RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
24 FEBBRAIO 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
I misteri è meglio non saperli. Potrebbero riservare brutte sorprese
ROBERTO GERVASO, Aforismi sull’intelligence, Nuova Argos, 2016, pag. 20
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SOMMARIO
Strani eventi attuali che fanno riflettere – di Manlio Lo Presti
Mandato allo sbaraglio: ombre sull’assassinio dell’ambasciatore Attanasio
Notizie dal Canada
Il Giappone il “Ministero della Solitudine”. Ne avremmo bisogno anche in Italia
INTERROGAZIONE URGENTE SU APPALTI A ROMA
Spese per quasi mezzo milione di euro al Ministero degli Interni della Lamorgese
Allarme della Dia: le mani delle mafie su “green” e sanità
Le bugie sugli alberghi costano a Google un milione di euro di multa
Razzi contro l’Ambasciata Usa nella ‘green zone’ di Baghdad
Il ripristino della NATO di Biden indica il fallimento globale degli Stati Uniti
I super droni USA contro la Russia
NORD STREAM 2: LA POLONIA ATTACCA LA RUSSIA MA MIRA ALLA UE
Bottino di guerra: il commercio multimiliardario di eroina dall’Afghanistan
Nel mondo della misura IL MEGLIO è dato dall’insime degli equilibri in armonia tra loro
Sperimentazione vaccini ai bambini dai due anni in su
Italia: il fatturato dell’industria crolla dell’11,5% nel 2020
SOCIETA’ IN LUSSEMBURGO, CHE PACCHIA!
“Non si può imporre questo vaccino!”
Covid: Dia, le mani delle mafie su ‘green’ e sanità
L’allarme dell’Onu: “Il virus è stato usato come pretesto per reprimere il dissenso e criminalizzare le libertà”
“Da Palazzo Chigi stanno indagando…”. Perché Arcuri ha troncato gli sms?
Effetti collaterali. L’altra faccia dei vaccini
Carne artificiale. Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Gates.
Draghi alla scelta più difficile: lockdown o convivere col virus
LE RESTRIZIONI E I LOCKDOWN “UNA FRODE SCIENTIFICA GLOBALE DI PROPORZIONI SENZA PRECEDENTI”, AFFERMA L’UHP
EDITORIALE
Strani eventi attuali che fanno riflettere
Manlio Lo Presti – 24 febbraio 2021
https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/chi-siamo/organizzazione/aise.html
L’insediamento dell’uomo del Britannia, ex Goldman Sachs, ecc. coincide con il manifestarsi di una serie di eventi che sembrano slegati fra loro.
Il primo è il prolungamento della cosiddetta epidemia. Molti rispondono che ciò avviene il tutto il mondo. A maggior ragione questa planetarizzazione del morbo è un forte segnale che gli alti comandi mondiali intendono cambiare repentinamente le regole del gioco.
Il secondo è il prolungamento del collasso economico da oltre dodici anni e con la massima punta nel 2020. Collassare un Paese bersaglio consente di razziare a poco prezzo le sue risorse migliori; risparmi, case di proprietà, marchi industriali e addirittura pezzi di territorio nazionale mediante una serie di secessioni pilotate a favore della Francia, ad esempio!
Il terzo è l’assassinio del nostro ambasciatore nella Repubblica democratica del Congo, notoriamente un luogo ad alto rischio di instabilità politica e militare. Desta un forte sospetto la insolita velocità e il modo in cui la notizia è stata diffusa. I giornaloni e i giornalini ne hanno parlato con diligenza senza andare oltre. Senza ipotizzare, ad esempio, che l’assassinio finisca per diventare un altro caso Regeni. Nessuno ha analizzato né elencato gli interessi italiani in Congo che potrebbero passare di mano ai soliti anglo-francesi. Non è la prima né l’ultima volta che gli italiani sono cacciati a calci nel sedere! Invece, una cortina di silenzio se non informare che il pretoriano Goldman ex Britannia e il sottopanza della Farnesina erano presenti per ritirale le salme: COMPLIMENTI!!! UNA NOTIZIONA DI RILEVANTI IMPLICAZIONI GEOPOLITICHE!
Il quarto è il suicidio odierno di Catricalà, un importante boiardo di Stato al vertice come Garante per la concorrenza. Un ruolo difficile perché sul suo tavolo devono essere passati fascicoli sulle operazioni coperte dell’ENI nel mondo, delle commesse di armamenti della Leonardo, delle operazioni di cartello dei colossi farmaceutici ben rappresentati dall’attuale ministro e da una divisione di parlamentari, avvocati, commercialisti, maneggioni, faccendieri, esponenti rispettivamente dell’AISI e dell’AISE, associazioni datoriali, banche, ecc. ecc. ecc. In coincidenza della eliminazione dell’ambasciatore …
Nel frattempo, è in libreria uno piccolo libro che accenna ad una colossale agenzia privata di spionaggio americana che in Africa ha in busta paga un generale russo e un ambasciatore italiano in Africa!!!
Coincidenze?
La infernale Agatha, Poirot, Sherlock Holmes, Montalbano non ci avrebbero creduto sapendo che dall’alba della storia umana
NIENTE È COME SEMBRA
IN EVIDENZA
Mandato allo sbaraglio: ombre sull’assassinio dell’ambasciatore Attanasio
Li hanno mandati allo sbaraglio. Senza mezzi blindati. Senza una scorta adeguata. In un’area infestata da 160 gruppi armati, tagliagole, sequestratori, jihadisti della peggior specie
Luca Attanasio
Li hanno mandati allo sbaraglio. Senza mezzi blindati. Senza una scorta adeguata. In un’area infestata da 160 gruppi armati, tagliagole, sequestratori, jihadisti della peggior specie, miliziani di varia appartenenza etnica sconfinanti dal vicino Rwanda.
Zone d’ombra
Nella dinamica che ieri ha portato alla morte dell’ambasciatore italiano a Kinshasa, Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci, e del loro autista congolese Mustapha Milambo, ci sono alcuni fatti acclarati e diversi dubbi che gli inquirenti proveranno a sciogliere. L’ambasciatore era arrivato a Goma già venerdì scorso, riferisce un comunicato della presidenza congolese. “L’ambasciatore è arrivato a Goma venerdì 19 febbraio 2021 alle 10:30 a bordo del jet della Monusco immatricolato 5Y/Sim. Alle 09:27 di lunedì 22 febbraio”, viene aggiunto, “un convoglio di due veicoli del Programma alimentare mondiale ‘Pam’ è partito da Goma alla volta del comune di di Kiwanja, in territorio di Rutshuru”. Secondo le testimonianze raccolte da fonti locali il convoglio Onu in cui viaggiavano era composto da due autovetture del Programma alimentare mondiale (Pam) e da sette persone, quattro congolesi e tre italiani. Oltre ad Attanasio e Iacovacci, il terzo italiano coinvolto nell’agguato – Rocco Leone, vice direttore del Pam a Kinshasa – è illeso, in buone condizioni, è stato portato in ospedale per controlli ma non ha riportato alcuna ferita. La moglie ha parlato con lui al telefono e l’avrebbe rassicurata sulle sue condizioni. Gli altri tre che mancano all’appello sono cittadini congolesi che sarebbero stati rapiti dal commando.
“I membri del convoglio, sette persone compreso Attanasio, sono stati prima bloccati e portati nella boscaglia da assalitori che parlavano in kinyarwanda, prima di essere uccisi dagli stessi assalitori, durante uno scontro a fuoco tra questi ultimi e un gruppo di guardie forestali di pattuglia nella zona, con il sostegno di militari delle forze armate congolesi”. Questa ricostruzione fornita a InfoAfrica da una fonte locale corrisponde in parte a quella diffusa in un comunicato dal ministero degli Interni congolese. Ma il quadro, è tutt’altro che chiaro e gli scambi di accuse tra le parti coinvolte confermano la complessità e l’instabilità dello scenario. Il presidente della Repubblica democratica del Congo, Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo, ha deciso di inviare oggi a Roma un suo rappresentante per consegnare una lettera personale al presidente del Consiglio Mario Draghi.E ha inviato una squadra a Goma a supporto delle indagini sul campo. Il presidente, inoltre, si recherà oggi a far visita a Zakia Seddiki, la moglie dell’ambasciatore italiano, “come vuole la tradizione africana”, ha spiegato.
Lo scambio di accuse
Ieri pomeriggio il governo congolese ha accusato dell’imboscata “elementi” delle Fdlr. Il gruppo ribelle ha stabilito basi nel Nord Kivu dopo il genocidio in Ruanda del 1994 e resta una forza di opposizione sia nei confronti dell’esecutivo di Kinshasa che di quello di Kigali, insediato dopo le stragi di 27 anni fa per lo più con il sostegno di combattenti tutsi. Ma le Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr) hanno smentito con un comunicato un loro coinvolgimento, puntando il dito contro elementi dell’esercito congolese e di quello ruandese. Secondo Fdlr, l’attentato sarebbe avvenuto “non lontano” da pattuglie delle forze armate della Repubblica Democratica del Congo.
Nella zona a dei monti Virunga, fra Congo, Ruanda e Uganda, operano molti gruppi ribelli che spesso prendono di mira i ranger del parco, famoso per i gorilla di montagna. Tshisekedi si è detto costernato per quanto accaduto ed ha condannato “questo attacco terroristico”, assicurando il massimo impegno “per fare piena luce sulla vicenda” e “assicurare i responsabili alla giustizia”. Secondo la ricostruzione fatta dalle autorità congolesi, riportata dal sito cas-info, “gli aggressori, in un numero di sei, erano armati con 5 mitragliatrici tipo AK47 e un machete. Hanno sparato colpi di avvertimento prima di costringere gli occupanti dei veicoli a scendere e seguirli fino in fondo al Parco, dopo aver sparato a uno dei conducenti per creare il panico”. Con l’arrivo delle Guardie del parco e dei militari presenti nei dintorni si è innescata una sparatoria. Il commando armato avrebbe sparato a bruciapelo al carabiniere, morto sul posto, e all’ambasciatore ferendolo all’addome. Quest’ultimo è morto un’ora dopo all’ospedale della missione Monusco a Goma.”
“È già in corso un’indagine per chiarire le circostanze, le responsabilità e per intraprendere azioni repressive relative a questa tragedia”, ha annunciato il governo. “La Presidenza della Repubblica si impegna a fare regolarmente il punto sullo stato di avanzamento delle indagini appena avviate su iniziativa del Presidente della Repubblica. Intanto, secondo il rapporto dell’intelligence italiana, “il Ministero dell’Interno della Repubblica Democratica del Congo ha immediatamente ritirato, dopo la sua pubblicazione, un tweet nel quale si sosteneva che l’azione delittuosa era specificamente diretta contro l’Ambasciatore italiano”.
Se la dinamica dell’agguato, secondo le varie ricostruzioni, sembra accertata anche se mancano importanti elementi sulle responsabilità, resta un altro punto oscuro relativo all’assenza di una guardia armata al convoglio, a parte la presenza del carabiniere. Il fatto che il responsabile locale della polizia abbia affermato di non essere stato al corrente dello spostamento dell’ambasciatore nell’area, “in una zona così pericolosa, ha suscitato sorpresa e molti interrogativi”, ha precisato ancora la fonte locale. Di conseguenza, quali sarebbero i motivi che hanno spinto il convoglio dell’ambasciatore ad addentrarsi in un’area – lungo la strada che da Goma porta a Rutshuru – potenzialmente pericolosa senza scorta? In un comunicato, il Pam ha sostenuto che l’attacco “è avvenuto su una strada che era stata precedentemente dichiarata sicura per viaggi senza scorte di sicurezza”. Un’affermazione che apparentemente contrasta con le dichiarazioni da parte congolese. Di certo, l’ambasciatore Attanasio non era nuovo a queste zone e ne conosceva le insidie. In Kivu era già stato, e nei giorni scorsi si era trattenuto a Bukavu, prima di far ritorno via battello a Goma. Tra l’altro, proprio nei giorni scorsi, una delegazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu si era recata in quell’area incontrando le varie realtà presenti sul territorio, nell’ambito della missione Monusco (la missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo).
Rientro in patria
Stasera arriveranno a Ciampino le salme dell’ambasciatore e del carabiniere uccisi in Congo ieri, nella zona di Nord Kivu, a 15 chilometri da Goma. La Farnesina ha chiesto e ottenuto di effettuare in Italia l’esame autoptico disposto dalla procura di Roma, che indaga per sequestro di persona con finalità di terrorismo. A coordinare le indagini i pm Sergio Colaiocco e Alberto Pioletti.
“Il Ministero degli Esteri non risparmierà alcuno sforzo, in coordinamento con tutti i competenti apparati dello Stato, per arrivare ad una corretta ricostruzione del tragico attacco in RDC nel quale hanno perso la vita l’Ambasciatore Luca Attanasio ed il Carabiniere Vittorio Iacovacci”. E’ quanto si legge in una nota della Farnesina. “A tale riguardo, come in ogni tragica circostanza che coinvolge nostri connazionali all’estero, e nel rispetto del dolore delle famiglie delle vittime, la Farnesina auspica la massima cautela nel dare spazio a ricostruzioni mediatiche che potrebbero rivelarsi approssimative o addirittura fuorvianti”, si aggiunge. “Nelle prossime ore è del resto prevista una informativa del ministro Di Maio in cui verranno fornite al Parlamento tutte le informazioni al momento disponibili”, si conclude nella nota..
La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha disposto, per la giornata di ieri e di oggi, l’esposizione a mezz’asta della bandiera italiana e della bandiera europea sugli edifici pubblici degli Organi Costituzionali e dei Ministeri, in segno di lutto per la tragica scomparsa dell’Ambasciatore d’Italia nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, e del carabiniere Vittorio Iacovacci, a seguito del vile attacco avvenuto oggi a Goma. Anche le bandiere dell’Unione europea e dell’Italia presso la sede del Parlamento europeo oggi sono state abbassate a mezz’asta. Lo riferisce lo stesso Parlamento Ue.
I Ros a Kinshasa per indagini
Un team di investigatori del Ros, su delega della Procura di Roma, è partito alla volta di Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, per affiancare gli investigatori locali nelle indagini relative alla morte dell’ambasciatore italiano, Luca Attanasio, e del carabiniere Vittorio Iacovacci. I pm di piazzale Clodio attenderanno, quindi, una prima informativa su quanto avvenuto. I carabinieri del Ros dovranno acquisire i verbali delle testimonianze ieri e verificare quali siano state le armi usate dai ranger che sono intervenuti durante il tentativo di sequestro. Tra i testi ascoltati ieri c’è l’italiano funzionario del World Food Programme, Rocco Leone, due guardie del corpo congolesi e il secondo autista, rimasto illeso.
Polveriera Virunga
Secondo un bilancio diffuso dalle stesse autorità del parco, negli ultimi 25 anni almeno 200 ranger sono stati uccisi al suo interno per difendere animali e civili. Un pesante bilancio che fa del Virunga l’area naturale protetta che ha pagato il più alto tributo di sangue al mondo proprio per la sua tutela. La maggior parte degli ultimi attacchi mortali compiuti ai danni delle guardie è stata messa a segno dai miliziani Mai-Mai, uno dei tanti gruppi armati che seminano morte nella regione e si contendono il controllo delle risorse naturali e minerarie. Le ultime vittime domenica scorsa quando sei guardia-parco sono stati uccisi in un attacco. Miliziani Mai Mai hanno teso un’imboscata nella zona tra Nyamitwitwi e Nyamilima, santuario dei gorilla di montagna, secondo quanto riportato da Africa News. “Sei guardiani del parco sono morti a seguito di un attentato perpetrato da un gruppo armato nella zona tra Nyamitwitwi e Nyamilima (centro del parco)”, ha riferito Olivier Mukisya, addetto alla comunicazione del Parco, “Un altro guardiano è rimasto gravemente ferito”. Questa vasta area nel cuore della regione dei Grandi Laghi, une delle più povere e densamente popolate dell’Africa, è ricca di risorse naturali che fanno gola ai diversi gruppi armati congolesi, ruandesi e ugandesi che vi hanno trovato rifugio negli ultimi 20 anni. Secondo le stime ufficiali, il saccheggio delle foreste del parco in carbone di legna ha un valore annuo di circa 27,5 milioni di euro. Elefanti vengono uccisi per il loro avorio, venduti dai trafficanti attraverso i confinanti Ruanda e Uganda. A queste attività di contrabbando si aggiungono le tasse percepite illegalmente dai gruppi armati, sia i Mai-Mai sia le Forze democratiche di liberazione del Ruanda (FdlR), tasse imposte ai pescatori sulle sponde del Lago Eduardo: in tutto ogni settimana circa 2 mila piroghe pagano ai miliziani cinque euro in cambio di un gettone che autorizza la loro circolazione. A denunciarlo è il Centro di ricerca sull’ambiente, la democrazia e i diritti umani (Creddho) di Goma, capoluogo del Nord Kivu. Nel Virunga si è poi sviluppata un’altra attività altamente redditizia per i gruppi armati: il rapimento dei dipendenti delle Ong internazionali, ma anche di poveri contadini e soprattutto dei preti. I rapiti vengono liberati solo se le famiglie, in genere molto povere, riescono a pagare il riscatto, somme esorbitanti fino a 500 mila dollari. Numerose famiglie hanno raccontato di essersi indebitate a vita pur di salvare i propri cari. Essendo diventata sempre più insicura, dal 2016 la nazionale numero 2, la principale strada che attraversa il parco, si può percorrere soltanto sotto scorta.
Nel corso degli anni le guardie ambientali sono diventate veri e propri soldati incaricati di proteggere anche i civili, ma evidentemente non basta. Oggi circa 800 agenti sono dispiegati nel parco del Virunga, ben equipaggiati e addestrati dalle forze belghe. Nonostante le aggressioni subite, il numero di gorilla e di altre specie è in aumento e il miglior rifornimento in luce e acqua sta giovando al turismo, concentrato nell’enclave dei vulcani Mikeno e Nyiragongo. “I gruppi armati cercano di sabotare le nostre azioni a favore delle popolazioni ma non ci scoraggiamo” aveva dichiarato al quotidiano francese Le Monde il vice direttore del Virunga, Innocent Mburanumwe.
Cosa sia il Congo lo ricorda il portavoce dell’Unicef Italia, Andrea Iacomini: “Il Congo è uno dei paesi più pericolosi e instabili al mondo con 5,2 milioni di persone sfollate, più che in ogni altro paese eccetto la Siria. Il 50% sono sfollate negli ultimi 12 mesi. Nelle province di Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu e Tanganyika, le più colpite dalle violenze e dove si è verificato l’attentato, oltre 8 milioni di persone si trovano in condizioni di insicurezza alimentare acuta, un quadro devastante”.
Cosa è stato l’ambasciatore Attanasio, lo ricorda lo stesso Iacomini: “Uomo di rara disponibilità e umanità che dimostrò proprio 3 anni orsono seguendo personalmente il non facile iter di uscita dal Congo di alcuni giovani e bambini e bambine del paese per venire in Italia a raccontare le loro storie nella nostra trasmissione “Prodigi – La Musica è vita“.
“In trenta secondi sono passati i ricordi di una vita, ci è crollato il mondo addosso. Sono cose ingiuste, che non devono accadere. Per noi la vita è finita”:così Salvatore, il papà dell’ambasciatore Luca Attanasio, ha spiegato all’agenzia Ansa il momento in cui ha appreso della morte in un agguato del figlio. “Ma adesso – ha aggiunto – bisogna pensare alle nipoti, queste tre creature avevano praterie davanti con un padre così. Non sanno ancora cosa è accaduto – ha detto -.Anche la loro mamma, la moglie di Luca, è distrutta dal dolore”. Poi a proposito della sua missione ha aggiunto: “Ci ha detto quali erano gli obiettivi. E’ stato sempre una persona rivolta agli altri, ha sempre fatto del bene, ed è sempre stato proiettato verso alti ideali, capace di coinvolgere chiunque nei suoi progetti. Una cosa che a me poteva sembrare poco chiara, lui mela rendeva positiva. Era onesto, corretto, mai uno screzio”.
Doveva essere protetto. Così non è stato. Perché?
FONTE: https://www.globalist.it/intelligence/2021/02/23/mandato-allo-sbaraglio-ombre-sull-assassinio-dell-ambasciatore-attanasio-2074952.html
Notizie dal Canada
Il primo ministro del Canada Justin Trudeau:”se i vostri test saranno negativi, farete la quarantena a casa. Questa quarantena è obbligatoria e sarà fatta rispettare. Se i vostri test saranno positivi, vi sarà richiesto di fare una quarantena immediata nelle strutture designate dal governo.”
Il Giappone il “Ministero della Solitudine”. Ne avremmo bisogno anche in Italia
Anche nella solitudine i gatti non devono soffrire
Il Giappone, come molte altre nazioni sviluppate, ha assistito a un aumento allarmante di suicidi o tentativi di suicidio nell’ultimo anno, durante il Lockdown per il Covid-19. Per affrontare questa crisi il governo giapponese ha nominato un “Ministro della solitudine“, carica già introdotta nel 2018 nel Regno Unito.
Il paese aveva già numeri molto elevati di suicidi anche prima della pandemia, m questi erano su una traiettoria discendente continua ormai da diversi anni, ora nuovi studi mostrano che l’autolesionismo è “la principale causa di morte negli uomini di età compresa tra 20 e 44 anni e le donne di età compresa tra da 15 a 34 “.
I media giapponesi parlano di 879 donne suicidatesi durante il mese di ottobre, una cifra che segna un enorme aumento, pari al 70% rispetto allo stesso mese del 2019. I funzionari hanno notato che la pandemia con le sue misure obbligatorie di distanziamento sociale , ha avuto un impatto durissimo sul sesso femminile.
Secondo il Japan Times, il primo ministro Yoshihide Suga all’inizio del mese ha nominato nuovo ministro della solitudine un politico veterano di 70 anni di nome Tetsushi Sakamoto. Dirigerà una “task force di emergenza” per combattere l’inquietante picco di suicidi a livello nazionale “Con l’isolamento legato a una serie di problemi sociali come il suicidio, la povertà e gli hikikomori (reclusi sociali), venerdì il Gabinetto ha anche istituito una task force che cerca di affrontare il problema della solitudine in vari ministeri, anche indagando sul suo impatto”,
“Secondo i dati preliminari diffusi dall’Agenzia nazionale di polizia, 20.919 persone si sono tolte la vita nel 2020, con un aumento di 750 rispetto all’anno precedente e segnando il primo aumento su base annua in 11 anni. L’aumento è in gran parte attribuito a un notevole aumento nei suicidi tra donne e giovani “, sottolinea un rapporto di stampa sulla materia.
Il Giappone ha anche un ministro incaricato di affrontare il forte calo del tasso di natalità del Giappone, che è stato anche oggetto di molti rapporti inquietanti negli ultimi anni. Molti vedono un causa nel sorgere dell nuova industria delle “Bambole sessuali elettroniche”, che avrebbe avuto il duplice effetto d’incrementare la solitudine e di decrementare i contatti sessuali fra umani e quindi le possibilità di riproduzione. Una bambola elettronica dice sempre di si, non discute, ma neppure fa figli.
FONTE: https://scenarieconomici.it/il-giappone-il-ministero-della-solitudine-ne-avremmo-bisogno-anche-in-italia/
BELPAESE DA SALVARE
INTERROGAZIONE URGENTE SU APPALTI
per affidare il servizio di ristorazione scolastica nei nidi capitolini, nelle scuole dell’infanzia comunali e statali, primarie e secondarie di primo grado site nel territorio di Roma Capitale
Prot. RQVB 3040 del 23/02/2021
Il sottoscritto Consigliere Capitolino
PREMESSO
Che con determinazione dirigenziale a contrarre n. QM/51/2021 del 18 gennaio 2021 del Dipartimento Servizi Educativi e Scolastici e con determinazione dirigenziale di indizione gara n. SU/52/2021 del 22 gennaio 2021 della Direzione Servizi della Centrale Unica Appalti – Direzione Generale, Roma Capitale ha deliberato di affidare il servizio di ristorazione scolastica nei nidi capitolini, nelle sezioni ponte, nelle scuole dell’infanzia comunali e statali, primarie e secondarie di primo grado site nel territorio di Roma Capitale, in conformità ai parametri di sostenibilità ambientale di cui al D.M. 10 marzo 2020 suddivisa in 15 lotti prestazionali e territoriali.
CONSIDERATO
Che sono pervenute allo scrivente richieste di chiarimenti sulla presente procedura poiché sembrerebbero emergere alcune gravi anomalie;
Che come si evince dalla Definizione all’art. 1 “Premesse” del Disciplinare di Gara, l’affidamento avverrà mediante procedura aperta attraverso l’utilizzo della piattaforma telematica di negoziazione ai sensi degli artt. 58 e 60 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e ss.mm. ii. – Codice dei contratti pubblici (in seguito: Codice) con applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 7 del Codice, dove l’elemento prezzo assumerà la forma di un costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo sulla base di criteri qualitativi.
Che le Stazioni Appaltanti possono effettivamente decidere di determinare il prezzo dell’affidamento, per fattispecie diverse da quelle per le quali vi è una norma di legge che lo preveda, ma come ha previsto l’ANAC nelle sue linee guida, attuative del nuovo Codice degli Appalti, devono adottare particolari cautele al riguardo, valutando con attenzione le modalità di calcolo e stima del prezzo o costo fisso. Ciò al fine di evitare che il prezzo sia troppo contenuto ma anche troppo elevato, producendo danni per la stazione appaltante.
RILEVATO
Che i prezzi attualmente in vigore a pasto esclusa IVA sono i seguenti:
Lotto 1 – RTI Dussmann/Vegezio – euro 4,034
Lotto 2 – SODEXO – euro 4,590
Lotto 3 – RTI Innova/Eraclya – euro 4,358
Lotto 4 – Coop. Solidarietà e Lavoro – euro 4,576
Lotto 5 – Serenissima – euro 4,230
Lotto 6- Gemeaz/Elior – euro 4,543
Lotto 7 – Pedevilla – euro 4,430
Lotto 8 – Compass Group Italia – euro 4,870
Lotto 9 – CIR Food – euro 4,637
Lotto 10 – Gestione Servizi Integrati – euro 4,670
Lotto 11 – Ladisa – euro 4,925
Lotto 12 – Euroristorazione – euro 4,680
Lotto 13 – Bioristoro – euro 4,359
Lotto 14 – Servizi Integrati – euro 5,090
Lotto 15 – Eutorurist New – euro 4,841
Che il prezzo pasto unitario individuato come prezzo fisso (Euro 5,595) dalla nuova gara si attesta quindi come un corrispettivo da un minimo del 10 % più alto del corrispettivo più alto oggi applicato (Lotto 14 – Servizi Integrati – euro 5,090) ad un massimo del 28 % più alto del corrispettivo più basso oggi applicato (Lotto 1 – RTI Dussmann/Vegezio – euro 4,034)
Che sempre l’ANAC sollecita affinché, nel caso di una concorrenza basata esclusivamente sulle caratteristiche qualitative dell’offerta ottenuta con il prezzo o costo fisso, le stazioni appaltanti possano imporre un livello minimo qualitativo, determinando un valore soglia per il punteggio che le offerte devono ottenere per determinati criteri, in modo che qualora nessuna offerta soddisfi il livello qualitativo richiesto, la stazione appaltante possa non aggiudicare la gara.
Che nel nuovo Bando di gara non è stata prevista alcuna soglia minima o di cd. “sbarramento” nell’attribuzione del punteggio qualitativo e che inoltre, pur non essendo ravvisabile un diretto contrasto con la norma di legge nella scelta, da parte della stazione appaltante, di una modalità di attribuzione del punteggio di tipo on/off, in cui cioè vi è attribuzione del punteggio nel caso di ricorrenza di un elemento ritenuto rilevante dalla stazione appaltante (es. nel bando nr. 12 somministrazioni/anno di filetti di pesce fresco biologico si/no; nr. somministrazioni/anno di menù con prodotti alimentari provenienti da aziende di zone terremotate si/no; nr.4 somministrazioni/mese spremuta arance fresche biologiche etc.) per complessivi 75 punti sui 100 totali attribuibili, ridimensiona in parte il margine di apprezzamento del merito tecnico dell’offerta, snaturando il previsto criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e determinando una vera e propria sterilizzazione dei punteggi tecnici.
Che non è in discussione la possibilità di aggiudicare l’appalto con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa utilizzando criteri di valutazione incentrati sul metodo “on/off”. Tuttavia, nelle predette linee guida dell’ANAC è stato specificato, altresì, che i criteri di valutazione devono “consentire un effettivo confronto concorrenziale sui profili tecnici dell’offerta, scongiurando situazioni di appiattimento delle stesse sui medesimi valori, vanificando l’applicazione del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo“.
Che l’effetto che si produce è quello di rinviare alla fase della stipula e/o dell’esecuzione del contratto la verifica di quanto dichiarato dal concorrente aggiudicatario in merito alle caratteristiche del servizio offerto in gara, così unificando due momenti (quello relativo alla gara vera e propria e quello del controllo del servizio offerto dal concorrente aggiudicatario) che la legislazione in materia di contratti pubblici vuole e tiene autonomi e distinti.
ATTESO
Che le valutazioni sopra riportate non si possono ritenere vanificate, né quantomeno calmierate, dalla previsione di un unico criterio di valutazione di natura qualitativa rappresentato dall’attività di comunicazione destinato all’utenza (bambini e famiglie) (max 25 punti), che se non proprio estranei all’oggetto dell’appalto, certamente non si possono qualificare come specifici rispetto alle peculiarità del servizio, considerate le preminenti necessità, soprattutto alla luce dell’anno appena trascorso e delle nuove modalità di servizio imposte per adeguare lo stesso alle norme per il contenimento del contagio Covid-19, di puntare sull’igiene della produzione, sulla pulizia e l’igiene delle strutture di produzione e consumo, nonché sulle misure per far fronte a situazioni di emergenza, anche pandemica, sulle garanzie di reperibilità del personale impiegato e sull’eventuale presenza di centri cottura di emergenza in caso di indisponibilità di quelli del Comune
INTERROGA IL SINDACO E GLI ASSESSORI COMPETENTI
Al fine di sapere:
- se sono stati rispettati appieno i criteri stabiliti dal Codice degli Appalti e i Criteri Ambientali Minimi (CAM), tenuto conto che il Codice degli Appalti del 2016 prevede che i contratti relativi alla refezione scolastica siano aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, mentre il bando di gara nella fattispecie prevede che il servizio venga aggiudicato esclusivamente sulla base dell’offerta tecnica e non sul ribasso del prezzo del pasto;
- se è intendimento dell’Amministrazione capitolina fornire chiarimenti in merito alla procedura in premessa descritta, in particolare al punto D. ATTIVITA’ DI COMUNICAZIONE (max 25 punti) in cui viene disposto che il punteggio sarà attribuito sulla base di un piano di iniziative di comunicazione rivolte agli utenti e genitori, redatte a cura del concorrente, orientate alla divulgazione del contenuto e dei principi ispiratori dell’appalto e che prima dell’avvio dell’esecuzione e prima della pubblicazione e/o divulgazione dovrà esser validato dal Dipartimento;
- Se corrisponde alla realtà il fatto che la spesa prevista per l’Amministrazione Capitolina sia maggiore di quella attuale e ciò non in virtù di un numero maggiore di utenza e/o di migliore qualità dei prodotti alimentari impiegati, bensì per il discutibile costo previsto per l’attività di comunicazione che i concorrenti dovranno fare in base ad opuscoli che pubblicizzano l’attività dell’Amministrazione nel settore della refezione.
FONTE: On. Avv. Francesco Figliomeni – CONSIGLIERE COMUNALE DI ROMA
Nonostante tutte le attività fossero bloccate causa Covid, il ministero sia stato semivuoto per gran parte del 2020 e il Ministro degli Interni Luciana Lamorgese non abbia potuto incontrare nessun suo equivalente straniero, le spese del dicastero ammontano a 470mila euro, circa mezzo milione.
Tutto rintracciabile e documentato anche sul sito del ministero, esattamente alla voce “Amministrazione trasparente”, dati portati alla luce da LabParlamento. Sembra che la causa principale sia stato lo smart-working. Infatti, per poter mandare avanti la macchina del Ministero degli Interni, decine di migliaia di euro sono state utilizzate per rifornire i dipendenti e tutto il personale di pc e rete internet validi per lavorare da remoto. Migliaia di euro per migliaia di dispositivi elettronici.
Non solo computer e smartphone adeguati: è stato necessario per il ministro, premiare chi è rimasto a lavorare al Viminale e non dietro lo schermo del salotto di casa. C’è stato un vero e proprio rinnovamento del design del dicastero, principalmente a causa di un allagamento avvenuto lo scorso 8 febbraio. Una nuova cucina fa adesso parte del ministero dal quale però fanno sapere: “Stiamo parlando di un cucinino che, dopo anni, aveva bisogno di un freezer nuovo”. E il freezer nuovo, effettivamente, fra le spese c’è. Poi ci sono un minifrigo, lavabicchieri, tavolo refrigerato, lavello e infine un pensile. “Manutenzione straordinaria” la chiamano dal Gabinetto del ministro. A queste si aggiungono le spese giustificate del catering, anche se sempre dal Viminale fanno sapere che la ministra pranza con “uno yogurt o con della frutta”. Ma anche altri 1600 euro per una poltrona di pelle.
Dopo l’allagamento sopracitato 4.500 euro sono serviti per il”materiale di ferramenta” a cui vanno aggiunte le spese per il servizio di smontaggio, lavaggio e ripristino della parte elettrica del lampadario nella stanza, al secondo piano, del capo Dipartimento. Sempre al secondo piano del Palazzo del Viminale è stato utilizzato qualche ulteriore migliaio d’euro anche per il servizio “ritiro, lavaggio e riconsegna” dei tappeti e cinque poltrone. Esattamente 39.280 euro, invece, sono stati spesi per gli arredi su misura a cui vanno aggiunti 11mila euro per gli arredi semplici ed altri 60mila euro circa per il resto del mobilio, per un totale superiore ai 110mila euro nel solo 2020. Sembra essere stato necessario spendere, invece, quasi 5mila euro per i portadocumenti in pelle e circa 7mila euro per le rilegature e per i secchioni dell’immondizia.
Perlomeno, tra le varie voci, a fine ottobre sono state comprate diverse bandiere italiane e dell’Unione Europea, ovviamente dotate di supporti fatti con gommapiuma.
FONTE: https://rassegnastampa.news/spese-per-quasi-mezzo-milione-di-euro-al-ministero-degli-interni-della-lamorgese
Allarme della Dia: le mani delle mafie su “green” e sanità
L’ultima Relazione semestrale della Dia evidenzia seri rischi di infiltrazione mafiosa e la crescita di riciclaggio e corruzione
Allarme della Dia: la pandemia di Covid-19 rappresenta una “grande opportunità” per le mafie e lo snellimento delle procedure d’affidamento degli appalti e dei servizi pubblici comporterà “seri rischi di infiltrazione mafiosa dell’economia legale, specie nel settore sanitario”.
E’ poi “oltremodo probabile” che i clan tentino di intercettare i finanziamenti per le grandi opere e la riconversione alla green economy. Lo evidenzia l’ultima Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), che evidenzia seri rischi di infiltrazione e la crescita di riciclaggio e corruzione.
Mani delle mafie su “green” e sanità
Le indagini raccontano di una criminalità organizzata che durante il lockdown ha continuato ad agire sottotraccia, con un calo delle “attività criminali di primo livello” (traffico di droga, estorsioni, ricettazione, rapine), ma un aumento al Nord ed al Centro dei casi di riciclaggio e, al Sud, i casi di scambio elettorale politico-mafioso e di corruzione.
Stabile l’usura, fattore sintomatico di una pressione “indiretta” comunque esercitata sul territorio. Si tratta, segnala la Dia, “di segnali embrionali che, però, impongono alle Istituzioni di tenere alta l’attenzione soprattutto sulle possibili infiltrazioni negli Enti locali e sulle ingenti risorse destinate al rilancio dell’economia del Paese”.
Le segnalazioni di operazioni sospette
Sono cresciute anche le segnalazioni di operazioni sospette (Sos) nelle procedure bancarie pervenute alla Direzione rispetto allo stesso periodo del 2019. Un dato, viene sottolineato, “indicativo se si considera il blocco delle attività commerciali e produttive determinato dall’emergenza Covid della scorsa primavera”.
Soldi in cambio di consenso
La disponibilità di liquidità delle cosche punta ad incrementare il consenso sociale anche attraverso forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà, con il rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole “possano essere fagocitate nel medio tempo dalla criminalità, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti”.
Welfare criminale
Diventa pertanto fondamentale, si legge nella Relazione, “intercettare i segnali con i quali le organizzazioni mafiose punteranno, da un lato, a ‘rilevare’ le imprese in difficoltà finanziaria, esercitando il welfare criminale ed avvalendosi dei capitali illecitamente conseguiti mediante i classici traffici illegali; dall’altro, a drenare le risorse che verranno stanziate per il rilancio del Paese”.
Da Nord a Sud, infatti, il comune denominatore delle strategie mafiose, in questo periodo più di altri, pare collegato alla capacità di operare in forma imprenditoriale per rapportarsi sia con la Pubblica Amministrazione, sia con i privati.
Nel primo caso per acquisire appalti e commesse pubbliche, nel secondo per rafforzare la propria presenza in determinati settori economici scardinando o rilevando imprese concorrenti o in difficoltà finanziaria.
Mimetizzazione
La Dia, riassume Ansa, parla di “propensione per gli affari che passa attraverso una mimetizzazione attuata mediante il ‘volto pulito‘ di imprenditori e liberi professionisti attraverso i quali la mafia si presenta alla pubblica amministrazione adottando una modalità d’azione silente che non desta allarme sociale”.
La ‘Ndrangheta non è più impermeabile
La ‘Ndrangheta sta perdendo la sua caratteristica di organizzazione monolitica ed impermeabile a fenomeni come i collaboratori con la giustizia di affiliati e imprenditori e commercianti taglieggiati e costretti in precedenza all’omertà. Lo rileva la Dia nella relazione semestrale presentata oggi al Parlamento.
“Un numero sempre maggiore di collaborazioni con la giustizia di soggetti appena tratti in arresto per vari reati – indicano gli investigatori – sta frantumando quel clima di omertà e di impenetrabilità che aveva contraddistinto questa organizzazione mafiosa, realtà sempre più percepita dai cittadini che, in numero ormai significativo, stanno decidendo di collaborare alle indagini testimoniando il loro assoggettamento alle estorsioni mafiose“.
La ‘ndrangheta mantiene comunque saldamente la propria leadership nei grandi traffici di droga, continuando ad acquisire forza e potere. L’emergenza pandemica, nota la Dia, “non ha in alcun modo rallentato il florido mercato del traffico internazionale di stupefacenti destinati anche alle piazze di spaccio”.
Ma uno dei punti di forza dell’organizzazione sta “nella sua capacità di intrecciare legami diretti e collaborazioni criminali con qualsiasi tipo di interlocutore: politici, esponenti delle Istituzioni, imprenditori, professionisti”.
Si tratta, evidenzia la Relazione, “di soggetti potenzialmente in grado di venire incontro alle esigenze delle cosche, sicché da ottenere indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche”.
Si conferma poi la presenza delle cosche in numerose Regioni – in tutto il Nord, dalla Valle d’Aosta al Trentino Alto Adige – e all’estero, nonché in Europa (dalla Spagna alla Francia, dalla Germania al Regno Unito) e America.
Mafia: “Tornano ai vertici gli anziani scarcerati”
Cosa Nostra vive momenti di “grande cautela operativa e sta tentando di serrare le fila anche riammettendo nei suoi ranghi le nuove generazioni degli ‘scappati’ dalla guerra di mafia degli anni ’80 oltre a beneficiare di scarcerazioni di anziani affiliati che hanno scontato lunghe pene detentive”, rileva l’ultima Relazione semestrale della Dia.
Per una organizzazione così strutturata, a differenza di altre, nota la Dia, “il reinserimento di affiliati che hanno subito il carcere con ‘onore’, cioè senza pentirsi, avviene di norma senza traumi o conflitti anche nella consapevolezza che il rientro sul territorio di tali soggetti aumenta il prestigio dell’organizzazione mafiosa”.
Le indagini evidenziano la propensione dei clan “a recuperare con maggiore efficacia i rapporti con le proprie storiche propaggini all’estero. Recenti sono, in particolare, le evidenze di una significativa rivitalizzazione dei contatti con le famiglie d’oltreoceano, che sono emerse con riferimento alle dinamiche sia palermitane sia agrigentine”.
“I cardini intorno ai quali ruotano le attività criminali mafiose sono sempre gli stessi: estorsioni ed usura, narcotraffico e gestione dello spaccio di stupefacenti, controllo del gioco d’azzardo legale ed illegale, inquinamento dell’economia dei territori, soprattutto nei settori dell’edilizia, del movimento terra, dell’approvvigionamento dei materiali inerti, dello smaltimento dei rifiuti, della produzione dell’energia, dei trasporti e dell’agricoltura. Spesso ciò si realizza attraverso l’infiltrazione o il condizionamento degli enti locali – conclude il rapporto – anche avvalendosi della complicità di politici e funzionari corrotti“.
FONTE: https://www.interris.it/attualita/dia-mafie/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Razzi contro l’Ambasciata Usa nella ‘green zone’ di Baghdad
Secondo fonti di sicurezza locali, sono stati segnalati tre attacchi missilistici nella “Green Zone” di Baghdad, con l’ambasciata americana finita nel mirino.
Almeno due attacchi missilistici hanno colpito la cosiddetta Green Zone di Baghdad, dove si trova l’Ambasciata degli Stati Uniti, si afferma in un comunicato dei militari iracheni.
Finora non sono state segnalate vittime.
Smoke rising from the Green Zone, no updates regarding any impacts, yet. #Baghdad #Iraq 🇮🇶 pic.twitter.com/84bscszWBc
— Halo Kaka (@kakakurdistan) February 22, 2021
La Green Zone ospita ambasciate straniere ed edifici governativi e finisce regolarmente nel mirino di attacchi con razzi lanciati da gruppi armati ribelli che i funzionari statunitensi e iracheni ritengono sostenuti dall’Iran, sebbene Teheran respinga categoricamente queste accuse.
L’attacco è il terzo negli ultimi giorni contro edifici diplomatici, militari o commerciali occidentali in Iraq.
Il 15 febbraio un appaltatore civile è stato ucciso e almeno altre nove persone, tra cui un soldato statunitense, sono rimaste ferite in un attacco missilistico contro una base militare usata dalle forze statunitensi a Erbil, in Iraq. Gli Stati Uniti ed i loro alleati hanno quasi immediatamente incolpato l’Iran. Teheran ha come al solito respinto ogni addebito, sottolineando di volere un Iraq sicuro come fattore essenziale per la stabilità regionale.
“L’Iran non solo respinge fermamente queste voci, ma condanna inoltre categoricamente i tentativi sospetti di attribuire l’attacco all’Iran”, aveva detto all’epoca il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh.
Sulla scia dell’attacco, gli Stati Uniti hanno detto che indagheranno a fondo aggiungendo di riservarsi il diritto di ritorsioni.
Una milizia sciita poco conosciuta che si fa chiamare “Saraya Awliya al-Dam” (“I Vendicatori delle Brigate di Sangue”) ha rivendicato l’attacco e ne ha promesso di nuovi contro le forze di “occupazione americana” in Iraq.
FONTE: https://it.sputniknews.com/mondo/2021022210168187-razzi-contro-lambasciata-usa-nella-green-zone-di-baghdad/
Il ripristino della NATO di Biden indica il fallimento globale degli Stati Uniti
SCF, 19 febbraio 2021
Più gli Stati Uniti spingono la NATO come strumento, più è evidente che il potere nordamericano si scarica. Un mese dopo la sua nomina, questa settimana l’amministrazione del presidente Joe Biden formalmente s’impegnava sulla scena internazionale per definire le principali politiche estere. Il suo segretario alla Difesa Lloyd Austin si rivolse a un vertice NATO via video in cui trasmise il messaggio di Biden che gli Stati Uniti s’impegneranno nuovamente cogli alleati europei. I quattro anni di politica abrasiva America First di Donald Trump furono abbandonati al posto di un approccio più agevole e consensuale con Biden, che parlò alle videoconferenze del Gruppo dei Sette, nonché alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del fine settimana. Uno sviluppo importante era l’annuncio dell’amministrazione Biden di essere pronta a rientrare nell’accordo nucleare internazionale coll’Iran, ripudiando il rifiuto di Trump dell’accordo. Resta da vedere, tuttavia, cosa vorrà l’amministrazione Biden in cambio dell’onorare la firma del trattato negoziato nel 2015. Altre inversioni di politica includono truppe statunitensi rimanere in Germania in contrasto col piano di Trump di ridurle. Sembra un altro esercizio per riparare i rapporti cogli europei. In precedenza, Biden aveva anche annunciato che avrebbe negoziato con la Russia l’estensione del nuovo trattato START che limita le armi nucleari. Quest’ultima mossa era accolta con cautela. Ma, ancora una volta, resta da vedere. Non c’è dubbio sul cambiamento di stile. L’amministrazione Biden promette di essere collegiale sul processo decisionale strategico cogli alleati europei. La retorica prepotente di Trump per indurre i membri europei a spendere di più per la NATO fu abbandonata da Biden. L’establishment di Washington era fortemente preoccupato che le tirate di Trump alienassero gli alleati europei minando la NATO, che a sua volta diminuiva l’autorità degli USA e ne frustrava gli interessi.
Storicamente, gli Stati Uniti si affidano alla NATO per proiettare il proprio potere e influenza sull’Europa. Questo era il suo obiettivo fondamentale quando fu istituita nel 1949 all’inizio della Guerra Fredda contro l’Unione Sovietica. Negli ultimi decenni, la NATO assume la continua espansione per la proiezione del potere imperiale nordamericano, comprendendo non solo l’Europa occidentale ma tutta l’Europa fino ai confini della Russia. La NATO è uno strumento delle ambizioni egemoniche nordamericane su Balcani, Caucaso, Nord Africa e Medio Oriente, Africa ed Asia-Pacifico. Per un’organizzazione che nominalmente è nata per mantenere la sicurezza nel Nord Atlantico, sembra davvero strano sentire i propri portavoce parlare della necessità di affrontare la Cina. Tale missione globale stranamente ampliata riflette il fatto reale, ma non detto, che la NATO si occupa esclusivamente di servire le ambizioni globali nordamericane. L’ex-presidente Trump era troppo ignorante o ossessionato dai costi finanziari, “siamo stati derubati” si lamentava ripetutamente sulla NATO, per capire il quadro strategico di ciò che l’alleanza è veramente destinata a servire. Col nuovo tizio alla Casa Bianca, vecchio funzionario dell’establishment, c’è apparentemente un approccio consensuale cogli alleati. Tuttavia, alla base del lessico liberale c’è lo stesso vecchio mantra dell’ostilità verso Russia e Cina. Lloyd Austin, capo del Pentagono, disse agli alleati europei che ci sarebbe stata “maggiore condivisione degli oneri” per affrontare le “minacce” presumibilmente rappresentate da Russia e Cina. Biden continuò lo stesso tema del confronto con Russia e Cina nelle sue conferenze G7 e di Monaco del fine settimana.
Le ambizioni egemoniche nordamericane richieste per soddisfare il suo capitalismo aziendale dipendono da una geopolitica a somma zero. Il globo deve essere diviso in sfere di influenza come nei primi decenni della Guerra Fredda. Deve esserci antagonismo per contrastare una cooperazione genuina, anatema per il capitalismo nordamericano. In effetti, si può dire che la guerra fredda non è mai finita quando l’Unione Sovietica si dissolse più di tre decenni fa. L’ideologia imperialista nordamericana continuò sotto le nuove forme di “lotta al terrorismo”, “promozione della democrazia e costruzione della nazione”, o ultimamente “competizione di grandi potenze” con Russia e Cina. La conclusione è che la NATO è più importante che mai per le ambizioni del potere globale di Washington, data la fine del capitalismo nordamericano e l’ascesa della Cina e dell’Eurasia. La NATO da copertura politica cruciale per ciò che altrimenti sarà visto come il nudo imperialismo nordamericano. La contraddizione, tuttavia, è che il mondo passa sempre più verso il regno multipolare in cui le nazioni sono più interdipendenti e integrate nelle relazioni economiche. Russia e Cina sono i principali partner commerciali e di investimento coll’Europa, non avversari e ancor meno nemici. Quest’ultima rappresentazione è assurda. Gli unici che affermano che Russia e Cina sono una “minaccia” sono i nordamericani, indipendentemente da chi siede alla Casa Bianca, repubblicano o democratico. (Beh, non gli unici. Ci sono figure minori in Europa, come i politici baltici reazionari che dichiarano russofobia e sinofobia in doverosa deferenza verso i loro padroni nordamericani).
Quindi si può concludere che non ci sarà un fondamentale reset post-Trump della NATO con Biden. L’organizzazione rimane quella che è sempre stata, una macchina da guerra per promuovere gli obiettivi egemonici dell’imperialismo nordamericano. L’unica differenza è che l’amministrazione Biden è più esperta nel proiettare immagine e retorica appetibili su “consenso”, “diversità” e “condivisione degli oneri”. Tale NATO rinnovata, ma in sostanza ideologicamente rigida, soffre di gravi dissonanze nelle relazioni pratiche col mondo reale dell’evoluzione multipolare. Biden proverà a far aderire i membri della NATO alle ambizioni globali degli USA, ma quegli stessi membri inevitabilmente si allineano col resto del mondo per i propri interessi politici ed economici. Più la NATO cerca di diventare militarista servendo nordamericani e tirapiedi europei come il segretario generale Jens Stoltenberg, più è probabile che l’alleanza si dissolva. La sua funzione imperialista non è più adatta allo scopo, né praticabile nel mondo di oggi. Più gli Stati Uniti spingono la NATO come strumento, più è evidente che la forza del potere nordamericano si scarica.
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=15475
letteradamosca.eu
di Kris Osborne
Il Pentagono sta mettendo sempre più “occhi” nei cieli dell’Europa orientale, in quello che può essere visto come un rapido progresso verso il rafforzamento della deterrenza contro la Russia in tutto il continente, una serie di iniziative che includono anche esercitazioni e addestramenti più multinazionali, sviluppo di missili da crociera e di risorse di sorveglianza in aree strategicamente vitali grazie a una serie di nuovi droni.
Il 25 ° Gruppo d’attacco dell’aeronautica militare USA sta spostando la sua attenzione dalle operazioni del Comando centrale in Medio Oriente a sostegno delle campagne in Afghanistan e contro ciò che resta dell’ISIS, a operazioni aeree sempre più impegnative in Europa. Uno sforzo che include l’invio di droni MQ-9 Reaper in Romania. “Un sistema d’arma”, dice un recente rapporto dell’aviazione militare, “in continua evoluzione, che può trovare grande spazio nelle iniziative dell’Air Force per operare in e da ambienti contesi contro avversari di quasi pari livello”.
Questo sviluppo è significativo non solo perché fornisce un genere di sorveglianza di cui si sentiva molto l’esigenza nelle aree potenzialmente contese o comunque sottoposte a tensioni nell’Europa Orientale, ma anche perché rappresenta l’evoluzione tattica del drone Reaper: da arma valida soprattutto nelle missioni antiterrorismo e come supporto alla sorveglianza di ribelli e terroristi, a strumento di combattimento aereo capace di fornire un enorme valore aggiunto anche in una guerra potenzialmente massiccia e con grande dispiego di forze. Peraltro il Reaper ha mostrato chiaramente, negli attacchi contro i gruppi terroristici, tutta l’efficacia e la precisione con cui è in grado di rintracciare e distruggere gli obiettivi nemici, qualità che potrebbero rivelarsi preziose anche in conflitti di vaste dimensioni.
Anche se l’MQ-9 Predator non può in senso stretto essere considerato “stealthy”, l’Air Force da diversi anni lavora sul drone per adattarlo a un campo di battaglia in cui debba operare contro un nemico tecnologicamente sofisticato. Le difese e gli armamenti del Reaper sono stati notevolmente migliorati negli ultimi anni con l’aggiunta di missili aria-aria AIM-9X. L’MQ-9 Reaper attualmente lancia missili AGM-114 Hellfire, un’arma a guida laser da 500 libbre chiamata GBU-12 Paveway II e munizioni di attacco diretto che sono bombe a caduta libera progettate con un GPS e navigazione inerziale Kit guida sistemi.
L’Air Force attualmente gestisce più di 100 droni MQ-9 Reaper e negli ultimi anni ha iniziato a configurarli con serbatoi di carburante aggiuntivi per raggiungere un’autonomia di 1.150 miglia. Gli ultimi aggiornamenti dell’MQ-9 Reaper sono progettati per aggiungere due serbatoi di carburante e arrivare, dalle attuali sedici ore di volo, a più di ventidue. Innovazioni che potrebbero avere grande importanza nell’Europa orientale, data la grande estensione del confine russo. Le risorse di sorveglianza saranno probabilmente richieste in Europa sia a Nord-Ovest, vicino ai Paesi baltici, sia nelle principali aree a Sud-Est, sul Mar Nero e in Paesi come la Romania
FONTE: https://letteradamosca.eu/2021/02/22/i-super-droni-usa-contro-la-russia/
NORD STREAM 2: LA POLONIA ATTACCA LA RUSSIA MA MIRA ALLA UE
di Fulvio Scaglione
“Il lancio di Nord Stream 2 minaccia la continuità delle forniture di gas naturale alla Polonia. È anche molto probabile che inneschi un aumento dei prezzi, a danno dei consumatori polacchi. Il completamento del progetto aumenta la dipendenza dal gas russo: non solo per la Polonia, ma anche per altri Paesi europei. È inverosimile che delle corporation occidentali non lo capiscano e partecipino a un’impresa che non soltanto disturba la competizione nel mercato, ma costituisce pure una minaccia per la sicurezza energetica europea“. Con queste motivazioni, e a dispetto del fatto che Finlandia, Svezia, Danimarca e Germania (ovvero i Paesi per le cui acque territoriali il gasdotto dovrebbe passare) abbiano dato l’assenso, Tomasz Chrostny, presidente dell’Ufficio per la Concorrenza e la Protezione dei consumatori della Polonia, ha inflitto una multa record a Gazprom.
Il colosso russo del gas dovrebbe pagare 7,6 miliardi di dollari, mentre 61 miliardi di dollari ciascuna dovrebbero versare le aziende tedesche Uniper e Wintershall, la francese Engie, l’austriaca Omv e l’anglo-olandese Dutch Shell. Per loro, che hanno partecipato al finanziamento del Nord Stream 2, anche l’ordine di ritirarsi dal progetto entro un mese.
I rapporti tra Russia e Polonia non sono idilliaci, si sa. Ma nell’offensiva polacca, attivissima sulla Bielorussia, sul “caso Navalnyj” e sul gasdotto russo, c’è molto più di una rivalità internazionale. Il vero messaggio, nel caso Nord Stream 2 come negli altri casi, è rivolto all’Europa. La Polonia, approfittando anche della debolezza e della irresolutezza strategica dei vertici di Bruxelles, cerca di proporsi come Paese locomotiva della Ue, sfruttando l’appoggio degli Usa e la posizione strategicamente determinante nella geografia europea.
La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico quale fattore di maggior sicurezza vale, come argomento, solo se si hanno intenzioni politicamente o economicamente (per non dire militarmente) aggressive. La Polonia del recente boom economico dipendeva dalla Russia per circa il 50% delle forniture di gas naturale, e non pare essere stata granché danneggiata.
Il fatto è che la Polonia ha ben altri obiettivi. In primo luogo, intende proteggere se stessa proteggendo l’importanza strategica dell’Ucraina come territorio di transito dei gasdotti. Se il Nord Stream 2, passando sotto il Mar Baltico, entrasse in funzione, l’Ucraina perderebbe un sacco di soldi (3 miliardi l’anno di diritti di transito, secondo l’accordo valido cinque siglato nel dicembre 2019) ma, soprattutto, perderebbe tutto il suo significato geo-strategico. l’Europa si troverebbe con un fardello in più e la Russia, garantitasi la Crimea, perderebbe ogni interesse a investire risorse ed energie per tenere a bada l’ex Repubblica sovietica.
Ma soprattutto, la Polonia cerca di bloccare il Nord Stream 2 perché nutre l’ambizione di diventare a sua volta un attore decisivo in Europa nel mercato delle risorse energetiche. Negli ultimi anni, il Governo polacco ha molto incentivato la produzione energetica nazionale, sia sul fronte delle risorse “tradizionali” sia sul fronte delle rinnovabili. Poi ha portato da 5 a 7,5 miliardi di metri cubi l’anno la capacità del terminale per il gas liquido di Swinouiscie e ha siglato importanti accordi di lungo periodo con aziende americane per la fornitura, appunto, di gas liquido. Importanti accordi per la fornitura di gas naturale, infine, sono stati stretti dalla Polish Oil and Gas Company con aziende degli Usa, del Qatar e della Norvegia.
L’architrave del progetto polacco, però, è il gasdotto del Baltico, che dovrebbe convogliare il gas del Mare del Nord, attraverso la Danimarca, verso uno hub distributivo sistemato appunto in Polonia. I lavori dovrebbero concludersi nel 2022, anni in cui, guarda combinazione, scade il contratto della Polonia con Gazprom. E il gasdotto dovrebbe avere una portata di 10 miliardi di metri cubi, quanto basterebbe per sostituire completamente le forniture russe.
Sommando tutte le forniture ipotizzate, la Polonia potrebbe affrancarsi dai fornitori russi e proporsi, anzi, come fornitore “amico” per i Paesi dell’Est europeo, in primo luogo il Gruppo di Visegrad. Conquistando così, anche, un enorme potere contrattuale nei confronti di Bruxelles e dell’intera Ue. Perché tutto questo possa succedere, però, è necessario che il progetto Nord Stream 2 non vada mai in porto. Appunto.
Fulvio Scaglione
Bottino di guerra: il commercio multimiliardario di eroina dall’Afghanistan
Bottino di guerra: il commercio di eroina multimiliardario dall’Afghanistan. Pubblicato per la prima volta nel 2005, aggiornato a gennaio 2015 e aprile 2017. La crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, ampiamente definita, ha una relazione con l’esportazione di eroina dall’Afghanistan. C’erano 189.000 consumatori di eroina negli Stati Uniti nel 2001, prima dell’invasione USA-NATO dell’Afghanistan. Nel 2016 quel numero è salito a 4.500.000 (2,5 milioni di eroinomani e 2 milioni di consumatori occasionali).
Nota dell’autore e aggiornamento
Nonostante il più recente annuncio del presidente Trump e di Biden sul ritiro delle truppe statunitensi, il commercio di oppio afghano continua ad essere protetto dalle forze di occupazione USA-NATO per conto di potenti interessi finanziari. L’economia dell’oppio in Afghanistan è un’operazione multimiliardaria che alimenta l’impennata del mercato statunitense dell’eroina che al culmine della crisi della corona è oggetto di interesse pubblico.
Nel corso dell’ultimo decennio, c’è stata un’impennata nella produzione di oppio afghano. A sua volta, il numero di dipendenti da eroina negli Stati Uniti è aumentato notevolmente. C’è una relazione?
“C’erano 189.000 consumatori di eroina negli Stati Uniti nel 2001, prima dell’invasione USA-NATO dell’Afghanistan. Nel 2016 quel numero è salito a 4.500.000 (2,5 milioni di eroinomani e 2 milioni di consumatori occasionali). Le morti di eroina sono aumentate da 1.779 nel 2001 a 10.574 nel 2014 mentre i campi di papaveri da oppio afgani metastatizzavano da 7.600 ettari nel 2001 (quando iniziò la guerra USA-NATO in Afghanistan) a 224.000 ettari nel 2016 (un ettaro equivale a circa 2,5 acri). Ironia della sorte, la cosiddetta operazione di eradicazione degli Stati Uniti in Afghanistan è costata circa 8,5 miliardi di dollari in fondi dei contribuenti americani dall’inizio della guerra USA-NATO-Afghanistan nell’ottobre 2001 “. (Vedi l’ articolo di Sibel Edmonds, 22 agosto 2017)
L’Afghanistan attualmente produce l’84% dell’oppio che alimenta il mercato dell’eroina.
Per non dimenticare, l’aumento della produzione di oppio è avvenuto subito dopo l’invasione degli Stati Uniti nell’ottobre 2001.
Chi protegge le esportazioni di oppio dall’Afghanistan?
Nel 2000-2001, “il governo talebano – in collaborazione con le Nazioni Unite – aveva imposto con successo il divieto della coltivazione del papavero. La produzione di oppio è diminuita di oltre il 90% nel 2001. In effetti, l’aumento della produzione di oppio è coinciso con l’assalto dell’operazione militare guidata dagli Stati Uniti e la caduta del regime talebano. Da ottobre a dicembre 2001, gli agricoltori hanno iniziato a ripiantare il papavero su base estensiva “. (citato dall’articolo sotto)
L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) con sede a Vienna rivela che la coltivazione del papavero nel 2012 si è estesa su un’area di oltre 154.000 ettari, con un aumento del 18% rispetto al 2011. Un portavoce dell’UNODC ha confermato nel 2013 che la produzione di oppio si sta dirigendo verso livelli record .
Nel 2014 la coltivazione dell’oppio afghano ha raggiunto un livello record, secondo l’ Afghan Opium Survey 2014 dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (vedere il grafico sotto). Un leggero calo si è verificato nel 2015-2016.La guerra fa bene agli affari. L’economia afghana dell’oppio alimenta un lucroso commercio di narcotici e riciclaggio di denaro.
Secondo l’ Afghanistan Opium Survey del 2012 pubblicato nel novembre 2012 dal Ministero della lotta contro gli stupefacenti (MCN) e dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC). la produzione potenziale di oppio nel 2012 è stata dell’ordine di 3.700 tonnellate, un calo del 18% rispetto al 2001, secondo i dati UNODC.
C’è motivo di credere che questa cifra di 3700 tonnellate sia grossolanamente sottostimata. Inoltre, contraddice le stesse previsioni dell’UNOCD di raccolti record su una vasta area di coltivazione.
Mentre il maltempo e le colture danneggiate possono aver giocato un ruolo come suggerito dall’UNODC, sulla base delle tendenze storiche, la produzione potenziale per un’area di coltivazione di 154.000 ettari, dovrebbe essere ben superiore a 6000 tonnellate. Con 80.000 ettari coltivati nel 2003, la produzione era già dell’ordine di 3600 tonnellate.
Vale la pena notare che l’UNODC ha modificato i concetti e le cifre sulle vendite di oppio e sulla produzione di eroina, come indicato dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT).
Un cambiamento nella metodologia delle Nazioni Unite nel 2010 ha portato a una netta revisione al ribasso delle stime sulla produzione di eroina afghana per il periodo 2004-2011. L’UNODC stimava che l’intero raccolto mondiale di oppio fosse trasformato in eroina e su questa base ha fornito stime della produzione globale di eroina. Prima del 2010, un tasso di conversione globale di circa 10 kg di oppio in 1 kg di eroina è stato utilizzato per stimare la produzione mondiale di eroina (17). Ad esempio, si ritiene che le 4 620 tonnellate di oppio raccolte in tutto il mondo nel 2005 rendessero possibile la produzione di 472 tonnellate di eroina (UNODC, 2009a). Tuttavia, l’UNODC ora stima che gran parte del raccolto di oppio afghano non viene trasformato in eroina o morfina, ma rimane “disponibile sul mercato della droga come oppio” (UNODC, 2010a). … Rapporto sui mercati della droga dell’UE: un’analisi strategica, EMCDDA, Lisbona, enfasi aggiunta gennaio 2013
Non ci sono prove che una grande percentuale della produzione di oppio non sia più trasformata in eroina come affermato dalle Nazioni Unite. Questa metodologia UNODC rivista è servita, – attraverso la manipolazione diretta di concetti statistici – a ridurre artificialmente le dimensioni del commercio mondiale di eroina.
Secondo l’UNODC, citato nel rapporto dell’OEDT:
“Si stima che 3 400 tonnellate di oppio afghano non siano state trasformate in eroina o morfina nel 2011. Rispetto agli anni precedenti, questa è una percentuale eccezionalmente alta del raccolto totale, che rappresenta quasi il 60% del raccolto di oppio afghano e quasi il 50% del il raccolto globale nel 2011.
Quello che ha fatto l’UNODC, il cui mandato è quello di sostenere la prevenzione della criminalità organizzata, è stato quello di offuscare la dimensione e la natura criminale del traffico di droga afghano, intimando – senza prove – che gran parte dell’oppio non è più canalizzato il mercato illegale dell’eroina.
Nel 2012, secondo l’UNODC, i prezzi alla stalla dell’oppio erano dell’ordine di 196 al kg.
Ogni kg. di oppio produce 100 grammi di eroina pura. I prezzi al dettaglio statunitensi dell’eroina (con un basso livello di purezza) sono, secondo UNODC, dell’ordine di 172 dollari al grammo. Il prezzo per grammo di eroina pura è sostanzialmente più alto.
I profitti vengono in gran parte raccolti a livello dei mercati internazionali all’ingrosso e al dettaglio di eroina, nonché nel processo di riciclaggio di denaro negli istituti bancari occidentali.
Le entrate derivanti dal commercio globale di eroina costituiscono una miniera d’oro multimiliardaria per le istituzioni finanziarie e la criminalità organizzata.
Produzione record nel 2016. Fake Eradication Program Secondo YNODC: “La produzione di oppio in Afghanistan è aumentata del 43% a 4.800 tonnellate nel 2016 rispetto ai livelli del 2015, secondo gli ultimi dati dell’Afghanistan Opium Survey diffusi oggi dal Ministero afghano della lotta contro i narcotici e dall’UNODC. Anche la superficie coltivata a papavero da oppio è aumentata a 201.000 ettari (ha) nel 2016, con un aumento del 10% rispetto ai 183.000 ettari del 2015.Ciò rappresenta un aumento di venti volte delle aree coltivate a oppio dall’invasione statunitense nell’ottobre 2001. Nel 2016, la produzione di oppio è aumentata di circa 25 volte rispetto ai livelli del 2001, da 185 tonnellate nel 2001 a 4800 tonnellate nel 2016.
Il seguente articolo, pubblicato per la prima volta nel maggio 2005, fornisce uno sfondo sulla storia del commercio di oppio afghano che continua a essere protetto dalle forze di occupazione USA-NATO per conto di potenti interessi finanziari.
Michel Chossudovsky, gennaio 2015, agosto 2017, dati aggiornati per il 2016
Il bottino di guerra: il commercio di eroina multimiliardario in Afghanistan
di Michel Chossudovsky
Global Research, maggio 2005
Dall’invasione dell’Afghanistan guidata dagli Stati Uniti nell’ottobre 2001, il commercio di oppio della Mezzaluna d’oro è aumentato vertiginosamente. Secondo i media statunitensi, questo lucroso contrabbando è protetto da Osama, i talebani, per non parlare, ovviamente, dei signori della guerra regionali, a dispetto della “comunità internazionale”.
Si dice che il business dell’eroina “riempia le casse dei talebani”. Nelle parole del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti:
“L’oppio è una fonte letteralmente di miliardi di dollari per i gruppi estremisti e criminali … [C] ridurre la fornitura di oppio è fondamentale per stabilire una democrazia sicura e stabile, oltre a vincere la guerra globale al terrorismo“, (Dichiarazione del Segretario aggiunto of State Robert Charles. Congressional Hearing, 1 aprile 2004)
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), la produzione di oppio in Afghanistan nel 2003 è stimata in 3.600 tonnellate, con una superficie coltivata stimata nell’ordine di 80.000 ettari. (UNODC all’indirizzo http://www.unodc.org/unodc/index.html ). Si prevede un raccolto eccezionale ancora più grande per il 2004.
Il Dipartimento di Stato suggerisce che fino a 120.000 ettari erano coltivati nel 2004. (Audizione del Congresso, op cit):
“Potremmo essere sulla buona strada per un’impennata significativa. Alcuni osservatori indicano forse una crescita dal 50% al 100% nel raccolto del 2004 rispetto alle cifre già preoccupanti dello scorso anno. “(Ibid)
“Operazione di contenimento “
In risposta all’aumento post-talebano della produzione di oppio, l’amministrazione Bush ha potenziato le sue attività di lotta al terrorismo, allo stesso tempo stanziando ingenti somme di denaro pubblico all’iniziativa dell’Asia occidentale della Drug Enforcement Administration, soprannominata “Operazione Contenimento“.I vari rapporti e dichiarazioni ufficiali sono, ovviamente, mescolati con la solita autocritica “equilibrata” che “la comunità internazionale non sta facendo abbastanza” e che ciò di cui abbiamo bisogno è “trasparenza”.
I titoli sono “Droga, signori della guerra e insicurezza oscurano il cammino dell’Afghanistan verso la democrazia“. In coro, i media statunitensi accusano il defunto “regime islamico intransigente“, senza nemmeno riconoscere che i talebani – in collaborazione con le Nazioni Unite – avevano imposto con successo un divieto alla coltivazione del papavero nel 2000. La produzione di oppio è diminuita di oltre 90 per cento nel 2001. In effetti, l’aumento della produzione di oppio è coinciso con l’assalto dell’operazione militare guidata dagli Stati Uniti e la caduta del regime talebano. Da ottobre a dicembre 2001, gli agricoltori hanno iniziato a ripiantare il papavero su base estensiva.La guerra fa bene alle imprese e alla criminalità organizzata: il commercio di oppio multimiliardario in Afghanistan. Crescente dipendenza da eroina negli Stati Uniti
Il successo del programma di eradicazione della droga dell’Afghanistan del 2000 sotto i talebani era stato riconosciuto nella sessione dell’ottobre 2001 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (avvenuta appena pochi giorni dopo l’inizio dei bombardamenti del 2001). Nessun altro paese membro dell’UNODC è stato in grado di attuare un programma comparabile:
“Passando prima al controllo della droga, mi aspettavo di concentrare le mie osservazioni sulle implicazioni del divieto dei talebani sulla coltivazione del papavero da oppio nelle aree sotto il loro controllo … Ora abbiamo i risultati della nostra indagine annuale sul terreno della coltivazione del papavero in Afghanistan. La produzione di quest’anno [2001] è di circa 185 tonnellate. Questo è in calo rispetto alle 3300 tonnellate dello scorso anno [2000], con un calo di oltre il 94%. Rispetto al raccolto record di 4700 tonnellate di due anni fa, la diminuzione è ben superiore al 97%.
Qualsiasi diminuzione della coltivazione illecita è benvenuta, soprattutto in casi come questo in cui nessuno spostamento, a livello locale o in altri paesi, è avvenuto per indebolire il risultato “
(Osservazioni a nome del Direttore esecutivo dell’UNODC all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ottobre 2001, http://www.unodc.org/unodc/en/speech_2001-10-12_1.html )
Copertura delle Nazioni Unite
Sulla scia dell’invasione degli Stati Uniti, cambio di retorica. L’UNODC si sta ora comportando come se il divieto dell’oppio del 2000 non fosse mai avvenuto:
“La battaglia contro la coltivazione di stupefacenti è stata combattuta e vinta in altri paesi ed è [è] possibile farlo qui [in Afghanistan], con un governo forte e democratico, assistenza internazionale e maggiore sicurezza e integrità”.
(Dichiarazione del rappresentante dell’UNODC in Afghanistan alla: Conferenza internazionale contro gli stupefacenti del febbraio 2004, http://www.unodc.org/pdf/afg/afg_intl_counter_narcotics_conf_2004.pdf , p. 5).
In effetti, sia Washington che l’UNODC ora affermano che l’obiettivo dei talebani nel 2000 non era realmente “l’eradicazione della droga“, ma un piano subdolo per innescare “un deficit artificiale nell’offerta”, che avrebbe fatto salire i prezzi mondiali dell’eroina.
Ironia della sorte, questa logica contorta, che ora fa parte di un nuovo “consenso ONU”, è smentita da un rapporto dell’ufficio dell’UNODC in Pakistan, che ha confermato, all’epoca, che non c’erano prove di accumulo di scorte da parte dei talebani. (Deseret News, Salt Lake City, Utah.5 ottobre 2003)
L’agenda nascosta di Washington: ripristinare il traffico di droga
Sulla scia del bombardamento statunitense del 2001 sull’Afghanistan, il governo britannico di Tony Blair è stato incaricato dal gruppo G-8 delle principali nazioni industriali di portare avanti un programma di eradicazione della droga, che, in teoria, avrebbe coltivazione del papavero in colture alternative. Gli inglesi stavano lavorando da Kabul in stretto collegamento con l ‘”operazione di contenimento” della DEA statunitense.
Il programma di eradicazione delle colture sponsorizzato dal Regno Unito è un’ovvia cortina fumogena. Dall’ottobre 2001, la coltivazione del papavero da oppio è aumentata alle stelle. La presenza delle forze di occupazione in Afghanistan non ha portato allo sradicamento della coltivazione del papavero. Piuttosto il contrario.
Il divieto dei talebani aveva effettivamente provocato “l’inizio di una carenza di eroina in Europa entro la fine del 2001“, come riconosciuto dall’UNODC.
L’eroina è un’attività multimiliardaria supportata da potenti interessi, che richiede un flusso di merci stabile e sicuro. Uno degli obiettivi “nascosti” della guerra era proprio quello di riportare il traffico di droga sponsorizzato dalla CIA ai suoi livelli storici ed esercitare un controllo diretto sulle rotte della droga.
Immediatamente dopo l’invasione dell’ottobre 2001, i mercati dell’oppio furono ripristinati. I prezzi dell’oppio aumentarono vertiginosamente. All’inizio del 2002, il prezzo dell’oppio (in dollari / kg) era quasi 10 volte superiore a quello del 2000.
Nel 2001, sotto i talebani, la produzione di oppiacei era di 185 tonnellate, aumentando a 3400 tonnellate nel 2002 sotto il regime fantoccio sponsorizzato dagli Stati Uniti del presidente Hamid Karzai.
Pur sottolineando la lotta patriottica di Karzai contro i talebani, i media non menzionano che Karzai ha collaborato con i talebani. Era anche stato sul libro paga di un’importante compagnia petrolifera statunitense, UNOCAL. In effetti, dalla metà degli anni ’90, Hamid Karzai aveva agito come consulente e lobbista per UNOCAL nei negoziati con i talebani. Secondo il quotidiano saudita Al-Watan:
“Karzai è un operatore segreto della Central Intelligence Agency dagli anni ’80. Ha collaborato con la CIA nell’incanalare gli aiuti statunitensi ai talebani a partire dal 1994, quando gli americani avevano segretamente e attraverso i pakistani [in particolare l’ISI] sostenuti l’assunzione del potere da parte dei talebani “. (citato in Karen Talbot, il gigante dell’energia statunitense Unocal nomina il governo ad interim a Kabul, Global Outlook, n. 1, primavera 2002. p. 70. Vedi anche BBC Monitoring Service, 15 dicembre 2001)
Storia del traffico di droga della Mezzaluna d’Oro
Vale la pena ricordare la storia del traffico di droga della Mezzaluna d’Oro, che è intimamente correlato alle operazioni segrete della CIA nella regione dopo l’assalto della guerra sovietico-afghana e le sue conseguenze.
Prima della guerra sovietico-afghana (1979-1989), la produzione di oppio in Afghanistan e Pakistan era diretta a piccoli mercati regionali. Non c’era produzione locale di eroina. (Alfred McCoy, Drug Fallout: la complicità quarantennale della CIA nel commercio degli stupefacenti. The Progressive, 1 agosto 1997).
L’economia dei narcotici afghani era un progetto attentamente progettato della CIA, sostenuto dalla politica estera degli Stati Uniti.
Come rivelato negli scandali Iran-Contra e Bank of Commerce and Credit International (BCCI), le operazioni segrete della CIA a sostegno dei mujahideen afghani erano state finanziate attraverso il riciclaggio di denaro sporco. Il “denaro sporco” è stato riciclato – attraverso una serie di istituti bancari (in Medio Oriente) e tramite società di comodo anonime della CIA -, con “denaro nascosto“, utilizzato per finanziare vari gruppi di ribelli durante la guerra sovietico-afghana, e il suo conseguenze:
“Poiché gli Stati Uniti volevano fornire ai ribelli mujahideen in Afghanistan missili stinger e altro materiale militare, avevano bisogno della piena collaborazione del Pakistan. A metà degli anni ’80, l’operazione della CIA a Islamabad era una delle più grandi stazioni di intelligence statunitensi nel mondo. “Se la BCCI è così imbarazzante per gli Stati Uniti che non vengono portate avanti indagini dirette, ha molto a che fare con l’occhio cieco che gli Stati Uniti hanno rivolto al traffico di eroina in Pakistan”, ha detto un ufficiale dell’intelligence statunitense. (“The Dirtiest Bank of All”, Time, 29 luglio 1991, p. 22).
Lo studio del ricercatore Alfred McCoy conferma che entro due anni dall’assalto dell’operazione segreta della CIA in Afghanistan nel 1979,
“Le terre di confine tra Pakistan e Afghanistan sono diventate il primo produttore mondiale di eroina, fornendo il 60% della domanda statunitense. In Pakistan, la popolazione di tossicodipendenti da eroina è passata da quasi zero nel 1979 a 1,2 milioni nel 1985, un aumento molto più ripido che in qualsiasi altra nazione “.
“Le risorse della CIA controllavano nuovamente questo traffico di eroina. Quando i guerriglieri mujahideen conquistarono il territorio all’interno dell’Afghanistan, ordinarono ai contadini di piantare l’oppio come tassa rivoluzionaria. Al di là del confine in Pakistan, i leader afgani e i sindacati locali sotto la protezione dell’intelligence pakistana gestivano centinaia di laboratori di eroina. Durante questo decennio di spaccio di droga aperto, la Drug Enforcement Agency statunitense di Islamabad non è riuscita a istigare grandi sequestri o arresti.
I funzionari statunitensi si erano rifiutati di indagare sulle accuse di traffico di eroina da parte dei suoi alleati afgani perché la politica degli Stati Uniti in materia di stupefacenti in Afghanistan è stata subordinata alla guerra contro l’influenza sovietica. Nel 1995, l’ex direttore dell’operazione afghana della CIA, Charles Cogan, ammise che la CIA aveva effettivamente sacrificato la guerra alla droga per combattere la guerra fredda. «La nostra missione principale era fare il maggior danno possibile ai sovietici. Non avevamo davvero le risorse o il tempo da dedicare a un’indagine sul traffico di droga, “Non credo che dovremmo scusarci per questo. Ogni situazione ha le sue ricadute. Ci sono state ricadute in termini di farmaci, sì. Ma l’obiettivo principale è stato raggiunto. I sovietici hanno lasciato l’Afghanistan. ‘”(McCoy, op cit)
Il ruolo della CIA, ampiamente documentato, non è menzionato nelle pubblicazioni ufficiali dell’UNODC, che si concentrano su fattori sociali e politici interni. Inutile dire che le radici storiche del commercio dell’oppio sono state gravemente distorte.
(Vedi UNODC http://www.unodc.org/pdf/publications/afg_opium_economy_www.pdf
Secondo l’UNODC, la produzione di oppio dell’Afghanistan è aumentata, più di 15 volte dal 1979. Dopo la guerra sovietico-afghana, la crescita dell’economia dei narcotici è continuata senza sosta. I talebani, sostenuti dagli Stati Uniti, sono stati inizialmente determinanti per l’ulteriore crescita della produzione di oppiacei fino al divieto dell’oppio del 2000.
(Vedi UNODC http://www.unodc.org/pdf/publications/afg_opium_economy_www.pdf
Questo riciclaggio del denaro della droga è stato utilizzato per finanziare le insurrezioni post-Guerra Fredda in Asia centrale e nei Balcani, inclusa Al Qaeda. (Per i dettagli, vedere Michel Chossudovsky, War and Globalization, The Truth behind September 11, Global Outlook, 2002, http://globalresearch.ca/globaloutlook/truth911.html )
Narcotici: secondo al petrolio e al commercio di armi
Le entrate generate dal traffico di droga afghano sponsorizzato dalla CIA sono considerevoli. Il commercio afghano di oppiacei costituisce una quota importante del fatturato mondiale annuo di narcotici, stimato dalle Nazioni Unite nell’ordine di 400-500 miliardi di dollari. (Douglas Keh, Drug Money in a Changing World, Technical document No.4, 1998, Vienna UNDCP, p. 4. Vedi anche United Nations Drug Control Program, Report of the International Narcotics Control Board for 1999, E / INCB / 1999 / 1 Nazioni Unite, Vienna 1999, p. 49-51, e Richard Lapper, UN Fears Growth of Heroin Trade, Financial Times, 24 febbraio 2000). All’epoca in cui queste cifre delle Nazioni Unite furono pubblicate per la prima volta (1994), il commercio globale (stimato) di droga era dello stesso ordine di grandezza del commercio mondiale di petrolio.
Il FMI stima che il riciclaggio di denaro globale sia compreso tra 590 miliardi e 1,5 trilioni di dollari all’anno, rappresentando il 2-5% del PIL globale. (Asian Banker, 15 agosto 2003). Gran parte del riciclaggio di denaro globale stimato dal FMI è legato al commercio di stupefacenti.
Sulla base di dati recenti (2003), il traffico di droga costituisce “la terza merce globale in termini di contanti dopo il petrolio e il commercio di armi“. (The Independent, 29 febbraio 2004).
Inoltre, le cifre di cui sopra, comprese quelle sul riciclaggio di denaro, confermano che la maggior parte delle entrate associate al commercio globale di stupefacenti non vengono stanziate da gruppi terroristici e signori della guerra, come suggerito dal rapporto UNODC.
Ci sono potenti interessi economici e finanziari dietro i narcotici. Da questo punto di vista, il controllo geopolitico e militare sulle rotte della droga è strategico quanto il petrolio e gli oleodotti.
Tuttavia, ciò che distingue i narcotici dal commercio di merci legali è che i narcotici costituiscono una delle principali fonti di formazione di ricchezza non solo per la criminalità organizzata ma anche per l’apparato di intelligence degli Stati Uniti, che costituisce sempre più un potente attore nelle sfere della finanza e delle banche.
A sua volta, la CIA, che protegge il traffico di droga, ha sviluppato affari complessi e legami sotto copertura con i principali sindacati criminali coinvolti nel traffico di droga.
In altre parole, le agenzie di intelligence e potenti sindacati d’affari alleati della criminalità organizzata, competono per il controllo strategico sulle rotte dell’eroina. Le entrate multimiliardarie dei narcotici vengono depositate nel sistema bancario occidentale. La maggior parte delle grandi banche internazionali, insieme alle loro affiliate nei paradisi bancari offshore, riciclano grandi quantità di narco-dollari.
Questo commercio può prosperare solo se i principali attori coinvolti nei narcotici hanno “amici politici ai vertici“. Imprese legali e illegali sono sempre più intrecciate, la linea di demarcazione tra “uomini d’affari” e criminali è sfumata. A sua volta, il rapporto tra criminali, politici e membri dell’establishment dell’intelligence ha contaminato le strutture dello Stato e il ruolo delle sue istituzioni.
Dove vanno i soldi? Chi trae vantaggio dal commercio afghano dell’oppio?
Questo commercio è caratterizzato da una complessa rete di intermediari. Ci sono varie fasi del traffico di droga, diversi mercati interdipendenti, dal povero coltivatore di papaveri in Afghanistan ai mercati all’ingrosso e al dettaglio di eroina nei paesi occidentali. In altre parole, esiste una “gerarchia dei prezzi” per gli oppiacei.
Questa gerarchia dei prezzi è riconosciuta dall’amministrazione statunitense:
“L’eroina afghana vende sul mercato internazionale dei narcotici per 100 volte il prezzo che gli agricoltori ottengono per il loro oppio appena uscito dal campo” (Dipartimento di Stato USA citato da Voice of America (VOA), 27 febbraio 2004).
Secondo l’UNODC, l’oppio in Afghanistan ha generato nel 2003 “un reddito di un miliardo di dollari USA per gli agricoltori e 1,3 miliardi di dollari per i trafficanti, pari a oltre la metà del suo reddito nazionale“.
Coerentemente con queste stime UNODC, il prezzo medio dell’oppio fresco era di 350 dollari al kg. (2002); la produzione del 2002 è stata di 3400 tonnellate. ( http://www.poppies.org/news/104267739031389.shtml ).
La stima UNDOC, basata sulla stalla locale e sui prezzi all’ingrosso, costituisce, tuttavia, una percentuale molto piccola del fatturato totale del commercio di droga afghano multimiliardario. L’UNODC stima “il fatturato totale annuo del commercio internazionale” di oppiacei afgani a 30 miliardi di dollari. Un esame dei prezzi all’ingrosso e al dettaglio dell’eroina nei paesi occidentali suggerisce, tuttavia, che i ricavi totali generati, compresi quelli a livello di vendita al dettaglio, sono sostanzialmente più elevati.
Prezzi all’ingrosso dell’eroina nei paesi occidentali
Si stima che un chilo di oppio produca circa 100 grammi di eroina (pura). La DEA statunitense conferma che “l’eroina SWA [Asia sud-occidentale che significa Afghanistan] a New York City veniva venduta alla fine degli anni ’90 per $ 85.000 – $ 190.000 al chilogrammo all’ingrosso con un rapporto di purezza del 75% (National Drug Intelligence Center, http: // www. usdoj.gov/ndic/pubs/648/ny_econ.htm ).
Secondo la US Drug Enforcement Administration (DEA) “il prezzo dell’eroina SEA [del sud-est asiatico] varia da $ 70.000 a $ 100.000 per unità (700 grammi) e la purezza dell’eroina SEA varia dall’85 al 90 percento” (ibid). L’unità SEA da 700 gr (85-90% di purezza) si traduce in un prezzo all’ingrosso al kg. per l’eroina pura che va da $ 115.000 a $ 163.000.
I dati della DEA sopra citati, pur riflettendo la situazione negli anni ’90, sono sostanzialmente coerenti con i recenti dati britannici. Secondo un rapporto pubblicato sul Guardian (11 agosto 2002), il prezzo all’ingrosso dell’eroina (pura) a Londra (Regno Unito) era dell’ordine di 50.000 sterline, circa 80.000 dollari (2002).
Considerando che esiste una concorrenza tra le diverse fonti di approvvigionamento di eroina, è opportuno sottolineare che l’eroina afghana rappresenta una percentuale piuttosto piccola del mercato statunitense dell’eroina, che è in gran parte fornito dalla Colombia.
Prezzi al dettaglio
NOI
“Il NYPD osserva che i prezzi al dettaglio dell’eroina sono in calo e la purezza è relativamente alta. L’eroina in precedenza veniva venduta per circa $ 90 al grammo, ma ora vende da $ 65 a $ 70 al grammo o meno. Le informazioni aneddotiche del NYPD indicano che la purezza di un sacchetto di eroina varia comunemente dal 50 all’80%, ma può arrivare fino al 30%. Le informazioni del giugno 2000 indicano che i pacchetti (10 sacchetti) acquistati da acquirenti dominicani da venditori dominicani in quantità maggiori (circa 150 pacchetti) sono stati venduti a soli $ 40 ciascuno, o $ 55 ciascuno a Central Park. La DEA riferisce che un’oncia di eroina di solito vende da $ 2.500 a $ 5.000, un grammo da $ 70 a $ 95, un pacchetto da $ 80 a $ 90 e una borsa per $ 10. Il DMP riporta che la purezza media dell’eroina a livello stradale nel 1999 era di circa il 62% “. (National Drug Intelligence Center,http://www.usdoj.gov/ndic/pubs/648/ny_econ.htm ).
I dati sui prezzi al dettaglio di NYPD e DEA sembrano coerenti. Il prezzo DEA di $ 70- $ 95, con una purezza del 62 percento, si traduce in $ 112 a $ 153 per grammo di eroina pura. Le cifre del NYPD sono più o meno simili con stime forse inferiori per la purezza.
Va notato che quando l’eroina viene acquistata in quantità molto piccole, il prezzo al dettaglio tende ad essere molto più alto. Negli Stati Uniti, l’acquisto avviene spesso “in borsa“; la tipica borsa secondo Rocheleau e Boyum contiene 25 milligrammi di eroina pura.
( http://www.whitehousedrugpolicy.gov/publications/drugfact/american_users_spend/appc.html )
Una borsa a $ 10 dollari a New York (secondo la cifra della DEA citata sopra) si convertirà in un prezzo di $ 400 al grammo, ogni borsa contenente 0,025gr. di pura eroina. (op cit). In altre parole, per acquisti molto piccoli commercializzati da venditori ambulanti, il margine di vendita al dettaglio tende ad essere significativamente più alto. Nel caso dell’acquisto di una borsa da $ 10, è circa 3-4 volte il prezzo al dettaglio corrispondente per grammo. ($ 112- $ 153)
UK
In Gran Bretagna, il prezzo al dettaglio per grammo di eroina, secondo fonti della polizia britannica, “è sceso da £ 74 nel 1997 a £ 61 [nel 2004]”. [vale a dire da circa $ 133 a $ 110, sulla base del tasso di cambio del 2004] (Independent, 3 marzo 2004). In alcune città era a partire da £ 30-40 al grammo con un basso livello di purezza. (AAP News, 3 marzo 2004). Secondo Drugscope ( http://www.drugscope.org.uk/ ), il prezzo medio per un grammo di eroina in Gran Bretagna è compreso tra £ 40 e £ 90 ($ 72- $ 162 al grammo) (Il rapporto non menziona la purezza) . Il prezzo al pubblico dell’eroina era di 60 sterline al grammo nell’aprile 2002 secondo il National Criminal Intelligence Service.
La gerarchia dei prezzi
Abbiamo a che fare con una gerarchia di prezzi, dal prezzo alla stalla nel paese produttore, verso l’alto, fino al prezzo finale al dettaglio al dettaglio. Quest’ultimo è spesso 80-100 volte il prezzo pagato all’agricoltore.
In altre parole, il prodotto oppiaceo transita attraverso diversi mercati dal paese produttore al paese (i) di trasbordo (i), ai paesi consumatori. In quest’ultima vi sono ampi margini tra “il prezzo di sbarco” al punto di ingresso, richiesto dai cartelli della droga, ed i prezzi all’ingrosso e quelli al dettaglio, protetti dalla criminalità organizzata occidentale.
I proventi globali del commercio afghano di narcotici
In Afghanistan, la produzione dichiarata di 3600 tonnellate di oppio nel 2003 consentirebbe la produzione di circa 360.000 kg di eroina pura. Secondo le stime dell’UNODC, le entrate lorde degli agricoltori afghani ammontano a circa 1 miliardo di dollari, di cui 1,3 miliardi ai trafficanti locali.
Se venduta nei mercati occidentali a un prezzo all’ingrosso di eroina dell’ordine di $ 100.000 al kg (con un rapporto di purezza del 70%), i proventi all’ingrosso globali (corrispondenti a 3600 tonnellate di oppio afghano) sarebbero dell’ordine di 51,4 miliardi di dollari. Quest’ultima costituisce una stima prudente basata sui vari dati dei prezzi all’ingrosso nella sezione precedente.
I proventi totali del commercio di stupefacenti afghani (in termini di valore aggiunto totale) sono stimati utilizzando il prezzo finale al dettaglio dell’eroina. In altre parole, il valore al dettaglio del commercio è in definitiva il criterio per misurare l’importanza del traffico di droga in termini di generazione di reddito e formazione di ricchezza.
Una stima significativa del valore al dettaglio, tuttavia, è quasi impossibile da accertare a causa del fatto che i prezzi al dettaglio variano notevolmente all’interno delle aree urbane, da una città all’altra e tra i paesi consumatori, per non parlare delle variazioni di purezza e qualità (vedi sopra) .
L’evidenza sui margini al dettaglio, vale a dire la differenza tra i valori all’ingrosso e al dettaglio nei paesi consumatori, suggerisce tuttavia che un’ampia quota dei proventi (in denaro) totali del traffico di droga è generata a livello di vendita al dettaglio.
In altre parole, una parte significativa dei proventi del traffico di droga va a sindacati criminali e imprenditoriali nei paesi occidentali coinvolti nei mercati locali all’ingrosso e al dettaglio dei narcotici. E le varie bande criminali coinvolte nel commercio al dettaglio sono invariabilmente protette dai sindacati criminali “corporativi”.
Il 90% dell’eroina consumata nel Regno Unito proviene dall’Afghanistan. Usando la cifra del prezzo al dettaglio britannico da fonti della polizia britannica di $ 110 al grammo (con un livello di purezza presunto del 50%), il valore totale al dettaglio del commercio di narcotici afgani nel 2003 (3600 tonnellate di oppio) sarebbe dell’ordine di 79,2 miliardi di dollari. Quest’ultimo dovrebbe essere considerato come una simulazione piuttosto che una stima.
In questa ipotesi (simulazione), un miliardo di dollari di entrate lorde agli agricoltori in Afghanistan (2003) genererebbe guadagni globali di narcotici, –accumulandosi in varie fasi e in vari mercati – dell’ordine di 79,2 miliardi di dollari. Questi proventi globali vanno a sindacati aziendali, agenzie di intelligence, criminalità organizzata, istituzioni finanziarie, grossisti, dettaglianti, ecc. Coinvolti direttamente o indirettamente nel traffico di droga.
A loro volta, i proventi di questo lucroso commercio vengono depositati nelle banche occidentali, che costituiscono un meccanismo essenziale per il riciclaggio del denaro sporco.
Una percentuale molto piccola va agli agricoltori e ai commercianti nel paese produttore. Tieni presente che il reddito netto maturato dagli agricoltori afgani non è che una frazione dell’importo stimato di 1 miliardo di dollari. Quest’ultimo non include i pagamenti dei fattori produttivi agricoli, gli interessi sui prestiti a prestatori di denaro, la protezione politica, ecc.
(Vedi anche UNODC, The Opium Economy in Afghanistan, http://www.unodc.org/pdf/publications/afg_opium_economy_www.pdf , Vienna, 2003, p. 7-8)
La quota di eroina afghana nel mercato globale della droga
L’Afghanistan produce oltre il 70 per cento dell’offerta globale di eroina e di eroina rappresenta una frazione considerevole del mercato globale dei narcotici, stimato dalle Nazioni Unite nell’ordine di $ 400-500 miliardi.
Non ci sono stime affidabili sulla distribuzione del commercio mondiale di stupefacenti tra le principali categorie: Cocaina, Oppio / Eroina, Cannabis, Stimolanti di tipo anfetaminico (ATS), Altri farmaci.
Il riciclaggio di denaro sporco
I proventi del traffico di droga vengono depositati nel sistema bancario. Il denaro della droga viene riciclato nei numerosi paradisi bancari offshore in Svizzera, Lussemburgo, Isole del Canale della Manica, Isole Cayman e circa 50 altre località in tutto il mondo. È qui che interagiscono i sindacati criminali coinvolti nel traffico di droga ei rappresentanti delle più grandi banche commerciali del mondo. Il denaro sporco viene depositato in questi paradisi offshore, controllati dalle principali banche commerciali occidentali. Questi ultimi hanno un interesse acquisito nel mantenere e sostenere il traffico di droga. (Per ulteriori dettagli, vedere Michel Chossudovsky, The Crimes of Business and the Business of Crimes, Covert Action Quarterly, autunno 1996)
Una volta che il denaro è stato riciclato, può essere riciclato in investimenti in buona fede non solo in immobili, hotel, ecc., Ma anche in altre aree come l’economia dei servizi e la produzione. Il denaro sporco e nascosto viene anche incanalato in vari strumenti finanziari tra cui il commercio di derivati, materie prime primarie, azioni e titoli di stato.
Osservazioni conclusive: criminalizzazione della politica estera statunitense
La politica estera statunitense sostiene il funzionamento di una fiorente economia criminale in cui la demarcazione tra capitale organizzato e criminalità organizzata è diventata sempre più sfumata.
Il business dell’eroina non sta “riempiendo le casse dei talebani” come sostenuto dal governo degli Stati Uniti e dalla comunità internazionale: al contrario! I proventi di questo commercio illegale sono la fonte della formazione di ricchezza, in gran parte raccolta da potenti interessi commerciali / criminali all’interno dei paesi occidentali. Questi interessi sono sostenuti dalla politica estera degli Stati Uniti.
Il processo decisionale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, della CIA e del Pentagono è determinante nel sostenere questo commercio multimiliardario altamente redditizio, terzo in termini di valore delle merci dopo il petrolio e il commercio di armi.
L’economia della droga afghana è “protetta”.
Il commercio di eroina faceva parte dell’agenda di guerra. Ciò che questa guerra ha ottenuto è ripristinare un narco-Stato conforme, guidato da un fantoccio nominato dagli Stati Uniti.
I potenti interessi finanziari dietro i narcotici sono supportati dalla militarizzazione dei principali triangoli della droga del mondo (e dalle rotte di trasbordo), tra cui la Mezzaluna d’Oro e la regione andina del Sud America (nell’ambito della cosiddetta Iniziativa andina).
Tabella 1
Coltivazione del papavero da oppio in Afghanistan
Anno Coltivazione in ettari Produzione (tonnellate)
1994 71.470 3.400
1995 53.759 2.300
1996 56.824 2.200
1997 58.416 2.800
1998 63.674 2.700
1999 90.983 4.600
2000 82.172 3.300
2001 7.606 185
2002 74000 3400
2003 80000 3600
Quindi urce: UNDCP, Afghanistan, Opium Poppy Survey, 2001, UNOCD, Opium Poppy Survey, 2002. http://www.unodc.org/pdf/afg/afg_opium_survey_2002.pdf
Vedi anche Comunicato Stampa: http://www.unodc.org/unodc/press_release_2004-03-31_1.html
Sondaggio 2003: http://www.unodc.org/pdf/afg/afghanistan_opium_survey_2003.pdf
Notare il calo del 2001
Pdf tradotto: Afganistan Opium Survey 2003
FONTE: https://www.sadefenza.org/2021/02/tempeste-di-neve-e-violazione-del-vortice-artico/
CULTURA
“Nel mondo della misura IL MEGLIO è dato dall’insime degli equilibri in armonia tra loro, senza i quali, la parzialità della misura fa prevalere l’esagerazione“.
Cosa significa la frase che ho scritto? Semplice che se misuro qualcosa, mettiamo un treno e dico che è meglio di qualcos’altro perché me lo dice la misura (per esempio la velocità) questo non mi dice niente sui rapporti di equilibrio tra la misura in questione e tutti gli altri aspetti non misurati e non presi in considerazione, sia internamente al treno, sia nell’ambiente. Un ghepardo quindi può essere migliore di un treno ad alta velocità o di un auto sportiva anche se va “solo” a 100 Km/h e per un tempo relativamente breve e non solo perché spende un millesimo dell’energia necessaria, ma perché un treno o un automobile non hanno senso nella savana, non possono cacciare, ne costituire un elemento di equilibrio della biosfera in quell’ambiente o in qualsiasi altro, compreso quello urbano.
Se guardo quindi al modello di una macchina, non importa se è un intelligenza artificiale con un corpo biomeccanico alla terminator capace di uccidere MEGLIO di un qualsiasi killer biologico (anche umano) misure alla mano, per esempio nel numero di successi, dal momento che alla macchina (per esempio) di uccidere o di stare ferma a godersi il sole e il paesaggio di un bellissimo pomeriggio, non gli freca NIENTE.
Allo stesso modo, questo infinito INUTILISSIMO cianciare sulla macchina che è migliore dell’Uomo ai fini della produzione industrale, non risolve un problema di fondo cruciale: che se ne fa una macchina di ciò che produce? NIENTE. Quindi se dovessero rimanere solo le macchine a produrre qualsiasi bene o servizio su sto pianeta, non è l’Uomo che diverrebbe inutile ma la macchina.
Questo discorso non ve lo fa nessuno. Eppure adesso, anche un bambino può comprendere come ci sia un difettuccio di fondo in un ideologia (come quella transumanista o darwinista) che parta dall’idea che “l’Uomo è difettoso” o anche solo “MIGLIORABILE“.
O no?
Quindi forse, ma forse, il CONCETTO di Uomo è anche quello di PERFEZIONE. Certo, poi a partire dall’ideale avremo da calcolare gli infiniti difetti di sviluppo e incidentali che potrebbero essere compensati, anche da arti meccanici, perché no? Ma, se mi venite a dire che “l’Uomo bionico” è meglio perché corre come Superman e nessun umano può fare altrettanto, allora rispondo che gli infiniti disagi che l’ovvio scompenso di poter correre così veloce procurerebbe, sottolinea solo che è venuto a mancare l’equilibrio, non solo interno al corpo, ma anche esterno, dato che la domanda vera potrebbe anche essere: che ca%%o mi serve correre in quel modo se ne abbiamo fatto a meno fino adesso? Per far vedere agli amici quanto sono fico? Per servire qualcuno che potrà sfruttarmi meglio in mansioni non meglio precisate?
Forse quindi è un miglioramento, forse una fregatura. Ma se guardo SOLO a un aspetto e non all’insieme, non lo capirò mai. Poi, siccome è facile per la mente fissarsi su dettagli e trascurare il resto, è chiaro che scatta il meccanismo del “se non basta vuol dire che ce ne vuole di più“.
Un po’ come i farmaci: se non guarisco da questa malattia, allora aumento la dose sperando che funzioni, un film visto spesso in tempi come questi dove la sperimentazione farmacologica finisce per farla il paziente.
Tipo (a caso) un vaccino da poco inventato?
A questo punto a Voi l’ardua sentenza, se sia meglio cambiare farmaco, servizio digitale, gingillo elettronico o proprio mentalità.
P.S.
Per riflettere aggiungo. L’Uomo con il QI più alto mai registrato fu un certo Sidis (254 QI) ebreo nato a New York il 1º aprile 1898 e figlio di un apprezzato psichiatra ritenuto anche lui molto intelligente (QUI). Praticamente un pesce d’aprile biologico che morirà nel totale anonimato e se consideriamo per confronto che una intelligenza umana straordinaria (tipo Einstein) si aggira sui 180 QI, iniziamo a comprendere che forse qualcosa in questi numeri non funziona. Sorvolando sul fatto che la misurazione del QI ha subito diversi rimaneggiamenti dagli inizi del ‘900 e oggi non c’è un solo modo di concepirla, questa “mania” di misurare ci racconta più qualcosa sul paradosso di voler dare materia a un concetto, come fosse un tavolino o la pressione in un tubo, piuttosto che la meraviglia dell’intelletto umano. Come se essere nati in un luogo urbano piuttosto che selvatico, avere un buon controllo emotivo piuttosto che no, un fisico atletico o gracile, una certa esperienza, un ceto sociale basso o alto e una attività sessuale fertile o scarsa, non abbia proprio alcuna relazione con la produzione di un intelletto umano dal momento che queste cose non vengono misurate, anche perché non sempre è possibile metterle in relazione con un numero confrontabile con altri. Per esempio, come si fa a “misurare” un esperienza?
FONTE: https://comedonchisciotte.org/forum/spazio-aperto/nel-mondo-della-misura-il-pensiero-unico-bacato/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
DIRITTI UMANI
FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/3984967211521525
ECONOMIA
Italia: fatturato e ordinativi industriali sono stati svelati con i dati del mese di dicembre.
Come si può leggere nel nostro Calendario Economico, le vendite dell’industria italiana a livello mensile sono passate da una variazione di -2,00% a una di 1,00%. Su base annua, il dato ha evidenziato un -0,50% rispetto al precedente -4,60%.
Per quanto riguarda i nuovi ordinativi industriali, su base mensile la variazione è stata di 1,7% in confronto a -1,4% e a livello annuale del 7,0% rispetto al 5,0%.
L’Istat ha evidenziato che: “A causa dell’emergenza sanitaria, il fatturato dell’industria nel 2020 registra un calo dell’11,5% rispetto al 2019, il peggior risultato dal 2009.” Nello specifico, sul mercato interno le vendite industriali hanno perso l’11,5% e quelle sul mercato estero l’11,8%. Come evidenzia la nota, però, “nel secondo semestre si registra un incremento rispetto al primo del 19,4% per il fatturato interno e del 12,6% per quello estero.”
Nel solo mese di dicembre, l’Istat ha rilevato incrementi congiunturali di fatturato e ordinativi industriali. Nel dettaglio, nell’ultimo mese dell’anno gli indici destagionalizzati delle vendite hanno mostrato questi andamenti congiunturali:
- l’energia (+10,6%);
- beni strumentali (+1,5%;
- beni di consumo (+0,6%);
- beni intermedi (-0,6%)
A livello tendenziale, il comparto manifatturiero ha incassato questi risultati di fatturato:
- mezzi di trasporto (+38,9%);
- industria metallurgica (+7,1%);
- tessile e abbigliamento (-19,4%);
- raffinerie (-30,7%)
Gli ordinativi industriali hanno visto incrementi importanti a livello tendenziale per metallurgia (+15,0%) e industria dei macchinari e delle attrezzature (+12,6%). I peggiori risultati, invece, per farmaceutiche (-5,8%)e industria tessile e dell’abbigliamento (-12,6%).
FONTE: https://www.linformazione.info/2021/02/24/italia-il-fatturato-dellindustria-crolla-dell115-nel-2020/
SOCIETA’ IN LUSSEMBURGO, CHE PACCHIA!
Nonostante la promessa delle autorità di garantire trasparenza, il Lussemburgo rimane “un paradiso fiscale nel cuore della Ue” per aziende, uomini d’affari e celebrità che cercano di nascondere le proprie ricchezze. È la conclusione a cui sono giunti i giornalisti di Le Monde, che sono riusciti a scoprire i veri proprietari di decine di migliaia di società registrate nel Granducato. Nel censimento compilato da Le Monde, il partner russo dell’edizione, Vazhnie Istorii (Storie Importanti), ha trovato “più di mille russi”. Secondo il sito, tra loro ci sono più di 20 membri della classifica Forbes dei supermiliardari, usciti da grandi società statali, e altri che “sono a loro strettamente collegati”. “Le società del Lussemburgo sono spesso usate per legalizzare proprietà immobiliari in altri Paesi europei, più vicini ai mari caldi. Il Lussemburgo non ha accesso al mare, ma offre regimi fiscali speciali in proposito”, dice la pubblicazione.
Sulla base dei “dossier lussemburghesi”, i giornalisti di Vazhnie Istorii hanno pubblicato tre inchieste: sugli investimenti di dirigenti di Gazprom in immobili d’élite in Europa; sul figlio di un top manager delle Ferrovie Russe, proprietario di immobili del valore di decine di milioni di euro; e sull’accordo di Rosneft per acquistare una partecipazione nel gigante italiano degli pneumatici Pirelli.
Secondo il sito, dunque, Andrei Goncharenko, che fino al 2013 ha lavorato come vicedirettore di Gazprom Invest Yug, ha speso “quasi due miliardi di rubli” in immobili in Francia. La pubblicazione, citando il registro del Lussemburgo, indica Goncharenko come beneficiario di due società registrate in questo Paese. Una, la Pmb Real Estate, possiede terreni e fabbricati nella prestigiosa località francese di Saint-Jean-Cap-Ferrat. La società ha qui acquistato un terreno per quasi 3 milioni di euro, edifici per quasi 7 milioni di euro e ha poi speso circa 29 milioni di euro per la ristrutturazione. Un’altra società, Rossa Real Estate, ha acquistato una villa in Rue Charles Laffitte, alla periferia di Parigi nel 2007, per quasi 7,7 milioni di euro e l’ha rivenduta nel 2017.
“Goncharenko non è il solo ad amare i resort francesi”, osserva Vazhnie Istorii. Il sito ha anche trovato tre aziende con sede in Lussemburgo dell’ex consigliere di Gazprom Anatoly Kozeruk. Farne Real Estate, Tesa Real Estate e Aste Real Estate possiedono immobili in Francia il cui valore, al momento dell’acquisto nel 2008-2009, ammontava a “più di 1,4 miliardi di rubli“, scrivono gli investigatori. Goncharenko e Kozeruk non hanno risposto alla richiesta d’un commento.
Un altro articolo di Vazhnie Istorii è dedicato al “grande rentier internazionale” Sergei Toni, figlio trentatreenne del vicedirettore generale delle Ferrovie russe Oleg Toni. Attraverso diverse società lussemburghesi, Sergej possiede beni per un valore di oltre 50 milioni di euro, mentre un fondo di investimento “a lui collegabile” possiede immobili del valore di altri 40 milioni di euro. Appartamenti nel centro di Parigi, due ville sul Costa Azzurra, altri immobili nel Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna e Germania. Come scritto nell’articolo, gli immobili di lusso in Europa hanno iniziato ad apparire nella famiglia Toni nel 2003-2004, “quasi nello stesso periodo in cui Toni Senior ha iniziato a lavorare alle Ferrovie Russe” (2004) Sergei Toni, interpellato via Messenger, non ha risposto alle richieste di chiarimenti. Suo padre, Oleg Toni, non ha risposto alle domande inviategli tramite il servizio stampa delle Ferrovie Russe.
Vazhnie Istorii sostiene inoltre che la partecipazione azionaria in Pirelli, di cui Rosneft aveva annunciato l’acquisto per quasi 553 milioni di euro nel 2014, è poi finita a persone “vicine al management” della compagnia petrolifera usa. L’acquirente delle azioni Pirelli era Long Term Investments Luxembourg, registrata in Lussemburgo otto giorni prima dell’operazione. Secondo le indagini, è stata creata dalla società di Mosca Long-Term Investments, che a quel tempo apparteneva a una giovane insegnante di danza, Aya Belova. Il padre della ragazza, Sergei Belov, era un socio in affari di persone del gruppo Region, che gestisce il fondo pensioni di Rosneft. Tra coloro con cui Belov ha avuto rapporti d’affari, Vazhnie Istorii cita ex dipendenti del gruppo come Valery Mikhailov e Pavel Vaschenko.
Come ha scritto Forbes, Vaschenko e Mikhailov sono comproprietari della società cipriota Riverstretch, “uno degli attori più misteriosi” nel mercato immobiliare di Mosca. Il nome “Valery Mikhailov” è stato citato nel caso di una tangente all’ex ministro Alexei Ulyukaev. Fu l’ex generale dell’FSB Oleg Feoktistov, che dirigeva il servizio di sicurezza di Rosneft, a dire nella testimonianza che un “investitore privato” di nome Valery Mikhailov gli diede 2 milioni di dollari, che furono poi girati a Ulyukaev … Forbes aveva poi chiesto al Mikhailov di Riverstretch si si trattasse di lui stesso, ma non aveva ricevuto risposta.
Il suo socio Vashchenko, invece, ha iniziato come commerciante e ha fatto una veloce carriera dopo aver stretto buoni rapporti con il top-management di Rosneft. Anche dopo aver lasciato il gruppo, Vaschenko sarebbe rimasto un mediatore informale tra la Region (vedi qui sotto) e la compagnia petrolifera e avrebbe regolarmente partecipato alla stipula di accordi tra le due società.
Nel 2015, intanto, titolare della Long-Term Investments è diventata, al posto della giovane Belova, la Regionfinanceresource Management Company, che a sua volta appartiene a una residente di Kazan, Natalia Bogdanova, scrive Vazhnie Istorii. Secondo il sito, Bogdanova ha lavorato nelle strutture del gruppo Regione almeno dalla metà degli anni 2000. Nel 2017, Long-term Investments ha cambiato nuovamente proprietario: il nuovo beneficiario, secondo il rapporto Pirelli, era il principale proprietario del gruppo Region, Sergei Sudarikov.
Entro il 2020, secondo il registro lussemburghese, Arkady Mutavchi, ex dipendente della Federal State Unitary Enterprise “Product Supply Enterprise of the Administrative Department of the President of Russia”, è diventato proprietario di Long Term Investments Luxembourg, che possiede azioni Pirelli (a quel punto aveva cambiato il suo nome in Tacticum Investments). Sempre secondo Vazhnie Istorii, nel 2019 Mutavchi era diventato un importante investitore e partner di Sudarikov e del gruppo Region: insieme hanno acquisito Pharmacy Chain 36.6 (in seguito Mutavchi ha venduto la sua quota). E all’inizio del 2021, il proprietario della Moscow Credit Bank (MCB) Roman Avdeev è diventato il nuovo beneficiario del Tacticum con sede in Lussemburgo. Con riferimento alla risposta di Tacticum, si precisa che nel 2020 la società lussemburghese ha dovuto rimborsare un prestito a MKB preso nel 2017, quando era di proprietà di Sudarikov.
Rosneft e il gruppo Region non hanno risposto alle domande dei giornalisti, come anche Sudarikov, Vashchenko, Belov e Mikhailov. Aya Belova ha chiesto ai giornalisti di richiamare, ma poi ha smesso di rispondere al telefono e non ha risposto ai messaggi. Mutavchi non ha risposto alle domande trasmesse tramite i suoi parenti. Forbes ha anche inviato richieste a Rosneft e al gruppo Region ed è in attesa di una risposta.
Le Monde sottolinea che le informazioni non sono il risultato di un furto di dati. L’indagine si è basata su oltre 3,3 milioni di documenti di 260.000 società con sede in Lussemburgo che i giornalisti hanno ricevuto dal registro delle imprese del Paese tra il 2016 e il 2020. “L’anello mancante”, come osserva il giornale, è stato ottenuto nel 2019, quando le autorità lussemburghesi hanno aperto un altro database: il registro dei beneficiari e dei proprietari. In esso, i giornalisti hanno trovato più di 115.000 persone provenienti da almeno 150 Paesi associati ad aziende iscritte nel registro di commercio. “Il cerchio era chiuso: ora era possibile cercare il nome di una persona e ottenere facilmente tutti i documenti delle aziende a lui associate”, spiega Le Monde.
La pubblicazione francese ha rilevato che nel granducato sono registrate 55.000 aziende “fantasma” senza uffici e dipendenti, che però gestiscono patrimoni per un valore complessivo di oltre 6 trilioni di euro. Queste società sono “create da miliardari, multinazionali, atleti, intrattenitori, funzionari di alto rango e persino membri di famiglie reali”, afferma l’inchiesta. 37 delle 50 famiglie francesi più ricche e almeno 279 miliardari della lista di Forbes gestiscono denaro attraverso il Lussemburgo, scrive Le Monde.
I giornalisti di Le Monde richiamano inoltre l’attenzione sul fatto che le autorità lussemburghesi non sono in grado di garantire un controllo effettivo su tutti i flussi di cassa che attraversano il Granducato. Solo 59 persone lavorano nel registro delle imprese del Paese, che deve controllare gli obblighi di oltre 100.000 persone giuridiche. La Financial Sector Supervision Commission ha 900 dipendenti, sebbene il settore finanziario rappresenti un quarto dell’economia del Paese.
di Timur Batyrov, Yana Milyukova, Dmitrij Yakovenko e Julija Kotova
FONTE: https://letteradamosca.eu/2021/02/08/societa-in-lussemburgo-che-pacchia/
GIUSTIZIA E NORME
“Non si può imporre questo vaccino!”
Fusaro risponde al dottor Bassetti che chiede l’allontanamento dal lavoro per chi rifiuta il vaccino
“Serve una legge contro gli infermieri no-vax”: questa la tesi del professor Matteo Bassetti emersa oggi in un’intervista all’agenzia di stampa Agi. Un parere che sta facendo discutere per la perentorietà con la quale il virologo dell’Ospedale San Martino di Genova ha chiesto che “chi non si vaccina per il Covid dovrebbe essere allontanato dal lavoro”, anche se il suo riferimento è solo per una specifica categoria, ovvero quella dei sanitari.
“Mi hanno colpito queste dichiarazioni. Perché se davvero il vaccino bloccasse la trasmissione del virus allora bisognerebbe dire che il discorso come quello di Bassetti, che bisogna imporre il vaccino al personale medico sanitario è inoppugnabile. Però se veramente chi fa il vaccino può contrarre il virus e diffonderlo, allora mi pare più debole l’argomento del professor Bassetti. Questo è il punto. Bisognerebbe sempre educare le persone, non costringerle e minacciarle con la perdita del posto di lavoro.
Al professor Bassetti domanderei: per quale motivo bisogna licenziare chi non si vaccina, considerato il fatto che anche chi si vaccina può contrarre e diffondere il virus. Perché non dà il buon esempio? Perché è diseducativo? Perché rischia di ammalarsi? Su quale base vorrei capire. Se posso contagiarti quanto con il vaccino quanto senza, perché mi devi imporre il vaccino se lavori in ambito medico?
Se effettivamente chi si vaccina nuoce e trasmette il virus come chi non si vaccina, bisogna riconoscere la possibilità per il soggetto di essere libero. Il vulnus dell’argomentazione è questo: può qualcuno costringermi a sottopormi a un vaccino i cui effetti potranno essere, c’è scritto testualmente su bugiardino, potranno essere di un certo tipo in futuro e non sappiamo ancora di che tipo”.
FONTE: https://www.radioradio.it/2021/02/imporre-vaccino-fusaro-bassetti-lavoro-rifiuta/
La pandemia di Covid-19 rappresenta una “grande opportunità” per le mafie e lo snellimento delle procedure d’affidamento degli appalti e dei servizi pubblici comporterà “seri rischi di infiltrazione mafiosa dell’economia legale, specie nel settore sanitario”. E’ poi “oltremodo probabile” che i clan tentino di intercettare i finanziamenti per le grandi opere e la riconversione alla green economy. L’allarme è contenuto nell’ultima Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia (Dia), che evidenzia seri rischi di infiltrazione e la crescita di riciclaggio e corruzione.
Le indagini raccontano di una criminalità organizzata che durante il lockdown ha continuato ad agire sottotraccia, con un calo delle “attività criminali di primo livello” (traffico di droga, estorsioni, ricettazione, rapine), ma un aumento al Nord ed al Centro dei casi di riciclaggio e, al Sud, i casi di scambio elettorale politico-mafioso e di corruzione.
Stabile l’usura, fattore sintomatico di una pressione “indiretta” comunque esercitata sul territorio. Si tratta, segnala la Dia, “di segnali embrionali che, però, impongono alle Istituzioni di tenere alta l’attenzione soprattutto sulle possibili infiltrazioni negli Enti locali e sulle ingenti risorse destinate al rilancio dell’economia del Paese”. Sono cresciute anche le segnalazioni di operazioni sospette (Sos) pervenute alla Direzione rispetto allo stesso periodo del 2019. Un dato, viene sottolineato, “indicativo se si considera il blocco delle attività commerciali e produttive determinato dall’emergenza Covid della scorsa primavera”. La disponibilità di liquidità delle cosche punta ad incrementare il consenso sociale anche attraverso forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà, con il rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole “possano essere fagocitate nel medio tempo dalla criminalità, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti”. Diventa pertanto fondamentale, si legge nella Relazione, “intercettare i segnali con i quali le organizzazioni mafiose punteranno, da un lato, a ‘rilevare’ le imprese in difficoltà finanziaria, esercitando il welfare criminale ed avvalendosi dei capitali illecitamente conseguiti mediante i classici traffici illegali; dall’altro, a drenare le risorse che verranno stanziate per il rilancio del Paese”. Da Nord a Sud, infatti, il comune denominatore delle strategie mafiose, in questo periodo più di altri, pare collegato alla capacità di operare in forma imprenditoriale per rapportarsi sia con la Pubblica Amministrazione, sia con i privati. Nel primo caso per acquisire appalti e commesse pubbliche, nel secondo per rafforzare la propria presenza in determinati settori economici scardinando o rilevando imprese concorrenti o in difficoltà finanziaria. La Dia parla di “propensione per gli affari che passa attraverso una mimetizzazione attuata mediante il “volto pulito” di imprenditori e liberi professionisti attraverso i quali la mafia si presenta alla pubblica amministrazione adottando una modalità d’azione silente che non desta allarme sociale”.
FONTE: https://www.linformazione.info/2021/02/24/covid-dia-le-mani-delle-mafie-su-green-e-sanita/
Le bugie sugli alberghi costano a Google un milione di euro di multa
L’Antitrust francese “bastona” il colosso americano. Ma in Italia?
L’aver proposto e fatto visualizzare agli utenti classifiche fuorvianti di hotel e alloggi turistici è costato caro al più utilizzato motore di ricerca.
Google ha accettato di pagare un milione e centomila euro di multa che la Direzione generale per la concorrenza, i consumi e la repressione delle frodi (DGCCRF) d’oltralpe ha stabilito al termine di una lunga e meticolosa indagine scattata dopo numerose denunce da parte di numerosi albergatori legittimamente indispettiti dal vedere travisate (sia con le normali ricerche, sia sulle “Maps”) le caratteristiche delle proprie strutture.
L’attività investigativa ha portato a scoprire che Google nel 2019 aveva sostituito la classificazione ufficiale rilasciata dall’Agenzia di Sviluppo Turistico francese (Atout France) per assegnare il punteggio per ogni hotel con il proprio sistema di algoritmi proprietario.
Fin qui si sarebbe portati a pensare che non ci sia nulla di male. Peccato che Google abbia utilizzato un sistema identico da “1 a 5 stelle” per classificare il turismo ricettivo, ingenerando non poca confusione tra i consumatori. E se si pensa che a far le spese di questa “revisione” delle categorie e delle fasce di gamma sono state più di 7.500 alberghi, non è difficile immaginare quanto l’ “algoritmo” sia risultato dannoso per i consumatori ingannati sul livello di servizi che sarebbero stati loro offerti dopo la prenotazione di un soggiorno.
Al disagio e al legittimo disappunto per la clientela, va aggiunto il pregiudizio arrecato agli albergatori le cui strutture sono state erroneamente presentate “inferiori” rispetto alla classifica ufficiale di Atout France.
Il Servizio investigativo nazionale della DGCCRF ha così inviato alla Procura della Repubblica di Parigi le conclusioni delle proprie indagini, ritenendo che la natura delle informazioni comunicate dalla piattaforma online Google – a proposito della qualificazione delle strutture ricettive turistiche – costituisse una pratica commerciale ingannevole.
Con l’accordo del pubblico ministero di Parigi, la DGCCRF ha offerto a Google Ireland Ltd e Google France la possibilità di pagare una multa di 1,1 milioni di euro e naturalmente le due società hanno accettato la transazione.
Dall’autunno del 2019 Google France ha modificato le procedure, utilizzando la classificazione ufficiale di Atout France. Se dalle nostre parti qualcuno decidesse di verificare la situazione italiana qui c’è lo spunto per cominciare….
FONTE: https://www.infosec.news/2021/02/24/news/cittadini-e-utenti/le-bugie-sugli-alberghi-costano-a-google-un-milione-di-euro-di-multa/
PANORAMA INTERNAZIONALE
L’allarme dell’Onu: “Il virus è stato usato come pretesto per reprimere il dissenso e criminalizzare le libertà”
Il Segretario generale dell’Onu ha anche citato i movimenti razzisti ed estremisti, che sono impegnati in una “frenesia di odio”
Antonio Guterres
Una vera “pandemia di violazioni dei diritti umani” durante l’emergenza coronavirus. Lo ha denunciato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres in un intervento scritto per il Guardian. Gli abusi “hanno prosperato perché la povertà, la discriminazione, la distruzione del nostro ambiente naturale e altri fallimenti nell’ambito dei diritti umani hanno creato enormi fragilità nelle nostre società”, ha aggiunto.Guterres, che ha aperto la 46esima sessione del Consiglio delle Nazioni Unite sui diritti umani a Ginevra, ha anche affermato che l’incapacità di garantire equità nella campagna vaccinale contro Covid-19 a livello globale è “l’ultima indignazione morale” emersa dalla pandemia. Inoltre, durante l’emergenza coronavirus, “la violenza contro le donne e le ragazze è balzata alle stelle, dagli abusi online alla violenza domestica, dalla tratta allo sfruttamento sessuale e ai matrimoni precoci”, ha detto Guterres, affermando che “la crisi ha un volto di donna” per esprimere le disuguaglianze di genere che si sono inasprite durante la pandemia.
Il Segretario generale dell’Onu ha anche citato i movimenti razzisti ed estremisti, che sono impegnati in una “frenesia di odio” e rappresentano “la minaccia numero uno alla sicurezza interna” per alcuni Paesi. Guterres ha inoltre sottolineato che è necessaria un’azione coordinata globale per sconfiggere il grave e crescente pericolo rappresentato dal razzismo.
“Il pericolo dei movimenti guidati dall’odio cresce di giorno in giorno. Chiamiamoli per quello che sono: la supremazia bianca e i movimenti neonazisti sono minacce che vanno oltre il terrore interno a un Paese. Stanno diventando una minaccia transnazionale”, ha detto. “Questi e altri gruppi hanno sfruttato la pandemia per aumentare le dimensioni dei loro ranghi attraverso la polarizzazione sociale e la manipolazione politica e culturale”, ha aggiunto Guterres.
L’intervento si conclude con un appello al rispetto e alla valorizzazione dei diritti umani. “Non è il momento per trscurare i diritti umani; è un momento in cui, più che mai, i diritti umani sono necessari per affrontare questa crisi in un modo che ci consentirà di concentrarci sul raggiungimento di uno sviluppo inclusivo e sostenibile e di una pace duratura”. E ancora: “Siamo tutti insieme in questo. Il virus minaccia tutti. I diritti umani elevano tutti. Rispettando i diritti umani in questo momento di crisi, costruiremo soluzioni più efficaci ed eque per l’emergenza di oggi e per la ripresa di domani. Sono convinto che sia possibile, se siamo determinati e lavoriamo insieme”.
FONTE: https://www.globalist.it/world/2021/02/22/l-allarme-dell-onu-il-virus-e-stato-usato-come-pretesto-per-reprimere-il-dissenso-e-criminalizzare-le-liberta-2074852.html
POLITICA
Quali rapporti avevano Domenico Arcuri e Mario Benotti? Si conoscevano prima dell’esplosione della pandemia? Hanno allacciato contatti solamente in occasione dell’acquisto di mascherine? Beh, stando al racconto fornito dal giornalista Rai in aspettativa i due avrebbero iniziato a scambiarsi qualche sms ben prima del decreto di nomina a commissario speciale per l’emergenza Coronavirus in Italia.
“Arcuri lo conoscevo dai tempi in cui facevo il consigliere al governo”, ha riferito Benotti nell’intervista rilasciata in esclusiva a Nicola Porro per Quarta Repubblica su Rete 4. Il cosiddetto “uomo delle mascherine” non ha esitato a mostrare in tv lo scambio di messaggi con l’amministratore delegato di Invitalia, rivelando una serie di aspetti che fino a poche ore fa non erano state rese note.
I tabulati parlano chiaro: la Procura ha contato ben 1282 i contatti avvenuti tra telefonate, sms e chiamate senza risposta. Le comunicazioni si interrompono bruscamente il 7 maggio del 2020. A fornire la propria versione è lo stesso Benotti: “Il commissario mi incontrò in una via di Roma. Arcuri si fece precedere da una telefonata del dottor Bonaretti. Mi dice che mi doveva vedere lui. Invece arrivano lui e il commissario. Sotto il mio ufficio, in Prati a Roma. E mi dice che c’era una difficoltà, che a Palazzo Chigi lo avevano informato che c’era un’indagine su tutta questa situazione, forse dei Servizi. Da Palazzo Chigi si possono avere soltanto indagini che vengono dai Servizi. Ma era anche normale che i Servizi indagassero su questa cosa. Mi pregò di interrompere qualunque comunicazione con lui, cosa che io ho fatto”.
A ottobre il giornalista Rai in aspettativa viene intercettato mentre avrebbe provato a riallacciare i rapporti, comportando però l’intervento in prima persona di Mauro Bonaretti – capo di gabinetto del Mit quando Benotti era consigliere giuridico nello stesso ufficio – che avrebbe provato così a convincerlo: “(Arcuri, ndr) mi ha detto no, guarda, perché ci tengo. Voglio evitare che Mario si sporca […] Mi ha detto di non farti vivo in questa fase, di lasciarlo un attimo per evitare casini”. A quel punto “l’uomo delle mascherine” capisce che gli stava “per arrivare addosso” qualche inchiesta giudiziaria.
Dagli sms mostrati dal “mediatore” emerge un linguaggio criptico e spesso con riferimenti ecclesiali. Il giornalista, ad esempio, parla di se stesso in terza persona e si definisce “monsignore”. Il 13 marzo Benotti fa sapere che terrà “una concelebrazione ‘ad mentem Dominici’”. La risposta di Arcuri non sarebbe tardata ad arrivare: “Bene! Peccato che se e quando la stessa dovesse produrre i suoi effetti il destinatario sarà morto!”. Il giornalista Rai in aspettativa invita a fare sì “che resti in vita”.
Il 24 marzo è ancora Benotti a scrivere al commissario, riservandogli parole al miele: “Ho apprezzato il tratto istituzionale e quasi ecclesiastico del Suo comunicare. Migliore e più umano – pur nella fermezza – di chi fin qui ha comunicato”. Il giorno dopo arrivano i ringraziamenti: “Buonanotte monsignore. Per lei che può dormire La ringrazio delle parole di apprezzamento”. Il 21 aprile il “mediatore” chiede attenzioni: “Se in giornata quando può prima di notte potesse dedicare dieci minuti a Monsignore egli sarebbe grato”. Ma evidentemente Arcuri non poteva: “Oggi impossibile. Proviamo domani. Ciao”.
La sera Benotti lo riempie di complimenti e apprezzamenti personali: “Le uniche vere dichiarazioni degne di un Ministro o di un Presidente del Consiglio in questo manicomio sono le tue caro Domenico. E le uniche dotate di buonsenso e nel contempo senso pratico. Ti prego di credere che non te lo dico per effetto della nostra amicizia, ma per il senso politico alto e dello Stato che traspare dal Tuo lavoro. Un caro abbraccio”. 5 giorni dopo Arcuri viene ospitato da Fabio Fazio nella trasmissione Che tempo che fa. Benotti vuole maggiori informazioni: “Monsignore – per potersi unire spiritualmente – vorrebbe conoscere l’orario della Sua omelia televisiva serale. Possibilmente precisa. Per limitarsi alla sua predica non sopportando Monsignore – pentendosi per questo – l’Officiante Principale (Fazio, ndr). Sia lodato Gesù Cristo”. Dettagli forniti senza alcuna perdita di tempo: “21:30 circa. Secondo ospite. Dopo il presidente della Camera”.
FONTE: https://www.linformazione.info/2021/02/24/da-palazzo-chigi-stanno-indagando-perche-arcuri-ha-troncato-gli-sms/
SCIENZE TECNOLOGIE
Effetti collaterali. L’altra faccia dei vaccini
- 22-02-2021
Gli eventuali effetti collaterali dei farmaci anti-Covid sono sempre stati esasperati per bloccarne l’uso. Ma sui vaccini si usa il metodo opposto, si minimizza. Eppure i primi dati da Italia, Germania e Regno Unito ci dicono che c’è un numero importante di segnalazioni di reazioni avverse. in Italia 7.337 segnalazioni, di cui il 7,6% gravi e anche 13 decessi nelle ore successive alla vaccinazione. Nel Regno Unito addirittura si parla di 173 morti e oltre 70mila reazioni avverse. Va certo verificato il nesso di causalità per tutti i casi, ma il dato è comunque impressionante, la conferma che è in atto una sperimentazione di massa.
I farmaci sono il mezzo con cui possiamo difenderci dalle malattie, con cui possiamo guarire. Ogni farmaco, come ben noto, può avere anche degli effetti collaterali, che vengono sempre doverosamente segnalati nelle schede tecniche, nei cosiddetti “bugiardini”. Gli effetti collaterali sono un prezzo da pagare per la guarigione. Esiste un rapporto costi-benefici, o rischi-benefici, per ogni farmaco. Negli scorsi mesi ci è stato ampiamente dimostrato quando si trattava di utilizzare determinati farmaci per curare il Covid.
Ogni volta che veniva proposto l’utilizzo di un determinato farmaco, dagli antibiotici al cortisone, dall’aspirina alla clorochina, immancabilmente scattava una comunicazione mediatica tendente ad enfatizzare all’estremo i possibili effetti collaterali.
E i vaccini? Qui invece curiosamente si verifica un fenomeno opposto: la minimizzazione. Addirittura, nel caso dei decessi avvenuti nelle case di riposo, si è sentito dire che quelle persone novantenni morte nei giorni seguenti alla vaccinazione, sarebbero magari morte comunque viste la loro età e le condizioni di salute precarie. Il che, peraltro, si potrebbe dire anche delle decine di migliaia di ultraottantenni malati di gravi patologie croniche la cui morte è stata attribuita al Covid, contratto magari in stato terminale. Due pesi e due misure: la norma non scritta che sovrintende la gestione della pandemia.
Ma torniamo agli effetti collaterali: abbiamo ora a disposizione dei dati ufficiali riguardanti gli eventi avversi dei vacini anti Covid.
L’Aifa ha pubblicato nei giorni scorsi il primo Rapporto di farmacovigilanza sui vaccini COVID-19. I dati riguardano le segnalazioni di sospetta reazione avversa registrate nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza. Il periodo analizzato va dal 27 dicembre 2020 al 26 gennaio 2021 e i vaccini esaminati sono due: quello della Pfizer e quello di Moderna. Le segnalazioni peraltro riguardano soprattutto la prima dose del vaccino Pfizer (99%) e solo in minor misura il vaccino Moderna (1%).
Il che significa che mancano le segnalazioni degli effetti della seconda dose, che è quella che di fatto crea più problemi. Sono pervenute 7.337 segnalazioni di reazioni avverse su un totale di 1.564.090 dosi somministrate, di cui il 92,4% eventi non gravi. Di quel 7,6% di eventi definiti “gravi” non si sa nulla perché sono ancora in corso valutazioni. Infine, sono stati segnalati anche 13 decessi avvenuti nelle ore successive alla vaccinazione.
Se è vero, come si diceva all’inizio, che a volte gli effetti collaterali di un farmaco sono un prezzo accettabile da pagare per ottenere una guarigione, nel caso dei vaccini si tratta di persone sane che per prevenire una possibile malattia, non per curarla, hanno perso la vita o hanno subito dei danni alla loro salute. Un dato significativo che dovrebbe fare riflettere coloro che continuano a magnificare ciò che definiscono “l’antidoto”.
Va sottolineato un altro aspetto importante: questa popolazione vaccinata è in gran parte costituita da operatori sanitari, e perciò persone anche giovani. Inoltre, dal momento che non esiste in Italia una farmaco-sorveglianza attiva, i numeri degli effetti avversi forniti dall’Aifa potrebbero essere decisamente sottodimensionati.
Ma gli effetti collaterali dei vaccini arrivano da tutta Europa: in Germania ha fatto impressione la notizia riportata dal quotidiano Die Welt di pesanti effetti collaterali scatenati dal vaccino AztraZeneca tra il personale di ospedali e cliniche della Westfalia, dove i dipendenti hanno riferito di sentire così tanta spossatezza e dolori ossei da non riuscire nemmeno a stare in piedi. In un ospedale 37 persone su 88 risultano in malattia, e di conseguenza altre cliniche hanno annunciato di voler sospendere le vaccinazioni.
Infine, altri dati significativi vengono dalla Gran Bretagna. Qui il Governo ha reso noti i dati sugli effetti collaterali del vaccino Pfizer, ovvero le segnalazioni spontanee: il che significa che deve essere ancora verificato il nesso di causalità, ma significa anche che le reazioni avverse potrebbero essere molte di più, visto che non tutti le segnalano. Sono comunque dati importanti: sono stati segnalati nel report 70.314 eventi avversi, con 173 morti. Un numero impressionante. Se un qualunque farmaco, poniamo per esempio la clorochina, avessero fatto 173 morti in un mese, sarebbe stato già ritirato dal mercato.
Il report britannico segnala dettagliatamente la tipologia dei danni collaterali, che sono in gran parte quelli determinati dalla malattia. La gamma dei disturbi va da quelli metabolici a quelli osteomuscolari, fino ad altri tipi di conseguenze molto preoccupanti- anche perché responsabili della maggioranza dei decessi, di tipo neurologico e cerebrovascolare. Disturbi nervosi, sincopi, sintomi epilettici, cefalee, tremori. Ci sono stati anche 5 aborti tra vaccinate in gravidanza.
Sono stati rilevati anche 990 casi di alterazioni e disturbi psichici post vaccinazione. I disturbi dell’apparato respiratorio sono stati ben 2903, con 9 morti. Morti di polmoniti per un vaccino che dovrebbe prevenire le polmoniti. Numerosissime anche le reazioni di tipo allergico, soprattutto a carico della pelle, con 4792 casi di dermatiti, herpes, orticarie. Infine, 803 reazioni di tipo circolatorio, in gran parte vasculiti, anche letali.
Si tratta di un report impressionante. Nessun vaccino in uso ha tali e tante reazioni avverse. Ma d’altra parte, i vaccini in uso sono prodotti che hanno superato lunghe e accurate fasi di preparazione. Per i vaccini anti Covid, lo abbiamo detto da sempre, si è avuta tanta, troppa fretta, e si è intrapresa una sperimentazione di massa. Questi sono i risultati, e siamo solo all’inizio.
FONTE: https://lanuovabq.it/it/effetti-collaterali-laltra-faccia-dei-vaccini
Carne artificiale. Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Gates.
22 Febbraio 2021 Roberto PECCHIOLI
Quando il genio – specie nel campo scientifico e tecnologico – si accompagna a una straordinaria ricchezza, cominciano i guai. Che Bill Gates, il fondatore di Microsoft, inventore di formidabili innovazioni informatiche che hanno cambiato il mondo, sia un genio è ovvio. Nel caso dei superdotati intellettuali si è notato spesso che dal genio alla follia non vi è che un passo. Per Bill Gates (ma anche per alcuni colleghi suoi, guru delle nuove tecnologie diventati ipermiliardari, Jeff Bezos, Elon Musk e Zuckerberg) la ricchezza nella misura enorme, quasi incommensurabile conseguita in pochi anni, fa esplodere il delirio di onnipotenza, la volontà di cambiare, dirigere e possedere il mondo. Bill Gates, in particolare, da quando ha lasciato la guida di Microsoft e si dedica alla ricchissima fondazione che porta il suo nome e quello della moglie Melinda, è diventato il paladino delle vaccinazioni di massa, attraverso l’enorme influenza che esercita sull’ Organizzazione Mondiale della Sanità. Follow the money, segui il denaro, consiglia il pragmatismo anglosassone.
In più, il Re del Mondo – la cui sociopatia è mascherata dalla facciata filantropica della Fondazione – si è messo in testa un’altra idea meravigliosa: cambiare le nostre abitudini alimentari, la cultura di migliaia di anni, e indurre l’umanità a cibarsi di carne artificiale. L’esortazione, un preciso ordine diffuso dal Forum di Davos e dall’Agenda 2030 dell’Onu (organizzazione mondialista in mano agli Usa e al denaro di alcuni padroni universali) è contenuta nel libro “ambientalista” che ha scritto di recente, destinato a diventare un successo mondiale: Come evitare un disastro climatico. Iscritto da tempo al partito di chi ritiene- o fa credere – che il riscaldamento globale abbia origini esclusivamente umane, il piromane si finge pompiere e impartisce, dall’alto della piramide di miliardi generata da Microsoft, le disposizioni dell’Iperclasse alla massa dei sudditi.
Assomiglia sempre più a Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde, il libro in cui l’autore, Robert Louis Stevenson, fa emergere il lato oscuro della personalità umana. Jekyll, stimato professionista, conduce degli esperimenti scientifici che scatenano in lui il bestiale e lo scimmiesco, mostrando la duplicità di ciascun uomo e della società in generale. Bill-Jekyll, genio dell’informatica, diventa un sinistro Mister Hyde deciso a dominare il mondo: ci vaccineremo con i misteriosi preparati di aziende di cui è socio e dominus, e mangeremo carne artificiale prodotta dalle sue aziende. Tutto per filantropia, amore dell’umanità e della “madre terra”.
Il libro è stato preceduto da un’intervista alla MIT Technology Review, il cui succo è che le nazioni ricche dovranno passare al consumo di carne sintetica al 100% e che a tal fine Mister Hyde-Gates premerà sui governi affinché regolino il mercato in quella direzione. Pressioni benevole, ovviamente, consigli che non si potranno rifiutare, perché Bill ha enormi strumenti di persuasione, non solo il denaro. L’operazione è già iniziata nella periferia dell’impero chiamata Unione Europea con l’obbligo di etichettatura delle carni, l’indicazione che nuocciono alla salute e che possono determinare il cancro. La paura funziona, eccome, come dimostra il Coronavirus.
Strana circostanza che Mister Gates sia anche uno dei più cospicui proprietari di fertili terreni agricoli d’America, ben 108mila ettari, all’incirca il territorio della provincia di Imperia. L’iperclasse continuerà a mangiare cibi naturali, quindi. Quelli artificiali sono per le nostre mense. Avanza il progetto di creare in laboratorio due umanità distinte: noi e “loro”.
Il fondatore di Microsoft parla chiaro: bisognerà imporre regole nuove che convertano la popolazione al consumo di carne artificiale. Il magnate sottolinea la necessità di cambiare le politiche dei governi (a quello penserà lui…), per cui il cittadino del mondo nuovo, lo voglia o no, dovrà dimenticarsi il sapore della bistecca e della braciola. Bill-Jekyll possiede terreni agricoli e pascoli, ma Mister Hyde-Gates continua la sua guerra contro la zootecnia “per il bene del pianeta”. Come spesso capita a chi si considera onnipotente, il bene del pianeta e quello del potere e dell’interesse proprio tendono a coincidere. Il filantropo globale ha infatti investito in una gran varietà di nuove imprese, le start –up della carne sintetica, come Hampton Creek Foods, Memphis Meat, Impossible Food (Cibi Impossibili…) e Beyond Meat (Oltre la carne).
Beyond Meat (BYND), una delle principali aziende di carne “falsa” e biologia di sintesi, ha visto crescere le sue azioni dell’859 per cento in tre mesi. Le previsioni sono straordinarie almeno sino al 2025, secondo la rivista Forbes. Si tratta di investimenti tesi alla sostituzione della carne bovina con “carne” sintetica, in ossequio a uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, ampiamente sostenuta dal Forum di Davos, di cui – i lettori non si stupiranno – Mister Gates è membro influente e munifico finanziatore. “Nel 2030 non mangerai carne” è uno degli slogan propagandistici del Forum. Se si compiranno le loro previsioni – non c’è motivo di dubitarne: sono i padroni universali – il prezzo della carne di origine animale (che cosa tocca scrivere: “carne di origine animale”!) salirà alle stelle e un filetto sarà alla portata solo delle tasche di lorsignori, gentilmente fornito da Mister Gates attraverso gli allevamenti delle sue terre. Del resto, egli stesso non è vegetariano e si concede spesso un hamburger con formaggio.
Il miliardario-filantropo è in tournée per presentare il libro teso a convincere che ingerire una bistecca stampata in 3D (questo consentirà un giorno “Internet delle cose”) non è così male. Ti puoi abituare alla differenza di sapore: con il tempo riusciremo a migliorarlo, insiste. Sì, padrone, finirà con il rispondere la massa zoologica degli umani, incitata da mille Fabio Fazio. Mister Gates può contare sulla collaborazione di colleghi miliardari, scienziati, biologi, chimici ed esperti di dietetica, tutti impegnati – la paga è ottima e la carriera certa – a concretizzare le tesi esposte nel suo libro. Il sacrificio di eliminare la carne – quindi distruggere intere filiere produttive, l’economia e il paesaggio di regioni intere del mondo – è insignificante, paragonato alla missione salvifica “di evitare un grande disastro climatico”. Se non fossero insopportabili, sarebbero perfino divertenti i piromani vestiti da pompieri di Viggiù.
Gli animali d’allevamento sono un terribile costo per l’ambiente, si dice con gran rullare di tamburi mediatici, mentre gli allevatori asseriscono che l’emissione animale di gas ad effetto serra è un’impostura dell’industria “climatica” riverniciata di verde, di Greta, creatura degli oligarchi, delle lobby di cui Mister Gates è esponente di punta. Non sappiamo chi abbia ragione, ma lasciateci almeno il beneficio del dubbio, dinanzi alle nuove verità obbligatorie, opposte a tutto ciò che gli stessi affermavano e praticavano sino a ieri. In più, il marito di Melinda è anche presidente del fondo d’investimento Breakthrough Energy Ventures, che lavora per “energie pulite” e contro il cambiamento climatico. Il fondo è tra gli attori finanziari più impegnati a sostenere che l’apocalisse climatica ha cause antropiche (ossia è colpa loro), nonostante il recente appello di settecento scienziati firmatari di una lettera aperta in cui dichiarano che i cambiamenti climatici fanno parte di processi ciclici del pianeta, confutando le opinioni di Mister Gates e della cupola verde.
Buono come pochi, Mister Gates lavora per introdurre la “carne sostenibile “a basso prezzo. E’ cosciente che per ora il prezzo è troppo alto- colpa della scarsa domanda- ma non scarta la possibilità, diciamo così, che i politici stessi premano per cambiare le abitudini dei consumatori. Per rendere popolare l’idea della falsa carne bovina, Mister Gates ha coniato il termine “dieta sostenibile”, concetto che sta cominciando a diffondersi tra i mezzi di comunicazione, le conferenze e i discorsi dei politici “amici”. Nelle scorse settimane è stato diffuso sui principali giornali del progressismo borghese europeo un articolo in cui sono magnificate le meraviglie della carne sintetica. La finestra di Overton si spalanca assai facilmente, se si possiede o si influisce in maniera determinante sul sistema di comunicazione, informazione e intrattenimento. L’ossessione di Mister Gates per cambiare i gusti degli occidentali con il pretesto del cambio climatico (il resto del mondo ha la testa più dura) viene da lontano: nel 2015 postò su Twitter un’immagine in cui beveva acque fecali. “Ho bevuto acqua fatta con feci umane: ecco una versione aggiornata della macchina che ha prodotto quell’acqua”, commentò. Buon pro gli faccia. Il timore è essere costretti a bere la stessa acqua per digerire la finta bistecca. Dell’umana gente le magnifiche sorti e progressive.
Va soggiunto che durante il Forum Economico Mondiale celebrato a gennaio 2021, il gran ciambellano di Davos, Karl Schwab, ha annunciato l’anticipo dei piani della cosiddetta Agenda 2030, inclusi quelli che prevedono la sostituzione della carne naturale con quella sintetica. Le aziende di Mister Gates lavorano a pieno ritmo per lanciare sul mercato i nuovi prodotti. L’estinzione dell’allevamento zootecnico si avvicina, insieme ad altri cambiamenti nel campo dell’energia, mentre il gemello oscuro del dottor Jekyll si impegna per ungere le ruote, pardon, conquistare i governi alle sue idee.
Dicevamo della campagna alimentata da alcuni mezzi d’informazione legati al globalismo. I titoli danno l’idea dell’ampiezza dell’operazione che si va delineando: “la carne artificiale che vuole salvare il mondo”. L’incipit è apodittico: “nel 2050 saremo dieci miliardi. Per allora, il pianeta non potrà sopportare consumi come gli attuali. La carne creata in laboratorio propone (impone? N.d.R.) una rivoluzione ambientale, filosofica e gastronomica. “Il resto è un commosso peana all’” opzione vegana “e al nuovo cibo che ci salverà. Uno degli aspetti più curiosi è che la sedicente carne – ad esempio quella delle imprese di Mister Gates – è prodotta con elementi vegetali, dunque non dovrebbe chiamarsi carne. Ma si sa, i padroni universali possiedono anche le parole e i vocabolari, la cui definizione di carne, finora, è “parte muscolare del corpo umano e animale”. Anticaglie che il 2030 cancellerà con grande vantaggio per tutti.
Curioso è il cortocircuito di alcuni tra coloro che legittimamente respingono gli OGM (Organismi Geneticamente Modificati) e considerano (con serie ragioni) pericolose ed artificiali le produzioni di semi transgenici, sono nemici degli additivi chimici e dei preparati a base di carne in quanto pericolosi e forse cancerogeni, e si oppongono, non senza buoni motivi, al sovraffollamento massivo delle stalle degli animali da carne. Qualcuno tra loro è assertore della carne da provetta proveniente da cellule manipolate e clonate sinteticamente in vasche di allevamento, cosa di per sé alquanto sospetta e inquietante, poiché non appartengono ad alcun animale vivo e tuttavia non sono neppure tessuto morto.
Non sappiamo bene quando e come muore ciascuna cellula, se è possibile che ne resti viva qualcuna al momento in cui verrà mangiata, posto che la loro vita non dipende da un organismo centrale, ma sono cellule indipendenti. E ciò che non è né vivo, né morto, ossia non-morto, che cos’è? Forse uno zombie o una attualizzazione del gatto di Schroedinger della fisica quantistica, vivo e morto nella scatola allo stesso tempo? Ancor meno conosciamo gli effetti a medio e lungo termine sull’organismo umano. Eppure, si corre a tutta velocità verso un mondo di questo tipo, marchiato a fuoco nell’Agenda 2030, destinato a cambiare, con l’alimentazione, una parte rilevante della cultura materiale e dei costumi di interi popoli.
La gigantesca operazione di ingegneria sociale consegue un doppio obiettivo oligarchico: cambia abitudini culturali e modo di vivere di massa e intanto distrugge un enorme tessuto economico, una catena fatta di allevatori, provveditori, distributori, commercianti, trasportatori e intermediari. La sostituzione avanza sotto forma di gigantesche piattaforme digitali in cui si compravende tutto in regime di monopolio privato. Il nostro linguaggio non sarà granché preciso sotto il profilo scientifico, ma mangereste tranquillamente una cotoletta artificiale fatta di cloni realizzati da una cellula (animale, vegetale o chimicamente sintetizzata) se, prudentemente, non vi azzardate a ingerire un panino fabbricato con grano coltivato in modo naturale, ma nei cui semi sono stati introdotti geni artificiali?
Nel linguaggio comune, non è carne né pesce ciò che è confuso, incerto e non sa di nulla. Finora il processo di fabbricazione – non si può usare diverso linguaggio – di questo mangime proteico composto da cellule provenienti da tessuti estratti da animali vivi, riprodotte fino all’estenuazione, o da vegetali, manca di molti principi nutritivi basici, a differenza della carne presente negli organismi pluricellulari vivi. Questo, almeno, affermano molti. I rischi non possono essere sottaciuti solo perché i sostenitori – e beneficiari – delle tecnologie del cibo artificiale sono plurimiliardari potentissimi.
Mentre scriviamo continua la sperimentazione e dilaga sulla stampa mainstream la difesa cieca e appassionata di Agenda 2030, che per molti aspetti riunisce in un unico documento – sottratto al giudizio popolare e imposto ai governi – tutti gli incubi portati alla luce dalla letteratura distopica, da Orwell a Huxley. Se ci dicono che per salvare il pianeta dobbiamo smettere di mangiare carne naturale perché l’allevamento pregiudica la Terra (certo meno di molte altre attività industriali ed estrattive) forse dovremmo iniziare a domandarci se cibarci di cloni, zombi artificiali, fabbricati in maniera antinaturale sia davvero il meglio per noi.
La stampa di servizio considera il cibo artificiale “la salvezza del pianeta”. Chi ci salverà dai salvatori, i Mister Hyde mascherati da benefattori dell’umanità seduti su una montagna di miliardi?
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/carne-artificiale-lo-strano-caso-del-dottor-jekyll-e-mister-gates/
C’è una piccola novità arrivata ieri sera dal vertice di Mario Draghi con ministri ed esperti del Cts sulla situazione del virus in Italia: andranno in pensione i dpcm che sono stati il simbolo del governo di Giuseppe Conte. Non è una rivoluzione: d’ora in avanti le scelte del governo saranno contenute in decreti legge, che avranno più o meno lo stesso contenuto che ben conosciamo, ma potranno essere discussi e forse modificati in Parlamento (magari scritti meglio del primo adottato). Non c’è la svolta auspicata nemmeno nella sostanza dei provvedimenti sul Covid, perché sono ancora le restrizioni e le chiusure a tenere banco. Il Cts ha diffuso grande preoccupazione sulle varianti inglesi e brasiliane che stanno prendendo piede in Italia, paventando una crescita dei contagi che fa già parlare di terza ondata del virus.
Ieri in Lombardia è stata decisa una zona quasi rossa nella provincia di Brescia proprio per questo motivo e zone rosse sono state stabilite a macchia di leopardo anche in altre Regioni – Lazio compresa – sia pure in comuni abbastanza piccoli: sembra di essere tornati all’inizio della pandemia, al febbraio 2020. Non è una buona notizia neppure questa, perché a quei giorni seguì su spinta degli esperti il lockdown di marzo, il più duro che gli italiani abbiano provato fin qui.
È impensabile che si ritorni lì un anno dopo, con tutto il tempo che è trascorso da allora, gli stili di vita cambiati, i dispositivi di protezione individuale a disposizione, il rafforzamento delle terapie intensive e dei posti letto in ospedale e infine per quanto zoppicante il piano di vaccinazione ormai partito. Il solo fatto di ipotizzare il ritorno a un lockdown simile è una follia, e in ogni caso con o senza i fondi del Recovery plan la struttura dell’economia italiana non è in grado di permetterselo.
Sono pochi giorni che Draghi è al comando e sarebbe sciocco pretendere una svolta anche perché sulla protezione della salute non ci sarà perché non potrà esserci. Ma il premier non ha molto tempo davanti per compiere la scelta che si pone proprio davanti alla terza ondata: barricarci in casa contro il virus in attesa dei vaccini che arrivano con il contagocce o scegliere di conviverci salvando il più possibile le attività economiche. Nella maggioranza politica che sostiene il suo esecutivo entrambe le linee sono presenti, perfino in modo radicale: c’è chi chiede il lockdown e chi spinge sulle riaperture premendo pure il piede sull’acceleratore. Questa scelta in tempi rapidi si impone, e la può prendere solo il capo del governo facendola poi digerire a tutta la sua maggioranza: tendere a rinviarla perché le sensibilità politiche sono diverse non è una buona idea.
Avessimo i vaccini che servono da somministrare usando ogni mezzo anche il lockdown rigido ma contenuto nel tempo potrebbe essere sopportabile. Ma le dosi necessarie non ci sono e non ci saranno, perché avremmo dovuto pensarci prima tutti in Europa e non sottoscrivere con le case farmaceutiche i contratti firmati dalla commissione europea che lasciano il coltello dalla parte del manico ai produttori di vaccini.
Ieri Astrazeneca su cui aveva puntato soprattutto l’Italia ha annunciato che consegnerà nel prossimo trimestre alla Ue la metà delle dosi concordate, e non c’è modo per impedirlo. Draghi è determinato nella decisione di chiedere a tutti i produttori di rilasciare licenze per produrre in Italia. Non servirà a risolvere il problema ora perché ci vorranno fra 4 e 6 mesi per iniziare quella produzione, ma la decisione è sacrosanta e servirà a non trovarci il prossimo inverno nelle stesse condizioni attuali. Però è ora che bisogna scegliere, sapendo che la vaccinazione di massa non ci sarà e che il virus circolerà in tutte le sue varianti. Non vedo altre strade che conviverci, cercando di ritornare alla vita normale dove i dati sono meno preoccupanti e di sopportare limitazioni temporanee quando non sia così. A rilento le vaccinazioni si faranno e prima o poi ci sarà l’immunità in alcuni ambienti: già è qualcosa averla per gli operatori sanitari, arriverà anche quella di altre categorie professionali come gli insegnanti. Ma convivere con il virus e non soffocare l’economia del paese significa anche che fra chiudere la scuola e chiudere una intera filiera produttiva o commerciale, meglio la prima. Non sarà qualche settimana o mese in più di didattica a distanza il dramma insuperabile. Ma lo è proseguire ovunque con chiusure di bar, ristoranti, pizzerie, palestre e tutte le attività su cui calano le serrande nell’Italia a colori perché non sono più in grado di restare in piedi con i ristori che fin qui si sono erogati.
Un altro passo dovrebbe essere fatto: tornare alla vita libera dove nessuna chiusura è più giustificata, magari semplificando i criteri fin qui adottati e riducendo le settimane di prova (oggi sono tre) in cui bisogna resistere con circolazione bassa del virus. A ieri sera ad esempio i dati Agenas sulla sofferenza della rete ospedaliera erano preoccupanti in Umbria dove i malati di coronavirus stanno occupando il 56% dei posti letto in area non critica e il 56% dei posti letto in terapia intensiva. Ma in Valle d’Aosta occupavano il 3% dei posti in area non critica e lo 0% delle terapie intensive. Perché almeno lì la vita non può tornare normale, senza coprifuoco, senza chiusure serali? Piccolissimo, ma quello sì sarebbe il segno di una svolta e anche di speranza. E siccome la situazione non è così distante da quei numeri mini nemmeno in Veneto, Sardegna e Basilicata, inizierebbero a sperare anche altri italiani. Sperare, ecco la medicina: non terrore. Solo così possiamo rimetterci in piedi.
LE RESTRIZIONI E I LOCKDOWN “UNA FRODE SCIENTIFICA GLOBALE DI PROPORZIONI SENZA PRECEDENTI”, AFFERMA L’UHP
Professionisti United Health
Portiamo all’attenzione dei nostri lettori questa importante dichiarazione internazionale di operatori sanitari, medici e scienziati, che è stata inviata ai governi di trenta paesi
Di seguito è riportato il testo completo che è stato inviato ai governi.
Link al documento originale : Molto urgente: messaggio di avviso internazionale sul COVID-19
Vedi qui per l’elenco dei governi a cui è stata inviata la lettera.
Il testo include citazioni di eminenti studiosi e professionisti della salute
Documento relativo agli operatori sanitari (versione pdf caricata su DBI):
Highlights selezionati
Resta a casa, salva vite » era una pura bugia.
Rimuovere le seguenti misure illegali, non scientifiche e non sanitarie: blocco, maschere facciali obbligatorie per soggetti sani, allontanamento sociale di uno o due metri.
Il blocco non solo ha ucciso molte persone, ma ha anche distrutto la salute fisica e mentale, l’economia, l’istruzione e altri aspetti della vita.
La storia naturale del virus [il coronavirus] non è influenzata da misure sociali [blocco, maschere facciali, chiusura di ristoranti, coprifuoco]
Quando lo stato sa e viola i diritti umani, siamo su una rotta pericolosa.
Escludere gli esperti e consulenti che hanno legami o conflitti di interesse con le aziende farmaceutiche :
Fermare le campagne di vaccinazione e rifiutare la truffa del passaporto pseudo-sanitario che in realtà è un progetto politico-commerciale
Siamo professionisti sanitari del collettivo internazionale: United Health Professionals, composto da oltre 1.500 membri (tra cui professori di medicina, medici di terapia intensiva e specialisti in malattie infettive) provenienti da diversi paesi di Europa, Africa, America, Asia e Oceania e, ad agosto Il 26 febbraio 2020, abbiamo rivolto ai governi e ai cittadini dei paesi di tutto il mondo un messaggio di allerta riguardante l’epidemia di COVID
Innanzitutto, iniziamo con le conclusioni del rapporto 2010 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa sulla gestione dell’epidemia di H1N1:
«L’Assemblea parlamentare è allarmata per il modo in cui lo scoppio della pandemia influenzale H1N1 è stato gestito, non solo dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ma anche dalle autorità sanitarie competenti a livello di Unione Europea e nazionale. È particolarmente turbato da alcune delle conseguenze delle decisioni prese e dei consigli forniti che portano alla distorsione delle priorità dei servizi sanitari pubblici in tutta Europa, allo spreco di ingenti somme di denaro pubblico e anche alle paure e ai timori ingiustificati sui rischi per la salute … sono state identificate gravi carenze riguardo la trasparenza dei processi decisionali relativi alla pandemia che hanno generato preoccupazioni circa la possibile influenza dell’industria farmaceutica su alcune delle decisioni più importanti… le lobby non regolamentate o segrete possono essere un pericolo e possono minare i principi democratici e il buon governo ».
Sappi che gli stessi errori commessi nell’epidemia di H1N1 si stanno ripetendo oggi nell’epidemia di COVID . Siete le vittime della più grande truffa sanitaria del 21 ° secolo riguardante il reale pericolo del virus, le misure da prendere, le cifre, i test e le cure, e questo è stato fatto con le stesse tecniche di manipolazione utilizzate durante l’epidemia di H1N1 o la guerra in Iraq. Esperti, professori di medicina e collettivi scientifici e medici hanno iniziato ad avvisare altri di questo già nel marzo 2020.
I paesi del mondo (salvo rari casi come: Svezia, Bielorussia o Tanzania), senza pensarci, hanno solo imitato i paesi guida seguendoli ciecamente.
Questa epidemia è amplificata, drammatizzata e strumentalizzata da criminali che ne approfittano per raggiungere obiettivi e programmi economici, politici e ideologici dannosi per l’umanità e ve lo dimostreremo. Dovete fermare rapidamente questa truffa globale (perché è un grave pericolo per il vostro popolo e il vostro paese in termini di: salute, economia, istruzione, ecologia e diritti umani) intraprendendo immediatamente le seguenti azioni:
1-Rimuovere tutte le restrizioni
Rimuovere le seguenti misure illegali, non scientifiche e non sanitarie: blocco, maschere facciali obbligatorie per soggetti sani, allontanamento sociale di uno o due metri. Queste misure folli e stupide sono eresie inventate nel 2020 che non esistono in medicina o salute pubblica e non si basano su alcuna prova scientifica.
Non è così che gestiamo un focolaio:
– «Il mondo è impazzito» con i blocchi del coronavirus che «sono in contrasto con ciò che si sa sulla gestione delle pandemie virali» ( Dr Anders Tegnell , capo epidemiologo svedese, 24 giugno 2020).
– «Il tasso di mortalità per infezione sembra essere più o meno lo stesso dell’influenza, ma non abbiamo mai introdotto queste misure drastiche prima, quando abbiamo avuto pandemie influenzali. E non possiamo vivere con loro per gli anni a venire »( Prof. Peter Gøtzsche , 1 dicembre 2020).
– «La decisione di blocco come decisione di indossare maschere … non si basa su dati scientifici …» ( Prof. Didier Raoult , 24 giugno 2020).
– «La storia naturale del virus [il coronavirus] non è influenzata da misure sociali [blocco, maschere facciali, chiusura di ristoranti, coprifuoco, ecc.]… Il blocco non ha innescato la diminuzione dei casi… La chiusura non ha cambiato nulla … »( Prof. Philippe Parola , 3 dicembre 2020).
– «Non ci sono prove scientifiche a sostegno della disastrosa regola dei due metri. La ricerca di scarsa qualità viene utilizzata per giustificare una politica con enormi conseguenze per tutti noi »( Professori Carl Heneghan e Tom Jefferson , 19 giugno 2020).
– «Misure grottesche, assurde e molto pericolose … un impatto orribile sull’economia mondiale … autodistruzione e suicidio collettivo …» ( Prof. Sucharit Bhakd i, marzo 2020. Ha anche inviato, all’epoca, una lettera al Cancelliere tedesco Angela Merkel).
Inoltre, queste misure tiranniche violano la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nei suoi articoli: 3, 5, 9, 12, 13, 17, 18, 20, 26, 27, 28, 30 e la Convenzione UNICEF sui diritti dell’infanzia. nei suoi articoli: 28, 29, 32, 37.
– «Quando lo Stato sa e viola i diritti umani, siamo su una rotta pericolosa. La pandemia ha portato alla violazione dei diritti umani fondamentali … Non c’è stata la minima analisi etica per stabilire se ciò fosse giustificato. Non lo è »( Prof. Peter Gøtzsche , 4 dicembre 2020).
Costringere le persone non malate a indossare maschere non è solo un’eresia ma è anche dannoso per la salute oltre che per l’ecologia ed è una forma di maltrattamento:
– «Dittatura delle maschere totalmente infondata» ( Prof. Christian Perronne , 22 settembre 2020).
– «Il coprifuoco… è stato utilizzato durante l’occupazione tedesca quando le milizie e la Gestapo andavano alle case. E ora faremo fare visita alla polizia per vedere se ci sono più di sei persone al tavolo! Cos’è questa follia ?! »( Prof. Christian Perronne , 15 ottobre 2020).
– «Ogni inverno a Parigi, i letti in terapia intensiva sono completamente saturi. Trasferiamo pazienti … ogni inverno, in circostanze normali »( Prof.Bruno Mégarbane , anestesista e medico di terapia intensiva, 27 settembre 2020)
«In nessuna delle 2 ondate… tutte le ICU non erano sature, è falso! »( Prof. Michaël Peyromaure , 18 gennaio 2021)
2-Aprire economia, scuole, università, trasporti aerei e unità ospedaliere.
3-Escludere esperti e consulenti che hanno legami o conflitti di interesse con le aziende farmaceutiche
Il rapporto 2010 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa sulla gestione dell’epidemia di H1N1 diceva anche:
«L’Assemblea invita le autorità sanitarie pubbliche a livello internazionale, europeo e nazionale – e in particolare l’OMS -… a garantire che tutte le persone soggette a conflitti di interesse siano escluse dai processi decisionali sensibili».
Gli esperti dei paesi che hanno spinto per queste misure totalmente eretiche o sono seguaci, ignoranti o corrotti dall’industria farmaceutica.
4-Richiedere un’indagine internazionale e indipendente e che i responsabili di questa truffa siano processati
Il 1 ° ottobre 2020, l’avvocato tedesco Reiner Fuellmich ha annunciato che una rete internazionale di avvocati sosterrà il più grande caso di responsabilità civile mai visto:
«Le misure anti-corona hanno causato e continuano a causare danni così devastanti alla salute e all’economia della popolazione mondiale che i crimini commessi da (…) l’OMS devono essere legalmente qualificati come crimini effettivi contro l’umanità come definiti nella sezione 7 del codice per i crimini internazionali “.
Ha anche detto che questo deve essere definito «uno scandalo corona e i responsabili devono essere perseguiti penalmente e citati in giudizio per danni civili». L’indagine deve concentrarsi, tra gli altri, su Bruce Aylward (OMS) e Neil Ferguson (ICL).
-Il 10 gennaio 2021: una lettera trasmessa da The Sun e scritta da avvocati, un membro del Parlamento, attivisti per i diritti umani e un ex generale dell’aeronautica americana è stata indirizzata all’FBI e all’MI-5 insieme ai servizi di sicurezza in Canada, Germania e Australia, dove dicono gli autori:
«Stiamo scrivendo questa lettera per richiedere che venga avviata e / o accelerata un’indagine federale sul dibattito scientifico sulle principali decisioni politiche durante la crisi del COVID-19. Nel corso del nostro lavoro abbiamo individuato problematiche di natura potenzialmente criminosa e riteniamo che questa indagine necessaria per garantire che gli interessi del pubblico siano stati adeguatamente rappresentati da coloro che promuovono determinate politiche pandemiche ».
La lettera di appello che è stata «deliberatamente promulgata … per impoverire le nazioni che l’hanno attuata»
Paesi rari come la Svezia, la Tanzania o la Bielorussia, con cui ci si può congratulare, hanno rifiutato il blocco e non hanno seguito ciecamente gli altri e se applichiamo il ragionamento dei difensori del blocco, il risultato dovrebbe essere un massacro o la saturazione del loro sistema ospedaliero. È così in questi tre paesi?
La risposta è, ovviamente, no. Inoltre, il 15 settembre 2020, The BMJ ha pubblicato un articolo dal titolo:
«COVID-19: Come fa la Bielorussia ad avere uno dei tassi di mortalità più bassi d’Europa? ».
Questi tre paesi sono la prova vivente della truffa del blocco e poiché questa realtà potrebbe svegliare l’opinione pubblica e la gente vede che è stata presa in giro, una stampa corrotta ha diffuso, dall’inizio, articoli e persino notizie false, contro Svezia e Bielorussia. .
Il famoso slogan internazionale:
«Resta a casa, salva vite» era una pura bugia . Al contrario, le restrizioni non solo ha ucciso molte persone, ma ha anche distrutto la salute fisica e mentale, l’economia, l’istruzione e altri aspetti della vita. Ad esempio, il lockdown negli Stati Uniti ha ucciso migliaia di malati di Alzheimer che sono morti anche lontano dalle loro famiglie. Nel Regno Unito: il blocco ha ucciso 21.000 persone.
Gli effetti delle restrizioni «sono stati assolutamente deleteri. Non hanno salvato le vite che avevano annunciato di poter salvare … È un’arma di distruzione di massa e ne vediamo gli effetti sulla salute … gli effetti sociali … economici … che formano la vera seconda ondata »( Prof. Jean-François Toussain t, 24 settembre 2020). Imprigionare la gente è un crimine contro l’umanità che nemmeno i nazisti hanno commesso!
– «Questo Paese sta commettendo un errore drammatico… Cosa suggeriamo? Che tutti restino rinchiusi per tutta la vita perché fuori ci sono virus ?! Siete tutti pazzi, siete diventati tutti matti!… Stiamo dando fuoco al pianeta »( Prof. Didier Raoult, 27 ottobre 2020).
– «È un grande delirio ma che è strumentalizzato da big pharma e anche politici… È una paura organizzata per ragioni politiche ed economiche» ( Prof. Christian Perronne , 31 agosto 2020).
– «È solo una truffa globale per realizzare enormi profitti, salvare le banche e nel frattempo rovinare la classe media in nome di un’epidemia … resa distruttiva da misure liberticide, presumibilmente sanitarie» ( Dott.ssa Nicole Delépine , 18 dicembre 2020).
– «Abbiamo prove mediche che questa sia una truffa» ( Dr Heiko Schöning , luglio 2020).
– «Pensa a queste due domande: … Il coronavirus è prodotto dall’uomo? … Hanno provato a usare questa malattia virale o questa psicosi per i propri fini e interessi?» ( Alexander Lukashenko, Presidente della Bielorussia). –
«C’è un’isteria pubblica assolutamente infondata guidata dai media e dai politici. È oltraggioso. Questa è la più grande bufala mai perpetrata su un pubblico ignaro… dovrebbe essere conosciuta come nient’altro che una brutta stagione influenzale. questo non è Ebola. Non è SARS »( Dr Roger Hodkinson , 13 novembre 2020).
5-Non seguire più ciecamente le raccomandazioni dell’OMS e richiedere che venga completamente riformato
Un’indagine condotta nel 2016 (OMS nelle grinfie dei lobbisti) ha mostrato una radiografia edificante dell’OMS; una struttura indebolita soggetta a molteplici conflitti di interesse. Questa indagine ha mostrato come gli interessi privati dominino la salute pubblica nell’OMS. Anche un’altra indagine (Trust WHO) ha rivelato queste gravi anomalie.
6-Utilizzare le misure riconosciute per la gestione delle epidemie
Come le raccomandazioni di lavarsi le mani, starnutire o tossire nel gomito, usare una maschera ma solo per pazienti e operatori sanitari (in situazioni specifiche), isolamento dei malati, ecc. La gravità di un’epidemia è valutata dal tasso di mortalità del caso ( CFR), tra le altre cose. Tuttavia, quest’ultimo è molto basso (0,03-0,05%) e non vi è quindi alcuna giustificazione per adottare misure non solo sproporzionate ma anche non scientifiche.
FONTE: https://www.databaseitalia.it/le-restrizioni-e-i-lockdown-una-frode-scientifica-globale-di-proporzioni-senza-precedenti-afferma-luhp/
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