RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
21 SETTEMBRE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Il debole ha bisogno del chiasso
NICOLAS GOMEZ DAVILA, Tra poche parole, Adelphi, 2007, pag. 33
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SOMMARIO
L’attuale pontificato targato dem, globalista immigrazionista
COINCIDENZA CHE ACCOMUNA DECINE DI OMICIDI
Australia Pushes New Measure To Detain COVID “Conspiracy Theorists”
Abusi sui neonati e 19 milioni di pedofili in Europa
L’italiano che inventò il cinema
Quando il Principe Antonio de Curtis umiliò Oscar Luigi Scalfaro, 1950
Elemosiniere del Papa dona un rosario al killer di Don Malgesini: “È stato sfortunato”
Siluro di Pompeo contro il Vaticano. Il no degli Usa al dialogo con la Cina
L’IRAN C’E’ ARRIVATO.
La parabola dell’umanesimo naturalistico
Minority Report, trent’anni prima
I BRIGANTI DELLA “GREEN ECONOMY” CORROMPONO LA POLITICA ITALIANA ED UE
Banche, è scandalo: un report rivela chi gestisce denaro sporco
SULL’ASSASSINIO DI WILLY
Devastanti parole di Palamara. Svela i 3 segreti della giustizia
Medio-oriente: accordi di pace e premi Nobel
Neanche un ministro al funerale del prete sgozzato dal killer tunisino
IL PROTOCOLLO DI GRONINGEN
Attenti a questo puntino arancione: qualcuno sta ascoltando la telefonata
Instagram spia gli utenti attraverso la fotocamera. L’accusa contro Facebook
Cosa (non) è cambiato a 150 anni da Porta Pia.
PICTI
EDITORIALE
L’attuale pontificato targato dem, globalista immigrazionista
Sempre contro i residenti, sempre pro-migranti
Manlio Lo Presti – 21 settembre 2020
http://www.ilgrandebluff.info/2012/09/e-il-tempo-del-bispensiero.html
L’attuale pontificato è imperniato monotematicamente su un globalismo ossessivo vestito da motivazioni umanitarie di martellante immigrazionismo:
- senza confini,
- senza regole,
- senza attenzione al terrorismo,
- senza rispetto per la teologia dove non pronuncia MAI il nome di Cristo,
- senza pari attenzione per gli italiani che ospitano il Sacro Soglio ma sono abissalmente disprezzati
- senza considerazione per i RESTANTI (che sono molti di più e il nostro prossimo quotidiano) per parlare dei MIGRANTI (che sono lontani).
E’ ormai conclamato il comportamento di coloro che amano i LONTANI e ODIANO MORTALMEMTE I VICINI, I CONNAZIONALI, I POVERI CHE SONO SPAZZATURA DA ELIMINARE, CHE PLAUDONO ALLA MERITOCRAZIA COSTRUITA DA CORSI UNIVERSITARI DA 80.000 euro annui (quindi per pochi eletti = classismo spietato).
TUTTO CIÒ PREMESSO
L’attuale pontificato, CON LA SCUSA DELL’IMMIGRAZIONISMO OSSESSIVO, copre la vasta operazione di “SPOSTARE LA SEDE VATICANA ALTROVE”, da alcuni individuata in Sudamerica.
L’attuale pontificato è platealmente teleguidato dall’ impero DEM americano antifa quadrisex neomaccartista pedofilo capeggiato da Obama.
L’attuale pontificato, sponsorizzato ai danni di Ratzinger, da Obama il democratico globalista immigrazionista. il ridetto Obama è il responsabile di 26 conflitti regionali che hanno provocato oltre 10.000.000 (DIECIMILIONI) DI MORTI.
Da notare che, per questo suo salvifico lavoro, egli ha ricevuto il premio NOBEL PER LA PACE.
Un premio che Trump non deve ricevere perché ha avuto la sfacciataggine di:
1) disinnescare il pericolo della Corea del nord,
2) di aver fatto firmare un accordo di pace fra Israele e alcuni stati arabi ed infine,
3) ha creato milioni di nuovi posti di lavoro.
MA COME SI E’ PERMESSO DI FARE QUESTE COSE QUEL RAGAZZACCIO DI TRUMP che deve essere invece massacrato, sodomizzato, sterminato ed infine mangiato dalle cavallette??????
ALTRO CHE PREMIO NOBEL PER LA PACE!
Per aver realizzato accordi con Corea, Israele creando occupazione interna, ecc. Trump deve essere eliminato a qualsiasi costo.
Obama E’ S E M P R E DALLA PARTE GIUSTA. Egli ha sempre ragione perché ONUSTO DELLA VERITA’ “ex gratia” … anche con:
- 10.000.000 di morti,
- massacri di popolazioni civili in questi conflitti
- pedofilia dilagante con 1.800.000 minori scomparsi negli USA,
- 192 agenti federali assassinati per ostacolare queste indagini,
- il blocco delle borse,
- il collasso dell’economia
- la disoccupazione endemica.
P.Q.M.
Obama dunque si merita il Nobel.
TRUMP INVECE DEVE MORIRE!!!!!!!!!!
Ecco un fulgido esempio di doppia verità gesuitica usata ampiamente dai “laici” atei DEM
IN EVIDENZA
COINCIDENZA CHE ACCOMUNA DECINE DI OMICIDI
Bibbiano lo scandalo degli affidi
18 SETTEMBRE 2020
Riflettevo sulla strana coincidenza che accomuna decine di omicidi.
– L’omicidio del sacerdote a Como è stato commesso da un immigrato con problemi psichici.
– Il sequestro della guardia giurata nel duomo di Milano è stato commesso da un immigrato con problemi psichici.
– Salvini è stato aggredito da una immigrata con problemi psichici.
– Pamela era ancora viva quando è stata fatta a pezzi da un immigrato con problemi psichici.
– David Raggi è stato sgozzato da un immigrato con problemi psichici.
– Maurizio Gugliotta è stato sgozzato da un immigrato con problemi psichici.
– Stefano Leo è stato sgozzato da immigrato con problemi psichici
– Tre cittadini sono stati uccisi a picconate per strada da un immigrato affetto da problemi psichici.
– I bambini dello scuolabus hanno rischiato di morire a causa di immigrato con problemi psichici.
– Il ragazzo di Spoleto è stato massacrato di botte da tre albanesi affetti da problemi psichici.
Ecc…
Ecc…
Ecc…
I casi sono due: o c’è una correlazione tra disturbi psichici e la provenienza geografica, cosa di cui dubito fortemente, oppure esiste un modo assai bizzarro di interpretare la giustizia, di individuare certe patologie e, soprattutto, di gestire la censura!
FONTE: https://www.facebook.com/celsigiorgio/posts/650251705628330
Australia Pushes New Measure To Detain COVID “Conspiracy Theorists”
Weekend demonstrations have flared up in Australia over the last month, as Aussies have vented their frustrations and attempted to take back control of their communities after a surge in virus cases prompted the government to re-implement some of the world’s most draconian social-distancing measures.
And if there is one thing that terrifies increasingly tyrannical governments, it’s a loss of control of the narrative, which is why the Australian government is getting a jump start on curbing any so-called “conspiracy theorists” daring to spread information that questions the fear-mongering being used to keep Aussie citizens under lock and key.
A new bill is expected to be debated by the Victorian government in the State Parliament this week. It gives local authorities the power to detain “conspiracy theorists” and people who refuse to self-isolate, reported Caldron Pool.
If passed, the COVID-19 Omnibus (Emergency Measures) allows the government to detain anyone labeled as a “high risk” or likely to spread COVID-19 negligently.
A state government spokesman told The Age that the rule could be applied to “conspiracy theorists who refuse to self-isolate or severely drug-affected or mentally impaired people who do not have the capacity to quarantine.” Those arrested under the new rule will be housed in quarantine facilities.
Attorney-General Jill Hennessy said the new bill would “allow us to continue responding to the challenges the pandemic presents, so we can keep protecting Victorians and delivering the services they rely on.”
So far, many of the anti-lockdown demonstrations have been held on the weekends. At least 200 people were fined and 74 arrested at a protest in Melbourne on Sunday. If the bill is passed, some protesters would be rounded up and arrested, and could spend time in a quarantine facility.
Clearly, the government’s intent to extend powers and detain conspiracy theorists and those who pose a risk of spreading the virus should be alarming to readers.
In a glimpse of what is ahead, authorities have already arrested a Melbourne woman for allegedly writing pro-anti lockdown posts on social media.
FONTE: https://www.zerohedge.com/political/australia-push-new-measure-detain-conspiracy-theorists?s=09
Abusi sui neonati e 19 milioni di pedofili in Europa
la denuncia di don Di Noto, prete da decenni sul fronte antipedofilia
Don Fortunato Di Noto, 57 anni, è parroco di due importanti realtà parrocchiali, San Giovanni Battista e Madonna del Carmine ad Avola provincia di Siracusa e svolge incarichi diocesani volti alle fragilità locali, alla protezione dei minori e delle persone più vulnerabili .Trenta anni fa fondò l’ associazione METER che all’ inizio si occupava delle problematiche legate alle periferie con particolare attenzione ai minori.
Appassionato di tecnologia , la rivista americana Newsweek nel 2001 gli ha dedicato una copertina definendolo il pioniere nella scoperta e nella lotta alla PEDOFILIA e alla PEDOPORNOGRAFIA on line .
Don Di Noto ci riferisce che” il Parlamento Italiano è stato la prima istituzione al mondo, già nel 1997, a votare una mozione per contrastare la pedofilia, ancora prima della legge che porta il mio nome,approvata un anno dopo “.
Proprio lui, un sacerdote, ha iniziato una dura lotta contro l’odioso fenomeno attraverso una documentazione immensa prima ancora che scoppiassero gli scandali nell’ambito della Chiesa che travolsero e tuttora travolgono semplici preti e alti prelati .
Afferma che “ grazie a papa Benedetto XVI , per la prima volta la Chiesa ,come Stato sovrano, è intervenuta in maniera forte ,chiara , trasparente ,celere e determinata attraverso leggi , riforme e norme per combattere un fenomeno enorme e sconvolgente che precedentemente aveva avuto la complicità di molti vescovi e sacerdoti “.
Ci spiega che “ sulla base di documentazioni ufficiali si può affermare che in Europa ci sono 19 milioni di minori abusati sessualmente , quindi stabilendo un rapporto uno a uno si calcola ci siano, solo nel nostro continente, almeno 19 milioni di abusatori . Esiste un mondo sommerso che non risparmia nessuno , a nessuna età .Parliamo infatti di abusi anche su bambini neonati, oltre quelli fino ai 13 anni ,la pre pubertà e dai 14 anni in su .
Si tratta di un fenomeno endemico che provoca danni permanenti nel corpo e nell’ anima dei bambini che difficilmente possono superare “. Ad esempio – ci racconta- “ pochi giorni fa sono stati scoperti in rete alcuni video in cui dei neonati venivano stuprati da adulti e da animali addestrati a questo orrore . Un vero colpo al cuore .”
“A seguito delle denunce sempre rigorosamente documentate – prosegue- ci si dovrebbe aspettare lo sdegno e una ribellione universale e invece tutto tace . Nessuno ne ha parlato, nessuna notizia sui media ,un silenzio assordante.” E ancora spiega che” il fenomeno è enormemente vasto tanto che è difficile combatterlo “.
“Si potrebbe e dovrebbe fare certamente di più attraverso la sensiibilizzazione e la cooperazione internazionale. Per quanto riguarda l’associazione METER sono state fatte 65000 denunce attraverso video, foto, solo la nostra Polizia Postale ha scoperto, a livello nazionale e internazionale, 23 casi, mente in altri stati come la Francia e Austria si fa molto poco. “
Sul il turismo sessuale pedofilo in paesi come Filippine Thailandia o Brasile, afferma che “è pressoché impossibile da contrastare, infatti non è mai stata eseguita alcuna operazione in merito per quanto la legge del 1998 lo preveda .”
Secondo Di Noto “solo i potenti del mondo , coloro che hanno il potere economico e gestiscono internet , hanno la possibilità di fare controlli a tappeto, informare , divulgare e documentare e con denunce contribuendo ad individuare vittime e carnefici arginando il fenomeno.”
Nel frattempo lui, un semplice prete, prosegue nella sua battaglia su un tema scabroso che suscita ribrezzo nell’opinione pubblica ma non ottiene ancora l’impegno necessario a livello globale dove il fenomeno si va diffondendo come una peste grazie alle nuove tecnologie.
Gilda Tucci
FONTE: https://www.cinquequotidiano.it/2020/09/21/abusi-sui-neonati-e-19-milioni-di-pedofili-in-europa-la-denuncia-di-don-di-noto-prete-da-decenni-sul-fronte-antipedofilia/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
L’italiano che inventò il cinema
BELPAESE DA SALVARE
Elemosiniere del Papa dona un rosario al killer di Don Malgesini: “È stato sfortunato”
CONFLITTI GEOPOLITICI
Siluro di Pompeo contro il Vaticano. Il no degli Usa al dialogo con la Cina
Un siluro al Vaticano, da Washington Dc. Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo fa a pezzi l’accordo fra Cina e Santa Sede sulle nomine dei vescovi di cui proprio in questi giorni si discute il rinnovo. “Due anni fa, la Santa Sede ha raggiunto un accordo con il Partito comunista cinese, sperando di aiutare i cattolici cinesi. Ma l’abuso del Pcc sui fedeli è solo peggiorato. Il Vaticano metterebbe a rischio la sua autorità morale, se rinnovasse l’accordo”.
La bomba è contenuta in un tweet del capo della diplomazia Usa che rilancia un suo saggio per First Things, popolare sito conservatore americano. Un lungo appello a papa Francesco perché stracci quell’intesa con il governo cinese siglata due anni fa. Pompeo lo lancia a nove giorni dalla sua visita in Vaticano. Il 29 settembre sarà infatti San Pietro proprio per discutere di quell’accordo, il 30 avrà invece incontri con il governo italiano a Roma.
“A distanza di due anni, è chiaro che l’accordo Cina-Vaticano non ha difeso i cattolici dalle depredazioni del partito, per non parlare dell’orrendo trattamento dei cristiani, dei buddisti tibetani, dei fedeli del Falung Gong, e di altri credi religiosi”, scrive Pompeo su First Things. “Le autorità comuniste continuano a sbarrare le chiese, spiare e molestare i fedeli, e insistono che il Partito è l’ultima autorità negli affari religiosi”.
“La Santa sede ha una capacità unica e il dovere di concentrare l’attenzione del mondo sulle violazioni dei diritti umani, specialmente quelle perpetrate da regimi totalitari come quello di Pechino”. “Quello stesso potere di autorità morale – aggiunge l’ex capo della Cia – dovrebbe essere usato oggi nei confronti del Partito comunista cinese”.
Poi l’affondo finale. “Se il Partito comunista cinese riuscirà a mettere sull’attenti la Chiesa cattolica e altre comunità religiose, i regimi che disdegnano i diritti umani saranno rafforzati, e il costo della resistenza alle tirannie si alzerà per tutti i coraggiosi fedeli che onorano Dio al di sopra dell’autocrate di turno”. Dunque l’invito direttamente al pontefice: “Prego che, mentre si rapporta con il Pcc, la Santa sede e chiunque creda nella luce divina che illumina ogni vita umana possa ascoltare le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni, “La verità vi renderà liberi”.
Ma l’appello di Pompeo non si ferma all’accordo Cina-Santa Sede. Alla Chiesa viene chiesta una netta presa di posizione a favore dei manifestanti di Hong Kong. Lì i cattolici “sono la più forte voce per i diritti umani, è il caso di Martin Lee e di Jimmy Lai. Pechino li ha arrestati, spiati e perseguitati per il “crimine” di promuovere la libertà. Il Vaticano dovrebbe stare con i suoi cattolici e con il popolo di Hong Kong”.
Quello del segretario di Stato americano è un intervento frontale che giunge inaspettato nella forma e nei contenuti a meno di due settimane dalla sua tappa in Vaticano. L’accordo Cina-Santa Sede, su cui è all’opera un non facile negoziato fra le due parti, attiene a questioni ecclesiastiche, non (ancora) diplomatiche.
Mentre si attendono reazioni dai sacri palazzi, il j’accuse di Pompeo già fa il giro dei più popolari siti ultra-conservatori americani, come Breitbart, il sito che ha fatto la fortuna dell’ex consigliere di Trump Steve Bannon. “Non deve sorprendere”, chiosa a Formiche.net Pasquale Annicchino, senior research associate Cambridge Institute on Religion & International Studies, grande esperto di Chiesa americana. “Pompeo sa di avere dalla sua parte una fetta importante del cattolicesimo statunitense, compresa la gerarchia, che non ha mai compreso quell’accordo con il governo cinese ed ha a cuore le sorti dei fedeli in Cina. La sua narrazione riecheggia proprio quella di Bannon, che evidentemente, almeno su questo tema, è rimasta a palazzo”.
“Per l’amministrazione Trump – spiega Annicchino – il dossier tecnologico e quello della libertà religiosa nei confronti della Cina sono una cosa sola”. C’è poi un elemento da non sottovalutare. “Pompeo può scrivere un intervento del genere perché è a fine mandato. A fine campagna elettorale, l’amministrazione si erge a difesa di tutti i cristiani perseguitati e raccoglie il consenso di chi non ha capito, o non condivide, la politica dell’apertura di papa Francesco”.
FONTE: https://formiche.net/2020/09/siluro-di-pompeo-contro-il-vaticano-il-no-degli-usa-al-dialogo-con-la-cina/
L’IRAN C’E’ ARRIVATO.
Secondo Washington avrà abbastanza materiale fissile per una bomba entro fine anno
economia
Appena dopo aver reimposto in modo unilaterale le sanzioni economiche e commerciali all’Iran, gli USA annunciano che, secondo loro fonti, a fine anno teheran avrà accumulato abbastanza materiale fissile da costruire una bomba nucleare.
Può essere questa la “Sopresa d’0ttobre” di cui tanto si parla negli USA? Cioè un attacco preventivo all’Iran , motivato dal rischio delle armi di distruzione di massa, come fece Bush nel 2003? In realtà sono almeno 20 anni che si dà per imminente produzione iraniana di un’arma nucleare, e, per ora, non se ne è vista una…
quindi abbiamo tre possibilità:
- Pompeo ha annunciato il ritorno delle sanzioni perchè ha avuto notizie riservate sul materiale fissile prodotto in violazione del JCPOA, il per corso di pace definito in epoca Obama;
- Pompeo sta soltanto giustificando una decisione già presa dall’amministrazione Trump;
- qualcuno prepara un’escalation militare contro l’Iran.
In caso di attacco lk’Iran promette, ovviamente,m una risposta schiacciante. Ci sono però dei segnali forti che indicano una certa probabilità dell’ultima opzione, o almeno di un attacco militare, magari mirato, contro Teheran. La pace fra Emirati Arabi Uniti, Barhain ed Israele viene a cadere proprio a fagiolo per permettere un coinvolgimento diretto del maggior alleato di Washington nel Medio Oriente. quindi vi è stata la ripresa delle strette relazioni militari con il Qatar. Anche l’Arabia ha bisogno di qualcosa che smuova la palude della situazione bellica con lo Yemen, aiutato dall’Iran. Magari non accadrà nulla, perchè i tempi sono brevissimi, ma meglio essere pronti, si direbbe.
Speriamo che la sorpresa d’ottobre di Trump non sia militare..
FONTE: https://scenarieconomici.it/liran-ce-arrivato-secondo-washington-avra-abbastanza-materiale-fissile-per-una-bomba-entro-fine-anno/
CULTURA
La parabola dell’umanesimo naturalistico
Massimo Serretti
«Quella gran distinzione
fra la persona e la natura»
(A. ROSMINI, Antropologia soprannaturale, II, 91)
Premessa
In queste brevi pagine intendiamo partire da un punto e trarre da esso alcune conclusioni. Il punto di partenza è costituito dalla distinzione, che si è affermata in un certo frangente della storia del pensiero, di natura e persona, di natura umana e umana persona. Esso è qui assunto come già fondato e dimostrato e quindi viene solamente additato e richiamato all’attenzione.
Da questa distinzione principale si trae spunto per disegnare, attraverso i secoli, la storia della dissociazione tra antropologia e personologia. Questa storia attraversa tutto l’autunno del Medioevo e si protende fino al nostro presente. Abbiamo suddiviso in quattro parti il lungo tracciato di una vicenda tanto affascinante per la preziosità della realtà in questione, quanto tragica per gli esiti cui essa, sulla base di premesse plurisecolari, sembra ineluttabilmente voler mettere capo. Non esiste, evidentemente, una necessità di nessun tipo, né ideale, né intrastorica, né fatale, per cui si debba forzatamente e quasi inintenzionalmente pervenire a quegli esiti nefasti. Ma non esiste neppure possibilità alcuna che questi vengano scongiurati in assenza di un chiaro esercizio dell’intelligenza che riconosca la falsità delle loro premesse e di una libertà che scelga un orientamento qualitativamente alternativo.
Vale qui quel che Walter Benjamin con spirito ebraico affermava: «Im Ursprung ist das Ziel» (nell’origine è il fine).
I quattro passaggi che in maniera fugace saranno appena abbozzati, corrispondono innanzitutto a fasi differenti e connesse tra loro dell’appropriazione di sé conoscitiva ed esperienziale di epoche differenti. Ciò sta a significare che la scansione cronologica possiede una sua giustificazione, ma non può e non deve essere considerata a pieno titolo quella fondante la ripartizione. Da un punto di vista semplicemente storico positivo le quattro fasi in parte si sovrappongono, in parte si includono, ma sempre in quanto distinte e distinguibili.
- Persona e natura
È d’obbligo un riferimento, seppur laconico, alla distinzione che sta alla base della ricostruzione che andiamo a presentare e che, nella storia dell’umanità, rappresenta al contempo una nuova esperienza di sé, una nuova dinamizzazione del proprio essere personale ed anche una nuova presa conoscitiva su quella stessa realtà.
È indicativo il fatto che il punto di partenza del risveglio esperienziale e conoscitivo non fu antropologico, ma teologico. La personologia, che giocò poi un ruolo dominante per alcuni secoli nell’antropologia, non esordì all’interno di essa, ma della teologia.
C’erano due presupposti di carattere generale che erano assenti dal quadro complessivo che il pensiero pagano extra-biblico era stato in grado di prospettare e senza i quali la distinzione (diakrisis) e l’unità (enosis) di natura e persona non si sarebbe potuta formulare.[1] Neanche a partire dal solo Antico Testamento si era potuto di fatto pervenire a tanto.
Il primo presupposto era quello del necessario superamento della concezione monolitica dell’universo e delle sue parti e quindi dell’essere (ousia, esse) come primum indistinto seppur graduato in una sequenza di enti e individui.
Il secondo era quello per cui si potesse saldare in maniera inedita la nozione di ‘persona’, ormai emancipata da quella dell’essere monoliticamente inteso, all’essere stesso (ousia) e alla natura (physis).
Il primo passo si poteva già considerare compiuto con la rivelazione ebraica del cosmo come creato da Dio. Ma questo potenziale esplicativo implicito di fatto viene ad esplicitarsi con la rivelazione di Dio, in Gesù Cristo, come comunione di Persone. La diversa essenza (ousia) di Dio rispetto alla essenza del mondo viene esplicitamente tematizzata dai Padri Cappadoci sviluppando la meditazione sull’unità sostanziale, ipostaticamente determinata e sulla distinzione delle Ipostasi tra loro.
Quest’acquisizione spezza l’assolutezza monistica del cosmo come totalità d’essere e introduce il principio ipostatico come sovraeminente rispetto a quello ontologico solo mondano.
Nella meditazione trinitaria si rende necessaria una chiara distinzione tra Persone divine e natura divina, laddove anche l’unità d’essere, l’unità sostanziale, è connotata personalmente in quanto l’essenza non genera, ma è il Padre a generare.[2] La fonte da cui procede l’unità è anch’essa personale e l’unità è in realtà comunione di Persone. «In Dio non c’è nulla d’impersonale».[3]
Ora, tutto l’essere mondano andrà riconsiderato a partire da questi nuovi principi: Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo.[4]
Il secondo passo, quello della ricongiunzione di natura e persona, persona ed essere, si perfezionerà invece nella meditazione cristologica, in particolare, in quella grande stagione che sarà inaugurata dal Concilio di Calcedonia. Se nella meditazione del mistero trinitario la persona era venuta a presentarsi come principio di unità delle Persone, venendo così a profilare una sovrasostanza ipostaticamente codeterminata, nella meditazione del mistero cristologico, l’irrelatività di Dio rispetto al mondo si rende presente nel mondo spezzando il monismo greco-pagano e l’Ipostasi del Figlio si presenta come quella che unisce le differenti natura: quella umana e quella divina.
La natura umana non solo non è superata e non è tolta dalla presenza dell’Ipostasi divina, ma, al contrario, è inverata e quindi affermata da essa in modo insuperato e insuperabile. L’implicazione divina con l’uomo, in Gesù Cristo, si definisce in modo definitivo, al punto che Agostino potrà asserire: «Ambula per hominem et pervenis ad Deum».[5] Quest’espressione non ha il significato di ammissione di un varco analogico per cui la risalita (analogia) possa rendere inutile la discesa (catalogia), quanto piuttosto di affermazione del fatto che il Figlio eterno avendo preso come sua dimora la «tenda» dell’umanità, ha reso la sua umanità stessa una via per andare alla sua identità filiale divina e quindi trinitaria.
La natura umana del Figlio possiede le sue facoltà, le sue operazioni (coscienza, conoscenza, volontà, etc.), ma esse, non essendo in se stesse sussistenti, sussistono nella Persona del Figlio stesso. I Padri orientali chiamano questo «ipostatizzazione della natura umana». Alla dinamica di enipostatizzazione della natura corrisponde quella di inessenzializzazione dell’ipostasi.
Nella corrispondenza ordinata di questi due processi e nella determinazione della trascendenza delle persone trovano risposta i due problemi che avevano impedito al mondo pagano l’accesso al mistero dell’essere personale. Non essendo possibile fondare la trascendenza della persona legandola all’agire di un Creatore che non appartiene all’ordine cosmico (Creazione a immagine e somiglianza) ed essendo, di conseguenza, l’essere concepito come totalizzante e precedente la realtà delle persone, il pensiero greco si era venuto a trovare in un vicolo cieco e quel che gli era rimasto era solo la “maschera” indossata da un soggetto destinato all’ “ipocrisia”[6] e impossibilitato ad acquisire la pur agognata personalizzazione.
Resta ora da chiederci, sempre in forma allusiva, se e in che modo la chiara e netta distinzione reperita in teologia sia stata accolta come una luce rivelativa anche della realtà umana e quindi se e quale sia stato il risvolto antropologico della demarcazione di natura e persona.
La risposta è senz’altro affermativa. Un segnale chiaro, dal punto di vista della storia dei concetti l’abbiamo nel viraggio semantico del termine ‘ypostasis’ che non inclina più unilateralmente verso la nozione di ‘ousia’, ma, prevalentemente, verso quella di ‘prosopon’. Gli studi condotti sull’antropologia bizantina nella seconda metà del Novecento hanno messo in luce i rilevanti apporti antropologici che si sono avuti sulla scia delle meditazioni trinitarie e cristologiche.[7]
Se prendiamo, ad esempio, l’antropologia di Leonzio di Bisanzio, troviamo che la demarcazione di natura e persona è onnipresente.[8]
Leonzio fa valere le due principali specificazioni dell’essere personale rivelate nel mistero trinitario e cristologico. Nel primo il principio personale si evidenzia quale principio di distinzione delle tre differenti Persone, nel secondo quale principio di unificazione delle due differenti nature. Anche nella realtà dell’uomo il suo essere ipostatico è studiato da Leonzio secondo queste due funzioni. L’ipostasi è quella che consente l’individuazione. L’uomo non si determina come individuo né mediante il numero, e quindi in virtù del suo essere numericamente distinto dagli altri, né mediante gli idiomi, le proprietà. Questi infatti rappresentano una connotazione, ma non possono essere considerati come costitutivi dell’essere personale.
Il vero principio d’individuazione è la persona e non la natura.
La seconda funzione dell’ipostasi, sul piano antropologico, è quella dell’unificazione. Leonzio di Bisanzio rigetta l’antropologia bipartita che si sviluppa nella definizione del rapporto anima-corpo. Per Leonzio né l’anima né il corpo sono in se stessi sussistenti, ma ricevono sussistenza nell’enipostasia, cioè, nell’essere unificati dalla persona, dal principio ipostatico che, oltre ad essere principium individuationis, viene a manifestarsi anche quale principium unionis ontologicae.
La dottrina dell’enipostasia nella sua applicazione antropologica verrà poi arricchita e ulteriormente rielaborata da Massimo il Confessore con un riferimento privilegiato alla cristologia.[9]
Un guadagno di carattere generale che la distinzione di natura e persona ha consentito sul piano antropologico è quello della precisazione della non identificazione dell’essere personale con le facoltà spirituali umane, con l’anima. Esse, in quanto comuni a tutti gli uomini sono proprie della natura umana e in quanto enipostatizzate sussistono come inerenti ad una singola persona. Nella storia dell’intreccio e della separazione di antropologia e personologia[10] l’inerenza reciproca, seppur non paritetica, di facoltà spirituali naturali e persona ha dato motivo alla confusione e allo scambio di quel che è secondo natura e quel che è secondo la persona.
- Separazione di personologia e antropologia
La prima fase si può dire che inizia quando la riflessione sui due misteri centrali del cristianesimo, la SS. Trinità e l’Incarnazione del Verbo, si affievolisce, in parte si formalizza e, per di più, si avvia una progressiva distanziazione tra la teologia da una parte e le lettere, la storia, la filologia e la filosofia dall’altra.
Nei secoli XIV e XV si sviluppa quella corrente di pensiero che va sotto il nome di “umanesimo” e all’interno della quale permane, al contrario di quel che una certa interpretazione tendenziosa e ideologica ha voluto sostenere, una forte unità tra l’affermazione dell’uomo e quella di Dio. L’umanesimo è un fenomeno cristiano nelle sue premesse ed anche in alcuni suoi sviluppi.[11]
Tuttavia, le lettere e la filosofia si distaccano in maniera progrediente dall’esercizio rigoroso della teologia. In misura sempre più crescente l’umanista non è un maestro e un dottore di teologia e viceversa. Non è necessaria la teorizzazione della separazione per dilapidare la ricchezza proveniente dalla effettiva unità in atto.
È interessante notare come in questo periodo si verifichi uno slittamento semantico all’indietro nell’uso del termine ‘persona’. La ripresa dello studio dell’antichità pagana greco-romana favorirà questa regressione. Così, non di rado, il termine viene usato nel suo significato giuridico o teatrale pre-cristiano, o nel senso grammaticale, anch’esso pre-cristiano, o di raggiungimento di un grado di dignità riservato solo a pochi mortali.
Insieme a questo importante alleggerimento semantico del termine ‘persona’, assistiamo ad una corrispondente variazione dell’altra nozione che stiamo considerando: quella di ‘natura’.
Mentre il termine ‘persona’ è calante, quello di ‘natura’ è crescente. Con ‘natura’ si viene sempre più ad intendere una totalità che assume via via tratti cosmico-mondani e viene a perdere progressivamente la caratterizzazione teologico-antropologica.
Lo smarrimento tendenziale del significato teologico della natura in quanto esito dell’azione creatrice di Dio fa crescere il senso della natura quale potenza che possiede una sua autonomia e quindi quasi una sua soggettività propria.
Lo stacco antropologico, per cui la natura di cui primariamente ci si occupa non è la “natura umana”, favorisce l’interpretazione della realtà dell’uomo in termini di ‘natura’, di pura natura.[12] Anche qui si nota una ricaduta all’indietro rispetto al trattato cristiano antico Peri tou anthropou physeos (Sulla natura dell’uomo).[13] Sia in quanto “microcosmo”, sia in quanto vertice della realtà naturale, l’uomo viene definito comunque nel paragone con la natura cosmica. L’umanista sa bene che l’uomo appartiene a due regni, ma di fatto si interessa principalmente a uno di essi e non ha più chiaro quale sia effettivamente il punto di unità tra di essi. L’articolazione va gradualmente allentandosi.
Dal punto di vista del nesso uomo/persona e quindi antropologia/personologia è interessante notare come in questo periodo l’uso del termine ‘uomo’ si distacchi sempre più da quello del termine ‘persona’. Il risultato è che l’endiadi ‘persona umana’ diviene una rarità.
È chiaro che la locuzione ‘persona umana’ si era storicamente formata a partire dalla necessità di distinguere rispetto a quella di ‘persona divina’. Ora, venendo meno in coloro che scrivono sulle cose dell’uomo, una corrispondente e ancor più forte meditazione sulle cose di Dio, viene conciò stesso meno la necessità di differenziare. Ma, ancor prima, come già accennato, tende ad eclissarsi la nozione forte di ‘persona’ guadagnata con arduo lavoro filosofico e teologico insieme nei secoli precedenti.
Due esempi eccellenti. Pico della Mirandola nel suo De dignitate hominis non usa il termine ‘persona’, benché egli sappia che l’uomo è persona.
Lorenzo Valla nelle sue Elegantiae (VI, 38) riduce la persona a qualità, mentre in altre opere inverte il dato storico macroscopicamente evidente asserendo che il termine è stato tratto dalle realtà umane e applicato metaforicamente a quella divina.[14]
L’ultimo punto che consideriamo come caratterizzante la fase che stiamo trattando è l’accrescersi dell’interesse, dal punto di vista antropologico, nei confronti di quell’insieme di realtà che vanno sotto il nome di ‘anima’. I capitoli sull’anima e i trattati sull’anima aumentano in progressione inversa a quelli sulla persona.[15]
Anche qui si registra una regressione, in primo luogo nel senso che non si tiene conto dell’elaborazione lunga e faticosa attraverso la quale i Padri avevano ricondotto la riflessione pagana sull’anima all’antropologia rivelata e quindi avevano sussunto le facoltà e le operazioni attribuite all’anima razionale nell’ambito dell’essere personale dell’uomo. La meditazione cristologica qui era stata determinante in quanto a Cristo andava riconosciuto il possesso di un’anima umana, ma non di una persona umana. Ciò bastava a fondare la distinzione anche a livello antropologico.
In secondo luogo, oltre al salto di un millennio, ci si andava a riallacciare anche in questo caso alla visione pagana pre-cristiana che faceva dell’anima il centro dell’uomo. Lo smarrimento del centro personale e la sostituzione di esso con l’anima rappresentano un tornante cruciale nella storia del pensiero antropologico e personologico. L’oblio del nesso tra le due proposizioni secondo le quali l’uomo è «anima et corpore unus» e quella secondo cui «l’uomo è persona» è gravido di conseguenze nefaste e le conseguenze riduzionistiche di questa dimenticanza stendono le loro propaggini fino ai nostri giorni.
Ma a che cosa è dovuta la gravità di questa tendenziale sostituzione? Essa è dovuta al fatto che sotto il concetto di ‘anima’ si intendono normalmente le proprietà naturali che già gli antichi identificavano con la parte razionale dell’anima. Inoltre, ponendo l’anima come centro egemonico unificatore dell’uomo, nonché come ricettacolo dell’azione divina, si perde tutto il carico di guadagni antropologici che era stato acquisito con la scoperta del carattere ipostatico dell’essere umano.
Questo spostamento di accento sull’anima apre di fatto la via alla riduzione dell’uomo a “soggetto spirituale” che vedremo attuata nella seconda fase.
Sembra che quel che a Guglielmo d’Auxerre,[16] ad Alessandro di Hales, a Tommaso d’Aquino[17] e a Bonaventura da Bagnoregio era parso così evidente, non lo sia più. Alessandro così si era espresso: «anima nostra persona non potest esse»[18] e il suo discepolo Bonaventura aggiungeva: «natura rationalis creata non facit personalitatem».[19]
- Affermazione unilaterale della natura umana
La seconda fase che andiamo a considerare nelle grandi linee tematiche che stiamo seguendo ricopre per intero i secoli XVI, XVII e XVIII.
Il primo rilievo concerne la ratificazione dell’eclisse del termine, essendo già svanito da tempo il concetto. Un contributo sostanzioso a questa ratifica viene anche da una delle matrici maggiori della modernità: la riforma protestante.
NOTE
[1] Cfr. J. ZIZIOULAS, Du personnage à la personne, in ID., L’être ecclésial, Labor et Fides, Genève 1981, pp. 23-55. Nel mondo ortodosso, dopo i grandi testi di N. BERDIAEV, De la destination de l’homme, L’Age d’Homme, Lausanne 1979 [1931]; Cinq méditations sûr l’existence, Aubier, Paris 1936 [1934] ; De l’esclavage et de la liberté de l’homme, Aubier, Paris 1963 [1939], troviamo una ripresa del tema della persona in antropologia, oltre che in J. Zizioulas, anche in C. YANNARAS, Person und Eros. Eine Gegenüberstellung der Ontologie der griechischen Kirchenväter und der Existenzphilosophie des Westens, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1982, sebbene con accenti diversi. In Yannaras ed in parte anche in Zizioulas si incontra una riduzione del “cristianesimo occidentale“ al protestantesimo e una estensione del concetto di “padri della Chiesa greci” ad autori nord africani (Alessandria) o medio orientali (cappadoci, palestinesi) per il semplice fatto che scrivono anch’essi in greco. Questa è una caratteristica di quasi tutta la produzione ortodossa neo-greca.
[2] Cfr. GIOVANNI DAMASCENO, De fide ortodoxa, 4, 7 (PG 94, 1113); TOMMASO D’AQUINO, Scriptum super libros Sent., I d. 34 q. 1 a. 1 ad 2; ID., S. th., I q. 39 a. 5. Scrive a tal riguardo Enrico Peroli: «La reciprocità delle relazioni trinitarie coinvolge così in profondità l’identità personale dei singoli Soggetti divini da avere per contenuto non solo le loro rispettive peculiarità, ma anche la loro stessa divinità, in modo tale che anche il rapporto che ciascuna Persona ha con l’unica ousia divina è mediato da tali relazioni». E ancora: «la stessa unità dell’ousía divina, è l’unità dell’unico essere di Dio che dev’essere concepita come un evento per essenza interpersonale» (in Essere persona. Le origini di un’idea tra grecità e cristianesimo, Morcelliana, Brescia 2006, pp.82.89.
[3] A. J. HESCHEL, Il messaggio dei Profeti, tr. it., Borla, Roma 1993, p. 11.
[4] Cf. ORIGENE, Peri archōn (I principi), PG 11.
[5] AGOSTINO, Sermones, 141, 4.
CONTINUA QUI: https://scienzereligiose.uniurb.it/pdf/Serretti_2017-18_Parabola_umanesimo_naturalistico.pdf
La parabola dell’umanesimo naturalistico
Massimo Serretti
«Quella gran distinzione
fra la persona e la natura»
(A. ROSMINI, Antropologia soprannaturale, II, 91)
Premessa
In queste brevi pagine intendiamo partire da un punto e trarre da esso alcune conclusioni. Il punto di partenza è costituito dalla distinzione, che si è affermata in un certo frangente della storia del pensiero, di natura e persona, di natura umana e umana persona. Esso è qui assunto come già fondato e dimostrato e quindi viene solamente additato e richiamato all’attenzione.
Da questa distinzione principale si trae spunto per disegnare, attraverso i secoli, la storia della dissociazione tra antropologia e personologia. Questa storia attraversa tutto l’autunno del Medioevo e si protende fino al nostro presente. Abbiamo suddiviso in quattro parti il lungo tracciato di una vicenda tanto affascinante per la preziosità della realtà in questione, quanto tragica per gli esiti cui essa, sulla base di premesse plurisecolari, sembra ineluttabilmente voler mettere capo. Non esiste, evidentemente, una necessità di nessun tipo, né ideale, né intrastorica, né fatale, per cui si debba forzatamente e quasi inintenzionalmente pervenire a quegli esiti nefasti. Ma non esiste neppure possibilità alcuna che questi vengano scongiurati in assenza di un chiaro esercizio dell’intelligenza che riconosca la falsità delle loro premesse e di una libertà che scelga un orientamento qualitativamente alternativo.
Vale qui quel che Walter Benjamin con spirito ebraico affermava: «Im Ursprung ist das Ziel» (nell’origine è il fine).
I quattro passaggi che in maniera fugace saranno appena abbozzati, corrispondono innanzitutto a fasi differenti e connesse tra loro dell’appropriazione di sé conoscitiva ed esperienziale di epoche differenti. Ciò sta a significare che la scansione cronologica possiede una sua giustificazione, ma non può e non deve essere considerata a pieno titolo quella fondante la ripartizione. Da un punto di vista semplicemente storico positivo le quattro fasi in parte si sovrappongono, in parte si includono, ma sempre in quanto distinte e distinguibili.
- Persona e natura
È d’obbligo un riferimento, seppur laconico, alla distinzione che sta alla base della ricostruzione che andiamo a presentare e che, nella storia dell’umanità, rappresenta al contempo una nuova esperienza di sé, una nuova dinamizzazione del proprio essere personale ed anche una nuova presa conoscitiva su quella stessa realtà.
È indicativo il fatto che il punto di partenza del risveglio esperienziale e conoscitivo non fu antropologico, ma teologico. La personologia, che giocò poi un ruolo dominante per alcuni secoli nell’antropologia, non esordì all’interno di essa, ma della teologia.
C’erano due presupposti di carattere generale che erano assenti dal quadro complessivo che il pensiero pagano extra-biblico era stato in grado di prospettare e senza i quali la distinzione (diakrisis) e l’unità (enosis) di natura e persona non si sarebbe potuta formulare.[1] Neanche a partire dal solo Antico Testamento si era potuto di fatto pervenire a tanto.
Il primo presupposto era quello del necessario superamento della concezione monolitica dell’universo e delle sue parti e quindi dell’essere (ousia, esse) come primum indistinto seppur graduato in una sequenza di enti e individui.
Il secondo era quello per cui si potesse saldare in maniera inedita la nozione di ‘persona’, ormai emancipata da quella dell’essere monoliticamente inteso, all’essere stesso (ousia) e alla natura (physis).
Il primo passo si poteva già considerare compiuto con la rivelazione ebraica del cosmo come creato da Dio. Ma questo potenziale esplicativo implicito di fatto viene ad esplicitarsi con la rivelazione di Dio, in Gesù Cristo, come comunione di Persone. La diversa essenza (ousia) di Dio rispetto alla essenza del mondo viene esplicitamente tematizzata dai Padri Cappadoci sviluppando la meditazione sull’unità sostanziale, ipostaticamente determinata e sulla distinzione delle Ipostasi tra loro.
Quest’acquisizione spezza l’assolutezza monistica del cosmo come totalità d’essere e introduce il principio ipostatico come sovraeminente rispetto a quello ontologico solo mondano.
Nella meditazione trinitaria si rende necessaria una chiara distinzione tra Persone divine e natura divina, laddove anche l’unità d’essere, l’unità sostanziale, è connotata personalmente in quanto l’essenza non genera, ma è il Padre a generare.[2] La fonte da cui procede l’unità è anch’essa personale e l’unità è in realtà comunione di Persone. «In Dio non c’è nulla d’impersonale».[3]
Ora, tutto l’essere mondano andrà riconsiderato a partire da questi nuovi principi: Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo.[4]
Il secondo passo, quello della ricongiunzione di natura e persona, persona ed essere, si perfezionerà invece nella meditazione cristologica, in particolare, in quella grande stagione che sarà inaugurata dal Concilio di Calcedonia. Se nella meditazione del mistero trinitario la persona era venuta a presentarsi come principio di unità delle Persone, venendo così a profilare una sovrasostanza ipostaticamente codeterminata, nella meditazione del mistero cristologico, l’irrelatività di Dio rispetto al mondo si rende presente nel mondo spezzando il monismo greco-pagano e l’Ipostasi del Figlio si presenta come quella che unisce le differenti natura: quella umana e quella divina.
La natura umana non solo non è superata e non è tolta dalla presenza dell’Ipostasi divina, ma, al contrario, è inverata e quindi affermata da essa in modo insuperato e insuperabile. L’implicazione divina con l’uomo, in Gesù Cristo, si definisce in modo definitivo, al punto che Agostino potrà asserire: «Ambula per hominem et pervenis ad Deum».[5] Quest’espressione non ha il significato di ammissione di un varco analogico per cui la risalita (analogia) possa rendere inutile la discesa (catalogia), quanto piuttosto di affermazione del fatto che il Figlio eterno avendo preso come sua dimora la «tenda» dell’umanità, ha reso la sua umanità stessa una via per andare alla sua identità filiale divina e quindi trinitaria.
NOTE
[1] Cfr. J. ZIZIOULAS, Du personnage à la personne, in ID., L’être ecclésial, Labor et Fides, Genève 1981, pp. 23-55. Nel mondo ortodosso, dopo i grandi testi di N. BERDIAEV, De la destination de l’homme, L’Age d’Homme, Lausanne 1979 [1931]; Cinq méditations sûr l’existence, Aubier, Paris 1936 [1934] ; De l’esclavage et de la liberté de l’homme, Aubier, Paris 1963 [1939], troviamo una ripresa del tema della persona in antropologia, oltre che in J. Zizioulas, anche in C. YANNARAS, Person und Eros. Eine Gegenüberstellung der Ontologie der griechischen Kirchenväter und der Existenzphilosophie des Westens, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1982, sebbene con accenti diversi. In Yannaras ed in parte anche in Zizioulas si incontra una riduzione del “cristianesimo occidentale“ al protestantesimo e una estensione del concetto di “padri della Chiesa greci” ad autori nord africani (Alessandria) o medio orientali (cappadoci, palestinesi) per il semplice fatto che scrivono anch’essi in greco. Questa è una caratteristica di quasi tutta la produzione ortodossa neo-greca.
[2] Cfr. GIOVANNI DAMASCENO, De fide ortodoxa, 4, 7 (PG 94, 1113); TOMMASO D’AQUINO, Scriptum super libros Sent., I d. 34 q. 1 a. 1 ad 2; ID., S. th., I q. 39 a. 5. Scrive a tal riguardo Enrico Peroli: «La reciprocità delle relazioni trinitarie coinvolge così in profondità l’identità personale dei singoli Soggetti divini da avere per contenuto non solo le loro rispettive peculiarità, ma anche la loro stessa divinità, in modo tale che anche il rapporto che ciascuna Persona ha con l’unica ousia divina è mediato da tali relazioni». E ancora: «la stessa unità dell’ousía divina, è l’unità dell’unico essere di Dio che dev’essere concepita come un evento per essenza interpersonale» (in Essere persona. Le origini di un’idea tra grecità e cristianesimo, Morcelliana, Brescia 2006, pp.82.89.
[3] A. J. HESCHEL, Il messaggio dei Profeti, tr. it., Borla, Roma 1993, p. 11.
[4] Cf. ORIGENE, Peri archōn (I principi), PG 11.
[5] AGOSTINO, Sermones, 141, 4.
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CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Minority Report, trent’anni prima
Quasi vent’anni or sono usciva nelle sale americane uno dei capolavori fantascientifici di Steven Spielberg, Minority Report, dove, in una Washington del 2054 tre Precog avevano il potere di predire i crimini ed impedire gli omicidi.
Oggigiorno un sistema simile, almeno sulla carta, è in vigore in alcune città degli Stati Uniti d’America e del Canada, ma non mancano amministrazioni locali che, dopo averlo sperimentato, han fatto dietrofront.
In America il predictive policing, ossia l’intelligenza artificiale sfruttata per analizzare una mole di dati riferiti a crimini passati, tra cui l’ora del giorno, la stagione dell’anno, i modelli meteorologici, i tipi di vittime, le posizioni in cui sono state ritrovate, al fine di dedurre quando e in quali luoghi è probabile che si verifichi un nuovo crimine, è attualmente in uso, con differenti sfumature, a New York, Los Angeles, Memphis, Portland e decine di altre città, anche di piccole dimensioni.
Esistono due modelli di predictive policing: uno basato sulle persone, volto a stabilire la loro attitudine a commettere, o spesso reiterare, reati. Questo modello si basa sulla loro età, sulla sospetta affiliazione a gruppi criminali e, perfino, paradossalmente, sull’esser stati vittime di reati.
L’altro modello è invece basato sui luoghi ove sia maggiore la tendenza a delinquere, andando ad identificare zone della città o semplicemente tipologie di luoghi.
Sebbene sulla carta il fine possa apparire ammirevole, potendo garantire un dispiego più efficiente del personale delle forze dell’ordine, nella realtà dei fatti i problemi non mancano.
In primis gli stessi dati raccolti possono portare a situazioni paradossali: i sistemi si basano sulle denunce, e non è detto che tutte le comunità siano portate a denunciare ciò che avviene nella loro area. Così la polizia si concentra nelle aree più svantaggiate, tralasciando altre aree della città dove magari vi è un clima di omertà e, in un circolo vizioso, continuando a ricevere meno feedback da altre aree, tenderà ad impiegare altri agenti in comunità già affollate di poliziotti.
Inoltre basta che le forze dell’ordine, in una settimana compiano un buon numero di arresti in una zona, magari semplicemente frutto di un’unica retata, che il sistema segnerà per anni quella zona come altamente pericolosa.
A Pasco, in Florida, lo sceriffo locale ha adottato un sistema di analisi predittiva fin dal 2011 ma gli esiti sono stati a dir poco preoccupanti: un ragazzo di 15 anni, reo di aver rubato una bici in un garage, dopo aver pagato il suo debito con la giustizia, dal momento che era inserito nel sistema, è divenuto bersaglio della polizia al punto di aver ricevuto da parte degli agenti 21 visite, anche in piena notte, nell’arco di soli cinque mesi. E come lui, negli ultimi 5 anni più di 10.000 visite domiciliari sono state effettuate dalla polizia di Pasco a casa dei soggetti finiti loro malgrado nel sistema.
Questi algoritmi spesso attingono a fonti imperfette, non verificate e non trasparenti come i database delle gang, che portano all’eccessiva inclusione di persone di colore e Latinoamericane.
Nel luglio 2020, il procuratore generale della California ha vietato alla polizia dello stato di accedere a qualsiasi voce del database delle bande della California dopo che gli agenti della del LADP sono stati sorpresi a falsificare i dati.
Per testare le disparità razziali nei sistemi di polizia predittiva, Human Rights Data Analysis Group (HRDAG) ha esaminato i crimini di droga registrati dal dipartimento di polizia di Oakland. Ha utilizzato un algoritmo di monitoraggio dei big data per determinare dove l’IA suggerirebbe alla polizia di cercare futuri crimini legati alla droga. È emerso che il sistema si sarebbe concentrato quasi esclusivamente sulle comunità di colore a basso reddito. Ma dopo aver confrontato i dati sanitari dei tossicodipendenti, combinandoli con i dati del censimento statunitense, è uscito fuori che la distribuzione dei consumatori di droga non è per nulla correlata all’esito delle previsioni del programma, dimostrando che l’algoritmo generava pregiudizi ben più radicati che nella realtà.
Nel giugno 2020, Santa Cruz, in California, è diventata la prima città degli Stati Uniti a vietare l’uso municipale del sistema predittivo, dopo che averlo introdotto nel 2011. Questo in conseguenza del fatto che lo strumento perpetuava una vera e propria diseguaglianza razziale: l’atto che ha messo al bando l’IA a Santa Cruz afferma testualmente “Predictive policing is a self-fulfilling prophecy” – letteralmente una profezia che sia auto avvera –. Più i dipartimenti di polizia si affidano alla tecnologia per stabilire dove concentrare gli sforzi e su chi essere sospettosi, ed in un certo senso prevenuti, maggiori saranno i danni che tali dipartimenti causeranno alle comunità più vulnerabili.
Vi è una preoccupante mancanza di trasparenza che circonda molti strumenti di polizia predittiva. In molti casi, non è chiaro come siano progettati gli algoritmi, quali dati vengono utilizzati e talvolta persino cosa il sistema afferma di prevedere; ed anche i costi, poco chiari, sono ingenti, nell’ordine delle decine di milioni di dollari per ciascuna metropoli. Un gruppo di 1500 accademici americani si è addirittura pubblicamente rifiutato di collaborare alla creazione di simili software, affermando che “È semplicemente troppo facile creare una patina ‘scientifica’ per il razzismo“.
In Canada gli algoritmi predittivi sono usati tanto per prevenire omicidi, quanto per prevedere dove concentrare le ricerche quando scompaiono delle persone.
La polizia di Vancouver utilizza uno strumento chiamato GeoDASH per prevedere dove potrebbero verificarsi i crimini di effrazione. A Calgary viene impiegato il software Gotham di Palantir (lo stesso impiegato a Los Angeles) per identificare e visualizzare i collegamenti tra le persone che interagiscono con la polizia, comprese vittime e testimoni, rapporti di polizia, luoghi, veicoli intestati, ma con il rischio di generare false associazioni.
A Toronto la polizia collabora con una società esterna per sviluppare modelli che identificano le aree ad alta criminalità.
Anche oltre l’International Boundary questi algoritmi controversi sono accusati di generare, per le medesime ragioni sostenute in America, conseguenze potenzialmente disastrose per le libertà civili, la privacy e altri diritti fondamentali. Le comunità storicamente svantaggiate corrono un rischio, ancor più accentuato, di essere oggetto di sorveglianza e analisi da parte della tecnologia a causa del pregiudizio sistemico riscontrato nei dati immagazzinati dalla polizia.
Fortunatamente altre città stanno seguendo l’esempio di Santa Cruz. Boston, San Francisco ed un’altra decina di metropoli stanno cominciando a comprendere i pericoli della polizia predittiva e, al pari del divieto del riconoscimento facciale, dato l’impatto sproporzionato che esso ha in termini di falsi positivi tra le persone di colore, valutano l’abbandono di tale tecnologia.
In fondo dovremmo ricordarci più spesso che, come è scolpito all’art. 27 della nostra Costituzione, l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
FONTE : https://www.infosec.news/2020/09/20/news/minority-report-trentanni-prima/
ECONOMIA
I BRIGANTI DELLA “GREEN ECONOMY” CORROMPONO LA POLITICA ITALIANA ED UE
La cosiddetta scommessa “green” è di fatto un accordo speculativo che, nel giro di pochi anni (entro il 2025), si propone di sconvolgere l’economia mondiale, costringendo miliardi di cittadini ad acquistare auto, moto, bici e monopattini elettrici.
Di quest’accordo speculativo fanno parte le varie normative europee che mettono fuori legge l’autoriparazione, le officine, le carrozzerie, il restauro di auto e oggetti vari, la lavorazione di metalli (metodiche di saldatura, sabbiatura, nichelatura, cromatura). In questo binario s’incardinerà anche l’obbligo di dichiarare classe energetica e categoria euro di ogni elettrodomestico all’amministratore di condominio (se la caveranno quelli che vivono in case indipendenti da vincoli condominiali, soprattutto se fuori dalla cinta urbana).
Una manovra planetaria che genererà miliardi di disoccupati, di non più occupabili, di nuovi poveri (irreversibili), d’indigenti in attesa di un piano di “povertà sostenibile”. In questo rimescolamento, ovviamente, ci saranno numerosi resilienti, chi troverà altre collocazioni lavorative o stili di vita. Rimane il fatto che, ad orchestrare questa rivoluzione, che sconvolgerà le vite di miliardi di esseri umani, è l’accordo tra colossi industriali, banche e strutture finanziarie, assicurazioni, fondi pensione e multinazionali informatiche. Attraverso leggi partorite da parlamenti corrotti obbligheranno i cittadini a cambiare auto, frigorifero, lavatrice, motorino e anche se la macchina risultasse efficiente. Con queste politiche si va ben oltre l’obsolescenza tecnica.
Questa inchiesta muove i primi passi grazie a Manlio Lo Presti, che come blogger alimenta quotidianamente il sito “Detti e Scritti”. Nella sua inchiesta “E la centralinista di Bankitalia/Ivass rispose al cittadino…” del 27 agosto scorso ha dimostrato come l’ufficio della Banca d’Italia che dovrebbe vigilare sulle assicurazioni, di fatto è complice della reticenza delle compagnie. Alle ore 8,59 dello scorso 27 agosto, Manlio Lo Presti telefonava al numero 06/421331 dell’Ivass, e dall’altra parte rispondeva la Banca d’Italia. Il blogger chiedeva un contatto con l’Ufficio studi dell’Ivass. Attendeva due minuti e trentotto secondi. Quindi la centralinista riprendeva la chiamata, rispondendo che non era riuscita a “trovare il ridetto ufficio”. Lo Presti non nascondeva lo stupore per la mancata risposta da parte di un prestigioso (e storico) organo di vigilanza. Ma cosa voleva sapere il nostro dall’introvabile Ufficio studi dell’Ivass?
Premettiamo che Lo Presti s’era non poco allarmato dopo aver letto una ricerca (13 pagine in formato pdf) effettuata dalla Allianz Global Corporate & Speciality, quindi voleva conoscere “l’incidenza media ponderata dei morti da sinistri con auto elettriche, e prima di comprarne una”, scrive il blogger. Il curiosone aveva notato che “nel documento la Allianz esprime più di una perplessità sui pericoli mortali indotti dalle pesantissime batterie in dotazione a queste vetture”. E “la ricerca ha il pregio di esporre con chiarezza e senza troppi tecnicismi, né giri di parole né incomprensibili e impronunciabili acronimi – continua Lo Presti spiegando i contenuti del documento Allianz – che esiste un serio problema sulla efficacia della protezione del passeggero dalla folgorazione e/o intossicazione da batteria che fuoriesce dal suo alloggiamento quando, in caso di collasso strutturale da collisione, va a contatto con parti di lamiere conduttrici di shock elettrico omicida e in caso di fuoriuscita dei liquidi contenuti”. “L’esito surreale della chiamata all’Ivass/Banca d’Italia non mi ha per nulla scoraggiato – confessa il blogger – e provo a chiamare l’Ania alle ore 10,50 dello stesso giorno, e al numero 06/36268811. L’operatore mi rimanda ad un altro numero (0277/64444) fornendo gentilmente una correlata e-mail (sportelloauto@ania.it). Il ridetto operatore Ania mi avverte che ‘tali riferimenti sono operativi dal primo di settembre 2020 – spiegano a Lo Presti – perché il personale è in ferie nella sua totalità’”.
Il nostro trova inspiegabile che un organismo che rappresenta l’importantissimo settore assicurativo non faccia rotazione del suo personale. Lo Presti ne deduce che “nel settore assicurativo accade di peggio di quando capita nelle pubbliche amministrazioni centrali, regionali, ex provinciali, comunali, circoscrizionali!”.
In nostro non demorde, quindi inizia una ricerca veloce in rete. “Trovo oltre quaranta collegamenti – scrive Lo Presti – ma in nessuno di questi è possibile trovare i dati disaggregati del numero dei morti da incidente in auto elettrica. Qualche sito riferisce che le tariffe assicurative delle auto elettriche sono più alte. Forse i calcoli delle probabilità attuariali inducono ad una tariffazione più altra o, perlomeno, differenziata anche per casa automobilistica produttrice?”.
Il blogger fa una rapida analisi: “Ad una prima lettura, la differenza al rialzo dei premi assicurativi (probabilmente diversi per compagnia) sembra che sia dovuta: agli altissimi costi di riparazione del veicolo incidentato; agli altissimi costi dei ferimenti quasi tutti gravissimi; alla percentuale di morti. Ma sono – puntualizza il nostro Manlio – prime impressioni di un cittadino che vuole saperne qualcosa di più preciso su un tema così delicato”.
Ma a questo punto il blogger si accorge che i dati non ci sono e s’imbatte nel un muro di gomma del sistema: “Dicono d’agire sempre nell’interesse degli italiani ed in nome della trasparenza e della semplificazione… ma sono solo parole!”.
Ma analizziamo. A detta del gentile operatore, “gli uffici dell’Ania sono chiusi per vacanza estiva di tutto il personale!”. Poi i centralini dell’ex istituto centrale non sono stati in grado di dare indicazioni né riferimenti, utili a informazioni per contattare un ufficio studi e per avere dei dati. Così Lo Presti si domanda “perché non esistono dati di facile consultazione, sia pure riportati nei siti di settore e di categoria? Perché, ad un mio primo esame, nessuna associazione di consumatori ha proceduto ad una ricerca specifica sulla incidenza della mortalità da auto elettriche? Perché i giornali non ne parlano apertamente? Effetto silenzio dovuto alla titanica magnitudine delle somme investite sulle auto elettriche per migliaia di miliardi e che, quindi, non va disturbato il manovratore?”.
Chiariamo che quanto riportato nell’articolo è frutto della buona fede (e buona volontà) di un cittadino intenzionato ad acquistare l’auto elettrica. Oggi Manlio è più diffidente che mai. E la nostra ricerca continua. Scopriamo come, un cenacolo d’ottimati avrebbe avvicinato gli assessorati regionali ai trasporti per cercare di scardinare il diritto di proprietà del cittadino sulla vettura. Volgarizziamo. Per indurre i cittadini a rottamare la propria vettura, quindi optare per veicoli noleggiati elettrici o ibridi, hanno solleticato la politica perché partorisse leggi che facessero scadere l’omologazione (italiana ed europea) per vetture e moto decennali a benzina e diesel. In parole povere consentire alle polizie locali di rottamare d’imperio le auto dei cittadini, seppur revisionate, bollate ed assicurate: legge che avrebbe colpito anche il settore collezionistico e d’epoca. Trovata che certo non risolverebbe il problema dell’inquinamento: l’industria che costruisce auto elettriche ha comunque grande impatto ambientale, soprattutto ha già problemi sullo smaltimento delle batterie. Non paghi, e nel parleremo nella prossima puntata, hanno già iniziato a mandare in tilt (attraverso i loro informatici) gli elettrodomestici con scheda (quindi microchip) con più di quattro anni di vita: questo per fare in modo che i cittadini abbiano in casa frigoriferi e lavatrici sempre a norma Ue, con giusta classe energetica e categoria euro. A questo punto la green economy assume la forma di un nuovo e più cruento consumismo, anche se tinteggiato di verde.
FONTE: http://www.opinione.it/societa/2020/09/18/ruggiero-capone_green-manovra-planetaria-povert%C3%A0-sostenibile-manlio-lo-presti-ivass-auto-elettrica-categoria-euro/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Banche, è scandalo: un report rivela chi gestisce denaro sporco
21 Settembre 2020
Dati governativi analizzata dall’ICIJ rivelano i nomi delle grandi banche che avrebbero gestito flussi di capitale illeciti e denaro sporco negli ultimi vent’anni. La risposta degli istituti sotto accusa.
Un nuovo scandalo colpisce il comparto bancario: diverse banche avrebbero gestito delle ingenti somme di denaro, presumibilmente illecite, negli ultimi 20 anni. Come riportato da Reuters, la notizia arriva da media statunitensi come BuzzFeed, sulla base di alcuni documenti riservati presentati dalle banche al governo degli Stati Uniti.
Secondo quanto riportato dai media, le accuse si basano su delle segnalazioni di attività sospette (SAR – suspicious activity reports) presentate da alcune banche e altre società finanziarie presso il Financial Crimes Enforcement Network (FinCen) del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti.
Le SAR, che secondo i report sono più di 2.100, sono arrivate nelle mani di BuzzFeed News, che ha sua volta le ha condivise con l’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) e altre organizzazioni giornalistiche.
L’ICIJ ha riferito che i file contengono informazioni su transazioni del valore totale di oltre 2 trilioni di dollari, compiute tra il 1999 e il 2017, state segnalate come sospette dai dipartimenti interni di conformità delle istituzioni finanziarie. Le SAR di per sé non sono necessariamente una prova di illecito, e l’ICIJ ha specificato che i documenti trapelati sono solo una piccola parte delle segnalazioni presentate alla FinCEN.
I nomi delle banche inserite nel report
In tutto sono cinque le banche internazionali a comparire con maggiore frequenza in questi documenti: HSBC Holdings Plc, JPMorgan Chase & Co, Deutsche Bank AG , Standard Chartered Plc e Bank of New York Mellon Corp.
|Tali dati non sono rappresentativi di tutte le segnalazioni ricevute dal Financial Crimes Enforcement Network del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. Le 1.943 SAR su cui si basano tali dati coprono le transazioni tra il 1999 e il 2017. Fonte: ICIJ|
Nell’elenco sono inserite anche Barclays, Bank of America, China Investment Corporation, Wells Fargo, Citigroup e Société Générale.
Le segnalazioni di possibili illeciti ci restituiscono delle informazioni chiave che parlano di un ampio sforzo internazionale nella lotta al riciclaggio di denaro e crimini correlati portato avanti per prime dalle stesse banche. Il quadro dipinto dal report, però, ci mostra anche un sistema sotto stress, con risorse insufficienti e in sovraccarico, il che consentirebbe a grandi quantità di fondi illeciti di circolare attraverso il sistema bancario.
Una banca ha un massimo di 60 giorni di tempo per presentare le SAR dopo la data di rilevamento della transazione da segnalare, secondo l’Ufficio preposto presso il Dipartimento del Tesoro. Il report dell’ICIJ afferma che in alcuni casi le banche non hanno segnalato le transazioni sospette se non dopo anni l’averle compiute.
Tali segnalazioni mostrano inoltre che le banche spesso hanno trasferito dei fondi a favore di società registrate in paradisi fiscali offshore, come le Isole Vergini britanniche, senza conoscere il nominativo dell’intestatario del conto.
Tra le tipologie di transazioni segnalate nel report spiccano i fondi elargiti da JPMorgan a favore di individui e società potenzialmente corrotti in Venezuela, Ucraina e Malesia; denaro proveniente da uno schema Ponzi gestito da HSBC; fondi legati a un miliardario ucraino spostati da Deutsche Bank.
«Spero che questi risultati stimolino un’azione urgente da parte dei responsabili politici affinché attuino le riforme necessarie», ha affermato Tim Adams, amministratore delegato del gruppo commerciale Institute of International Finance. «Come notato nei report odierni, gli impatti della criminalità finanziaria si fanno sentire al di là del solo settore finanziario – pone gravi minacce alla società nel suo insieme».
FONTE: https://www.money.it/Banche-scandalo-report-denaro-sporco-riciclaggio
GIUSTIZIA E NORME
FONTE: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1143459469383700&id=601212740275045
Devastanti parole di Palamara. Svela i 3 segreti della giustizia
“Sono stato travolto dalla fiumana e mi sono perso, ma non sento di essere stato moralmente indegno”, spiega l’ex presidente Anm, ma l’Assemblea vota per l’espulsione
“Ho avuto rapporti con la politica. La frequentazione con la politica, il confronto sulle nomine è sempre esistito”, queste le parole di Luca Palamara che hanno scatenato un vero e proprio mare di polemiche nelle ultime ore.
“Non mi sono mai sottratto e non mi sottrarrò nè dai procedimenti nè in tutte le cose in cui sarò chiamato, ma chiedo di essere giudicato serenamente”: questa la richiesta dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati dinanzi all’assemblea dell’Anm che dovrà deliberare sul ricorso da lui presentato contro il provvedimento di espulsione.
Palamara, che ci ha tenuto a sottolineare come il Consiglio superiore della Magistratura ancora non abbia autorizzato l’utilizzo delle oramai celeberrime e scandalose intercettazioni telefoniche effettuate nel corso delle indagini nei suoi confronti, ha poi proseguito. “Sono qui perché penso che prima venga l’interesse di tutti, della magistratura, di recuperare la fiducia dei cittadini, e l’interesse dei colleghi che mio malgrado sono stati travolti”.
L’ex presidente dell’Anm si sente quasi una vittima, e parla senza mostrare di essere consapevole del reale peso di quelle intercettazioni. “Sono stato travolto dalla fiumana e mi sono perso, ma non sento di essere stato moralmente indegno”, ha spiegato all’assemblea durante il suo intervento, come riportato da AdnKronos.
“Fino al 2008 ho fatto lo scribacchino di atti, prima a Reggio Calabria poi a Roma. Poi la mia posizione nella vita politico-associativa mi ha dato un altro ruolo. Ho vissuto un’altra vita, una vita di rappresentanza. Se ho fatto bene o male non posso dirlo io”, ha detto ancora, scaricando poi la responsabilità delle sue azioni sul ruolo assunto successivamente. “È stato un errore tornare alla procura di Roma dopo il Csm, un errore fare poi la domanda da aggiunto. Le cariche che ho avuto mi hanno fuorviato, e mi hanno fuorviato le mille richieste che mi arrivavano”.
Sulle conversazioni tratte dalle chat del proprio smartphone Palamara ha spiegato: “Non ho mai cancellato i messaggi. Dalle chat sono scaturiti 3 procedimenti penali e 6 disciplinari”. E le frequantazioni con Lotti? “Col senno di poi dico che non dovevo farlo”.
“Ho avuto rapporti con la politica. La frequentazione con la politica, il confronto sulle nomine è sempre esistito.”, ha raccontato l’ex presidente dell’Anm nella parte più delicata del suo intervento, specificando, tra l’altro, che gli incontri avvenuti in un hotel romano con alcuni colleghi, con Cosimo Ferri e l’ex viceministro Luca Lotti per discutere delle nomine ai vertici del Csm “non erano clandestini”.
“Da Palamara dichiarazioni devastanti. Intervenga Mattarella”, afferma Francesco Giro di Forza Italia, come riportato da LaPresse. “Palamara ha ammesso che: 1) la magistratura è politicizzata fino al midollo; 2) Ermini voluto da Lotti (e quindi, nessuno ha l’anello al naso, dal Pd. Ma era ovvio. Solo la sinistra ha la faccia di nominare un suo deputato in carica, che peraltro si dimette dal Parlamento con un certo ritardo, vice Presidente del Csm); 3) nomine solo in base alle correnti, alcune vincenti sulle altre. I magistrati non iscritti o non assidui nella vita associativa e correntizia della magistratura erano tagliati fuori a ‘scartabellare le carte’. “, ha aggiunto il senatore azzurro. “Parole di Palamara. I magistrati esterni alla logica correntizia lavoravano duramente nei sottoscala. Gli altri vivevano nel successo mediatico giudiziario. Che orrore”.
Alla fine, in ogni caso, il lungo discorso di Palamara non è servito a convincere l’assemblea dell’Anm. Proprio in questi minuti è arrivata la notizia della decisione dell’Associazione nazionale magistrati di respingere il ricorso presentato dall’ex presidente contro la decisione di espellerlo. Viene dunque confermata la delibera dello scorso 20 giugno, l’Assemblea ha votato “Sì” all’espulsione di Palamara.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/confronto-politica-sempre-esistito-parole-choc-palamara-1891149.html
PANORAMA INTERNAZIONALE
Medio-oriente: accordi di pace e premi Nobel
| |“L’Accordo di Abramo” è stato firmato a Washington il 15 settembre. Donald Trump l’aveva annunciato qualche giorno prima, dopo una telefonata a tre proprio con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il Re del Bahrain Hamad bin Isa Al Khalifa. “Storico giorno per la pace in Medio Oriente” twitta Donald Trump per la firma alla Casa Bianca da parte dei leader di Israele e Bahrein degli accordi “che nessuno pensava fossero possibili” dopo quelli con gli Emirati di agosto. ” Altri cinque o sei Paesi arabi firmeranno presto accordi con Israele per la normalizzazione dei rapporti” ha aggiunto il presidente Usa. Su queste importanti iniziative per la Pace pubblichiamo l’intervento di N.W.Palmieri.
“Gli dettero perfino il Premio Nobel per la Pace. Povero Nobel. Povera pace”1
Il Deputato conservatore norvegese Christian Tybring-Gjedde2 annunciò a metà settembre 2020 che avrebbe sostenuto la candidatura di Trump per il Nobel per la pace 2021. Tybring-Gjedde non fa parte del Comitato che delibera sull’assegnazione. La propaganda repubblicana americana diramò il messaggio: “President Trump Nominated for the Nobel Peace Prize” (DonaldJTrump.com). In parole chiare, Trump è stato indicato come candidato (ve ne sono oltre 300). Il Parlamento di Oslo deciderà, in consultazione segreta. A dicembre 2021 si saprà. Questo a grandi linee il suo profilo come candidato. Il 31 agosto 2016, in campagna elettorale in Arizona, Trump promise: “Se sarò eletto, vieterò l’ingresso negli Stati Uniti a tutti i musulmani”. Con ordine esecutivo 13769 del 27 gennaio 2017 fece seguire il Muslim Ban. Il 7 aprile 2017, rispondendo a un attacco di gas in Siria (la cui responsabilità non è mai stata stabilita), Trump si improvvisò giudice e reggitore delle cose umane e fece lanciare 59 Tomahawk contro una base governativa siriana. “Uccidi prima, fai domande dopo” è un vecchio detto del West. Il 9 agosto 2017, Trump scrisse un messaggio breve: “Il mio primo ordine da Presidente è stato di rinnovare e modernizzare il nostro arsenale nucleare. È ora di gran lunga più forte e più potente di quanto non sia mai stato”.3 Dopo avere minacciato fuoco, furia e totale distruzione della Corea del Nord, Trump incontrò diverse volte il Presidente coreano e proclamò, dopo un incontro a Singapore, che l’arsenale atomico della Corea non poneva più pericolo. Infatti, la Corea del Nord continua a portare avanti i suoi programmi atomici. Il 5 settembre 2017, Trump annunciò la rescissione dei programmi a favore dei dreamer (DACA e DAPA).4 In aprile 2018, Trump lanciò la Direttiva “zero tolerance” in base alla quale chi entrava, o tentava di entrare, clandestinamente negli Stati Uniti, doveva essere imprigionato e, se accompagnato da figli, questi dovevano essere separati dai genitori, qualunque fosse la loro età. Molti di questi bambini andarono persi e non si sono più ritrovati. La First Lady e quattro ex-First Ladies insorsero, e Trump fece marcia indietro. L’8 maggio 2018, Trump promulgò il National Security Presidential Memorandum di unilaterale ripudio americano dell’accordo Joint Comprehensive Plan of Action con l’Iran e re-istituì le sanzioni. Il 9 ottobre 2019, Trump ordinò il ritiro di 2.000 soldati dalle basi al nord della Siria. La Turchia approfittò per conquistare una larga fetta di territorio siriano lungo il confine meridionale, e per scacciare i curdi che lo abitavano pacificamente. Trump minacciò distruzione dell’economia turca, ma inviò il suo vice il quale ratificò l’operato turco. Il 3 gennaio 2020, Trump, di sua iniziativa e senza procedimento giudiziale, fece sopprimere il Generale iraniano Qasem Soleimani.5
Non è la prima volta che un Premio Nobel per la Pace va sprecato. Nel 1973, Oslo conferì il Premio a Henry Kissinger e Lê Ðú’c Tho, negoziatori degli accordi di pace di Parigi per la fine della guerra del Vietnam. Kissinger lo accettò, Lê Ðú’c Tho lo rifiutò perché “non c’era ancora pace”. La guerra continuò fino al 10 aprile 1975 – Fall of Saigon Day – quando l’America, sconfitta da una piccola armata di uomini di incrollabile fede e tenace valore, abbandonò in disordine e senza speranza la terra che aveva con orgogliosa sicurezza attaccata e occupata. Nel 2009, il Premio venne conferito a Barack Obama per i suoi “sforzi straordinari nel rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli”. Obama aveva da meno di un anno assunto la presidenza degli Stati Uniti d’America e non aveva ancora ottenuto alcuno dei successi per i quali venne premiato. Se, cosa improbabile, il Premio venisse assegnato a Trump, la motivazione sarebbe verosimilmente: “Per il contributo alla creazione di un Nuovo Medio Oriente (la pace fra Israele e gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein)”.
Sarebbe motivazione misera. Un Nuovo Medio Oriente sarà realizzato solo se gli accordi di pace includeranno i Palestinesi. E questo presuppone restituzione di terra da parte di Israele.6
Nicola Walter Palmieri
1 Oriana Fallaci, riferendosi a Kissinger.
2 Tybring-Gjedde aveva sostenuto Kim Jong-un come candidato allo stesso premio.
3 Donald J. Trump, @real DonaldTrump, August 9, 2017.
4 Deferred Action for Childhood Arrivals e Deferred Action for American Parents of Americans and Lawful Permanent Residents.
5 Gli USA non sono in guerra con l’Iran.
6 V. Peter Münch, “Frieden gibt es nicht zum Nulltarif”, SDZ, 15 settembre 2020.
FONTE: http://www.civica.one/accordi-di-pace-in-medio-oriente-e-i-premi-nobel/
POLITICA
Neanche un ministro al funerale del prete sgozzato dal killer tunisino
“Al funerale di Don Roberto Malgesini nessun esponente del governo: Conte e la Lamorgese non hanno reso omaggio al prete ucciso da un immigrato tunisino, già raggiunto da decreti di espulsione. Gli stessi, invece, hanno presenziato alle esequie del povero Willy Monteiro”.
È quanto afferma la reporter Francesca Totolo sul suo profilo Twitter.
Gli utenti le danno ragione: “Questo è molto grave e la dice lunga su quanto sia grave la situazione politica in Italia in questo momento”. “Ce ne ricorderemo all’interno della cabina elettorale, presto a casa”. “L’avvocato di Macron aveva di meglio da fare”. “Penso che presentarsi sarebbe stato sconveniente dato che costui era un loro protetto”. “In fondo era solo un prete quasi decapitato, nulla di serio. Si devono vergognare”. “Non hanno presenziato neanche a quello di Filippo Limini. Idem per Pamela e Desirée”.
FONTE: https://stopcensura.org/neanche-un-ministro-al-funerale-del-prete-sgozzato-dal-killer-tunisino/
SCIENZE TECNOLOGIE
IL PROTOCOLLO DI GRONINGEN
(da ideazione.com)
– Il protocollo di Groningen: eutanasia o eugenetica?
Parte prima: introduzione al protocollo;
parte seconda, decisioni e procedure;
parte terza, le mie conclusioni (di Roberto Nicolai; il protocollo dell’orrore (di Enrico Palumbo):
Non è la democrazia il solo metro per misurare la civiltà di un popolo: anche in democrazia si incorre in mostruosità. Né l’essere stati vittime del nazismo è sufficiente a essere esenti dal praticare misure che ricordano il nazismo. La democraticissima Svezia ha, alle sue spalle (non più di trent’anni fa), la vergogna dell’eugenetica di Stato, con tanto di sterilizzazioni di massa di donne sospette d’essere portatrici di geni non perfetti: sono recenti i mea culpa e le cause di indennizzo. La Svezia non è (e non era all’epoca) un paese nazista, anzi è una delle nazioni considerate più civili d’Europa, tant’è che appena tagliano un albero lo rimpiazzano con un albero nuovo. Ma l’eugenetica di Stato è una pratica nazista. Non vogliamo chiamarla nazista? Poco importa, è soltanto un’etichetta (anche se storicamente motivata): la letteratura scientifica pre-nazista dell’ottocento è ricchissima di tentativi di giustificare ciò che oggi riteniamo un orrore. I Paesi Bassi sono un paese civilissimo e democratico, su questo non c’è dubbio alcuno. Sorge qualche perplessità sulle loro capacità di affrontare le sfide del XXI secolo, se pensiamo alla realtà sociale e culturale che si nasconde dietro ai delitti Fortuyn e Van Gogh (per fare due esempi recenti). Tuttavia anche l’Olanda può rendersi colpevole di aberrazioni, quantunque democratiche: una di queste è l’uccisione eugenica dei bambini malati, secondo quello che viene definito “Protocollo di Groningen”. Non si tratta, benché possa sembrarlo a prima vista, di un prodotto propagandistico dell’Okhrana, ma di un testo del dottor Eduard Verhagen pubblicato su una seria rivista scientifica, il «New England Journal of Medicine» (poi ci vorranno dire, gli amici radicali, perché il NEJM è serio se pubblica gli articoli di Verhagen, e non lo è più se dice che la pillola RU486 è pericolosa per la salute delle donne).
Cosa dice l’articolo? Che ogni anno in Olanda su 1000 bambini che non raggiungono il primo anno di età circa 600 muoiono in seguito a una decisione medica. La maggior parte di questi neonati uccisi rientra nelle prime due categorie: la prima è quella dei bambini senza possibilità di sopravvivere. La seconda viene presentata così dal giornale on-line dei radicali:Nel secondo [gruppo], i neonati che «sono sottoposti a terapia intensiva», «con gravi malformazioni cerebrali o con gravi ed estesi danni ad altri organi causati da ipossemia». Anche se «sopravvivono oltre il periodo di cure intensive essi hanno una prognosi estremamente negativa e una qualità di vita estremamente bassa». Il testo riportato non è completo, si salta in malafede un pezzo cruciale. Ecco il testo vero:
Questi pazienti possono sopravvivere dopo un periodo di terapia intensiva, ma l’aspettativa sulle loro condizioni future è molto cupa. Sono neonati con gravi malformazioni cerebrali o con gravi ed estesi danni ad altri organi causati da ipossemia. Quando questi neonati riescono a sopravvivere dopo il periodo di cure intensive, hanno una prognosi estremamente negativa e una bassa qualità di vita.
Come si può notare, il testo completo presenta qualche dettaglio più inquietante: uno su tutti il «possono sopravvivere». Il solo lumicino del dubbio e della possibilità di sopravvivenza dovrebbe chiudere ogni discussione. Il notiziario dei radicali ha cercato invece di chiuderla con le omissioni. Ciò che maggiormente inquieta, però, è che nella decisione della soppressione della vita umana sia valutato un elemento tutt’altro che scientifico, la «qualità di vita». Che cosa vuol dire? Come può un medico decidere quanto sia accettabile la «qualità di vita» di un paziente non in grado di comunicare? Sulla base di quali canoni? E qui casca il relativista, che improvvisamente vuole definire per legge (o per decisione medica) un dato così soggettivo e contestualizzabile qual è la «qualità di vita». Esistono milioni di persone la cui «qualità di vita» agli occhi di un europeo è scadente e penosa: chi mai potrebbe sopportare di soffrire la fame e la sete, le intemperie e le guerre, le malattie e le privazioni che patiscono – per esempio – i ruandesi? Eppure nessun tutsi è grato agli hutu per aver posto fine alle sofferenze dei suoi figli.
Il terzo gruppo indicato dal prof. Verhagen comprende, aprite bene le orecchie, «neonati con prognosi senza speranza che provano quella che genitori e medici pensano sia una sofferenza insopportabile». Capito? Un’opinione, una supposizione di medici e genitori. Non solo:
Benché sia difficile definirlo in astratto, questo gruppo comprende pazienti che non sono dipendenti da trattamenti medici intensivi ma per i quali è prevista una davvero bassa qualità della vita, insieme con una sostenuta sofferenza.
Agghiacciante è dir poco: lo stesso Verhagen afferma che non si può definire un confine preciso che comprende questo gruppo di neonati. Un’affermazione aberrante che ammette l’esistenza di una discrezionalità del medico e dei genitori che non si muovono su basi scientifiche ma su dati soggettivi! Non solo: la motivazione principale è, ancora una volta, la «qualità di vita», e una sofferenza – anche qui – solo vagamente definita. Secondo il notiziario dei radicali non sarebbe vera la denuncia di Giovanardi secondo cui si ucciderebbero bambini affetti da spina dorsale bifida. Ah no? Leggiamo il testo che i radicali ancora una volta omettono:
Per esempio, un bambino con la più seria forma di spina bifida avrà una qualità di vita estremamente bassa, anche dopo molte operazioni.
Si parla, dunque, di bambini che altrimenti vivrebbero. Ed ecco un altro passo raggelante:
Dopo che la decisione è stata presa e il bambino è morto, un’autorità legale esterna dovrebbe stabilire se la decisione era giustificata.
Perciò prima si uccide il bambino e poi si stabilisce se era giusto ucciderlo: certo, il medico potrà essere perseguito, ma quanto può una condanna riparare all’omicidio?
Il prof. Verhagen, citando un suo studio di 22 casi di neonati affetti da spina bifida e uccisi secondo i criteri sopra enunciati, presenta una tabella davvero inquietante. Dei 22 bambini, tutti e 22 sono stati soppressi per la «qualità di vita estremamente bassa» (i ruandesi vi rientreranno?) e per una «prevista mancanza di autosufficienza» (i paraplegici vi potranno prima o poi rientrare?) 18 casi presentavano una «prevista incapacità di comunicare» (gli autistici saranno le prossime vittime?), 17 una «supposta dipendenza dall’ospedale» (e chi è in dialisi?). Terrificante l’ultimo dato: 13 di loro avevano una «lunga aspettativa di vita». In quest’ultimo caso, per rendere meno rilevante il dato, il prof. Verhagen specifica che «il peso delle altre considerazioni è maggiore quando l’aspettativa di vita è lunga in un paziente che soffre». Insomma, se c’è un dato che ci rompe le uova nel paniere, gli diamo una rilevanza minore e così lo sistemiamo!
Definire nazista questa prospettiva non è esagerato. Anche il nazismo giustificava le proprie aberrazioni con l’obiettivo di una felicità ottriata promessa ai cittadini. E’ preoccupante che nel cuore d’Europa si sia aperto questo varco ai cultori della morte e mercificatori della vita. Se si apre un varco alla follia, il rischio che si vada ben oltre è imminente: quando i casi che i Protocolli hanno cercato di giustificare, peraltro su basi deboli e inquietanti, saranno diventati routine, ci sarà sempre qualcuno che vorrà alzare la posta ed eliminare – sempre per compassione, ovviamente – altre tipologie di malati. Una terribile spirale che, secondo Leonardo Sciascia, tocca «coloro che quando la pena di morte non c’è dicono che ci vorrebbe e quando c’è vorrebbero che toccasse non solo agli omicidi, ma anche ai rapinatori, ai borsaioli e ai ladri di polli: e particolarmente nel caso in cui i derubati son loro» [L. Sciascia, Porte aperte].
27 marzo 2006 – (da aduc.it, associazione per i diritti degli utenti e consumatori, vivere&morire) – Il Protocollo di Groningen – Eutanasia per i neonati gravemente malati (articolo di di Eduard Verhagen): Dei 200.000 bambini nati in Olanda ogni anno, circa 1.000 muoiono nel primo anno di vita. Per circa 600 di questi neonati, il decesso e’ preceduto da una decisione medica sul fine vita. Il dibattito sull’avvio o la continuazione del trattamento terapeutico nei neonati con gravi patologie costituisce uno degli aspetti piu’ difficili della pratica pediatrica. Nonostante l’avanzamento tecnologico abbia messo a disposizione strumenti per affrontare le conseguenze di anomalie congenite e nascite premature, le decisioni che riguardano quando cominciare e quando sospendere il trattamento in casi specifici rimangono molto difficili da prendere. Ancora piu’ difficili sono le decisioni che riguardano i neonati che soffrono di gravi disordini o deformita’ associate al dolore che non puo’ essere alleviato e per i quali non esiste alcuna speranza di miglioramento. …
27 marzo 2006 – (da bioetiche.blogspot.com) – Il Protocollo di Groningen e la bêtise – … Nell’articolo Verhagen spiega che «dei 200 mila bambini nati ogni anno in Olanda, circa mille muoiono nel primo anno di vita. Per 600 di loro, la morte è preceduta da una decisione medica sulla fine della vita». Tradotto: il 60 per cento della mortalità infantile in Olanda ha un’origine intenzionale. Ritradotto: è in corso un olocausto medico sul quale l’Unione europea fa finta di niente.
(da aduc.it):
23 maggio 2006, Carta di Firenze
3 aprile 2006, Stato vegetativo e stato di minima coscienza
1 Aprile 2006, Articolo da Il Foglio (9.3.06): “L’Olanda ora vuole anche il primato dell’eutanasia infantile“
14 Marzo 2006, Legge dello Stato dell’Oregon sulla “Morte con dignita’”
1 Marzo 2006, Eutanasia e confessioni religiose
19 Febbraio 2006, Cassazione penale sull’eutanasia
19 Febbraio 2006, BIBLIOGRAFIA giuridica sull’istigazione e aiuto al suicidio
19 Febbraio 2006, Articolo 580 del Codice penale. Istigazione o aiuto al suicidio
Groningen, 2 settembre 2004 – ( da claudiabottigelli.it, Associazione Claudia Bottigelli, Difesa dei diritti umani e aiuto alle famiglie con figli disabili gravissimi)
– Olanda, il medico della clinica dell´eutanasia: “Già applicata in alcuni casi” – “Così aiutiamo i bimbi a morire”: Questo è l´unico posto al mondo in cui si possono «uccidere» i bambini malati per non farli soffrire più. … L´autorizzazione a praticare l´eutanasia sui bambini è stata accordata dalla magistratura locale per ora solo al reparto pediatrico della clinica universitaria di Groningen, attraverso la firma di un protocollo «molto severo» tra medici e giudici, che detta precise regole di comportamento. Dopo che il dottor Verhagen lo ha raccontato, lunedì scorso, a un programma della tivù olandese, sono scoppiate in tutto il mondo le polemiche e le dispute tra favorevoli e contrari … Ma anche nell´Olanda permissiva non tutti i pediatri sono d´accordo. «Anche qui, in ospedale – dice Verhagen – ci sono dei colleghi che pensano che la decisione della morte non appartiene a noi ma solo a Dio …»
(da claudiabottigelli.it) Olanda, sì all´eutanasia sui bambini
30 marzo 2006 – (da avvenire.it) “Neonati a rischio, siamo al bivio decisivo
FONTE: http://www.osservatoriomantovano.it/non_uccidere/protocollo_groningen.htm
Attenti a questo puntino arancione: qualcuno sta ascoltando la telefonata
Il puntino arancione in alto a destra dello schermo segnala se videocamera o microfono vengono utilizzati da un’applicazione
Nel sistema operativo viene infatti introdotta, accanto ad un numero consistente di novità, anche una elementare modalità che consente di poter tenere costantemente sotto controllo l’attivazione di microfono e fotocamera, qualora non siano stati volontariamente attivati dal proprietario dell’apparecchio elettronico.
Nella parte in alto a destra dello schermo del cellulare compare infatti ora, proprio al di sopra del segnale di ricezione, un puntino che può rivelare se i sistemi di registrazione sono o meno attivi. Quando il segnale assume una colorazione arancione, ciò significa che una applicazione del telefono sta utilizzando o la videocamera o il microfono dell’apparecchio elettronico, quando è verde che un’app ha la possibilità di filmare o registrare, ma che in quel momento non è in funzione.
Se una app qualsiasi sta quindi cercando di usare di nascosto uno dei due sistemi di registrazione, sarà possibile rendersene conto semplicemente dando uno sguardo al monitor del cellulare. Una soluzione adottata da Apple anche a causa delle denunce effettuate da alcuni utenti e rivolte in particolar modo contro Facebook. Qualcuno ha infatti spiegato di aver ricevuto delle pubblicità attinenti ad un argomento trattato a voce poco dopo averne parlato, senza che vi fosse alcun’altra possibilità per il social network di arrivare a quell’informazione. Il sospetto è quindi che attraverso il controllo non autorizzato del microfono queste informazioni possano esser state recepite e quindi riutilizzate a scopi commerciali. Un sospetto di spionaggio rispedito indietro al mittente proprio da Facebook che nega ogni responsabilità a riguardo, ma che ha fatto nascere tra gli utenti più di qualche preoccupazione.
Ecco, probabilmente, il perchè dell’introduzione di un sistema di protezione della privacy da parte di Apple con il nuovo aggiornamento del sistema operativo di iPhone, come spiegato dalla casa di Cupertino. “La privacy è un diritto umano fondamentale ed è al centro di tutto ciò che facciamo”, ha spiegato proprio la Apple, come riportato dal “The Sun”. “Ecco perché con iOS14 ti offriamo un maggiore controllo sui dati che condividi e una maggiore trasparenza sul modo in cui vengono utilizzati. Un indicatore appare nella parte superiore dello schermo ogni volta che un’app utilizza il microfono o la fotocamera. E nel Centro di controllo, puoi vedere se un’app li ha utilizzati di recente”, chiarisce l’azienda.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/tecnologia/sei-intercettato-rivela-nuovo-aggiornamento-iphone-1890968.html
Instagram spia gli utenti attraverso la fotocamera. L’accusa contro Facebook
Facebook spierebbe gli utenti di Instagram attraverso le fotocamere degli iPhone senza alcun permesso: l’accusa presentata al tribunale di San Francisco.
Un’altra accusa mossa contro il social network Facebook: la citazione in giudizio riguarda una presunta attività di spionaggio sugli utenti di Instagram, questa volta attraverso l’uso non autorizzato delle fotocamere dei telefoni cellulari.
La causa intentata fa riferimento a quanto riportato dai media lo scorso luglio, secondo i quali l’app famosa per le sue Stories e la condivisione di foto accederebbe alle fotocamere degli iPhone anche quando queste non vengono utilizzate.
Utenti Instagram spiati da Facebook con la fotocamera
Al tempo Facebook aveva respinto tale accusa, giustificando quanto accaduto con la presenza di bug, che si era detto pronto a correggere. Le notifiche inviate, che avvisavano che Instagram stava accedendo alla fotocamera degli iPhone, erano fittizie, secondo la società di Mark Zuckerberg.
Nella serata di giovedì è stata presentata ufficialmente una citazione al tribunale federale di San Francisco da parte dell’utente Instagram del Brittany Conditi, che sostiene che l’uso della fotocamera da parte dell’app è intenzionale e che ciò viene fatto allo scopo di raccogliere «dati redditizi e preziosi sui propri utenti a cui altrimenti non avrebbe accesso».
Facebook raccoglie dati privati e intimi degli utenti?
Secondo il reclamo presentato, «raccogliendo dati personali estremamente privati e intimi sui propri utenti, anche nella privacy delle proprie case», Instagram e Facebook sono in grado di raccogliere «informazioni preziose e ricerche di mercato».
Facebook, come riportato da Bloomberg, al momento si è rifiutato di commentare la questione.
Attraverso una causa intentata il mese scorso, Facebook è stato accusato di utilizzare la tecnologia del riconoscimento facciale per raccogliere illegalmente i dati biometrici di oltre 100 milioni di utenti Instagram. La società ha negato tale accusa, affermando che Instagram non utilizza tale tecnologia.
Fonte: Bloomberg
FONTE: https://www.money.it/Instagram-spia-utenti-fotocamera-accusa-Facebook
STORIA
Cosa (non) è cambiato a 150 anni da Porta Pia.
La presa di Porta Pia, centocinquanta anni fa, segnò la fine del processo di unificazione nazionale che, iniziatosi e sviluppatosi nei primi decenni del secolo decimonono non solamente con le guerre di indipendenza, ma anche e sopratutto con i moti liberali e democratici, che erano esplosi nei singoli stati italiani, si concludeva clamorosamente con la caduta del potere temporale dei Papi.
Con Roma capitale, d’altro canto, finì l’assalto alle volte sotterraneo ed occulto, altre volte palese e diretto, delle forze giacobine ed atee contro le ultime roccaforti dei principi tradizionali di gerarchia, ordine, autorità, onore e fedeltà; e simultaneamente iniziò prima il dilagare e l’affermarsi incontrastato delle dottrine del terzo stato, il costituzionalismo, il liberalismo e la democrazia, poi l’attacco frontale di quelle del quarto stato, il socialismo ed il comunismo, ed oggi del laicismo libertario e del relativismo religioso.
È inutile ripetere, ancora una volta, in questa sede, che non si pensa neppure lontanamente di mettere in discussione l’unità d’Italia in quanto tale (fatto, invero, necessario, indispensabile ed improrogabile), quanto piuttosto le basi culturali ed ideali sulle quali tale unità fu realizzata. Un’unità, che è bene ripeterlo, era voluta da tutti, anche dai sovrani borbonici, anche dai controrivoluzionari come Salaro della Margherita, anche dai pensatori tradizionalisti come Joseph Maistre.
I sostanza, quello che si temeva, da parte dei sostenitori “del trono e dell’altare”, era che l’unità si facesse non per l’unità fine a se stessa, ma per affermare quei principi egualitaristici e sovversivi propri della rivoluzione francese.
La verità è che da quel momento – 150 anni fa – per la prima volta nel corso degli ultimi secoli si apriva una crisi tra lo Stato italiano e la Chiesa che non solo avrebbe sottratto allo Stato una massa di energie cattoliche, ma avrebbe creato una questione che si sarebbe riproposta ad ogni governo italiano come un’insormontabile “impasse” che sarebbe stata superata soltanto dopo circa 60 anni, nel 1929, con i patti Lateranensi, che chiusero la questione romana definitivamente e dignitosamente tra lo Stato e la Chiesa.
La Chiesa vede soddisfatte le sue ragioni di principio e si accorge che lo Stato ha superato quasi del tutto le sue pregiudiziali anticlericali e filomassoniche, ponendosi sullo stesso piano della Chiesa per quanto riguarda il rifiuto delle tradizioni giacobine.
Lo Stato italiano, pur non rifiutando del tutto la tradizione liberale (e questo secondo noi fu una delle insufficienze del regime), che aveva portato all’unità ed alla presa di Roma, respinge i miti della rivoluzione francese, ritenendo che l’Italia potesse avere un “ubi consistam” a cui riferirsi, delle tradizioni a cui ancorarsi, delle vestigia di un passato seppur lontano, che solo a Roma si potevano ritrovare; e suggerendo l’idea che perché Roma assolvesse con dignità ai suoi compiti di grandezza religiosa ed anche politica era necessario che avesse come interland non un piccolo Stato, ma una grande nazione, con un grande popolo ed un grande stato cosi come i tempi richiedevano.
Ambedue le istituzioni ormai si reggevano più o meno su analoghi principi culturali ed ideologici, salvo poche eccezioni; i principi egualitaristici e democratici che nel risorgimento li aveva contrapposto, furono soppiantati dai principi di autorità e gerarchia.
Con la conclusione dell’ultima guerra mondiale, invece, riemerse da parte dello Stato italiano, che aveva costituzionalizzato gli accordi del Laterano, l’interpretazione democratica del risorgimento e della Presa di Roma; e si parlò di secondo risorgimento a proposito della resistenza (non con tutti i torti) e si dette la prevalenza non più al momento politico unificatorio della presa di Roma, ma al momento ideologico egalitarista ed antitradizionale.
La stessa Chiesa inizio a rivedere le sue posizioni, a fare l’autocritica, ad adeguarsi al mondo che la circondava, mettendo in ombra i principi per i quali si era battuta nei secoli precedenti.
In effetti si è verificato nel corso dell’ultimo mezzo secolo del Novecento ed in questi primi venti anni del terzo millennio, dal punto di vista delle idee, una vera e propria frana in senso sovversivo.
Ecco perché la celebrazione di questi 150 anni della presa di Porta Pia vede uniti ed in accordo i rappresentanti dell’una e dell’altra parte; trascurando quello che in realtà l’Italia e Roma avrebbero potuto e dovuto rappresentare per gli italiani e per i cattolici.
Tutto questo perché ci troviamo di fronte ad uno stato che trova la sua legittimità non dall’alto e che intende essere solamente un’amministrazione di beni e servizi e quindi di interessi materialistici, giammai rappresentare un’idea superiore e trascendente.
Tutto questo perché ci troviamo di fronte ad una parte della Chiesa, che intende essere sempre meno cattolica e romana e sempre più democratica e popolare; tanto da diventare, in questo sì, sempre più “conciliante” e “sensibile alle esigenze del mondo e della società”.
Per tutte queste ragioni abbiamo sempre giudicato il processo unificatorio italiano, che prima o poi doveva pur avvenire, come una fase dell’immane, secolare scontro di due concezioni del mondo: quella tradizionale e quella sovversiva.
Sarebbe bene, perciò, prima di tuffarsi in indiscriminate celebrazioni che si operasse una distinzione e si giudicassero quegli avvenimenti per quel che in realtà sono stati e per quello che hanno rappresentato o rappresentano per la storia della nostra nazione e sopratutto per la storia della battaglia delle idee che da secoli si sta combattendo tra le forze del caos (disordine) e quelle del cosmos (ordine).
Si consideri, quindi, senz’altro positiva l’unità d’Italia e con essa la presa di Roma nella misura in cui questi avvenimenti vollero significare e significano per noi il tentativo di unificare più genti aventi la stessa lingua, la stessa religione, le stesse tradizioni in un unico stato e quindi: in un’unità di forze e di destini che abbiano un disegno storico da realizzare, un idea, come si diceva una volta, imperiale da affermare.
Si consideri, però, senz’altro negativa tutta la vicenda, se si esamina dal punto di vista “delle idee che muovono il mondo”; ed in questo caso non possiamo esimerci dal constatare che coloro che vollero l’unità non erano altro che agenti, spesso inconsapevoli, del movimento antitradizionale, operante sul piano internazionale.
L’unitarietà e la sintonia che stanno emergendo anche dalle celebrazioni dei 150 anni di Porta Pia non significano dunque che si sia ripristinato l’antico rapporto tra Stato e Chiesa e tanto meno che lo Stato abbia rinunciato alle sue prerogative giacobineggianti, sposando i principi della Chiesa di sempre.
In questa occasione sarebbe stato bello, ad esempio, organizzare almeno una messa per ricordare tutti indistintamente i protagonisti di quel periodo storico; i bersaglieri caduti per prendere Roma ed i soldati pontifici caduti per difenderla; i martiri caduti per l’unità d’Italia in buona fede ed i legittimisti caduti in nome del loro re e della loro religione; l’intellettuale liberale che si immolò volontario nelle guerre di indipendenza e per il contadino borbonico e i giovani alfieri che, seguendo il loro re a Gaeta, morirono senza alcun riconoscimento.
Solo in questo modo si eviterebbero le speculazioni di parte e si sarebbe potuto inserire tutta la vicenda dell’unità d’Italia nel solco di una tradizione che affonda le sue radici nella storia d’Europa e che ha i suoi fondamenti nei principi di onore e fedeltà. Una tradizione che da questi avvenimenti sarebbe stata rinvigorita ed attualizzata, perché fecondata dal sangue di tutti gli eroi ed i martiri caduti sulle sue barricate.
Vincitori e vinti insieme.
FONTE: https://formiche.net/2020/09/150-porta-pia/
PICTI
PICTI. – Popolazione che abitava l’antica Caledonia, l’attuale Scozia. Il nome non appare che verso la fine del sec. III d. C. in Eumenio (Panegynci lat., VI, 12: non dico Calidonum aliorumque Pictorum silvas et paludes e VIII, 11, dove sono dati come già esistenti ai tempi di Cesare, mentre alcuni moderni pensano che il nome designi in sostanza i Caledoni dell’epoca classica). Ammiano Marc. nel 368 (XXVII, 8, 5) ricorda i Picti in duas gentes divisi, Dicalydonas et Verturiones. Dalla fine del sec. III in poi le loro incursioni nella provincia romana della Britannia sono continue. L’imperatore Costanzo I combatté nel 306 contro i Picti; Costante dovette accorrere nell’inverno del 342-43 in Britannia per respingere i Picti e gli Scoti, questi venuti d’Irlanda. Alla fine del 359 Giuliano aveva dovuto inviare da Lutezia le sue migliori truppe per respingere gli stessi barbari. Più grave ancora fu l’attacco che essi intrapresero contro la provincia romana nel 368, d’accordo con Sassoni e Franchi; la resistenza romana fu infranta e l’imperatore Valentiniano I fu costretto ad inviare uno dei suoi migliori generali, Teodosio, per riconquistare la Britannia. Caduta la dominazione romana sulla Britannia, i Picti, che intorno al 600 avevano costituito due regni, furono coinvolti nelle lotte degli stati sorti nella Britannia settentrionale e nella Scozia, finché si fusero con gli Scoti: v. inghilterra, XIX, carte a p. 234 e scozia, XXXI, p. 223.
FONTE: https://www.treccani.it/enciclopedia/picti_%28Enciclopedia-Italiana%29/
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