RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 10 SETTEMBRE 2020

https://www.iltempo.it/video-news-by-vista/2020/09/09/video/-io-ti-maledico-salvini-strattonato-da-una-giovane-camicia-strappata-24479137/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

10 SETTEMBRE 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/manlio.presti

https://www.facebook.com/dettiescritti

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna. 

Tutti i numeri della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com

 

 Precisazioni

 www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com 

 Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse.

Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali. 

 Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com 

La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

SOMMARIO

L’impero del buonismo e il ragazzo di Colleferro
Bizzi: governi pagati da Oms e Fmi per imporre il lockdown
Se lo Stato è il nemico. Se ne parla in Francia (In Italia, Colleferro)
Gunther Anders pose la domanda vietata
Surreale, normale
Per colpa della politica l’Oscar è diventato noioso come il Nobel
Dopo il lockdown è emergenza binge watching
Salvini aggredito in Toscana: ragazza 20 enne del Congo gli strappa camicia e rosario
Chi vuole rovesciare il presidente Lukashenko?
Grecia – manovra a tenaglia
La “quarantena” della cultura
I Demoni dell’Antico Egitto
GIUSEPPI CONTE DICE FAKE NEWS, E PADELLARO ANNUIVA.
Atzmon: noi pecore, agli ordini della non-scienza del Covid
Il «forte rimbalzo» del gatto morto. Perchè Gualtieri ci vende pelli di un orso che lo divorerà
Cambiare paradigma economico per raggiungere una prosperità sostenibile
“Parimenti” e “altresì”. Il Dpcm dell’8 settembre
LO SCANDALO DELLA GIUSTIZIA: PARAGONE E GASPARRI vs BONAFEDE
ALLE ONG L’EUROPA HA REGALATO 3,4 MILIARDI
Pariménti
L’Election Integrity Group di George Soros si prepara a cacciare il Presidente Trump
Capire le relazioni internazionali (2/2)
Dal lockdown al “Grande Reset”
Obama Gate e Nuova Tangentopoli in arrivo
Della Luna: vietato illudersi, a vincere è sempre il peggiore
Allarme per le carte di credito utilizzate online
Bloccata la sperimentazione del vaccino anti-covid (già comprato dall’Italia)
Terapia intensiva: Bassetti e Zangrillo smontano l’ennesima presa in giro
Il chip di Elon Musk che promette di collegare cervello e computer
IL MALE CHE DRAGHII HA FATTO ALL’ITALIA – ri-spiegato bene

 

 

EDITORIALE

L’impero del buonismo e il ragazzo di Colleferro

Manlio Lo Presti – 10 settempbre 2020

Sono quattro giorni che stanno martellando la popolaizone italiana per terra, per mare, per aria, a reti unificate, a stampa, radio ecc. ecc. ecc. sulla morte del ragazzo originario di Capo Verde a Colleferro.

L’evento non doveva accadere, ovviamente. La violenza  è sempre stupida, ma è altrettanto ignobile la speculazione che ne stanno facendo le forze buoniste quadrisex neomaccartiste in Italia trasformando la vittima in una icona del globalismo e della immigrazione

  • senza confini
  • senza limiti
  • senza condizionamenti
  • senza attenzione alla sicurezza dello Stato italiano, 
  • senza possibilità di discuterne la modalità perché ogni eccezione fa diventare ispo facto fascista chi la avanza
  • senza attenzione ai costi sempre più vasti che potevano prioritariamente andare a beneficio di una politica delle nascite italiane o per far fronte al degrato criminale dell’edilizia scolastica in tutto il territorio!
  • senza attenzione agli italiani che devono subire inermi la delinquenza perché ogni reazione sarebbe bollata come fascismo-razzismo

Lo Stato nazionale sprofonda in un caos crescente, con la colpevole inerzia di una classe politica fra le più corrotte e ricattate del pianeta, una classe di gangsters che esprime un odio così violento contro i propri connazionali da non essere comparabile con nessun’altra classe dirigente estera.

Il torema è sempre lo stesso: amare i lontani (i cosiddetti migranti) e odiare fino allo sterminio programmato, magari con piani di vaccinazione letale di massa, i restanti cioè gli italiani.

Ma si sa, gli affari sono affari. I c.d. migranti convogliano immensi guadagni nelle avidissime e capienti tasche della ben oliata e setolosa catena (altruistica????) dell’accoglienza ONG, vaticana, di Bruxelles che ce la impone, di provocatori internazionali vaccinisti, immigrazionisti, di capitani di industria e/o loro sodali ai vertici di queste strutture immigrazioniste industrie del soccorso in mare.

Si tratta di miliardi di euro e gli squali seguono l’odore del sangue! Le ONG sono spesso dirette da miliardari vari.

Siamo ritornati all’epoca dei grandi imperi coloniali che importavano schiavi per avere lavoro gratuito in madrepatria. Un meccanismo che in Germania ha fatto macinare immensi profitti delle industrie meccaniche e manufatturiere grazie alla importazione di oltre cinque milioni di turchi pagati con tre soldi che non potevano più dare agli italiani ormai di terza generazione…

TUTTO CIÒ PREMESSO

Appaiono molto in evidenza i segnali di una guerra sporca o guerra civile a bassa intensità che si sta svolgendo in Italia.

Come ho detto più volte, CHI CONTROLLA L’ITALIA CONTROLLA IL MEDITERRANEO.

Le verità vere sono esposte semplicemente ma non per questo sono banali. La neolingua trasforma riflessioni semplici come superficiali: tutto deve essere interpretato, confezionato e trasmesso all’interno  di eventi pseudoaccademici organizzati da strutture filoamericane dove arrivano i soldi veri e tanti, dove vengono addestrate le unità di assalto e di assassinio selezionate da precise forze specialie della ifesa, ecc. ecc. ecc. ecc.

LA SARABANDA È SEMPRE LA STESSA …

Le teorizzazioni politiche o presuntivamente culturali sono volutamente:

  • esposte in modo complicato,
  • infarcite di tantissimi acronimi incomprensibili,
  • costellate da una valanga di inutili inglesismi che hanno lo scopo di confondere le idee miranti al mantenimento della sottomissione italiana
  • motivate da ragioni planetarie e geopolitiche misteriosamente indiscutibili e intoccabili (T.I.N.A, FATE-PRESTO, ecc.). Coloro che osano avanzare un minimo dubbio, vengono espulso dalle università dove insegnano rapidamente e senza complimenti: gli altri sono avvertiti!!!
  • con convegni blasonati da notori atenei semiprivati e organismi culturali, a sfacciata trazione USA

P.Q.M.

All’interno di questo scenario che non muta dal dopoguerra ad oggi, non potrà quindi stupire la diffusione per altri trenta giorni degli eventi di Colleferro, quando se lo stesso accade ai danni di un italiano demmerda, la notizia è d1ata di striscio, frettolosamente e svogliatamente, senza innesti lacrimevoli da libro cuore.

La morte dei bianchi rompe gli schemi della impalcatura predefinita del neomaccartismo che prevede lamentazioni strazianti solo per la morte degli immigrati …

Quando accade la morte del bianco e connazionale demmerda, viene nascosta SUBITO la nazionalità di coloro che hanno fatto danno ai bianchi italiani demmerda. Si parla di ragazzi, del gruppo, ma MAI viene rivelata subito la provenienza se non quando sono i bianchi gli autori del crimine.

Siamo di fronte ad uno schema comportamentale e censorio dettato dalla trappola dippiopesista della DOPPIA VERITA’ GESUITICA di cui si avvalgono tutti, in particolare, coloro che ostentano appartenenze laiche e/o atee, cioè aree politiche ed intelletuali “laici” repubblicanoidi, liberali,Dem, sinistre varie, gruppi lgbt, massoni. Ovviamente tutti questi gruppi sono tutti e invariabilmente spinti dal fatto di essere i MONOPOLISTI DELLA VERITÀ per nomina  divina e tutti coloro che non sono d’accordo sono, con palese e vigliacco disprezzo, definiti subumani e di scarsa istruzione.

Gli ONUSTI DELLA VERITÀ SONO ANCHE MONOPOLISTI DEL SAPERE … Chi è fuori va ricondizionato in appositi campi di rieducazione stile maoismo.

Tonnellate di lacrimose notizie sui migranti poverini a fine di ogni tg di prima serata (attentissimi quindi alla massima diffusione del DEM-PENSIERO. iL “Libro cuore” è astutamente posizionato e diramato verso la fine del TELEGIORNALE UNIFICATO TRASVERSALE DELLE RETI NAZIONALI E SEMIPRIVATE e delle catene stampa pagate copiosamente dalla Presidenza del Consiglio.

Fonte:https://okaffarefattofrascati.online/prodotto/j-6666-libro-cuore-di-edmondo-de-amicis-2a-edizione-1969/

Un Paese sovragestito da cupole extranazionali da vari secoli, con una facciata di gang politica corrotta e paralizzata da una selva infernale di ricatti reciproci, non può salvarsi. Non può sopravvivere al permanere di una classe politica reclutata esclusivamente con la meccanica della COOPTAZIONE DALL’ALTO che elimina la mobilità sociale, mantenendo disuguaglianze e bloccando le capacità per premiare il servilismo ed il conformismo.

Niene di nuovo sotto il sole. Nel Settecento, ma anche molto prima, esisteva un mercato ben articolato e complesso di compravendita di cariche pubbliche. L’ampiezza delle tasche consentiva vertiginose ascese verso l’Olimpo, ovviamente.

La demolizione di una nazione è servita…

GLI AFFARI SONO AFFARI

 

 

 

IN EVIDENZA

Bizzi: governi pagati da Oms e Fmi per imporre il lockdown

Sono uno storico, uno scrittore e un giornalista freelance. È dallo scorso mese di gennaio, con l’introduzione in Italia dello stato d’emergenza da parte del governo di Giuseppe Conte, che mi sento in guerra, letteralmente catapultato notte e giorno in una trincea. Mi sento in guerra non certo contro un “virus” o un nemico invisibile, ma contro un governo totalmente eterodiretto da forze e poteri molto pericolosi che hanno messo in scena un vero e proprio colpo di Stato globale, finalizzato alla progressiva riduzione e cancellazione della democrazia, della libertà e dei diritti civili, alla repressione di qualsiasi dissenso e all’instaurazione di una dittatura mondiale tecnocratico-sanitaria che definire di stampo orwelliano sarebbe un complimento. Tale piano, che va avanti indisturbato già da molti anni e che si pone purtroppo anche altri obiettivi molto più pericolosi, ha coinvolto la maggior parte dei governi mondiali e alcuni europei in particolare. Non tutti i governi europei si sono approcciati all’Operazione Corona nello stesso modo, anche se, almeno nella fase iniziale, l’hanno generalmente sostenuta, anche perché sapevano che sarebbe stata funzionale a un reset finanziario globale dal quale non volevano rischiare di restare esclusi.

In ogni modo, in alcuni paesi scandinavi, in Svizzera, in Croazia e – in parte – anche in Germania, questa operazione è venuta presto a scontrarsi con la solidità dei sistemi democratici e ci sono stati notevoli ripensamenti, se non addirittura dei chiariNicola Bizzitentativi di smarcamento. In altri paesi, come ad esempio in Italia, Spagna, Francia, Serbia e Bulgaria, l’operazione è stata invece portata avanti con maggiore forza e violenza. Questo è potuto avvenire sia per via di crescenti pressioni internazionali che grazie a sostanziosi incentivi economici provenuti da organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tutti i governi europei erano stati messi al corrente già dal mese di settembre del 2019 di cosa sarebbe successo, e hanno ricevuto enormi finanziamenti clandestini (nel senso di non ufficialmente dichiarati): una vera e propria pioggia di denaro, non certo destinata a finanziare e potenziare la sanità e gli ospedali, ma esclusivamente per dichiarare il lockdown e garantirne la tenuta attraverso un massiccio potenziamento delle forze dell’ordine.

Non sono in grado di sapere quale sia l’esatto ammontare di questi finanziamenti, anche perché sono stati sistematicamente coperti da segreto di Stato, e perché sono stati diversi da paese a paese. A rompere la diga è stato il presidente della Bielorussia Aljaksandr Lukashenko, che notoriamente si è sempre rifiutato di adottare nel suo paese alcuna misura di emergenza, di lockdown o di “distanziamento sociale”. In una riunione del governo bielorusso ha dichiarato di aver ricevuto una cospicua offerta in denaro (92 milioni di dollari) da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, affinché facesse «come in Italia». Offerta che, dopo il secco no di Lukashenko, sarebbe stata in poche settimane addirittura decuplicata: ben 940 milioni di dollari, questa volta offerti dal Fondo Monetario Internazionale, accompagnati dalla medesima richiesta: chiudere tutto e fare “come in Italia”. Non a caso, dopo questa coraggiosa presa di posizione, Lukashenko è stato demonizzato dalla “comunità Aljaksandr Lukashenkointernazionale”, è stato accusato di brogli elettorali e stanno tentando di rovesciarlo con una ridicola e meschina rivoluzione “colorata” finanziata da criminali come George Soros e alimentata da personaggi di squallore, servi del potere globalista, come Bernard-Henri Lévy.

Cosa si sarebbe impegnato a fare esattamente Aleksandar Vučić per quei soldi? Ho contatti nell’ambiente dell’intelligence, sia in Italia che in altri paesi, e mi hanno confermato che il governo italiano ed altri governi europei, incluso quello della Serbia, hanno ricevuto e accettato questi finanziamenti occulti. Non posso sapere con certezza come Aleksandar Vučić li abbia impiegati, ma so che in Italia sono stati destinati al potenziamento delle forze dell’ordine per la gestione e la tenuta del lockdown e per corrompere i media, affinché mantenessero alto il clima di paura per il “virus”. Molto probabilmente la stessa cosa è accaduta in Serbia, ma deve essere il popolo serbo a pretendere e a ottenere la verità. Se ci sono ancora in Serbia politici con le mani libere, devono trovare il coraggio di chiedere al loro governo quanto denaro ha realmente ricevuto e come lo ha speso. Sono stato uno dei primi giornalisti al mondo a denunciare tali questioni attraverso il sito www.databaseitalia.it. I popoli hanno il diritto di conoscere la verità.

Finanziamenti segreti per adottare il lockdown e per appoggiare la psy-op dell’Operazione Corona sono stati offerti alla maggior parte delle nazioni, a dimostrazione del fatto che si è trattato di un vero e proprio colpo di Stato globale. Questo è accaduto in Canada, Australia, America Latina, Medio Oriente, Asia e Africa. Molti leader africani, in particolare i presidenti Il serbo Aleksandar Vucicdella Tanzania, del Burundi e del Madagascar hanno pubblicamente denunciato questi tentativi di corruzione e hanno preso le distanze dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dimostrandosì così molto più liberi e coraggiosi dei leader europei. Sicuramente tutti i paesi dell’Europa Sud-orientale hanno raggiunto simili accordi, compresi Romania, Bulgaria, Albania, Montenegro e Macedonia, ma non conosco gli importi di tali finanziamenti. In Grecia e a Cipro ci sono state maggiori resistenze politiche, e la Chiesa Ortodossa ha avuto molto peso nella difesa della democrazia e della libertà dei cittadini. Questa è una guerra contro i nostri diritti, contro la democrazia e per la distruzione della nostra stessa civiltà. Tutti i popoli d’Europa devono ribellarsi e lottare per il proprio futuro.

(Nicola Bizzi, “Sapevano del coronavirus dallo scorso autunno, il presidente serbo Vučić ha preso i soldi”, da “Database Italia” del 7 settembre 2020. «Sono passate poche settimane da quando il suo articolo in esclusiva per “Databaseitalia.it” ha fatto il giro del mondo», scrive Davide Donateo ricordando la denuncia di Lukashenko sottolineata da Bizzi, «scoperchiando il sistema con cui il Fmi è riuscito a “convincere” i governi ad entrare in lockdown, seguendo il modello italiano». In un’intervista rilasciata per l’importante sito serbo “Srbin.info”, Bizzi ha alzato la posta rivendicando la veridicità di ogni parola di quell’articolo, aggiungendo ulteriori dettagli. «Amo molto la Serbia, parlo la vostra lingua e ho studiato la vostra storia», dice Bizzi, editore di Aurola Boreale, rivolgendosi ai serbi. «Ho vissuto a lungo nel vostro paese negli anni ’90 e ho avuto l’onore di conoscere e incontrare Slobodan Milošević», aggiunge. «Ero molto amico di Dragoš Kalajić, un grande intellettuale, artista e patriota, e ho lavorato con lui per difendere nel mondo l’immagine e l’onore della Serbia»).

 

 

 

Se lo Stato è il nemico. Se ne parla in Francia (In Italia, Colleferro)

Una estate da Arancia Meccanica ha vissuto la Francia nel silenzio dei media (ma lo stesso si può dire della Svezia, per non parlare degli Stati Uniti): caterve di aggressioni e di omicidi ultra-violenti e poco motivati, stupri collettivi, profanazione di chiese e cimiteri, innumerevoli atti di vandalismo, incendi – compiuti sistematicamente da “migranti” o di etnia non francese. Un fenomeno che viene chiamato “ensauvagement”, inselvaggimento del vivere sociale; termine adottato anche da un ministro degli Interni. Ma gli appelli dei cittadini allo Stato restano inascoltati. La polizia non interviene, le mani legate dai giudici. Sicché a Bordeaux, a Nantes, in località più piccole, i cittadini, esasperati dal degrado del loro ambiente quotidiano, hanno formato collettivi per farsi carico della propria sicurezza. Fra la condanna unanime dei media e dei politici al governo.

Il punto è capire se e quando questa “criminalità molecolare” diventa “guerra”, magari “ibrida”: lo dice Eric Werner, docente di filosofia a Ginevra dopo essersi laureato a Parigi, polemologo, ossia capace di “pensare la guerra”. Una distinzione intellettuale preliminare e chiarificante: se è guerra., i metodi da adottare sono diversi da quelli della polizia e della magistratura. E l’autodifesa è legittima. Werner ha scritto Légitimité de l’autodéfense : Quand peut-on prendre les armes ? – In cui si riconosce la specifica chiarezza di pensiero civile del soldato-cittadino elvetico, che ha l’arma di Stato nell’armadio , pronto alla chiamata, e con la precisa nozione che i diritti della libertà collettiva nascono dal dovere di difenderla.

Eric Werner

“La criminalità, in sé, non è guerra. Lo diventa quando diventa mezzo della politica; ma allora lo diventa molto chiaramente. Ci si può chiedere se oggi non sia così”, dice Werner nell’intervista che gli ha fatto un blog studentesco. .

E’ già così?

“La risposta è resa confusa dal fatto che proprio la questione se si è in pace o in guerra che, oggi, sembra superata. È per una semplice ragione, e cioè che tutto oggi è guerra. La guerra è diventata “Senza Limiti” (per usare il titolo del capitale trattato dei colonnelli Qiao Liang e Wang Xiangsui, Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione). Non c’è quindi più dubbio se si è in pace o in guerra. Perché a priori siamo in guerra. Questo è particolarmente vero all’interno”.

A questo punto va ricordato che nel 1998, Werner aveva pubblicato “L’avant-guerre civile – Le chaos sauvera-t-il le Système?dove descriveva con anni di anticipo le conseguenze del crollo dell’URSS. Una volta sparito il Grande Nemico, cosa avrebbe fatto il sistema di potere occidentale per legittimarsi? Reinventarsi un nemico, prendendolo se occorre dal proprio pollaio. “Il potere incoraggia il disordine, addirittura lo sovvenziona, ma non per sé; lo sovvenziona per l’ordine di cui è il fondamento, al cui mantenimento contribuisce. Ordine attraverso il disordine, questa è la formula”: governare con la paura ed il caos si dimostra estremamente efficace, come prova la dittatura terapeutica in corso. I jihadisti francesi che coi loro attentati hanno insanguinato la Francia (la cui dirigenza li aveva formati e mandati in Siria) sono lì a dimostrarlo.

Il punto è che oggi, contrariamente a 20 anni fa, Werner non è più sicuro che il potere ci voglia mantenere nello stato di “avant-guerre civile”. Che punti alla guerra civile vera e propria.

“Lo Stato sembra non prendere la misura la gravità della situazione, si dice. Al contrario, l’ha capito benissimo, poiché lui stesso è all’origine di questo stato di cose, se non altro per avergli permesso di svilupparsi come lui. Certo è che non ha fatto nulla per impedirne o anche solo frenarne l’instaurazione – mediante un migliore controllo delle frontiere, ad esempio, o garantendo che teppisti, violentatori e delinquenti siano soggetti alle sanzioni previste dalla legge: che, come sappiamo, non è mai il caso.

“Quanto al patto sociale tra lo Stato e i suoi cittadini, non esiste più da molto tempo alcun patto: lo Stato ha da tempo cessato di proteggere i propri cittadini. Ma questo non è solo il caso della Francia: è anche il caso di molti altri paesi europei” . Il potere non a caso è sovrannazionale e detta le regole.

“Personalmente, non sono un anarchico. Riconosco pienamente l’utilità dello Stato e la sua necessità. Ma non lo considero “amico a prescindere”. Lo è solo se si comporta secondo il patto sociale, che lo obbliga a tutelare il cittadino. Altrimenti no, non lo è. Lo è ancora meno quando mi attacca, come sempre di più oggi. Allora è mio nemico e, che gli piaccia o no, prendo tutte le misure che ritengo utili e necessarie per proteggermi da lui”.

“Si potrebbe anche dire che lo Stato è oggi il nemico prioritario. Non è l’unico nemico: ce ne sono molti altri. Ma è il nemico prioritario. Se prima non lo escludiamo, non escluderemo nemmeno gli altri, se non altro perché è loro alleato e li protegge “legalmente” ”.

Il governo Macronista sbaglierebbe a non ascoltare queste riflessioni che si stanno espandendo in un popolo che ha rivoluzioni, insurrezioni e jacqueries nella sua esperienza storica.

Cosa sono diventate le polizie, se aggrediscono i cittadini?”

Tanto più che un ufficiale superiore della Gendarmeria (ovviamente anonimo), l’8 settembre, ha postato su un sito molto seguito una denuncia contro “la deriva estremamente grave riguardo alla democrazia delle istituzioni di polizia di paesi apparentemente democratici. Dove lo Stato le strumentalizza “usandole per aggredire i cittadini onesti risparmiando teppisti meno docili”.

Ora, aggiunge il dirigente della polizia, “con l’inizio dell’anno scolastico, si presenta un mondo inverosimile, con un controllo delle maschere da parte di uomini muniti di armi da guerra davanti alle scuole, che traumatizzano bambini e genitori e con minacce di multe di 270 € se negli autobus scolastici la maschera non è usata nel modo corretto o la cintura di sicurezza non è allacciata.“

“Nell’attuale crisi, in cui sono seriamente messe in discussione le libertà, tra cui quella di respirare normalmente, il principio stesso della vita, dall’obbligo di indossare una maschera la cui inefficacia tutti gli studi dimostrano contro un virus le polizie sono usate contro le persone. L’azione della Polizia e della Gendarmeria sulla pubblica strada legittimamente contestabile, perché martirizza la popolazione innocente vittima di questa crisi – e gradiremmo che lo stesso ardore fosse posto nella ricerca dell’origine del male, dei suoi autori, collaboratori, finanzieri…”.

Qualcosa dice che in Francia la misura è colma. (Il lettore avvertito ricorderà ciò che disse il veggente bavarese di Parigi: la città sarà distrutta dalla sua popolazione).

Colleferro, comincia la guerra incivile?

Discotecari gli uni
Discotecari gli altri

Invece, “In Italia le cose vanno selvaggiamente”.    Il selvaggio non è il primitivo; è il degradato e decaduto da una civiltà  superiore, di cui  non ha saputo – o voluto –   fare la manutenzione.  Una “influencer”  ha decretato che il  delitto di Colleferro deriva dalla “cultura fascista”. L’errore  sta nella parola “cultura”.    E’ invece la teppaglia degradata che vive   di discoteche, di estetica da discoteche (tatuaggi e palestrati,  donne “seduttive”,  vuoto mentale, fatti e strafatti) alla quale l’influencer partecipa non  meno dei teppisti assassini. Le  opposte tifoserie che si sono immediatamente formate attorno al vile fatto di sangue, rivelano lo stesso scadimento dal livello di civiltà minimo per vivere all’altezza dei tempi: gli “antifascisti”  insultano gli avvocati difensori dei teppisti omicidi, dimostrando di  voler anch’essi la giustizia  sommaria, il linciaggio.  E  peggio: l’ignoranza del più elementare principio del diritto, che dovrebbe essere  nozione comune fin dei bambini.

Da  qui comincia per l’Italia    la tragedia –  che non può essere guerra civile, per insufficienza culturale,  mentale e civile di tutti;  sarà una rissa da discoteca, come ne accadono ogni notte  fra strafatti ubriachi,  ma allargata all’intero territorio  nazionale. L’inselvaggiamento all’italiana come voluttuosa discesa nello stato di bestie, dimentiche di ogni cultura.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/se-lo-stato-e-il-nemico-se-ne-parla-in-francia/

 

 

 

Gunther Anders pose la domanda vietata

Dopo una vita di pacifista militante, anzi capo, a fianco di Heinrich Böll, il vescovo Scharf, il teologo Gollwitzer alla guida del grande movimento per la pace che ha combattuto contro l’installazione di missili nucleari nordamericani nel territorio tedesco, Guenther Anders, nel 1987, all’età di 85 anni, scrive un trattato a favore della difesa (del diritto naturale) contro lo Stato che lo stupra.

Violenza sì o no

Notstand und Notwehr, stato d’eccezione e legittima difesa, è altro titolo. A 85 anni, Günther Anders non crede più nei mezzi pacifici, non crede più nella democrazia dei partiti, e lo spiega con una analisi lucidissima: “Che dopo la vittoria dei mass media ci possa essere ancora la democrazia, è l’idea che contesto. La sostanza della democrazia sta potersi fare una opinione propria e, allo stesso tempo, poterla esprimere. Ad esempio, non sono mai stato in grado di esprimere la mia opinione negli Stati Uniti, dove ho vissuto per quattordici anni. Da quando esistono i mass media e le persone nel mondo siedono incantate davanti alla televisione, vengono nutrite di opinione cucchiaio dietro cucchiaio. La frase “avere la propria opinione” non ha più senso. Coloro che sono ingozzati così non hanno più la possibilità di avere un’opinione propria. E’ tanto se consumano altre opinioni. Li si riempie. Delle oche non si può dire siano “nutrite”; la televisione è una forma di alimentazione forzata.

“Se la democrazia è il regime in cui si ha il diritto di esprimere la propria opinione, ora è impossibile a causa dei mass media, nella misura in cui non abbiamo più la nostra opinione e, così facendo, niente di più da esprimere”. L’uomo, continua Anders, non è più un essere superiore dotato di parola [mündig]. Non è più un essere in grado di esprimere la propria opinione attraverso la bocca [mit seinem Munde]. Non è più altro un servo [hörig] capace solo di ascoltare [hören].Ascolta ciò che la radio o la televisione gli fanno ingurgitare, ma non è in grado di risponder loro. La relazione rimane unilaterale. Tale servitù è caratteristica della mancanza di libertà che l’uomo ha creato con la sua tecnica e che gli si rivolta contro […]. Con i mass media è comparsa la figura dell ‘eremita di massa. È seduto, isolato davanti alla sua televisione, e riceve lo stesso nutrimento audio-visivo degli altri. Non si rende conto che quello che ingurgita da solo è il cibo di milioni di altre persone allo stesso tempo ” In un saggio pubblicato sulla rivista austriaca Forvm, Anders pone la questione cruciale: “La protesta non violenta è sufficiente?” Ecco cosa ha scritto: “Se vogliamo garantire la sopravvivenza della nostra generazione e quella delle generazioni future… non ci sono alternative …Ecco perché dichiaro, con dolore ma determinazione, che non esiteremo a uccidere gli uomini che, per mancanza di immaginazione o di cuore, non esitano a mettere in pericolo l’umanità e quindi ad essere colpevoli di crimini contro di essa”.

Montesano ha letto un passo cruciale di Gunther Anders, risalente alla sua presa tragica di coscienza:

VIDEO QUI: https://youtu.be/OWgoXfq5-TE – Montesano

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/gunther-anders-pone-la-domanda-vietata/

Surreale, normale

COME UN TG

at the al jazeera broadcast center in doha, qatar

di Guido Grossi

Siamo dentro la pandemia più grave della storia dell’umanità.

Siamo dentro la crisi economica più grave della storia dell’umanità.

E tutto sembra stramaledettamene normale! Normale, capisci?

Tempi duri, difficili da decifrare. Emozioni forti ci rendono impossibile rimanere calmi ad osservare con distacco ciò che ci accade intorno.

Allo stesso tempo, tutto è pervaso da un surreale senso di “normalità”. Chi ha potuto, come sempre, una piccola vacanza se l’è concessa. Sacrosanta, foss’anche solo un weekend o una manciata di giorni: al mare, in campagna, in montagna, oppure a zonzo nelle città e nei borghi d’Italia a guardare, con il naso all’insù, le meraviglie della natura e della cultura della nostra sempiterna e magnifica Italia. La bellezza, lì fuori, ripulisce i pensieri cattivi.

Il telegiornale, con lo stesso tono ormai monotono, quasi noioso, conta i malati come ha sempre fatto, pardon: i contagiati, pardon: i tamponati. Sono aumentati i malati, i contagiati o solo il numero dei tamponi fatti? Si ammalano ora anche i giovani, o si fanno ai giovani tamponi che prima non si facevano? Che differenza c’è fra uno che gli trovi addosso un virus e un malato contagioso? Nella mente che ascolta distrattamente le differenze si perdono: resta l’angoscia, qualunque cosa tu possa pensare della situazione.

Pensieri rimandati: il lavoro che c’è e non c’è, la malattia che c’è e non c’è, gli impegni, la politica che non risponde, il mondo che ci cade addosso e i soldi, maledetti soldi che continuano imperterriti a girare vorticosi nel mondo della finanza, a trilioni, ma da chi ne ha disperato bisogno non arrivano mai. Il Governo ci gioca: li menziona, li promette… centinaia di miliardi! Ma non si vedono, non arrivano a destinazione, si perdono nei regolamenti d’attuazione che non arrivano o non attuano, e quando attuano complicano e allontanano, rendono ostico e arduo. Il tempo, di solito, aggiusta tutto… questa volta no. Niente si è risolto. Tutto è complicato, un po’ kafkiano.

Ognuno pensa a sé stesso: comunichiamo meno di prima.

Normale sta mascherina del ravanello che mi toglie l’ossigeno e tutti portano con disinvoltura, nei supermercati, in fila per strada davanti ai negozi, perfino in macchina… mentre mi soffoca. Come fa a non soffocare anche voi, perdiana!

Normale perdere il lavoro, e sapere che non ne arriverà un altro.

Normale aspettarsi una ripresa del lockdown (non mi piace l’inglese ma mica posso dire: “quarantena”, dovrei dire in caso “novantena” o “centoventena” o… chissà, sa di infinito ‘sta storia brutta.)

Normale l’aggravamento della crisi economica, già eccezionalmente grave.

Normale che i soldi arrivino a miliardi a chi ne ha già tanti. Vedi i 6 miliardi (sei miliardi di euro, ravanello: davvero tanta roba!) alla Fiat, pardon: alla FCA, ma è sempre la stessa che si prende i nostri soldi da sempre, che vuoi?). Che poi manco la FCA li prende: alla fine del giro arriveranno alle banche. Garantite dal Governo, pardon: dal DCPM. Quelle che generosamente hanno regalato un po’ soldi (qualche centinaio di milioni) alla Protezione Civile, cioè a disposizione del Presidente del Consiglio che poi autorizza con DCPM queste garanzie governative miliardarie sui prestiti che le banche fanno alla FCA che si traducono in soldi nostri che usciranno dalle nostre tasche per entrare nei bilanci delle banche. Vecchia, sporca storia.

Per la ricerca contro il Covid, dai DCPM, giusto 20 milioni di euro (milioni, non miliardi). All’inizio erano 5 milioni, poi si sono vergognati e sono diventati venti. Normale.

Nomale che non arrivino per nulla, invece, quelle poche centinaia di euro a chi ne ha disperato bisogno… E ne ha sacro santo diritto, previsto peraltro dalla legge delle leggi: la Costituzione.

Ma dai: non pretenderai mica che si rispetti la Costituzione! Mettiti la mascherina che lo dice la legge e non rompere le palle!
La solidarietà, i diritti… normalmente dimenticati.

Se c’è una cosa che oggi accomuna gran parte delle persone, che altrimenti si dividono sempre più radicalmente, da una parte i negazionisti complottisti e dall’altra i filogovernativi (per modo di dire), è questo senso di angoscia, di mancanza di serenità, di incapacità di capire e di capirsi. Non c’è tempo per ascoltare: solo voglia disperata di far capire le proprie ragioni. Non funziona. Non può funzionare.

Parlo con amici e parenti, e non capisco, né riesco a spiegarmi. Pensieri che dentro di me sembrano tanto chiari, mentre li espongo si confondono, me ne rendo conto: non sono efficaci, non rendono, non comunicano. Né riesco ad ascoltare le ragioni dell’altro. Basta una parola magica di troppo, e scattano i nervi: ma come puoi non vedere! E se fossi io a non vedere?

Cadrà il Governo: normale. Quello che verrà sarà comunque peggiore (dal punto di vista del popolo). Draghi. Farà girare più soldi, sa come fare. Come sempre, non saranno per chi ne ha bisogno.

Nulla è normale, Tutto appare normale. Rassegnazione? O è la quiete prima della tempesta?

Forse, se non ci svegliamo per tempo, anche la guerra ci sembrerà normale.

Malessere. Rabbia. Arriva l’autunno. Le manifestazioni.

Le faranno vedere i TG e ne parleranno i giornali? Oppure, come hanno già fatto per le manifestazioni di Berlino, ci mostreranno solo quattro scalmanati, naturalmente nazisti, a prescindere?

FONTE: https://www.sovranitapopolare.org/2020/09/01/surreale-normale/

 

 

 

 

ARTE CINEMA TEATRO

Per colpa della politica l’Oscar è diventato noioso come il Nobel

L’antitrumpismo fa più danni del politicamente corretto. L’89esima edizione dei premi Oscar verrà ricordata a lungo, ma per i motivi sbagliati: scelte politiche, comizi e una incredibile gaffe finale nell’assegnazione del premio più importante

Non c’è neppure da scommetterci, tanto è sicuro: la cerimonia per l’assegnazione degli 89esimi premi Oscar, conclusasi al Dolby Theatre di Los Angeles quando in Italia erano da poco passate le sei del mattino, verrà ricordata molto, ma molto a lungo. Non per motivazioni cinematografiche, né, purtroppo, per la straordinaria e inedita pantomima che ha portato Warren Beatty e Faye Dunaway a consegnare la statuetta più importante di tutte — quella per il miglior film — nelle mani, sbagliate, dei produttori di La La Land (vincitore alla fine di sole 6 statuette sulle 14 nomination) invece che di quelli di Moonlight, protagonista di questi Oscar con premi pesantissimi al film, alla sceneggiatura e al migliore attore non protagonista. Questi Oscar verranno ricordati per la loro dimensione politica,che mai come quest’anno, purtroppo, ha fatto sentire il suo peso influenzando discorsi, dichiarazioni, presentatori, ma anche la lista dei vincitori designati dall’Academy.

L’ombra lunga del ciuffo di Trump si è fatta sentire fin da subito, quando un Jimmy Kimmel (che ancora non aveva idea di che diavolo gli sarebbe toccato vedere su quel palco) ha scelto di metterla subito sull’ironia: «Ci stanno vedendo in milioni di americani, ma anche in tutto il mondo, in oltre 225 paesi che ora ci odiano», ha cominciato, ringraziando subito Trump per il suo effetto benefico sugli Oscar: «Vi ricordate l’anno scorso, quando gli Oscar sembravano addirittura una manifestazione razzista?».

Di momenti anti Trump ce ne sono stati a volontà, ben oltre le battute del presentatore: dalla premiazione “in contumacia” di The Salesman del regista iraniano Asghar Farhadi che, per protestare contro il Muslim Ban di Trump che ha colpito il suo paese, non si è presentato a Los Angeles e ha mandato un messaggio da leggere, passando per il premio all’attore Mahershala Ali, musulmano, miglior attore non protagonista in Moonlight, quello a Viola Davis come miglior attrice non protagonista in Fences, e arrivando fino alla dedica “a tutti gli immigrati” di Alessandro Bertolazzi, vincitore insieme a Giorgio Gregorini e a Christopher Nelson dell’Oscar per il miglior trucco per Suicide Squad.

Le celebrities americane, soprattutto quelle cinematografiche, non hanno mai nascosto il proprio antitrumpismo. Lo hanno fatto prima delle elezioni, sostenendo a più riprese e in tanti modi — quasi tutti abbastanza ridicoli — la candidatura di Hillary Clinton, ma anche dopo le elezioni, organizzando incontri, partecipando a manifestazioni, lanciando messaggi contro la nuova amministrazione Trump. Che lo abbiano fatto agli Oscar c’era da aspettarselo, è chiaro, ma non c’è molto di cui essere contenti.

Purtroppo non è gridando qualche bel messaggio progressista in un discorso preparato per l’occasione più glamour dell’anno e ricevende il più esclusivo premio del mondo in uno dei più prestigiosi teatri americani che si combatte una lotta politica. Perché purtroppo premiare un film come Moonlight non cambierà di una virgola la vita nei ghetti neri americani; esattamente come premiare un attore musulmano come Mahershala Ali, un’attrice afroamericana come Viola Davis o un regista iraniano assente in sala come Asghar Farhadi non renderà l’America un paese più aperto, più libero e più giusto. L’America non è quella dentro il Dolby Theatre di Los Angeles, è quella fuori.

FONTE: https://www.linkiesta.it/2017/02/per-colpa-della-politica-loscar-e-diventato-noioso-come-il-nobel/

 

 

 

 

ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME

Dopo il lockdown è emergenza binge watching

Che cos’è e come può essere dannoso alla salute (anche mentale)

Accade specie d’estate che in tv sui canali nazionali ripropongano le repliche quotidiane di una serie televisiva già trasmessa negli anni precedenti.
Con l’avvento delle piatteforme streaming però sono state accessibili intere serie televisive con la visione di più episodi di una determinata serie, uno dopo l’altro. Questo ha reso possibile il binge watching, cioè guardare le puntate di una serie tv consecutivamente, senza pause.
Il termine binge watching è composto da binge, termine mutuato dalla psichiatria e in special modo dalla bulimia ed indica abbuffata, e watching, guardare, che caratterizza l’azione di vedere consecutivamente e compulsivamente per ore ed ore le puntate di una serie tv che è già stata trasmessa.

Tali maratone televisive sono tipiche delle persone agorafobiche come alternativa e compensazione della vita reale che a loro spaventa troppo: gli agorafobici gravi potremmo definirli “i sepolti vivi” e sono soggetti che stanno per decenni chiusi in casa fino talvolta alla morte.

Con la paura della diffusione del covid e l’imposizione del lockdown tutti abbiamo provato e subìto gli effetti dell’agorafobia e purtroppo in molti sono stati affetti dal binge watching. Come sono aumentati in maniera esponenziale attacchi di panico e fobie, così si sono insinuate abitudini pericolose che persistono anche dopo il lockdown

L’industria televisiva ha creato questa dipendenza con il fenomeno del cliffhanger (finale che lascia in sospeso) e lo spettatore con un’opzione predisposta può passare all’episodio successivo,saltando anche l’introduzione del nuovo episodio , rimanendo incollato alla tv fino a tarda ora, magari cosa rara prima di questa “dipendenza”.
Non si rispetta più la visione dell’episodio con cadenza settimanale o bisettimanale, forma più sana per fruire di questi spettacoli che sono a puntate o dovrebbero esserlo.

Perché è dannoso alla salute?

Innanzitutto per la cosa in sé: ogni dipendenza non porta mai niente di buono perché ci costringe a vivere nell’immaginario distaccandoci dal reale: tale seduzione, sempre più presente nelle generazioni di oggi, è già in crescita da una decina d’anni.
Si calcola che oggi siano milioni gli spettatori dipendenti dal binge watching.

Vediamo gli effetti sulla salute: molte ore incollati alla tv implica una “non vita”. Nella realtà delle cose quotidiane ciò è pericoloso, in modo inversamente proporzionale all’età, specie se diventa un abitudine/dipendenza e quindi viene praticata in maniera “cronica”. La vita sedentaria è la prima conseguenza che può significare togliere tempo allo sport con conseguenze note per la salute. Molte ricerche mediche attestano che una vita sedentaria, senza sport, aumenta le probabilità di infarto, malattie cardiovascolari e ipertensione con un rischio che anche qui riguarda gli anni di esposizione alla “dipendenza”.
Ipnotizzati dalla tv si resta inconsapevoli di ciò che si sta mangiando e qui il termine binge riscopre la sua prima significazione cioè abbuffate di cibo con rischio obesità, diabete mellito etc
Altre conseguenze ancor più immediate di queste maratone tv sono le difficoltà relazionali dovute all’eccesso di virtualità che rende inquietante il rapporto con il reale e dunque un aumentato grado di solitudine. Solitudine che porterà ad una ulteriore spinta verso il binge-
watching.

Il lockdown ha per certo peggiorato una tendenza che era già in crescita di fuga dal reale verso l’immaginario. Questa fuga colpisce trasversalmente ogni età ma è più diffusa e grave nell’area degli adolescenti, che non a caso, hanno aumentato anche l’uso e l’abuso di sostanze psicotrope, forma assai più eloquente di desiderio di fuga dalla realtà.
Probabilmente in futuro, magari fra 10 anni saranno evidenti tutte le conseguenze disastrose di malattia anche mentale che questa pandemia di COVID-19 ha generato.

FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/07/news/campanello-di-allarme/dopo-il-lockdown-e-emergenza-binge-watching/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Salvini aggredito in Toscana: ragazza 20 enne del Congo gli strappa camicia e rosario

VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=ECIR2vBcmCc

FONTE: https://www.iltempo.it/video-news-by-vista/2020/09/09/video/-io-ti-maledico-salvini-strattonato-da-una-giovane-camicia-strappata-24479137/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Chi vuole rovesciare il presidente Lukashenko?

La stampa occidentale esalta Svetlana Tikhanovskaya, consacrandola vincitrice delle elezioni presidenziali di Bielorussia, e distrugge il presidente uscente, Alexandre Lukashenko, accusandolo di violenze, nepotismo e brogli elettorali. Un’analisi del Paese attesta invece che la politica del presidente soddisfa le aspettative dei cittadini. Dietro questa querelle costruita, si cela lo spettro dell’Euromaidan ucraino, nonché d’una rottura con la Russia

Svetlana Tikhanovskaya è riuscita a radunare migliaia di liberali e di neonazisti contro il presidente Lukashenko.

Uno degli obiettivi del colpo di Stato dell’Euromaidan (Ucraina 2013-14) era sbarrare la via della seta in Europa. La Cina reagì modificandone il tracciato e facendola passare dalla Bielorussia. Da allora Minsk ha cercato di proteggersi dal rischio d’una destabilizzazione simile a quella dell’Ucraina, conducendo una politica più equilibrata verso l’Occidente, sia partecipando a manovre militari con Mosca sia accettando di fornire armi a Daesh, l’organizzazione che la Russia combatte in Siria.

Nonostante le cautele di Minsk, la CIA è intervenuta nelle elezioni presidenziali del 2020. Svetlana Tikhanovskaya, sfidante di Alexandre Lukashenko – in lizza per il sesto mandato – ha ottenuto il 10% dei voti; ha però denunciato l’illegittimità del risultato elettorale e si è rifugiata in Lituania, dove Bernard-Henry Lévy si è precipitato ad accoglierla. La stampa occidentale ha unanimemente denunciato il “dittatore”, facendo credere che Tikhanovskaya fosse la vincitrice delle elezioni.

La realtà è molto più complessa.

Innanzitutto, pur essendo possibile che le elezioni siano state truccate a favore del presidente uscente, è davvero poco probabile che, data l’estraneità della maggioranza dei bielorussi ai valori che Svetlana Tikhanovskaya rappresenta, quest’ultima si sia anche solo avvicinata alla maggioranza dei consensi. Da trent’anni il Paese è attraversato da un dibattito sulla propria identità. È culturalmente vicino all’Europa occidentale filostatunitense oppure è affine all’Europa slava filorussa? Senza dubbio la risposta è che i bielorussi sono culturalmente russi, benché alcuni di loro non parlino la stessa lingua. Certamente in Bielorussia esistono due esigue minoranze che esprimono opinioni divergenti: la prima si proclama “nazionalista”, riferendosi all’effimera Repubblica Popolare Bielorussa (1918-1919), i cui rappresentanti in esilio durante la seconda guerra mondiale collaborarono con i nazisti e poi con la rete NATO Stay-behind; la seconda si professa favorevole al modello liberale e all’Unione Europea.

A differenza dell’Ucraina, divisa in due parti culturalmente distinte (l’Occidente filotedesco e l’Oriente filorusso), la Bielorussia si percepisce fondamentalmente russa, benché politicamente indipendente da Mosca.

JPEG - 59 Kb

In secondo luogo, se sussistessero dubbi sul ruolo dei servizi segreti USA nella vicenda delle elezioni bielorusse, l’apparizione di Bernard-Henry Lévy sulla scena basterebbe a fugarli. Il ricco erede d’una società d’importazione di legname pregiato ha fatto carriera scrivendo saggi antisovietici. Spacciato dal suo editore come «Nuovo filosofo», ancor oggi passa per “filosofo”. Eppure sostenne i “combattenti per la libertà”, ossia i mercenari arabi della Confraternita dei Fratelli Mussulmani che in Afghanistan, capeggiati da Osama Bin Laden, si battevano contro i sovietici. In Nicaragua si schierò con i Contras, ossia con i mercenari sudamericani di John Negroponte, armati dall’Iran di Hashemi Rafsandjani. Si vanta di essere stato l’addetto stampa del presidente bosniaco Alija Izetbegovic, l’ex filonazista il cui consigliere politico era il neoconservatore statunitense Richard Perle e il cui consigliere militare era il già citato Osama Bin Laden. Ricordo come fui colpito dall’affermazione di Lévy che bisognava bombardare Belgrado per far cadere il “dittatore” Slobodan Milosevic. Non capivo perché il filonazista Izetbegovic fosse giudicato “democratico”, mentre il comunista Milosevic “dittatore”. Non ha importanza, facciamo un passo indietro: Bernard-Henry Lévy, chiamato BHL, sostenne fragorosamente i Fratelli Mussulmani ceceni, che in territorio russo avevano fondato l’Emirato Islamico di Ichkeria. Secondo un rapporto dei servizi esteri della Jamahiriya, BHL partecipò alla riunione – organizzata al Cairo a febbraio 2011 dal senatore repubblicano John McCaine – per definire i dettagli del rovesciamento del “regime di Gheddafi”, all’epoca portato come esempio dagli Stati Uniti. I francesi furono sorpresi udendo BHL annunciare nel cortile dell’Eliseo, in vece del ministro degli Esteri, l’impegno del Paese contro il “dittatore” (tutti gli uomini da abbattere – e soltanto loro – sono “dittatori”). Ovviamente BHL era anche in piazza Maidan a Kiev, durante la “rivoluzione colorata” capeggiata da autentici nazisti.

JPEG - 25.1 Kb
Nato senza padre in una fattoria collettiva, Alexandre Lukashenko è diventato il più abile capo di Stato d’Europa.

Tutto ciò premesso, i bielorussi possono essere risentiti verso il presidente Lukashenko, ma non nei confronti della sua politica. Chiunque – oppositore o sostenitore – conosca il Paese non può non ammettere che la sua politica è in sintonia con le preoccupazioni dei bielorussi. Chiunque abbia avuto contatti con Lukashenko ne è rimasto colpito dall’intelligenza, dal carisma e dall’incorruttibilità. Chi lo accusa di auspicare che la Bielorussia si metta al traino della Russia per calcolo politico – non per convincimento – ha dovuto ammettere di essersi sbagliato quando il presidente ha mantenuto la propria posizione, nonostante le sgarberie di Mosca e l’assurda guerra del gas che contrappose di due Paesi. Tutti sono stati sorpresi dalle capacità eccezionali di Lukashenko, che gli consentirono di tenere in rispetto il presidente Boris Yeltsin con la proposta di unione con la Russia.

Il principale rimprovero che si possa muovere al presidente Lukashenko è aver fatto sparire diversi leader dell’opposizione; accusa che lui smentisce vigorosamente, imputando a queste persone legami con organizzazioni criminali, tramutatisi poi a loro danno.

Per anni i suoi oppositori l’hanno accusato di arricchirsi alle spalle della nazione, senza però portare nemmeno un indizio. Tuttavia tutti gli operatori internazionali sanno che, quando la Bielorussia firma un contratto, le retrocommissioni non sono mai superiori al 5%, contro il 10% degli USA, il 50% della Russia di Yeltsin (percentuale ridotta al 10% con l’amministrazione Putin) e il 60% dell’Iran. Bisogna perciò ammettere che il suo movente non è il denaro. Non potendo tacciarlo di corruzione, la propaganda occidentale ha cominciato ad accusarlo preventivamente di nepotismo a favore del giovane figlio Nikolai, detto Kolia.

L’unico rimprovero che gli si possa fare è manifestare regolarmente propositi antisemiti e omofobi – mai però ha sostenuto atti antisemiti o omofobi. Su questi temi Lukashenko è purtroppo in sintonia con i dirigenti politici del Paese.

Dall’inizio della crisi, il presidente Lukashenko sostiene che l’opposizione di Svetlana Tikhanovskaia e alleati è un problema geopolitico Occidente-Oriente, non una querelle politica nazionale. L’opposizione afferma invece di non essere al servizio di alcuna potenza straniera.

Oltre all’ingresso in scena di Bernard-Henry Lévy, altri elementi inducono a ritenere che Alexandre Lukashenko dica il vero. – Il Gruppo di Azioni Psicologiche delle Forze Speciali polacche sembra essere, sin dall’inizio della crisi, estremamente attivo al servizio di Tikhanovskaia; – sono implicate anche milizie neonaziste ucraine; – nonché il governo lituano che ospita Svetlana Tikhanovskaia.

A differenza dell’Euromaidan ucraino, non c’è però traccia d’implicazione dell’Unione Europea. L’ipotesi più probabile è che Washington voglia dotare i protagonisti della regione (Polonia, Ucraina, Lituania) di strumenti contro il resto del mondo slavo.

Comunque sia, il presidente russo, Vladimir Putin, ha costituito una forza di riserva, in grado d’intervenire in Bielorussia a sostegno delle istituzioni e del presidente Lukashenko. Questo, nonostante le relazioni tra i due uomini siano state talvolta molto conflittuali.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article210739.html

Grecia – manovra a tenaglia

Un mese di escalation della tensione, in Grecia: da un lato Erdogan che, spalleggiato dalla Germania e dalla NATO, si spinge sempre più in là nella provocazione in barba a tutti i trattati internazionali e dall’altro gli immigrati che passano all’azione bruciando i campi nelle isole e ammassandosi sul confine, pronti alla rivolta in caso di scoppio del conflitto aperto con la Turchia. Inutili sembrano i tentativi di tenere in casa la gente, con la scusa del Covid che, anzi, sta diventando nuovo motivo di protesta per delle misure percepite come ingiustificate. Autunno caldo sull’Egeo…

 

Mercoledì 26 agosto 2020

Da”Da Hitler a Erdogan” – ARTICOLO ORIGINALE QUI

 

I greci stanno tornando dalle spiagge, potrebbero presto ritrovarsi mobilitati in caserma. La Turchia islamista e totalitaria, aggressore storico dei popoli della regione da mille anni, sta rendendo chiare le sue minacce, che sia o meno un bluff. Erdogan “avverte la Grecia dell’escalation”, gesticola e si lascia trasportare, esattamente come fece Hitler nel 1938. Nella terra greca dell’Egeo, terra di fichi, pescherecci a strascico e spiagge, di solito scarsamente popolate quest’estate, non è una novità.

La situazione era quindi tesa nel Mar Egeo, a volte con sottomarini, oltre a battelli e aerei da combattimento. Non è una novità… i tedeschi lo sanno e agiscono come hanno sempre agito. Perché lontano dalle sciocchezze (…) il problema geopolitico in Europa è prima di tutto la Germania, oggi come un secolo fa. (…)

La Turchia storica non è la prima volta che la Germania provoca questa provocazione. Estendendo l’analisi e l’argomentazione di Olivier Delorme, si potrebbe anche dire, sull’esempio del giurista Yórgos Yannópoulos, che “la Germania tratta la Grecia allo stesso modo in cui trattava la Cecoslovacchia nel 1938”; non ha torto.

 

Provocazione turca davanti al consolato greco di Costantinopoli. Stampa greca, agosto 2020

(…)

“Non dobbiamo più menare il can per l’aia, l’invenzione geopolitica turca, soprannominata la patria blu, altrimenti – dice l’espansione aggressiva a scapito dei paesi vicini in violazione di qualsiasi nozione di diritto internazionale come i trattati, è poi la copia carbone del nocciolo duro della nozione di spazio vitale tanto cara a Hitler, il famoso Lebensraum. Così, la Germania fornisce ancora una volta e molto generosamente alla Turchia il nuovo Liman von Sanders, che, invece di indossare l’uniforme militare, ora indossa l’abito accademico o, meglio ancora, quello del giornalista, perché fa parte delle abitudini geopolitiche tedesche e turche mascherare la giustizia da ingiustizia, il massacro da liberazione e, infine, il saccheggio da interesse legittimo”.

(…)

“Divenuto ormai il paese più popoloso e ricco della vecchia Europa occidentale, la Germania ha fatto della UE il suo dominio economico, prima di tutto per imporre il suo diktat attraverso ricatti e minacce. Gli inglesi, allora vecchie volpi della geopolitica, sono fuggiti attraverso l’UE… per sfuggire a un tale destino. Grazie al loro metodo collaudato, i tedeschi sono ora i tiranni diplomatici d’Europa. Impongono la loro politica estera, cioè la subordinazione alla Germania, ad ogni paese dell’UE attraverso la generalizzazione dei cosiddetti partner europei”.

“La Germania non si tirerà quindi indietro, anche quando questa subordinazione si traduce in modo così drammatico nella rinuncia ai diritti sovrani per i Paesi interessati, se necessario, a favore di Stati extraeuropei e neo-barbarbarici come l’odierna Turchia, peraltro apertamente favorita dalla Germania. C’è dunque il dubbio che il prossimo passo, che la Germania farà inevitabilmente, sarà quello del suo egemonico e, a tutti gli effetti, visibilmente imminente riarmo? Analisi di Yórgos Yannópoulos, 25 agosto.

(…)

alcuni analisti dicono che al momento in Grecia c’è una controversia tra i militari e i politici.

“L’esercito ha una ferita, che già dai tempi in cui i sottomarini greci potevano affondare la flotta anfibia turca quando sbarcarono a Cipro nel 1974, costringendo così la Turchia a ritirarsi. Da allora, i nostri militari hanno avuto altre occasioni per infliggere pesanti danni a questa Turchia aggressiva e irrazionale, salvo che i governi successivi non hanno lasciato che facessero come volevano, ma li hanno sempre bloccati”.

“Se a questi si aggiungono gli scandali degli acquisti di armi, e poi il parziale disarmo del Paese per quasi dieci anni sotto il diktat della Troika che ha portato al prevedibile sconvolgimento dell’equilibrio delle forze armate tra Grecia e Turchia, allora i nostri militari hanno tutte le ragioni per sospettare del sistema politico. Certo, non si tratta di una reazione che comporta tendenze al colpo di stato come in altri tempi. Piuttosto è, diciamo, soprattutto una questione di amarezza”.

(…) Amarezza, allora. I greci stanno tornando dalle spiagge, quindi potrebbero presto ritrovarsi mobilitati, non si sa mai. La Turchia ufficiale minaccia, mostra i denti, e dichiara dopo la delusione per la sua fregata che “d’ora in poi, faremo ciò che va fatto e non sarà un incidente”.

———————————-

Da “Silenzio, ci stiamo mobilitando!” – Sabato 29 agosto 2020

ARTICOLO ORIGINALE QUI

(…) L’estate del calendario è appena finita, sulle terrazze delle taverne e dei caffè stiamo già raccogliendo tavoli e sedie. L’economia reale sta soffrendo, perché mentre il settore del turismo sta perdendo circa l’80% del suo fatturato abituale, sia i suoi dipendenti che i suoi capi si rivolgono alla presunta amministrazione centrale, per sollecitare le briciole… del previsto sgretolamento. (…)

Il vero volto della Turchia e di Erdogan. Stampa australiana, agosto 2020

(…)

Tuttavia, nel mondo si alzano finalmente le voci per mettere un po’ d’ordine nella logica più elementare, quella dei fatti e dei gesti. “La Turchia non è nostra amica”, scrive Luke Slattery, giornalista e editorialista della stampa australiana.

“La Turchia è dittatoriale in patria e avventurosa all’estero. L’attuale confronto tra Atene e Ankara sull’esplorazione del gas al largo dell’isola greca di Kastellórizo è un importante segnale di allarme sulle ambizioni economiche, strategiche e territoriali della Turchia. Nel Mediterraneo orientale, la Turchia sta ora perseguendo una politica navale espansionistica chiamata Mavi Vatan, o Patria Blu, che è abbastanza simile all’espansionismo di Pechino nel Mar Cinese Meridionale”.

“Kastellórizo è un po’ più di una roccia sovradimensionata con un bel porto. L’isola dista solo un miglio dalla famosa costa turchese della Turchia. Ho visitato la zona diverse volte per una ricerca, scrivendo i miei libri tra il 2004 e il 2010. Durante la mia ultima visita al bar locale, un cameriere del mio hotel a Kas, la città turistica turca, mi ha mostrato la vista dell’isola greca di Kastellórizo dall’ultimo piano, prima di andare in albergo….. puntando l’isola con una mitragliatrice immaginaria e aprendo il fuoco sui suoi abitanti, ovviamente mimando il gesto. La sua prosa ha distillato in modo drammatico tutto l’atteggiamento della Turchia nei confronti della Grecia. (…)

Sorprendentemente, secondo il rapporto disponibile, l’esercito greco è già entrato in una fase di mobilitazione parziale, non solo nelle isole dell’Egeo, ma anche nella Grecia continentale. La stampa locale della Tessaglia, e più precisamente lo storico quotidiano della città di Vólos “Tessaglia” dal 1898, riporta venerdì 28 agosto “che 400 riservisti prima con varie specializzazioni, ma poi sufficientemente specializzati e residenti nella regione, sono stati avvisati dalla Polizia della possibile imminenza della loro mobilitazione.

(…) in caso di conflitto, Mitsotákis dovrà affrontare tutta l’anima della patria greca, l’anima stessa che gli manca dolorosamente, così come dovrà affrontare l’intera casta dei politici nella terra dei caicchi. Come ha detto Apóstolos nel caffè del porto, “il giorno in cui finalmente dovranno rispondere alla gente, non avranno nemmeno il tempo di dire bè, saranno semplicemente giustiziati in Piazza della Costituzione”. (…)

Fine estate. Silenzio, ci stiamo mobilitando. L’estate del calendario finisce a malapena, le terrazze delle taverne si svuotano, e presto si raccolgono tavoli e sedie.

————————————————–

Da “Tempo bastardo” – Venerdì 4 settembre 2020

ARTICOLO ORIGINALE QUI

 

(…) la Turchia sta ufficialmente contestando il Trattato di Parigi del 1947, cioè non riconosce la sovranità greca sulle isole del Dodecaneso. Più precisamente e prima di tutto, è l’isola di Kastellórizo ad essere presa di mira, proprio come è stato ufficialmente annunciato.

(…)

In breve, non c’è nulla da discutere con la Turchia. Per il norvegese di turno, “le presunte discussioni tecniche alla NATO” con l’intera armata turca in acque greche significa semplicemente che la Grecia deve tornare ai suoi confini e alla sua sovranità, stabilita da trattati internazionali.

Tranne che la Turchia di Erdogan, l’agitatore conosciuto dall’alto dai Fratelli musulmani e uno dei portatori del grande progetto dell’islamizzazione dell’Europa, è un Paese apertamente revisionista dei Trattati, e non si ritirerà senza l’uso della forza. Proprio come… Hitler.

(…) Sávvas Kalenterídis, analista geopolitico ed ex ufficiale dei servizi segreti greci, nella sua analisi dell’epoca, riferendosi ai rapporti e alle dichiarazioni dei funzionari turchi, ha ragione a dire che “la guerra è già iniziata sia attraverso i media, i social network e le dichiarazioni subdole di politici e giornalisti turchi(…)

Allo stato attuale, la Turchia non può affrontare una guerra contro la Grecia perché soffre di una grande debolezza. La sua difesa aerea sta fallendo, mentre molti carri armati e l’artiglieria della sua prima armata, di solito basata ad est di Evros vicino al confine greco, si trova attualmente in Siria, e più precisamente a Idlib. L’obiettivo di Erdogan è quindi quello di utilizzare sia il suo terrorismo che il suo ricatto sulla Grecia per raggiungere, se possibile senza guerre e spargimenti di sangue, gli obiettivi nazionalisti che si è posto nel Mediterraneo orientale e nel Mar Egeo”.

(…) allo stesso tempo, Mitsotákis e la sua banda hanno appena vietato tutte le manifestazioni in Grecia fino al 15 settembre, pena una multa di 5.000 euro a partecipante e la reclusione fino a 10 anni! Ancora una volta, gli apprendisti dittatori di Atene parlano del rischio per la salute”. In breve, temono le manifestazioni pianificate dai genitori degli alunni contro la museruola obbligatoria degli alunni, imposta dall’asilo in poi per l’inizio dell’anno scolastico il 14 settembre.

(…) Quindi c’è abbastanza di questa propaganda COVIDALISTA, veicolata dai fantocci ai comandi, mentre molti compatrioti si suicidano ogni giorno e sono generalmente ignorati dai media. (…) All’inizio di settembre, una quarantenne madre di due bambini si è suicidata gettandosi dal balcone del suo appartamento al 5° piano nel ricco quartiere di Kalamáki sulla Riviera di Atene. Era appena stata licenziata dal suo lavoro. Questo è il terzo tentativo di suicidio nel quartiere in 24 ore. Un uomo si è suicidato nello stesso modo, così come una donna che si è buttata dal secondo piano, ma è miracolosamente sopravvissuta.

Da quando Samarás era al comando, mio cugino si è suicidato nel gennaio 2014 esattamente nello stesso modo. Da allora, Tsípras ha spruzzato la stampa con sussidi e ordini di smettere di parlare di suicidi, come già menzionato in questo blog e in altri media. Papandreou, Samarás, Tsípras e Mitsotákis hanno fatto tutti la stessa cosa. “Branco di bastardi”, come dice mia cugina, la vedova di Kóstas. “Un giorno le nostre famiglie si vendicheranno e tutte queste persone saranno impiccate davanti al Parlamento”.

———————————–

Da “Fuoco… e presto sangue?” – Mercoledì 9 settembre 2020

ARTICOLO ORIGINALE QUI

(…) I “migranti” stanno bruciando Lesbo in questo momento e questo è solo l’inizio. Tra il caldo e il freddo, le pinze si stanno chiudendo in tutto il paese. Solo che la sua anima non ha deposto le armi, e che il tempo potrebbe essere propizio al rovesciamento e alla catarsi.

(…) Nella città di Atene, come altrove, i fallimenti del 2020 si sommano a tutti gli altri che sono diventati abituali nei nostri anni bui. Un gran numero di appartamenti sono ora vacanti, soprattutto in considerazione dello stato di collasso della bolla Airbnb. (…) Le maschere stanno cadendo, così come la mascherata ambientale. Solo che ne moriamo.

Più la Turchia. Alcune stazioni radio, come 94.3 FM, ci ricordano l’8 settembre “che è passato esattamente un mese da quando la nave turca da esplorazione petrolifera e la sua scorta hanno violato il nostro spazio marittimo provocando apertamente le forze armate greche”. Questo è più di un assedio, e la reazione greca avrebbe dovuto essere stata pari alla posta in gioco già da tempo. Tuttavia, non lo è.

(…) Domenica scorsa sono state organizzate in tutta la Grecia dimostrazioni da parte degli oppositori dell’uso delle maschere, soprattutto nelle scuole, imposte soprattutto a partire dalla scuola materna. A Creta, la cosiddetta Giustizia del cosiddetto sistema politico è da allora attivamente alla ricerca di due madri che avrebbero organizzato i raduni cretesi. (…) Quando è troppo è troppo.

Pezzi radio selezionati. “Anche i loro stessi sondaggi mostrano che metà della popolazione non è convinta delle misure totalitarie imposte con il pretesto di una crisi sanitaria, né del vaccino di Bill Gates, amico di Mitsotákis. In realtà, e a parte i sondaggi soprattutto sistemici, il 70% della popolazione è ostile a questa politica di totalitarismo sanitario, il che non significa che sia la realtà stessa della malattia e delle semplici misure di igiene e protezione ad essere negata, tutt’altro”. In ogni caso, il 44% degli intervistati non si sottoporrà alla vaccinazione, e più del 50% degli intervistati nella fascia d’età 17-54 anni condivide questa opinione. E su radio 94.3 FM, si ricorda che secondo il giuramento di Ippocrate e “secondo la nostra Costituzione, nessun atto medico, comprese le vaccinazioni, può essere effettuato senza l’approvazione dei cittadini interessati”.

Per inciso, abbiamo appena appreso che “il gruppo farmaceutico Astra Zeneca ha sospeso, martedì, gli studi clinici del suo vaccino contro il Covid-19 dopo il sospetto di gravi effetti avversi in uno dei partecipanti”, i media greci e internazionali.

(…) dallo scorso febbraio, in Grecia si sono registrati in totale 290 decessi attribuiti a COVID-19, salvo che il Paese, con i suoi ospedali deliberatamente assediati sotto l’occupazione della troika tedesca per dieci anni, ha più di 30.000 morti ogni anno per cancro e quasi 40.000 per malattie cardiache”, radio 94.3 dell’8 settembre nella zona del mattino, citata a memoria. Il gioco è finito, allora!

“La nostra Costituzione (…) non impone alcun atto medico senza l’approvazione dei cittadini, compreso l’obbligo di indossare maschere ovunque, sempre e per tutti e ancor meno la vaccinazione obbligatoria generalizzata. (…) i giganti farmaceutici che stanno dietro ai vaccini che sono in cantiere costringono l’UE ad adottare o addirittura ad imporre i loro prodotti preparati in fretta e furia, esonerando espressamente e totalmente questi stessi industriali da ogni responsabilità penale in caso di … futuro grave malfunzionamento dei loro vaccini”, radio 94.3 FM l’8 settembre.

Dimostrazione contro l’uso di maschere a scuola. Atene, 6 settembre 2020

E nella vita reale, quella senza maschera, la Turchia di Erdogan continua la sua aggressione, mentre la Germania e la NATO sotto il norvegese Stoltenberg, grande amico della Turchia, spingono per il “dialogo” a tutti i costi, senza alcun presupposto concreto per Ankara. E in Grecia, tutti sanno che un tale “dialogo” significa prima di tutto che Atene già accetta… il ridimensionamento della sua sovranità e del suo territorio. È semplice e altrettanto chiaro.

E quando l’islamista Erdogan minaccia apertamente di invadere l’isola di Kastellórizo e allo stesso tempo invia il messaggio che l’Europa non dovrebbe dare importanza a quest’isola; ad Atene, Stélios Pétsas, il portavoce di Mitsotakién, minimizza scandalosamente le differenze tra i due Paesi. Sì, perché il pendio scivoloso del tradimento è apparentemente in fase di preparazione.

La sera dell’8 settembre abbiamo appreso che “due squadre tecniche, una greca e una turca, potrebbero incontrarsi presto per studiare le questioni tecniche al fine di ridurre le tensioni. Il giornalista Lámbros Kalarrýtis ha aggiunto. “In breve, la Grecia deve fare un passo indietro riconoscendo… il fallimento della sua sovranità nell’area. In tal caso, si tratta di un duro colpo per il sistema politico greco che si verificherà in breve tempo. Direi senza troppi errori che la Turchia, che fu all’origine della Metapolítefsi nel 1974, sarà anche all’origine della sua uccisione nel 2020”, 90.1 FM, trasmissione dell’8 settembre. (…)

Va ricordato che Metapolítefsi si traduce in “cambio di regime” (…)

[E’] guerra totale, da quasi due settimane, il confine sul fiume Evros è sul punto di cadere in una direzione, in ogni caso, se si considera la ripresa dell’invasione. Diverse centinaia di turchi, così come altri invasori solitamente chiamati “migranti”, stanno entrando in Grecia mentre il livello dell’acqua del fiume Evros è basso. Questi “migranti” sono deliberatamente scortati e assistiti dall’esercito… “filantropo” della Turchia. Evidentemente, da parte greca manca la forza perché il dispiegamento della polizia non è ancora completo e l’esercito greco si sta piuttosto e attivamente preparando per una guerra più convenzionale.

Al confine con la Tracia. Evros, settembre 2020, stampa greca

Sempre nella stessa serie, gli agenti di polizia greci hanno appena scoperto nelle ultime settimane che alcuni “migranti” appena arrivati che attraversano l’Evros avevano addosso una grande quantità di pillole Captagon, una droga regolarmente associata all’organizzazione dello Stato islamico. Esattamente 13.213 pillole sono state sequestrate dalla polizia vicino al confine, secondo la stampa locale della regione di Evros. “Si sente che si sta preparando un grosso colpo e che quando si apriranno le ostilità, diciamo più classiche, la Turchia darà il segnale del caos alle cellule dormienti degli islamisti, introdotte in Grecia sotto… la stella polare dell’immigrationismo. La promiscuità e la disperazione di coloro che sono stati sfruttati, consapevolmente o inconsapevolmente, faranno poi il resto. Questo non è affatto rassicurante”, radio 90.1 FM, trasmessa da Lámbros Kalarrýtis, 8 settembre, citato a memoria.

(…)

È in questo contesto che la recente dichiarazione del Ministro per i Migranti, Mitarákis, che ha annunciato la creazione di un campo con una capacità di 5000 posti proprio al confine di Evros, ha causato più di una protesta, tranne per il fatto che non è stata ampiamente diffusa dai cosiddetti media nazionali e ne abbiamo avuto notizia dalla stampa locale. Ciò equivale a creare un campo di jihadisti sul nostro confine per ostacolare seriamente la missione delle forze armate greche, ma anche per islamizzare la zona a beneficio esclusivo dei noti progetti islamo-nazionalisti turchi.

Non ci facciamo ingannare. Contemporaneamente a Lesbo, negli ultimi giorni, due navi pirata appartenenti a ONG tedesche che si occupano di immigrazione sono state controllate dalle autorità greche. Le attrezzature informatiche e le droghe trovate a bordo sono state sequestrate. Gli equipaggi sono stati messi agli arresti, tranne che in seguito all’intervento dell’ambasciata tedesca, sono stati rilasciati (…)

Solo che a Lesbo la guerra è ripresa, già con altri mezzi. Poiché il campo di Mória è stato messo in quarantena in seguito alla scoperta di diverse decine di casi di COVID-19, i suoi “simpatici organizzatori” Islamo-conquistatori hanno ovviamente ricevuto l’ordine di dargli fuoco e di ribellarsi nella notte tra l’8 e il 9 settembre. L’incendio ha già distrutto Mória, e contemporaneamente è stato appiccato un incendio doloso in diversi altri luoghi dell’isola. La situazione è esplosiva, Mitilene, la capitale è sotto assedio in quanto da quella notte diverse migliaia di invasori stanno convergendo sulla città, le forze dell’ordine si trovano ad affrontare sul terreno. Quanto agli abitanti di Mitilene, sono tutti in piedi, pronti a difendersi, stampa greca del 9 settembre.

Mória in fiamme. Stampa greca del 9 settembre
Mória è caduta. Barricata degli abitanti. Stampa del 9 settembre

Va da sé che la polizia e i vigili del fuoco sono attaccati dagli invasori di Mória, la tattica è ben nota, anche ben collaudata. In un messaggio pubblicato su Facebook, il Presidente dell’Associazione degli abitanti di Mória e delle località vicine, esprime tutta la rabbia e lo scompiglio dei greci, e non solo a Lesbo. “Da qualche ora ci sono diversi grandi fuochi in giro e anche all’interno del campo. Tutto fa pensare che si tratti di un incendio doloso. Il fuoco, con la forza dei venti, si sta diffondendo rapidamente. Le campane della chiesa suonano l’allarme! Il nostro villaggio sta attraversando un periodo difficile! Queste persone stanno bruciando e distruggendo apertamente il nostro Paese. Coloro che ci hanno condannato a vivere così, si assumono la piena responsabilità di questo crimine e di tutte le conseguenze che ne deriveranno”. Inutile dire che l’unica via d’uscita in questi casi è che gli abitanti prendano le armi, come hanno fatto lo scorso febbraio a Lesbo e a Chios.

Anche a Lesbo gli invasori musulmani non hanno… non sono riusciti a distruggere la piccola cappella vicino a Mória negli ultimi giorni. Tra gli altri crimini apertamente razzisti e cristianofobici in questo caso, questi “migranti” hanno anche rubato e presumibilmente distrutto una piccola stele di 1500 anni fa, che fino ad allora era stata conservata nella cappella. La stampa locale lo testimonia… contrariamente alla stampa di Atene e per una buona ragione.

La piccola cappella distrutta. Stampa locale di Lesbo, settembre 2020

E a Samos, questi stessi “migranti” che già costituiscono il 30% della popolazione, si stanno insediando e, per di più, apertamente… la loro intera economia della prostituzione, abusando delle loro mogli e figlie nel centro della città della capitale dell’isola di Pitagora e impunemente, radio 94.3, 8 settembre. Questa è anche la… “società aperta” tanto cara a Sóros e agli immigrati di destra e di sinistra.

Tempo sporco, sporca NATO… (…) “Secondo i funzionari della NATO, il ritiro delle navi turche non è una condizione preliminare per l’inizio delle discussioni tecniche tra Grecia e Turchia, che, come si è detto, sono già iniziate e continueranno giovedì. L’unica preoccupazione della NATO è quella di evitare un incidente (…)

Questa logica può certamente portare a un’attenuazione a breve termine, ma soprattutto mette in attesa i diritti sovrani della Grecia su una vasta area fin dall’inizio, dando così un ulteriore impulso alla rapacità di Ankara. La NATO sembra ancora una volta voler diminuire la Grecia, cercando di trasformare l’Egeo in una vasta area grigia.

Atene risponde poi, a quanto pare, con la firma di un accordo militare tripartito con Cipro e Israele e con l’acquisto di attrezzature militari francesi, tra cui gli aerei Rafale. (…)

La sceneggiatura così spesso suggerita su Internet in Grecia è quindi la seguente. Per tradire, Mitsotákis non avrebbe firmato un documento scritto perché in questi casi, solo un accordo di reciproco interesse lo lega alla mano invisibile, quella che lo ha fatto Primo Ministro. Questi accordi vengono attuati senza essere firmati, solo nell’interesse reciproco. L’imperialista, inoltre, è stato nominato prima capo della Nuova Democrazia e poi primo ministro, con l’obbligo di “risolvere” la disputa greco-turca.

Prima di lui, Papandreou e Tsípras finirono per “risolvere” la disputa macedone, sempre agli stessi ordini. Tsípras, secondo il suo contratto, doveva anche occuparsi della disputa greco-turca, ma non è riuscito ad andare fino in fondo. Quindi Mitsotákis deve occuparsene, anche se con urgenza. La geopolitica della regione, o anche del mondo, e tanto una questione di mano invisibile… indica già il passo successivo del gioco, compresa la guerra contro la Russia. Diciamo che è solo una storia per adulti!

Infine, e a nostro modesto parere, anche se Mitsotákis potrebbe voler agire in accordo con gli interessi del popolo greco, la mano invisibile che gestisce molti di quelli del suo gabinetto, decide e poi agisce diversamente, da cui, ad esempio, l’annuncio “incomprensibile”, soprattutto nell’attuale contesto dell’annuncio di Mitarákis sul futuro campo dei 5.000 sul confine.

Nella terra dell’estate, tutto fa pensare che l’inverno sarà l’inverno di una guerra ancora più aperta, l’inverno della stagnazione, o allo stesso tempo… l’inverno del risveglio.

(…) Tra il caldo e il freddo, Mitsotákis, la pedina di Berlino e Bill Gates, divide il popolo abusando del meccanismo sociale innescato dalla cosiddetta crisi COVID-19. La malattia è indiscutibilmente reale e, per di più, non molto conveniente, se non che non minaccerà mai l’esistenza del paese. Il Paese è minacciato, prima dai suoi politici e poi dai suoi nemici esterni dichiarati apertamente e oltraggiati. I greci lo sanno ancora per la maggior parte nonostante l’indottrinamento europeista e immigratorio da quasi quarant’anni, da qui, tra le altre ragioni, l’emancipazione degli scettici che si sta formando contro la propaganda (…)  Uno scettico in greco è prima di tutto uno scettico che pensa semplicemente.

(…) Il campo di Mória è totalmente distrutto. Tredicimila invasori musulmani si sono dati alla clandestinità e ora vagano per l’isola, minacciando la sua popolazione. E ad Atene, la mattina del 9 settembre, Mitsotákis ha convocato ad Atene un consiglio straordinario dei ministri a seguito degli eventi di Lesbo. È stato allora in fretta e furia che la polizia ha evacuato gli invasori “migranti” da piazza Vittoria ad Atene per accamparsi in un campo chiuso la mattina del 9 settembre, radio 94.3 FM.

All’ultimo momento… e questa volta finalmente grazie al COVIDISMO, il governo si è reso conto che i campi devono finalmente diventare centri ermeticamente sigillati… questo per non aggiungere una sesta colonna alla quinta colonna dei ministeri, delle ONG o delle università.

(…) La fine della partita è vicina. Solo che l’anima del Paese non ha deposto le armi e che il tempo potrebbe rivelarsi propizio al rovesciamento, o addirittura alla catarsi.

“Prepariamoci alla guerra, oppure alla sconfitta attraverso i negoziati imposti da Berlino. Ricordiamoci che gli agenti di Erdogan a Mória hanno agito come previsto e ora dobbiamo affrontare le ostilità a tutti i livelli, qualora l’esercito turco dovesse invadere il Mar Egeo. E i 150 migranti salvati nella notte al largo di Amorgos, saranno riportati in Turchia”, ha riferito 94.3 FM la mattina del 9 settembre. Sì, Amorgos, l’isola del “Grande Blu”… ciao Cicladi.

Fuoco… e presto sangue?

FONTE: https://comedonchisciotte.org/grecia-manovra-a-tenaglia/

 

 

Perché l’Italia schiera i suoi caccia in Lituania

Quale che sia il governo, il progetto anti-Russia della NATO progredisce inesorabilmente. Sembra che nessuno ne abbia il controllo e che comunque l’Alleanza viva di vita propria. Così si avvia il dispiegamento del dispositivo nucleare nei Paesi baltici, alle frontiere di Russia e Bielorussia.

ESPAÑOL FRANÇAIS NEDERLANDS POLSKI PORTUGUÊS TÜRKÇE
JPEG - 53.4 Kb

Si prevede che il traffico aereo civile in Europa calerà quest’anno del 60% rispetto al 2019, a causa delle restrizioni per il Covid-19, mettendo a rischio oltre 7 milioni di posti di lavoro. Cresce in compenso il traffico aereo militare. Venerdì 28 agosto, sei bombardieri strategici B-52 della US Air Force hanno trasvolato in un solo giorno tutti e 30 i paesi della Nato in Nordamerica ed Europa, affiancati nei diversi tratti da 80 cacciabombardieri dei paesi alleati. Questa grande esercitazione denominata «Cielo Alleato» – ha dichiarato il segretario gen rale della Nato Jens Stoltenberg – dimostra «il potente impegno degli Stati uniti verso gli Alleati e conferma che siamo in grado di scoraggiare l’aggressione».

Evidente l’allusione alla «aggressione russa» in Europa. I B-52, trasferiti il 22 agosto dalla base aerea Minot in Nord Dakota a quella di Fairford in Gran Bretagna, non sono vecchi aerei della Guerra fredda usati ormai solo per le parate. Continuamente ammodernati, hanno conservato il loro ruolo di bombardieri strategici a lungo raggio. Ora vengono ulteriormente potenziati. La US Air Force, con una spesa di 20 miliardi di dollari, doterà tra breve 76 B-52 di nuovi motori, che permetteranno ai bombardieri di volare per 8.000 km senza rifornimento in volo, trasportando ciascuno 35 tonnellate di bombe e missili a testata convenzionale o nucleare. La US Air Force, lo scorso aprile, ha affidato alla Raytheon Co. la costruzione di un nuovo missile da crociera a lungo raggio, armato di testata nucleare, per i bombardieri B-52. Con questi e altri bombardieri strategici da attacco nucleare, compresi i B-2 Spirit, la US Air Force ha effettuato sull’Europa dal 2018 oltre 200 sortite, soprattutto sul Baltico e il Mar Nero a ridosso dello spazio aereo russo. A queste esercitazioni partecipano i paesi europei della Nato, in particolare l’Italia.

Quando il 28 agosto un B-52 ha sorvolato il nostro paese, gli si sono affiancati caccia italiani per simulare una missione congiunta di attacco. Subito dopo cacciabombardieri Eurofighter Typhoon dell’Aeronautica italiana sono partiti per schierarsi nella base di Siauliai in Lituania, supportati da un centinaio di militari specializzati. A partire da oggi 1° settembre vi resteranno per 8 mesi, fino all’aprile 2021, per «difendere» lo spazio aereo del Baltico. È la quarta missione Nato di «polizia aerea» effettuata nel Baltico dalla nostra Aeronautica. I caccia italiani sono pronti 24 ore su 24 allo scramble, al decollo su allarme per intercettare aerei «sconosciuti», che sono sempre aerei russi in volo tra qualche aeroporto interno e l’exclave russa di Kaliningrad attraverso lo spazio aereo internazionale sul Baltico.

La base lituana di Siauliai, in cui sono schierati, è stata potenziata dagli Stati uniti, che ne hanno triplicato la capacità investendovi 24 milioni di euro. Il perché è chiaro: la base aerea dista appena 220 km da Kaliningrad e 600 da San Pietroburgo, distanza che un caccia tipo l’Eurofighter Typhoon percorre in pochi minuti.

Perché la Nato schiera a ridosso della Russia questi e altri aerei a duplice capacità convenzionale e nucleare? Non certo per difendere i paesi baltici da un attacco russo che, se avvenisse, significherebbe l’inizio della guerra mondiale termonucleare.

Lo stesso avverrebbe se gli aerei Nato attaccassero dal Baltico le città russe limitrofe. La vera ragione di tale schieramento è quella di accrescere la tensione, fabbricando l’immagine di un pericoloso nemico, la Russia, che si prepara ad attaccare l’Europa. È la strategia della tensione attuata da Washington, con la complicità dei governi e dei parlamenti europei e della stessa Unione europea. Tale strategia comporta un crescente aumento della spesa militare a scapito di quella sociale.

Un esempio: il costo di un’ora di volo di un caccia Eurofighter è stato calcolato dalla stessa Aeronautica in 66.000 euro (compreso l’ammortamento dell’aereo). Una somma, in denaro pubblico, superiore a due retribuzioni medie lorde annue. Ogni volta che un Eurofighter decolla per «difendere» lo spazio aereo del Baltico, brucia in un’ora, in Italia, due posti di lavoro.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article210748.html

 

 

 

CULTURA

La “quarantena” della cultura

La “quarantena” della cultura

Ci informano da più parti che, con la ripresa della scuola, insegnanti terrorizzati e dirigenti scolastici ansiosi stanno regolamentando comportamenti alquanto bizzarri nella gestione del materiale scolastico e non: giacchetti dei bambini lasciati nei cortili in appositi stand, libri della biblioteca messi in “quarantena” chiusi in sacchetti così come i fogli dei compiti in classe… è questo il clima in cui vogliamo che i nostri figli tornino a scuola?

Proviamo a dare qualche informazione utile per rasserenare gli animi

Come avviene la trasmissione indiretta del coronavirus sars-cov 2?

Dopo un periodo iniziale in cui pareva che anche solo aprire le finestre ci avrebbe esposti a contagio e morte certa da covid-19, un documento dell’OMS (1) ha finalmente fatto chiarezza sulle modalità di trasmissione indiretta del virus:

  • il contagio può realizzarsi tramite il contatto con le manise queste sono state portate alla bocca o agli occhi da parte del soggetto infetto e poi avvicinate a bocca o occhi della persona sana entro pochi minuti.
  • La trasmissione può anche avvenire attraverso materiale contaminato ma a condizioni ben precise.

Quanto permane il virus sulle superfici?

Siamo stati terrorizzati per mesi sui rischi rappresentati dalla possibilità di infettarci toccando le borse della spesa, il POS, la tastiera del computer, il sedile, la maniglia. Gli organi di informazione ci  informavano sui tempi di “dimezzamento del titolo infettante” sulle superfici facendo passare l’idea di non poter toccare nulla senza essere infettati e tralasciando l’informazione che tali dati vengono valutati in laboratorio ( temperatura di 21°-23°C e umidità al 40%) e che il cambiamento di questi parametri, che non son certo quelli delle nostre case, può determinare una condizione meno favorevole alla sopravvivenza dei virus. Altro “particolare” taciuto è il fatto che veniva cercato l’RNA virale non il  virus completo, con la sua capsula esterna indispensabile per penetrare nelle cellule dell’ospite ed infettarlo!

Alla fine, il 15 maggio, l’Organizzazione mondiale della sanità ha precisato:

“Al momento di questa pubblicazione, la trasmissione del virus per COVID-19 non è stata definitivamente collegata a superfici ambientali contaminate negli studi disponibili”.

Il SARS-CoV-2 è un virus a trasmissione respiratoria, il virus può cadere su qualsiasi superficie ma, in pochissimo tempo, le cellule infette andranno incontro a disidratazione e il virus morirà. Comunque, anche toccando con le mani superfici infette prima che questo accada, quando il virus è ancora attivo, non ci si contagia, perché non c’è infezione per via cutanea, ma eventualmente solo se portiamo le mani contaminate alla bocca, al naso o agli occhi e solo se le goccioline infette sono fresche, cioè emesse da poco, e solo se la carica virale è alta.

Possibile, ma affatto probabile! Ed è per questo che libri, compiti in classe e materiale didattico non possono essere considerati fattori di rischio e non possiamo accettare la cultura della paura che vorrebbe mettere in quarantena i rapporti umani e la cultura.

Riferimenti:
  1. WHO, Modes of transmission of virus causing COVID-19: implications for IPC precaution recommendations: Scientific brief, 29 marzo 2020
  2. Cleaning and disinfection of environmental surfaces in the context of COVID-19, WHO Interim guidance 15 May 2020.
  3. van Doremalen N., Bushmaker T., Morris D.H. et al., Aerosol and Surface Stability of SARS-CoV-2 as Compared with SARS-CoV-1, in “N Engl J Med.”, 2020; 382:1564-1567. DOI: 10.1056/NEJMc2004973.

FONTE: http://www.assis.it/la-quarantena-della-cultura/

 

 

 

I Demoni dell’Antico Egitto

EMISSARI DIVINI CHE MINACCIAVANO L’ORDINE COSMICO

di Giusy Calabrò

All’interno degli studi sulla religione egizia, la demonologia è fra gli aspetti che solo recentemente hanno suscitato l’interesse degli studiosi.

E’ difficile risalire al preciso significato attribuito dagli egiziani al termine “demone” , anche perché in egiziano antico non esisteva un corrispondente del sostantivo greco daímon. Molti nomi ed epiteti di demoni si riferivano al loro aspetto minaccioso e terrificante, ma non sempre la loro fisicità rifletteva una natura maligna o pericolosa. Esseri ibridi o mostruosi potevano anche svolgere una funzione benefica, per esempio proteggevano i luoghi sacri.

Nell’immaginario egizio le creature demoniche appartenevano alla sfera soprannaturale e potevano fungere da emissari divini. Il Regno dei Morti era infestato da demoni che minacciavano il defunto e che potevano nuocergli, se questo non fosse stato munito della conoscenza iniziatica per fronteggiarli. Il sapere iniziatico del defunto consisteva nel riuscire a recitare il nome del demone e del luogo che custodiva.

Fin dalla nascita, l’uomo egiziano si sentiva circondato dalla presenza di forze demoniche che potevano condizionare il suo destino. I demoni del fato, Shai e la sua controparte femminile Renenet, accompagnavano l’uomo dalla nascita e lo seguivano anche nel Regno dei Morti, in veste di testimoni, dinnanzi al tribunale divino. Shai e Renenet erano considerati “genii” benevoli; un esempio di esseri demonici ostili erano le “Sette Hathor”, paragonabili alle nostre streghe medievali, poichè potevano predire gli eventi negativi che avrebbero segnato la vita del nascituro.

Come gli altri demoni dell’antico Egitto, non possedevano una personalità autonoma, ma la loro azione poteva essere guidata dagli dei o da coloro che conoscevano formule magiche apotropaiche. Se il Regno dei Morti può essere considerato il luogo di origine dei demoni, questi ultimi potevano operare anche sulla Terra. Come personificazione di forze irrazionali, essi costituivano una minaccia per Maat, il concetto divinizzato della giustizia e dell’ordine cosmico.

Fra i demoni dell’Aldilà più ricorrenti nei testi funerari come il “Libro dei Morti” vi sono i demoni guardiani  delle porte dell’Aldilà, che presentavano un’iconografia ambigua ben definita.

I demoni guardiani sono contraddistinti da una varietà di attributi: coltelli, arpioni, altri emblemi di potere, oppure elementi vegetali; inoltre essi potevano essere raffigurati con sembianze zoomorfe, antropomorfe o ibride.

La loro caratteristica principale era indissolubilmente legata al posto nel quale vivevano e dove avveniva l’incontro con il defunto; era proprio quest’ultimo a procedere verso di loro e non il contrario.

E’ spesso difficile distinguere i demoni dagli dei, soprattutto a partire dal Terzo Periodo Intermedio, durante l’Epoca Tarda e il periodo greco-romano (tra la fine del II sec.a. C. e gli inizi del I sec. a.C.), poichè molte divinità avevano acquistato caratteristiche demoniche e, inoltre, alcuni demoni venivano divinizzati. Infatti, nonostante i demoni egizi non godessero di culti nei templi, se non in alcuni casi particolari di Epoca Tarda (715-30 a.C), essi erano profondamente rispettati e temuti, soprattutto nell’ambito delle credenze popolari.

La maggior parte dei demoni egizi presentavano caratteristiche fisiche sostanzialmente simili agli dei ma, rispetto a questi, potevano assumere forme grottesche: serpenti, insetti, coccodrilli oppure essere ibridi con corpo di ippopotamo, coda di rettile e zampe di leone. Alcuni di essi avevano l’aspetto umano e la testa di sciacallo come le principali divinità egizie; inoltre, erano armati di coltelli o raffigurati come animali minacciosi.

Dal 2100 a.C. al 1650 a.C. (inizio del Secondo Periodo Intermedio) i cosiddetti apotropaia in avorio, una specie di  boomerang o “coltelli magici”, erano decorati con immagini di demoni bestiali; un esempio è costituito dalla rappresentazione di leoni che alludevano alla figura del demone Aha, “il lottatore”: lontano progenitore noto del dio Bes di epoca tardo-faraonica.

I demoni non agivano solo individualmente, ma anche come vere e proprie squadre. Gli esseri demonici nelle formule magiche erano indicati con nomi collettivi; per esempio, essi potevano essere distinti in gruppi di demoni “pescatori”, “massacratori”, “messaggeri”, “malfattori” ecc.

Nella cultura egizia, il ruolo attribuito alle presenze demoniche è stato fondamentale, poiché la loro raffigurazione compare nei reperti archeologici testuali e iconografici. Inoltre, tipologie preliminari basate su incantesimi tramandati e formule magiche, nonché testi funerari e concezioni apotropaiche, indicano come essi fossero distinti in sottogeneri.

I demoni dell’Aldilà sono quelli di cui gli antichi egiziani hanno tramandato le testimonianze iconografiche più numerose e rilevanti. Soprattutto durante il Nuovo Regno e in Epoca Tarda, le fonti primarie che attestano la presenza dei demoni sono le formule magiche e testi di incantesimi, come quelli documentati nel papiro di Amenimotep.

Per quanto concerne i demoni dell’Aldilà le iconografie sono presenti nei papiri del “Libro dei Morti” (dal Nuovo Regno: 1539-1069 fino al periodo romano: 30 a.C. – 313 d.C.). In particolare, nel capitolo 28 è possibile individuare le classi di demoni, anche  indicate con nomi collettivi; ad esempio, i “Combattenti di Eliopoli”, i quali minacciano di strappare il cuore al defunto. In una vignetta, attestata solo in un papiro della XVIII dinastia (pNeferubenef), il defunto con in mano il cuore si inginocchia di fronte a una creatura che presenta alcuni tratti peculiari di Bes e impugna un coltello. L’identità di questa creatura rimane incerta, ma egli potrebbe personificare uno sviluppo dell’antico dio Aha, “il Combattente”, ben conosciuto dai testi e dalle illustrazioni del Medio Regno, fra cui i già menzionati prima Apotropaia. Le figure di demoni guardiani sono variegate e numerose e nascevano dalla concezione di una geografia dell’Aldilà, caratterizzata da regioni acquatiche e montuose. Pertanto, se i demoni sono intermediari tra gli dei e gli uomini, è pur vero che essi possedevano anche analogie con alcune divinità di culto. Infatti, sembrerebbe che alcuni esseri demonici finissero per assumere aspetti benevoli o venissero venerati come divinità. Questa trasformazione si è verificata in Epoca Tarda e, soprattutto, a partire dal XII secolo a.C., quando iniziarono a profilarsi le caratteristiche ostili e demoniche di molte creature divine.

FONTE: https://www.sovranitapopolare.org/2020/08/18/i-demoni-dellantico-egitto/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

GIUSEPPI CONTE DICE FAKE NEWS, E PADELLARO ANNUIVA.

Poi fanno le task force contro le balle

 

Settembre 10, 2020 posted by Guido da Landriano

 

Fabio Duranti a Radioradio ci  presenta una clip, estratta dal TG

1,  del presidente del Consiglio Conte che intervistato da Padellaro del Fatto, afferma che ci sono stati 135 mila morti per il Covid-19, quando, in realtà, i morti sono stati circa 35 mila. Il presidente del  Consiglio aggiunge 100 mila morti in più così, con nonchalance. Padellaro cerca di correggerlo, ma lui prosegue inarrestabile “134, 135 mila morti” e Padellaro, che dirige la Pravda privata di Conte, annuisce. Così anche il TG 1, il telegiornale nazionale, che dovrebbe dare le notizie serie, ha mandato in onda una bella fake news. Poi i giornalisti devono fare  le commissioni contro le “Fake News”….  naturalmente dopo aver partecipato a diffonderle.

Una situazione che sarebbe ridicola, se non fosse scandalosa, ma ormai c’è ancora qualcuno che si scandalizza in Italia?

Buon ascolto

VIDEO QUI: https://youtu.be/trlIHvjocwo

FONTE: https://scenarieconomici.it/giuseppi-conte-dice-fake-news-e-padellaro-annuiva-poi-fanno-le-task-force-contro-le-balle/

Atzmon: noi pecore, agli ordini della non-scienza del Covid

«Non sono Trump o l’Fbi che hanno cancellato i sette milioni di post su Facebook che dissentivano con la narrativa ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non sono stati i Tories o Boris Johnson a far sparire da YouTube migliaia di video importanti. È stata l’opera di gigantesche società tecnologiche che operano tutte di comune accordo per mettere a tacere le opinioni dissenzienti». Ci voluti solo pochi giorni dall’inizio della pandemia di Covid-19 per rendersi conto che dissentire dalla narrativa ufficiale sul coronavirus suscitava simili, drastiche risposte. Lo afferma Gilad Aztmon, jazzista e intellettuale di origine ebraica, spesso in polemica con gli eccessi anti-palestinesi del sionismo israeliano. Il risultato della censura, dice Atzmon, è stato devastante: a sei mesi dall’inizio della “crisi” sappiamo ancora molto poco del virus, e in ogni caso la prima vittima è prpprio la scienza, vista la scomparsa dell’ethos scientifico e culturale occidentale. «Tremila anni di tradizione occidentale sono stati sostituiti da una cultura di tipo mercantile che falsifica l’mmagine del pensiero scientifico». Invece di chiedersi cos’è che mette in pericolo alcuni segmenti della popolazione, scrive Atzmon, «le nostre istituzioni sanitarie e le nostre aziende sono interessate ad un unico problema: come poter trasformare il Covid-19 in una macchina da soldi».

A dare spettacolo non sono gli scienziati, che dovrebbero confronarsi liberamente sul virus, ma sono le start-up, che «competono tra loro in una disperata gara per i vaccini», mentre esplodono le quotazioni di Wall Street. «Davanti ai nostri Censuraocchi, Amazon estende il suo monopolio globale, mentre i rivenditori più piccoli cadono come mosche e, durante questo periodo, le aziende tecnologiche ci hanno mostrato la loro vera natura e il loro vero scopo».  La verità è innegabile, scrive Atzmon: «Google non è un motore di ricerca, è un apparato di indottrinamento orwelliano, il suo fratello maggiore, 2020». Facebook e Twitter? «Non sono social network, in realtà sono filtri anti-sociali». Di fatto, «bloccano ciò che non vi è permesso dire o pensare, ma che sicuramente stavate iniziando a capire». Eppure, osserva l’analista, non è una novità: i prodromi di questo cambiamento autoritario erano già stati intuiti da molti, a cominciare da Orwell. E non solo: «Alcuni decenni fa, il contesto di questa svolta draconiana era stato probabilmente definito meglio da due grandi filosofi, l’austriaco Otto Weininger e il tedesco Martin Heidegger». Già all’inizio del XX secolo, il Weininger si era reso conto che la scienza medica stava perdendo la visione olistica del corpo umano, inteso come organismo, e stava iniziando a considerarlo «una mera collezione di organi».

Weininger – scrive Atzmon – aveva intuito che la scienza medica era destinata a trasformarsi «in una questione di farmaci, una semplice somministrazione di sostanze chimiche». Ebreo di nascita, nel suo libro “Sesso e carattere”, Weininger «aveva lanciato un attacco senza precedenti alla cultura ebraica e alla sua influenza sulla scienza medica e sul pensiero scientifico in generale». L’attuale svolta della scienza medica, ha scritto Weininger nel 1903, è in gran parte dovuta «all’influenza degli ebrei, che in gran numero hanno abbracciato la professione medica». Ancora: «Dovremmo abbandonare questa scienza giudaica e ritornare ai più nobili concetti di Copernico e Galileo, Keplero ed Eulero, Newton e Linneo, Lamarck e Faraday, Sprengel e Cuvier. I liberi pensatori di oggi, senz’anima e non credenti nell’anima, sono incapaci di colmare il vuoto lasciato da questi grandi uomini e di rendersi umilmente conto dell’esistenza di segreti intrinseci nella natura». Secondo Atzmon, l’ebreo Gilad AtzmonWeininger «voleva solo che la scienza si emancipasse da un paradigma materialista emergente. E il suo genio, per quanto controverso, è stato quasi completamente eradicato da coloro che controllano il nostro discorso pubblico.

Mezzo secolo dopo “Sesso e carattere” di Weininger, fu diffiso il testo della conferenza “Il problema riguardante la tecnologia”, tenuta da Heidegger nel 1954. Tra i due eventi culturali, ricorsda Atzmon, il mondo aveva visto visto due guerre mondiali e la bomba atomica, una rivoluzione comunista, e il grandioso sviluppo inustriale. «Heidegger considerava la tecnologia principalmente come una modalità di rivelazione: attraverso la tecnologia, le cose si svelano a noi fino al punto in cui impariamo a conoscere il mondo che ci circonda, ma anche il nostro ruolo, il nostro significato, i nostri limiti e il nostro destino nel mondo». La tecnologia, in quanto tale, ha creato il mondo in cui viviamo e ci fornisce una finestra sul significato dell’essere. «Ma la tecnologia moderna, secondo Heidegger, ha introdotto un cambiamento nella dualità tra uomo e universo: piuttosto che rivelarci e svelarci il mondo, la tecnologia si è trasformata in una modalità di sfruttamento che rende il mondo in qualche modo inaccessibile a noi». A causa della tecnologia, osservava Heidegger, «tutte le distanze nel tempo e nello spazio si stanno riducendo», eppure questo «non porta ad alcuna vicinanza, perché la vicinanza non consiste in una ridotta quantità di distanza».

Nonostante i rapidi progressi tecnologici, noi non siamo in grado di sperimentarla, questa “vicinanza” (figuriamoci poi di comprenderla). Invece di una graduale comprensione di come gli oggetti si manifestano a noi come tecnologici, li vediamo e li trattiamo come ciò che Heidegger definiva una “riserva permanente”, oggetti da tenere in magazzino o da esporre in una mostra. «Il mondo sta diventando una raccolta di oggetti tecnologici, gadget, pezzi di inventario da ordinare, catalogare, consumare, digerire, caricare, trasmettere in streaming, assemblare e smontare». E così, scrive Atzmon, «trattiamo anche le capacità e le malattie umane come se fossero solo dei mezzi per procedure tecnologiche e strumenti di produzione». Vale anche per il Covid-19, e qualunque altra apparente minaccia per la salute. «Anche prima che potessimo renderci conto di cosa fosse, il Covid-19 era già stato ridotto ad una risorsa tecnologica, ad una “riserva permanente” heideggeriana. Che si tratti del Martin Heideggerdibattito sulle mascherine, sulle vaccinazioni future o sui ventilatori, il Covid-19, oltre che un rischio per la salute, è diventato anche una “macchina da soldi”».

Di fatto, «siamo ben lontani dall’ethos ateniese occidentale che sottoscrive il pluralismo, l’apertura e – cosa più importante – una ricerca incessante (e aperta) della verità, attraverso la saggezza». La verità, insiste Gilad Atzmon, è che «siamo lieti di avere paura, e accettiamo di farci terrorizzare da sempre nuovi scenari apocalittici», seguendo docilmente «chi ci spoglia dei nostri diritti più elementari». Così, «accettiamo la soppressione del libero pensiero fino a nuovo ordine, e preferiamo seguire leggi, regolamenti e “mitzvoth”» (cioè comandamenti, come quelli impartiti da Yahwè al popolo biblico). «In un mondo del genere – conclude Atzmon – Heidegger e Weininger sono nemici pubblici». E così Orwell, la cui sinistra profezia «non farà parte ancora per molto del programma scolastico occidentale». In sostanza, «il Covid-19 ci ha rivelato che non siamo poi così liberi come avremmo potuto credere». L’unica domanda che ci rimane, conclude Atzmon, è drammatica: come persone, potremo risorgere? E se mai, quando?

 

 

 

ECONOMIA

Il «forte rimbalzo» del gatto morto. Perchè Gualtieri ci vende pelli di un orso che lo divorerà

Settembre 3, 2020 posted by Leoniero Dertona

Questa settimana il Ministro dell’Economia Gualtieri, garrulo portavoce europeo a Roma, di fronte ai risultati delle entrate fiscali dirette del lavoro autonomi, basate sui redditi 2019, ha fatto la ruota ed ha proseguito inneggiando al fatto che si aspetta un “Forte rimbalzo” nel terzo trimestre. Oggi ha un po’ corretto il tiro affermando che si aspetta un PIL a -8% a fine anno, ma continua a parlare di questo meraviglioso rimbalzo, inutile dirlo merito suo, che salverà l’Italia e magari renderà lui e Conte gli eroi della Patria.

Peccato che non sarà così , anzi sarà semplicemente l’esatto opposto. Il motivo è semplice ed evidente,  La crisi ha colpito fortemente il settore dei servizi e non ha ancora smesso di colpirlo, mentre la ripresa blanda che si  vede è essenzialmente al settore manifatturiero. Questo andamento lo vediamo bene considerando gli indici previsionali PMI Markit dei due settori.

Iniziamo a considerare gli indici previsionali PMI Markit della Manifattura:

Vediamo come ad agosto effettivamente il valore sia ben superiore al 50, che indica espansione, per cui c’è da aspettarsi un risultato soddisfacente da questo settore.

Passiamo però a vedere quello dei servizi:

Nel settore dei servizi, che comprende i servizi alla persona, ad un rimbalzo a luglio leggermente sopra il 50, che indica l’espansione segue un agosto in calo. Eppure agosto , almeno per governo, doveva essere un mese eccezionale anche per il turismo ed i settori collegati: si è parlato di “Tutto esaurito”, ma, evidentemente, quest o o era apparente, o effimero, o comunque non è stato in grado di fornire sufficienti garanzie agli operatori, che quindi vedono un calo del settore stesso.

Peccato che il grosso dell’occupazione in Italia, come in ogni economia avanzata, venga creato proprio dal settore dei servizi….

dal 2008 al 2020 il peso dei servizi sul totale dell’occupazione è passato da poco più del 66% ad oltre il 70%. Il problema è che i servizi, soprattutto quelli più di base , come quelli alla persona, ristorazione  o turistici, sono labour intensive, cioè richiedono molto personale, mentre i processi produttivi manifatturieri impiegano molto meno personale.

Esattamente come stanno notando negli USA il ritorno ad un maggior peso della manifattura sui servizi non è senza problemi, ma viene a portare alla cancellazione di una gran quantità di posti di lavoro, pur essendo potenzialmente invariato il PIL.

Quindi anche quando, per assurdo, ci fosse un boom manifatturiero, non esattamente semplice dal momento che il dollaro si è svalutato e che comunque i consumi interni si sono contratti, la contrazione del settore servizi è tale che sicuramente vi sarà una forte espulsione di personale non appena saranno liberati i licenziamenti. Del resto il calo del turismo sembra di medio periodo, tanto che molte compagnie aeree hanno stabilmente tagliato i voli.

Ecco perchè Gualtieri parlando di rimbalzi e di ripresa, stia seminando delle false illusioni, mentre in realtà non fa esattamente nulla per evitare la crisi che è già fra noi, anzi, con la sua rigidità fiscale, dettata da Bruxelles, ne siamo certi fa ancora più danni. Anche per questo la pelle dell’orso della ripresa che sta vendendo Gualtieri è un  grandissimo male, e l’orso della crisi lo andrà a cercare, seguito da milioni di italiani disillusi e francamente arrabbiati.

FONTE: https://scenarieconomici.it/il-forte-rimbalzo-del-gatto-morto-perche-gualtieri-ci-vende-pelli-di-un-orso-che-lo-divorera/

Cambiare paradigma economico per raggiungere una prosperità sostenibile

Di Vitaliano Serra, Sovranità Popolare

È ormai riconosciuto da tutti che la differenza, tra la crisi del 2008 (e ancora di più quella attuale) rispetto alle crisi cicliche del capitalismo mondiale sempre avvenute nel passato, consiste nelle sconfinate grandezze e ramificazioni raggiunte dagli strumenti speculativi della finanza.

Nel periodo immediatamente successivo alla crisi del 2008 si chiedeva da più parti la necessità di agire onde porre un freno agli eccessi finanziari che drenavano sempre più ingenti risorse dall’economia reale a quella finanziaria e speculativa, riconoscendo che sia i trattati internazionali sia le leggi nazionali esistenti in materia non erano più sufficienti. L’estremizzazione degli arricchimenti di sempre più ristrette cerchie di speculatori e strutture finanziarie si accompagnava (e continua ad accompagnarsi) all’impoverimento di sempre più enormi masse di persone nel mondo, anche ormai nella sua parte considerata nel complesso più ricca e meno esposta. Sapendo ormai che la famosa teoria capitalistica dello “sgocciolamento” (la quale si basa sull’assunto secondo cui i benefici economici elargiti a vantaggio dei ceti abbienti (in termini di alleggerimento dell’imposizione fiscale) favoriscono necessariamente, e ipso facto, l’intera società, comprese la middle class e le fasce di popolazione marginali e disagiate) non funziona in quanto dei profitti lucrati dai segmenti più ricchi della società non filtrano affatto verso il basso.

E oggi si sa anche che le epidemie, risultanti dalla povertà e dal deterioramento della situazione sanitaria in sempre più vaste porzioni di mondo, col tempo contageranno anche i più ricchi.

A questa consapevolezza si è aggiunta anche quella dell’esistenza di altre crisi che minano alle fondamenta l’intero sistema mondiale, tra cui la più grave è quella del cambiamento climatico ormai alle soglie della irreversibilità.

Di fronte a queste considerazioni non più confutabili da alcuno il “finanzcapitalismo”, come il compianto Luciano Gallino lo aveva lucidamente denominato, da decenni viene ormai utilizzato per investimenti estremamente ed esclusivamente speculativi indifferente alle drammatiche e persino tragiche ricadute su interi popoli. Questi ultimi sono spinti verso la miseria e la povertà, attraverso insensati sacrifici, allo scopo di concentrare ulteriormente la ricchezza nelle mani di sempre più pochi ultraricchi incuranti non solo di distruggere la vita di miliardi di persone, ma anche di distruggere le basi della stessa economia reale (industrie, imprese commerciali, produzione di beni e servizi, e poi patrimonio pubblico e bellezze dell’umanità e territori e paesaggi e lo stesso ambiente naturale).

Di tutto questo, la grancassa massmediatica ovviamente non parla e, se lo fa, non lo mette mai in relazione con il paradigma economico dominante. Spesso, anzi, si scaricano le colpe indistintamente sui singoli cittadini, sui singoli popoli e sul presunto (da questa grancassa mediatica) eccesso di diritti sociali (acquisiti spesso con processi di lotta di classe durati decenni o addirittura secoli). Viene addirittura innescata un’assurda contraddizione generazionale secondo cui le generazioni precedenti (quelle che quei diritti sociali hanno faticosamente conquistato) avrebbero “rubato il futuro” alle nuove e future generazioni. Ed è su tale assunto che le élites finanzcapitalistiche dominanti, e le loro affollate co(o)rti vassalle, basano la loro cinica ragion d’essere.

Si è parimenti persa anche l’esigenza che le istituzioni statuali internazionali e nazionali adottino nuovi criteri di valutazione al fine di comprendere quali potrebbero essere i benefici che un sistema finanziario regolato e umanisticamente orientato potrebbe garantire. Non esiste notizia mediatica e tanto meno ceto politico e istituzionale che se ne faccia portatore.

Per farlo, occorrerebbe appunto una classe dirigente nuova e determinata a farla finita col paradigma neoliberista dominante. L’ideologia del neoliberismo, sempre più pervasiva, serve a giustificare le brame speculative di pochi ricchissimi personaggi strettamente correlati in una rete di interessi interconnessi e globali di lobby e di multinazionali, di agenzie di rating e di tecnocrazie finanziarie, di istituzioni sovranazionali e di gruppi editoriali e delle comunicazioni. Da sempre è nota la presenta di un sistema di “porte girevoli”, dove chi ha fatto parte di una struttura di potere viene poi inserito a rotazione nei posti di direzione di altre strutture e via dicendo, senza più limiti alla vergogna.

Tale insulsa, ingiusta, antidemocratica e disumanizzante giostra che spinge il pianeta alla distruzione va fermata. Questo è oggi l’imperativo che ciascuno deve avere senza più infingimenti e contraddizioni, soprattutto per chi voglia rendersi utile alla collettività e alle comunità locali e per chi voglia dare il proprio contributo alla salvezza del pianeta e della nostra specie.

La preminenza della filosofia morale umanistica nella gestione delle istituzioni pubbliche va ripristinata. Le istituzioni pubbliche devono ritornare a esercitare la loro funzione di coordinamento e di indirizzo sull’economia reale. L’economia reale deve ritornare a essere preminente rispetto all’economia finanziaria. Va insomma ripristiata la preminenza del pubblico sul privato, del collettivo sull’individuale, del bene comune sulla proprietà privata, della responsabilità sociale sulla libertà senza limite. Il compito, che spetta ad una nuova e più responsabile classe politica e dirigente, consiste in tutto ciò.

Non esistono vie di mezzo: o si spezza la catena del dominio finanzcapitalistico, oppure tutto si degrada inevitabilmente, come ben spiega lo studioso Carlo Marazzi nel suo blog (www.versolatransizione.blogspot.it) dove sono trattati gli argomenti della transizione (ossia il passaggio al nuovo paradigma socioeconomico dell’ecologia integrale) e del cambiamento verso una nuova visione del mondo e verso un nuovo stile di vita prospero, sostenibile e giusto, il quale non può prescindere dal rispetto per gli esseri umani e per la natura.

Vi sono due paradigmi di conoscenza, o approcci cognitivi, che possono essere utilizzati. Il primo è quello insito nel paradigma economico dominante, ossia “l’approccio cognitivo analitico, che si rivela efficace nello studio dei problemi caratterizzati dalla complessità di dettaglio ma del tutto inefficace ad affrontare temi di elevata complessità dinamica come i problemi socioeconomici, che hanno forti implicazioni politiche”. Il secondo paradigma è quello dell’Economia Ecologica, il cui approccio “riconosce che la realtà è sistemica e complessa e adotta pertanto un approccio cognitivo di sintesi, sistemico e circolare, particolarmente idoneo allo studio delle interazioni dinamiche complesse tra i sistemi economici, sociopolitici e biofisici”.

Il futuro sta nel ridimensionare l’approccio cognitivo analitico e nell’affermare invece l’approccio cognitivo di sintesi, integrando gli aspetti più funzionali dei due paradigmi di conoscenza i quali saranno scelti in funzione del tipo di problema da comprendere e risolvere. Sta qui la chiave determinante per uscire positivamente dalla crisi irreversibile del sistema capitalistico, pena il declino irreversibile della stessa civiltà umana.

Di Vitaliano Serra

Fonte: Sovranità Popolare, rivista mensile, numero di settembre 2020

Bibliografia:

▪ Gallino Luciano; Finanzcapitalismo; Einaudi; 2011
▪ Keen Steve; Possiamo evitare un’altra crisi finanziaria?; Imprimatur; 2017
▪ Daly Herman; Oltre la crescita. L’economia dello sviluppo sostenibile; Edizioni di comunità, Torino; 2001 
▪ Daly H., Farley J.; Ecological Economics: Principles and Applications,Washington, Island Press; 2004
▪ Daly H., Cobb J.; Un’economia per il bene comune; Red Edizioni; 1989
▪ Costanza Robert e altri; An introduction to ecological economics, II Edizione; CRC Press; 2012
▪ Costanza Robert; Ecological Economics, the science and management of sustainability, New York Columbia, University Press; 1992
▪ Alier Juan Martinez; Economia ecologica; Garzanti; 1991
▪ Allen C.R., Holling C.S.; Discontinuities in Ecosystems and Other Complex Systems; Columbia University Press; 2008
▪ Boulding K.E.; The Economics of the Coming Spaceship Earth; PDF, 1966
▪ Common M., Stagl S.; Ecological Economics, an introduction; Cambridge University Press; 2005
▪ Farley J., Erickson J.D., Daly H.; Ecological Economics: a Workbook for Problem- Based Learning, Washington, Island Press; 2005
▪ Forrester J. W., Meadows D., Randers J. e altri; Verso un equilibrio globale; Mondadori; 1973
▪ Georgescu–Roegen Nicholas; The Entropy Law and the Economic Process.; Harvard University Press; 1971
▪ Maréchal Aurélie.; Économie écologique: principes de base; 2011
▪ Meadows D., Randers J.; Behrens III W.; I limiti dello sviluppo; Biblioteca della EST Mondadori; 1972
▪ Meadows D., Randers J.; I nuovi limiti dello sviluppo; Oscar Saggi, Mondadori; 2006

Per approfondire:

▪ Sassen Saskia; Espulsioni; il Mulino; 2015
▪ Pettifor Ann; Il Green New Deal. Cos’è e come possiamo finanziarlo; Le terre; Fazi Editore; 2020

FONTE: https://comedonchisciotte.org/cambiare-paradigma-economico-per-raggiungere-una-prosperita-sostenibile/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

“Parimenti” e “altresì”. Il Dpcm dell’8 settembre

Due avverbi per chiarire che della sicurezza nelle scuole risponde lo Stato, i presidi, gli Insegnanti, i genitori, gli alunni ed eventualmente chi passi nelle vicinanze

Il Dpcm 7 settembre partorito a Palazzo Chigi in fatto di misure urgenti per il contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale, affronta anche la questione della ripresa dell’anno scolastico, sul cui inizio gravano infiniti quesiti inerenti la sicurezza per chi entra in classe e, quindi, per chi è chiamato a rispondere della sicurezza all’interno di un istituto.
L’ultimo Dpcm non smonta il pilastro fondamentale della ripartenza, costi quel che costi. Semmai argomenta, esemplifica, chiarisce, esplica, ” ferma restando la ripresa dei servizi educativi e dell’attività didattica delle scuole di ogni ordine e grado”. E’ noto che molte non sono in grado di ripartire, ferma restando la necessità di garantire la ripartenza. E quindi?
Chi garantirà il rispetto dei calendari? I professori fragili? I presidi sovraccaricati? Gli alunni disinteressati? I non-docenti inermi?

Il regolare svolgimento delle attività previste per l’anno scolastico 2020/2021 sono state puntualmente fissate dall’Istituto Superiore di sanità, stabilisce il Dpcm.
Prima del Dpcm l’incertezza aveva prodotto una abbondante letteratura applicativa di cui Infosec ha dato conto 24 ore prima del testo stabilito dal Presidente del Consiglio dei Ministri ( 6 settembre) attraverso la declinazione adottata al Liceo Internazionale Tommaso Salvini di Roma; nel quale
il genitore dichiara di essere a conoscenza di tutte le misure di contenimento del contagio vigenti per il rientro a scuola in sicurezza stabilite dal Comitato Tecnico Scientifico il 20 maggio. Il genitore in questione si dichiara inoltre responsabile rispetto alla eventuale presenza nel nucleo familiare di soggetti in quarantena ovvero positivi al Covid 19 e si impegna a non far frequentare le attività didattiche e trattenere a domicilio il figlio in presenza di febbre, mal di gola, congestione nasale, congiuntivite, perdita dell’olfatto o del gusto.

Ora è tutto da rifare, perché Il Dpcm 7 settembre non fa menzione delle misure stabilite dal Comitato Tecnico bensì a quelle elaborate dall’Istituto Superiore di Sanità

Ma soprattutto puntualizza che nell’allegato 21 dell’Istituto Superiore, al secondo periodo, le parole “sono consentiti” vanno sostituite con le parole ” sono altresì consentiti” e che al terzo periodo “altresì” è sostituito con la parola “parimenti”.

In caso di contagio, parimenti possibile, sono consentiti solo interventi che siano “altresì” consentiti.

FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/07/news/cittadini-e-utenti/parimenti-e-altresi-lultima-trovata-del-dpcm/

 

 

 

 

LO SCANDALO DELLA GIUSTIZIA: PARAGONE E GASPARRI vs BONAFEDE

 

Settembre 4, 2020 posted by Guido da Landriano

 

Bonafede, il ministro della Giustizia, e la sua decisione di liberare i boss della mafia e delle altre organizzazioni criminali stanno ancora facendo un grandissimo scalpore, soprattutto dopo che si è saputo che molti di questi membri pericolosi della società, ben 112,  non sono ancora tornati in carcere, nonostante la fine dell’emergenza, ma sono ancora a casa, vivendo una vita tranquilla e beata.

Ricordiamo che questa decisione, per lo meno molto particolare e da molti ritenuta completamente inopportuna, fu presa tramite una semplice circolare ministeriale, che, fatta da un governo diverso, avrebbe portato ad una vera e propria sollevazione popolare oltre alla chiamata all’accordo Stato mafia., Avremmo avuto Travaglio ululante mattino, mezzogiorno e sera. Invece, dato che lo ha fatto Bonafede, un Cinque Stelle , allora va  tutto bene, e le voci de Il Fatto quotidiano tacciono, addormentate dal maxi prestito per 2,5 milioni di euro garantito dallo stato concesso al quotidiano.

Qui due video altrettanto indignati contro il comportamento di Bonafede, il primo di Gianluigi Paragone, che da via D’Amelio a Palermo dove venne ucciso Borsellino, e dove viene ricordata la dimissione di PIERA AIELLO, deputato del Movimento 5 Stelle , impegnata contro la criminalità organizzata, che ha lasciato il movimento in cui non si riconosce più

VIDEO QUI: https://youtu.be/MTE7zvX8ubY

Qui invece l’intervento a Radioradio di Maurizio Gasparri, nel quale si contesta tutto l’operato di Bonafede, ricordando i 112 criminali a piede libero, e definendo i Cinque Stelle “La pagina più oscura della politica italiana”. Bonafede scarica la colpa sui magistrati, ma la circolare che li liberò era del ministero.

VIDEO QUI: https://youtu.be/hkDuhosy00U

FONTE: https://scenarieconomici.it/lo-scandalo-della-giustizia-paragone-e-gasparri-vs-bonafede/

 

 

 

IMMIGRAZIONI

ALLE ONG L’EUROPA HA REGALATO 3,4 MILIARDI, E NON SA NEANCHE CHE COSA NE HANNO FATTO

 

Settembre 10, 2020 posted by Guido da Landriano

 

Marco Zanni ce l’ha fatta: alla seconda interrogazione parlamentare europea è riuscito a farsi dare sia la cifra distribuita da Bruxelles alle ONG sia l’elenco delle stesse che lo hanno utilizzato. Quello che non è riuscito a sapere, e forse non ce la farà mai, è sapere COME questi soldi siano stati spesi. dal 2015 al 2018 sono state distribuite alle ONG 3.388 milioni di euro, quasi 3,4 miliardi. Marco Zanni ha cercato di sapere se questi soldi fossero andati alle ONG che trasportano migranti-schiavi per il mediterraneo, cosa che Bruxelles non potrebbe finanziare perchè è campo di competenza degli stati nazionali. La risposta della Commissione è disarmante: non possiamo escluderlo in assoluto perchè non abbiamo di come le ONG spendano i soldi. Quindi, pur non avendo finanziato direttamente ONG per il trasporto uomini, non si può escludere che, lateralmente ed indirettamente, questo sia avvenuto.

Tutto ciò è BELLISSIMO in un’Europa che obbliga gli stati a render e rendiconti asfissianti per i contributi che vengono dati ai cittadini. Invece in questo settore le laute mancette possono essere rendicontate con una cera superficialità. Quello che si sa che i soldi sono andati direttamente ad associazioni che poi si occupano dell’assistenza alla migrazione , come in Consiglio Italiano per i Rifugiati, o Save The Children che, con Vox Hestia,m si è occupata anche di trasporto migranti.

Ecco una tabella indicativa

Per non dire che si finanziano i migranti alla fine basta dire di non sapere come si spendono i soldi. fare gli gnorri è da sempre una strategia utile, almeno fino a quando la gente non si arrabbia.

FONTE: https://scenarieconomici.it/alle-ong-leuropa-ha-regalato-34-miliardi-e-non-sa-neanche-che-cosa-ne-hanno-fatto/

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Pariménti

pariménti (meno com. pariménte) avv. [der. di pari1, col suff. –mente]. – 1. Ugualmente, nello stesso modo: è certo che non l’ha fattoma è pcerto che doveva farlotrovò che l’aspettavaparimente disiderosa d’udire buone novelle del marito e di riconciliarsi pienamente col suo Tedaldo (Boccaccio); la vita degli uominiparimente occupata nel culto di quel fantasma e di questo geniosarà divisa in due parti (Leopardi). 2. letter. Unitamente, insieme (con riferimento al procedere, all’avanzare): due serpenti immani Venir si veggon parimenti al lito (Caro).

FONTE: https://www.treccani.it/vocabolario/parimenti/

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

L’Election Integrity Group di George Soros si prepara a cacciare il Presidente Trump, indipendentemente da chi vincerà le elezioni

Capire le relazioni internazionali (2/2)

Dopo essersi occupato dell’uguaglianza degli uomini fra loro e della differenza delle culture, nonché aver evocato la diffidenza verso le persone che non conosciamo, Thierry Meyssan affronta ora quattro aspetti del Medio Oriente: l’istituzione colonialista degli Stati; la necessità dei popoli di occultare chi davvero li governa; la valenza del tempo; l’uso politico della religione.

Quest’articolo segue:
«Capire le relazioni internazionali 1/2», di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 18 agosto 2020.

JPEG - 48.1 Kb
La grande moschea di Damasco è l’unico luogo di culto al mondo dove ogni giorno e da secoli ebrei, cristiani e mussulmani pregano lo stesso unico Dio.

Una regione storica artificiosamente divisa

Contrariamente a quanto si pensa comunemente, nessuno sa con precisione cosa siano il Levante, il Vicino Oriente o il Medio Oriente: termini che hanno mutato significato secondo epoche e situazioni politiche.

Ma i Paesi che oggi si chiamano Egitto, Israele, Stato di Palestina, Giordania, Libano, Siria, Iraq, Turchia, Iran, Arabia Saudita, Yemen e Principati del Golfo hanno parecchi millenni di storia comune. Furono politicamente divisi in seguito agli accordi segreti negoziati nel 1916, in piena guerra mondiale, da Sir Mark Sykes (Impero britannico), François Georges-Picot (Impero francese) e Sergueï Sazanov (Impero russo). Un’ipotesi di trattato che stabilì come il mondo dovesse essere spartito nel dopoguerra tra le tre grandi potenze del tempo. Ma lo zar fu rovesciato, mentre la guerra non ebbe gli esiti sperati. Sicché l’intesa fu applicata al solo Medio Oriente da britannici e francesi, con l’accordo Sykes-Picot. Il trattato fu svelato dai bolscevichi, che si opposero agli zaristi soprattutto contestando il Trattato di Sèvres (1920) e aiutando l’alleato turco, Mustafa Kemal Atatürk.

È perciò evidente che gli abitanti di questa regione costituiscono una sola popolazione, formata da una molteplicità di popoli diversi, sparpagliati e strettamente intrecciati ovunque. Ogni conflitto attuale è prosecuzione di battaglie del passato. È impossibile capire i fatti di oggi senza conoscere quelli precedenti.

Per esempio, i libanesi e i siriani della costa sono fenici. Nell’antichità hanno dominato commercialmente il Mediterraneo e sono stati surclassati dalla popolazione di Tiro (Libano), che fondò la più grande colonia dell’epoca, Cartagine (Tunisia). Quest’ultima fu rasa al suolo da Roma, indi il generale cartaginese Annibale Barca si rifugiò prima a Tiro (Libano) poi in Bitinia (Turchia).

Benché non se ne abbia consapevolezza, il conflitto contemporaneo tra la gigantesca coalizione autoproclamatasi “Amici della Siria” da un lato e la Siria dall’altro si colloca nel solco della distruzione di Cartagine a opera dei romani; e il conflitto dei cosiddetti Amici della Siria con sayyed Hassan Nasrallah, capo della Resistenza libanese, è la prosecuzione della caccia ad Annibale, che seguì la caduta di Cartagine. Per cui è assurdo limitarsi a decifrare quanto accade secondo un’ottica di Stati, ignorando le divisioni che vanno oltre la loro configurazione attuale.

Altro esempio: creando l’armata jihadista Daesh, gli Stati Uniti hanno esaltato la rivolta contro l’ordine coloniale franco-britannico (accordo Sykes-Picot). Lo “Stato islamico d’Iraq e del Levante” pretende né più né meno di decolonizzare la regione. Prima di cercare di distinguere la verità dalla propaganda, occorre accettare di comprendere come gli accadimenti siano emozionalmente percepiti da coloro che li vivono.

Guerra perpetua

Sin dagli albori della Storia, quest’area è teatro di guerre e invasioni, di civiltà sublimi, di massacri su massacri, di cui hanno pagato il prezzo, a turno, quasi tutte le popolazioni della regione. In simile contesto, il primo assillo di ogni aggregato umano è la sopravvivenza. Per questa ragione, per essere duraturi, gli accordi di pace non possono prescindere dalle ripercussioni su ogni altro gruppo umano.

Un esempio: da 72 anni non si riesce a trovare un accordo tra i coloni europei d’Israele e i palestinesi perché si trascura il prezzo che dovrebbero pagare gli altri protagonisti della regione. L’unico tentativo di cercare una soluzione pacifica, riunendo tutti i protagonisti, fu la conferenza di Madrid, convocata nel 1991 dagli USA (Bush padre) e dall’URSS (Gorbaciov). L’esito avrebbe potuto essere positivo, ma la delegazione israeliana era ancora aggrappata al progetto coloniale britannico.

Le popolazioni della regione hanno imparato a proteggersi da questa storia di conflitti nascondendo chi le governa.

Per esempio, quando i francesi nel 2012 esfiltrarono il “primo ministro” siriano, Riad Hijab, s’illusero di aver adescato un pesce grosso, utile per rovesciare la Repubblica. Ebbene, Riad Hijab non era il primo ministro, era soltanto il presidente del Consiglio dei ministri. Come negli Stati Uniti, dove il capo di gabinetto dalla Casa Bianca è soltanto un alto funzionario, che funge da segretario generale del governo, non un politico. La defezione del “primo ministro” siriano fu quindi senza conseguenze. Ancora oggi gli Occidentali si domandano chi siano gli uomini che attorniano il presidente Bashar al-Assad.

Un sistema indispensabile per la sopravvivenza di questi Paesi, però incompatibile con la democrazia. Le grandi scelte politiche non possono essere discusse in pubblico. Gli Stati della regione sono sia repubbliche sia monarchie assolute. In ogni caso, presidente o emiro incarnano la nazione. Se lo Stato è una repubblica, il presidente risponde in prima persona attraverso il suffragio universale. I grandi manifesti del presidente Assad non hanno nulla a che vedere con il culto della personalità, tipico di alcuni regimi autoritari, simboleggiano invece la carica rivestita.

Tutto ciò che dura è maturato lentamente

Gli Occidentali sono abituati ad annunciare quel che intendono fare. Gli Orientali invece dichiarano gli obiettivi ma nascondono come intendono perseguirli.

Plasmati da reti televisive d’informazione in tempo reale, gli Occidentali credono che ogni azione abbia effetto immediato. Pensano che le guerre possano essere dichiarate da un giorno all’altro e risolvano le situazioni. Gli Orientali sanno invece che le guerre vanno programmate con almeno dieci anni d’anticipo e che gli unici cambiamenti durevoli sono i mutamenti di mentalità, che richiedono una o più generazioni.

Infatti le “primavere arabe” del 2011 non sono state esplosioni spontanee di collera per rovesciare dittature. Sono state la messa in atto di un piano accuratamente elaborato nel 2004 dal Foreign Office britannico, rivelato all’epoca da una gola profonda, ma passato inosservato. Il piano fu concepito sul modello della Grande rivolta araba del 1916-18, quando gli arabi furono convinti si trattasse di un’iniziativa dello sceriffo della Mecca, Hussein ben Ali, contro l’occupazione ottomana. Si trattò in realtà d’una macchinazione britannica, attuata da Lawrence d’Arabia, per impadronirsi dei pozzi di petrolio della penisola arabica e portare al potere la setta dei wahabiti. Gli arabi non ottennero la libertà: passarono dal giogo ottomano a quello britannico. In modo analogo, le recenti “primavere arabe” non avevano l’obiettivo di liberare chicchessia, bensì di rovesciare i governi della regione e rimpiazzarli con i Fratelli Mussulmani (confraternita politica segreta, organizzata sul modello della Grande Loggia Unita d’Inghilterra).

La religione, espressione migliore e al tempo stesso peggiore dell’uomo

La religione non è soltanto un tentativo di collegare l’uomo al trascendente, è anche un marchio identitario. Le religioni quindi producono uomini esemplari e al tempo stesso strutturano società.

In Medio Oriente ogni gruppo umano s’identifica con una religione. Nella regione esiste un numero incredibile di sette e fondare una religione è frequentemente scelta politica.

Per esempio, i primi discepoli di Cristo erano ebrei di Gerusalemme, ma i primi cristiani – ossia i primi discepoli di Cristo che non si consideravano ebrei – stavano a Damasco, adunati attorno a san Paolo di Tarso. Allo stesso modo, i discepoli di Maometto stavano nella penisola arabica e, poiché avevano adottato un particolare rito beduino, erano considerati cristiani. Ma i primi discepoli di Maometto che si differenziarono dai cristiani e si dichiararono mussulmani stavano a Damasco, raccolti attorno agli Omayyadi. Altro esempio: i mussulmani si divisero in sciiti, seguaci dell’esempio di Maometto, e sunniti, seguaci del suo insegnamento. L’Iran divenne però sciita quando un imperatore savafide decise di distinguere i persiani dai turchi, convertendoli a tale setta. Naturalmente tutte le religioni ignorano simili aspetti della propria storia.

Alcuni degli Stati odierni, come Libano e Iraq, sono fondati su una ripartizione delle cariche secondo quote attribuite a ciascuna religione. Nel sistema peggiore, il Libano, le quote non si applicano soltanto alle funzioni principali dello Stato, ma anche alla funzione pubblica, dal grado più alto all’infimo funzionario. I capi religiosi sono più importanti dei capi politi, sicché ogni comunità si pone sotto la protezione d’una potenza straniera: gli sciiti sotto l’Iran, i sunniti sotto l’Arabia Saudita (forse a breve sotto la Turchia), i cristiani sotto le potenze occidentali. Ognuno cerca di proteggersi come può.

Altri Stati, come la Siria, si fondano sull’idea che soltanto l’unione di tutte le comunità permette di difendere la nazione, quali che siano l’aggressore e i suoi legami con l’una o l’altra comunità. La religione è un fatto privato, ma ognuno è responsabile della sicurezza di tutti.

In Medio Oriente la popolazione è divisa tra laici e religiosi. Ma qui le parole assumono un significato particolare. Non si tratta di credere o no in un Dio, ma di collocare l’ambito religioso nella sfera pubblica oppure in quella privata. Generalizzando, è più facile per i cristiani che per gli ebrei e i mussulmani considerare la religione una questione privata, perché Gesù non era un capo politico, mentre lo erano Mosè e Maometto.

Confondendo concetto di Dio e identità di gruppo, le religioni possono causare reazioni irrazionali e violente in sommo grado, come ha ampiamente dimostrato l’islam politico.

Lo “Stato islamico” (Daesh) non è frutto della fantasia di folli, ma appartiene alla concezione politica della religione. I suoi membri sono in prevalenza persone normali, mosse dalla volontà di far del bene. È un errore demonizzarli e considerarli irreggimentati in una setta. Conviene invece chiedersi quel che li rende ciechi alla realtà e insensibili ai propri crimini.

Conclusione

Prima di esprimere un giudizio su questo o quell’altro attore regionale, occorre conoscerne la storia e i traumi subiti per capirne le reazioni di fronte a un avvenimento. Prima di giudicare nel merito un piano di pace, conviene chiedersi, non se vada a vantaggio di tutti quelli che l’hanno firmato, ma se danneggerà gli altri attori regionali.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article210723.html

 

 

 

Dal lockdown al “Grande Reset”

27 agosto 2020

 

di Antony P. Mueller

I lockdown sulla scia dell’epidemia di coronavirus hanno accelerato l’attuazione di piani a lungo termine per stabilire un cosiddetto nuovo ordine mondiale. Sotto gli auspici del World Economic Forum (WEF), i policymaker globali stanno sostenendo un “Grande Reset” con l’intento di creare una tecnocrazia globale. Non è un caso che il 18 ottobre 2019 a New York il WEF abbia  partecipato al cosiddetto “Event 201”: un’esercitazione di “alto livello” per una pandemia, organizzata dal John Hopkins Center for Health Security.

Questa tecnocrazia implica una stretta collaborazione tra i capi dell’industria digitale ed i governi. Con programmi come il reddito minimo garantito e l’assistenza sanitaria per tutti, il nuovo tipo di governance combina un rigoroso controllo sociale con la promessa di una giustizia sociale globale.

La verità è che questo nuovo ordine mondiale viene fornito con un sistema di credito sociale. La Repubblica popolare cinese è la pioniera di questo metodo di sorveglianza e controllo di individui, società ed entità sociopolitiche.

Per l’individuo la propria identità è ridotta ad un’app, o un chip, che registra quasi ogni attività personale. Al fine di ottenere alcuni diritti individuali, o solo per viaggiare in un certo luogo, una persona deve bilanciare tali privilegi con la sua sottomissione ad una rete di normative che definiscono in dettaglio ciò che è un “buon comportamento” ed è ritenuto utile per umanità ed ambiente. Ad esempio, durante una pandemia questo tipo di controllo si estenderebbe dall’obbligo di indossare una mascherina e praticare distanziamento fisico fino ad avere vaccinazioni specifiche se si vuole fare domanda per un lavoro o per viaggiare.

È, in breve, un tipo di ingegneria sociale che è l’opposto di un ordine spontaneo. Come l’ingegnere meccanico con una macchina, l’ingegnere sociale – o tecnocrate – tratta la società come un oggetto. Diversamente dalle brutali soppressioni dei totalitarismi dei tempi passati, l’ingegnere sociale moderno cercherà di far funzionare la macchina sociale da sola secondo un certo progetto. A tal fine, l’ingegnere sociale deve applicare le leggi della società nello stesso modo in cui l’ingegnere meccanico segue le leggi della natura. La teoria comportamentale ha raggiunto una fase di conoscenza che rende possibili i sogni dell’ingegneria sociale. Le macchinazioni dell’ingegneria sociale non operano attraverso la forza bruta, ma subdolamente, per spinta.

Secondo l’ordine previsto dal Great Reset, il progresso della tecnologia non è inteso a servire il miglioramento delle condizioni delle persone, ma a sottomettere l’individuo alla tirannia di uno stato tecnocratico. “Gli esperti sanno meglio” è la giustificazione.

L’agenda

Il piano per una revisione del mondo è il frutto di un gruppo d’élite composto da uomini d’affari, politici e il loro entourage intellettuale che si riunisce a Davos, in Svizzera, a gennaio di ogni anno. Nato nel 1971, il World Economic Forum è diventato da allora un evento d’importanza globale. Più di tremila leader da tutto il mondo hanno partecipato all’incontro nel 2020.

Sotto la guida del WEF, il programma del Grande Reset afferma che il completamento dell’attuale trasformazione industriale richiede una profonda revisione dell’economia, della politica e della società. Una tale trasformazione globale richiede l’alterazione del comportamento umano e quindi il “transumanesimo” fa parte del programma.

Il Grande Reset sarà il tema del cinquantunesimo incontro del World Economic Forum di Davos nel 2021. L’impegno è quello di spostare l’economia mondiale verso “un futuro più equo, sostenibile e resiliente”. Il programma richiede “un nuovo contratto sociale” incentrato sull’uguaglianza razziale, la giustizia sociale e la protezione della natura. Il cambiamento climatico ci impone di “decarbonizzare l’economia” e di portare il pensiero e il comportamento umano “in armonia con la natura”. L’obiettivo è costruire “economie più eque, inclusive e sostenibili”. Questo nuovo ordine mondiale deve essere attuato “urgentemente”, affermano i promotori del WEF, e sottolineano che la pandemia “ha messo a nudo l’insostenibilità del nostro sistema”, il quale pecca di “coesione sociale”.

Il progetto del WEF è l’ingegneria sociale ai massimi livelli. I suoi sostenitori affermano che le Nazioni Unite non sono riuscite a stabilire l’ordine nel mondo e non hanno potuto far avanzare con forza il suo programma di sviluppo sostenibile, nota come Agenda 2030, a causa del suo modo di lavorare burocratico, lento e contraddittorio. Al contrario, le azioni della commissione organizzativa del World Economic Forum sono rapide e intelligenti. Quando un consenso è stato raggiunto, può essere implementato dall’élite globale in tutto il mondo.

Ingegneria sociale

L’ideologia del World Economic Forum non è né di sinistra né di destra, né progressista o conservatrice, non è nemmeno fascista o comunista, ma è decisamente tecnocratica. In quanto tale, include molti elementi delle ideologie collettiviste precedenti.

Negli ultimi decenni, negli incontri annuali di Davos è emerso il consenso sul fatto che il mondo ha bisogno di una rivoluzione e che le riforme hanno richiesto troppo tempo. I membri del WEF immaginano un profondo sconvolgimento con breve preavviso. L’intervallo di tempo dovrebbe essere così breve che la maggior parte delle persone difficilmente si possa rendere conto che è in corso una rivoluzione. Il cambiamento deve essere così rapido e scioccante che coloro che riconoscono che è in corso una rivoluzione non hanno il tempo di mobilitarsi contro di essa.

L’idea alla base del Grande Reset è lo stesso principio che ha alimentato le trasformazioni radicali dalla Rivoluzione francese a quella russa e cinese. È l’idea del razionalismo costruttivista incorporato nello stato. Ma progetti come il Grande Reset lasciano senza risposta la domanda su chi governa lo stato. Lo stato stesso non governa, è uno strumento di potere. Non è lo stato astratto che decide, ma i leader di determinati partiti politici e di certi gruppi sociali.

I primi regimi totalitari avevano bisogno di esecuzioni di massa e campi di concentramento per conservare il loro potere. Ora, con l’aiuto delle nuove tecnologie, si ritiene che i dissidenti possano essere facilmente identificati ed emarginati. I non conformisti saranno messi a tacere squalificando opinioni divergenti in quanto moralmente spregevoli.

I lockdown del 2020 offrono un’anteprima di come funziona questo sistema. Essi hanno funzionato come se fossero stati orchestrati, e forse lo erano; come se seguissero un unico comando, infatti i leader delle nazioni grandi e piccole hanno approvato misure quasi identiche. Non solo molti governi hanno agito all’unisono, ma hanno anche applicato queste misure con scarsa considerazione per le orribili conseguenze di una chiusura totale.

Mesi di stasi economica hanno distrutto le basi economiche di milioni di famiglie. Insieme al distanziamento sociale, il lockdown ha prodotto una massa di persone incapaci di prendersi cura di sé stesse. Prima i governi hanno distrutto i mezzi di sussistenza, poi si sono presentati come salvatori. La richiesta di assistenza sociale non è più limitata a gruppi specifici, ma è diventata una necessità delle masse.

Una volta, la guerra era la salute dello stato; adesso è la paura della malattia. Ciò che ci aspetta non è uno stato sociale benevolo con un reddito minimo garantito, assistenza sanitaria e istruzione per tutti. Il lockdown e le sue conseguenze hanno portato un assaggio di ciò che verrà: uno stato permanente di paura, un rigoroso controllo comportamentale, una massiccia perdita di posti di lavoro e una crescente dipendenza dallo stato.

Con le misure prese sulla scia dell’epidemia di coronavirus, è stato fatto un grande passo per resettare l’economia globale. Senza la resistenza della popolazione, la fine dell’epidemia non significherà la fine dei blocchi e del distanziamento fisico. Al momento gli oppositori del nuovo ordine mondiale hanno ancora accesso ai media e alle piattaforme social per dissentire, ma il tempo sta scadendo. Gli autori del nuovo ordine mondiale hanno annusato il sangue: dichiarare il coronavirus una pandemia è tornato utile per promuovere l’agenda del loro Grande Reset. Solo una massiccia opposizione può rallentare e infine fermare l’estensione della presa di potere di questa tecnocrazia.

 

[*] traduzione di Francesco Simoncellihttps://www.francescosimoncelli.com/

FONTE: https://www.francescosimoncelli.com/2020/08/dal-lockdown-al-grande-reset.html?spref=fb&m=1

 

 

 

 

POLITICA

Obama Gate e Nuova Tangentopoli in arrivo

Intervista all’avvocato Marco Della Luna

24 ago 2020
VIDEO QUI: https://youtu.be/FrkGpB0c8AI
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=FrkGpB0c8AI&feature=youtu.be

 

Della Luna: vietato illudersi, a vincere è sempre il peggiore

Al fondo della evidente sterilità del pubblico dibattito sociopolitico vi è un malinteso che si compone solamente, appunto, rendendo quel dibattito un esercizio inerte di inganni e autoinganni. Verso l’attività politica interna e internazionale, istituzionale, economica, la sensibilità della gente ha richieste di trasparenza, correttezza, legalità, rispetto, moralità di fondo, e di una giustizia che operi gratis et amore legis. Per contro, l’attività politica, istituzionale, economica, è una competizione in cui, per non perdere, è indispensabile ricorrere alla segretezza, alla scorrettezza, alla slealtà, all’inganno, al ricatto, alla violenza, alla violazione delle regole, alla strumentalizzazione del potere giudiziario. La sensibilità popolare continua, pertanto, a richiedere alla politica, alle istituzioni (compresa quella giudiziaria), all’economia, ciò che esse per loro natura non possono dare, fare, essere. Tra le varie pretese, continua ad avanzare quella che la competizione politica e la competizione economica si facciano senza commettere reati, cioè rispettando le norme, mentre il vantaggio competitivo viene in gran parte proprio dalla superiore capacità di sottrarsi alle norme rispetto ai concorrenti, e ancor più, specie nell’attuale società di mercato, dalla capacità di comperare o altrimenti condizionare il legislatore e il governo al fine di ottenere scelte fatte a proprio vantaggio, nonché i tribunali al fine di ottenere una giustizia di favore per sé, e repressiva verso i competitori, come ampiamente spiego nel mio “Le chiavi del potere” (Aurora Boreale, 2019).

La composizione di questa oggettiva divergenza tra le esigenze della sensibilità etica da una parte e le regole della realtà dall’altra, avviene in quanto, da un lato, il potere costituito, le istituzioni, l’economia, controllando i mass media, riescono a  Giuseppe-Contedare di se stessi un’immagine più o meno accettabile e che nasconde il peggio della realtà, le cause vere dei mali, offrendo spiegazioni ingannevoli, capri espiatori, nemici esterni e prospettive di giustizia e miglioramento; mentre, dall’altro lato, la sensibilità della gente mal sopporta la consapevolezza della sgradevole realtà suddetta, quindi è predisposta ad accogliere quell’immagine rassicurante, a credere nelle spiegazioni fornite, a prendersela con i capri espiatori e i falsi nemici, a sperare nella giustizia e nei miglioramenti. Così avviene che il dibattito per l’opinione pubblica continua a cibarsi di scemenze quali sono le campagne di moralizzazione della politica e dell’economia mediante provvedimenti come la legge Severino, lo Spazzacorrotti, il blocco della prescrizione, e via blaterando. Continua, perché la maggioranza della gente non apprende da tutte le numerose e multiformi esperienze che ci hanno mostrato che non si vince se non si viola le regole, se non si ruba per alimentare le clientele, e se non si serve ai poteri forti fuori dello Stato, che altrimenti ti abbattono a colpi di rating, di spread, di Colle, di mass media, di avvisi di garanzia. E che vogliono papparsi fino in fondo quel che si può togliere all’Italia.

Alla luce di queste considerazioni, evoco qui Fabrizio Fratus, che, nel suo sagace pezzo odierno “La politica è un po’ come Diletta Leotta: bella ma finta” dice cose non solo condivisibili, ma anche molto utili; solo che non parla propriamente della politica, bensì del teatrino e dei teatrinanti dietro cui sta e agisce la politica vera, quella che decide le cose grandi e non si lascia discutere in piazza né in tribunale. Fratus parla di un oramai incessante, camaleontico, proteiforme “adattarsi [nonché] rimodellarsi all’occorrenza” dei partiti politici. Questo modo di procedere, che non si cura della coerenza, è chiamato realismo politico, però non sempre paga. M5S, Pd e Lega si sono esibiti in ripetute giravolte e contraddizioni totali. Il primo, quando ha visto che da solo non poteva fare un governo, è passato dal rifiuto aprioristico di ogni alleanza, al governo con la Lega; poi, per restare al governo, è passato dal rifiuto assoluto di accordi col Pd a un abbraccio col Pd; e in generale da posizioni anti-sistema Salvini-e-Renzi1a posizioni intra-sistema per conservare la poltrona. Risultato: crollo dei consensi, perché il suo elettorato disapprova le contraddizioni e le confusioni.

Similmente, il Partito Democratico, «che negli ultimi 14 anni è stato al governo per ben 11,5 anni», per riprendersi il potere e per tema di una vittoria salviniana, si è inciuciato col M5S, mentre prima, a testa alta, stava ai suoi antipodi. Salvini – spiega Fratus – sa che neppure con la Lega al 55% potrebbe governare, perché i mercati lo affonderebbero; perciò si è rimangiato tutto su Ue ed euro, dicendo che dobbiamo tenerceli perché utili all’Italia; ed è anche virato verso il centro politico, si è dato alla ricerca assidua del Washington consensus; e, peggio di tutto – aggiungo io – ha invocato Draghi a Palazzo Chigi: sembra quasi che voglia proporsi al posto del Pd come partito di servizio del turbocapitalismo finanziario dei prima vituperati eurocrati e banchieri predoni. Ingenuo allora meravigliarsi di un abboccamento Salvini-Renzi: i due già hanno in comune frequentazioni verdiniane e il progetto di abbattere Conte. Il disegno politico dei due Mattei, secondo Fratus, è di sostituire il Bisconte con un governo tecnico Lega-Fi-Iv fino ad eleggere un nuovo presidente della Repubblica – lo correggo: presidente del Protettorato; poi andare al voto col proporzionale, e formare un governo Lega-Fi-Iv con un Giorgetti.

Ma Fratus ritiene probabile che a uscir vincitore sarà invece Giorgia Meloni, siccome è «l’unica che da anni e piano piano stia realmente costruendo un progetto politico valido e coerente, mentre Matteo Salvini non è considerato autorevole e soprattutto non ha appoggi all’estero. Giorgia Meloni è in forte crescita, è più stimata di Salvini, è donna e ha ottimi rapporti con i conservatori americani ed europei. Soprattutto non è percepita come un pericolo». In realtà nessuno dei predetti concorrenti andrà al potere. Il potere – cioè quello che decide e impone per esempio l’euro, certi modelli finanziari e socioeconomici, la liquidazione degli Stati nazionali, le migrazioni di massa – non è alla loro portata, ed essi devono addirittura astenersi dal criticare a fondo le sue scelte, se vogliono entrar nell’area di governo e infilare le dita nel vaso delle caramelle (solo chi non aspira a far ciò può essere e restare liberamente critico verso il sistema e i suoi interessi). Il potere vero non si mette Marco-Della-Lunacertamente in gioco nel voto popolare. Lo si vede anche dalla facilità con cui tiene il Pd al governo e al Colle praticamente sempre, anche col solo 20%, e anche se il Pd apertamente inchioda il paese alla recessione per favorire la campagna di acquisti da parte dei capitali stranieri.

E’ inutile, illusorio chiedere a un partito politico di essere una forza critica del sistema, di essere intellettualmente sincero o per fare gli interessi collettivi, cari Borghi e Bagnai: ogni soggetto che aspiri ad entrare nella camera dei bottoni e dei bonbons, o anche solo ad ottenere consenso popolare e accesso ai mass media, deve da un lato censurarsi e adeguarsi al potere vero; e dall’altro lato adeguarsi alla capacità di comprensione della gente, concentrandosi sul breve termine della rincorsa dei sondaggi e dei processi. Servire al potere costituito consiste, per un partito, innanzitutto, nell’apportargli l’obbedienza popolare. Nel 2002 scrivevo, a questo proposito: «Al fine che le masse che ricevono motivatori illusori e credano in questi motivatori e nella legittimità del sistema, i privilegi economici veri ricevuti dagli associati al potere, e la funzione di tali privilegi, devono essere o nascosti (non notiziati, giudiziariamente coperti) o legittimati mediante un camuffamento… Esistono agenzie che forniscono servizi di legittimazione ideale al potere (anche se esse stesse costituiscono centri di potere), come i partiti, i sindacati, le religioni organizzate e i news media, imbonendo il popolino; esse ricevono in cambio corrispettivi utilitari» (”Le chiavi del potere”, 2002-2003-2019, pagina 306). Per contro, chi vuole promuovere mutamenti per trasformare a fondo il sistema, deve agire sul piano teoretico, scientifico, filosofico, spirituale.

(Marco Della Luna, “I teatrinanti del malinteso sociopolitico”, dal blog di Della Luna del 14 febbraio 2020).

FONTE: https://www.libreidee.org/2020/09/della-luna-vietato-illudersi-a-vincere-e-sempre-il-peggiore/

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Allarme per le carte di credito utilizzate online

Arriva lo skimmer virtuale e VISA informa tempestivamente i propri clienti

È lo stesso circuito di carte di credito VISA a lanciare l’allerta. Un nuovo tipo di malware è in grado di inserire all’interno dei siti di pagamento una sorta di “skimmer” virtuale, capace di essere invisibile ai più sofisticati strumenti di rilevazione dei pericoli e soprattutto di rubare informazioni riservate il cui utilizzo fraudolento va a depauperare le tasche dei malcapitati.

Cos’è lo skimmer

Lo “skimmer” tradizionale era quel minuscolo dispositivo (applicato fraudolentemente anche a sportelli bancomat opportunamente manomessi oppure adoperato da personale infedele di negozi e ristoranti) che riusciva a leggere la banda magnetica delle carte utilizzate per effettuare un prelievo o per pagare il conto. L’acquisizione delle informazioni memorizzate su quella striscia permetteva (e, ahinoi, permette) di clonare la carta. Una telecamerina o un occhio particolarmente attento hanno sempre fatto il resto, ovvero hanno portato a scoprire il PIN facendo sì che fosse poi possibile spendere e spandere in danno al proprietario/possessore della carta.

L’evoluzione delle modalità per fare acquisti e il crescente ricorso al commercio elettronico (incrementato anche dai vincoli del lockdown) ha indirizzato i criminali a “travasare” certe dinamiche truffaldine e a “ricostruire” certi grimaldelli nel contesto de materializzato di Internet.

Chi ha scoperto questo rischio?

La squadra Payment Fraud Disruption (PFD), che il gigante delle carte di credito VISA ha organizzato per contrastare le frodi, già a febbraio aveva rilevato l’esistenza di “Baka”. Parliamo di una temibile soluzione software il cui funzionamento si basa sulla estrazione illegittima di informazioni critiche che sono “catturabili” durante la transazione del malcapitato.

Come fa Baka a fregare tutti?

Le caratteristiche di questo kit criminale sono il sistema di caricamento delle proprie istruzioni malevole nella memoria del apparato (pc, tablet o smartphone) della vittima e il particolare metodo di offuscamento. Baka, infatti, è strutturato per non farsi riconoscere dai meccanismi di sicurezza che normalmente “intercettano” la presenza o – ancor peggio – l’avvio di codici maligni. In pratica Baka si autoelimina quando si accorge che la scansione dei prodotti antivirus stanno per rilevarne l’installazione oppure (come più spesso accade) si distrugge non appena ha finito di sgraffignare i dati necessari e può reputare completata la sua missione.

Qual è la situazione?

I sette siti web su cui faceva perno Baka (jquery-cycle.com, b-metric.com, apienclave.com, quicdn.com, apisquere.com, ordercheck.online e pridecdn.com) sono stati individuati in questi giorni ed prontamente scattato il loro blocco per evitare conseguenze negative agli utenti VISA.

La minaccia comunque incombe e non riguarda certo solo la clientela americana, visto e considerato che chiunque – ovunque si trovi – non guarda certo la località del negoziante ma si preoccupa soltanto della data di recapito a prescindere dalla distanza del trasporto. La settimana scorsa c’è stato il caso dello skimmer “Inter” che si è propagato su oltre 1500 insediamenti virtuali ed è stato scoperto solo dopo quasi due anni di allegre scorribande dei borseggiatori telematici.

Le raccomandazioni di VISA

Mentre gli utenti devono continuare a fare la spesa su siti notoriamente ritenuti affidabili, chi deve mettersi al lavoro sono gli specialisti che operano sulle diverse piattaforme di e-commerce o di servizi erogati online.

VISA raccomanda a chi gestisce siti (di commercio elettronico o strutture che comunque vendono prodotti o servizi) di rispettare le impostazioni che sono stabilite dal PCI Security Standards Council a tutela di aziende, consumatori e intero ecosistema dei pagamenti elettronici, nonché di far tesoro delle indicazioni che sono contenute nel proprio provvidenziale documento (disponibile online) che spiega cosa fare nel caso in cui si verifichi la compromissione delle proprie carte di pagamento.

FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/08/news/sicurezza-digitale/allarme-per-le-carte-visa-utilizzate-online/

 

 

Bloccata la sperimentazione del vaccino anti-covid (già comprato dall’Italia)

TG ComeDonChisciotte, 9 Settembre 2020

VIDEO QUI: https://youtu.be/O0RpxppHPJw

FONTE: https://comedonchisciotte.org/bloccata-la-sperimentazione-del-vaccino-anti-covid-gia-comprato-dallitalia-tg-comedonchisciotte-9-settembre-2020/

 

 

 

Terapia intensiva: Bassetti e Zangrillo smontano l’ennesima presa in giro

 
VIDEO QUI: https://youtu.be/jraQ0g6L0cQ
terapia intensiva zangrillo bassetti

Da mesi il prorettore Alberto Zangrillo e il professor Matteo Bassetti cercano di ridimensionare la gravità dell’emergenza e nei loro ultimi interventi hanno spiegato la situazione in terapia intensiva.

I bollettini giornalieri continuano a sparare numeri senza le precisazioni che li dovrebbero accompagnare, come la percentuale di positivi asintomatici e i motivi dei ricoveri in terapia intensiva

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/terapia-intensiva-bassetti-e-zangrillo-smontano-lennesima-presa-in-giro/

 

 

Il chip di Elon Musk che promette di collegare cervello e computer per ora non ha mostrato grandi novità

In diretta streaming, venerdì notte, sono state mostrate le attuali capacità dell’interfaccia cervello-macchina che promette di digitalizzare la nostra attività cerebrale. Per ora il dispositivo di Neuralink è un piccolo wearable impiantato, che funziona “come un fitbit nel cranio”

neuralink_maiali(foto: Neuralink/YouTube)

Si chiama Gertrude, ed è un maiale. È lei la protagonista della demo andata in onda questa notte e targata Neuralink, la startup di Elon Musk nata nel 2017 con la mission di mettere in comunicazione il cervello umano con l’intelligenza artificiale. Con un dispositivo ad hoc impiantato nel cervello, Gertrude ha dato dimostrazione dell’attuale livello di sviluppo della tecnologia di interfaccia neuroni-elettronica. Mostrando che i progressi rispetto a un anno fa sono notevoli, ma anche rendendo palese come l’obiettivo dichiarato dall’imprenditore visionario sia ancora parecchio lontano.

A che punto è la tecnologia di Neuralink

Partiamo subito dal risultato mostrato durante la diretta streaming: mentre il maiale azionava il suo principale e più sviluppato organo sensoriale, il muso, le immagini mostrate su uno schermo e i suoni diffusi da un sistema audio hanno mostrato l’attività cerebrale. Dando quindi una suggestione di quanto variasse l’intensità dell’attività a seconda di quale punto odorasse e di quel che facesse.

Rispetto al 2019, quando della tecnologia erano state mostrate solo alcune fotografie e nessuna prova pratica di funzionamento, il design è decisamente cambiato. Se prima il sistema di Neuralink consisteva in un impianto esterno da installare dietro l’orecchio, ora invece ha l’aspetto di una monetina che può essere adagiata direttamente nella scatola cranica scavando una piccola cavità, tanto da non essere di fatto visibile. E la comunicazione con l’esterno, che era prima cablata attraverso una porta usb, ora avviene con un sistema wireless basato su tecnologia bluetooth a bassa energia. Da interfacciare con un computer, o anche con uno smartphone.

neuralink_architettura(immagine: Neuralink)

Probabilmente l’analogia migliore per raccontare che cosa faccia il dispositivo è quella utilizzata dallo stesso Musk, descrivendo il tutto come “un fitbit nel cranio”. Nella sostanza, infatti, il sistema registra una serie di informazioni associate all’attività cerebrale, che a oggi possono fornire alcune indicazioni di massima su quello che sta accadendo all’interno del cervello. In pratica, un misuratore di performance, un contapassi cerebrale che si applica – per esempio – all’attività sensoriale.

VIDEO QUI: https://youtu.be/iOWFXqT5MZ4

Dove sta la vera innovazione

Naturalmente l’esistenza di un sistema che traduce in dati digitali l’attività cerebrale, e quindi fa da interfaccia cervello-macchina, non è di per sé una novità. Come noto, tecnologie di questo genere esistono dal 2006. L’aspetto più interessante del lavoro di Neuralink è probabilmente la struttura stessa del dispositivo, e in particolare il sistema di 1.024 sottilissimi fili flessibili che raccolgono gli impulsi per poi tradurli in informazioni digitali. Per il momento i fili pescano informazioni dalla corteccia cerebrale (dove comunque si trova la parte ritenuta più interessante per le applicazioni pratiche, perché lì hanno sede le funzioni mentali cognitive compresse), ma l’idea è che in prospettiva possano andare anche più in profondità, attraverso una sorta di micro-tunnel nel cervello.

Il tutto, ingegnerizzato all’interno di un dispositivo compatto e di installazione relativamente facile, dovrebbe diventare la chiave del futuro sviluppo di Neurolink. Musk a lungo termine punta infatti a far diventare The Link (questo il nome specifico dell’oggettino) un prodotto di massa. Le sfide che la startup sta affrontando dal punto di vista hardware sono almeno un paio: da un lato rendere i fili sempre più sottili e soprattutto più numerosi, per poter raccogliere sempre più informazioni, dall’altro far resistere il più a lungo possibile il dispositivo nell’ambiente altamente corrosivo del cervello. L’obiettivo dichiarato è che, alla fine dello sviluppo, The Link possa durare “per decenni”.

neuralink_link(immagine: Neuralink)

A proposito di innovazione, va però detto che – nonostante gli indiscutibili passi in avanti rispetto a un anno fa – è probabilmente mancato l’effetto wow dal punto di vista delle attuali applicazioni del dispositivo. Di tutte le promesse di lungo corso che Musk ha fatto a proposito di Neuralink, per ora non c’è sostanzialmente nulla: manca un sistema capace di interpretare i segnali raccolti nel cervello, e men che meno si vede all’orizzonte una soluzione che possa permettere di dare ordini o di trasmettere informazioni al cervello a partire da un computer.

Nonostante la strada sia ancora lunga, Musk durante la conferenza stampa (e pure su Twitter) ha parlato di telepatia concettuale, di un futuro in cui “l’intelligenza umana e quella artificiale diventano simbiotiche, di “visione aumentata”, di “salvare e rivedere i propri ricordi” e di by-pass per persone paraplegiche e tetraplegiche. Applicazioni interessanti e da sempre negli obiettivi della startup, ma che al momento sembrano essere al limite della fantascienza, o rievocative di Black Mirror.

Come sta Neuralink, come impresa

L’appuntamento della scorsa notte è stato l’occasione per fare il punto non solo sullo sviluppo tecnologico del progetto, ma anche sulla salute della startup dal punto di vista imprenditoriale ed economico. Al momento lavorano in azienda un centinaio di persone, che Musk vorrebbe portare a 10mila. Significativo però è che a Neuralink ci sia un turnover rapidissimo, tanto che rispetto al momento della fondazione nel 2017 i lavoratori sono cambiati tutti, eccetto due persone.

Secondo un rapporto indipendente uscito proprio questa settimana, alcuni ex dipendenti dell’azienda hanno riferito di un’organizzazione interna caotica, di un eccesso di stress dovuto a tempi di lavoro troppo compressi, e soprattutto di qualche perplessità etica nell’utilizzare il classico approccio da startup move fast and break things quando si tratta di esperimenti che coinvolgono attività delicate come queste, che includono anche interventi chirurgici su animali che spaziano dai topi ai maiali e fino ai primati.

neuralink_installazione(immagine: Neuralink)

Elon Musk si è invece concentrato già sul lancio sul mercato di The Link, chiarendo che all’inizio sarà molto costoso ma anche che l’obiettivo è di ridurre progressivamente il prezzo “fino a qualche migliaio di dollari”. Oltre al prezzo, una delle sfide da affrontare per trasformare l’interfaccia cervello-macchina in un prodotto a larga diffusione sarà il superare i timori delle persone nel farsi impiantare un simile apparecchio, che (secondo quando riferito da Cnet) riguardano anche la possibilità che l’installazione generi infezioni.

Le prime sperimentazioni sull’uomo dovrebbero iniziare già entro quest’anno, e riguarderanno un piccolo gruppo di persone che hanno già gravissime lesioni al midollo spinale. La speranza, infatti, è che lo sviluppo di Neuralink possa permettere a queste persone (in un futuro non meglio definito) di riacquisire parte della loro mobilità.

FONTE: https://www.wired.it/amp/285868/scienza/lab/2020/08/29/elon-musk-neuralink-cervello-computer/

 

 

 

 

STORIA

IL MALE CHE DRAGHII HA FATTO ALL’ITALIA – ri-spiegato bene

da Thomas Fazi

Titolo originale:
Derivati di Stato: quando Mario Draghi svendette l’Italia alle banche d’affari

Mario Draghi, nel suo recente e molto discusso intervento al Meeting di Rimini (che abbiamo già trattato qui), ha ribaltato una delle architravi della narrazione euro-austeritaria dell’ultima decennio (avallata dallo stesso Draghi), quella dell’imperativo assoluto della riduzione del debito pubblico, costi quel che costi in termini economici e sociali (per maggiori informazioni citofonare alla Grecia), sostenendo che l’attuale fase storica «sarà inevitabilmente accompagnata da stock di debito destinati a rimanere elevati a lungo». Insomma, contrordine compagni: il debito pubblico non è più il male assoluto, ma anzi l’aumento degli stock di debito è una necessità impellente per evitare «una distruzione permanente della capacità produttiva e quindi fiscale, [che] sarebbe ancora più dannosa per l’economia», come ha dichiarato qualche mese addietro in un’altra occasione.

Allo stesso tempo, però, Draghi si è affrettato a specificare che bisogna distinguere tra “debito buono” e “debito cattivo”, laddove il primo è quello “produttivo”, quello cioè, se decodifichiamo il gergo draghiano, che piace ai mercati finanziari, ovverosia che genera ritorni economici al capitale privato nel breve periodo, mentre il secondo è quello cosiddetto “improduttivo”, ovverosia quello che, nella migliore delle ipotesi, pur generando rendimenti sociali di lungo periodo potenzialmente molto benefici per la società nel complesso – laddove venisse utilizzato, poniamo, per aumentare le assunzioni e le retribuzioni di medici e insegnanti –, non offre rendimenti economici nel breve termine. Insomma, non siamo di fronte a nessuna conversione sulla via di Damasco, come hanno sostenuto alcuni; più banalmente, cambiano gattopardescamente le parole (“debito” al posto di “austerità”) affinché non cambi nulla: la visione del mondo e della società che sottende le parole di Draghi, e gli interessi che quest’ultimo rappresenta, sono gli stessi di sempre.

Ma il punto che ci preme sottolineare in questa sede è un altro. Fa specie che proprio Mario Draghi si permetta di moraleggiare di debito buono e debito cattivo, considerando che proprio Draghi, negli anni Novanta, quando era direttore generale del Tesoro italiano (carica che ha ricoperto dal 1991 al 2001, per poi andare alla Goldman Sachs), ha sovrinteso all’emissione, da parte dello Stato italiano, di una montagna di titoli di debito tra i più “tossici” e speculativi al mondo, di cui ancora oggi paghiamo – letteralmente – le conseguenze. Stiamo parlando, ovviamente, dei famigerati derivati di Stato.

Di cosa si tratta? I derivati sono degli strumenti finanziari che derivano il loro valore dall’andamento del valore di un’attività sottostante, che può avere natura finanziaria (come ad esempio i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici ecc.) o reale (come ad esempio il caffè, il cacao, l’oro, il petrolio ecc.). Ora, se è vero che in alcuni casi i derivati possono servire a ridurre legittimamente i rischi di portafoglio, permettendo per esempio a un investitore di negoziare con un venditore il prezzo di un bene che intende acquistare in una data futura e dunque di tutelarsi rispetto a un aumento del costo del bene in questione, è altresì vero che la maggior parte dei contratti derivati ha una natura puramente speculativa, consiste cioè nell’assunzione di un rischio con l’obiettivo di conseguire un profitto.

Una scommessa, insomma, non diversa da quelle praticate quotidianamente nell’ambiente del gioco d’azzardo. Con la differenza, però, che i derivati finanziari muovono cifre incomparabilmente più grandi (si stima che il valore nozionale dei derivati in circolazione a livello mondiale sia pari a più di trenta volte il PIL mondiale) e, quando le cose vanno male, possono avere ripercussioni molto pesanti anche sull’economia reale; non a caso i derivati hanno giocato un ruolo fondamentale nella crisi finanziaria del 2007-9, tanto che molti al tempo proposero (invano) di metterli fuorilegge una volta per tutte.

Veniamo ora ai contratti derivati sottoscritti dallo Stato italiano ai tempi di Draghi. Siamo alla metà degli anni Novanta e in quel periodo le élite del nostro paese – Carlo Azeglio Ciampi, Giuliano Amato, Romano Prodi e ovviamente lo stesso Draghi, solo per citarne alcuni – avevano un unico obiettivo: aggiustare (letteralmente) i conti pubblici per ottemperare ai criteri di Maastricht e permettere così all’Italia di aderire all’euro. Ed è qui che entrano in gioco i derivati. La maggior parte dei derivati sottoscritti in quegli anni, per un valore di circa 160 miliardi, consisteva in cosiddetti interest rate swap: in sostanza lo Stato riceve da una banca d’affari un flusso di cassa a tasso variabile sufficiente a ripagare un certo numero di titoli in scadenza e in cambio si impegna a pagare alla stessa banca un tasso fisso a lunga scadenza.

Questo ha permesso all’Italia di ridurre artificialmente il proprio deficit di qualche decimale, con il placet della Commissione europea e di Eurostat, l’agenzia statistica europea, le cui regole, successivamente modificate in parte, permettevano al tempo di contabilizzare come un’entrata quello che di fatto è un debito. Nonché, ovviamente, una scommessa: in sostanza, se i tassi fossero cresciuti – come effettivamente è stato fino ai primi anni Duemila – lo Stato italiano ci avrebbe guadagnato; se invece fossero scesi, ci avrebbero perso, a tutto vantaggio delle banche d’affari. Se, dunque, in una prima fase, l’Italia ha effettivamente realizzato dei guadagni sui derivati creditizi, a partire dal 2005, con la riduzione dei tassi, i derivati hanno cominciato a generare perdite sempre più ingenti per lo Stato: qualche anno fa (non ho trovato stime più recenti) è stato lo stesso governo, dopo aver apposto per anni una sorta di informale segreto di Stato sulle perdite relative ai derivati, ad ammettere, in seguito a un’interrogazione parlamentare, che il valore di mercato dei derivati in questione era negativo per circa 35 miliardi di euro (e positivo per un valore equivalente per le banche). Una danno monumentale per l’erario, soprattutto in tempo di austerità (ma non per tutti, evidentemente).

Ma la vicenda non finisce qui. Oltre agli strumenti derivati più tradizionali sopracitati, tra la metà degli anni Novanta e la metà degli anni Duemila l’Italia ha anche sottoscritto operazioni più speculative, note come swaption, inserite nell’operatività del Tesoro proprio quando direttore generale era Mario Draghi. Una swaption consiste nella vendita da parte dello Stato, in cambio di un premio, di un’opzione che attribuisce alla banca acquirente la facoltà di decidere se sottoscrivere o meno, in una data futura, un interest rate swap a un tasso fisso prestabilito. Va da sé che si tratta di un’operazione ancora più rischiosa – o, appunto, speculativa – di un normale swap, poiché comporta il rischio per la parte venditrice, in questo caso lo Stato, di ritrovarsi a firmare un contratto swap che presenta condizioni sfavorevoli già al momento della stipula. Questo è esattamente quello che è successo nel 2005, quando la banca d’affari statunitense Morgan Stanley ha deciso di attivare una swaption sottoscritta l’anno precedente, in virtù della quale lo Stato aveva incassato un premio di 47 milioni di euro. Peccato che, secondo la Corte dei Conti, lo swap in questione aveva già in partenza un valore di mercato negativo di 600 milioni di euro; sarebbe a dire che da lì al 2035 quello swap sarebbe costato al Tesoro 600 milioni di interessi netti.

Ma non finisce neanche qui. Un accordo quadro siglato nel 1994 dal Tesoro sempre con la Morgan Stanley, che doveva regolare tutti i successivi derivati sottoscritti con la banca, includeva una clausola secondo la quale la banca americana avrebbe potuto esigere unilateralmente (a differenza dei contratti con le altre banche, che prevedevano clausole bilaterali) l’immediata chiusura di tutti i derivati, nel momento in cui il valore della propria esposizione nei confronti dello Stato avesse superato una certa soglia, variabile a seconda del rating dello Stato italiano. Nonostante quella soglia sia stata superata nel 2003, però, la Morgan Stanley ha continuato a firmare o a rinegoziare diversi contratti con il Tesoro, vedasi la swaption del 2004, aumentando in misura sostanziale l’esposizione negativa del Tesoro, senza che la banca attivasse la clausola per estinguere i derivati e farsi pagare dal governo italiano il valore di mercato degli stessi, a quel punto già negativo, così come prevedeva l’accordo del 1994. «Non avevamo conoscenza di tale clausola», avrebbero dichiarato in seguito i dirigenti del Tesoro.

La Morgan Stanley ha scelto di esercitare quella clausola solo nel 2011, all’indomani dell’attacco finanziario all’Italia che spianò la strada al governo “tecnico” di Mario Monti – attacco finanziario ordito, curiosamente, sempre dallo stesso Draghi, che «decise di cessare gli acquisti di titoli di Stato italiani da parte della BCE» per far schizzare in alto lo spread e costringere Berlusconi alle dimissioni, come ammesso persino da Mario Monti qualche tempo fa. È a quel punto che la banca d’affari – adducendo come causale il declassamento del rating italiano, pochi mesi prima, da parte dell’agenzia di rating statunitense S&P, tra i cui azionisti figura la stessa Morgan Stanley – decide di chiudere unilateralmente in maniera anticipata tutti i suoi contratti in essere con lo Stato, incassando sull’unghia dal governo Monti, che nel frattempo annunciava misure lacrime e sangue per i cittadini italiani, la colossale cifra di 2,5 miliardi di euro (di cui un miliardo relativo solo all’accordo del 2004, per il quale lo Stato aveva incassato, lo ricordiamo, ben 47 milioni di euro: lasciamo al lettore il calcolo del bilancio finale). Piccola curiosità: fino a qualche anno prima il figlio di Monti, Giovanni, aveva lavorato proprio alla Morgan Stanley. 

Una vicenda talmente clamorosa da spingere la procura della Corte dei Conti, nel 2013, a citare in giudizio la Morgan Stanley per danno erariale. Secondo l’accusa, la banca si sarebbe resa responsabile del 70 per cento di un danno complessivo da 3,9 miliardi, commettendo, con la sua decisione di chiudere tutti i suoi contratti, nel 2011, «palesi violazioni dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione contrattuale». Questo perché la banca ricopriva un ruolo particolare, quello di “specialista”: si tratta delle banche che assistono il governo nelle aste dei titoli di Stato e che in quel ruolo devono contribuire alla gestione del debito pubblico anche attraverso un’attività di consulenza e ricerca.

Ancora più sorprendente, però, era la richiesta di risarcimento della Corte del restante 30 per cento dei danni, pari a più di un miliardo di euro, a carico dei dirigenti del Tesoro che per anni non si accorsero della succitata clausola: Maria Cannata, al Tesoro dal 1992 e dal 2000 a capo della direzione del debito pubblico, carica che ha ricoperto fino al 2017; il suo predecessore Vincenzo La Via, nominato alla direzione generale del Tesoro nel 2012 (fino al 2018); e gli ex direttori generali del Tesoro Domenico Siniscalco (2001-2004), poi passato, indovinate un po’, alla stessa Morgan Stanley, e Vittorio Grilli (2005-2011), diventato poi viceministro e successivamente ministro dell’Economia del governo Monti tra il 2011 e il 2013 (cioè nel periodo in cui fu liquidata la somma alla Morgan Stanley), per poi passare infine alla JPMorgan, altra banca d’affari statunitense. L’accusa era che alcuni contratti di derivati evidenziavano chiari «profili speculativi» che non li rendevano idonei alla finalità di ristrutturazione del debito, ossia l’unica finalità ammessa dalla normativa vigente. Né sarebbero state attivate adeguate garanzie. Curiosamente Mario Draghi non figurava tra gli imputati, nonostante ci fosse lui a capo della direzione generale del Tesoro quando fu siglato l’accordo quadro con la Morgan Stanley e quando le swaption furono inserite nell’operatività del Tesoro.

(Il resto dell’articolo qui:

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-male-che-draghii-ha-fatto-allitalia-ri-spiegato-bene/

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°