A scriverlo, su Twitter, è la leader di Rassemblement Nationale Marine Le Pen, commentando la notizia della morte del 94enne scrittore e giornalista. “Bisogna (ri)leggere I’Il Campo dei Santi’ che oltre ad evocare con scrittura talentuosa i pericoli migratori, aveva, molto prima di Soumission, descritto impietosamente la sottomissione delle nostre élite”, conclude, alludendo al romanzo con cui nel 1973 Raspail immaginava una Francia del 2050 di fronte all’arrivo massiccio di migranti in Costa Azzurra.
FONTE:https://www.secoloditalia.it/2020/06/e-morto-lo-scrittore-jean-raspail-trentanni-prima-della-fallaci-lancio-lallarme-sullinvasione-dei-migranti/
PANORAMA INTERNAZIONALE
LA NORVEGIA BLOCCA LA SUA APP CONTRO IL COVID
Violava la privacy. Immuni invece…
La Norvegia era stata uno dei primi paesi ad introdurre una APP per il tracciamento che avrebbe dovuto combattere la diffusione del COVID-19. Questa applicazione, chiamata Smittestopp, “Ferma l’infezione” era stata predisposta dal ministero della Sanità norvegese con la finalità di raccogliere i dati delle singole persone ed i loro spostamenti in modo da poter ripercorrere, se necessario, in modo più attento i passi ed i contatti di chi fosse risultato positivo ai test. Venerdì scorso però le autorità di tutela della privacy norvegesi hanno definito la app “Troppo invasiva” e quindi il ministero da ieri ha interrotto la APP.
Il giudizio dell’autorità della Privacy è stato anche collegato all’utilità effettiva dell’applicazione, nel momento in cui i dati del numero di infetti per milione di abitanti rimane piuttosto basso sia confrontato con l’Italia sia con gli altri paesi nordici:
Alla fine i vantaggi della APP non sono stati visti come superiori ai danni alla privacy per il suo utilizzo. Eppure si era trattato di un grande successo, con 1,6 milioni di download su una popolazione di 5,3 milioni di abitanti. Ultimamente però la gente iniziava ad avere dubbi sulla sua utilità ed il numero di utenti era calato a 600 mila.
Ora in Italia si è lanciato Immuni su tutto il territorio nazionale, con oltre 2 mesi di ritardo rispetto alla Norvegia. Per essere efficace questo strumento deve almeno essere utilizzato dal 60% dei cittadini, cioè avere una trentina di milioni download. Neppure un paese con una popolazione piccola come la Norvegia, e con una superiore fiducia nello stato, si è avvicinato a quei numeri. Immuni rischia di essere l’ennesimo, costoso, flop del governo.
FONTE:https://scenarieconomici.it/la-norvegia-blocca-la-sua-app-contro-il-covid-violava-la-privacy-immuni-invece/
Europa e Italia nel vortice della crisi: parla Guido Salerno Aletta
Oggi l’Osservatorio presenta questa interessante conversazione avuta con l’economista Guido Salerno Aletta, con alle spalle una lunga carriera di studioso, attualmente editorialista per “Milano Finanza” e “Teleborsa”. Con lui discutiamo delle prospettive di ripresa dell’Unione Europea e dell’Italia dall’attuale fase di crisi.
L’attuale fase di crisi squarcia diversi veli sulle problematicità interne all’Unione Europea, dalla debolezza politica del sistema alle faglie tra Paesi del Nord e del Sud Europa. Come valuta gli sviluppi delle ultime settimane?
Guido Salerno Aletta: L’Unione europea conferma la sua natura di organizzazione plurinazionale con funzioni prevalenti di regolazione economica e monetaria (UEM), che si fonda sul Mercato interno e sulle libertà di circolazione. Anche stavolta cerca di reagire ad uno shock per evitare la disintegrazione dell’euro, lo strumento ideato per evitare le svalutazioni e garantire la neutralità della politica monetaria, ed il collasso della credibilità politica dell’Unione.
L’architettura europea è di tipo funzionalistico, sostanzialmente disciplinare, fondata su divieti pervasivi ed automatici volti ad evitare una alterazione della concorrenza sul mercato. Sono state progressivamente azzerate tutte le strumentazioni classiche della politica monetaria e fiscale: dal divieto degli aiuti di Stato alle imprese alla stabilità della moneta come obiettivo assorbente della Bce; dal divieto di finanziamento monetario degli Stati all’obbligo del pareggio dei bilanci pubblici previsto dal Fiscal Compact.
Nei momenti di crisi, questo assetto rigido tende a fratturarsi, come già si è visto in occasione della crisi del 2008. Si procede così per deroghe, di cui approfittano gli Stati più forti, accentuando le asimmetrie: le banche tedesche, austriache ed olandesi sarebbero dovute fallire per via delle perdite che avevano accumulato. Ed invece sono state salvate dai rispettivi Stati. Le banche spagnole non avevano alle spalle uno Stato altrettanto forte dal punto di vista finanziario, e si è dovuto ricorrere ad un meccanismo di salvataggio europeo. Eppure, la Spagna era considerata particolarmente virtuosa, in quanto il rapporto debito/pil era appena del 30%: ma aveva la bilancia commerciale in passivo strutturale ed un colossale debito privato bancario verso l’estero. Ma è proprio la libertà assoluta dei mercati ed il controllo maniacale solo sugli Stati che porta in Europa a queste conseguenze devastanti.
Ora stiamo misurando la reale asimmetria dell’Europa rispetto al resto del mondo: ogni intervento dei singoli Stati deve essere approvato da Bruxelles, perdendo settimane di tempo prezioso. La Bce cerca di livellare i tassi sui debiti pubblici, ma si trova i vincoli del capital key. Siamo passati vorticosamente dal dibattito sul Mes alle proposte di emettere i Pandemic Bond; dalla idea di istituire un Recovery Fund alla Next Generation Ue: mentre noi ancora discutiamo, tutti gli altri competitor hanno già adottato le misure volte ad affrontare la crisi.
Chi sta giocando una partita molto sagace è la Germania: Angela Merkel appare più lucida del resto della leadership del Vecchio Continente. La crisi e le politiche messe in atto da Berlino ne rafforzano la centralità geoeconomica e geopolitica nel Vecchio Continente?
Guido Salerno Aletta: Berlino sta comprando tempo, in attesa di vedere che cosa succede con le elezioni americane di novembre. Se la Brexit ha avvantaggiato la Germania e la Francia, essendo venuto meno un contrappeso al loro asse, si sta comunque scardinando l’ordine geopolitico nato nel dopoguerra. Il ruolo della Germania era fondamentale, come bastione nei confronti dell’Unione Sovietica e dei Paesi del Patto di Varsavia; dopo la caduta del Muro, come baricentro del processo di agglutinamento all’Occidente dei Paesi ex-comunisti. L’involucro militare della Nato conteneva invariabilmente quello economico della Unione europea. Oggi ci sono altri Paesi, in primo luogo la Polonia, che possono sostituire la Germania nella sua funzione di antemurale verso la Russia: il preannunciato ritiro delle truppe americane è un segnale di disimpegno che oggettivamente indebolisce Berlino. Anche le scelte energetiche della Germania, che per accontentare gli ambientalisti ha abbandonato il nucleare per il gas, si stanno rivelando sbagliate: si è legata strategicamente alla Russia riducendo i suoi gradi di libertà, diversamente dalla Francia che non ha mai rinunciato all’energia atomica.
Lei ha evidenziato il fatto che Paesi come l’Italia potrebbero ricevere meno di quanto atteso dal Recovery Fund e da misure simili. Come pensa che l’Italia abbia giocato le sue carte?
Guido Salerno Aletta: La strategia del governo italiano, auspicata e sostenuta dalle Cancellerie di Francia e Germania, consiste unicamente nel rendere irreversibili e sempre più cogenti i vincoli che ci legano a Bruxelles. Non importa quale siano gli strumenti, se di debito o di aiuto, se più o meno fortemente condizionati: dal Mes sanitario al programma SURE, dal Recovery Fund alla Next Generation UE, l’importante è precostituire un meccanismo irresolubile. È un ancoraggio preventivo contro la prospettiva di ribaltamenti elettorali in chiave sovranista, populista e statalista. Vale l’esempio della Grecia: una volta che è stato sottoscritto il MOU per gli aiuti, è impossibile revocarlo fino alla estinzione degli impegni.
Sul fronte interno al Paese, quali ritiene che siano le priorità in materia di politica economica e industriale che governo e attori protagonisti dovrebbero seguire?
Guido Salerno Aletta: Occorre rendere più conveniente l’attività di impresa rispetto alla rendita finanziaria. Tutto invece è congegnato per estrarre ricchezza dalla produzione a favore della finanza: si fanno più soldi, e molto più comodamente, gestendo il denaro che mandando avanti una fabbrica. Basta vedere dove si investe la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane: dappertutto, tranne che nell’economia reale. È poi sul tema del debito pubblico e della sua stabilizzazione che occorre intervenire.
La classe dirigente italiana è adatta alle sfide del presente?
Preferisco un’altra domanda
Ritiene praticabile la strada del rilancio dell’emissione di Btp come controbilanciamento delle incertezze sul Mes?
Guido Salerno Aletta: Senza dubbio, il risparmio delle famiglie italiane sarebbe in grado di assorbire gran parte del debito pubblico, stabilizzandolo. Ma la quota detenuta “direttamente” è scesa da anni a livelli infinitesimali: non è posto a tutela del risparmio, ma strumento chiave della speculazione. I depositi bancari crescono, ma sono sempre più liquidi; e così gli impieghi si dirigono sui titoli pubblici, di facile smobilizzo. Di converso, i titoli pubblici rendono alle banche assai più della remunerazione dei depositi, senza rischi.
È un tema allocativo dei portafogli, una ricomposizione complessiva che occorre affrontare in via sistematica, distinguendo il circuito bancario risparmio/credito dal sistema dei pagamenti. Senza cambiare né Iban né altro, nei depositi in conto corrente si dovrebbe distinguere, su base commerciale concordata con il cliente, quale è la quota mensile dedicata alla gestione corrente dei pagamenti da quella destinata al risparmio: su quest’ultima, in funzione della stabilità del deposito, sarebbe corrisposto un tasso di interesse. Le banche amministrerebbero direttamente nel proprio bilancio solo quest’ultima quota, trasferendo ad un proprio Istituto di moneta elettronica (IMEL) la funzione di gestione della liquidità ed i corrispondenti impieghi in titoli di Stato. Le banche vedrebbero così depurati i propri conti attivi dai titoli di Stato, che talora vengono considerati sul mercato come un incomodo fardello per via del loro rilevante ammontare. I titoli di Stato rappresenterebbero a loro volta l’impiego stabile e non speculativo del sistema interno dei pagamenti, detenuti sempre fino a scadenza. Come avviene in Giappone.
Un altro tema rovente è quello delle tensioni geoeconomiche globali. Italia ed Europa sono pronte ad affrontare una recrudescenza della sfida Cina-Usa?
Guido Salerno Aletta: Ci adegueremo, come sempre. L’export dell’Italia verso la Cina è esiguo, assai inferiore in proporzione rispetto a quello della Germania: siamo di gran lunga importatori netti. Ma questo è comunque un vantaggio per noi, quali che siano le prospettive: se tutto volge per il meglio, potremo approfittare del clima di ritrovata distensione; se si incarognisce, i rischi di perdite saranno più limitati.
Sempre sul fronte Cina e Usa, come valuta la risposta economica e le prospettive delle due superpotenze?
Guido Salerno Aletta: Si tratta di universi che non hanno nulla in comune. La velocità con cui si licenzia la manodopera negli Usa ha pochi paragoni al mondo, così come la necessità di tenere in piedi i listini colossali di Wall Street. Il Nasdaq non solo ha recuperato un 40% di flessione, ma è già a nuovi massimi: sono le prospettive dello smart working, reso necessario durante la crisi sanitaria.
In Cina c’è un controllo sociale incisivo, l’economia dipende prevalentemente dal credito bancario, ci sono spazi enormi di ribilanciamento del risparmio dagli investimenti ai consumi interni. La Cina, anche se ha accumulato un grande vantaggio competitivo sul piano economico e tecnologico, deve ancora cominciare il percorso imperiale: è il dollaro, così come fu per la sterlina, la vera fonte del potere americano, insieme valore e misura.
L’America ha invece una enorme debolezza: ha abbandonato la Old Economy, la manifattura industriale, già dagli anni Ottanta. È stato un errore imperdonabile dal punto di vista sociale, economico ed ora sul piano strategico: ricostruire, ora, non sarà affatto facile. Sfide epocali, per tutti.
FONTE:http://osservatorioglobalizzazione.it/progetto-italia/guido-salerno-aletta-italia-europa/?fbclid=IwAR2c7Vai1sV0wOz0FZjkQsULK9PR_jqI83I6bVHSiAmx5QU5XmAFGBDdt4Q
Intervista a Frank Dotro, responsabile della sezione americana della rete
14 giugno 2020
Non è sempre facile interpretare gli avvenimenti interni americani, distorti dai media e ultimamente in frenetica accelerazione. Per capirli meglio interpelliamo Frank Dotro, italo-americano e responsabile della Rete negli USA.
Nell’affrontare le questioni di come gli argomenti vengono visti dal popolo americano, dobbiamo prima di tutto capire quanto questo sia diventato veramente diviso. Non è più come negli anni scorsi, quando la gente agiva e pensava all’unisono. Sì, c’erano già differenze ideologiche tra i partiti, tuttavia, erano minime e per lo più rappresentavano le due facce della stessa medaglia. Certo, potresti dire lo stesso ancora oggi dei partiti che fingono di litigare, ma poi sono per lo più pedine dei mondialisti. Tuttavia, adesso è il popolo stesso a percepire che esiste una grande spaccatura. Da una parte hai le sinistre e tutti i servi dei banchieri e dall’altra hai i nazionalisti ma anche tutti quelli che rimpiangono una America del passato che non tornerà più. Ci sono quindi due visioni opposte su ogni problema e a seconda di chi ti risponde avrai una opinione completamente differente.
La politica del presidente Trump sul Covid-19, sull’Organizzazione Mondiale della Sanità e sulla Cina è stata criticata con supponenza dai media “democratici” mainstream italiani. Puoi dirci come la vedono gli americani?
I sostenitori del Presidente Trump ritengono che abbia affrontato questi problemi correttamente. Ritengono che il Presidente Trump abbia agito, o che voleva agire, prima che il problema si verificasse. Solo una informazione distorta può metterlo in dubbio, dal momento che Trump voleva fermare gli arrivi dalla Cina già a gennaio, e per questo al tempo è stato accusato di essere razzista e xenofobo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità è vista dai nazionalisti e dai seguaci di Trump come nulla più di un gruppo politico, con una propria agenda politica. Non diamo alcun credito a qualunque cosa questa possa dichiarare. Per quanto riguarda la Cina e la politica cinese di Trump, i nazionalisti la aspettavano da molto tempo. Donald Trump ha dichiarato per tutta la sua campagna elettorale che questo sarebbe stato uno dei principali problemi da affrontare. Il commercio a senso unico e gli accordi sottobanco con la Cina fanno male non solo all’America, ma all’intero mondo occidentale. Perdiamo posti di lavoro a milioni e non facciamo nulla solo perché politici come Joe Biden, tramite suo figlio, sono scesi a patti con la Cina. Naturalmente, nel campo opposto uno ti darebbe la risposta contraria. Le sinistre ritengono che in qualche modo il virus sia colpa di Trump e che lui abbia agito troppo tardi, anche se l’evidenza dei fatti dice il contrario. Non vogliono neppure che lo si chiami “virus cinese” perché sarebbe razzista.
“Obamagate” e “Russiagate” sono affrontati in modo superficiale dai media italiani. L’opinione pubblica americana cosa ne pensa? Sarà possibile una forte censura per Obama e il Deep State democratico?
Indubbiamente, nelle menti dei nazionalisti appare chiaro che c’è stato un imbroglio da parte democratica contro il Presidente Trump. Ogni settimana emergono nuove prove che indicano come siano stati i democratici e non Trump a imbrogliare per vincere le elezioni. Recentemente, è emerso un coinvolgimento dello stesso Obama. Alla fin fine, però, ritengo che non ne uscirà nulla contro le sinistre. I media e i poteri forti sono naturalmente dalla loro parte. Per di più, nessun ex-Presidente è mai stato incriminato per un reato del genere e molti ritengono che sarebbe un precedente pericoloso.
Recentemente, con un tweet Trump ha definito gli Antifa come una organizzazione terroristica che dovrebbe essere trattata di conseguenza. Che ne pensi? Gli Antifa americani godono di protezioni e finanziamenti? E da parte di chi, in particolare? Cosa ne pensano i camerati americani?
Il movimento ANTIFA ha operato indisturbato per anni, ormai. Appare ovvio che ha le connessioni e i finanziamenti giusti. Il fatto stesso che sia passato sotto silenzio finora e che sia stato necessario così tanto tempo per denunciarlo costituisce una prova. Gli Antifa hanno aggredito fisicamente la gente per anni, ma hanno fatto notizia solo quando hanno incontrato una forte resistenza, durante la campagna elettorale di Trump. Quando le regole del gioco sono cambiate, coi nazionalisti che hanno cominciato a scendere in strada e a difendere il popolo dei pro-Trump, solo allora i media hanno cominciato a darne notizia e a parlare di ANTIFA. A dire il vero, al tempo cercavano di dire che la violenza veniva dai nazionalisti.
Per quanto riguarda contatti e finanziamenti possiamo dare per scontato che riguardano i soliti sospetti, i mondialisti, naturalmente. È risaputo che George Soros finanzia molti gruppi di sinistra, che a loro volta servono da copertura per altri gruppi di professionisti organizzati. La maggioranza dei loro membri sono giovani sinistrorsi della medio-alta borghesia bianca. I classici figli di papà. L’esempio emblematico è la figlia del sindaco di New York, Bill De Blasio, coinvolta nei disordini di New York. Il gruppo agisce godendo di un’impunità totale e non ha motivi di temere arresti o ripercussioni di sorta. Quando hai il Sistema che ti protegge, è facile fare i coraggiosi.
Abbiamo sentito dei gravi disordini in corso negli USA. Abbiamo anche visto in un video alcuni italo-americani armati che difendevano il loro negozio da un branco di saccheggiatori. Cosa sta accadendo esattamente? E come sta reagendo la comunità italiana?
La storia della famiglia italiana che difende la propria panetteria ha fatto il giro dei social anche qui in America. Gli italiani in questione erano padre e figlio, che sono usciti armi in pugno dal loro negozio che stava per essere saccheggiato e devastato. Si sono meritati applausi scroscianti naturalmente. Questa è piuttosto una regola per noi italoamericani, siamo uno degli ultimi gruppi etnici che ha conservato la sua virilità e propensione a reagire quando ci sentiamo sotto attacco. Dobbiamo sottolineare però che si tratta di un incidente isolato. Le devastazioni non hanno interessato i quartieri italiani. Si sono concentrati nei centri delle città. I saccheggiatori sanno bene dove possono e dove non possono agire. Capiscono che andare in un quartiere a forte densità italiana di New York o del New Jersey equivale a cercare grossi problemi: non avrebbero da preoccuparsi della polizia, ma piuttosto dei negozianti e dei residenti del quartiere, che scenderebbero in strada ad affrontarli. Un caso emblematico è stato quando hanno proposto di andare a protestare a Howard Beach, New York. Dopo averci ragionato per trenta secondi hanno cambiato programma.
Grazie Frank! È un piacere e un onore avere un camerata come te nei nostri ranghi a combattere la buona battaglia. Per noi è importante avere informazioni dirette dall’America, per capire le dinamiche politiche negli Stati Uniti senza le distorsioni operate dai media mainstream. In bocca al lupo per la tua sezione!
FONTE:https://www.la-rete.it/2020/06/14/intervista-a-frank-dotro-responsabile-della-sezione-americana-della-rete/
POLITICA
CARO BERSANI, I MORTI A CAUSA DEL COVID VANNO ANNOVERATI FRA LE VITTIME DEL COMUNISMO
Venendo da una storia comunista, Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pd, ha sempre la propensione alla demonizzazione dell’avversario tipica della casa.
Lo si è visto nei giorni scorsi, quando, in un programma tv si è lanciato a testa bassa contro il centrodestra: “Il messaggio che in Parlamento e fuori sta dando il centrodestra è una coltellata al Paese… Questa gente qua mi viene il dubbio che se avessero governato loro non sarebbero bastati i cimiteri”.
È chiaro che non è facile difendere l’operato del governo Conte, ma cercare di farlo rovesciando la frittata così è davvero un modo sgangherato di far politica. Oltretutto dopo che il presidente Mattarella aveva invitato tutti all’unità morale e alla collaborazione.
E’ la vecchia demonizzazione dell’avversario. A cui però Bersani aggiunge una sua personale tendenza all’autogol. Il primo dei quali è proprio l’evocazione di chi riempie i cimiteri.
A riempire veramente i cimiteri infatti è stata la Cina comunista, da dove è dilagata nel mondo la pandemia. Non a caso Trump chiama il Covid-19 “il Virus di Wuhan”. Bersani dovrebbe sapere che a Wuhan non comandano né Salvini, né la Meloni, né Tajani: comanda il Partito comunista cinese.
Bisognerebbe chiedersi dunque se i 33 mila morti italiani e i quasi 400 mila morti complessivi nel mondo, a causa del Covid, non si aggiungano alla lunghissima lista delle vittime del comunismo, che si contano a milioni.
Proprio questo ha affermato a chiare lettere, giorni fa, il cardinale card. Charles Bo, arcivescovo di Yangon, nel Myanmar. Già il titolo della sua dichiarazione è eloquente: “Il regime cinese e la sua colpevolezza morale sul contagio globale”.
Il prelato ha ricordato la ricerca dell’Università di Southampton, in Gran Bretagna, secondo la quale, se la Cina fosse stata corretta, cioè se – invece di imbavagliare e reprimere chi aveva scoperto l’epidemia – avesse agito tre settimane prima, rispetto al 23 gennaio, il numero di casi totali di Covid 19 si sarebbe potuto ridurre del 95 per cento. E anche agendo una settimana prima la pandemia sarebbe stata ridotta del 66 per cento.
Anche la recente inchiesta dell’Associated Press sui rapporti intercorsi fra regime cinese e Organizzazione mondiale della sanità, nelle prime settimane dell’epidemia, conferma i problemi.
A causa di questi ritardi del regime, che per giorni scelse il negazionismoe addirittura organizzò manifestazioni di massa a Wuhan si è “scatenato un contagio globale che ha ucciso migliaia di persone”, ha affermato il porporato.
Dunque, ha proseguito, per “il danno arrecato a tante vite umanenel mondo intero… c’è un governo che ha la responsabilità primaria… ed è il regime del Partito comunista cinese di Pechino”.
Ovviamente “non il popolo cinese. I cinesi sono stati le prime vittimedi questo virus e sono state a lungo le principali vittime del loro regime repressivo. Ma sono la repressione e le bugie del PCC a essere responsabili”.
Il cardinale citava coloro che avevano capito per tempo e sono stati messi a tacere, dal dottor Li Wenliang dell’ospedale centrale di Wuhan a due giovani giornalistidella città. E ricordava i comportamenti del regime “dopo che la verità era diventata di dominio pubblico” (“il Centro americanoper il controllo e la prevenzione delle malattie è stato ignorato da Pechino per oltre un mese”).
Di fatto “bugie e propaganda hanno messo in pericolo milioni di vite in tutto il mondo”. E ciò è accaduto, afferma il cardinale, perché in Cina sono abituali “la repressione della libertà di espressione” e la violazione dei diritti umani.
La conclusione del card. Bo è durissima: “con la sua gestione disumana e irresponsabile del coronavirus, il PCC ha dimostrato ciò che molti pensavano in precedenza: che è una minaccia per il mondo… questo regime è responsabile, attraverso la sua negligenza e repressione, della pandemia che oggi dilaga nelle nostre strade”.
Che ne pensa Bersani? Non sarebbe il caso di parlare di questo? A dire il vero il suo compagno di partito Massimo D’Alema, nel libro che ha appena pubblicato, “Grande è la confusione sotto il cielo”, arriva addirittura a elogiare la Cina e perfino per come ha gestito il dramma del coronavirus (“ha saputo fronteggiare questa prova in modo più efficace rispetto a noi”, in quanto “ha fatto la differenza un grado minore di individualismo, una maggior coesione sociale e l’esistenza di reti comunitarie”).
In una recente conferenza poi D’Alema si è addirittura scagliato contro quello che ha chiamato “il partito anti-cinese” che – a suo dire – “è già all’opera anche in Europa in un clima di nuova guerra fredda”.
Quindi guai ad attaccare la Cina. Nelle prossime settimane però potrebbe perfino aggravarsi la responsabilità del regime di Pechino, visto quello che un personaggio di rilievo come sir Richard Dearlove, ex capo dei servizi segreti inglesi, ha dichiarato al “Telegraph”: citando una ricerca di prossima pubblicazione, Dearlove ha spiegato che il virus sarebbe stato creato in laboratorio e ne sarebbe uscito per un incidente dando il via alla pandemia.
Sarà interessante sentire cosa diranno Bersani e D’Alema. Nel frattempo va detto che un altro autogol è stato fatto dallo stesso Bersani quando ha cercato di mettere una toppa alla sua incredibile dichiarazione.
Ha infatti spiegato di aver usato “un’iperbole” e ha aggiunto che ce l’aveva con Salvini che, alla manifestazione del 2 giugno, non avrebbe tenuto sempre la mascherina e non avrebbe osservato il distanziamento.
Sembra un altro autogol perché proprio un esponente di Leu, il suo partito, occupa quel ministero della salute che – come informazione sanitaria – a febbraio spiegava che “non è necessario indossare la mascherina per la popolazione generale in assenza di sintomi di malattie respiratorie”.
E’ lo stesso ministero che mandava in onda il famoso spot in cui si affermava che “non è affatto facile il contagio”. Con tutto questo Bersani punta il dito sugli altri.
Antonio Socci
Da “Libero”, 7 giugno 2020
FONTE:https://www.antoniosocci.com/caro-bersani-i-morti-a-causa-del-covid-vanno-annoverati-fra-le-vittime-del-comunismo/
FONTE:https://www.ricognizioni.it/discorso-breve-al-popolo-dei-genuflessi/
SCIENZE TECNOLOGIE
Apocalisse informatica in GEOX ed è la seconda volta
L’inspiegabile cadere nuovamente nella stessa trappola può essere l’occasione (anche per gli altri) per riflettere e per adottare idonee precauzioni
Se una azienda si ritrova a spegnere i computer e a tornare a carte e penna, non è sempre merito degli hacker. A volta basta essere incapaci, imprudenti, impreparati.
La gestione dei sistemi informatici è una cosa seria e non si riduce nel comprare macchine e programmi, stipulare contratti di fornitura hi-tech, far ingrassare questo o quel consulente che non di rado ne sa meno di chi lo ingaggia.
A dispetto di quel che ci ha insegnato l’INPS qualche mese fa, l’informatica non nasce per creare problemi ma piuttosto per risolverli.
E invece ci si trova costretti a leggere che un colosso industriale finisce KO per un virus informatico. Quel che è peggio è il dover scoprire che quella stessa realtà – leader nel settore calzaturiero – non è nuova a simili terrificanti esperienze.
Dinanzi al ciclico ripetersi di imbarazzanti incidenti tecnologici, ci si chiede perché e ci si domanda come possa manifestarsi una tanto inspiegabile recidiva.
Visto che Bending Spoons si è guardata bene dal replicare ai quesiti che abbiamo pubblicato qui e replicato su Reddit, probabilmente vale il vecchio adagio secondo cui “chiedere è lecito, rispondere è cortesia”. Considerato che gentilezza e premura non sono d’obbligo, evitiamo di interrogare GEOX per farci dire cosa è successo e ci limitiamo a prendere atto di quel che la stampa locale ha prontamente reso noto.
La paralisi digitale della grande azienda trevigiana è dovuta ad un ransomware, ovvero ad uno di quei pestilenziali malware le cui istruzioni malevole rendono inutilizzabili le risorse informatiche di chi viene colpito. Per sbloccare la situazione – spesso insostenibile – occorre pagare un profumato riscatto in bitcoin alla banda di balordi che ha organizzato la malefatta (che non è certo che poi mandi le “chiavi” per decifrare i file messi KO). Parliamo di una minaccia tutt’altro che nuova.
A comprova del fatto che non si tratta certo di un sorpresa c’è un episodio che risale al marzo del 2015. La storia è la stessa non solo per la dinamica (un ransomware) e per l’epicentro (Montebelluna) ma anche per la curiosa coincidenza della vittima. Cinque anni fa a trovarsi nei guai era stata sempre la GEOX.
Non ci si trova a fare i conti con l’acrobatica incursione di pirati informatici saliti a bordo dei “cervelloni elettronici” con chissà quale tecnica di arrembaggio. Non c’è stato nessun “attacco” come la fantasia sarebbe portata a suggerire.
Queste brutte pagine di cronaca non sono affrescate con il giallo del mistero, ma sono disegnate in modo fin troppo nitido. Qualche dipendente di GEOX ha probabilmente ricevuto un messaggio in posta elettronica il cui oggetto poteva far riferimento in modo fraudolento ad una fattura da pagare, ad un’ingiunzione di pagamento, ad un provvedimento giudiziario, ad una cartella esattoriale o ad una sollecitazione di chissà quale ente pubblico. L’impiegato ha aperto la mail e ha cliccato sull’allegato per visualizzare il documento appena arrivato: quella solerte azione del mouse è stata l’equivalente del premere il bottone di innesco di un ordigno esplosivo….
La trappola è scattata immediatamente e si è tradotta nell’istantaneo avvio dell’operazione di cifratura di tutti i dati memorizzati sul disco fisso della stazione di lavoro del malcapitato. Il “ransomware” ha quindi verificato se a quel computer era collegato qualche disco esterno o semplicemente una “pennetta” USB: se li ha trovati, anche le informazioni salvate su quei supporti sono state crittografate. Il programma maligno è insaziabile e con la velocità della luce ha subito cercato di capire se quel pc era collegato ad una rete locale: non una semplice ricognizione, ma l’esecuzione delle istruzioni balorde che ha portato a danneggiare anche il contenuto dei dischi di rete, delle risorse condivise da altri computer e magari anche di quello che era stato “parcheggiato” in “cloud”.
In poche parole un disastro, dove chi ha fatto quel dannato clic sulla mail avvelenata non è l’unico colpevole ma forse solo uno dei tanti da chiamare al banco degli imputati nel più elementare processo aziendale mirato a ricostruire l’accaduto e magari ad evitare che si possa ripetere in futuro.
Se vale la regola del “non c’è due senza tre”, probabilmente è il caso che GEOX (ma il discorso vale per qualunque altra azienda privata o ente pubblico) corra ai ripari.
Per scongiurare il verificarsi di simili disavventure occorre agire preventivamente su due binari. E’ bene anzitutto intervenire sul versante tecnologico, installando firewall e antivirus che siano capaci di intercettare le potenziali aggressioni e di bloccare improvvide iniziative degli utenti che potrebbero scaricare “pacchi bomba” virtuali e farli scoppiare in azienda.
Certi strumenti (e veniamo alle seconde rotaie) possono non bastare, anche in considerazione che chi piazza gli ordigni in posta elettronica o su qualche sito suggerito sempre via mail sa come dribblare le misure di sicurezza in commercio. E’ quindi fondamentale agire sul punto più debole del sistema informatico di qualunque impresa, ovvero sui suoi utilizzatori. Solo un capillare intervento di sensibilizzazione e di formazione può “irrobustire” gli utenti e renderli impermeabili a certe maledette sollecitazioni. Adesso che si parla tanto di vaccini, è il caso di impegnarsi anche un pochino con la profilassi (nella fattispecie fatta di corsi, seminari, istruzioni elementari).
Il “ransomware” è facile ad essere evitato e bisogna agire su chi – in chissà quale scrivania – può accendere involontariamente la miccia. Va fatto subito, senza aspettare che certe disgrazie vadano a riempire le pagine dei giornali raccontando di uffici in tilt, magazzini nel caos, stabilimenti fermi.
FONTE:https://www.infosec.news/2020/06/17/news/sicurezza-digitale/apocalisse-informatica-in-geox-ed-e-la-seconda-volta/
VACCINI CONTRO! La Strategia di Speranza va contro quella della Commissione
Il governo si ammanta di un’alea di europeismo spinto. Anche oggi Conte, parlando alla camera, ha presentato la propria totale fede nell’Europa, nel fatto che saranno i mirabolanti fondi della UE a salvare l’economia italiana, anche se non si ha idea di cosa fare e bisognerà attendere settembre (parole del sottosegretario Misiani). Peccato che poi, in pratica, la sottomissione alla Germania ed alla Francia, sia perfino superiore a quella a Bruxelles, causando dei bei pasticci.
Come riporta Politico, la Commissione è molto seccata per l’iniziativa Inclusive Vaccine Alliance a cui hanno aderito Francia, Germania , Paesi Bassi che si sono trascinati dietro l’Italia. Si tratta dell’accordo a cui ha aderito il ministro speranza per l’acquisto di 400 milioni di dosi del vaccino Astra Zeneca attualmente in sviluppo. Peccato che questa iniziativa a guida franco-tedesca venga a cozzare direttamente con l’iniziativa della commissione in materia, finanziata con L’Emergency Support Instrument, (ESI) per 2,7 miliardi di euro, e che, nell’ambito della Protezione Civile Europea , dovrebbe portare ad un acquisto comune dei vaccini per la distribuzione dai vari paesi. La Commissione avverte che l’Incluse Vaccine Alliance, dietro una facciata di buonismo e di collaborazione, non sia altro che uno strumento con il quale si esprime la sfiducia dei singoli paesi nella capacità delle autorità europee di agire in modo rapido in un settore, come quello dei vaccini Covid-19, che sarà strategico per l’uscita dalla crisi.
Quindi, alla fine, ogni paese sta andando per la sua strada e non c’è molta fiducia nella commissione: oltre ad IVA c’è l’intervento, solo tedesco, che ha portato all’acquisto di CureVac, società all’avanguardia nel settore, mentre Malta ha dato vita ad un’alleanza di paesi del Sud e dell’Est per una procedura comune di acquisto e di controllo dei prezzi dei farmaci. L’Unione sembra completamente spiazzata, inerte e messa da parte, mentre negli USA il BARDA, Biomedical Advanced Research and Development Authority, è già molto avanzata nella selezione dei vaccini candidati ad un possibile acquisto. La Burocrazia di Bruxelles si rivela sempre più inutile.
FONTE:https://scenarieconomici.it/vaccini-contro-la-strategia-di-speranza-va-contro-quella-della-commissione/
La più grande minaccia per l’umanità non è il cambiamento climatico ma l’Ia
dice il filosofo di Oxford appoggiato da Bill Gates
- Nick Bostrom, professore di filosofia all’Università di Oxford, è un esperto dei rischi rappresentati dall’intelligenza artificiale.
- Bostrom, il cui lavoro è stato appoggiato da Elon Musk e Bill Gates, ha dichiarato a Business Insider che l’IA è “una minaccia più grande per l’esistenza umana rispetto ai cambiamenti climatici”.
- Dice che “sarebbe troppo aspettarsi” che tutte le grandi aziende tecnologiche, come Google e Facebook, creeranno i propri sistemi etici per l’intelligenza artificiale.
- Bostrom ha anche detto che pensa che ci dovrebbero essere più persone con conoscenze di base dell’IA nei governi.
Uno dei pensatori leader a livello mondiale sull’intelligenza artificiale afferma che la tecnologia è una minaccia più grande per la civiltà rispetto ai cambiamenti climatici.
Nick Bostrom, professore di filosofia di Oxford, ha dichiarato a Business Insider: “L’intelligenza artificiale è una minaccia più grande per l’esistenza umana rispetto al cambiamento climatico: il cambiamento climatico non sarà il più grande capovolgimento a cui assisteremo in questo secolo“.
Ha aggiunto: “È improbabile che il cambiamento climatico porti a un buon risultato, ma se lo sviluppo di IA dovesse rivelarsi negativo, sarà molto peggio dei cambiamenti climatici: l’intelligenza artificiale potrebbe rivelarsi come una cosa davvero positiva per l’umanità, ma potrebbe anche avere conseguenze molto gravi”.
Bostrom è un pensatore preminente nel suo campo, avendo pubblicato libri tra cui Superintelligenza. Tendenze, pericoli, strategie.
- La copertina del libro di Bostrom. Bollati Boringhieri
È anche diverso dagli altri perché fa appello ad entrambe le parti del dibattito: il suo lavoro è stato appoggiato da Elon Musk, che ha espresso opinioni apocalittiche sull’IA, e Bill Gates, un cauto sostenitore della tecnologia.
È per questo che sta attento a precisare il suo paragone con i cambiamenti climatici, una forza che potrebbe danneggiare la Terra irrevocabilmente a meno che gli esseri umani non facciano cambiamenti radicali nel prossimo decennio.
“La ragione per cui l’intelligenza artificiale è spesso rappresentata come un robot malvagio nei media è perché ciò serve a raccontare meglio la storia: i robot sono visivamente più convincenti di un chip all’interno di una scatola nera: puoi vederli e sentirli in un modo che non puoi fare con un chip “, ha detto. “Ma la malvagità non è il problema, è la possibilità che le IA siano indifferenti agli obiettivi umani“.
L’intelligenza artificiale potrebbe essere indifferente agli obiettivi umani – e questo è pericoloso
Tutte le entità intelligenti, sia umane che artificiali, hanno degli obiettivi, anche se sono pre-programmate. Per i semplicissimi termometri AI, ad esempio, consiste nel misurare con successo la temperatura.
La paura di Bostrom è che se le IA diventano sufficientemente competenti nel perseguire i loro obiettivi, anche quelli che sembrano innocui, potrebbero inavvertitamente danneggiare le persone.
In un articolo del 2003, Bostrom ha fatto l’esempio di un’IA il cui unico obiettivo è quello di massimizzare la produzione di graffette.
Se questa IA riuscisse a riprogrammare se stessa per migliorare la sua intelligenza – cosa che alcune IA sviluppate da Google sono già in grado di fare – potrebbe diventare così intelligente da innovare le modalità attraverso cui massimizza il numero di graffette che produce. A un certo punto, potrebbe iniziare a “trasformare prima tutta la terra e poi ad aumentare le porzioni di spazio occupate da impianti di produzione di graffette”, ha scritto Bostrom.
- I robot in stile “Terminator” potrebbero essere visivamente convincenti, ma Bostrom afferma che travisano la minaccia rappresentata dall’intelligenza artificiale. Paramount
Se trasformare il mondo in una graffetta sembra una cosa idiota, è perché non si allinea agli obiettivi degli umani. Ma la macchina che produce graffette sta seguendo i suoi obiettivi per una conclusione logica.
Diventando così incredibilmente brava nel fare graffette, potrebbe finire col danneggiare le persone. Non si rivelerebbe una macchina malvagia, ma semplicemente indifferente agli obiettivi che vanno al di là dei propri.
L’esempio potrebbe sembrare inverosimile, ma Bostrom afferma che l’indifferenza dell’AI rispetto agli obiettivi dell’umanità potrebbe già essere una vera minaccia.
“I modi più pesanti in cui l’IA può avere un impatto negativo sono i ruoli dei sistemi di informazione, come la selezione di notizie che confermano i pregiudizi delle persone o che agiscono come sistemi di sorveglianza“, ha affermato.
I problemi stanno già emergendo con quest’ultimo caso, spingendo la gente a chiedersi se aziende come Amazon e Microsoft dovrebbero vendere la tecnologia di riconoscimento facciale agli organismi governativi.
L’American Civil Liberties Union ha dichiarato lo scorso maggio che Amazon aveva venduto il suo strumento Rekognition alle agenzie governative e di polizia per lo scopo della sorveglianza pubblica e l’identificazione di “persone di interesse”. L’ACLU ha anche scoperto lo scorso anno che Rekognition aveva identificato erroneamente 28 membri del Congresso come persone che erano state arrestate.
Per Bostrom, la grande sfida sta nel controllare l’intelligenza artificiale e programmarla per allinearla agli obiettivi umani.
“La prima serie di difficoltà saranno tecniche, come trovare un modo per sviluppare l’intelligenza artificiale in modo controllato”, ha affermato. “Supponendo che lo risolviamo, i nostri obiettivi successivi sono le difficoltà sociali relative alla creazione di un ordine mondiale che sia al servizio del bene comune“.
Le grande compagnie tecnologiche stanno avendo difficoltà a capire come rendere sicura l’intelligenza artificiale.
Ma Bostrom ritiene che le grandi aziende tecnologiche stiano provando a sufficienza per sviluppare l’intelligenza artificiale in modo controllato? Google, Amazon, Facebook e Apple sono all’avanguardia nello sviluppo dell’IA, eppure alcuni studiosi ritengono che non stiano sviluppando un’IA compatibile con gli obiettivi umani.
Bostrom ha detto che le persone con cui aveva parlato presso le grandi aziende tecnologiche “sono preoccupate e impegnate a rendere l’IA sicura e compatibile” con questi obiettivi.
“Ho anche la sensazione che non siano in grado di capire cosa fare per realizzare questo“, ha detto. “Sarebbe troppo aspettarsi” che ogni azienda tecnologica se ne venga fuori con il proprio quadro etico per il controllo dell’IA“.
Le aziende tecnologiche sono chiaramente alle prese con questo problema. Google, ad esempio, ha sciolto un consiglio di etica sull’IA una settimana dopo che migliaia di dipendenti hanno partecipato alla campagna contro l’inclusione di Kay Coles James, il presidente della Heritage Foundation, un think tank di destra.
Ma se non ci si può fidare di grandi aziende tecnologiche per creare dei binari per lo sviluppo etico e sicuro dell’IA, di chi ci si può fidare? E i governi? Di nuovo, Bostrom è scettico.
“Non ci sono ancora molte proposte politiche chiare su come i governi dovrebbero intervenire”, ha detto. “In questo momento, non è chiaro cosa vorremmo che i governi facessero. Dobbiamo allargare il dibattito. Il capitalismo dovrebbe funzionare con i governi che creano le regole di comportamento e le aziende che lavorano all’interno di quelle regole”, ha detto, ma “c’è uno squilibrio culturale tra Silicon Valley e governi: la Silicon Valley ha un ethos incline alla libertà, mentre i governi sono molto indietro e non hanno slancio imprenditoriale“.
Ha aggiunto: “Penso che ci sarà bisogno di avere nei governi più persone esperte in intelligenza artificiale – non necessariamente brillanti ricercatori, ma persone con una certa esperienza, come un master in informatica. La capacità di comprendere l’intelligenza artificiale passa per gradi. A volte è meglio non essere troppo specializzati, perché se sei troppo specializzato, puoi avere una visione ristretta delle più ampie ramificazioni sociali di un campo“.
Bostrom, tuttavia, pensa di poter modellare la conversazione intorno all’IA pur restando nel mondo accademico. Ha anche detto che i dipendenti attivisti, come quelli di Google, hanno giocato il loro ruolo nel far sentire alle loro aziende il peso delle responsabilità.
“Ci sono cose che i ricercatori di IA possono fare per influenzare il comportamento delle grandi società di tecnologia senza dover lasciare il mondo accademico”, ha detto “C’è anche un certo grado di attivismo pubblico all’interno delle comunità di ricerca sull’IA, in ogni caso, come la recente rivolta di Google“.
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FONTE:https://www.co-in.it/la-piu-grande-minaccia-per-lumanita-non-e-il-cambiamento-climatico-ma-lia-dice-il-filosofo-di-oxford-appoggiato-da-bill-gates/
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