RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 2 NOVEMBRE 2020

https://www.maurizioblondet.it/la-tv-manipola-e-molto-piu-di-quanto-crediamo/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

2 NOVEMBRE 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Diversamente da quello che pensa la gente

mi piace pensare di non dire niente

che a volte il silenzio si fa pietra dura

si scaglia sui volti di chi ne ha paura

 

Carillon – C#

FONTE: https://www.instagram.com/p/CHBY95RIukg/

 

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 Precisazioni

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

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SOMMARIO

Nutzlose Münder
Le strutture ricevono 2000euro al giorno per ogni malato Covid ricoverato in terapia…..
Se un giorno ci chiedessero di camminare a quattro zampe
Il livello di segretezza era rinforzato. La rivelazione sul “Piano segreto” anti Covid
Proietti – Er Cavaliere Bianco e er Cavaliere Nero
Ospedali, business Covid: 2.000 euro al giorno a paziente
Trenitalia e Italo non accettano prenotazioni dopo il 12 dicembre: il lockdown del governo è già pianificato?
GIOVANNI TOTI, “IL PICCOLO CINICO”
La Turchia prende il controllo della Guardia costiera libica
Polonia, immagini da guerra civile
Huawei, spionaggio industriale-5G, guerra Usa Cina l’Italia con chi sta?
A’ livella
Come funzionano (davvero) i complotti
La TV manipola. E molto più di quanto crediamo.
Il caso Maiorana Pelizza. Ne ho parlato: basta così?
Pazienti in terapia ricattati dopo il furto dei loro dati sanitari
Allungano le mani…
CONTE HA FIRMATO: INIZIA LA SVENDITA DELL’ITALIA
Il grande bluff del Recovery Fund.
I DPCM SONO DISAPPLICABILI
IL RAPPORTO CINA-HONG KONG E SVILUPPI FUTURI
Con Biden il ritorno di Obama?
Mattei: «Le manifestazioni di piazza sono giuste, il popolo protesta quando è vessato»
INATTUALE E SEMPRE ATTUALE: PIER PAOLO PASOLINI E LA CRITICA ALLA MODERNITÀ
Fraternità, fratellanza fra religioni, disuguaglianza, proprietà privata
Leftist Artist Releases Sick New Song: ‘Thank God For Abortion’
Quando Mussolini piaceva anche all’estero

 

 

EDITORIALE

Nutzlose Münder

Manlio Lo Presti – 2 novembre 2020

L’espressione germanica vuol dire “bocche inutili”.

https://giorgiobaruzzi.altervista.org/blog/il-conte-ugolino/

Così furono definiti gli anziani, i malati, i feriti – anche feriti dei loro eserciti!!! – gli oppositori, i nemici in genere. Oggi aggiungerei  SPAZZATURA un’altra espressione per tutta questa gente da sterminare perché considerata un costo da eliminare in qualsiasi, ripeto QUALSIASI modo e in fretta!

Per dovere di informazione – e per i finti tonti che continuano a girare la testa da un’altra parte – vanno ripetute alcune premesse sulle quali si sorregge l’impalcatura dell’economia planetaria liquida:

  1. Tecnologie informatiche, sempre più contrabbandate per intelligenza artificiale (suona meglio, meno conflittuale e meno luddista);
  2. Immissione di immense quantità di danaro emerso dal nulla da parte delle banche, come da dottrina della Scuola di Chicago guidata da Milton Friedman. Un oceano di soldi utilizzati per creare derivati all’infinito e per il pompaggio dei consumi. Le banche con accresciuti depositi hanno aumentato di un terzo il volume di affari dell’economia reale bloccandone la crescita a tasso zero, COME DICHIARATO POCHI GIORNI FA DALLA SUPERPRETORIANA CHRISTINE LAGARDE;
  1. Eliminazione di confini nazionali;
  2. Eliminazione dei poteri decisionali delle classi politiche elette, ridotte alla funzione (ben remunerata) di maggiordomi di poteri delocalizzati finanziari;
  3. Eliminazione di strutture di controllo sui flussi che devono girare illimitatamente e liberamente per tutto il pianeta 24/24 ore;
  4. Eliminazione delle economie sociale, con smantellamento di tutte le tutele a favore dei cittadini;
  5. Eliminazione della gerarchia dei saperi. La scuola cambierà volto per fabbricare milioni di TECHGLEBA MECCATRONICA (ricordiamoci della buona scuola di Renzi);
  6. Eliminazione delle strutture sanitarie per incrementare esponenzialmente la mortalità di anziani, bambini, sfollati, malati lungodegenti, malati di mente, ecc. ecc. ecc.;
  7. Eliminazione del contante convogliato in un mare di carte di credito con le quali sarà impossibile fare la corsa al prelievo in caso di chiusura delle banche, né sarà possibile far crescere il proprio risparmio che diventa di fatto indisponibile e sequestrato;
  8. Eliminazione dei tentativi di riciclaggio che da tempo è possibile con i trasferimenti in moneta elettronica bitcoin fuori controllo delle banche centrali e delle Autorità di controllo

TUTTO CIO’ PREMESSO

Dobbiamo sperare che a breve si creino dei conflitti ai vertici dove diverse azioni lotteranno fra loro per avere la fetta più grossa del bottino. Come in altri casi della storia, nella durata di questi interregni conflittuali, sarà possibile ripristinare un equilibrio fra Stati e cittadini ed il rilancio di economie partecipative, in buona parte a favore delle popolazioni.

Senza queste prospettive, avremo una crisi permanente usata come strumento di ricatto e di sottomissione ed una miriade id micro-conflitti contro gli Stati e parti delle società umane che ancora hanno la sfacciataggine di opporsi al piallamento iperfinanziario tecnotronico.

P.Q.M.

Sarà probabile la pressante domanda di democrazia della popolazione mondiale non sarà relizzabile in modo pacifico. Aspettiamoci attentati, genocidi, avvelenamento dei pozzi, terrore mediatico, milioni di espulsioni dai posti di lavoro, uccisioni notturne di malati nelle corsie degli ospedali, rastrellamenti elettronici da braccialetti o app immuni, delazioni, sospetto universale, tutti contro tutti, diffusione rapidissima della barbarie degli assassinii di massa, dell’antropofagia per fame,

LE QUESTIONI SGRADEVOLI VANNO NARRATE CON IL LORO VERO NOME

BASTA FINZIONI!!!

Ne riparleremo presto, MOLTO PRESTO!!!

 

 

 

IN EVIDENZA

Le strutture ricevono 2000euro al giorno per ogni malato Covid ricoverato in terapia…..

VIDEO QUI: https://www.facebook.com/roberto.lorenzetti.siseco/videos/10221298474202744/

 

FONTE: https://www.facebook.com/roberto.lorenzetti.siseco/videos/10221298474202744/

 

 

 

Se un giorno ci chiedessero di camminare a quattro zampe

Si sveglieranno anche i dormienti senza speranza, quelli in preda all’eterno riposo del letargo profondo, il giorno in cui qualcuno dovesse ordinare loro di camminare a quattro zampe, proprio come le pecore, magari perché il mitico virus galleggia a mezz’aria e quindi insidia solo chi passeggia eretto? Che faccia avrebbe fatto, l’Uomo di Vitruvio, se gli avessero raccontato che un giorno lontanissimo, nel 2020, sarebbero esistiti italiani in grado di circolare da soli, in aperta campagna, con il volto coperto e i polmoni in carpione, marinati a fuoco lento con pochissimo ossigeno e un’overdose di anidride carbonica? E se davvero esistesse, il mefistofelico Dottor Stranamore, cosa mai dovrebbe pensare di una popolazione siffatta, così docilmente ingenua? Si potrebbero concepire prede più facili? In altre parole: non c’è neppure gusto, se ad abboccare all’amo è il pesciolino rosso nella boccia. Siamo a questo? O meglio: com’è potuto accadere? Come ci siamo arrivati? Com’è che le notizie sono letteralmente sparite, lasciando il posto alle leggende? La risposta è banale: lentamente, a poco a poco. “Pedetemptim”, dicevano i latini. Versione recente, da cartoon: la storia della rana bollita. Un grado centigrado alla volta, niente traumi: si suda un po’, ma è per il nostro bene. E poi, andiamo, mica sarà per sempre. Questo pensa, il cervello, prima di essere lessato nel modo più impercettibile?

E’ persino nauseante ricapitolare le tappe della lunga, lunghissima trafila messa in atto per la Grande Dismissione dell’intelligenza collettiva. Punto di partenza, l’aggettivo: la rimozione della dimensione comunitaria dell’esistere. Come se il Pecore mascherinasingolo (produttore, consumatore) potesse fare a meno del sistema che gli consente di vivere, come soggetto che lavora, guadagna, crea profitto, spende soldi e quindi genera benessere diffuso. Le regole, appunto: il sistema. Su cosa si basa? Sulla velocità formidabile del mezzo di scambio più efficace, il denaro: un valore solo simbolico (le banconote non si mangiano) però perfettamente funzionale, addirittura rivoluzionario nel decretare la fine dell’era paleozoica del baratto. Di fronte al disastro epocale della finanza speculativa, l’estremismo millenaristico tende a cestinare radicalmente qualsiasi transazione mediata con il supporto della valuta, gettando via il bambino con l’acqua sporca. Ma dove saremmo, oggi, senza l’accelerazione prodigiosa innescata dalle prime banche medievali, dalle prime assicurazioni che garantivano la continuità degli scambi commerciali in mezzo a mari infestati di minacce? Per contro, oggi, gli illusionisti del debito pubblico sono riusciti a imporre la più spericolata delle magie: la presunta carenza di denaro, in un mondo dove ormai il denaro si crea necessariamente dal nulla.

Se riesci a far credere che lo Stato abbia davvero speso troppo, ovviamente per colpa dei politici corrotti e dei cittadini incorreggibili, niente ti potrà più fermare: arriverai addirittura a paralizzare il pianeta con la più colossale pandemia di asintomatici della storia della medicina, al netto delle vittime (reali, purtroppo, ma non lontane – nei numeri – rispetto a quelle di un’influenza stagionale). A valle del blackout mentale, tutto capitola: e il corto circuito frigge tutte le zanzare che vuole, a cui racconta qualsiasi cosa, dopo aver accuratamente militarizzato le fonti ufficiali. I numeri sono sballati? L’allarme è gonfiato? Le misure sono intempestive, inadatte e spesso assurde? Non è vero: quella è roba da dementi complottisti. Esistono terapie efficaci, misteriosamente trascurate? Bastava trasferirle ai medici di base, tramite il ministero e le Asl, per affidare ai sanitari la soluzione per gestire al meglio, cioè da casa e in sicurezza, l’eventuale “seconda ondata” materializzatasi a orologeria, di cui si è andati affannosamente in cerca eseguendo improvvisamente milioni di test. Ed è possibile tollerare ancora tutto questo, scambiandolo per qualcosa che non sia una presa in giro? Là fuori, intanto, l’economia sta andando in pezzi. E il governo – Il capo della polizia, Franco Gabrielliimmobile, di fronte alla catastrofe che ha procurato – si sente dire dal capo della polizia che gli agenti non faranno irruzione nelle case, interrompendo cene tra amici a parenti, perché in quel modo violerebbero l’articolo 14 della Costituzione.

La verità è che l’impensabile sta avvenendo, giorno per giorno, sotto i nostri occhi. Si può tutto, ormai: la diga è crollata. In America, poi, siamo alle bande armate: violenti squadristi all’assalto, sotto le bandiere gloriose dell’antifascismo e quelle, altrettanto nobili, della lotta contro la segregazione razziale. E c’è chi ancora perde tempo con etichette ormai stucchevoli – l’America, la Cina – come se le nazioni fossero ancora tali, e non eterodirette da decenni tramite il poderoso lavorio di conventicole apolidi, senza più passaporti né frontiere, capaci di progettare disegni arditamente trasversali e inconfessabili. Infiniti gli indizi convergenti, nel delirio planetario che sovrintende alla gestione dell’arma letale, la paura: il terrorismo internazionale assistito da troppi 007 distratti, il panico climatico supportato dai grandi inquinatori ora ansiosi di tuffarsi nel paradiso finanziario “green”. E siamo al passaggio finale, tanto atteso: il disvelamento apocalittico. Fantascienza? Magari: parla da sola l’esultanza di Mister Tesla per gli esperimenti sui maiali, fortunati pionieri dell’inoculo di particelle “quantiche”, interattive. I cosiddetti cospirazionisti demonizzano Bill Gates, l’uomo-vaccino, ma è la televisione a presentare le mirabilie universali del microchip, di pari passo con la crociata definitiva contro la vera, grande minaccia per l’umanità: il denaro contante. Ebbene sì: l’homo sapiens rischia l’estinzione per colpa del tabaccaio all’angolo, del bar che ha omesso lo scontrino.

Se tutte queste erano solo ciance per appassionati, fino allo scorso anno – solo ipotesi su cui argomentare (teorie, sospetti, opinioni discutibili) – ora l’arbitro ha fischiato, e la ricreazione è finita. Parola d’ordine: obbedire. Quand’è successo? Appena Trump ha detto stop a Xi Jinping. Il giorno dopo, il mondo ha scoperto l’esistenza di un posto chiamato Wuhan. Scorciatoie imperdonabili, di nuovo: additare “l’America” o “la Cina”. Perché è successo? Il Dottor Stranamore – sempre che esista – ha temuto che masse considerevoli potessero finire di svegliarsi, mandando a stendere un bel po’ di bellimbusti? I segnali non mancavano: le rivolte elettorali contro la politica-spazzatura, l’insofferenza per i vaccini obbligatori, le proteste per il wireless 5G. C’era anche l’immenso problema della finanza planetaria, finita in una bolla di fantastiliardi immaginari: serviva uno choc platealmente indiscutibile, capace di “resettare” i numeri del pianeta, proprio come avviene dopo una guerra mondiale? Porsi domande è la virtù di Socrate, dell’Uomo di Vitruvio. Domande elementari: cosa sta succedendo, e perché proprio adesso, e in Trump e Xi Jinpingquesto modo. Chi evita l’ostacolo, rimanda solo il problema. Va a scuola con la mascherina, lavora da casa, si mette in fila senza protestare. Dà retta ancora alla televisione, e scopre che gli zombie del millennio scorso – D’Alema e Prodi, Bersani, Gentiloni – escogitano soluzioni geniali, rivoluzionarie: una patrimoniale sulla prima casa, per far fronte al collasso dell’economia.

Daccapo: ma il denaro non è quel bene volatile che viene emesso all’occorrenza illimitatamente, e a costo zero? Da dove si immagina che escano, i miliardi con cui la Bce ha tenuto in piedi l’Italia in questi mesi? Se si pensa alla sottrazione, anziché all’emissione, non sarà perché l’intento non è esattamente quello di chi vuole salvare qualcuno? E poi: c’è qualcosa di non minaccioso, negli eventi che hanno devastato il 2020? Esiste qualche atto condiviso, non imposto, non inflitto punitivamente ai cittadini? Qualcuno ha registrato posizioni serie, correttamente argomentate, documentate da evidenze inattaccabili? Qualcuno ha assistito in televisione a un confronto aperto, dialettico e scientifico, fra tesi contrapposte? C’è chi può dire di aver ascoltato parole forti e chiare, almeno dall’opposizione? Qualcuno può pensare davvero che tutto questo sia normale? Che sia inevitabile, per il nostro bene, e destinato comunque a passare in fretta, senza strascichi?

C’è chi parla persino di eterogenesi dei fini: non tutti i mali vengono per nuocere. Se la rana è quasi bollita, ma ancora viva, solo una gran fiammata potrebbe farla saltar fuori dalla pentola. Di questo un giorno bisognerà ringraziare l’oscuro Conte? Bisognerà essere grati allo sconcertante Speranza, il ministro che non si è degnato di rispondere ai medici che, già ad aprile, lo avvertivano delle proprietà sbalorditive del banalissimo cortisone, per guarire dal Covid? Di fronte a questo, e allo spettacolo quotidiano della rassegnazione imposta per decreto con disposizioni cervellotiche, senza timore di sconfinare nel ridicolo, viene da domandarsi dove porti, davvero, tutto questo male. E’ la fiammata dolorosa che ustionerà i dormienti e donerà la vista ai non vedenti? E a quale prezzo? E quando, esattamente? Forse il giorno in cui davvero, per assurdo, dovesse esserci richiesto di marciare a quattro zampe? Se questa fosse davvero la meta recondita, l’uscita di sicurezza per i superstiti Elon Muskdell’apocalisse, è difficile misurare la distanza che rimane, per raggiungerla. Si temono accelerazioni spaventose, a cominciare dall’esito delle presidenziali americane. Cadranno cocci ovunque? Verranno giù balconi, e poi palazzi?

Niente sarà più come prima, ripetono i registi dell’emergenza infinita: loro sperano semplicemente di tracciare il gregge, per l’eternità, plasmandolo a loro piacimento. Cosa tecnicamente possibile, oggi, e in tempi brevissimi: grazie alla globalizzazione sistemica (incluse, appunto, le eventuali epidemie globali). A dire che cambierà tutto, però, sono anche i loro oppositori: certificano la fine di un sistema che, già prima, era marcio dalla testa ai piedi. Chi vincerà? Dipende anche dalle pecorelle, da noi ranocchie nella pentola: per quanto ancora resteremo lì a bollire? Uno dei nostri difetti – uno dei tanti – consiste probabilmente nella faziosità istintiva, nell’animosità che avvelena le dispute, diffondendo rancore. Davanti allo spettacolo cui ci tocca assistere oggi, non manca chi si ostina a scovare – pateticamente – differenziazioni politiche, vizi e virtù in base all’appartenenza di clan, alla scuderia elettorale, come se esistessero ancora vere differenze tra Fontana e Zingaretti, tra Di Maio e Renzi. Sul fronte opposto, chi è esasperato dagli abusi (governativi, ma anche regionali) tende a insultare i dormienti, definendoli complici e codardi. La zizzania – poveri scemi sottomessi contro mentecatti irresponsabilmente “negazionisti” – non fa che cementare le divisioni, ritardando l’ipotetico risveglio, ovvero l’intuizione: siamo tutti sulla stessa barca. Ci vuole tempo, certo. Quanto ce ne sarà concesso, ancora?

(Giorgio Cattaneo, “Se un giorno ci chiedessero di camminare a quattro zampe”, dal blog del Movimento Roosevelt del 20 ottobre 2020).

FONTE: https://www.libreidee.org/2020/10/se-un-giorno-ci-chiedessero-di-camminare-a-quattro-zampe/

 

 

 

Il livello di segretezza era rinforzato. La rivelazione sul “Piano segreto” anti Covid

Dalla task force al gruppo ristretto di lavoro del Cts. Speranza sapeva tutto da 11 giorni. Tutto resta segreto finché…

Un “Piano pandemico” che non esiste, benché il ministro lo abbia letto 11 giorni prima della sua approvazione finale. Un documento mai secretato, sebbene avesse un livello di riservatezza elevato. Un banale “studio ipotetico”, nonostante sia il Cts che la task force del ministero della Sanità fossero a conoscenza del gruppo di lavoro che per giorni ha lavorato alla realizzazione del “Piano” anti-Covid.

Sono tante le zone d’ombra emerse in questi mesi di pandemia: dalla predisposizione del documento, alla sua segretezza ancora in vigore, passando per la confusione fatta dal ministero tra il “Piano” e l’analisi di Merler. Ombre che ora ilGiornale.it può chiarire avendo avuto accesso a informazioni riservate ed accreditate. Lo studio di Stefano Merler, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, e il “piano pandemico” elaborato dai tecnici nominati dal premier Giuseppe Conte sono due cose distinte. Sono concatenati l’uno all’altro, ma sostanzialmente diversi. Quello che Merler presenta il 12 febbraio al Cts è, infatti, una relazione composta sostanzialmente da proiezioni e studi matematici. Si fermava lì e non dava indicazioni. Niente a che fare, quindi, con le linee guida e gli scenari che verranno poi inseriti nel piano elaborato interno al Comitato tecnico scientifico. Quello che ne esce fuori (oltre due settimane dopo l’analisi di Merler), infatti, è un lavoro molto più complesso. Perché allora, quando i cronisti domandano di vedere il “Piano”, ministero e Protezione civile inviano loro lo studio di Merler? E perché il ministero confonde i due testi? Lo “studio” del matematico è stato solo prodromico alla composizione del piano pandemico. Merler era infatti considerato il matematico di riferimento del ministero ed è in questa veste che ha presentato ai tecnici di Conte le proiezioni su un’eventuale diffusione del coronavirus in Italia. Quel che è certo è che il suo lavoro non poteva essere assolutamente presentato come piano. Che infatti è stato realizzato solo in un secondo momento.

 

Il 12 febbraio, come emerge dai verbali del Cts, all’interno del Comitato nasce il gruppo di lavoro ristretto per la preparazione del “Piano”. A quel tavolo sono presenti sette persone. Tra questi ci sono il direttore scientifico dell’ospedale Spallanzani, Giuseppe Ippolito, i presidenti dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro e della Protezione Civile Agostino Miozzo, Claudio D’amario (segretario Generale del Ministero della salute, Giuseppe Ruocco (direttore generale della prevenzione sanitaria), Alberto Zoli (rapresentante della Conferenza delle Regioni) e un responsabile dell’Usmaf (Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera). Secondo le indiscrezioni riportate nel Libro nero del coronavirus (clicca qui), il 20 febbraio la bozza del piano pandemico finisce nelle mani del ministro della Salute Roberto Speranza. Il documento prevede azioni da mettere in atto nel caso in cui fosse scoppiata un’epidemia di coronavirus in Italia, quando ancora il Belpaese è certo di poter controllare il contagio. Dopo aver avuto il via libera di Speranza, il documento finisce sulle scrivanie di tutti i componenti del Cts. È il primo marzo. Subito dopo ottiene l’ok definitivo anche dal Comitato tecnico scientifico. Speranza a quella riunione partecipa all’inizio, ma poi se ne va. Secondo quanto risulta al Giornale.it, infatti, quando il Cts approva qualche documento il ministro non è mai presente. E comunque aveva già avuto modo di vederlo 10 giorni prima.

 

 

Già nei primi giorni di marzo appare chiaro che il virus, almeno nel Nord Italia, è del tutto fuori controllo. Il piano pandemico è il punto di riferimento a cui guardare per cercare di capire come gestire l’epidemia. Ne viene fatto ampio uso per orientare le scelte. Nessuno all’interno del Cts sente infatti il bisogno di produrre altri documenti simili. Le proiezioni e gli scenari strategici bastano a Conte per capire che deve correre se vuole fermare il numero dei contagi. Sono i giorni in cui la Regione Lombardia inizia a chiedere a gran voce di estendere la “zona rossa” in Val Seriana. Sono i giorni in cui i grafici che arrivano a Palazzo Chigi parlano di virus fuori controllo nelle province di Brescia e Cremona. E sono anche i giorni in cui l’epidemia valica il Po e dilaga in Emilia Romagna. I dati sono allarmanti ovunque. Eppure quel piano rimane segreto. Non viene mostrato a nessuno, neppure alle Regioni. È vero che la segretezza – apprende ilGiornale.it – era connaturata a tutti i lavori prodotti dal Comitato, ma nel caso del Piano pandemico a questo vincolo viene dato particolare risalto: non solo più volte il Cts mette a verbale l’obbligo di non portarlo all’esterno per evitare “che i numeri arrivino alla stampa”, ma in questo caso viene applicato un livello di riservatezza rinforzato. Segreto che verrà rotto non appena il gruppo verrà allargato a 26 persone. Finché si trattava di mettere a tacere sette persone, era semplice. Poi però quel cordone si è rotto. La sua esistenza oggi è nota. Ma nonostante siano passati otto mesi non è stato ancora reso ufficialmente pubblico.

 

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/livello-segretezza-era-rinforzato-rivelazione-sul-piano-1899762.html

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Proietti – Er Cavaliere Bianco e er Cavaliere Nero

1.449.549 visualizzazioni 29 apr 2013
VIDEO QUI: https://youtu.be/7Lb5ZErTMZU

 

FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=7Lb5ZErTMZU

 

 

 

ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME

Ospedali, business Covid: 2.000 euro al giorno a paziente

Parliamo del grande business che si cela dietro gli ospedali Covid: per ogni ricoverato, la struttura ospedaliera riceve 2.000 euro al giorno. A spiegarlo non è una persona fuori dal sistema dalle istituzioni, ma il l’ex capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Intanto, i numeri reali della delle terapie intensive rimangono dubbi, misteriosi, perché neanche i primari – pensate – possono comunicare quanti posti liberi ci sono, in quelle terapie intensive. Un ospedale con 100 malati di Covid in reparto riceve della propria Regione 200.000 euro al giorno: lo rivela appunto Bertolaso, un uomo che il sistema lo conosce bene. Nascono così tanti dubbi e sorgono mille domande sulla gestione di tutta questa emergenza, sul colossale business e sui conflitti d’interesse. «Come si può pensare che, spontaneamente, i vari ospedali si privino di malati di Covid per mandarli altrove?», si chiede ancora Bertolaso. Insomma, detta così forse sembrare fin troppo cinico, ma i malati Covid rappresentano una vera e propria risorsa economica per gli ospedali (e un importante eborso per lo Stato, che tramite le Regioni eroga ai nosocomi ben 2.000 euro al giorno per ogni paziente ricoverato).

L’ex capo della protezione civile critica anche le misure introdotte da questo governo, che – dice – sforna Dpcm sempre più restrittivi: un segnale di resa, imponendo chiusure progressive con pesantissime conseguenze sull’economia. E poi, continua BertolasoBertolaso, mancano le contromisure propositive: «Dov’è la soluzione, se mi chiudi dentro casa ma poi mi costringi a 10 ore di fila per fare un tampone?». Intanto si cerca di fare chiarezza sui dati che arrivano dalle terapie intensive, che secondo gli ultimi aggiornamenti sarebbero sature al 14% (media nazionale), con punte che non superano il 22%, come accade in Campania. Non è però facile conoscere la reale situazione interna degli ospedali: i dati vengono forniti solo dalla direzione sanitaria. Abbiamo chiesto al professor Pietro Luigi Garavelli, primario di malattie infettive presso l’ospedale di Novara, quali fossero le condizioni della terapia intensiva. Ci ha risposto così: «La situazione a Novara? Mi fa una domanda alla quale io non posso rispondere, perché esiste un disposto regionale in base al quale io posso parlare, discutere di Covid, di tutto e di più dal punto di vista scientifico e divulgativo; ma per parlare di dati relativi all’ospedale dove lavoro, la competenza è della direzione sanitaria».

È stato molto chiaro, Pietro Luigi Garavelli, primario infettivologo presso l’ospedale di Novara; lui non è nelle condizioni di rispondere, non può fornire nemmeno i dati relativi ai suoi reparti. E dunque vogliamo fare un appello, noi di “ByoBlu”: chiunque di voi volesse raccontarci, invece, la reale situazione che c’è in questi ospedali italiani all’epoca del Covid-19 può farlo (ovviamente anche in forma anonima) scrivendoci all’indirizzo redazione@byoblu.com. Ovviamente il nostro appello si riferisce a medici, infermieri e, insomma, operatori del settore che conoscono davvero la reale situazione all’interno delle strutture ospedaliere italiane, oggigiorno.

(Virginia Camerieri ed Emanuele Canta, testo del servizio “2.000 euro al giorno, il business degli ospedali Covid”, trasmesso da “ByoBlu” il 27 ottobre 2020 e ripreso in video su Facebook).

FONTE: https://www.libreidee.org/2020/10/ospedali-business-covid-2-000-euro-al-giorno-a-paziente/

 

 

 

 

Trenitalia e Italo non accettano prenotazioni dopo il 12 dicembre: il lockdown del governo è già pianificato?

giovedì 22 Ottobre 18:05 – di Valter Delle Donne

Trenitalia Italo

Il lockdown è già pianificato? Il governo Conte va avanti a colpi di Dpcm avendo un piano già ordinato? Le opposizioni e gli italiani vengono presi in giro dall’esecutivo Pd-M5s? A lanciare il malizioso sospetto è il solitamente ben informato sito Dagospia. Provate ad andare sui siti di Trenitalia e Italo. E a fare il tentativo che ora vi diciamo.

Che cosa ha scoperto il sito di Roberto D’Agostino? Una curiosa e inquietante coincidenza. Una coincidenza che accomuna il sito di Trenitalia e il sito Italo.

Trenitalia e Italo danno la stessa singolare scusa: “Inconvenienti tecnici”

«Se provate a prenotare un treno sul sito di Italo dopo il 12 dicembre, non ve lo permette». Ecco che cosa succede, secondo il racconto di Dagospia. «Le date non sono selezionabili. Sul sito di Trenitalia invece fa scegliere le date e poi però ”non ci sono soluzioni disponibili”, neanche sul Roma-Milano, in nessun giorno di dicembre dopo il 12. Come mai? Cosa sanno le società ferroviarie che noi non sappiamo? A qualcuno hanno detto che si tratta di ”calendari da aggiornare” ma è palesemente una bufala. Da sempre si può prenotare un treno a meno di due mesi di distanza, soprattutto nel periodo delle feste».

La verità? Il sito di gossip ha la sua versione dei fatti. Versione che, sicuramente, qualche uccellino molto informato ha sussurrato all’orecchio di D’Agostino. «Probabilmente Trenitalia e Italo (Ntv) aspettano di capire se il governo imporrà un lockdown natalizio prima di vendere i biglietti e di ritrovarsi col grattacapo di dover rimborsare, (o come spesso avviene, emettere tremendi voucher) i loro clienti. In pratica, Conte si preparerebbe a vestire i panni del Grinch e a rovinarci anche il Natale.

Conte prenderà in giro di nuovo gli italiani?

Anche noi abbiamo provato a prenotare dopo il 12 dicembre. E ci siamo ritrovati con la stessa impossibilità di farlo. Credere al problema tecnico, coincidente per due aziende di trasporti concorrenti, è pressoché impossibile. Quindi l’ipotesi più inquietante è quella ipotizzata dal sito. Sarà interessante capire se, anche stavolta, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte avvertirà i leader dell’opposizione tre minuti prima della conferenza stampa in cui annuncerà il nuovo Dpcm, con conseguente lockdown. Ecco, stavolta è avvertito. Sappiamo già tutto prima. Non pensi di prendere in giro per l’ennesima volta gli italiani.

FONTE: https://www.secoloditalia.it/2020/10/trenitalia-e-italo-non-accettano-prenotazioni-dopo-il-12-dicembre-il-lockdown-del-governo-e-gia-pianificato/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

GIOVANNI TOTI, “IL PICCOLO CINICO”

Niente paura. Il titolo non ha errori di battitura. Il nuovo “gioco in scatola” non prevede esperimenti con provette, miscele e formule chimiche. Vince semplicemente chi non conosce vergogna.

La vergogna è un privilegio. Ne possono godere solo le persone dotate di sentimenti, essendo ignota e misteriosa agli individui (chiamarli “uomini” mi sembra eccessivo) la cui aridità diventa prima modus vivendi e poi fonte di slogan con cui imbambolare elettori passati, presenti e (non credo) futuri.

Gli stessi soggetti in realtà sono protagonisti di una disciplina sportiva particolarmente in voga dalla nascita dei social network e dalla correlata democratica (o demagogica) possibilità di pubblicare qualunque cosa online. Sono i campioni olimpici e del mondi di “lancio del sasso e sparizione della mano” che – alla sbigottita contestazione di certe scellerate ed inammissibili dichiarazioni erga omnes attraverso Twitter – si affrettano a scaricare sul proprio staff ogni responsabilità dell’abominio appena compiuto. Magari un domani diranno che sono stati gli hacker, gli anarcoinsurrezionalisti o magari – come in The Blues Brothers – “le cavallette”.

Non so quanti “diversamente giovani” abbiano votato Giovanni Toti all’ultima consultazione per le Regionali in Liguria, ma mi auguro che in perfetta salute possano raggiungere il prossimo appuntamento elettorale. Sicuramente nell’indirizzare la propria preferenza sapranno ricordare quanto il loro attuale Governatore tenga in considerazione l’importanza dei “pazienti molto anziani” in tempi di Covid-19, quasi non si fosse accorto che il coronavirus non ha risparmiato in quella falcidia che – a ben vedere – non fa differenze di età, sesso, salute pregressa, condizioni economiche e sociali.

L’incredibile cinismo con cui l’ennesima strage quotidiana è stata minimizzata fa rabbrividire. Sarebbero morti solo “pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese…

Lo sforzo produttivo del Paese poggia sui sacrifici delle generazioni precedenti, cui non spetta solo un generico debito di riconoscenza.

Quel ributtante tweet lascia trasparire una mentalità senilicida, tipica di certe culture tribali. Lascia immaginare una riedizione dell’assedio ateniese all’isola di Kea, la cui popolazione – per preservare le già carenti riserve di cibo – decise per votazione l’eliminazione degli ultrasessantenni costringendoli a bere cicuta.

Forse Toti considera le “personnes âgées” come elefanti e si stupisce perché non si incamminino per andare a lasciarsi morire fuori dalla comunità.

Può darsi che non abbia mai ascoltato “Spalle al muro” di Renato Zero o ne abbia frainteso il senso. “Vecchio, sì, con quello che hai da dire, ma vali quattro lire, dovresti già morire…” era una denuncia e non una sentenza.

Un imbianchino austriaco assurto a leader nella Germania degli anni trenta arrivò a propugnare il darwinismo sociale, a consacrare la sopravvivenza del più forte, a considerare gli ebrei “una specie parassita”…

Non riesco a non aver paura di certi lapsus freudiani.

La stagione degli anziani arriva per tutti quelli che hanno la fortuna di invecchiare. Non è una colpa, ma una fortuna. Per chi ci arriva e per chi può gioire della loro presenza. Chi non sa vivere di queste piccole cose non può guidare nessuno verso il futuro.

Come tanti altri, devo ai miei nonni la serenità della mia infanzia e i sogni che mi hanno saputo regalare. Penso a chi li ha persi per colpa del COVID-19 e credo che il loro dolore non sia stato certo ammortizzato dalla spietata valutazione della loro “non indispensabilità” per la formazione del PIL o per lo sviluppo commerciale e industriale del Paese.

La serie B è solo nei campionati di calcio, non nella gente che ci circonda.

FONTE: https://www.infosec.news/2020/11/02/editoriale/giovanni-toti-il-piccolo-cinico/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

La Turchia prende il controllo della Guardia costiera libica

Ankara comunica: abbiamo cominciato l’addestramento degli equipaggi. Un compito prima svolto dall’Italia, che permette di influire sul flusso di migranti. E c’è una beffa: gli istruttori di Erdogan usano le vedette donate da Roma a Tripoli

https://comedonchisciotte.org/forum/notizie-dal-mondo/la-turchia-decidera-i-flussi-migratori-dalla-libia/#post-347415

Le forze armate turche hanno cominciato l’addestramento della Guardia costiera libica. Ed è un altro colpo alla nostra influenza su Tripoli, perché finora questa attività veniva svolta dalla missione militare italiana. L’annuncio è stato fatto ufficialmente ieri dal ministero della Difesa di Ankara, che ha anche diffuso le foto delle lezioni. Con una piccola beffa: le immagini mostrano come i turchi tengano i corsi su due delle motovedette donate dall’Italia alle autorità di Tripoli nell’autunno 2018.

L’iniziativa rischia di avere un notevole impatto sulla situazione nel Canale di Sicilia. Il contingente di Erdogan così può cercare di influire sul controllo sul flusso dei migranti: in pratica, diventano sempre più capaci di decidere se fermare i barconi o lasciarli partire. Un’avanzata graduale, che è cominciata a gennaio con le prime operazioni dei marines turchi al fianco della Guardia Costiera locale per bloccare i trafficanti e riportare indietro i disperati in viaggio verso l’Europa…..

FONTE: https://comedonchisciotte.org/forum/notizie-dal-mondo/la-turchia-decidera-i-flussi-migratori-dalla-libia/#post-347415

Polonia, immagini da guerra civile

Statue della Vergine decapitate, chiese vandalizzate, immagini di santi fatte a pezzi, bandiere arcobaleno su un Cristo, immani manifestazioni di “rossi” pro-aborto e sodomia. La Polonia di questi giorni comincia a somigliare alla Spagna 1936, della Guerra Civil.

Che dietro questo attacco al cattolicesimo ci siano Georges Soros e la Unione Europea non è teoria del complotto: sono fatti documentati dai finanziamenti della Open Society (del miliardario “ungherese”) alle organizzazioni abortiste: ASTRA,

Federation for Women and Family Planning,

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International Planned Parenthood Federation European Network , che ha ricevuto 400mila dollari dalla fondazione di Soros, Il Comitato polacco di Helsinki , che solo nel 2018 ha ricevuto 1,4 milioni di dollari dalle Open Society Foundation: la Stefan Batory Foundation è direttamente l’organizzazione di Soros in Polonia.

Ma non basta. Il quotidiano Gazeta Wyborcza, uno dei principali giornali, appoggia i manifestanti e la causa abortista: perché nel 2016, il Media Development Fund di Soros ha acquistato azioni dell’Agorà, l’editore di Gazeta Wyborcza. Ancor più importante, nel 2019 Soros ha completato l’acquisizione della seconda più grande stazione radio polacca Radio Zet. Lo ha fatto consentendo Agora per acquistare il 40% della stazione mentre il suo gruppo SFS VENTURES ha acquistato il restante 60%. Lo scopo, influenzare le elezioni polacche.

La vittoria del presidente Duda, apertamente cattolico (prende la Comunione in ginocchio e sulla lingua, intollerabile!) tre mesi fa, ha provocato la rabbia dei media internazionali e dell’Unione Europea, che ha intensificato i suoi attacchi e minacce di sanzioni alla Polonia per che accusa di non essere stato di diritto, e non fedele ai “valori europei”, LGBT e aborto. Georges Soros si inserisce coi suoi finanziamenti a media, radio e agitatori, nel quadro della “rieducazione ai valori UE” che Bruxelles (e Berlino) stanno imponendo al popolo polacco.

George Soros, aggressiva intervista al quotidiano dell’opposizione ungherese Nepsava , ha affermato che la Polonia e l’Ungheria sono “nemici interni” dell’Unione europea. Questo cittadino americano ha nominato esplicitamente Viktor Orban e Jaroslaw Kaczynski come nemici, minacciosamente che i politici (democraticamente eletti) avevano “occupato i loro stati” e dovevano essere contrastati con ogni mezzo, perché  la loro attenzione alla religione, alla famiglia e alla tradizione era un rischio per l’ordine laico e secolare europeo: il collasso economico dell’Europa occidentale poteva indurre altri paesi, su quegli esempi, a sentire la mancanza dei valori nazional-religiosi che erano stati vittoriosamente cancellati; e aveva citato l’Italia, sempre più delusa dall’”Europa Moderna”, con la sua altissima disoccupazione giovanile e la denatalità, come a rischio di seguire l’esempio di Varsavia e Budapest (sic).

Qui vediamo immagini significative della “rivoluzione colorata LGBT” e guerra civile incipiente di Polonia.

Manifestazione notturna pro-aborto. La saetta rossa sul Palazzo della Cultura (dell’era comunista) la dice lunga: è il simbolo scelto dalla protesta.
La parlamentare tedesca ulle schauws (dei Gruenen) parla ai manifestanti anti-polacchi a Berlino. Accanto a lei una donna mostra uno striscione “Donne e queer rovesceranno il governo polacco”. A destra un altro striscione: “L’aborto è assistenza sanitaria”.
Croce profanata a Danzica. La scritta dice: “Uccidi un prete”.

Cattolici nel paese difendono le chiese dagli attacchi dell’odio vandalico

Abbiamo difeso la cattedrale di Oliwa. Abbiamo vinto!

https://twitter.com/i/status/1320839746583748616

Pubblicità NATO per i polacchi: “Uguaglianza di genere è essenziale per pace e sicurezza!”.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/polonia-immagini-da-guerra-civile/

 

 

 

Il Terrore

30 OTTOBRE 2020

La strage di Nizza fa tornare sugli scudi lo scontro di civiltà. Molti, anche autorevoli, hanno preso posizione per una resa dei conti con l’islam, minaccia irriducibile dell’Occidente cristiano.

Val la pena, allora, ripercorrere le orme della guerra siriana, per ricordare come i media mainstream abbiano alimentato, e alimentano, la narrazione di una ribellione contro il despota Assad, per ora frenata.

I liberatori erano proprio quelle milizie salafite arruolate nel magmatico mondo sunnita che Macron nel suo alto discorso (vedi nota) aveva finalmente annoverato tra i radicali estremisti

E se esistono ancora cristiani in quella nazione lo si deve ad altri islamici, quelli che combattevano per difendere la loro terra dalle orde salafite tanto care ai politici e media d’Occidente, e agli sciiti di hezbollah, il cui ingresso in guerra a fianco di Damasco ha evitato che la Siria si trasformasse in un Salafistan.

Questi prima, e poi i russi, trattati come reprobi e sanzionati dallo stesso Occidente. Quando sono entrati in Siria hanno mostrato al mondo gli interminabili convogli di autocisterne che portavano il petrolio dalla Siria in Turchia, grazie a riprese aeree condotte con droni e aerei.

Convogli rimasti stranamente invisibili ai droni e ai jet Usa che pure da prima scandagliavano le stesse aree.

Acconto ai salafiti, al Qaeda, quella che ancora presidia la regione di Idlib, che Damasco ha tentato di liberare, fermata dall’Occidente scesa in campo per salvare i ribelli attaccati, nulla importando che essi tiravano missili sui civili d’intorno.

Tutto l’Occidente, Stati Uniti in testa, ha fatto il tifo contro Assad per i salafiti – che hanno fatto strage ieri a Nizza e prima altrove, in Europa -, i cosiddetti ribelli moderati come li chiamavano per evitare l’ovvio discredito.

L’America gli ha anche mandato armi, tante armi, passate di mano in mano nella canea assassina. Ha addestrato pure tanti di quei miliziani, moderati prima, estremisti poi.

Poi è arrivato l’Isis, scagliato a bomba contro Assad. In un audio sfuggito alla segretezza, l’allora capo del Dipartimento di Stato John Kerry racconta di come la Russia sia entrata in campo prima che l’Isis diventasse inarrestabile.

Noi, invece, gli americani intende Kerry, “Abbiamo visto che [lo Stato Islamico, ndr.] si stava rafforzando e abbiamo pensato che Assad fosse così ancor più minacciato”.

Una conversazione pubblicata sul Washington Examiner, non un giornale scandalistico, in un articolo che spiega l’audio: “Obama sperava di usare lo Stato Islamico come leva contro Assad, rivela John Kerry”.

Non solo, sulla Siria si possono agevolmente leggere i documenti rubati da un team anonimo di hacker all’apparato militare britannico, file che raccontano di come Londra abbia sostenuto e armato i ribelli siriani salafiti (per inciso, tante delle stragi europee sono state fatte da miliziani “di ritorno”).

È grazie a queste connivenze, a queste criminali ambiguità, che il mostro del Terrore islamico ha potuto dilagare. Grazie, per esempio, alla guerra libica, che ha devastato un Paese che faceva argine all’estremismo islamico, dilagato dopo la sua “liberazione” da parte della Nato (il gridolino di “entusiasmo” di Hillary Clinton, che oggi conciona di libertà e di parità dei sessi, alla notizia del barbaro assassinio di Gheddafi, è emblematico di questa perversione).

In tempi più recenti si può ricordare il giubilo con il quale tanto mondo occidentale ha reagito al proditorio assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani.

Su tale omicidio, ordito dal Consigliere per la sicurezza nazionale Usa John Bolton in nome e per conti degli ambiti che da sempre sostengono lo scontro di civiltà, ebbe a scrivere l’ex agente speciale dell’Fbi Ali H. Soufan sul  New York Times, ricordando del ruolo cruciale avuto dal generale iraniano nella guerra contro l’Isis.

Così concludeva la nota sul suo assassinio: “il danno è fatto. Senza un importante raffreddamento delle tensioni, una rinascita jihadista potrebbe ora essere quasi inevitabile”. Inevitabile, appunto.

Così veniamo alla guerra in Iraq, quando cristiani – ché tanti soldati e comandanti dell’esercito Usa erano battezzati – devastarono un Paese e con questo il mondo, come da conclusioni della Commissione d’Inchiesta britannica guidata da sir John Chilcot, che documentò come quella guerra avesse favorito il dilatarsi del Terrore, Isis compreso.

Nel commentare quella guerra, Ron Paul, politico Usa di libera coscienza, ha scritto che la pubblicazione dei rapporti di Wikileaks “ci ha mostrato in modo dettagliato e sporco che l’attacco degli Stati Uniti era una guerra di aggressione, basata su bugie, in cui centinaia di migliaia di civili furono uccisi e feriti”.

“Abbiamo appreso che le forze armate statunitensi hanno classificato chiunque uccidevano in Iraq come ‘combattente nemico’. Abbiamo appreso che più di 700 civili iracheni sono stati uccisi per essersi avvicinati troppo a uno dei tanti  checkpoint militari statunitensi, comprese le donne incinte che si precipitavano in ospedale”.

“Abbiamo appreso che il personale militare degli Stati Uniti consegnava regolarmente i ‘detenuti’ alle forze di sicurezza irachene, che li avrebbero torturati e spesso uccisi”.

Non solo, abbiamo “premiato i criminali. Persone che consapevolmente ci hanno mentito sulla guerra, come Dick Cheney, George W. Bush, gli ‘esperti’ neocon di Beltway e la maggior parte dei media, che non hanno dovuto affrontare né punizioni né vergogna professionale per quanto fatto. Anzi, ne sono usciti senza problemi e molti hanno persino prosperato”.

Prosperano, e sono ancora i padroni della narrazione, sia delle guerre sia del Terrore, che raccontano e spiegano come affrontare. Loro, che l’hanno creato, e accompagnato in questi anni.

FONTE: http://piccolenote.ilgiornale.it/47877/il-terrore

 

Huawei, spionaggio industriale-5G, guerra Usa Cina l’Italia con chi sta?

   

Huawei, spionaggio industriale-5G,
guerra Usa-Cina l’Italia con chi sta?

In questo periodo si parla meno di Meng Wanzhou, top manager del colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei e figlia del fondatore dell’azienda, fermata in Canada lo scorso dicembre su richiesta degli Stati Uniti. Tuttora agli arresti, non è ancora chiaro quale sorte le toccherà.
Il padre Ren Zhengfei, presidente della multinazionale basata a Shenzhen, e il governo di Pechino insistono nel dire che la vicenda è puramente politica, e rientra nella guerra commerciale scatenata dall’amministrazione Trump per porre freno all’espansione economica e commerciale del Dragone, in particolare nel comparto hi-tech.

Dal canto loro gli americani rispondono che proprio Meng Wanzhou è pesantemente coinvolta in operazioni di spionaggio industriale ai danni dell’Occidente, e attribuiscono al caso un significato emblematico.
Invitando gli alleati a seguire il loro esempio, gli Usa vogliono far riflettere le maggiori nazioni occidentali sul “pericolo cinese” nei settori ad alta tecnologia. E si parla soprattutto delle reti di quinta generazione (5G), che forniscono prestazioni assai più veloci rispetto alle precedenti, quelle di quarta generazione.

A nessuno sfugge che la posta in palio è enorme, poiché proprio su tali reti tecnologiche si basa il futuro predominio nei processi economici mondiali, con ovvie conseguenze anche sul piano politico. Gli Usa hanno esercitato il predominio sin dal dopoguerra, e ora la Repubblica Popolare cerca di scalzarli. Ovviamente gli Stati Uniti si oppongono ed è questa, in fondo, l’origine della guerra commerciale in corso.
Sarebbe naturalmente opportuno capire se – e fino a che punto – le accuse Usa a Huawei e ad altre aziende come Zte siano fondate. E qui la nebbia è fitta. E’ probabile che gli americani si basino in primo luogo su un dato incontestabile, vale a dire lo strettissimo intreccio tra politica ed economia che caratterizza il contesto cinese.

Nella Repubblica Popolare non si muove foglia che il partito comunista non voglia, giacché proprio esso è l’unico detentore non solo del potere, ma anche delle strategie economico-commerciali. Non a caso tutti i grandi manager cinesi, inclusi Ren Zhengfei e la figlia, Jack Ma di Alibaba e tanti altri, del partito hanno la tessera in tasca e, senza, non potrebbero fare carriera (né affari).
Con l’avvento di Donald Trump l’allarme circa questa situazione è cresciuto, ed è aumentata la percezione di essere di fronte a una sfida globale lanciata dalla Cina per il predominio globale nel futuro prossimo. Va detto, tuttavia, che finora non sono emerse prove concrete a carico delle aziende poste sotto accusa. Lo ha dichiarato, pochi giorni orsono, il nostro Ministero dello Sviluppo Economico (Mise), secondo il quale, al momento, non sono emersi pericoli per la sicurezza nazionale.

E allora mette conto notare che l’Italia, rispetto agli altri membri del sistema occidentale, è adesso un po’ in difficoltà. Infatti Regno Unito, Francia, Germania etc. hanno accolto le richieste Usa diminuendo o eliminando Huawei e Zte dai progetti 5G. L’Italia – almeno finora – non l’ha fatto.
Non è quindi un caso che l’ambasciatore americano a Roma abbia incontrato pochi giorni fa i vertici di Tim, che con le aziende cinesi dell’hi-tech intrattiene profondi rapporti. A detta degli stessi interessati oggetto del colloquio è stato proprio il ruolo di Huawei nello sviluppo del sistema 5G in Italia.

Sembra evidente che l’attuale governo o, almeno, una parte di esso, stia tentando di resistere alla pressione Usa. Con quali risultati finali non si sa ancora, anche se è difficile prevedere che il nostro Paese, debole strutturalmente, possa condurre battaglie di grande portata che altre nazioni più forti neppure si sognano di fare.
Al fondo c’è il problema che un sistema di alleanze non si può abbandonare di punto in bianco e, per quanto in crisi, il nostro resta pur sempre quello occidentale. La debolezza economica italiana è un punto davvero cruciale, sfruttabile da forze esterne intenzionate a farci mantenere il percorso intrapreso sin dal 1945.

FONTE: https://www.remocontro.it/2019/02/23/huawei-spionaggio-industriale-5g-guerra-usa-cina-litalia-con-chi-sta/

 

 

 

CULTURA

A’ livella
Ogn’anno,il due novembre,c’é l’usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll’adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.

Ogn’anno,puntualmente,in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch’io ci vado,e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo ‘e zi’ Vicenza.

St’anno m’é capitato ‘navventura…
dopo di aver compiuto il triste omaggio.
Madonna! si ce penzo,e che paura!,
ma po’ facette un’anema e curaggio.

‘O fatto è chisto,statemi a sentire:
s’avvicinava ll’ora d’à chiusura:
io,tomo tomo,stavo per uscire
buttando un occhio a qualche sepoltura.

“Qui dorme in pace il nobile marchese
signore di Rovigo e di Belluno
ardimentoso eroe di mille imprese
morto l’11 maggio del’31”

‘O stemma cu ‘a curona ‘ncoppa a tutto…
…sotto ‘na croce fatta ‘e lampadine;
tre mazze ‘e rose cu ‘na lista ‘e lutto:
cannele,cannelotte e sei lumine.

Proprio azzeccata ‘a tomba ‘e stu signore
nce stava ‘n ‘ata tomba piccerella,
abbandunata,senza manco un fiore;
pe’ segno,sulamente ‘na crucella.

E ncoppa ‘a croce appena se liggeva:
“Esposito Gennaro – netturbino”:
guardannola,che ppena me faceva
stu muorto senza manco nu lumino!

Questa è la vita! ‘ncapo a me penzavo…
chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Stu povero maronna s’aspettava
ca pur all’atu munno era pezzente?

Mentre fantasticavo stu penziero,
s’era ggià fatta quase mezanotte,
e i’rimanette ‘nchiuso priggiuniero,
muorto ‘e paura…nnanze ‘e cannelotte.

Tutto a ‘nu tratto,che veco ‘a luntano?
Ddoje ombre avvicenarse ‘a parte mia…
Penzaje:stu fatto a me mme pare strano…
Stongo scetato…dormo,o è fantasia?

Ate che fantasia;era ‘o Marchese:
c’o’ tubbo,’a caramella e c’o’ pastrano;
chill’ato apriesso a isso un brutto arnese;
tutto fetente e cu ‘nascopa mmano.

E chillo certamente è don Gennaro…
‘omuorto puveriello…’o scupatore.
‘Int ‘a stu fatto i’ nun ce veco chiaro:
so’ muorte e se ritirano a chest’ora?

Putevano sta’ ‘a me quase ‘nu palmo,
quanno ‘o Marchese se fermaje ‘e botto,
s’avota e tomo tomo..calmo calmo,
dicette a don Gennaro:”Giovanotto!

Da Voi vorrei saper,vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir,per mia vergogna,
accanto a me che sono blasonato!

La casta è casta e va,si,rispettata,
ma Voi perdeste il senso e la misura;
la Vostra salma andava,si,inumata;
ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso
la Vostra vicinanza puzzolente,
fa d’uopo,quindi,che cerchiate un fosso
tra i vostri pari,tra la vostra gente”

“Signor Marchese,nun è colpa mia,
i’nun v’avesse fatto chistu tuorto;
mia moglie è stata a ffa’ sta fesseria,
i’ che putevo fa’ si ero muorto?

Si fosse vivo ve farrei cuntento,
pigliasse ‘a casciulella cu ‘e qquatt’osse
e proprio mo,obbj’…’nd’a stu mumento
mme ne trasesse dinto a n’ata fossa”.

“E cosa aspetti,oh turpe malcreato,
che l’ira mia raggiunga l’eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
avrei già dato piglio alla violenza!”

“Famme vedé..-piglia sta violenza…
‘A verità,Marché,mme so’ scucciato
‘e te senti;e si perdo ‘a pacienza,
mme scordo ca so’ muorto e so mazzate!…

Ma chi te cride d’essere…nu ddio?
Ccà dinto,’o vvuo capi,ca simmo eguale?…
…Muorto si’tu e muorto so’ pur’io;
ognuno comme a ‘na’ato é tale e quale”.

“Lurido porco!…Come ti permetti
paragonarti a me ch’ebbi natali
illustri,nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a Principi Reali?”.

“Tu qua’ Natale…Pasca e Ppifania!!!
T”o vvuo’ mettere ‘ncapo…’int’a cervella
che staje malato ancora e’ fantasia?…
‘A morte ‘o ssaje ched”e?…è una livella.

‘Nu rre,’nu maggistrato,’nu grand’ommo,
trasenno stu canciello ha fatt’o punto
c’ha perzo tutto,’a vita e pure ‘o nomme:
tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto?

Perciò,stamme a ssenti…nun fa”o restivo,
suppuorteme vicino-che te ‘mporta?
Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive:
nuje simmo serie…appartenimmo à morte!”

TOTÒ

FONTE: http://www.antoniodecurtis.com/poesia8.htm

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Come funzionano (davvero) i complotti

Molti complottisti, ma soprattutto TUTTI gli anticomplottisti, sono persuasi che le teorie del complotto abbiano come presupposto una Spectre. Per i poveracci che non hanno mai visto i film di James Bond, chiariamo che nella finzione cinematografica la Spectre è l’organizzazione criminale che cospira contro il sistema democratico tramite atti terroristici, compravendita di armi, affari sporchi, colpi di stato, congiure e cose così. Dietro fatti rilevanti che accadono nel mondo, come la rivoluzione colorata in Bielorussia, l’impeachement a Trump, la pandemia e le trasmissioni di Barbara d’Urso, per molti complottisti ci sarebbe dunque un’organizzazione rigidamente gerarchica, con un misterioso capo e numerosi subalterni.

 

La storia dimostra in modo inoppugnabile che i complotti con dietro una Spectre esistono eccome, altrimenti non si spiegherebbero le fonti storiche che parlano delle pugnalate a Giulio Cesare, della deposizione di Salvador Allende in Cile o del successo musicale di Bello Figo Gu. Dunque sono esistite diverse “Spectre” e probabilmente ne esisteranno altre.

 

Ma c’è anche un modo di intendere i complotti che non contempla l’esistenza di una Spectre e che, più banalmente, sospetta delle versioni ufficiali fornite. Se il primo tipo di complottismo si verifica di rado, il secondo è più difficile da vedere nell’immediato, ma si realizza quasi sempre.

 

Detto diversamente, con riguardo a fatti rilevanti per le comunità umane, accade con incredibile frequenza che qualcuno approfitti di una situazione creatasi per puro caso e che poi si adoperi per nascondere tale opportunismo con una narrazione ritagliata ad hoc.

 

Provo a spiegare meglio questo aspetto della realtà storica con un esempio.

 

A tutti quanti, chi prima o chi dopo, sarà capitato di subire dei torti. Talvolta anche dei torti molto pensanti, come un furto, una violenza fisica o psicologica, un tradimento.

 

Ebbene, nella stragrande maggioranza dei casi le circostanze impediscono che a fronte di un torto ci si possa vendicare. Se il capoufficio ti ha maltrattato per anni, rampognandoti di fronte a tutti e facendo preferenze tra impiegati, di rado ti sarà passata per la testa l’idea di ordire un complotto ai suoi danni, con tanto di riunioni segrete, acquisto di armi al mercato nero, e successivo strangolamento notturno con guanti di pelle. E’ più probabile che tu abbia sofferto, fantasticato sulla vendetta e poi, una volta cambiato lavoro o andato in pensione, te ne sia dimenticato. Dunque, nel 99,9 per cento periodico dei casi, la gente non si vendica dei torti subiti. Ma … che succede se si presenta un’occasione? Che succede se, ad esempio, ti ritrovi per errore nella tua casella di posta elettronica una e-mail che dimostra in modo inequivocabile l’infedeltà aziendale del capoufficio? Non la stampi? Non la salvi sulla pen-drive? Non la sottoponi ai vertici aziendali per farlo licenziare? Se una persona ti ha umiliato e ti si presenta un’occasione così ghiotta lo fai! Eccome se lo fai. E’ anche probabile che poi però non te ne vai in giro per gli uffici spiattellando che sei stato tu. Ed è sicuro che non riporterai la delazione nel tuo curriculum lavorativo.

 

Dunque, le persone di norma non cercano la vendetta, non se la studiano a tavolino, ma se si presenta un’occasione ghiotta, perché no?

 

Ecco, la stessa cosa accade con situazioni storicamente rilevanti, come l’adozione dell’euro da parte dei tedeschi o la recente pandemia.

 

In altri termini, è assai improbabile che dei nazisti riparati in Argentina abbiano fatto delle riunioni segrete con i banchieri ebrei per imporre l’euro agli interi stati del sud Europa e fottere le loro economia, ma è assai probabile che una volta firmati gli accordi, il mondo economico e politico tedesco abbia fatto di tutto per pilotare la banca centrale e Bruxelles verso regole che andassero a vantaggio dei tedeschi ed a danno di sprovveduti e ideologizzati italiani e francesi, romanticamente aggrappati alle loro settecentesche teorie sulla fratellanza dei popoli. Non sappiamo come sia andata davvero. Ancora troppo presto per dirlo, ma io proprio non me lo vedo Helmut Koll che, vestito da Gran Maestro col grembiulino ed il compasso, ordisce una trama con Soros per fregare il welfare francese o l’export del Belpaese.

Gli italiani hanno adottato l’euro? I tedeschi hanno saputo approfittarne! Anche se non sappiamo con certezza come sia andata, di fatto le conseguenze nefaste sono sotto gli occhi di tutti e la narrazione ufficiale nasconde la stupidità della moneta unica con un racconto corale che fa appello proprio alle romanticherie sull’Europa Unita di cui sopra.

 

E per la recente pandemia? E’ probabile che il virus sia stato creato in laboratorio da una Spectre? La comunità scientifica sta nascondendo rimedi alla portata di tutti?

 

Possibile tecnicamente, secondo qualcuno, ma direi del tutto improbabile.

 

C’è allora qualcuno che sta approfittando di una situazione capitata per puro caso?

 

Bé, questo invece è sicuro come la Terra che gira attorno al Sole!

 

I media tradizionali, ad esempio, prima del covid stavano “tirando i scarpet”, come si dice dalle mie parti. Cioè stavano attraversando un’agonia che li avrebbe portati alla morte certa. L’informazione mainstream aveva bilanci da tribunale, con lettori e spettatori quasi azzerati. Tutto oramai passava sulla Rete, sia l’informazione di cattiva qualità che quella eccelsa. Solo qualche vecchio nostalgico comprava ancora i quotidiani. Col covid ecco però  l’occasione di rimettere le cose a posto: bastava non tranquillizzare la gente, ma anzi terrorizzarla. Tutti gli italiani spaventati credono oggi agli approfondimenti di Travaglio e pendono dalle parole di Burioni da Fazio. Roba da non dormirci la notte. Altro che virus!

 

E la politica? La situazione in paesi come l’Italia e la Francia prima di marzo era pressapoco questa. Da noi l’opposizione viaggiava attorno al 40 per cento dei consensi, l’economia di Gualtieri faceva acqua da tutte le parti e Conte aveva già le valige pronte. I cugini d’oltralpe se la passavano anche peggio, con Macron bersagliato settimanalmente dalle manifestazioni, spesso violente, dei gilet gialli. Il governo francese ad inizio anno era a rischio come un gatto in tangenziale. Poi è arrivata la manna dal cielo: una bella malattia mondiale. Poco importa che a confronto della spagnola o del vaiolo o della peste il covid 19 somigli alle emorroidi di mia nonna: Macron e Conte sono salvi. Solo chi non ha saputo profittarne terrorizzando la gente, come Donald Trump, adesso rischia seriamente di perdere la poltrona.

 

Questo significa forse che esiste una Spectre composta da Macron, Conte e Biden che si ritrova da anni a casa di Luciana Littizzetto per studiare un piano di pandemia mondiale?

«Naaa, questo io non creto», direbbe il senatore Razzi.

 

Ma che i tre simpaticoni con i loro partiti di sistema la stiano pompando e strumentalizzando alla grande, pare evidente a tutti quelli che possiedono un numero di neuroni superiori a due.

FONTE: http://micidial.it/2020/10/come-funzionano-davvero-i-complotti/

La TV manipola. E molto più di quanto crediamo.

“Sound of Silence”,  il suono del silenzio, è una romantica canzone. Come tecnologia,  ‘Sound of silence’  sembra essere un  mezzo che, trasmesso dai monitor televisivi,  e computer,  serve alla manipolazione delle menti degli spettatori attraverso l’emissione di onde elettromagnetiche.

Non voleva  crederci nemmeno il vostro vecchio complottista qui presente,  convinto che fosse una tipica bufala. Invece la tecnica esiste, ed è, sembra,  persino brevettata.

E’ un brevetto statunitense del 2003 denominato ‘Nervous system manipulation by E.M. fields from monitors‘ (https://patents.google.com/patent/US6506148B2/en). In esso si legge: “Many computer monitors and HD TV screens, when displaying pulsed images, emit pulsed electromagnetic fields of sufficient amplitudes to cause such excitation. It is therefore possible to manipulate the nervous system of a subject by pulsing images displayed on a nearby computer monitor or digital tv set’.

Ovvero:

“Molti monitor per computer e schermi per televisori in alta definizione, quando mostrano immagini pulsanti, emettono campi elettromagnetici pulsanti di sufficiente ampiezza per causare tale eccitazione. E’ quindi possibile manipolare il sistema nervoso di un soggetto per mezzo di immagini pulsanti che appaiono su un vicino computer o apparecchio televisivo digitale”.

Secondo il nostro informatore, il primo uso manifesto delle onde S.S.S.S. in apparecchi di comunicazione fu attuato durante la prima guerra del Golfo, quando i militari statunitensi impiegarono tale tecnologia per innescare rese di massa tra le fila dei soldati iracheni. Gli Stati Uniti prima distrussero il sistema di comando e controllo di Saddam, lasciando all’esercito solo i segnali radio in FM per comunicare. Gli Stati Uniti crearono quindi un finto sistema di trasmissione militare iracheno che irradiava frequenze ‘sound of silence’.

I media statunitensi hanno soppresso l’informazione su questa tecnologia ma le ITN News di Londra hanno riportato la presenza di ‘incredibili programmi segreti di operazioni psicologiche (PsyOps)’. Hanno riportato che tali tecnologie hanno instillato stati emozionali negativi nelle truppe irachene: sensazioni di paura, ansietà, sconforto e mancanza di speranza. Il giornalista si meravigliava della tecnologia: ‘Questo sistema subliminale incredibilmente efficace non dice semplicemente ad una persona di sentire un’emozione, gliela fa sentire; gli impianta tale emozione nella mente’.

 

L’efficacia dell’attacco fu sconvolgente: le truppe irachene si arresero in massa. Un presagio di quello che avverrà, se noi nell’Occidente permetteremo che questa tecnologia venga usata contro di noi.

Ci si può non credere.  Ma è un fatto che il problema dei campi elettromagnetici (EMF)  ha  sollevato abbastanza preoccupazioni da convincere 190  scienziati di 39 nazioni a firmere,  nel maggio 2015,  un appello alle Nazioni Unite  che chiede all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) di adottare più stringenti linee guida per la protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici.

La domanda di brevetto sulla manipolazione del sistema nervoso attraverso gli schermi ad alta definizione è stata presentata a nome di “Hendricus G. Loss”:  nome palesemente fittizio (non si trova nessuna altra informazione su questa persona) dietro cui spesso si nascondono agenzie militari di ricerca e sviluppo, come il DARPA, che formalmente   non potrebbero brevettare le loro invenzioni. Ad  esempio la Raytheon  ha brevettato uno scudo per la polizia antisommossa, che emette un “siste,a sonoro” capace di mantenere a distanza i manifestanti, disorientarli e disperderli.

Riporto, ma solo per prenderne le distanze, la  tesi del mio informatore: “Le stesse onde S.S.S.S. adesso vengono diffuse nei nostri salotti attraverso gli apparecchi televisivi ad alta definizione basati sul nuovo “digitale terrestre”. Sarà per questo che oggi sono tutti  COVIDIOTI? Magari è questo il  può trovare una spiegazione e sarà il motivo per cui ci vogliono blindare in casa. In effetti il termine “Lock Down” è in uso nelle carceri statunitensi e si riferisce all’abolizione dell’ora d’aria. Tutti chiusi in casa a guardare la TV.

Ad assorbire le stesse  “sensazioni di paura, ansietà, sconforto e mancanza di speranza”  che furono dei poveri soldati iracheni? No, io non spingo il mio complottismo al livello dell’informatore. Anche perché non occorrono speciali pulsi eletromagnetici  per fare delle masse un esercito di covidioti. Sono così di natura.  La mia regola, come professionista del complottismo, è questa: mai attribuire a  un progetto ciò che la stupidità  basta a spiegare.

 

La tirannia si afferma perché arriva strisciante. 
Per cui sono  sempre abbastanza  politicamente corretti 
 che considerano gli avvertimenti esagerati 
e si calmano  distogliendo lo sguardo. 
"Stai esagerando", "questo è necessario", "che  pessimista!". 
Finché non sarà troppo tardi.
@Markus_Krall

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-tv-manipola-e-molto-piu-di-quanto-crediamo/

 

 

 

Il caso Maiorana Pelizza. Ne ho parlato: basta così?

Ho ricevuto letteralmente centinaia di mail identiche a  questa:

riferendomi all’oggetto le chiedo di trattare al meglio ed al più presto, l’invenzione del fisico Ettore Majorana e del suo allievo Rolando PELIZZA. L’intera umanità ed il nostro Pianeta Blu, hanno bisogno di molto Amore…. I poteri forti hanno sempre ostacolato con minacce, controlli quotidiani, sottrazione delle molte “macchine” costruite, la realizzazione del bene.

La invito a visionare il seguente PDF… ed anche l’ultimo libro scritto da Alfredo Ravelli su ROLANDO PELIZZA, che dev’essere conosciuto in tutto il mondo, in modo possa, essere protetto costruendo la “macchina” in pubblico.

Certa di un suo cortese riscontro, visto che lei è persona che apprezzo moltissimo, la saluto cordialmente.

P. Viola Rossi
avvdariocalifano@gmail.com
pietro.beltrame@gmail.com
ottaviomx@libero.it
luciosaccani@gmail.com
gianmariodelogu@gmail.com
fpitaccio@gmail.com
francolisi2003@yahoo.it
gasparec36@gmail.com
giocat64@gmail.com
avvdariocalifano@gmail.com

Vi  basta? siete placati?

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-caso-maiorana-pelizza-ne-ho-parlato-basta-cosi/

 

 

 

DIRITTI UMANI

Pazienti in terapia ricattati dopo il furto dei loro dati sanitari

A maggio 2020 altri hacker avevano saccheggiato i sistemi del San Raffaele

E’ successo in Finlandia, ma non ci si può lasciare andare in un impietoso “meno male” o ad un cinico “fortunatamente”.

Una simile tragedia – che potrebbe accadere (e purtroppo accade) ovunque e quindi anche dalle nostre parti – è un segnale terribile che consacra negativamente la ridotta attenzione che si dedica alla riservatezza delle informazioni e l’infima priorità assegnata all’adozione di misure di sicurezza a tutela di procedure e archivi elettronici.

le conseguenze della non idoneità delle misure di sicurezza

Molti pazienti di una grande struttura clinica finlandese sono stati contattati personalmente da un estorsore entrato in possesso dei loro dati sanitari relativi a cartelle psicoterapeutiche.

E’ capitato in questi giorni a chi aveva fruito di cure ed altri servizi da Vastaamo, una delle più grandi realtà nel settore medico nella regione scandinava con una ventina di aree di intervento e migliaia e migliaia di “clienti”.

Vastaamo – subito chiamata in causa da chi è stato brutalmente ricattato – ha invitato i propri pazienti a rivolgersi alle forze di polizia per denunciare l’accaduto e ha spiegato di aver subito un furto di dati a novembre del 2018, episodio poi ripetutosi presumibilmente nella primavera successiva.

I dati sanitari sfruttati per l’azione estorsiva si profilerebbero di estrema criticità: non si limitano agli elementi di identificazione anagrafica (comunque pericolosamente riutilizzabili da chi intenda perpetrare un ben congegnato furto di identità) ma vanno ad includere il contenuto dell’intero fascicolo di chiunque sia stato visitato e sottoposto a terapia. La scheda di ciascuno era infatti corredata di tutti gli appunti presi nel corso delle visite e delle sedute terapeutiche. Non è quindi difficile immaginare quale delicatezza possa caratterizzare un simile contenuto che – finito nelle mani sbagliate – costituisce un grimaldello per scardinare la già fragile situazione in cui versa chi si era rivolto a Vastaamo per superare le proprie difficoltà e per curare il proprio disagio.

l’ammissione di colpa

Il Centro di Psicoterapia Vastaamo ha recitato un solenne mea culpa pubblicando un comunicato stampa sul proprio sito in cui ha cercato di far luce sul devastante episodio di “hacking”.

Vastaamo palesa di brancolare nel buio e dichiara che “non è stato possibile ottenere la piena certezza sullo svolgimento dell’indagine”. Riesce solo a precisare che “è ovvio che ci sono state carenze nella sicurezza di Vastamo che hanno consentito ai criminali di entrare nel database prima della metà di marzo 2019”.

Certamente non consola chi adesso viene ricattato il poter leggere “Siamo profondamente dispiaciuti per quello che è successo e per conto dei nostri clienti che sono stati compromessi. Ci scusiamo per le carenze nella sicurezza dei dati, le cui conseguenze e il cui costo umano sono diventati estremamente pesanti”.

Il Consiglio di Amministrazione senza esitazione ha ammesso testualmente che “c’è stata una mancanza di protezione nel sistema informativo dei clienti della corrispondenza, a cui i criminali hanno avuto accesso in quel momento. E, come è ovvio che sia, ha licenziato in tronco l’amministratore delegato Ville Tapio ritenuto perfettamente a conoscenza delle vulnerabilità delle protezioni a difesa dei sistemi informatici di Vastaamo e ovviamente al corrente delle avvenute violazioni compiute dai pirati informatici.

ma al San Raffaele di Milano invece cosa è successo?

Viene in mente che a maggio scorso il San Raffaele è stato bersaglio di analoga incursione. Gli stessi pirati avevano dato l’annuncio su Twitter e nessuno mostrò particolare apprensione.

Viene legittimamente da chiedersi se – tra due anni – qualcuno sfrutterà le informazioni sgraffignate. Quasi i dati fossero litri di buon vino e gli hacker sopraffini sommelier, dopo un minimo invecchiamento in qualche barrique digitale potrebbe saltar fuori qualcuno pronto a mescere dettagli sanitari la cui diffusione certo non è auspicabile.

Il San Raffaele ha sempre detto che la situazione era ed è sotto controllo, Anonymous e LulzSec – invece – si sarebbero mostrati di diverso avviso.

Cosa ha scoperto il Garante della privacy nel frattempo?

FONTE: https://www.infosec.news/2020/11/01/news/pazienti-in-terapia-ricattati-dopo-il-furto-dei-loro-dati-sanitari/

 

 

 

ECONOMIA

Allungano le mani…

Marco Rizzo aveva appena preconizzato:

«Prelievo forzoso in arrivo. A rischio risparmi, immobili e pensioni». Parla Marco Rizzo

Pierandrea Ferrari

28 Ottobre 2020 – 17:42

Una patrimoniale sarebbe oramai imminente: a rischio i risparmi, le case di proprietà, la sanità pubblica e le pensioni secondo Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista.

La pandemia ha gonfiato i conti correnti degli Italiani (ma il trend è stato uniforme in tutta l’Unione europea, ad eccezione della Germania) che tradizionalmente vedono nel risparmio un solido rifugio in tempi di crisi.

Ma è proprio questo risparmio che potrebbe ingolosire il Governo italiano, affaccendato più che mai a far quadrare conti fuori controllo. Ne è convinto Marco Rizzo, che aggiunge:

“Faranno un prelievo forzoso, e se non lo faranno obbligheranno l’uso del contante, schedandoci dentro le banche. Parliamo del popolo, non dell’altissima borghesia che sa come proteggere il proprio denaro”. Appena ha fatto a tempo a parlare, ed ecco l’uomo del Colle che occhieggia

Mattarella: «Crisi profonda, il risparmio aiuti la ripartenza»

“La grave situazione economica e le preoccupazioni per la diffusione dei contagi – sostiene il Capo dello Stato – hanno indotto un sensibile aumento del tasso di risparmio di famiglie e imprese. Queste risorse, se adeguatamente utilizzate, potranno contribuire a sostenere una rapida ripresa di consumi e investimenti”

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/allungano-le-mani/

 

 

 

CONTE HA FIRMATO: INIZIA LA SVENDITA DELL’ITALIA

31 ottobre 2020

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VIDEO QUI: https://youtu.be/SstSHk3vWe4

FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=SstSHk3vWe4&feature=youtu.be

 

 

Il grande bluff del Recovery Fund.

Pedrizzi: “Solo 36 miliardi, niente a fondo perduto: è un debito e basta”

lunedì 28 Settembre 15:54 – di Marta Lima
“Dal programma Ngeu (Next Generetion Eu), il nuovo nome dell’ex Recovery Fund, che si prefigge di pilotare l’Europa al di fuori della crisi del coronavirus, appena reso noto, si ha conferma ufficialmente di quanto da tempo andiamo sostenendo e cioè che tutto quello che arriverà dall’Europa dovrà essere restituito”. Lo dichiara Riccardo Pedrizzi già Presidente della commissione finanze e tesoro del Senato.
“Nei giorni scorsi – prosegue Pedrizzi – la Commissione europea è stata autorizzata a reperire risorse fino a 750 milioni di euro sui
mercati dei capitali per conto dell’Unione europea. I fondi potranno essere utilizzati per fornire prestiti fino a 360 miliardi di euro e
”trasferimenti” fino a 390″.“Per essere chiari, dei 750 miliardi di euro che l’Europa dà come pacchetto per la ripresa, metà sono trasferimenti (si tratta in effetti di sovvenzioni della comunità europea) e metà sono prestiti veri e propri. I prestiti verranno rimborsati dagli Stati membri e comunque sono un vero e proprio debito” spiega Pedrizzi.

Pedrizzi: “Gli Stati membri della Ue pagheranno anche i trasferimenti”

“I trasferimenti – aggiunge Pedrizzi – pure saranno rimborsati, ma con aumento sia dei contributi dei singoli stati rapportati al Pil nazionale e sia delle risorse proprie degli stessi Stati, attualmente parametrate ad una percentuale dell’Iva. Infatti il Consiglio europeo ha stabilito di riformare il sistema delle risorse proprie dell’Unione e di garantire che i rimborsi dei trasferimenti siano coperti da contributi basati sul reddito nazionale lordo degli Stati membri e da nuove risorse proprie dell’Ue. Dunque, pagheranno sempre gli Stati membri anche per i ‘trasferimenti’”.

“Per l’aumento delle risorse ci saranno in effetti, presumibilmente, più tasse, perché queste risorse possono derivare sia dagli aumenti delle tasse e delle relative aliquote, sia dai tagli di bilancio, che attualmente appaiono difficili da realizzare, anche se il ministro dell’Economia, Gualtieri ha già chiesto si singoli dicasteri di studiare al più presto i rispettivi tagli di bilancio” spiega Pedrizzi. “Inoltre si è avuta conferma del fatto che i trasferimenti, al netto dei rimborsi, ammonteranno a quasi 2 punti di Pil”.

La montagna partorirà un topolino di 36 miliardi di euro

Per l’Italia pertanto si tratterebbe di ricevere 36 miliardi di euro circa. Ma il dato ancora non è confermato e su di esso ci sono opinioni discordi sulla sua affidabilità”. Naturalmente, continua Pedrizzi, “i rimborsi avverranno con tempi dilatati rispetto all’afflusso delle risorse. Infatti mentre queste potranno essere erogate agli Stati entro la fine del 2026 i rimborsi potranno avvenire al più tardi entro il 31 dicembre 2058”. Questo, conclude l’ex Presidente della commissione finanze e tesoro del Senato, “è in effetti l’unico vantaggio complessivo dell’operazione che era partita dai predetti 750 miliardi. Insomma la montagna ha partorito un topolino”.

FONTE: https://www.secoloditalia.it/2020/09/il-grande-bluff-del-recovery-fund-pedrizzi-solo-36-miliardi-niente-a-fondo-perduto-e-un-debito-e-basta/

 

 

GIUSTIZIA E NORME

I DPCM SONO DISAPPLICABILI

NOTIZIA E ANTEPRIMA ASSOLUTA
I DPCM SONO DISAPPLICABILI
La parola a Carlo Nordio

VIDEO DA VEDERE ED ASCOLTARE ATTENTAMENTE

FONTE: https://www.facebook.com/608375839515998/videos/3158418927603299/

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

IL RAPPORTO CINA-HONG KONG E SVILUPPI FUTURI

by Gennaro Calimà – 2 NOVEMBRE 2020

Sommario1. Premessa – 2. Ragioni storiche dell’autonomia di Hong Kong – 3. Un Paese, due sistemi – 4. Sviluppi recenti – 5. Possibili sviluppi futuri

 

1. Premessa

La seguente trattazione ha come obiettivo la comprensione dei rapporti intercorrenti tra Cina e Hong Kong alla luce delle più recenti notizie provenienti dall’estremo oriente che vedono una progressiva erosione dell’autonomia di cui gode la città in favore dell’autorità centrale. Sarà necessaria innanzitutto una disamina storica utile a capire come Hong Kong abbia ottenuto lo speciale status di cui gode, successivamente saranno analizzate le norme di diritto pubblico che regolano tale status unitamente alle leggi di recente emanazione che di fatto lo stanno limitando, infine verranno analizzati i possibili futuri sviluppi della questione, soprattutto in virtù del diritto internazionale.

2. Ragioni storiche dell’autonomia di Hong Kong

I particolari rapporti intercorrenti tra Cina e Hong Kong hanno origine nella prima guerra dell’oppio, combattutasi tra Cina e Impero britannico sul finire della prima metà del XIX secolo.

Le cause scatenanti la guerra furono principalmente due, in primo luogo il grave deficit della bilancia commerciale sofferto dell’Impero britannico il quale importava grosse quantità di merci dalla Cina ma contestualmente non riusciva ad esportare i propri prodotti in quelle terre, dal momento che nel Celeste Impero, e questa è la seconda causa, ci si faceva pagare solo ed esclusivamente attraverso l’argento. L’impiego di questo metallo prezioso era tuttavia deleterio per gli inglesi che non ne disponevano in grosse quantità ma anzi erano costretti a convertire le proprie riserve d’oro sottoponendosi dunque al rischio di una svalutazione della sterlina. Insomma, il commercio con la Cina, a queste condizioni, era totalmente antieconomico e andava urgentemente trovata una scappatoia che permettesse di riequilibrare una tale sfavorevole situazione. La scappatoia venne individuata proprio nell’oppio, presente in grosse quantità nella regione indiana del Bengala, a quel tempo posta sotto il dominio inglese, che in Cina andava a ruba ed era molto diffuso tra le classi più abbienti, tanto che già dal ‘700 era stato oggetto di editti imperiali proibizionisti. Nello specifico, l’intento degli inglesi era di rendere l’oppio un bene diffuso tra tutte la classi sociali ed elevarlo pertanto ad oggetto di scambio con il quale importare i beni cinesi sempre più richiesti in Europa e riequilibrare così la bilancia commerciale. Il contrabbando di oppio per mano inglese produsse allora due effetti determinanti, innanzitutto rappresentò una grave piaga sociale che investì drammaticamente l’intera popolazione ma soprattutto generò uno scompenso insostenibile per le casse cinesi in quanto l’enorme domanda ne fece ben presto aumentare il valore in misura tale da superare quello dei beni cinesi richiesti in Europa. Fu allora che gli inglesi iniziarono a farsi pagare in argento, originando una fuoriuscita dai confini cinesi del metallo prezioso talmente ingente da far piombare il Paese in una situazione fuori controllo. Infatti, il prezzo dell’argento, a causa della sua scarsità, saliva a dismisura, mentre il prezzo del rame diminuiva sensibilmente. A quel punto “i lavoratori e i soldati, che venivano pagati in monete di rame, furono colpiti dall’inflazione, e i contadini, che per il fisco dovevano cambiare le loro monete di rame in argento, non riuscirono più a pagare le tasse, e furono costretti a indebitarsi”[1]. L’impossibilità nel riscuotere i tributi portò inevitabilmente ad un ulteriore impoverimento delle casse cinesi, già provate da decenni di scelte infelici in ambito economico e bellico. La disperata risposta cinese, per mano dell’imperatore Daoguang, consistette nell’imposizione di rilevanti misure draconiane che in qualche modo potessero porre fine al contrabbando dello stupefacente: venne sancita la pena di morte per i contrabbandieri e i loro complici, vennero distrutte le imbarcazioni funzionali al trasporto e infine vennero inasprite le misure proibizioniste, che però non fecero altro che alimentare l’illegalità e la corruzione tra chi era chiamato a far rispettare tali misure. La reazione inglese non si fece attendere, la guerra era appena cominciata.

Una guerra tuttavia impari a causa della superiorità tecnologica, strategica e militare degli inglesi che si servivano di armi moderne, battelli corazzati e soldati professionisti. Fu con estrema facilità dunque che i sudditi della regina Vittoria risalirono la costa orientale cinese fino a Nanchino dove, nel 1842, l’imperatore Daoguang fu costretto a firmare il trattato omonimo con il quale attribuiva grossi vantaggi alla Gran Bretagna tra cui ingenti risarcimenti per la guerra appena conclusa, l’apertura al commercio delle città cinesi geograficamente strategiche, la fissazione di dazi concordati, l’accreditamento dei diplomatici inglesi e soprattutto la cessione perpetua dell’isola di Hong Kong[2], che fu proclamata colonia britannica un anno dopo, nel 1843[3]. All’isola appena acquisita si aggiunsero nel 1860 l’antistante penisola di Kowloon[4], anch’essa ceduta in perpetuo, e nel 1898 i cosiddetti Nuovi Territori, ceduti tuttavia solo in “affitto” per 99 anni[5].

Da un punto di vista amministrativo la colonia era retta da un Governatore nominato direttamente dal sovrano del Regno Unito e da due organi collegiali, il Consiglio Esecutivo e il Consiglio Legislativo[6], i cui membri non erano eletti bensì nominati dal Governatore stesso[7], che quindi esercitava di fatto un potere quasi incontrastato.

Sotto l’egida del Regno Unito l’isola e gli altri territori vissero un impressionante periodo di crescita demografica che fece più che raddoppiare la popolazione. Era infatti la norma che dissidenti, criminali e contadini cinesi provenienti dalle zone rurali emigrassero a Hong Kong insieme a tecnologia, capitali e manodopera a basso costo che, unitamente all’eccellente posizione geografica e all’impulso inglese, resero la colonia un ricco centro internazionale per il commercio con l’Europa e gli Stati Uniti[8]. Ricchezza che crebbe notevolmente intorno agli anni ’50 e ’60 del XX secolo quando il ridimensionamento del commercio costrinse i locali ad avviare con successo nuove attività industriali[9] e altre legate al terzo settore, come quelle bancarie e finanziarie[10]. Nel frattempo, il flusso di persone, e quindi di idee e denaro, non si arrestava, continuavano infatti ad arrivare immigrati cinesi che principalmente sfuggivano al regime repressivo della Repubblica Popolare.

Il punto di svolta nella storia contemporanea di Hong Kong si ebbe a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Erano anni di grandi riforme e cambiamenti per la Cina la cui leadership dopo la morte di Mao, avvenuta nel 1976, fu de facto assunta da Deng Xiaoping, ideatore della dottrina del cosiddetto “socialismo con caratteristiche cinesi”, vale a dire un sistema economico che si lasciava alle spalle la pianificazione per abbracciare l’apertura al mercato, anche internazionale, sebbene sotto la costante supervisione del Governo. Le parole d’ordine erano improvvisamente diventate “attirare gli investimenti dall’estero” e per questo furono istituite delle Zone economiche speciali (le città di Shenzen, Xiamen, Shantou, Zhuhai, e altre) le quali dovevano facilitare l’arrivo dei capitali stranieri rispetto a quello che era l’assetto economico-istituzionale allora vigente[11]. E proprio nell’ambito di questa strategia epocale può essere allora letto il desiderio cinese di ristabilire la propria sovranità sul “porto profumato”[12], che nel frattempo, come già anticipato, era diventato una rilevante piazza finanziaria ed economica, la più importante d’Asia insieme al Giappone. Insomma, l’economia di Hong Kong poteva e doveva rappresentare un volano per l’intero Paese.

Ma non solo. Si avvicinava infatti l’anno 1997 che in base agli accordi del 1898 doveva coincidere con il termine finale della presenza inglese nei Nuovi Territori (che erano stati ceduti, lo si è detto, per 99 anni). Il Regno Unito tentò in tutti i modi di provare a rinnovare il contratto di “fitto” ma trovò soltanto rifiuti dal lato cinese. A quel punto, per gli inglesi, mantenere il controllo della sola isola di Hong Kong e della penisola di Kowloon (che erano state cedute in perpetuo) senza i Nuovi Territori rappresentava un peso non indifferente e un compromesso del tutto problematico. Era infatti nei Nuovi Territori che si trovavano le principali infrastrutture (porti e aeroporti) così come le strutture adibite al soddisfacimento dei bisogni essenziali della città. In altri termini, senza i territori acquisiti in “affitto” alla fine dell’800 la colonia perdeva la sua autonomia economica e diventava “ostaggio della Cina popolare”[13]. Divenne quindi più semplice per il Governo inglese privarsene non prima però di aver concordato con i cinesi il futuro della città in maniera tale che essa potesse continuare a soddisfare i propri interessi economici[14].

Sul finire degli anni ‘70 iniziarono pertanto una serie di incontri propedeutici al raggiungimento di un accordo che riportasse la colonia alla madrepatria. Accordo che venne effettivamente raggiunto nel 1984 quando Zhao Ziyang, il Primo Ministro cinese, e Margaret Thatcher, il Primo Ministro del Regno Unito, si resero firmatari della Dichiarazione congiunta sino-britannica, nella quale gli inglesi si impegnavano a restituire la città e gli altri territori alla madrepatria dal primo luglio 1997, e la Repubblica Popolare, di contro, si impegnava ad osservare, per un periodo di 50 anni, una pluralità di obblighi aventi ad oggetto il trattamento da riservare in futuro alla ex colonia, un trattamento favorevole, sintetizzabile per mezzo del principio “un Paese, due sistemi”, finalizzato a incoraggiare l’arrivo di nuovi investitori, e a dissuadere quelli già presenti dal portare altrove i propri capitali, e mantenere pressoché intatti gli interessi britannici nella zona.

3. Un Paese, due sistemi

L’articolo 31 della Costituzione cinese attribuisce la possibilità di creare delle cosiddette “regioni amministrative speciali” (o Special Administrative Region – SAR in inglese) in tutte quelle ipotesi in cui ciò si renda necessario. È sulla base di questa norma costituzionale che il Governo cinese decise dunque di disciplinare i rapporti con la ex colonia britannica, stendendo nel 1990 la Legge Fondamentale della futura SAR che recepiva gli impegni assunti nell’ambito della Dichiarazione congiunta del 1984.

In particolare, la Legge Fondamentale attribuisce e assicura a Hong Kong un “ampio grado di autonomia”[15] ad eccezione che nei settori della politica estera e della difesa, i quali rimangono una prerogativa esclusiva dell’autorità centrale, anche nell’interesse degli appena riacquisiti territori[16].

Al fine di garantire concretamente ed effettivamente il su citato grado di autonomia, la Legge Fondamentale assicura altresì l’indipendenza dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario i cui membri devono essere eletti o nominati esclusivamente tra i cittadini cinesi residenti in maniera permanente a Hong Kong[17].

Per quanto riguarda il potere esecutivo, esso è esercitato da uno Chief Executive il cui mandato ha durata quinquennale rinnovabile una volta sola e che assolve alle funzioni di Capo del Governo (l’Executive Council) e rappresentante della Regione. Invero, egli gode di più ampi poteri, alcuni dei quali equiparabili a quelli di un Capo di Stato, si pensi a tal proposito al potere di promulgare le leggi una volta approvate dall’organo legislativo ovvero al potere di nomina di alcuni dei componenti l’autorità giudiziaria di Hong Kong[18].

Deve trattarsi, come già anticipato, di un residente permanente della città il quale viene selezionato attraverso procedimenti elettivi specifici ma la cui nomina formale spetta pur sempre al Governo di Pechino.

Le funzioni legislative sono invece assolte dal Legislative Council, un organo collegiale monocamerale composto da 70 membri eletti secondo modalità indicate dalla legge, tra i quali membri viene a sua volta eletto un presidente. Nello specifico, 35 dei 70 “deputati” sono eletti attraverso suffragio universale dai cittadini, mentre i restanti sono eletti da un apposito comitato elettorale[19]. I compiti del Council consistono essenzialmente nell’approvare, emendare, abrogare leggi ovvero presentare proposte di legge ma anche nell’approvare il bilancio annuale, discutere sull’indirizzo politico del Capo Esecutivo e su ogni altra questione di pubblico interesse[20].

Si è detto che le leggi approvate dal Legislative Council devono essere promulgate dal Capo dell’esecutivo per poter entrare in vigore. Invero, nell’iter legislativo un ruolo chiave è giocato anche, ai sensi dell’articolo 17 della Legge Fondamentale, dal Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo[21] al quale deve essere segnalato ogni atto legislativo approvato dal Council[22]. Qualora il Comitato Permanente, consultato il Comitato per la Legge Fondamentale della SAR, dovesse ravvisare una incongruenza tra una legge della SAR e i principi costituzionali che ne disciplinano il potere legislativo, il Comitato Permanente può rinviare la legge in questione al Legislative Council per un riesame. A seguito del rinvio la legge perde di efficacia, sebbene in maniera irretroattiva, con la conseguenza che gli effetti fino ad allora prodotti permangono.

Infine, le funzioni giudiziarie sono assolte dalle “corti di Hong Kong” le quali consistono nella Court of Final Appel (il Tribunale di ultima istanza), nella High Court, nelle district courts e nelle altre eventuali corti stabilite dalla legge.

I giudici componenti le su citate istituzioni giudiziarie sono chiamati a decidere sulla base del sistema giuridico vigente nel periodo coloniale[23], il quale è stato infatti mantenuto intatto così come intatto è rimasto il sistema di common law tipico dei Paesi anglosassoni.

Come già anticipato, i giudici della città sono nominati dallo Chief Executive sebbene sulla base delle raccomandazioni di una commissione locale indipendente composta da giudici, da esponenti degli altri settori legali e da insigni individui provenienti dagli altri settori del tessuto sociale[24]. Nonostante questo, però, i giudici mantengono la loro indipendenza e libertà dalle ingerenze non soltanto delle autorità locali ma anche di quelle centrali, unitamente all’immunità rispetto alle azioni svolte nell’esercizio del potere giudiziario[25].

L’essenza del principio “un Paese, due sistemi” è tuttavia certamente ravvisabile nella diversità del sistema economico rispetto a quello della Cina continentale. Al riguardo l’articolo 5 della Legge Fondamentale dispone che il sistema socialista non troverà applicazione nella Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong prima del 2047, in altri termini per un arco di tempo di 50 anni a decorrere dal 1997, ciò significa che fino ad allora la SAR sarà caratterizzata da un sistema capitalista mentre da quel momento in poi troverà applicazione il sistema vigente nella Repubblica Popolare, e lo stesso si può dire per i rapporti di natura economica intercorrenti tra i cittadini e tra loro stessi e l’autorità, sia centrale che locale. Al riguardo il combinato disposto degli articoli 6 e 105 eleva il diritto di proprietà, in tutte le sue sfaccettature, a diritto fondamentale sia delle persone fisiche che di quelle giuridiche, le quali potranno liberamente agire per la tutela giudiziale del suddetto diritto. Allo stesso modo, l’articolo 115 tutela la libertà di impresa garantendo i principi del libero commercio e della libera circolazione di beni, mobili e immobili, e di capitali, diversamente da quanto avviene nella Cina socialista in cui è costante la supervisione del Governo.

L’autonomia dell’apparato economico si sostanzia poi nella previsione di un proprio sistema fiscale, di un proprio sistema doganale e nella possibilità di continuare a battere moneta in maniera del tutto slegata da Pechino[26].

Per quanto riguarda i diritti civili e politici, la Legge Fondamentale assicura le ormai consolidate libertà di derivazione occidentale a tutti i cittadini, senza distinzione alcuna, anche alla luce del Patto internazionale per i diritti civili e politici e del Patto internazionale per i diritti economici, sociali e culturali, i quali sono recepiti nell’ordinamento di Hong Kong. È assicurata pertanto la libertà di parola, di stampa, di associazione, assemblea e sciopero, la libertà personale, del domicilio e della corrispondenza, la libertà religiosa, il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti oltre ai già menzionati diritto di proprietà e libertà di impresa[27].

4. Sviluppi recenti

Fin dai primi anni della cosiddetta “Riunificazione” i timori della popolazione hongkonghese e della comunità internazionale si sono focalizzati sulla possibile soppressione dei diritti civili e politici da parte del Governo centrale. Invero, ciò non è mai avvenuto, anzi, Pechino ha sempre evitato ingerenze negli affari interni di Hong Kong, consentendo addirittura manifestazioni, quali le commemorazioni per le Proteste di Piazza Tienanmen del 1989, palesemente contestatorie dell’autorità centrale[28].

Dal 2002 tuttavia iniziarono ad osservarsi nuove dinamiche che andavano in una direzione totalmente opposta. In quegli anni infatti il Governo locale, attraverso lo Chief Executive, propose un disegno di legge attuativo dell’articolo 23 della Legge Fondamentale[29], secondo cui la SAR è chiamata ad emanare un’adeguata legislazione volta alla proibizione di ogni atto di tradimento, sedizione, secessione e sovversione nei confronti dello Stato così come ogni attività politica all’interno della SAR da parte di enti e organismi politici stranieri e ogni rapporto tra le autorità locali e i suddetti enti o organismi. Il disegno di legge nello specifico prevedeva la pena dell’ergastolo per chi si rendeva autore dei crimini sopra menzionati e il rafforzamento dei poteri della polizia in ordine a fermi e perquisizioni di individui sospetti. Non mancava infine la possibilità di limitare la libertà di associazione e riunione[30].

La proposta dell’esecutivo diede origine a rilevanti proteste le quali sfociarono, il 1° luglio del 2003, in un’imponente manifestazione che vide mezzo milione di persone scendere in piazza e che costrinse lo Chief Executive a sospendere il disegno fino a data da destinarsi[31].

Il secondo decennio degli anni duemila è stato caratterizzato da proteste ancor più massicce che hanno indotto i media a coniare la formula “Rivoluzione degli ombrelli” per definirle. Tutto ebbe inizio nel 2014 in vista delle imminenti elezioni dello Chief Executive previste per il 2017.

Fin dall’Handover[32] l’aspirazione principale dei movimenti pro-democrazia era quella di attuare un sistema a suffragio universale, che consentisse cioè un’elezione diretta dello Chief Executive da parte di tutti i cittadini della città, senza distinzione alcuna. Fino a quel momento infatti la selezione del capo esecutivo consisteva in un’elezione da parte di un Comitato Elettorale composto da membri provenienti da diversi settori sociali che, sostanzialmente, si ritrovavano ad essere sempre in maggioranza filogovernativi.

Ora, l’elezione dello Chief Executive di Hong Kong è disciplinata dalla Legge Fondamentale, da un suo Allegato, il primo, nello specifico, e da ciò discende che la definizione del sistema elettorale spetta esclusivamente al Congresso Nazionale del Popolo, l’unico organo cioè legittimato ad emendare la Basic Law ai sensi dell’articolo 159[33]. Ed effettivamente il CNP promise in vista delle elezioni del 2017 il varo di una riforma elettorale che fosse democraticamente orientata, la quale tuttavia prevedeva sì il suffragio universale ma in riferimento ad una rosa di candidati estremamente ristretta e che comunque doveva essere approvata da un apposito comitato filo pechinese[34]. Si trattava, in altri termini, di elezioni libere e democratiche in via puramente formale dato che nella sostanza i possibili capi dell’esecutivo continuavano ad essere scelti dall’autorità centrale.

Ciò ha portato come detto allo scoppio della Rivoluzione degli ombrelli del 2014, una protesta di ampie proporzioni cui parteciparono principalmente giovani e studenti e che bloccò completamente la città per ben 79 giorni.

I moti di protesta portarono poi il CNP a ritirare la proposta di riforma elettorale e a mantenere, sebbene con lievi modifiche, il sistema fino ad allora vigente[35], attraverso il quale, tra l’altro, venne eletto l’attuale Chief Executive, Carrie Lam.

Proprio la Lam si rese promotrice nel 2019 di una proposta di legge che avrebbe consentito l’estradizione verso la Cina per particolari reati, tra i quali l’omicidio e la violenza sessuale, ad esclusione comunque di quelli di natura economico-finanziaria e soprattutto di quelli politici. Nonostante questo, tuttavia, le forze autonomiste e quelle democratiche videro con preoccupazione la proposta di legge e la assimilarono ad un pretesto di Pechino atto al raggiungimento dei dissidenti politici rifugiatisi nella SAR ovvero degli oppositori locali e quindi ad un ulteriore tassello verso quell’integrazione totale della città allo Stato centrale che ormai non sembrava più così lontana[36].

Come già accaduto in passato, una tale messa in pericolo alla già fragile democrazia hongkonghese ha portato i manifestanti a scendere nuovamente in piazza, questa volta in maniera ancora più incisiva ed in una misura tale da costringere lo Chief Executive a ritirare la Extradition Bill[37].

Data l’incapacità degli organi regionali di apportare modifiche ordinamentali atte a tutelare i propri interessi, il Governo di Pechino ha nel 2020 emanato la “Legge della Repubblica Popolare Cinese sulla salvaguardia della sicurezza nazionale nella Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong[38]. Si tratta essenzialmente di una legge nazionale emanata dal Comitato Permanente del CNP che tuttavia ha validità nel territorio della SAR nonostante la sua autonomia legislativa. Ciò si è reso possibile alla luce dell’articolo 18 della Legge Fondamentale il quale dispone che tutte le leggi nazionali della Cina continentale incluse nell’Allegato III della medesima Legge trovano diretta applicazione anche nella SAR e che all’Allegato in questione possono aggiungersi nuove leggi nazionali a totale discrezione dell’autorità centrale, in quanto, come affermato in precedenza, unica entità legittimata ad emendare la Basic Law.

In altri termini, l’autorità centrale ha eluso le resistenze e le perplessità imperanti a Hong Kong scavalcando l’organo legislativo della città attraverso uno strumento, l’Allegato III, certamente pensato per altre finalità. È in ogni caso fatta salva una sorta di ratifica da parte degli organi regionali, chiamati a promulgare la legge affinché essa sia pienamente efficace[39].

Nello specifico la legge si propone di prevenire, sopprimere e punire i reati di secessione, sovversione, organizzazione e perpetrazione di attività terroristiche, e collusione con Paesi stranieri o con elementi esterni tale da mettere in pericolo la sicurezza nazionale.

Per fare ciò è prescritta l’istituzione di un Comitato per la salvaguardia della sicurezza nazionale posto sotto la sostanziale supervisione del Governo centrale e composto principalmente da membri delle istituzioni hongkonghesi cui si affianca un Consigliere per la sicurezza nazionale designato direttamente da Pechino. Il Comitato non deve essere confuso con l’Ufficio per la salvaguardia della sicurezza nazionale il quale rappresenta invece un organismo della RPC di stanza presso la SAR avente competenze anche giurisdizionali.

È prevista altresì l’istituzione di un’apposita Procura specializzata nel perseguimento delle condotte in esame e di un apposito Dipartimento per la salvaguardia della sicurezza nazionale presso la polizia di Hong Kong. La composizione di tale forza di polizia può variare, nel senso che possono prestarvi servizio anche soggetti del tutto estranei alla città, come per esempio funzionari, militari e membri dell’intelligence cinese[40]. I membri della Procura invece sono nominati dal Segretario alla Giustizia della SAR previo consenso del Comitato per la salvaguardia della sicurezza nazionale, mentre il giudice posto a capo di detta Procura viene nominato dallo Chief Executive non prima però di aver ottenuto un riscontro positivo da parte dell’Ufficio per la salvaguardia della sicurezza nazionale.

La seconda parte della legge si preoccupa poi di determinare il regime sanzionatorio relativo ai reati sopra descritti. Le pene vanno da un minimo di tre anni ad un massimo dell’ergastolo a seconda della gravità della condotta tenuta e del grado di coinvolgimento nella stessa[41].

Uno dei punti cruciali della nuova disciplina è poi sicuramente ravvisabile nel Capitolo IV recante disposizioni sul foro competente a giudicare. Ai sensi dell’articolo 40 i tribunali competenti sono quelli della città, tuttavia nei casi indicati dall’articolo 55 la disciplina è notevolmente diversa. Infatti, qualora il caso per il quale si procede sia troppo complesso a causa del coinvolgimento di forze straniere ovvero le autorità locali siano impossibilitate a vario titolo a procedere ovvero ancora sussista un imminente rischio per la sicurezza nazionale la giurisdizione è attribuita all’Ufficio per la salvaguardia della sicurezza nazionale cui prima si è fatto cenno, in altri termini allo Stato centrale, con la conseguenza che ad essere applicate sarebbero le regole e le procedure proprie della legislazione criminale della RPC.

L’emanazione di questa legge ha destato scalpore, non soltanto all’interno della comunità locale ma anche di quella internazionale[42].  Il deciso intervento del Governo centrale è stato visto essenzialmente come un mero pretesto per ristabilire il pieno controllo sulla SAR, mandando di fatto in pensione anticipata il principio “un Paese, due sistemi”, ma soprattutto per combattere e annientare una volta per tutte le opposizioni operanti nella città[43]. La legge è infatti caratterizzata dalla presenza di un ampio numero di clausole eccessivamente vaghe che legittimano gli organi giudicanti ad interpretazioni estensive e certamente pro Governo centrale a causa del fondamento della loro autorità[44]. A queste condizioni diventa estremamente facile per Pechino perseguire tutti quei soggetti che in un modo o nell’altro minano l’autorità centrale, dai leader dei movimenti e dei partiti di opposizione[45] tacciati di essere pericolosi secessionisti, ai semplici manifestanti che invocano soltanto un maggiore grado di democrazia e riforme in tal senso orientate come per esempio l’introduzione del suffragio universale. Non è un caso infatti che il Governo centrale abbia etichettato i manifestanti come terroristi e le attività da essi svolte come estremamente pericolose per la tenuta della sicurezza nazionale[46].

5. Possibili sviluppi futuri

Alla luce di quanto detto fino ad ora una serie di interrogativi sorgono spontanei: quale futuro attende Hong Kong? Sarà interamente integrata allo Stato centrale, manterrà intatta la sua autonomia o dichiarerà la sua indipendenza?

Di sicuro la Cina non intende privarsene o quantomeno porre fine al processo di integrazione forzata, principalmente per due motivi. Innanzitutto, perché la città rappresenta un asset importantissimo, in termini finanziari e logistici, per le proprie aspirazioni di egemonia economica e commerciale, soprattutto alla luce del progetto relativo alla Greater Bay Area, vale a dire un’area coincidente con la regione del Guandong, geograficamente comprensiva anche di Hong Kong e Macao, che nelle intenzioni del Governo è destinata a diventare un’imponente distretto tecnologico assimilabile alla Silicon Valley statunitense[47]. In secondo luogo, una linea più morbida del Governo centrale nei confronti della città presterebbe il fianco alle mire indipendentiste di altri territori notoriamente problematici come il Tibet e la provincia dello Xinjiang, e metterebbe altresì in pericolo la anelata riunificazione con Taiwan.

Di sicuro è anche che il regime di amministrazione speciale di cui gode la ex colonia ha una durata limitata nel tempo, è infatti il 2047 l’anno in cui la RPC potrà legittimamente integrare i territori della SAR ai suoi. C’è da chiedersi pertanto se questa di fatto anticipata rinuncia unilaterale al principio “un Paese, due sistemi” possa trovare una qualche giustificazione giuridica. Da un punto di vista del diritto interno, sia della RPC che della SAR, non sussistono appigli validi per dimostrare il contrario, soprattutto se si considera che la Basic Law non è fonte sovraordinata rispetto alle leggi nazionali cinesi[48]. Sembra pertanto che il Congresso Nazionale del Popolo abbia agito, nell’emanare la Legge sulla sicurezza nazionale, in conformità ai limiti costituzionali che gli sono attribuiti. Certo, alla luce del fatto di aver by-passato il potere legislativo hongkonghese si potrebbe contestare una errata interpretazione rispetto alla Legge Fondamentale, il problema è che l’organismo deputato alla risoluzione di eventuali “conflitti di attribuzione” è lo stesso Congresso Nazionale del Popolo attraverso il Comitato Permanente[49], che certamente non può considerarsi giudice imparziale.

Il discorso è diverso se si fa rinvenire il fondamento della Basic Law nella Dichiarazione sino-britannica del 1984 perché in questo caso la Repubblica Popolare, anticipando di fatto la fine dell’autonomia di Hong Kong, starebbe violando un Trattato internazionale in piena regola[50] registrato peraltro presso le Nazioni Unite come accordo vincolante[51]. Se così fosse il Regno Unito potrebbe agire nei confronti della Cina attuando una serie di contromisure in funzione di autotutela, come per esempio le sanzioni economiche, in conformità al diritto internazionale consuetudinario. Invero, anche tutti gli altri Stati della comunità internazionale potrebbero invocare la responsabilità internazionale della Cina sebbene solo in riferimento alle violazioni delle norme consuetudinarie cogenti (ius cogens) le quali proteggono anche i diritti fondamentali della persona[52].

Per quanto riguarda l’ultimo punto, sull’ipotesi della secessione, la situazione è certamente più spinosa. Nell’ambito dello ius cogens sopra menzionato è ricompreso il “principio di autodeterminazione dei popoli[53] il quale trova un suo fondamento anche nel diritto positivo, per la precisione negli articoli 1, 55 e 56 della Carta delle Nazioni Unite e soprattutto nell’articolo 1 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 secondo cui i popoli “decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale” attraverso vari strumenti, tra cui la secessione, ma non solo.

Premettendo che il principio in esame si è consolidato al fine di contrastare il colonialismo diffuso della seconda metà del XX secolo e che con il tempo ha visto estendere il suo ambito applicativo, nel senso che non si applica necessariamente ai popoli oggetto di dominazione coloniale ma a tutti i popoli, è da escludere una sua applicazione generalizzata, per due motivi, uno oggettivo e uno soggettivo. Innanzitutto, l’autodeterminazione dei popoli trova un limite nel principio dell’integrità territoriale dello Stato[54] in base al quale, sempre che siano tutelati i diritti fondamentali delle persone, l’integrità territoriale e l’unità politica degli Stati indipendenti rappresentano un interesse preminente rispetto a qualunque altro[55] anche in considerazione del pericolo cui potrebbe soggiacere la comunità internazionale a seguito del disgregamento di un apparato statale[56]. In secondo luogo, sulla base di alcune risoluzioni ONU e di una sentenza della Corte Suprema del Canada in merito alla richiesta di secessione della Regione del Quebec, è necessario che il popolo non assoggettato a dominio coloniale che voglia comunque fruire del principio di autodeterminazione sia effettivamente escluso dalla possibilità di accedere alle autorità pubbliche vedendosi dunque negare il suo sviluppo politico, sociale, economico e culturale. Da ciò discende che il diritto internazionale non vede con favore la secessione a meno che non ricorrano i presupposti specifici sopra esaminati, con la conseguenza che il governo al potere può legittimamente reprimere i movimenti tendenti alla disgregazione dell’unità statale[57]. Ciò non significa però che la secessione, una volta avvenuta sia automaticamente qualificata come contraria al diritto internazionale[58], anzi alcuni suoi aspetti, come per esempio lo status degli insorti, trova proprio nel diritto internazionale una rilevante tutela[59].

Quella appena esaminata è l’autodeterminazione esterna la quale non deve essere confusa con quella interna che si distingue dalla prima per la tendenza non a dar luogo ad un’entità statale separata bensì ad un ordinamento locale democratico e rappresentativo, in altri termini ad una entità autonoma ma non indipendente dallo Stato centrale. La distinzione in esame è molto importante dal momento che le cosiddette minoranze possono fruire solo dell’autodeterminazione interna mentre i cosiddetti popoli possono mettere in atto entrambe le tipologie[60].

Orbene, ci si deve chiedere se gli abitanti della città sono qualificabili come minoranza o come popolo perché a seconda della risposta essi potranno accedere all’una, all’altra o a entrambe le tipologie di autodeterminazione. I residenti di Hong Kong sono per il 92% di etnia cinese[61] per cui è evidente che non sono annoverabili nella categoria delle minoranze. Gli hongkonghesi rappresentano allora un popolo diverso da quello abitante la terraferma? Numerosi studi propendono per il sì giustificando tale orientamento sulle diversità delle lingue parlate, che sono il cantonese e l’inglese, rispetto al mandarino del resto della Cina, degli usi e dei costumi, che rappresenterebbero un ibrido tra Oriente e Occidente, dettato per altro non dal colonialismo bensì dallo status di crocevia che ha sempre contraddistinto la regione, delle tradizioni legali e della cultura giuridica. Insomma, gli abitanti della regione sarebbero portatori di una propria identità diversa da quella degli abitanti la Cina continentale. È anche vero però che altri studi vanno in senso contrario[62] e di certo non aiuta l’inesistenza di una definizione legale del concetto di popolo. Si può però senz’altro affermare che le recenti iniziative del Governo centrale stanno di fatto inquinando l’identità degli hongkonghesi nei termini sopra descritti e sta altresì impedendo quello sviluppo quantomeno politico, sociale e culturale posto alla base della legittimità delle rivendicazioni secessioniste.

In definitiva, non è facile prevedere cosa succederà in futuro anche perché problematiche di una tale portata, come insegna la storia, vengono affrontate prima di tutto in ambito politico e, nei casi più gravi, in ambito bellico. Di sicuro una “secessione concordata” sembra al momento fuori discussione dal momento che l’unità politica della Repubblica Popolare Cinese è un principio fondamentale sancito dalla Costituzione e ribadito dalla Legge Fondamentale le quali non ammettono deroga alcuna, a meno che non si proceda a revisione costituzionale. In realtà una tale ipotesi sarebbe irrealizzabile e irrealistica sotto tutti i punti di vista, la Repubblica Popolare infatti non acconsentirebbe mai ad una risoluzione del genere alla luce principalmente delle considerazioni fatte in apertura di paragrafo.

 

 

 


[1] VOGELSANG K., Cina. Una storia millenaria, Einaudi, Torino, 2014, ebook.
[2] Ibidem.
[3] Hong Kong, in Enciclopedia onlinewww.treccani.ithttps://www.treccani.it/enciclopedia/hong-kong/, 10 settembre 2020.
[4] La cessione era prevista dal Trattato di Tianjin, il quale poneva termine alla seconda guerra dell’oppio, che vide nuovamente il Regno Unito, con il concorso della Francia, muovere guerra alla Cina per mere ragioni economiche, VOGELSANG K., op. cit.
[5] Ibidem.
[6] LEUNG C.K., Hong Kong, in Encyclopedia Britannicawww.britannica.comhttps://www.britannica.com/place/Hong-Kong, 10 settembre 2020.
[7] VOGELSANG K., op. cit.
[8] Ibidem.
[9] Si pensi, per esempio, all’industria cinematografica.
[10] VOGELSANG K., op. cit. Ed effettivamente la Borsa di Hong Kong è oggi una delle più importanti del mondo.
[11] Ibidem.
[12] ESPOSITO MARTINO E., Un paese due sistemi: Hong Kong e la Repubblica Popolare Cinese nei nuovi scenari dell’universo giuridico globalizzato, in Osservatorio costituzionale, 2, 2015, pag. 11, https://www.osservatorioaic.it/images/rivista/pdf/Elisabetta%20Esposito%20Martino%202.2015_.pdf.
[13] Ibidem.
[14] La presenza di aziende e imprenditori inglesi era infatti molto rilevante a Hong Kong.
[15] Articolo 2 della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[16] Articoli 13 e 14 della Legge fondamentali di Hong Kong.
[17] Articolo 3 della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[18] Articolo 88 della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[19] Allegato II della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[20] Articolo 73 della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[21] Si tratta di organo collegiale che “fa le veci” del Congresso in adunanza plenaria.
[22] Va segnalato che la mancata segnalazione non inficia tuttavia l’entrata in vigore dell’atto legislativo.
[23] Articoli 80 e 81 della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[24] Articolo 88 della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[25] Articolo 85 della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[26] Nella SAR la valuta legale è infatti il “Dollaro di Hong Kong”. Articoli 108 e 116 della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[27] Capitolo III della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[28] ESPOSITO MARTINO E., op. cit., pag. 18.
[29] THE EDITORS OF ENCYCLOPEDIA BRITANNICA, Tung Chee-hwa, in Encyclopedia Britannicawww.britannica.comhttps://www.britannica.com/biography/Tung-Chee-hwa, 14 ottobre 2020.
[30] ESPOSITO MARTINO E., op. cit., pag. 18.
[31] TUCCARI F., La rivolta di Hong Kong, in Aula di lettere Zanichelliwww.zanichelli.ithttps://aulalettere.scuola.zanichelli.it/argomenti/la-rivolta-di-hong-kong/?id_tipo=401, 14 ottobre 2020.
[32] Handover è il termine attraverso il quale si indica il trasferimento della sovranità su Hong Kong dal Regno Unito alla Cina.
[33] Gli organi della SAR infatti possono al più proporre emendamenti.
[34] TUCCARI F., op.cit.
[35] Ibidem.
[36] SCIORATI G., Hong Kong, origine e sviluppo della protesta, in Istituto per gli studi di politica internazionalehttps://www.ispionline.it/it/pubblicazione/hong-kong-origine-e-sviluppo-della-protesta-23283, 14 ottobre 2020.
[37] TUCCARI F., op. cit.
[38] Hong Kong, la Cina vara legge sicurezza nazionale, è una “spada affilata” contro l’instabilitàwww.ansa,ithttps://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/06/30/hong-kong-wong-con-legge-sicurezza-e-stato-di-polizia_7feaf265-d887-41c5-8d30-7ae7bda8bba2.html.
[39] Allegato III della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[40] Hong Kong, ultimo atto, in Istituto per gli studi di politica internazionalehttps://www.ispionline.it/it/pubblicazione/hong-kong-ultimo-atto-26785, 15 ottobre 2020.
[41] Gli ideatori sono infatti puniti più severamente rispetto ai meri partecipanti.
[42] A titolo esemplificativo, reazioni ci sono state da parte dell’Unione Europea (https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/07/01/declaration-of-the-high-representative-on-behalf-of-the-european-union-on-the-adoption-by-china-s-national-people-s-congress-of-a-national-security-legislation-on-hong-kong/), del Regno Unito (https://www.repubblica.it/esteri/2020/07/01/news/hong_kong_il_regno_unito_apre_le_porte_ai_cittadini_della_sua_ex_colonia_visti_e_cittadinanze_per_3_milioni_di_persone-260706140/) e degli USA (https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2020/08/20/hong-kong-gli-usa-si-ritirano-tre-accordi-bilaterali/).
[43] Hong Kong, ultimo atto, in Istituto per gli studi di politica internazionalehttps://www.ispionline.it/it/pubblicazione/hong-kong-ultimo-atto-26785, 15 ottobre 2020.
[44] GRANDI S., Cosa dice davvero la nuova Legge sulla Sicurezza di Hong Kongwww.orizzontipolitici.ithttps://www.orizzontipolitici.it/cosa-dice-davvero-la-nuova-legge-sulla-sicurezza-di-hong-kong/.
[45] Il celebre movimento pro-democrazia “Demosistò” ha annunciato il suo scioglimento poco dopo l’emanazione della legge sulla sicurezza nazionale, Hong Kong: Demosisto si scioglie dopo legge sicurezzawww.ansa.ithttps://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2020/06/30/hong-kong-demosisto-si-scioglie-dopo-legge-sicurezza_157e058f-00c0-46ac-9da3-04c75100773c.html.
[46] SANTELLI F., Hong Kong, il monito di Pechino: “Sta crescendo il terrorismo”www.repubblica.ithttps://www.repubblica.it/esteri/2020/05/25/news/hong_kong_le_autorita_difendono_la_nuova_legge_sta_crescendo_il_terrorismo_-257563864/.
[47] Greater Bay Area: una Silicon Valley cinese?Istituto per gli studi di politica internazionalehttps://www.ispionline.it/it/pubblicazione/greater-bay-area-una-silicon-valley-cinese-23503.
[48] ESPOSITO MARTINO E., op. cit., pag. 14.
[49] Articolo 158 della Legge Fondamentale di Hong Kong.
[50] Nella definizione di Trattato infatti possono essere ricompresi vari strumenti tra i quali le Dichiarazioni, RONZITTI N., Introduzione al diritto internazionale, Giappichelli, Torino, 2016, pag. 178.
[51] Le prove della registrazione sono disponibili al seguente link: https://treaties.un.org/Pages/showDetails.aspx?objid=08000002800d4d6e&clang=_en.
[52] RONZITTI N., op. cit., pagg. 402-411.
[53] Ivi, pag. 349.
[54] Ivi, pag. 349.
[55] Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU 2625 (XXV), disponibile qui: https://www.un.org/ruleoflaw/files/3dda1f104.pdf.
[56] Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU 53/71, disponibile qui: https://undocs.org/en/A/RES/53/71.
[57] RONZITTI N., op. cit., pagg. 349-351.
[58] Un esempio lampante è rappresentato dalla dichiarazione di indipendenza del Kosovo dalla Serbia, reputata conforme al diritto internazionale dalla Corte internazionale di giustizia, Ivi, pag. 352.
[59] Ivi, pag. 21 ss.
[60] Ivi, pag. 348.
[61]  2016 Population by censusCensus and Statistics Department Hong Kong Special Administrative Region, 2016, disponibile qui: https://www.statistics.gov.hk/pub/B11201002016XXXXB0100.pdf.
[62] MATHEWS G., Hèunggóngyàhn: On the past, present, and future of Hong Kong identity, in Bulletin of Concerned Asian Scholars, 29:3, 3-13, 2020, https://doi.org/10.1080/14672715.1997.10413089.

FONTE:http://www.salvisjuribus.it/il-rapporto-cina-hong-kong-e-sviluppi-futuri/

 

 

 

Con Biden il ritorno di Obama?

Biden Obama
   

Per Osservatorio internazionale di Piero Orteca, Biden vincerà perché alle sue spalle c’è l’ex inquilino della Casa Bianca. Donald Trump dato per spacciato dai sondaggi

Il vero Presidente sarà Barack Obama

I “ last polls”, cioè gli ultimi sondaggi, dicono che Donald Trump è quasi alla canna del gas. Fra un giorno si vota e Biden, per tutta l’America “Sleepy Joe”, cioè “Joe l’addormentato” dovrebbe ormai essere diretto in carrozza alla Casa Bianca. Salvo qualche clamoroso imprevisto. Fantapolitica. Nemmeno il voto per corrispondenza, al quale si sta aggrappando disperatamente Trump dopo le pensate di qualche suo adviser, dovrebbe incidere più di tanto. Può spostare complessivamente qualche milione di voti, ma il Presidente uscente, a dirla tutta, appare proprio spacciato. L’austera università dei sondaggi, RealClearPolitics, che raccoglie e compara tutti i rilevamenti realizzati da decine di istituti specializzati, non lascia nemmeno una speranza al tycoon repubblicano. Che dopo essersela presa anche con i medici, per la storia del Coronavirus, adesso cerca candidati ai quali mozzare (solo metaforicamente, è chiaro) la testa per rendere piè granguignolesca la sua campagna elettorale.

RealClearPolitics e gli Swing States

Certo, nelle ultime settimane la forbice tra i due front runner si è aperta e chiusa più volte, ma sempre mostrando una rassicurante ampiezza a favore di Biden. Sono pochi gli swing States che sembrano ancora veramente contesi, almeno a giudicare l’analisi comparativa fatta da parecchi istituti di rilevamento. La Florida, in qualche modo il Michigan e, forse, per un paio di punti, anche la Pennsylvania dove, e non è un caso, i due contendenti faranno campagna elettorale proprio in questo weekend. Dagli altri Stati, almeno quelli che sulla carta potevano essere considerati come battleground, cioè veri e propri campi di battaglia, non arrivano notizie confortanti per Trump. Lui sta cercando di mobilitare gli strati della popolazione che tradizionalmente non sono molto avvezzi a sostenere i politici di turno. Specie quelli che dovrebbero essere più vicini alle loro idee o ai loro stili di vita.

Periferie disagio a destra

I consiglieri di Trump gli hanno detto di mirare alle “suburban” areas, le periferie delle grandi città, ma anche di quelle medio-piccole, dove vive una micro-borghesia sempre più emarginata ed arrabbiata, espulsa per motivi di reddito dai centri storici. Qui vivono milioni di donne sull’orlo di una crisi di nervi, che non sanno esattamente più quello che sono e a quale classe appartengono. Un messaggio di Trump, che è quello di fare tutti ricchi partendo da pochi spiccioli sembra fatto apposta per questo tipo di gente.

Gli handicap di una pessima presidenza

Ma, naturalmente, pensate di questo tipo non bastano a colmare il divario con i democratici, che hanno molte frecce al loro arco. A cominciare dalla pessima gestione della pandemia, proseguendo con una politica estera spesse volte zigzagante e che mostra i muscoli a fasi alterne e finendo con una dottrina commerciale desueta e foriera di fabbricare pesanti catastrofi finanziarie. Come quelle che sono state causate e che ancora sono in corso d’opera per la guerra dei dazi doganali cominciata con la Cina e poi estesa ai tre quarti del pianeta.

E dietro ‘Sleepy Joe’ l’ombra di Obama

E poi, dietro “Joe l’addormentato” è spuntata, zitta zitta e quatta quatta, la figura in filigrana di Barack Obama, il quale nel fare campagna elettorale per il suo ex vicepresidente non ha disdegnato di affondare il coltello nelle varie piaghe aperte da Trump nel corpo della nazione. Piaghe sulle quali i democratici si divertono a spargere cubiti di sale. In effetti, proprio durante quest’autunno contro l’incumbent (uscente) della Casa Bianca si stanno concentrando varie forze astrali, che ne determineranno quasi sicuramente una cocente sconfitta elettorale. L’America ha bisogno di riprendere un cammino che Trump ha interrotto. E soprattutto il mondo ha disperata necessità di un punto di riferimento stabile e solido, come gli Stati Uniti di altre epoche, su cui costruire una ripresa solidale e uno sviluppo sostenibile dopo la pandemia. Così come stanno le cose, ora il vero problema è vedere che tipo di America Biden erediterà da Donald Trump.

Devastazione Covid e Sistema Paese

Sarà una nazione devastata economicamente per colpa della pandemia, un sistema-Paese che dovrà ricostruire dalle fondamenta il rapporto fiduciario esistente fra Paese reale e Paese legale. La Bilancia commerciale di Washington, che già era ridotta ai minimi termini prima del Covid 19, adesso soffrirà pesantemente le conseguenze dello smantellamento forzato dei rapporti commerciali. E se gli Stati Uniti hanno rappresentato per decenni la locomotiva economica e finanziaria del pianeta, adesso bisognerà fare i conti con un mondo tramortito da una pandemia che non ha risparmiato nessuno e che ha sconvolto produttivi legami tessuti attraverso i secoli. Biden non sarà da solo a guidare la transizione. Dietro di lui gli americani vedono un Presidente che in due mandati ha avuto il merito di guidare con saggezza non solo il suo Paese, ma che ha anche avuto il merito di essere stato una garanzia per il resto del pianeta: Barack Obama.

FONTE: https://www.remocontro.it/2020/11/02/con-biden-il-ritorno-di-obama/

 

 

 

POLITICA

Mattei: «Le manifestazioni di piazza sono giuste, il popolo protesta quando è vessato»

Il giurista Ugo Mattei commenta al DiariodelWeb.it l’illegittimità costituzionale delle misure del governo e le conseguenti proteste di piazza dei cittadini italiani

Fabrizio Corgnati

Con l’ultimo, famigerato, Dpcm l’Italia è tornata, se non in lockdown, in una situazione che ci si avvicina molto. E anche questa misura restrittiva, come tutte le precedenti, è stata presa in un quadro giuridico completamente al di fuori dal dettato della Costituzione. Non è un caso se, proprio in questi stessi giorni, i cittadini italiani stanno iniziando a scendere in piazza, per iniziare a protestare contro una gestione della pandemia di cui sono emersi ormai con tutta evidenza i macroscopici limiti, di diritto così come di fatto. Il DiariodelWeb.it ne ha discusso con il professor Ugo Mattei, giurista e presidente del comitato Stefano Rodotà.

Professor Ugo Mattei, siamo di nuovo alle misure restrittive. E di nuovo ci chiediamo: sono davvero costituzionali?
Nella Costituzione italiana non esiste uno stato di emergenza che consenta la sospensione della legalità costituzionale ordinaria. L’unica ipotesi prevista è lo stato di guerra. Per il resto, tutti gli altri casi di necessità e urgenza straordinari, come una pandemia dichiarata, vanno governati attraverso lo strumento del decreto legge.

Decreto legge del quale ormai si abusa già nell’attività politica ordinaria, coronavirus a parte.
Ma è peggio abusare del Dpcm che del decreto legge. Perché il decreto legge può essere impugnato in sede amministrativa o di costituzionalità, mentre i Dpcm sono molto più difficili da impugnare, perché sono norme di infimo rango nell’ordinamento giuridico. Sono pensate come norme puramente organizzative, decisioni soltanto interne.

Dunque perché ci troviamo effettivamente in stato di emergenza, se la Costituzione non lo prevede?
È dall’inizio di questa tragedia che, insieme ai colleghi dell’Osservatorio permanente per la legalità costituzionale, continuiamo a sostenere che tutta la gestione dell’emergenza in Italia si è basata su un equivoco. Generato, probabilmente, ad arte dal governo.

A quale equivoco si riferisce?
Quello di utilizzare la legge sulla protezione civile per dichiarare lo stato di emergenza. In realtà la legge in questione prevede circostanze molto diverse rispetto a quelle di una pandemia, anche nel suo periodo di maggiore gravità. Riguarda circostanze come terremoti o inondazioni: dove, cioè, le condizioni siano talmente emergenziali da richiedere un intervento immediato, a pena di sacrifici drammatici di vite umane. Dove non c’è neanche il tempo di convocare un Consiglio dei ministri.

Insomma, hanno usato una legge che si dovrebbe applicare solo ai disastri naturali e alle calamità.
In quelle situazioni estremamente gravi, il modello è quello di dichiarare con un qualsiasi atto, anche informale, lo stato di emergenza e di incaricare un curatore, che ha poteri commissariali, non controllabili per definizione. Tra questi sono stati nominati tutti i presidenti delle Regioni. Questo significa che ciascun presidente ha un’autonomia propria, fa sostanzialmente quel che gli pare, dunque è impossibile coordinare realmente gli sforzi.

E l’esecutivo?
Ha perso completamente di mano la situazione. E non è in grado di riprendere il controllo nemmeno tramite i Dpcm. Questo è intollerabile: lo è già per brevi periodi di tempo, ma in particolare se dura per un anno, come avverrà in virtù di tutte le successive proroghe.

In tutto questo cortocircuito istituzionale, l’unico organo completamente estromesso è il parlamento, ovvero quello che dovrebbe esercitare il controllo democratico.
Il parlamento non l’abbiamo più. Il presidente della Repubblica non sta compiendo quasi per niente il suo dovere di controllo preventivo di costituzionalità. Né sta intervenendo la Corte costituzionale, anche perché non siamo ancora riusciti a portare dei casi di fronte alla stessa. Quindi il caos regna sovrano.

Chi ci perde, in tutta questa situazione?
Il grande perdente, oltre al popolo italiano, è il principio di proporzionalità e ragionevolezza. Cioè, questi interventi vengono presi non in maniera concertata, ma dando dei pugni sul tavolo, sulla base di espedienti politici e di un panico molto spesso generato ad arte nella popolazione, al di fuori dello schema costituzionale. Tutto questo non sta né in cielo né in terra e non si è mai visto in un Paese civile. Tanto che, come era del tutto prevedibile, stiamo iniziando a vedere delle manifestazioni di piazza.

Come le giudica queste manifestazioni?
Nel complesso, positivamente. Io penso che il popolo debba protestare, quando è soggetto a vessazioni. La maggior parte dei partecipanti è sinceramente preoccupata per l’economia e per la mancanza di una guida autorevole e credibile. Il problema è che, un po’ per l’esasperazione, un po’ a causa di qualche testa calda, si esagera con i toni negazionistici o con la violenza. Io ho anche l’idea che la polizia non abbia realmente l’interesse a fermare i facinorosi, perché così si delegittima anche tutta la protesta giusta, si diffama tutta la piazza.

Ma, al di là di queste esagerazioni violente che sono sempre da condannare, le motivazioni profonde della protesta sono condivisibili.
Sono giuste e sacrosante. Non si può non prendere in considerazione gli effetti drammatici di queste decisioni sulla vita delle persone. Chiudere tutti i centri culturali e d’incontro, come scuole, teatri, cinema, è un segnale gravissimo, perché riduce il cittadino a un semplice consumatore, privo di qualsiasi soggettività propria. Ma poi c’è l’elemento, altrettanto drammatico, della mancanza di proporzionalità dei sacrifici: non possono essere solo i ristoratori o i titolari delle palestre a subirli.

Ma questa gestione deriva solo dall’incapacità di chi è al governo, oppure la sua impressione è che dietro ci sia un preciso intento autoritario?
Secondo me c’è un po’ di tutto. Non ho motivi per dire che Conte sia un autoritario: non è lui a voler fare il ducetto. La lettura giusta è che c’è un interesse, da parte dei soliti poteri transnazionali che conosciamo benissimo, ad avere una popolazione in ginocchio, marginalizzata rispetto ai processi politici, anche per erodere il risparmio privato italiano, che era molto significativo. Secondo me è in corso un concertato attacco al sistema Paese. Tenga anche conto che, mentre tutti non parlano altro che di Covid, dietro le quinte si stanno svolgendo anche operazioni economiche molto discutibili.

Ad esempio?
Ad esempio si sta privatizzando Monte dei Paschi di Siena. Nessuno ne parla, ma nel Dpcm dell’altro giorno si è autorizzata la divisione della banca. Questo significa che si farà una bad company e venderanno il resto degli asset. E si sa già anche chi la vuol comprare: pare che sia Unicredit. Prendendola gratis e facendosi dare degli altri soldi dal governo, dopo che lo Stato aveva già messo sette miliardi per il salvataggio.

FONTE: https://www.diariodelweb.it/italia/articolo/?nid=20201102-547415&utm_source=onesignal&utm_medium=push&utm_campaign=push_dweb_friends

 

 

 

INATTUALE E SEMPRE ATTUALE: PIER PAOLO PASOLINI E LA CRITICA ALLA MODERNITÀ

Una industrializzazione travolgente ha operato una mutazione antropologica negli italiani. La riflessione politica di Pier Paolo Pasolini però non si limita solo all’aspetto passivo di denuncia, bensì tratteggia i contorni di una modernità diversa, in grado di coniugare sviluppo e progresso.

L’in-attualità di Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini è uno di quegli intellettuali che può rientrare a buon titolo nella categoria degli autori perennemente inattuali proprio in virtù della loro costante, disperata e terribile attualità. Nato nel 1922 a Bologna e cresciuto fra il capoluogo emiliano e la materna Casarsa della Delizia, in Friuli, il suo ingresso sulla scena culturale italiana risale al 1942, quando, ventenne, pubblica Poesie a Casarsa, la sua prima raccolta poetica in lingua friulana. Sempre il ’42 è l’anno in cui la famiglia di Pasolini decide di trasferirsi definitivamente da Bologna a Casarsa, in cerca di riparo dalla guerra.

È in questo periodo che l’eros fa irruzione nella vita del giovane Pier Paolo, rimanendovi per sempre come uno dei grandi filoni centrali che attraversano la sua intera produzione. Al termine della guerra, nonostante l’uccisione del fratello Guido, partigiano, ad opera di altri partigiani (titini), Pasolini aderisce al Partito Comunista Italiano, diventandone anche dirigente locale. Quello della politica, in particolare del comunismo, è un altro fil rouge in tutta la produzione pasoliniana, anche dopo che Pasolini nel 1949 viene espulso dal Partito (e allontanato dalla scuola in cui allora insegnava) in seguito allo scandalo, primo di una lunga serie, legato alla sua omosessualità, da poco scoperta.

Nel 1950 Pier Paolo Pasolini si trasferisce a Roma, con la madre Susanna, cercando di costruire una nuova vita. Roma sarà la sua città sino alla tragica fine della sua vita, a Ostia il 2 novembre 1975, e il suo nome resterà per sempre indissolubilmente legato a quello della Città Eterna.

Gli anni ’50 sono quelli de La meglio gioventù, de Le ceneri di Gramsci e de L’usignolo della Chiesa Cattolica per quanto riguarda la poesia, ma sono anche gli anni in cui Pasolini si affaccia alla narrativa, con gli immortali romanzi Ragazzi di vita (acquista) e Una vita violenta (acquista). Il decennio successivo invece è quello della scoperta del cinema e dei primi esperimenti da regista e il cinema diventerà la sua nuova, grande passione e ossessione.

Accattone Mamma Roma sono annoverati, a ragione, fra i capolavori del cinema neorealista italiano, ma anche gli altri suoi film hanno fatto scuola, da Il vangelo secondo Matteo a Uccellacci e uccellini, da Edipo Re a Medea, dalla “Trilogia della vita” (Il DecameronI racconti di CanterburyIl fiore delle Mille e una notte) a Salò o le 120 giornate di Sodoma, primo capitolo di una progettata “Trilogia della morte” mai compiuta. Senza dimenticare i suoi cortometraggi e i suoi documentari.

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Realtà e mito. Questi sono i due termini, estremi e opposti, della poetica dell’autore, anche se a ben vedere non costituiscono che due facce della stessa medaglia: infatti il mito fa il suo ingresso nella produzione pasoliniana allorquando la realtà perde di ogni poesia. Le ragioni per cui questo accade è quanto analizzeremo ora.

La mutazione antropologica e la critica al consumismo

Per fare ciò, è necessario scomodare due testi fondamentali che costituiscono le chiavi di accesso al pensiero politico di Pasolini. Si tratta degli Scritti corsari (acquista) e delle Lettere luterane (acquista), raccolte degli articoli giornalistici scritti da Pasolini negli ultimi anni della sua vita, dal 1973 al ’75, per le maggiori testate nazionali. L’argomento principe di questi scritti è la feroce critica al consumismo e la drammatica denuncia di quella che lui definisce la “mutazione antropologica” che vede in corso negli italiani, come conseguenza del boom economico avvenuto nel Belpaese tra gli anni ’50 e ’60.

In questi articoli Pier Paolo Pasolini parte dall’osservazione empirica della realtà e di alcuni suoi dettagli, per poi allargare lo zoom fino a cogliere quelle che – a suo avviso – sono le leggi socio-antropologiche in gioco. Dovendo per necessità sintetizzare, possiamo affermare che per Pasolini la diffusione del consumismo – determinato dal cambiamento nei modi di produzione conseguente al boom economico – ha causato una mutazione antropologica negli italiani, la quale è un fenomeno di omologazione culturale totale e di conseguente genocidio culturale. In altri termini: le culture particolari, regionali, tramite la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazione, vengono travolte e distrutte da una nuova cultura omologatrice, edonistica e neo-laica, che provoca un radicale mutamento negli usi e nei costumi, nelle pratiche di vita, degli italiani.

Questo cambiamento è riscontrabile secondo Pasolini in una dimensione linguistica, in una dimensione etica e in una dimensione estetica. Questa nuova cultura consumistica che si impone si configura in ultima analisi come una dittatura, cioè – nel linguaggio pasoliniano – come un nuovo fascismo, ancor più totalizzante e repressivo del “fascismo storico”. Insomma: la mutazione antropologica è la sostituzione della varietà di culture particolari italiane con un’unica cultura omologatrice e totalizzante ad opera del “Potere” consumistico.

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Pier Paolo Pasolini era un reazionario?

Sulla scorta di questa feroce denuncia – sviluppata con toni drammatici, in quanto Pasolini vede scomparire quel popolo che ha amato realmente, nella carne – una critica superficiale si è spesso accontentata di restituire l’immagine di un Pasolini reazionario e nostalgico della cultura contadina e pre-industriale, travolta dall’inesorabile incedere di una industrializzazione forzata. Questa lettura non è certo errata e trova anzi infiniti punti di sostegno negli scritti pasoliniani, anche precedenti agli anni ’70. Tuttavia questa lettura, sebbene non errata, è sicuramente incompleta, poiché non considera assolutamente quei (pochi, per la verità) passaggi in cui Pasolini esprime una visione propositiva, non solo una critica distruttiva. In particolare, noi offriremo un’interpretazione radicalmente diversa del pensiero politico del nostro autore: Pasolini non è un reazionario, ma ha invece immaginato una modernizzazione diversa da quella che ha effettivamente avuto luogo.

Un primo step necessario per chiarire questa nostra interpretazione è mettere in evidenza da subito il fatto che Pasolini non è critico verso la modernità tout court, bensì verso la specifica forma di modernizzazione che ha investito l’Italia del boom economico. Come scrive infatti Pasolini nel celebre L’articolo delle lucciole,

«questa esperienza è stata fatta già da altri Stati. Ma in Italia essa è del tutto particolare, perché si tratta della prima “unificazione” reale subita dal nostro paese; mentre negli altri paesi essa si sovrappone, con una certa logica, alla unificazione monarchica e alla ulteriore unificazione della rivoluzione borghese e industriale»

[Scritti Corsari, Garzanti 2008, p. 131].

La peculiarità del caso italiano allora è che l’industrializzazione non procede per gradi successivi, bensì prorompe in un contesto culturale ed economico ancora essenzialmente arcaico, totalmente sprovvisto degli anticorpi sociali necessari a fronteggiare il repentino aumento reddituale e la conseguente esplosione dei consumi. Ciò che ne consegue, agli occhi di Pasolini, è una sorta di nevrosi collettiva al consumo e il rapido disgregamento delle forme culturali precedenti, senza che nuovi modelli siano pronti a fornire un quadro di riferimento morale in grado di guidare l’azione e di attenuare il drastico mutamento nello stile di vita. Insomma, quello che Pier Paolo Pasolini vede crearsi è un drammatico vuoto valoriale. Questo non significa necessariamente che l’autore rimpianga i valori perduti, bensì egli denuncia la mancanza di nuovi valori di riferimento e il caos sociale che ne consegue [cfr. La droga: la vera tragedia italiana in Lettere luterane, Garzanti 2009, pp. 97-104].

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Potrebbe bastare già solo questo per screditare la lettura reazionaria e nostalgica di Pasolini, ma prenderemo ora in esame un altro scritto fondamentale, sebbene spesso scarsamente considerato, che chiarirà una volta per tutte il nostro punto di vista. Anche questo scritto è contenuto negli Scritti corsari ed è rimasto inedito fino al suo inserimento nella raccolta. Il titolo assegnatogli da Garzanti è abbastanza banale, ma in realtà anche esaustivo: Sviluppo e progresso. È in questo breve testo che emerge in tutta la sua limpidezza la pars construens del pensiero politico di Pasolini e per questo merita di essere preso in esame più approfonditamente.

«La parola “sviluppo” ha oggi una rete di riferimenti che riguardano un contesto indubbiamente di “destra”. Chi vuole infatti lo “sviluppo”? Cioè, chi lo vuole non in astratto e idealmente, ma in concreto e per ragioni di immediato interesse economico? È evidente: a volere lo “sviluppo” in tal senso è chi produce; sono cioè gli industriali. E, poiché lo “sviluppo”, in Italia, è questo sviluppo, sono nella fattispecie gli industriali che producono beni superflui. La tecnologia (l’applicazione della scienza) ha creato la possibilità di una industrializzazione praticamente illimitata, e i cui caratteri sono ormai in concreto transnazionali. I consumatori di beni superflui, sono da parte loro, irrazionalmente e inconsapevolmente d’accordo nel volere lo “sviluppo” (questo “sviluppo”). Per essi significa promozione sociale e liberazione, con conseguente abiura dei valori culturali che avevano loro fornito i modelli di “poveri”, di “lavoratori”, di “risparmiatori”, di “soldati”, di “credenti”. La “massa” è dunque per lo “sviluppo”: ma vive questa sua ideologia soltanto esistenzialmente, ed esistenzialmente è portatrice dei nuovi valori del consumo. Ciò non toglie che la sua scelta sia decisiva, trionfalistica e accanita. Chi vuole, invece, il “progresso”? Lo vogliono coloro che non hanno interessi immediati da soddisfare, appunto, attraverso il “progresso”: lo vogliono gli operai, i contadini, gli intellettuali di sinistra. Lo vuole chi lavora e chi è dunque sfruttato. Quando dico “lo vuole” lo dico in senso autentico e totale […]. Il “progresso” è dunque una nozione ideale (sociale e politica): là dove lo “sviluppo” è un fatto pragmatico ed economico. Ora è questa dissociazione che richiede una “sincronia” tra “sviluppo” e “progresso”, visto che non è concepibile […] un vero progresso se non si creano le premesse economiche necessarie ad attuarlo».

[Sviluppo e progresso, in Scritti Corsari, cit., pp. 175-176].

pier paolo pasolini
Pier Paolo Pasolini. Fonte: Wikipedia

Ripensare lo svillupo

Gli spunti di riflessione presenti in queste poche righe sono pressoché infiniti ed è incomprensibile la scarsa considerazione riservatagli da una parte consistente della critica. Le due nozioni centrali sono, appunto, quelle di sviluppo e di progresso, dove alla prima Pasolini attribuisce un significato economico (incremento della produzione di beni), mentre alla seconda un significato ideale e politico (il riscatto delle classi subalterne).

Così come può esistere un progresso non accompagnato dallo sviluppo (Pasolini fa l’esempio dell’Urss: Lenin, una volta vinta la rivoluzione – ottenuto dunque, nell’ottica pasoliniana-marxista, il progresso – ha dovuto porre le basi per lo sviluppo materiale), può esistere anche uno sviluppo senza progresso e secondo l’autore questo è proprio il caso dell’Italia del boom economico: all’esplosione dell’industrializzazione e all’aumento dei redditi non fa da contraltare un salto in avanti sul piano culturale e sociale. La mancata sincronia tra sviluppo e progresso secondo Pasolini è quindi il nocciolo fondamentale dei problemi conseguenti alla mutazione antropologica.

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Emerge quindi la parte costruttiva del pensiero pasoliniano: è necessario ripensare drasticamente il modello di sviluppo capitalistico, cosicché si possano gettare le basi anche per il progresso. Nonostante tutto, queste annotazioni di Pasolini non sono scomparse con il suo autore. Solo qualche anno più tardi sono diventate programma politico, influenzando enormemente la nozione di austerità elaborata da Enrico Berlinguer nel 1977.

Appare del tutto evidente allora quanto la critica alla modernità da parte di Pier Paolo Pasolini non sia tanto un voler tornare ai bei tempi che furono, quanto immaginare una modernità, se non migliore, almeno diversa. È probabile che, se solo fosse vissuto più a lungo, Pasolini avrebbe avuto modo di raffinare ulteriormente le sue intuizioni, ancora oggi drammaticamente attuali.


Immagine in copertina: Pier Paolo Pasolini in visita alla tomba di Gramsci. Fonte: Wikipedia

FONTE: https://www.frammentirivista.it/pier-paolo-pasolini-critica-consumismo/

 

 

 

Fraternità, fratellanza fra religioni, disuguaglianza, proprietà privata

I grandi equivoci della “Fratelli tutti” di Francesco

1

Bisogna oggettivamente riconoscere che l’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti non è pienamente convincente. Non solo per il linguaggio, spesso approssimativo e debitore di modalità espressive giornalistiche o sociologiche, non solo per le valutazioni non sempre adeguatamente argomentate, non solo per le ripetizioni sia tematiche che linguistiche di un repertorio reiterato nel tempo, ma anche per i contenuti stessi dell’insegnamento. Possiamo esaminarne brevemente quattro.

Uno è il concetto di fratellanza /fraternità. Questo termine è molto ambiguo. Nel 1789 fu fatto proprio dalla rivoluzione francese. Nell’Ottocento era al centro della “religione dell’umanità” di positivisti e anarchici. In seguito se ne appropriò la massoneria ufficiale, tanto è vero che anche in occasione dell’uscita della Fratelli tutti, il Grande Oriente si è complimentato con il papa per l’uso di questo termine-chiave per la loro filosofia. Tra il concetto massonico e quello cattolico di fraternità / fratellanza si dà una notevole differenza. Illuminismo e massoneria pensano ad una fratellanza di individui astratti, privi di identità e radicamento, pensati a tavolino e non frutto della creazione né oggetto di redenzione, fautori di una generica religione dell’umanità intesa come sincretismo tra le varie religioni unificate nel deismo, la più semplice e vuota delle religioni. A questa concezione è estranea sia la fraternità naturale a seguito della creazione, sia la fraternità soprannaturale a seguito della grazia. I due piani – naturale soprannatuale – sono unificati in una posizione, quindi, immanentistica. Ora, la differenza tra le due visioni non emerge con chiarezza dall’enciclica.

Un secondo è dato dalla fratellanza operativa tra le religioni, perseguita da papa Francesco dopo la dichiarazione di Abu Dhabi e ora ripresa e rilanciata nella Fratelli tutti. Se prendiamo ad esempio la religione mussulmana notiamo che in essa una visione di fratellanza universale non c’è. Per la religione di Maometto ci sono i musulmani e i non musulmani, i padroni e gli schiavi, gli uomini e le donne. Queste categorie non sono sociologiche o culturali ma antropologiche, riguardano diversi livelli di umanità. Per dialogare in termini di fratellanza con le altre religioni, bisognerebbe condividere lo stesso concetto di fratellanza, cosa che non è. Ho fatto l’esempio dell’Islam ma la cosa si potrebbe ripetere per altre religioni, antiche e recenti. Per intendersi sulla fratellanza bisognerebbe che questa fosse almeno condivisa sul piano naturale, anche se poi su quello soprannaturale si pensano cose diverse. Ma così non è, perché il piano naturale non può stare senza quello soprannaturale da cui è illuminato. L’Islam – per tornare all’esempio fatto – non ammette un diritto naturale, che darebbe corpo ad una uguaglianza appunto naturale tra gli uomini come base indisponibile per una fraternità altrettanto naturale. Un simile diritto naturale per l’Islam suonerebbe come una limitazione alla Volontà onnipotente di Dio e ai suoi decreti insondabili. La Fratelli tutti non tiene conto di tutto questo e parla di una fratellanza tra le religioni che non può esistere.

Un terzo è dato dalla concezione di disuguaglianza e inequità che secondo l’enciclica è la causa di tutti i mali. La tesi era già stata espressa nella Evangelii gaudium e nella Laudato si’. Ora, quando la disuguaglianza è frutto dell’ingiustizia va combattuta come ingiustizia. Ma quando la disuguaglianza è frutto o della natura o dell’impegno personale allora è una ricchezza per tutti. Anche la Rerum novarum di Leone XIII lo diceva, mettendo in guardia dalle utopie egualitariste che producono danni infinitamente maggiori di quelli che vorrebbero evitare. C’è il rischio che dalla valutazione della proprietà privata che papa Francesco esprime nell’enciclica derivino forme di statalismo populista, di pauperismo egualitario, di assistenzialismo deprimente. Bisognerebbe tornare a parlare di giustizia e non di diseguaglianza, ma per farlo bisogna superare le insufficienti dottrine moderne dell’equità (come per esempio Rawls) per tornare al concetto denso di bene comune.

Un quarto è dato dalle considerazioni critiche della Fratelli tutti sulla proprietà privata. La Dottrina sociale della Chiesa ha sempre difeso il diritto naturale alla proprietà privata, frutto del lavoro, garanzia di vera libertà, tutela della famiglia, fattore propulsore dell’economia perché, diceva Leone XIII, uno si impegna di più sul suo che in quello degli altri. Il diritto naturale alla proprietà privata non contrasta con l’altro principio della destinazione universale dei beni e non ne è sottoposto e condizionato, come sembra sostenere papa Francesco. Sono sullo stesso piano o, si può dire, sono lo stesso principio. Infatti c’è un unico modo per realizzare in modo giusto e naturale la destinazione universale dei beni: diffondere la proprietà privata, che va ampliata e non ridotta, esaltata e non vilipesa, convenientemente valorizzata da un contesto etico e culturale veramente umano, ma non ridotta a questione marginale di una economia centralizzata.

FONTE: https://loccidentale.it/fraternita-fratellanza-fra-religioni-disuguaglianza-proprieta-privata-i-grandi-equivoci-della-fratelli-tutti-di-francesco/

 

 

 

Leftist Artist Releases Sick New Song: ‘Thank God For Abortion’

If anyone ever tells you that nobody celebrates abortion, here is your proof.

Viva Ruiz, the creator of the “Thank God for Abortion” awareness campaign, is at it again, this time blowing every other blasphemous leftist out of the water with a pro-abortion anthem declaring that her androgynous idea of “God” is in favor of the murder of pre-born children.

A recent article from Jezebel extols the latest work by Ruiz, an “artist-in-residence” at Shout Your Abortion and a self-identified Catholic.

Leftist Artist Releases Sick New Song 'thank God For Abortion'

Ruiz, the leftist blog declares, is on a “mission to reclaim the god concept, which she says the right has distorted and weaponized by putting more ‘Christian pro-abortion propaganda’ out into the world.”

In the new song, Jezebel goes on, Ruiz “extols the gospel of reproductive rights for all and the sanctity of bodies who have gone through an abortion.”

“People who have had abortions are more holy,” Ruiz told the blog, adding that abortion clinics are “another kind of church” and “abortion providers are doing Jesus-work.”

In the horrifically crass and tacky music video for her new song, Ruiz opens with a group of pro-life protesters brandishing signs that read, “God Hates You,” “Men Know Better,” “Abortion — No! Guns — Yeah!” and even one held by a young child that reads, “I Am the Pro-Hate Generation.”

Then, with ’80s-reminiscent special effects, a pair of individuals materialize on either side of the cluster of protesters wearing white jumpsuits that say, “Safe, Legal, Free,” presumably referring to how Ruiz wishes to see abortion treated in America.

The white-clad individuals — people of color in stark contrast to the all-white group of pro-lifers — beckon the protesters into a church whose altar is draped with a sign that reads, “Thank God for Abortion.”

VIDEO QUI: https://youtu.be/4tw5mvKwhJ8

The lyrics, unsurprisingly, are even worse than the imagery.

From Ruiz’ Bandcamp page:

God is cool with me
F*** the state they can’t take it
God is cool with me
F*** the church they only fake it
God is cool with me
She says girl you know I love you
God is cool with me
He says girl you know I got you

Who you think you’re talking to?
It’s about me not you
Why you still squawking boo?
We aint got the time for you
It’s about my body
Get yourself out of me
We demand sovereignty
Abortion rights safe and free
Legal safe and free
Legal safe and free
Legal safe and free
Legal safe and free

We need all of your power
Join with our power
Pass the mic to the front lines
Who we hearing from the most
Ask brown and black people
Poor and working class people

Fascist politicians
Christian fundamentalists
All the white feminists
Spiritual people
non spiritual people
Creepy racist liberals
and the machistas
we need everybody in this

Ruiz targets what she and Jezebel call “Conservative God,” a wrath-centric, distinctly male entity, tapping into the leftist fears surrounding the prospective appointment of conservative Catholic Amy Coney Barrett to the Supreme Court.

Jezebel goes on:

Ruiz, like Coney Barrett, is of the Catholic faith and has developed a more personal relationship with God, one that transcends the limitations and wrath-centered ethos of Coney Barrett’s Conservative God.

“[The religious right] and their [anti-abortion stance] hinge on the pregnant person being invisible,” says Ruiz.

“They skip right over to the cells or fetus or embryo being the person.” What Ruiz and Thank God for Abortion seek to do is “shine a light on the pregnant person. That’s who God loves, no matter what.”

But how does one take down Conservative God, one of the most powerful forces in America? Well, as everyone knows from the very important film Wonder Woman, only a god can kill a god. Ruiz’s plan to counter Conservative God is to battle him with Compassionate God.

“We have a theocracy. There’s never been a time that God hasn’t been present, separation of church and state never happened,” Ruiz says.

When the religious right is asked to defend their conservative stance on the evils of abortion, they choose random decontextualized portions of the Bible to make their points — usually from the Old Testament, when Conservative God was at his most violent.

Ruiz has her own Bible verse to swat away the naysayers: “I give you a new law. That law is, ‘Love each other.’”

This is utterly demonic, folks. God will not be mocked, and He will not fail to bring justice to those who contort His Word.

Saints, I beg you to pray for Ruiz’ stony heart and calloused soul.

By Elizabeth Johnston, author of Not on My Watch: How to Win the Fight for Family, Faith and Freedom

FONTE: https://humansarefree.com/2020/11/leftist-artist-releases-sick-new-song-thank-god-for-abortion.html

 

 

STORIA

Quando Mussolini piaceva anche all’estero

Due anni prima di Ludwig, il Duce aveva incontrato lo storico tedesco-americano George Sylvester Viereck (poi sostenitore di Hitler), che ne fece un ritratto apologetico

Due anni prima di Ludwig, il Duce aveva incontrato lo storico tedesco-americano George Sylvester Viereck (poi sostenitore di Hitler), che ne fece un ritratto apologetico. In Glimpses of the Great – frutto di incontri con grandi personaggi, da Sigmund Freud ad Albert Einstein – ne parla non come di «un dittatore dalla mente ottusa, ma come di uno statista costruttivo e lungimirante che lottava per liberare l’umanità dalle catene del capitalismo cosi come del lavoro».

Osserva Luisa Passerini, in Mussolini immaginario, che l’atteggiamento del Duce nei confronti dell’interlocutore straniero «è di misurata e piena padronanza di sé, da uomo di Stato costruttivo e pacato, con momenti di grandezza e di distacco da se stesso».

Uguale solennità aveva manifestato in alcuni momenti dei colloqui con Ludwig, studioso di Goethe, che teneva sempre il grande tedesco a modello: «Nella visita all’Agro Pontino fa vedere a Mussolini la conclusione del Faust a proposito della bonifica; il dittatore ne è commosso e legge lentamente ad alta voce i versi tedeschi, ovviamente con perfetta pronuncia (in precedenza aveva citato Nietzsche in puro tedesco». (Ludwig verrà accusato nel dopoguerra da Gaetano Salvemini di prostituzione morale nei confronti del Duce). Nota la Passerini: «È interessante che la nuova immagine mussoliniana sia presentata come la più lontana possibile dalla spontaneità. È costruita e il personaggio stesso accredita la sensazione che essa sia il frutto di una serie di performance studiate: Ho sviluppato – ammette – tutto il mio contegno in questo decennio in grande stile».

Anche uno storico straniero certamente antifascista come Pierre Milza, sia nella corposa biografia di Mussolini sia nel Dizionario dei fascismi (scritto con Serge Berstein), dà conto della popolarità del Duce all’estero: «Gran parte dell’opinione pubblica internazionale era ormai acquisita all’idea dei meriti storici dell’Italia fascista: un paese che aveva spezzato l’offensiva rivoluzionaria in uno degli anelli deboli della democrazia europea, che aveva ristabilito la pace sociale, che aveva spianato la strada alla riconciliazione con la Chiesa cattolica». Ma più del fascismo, secondo Milza, «era la figura di Mussolini ad affascinare una parte delle élite europee». Riferendosi al ritratto «globalmente lusinghiero» di Ludwig («un ebreo pacifista costretto poi all’esilio per sfuggire alle persecuzioni naziste»), lo studioso francese annota che non era il solo «a considerare Mussolini come una delle più forti personalità del secolo, e forse il più grande statista vivente».

Se lo scrittore tedesco riconobbe nel Duce una personalità del livello di Stalin (ma precisando che quest’ultimo non possedeva né l’immaginazione dell’italiano, né la sua malleabilità, né, soprattutto, le sue qualità magnetiche), un giornalista della «Tribune de Genève» nel 1932 lo paragonò a Lenin, mentre sul «Sunday Times» si poteva leggere che egli era «Mazzini e Garibaldi insieme: una combinazione senza precedenti». Dopo essere stato ricevuto con ogni riguardo a palazzo Venezia (fu dato perfino un concerto in suo onore a villa Torlonia), Gandhi parlò del loro incontro come di un «avvenimento storico», e il Duce ricambiò definendo il Mahatma «un genio e un santo».

Abbiamo accennato alla simpatia di Winston Churchill e di Franklin Delano Roosevelt per Mussolini. Ricordando il sottile lavoro diplomatico di Margherita Sarfatti per avvicinare il Duce ai democratici americani, Milza sottolinea che la vittoria di Roosevelt alle elezioni presidenziali fu salutata dal Duce come quella di una «terza via tra le ingiustizie del capitalismo e la brutalità del comunismo», e quindi come un omaggio reso alla sua stessa politica. Quanto al presidente americano, confidò una volta a Guido Jung, ministro delle Finanze italiano in visita a Washington, di considerare Mussolini il suo unico potenziale alleato nell’impegno per mantenere la pace mondiale e l’Italia come la sola vera amica dell’America in Europa.

Anche in Francia le simpatie per Mussolini erano forti. Lì viveva una cospicua comunità di antifascisti costretti all’esilio e la loro stessa presenza testimoniava quale fosse il prezzo di una dittatura. Apprezziamo i treni in orario, le grandi opere pubbliche e la sistemazione della Roma archeologica – dicevano i francesi – ma la perdita della libertà non ha prezzo. Eppure, due elementi giocavano in favore del Duce: la convinzione che il fascismo non fosse esportabile in Francia e che aver spazzato via il pericolo comunista dall’Europa valesse qualche sacrificio. Nel 1935 il viaggio in Italia del ministro degli Esteri francese Pierre Laval fu trionfale e si dovette attendere l’alleanza con Hitler per suscitare i primi, forti ripensamenti a Parigi.

A conferma che il quinquennio 1929-34 fu il periodo di massimo consenso e di massima solidità per Mussolini e il fascismo, De Felice cita I frutti del fascismo, un libro scritto durante la seconda guerra mondiale – e quindi non sospettabile di simpatie verso il regime fascista – da Herbert L. Matthews, corrispondente dall’Italia per il New York Times: «Il Duce ebbe realmente in quegli anni un enorme consenso popolare, tributo che veniva pagato più a lui personalmente che al regime… Gli italiani sono un popolo pratico e realistico, che doveva sostenere o avversare il fascismo in proporzione del suo successo o fallimento materiale… In quegli anni il fascismo nel complesso soddisfaceva le esigenze della maggior parte degli italiani, dai quali non ci si poteva aspettare che intendessero i caratteri distruttivi del sistema che stava per condurli alla rovina». Nel 1931 Giorgio Amendola scriveva che «tutta la borghesia era stretta intorno al fascismo», cercando di limitare il consenso alla fascia alta della popolazione per incitare il proletariato alla rivolta e all’instaurazione in Italia della propria dittatura. Tuttavia, come abbiamo visto sia in questo libro sia in Perché l’Italia diventò fascista, dopo l’ascesa di Mussolini al potere non ci fu alcun movimento di massa che vi si oppose.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/quando-mussolini-piaceva-anche-allestero-1899552.html

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