RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
31 AGOSTO 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
E’ retaggio regale far bene ed esser vittime di cattiva voce.
MARCO AURELIO ANTONINO, Ricordi, Rizzoli, 1993, pag. 110
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SOMMARIO
Guerra segreta (mondiale) contro la cabala del covid
“Il nemico dell’America è la Stabilità”, firmato colonnello Peters
La mascherina simbolo della contro-iniziazione in atto
La questione Alitalia-Ita è l’esempio programmatico della distruzione dell’intera economia italiana
John Pilger: Il “grande gioco” di distruggere i paesi
Due cose che i media mainstream non vi hanno detto sull’approvazione del vaccino Pfizer da parte della FDA
ANDREA EMO E LE METAMORFOSI DELL’ABOLIRSI
GIORDANO BRUNO PREVEDE LA POSSIBILITA’ DI UNIVERSI PARALLELI CON ALTRE CONDIZIONI ENERGETICHE.
Le 10 strategie di manipolazione da parte dei media
Bio-tracciamento universale, il Green Pass è solo l’inizio
Recesso
In cifre, 20 anni di disastri USA in Afghanistan
Le crisi umanitarie della globalizzazione
Il papa dell’ammuina.
Della sostituzione e dei complotti
La sinistra che difende i negazionisti delle foibe
Quanto costa la sorveglianza dei cittadini?
La trappola delle “emissioni nette zero”
IN EVIDENZA
Tratto da Libreblog
Venerdì 17 aprile
Le massonerie nazionali sono spaventate, assoggettate alle restrizioni liberticide dei governi che in realtà eseguono decisioni prese dell’alto: entità paramassoniche, Bilderberg, Trilaterale – e altre, di cui si parla meno. Al di sopra di queste, c’è la galassia delle superlogge (di cui parla Gioele Magaldi, e che forse di massonico hanno ormai soltanto il nome: molti sono contro-iniziati che si contendono il potere, alternandosi al comando).
Al di sopra di queste, poi, ce ne sono altre ancora. Ci sono organizzazioni che finora hanno sostenuto i piani del cosiddetto nuovo ordine mondiale, finalizzato all’accentramento del potere e delle risorse, alla spoliazione dei popoli, a concentrare tutto nelle mani dei soliti noti. Marco Della Luna lo ha spiegato bene in “Oligarchia per popoli superflui”, di cui sono l’editore, uscito due anni fa. Ha anticipato tutto quello che sta accadendo oggi. Adesso però c’è un bivio.
A quanto pare, il problema è stato scatenato da una certa fazione. Una fazione che vuole mantenere il potere economico, la schiavitù monetaria, il controllo della finanza. Una fazione che è legata all’industria farmaceutica, a sua volta legata ad altri grandi complessi industriali, non ultimo quello degli armamenti.
E’ una fazione che molto probabilmente ha scatenato questo problema: il virus è stato creato in laboratorio (nemmeno i bambini credono più alla vulgata mainstream del virus naturale). E’ un’arma batteriologica a medio-bassa intensità, con durata probabilmente di sei mesi. La fazione che ha scatenato il virus voleva accelerare il processo di Nwo, la logica del controllo, del microchip obbligatorio per tutti, della restrizione definitiva di ogni libertà democratica. Ma lo scatenarsi di questo pandemonio ha provocato, inevitabilmente, una reazione opposta. Ci sono fazioni che sono contrarie alla logica della schiavitù monetaria – la logica dei Rothschild, dei Rockefeller (chiamiamola “mafia khazariana”, chiamiamola Cabala o Cupola: i nomi non contano). E queste fazioni antagoniste, a quante pare, sono passate violentemente al contrattacco.
In questi giorni seguo con interesse certi network americani, Q-Anon e non solo (Q-Anon lo seguo da almeno tre anni, e le sue notizie le prendo con le molle, con le dovute cautele, in attesa di verificare i fatti). In qualche caso mi è anche capitato di anticiparli: il 15 dicembre scorso, sulla mia pagina Facebook, prevedevo la caduta, l’esautorazione della casa reale britannica entro la fine di marzo. Prevedevo anche la caduta di Macron – e qui ci siamo: Macron ha le ore contate, è stato ormai messo nel mirino. La sua ex ministra della sanità ora lo accusa di aver colpevolmente ignorato il suo allarme sul virus, risalente a gennaio. Parliamoci chiaro: a gennaio tutti conoscevano il problema. Sono emerse prove che il governo italiano abbia avuto informazioni precise, dall’intelligence americana, già a dicembre, quando negli Usa si verificavano i primi casi di coronavirus.
I numeri del virus sono molto diversi da quelli ufficiali: non ci si può fidare, della Cina. La compagnia telefonica cinese che gestisce i cellulari ha ammesso che, da dicembre a oggi, ci sono 21 milioni di utenze non più attive. E questo dato deve far pensare. Come può esser stato circoscritto alla sola Wuhan, il problema? Il virus è stato contenuto, certo, ma in Cina la situazione è stata sicuramente più pesante, rispetto a come viene raccontata. Poi è arrivato negli Usa? E’ arrivato prima in Germania o in Italia? Si possono fare tutte le congetture del mondo. Ma ciò che conta è che l’esercitazione Nato, dapprima ridimensionata, ha cambiato nome: adesso si chiama “Protezione dell’Europa”. Sta dispiegando un enorme quantitativo di uomini e mezzi – mentre, simultaneamente, molti personaggi celebri sono in quarantena.
S’è iniziato con Justin Trudeau in Canada, in quarantena insieme alla moglie. Poi Alberto di Monaco: non dimentichiamoci che il Principato di Monaco è tra le principali “lavanderie” di riciclaggio del denaro sporco, a livello mondiale, insieme a pochi altri paradisi fiscali. Il Dalai Lama è in quarantena preventiva. Angela Merkel, anche lei risultata positiva al virus, è sembrata sparire, per alcuni giorni. E due aerei di Stato tedeschi, tra cui quello ufficiale della Cancelliera, sono stati visti atterrare all’aeroporto di Las Vegas, già chiuso al traffico ordinario. E’ stata esautorata? Secondo Maurizio Blondet, sarebbe stata esautorata di fatto, in base al trattato Usa-Germania del 1945. Fino al 2099, la Germania non può decidere autonomamente, in politica estera e in politica economica. Alla Germania era stato dato il guinzaglio largo, ma ora a quanto pare il guinzaglio si è stretto. C’è un video, che prova la presenza degli aerei tedeschi a Las Vegas la scorsa settimana. E sappiamo che questi video sono sempre diffusi da servizi segreti, a loro volta divisi in fazioni. La Merkel poteva benissimo volare negli Usa in modo anonimo e discreto, non certo su un volo di Stato. Chi ha diffuso quel video, nell’ambito dell’intelligence Usa, voleva lanciare un segnale chiaro: guardate dove va, la fautrice del rigore finanziario.
Vero obiettivo: abbattere l’Unione Europea? Fanno bene, se stanno abbattendo il sistema che ci ha distrutti, negli ultimi vent’anni. Voglio sperare che sia così. Non dico che stiano vincendo “i buoni”. Dico che, secondo me, stanno prevalendo “i meno peggio”: è con loro, probabilmente, che avremo a che fare. Cambieranno gli scenari economici. La Germania, che era la principale fautrice del rigore, dopo l’annuncio secondo cui la Merkel era in quarantena ha emesso 550 miliardi di euro, creati dal nulla, e solo come prima tranche. A mio parere, si sta andando verso uno scardinamento violento, e imposto dall’alto – non dagli americani come tali, ma dalla fazione di Trump, da una guerra interna contro il Deep State – e secondo me vedremo molti scenari cambiare: vedremo sparire molti capi di Stato e di governo.
Quanto ai britannici, non scordiamoci che non è in quarantena solo il principe Carlo. Secondo fonti di stampa, tra cui la versione online del “Fatto Quotidiano”, è morto il principe consorte Filippo di Edimburgo. All’ambasciata britannica a Roma c’è stato un gran trambusto, con un continuo viavai di politici anche italiani. I nostri telegiornali non ne hanno fatto il minimo accenno? Non stupisce: sono arrivati addirittura a delegittimare il “Tg Leonardo”, che è il fiore all’occhiello dell’informazione scientifica (il servizio il cui mostrava il laboratorio cinese che ingegnerizza i coronavirus). Ma la cosa più interessante è che è in quarantena anche il duca di Kent, cugino della regina e 37esimo pretendente al trono, gran maestro della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, che controlla il 60-70% delle massonerie nazionali mondiali. Vuol dire che è in corso una svolta epocale: stanno abbattendo i vecchi schemi anche in certi ambiti, fino a ieri intoccabili.
Mi auguro che le notizie che leggo siano vere. Moltissime star di Hollywood stanno registrando filmati in cui hanno il volto terrorizzato, e in cui compaiono ovunque orecchie di coniglio (a richiamare la Tana del Bianconiglio di “Alice nel paese delle meraviglie”). Sono segnali in codice: richieste di aiuto. Sono segnali di disperazione, mascherati da video strani. Oprah Winfrey, la grande giornalista americana, obamiana e vicina ai Clinton, vera e propria autorità mediatica nazionale, è in quarantena – ma coi marines che circondano e presidiano la sua villa. Tante cose non tornano. Ma intanto lanciano segnali, come a dire: guardate. L’Italia è piena di autocarri russi e militari russi: va bene che la situazione è eccezionale, ma siamo pur sempre un paese della Nato. E’ evidente che ci sono accordi precisi. Stanno cambiando gli scenari a livello globale, secondo me. Ed è molto probabile anche un cambio di governo in Italia.
FONTE: https://concento.org/guerra-segreta-mondiale-contro-la-cabala-del-covid/
“Il nemico dell’America è la Stabilità”, firmato colonnello Peters
“Gli Americani hanno abbandonato nelle loro basi in Afghanistan, arsenali interi di armi modernissime”, commenta l’amico e saggista Gianluca Marletta. “Chiaramente, in guerra le armi si distruggono piuttosto che darle al “nemico”: evidentemente, qualcuno dello Stato Profondo USA vuole rigiocarsi la carta del terrorismo globale. Adesso, tutti i gruppi wahabiti del mondo avranno a disposizione il meglio degli armamenti… tutto gratis! Se un giorno vi ritrovate torme di barbuti sul Raccordo Anulare, non vi stupite..”.
Il sospetto di Marletta coincide grosso modo con la tesi dei Thierry Meyssan. La recita sempre più mediatizzata dell’ambigua auto-disfatta americana, l’abbandono di arsenali al “nemico” con cui un capo della Cia va a parlare, i servizi tutti d’apertura dei TG (persino i vaccini obbligatori passano in seconda linea), le troppo fotogeniche scene delle mamme che passano i loro bambini ai soldatini commossi, la drammatizzazione televisiva della data del 31 agosto, evocano i mezzucci di una suspence cinematografica premeditata.
Dopotutto, sono stati gli USA a creare i talebani in Pakistan contro i sovietici.
“Bisogna interpretare i negoziati USA-talebani − che si trascinavano da anni e che all’improvviso sono stati conclusi dal presidente Biden − come la deliberata consegna del potere ai talebani”, scrive Meyssan. Per fare cosa? A quale scopo?
La chiave per rispondere , per Meyssan, è nell’articolo che uno stratega famoso, il colonnello Ralph Peters, pubblicò su Parameters (la rivista colta delle forze armate USA) nel numero invernale del 2011, ossia all’indomani dell’11 Settembre:
“Stability. America’s enemy”, Ralph Peters, Parameters, #31-4, Winter 2001.
“Stabilità: nemico dell’America”, delineava la vera strategia Usa, che prefigura esattamente le guerre eterne (anche la presenza americana in Irak dura da 17 anni, la guerra contro Assad in Siria dura da 10) con l’aiuto di mercenari e di “terroristi” foraggiati e armati dall’America.
Nell’articolo, “il colonnello Ralph Peters affermava che gli Stati Uniti non avevano più bisogno di vincere guerre, ma dovevano organizzare instabilità in alcune regioni del mondo, in particolare nel Medio Oriente Allargato. Peters proseguiva affermando che bisogna ricomporre gli Stati secondo criteri etnici, occorreva quindi separare i popoli mescolati tra loro e ciò avrebbe implicato pulizie etniche e altri crimini contro l’umanità. Concludeva affermando che il Pentagono poteva sempre far ricorso a mercenari perché svolgessero il lavoro sporco in sua vece [4]. Sull’onda emotiva dell’11 Settembre, nessuno badò a questo articolo, che rivendicava esplicitamente la preparazione di crimini abominevoli.
Ralph Peters è lo stesso che – sotto il titolo “Blood borders. How a better Middle East would look”, (Ralph Peters, Armed Forces Journal, June 1, 2006).
pubblicò la mappa cui lavorava nel 2001 il Comitato dei capi di stato-maggiore USA [5]. Tutti gli Stati del Medio Oriente Allargato apparivano spezzettati secondo le linee di faglia etnico-religiose. “Nessuno era al riparo, nemmeno gli alleati degli Stati Uniti, anche la Turchia e l’Arabia Saudita si mostravano spezzati da disordini tribali e sistemati con “Pulizie etniche”.
La mappa è quella che vedete nell’articolo
è ciò che l’America vuole fare del Medio Oriente. Studiatela e immaginate le guerre civili e pulizie etniche che dovranno scoppiare per portare a questo risultato:
Sì, la «guerra senza fine» dichiarata dal presidente George W. Bush non ha per scopo la «lotta al terrorismo», ma strumentalizzare il terrorismo per “destabilizzare” un’intera regione, come annunciava il titolo dell’articolo del 2001 del colonnello Peters: «La stabilità è il nemico dell’America».
La caduta di Kabul risponde all’obiettivo fondamentale di questa strategia, a condizione però che i talebani non riescano a instaurare un regime stabile − e senza alleati sarà impossibile riuscirvi. La fuga dei collaboratori degli Stati Uniti nella contro-insurrezione, qualora riescano a farsi passare per pacifici interpreti, permetterà di estendere il terrorismo ai Paesi di accoglienza. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già denunciato. Il passaggio nelle mani dei talebani dei mezzi militari in dotazione all’esercito afghano permetterà loro di attaccare i Paesi vicini. Diversamente da Daesh, già ora i talebani si sono appropriati della schedatura biometrica di quasi tutta la popolazione afghana e dispongono di una flotta di oltre 200 aerei da combattimento (regalo del “nemico”). La guerra in Asia centrale sarà ancora più terribile di quella nel Medio Oriente Allargato”.
Meyssan nonè d’accordo coi “commentatori che ritengono che Washington abbia abbandonato l’Afghanistan per creare problemi alla Russia e alla Cina. Non si tratta certo dell’applicazione della strategia di Peters e ammiraglio Cebrowski, secondo cui non occorre battersi contro queste grandi potenze, ma trasformarle invece in clienti: si può anche aiutare Russia e Cina a sfruttare le ricchezze di Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, nonché di altri Paesi, a condizione però che si sottomettano alla protezione della potenza militare USA”. Potenza militare gestita attraverso i riarmatisisimi talebani? Chissà.
Non so se questa ultima tesi sia esatta. Ma seduce la visione generale di Meyssan: l’America non si vive nemmeno più come un impero, il suo modello non è Roma, ma il film Gangs of New York: una plutocrazia di bande criminali in competizione con i mezzi più luridi. Appunto perché non ha più l’ambizione di essere impero, “accetta persino che il proprio presidente, Joe Biden, sia sconfitto in Afghanistan”! in questo modo recitato e vistosamente vergognoso. Mica deve elevare archi di trionfo, cerca di dominare il mondo nell’ombra e di accumulare più ricchezze monetarie possibili.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/57897-2/
Autore Ercole Marcheschi
17 Agosto 2020
Iniziazioni e Contro-Iniziazioni
Voglio porre alcune riflessioni sul significato di alcune dinamiche sociali che caratterizzano questo scorcio di inizio secolo dando definizione e consistenza alla “base sociale” verso cui è diretta quella che definisco una contro-iniziazione di massa, una sorta di processo autodistruttivo che una volta innescato si alimenta dal basso: contro-iniziazioni rispetto alle iniziazioni, ai sistemi iniziatici (religioni in particolare ma anche scuole filosofiche, massonerie) che hanno caratterizzato indelebilmente tutta la storia dell’Umanità.
Fenomeni, processi e procedure, quello delle Iniziazioni più o meno rituali, che hanno conformato tutta la evoluzione Umana attraverso sì Religioni e Massonerie ma anche caratterizzato da Guru e pseudo tali, leaders e capi-popolo, iniziazioni di massa, riti collettivi (come cortei e processioni), tutte dinamiche da cui è oltremodo difficile uscire governate, come sono, da “Egregore” che non sono altro che “forme di pensiero strutturato” a loro volta governate, potenti, unificanti nello spingere alla omologazione.
Rimanere all’interno di questi processi è oltremodo rassicurante e nello stesso tempo una sorta di “nirvana” anestetizzante; uscirne è difficile, faticoso, scomodo e per questo è opportuno discuterne, contestualizzare e consapevolizzare la quasi ovvia contraddizione.
Questa contraddizione è oltremodo evidente nel periodo storico in cui ci viviamo (non sono qui a rimpiangere i bei tempi passati, la storia maestra di vita: non è nelle mie corde).
Biblicamente “Niente di nuovo sotto il sole”, ma possiamo dire che tali dinamiche di “pazzia” generale, quantomeno, mettono a dura prova chiunque di noi si dibatta in una guerra interiore tra il reagire ed il lasciarsi andare.
Nella storia però qualcosa sempre mi attrae: la valutazione del contesto la ritengo affascinante ed altrettanto interessante è indagare nell’”Anima del Tempo” rispetto ai valori immutabili, indagare sulle filosofie, sulle idee dominanti che caratterizzano le Persone (per-sona) e che animano la loro vita ed i contesti sociali in cui si muovono, vero specchio della socialità.
La Scuola, in ogni ordine e grado, troppo spesso, ci ha insegnato a banalizzare il passato per esaltare il presente. Mi doto di un esempio per meglio spiegarmi.
Il Medioevo epoca buia? Arretratezza culturale? Ma non andiamo in giro in tutta Europa ad ammirare, stupefatti, città e castelli medioevali, duomi, cattedrali, sculture manufatti e dipinti e ad apprezzare opere filosofiche e culturali? Ma ci siamo domandati quale era l’”Anima” di quel tempo? E questo esempio non è emblematico e mutuabile, per caso, per ogni epoca?
Questa valutazione resa superficiale (e molte altre), culturalmente, storicamente e spiritualmente devastante, nasce nella cultura dei Lumi (Illuminismo?) ed è riuscita a passare, guarda caso, a livello di massa.
L’Illuminismo ha anche altre responsabilità avendo introdotto altre forme di introspezione e spiritualità, proseguendo sulla scia e a modifica di quanto avveniva nelle epoche precedenti, per indicare il passaggio da uomini “psichici a pneumatici” e così l’uomo si avviluppa in una sequela di percorsi di evoluzione interiore, faticosi, correndo il rischio di cadere e perdere la “Via”: che l’angoscia che ne consegue vada controllata?
Sì, perché i nostri Tempi hanno caratteristiche che mai si sono verificati nella storia.
Ogni comunità ha perso la “Trebisonda”, siamo confusi, disorientati, sembrano saltati tutti i principi, tutti i codici di comportamento e di riferimento. Sembra possibile tutto ed il contrario di tutto e soprattutto coloro che hanno il potere di orientare masse consistenti di uomini sono arrivati a esprimere un livello di menzogna altissimo, che rende difficile perfino lo “smascheramento” tesi, come sono, a tentare di “mascherare” tutti.
Ritrovare l’ETICA? Certamente!
Quest’opera di disorientamento è realizzata dal potere finanziario ed economico di matrice illuminista (deviazione?) con il supporto di intellettuali e scienziati che hanno perso l’”Anima”.
Questo potere non è omologabile in nessuna casella ideologica, religiosa o politica o culturale: è praticato dalla stragrande maggioranza degli umani che decide, con qualche rara eccezione.
Il quadro vede inoltre milioni di “Persone” che hanno decisamente indossato il para-occhi e la “mascherina”, hanno abbassato definitivamente lo sguardo verso terra a dispetto di qualsiasi suggerimento contrario, radicando feroce odio per il cielo: qualche responsabilità va attribuita? Perché non si ammira la bellezza della natura che tutta ci circonda?
Interessante esaminare come da una dinamica sia scaturito il comportamento di massa.
E’ noto che una “valanga” di informazioni aride, non motivate e commentate, alla rinfusa e non contestualizzate pongono seri problemi di valutazione a chiunque. Gli schemi cerebrali di ognuno di noi non sono stati mai sottoposti ad “addestramenti” alla ricezione di tali masse di dati ed il nostro cervello subisce un “overflow”, un sovraccarico inelaborabile.
Per la maggior parte del potere mediatico le cose sono così perché avvengono, e avvengono perché devono avvenire in nome di un’assoluta libertà individuale non valutabile, né sanzionabile né circoscrivibile in nessun modo, ma in un contesto morale sanzionabile dal potere costituito (?!), attraverso una sanzione morale, una sanzione verbale o con un richiamo a dei princìpi.
Ma i cosiddetti princìpi, tutti, come sopra ho esposto, si equivalgono, come si equivalgono i cosiddetti valori: chi può invocarli, quindi, a guida ed orientamento? Quale superiorità etica può essere evocata?
Ecco che neuroni e sinapsi del “terzo cervello”, nell’interazione psicosociale percepiscono “l’Altro”, “il Prossimo”, alternativamente come modello, come rivale o come ostacolo, a seconda del momento, e quindi con latente indefinitezza: conseguente è quel fenomeno sopravveniente, tipicamente umano, di mimesi e rivalità, descritto da René Girard, una condizione di oscuramento totale celebrale sconosciuto fino a 40 anni fa.
Questo fenomeno indotto non riguarda solo la fase Covid ma, almeno, la fine del XX secolo e questo primo ventennio di secolo.
Siamo sommersi da notizie alla rinfusa, “globalizzate”, in quantità industriale da tutto il mondo: spaccio nelle scuole a 10 anni, drink ed aperitivi a 11 anni, notti bianche, rosa e multicolore, vita notturna trasgressiva e festaiola ogni sera; ed ancora: aggressioni agli insegnanti in aumento (fra l’indifferenza sostanziale di famiglie e istituzioni) e, molto di peggio, il disordinato e disastroso sistema di accoglienza che si vuole debba essere il grimaldello finale per lo sdoganamento di pratiche di ogni tipo.
In Europa e nel mondo fenomeni più marcati: odio ed aggressioni generalizzate, costumi stravolti, decristianizzazione pianificata, attacco alla famiglia in tutte le sue componenti e de-umanizzazione senza freni: Etica della libertà?
Non vado oltre, tutto è sotto gli occhi di tutti ed è abbastanza per riflettere: i media non conoscono temi di comunicazione positiva e no perché non ve ne sono.
Non che in altri tempi non si sia verificato qualcosa di analogo.
In età imperiale, a singolo esempio, nell’età degli Antonini e della Seconda Sofistica il vuoto morale e spirituale era grande e i disagi e le ingiustizie sociali erano gravi: l’elite composta dai ricchi e potenti signori romani sfruttavano e vessavano le provincie, circondati da un nugolo di adulatori e leccapiedi che cercava con ogni mezzo la gloria e il denaro. Questa massa di gente si rifaceva ad Antistene e Diogene, alla pratica della “vita cinica”: ci volle tempo per arrivare ad interessare e coinvolgere le classi popolari ma le raggiunse. Qualche analogia? Luciano di Samosata ne offre una descrizione efficace che rapportata ad oggi ha dell’incredibile.
Dal ‘700 in poi, l’età dei Lumi continua, attraverso i secoli, ad indirizzare e “formare” le intelligenze in modo maggioritario ed alcune risultanze sono diventati anche sistemi filosofici.
Anche la formazione delle classi dirigenti è stata oggetto per la messa a punto di sistemi di addestramento e formazione legati ad ambienti, metodologie e socialità definite sulla base di conoscenze esoteriche, che oggi riconosciamo scientificamente riconducibili alla fisica quantistica, e riconducibili a concetti di Egregore e Forme di pensiero.
Quasi sempre queste attività transitavano attraverso iniziazioni esoteriche la cui potenzialità non è mai stata sufficientemente rappresentata ai non addetti ai lavori.
A questo soffocamento contribuisce enormemente anche lo “scientismo”, erede del vecchio positivismo ottocentesco: il potere della tecnoscienza, in tutte le sue manifestazioni e componenti, pretende arrogantemente di convincere che non bisogna cercare la verità, perché essa non esiste. Per moltissimi “scienziati” la verità è solo quello che i mezzi scientifici riescono produrre in termini di miglioramento della vita materiale o di quello che “appare” un miglioramento o quello che viene imposto come miglioramento (Vaccini?).
In questo modo si propaga, sostenuto dai mezzi di comunicazione di massa, quel concetto di libertà individuale sganciato dalla responsabilità, cioè dall’obbligo etico per cui ciascuno è tenuto a rispondere (da cui deriva la parola responsabilità) a qualcuno, sia esso il prossimo, o Dio.
Il Movimento NewAge, con il suo sincretismo, ha anch’esso svolto un ruolo determinante, io ritengo, studiato pianificato e realizzato scientificamente.
Esso è stato ed è da decenni una pericolosa deriva neospiritualista che si integra perfettamente con i meccanismi socio-politici ed economici del preteso nuovo ordine mondiale, cui tendono le classi dirigenti delle organizzazioni sovranazionali (Onu e derivati).
Al fianco della mondializzazione dell’economia e della democratizzazione imposta, spesso anche militarmente, la New Age, ispiratasi ad Aldous Huxley, è l’archetipo di una sorta di globalizzazione delle anime, collegata alle altre forme di omologazione planetaria come il mondo unidimensionale ed unipolare avente come obiettivo il Villaggio Globale di McLuhan, definito felicemente da qualcuno “uno sterminato allevamento di polli umani”.
Ma un vizio in particolare supera e comprende tutto, la arroganza e la tracotanza che caratterizza indiscutibilmente il nostro tempo, l’”Ibrido”, l’aggettivo che definiva una volta il superamento dei limiti imposti dalla natura, l’eccedere i giusti confini, la sottomissione al “vizio”: concetti morali che sopprimono quelli Etici?
E’ per me questa la contro-iniziazione di massa, l’archetipo che oggi ci domina, il misuratore dei comportamenti.
E’ su di essa che si fonda il nostro tempo ed essa lo caratterizza tanto nelle manifestazioni private nei rapporti interpersonali che in quelle pubbliche dei politici irresponsabili, dai bulli a scuola e nelle strade, dalla ferocia dei gruppi etnici alla sfrontatezza tutelata di chi esercita prostituzione e commercio di morte (droghe) in senso lato, dall’avidità del guadagno al ricorso sistematico alla violenza.
Ma ancor più in questa insulsa lotta alla disumanizzazione è complice anche il nostro sistema religioso Cristiano planetario che nel tentativo di contenere i danni finanziari di un passato complessivamente disastroso ha perso definitivamente di vista prima la reale natura del Cristianesimo e poi anche i risultati del Concilio di Nicea su cui ci sarebbe già molto da discutere: e l’Islam incalza! Nemesi delle Crociate?
Transgender, genitore 1 e genitore 2, utero in affitto e via così tutelando i diritti di alcuni a discapito di altri e perdendo definitivamente l’identità edificante che di per sé contempla i diritti di tutti: ma di doveri chi ne parla? Ci accorgiamo quanto l’ibrido domina individualmente e collettivamente?
Non tutto è perduto, anzi, la storia dell’umanità insegna che certe forze entrano in competizione sempre tempestivamente.
La moltitudine di persone consapevoli che lottano contro questa deriva cresce giornalmente in termini esponenziali e la loro forza ed il loro spirito di collegamento ed adesione è molto più potente di quanto si possa immaginare, particolarmente dal punto di vista esoterico: una “Egregora” in positivo? Forme di Pensiero che esaltano la potenza della loro convergenza?
Il titolo di questo articolo non mi sfugge.
L’Umanità e sempre stata caratterizzata da Simboli ed Archetipi, da iniziazioni e contro-iniziazioni, da periodi luminosi e da periodi bui e le forze duali si sono sempre alternate nella caratterizzazione dei tempi.
La fase storica in cui viviamo sta assumendo connotazioni apocalittiche e dopo le iniziazioni orientate dall’Illuminismo del ‘700, cosiddette bianche, anche all’interno di quelle organizzazioni, Egregore analoghe, sono sorte potenti linee di tendenza assolutamente contrastanti, definite nere, e questo è il contrasto principe che stiamo vivendo, lo scontro finale dopo anni di tentativo Nero di sopraffare il Bianco: Profezia?
Iniziazioni e contro-iniziazioni si sono confrontate sul campo e le Forme di Pensiero, vere e potenti energie sottostanti, hanno determinato egregore, anche divergenti, che hanno operato liberamente per secoli alla luce del sole.
Si può quindi parlare di contro-iniziazione di massa? Esistono dei centri che pianificano questa controiniziazione?
Serve poco interrogarsi se esistano, anche se sono, a voler cercare, assolutamente individuabili (Renè Guenon parlava delle sette torri del diavolo che sono centri di iniziativa satanica e ne individuava i luoghi).
La dinamica planetaria legata al Covid ci fornisce elementi che consentono di analizzare e riflettere partendo da un presupposto chiaro e cioè la non sottovalutazione delle dinamiche e dei fenomeni legati all’esoterismo.
Statisti, Politici, Scienziati, filosofi, intellettuali, insegnanti, Papi, Cardinali, Vescovi, preti, frati, militari, burocrati, Poliziotti, Carabinieri, Finanzieri, Imprenditori, manager……… sufficiente elencazione? Bene una grande quantità di Persone che dispongono di potere sono passate attraverso Riti e percorsi di iniziazione. Giornalisti, Redattori, Anchormen, il mondo della comunicazione che conta ecc., sono specialisti sottoposti inoltre. ed anche, ad addestramenti particolarmente mirati.
Compiere dei rituali incide profondamente sia sulla psiche sia sulla realtà.
Questo premesso torno alla maschera tralasciando gli effetti dannosi che l’uso indiscriminato comporta alla salute ed introducendo il tema del simbolismo che essa rappresenta e degli effetti psichici che genera.
Quanto di seguito è mutuato anche da un ottimo articolo di Maurizio Fani.
L’uso della maschera nasconde un atavico e complesso significato che attraversa ogni comportamento dell’uomo: dalla guerra alla morte, dalla festa alle espressioni artistiche, fino a giungere ai rituali religiosi, magici ed esoterici.
La maschera, per sua natura occulta, cancella ogni emozione, nasconde, impedisce alla realtà di chi la indossa di essere sé stesso e lo trasforma in altro da sé: l’identità personale è, sì, celata agli altri, ma soprattutto perdiamo la nostra identità, diventiamo sconosciuti a noi stessi.
Qualsiasi azione viene “deresponsabilizzata” nell’inconscio dell’individuo perché lui stesso si cala psichicamente nel personaggio che si appresta a rappresentare, avviene una trasformazione profonda al suo interno diventa un’altra “Persona”: ampia è la letteratura in questo senso.
Quindi la maschera non esprime solo la funzionalità verso l’esterno, bensì, soprattutto, svolge una potente azione di modifica verso l’interno.
Le persone s’identificano solitamente dai lineamenti del viso: La maschera impedisce questo riconoscimento ANNULLANDO LA PERSONALITA’ DEL SOGGETTO nel riconoscimento esterno, annullando elementi fondamentali di “Connessione” sociale ed individuale.
La maschera fornisce un volto nuovo a quel corpo.
La maschera struttura anche un pensiero diverso in chi la indossa e fa in modo che questo nuovo elemento, aggiunto, interagisca e dialoghi con altri simili nelle stesse condizioni: Il nuovo pensiero s’impone sia all’interno, nel soggetto, che all’esterno, nel rapporto con gli altri.
Si sviluppa così un effetto rete, noto nella psicologia di massa, responsabile della nascita di una credenza positiva in quel gesto, una nuova Egregora per la “nuova” Forma di pensiero.
Più precisamente si assiste a una de-individualizzazione con successiva ricostituzione di una nuova psichicità, capace di difendere la nuova posizione oltre ogni riflessione e dubbio.
Si acquisiscono certezze non opinioni.
Gli individui diventano i primi difensori e i primi accusatori di chi mostra un pensiero minimamente contrario al proprio esaltando l’Egregora, nuova, a cui appartengono. Sostanzialmente stanno semplicemente obbedendo a un ordine psichico, invisibile ma non meno concreto.Appare evidente che questo tipo di atteggiamento richiama la manipolazione del dominio sulle masse per il mantenimento del consenso.
Ed arriviamo alla funzione del “copia&incolla” come la definisce Maurizio Fani.
La manipolazione avviene in tre passaggi, il Consumismo, il Conformismo ed il Groupthinking.
Tutti e tre hanno a che fare con la funzione “copia&incolla” che sottiene che i replicanti facciano propri qualunque tipo di pensiero ed azione senza verificarne la fonte: TV, stampa, media in genere, i personaggi del mainstream, il potere e il dominio dicono la verità per definizione.
Risultato: consumismo sfrenato di oggetti e notizie (negative). Di fatto avviene una spersonalizzazione della vita nel quotidiano. Tutto si riduce a nulla livellando ad un piano medio-basso ogni desiderio e aspettativa che devono essere conformi a quello che stabiliscono la comunicazione dei media e quella pubblicitaria.
Le due macrostrutture, il Consumismo, il Conformismo, servono per creare desideri e bisogni per poi offrire le soluzioni.
Essere conformi vuol dire essere accettati e riconosciuti, altrimenti la minaccia della solitudine e dell’abbandono sarà sempre presente, caratteristica, questa, principe delle Egregore e delle forme di pensiero strutturate: “Non sei uguale agli altri” quindi sei diverso ed inadeguato.
Tutta la psicologia cognitivista e comportamentista adegua l’essere umano al sistema, non considerando l’unicità esistenziale un punto irrinunciabile. Cedere al ricatto genera la perdita definitiva del sè.
Il Groupthinking è una vera e propria Egregora, un condizionamento psichico scientificamente strutturato.
Groupthink, o pensiero di gruppo, è il termine con cui, nella letteratura scientifica, s’indica una patologia del sistema di pensiero esibito dai membri di un gruppo sociale quando questi cercano di minimizzare i conflitti e raggiungere il consenso senza un adeguato ricorso alla messa a punto, analisi e valutazione critica delle idee: non vi sembra di aver vissuto da poco una esperienza analoga?
Creatività individuale, originalità, autonomia di pensiero, sono tutti sacrificati in cambio al perseguimento dei valori di coesione del gruppo; allo stesso modo sono smarriti quei vantaggi derivanti da un ragionevole bilanciamento di scelte e opinioni diverse o contrapposte, vantaggi che possono di norma essere ottenuti agendo come gruppo nel prendere decisioni.
Il fenomeno del groupthinking attecchisce in quei contesti sociali in cui i membri di un determinato gruppo evitano di promuovere punti di vista che vadano al di fuori di quella zona confortevole delimitata dal pensiero consensuale: il contagio? La task force governativa?
Si deve creare un pensiero comune che permetta al dominio di imporre scelte e decisioni che altrimenti non avrebbe potuto istaurare. Il sé deve essere soppresso, le persone devono restare “primati”, “scimmie” non devono assolutamente mai provare il gusto di usare la propria testa e di confrontarsi con i propri simili costruttivamente.
Per raggiungere questo s’instaura un clima di terrore, fatto di paure, autocertificazioni, droni, posti di blocco, lampeggianti, divise, armi e tanta arroganza individuale e di regime.
Il rituale adottato è anch’esso attentamente preparato e rispondente ai canoni di esoterismo e magia.
In qualunque operazione magica il rispetto preciso del rituale, sui gesti, le parole, i vestiti, le maschere, l’intonazione della voce, il modo di camminare, è garanzia di successo.
In che consiste un rituale lo esemplifico di seguito:
- Il primo passo è l’isolamento per la purificazione. L’iniziando viene separato dalle cose terrene, allontanato dalle persone, dalle cose e dai luoghi famigliari a cui è abituato per poi esserne privato.
- Un iniziando distaccato viene isolato, purgato e “purificato” (in attesa del vaccino?). Un elemento essenziale di questa separazione è la perdita dell’”abitudine” intesa come distacco dal proprio ambiente e sospensione delle regole di vita che ci si è dati.
- In quel momento si genera di fatto il controllo e la regolazione dei sensi dell’iniziando e gran parte di ciò che vede, sente, odora, tocca e assaggia è, con il suo consenso esplicito, determinato da altri.
Il rituale non solo ti mette in rapporto con altri possibili mondi ma parla all’inconscio di chi ascolta e di chi compie il rito. Vi suscita qualcosa tutto questo?
Alejandro Jodorowsky, esperto esoterista, studioso di rituali magici, scrive “attraverso il linguaggio dei simboli si parla direttamente all’inconscio delle persone, bypassando la razionalità della mente, per favorire e condizionare il cambiamento desiderato”: interessante è la sua lettura.
Compiere dei rituali incide profondamente sia sulla psiche sia sulla realtà.
E veniamo al simbolismo onirico della maschera, La Mascherina.
La maschera è sempre negativa. Copre una falsità, un inganno, una finzione.
In particolare questa mascherina inibisce la parte inferiore del volto, cioè la respirazione, la nutrizione e il linguaggio.
Quando s’indossa, non possiamo respirare agevolmente (-15% di ossigeno) e la concentrazione di anidride carbonica raddoppia (alcalosi), non possiamo mangiare, bere, gustare e non riusciamo a parlare bene, oltre ad inibire lo scambio verbale.
Inoltre la mascherina impone a tutti un’omologazione visiva significativa: qualcuno la chiama “museruola”, come quella messa ai cani di taglia grossa. Ed è vero!
È un tentativo per addomesticare quei pochi neuroni che ancora la massa possiede per realizzare dei “neuro schiavi” a tutti gli effetti.
La maschera genera una perdita di umanità e promuove la paura continua.
In conclusione abbiamo visto quanto la maschera sia un oggetto che produce cambiamenti esterni, ma soprattutto interni.
Si tratta di uno strumento magico per eccellenza.
Il Dominio fa credere alla massa che la magia sia il Mago Otelma, Silvan, Vanna Marchi: tutti fenomeni di costume a cui non viene dato peso ma anche questa è distrazione di massa: in realtà chi tira le fila sa benissimo che cosa è la magia e come si opera.
L’operazione in atto è una “OPERAZIONE MAGICA” su tutti i fronti, tesa a smuovere forze imponenti e a minimizzare ogni tipo di reazione, incanalandola in percorsi mentali di totale accettazione senza alcuna possibilità di porsi delle domande sull’effettiva validità di tutte le misure poste in atto.
Infondere paura, terrore, per condizionare la risposta attesa. “Impedire ogni possibile reazione che distolga la mandria (poco) umana dal correre ciecamente verso il precipizio, per immolarsi a un distruttivo desiderio di potere egemone e totalitario.”
Per fortuna nessuno mai nella storia del mondo è riuscito a prendere completamente il potere ed anche questa volta sarà così.
Passeranno diversi anni nei quali tutti noi avremo la grande opportunità di crescere superando difficoltà inaudite.
L’importante è iniziare a mettere in gioco strumenti nuovi, più adatti a fronteggiare questa emergenza.
Sicuramente andare via dalle città e vivere in piccoli paesi dove un minimo di sostentamento naturale è molto più accessibile.
Iniziare a sfoltire amicizie, conoscenze e parentele varie, appartenenti alla vecchia specie. I condizionamenti sono ormai troppo elevati, non è più possibile alcun dialogo. Si rischia solo di essere aggrediti ed eliminati.
Siamo di fronte a una “speciazione” cioè la nascita di una nuova specie che si distaccherà da quella precedente in malo modo fino a configgere apertamente.
La specie umana si sta assottigliando quantitativamente ma incrementa nelle qualità umane di un nuovo rinascimento, abbandonando definitivamente quel consenso robotico, inumano, alieno, mostruoso che contraddistingue la maggioranza.
Corrado Malanga, noto ed affermato ricercatore, attraverso il suo lavoro trentennale di ricerca sostiene che oltre l’80% dell’umanità è costituito da persone senza anima. Questi, una volta morti, si dissolveranno. Sono persone attente solo al potere, materiali e incapaci di considerare l’Essere.
Non sono in grado di affermare che sia proprio così, ma gli effetti che si stanno manifestando avvalorano la sua tesi.
È necessario ora più che mai fortificare la propria anima, lottare per soddisfare il nostro Punto Zero e cercare di stringersi intorno a persone che dimostrino il coraggio di esistere e che siano indifferenti alle lusinghe del potere e del dominio. Una “Egregora” positiva?
Molti si vendono, si prostituiscono per un momento di gloria, di visibilità mediatica (media e social network sono la palestra di tutto questo), schiavi obbedienti, introversi, e possono trasmettere solo il servaggio.
Pochi rifiutano ma saranno proprio quei pochi che scriveranno la storia e non certamente “i molti” che hanno contribuito a questo sfacelo.
Io sono convinto che ne usciremo, probabilmente molte persone non ce la faranno ed anche questo lo ritengo inevitabile: nell’economia dell’Universo anche questo ha una sua ferrea logica ed un prezzo, comunque, lo pagheremo tutti perché la vita è un dono e non va disprezzata!
Restiamo centrati il più possibile e meditiamo sul nostro modo di pensare, sulla visione del lavoro, della famiglia, della società, del futuro.
L’importante, fondamentale, è restare “vivi” e “consapevoli” e non perdere mai sè stessi.
FONTE: https://concento.org/la-mascherina-simbolo-della-contro-iniziazione-in-atto/
BELPAESE DA SALVARE
La questione Alitalia-Ita è l’esempio programmatico della distruzione dell’intera economia italiana
L’ostacolo maggiore per la soluzione del gravissimo problema della trasformazione di Alitalia in Ita è costituito dalla deviazione mentale dei nostri governanti, i quali non partono da ciò che loro impone la Costituzione, e cioè dall’idea di far confluire nel bilancio dello Stato i frutti delle nostre fonti di produzione di ricchezza (industrie strategiche, servizi pubblici essenziali, fonti di energia e situazioni di monopolio, di cui all’articolo 43 Cost.), ma dall’idea, invero peregrina e certamente autolesionista, secondo la quale l’appartenenza delle fonti di produzione di ricchezza allo Stato, inteso come un insieme di persone inesperte, se non corrotte, sia un danno per la collettività.
Insomma in questa ottica la ricchezza in mano pubblica costituirebbe, come dice Bonomi e come ripete Giorgetti, una sorta di “poltronificio” del quale occorre disfarsene.
Strumento ideale a questo fine è dunque la privatizzazione, cioè la trasformazione dell’ente o dell’azienda pubblica in una S.p.A. agevolmente vendibile a speculatori italiani e soprattutto stranieri. Non si pensa alle conseguenze di queste errate idee, che consistono nel cadere dalla padella nella brace o, se si preferisce, gettare l’acqua sporca con il bambino.
Infatti, se davvero si ragiona, appare evidente che spogliarsi delle fonti di produzione di ricchezza significa perdere gli elementi che assicurano la vita del Popolo italiano e inducono la Nazione al proprio suicidio non restando altra prospettiva se non quella di essere dominata dalle potenze economiche straniere.
Punto di partenza, invece, deve essere la tutela della nostra ricchezza dagli assalti del mercato generale e degli attuali manovratori dell’Europa, i quali mirano proprio a spogliarci di quelle fonti di quei beni produttivi ai quali facevamo riferimento.
Insomma è da capire che dobbiamo difendere i nostri beni e non favorire il loro trasferimento in mano straniera. Purtroppo, nel caso della questione Alitalia-Ita, si sta facendo esattamente il contrario: si sta agendo per disfarci dei nostri beni produttivi.
Non sfugge che il Presidente di Ita Alfredo Altavilla ha detto a chiare lettere che egli agirà secondo quanto ha già fatto Marchionne per la Fiat: cioè vuole donare agli stranieri, come è avvenuto per la Fiat, una grande fonte di produzione di ricchezza, il trasporto aereo.
È vero che, come ha dimostrato Berlusconi in Italia, esistono molte persone che vivono lucrando sui beni del Popolo, come i famosi capitani coraggiosi: ricordiamo Colaninno, Benetton (che ancora comanda l’Aeroporto di Fiumicino facendo pagare a Alitalia tassi più altri di tutti gli altri aeroporti), Marcegaglia, Riva, Caltagirone e altri.
L’esistenza di questi soggetti non impedisce tuttavia di trovare altre persone, che pure esistono in Italia, e che vogliono agire per il bene comune e non nell’interesse personale. Bisognerebbe cominciare dunque a togliere di mezzo Altavilla e porre a capo della nascente Ita un soggetto che sappia effettivamente dirigere un’azienda pubblica, come a suo tempo lo fu Enrico Mattei, del quale nessuno ricorda più le eroiche gesta.
Purtroppo l’errore è anche nella testa di Draghi e Giorgetti, i quali sono ferrei neoliberisti, e non vogliono capire che l’Italia, nella sua condizione di inferiorità economica, non può agire in un sistema fondato sulla concorrenza, alla quale consegue inevitabilmente l’estinzione globale della propria economia. Ma, almeno in un primo tempo, deve difendersi dalla concorrenza internazionale, deve fare in modo che la ricchezza della Nazione non finisca nelle mani dei pochi summenzionati soggetti e ogni italiano abbia i mezzi per assicurare a se e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.), facendo ricorso a ciò che impone la nostra Costituzione. E cioè fare in modo che l’iniziativa economica privata non contrasti con l’utilità sociale, come vorrebbe Altavilla, né con la sicurezza, la libertà e la dignità umana (art. 41 Cost.). Tenendo peraltro presente che, in virtù dell’articolo 42 della Costituzione, le imprese, le quali non assicurano lo scopo della funzione sociale (il che significa essenzialmente non licenziare i dipendenti) finiscono di appartenere al loro proprietario privato e passano automaticamente nella proprietà del Popolo sovrano.
Queste sono le idee che a mio avviso dovrebbero guidare la trattativa in corso tra sindacati e governo. Ritengo di dover ricordare ai sindacati che costituisce un errore gravissimo partire dalle premesse governative sopra illustrate e non pensare che l’obiettivo da raggiungere, considerate le condizioni economiche dell’Italia, non sono quelle di partecipare con il sacrificio totale e definitivo del Popolo a un sistema economico predatorio di stampo neoliberista, ma quello di difendersi da questo sistema e dal conseguente attacco ai nostri beni da parte del mercato generale, in modo da conservare agli italiani quello che spetta a tutti come proprietà collettiva demaniale, cioè come beni essenziali per la vita del Popolo e per la sua stessa esistenza, e che per questo fanno parte del demanio (nella formulazione voluta dalla Costituzione) che assicura la inalienabilità, inusucapibilità e inespropriabilità di questi beni.
Attenzione: la sovranità appartiene al Popolo e non è cedibile in nessun campo: né in quello monetario (sul quale è da fare un lungo discorso), né in quello puramente economico.
Invito perciò tutti a osservare gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 40, 41, 42 e 43 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
FONTE: https://www.attuarelacostituzione.it/2021/08/26/la-questione-alitalia-ita-e-lesempio-programmatico-della-distruzione-dellintera-economia-italiana/
CONFLITTI GEOPOLITICI
John Pilger: Il “grande gioco” di distruggere i paesi
25 Agosto 2021
Nella foto (AFP) giovani sostenitori del governo comunista afgano marciano per le strade della capitale Kabul il 28 Aprile 1979 per festeggiare il primo anniversario della rivoluzione sostenuta da Mosca
di John Pilger * – RT
25 agosto 2021
Mentre uno tsunami di lacrime di coccodrillo travolge i politici occidentali, la storia viene soppressa. La libertà che l’Afghanistan ha conquistato oltre una generazione fa è stata distrutta dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e i loro “alleati”.
Nel 1978, il movimento di liberazione nazionale guidato dal Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan (PDPA) rovesciava la dittatura di Mohammad Daud, il cugino del re Zahir Shar. Fu una rivoluzione immensamente popolare che colse di sorpresa gli inglesi e gli americani.
I giornalisti stranieri a Kabul, riferiva il New York Times, rimasero sorpresi nello scoprire che “quasi tutti gli afghani che hanno intervistato hanno dichiarato [di essere] felici del colpo di stato“. Il Wall Street Journal riportava che “150.000 persone… hanno marciato per onorare la nuova bandiera… i partecipanti sono apparsi sinceramente entusiasti“.
Il Washington Post scriveva che “la lealtà afgana al governo non può essere messa in discussione“. Laico, modernista e, in misura considerevole, socialista, il governo presentò un programma di riforme visionarie che includeva la parità di diritti per le donne e le minoranze.
I prigionieri politici furono liberati e gli archivi della polizia pubblicamente bruciati.
Sotto la monarchia, l’aspettativa di vita era di 35 anni; un bambino su tre moriva durante l’infanzia. Circa il 90% della popolazione era analfabeta. Il nuovo governo introdusse l’assistenza medica gratuita. Fu lanciata una campagna di alfabetizzazione di massa.
Per le donne, i guadagni non avevano precedenti; alla fine degli anni ’80, metà degli studenti universitari erano donne, e le donne costituivano il 40% dei medici dell’Afghanistan, il 70% dei suoi insegnanti e il 30% dei suoi dipendenti pubblici.
I cambiamenti furono così radicali che rimangono vividi nei ricordi di coloro che ne beneficiarono.
Saira Noorani, una donna chirurgo fuggita dall’Afghanistan nel 2001, ha ricordato:
“Ogni ragazza potrebbe andare al liceo e all’università. Potevamo andare dove volevamo e indossare quello che ci piaceva… Andavamo nei bar e al cinema per vedere gli ultimi film indiani il venerdì… tutto ha cominciato ad andare storto quando i mujahedin hanno iniziato a vincere… queste erano le persone che l’occidente ha supportato.”
Per gli Stati Uniti, il problema con il governo PDPA era che fosse sostenuto dall’Unione Sovietica.
Eppure non è mai stato il “fantoccio” deriso in Occidente, né il colpo di stato contro la monarchia è stato “sostenuto dai sovietici”, come sostenevano all’epoca la stampa americana e britannica.
Il segretario di Stato del presidente Jimmy Carter, Cyrus Vance, scrisse in seguito nelle sue memorie: “Non avevamo prove di alcuna complicità sovietica nel colpo di stato.”
Nella stessa amministrazione c’era Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale di Carter, un emigrato polacco e fanatico anticomunista ed estremista morale la cui duratura influenza sui presidenti americani è scaduta solo con la sua morte nel 2017.
Il 3 luglio 1979, all’insaputa del popolo americano e del Congresso, Carter autorizzò un programma di “azione segreta” da 500 milioni di dollari per rovesciare il primo governo laico e progressista dell’Afghanistan.
Questo è stato chiamato in codice dalla CIA Operation Cyclone.
I 500 milioni di dollari furono usati per corrompere e armare un gruppo di fanatici tribali e religiosi conosciuti come i Mujahedin. Nella sua storia semi-ufficiale, il giornalista del Washington Post Bob Woodward ha scritto che la CIA ha speso 70 milioni di dollari solo in tangenti. Descrive un incontro tra un agente della CIA noto come “Gary” e un signore della guerra chiamato Amniat-Melli: “Gary mise un mucchio di soldi sul tavolo: 500.000 dollari in file di banconote da 100 dollari. Credeva che sarebbe stato più impressionante dei soliti $ 200.000, il modo migliore per dire che siamo qui, siamo seri, ecco i soldi, sappiamo che ne avete bisogno … Gary avrebbe presto chiesto al quartier generale della CIA e avrebbe ricevuto $ 10 milioni in contanti.”
Reclutato da tutto il mondo musulmano, l’esercito segreto americano fu addestrato in campi in Pakistan gestiti dall’intelligence pakistana, dalla CIA e dall’MI6 britannico.
Altri sono stati reclutati in un college islamico a Brooklyn, New York, vicino a quelle Torri Gemelle che verranno poi abbattute. Una delle reclute era un ingegnere saudita di nome Osama Bin Laden.
L’obiettivo era diffondere il fondamentalismo islamico in Asia centrale e destabilizzare e infine distruggere l’Unione Sovietica.
Nell’agosto 1979, l’ambasciata degli Stati Uniti a Kabul riferì che “i maggiori interessi degli Stati Uniti… sarebbero stati esauditi dalla scomparsa del governo del PDPA, nonostante qualunque battuta d’arresto che avrebbe comportato per le future riforme sociali ed economiche in Afghanistan”.
Rileggete le parole sopra che ho messo in corsivo. Non capita spesso che un tale intento cinico sia espresso in modo così chiaro. Gli Stati Uniti dicevano che un governo afghano genuinamente progressista ed i diritti delle donne afghane potevano andare all’inferno.
Sei mesi dopo, i sovietici fecero la loro mossa fatale in Afghanistan in risposta alla minaccia jihadista creata dagli americani alle loro porte.
Armati con missili Stinger forniti dalla CIA e celebrati come “combattenti per la libertà” da Margaret Thatcher, i mujahedin alla fine cacciarono l’Armata Rossa dall’Afghanistan.
Definendosi ora l'”Alleanza del Nord”, i Mujahedin erano dominati da signori della guerra che controllavano il commercio di eroina e terrorizzavano le donne rurali.
I talebani erano una fazione ultra-puritana, i cui mullah vestivano di nero e punivano banditismo, stupri e omicidi ma bandivano le donne dalla vita pubblica.
Negli anni ’80, ho preso contatto con l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan, conosciuta come RAWA, che aveva cercato di allertare il mondo sulla sofferenza delle donne afgane. Durante il periodo dei talebani, nascondevano le telecamere sotto il burqa per filmare le prove delle atrocità, e facevano lo stesso per esporre la brutalità dei mujahedin sostenuti dall’occidente . ‘Marina’ di RAWA mi ha detto: “Abbiamo portato la videocassetta a tutti i principali gruppi di media, ma non volevano sapere…“
Nel 1996, il governo illuminato del PDPA cadde. Il presidente, Mohammad Najibullah, era andato alle Nazioni Unite per chiedere aiuto. Al suo ritorno, fu impiccato a un lampione.
“Confesso che [i paesi] sono pezzi su una scacchiera “, disse Lord Curzon nel 1898, “su cui si sta svolgendo una grande partita per il dominio del mondo”.
Il viceré dell’India si riferiva in particolare all’Afghanistan. Un secolo dopo, il primo ministro Tony Blair ha usato parole leggermente diverse.
“Questo è un momento da cogliere“, dichiarò dopo l’11 settembre. “ Il caleidoscopio è stato scosso. I pezzi sono in movimento. Presto si sistemeranno di nuovo. Prima che lo facciano, riordiniamo questo mondo intorno a noi”.
Sull’Afghanistan aggiunse: “Non ce ne andremo [ma assicureremo] una via d’uscita dalla povertà che è la sua miserabile esistenza“.
Blair ha fatto eco al suo mentore, il presidente George W. Bush, che ha parlato alle vittime delle sue bombe dallo Studio Ovale: “Il popolo oppresso dell’Afghanistan conoscerà la generosità dell’America. Mentre colpiamo obiettivi militari, lasceremo anche cibo, medicine e rifornimenti agli affamati e ai sofferenti… ”
Quasi ogni parola era falsa. Le loro dichiarazioni di preoccupazione erano crudeli illusioni per una ferocia imperiale che “noi” in Occidente raramente riconosciamo come tale.
Nel 2001, l’Afghanistan è stato colpito e dipendeva dai convogli di emergenza dal Pakistan.
Come ha riferito il giornalista Jonathan Steele, l’invasione ha causato indirettamente la morte di circa 20.000 persone poiché le forniture alle vittime della siccità sono state interrotte e le persone sono fuggite dalle loro case.
Circa 18 mesi dopo, ho trovato bombe a grappolo americane inesplose tra le macerie di Kabul, spesso scambiate per pacchi di soccorso gialli lanciati dall’aria. Hanno fatto esplodere le membra dei bambini affamati e in cerca di cibo.
Nel villaggio di Bibi Maru, ho visto una donna di nome Orifa inginocchiarsi presso le tombe di suo marito, Gul Ahmed, un tessitore di tappeti, e di altri sette membri della sua famiglia, inclusi sei bambini e due bambini che sono stati uccisi nella porta accanto.
Un aereo americano F-16 era uscito da un cielo azzurro e aveva sganciato una bomba Mk82 da 500 libbre sulla casa di fango, pietra e paglia di Orifa. Orifa era assente in quel momento. Quando tornò, raccolse le parti del corpo.
Mesi dopo, un gruppo di americani arrivò da Kabul e le diede una busta con quindici biglietti: un totale di 15 dollari. “Due dollari per ciascuno dei miei familiari uccisi“, ha raccontato.
L’invasione dell’Afghanistan è stata una frode.
Sulla scia dell’11 settembre, i talebani hanno cercato di prendere le distanze da Osama Bin Laden. Erano, per molti aspetti, un cliente americano con il quale l’amministrazione di Bill Clinton aveva fatto una serie di accordi segreti per consentire la costruzione di un gasdotto da 3 miliardi di dollari da parte di un consorzio di compagnie petrolifere statunitensi.
In massima segretezza, i leader talebani erano stati invitati negli Stati Uniti e intrattenuti dall’amministratore delegato della compagnia Unocal nella sua villa in Texas e dalla CIA nel suo quartier generale in Virginia.
Uno degli affaristi fu Dick Cheney, in seguito vicepresidente di George W. Bush.
Nel 2010, ero a Washington e ho organizzato un colloquio con la mente dell’era moderna di sofferenza dell’Afghanistan, Zbigniew Brzezinski. Gli ho citato la sua autobiografia in cui ammetteva che il suo grande piano per attirare i sovietici in Afghanistan aveva creato “alcuni musulmani agitati“.
“Hai qualche rimpianto?” Ho chiesto.
“Rimpianti! Rimpianti! Quali rimpianti?“
Quando guardiamo le attuali scene di panico all’aeroporto di Kabul e ascoltiamo giornalisti e generali in lontani studi televisivi che lamentano il ritiro della “nostra protezione“, non è il momento di prestare attenzione alla verità del passato in modo che tutta questa sofferenza non accada mai? ancora?
*Uno dei più grandi giornalisti viventi. Il film di John Pilger del 2003, “Breaking the Silence”, è disponibile per la visione su
http://johnpilger.com/videos/breaking-the-silence-truth-and-lies-in-the-war-on-terror
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-john_pilger_il_grande_gioco_di_distruggere_i_paesi/39602_42791/
Due cose che i media mainstream non vi hanno detto sull’approvazione del vaccino Pfizer da parte della FDA
Nelle clausole scritte in piccolo nel comunicato di approvazione da parte della FDA statunitense del vaccino Covid Pfizer Comirnaty sono nascosti due fatti critici che determineranno se il vaccino sarà reso obbligatorio e/o se Pfizer potrà essere ritenuta responsabile di eventuali lesioni.
Robert F. Kennedy, Jr.
Meryl Nass, M.D.
childrenshealthdefense.org
Lunedì, la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha approvato una domanda di licenza per prodotti biologici per il vaccino Pfizer Comirnaty.
La stampa ha riferito che l’obbligatorietà della vaccinazione ora è legale per i militari, gli operatori sanitari, gli studenti universitari e i dipendenti di molte industrie. Il sindaco di New York City, Bill de Blasio, ha subito richiesto il vaccino per tutti gli insegnanti e il personale scolastico. Il Pentagono sta per renderlo obbligatorio per tutti i militari in servizio.
Ci sono però diversi aspetti bizzarri in questa approvazione della FDA, che potrebbero confondere coloro che non hanno familiarità con la pervasività della cattura normativa da parte della FDA o con la profondità del cinismo dell’agenzia.
In primo luogo, la FDA riconosce che, mentre Pfizer ha “scorte insufficienti” di vaccino Comirnaty appena registrato, c’è “una quantità significativa” di vaccino Pfizer-BioNTech COVID – prodotto [e distribuito] sotto autorizzazione di emergenza (EUA) – ancora utilizzabile.
La FDA ha stabilito che il vaccino Pfizer-BioNTech sotto EUA rimarrà senza licenza ma potrà essere usato “in modo intercambiabile” (pagina 2, nota 8) con il prodotto Comirnaty appena autorizzato.
In secondo luogo, la FDA ha sottolineato che il vaccino Pfizer Comirnaty autorizzato e il vaccino Pfizer attuale sotto EUA sono “legalmente distinti,” ma, allo stesso tempo, afferma che le loro differenze non hanno “impatto sulla sicurezza o sull’efficacia.”
C’è un’enorme differenza nel mondo reale tra i prodotti approvati sotto EUA rispetto a quelli completamente autorizzati dall’FDA.
I prodotti EUA secondo la legge degli Stati Uniti sono sperimentali. Sia il Codice di Norimberga che i regolamenti federali prevedono che nessuno possa costringere un essere umano a partecipare ad un esperimento con uno di questi prodotti. Secondo il 21 U.S. Code Sec.360bbb-3(e)(1)(A)(ii)(III), “autorizzazione per prodotti medici da usare in casi di emergenza” è illegale negare a chichessia il lavoro o l’istruzione perché rifiuta di essere il soggetto di una sperimentazione. Allo stesso tempo, i potenziali destinatari hanno il diritto assoluto di rifiutare i vaccini EUA.
Le leggi degli Stati Uniti, tuttavia, permettono ai datori di lavoro e alle autorità scolastiche di richiedere a studenti e lavoratori di assumere i vaccini autorizzati.
I vaccini COVID approvati dall’EUA godono di uno scudo di responsabilità penale straordinario ai sensi del Public Readiness and Preparedness Act del 2005. I produttori di vaccini, i distributori, i fornitori e i pianificatori governativi sono immuni da responsabilità. L’unico modo in cui una parte lesa può fare causa è se il querelante può provare una cattiva condotta intenzionale [da parte dell’azienda farmaceutica] e se anche il governo degli Stati Uniti ha intentato un’azione esecutiva contro la medesima controparte per cattiva condotta intenzionale. Nessuna azione legale di questo tipo ha mai avuto successo.
Il governo ha creato un programma di compensazione estremamente avaro, il Countermeasures Injury Compensation Program, per risarcire le lesioni causate da tutti i prodotti EUA. I parsimoniosi amministratori del programma hanno risarcito, fino ad oggi, meno del 4% dei richiedenti e non una singola lesione da vaccini COVID, nonostante il fatto che i medici, le famiglie e i destinatari dei vaccini abbiano riportato più di 600.000 effetti avversi gravi dai vaccini COVID.
Almeno per il momento, il vaccino Pfizer Comirnaty non ha uno scudo di responsabilità. Le fiale del prodotto, che riportano la scritta “Comirnaty” sull’etichetta, sono soggette alle stesse leggi sulla responsabilità di prodotto valide per gli altri farmaci commercializzati negli USA.
Quando il Comitato consultivo per le pratiche di immunizzazione del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) inserisce un vaccino per l’infanzia nel programma obbligatorio, questo beneficia di una generosa dose di esenzioni di responsabilità.
Ma i vaccini per adulti autorizzati, compreso il nuovo Comirnaty, non godono di alcuna esenzione di responsabilità. Proprio come nel caso delle Ford Pinto che prendevano fuoco o dell’erbicida Roundup della Monsanto, le persone danneggiate dal vaccino Comirnaty potrebbero potenzialmente fare causa [all’azienda] per danni.
E, dal momento gli adulti danneggiati dal vaccino sarebbero in grado di dimostrare che il produttore era a conoscenza dei problemi relativi al prodotto, i risarcimenti stabiliti dalle giurie potrebbero essere astronomici.
È quindi improbabile che Pfizer permetta anche ad un solo Americano di assumere un vaccino Comirnaty fino a quando non potrà, in qualche modo, garantirsi l’immunità anche per questo prodotto.
Con questo background, il fatto che la FDA nella sua lettera di approvazione abbia riconosciuto che ci sono scorte insufficienti del Comirnaty autorizzato, ma che esiste una fornitura abbondante del vaccino EUA Pfizer BioNTech, ci fa capire che l’”approvazione” altro non è che un cinico schema per incoraggiare le imprese e le scuole ad imporre obblighi illegali di vaccinazione.
La chiara motivazione della FDA è di permettere a Pfizer di liberarsi rapidamente delle scorte di un vaccino che la scienza e il Vaccine Adverse Events Reporting System hanno chiarito essere irragionevolmente pericoloso e che la variante Delta ha reso obsoleto.
FONTE: https://comedonchisciotte.org/due-cose-che-i-media-mainstream-non-vi-hanno-detto-sullapprovazione-del-vaccino-pfizer-da-parte-della-fda/
CULTURA
ANDREA EMO E LE METAMORFOSI DELL’ABOLIRSI
Note caratteristiche: “persona di poco fondamento, inetto a qualunque cosa, con qualche vena di pazzia”. Così si definiva Andrea Emo, il filosofo italiano rimasto per decenni nascosto nei suoi quaderni, prigioniero di una solitudine letteraria che gli permise di tessere quotidianamente la tela del suo pensiero. Scoperto da Massimo Cacciari un po’ di anni fa, la figura di Emo concilia due aspetti apparentemente contrastanti. In realtà, scrive Cacciari, “la solitudine del personaggio e il carattere violentemente sistematico del suo pensiero formano una polarità indissociabile”. Emo scrisse perché lo scrivere lo aiutava a pensare e più precisamente a pensare intorno al suo centro, alla sua incessante scoperta e trasfigurazione sistematica; ma lo aiutava anche a cercare l’eco di un senso cui rivolgersi, tanto che se Kafka paragonava la poesia a una forma di preghiera Emo estendeva questo paragone alla scrittura in generale: “noi scriviamo non perché ciò che scriviamo abbia il minimo valore, ma per un atto di fede manifestato come una preghiera”.
In questa trama sottile e leggera, di cui ci fornisce un ampio ritaglio una bella antologia curata da Massimo Donà e Raffaella Toffolo (La voce incomparabile del silenzio, Roma, Gallucci editore) si avverte l’influenza di filosofi conosciuti già in gioventù, come Benedetto Croce e Giovanni Gentile, di cui Emo fu allievo, e di altri letti in un fasi successive della vita, come Martin Heidegger. Ma nei suoi taccuini si avvertono anche molteplici analogie con gli orizzonti filosofici e letterari di scrittori tra loro assai diversi, come per esempio Emile Cioran o Simone Weil, come Leopardi, Nietzsche o Borges. Come la Weil e Nietzsche anche Emo è convinto che “ognuno deve sostenere e portare la propria croce sull’ardua salita: dove la conclusione della lunga fatica è che egli viene poi finalmente sostenuto e portato, senza amenità, dalla sua croce”. Questa “tragica gratitudine”, veicolo per accedere pienamente alla propria solitudine, può essere centellinata attraverso la scrittura, che a sua volta ci sa mettere in contatto con altre solitudini: essa può rendere più leggero e autentico questo percorso perché “la nostra ‘penna’, quando scorre nei cieli astratti della carta, assume talvolta il suo significato etimologico, il suo antico significato, diventa l’ala, penna plurima, di un Icaro distratto che le si affida”.
In questo scenario la poesia insegna alla prosa la sua libertà, perché “l’uomo impara prima a cantare che a parlare”: a differenza della prosa, “la poesia non deve conoscere, pena la morte”. Così il poeta è in grado “di scoprire l’essenza delle cose al di fuori del sistema a cui appartengono”, restituendo a ognuna il suo alone più proprio, la sua singolare solitudine. Questa si staglia spontaneamente su un disegno sistematico, perché le nostre parole, “anche le più semplici, sono frammenti di antichi sistemi filosofico-metafisici” con cui “dobbiamo fabbricare nuovi sistemi e astronavi per le nostre ascensioni ed elevazioni”: in questo senso le parole sono come “frammenti di un antico e lucido specchio, nei quali si riflette tutto l’universo”. In ogni uomo questo specchio è sempre attivo perché “il pensiero, l’espressione, la parola, la voce, così come il moto, hanno un ritmo che è il rapporto di ciascuno con la morte che ha in sé; che è il modo con cui ognuno supera questa morte, cioè incorpora questa morte alla sua vita”.
Ora, ciò che secondo Emo fa l’arte è proprio incorporare la morte nella vita: “l’opera d’arte, l’opera letteraria, la frase, la parola, sono una metamorfosi del nostro perpetuo abolirci; sono la nostra metamorfosi, sono la nostra differenza ed il nostro al di là; sono l’assoluto altro nell’atto in cui esprime, giustifica, afferma l’identico”. Tra le arti, quella della scrittura ha per Emo il dono peculiare di saperci mettere in contatto col nostro passato, dato che in fondo “noi scriviamo delle disperate lettere al nostro passato, che non ha più la forza di risponderci”. Ogni nostro pensiero desidera “morire e giacere nella pesante tomba dell’espressione e della forma; per rinascere nuovo, cioè altro (la novità è la forma umana e temporale della divina alterità); per attingere l’altro, cioè la salvezza. Che altro può desiderare il medesimo che siamo e che è soltanto solitudine?”. La “vera letteratura” si cimenta con questa solitudine e al tempo stesso col suo superamento, con quest’affermazione dell’altro nell’identico, e lo fa creando il suo pubblico. Essa “non può trovare un pubblico già pronto”, perché se così fosse diverrebbe superflua. Essa è invece capace di creare un proprio pubblico perché portatrice di una sua specifica catarsi, di un’angoscia che si fa testo, traduzione di una realtà ignota che evoca il nulla. L’angoscia pura, di cui la vera letteratura è effetto, “non ha cause”, e quando pensiamo che ne abbia può scaturirne solo un’occasione o pretesto per esibire una qualche sterile abilità nella scrittura.
All’inizio della vera arte letteraria v’è quindi “una causa non causata”, un’angoscia fondamentale o una “paradisiaca pace” che può specularmente farle da contraltare: entrambe dovrebbero sempre essere percepibili tra le righe sullo sfondo di un testo letterario, e proprio la presenza defilata di questa “causa non causata” costituisce il medium grazie al quale ogni libro può dialogare con molti altri. Un libro infatti non è che “uno stato d’animo che ne cerca degli altri, che cerca degli stati d’animo affini”, tant’è che quando quelli di un’epoca mutano, “il libro, che resta, perde lettori e infine perde anche se stesso. Solo alcuni libri privilegiati hanno la facoltà di creare intorno a sé delle anime sempre nuove, cioè sempre più antiche”. Tra questi libri privilegiati, alcuni sono intessuti di labirinti: ne la Divina Commedia, per esempio, ve ne sono tre, “in ciascuno dei quali la personalità umana è prigioniera”. Dante e Virgilio, le due forme di poesia, “cercano un’uscita, creando il labirinto con questa ricerca” e sono metafora di un’umanità che è non meno prigioniera “secondo vari gradi di intensità e speranza, senza catarsi; le passioni infernali sono ciò il cui martirio è inutile e senza senso; corpi opachi e pesanti che non hanno altra anima che il furore e il dolore e i loro demoni. La loro sopravvivenza è una crudeltà della divinità; e questa crudeltà è il modo con cui la divinità stessa è presa nel labirinto, essendone anch’essa prigioniera. E il labirinto non fa che scendere verso il centro di gravità, il centro del peso, dove il peso si annulla e la catarsi capovolge il mondo”. Così ogni vertigine ha il suo punto di volta in cui può trasfigurarsi nella quiete del suo opposto, ma al prezzo di sprofondare e cedere al peso che la trascina verso il basso.
Si può essere posseduti dai labirinti descritti nella Commedia come da quelli disegnati dall’amore: in entrambi i casi si producono vertigini cui si può reagire solo precipitando e risalendo. Quella prodotta dall’amore si basa sul fatto che “noi abbiamo bisogno della complicità degli altri per essere, per essere sicuri di essere, di essere delle individualità. La sofferenza della solitudine è la sofferenza dell’incertezza di essere, del non essere più sicuri di essere”. Questo bisogno profondo di complicità ci rende vulnerabili e dipendenti, prede di un eterno sotteso agguato, d’una incertezza che avvolge come un primordiale liquido amniotico ogni esistenza. A questa incertezza d’essere i poeti oppongono la “riconoscenza”, la gratitudine alla vita, che è l’unico modo, quando spontaneo e senza riserve, di accettare e amare quell’incertezza. Non vale rispetto ad essa alcuna forma di previdenza, o di cautela, come non vale per gli dei, che non ne hanno alcuna perché sanno solo vedere, e non hanno alcun bisogno di prevedere, di comprendere, di spiegare e diffidare. Prevedere è infatti diffidare e la cautela che ispira questi stati d’animo è per Emo ignota agli immortali. Anche i libri possono essere immortali: lo sono quando vedono piuttosto che conoscere e quando vengono salvati da lettori che trovano in essi la propria salvezza, o la propria perdizione, quando trovano cioè per loro tramite l’accesso a una forma propria d’impersonalità, viatico ed esito d’ogni rinuncia alle cose e a sé. Per questo il vero poeta non parla mai di sé nelle sue poesie, ma sempre d’un altro ipotetico e astratto, sovraindividuale: “i suoi sentimenti devono apparire assolutamente spontanei, cioè nati da sé, per generazione spontanea, senza alcun intervento della sua volontà. Egli deve essere puramente un medium, un intermediario, che, col rinunciare alla propria personalità, permette ai sentimenti di apparire allo stato puro; permette l’apparizione di una verità assoluta, impersonale, e quindi utile e vera per tutti. Il poeta scompare pienamente nelle proprie verità, e questo è il suo pudore”.
Tutta la dialettica della poesia si svolge per Emo “in questa necessità di dover perdere la propria personalità, in conflitto con la necessità di conservarla, di essere assolutamente personalità”. La sua interpretazione dell’Übermensh nietzschiano tende proprio a sottolineare questa apparente contraddizione e a risolverla nell’orizzonte prodotto da quell’idea d’impersonalità tanto centrale nell’opera della Weil. Per Emo è infatti possibile “essere perfettamente personali, individuali, semplici uomini, conservare tutte le caratteristiche immediate dell’umanità, pur essendo portatori di una personalità trascendente, pur, cioè, essendo assolutamente impersonali, come si deve essere dopo la consacrazione di una rinuncia e di una rinascita”.
Andrea Emo, La voce incomparabile del silenzio, a cura di Massimo Donà e Raffaella Toffolo; Roma, Gallucci editore
FONTE: http://opinione.it/cultura/2021/08/02/gustavo-micheletti_andrea-emo-la-voce-incomparabile-del-silenzio-massimo-don%C3%A0-raffaella-toffolo-roma-gallucci-editore/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Le 10 strategie di manipolazione da parte dei media
Noam Chomsky, docente e ricercatore al MIT, fondatore della Cognitive Science, è fra gli intellettuali più rispettati al mondo. Oltre a essere linguista fra i più importanti, è anche filosofo e politologo, voce importante e ascoltata nel mondo dell’attivismo politico. Chomsky ha scritto, un paio di anni fa, un saggio, a puro scopo educativo, che riassume le strategie di controllo dei media. Lo si è tradotto e adattato per facilitarne al lettura. Servono pochi minuti. Non ve ne pentirete. Non foss’altro per ampliare le proprie conoscenze.
Traduzione e adattamento di Andrea Aparo von Flüe
Versione Originale di Noam Chomsky
Nota: per ognuna delle pratiche manipolatorie descritte qui di seguito, sono disponibili azioni correttive, che possono (devono?) essere apprese e applicate dalla società civile, in tutte le sue espressioni
1. Strategia della distrazione
Una componente essenziale del controllo sociale è la strategia della distrazione, che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi e dai cambiamenti importanti decisi dalle élites politiche ed economiche. Tale strategia prevede l’uso della tecnica dell’inondare i soggetti interessati con un flusso continuo di distrazioni e informazioni inessenziali, così che la loro mente diventi più docile e meno critica.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per prevenire l’interesse di massa per scienza, economia, psicologia, neurobiologia e cibernetica.
“Tieni il pubblico occupato, occupato, occupato, non lasciargli tempo per pensare; tornerà tranquillo alla stalla, come gli altri animali della fattoria”.
(Op. Cit. “Armi silenziose per guerre tranquille” di Anonimo).
2. Creare problemi per poi offrire soluzioni
Questo metodo è anche chiamato “Problema- Reazione- Soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” progettata per causare una qualche reazione nel pubblico, con lo scopo che diventi la norma per le misure correttive che si desidera fare accettare. Esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana; organizzare attentati cruenti, con lo scopo che sia l’opinione pubblica a richiedere leggi sulla sicurezza e politiche più stringenti, a discapito della libertà individuale; innescare una crisi economica per far accettare come male necessario la riduzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici. (NdT: si lascia ai lettori meditare su come i NoVax e i No GreenPass applichino tale strategia…).
3. Strategia della gradualità
Per rendere accettabile una misura inaccettabile, basta applicare, in modo graduale, sufficiente pressione, anno dopo anno. Così facendo, durante i decenni 1980-90, condizioni socio-economiche radicalmente nuove (si fa riferimento al neo-liberalismo) sono state imposte negli USA: minimizzazione del ruolo dello Stato, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantiscono più redditi dignitosi, globalizzazione, libero scambio, austerità. Un insieme di cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati introdotti in una soluzione unica.
4. Strategia del differire
Altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ma non immediata. Molto più facile fare accettare un sacrificio nel futuro prossimo venturo che nel presente. In primo luogo perché il provvedimento non è in vigore subito (NdT: vedi gestione crisi Covid19); poi perché il pubblico, la massa, tende sempre ad aspettarsi, ingenuamente, che “domani andrà tutto meglio” e dunque, forse, il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al “popolo” di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo, ormai rassegnato, quando arriva il momento.
5. Parlare al pubblico come fossero bambini
La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa narrazioni, dialoghi, argomenti, personaggi e un tono infantile, spesso puntando alla fragilità e alla tenerezza, come se lo spettatore avesse pochi anni di vita, o una mentalità particolarmente infantile.
Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende a usare un tono infantile. Perché?
“Se ci si rivolge a una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla capacità di essere suggestionato, l’ascoltatore probabilmente tenderà a rispondere o a reagire, senza pensarci troppo, con il senso critico di una persona di 12 anni, o meno”. (Op. Cit. “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6. Attrarre l’emozione, non la ragione
Sfruttate le emozioni è una tecnica classica per cortocircuitare l’analisi razionale e, di conseguenza, il senso critico dell’individuo. L’uso del registro emotivo apre la porta all’inconscio, inducendo comportamenti, facilitando l’impianto di idee, desideri, paure, timori, bisogni.
7. Tenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità
Fare di tutto per essere certi che il pubblico sia incapace di capire le tecnologie e i metodi utilizzati per controllarlo e tenerlo in schiavitù.
“La qualità dell’educazione fornita alle classi sociali più basse deve essere la più povera e mediocre possibile, così che la distanza culturale fra le classi basse e quelle alte sia impossibile da colmare per le classi più povere”. (Op. Cit. “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
8. Stimolare il pubblico a compiacersi della mediocrità
Fare credere al “popolo” che è di moda essere stupidi, volgari, senza educazione. Allo stesso tempo occorre soffocare la cultura, la scienza e le arti che non rispettano tale norma.
9. Rafforzare il senso di colpa
Necessario fare credere alle singole persone di essere colpevoli delle proprie disgrazie generando in loro dubbi e timori sulla loro intelligenza, capacità, talento, sui loro sforzi.
Così facendo, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto-svaluta e si colpevolizza, entrando in uno stato depressivo. Si ottiene così l’inibizione della sua possibile reazione e quindi azione. Senza azione non c’è rivoluzione.
10. Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites. Grazie a biologia, neurobiologia e psicologia applicata, il “sistema” si è potuto avvalere di una conoscenza avanzata dell’essere umano, nella sua forma sia fisica che psichica. Il sistema ha sviluppato una conoscenza dell’uomo (donna) comune superiore di quella in possesso ai singoli soggetti.
Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema ha un controllo sugli individui maggiore di quello che i singoli individui esercitano su sé stessi.
DIRITTI UMANI
Bio-tracciamento universale, il Green Pass è solo l’inizio
C’è un filo rosso che unisce pandemia, vaccinazione, Green Pass e 5G all’Identità Digitale Universale, ID2020, riservata entro dieci anni ad ogni essere umano vivente sul pianeta. Esistono precise agende e organismi che, di ID2020, hanno programmato organizzazione e obiettivi: è tutto alla luce del sole, senza complotti e senza misteri. Questi i fatti salienti, dei quali dovrete necessariamente tenere conto. Si tratta di un progetto, redatto da organizzazioni non governative, organico all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e ai successivi sviluppi. Il Green Pass – che, come i fatti dimostrano, si sta espandendo a sempre più categorie – altro non è che un graduale, progressivo avvicinarsi alla attribuzione della Identità Digitale Universale. Si tratta di un codice unico universale, della evoluzione tecnologica dei documenti di identificazione che abbiamo sempre avuto: patente, carta d’identità, codice fiscale, passaporto, e così via.
Il Green Pass, divenuto finalmente ID2020, non sarà più discriminatorio: perché tutti ne saranno in possesso; cadrà quindi questa inutile pregiudiziale. L’identità digitale diverrà il passo ineludibile, per ottenere la piena cittadinanza. Certamente, restringerà in assoluto le maglie del controllo, perché traccerà tutti gli aspetti della nostra esistenza, 24 ore su 24: dal battito del cuore al conto in banca, dai gusti sessuali al colore della ultima t-shirt acquistata online. ID2020 è parte integrante dell’operazione Grande Reset, detto anche Quarta Rivoluzione Industriale. Garantirà il controllo capillare, in tempo reale – via 5G, “l’Internet delle cose” (umane) – di ogni individuo: geolocalizzazione, spostamenti, dati biomedici, sociali e finanziari. La figura di Vittorio Colao nel governo non è casuale, come non sono casuali la sua amicizia con Bill Gates, la sua organicità al Gavi (l’alleanza vaccinale) e le sue esperienze tecnologiche in Vodafone.
L’ID2020 è doverosamente legato alla vaccinazione universale, perché il tracciamento è realizzato attraverso nanoparticelle e punti quantici iniettati direttamente col siero. Questo spiega il motivo della psico-pandemia Covid, artatamente creata per convincere e costringere la massa ad accettare questo trattamento. Per il controllo dell’animale umano si tratta di una assoluta necessità, visto il numero della popolazione, più simile a una colonia di formiche che a un branco di scimmie. Sarà inevitabile accettarlo, pena l’esclusione dal consorzio civile. A questo ci dobbiamo rassegnare, a meno che non si organizzi una sanguinosa rivolta: ipotesi assolutamente improbabile, vista la natura docile, paurosa e sottomessa della mandria umana. Nascerà così la post-umanità, il simbionte da tempo preconizzato.
ID2020 è una organizzazione non governativa; un consorzio pubblico-privato, nato tra corporazioni globaliste, associazioni non-profit e istituzioni. I soci fondatori sono Microsoft, Rockefeller Foundation, Gavi, Accenture e Ideo-Org, con alleanze allargate ad altre corporazioni tecnologiche e Ong. Nato nel 2015, il progetto venne presentato l’anno successivo alle Nazioni Unite, nell’ambito del “Sustainable Development Goal”, parte integrante della più vasta Agenda 2030 dell’Onu. ID2020 è inoltre collegato all’agenda dell’Oms “Immunization 2030” che vide l’Italia capofila, firmataria a Washington nel 2017 della “Global Health Security Agenda”, sottoscritta da Beatrice Lorenzin (allora ministro della salute) e dal presidente Barack Obama. Firma che, come tutti ricorderanno, portò all’approvazione dei 12 vaccini pediatrici obbligatori.
L’azione di ID2020 si basa sul presupposto, totalmente inventato, che tutti gli umani hanno diritto all’identità digitale, sottolineando come – nel mondo – ancora una persona su sette non disponga di documenti identificativi, e come i documenti di identità comunque esistenti siano arcaici, inadeguati e non sicuri, quindi non idonei. ID2020 persegue il rilascio di un codice unico universale, collegato sin dalla nascita alla certificazione vaccinale. Si è creata, a questo proposito, la “ID2020 Alliance”, nella quale il registro vaccinale diviene la piattaforma biomedica di ogni operazione successiva. Il tutto, garantito da un sistema blockchain. I punti quantici e le nanoparticelle iniettate coi vaccini, una pratica già in uso da almeno dieci anni, registrano e trasmettono le nostre condizioni biologiche, ci geolocalizzano e tracciano ogni nostra minima attività (di studio, di lavoro, di consumo, di socializzazione). I dati sono trasmessi – in tempo reale, via 5G – alle Big Data Bank, ma sono rilevabili sempre e comunque anche con banalissimi dispositivi smartphone. L’obiettivo evidente è il tracciamento (e quindi il controllo, attraverso sofisticati e potentissimi algoritmi) di ogni individuo presente sul pianeta.
(Giovanni Angelo Cianti, “Si scrive Green Pass, si legge ID2020”, video-messaggio pubblicato su “Rumble” il 24 agosto 2021).
LA LINGUA SALVATA
Recesso
re-cès-so
SIGNIFICATO Il recedere; luogo appartato, recondito, intimo; in diritto, fra gli altri usi specifici, atto con cui un soggetto dichiara di non voler più essere parte di un rapporto giuridico
ETIMOLOGIA voce dotta recuperata da recessus, participio passato di recedere, letteralmente ‘andare indietro’.
Questa è una parola dalla vita e dalla storia sfaccettata, che ci può far spaziare fra altezze auliche e poetiche e bassezze triviali.
Non stupisce che il recesso, anzi il recessus latino, derivi dal recedere — che come il nostro in italiano è un retrocedere, un ritirarsi, uno scostarsi, uno svanire. (Peraltro è figlio di cēdere, uno di quei verbi che hanno dato origine da soli a una quantità di parole impressionante, e che racconta grossomodissimo un andare.)
Senz’altro ‘recesso’ ci si presenta come una parola di registro elevato. E dopotutto è un termine dotto, recuperato da recessus nel Trecento. Ma recessus non ha avuto solo la vita pulita e ordinata che le parole vivono per iscritto; ha anche attraversato il medioevo di bocca in bocca, riemergendo per iscritto, un po’ provato, nella forma di cesso. Dopotutto il gabinetto è anche noto come ritirata, no? E tale è il colto senso etimologico del termine — a dispetto del quale resta un termine… a buon mercato.
Difficilmente parleremo del recesso come atto del recedere — eccezion fatta per certi usi specialistici, e in particolare giuridici, tutt’altro che irrilevanti: ad esempio, come ogni persona volente o nolente deve sapere, è l’atto con cui si dichiara di non voler più essere parte di un certo rapporto giuridico. Ma in diritto il termine ‘recesso’ ha un successo vivace e variegato.
Già in latino recessus era stato sostantivato: così il recesso (come il cesso) è innanzitutto il luogo appartato. Una zona recondita, solitaria, poco raggiungibile, perfino intima. E in questo senso (che prevede volentieri un uso al plurale) ha una bellezza impressionante, per pulizia e vaghezza allusiva: ci si può domandare quali tesori siano ancora contenuti nei recessi del tempio appena scoperto inviolato; dai recessi della casa della vicina, sempre così aggrondata, giungono lontane eco di samba. E con un passo figurato ulteriore, raccontiamo di come dai recessi della memoria emerge un ricordo che non credevamo di conservare, e di quale nocciolo di sentimento mi sono ritrovato nei recessi cuore, dissipata tutta la tempesta sopra.
Una parola alta ma pronta e spendibile, che ci permette proprietà d’espressione e impatto immaginifico.
Parola pubblicata il 31 Agosto 2021
FONTE: https://unaparolaalgiorno.it/significato/recesso
PANORAMA INTERNAZIONALE
In cifre, 20 anni di disastri USA in Afghanistan
L’uscita vergognosa quanto la loro permanenza delle forze statunitensi dall’Afghanistan segna la fine di quasi due decenni di intervento militare straniero nel paese, lasciando dietro di sé una scia di distruzione e spreco difficile da comprendere.
Gli ultimi tre convogli militari statunitensi sono partiti ieri dall’aeroporto di Hamid Karzai, poco prima della scadenza del 31 agosto fissata per il ritiro completo. Per anni, Washington e i media hanno descritto il conflitto in Afghanistan come una situazione di stallo che aveva fornito sicurezza sufficiente per stimolare il progresso sociale, la sicurezza e la stabilità. Ma un’analisi corredata di cifre, dati e fonti degli ultimi vent’anni racconta una storia diversa, fatta di spargimenti di sangue, instabilità e corruzione, per un costo totale di oltre 2 trilioni di dollari. Da ricordare che in questi 20 anni Washington è stata impegnata contemporaneamente in altri scenari di guerra: Iraq, Yemen, Libia, Siria. Aggiungete, dunque, i costi in vite umane, distruzioni, armamenti in questi altri paesi per rendersi conto cosa siano stati per il mondo questi ultimi 20 anni.
85 miliardi di dollari in armi e attrezzature statunitensi abbandonate ai talebani
Secondo il membro del Congresso Jim Banks (R-Indiana), a causa della “negligenza” dell’amministrazione Biden, i talebani sono in possesso di 75.000 veicoli, oltre 200 aerei ed elicotteri, 600.000 armi di piccolo calibro e leggere, oltre a occhiali per la visione notturna e armatura del corpo.
Ha affermato che i talebani ora hanno più elicotteri Black Hawk dell’85% dei paesi del mondo, compresi gli stretti alleati degli Stati Uniti. Ha stimato che l’attrezzatura valga $ 85 miliardi, ma alcuni hanno suggerito una cifra molto più alta.
Almeno 47.000 civili uccisi
Mentre le stime variano, il progetto Costs of War della Brown University ha calcolato che almeno 47.000 afgani sono stati uccisi nel corso della guerra. Anche ora che i combattimenti sono cessati, le conseguenze del conflitto si fanno ancora sentire: gli ordigni inesplosi continuano a uccidere e mutilare civili, in molti casi bambini. La guerra ha anche esacerbato gli effetti della povertà e delle scarse condizioni igienico-sanitarie nel paese.
Quasi 6 milioni di sfollati afgani
Il conflitto guidato dagli Stati Uniti in Afghanistan ha alimentato una crisi dei rifugiati che continua a ripercuotersi in tutta Europa. In una nazione di 38 milioni, circa 5,9 milioni di afgani sono stati sfollati all’interno o sono fuggiti dal paese dallo scoppio della guerra nell’ottobre 2001.
Solo negli ultimi tre anni, secondo i dati del governo afghano diffusi all’inizio di luglio, sono stati sfollati più di 395.800 afgani.
Le stime attuali stimano le vittime militari statunitensi totali a più di 2.400 morti, con altri 20.000 feriti. Da aggiungere 3.800 contractor morti durante la guerra in questi 20 anni. Hanno perso la vita anche più di 1.100 membri del servizio alleato, compresi quelli degli stati della NATO.
Almeno 64mila militari e poliziotti afgani uccisi
Più di 64.000 membri dell’Esercito nazionale afgano (ANA) addestrati dagli Stati Uniti e delle forze di polizia del paese sono morti nella guerra.
Innumerevoli migliaia di bombe e munizioni statunitensi sganciate sull’Afghanistan
Quando la guerra è entrata nei suoi ultimi anni, l’esercito americano ha radicalmente intensificato la sua campagna di bombardamenti in Afghanistan. Nel 2019, gli aerei da guerra statunitensi hanno sganciato 7.423 bombe e altre munizioni sul paese, un aumento di quasi otto volte rispetto al 2015.
Centinaia di migliaia di ettari di papaveri da oppio
Secondo una stima delle Nazioni Unite, la produzione di oppio in Afghanistan è stata stimata in 6.300 tonnellate nel 2020. Quell’anno, la superficie totale coltivata a papavero da oppio in Afghanistan è stata stimata in 224.000 ettari, con un aumento del 37% rispetto al 2019. L’Afghanistan è ancora una volta il mondo principale fonte di papaveri da oppio. Sotto il dominio dei talebani, il raccolto era stato quasi completamente sradicato nel maggio 2000.
Livelli incalcolabili di frode e spreco
Con un prezzo di oltre 2 trilioni di dollari, la guerra in Afghanistan ha sofferto di un flusso apparentemente incessante di profittatori e truffatori.
Nel 2007, l’aeronautica americana ha pagato 18 milioni di dollari a un’azienda privata per costruire caserme a Camp Phoenix, un’installazione dell’esercito in Afghanistan. La società ha chiesto l’aiuto di un subappaltatore che ha trattenuto gli stipendi dai suoi lavoratori e in seguito è fuggito dal paese con $ 2 milioni, usati per costruirsi lussuose case all’estero. I suoi operai decisero di pagarsi accaparrandosi generatori e altri materiali presi dal campo militare. I conseguenti ritardi hanno lasciato centinaia di truppe della NATO senza alloggi adeguati per più di un anno.
Questo è solo uno delle decine di casi simili. Nel 2019, un informatore ha affermato che una società di difesa, Navistar Defense, ha sovraccaricato il Pentagono di 1,3 miliardi di dollari per componenti di veicoli corazzati utilizzati dalle truppe in Iraq e in Afghanistan.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-in_cifre_20_anni_di_disastri_usa_in_afghanistan/8_42869/
Le crisi umanitarie della globalizzazione
DI TERRORISMO IN TERRORISMO — QUEL numero non ce lo danno —- DATECELO VOI ! — Nel bombardamento quotidiano dei dati Covid, manca quello vero
26 08 2021
Amici, stavolta siamo lunghissimi. Ma anche fondamentali, credo.
Questo è un pezzo assolutamente legittimo e deontologicamente ineccepibile, basato su considerazioni logiche e dati oggettivi. Che, perciò, non verrà mai ammesso su Facebook e, se ci provassi, verrei immediatamente censurato, se non sospeso, se non escluso.
Ci dà la misura della democrazia, civiltà, libertà, verità, onestà nella quale siamo stati collocati e che sono gli stessi valori della cui presunta cancellazione gli stessi mandanti ed esecutori si lamentano ora per l’Afghanistan. Ci vuole poco a vedere la strategia unica che avanza su entrambe – “guerra al virus” e “guerra al terrorismo” – queste gigantesche mistificazioni.
Ora è la fase, nel caso dell’aggressione sanitaria e totalitarista all’umanità, per imporre l’annientamento finale tramite l’imposizione coatta, o da ricatto, dell’obbligo del rimedio peggiore del male presunto, Nel caso della cosidetta guerra al terrorismo siamo al momento in cui dall’occupazione fallita si passa allo sradicamento e spostamento dei popoli. Eliminare Stati Nazione, identità, storia, invadendo e destabilizzando chi accoglie e privando delle proprie generazioni più giovani e formate chi subisce la deportazione. E’ la globalizzazione, baby.
Dalle bombe di Pentagono-Nato (Figliuolo compreso), ai diritti umani (parassitari) delle ONG e di Amnesty
Non c’è stampa generalista che in entrambe queste campagne terroristiche dei globalizzatori non si sia fatta mercenariato, tipo ISIS, al servizio dei mandanti assisi sull’Olimpo. Ma se volete cogliere un’espressione in nuce dell’operazione che ci investe coglietela nel “manifesto”, il foglio locale del Deep State che con più furia inconoclasta si lancia contro le fondamenta ontologiche dell’informazione.
Nel numero del 25 agosto vi troverete una sfuriata contro il tradimento degli afghani commesso dall’Occidente, combinato all’appello all’accoglienza (deportazione) incondizionata di tutti coloro cui si assicura che si troveranno meglio nel mondo di Pfizer, con tanto di minaccia integrativa di imminente catastrofe climatica “se non si cambia tutto”. Perfetto riferimento al “Great Reset”.
Chi poteva non riunire in un solo fascio (termine appropriato) le tre scuri del terrorismo di guerra, terrorismo da crisi umanitaria e terrorismo climatico, se non uno dei grandi “antifa” spurgato dal clan dirigenziale di Lotta Continua? Guido Viale.
Pfizer-Biontech, è fatta
Così Pfizer, la società farmaceutica più condannata dai tribunali USA per crimini contro la salute, con miliardi in ammende e risarcimenti, è riuscita a farsi riconoscere dalla FDA (Food and Drugs Administration), dopo un anno di abuso “d’emergenza e sperimentale” dei suoi cosiddetti vaccini su milioni di inermi cittadini, la definitiva approvazione del siero. Quella che, prima che tutto l’apparato sanitario mondiale finisse in mano a una banda di corrotti e corruttori, impegnati nella sottomissione e riduzione del genere umano, richiedeva una sperimentazione dai 5 ai 10 anni e test su centinaia di migliaia di soggetti (qui se la sono cavata con poche migliaia). L’incredibile pressione politico-finanziario-commerciale esercitata dal conglomerato farmaceutico digitale, con la decimazione, a volte anche fisica, delle più autorevoli e qualificate voci critiche, ha fatto sì che centinaia di milioni di persone fossero inoculate, con perfettamente prevedibili effetti avversi anche letali, con un composto “sperimentato” in meno di 18 mesi.
Il grido di Barillari, l’appello di Byoblu e Visione TV
Il 29 luglio scorso Davide Barillari, consigliere regionale del Lazio, in un documento video, molto opportunamente rilanciato da Byoblu, ha sconvolto coloro che si affidano al pallottiere Covid ufficiale, i cui numeri vengono fedelmente riferiti, in grande e minacciosa pompa, da tutti i media generalisti. Ha invece consolidato i dubbi e i sospetti che ogni essere raziocinante storicamente nutre a cospetto dei divulgatori di dogmi coercitivi, oggi detti pensiero unico.
L’altamente meritoria ricerca di questo coraggioso consigliere, già 5 Stelle e ora con R2020 di Sara Cunial, deve però lasciare esterrefatti perfino coloro che hanno visto stravolgere vita e società nel nome di una procedura imposta a dispetto del suo carattere SPERIMENTALE e, dunque, a rischio di conseguenze non prevedibili.
Barillari ha rotto quel grande silenzio complice di tecnici, medici, politici, scienziati, giornalisti che dall’inizio della pandemia ci terrorizzano con gli effetti letali del virus e dall’inizio della vaccinazione ci persuadono ad affidarci a quello che era (fino alla compiacenza della FDA, cui segue quella UE dell’EMA e Italiana dell’AIFA), appunto, un esperimento. Un esperimento giustificato da un’emergenza asserita e proclamata e delle cui conseguenze a breve tutto si occulta e di quelle a medio e lungo termine nulla si sa e nulla si vuole dare a sapere.
La sua ricerca nel Lazio ha fatto finalmente emergere quanto di pericoloso si annidi nella pratica vaccinale e quanto di irresponsabile nei suoi propagandisti. Gli effetti avversi, gravi fino alla morte, che si verificano e moltiplicano in tutto il mondo, si sono manifestati, ovviamente, anche nel Lazio e Barillari ce ne ha fornito un campionario impressionante. Ci ha anche illustrato i meccanismi, di occultamento e autocensura, per i quali i dati di questi eventi vengono minimizzati, soppressi e nascosti a un pubblico cui si impone un solo obbligo, “morale” secondo il capo della Chiesa e il capo di questa repubblica, l’obbligo della prima, seconda, terza e poi chissà di quante altre dosi.
Ringraziando Barillari per la lotta che sta conducendo anche a livello di Consiglio Regionale del Lazio, da solo contro un’assemblea unanime, mi sono permesso di riferire qui sotto di un’iniziativa che ha avuto risonanza nel blog di Visione Tv e che vorrebbe rafforzare la denuncia di Barillari e di tanti scienziati, soprattutto all’estero, con la testimonianza viva di coloro che quegli effetti li hanno subiti, o ne hanno conosciuto l’esito sui propri congiunti.
Nascondono il dato che più conta: quello che ci permette di decidere Germania, 23.000 medici si oppongono
Quanti e quali sono gli effetti avversi subiti in seguito all’inoculazione di un vaccino anti-Covid 19? E’ l’unico dato, nella quotidiana, martellante, elencazione dei numeri della pandemia, che ci viene negato. Perchè? Eppure ci sono gli organismi ufficiali degli Stati e dell’UE che, almeno parzialmente, gli effetti avversi li registra.
Perchè non rimediare a questa incredibile mancanza con un intervento diretto, dal basso, di coloro che questi effetti, avversi, ma taciuti, li hanno subiti? O di coloro che li hanno constatati sui loro congiunti?
Dal blog di Visione Tv abbiamo colto un geniale spunto dell’amico Gianluca e io mi sono premurato di rilanciarlo in sintonia con il sito. Vale la pena impegnarsi sull’iniziativa per il suo indiscutibile valore intrinseco di arma di contrasto alle falsità e strumentalizzazioni che tracimano dalla narrazione ufficiale Covid, l’unica consentita nei tempi in cui la Scienza, una certa scienza, è diventata fede e dogma.
Per una volta, dopo quasi due anni di passivizzazione e assuefazione all’irrazionale e al palesemente disonesto impostici da una setta di sociopatici arrivati al potere grazie a un’ipnosi collettiva da paura senza precedenti dall’invenzione dell’inferno eterno, abbiamo l’opportunità di far sentire una voce cui nessuno potrà attribuire, come suole per le proteste di piazza, un carattere denigratorio e diffamatorio, tipo “negazionista, ultradestra, complottista, fascista, terrapiattista, untore”.
Paura indotta, che paralizza, e paura che fa reagire
Perché qui si tratta di numeri. Numeri tanto veri, quanto drammatici, tragici, occultati perché in controtendenza rispetto a quelli del terrore indotto. Numeri da terrore vero, concreto, fondato non su artifici propagandistici, ma sulla pelle abusata di esseri umani. Numeri di cui Gianluca ha osato mettersi alla ricerca. Ne ha ricavato una sospensione di 30 giorni della sua presenza su FB. E pour cause: numeri di cui la possibile epifania sconvolgerebbe tutto lo story telling covisiano e vaccinista. Polverizzerebbe un assunto comunicativo che a quattro delinquenti assisi sull’Olimpo e ai loro utili idioti sguinzagliati nei bassifondi dell’umanità, permette il rilancio dell’accumulazione capitalista, con conseguente capacità di potere da usare per lo sterminio psicofisico cui stiamo assistendo da statue di sale, come Niobe davanti allo scempio dei suoi figli.
Potenza dei numeri! Sono quelli che di giorno in giorno,. di ora in ora, da tempi ormai immemorabili e per incalcolabili tempi futuri, marcano la vita con più accanimento di ogni altra scadenza. Sono quelli della paura indotta, la paura-panico da nemici invisibili e subduli, quella che deve evolversi in angoscia e impotenza.
Un numero che fonda la scelta sulla conoscenza.
Eppure ne basterebbe uno solo in più, detto magari anche una sola volta, ma a tutti, per spazzare via la paura paralizzante dell’ignoto e dell’incontrollabile e sostituirla con la paura sana, propria, fondata sul riconoscimento di un pericolo, di un nemico concreto e che stimola la difesa e la reazione. E’ il numero più vero di tutti, forse l’unico vero: quello degli effetti nocivi che ti può causare la somministrazione di un presunto rimedio. Quello che ti porta a mettere in discussione l’intera architettura che sorregge le temperie nelle quali sei incastrato. Quello che ti rende essere umano dotato di libera scelta. Una dote, fondata su scienza e coscienza, aborrita da tutti i codificatori di dogmi.
Quello che ti consente un confronto e di respingere l’apodittica e anche scellerata affermazione che del vaccino i benefici superano i rischi. E come se dalla tolda gridassero all’uomo in mare che la ciambella di salvataggio lanciatagli ha più probabilità di restare gonfia che di sgonfiarsi. La chiamano scienza.
Ininterrotte edizioni radio, tv, di stampa, grafici, statistiche, fino a penetrare nei bollettini parrocchialifumetti, nel gossip, nelle parole crociate, nei convegni. Ossessione compulsiva di subalterni mediatici, ansiosi di mostrarsi più realisti del re e che il gregge infantilizzato riecheggia potenziandone l’effetto angoscia, persuasione e disciplina. Tot nuovi “casi”, tot “positivi”, tot ricoverati, tot in terapia intensiva, tot sintomatici e tot no, tot vaccinati di una dose, tot di due, tot di terza, tot di nessuna (gli infami da rogo), tot morti (ovviamente “da Covid”, grazie al ben tarato tampone negato a nessuno, nemmeno al caduto dal quinto piano).
100 effetti avversi? Sì, ma 101 benefici
Non vi è mai capitato, tra il rumoreggiare indistinto e lontano di parole deseuete ed evanescenti, chissà come scappate al filo spinato dei numeri ammessi, tipo “effetti avversi”, “miocarditi, trombosi, cecità, paralisi, problemi renali”, addirittura “decesso” (rigorosamente al singolare, e solo se inevitabile, visto che quello, dopo la siringata, è proprio morto e ha perfino un nome e addirittura parenti che lo sanno appena vaccinato!), di trovarvi annesso un numero. Un numeretto quanto meno alla pari con quegli altri numeri, quelli che ti devono paralizzare di paura e basta. Un numero che dica al popolo costituzionalmente sovrano se alla “salvezza” garantita da Pfizer, Moderna, J&J, o Astrazeneca non sia succeduto qualcosa di poco salvifico.
Si tratta di un numero custodito meglio degli utili ricavati nella congiuntura Covid dal grande Big Tech, o dal potente Big Pharma. Anche perchè di quegli utili rivelerebbe, oltre al costo socio-economico, uno abbastanza imbarazzante: il costo in vite e in danni all’integrità psicofisica di singoli esseri umani, sacrificati in massa sull’altare della divinità Mammone. In particolare quelli giovani, storicamente insofferenti dell’esistente e del prestabilito. I numeri buoni devono mettere ordine tra quanto di sedizioso gli frulla tra le orecchie. L’ordine del credo. Quella della messa, tutti in piedi e osservanti, che il sommo sacerdote con la penna in capo celebra negli hub.
E, allora, se lacerassimo il velo di Maia, se al nubifragio di numeri che giorno dopo giorno ci vorrebbero inchiodati alla colonna infame della nostra “irresponsabilità verso gli altri”, opponessimo la carne viva dei nostri corpi compromessi, o azzerati dal vaccino? Da coloro che ci prendono per mattoncini Lego, da usare o scartare, per rifare il mondo all’insegna di un’Intelligenza artificiale che ponga i licantropi al sicuro di ogni contestazione.
Qualche medico e infermiere ha avuto l’integrità e il coraggio di segnalare danni e decessi da vaccino. Esistono agenzie ufficiali cui queste segnalazioni possono essere fatte. Possono, non devono. Anzi, meglio di no. Infatti non vengono sollecitate. Dipendono dalla buona volontà del sanitario, o del paziente, o del suo congiunto. Sono volontarie. Devono sfidare la disapprovazione del primario, o di altri. Nessuno si è azzardato a sfidare Big Pharma installando un meccanismo automatico di registrazione e segnalazione degli “effetti avversi”, come sarebbe obbligo di ogni autorità sanitaria.
Non negli Stati Uniti e non nell’UE. Dove però esistono due enti ufficiali, VAERS e EUDRAVIGILANCE, incaricati di ricevere quelle segnalazioni volontarie e temerarie. E ne danno conto, ovviamente per enorme difetto, data la volontarietà e i rischi che comporta. Decessi e altri danni alla salute, a migliaia, a decine di migliaia, di settimana in settimana. Tanti da rovesciare il calcolo “rischi-benefici” come propagandato dai vaccinari del 96% di sicurezza, nel suo contrario. Sempre precisando che, per il morto da vaccino con embolo, l’insicurezza, cioè il rischio, sono del 100%.
La grandinata di effetti avversi che si verificano ogni giorno rimane come sospesa sopra le nostre teste. Trattenuta dall’ombrellone dei media, svapora nell’aria, salvo penetrare fino a qualche congiunto o amico per passaparola. E’ che la segnalazione la fanno in pochi, medici, pazienti, infermieri: si rischia di essere malvisti nell’ambiente. E poi la pratica modulistica è talmente farraginosa da scoraggiare il più volenteroso. Anche perchè, spesso, l’AIFA le respinge perchè “prive si informazioni sufficienti”. E così succede che l’AIFA sottostima di 100 volte gli eventi avversi: 82 ogni 100.000 dosi somministrate. Sapete quante ne segnala dai trial la stessa casa farmaceutica Moderna? 87.800 dopo la prima dose e 92.000 dopo la seconda. Ricordate chi dirige l’EMA, l’agenzia dei farmaci sovrana nell’UE? Emer Cooke, signora islandese che per una vita ha fatto la lobbista per Pfizer e altri colossi farmaceutici.
Whatever it takes, pur di non darci quel numero
Avete mai visto questo numeretto sul Fatto Quotidiano, su Repubblica, Corriere, manifesto? E’ mai su di voi è calato, in nome della deontologia, dagli schermi di Gruber, Formigli, Mentana? Che sia per non causarvi inutli preoccupazioni, qualche dubbio su cosa ne viene a versare oceani di soldi nelle fauci dei farmaceutici? O a dar retta a generaloni degli alpini esperti in civili ammazzati in Afghanistan, ora impegnati con la siringa su bambinelli nostrani? O a piegare le ginocchia e congiungere le mani davanti agli oracolanti virologi tv, ognuno dei quali vanta più conflitti d’interessi di Draghi quando svendeva l’industria italiana alle multinazionali, o intimava “whatever it takes” ai miserabili che non godevano del bail in e, con letterine BCE, ordinava al governo Italiano o l’austerity o la vita e a quello greco di far crepare i figli di Omero facendogli credere che così volevano gli dei (anticipazione della depopolazione di Bill Gates)?
Strappare il velo di Maya
Dare corpo, sangue e nome alle cifre di questi enti (ne cito una: ci sono stati negli USA più decessi da vaccino anti-Covid tra dicembre e aprile che nei precedenti trent’anni da TUTTI i vaccini allora somministrati) significherebbe estrarli dalla nebbia di un’informazionme “distratta” e rimettere il rapporto “rischi-benefici” su un piano di realtà.
Da lì l’idea, circolata nel blog di Visione TV e approvata dal suo direttore, Francesco Toscano, di raccogliere le testimonianze dirette di chi ha subito o visto subire gli effetti avversi dei vari vaccini. Occorrerebbe una dichiarazione in video di pochissimi minuti, con nome, cognome, luoghi, date e dati clinici. Già, tocca metterci la faccia. Ma non potranno contestarti. Anzi, a contestare loro e tutta la guerra all’umanità sarai tu.
FONTE: https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2021/08/le-crisi-umanitarie-della.html
Il papa dell’ammuina.
di Roberto PECCHIOLI
Da quando ci hanno imposto la maschera, i potenti si sono tolta la loro. Tutte le narrazioni del passato (libertà, democrazia, Stato di diritto, religione) sono saltate in nome – o con il pretesto – di un esserino battezzato Sars-Cov 2. Il nostro è un tempo tragico e grottesco, che ricorda l’ordine della marina borbonica per la visita del re: Facite ammuina. Fate confusione: qualcosa succederà.
Il pensionante di Santa Marta, il signore argentino di professione papa, da anni è il maestro nella speciale arte di fare ammuina. Non solo nell’ambito del contagio, in occasione del quale ha chiuso le filiali (prima si chiamavano chiese), fatto sostituire l’acqua santa con l’igienizzante e dettato la linea ufficiale sull’epidemia. Per Jorge Mario Bergoglio vaccinarsi è un dovere, non sappiamo se laico, religioso o che altro. Silenzio assordante sul senso dell’accaduto, su un’interpretazione del male e della sofferenza alla luce della speranza cristiana.
Bergoglio fa ammuina, semina confusione e, come nella vignette di Giovannino Guareschi, proclama il “contrordine, compagni!” nella chiesa, non più cattolica (Francesco dixit: Dio non è cattolico), non più tanto romana (sinodale, ecumenica o, più prosaicamente, dove ciascuno fa e dice ciò che gli frulla in capo) e tanto meno apostolica. E’ stato il gesuita venuto dalla fine del mondo a condannare l’apostolato missionario, sbrigativamente derubricato a proselitismo: una cosa brutta, pare. Non parliamo di Pachamama l’idolo amazzonico portato in San Pietro, delle dichiarazioni improvvide in materia di legge naturale e morale sessuale (“chi sono io per giudicare?”) e, trascuriamo che l’unica salvezza ammessa sembra essere quella ecologica del pianeta, stando a encicliche in cui si cerca invano il nome di Dio.
Ora è arrivata la svalutazione dei Dieci Comandamenti, Non possiamo non dirci cristiani, affermò Benedetto Croce, ma erano altri tempi. Oggi tocca fuggire da un’istituzione il cui declino si rivela una gigantesca crisi di fede. Nessuno, dal pulpito o da Santa Marta (il Vaticano è la sede di rappresentanza) parla più di Dio, del destino eterno dell’uomo. Il Nazzareno è resuscitato il terzo giorno, oppure qualcuno ne ha trafugato le spoglie e messo al suo posto un sosia, mostrato a Tommaso, agli stupefatti uomini di Emmaus e ai discepoli?
Gli innumerevoli contrordini della chiesa post moderna (o post chiesa?) sono il più drammatico dei tradimenti. Producono dolore morale e perfino fisico. E’ come vedere con i propri occhi l’ostentato tradimento della persona amata, che per di più ci sorride. La domanda è tremenda: ci hanno imbrogliato per venti secoli, o sono impazziti negli ultimi decenni? Abbiamo creduto, come tanti prima di noi, che la Chiesa fosse “madre e maestra”. Diventata matrigna e rigettato il ruolo di guida a partire dell’oblio della legge naturale (i principi non negoziabili a cui è indifferente il papa protempore), a che serve la vecchia, venerabile, religione cattolica?
E’ ancora una fede, se, tra continui contrordini, non è più solida pietra tra le tempeste – il ruolo assegnato dal Figlio – ma fa ammuina e corre qua e là come i marinai borbonici? L’ultimo colpo riguarda i Dieci Comandamenti, simbolo dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Per il tifoso del San Lorenzo de Almagro, i comandamenti “non sono assoluti. La loro funzione è limitata nel tempo e conducono all’incontro con Gesù Cristo che ci giustifica gratuitamente.” Tale è la catechesi pronunciata in udienza generale. Stavolta, almeno, Bergoglio non si è interrotto per rispondere al telefono, come in un’occasione precedente.
La Legge, “certamente aveva avuto delle funzioni restrittive” ma anche – bontà sua- “una funzione positiva, ma limitata nel tempo. Non si può estendere la sua durata oltre misura, perché è legata alla maturazione delle persone e alla loro scelta di libertà. Una volta che si giunge alla fede, la Legge esaurisce la sua valenza propedeutica e deve cedere il posto a un’altra autorità. “Quello che ci giustifica- prosegue – è Gesù Cristo. I Comandamenti si devono osservare, ma non ci danno la giustizia; c’è la gratuità di Gesù Cristo, l’incontro con Gesù che ci giustifica gratuitamente. “
Par di capire che più che di comandamenti, si trattasse di consigli bonari del tempo che fu. E se Gesù giustifica tutto, a che valgono le opere, i comportamenti, fare il bene e fuggire il male? Nella migliore delle ipotesi, è luteranesimo rimasticato (la giustificazione per fede), nella peggiore è l’adesione alla vulgata occidentale moderna, per la quale i comandamenti sono un irricevibile elenco di divieti e prescrizioni, indegni dell’uomo sovrano di se stesso.
Qual è il posto di Dio, se c’è ancora? Gesù “giustifica gratuitamente”, dunque a nulla vale una vita onesta, in cui non si ruba, non si uccide, non si fornica, non si desiderano la donna e la roba d’altri, si onora il padre e la madre, o i genitori 1 e 2. Gesù appare, più che misericordioso, indifferente al giusto e al peccatore. Nello sforzo di fare ammuina, l’uomo di bianco vestito va oltre. “Come vivo io? Nella paura che se non faccio questo andrò all’inferno? O vivo anche con quella speranza, con quella gioia della gratuità della salvezza in Gesù Cristo? “
Insomma, ciò che fu santo e giusto – i suoi predecessori lo chiamavano timor di Dio- è un comportamento ridicolo, indegno dell’orgoglioso uomo moderno. Desideroso di stupire come certi dissacratori, Bergoglio ne ha sparata una ancora più grossa: “Hai fatto questo, pertanto la Legge – i Dieci Comandamenti – dice questo: tu sei in peccato. Anzi, come insegna l’esperienza comune, il precetto finisce per stimolare la trasgressione.” Meglio quindi tacere su ciò che è bene e ciò che è male, lasciare che ciascuno sia legge a se stesso, in un relativismo esistenziale in cui la fede in Gesù (ma è ancora Dio?) giustifica tutto. Se, come asserivano nel buio passato, c’è un’altra vita, lassù c’è posto per tutti. Gesù salva a prescindere. Applausi a scena aperta da assassini, ladri e mentitori.
Stremato, al termine dell’udienza, l’anziano vescovo di Roma si è concesso una ricreazione a biliardino, un toccasana per lo spirito. Lasciamo ai sapienti ogni considerazione teologica, ma resta un’amarezza infinita, un vuoto che solo la preghiera del credente può superare. E gli altri, i dubbiosi, gli agnostici, quelli che attendono una parola forte, un segno di speranza, una scintilla di eternità?
Un libriccino di Marc Augè si intitola Le tre parole che cambiarono il mondo. Quelle parole sono “dio non esiste” e chi le pronuncia è il titolare della cattedra di Pietro. Il 1 aprile (il giorno delle burle), la domenica di Pasqua – la Resurrezione – il pontefice si affaccia e fa il clamoroso annuncio. Nel libro, il cui protagonista è lo scienziato Theophile (amico di Dio) che si fa chiamare Theophobe (il nemico di Dio) al messaggio segue il crollo di tutte le religioni.
Per Augé, ateo, è l’inizio della felicità per l’umanità liberata da conflitti e false credenze. Per noi, è esattamente il contrario. A piccoli passi, un’ammuina dopo l’altra, al papa di Roma non resterà che pronunciare le medesime, fatidiche parole: Dio non esiste, non ci crediamo più, abbiamo scherzato per duemila anni.
Forse esageriamo, interpretiamo malamente i messaggi di Santa Marta, sede operativa del Vaticano, ma ci sembra che il vero dramma sia l’indifferenza, lo sbadiglio che accoglie le parole del papa. Le chiese sono vuote e mancano le vocazioni. Chi dedicherebbe la vita a qualcuno che forse non esiste, chi seguirebbe comandamenti che sono banali suggerimenti senza impegno, figli di un tempo lontano tra la sabbia del deserto ?
Poi, magicamente (come altro dire?) arriva la fede in Gesù, un profeta del trapassato remoto, un grand’uomo, un potente guaritore (parole del biblista cardinale Ravasi) e siamo salvati. Come nel gioco infantile, al termine dell’ammuina, tana libera tutti. Che cosa arriviamo a pensare!
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-papa-dell-ammuina/
POLITICA
Della sostituzione e dei complotti
SCRITTO DA GABRIELE ADINOLFI 31 AGOSTO 2021
In Francia Marine Le Pen apre il dibattito
Marine Le Pen ha affermato che la cosiddetta “sostituzione di popolazione” è una tesi complottista.
Non sappiamo esattamente cosa intenda la figlia del grande uomo politico, ma l’occasione è ghiotta per rimettere le lancette al punto giusto.
Open Society e Onu
È innegabile che esista un programma, figlio di un’ideologia (definita dell’Open Society), che mira a favorire tale sostituzione nel miraggio di un’umanità nuova senza più alcuna identità storica, culturale, cultuale e perfino sessuale. Plasticamente questa linea è rappresentata da Soros ma trova riscontro in una pletora infinita di strutture private transnazionali e fa capo all’ideologia dell’Onu. Sigla questa, lo ricordiamo, nata all’epoca per definire le potenze alleate del neocolonialismo multinazionale che dichiararono, scatenarono e portarono a termine la Seconda Guerra Mondiale.
L’unione tra quell’ideologia a suo modo “messianica” e gli infiniti interessi di combriccole private si trova sicuramente a monte di questo processo e mira alla sostituzione di popolazione.
Marine ha quindi torto nel tacciare la tesi di complottismo? Non proprio, e vediamo perché.
Gli imbecilli
Il “complottismo” in quest’ambito come in altri (Gran Reset, ditattura sanitaria, vaccini), altro non è che la riduzione semplicistica di un processo storico-politico al potere assoluto di poche persone in grado di decidere qualunque cosa su chiunque, indissolubilmente unite tra loro, onnipotenti, ma identificabili come il Male Assoluto che potrà essere rimosso se e quando il “popolo” prenderà coscienza di sé e le rovescerà. Una logica da adolescenti turbati e una visione piatta, priva di dimensioni, subprimitiva, del reale, condita con salse apocalittiche e con trasporti psicotici scambiati unilateralmente per mistici o religiosi. Insomma: il complottismo altro non è che la versione incolta e pornografica della cultura dietrologica. I complottisti sanno sempre chi muove le fila e per conto di chi, ma lo sanno talmente bene che ogniqualvolta che s’imbattono in agenti d’influenza altrui non li riconoscono, ogni volta che incontrano provocatori si fanno provocatori essi stessi e, soprattutto, mai colgono alcunché delle dinamiche, per non parlare delle faglie dei processi in corso.
Non c’è da stupirsi che Marine prenda le distanze da questi semplicismi idioti, che ella sappia o meno che sono la deformazione impresentabile di alcuni dati ed elementi reali di cui gli imbecilli non sono in grado di vedere altra espressione se non quella dettata dalla loro imbecillità.
Democrazie neuronali
Paradossalmente i complottisti non riescono neppure a vedere i complotti in atto che si limitano a immaginare in modo astratto e grezzo e non si rendono conto delle mille cose che avvengono realmente dietro le quinte. Né, ribadisco, sono i grado di cogliere le falle dei ragionamenti stereotipati. Per rimanere in tema, si pensi a come il Piano Morgenthau per la Germania venne bocciato dagli stessi sodali del ministro americano, o come l’Unione Europea sia entrata in attrito con l’Onu nel tentativo di calmierare la nostra politica di trasbordo di migranti dal Mediterraneo meridionale. Per non parlare dell’azione di Macron in Niger per strozzare i flussi migratori verso nord.
Non intendo assolutamente rigettare, anzi affermo con convinzione, la valenza delle pianificazioni e delle minoranze decisionali. Ma la democrazia dei neuroni che permette a qualsiasi coglione di agitarsi via net e di spararle grosse, si fonda sulla totale assenza di comprensione delle cose più elementari che vanno dalla obbligatoria dissidenza interna di qualsiasi vertice mondiale alla mancanza di osservazione dei dati oggettivi sui quali le minoranze sovversive intervengono, sì, ma che vanno avanti da sé e di cui spesso siamo noi i principali colpevoli.
Fare autocritica!
Restando nell’argomento, Marine Le Pen ha ragione a convalidare piuttosto la posizione di Alain de Benoist che vede nel processo di trasformazione biologica e culturale in Occidente la legge dei vuoti che si riempiono. Il nostro egoismo individualista, la nostra adolescenza interminabile, sono divenuti sentenze di suicidio biologico su cui interagiscono ovviamente le ondate migratorie da Sud; un Sud “decolonizzato” per essere meglio sfruttato e che, in cambio dell’utilizzo delle sue materie prime e delle postazioni geopolitiche (che comunque andiamo perdendo a vantaggio di Cina, Turchia e altri attori minori) comporta anche le migrazioni e, di rimbalzo, le rimesse finanziarie dei migranti.
Denunciare l’ideologia dei Vincitori e quindi l’Open Society e, con essa, le associazioni di sfruttamento dei disperati, invece di lodare Emergency come se fosse un ente di beneficenza, identificare il ruolo delle diverse chiese e quello del Crimine Organizzato, è indispensabile. Ma anche quando lo si faccia bene, lontani anni luce delle barzellette apocalittiche dei complottisti da strapazzo, ciò resta ampiamente insufficiente. Perché il problema nasce da noi e non basta prendersela con le conseguenze o con coloro che in esse prosperano. Gli stessi che vorrebbero fare quadrato contro la “sostituzione di popolazione” si dimenticano che il processo dell’Open Society non è solo dermatologico. Al centro della disgregazione dell’identità – sacralità a parte – c’è l’imposizione della Teoria del Genere che di sicuro non viene dagli immigrati, né dai cinesi o dai turchi.
Morale:
non c’è risposta possibile che si basi sulla denuncia del nemico, anche quando non si sbagli nemico, come, ahimè, il più delle volte accade. Identificare nemico e meccanismi è importantissimo, ma prima ancora ci siamo noi. Il primo nemico sei tu è un monito che vale sempre: nella vita individuale, nella politica e a livello di civiltà, soprattutto nei processi di decadenza.
Per quanto altri abbiano colpe nella nostra disintegrazione, nessuno l’ha più di noi e non è certo con le lamentele complottiste o dandosi di gomito tra furbetti che ci si rimetterà in piedi aspettando il risveglio di un mitico “popolo” che tanto assomiglia alla “classe operaia” dei deliri rossi di qualche decennio fa.
FONTE: http://www.noreporter.org/index.php/alterview/28038-della-sostituzione-e-dei-complotti
La sinistra che difende i negazionisti delle foibe
29 Agosto 2021 – 21:01
È tornato “Soccorso Rosso”. Da Il Manifesto all’Anpi, passando per Nicola Fratoianni, sono tanti i compagni scesi in campo in difesa di Tomaso Montanari, il prof toscano che aveva criticato il Giorno del Ricordo
I compagni nostrani si sono uniti, anzi stretti, attorno a Tomaso Montanari, neo eletto rettore dell’Università di Siena per stranieri, che il 23 agosto scorso sul Fatto Quotidiano ha rinnegato la Giornata del Ricordo, istituita nel 2004 per onorare le vittime delle foibe.
“Soccorso Rosso lo si era visto all’opera negli anni ’70 per tutelare brigatisti e affini. Be’, funziona ancora, ne fanno parte vecchi dinosauri e giovani cloni dei medesimi. Non ha più la prontezza di una volta, questa congrega dal pugno chiuso dev’ essersi infiacchita nella pigra estate tipica dei compagni che riposano, ma – scrive Renato Farina su Libero – ecco che ieri i suoi manipoli si sono finalmente stretti intorno al loro ultimo, francamente fiacco, campione, professor Tomaso Montanari”. Nella lista dei difensori del rettore toscano troviamo Il Manifesto che, solo tre giorni dopo la pubblicazione dell’ormai noto articolo,“ha suonato l’esile ma rossissima trombetta con Francesco Pallante” spiegando che bisogna “smascherare le balle dei colonialisti, dei fascisti e dei loro epigoni”. Ieri, invece, è stata la volta del capo della Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, il quale, secondo Farina, si è spinto in un’operazione“di pieno revisionismo del revisionismo“. Il deputato post-comunista si è scagliato contro“la destra urlante” che “non ha fatto i conti con il nazifascismo” piuttosto che fare autocritica sugli omicidi commessi dai titini.
Gianni Barbacetto, editorialista del Fatto, ha paragonato “il revisionismo” a una sorta di festa “di Stato”.“Non è il revisionismo, ma la realtà delle cose e dei cadaveri tirata fuori mummificata, con il filo di ferro sotto le mandibole calcinate. Ma che cazzo di uomini siete? Tralasciamo Sandro Ruotolo, e luogotenenti dei Vopos”, osserva Farina nel suo articolo. Poi c’è Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Anpi, che soccorre il Montanari sbagliato. “Quello giusto si chiamava Otello, ed era partigiano, denunciò eccidi comunisti in Emilia. L’Anpi ci mise 26 anni a riabilitarlo perché aveva avuto il torto di confessare la verità”, si legge ancora su Libero. “Certo che la Shoah è un orrore senza pari, e i numeri dicono sei milioni. Ma qui non c’è da fare una gara a chi è il più cattivo e se un morto è più vittima di un altro morto. Ma di riconoscere che la strage di italiani infoibati non è stata un infortunio, un eccesso di zelo rivoluzionario, in un cammino di gloria partigiana”, spiega ancora Farina secondo cui quella strage“è stata il fiore naturale e malvagio di una strategia per eliminare ogni ostacolo all’instaurazione di un regime totalitario”. Persino “anche il consenso del Pci, almeno nel 1943” perché eliminare gli italiani non comunisti avrebbe favorito l’annessione alla nascente Jugoslavia dell’Italia orientale. In definitiva, sentenzia Farina, il Soccorso Rosso a Montanari è un “soccorso fognario”.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/sinistra-che-difende-montanari-negazionista-delle-foibe-1971741.html
SCIENZE TECNOLOGIE
Quanto costa la sorveglianza dei cittadini?
Operando in ottica di trasparenza, alcune organizzazioni – impegnate per il diritto alla privacy dei cittadini – sono riuscite ad avere dal Dipartimento di Polizia di New York i dati con i costi delle diverse società fornitrici dei servizi.
La Legal Aid Society (LAS) e il Surveillance Technology Oversight Project (STOP), organizzazioni impegnate nel campo del diritto alla privacy dei cittadini, sono riusciti ad ottenere che il Dipartimento di Polizia di New York renda pubblica la documentazione, comprensiva dei contratti con i fornitori, relativa ai milioni di dollari spesi in sistemi di riconoscimento facciale, software predittivi ed altri sistemi di sorveglianza.
STOP e altri gruppi di tutela della privacy hanno redatto il Public Oversight of Surveillance Technology (POST) Act, approvato con ampia maggioranza lo scorso anno dal Consiglio della Città di New York. Tale normativa obbliga il Dipartimento di Polizia cittadino a rendere pubblici i dettagli relativi alla propria infrastruttura di sorveglianza. Fra i dati esposti per trasparenza, è ora necessario includere il funzionamento, le regole, i processi, le linee guida, gli standard di sicurezza fisica e di protezione delle informazioni raccolte da droni, lettori di targhe automobilistiche, videocamere, simulatori di ripetitori telefonici e delle altre strumentazioni di monitoraggio.
Consultando i dati resi disponibili, è stato recentemente appurato che dal 2007 il Dipartimento di Polizia di New York ha sborsato, restando al di fuori dei sistemi di supervisione in uso per altre tipologie di spese, ben 159 milioni di dollari per l’acquisto e il mantenimento in esercizio di vari sistemi di sorveglianza. Gli acquisti sono stati effettuati dal Dipartimento tramite un Fondo per le Spese Speciali, per attingere al quale non era necessaria l’approvazione del Consiglio della Città di New York né di altri organi cittadini. Il Fondo per le Spese Speciali non è più utilizzato, perché ormai privato della propria ragion d’essere in tale rinnovato scenario.
All’interno della documentazione pubblicata si trovano diverse Società, fra cui alcune specializzate in prodotti particolari:
- Palantir Technologies, una startup della Silicon Valley che fornisce al Dipartimento un software in grado di gestire dati sugli arresti effettuati, sulle targhe automobilistiche, sui biglietti dei parcheggi e su molte altre realtà quotidiane, collegandoli anche in via grafica ed incrociandoli al fine di evidenziare connessioni fra eventi criminosi e fra persone.
- American Science and Engineering, specializzata in equipaggiamenti a raggi-x che rilevano armi nascoste, anche all’interno di veicoli o edifici e a più di 400 metri di distanza.
- Idemia Solutions, specializzata in biometria, impiegata per il riconoscimento facciale, tecnologia attualmente al centro di numerose polemiche per motivi di privacy e perché non ancora totalmente affidabile.
- KeyW Corporation, che fornisce simulatori di ripetitori cellulari di tipo Stingray, conosciuti come “catturatori di IMSI” (International Mobile Subscriber Identity). Tali strumenti imitano i ripetitori telefonici al fine di venire agganciati dai cellulari per carpirne i dati, fra cui la posizione, o per compiere su di essi operazioni come ad esempio impedirne l’utilizzo mediante un attacco DoS.
Il Direttore Generale di STOP, Albert Fox Cahn, ha dichiarato pubblicamente che le tecnologie impiegate sono costose, invasive, non funzionano correttamente e la loro efficacia non è provata, e che errori causati da tali tecnologie sono spesso il primo passo che porta ad un arresto e al conseguente imprigionamento ingiusto, il tutto per colpa di un algoritmo fallace.
La pubblicazione dei dati relativi alle tecnologie di sorveglianza costituisce un passo avanti nella trasparenza delle Istituzioni nei confronti dei cittadini, ed è sintomo di un crescente interesse al bilanciamento fra privacy e sicurezza.
FONTE: https://www.infosec.news/2021/08/15/news/cittadini-e-utenti/quanto-costa-la-sorveglianza-dei-cittadini/
La macchina del moto perpetuo, la moglie ubriaca e la botte piena, la crescita sostenibile…
Tre scienziati che in passato hanno sostenuto la tesi delle “emissioni nette zero” (Net Zero) spiegano in un articolo pubblicato su The Conversation perché si tratta di un inganno pericoloso.
Sono James Dyke, Docente senior in sistemi globali, Università di Exeter; Robert Watson, Professore Emerito in Scienze Ambientali, Università di East Anglia, e Wolfgang Knorr, Ricercatore senior, geografia fisica e scienza degli ecosistemi, Università di Lund.
L’articolo è stato tradotto con DeepL, quindi abbiate pazienza se trovate qualcosa di poco chiaro, anzi andate a vedere l’originale in lingua inglese!
Scienziati del clima: il concetto di “emissioni nette zero” è una trappola pericolosa
A volte la presa di coscienza arriva in un lampo accecante. I contorni sfocati prendono forma e improvvisamente tutto ha un senso. Sotto queste rivelazioni c’è di solito un processo molto più lento. I dubbi in fondo alla mente crescono. Il senso di confusione che le cose non possono essere fatte combaciare aumenta fino a quando qualcosa scatta. O forse scatta.
Collettivamente noi tre autori di questo articolo dobbiamo aver passato più di 80 anni a pensare al cambiamento climatico. Perché ci abbiamo messo così tanto a parlare dei pericoli evidenti del concetto di emissioni nette zero? In nostra difesa, la premessa di net zero è ingannevolmente semplice – e ammettiamo che ci ha ingannato.
Le minacce del cambiamento climatico sono il risultato diretto della presenza di troppa anidride carbonica nell’atmosfera. Quindi ne consegue che dobbiamo smettere di emetterne di più e persino eliminarne una parte. Questa idea è centrale nell’attuale piano del mondo per evitare la catastrofe. In effetti, ci sono molti suggerimenti su come farlo effettivamente, dalla piantagione di massa di alberi, ai dispositivi high tech di cattura diretta dell’aria che succhiano l’anidride carbonica dall’aria.
Leggi di più: Non ci sono abbastanza alberi nel mondo per compensare le emissioni di carbonio della società – e non ci saranno mai
Il consenso attuale è che se impieghiamo queste e altre cosiddette tecniche di “rimozione dell’anidride carbonica” allo stesso tempo in cui riduciamo la nostra combustione di combustibili fossili, possiamo arrestare più rapidamente il riscaldamento globale. Si spera che verso la metà di questo secolo raggiungeremo lo “zero netto”. Questo è il punto in cui qualsiasi emissione residua di gas serra è bilanciata dalle tecnologie che li rimuovono dall’atmosfera.
La fabbrica Climeworks con il trattore in primo piano. Un impianto per catturare l’anidride carbonica dall’aria sul tetto di un impianto di incenerimento dei rifiuti a Hinwil, Svizzera 18 luglio 2017. Questo è uno dei pochi progetti dimostrativi attualmente in funzione. REUTERS/Arnd Wiegmann
Questa è una grande idea, in linea di principio. Sfortunatamente, in pratica aiuta a perpetuare una credenza nella salvezza tecnologica e diminuisce il senso di urgenza che circonda la necessità di ridurre le emissioni ora.
Siamo arrivati alla dolorosa constatazione che l’idea della emissioni nette zero ha autorizzato un approccio sconsiderato del tipo “brucia ora, paga dopo” che ha visto le emissioni di carbonio continuare a salire. Ha anche accelerato la distruzione del mondo naturale aumentando la deforestazione oggi, e aumenta notevolmente il rischio di ulteriori devastazioni in futuro.
Per capire come questo sia successo, come l’umanità si sia giocata la sua civiltà su nient’altro che promesse di soluzioni future, dobbiamo tornare alla fine degli anni ’80, quando il cambiamento climatico è esploso sulla scena internazionale.
Passi verso le emissioni nette zero
Il 22 giugno 1988, James Hansen era l’amministratore del Goddard Institute for Space Studies della Nasa, un incarico prestigioso ma in gran parte sconosciuto al di fuori del mondo accademico.
Nel pomeriggio del 23 era sulla buona strada per diventare lo scienziato del clima più famoso del mondo. Questo è stato il risultato diretto della sua testimonianza al Congresso degli Stati Uniti, quando ha presentato in modo forense le prove che il clima della Terra si stava riscaldando e che gli esseri umani erano la causa principale: “L’effetto serra è stato rilevato, e sta cambiando il nostro clima ora”.
Se avessimo agito sulla base della testimonianza di Hanson all’epoca, saremmo stati in grado di decarbonizzare le nostre società a un tasso di circa il 2% all’anno per darci circa due possibilità su tre di limitare il riscaldamento a non più di 1,5°C. Sarebbe stata una sfida enorme, ma il compito principale a quel tempo sarebbe stato quello di fermare semplicemente l’uso accelerato dei combustibili fossili, ripartendo equamente le emissioni future.
Grafico che dimostra quanto velocemente deve avvenire la mitigazione per mantenere 1,5℃. © Robbie Andrew, CC BY
Quattro anni dopo, c’erano barlumi di speranza che questo sarebbe stato possibile. Durante il Summit della Terra del 1992 a Rio, tutte le nazioni hanno concordato di stabilizzare le concentrazioni di gas serra per garantire che non producessero pericolose interferenze con il clima. Il vertice di Kyoto del 1997 ha tentato di iniziare a mettere in pratica questo obiettivo. Ma con il passare degli anni, il compito iniziale di tenerci al sicuro è diventato sempre più difficile, dato il continuo aumento dell’uso di combustibili fossili.
Fu in quel periodo che vennero sviluppati i primi modelli informatici che collegavano le emissioni di gas serra all’impatto sui diversi settori dell’economia. Questi modelli ibridi clima-economia sono conosciuti come Modelli di Valutazione Integrata. Permettevano ai modellisti di collegare l’attività economica al clima esplorando, per esempio, come i cambiamenti negli investimenti e nella tecnologia potessero portare a cambiamenti nelle emissioni di gas serra.
Sembravano un miracolo: si potevano mettere alla prova le politiche sullo schermo di un computer prima di implementarle, risparmiando all’umanità costose sperimentazioni. Sono emersi rapidamente per diventare una guida chiave per la politica climatica. Un primato che mantengono tuttora.
Sfortunatamente, hanno anche rimosso la necessità di un profondo pensiero critico. Tali modelli rappresentano la società come una rete di acquirenti e venditori idealizzati e senza emozioni e quindi ignorano le complesse realtà sociali e politiche, o anche gli impatti del cambiamento climatico stesso. La loro promessa implicita è che gli approcci basati sul mercato funzioneranno sempre. Questo significa che le discussioni sulle politiche sono state limitate a quelle più convenienti per i politici: cambiamenti incrementali alla legislazione e alle tasse.
Intorno al periodo in cui sono stati sviluppati per la prima volta, si stavano facendo sforzi per assicurare l’azione degli Stati Uniti sul clima, permettendo loro di contare i sink biosferici [carbon sink] delle foreste del paese. Gli Stati Uniti sostenevano che se avessero gestito bene le loro foreste, sarebbero stati in grado di immagazzinare una grande quantità di carbonio negli alberi e nel suolo che dovrebbe essere sottratta dai loro obblighi di limitare la combustione di carbone, petrolio e gas. Alla fine, gli Stati Uniti hanno ampiamente ottenuto ciò che volevano. Ironicamente, le concessioni sono state tutte vane, dato che il senato americano non ha mai ratificato l’accordo.
Postulare un futuro con più alberi potrebbe in effetti compensare la combustione di carbone, petrolio e gas di adesso. Poiché i modelli potevano facilmente sfornare numeri che vedevano l’anidride carbonica atmosferica scendere quanto si voleva, si potevano esplorare scenari sempre più sofisticati che riducevano l’urgenza percepita di ridurre l’uso dei combustibili fossili. Includendo i pozzi di carbonio nei modelli economico-climatici, un vaso di Pandora era stato aperto.
È qui che troviamo la genesi delle odierne politiche net zero.
Detto questo, la maggior parte dell’attenzione a metà degli anni ’90 era concentrata sull’aumento dell’efficienza energetica e sul cambio di energia (come il passaggio del Regno Unito dal carbone al gas) e sul potenziale dell’energia nucleare di fornire grandi quantità di elettricità senza carbonio. La speranza era che tali innovazioni avrebbero rapidamente invertito l’aumento delle emissioni dei combustibili fossili.
Ma verso la fine del nuovo millennio era chiaro che tali speranze erano infondate. Dato il loro presupposto fondamentale di cambiamento incrementale, stava diventando sempre più difficile per i modelli economico-climatici trovare percorsi praticabili per evitare pericolosi cambiamenti climatici. In risposta, i modelli cominciarono a includere sempre più esempi di cattura e stoccaggio del carbonio, una tecnologia che potrebbe rimuovere l’anidride carbonica dalle centrali a carbone e poi immagazzinare il carbonio catturato in profondità nel sottosuolo a tempo indeterminato.
Il sito di prova del carbonio, cattura e stoccaggio di Tomakomai, Hokkaido, Giappone, marzo 2018. Nel corso dei suoi tre anni di vita, si spera che questo progetto dimostrativo catturi una quantità di carbonio pari a circa 1/100.000 delle attuali emissioni annuali globali. Il carbonio catturato sarà convogliato in depositi geologici in profondità sotto il fondo del mare, dove dovrà rimanere per secoli. REUTERS/Aaron Sheldrick
Questo era stato dimostrato essere possibile in linea di principio: l’anidride carbonica compressa era stata separata dal gas fossile e poi iniettata nel sottosuolo in una serie di progetti fin dagli anni ’70. Questi schemi di Enhanced Oil Recovery erano progettati per forzare i gas nei pozzi di petrolio per spingere il petrolio verso le piattaforme di trivellazione e permettere così di recuperarne di più – petrolio che poi sarebbe stato bruciato, rilasciando ancora più anidride carbonica nell’atmosfera.
La cattura e lo stoccaggio del carbonio offriva il vantaggio che invece di usare l’anidride carbonica per estrarre più petrolio, il gas sarebbe stato lasciato sottoterra e rimosso dall’atmosfera. Questa promessa tecnologia rivoluzionaria avrebbe permesso un carbone rispettoso del clima e quindi la continuazione dell’uso di questo combustibile fossile. Ma molto prima che il mondo fosse testimone di tali schemi, l’ipotetico processo era stato incluso nei modelli economico-climatici. Alla fine, la semplice prospettiva della cattura e dello stoccaggio del carbonio ha dato ai politici una via d’uscita dal fare i tanto necessari tagli alle emissioni di gas serra.
L’ascesa di emissioni nette zero
Quando la comunità internazionale del cambiamento climatico si è riunita a Copenhagen nel 2009, era chiaro che la cattura e lo stoccaggio del carbonio non sarebbero stati sufficienti per due motivi.
In primo luogo, non esisteva ancora. Non c’erano impianti di cattura e stoccaggio del carbonio in funzione in nessuna centrale a carbone e nessuna prospettiva che la tecnologia potesse avere un impatto sull’aumento delle emissioni dovute all’aumento dell’uso del carbone nel prossimo futuro.
La più grande barriera all’implementazione era essenzialmente il costo. La motivazione per bruciare grandi quantità di carbone è quella di generare elettricità relativamente economica. Adattare gli scrubber di carbonio alle centrali elettriche esistenti, costruire l’infrastruttura per convogliare il carbonio catturato e sviluppare siti di stoccaggio geologico adatti richiedeva enormi somme di denaro. Di conseguenza, l’unica applicazione della cattura del carbonio in funzione, allora come oggi, è l’uso del gas intrappolato in schemi di recupero del petrolio. Al di là di un singolo esemplare dimostrativo, non c’è mai stata alcuna cattura di anidride carbonica da un camino di una centrale elettrica a carbone, con il carbonio catturato che viene poi immagazzinato sottoterra.
Altrettanto importante, dal 2009 stava diventando sempre più chiaro che non sarebbe stato possibile fare nemmeno le riduzioni graduali richieste dai politici. Questo era il caso anche se la cattura e lo stoccaggio del carbonio fossero stati attivi e funzionanti. La quantità di anidride carbonica che veniva pompata nell’aria ogni anno significava che l’umanità stava rapidamente esaurendo il tempo.
Con le speranze di una soluzione alla crisi climatica che si affievoliscono di nuovo, era necessario un altra bacchetta magica. Era necessaria una tecnologia non solo per rallentare la crescente concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, ma anche per invertirla. In risposta, la comunità dei modelli climatico-economici – già in grado di includere nei loro modelli i sink biosferici di origine vegetale e lo stoccaggio geologico del carbonio – adottò sempre più la “soluzione” di combinare le due cose.
Fu così che la Bioenergy Carbon Capture and Storage, o BECCS, emerse rapidamente come la nuova tecnologia salvatrice. Bruciando biomasse “sostituibili” come il legno, le colture e i rifiuti agricoli al posto del carbone nelle centrali elettriche, e poi catturando l’anidride carbonica dal camino della centrale e immagazzinandola nel sottosuolo, il BECCS potrebbe produrre elettricità e allo stesso tempo rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera. Questo perché quando la biomassa, come gli alberi, cresce, aspira l’anidride carbonica dall’atmosfera. Piantando alberi e altre colture bioenergetiche e immagazzinando l’anidride carbonica rilasciata quando vengono bruciati, più carbonio potrebbe essere rimosso dall’atmosfera.
Con questa nuova soluzione in mano, la comunità internazionale si è riunita dopo ripetuti fallimenti per organizzare un altro tentativo di limitare la nostra pericolosa interferenza con il clima. La scena era pronta per la cruciale conferenza sul clima del 2015 a Parigi.
Una falsa alba parigina
Quando il suo segretario generale ha concluso la 21esima conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, un grande boato si è levato dalla folla. La gente è saltata in piedi, gli estranei si sono abbracciati, le lacrime sono sgorgate dagli occhi iniettati di sangue per la mancanza di sonno.
Le emozioni in mostra il 13 dicembre 2015 non erano solo per le telecamere. Dopo settimane di estenuanti negoziati ad alto livello a Parigi, una svolta era stata finalmente raggiunta. Contro ogni aspettativa, dopo decenni di false partenze e fallimenti, la comunità internazionale aveva finalmente accettato di fare il necessario per limitare il riscaldamento globale a ben meno di 2°C, preferibilmente a 1,5°C, rispetto ai livelli preindustriali.
L’accordo di Parigi è stata una vittoria sorprendente per coloro che sono più a rischio a causa del cambiamento climatico. Le ricche nazioni industrializzate saranno sempre più colpite dall’aumento delle temperature globali. Ma sono gli stati insulari bassi come le Maldive e le Isole Marshall che sono a rischio esistenziale imminente. Come un successivo rapporto speciale delle Nazioni Unite ha chiarito, se l’accordo di Parigi non fosse in grado di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, il numero di vite perse per tempeste più intense, incendi, ondate di calore, carestie e inondazioni aumenterebbe significativamente.
Ma scavando un po’ più a fondo, si potrebbe trovare un’altra emozione in agguato tra i delegati il 13 dicembre. Il dubbio. Facciamo fatica a nominare uno scienziato del clima che all’epoca pensasse che l’accordo di Parigi fosse fattibile. Da allora ci è stato detto da alcuni scienziati che l’accordo di Parigi era “naturalmente importante per la giustizia climatica, ma impraticabile” e “uno shock completo, nessuno pensava che limitare a 1,5°C fosse possibile”. Invece di essere in grado di limitare il riscaldamento a 1,5°C, un alto accademico coinvolto nell’IPCC ha concluso che ci stiamo dirigendo oltre i 3°C entro la fine di questo secolo.
Invece di affrontare i nostri dubbi, noi scienziati abbiamo deciso di costruire mondi fantastici sempre più elaborati in cui saremmo stati al sicuro. Il prezzo da pagare per la nostra vigliaccheria: dover tenere la bocca chiusa sull’assurdità sempre crescente della rimozione di anidride carbonica su scala planetaria richiesta.
Al centro della scena c’era il BECCS, perché all’epoca era l’unico modo in cui i modelli climatico-economici potevano trovare scenari che fossero coerenti con l’accordo di Parigi. Invece di stabilizzarsi, le emissioni globali di anidride carbonica erano aumentate di circa il 60% dal 1992.
Ahimè, il BECCS, proprio come tutte le soluzioni precedenti, era troppo bello per essere vero.
Negli scenari prodotti dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) con il 66% o più di possibilità di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C, il BECCS avrebbe dovuto rimuovere 12 miliardi di tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Il BECCS su questa scala richiederebbe schemi massicci di piantagione di alberi e colture bioenergetiche.
La Terra ha certamente bisogno di più alberi. L’umanità ne ha abbattuti circa tre trilioni da quando abbiamo iniziato a coltivare circa 13.000 anni fa. Ma piuttosto che permettere agli ecosistemi di riprendersi dagli impatti umani e alle foreste di ricrescere, il BECCS si riferisce generalmente a piantagioni su scala industriale dedicate e regolarmente raccolte per la bioenergia, piuttosto che al carbonio immagazzinato nei tronchi, nelle radici e nei suoli delle foreste.
Attualmente, i due biocarburanti più efficienti sono la canna da zucchero per il bioetanolo e l’olio di palma per il biodiesel – entrambi coltivati ai tropici. File interminabili di queste monocolture a crescita rapida o di altre colture bioenergetiche, raccolte a intervalli frequenti, devastano la biodiversità.
È stato stimato che il BECCS richiederebbe tra 0,4 e 1,2 miliardi di ettari di terra. Cioè dal 25% all’80% di tutta la terra attualmente coltivata. Come si potrà ottenere tutto ciò allo stesso tempo di nutrire 8-10 miliardi di persone verso la metà del secolo o senza distruggere la vegetazione nativa e la biodiversità?
Coltivare miliardi di alberi consumerebbe grandi quantità di acqua – in alcuni luoghi dove la gente ha già sete. L’aumento della copertura forestale a latitudini più alte può avere un effetto di riscaldamento generale perché sostituire i pascoli o i campi con le foreste significa che la superficie della terra diventa più scura. Questa terra più scura assorbe più energia dal sole e quindi le temperature aumentano. Concentrarsi sullo sviluppo di vaste piantagioni nelle nazioni tropicali più povere comporta il rischio reale che le persone siano cacciate dalle loro terre.
E spesso si dimentica che gli alberi e la terra in generale già assorbono e immagazzinano grandi quantità di carbonio attraverso quello che è chiamato il naturale serbatoio di carbonio terrestre. Interferendo con esso si potrebbe sia interrompere il sink biosferico che portare a una doppia contabilizzazione.
Poiché questi impatti stanno diventando più chiari, il senso di ottimismo intorno al BECCS è diminuito.
Sogni d’oro
Data l’emergente consapevolezza di quanto sarebbe difficile Parigi alla luce del continuo aumento delle emissioni e del limitato potenziale del BECCS, una nuova parola d’ordine è emersa nei circoli politici: lo “scenario di overshoot“. Le temperature verrebbero lasciate andare oltre 1,5°C nel breve termine, ma poi verrebbero abbassate con una serie di rimozioni di anidride carbonica entro la fine del secolo. Questo significa che net zero significa effettivamente carbonio negativo. Entro pochi decenni, dovremo trasformare la nostra civiltà da una che attualmente pompa 40 miliardi di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera ogni anno, a una che produce una rimozione netta di decine di miliardi.
La piantagione di massa di alberi, per la bioenergia o come tentativo di compensazione, era stato l’ultimo tentativo di bloccare i tagli all’uso dei combustibili fossili. Ma il bisogno sempre crescente di rimozione del carbonio chiedeva di più. Ecco perché ha preso piede l’idea della cattura diretta dell’aria, ora propagandata da alcuni come la tecnologia più promettente in circolazione. È generalmente più benevola per gli ecosistemi perché richiede molto meno terreno per funzionare rispetto ai BECCS, compreso il terreno necessario per alimentarli usando il vento o i pannelli solari.
Sfortunatamente, è opinione diffusa che la cattura diretta dell’aria, a causa dei suoi costi esorbitanti e della richiesta di energia, se mai diventerà fattibile per essere distribuita su scala, non sarà in grado di competere con il BECCS con il suo vorace appetito per i terreni agricoli di prima qualità.
La serra Climeworks Gebr. Meier Greenhouse a Hinwil, Zurigo. Il CO2 aumenta la resa delle colture grazie alla cattura diretta dell’aria. Questi progetti dimostrano interessanti applicazioni possibili per il carbonio catturato, ma non c’è alcuna prospettiva che abbiano un impatto misurabile sulla riduzione del riscaldamento globale. Orjan Ellingvag/Alamy
Ora dovrebbe essere chiaro dove si va. A mano a mano che il miraggio di ogni magica soluzione tecnica scompare, un’altra alternativa altrettanto impraticabile spunta per prendere il suo posto. La prossima è già all’orizzonte – ed è ancora più orribile. Una volta che ci rendiamo conto che la emissioni nette zero non avverrà in tempo o addirittura per niente, la geoingegneria – l’intervento deliberato e su larga scala nel sistema climatico della Terra – sarà probabilmente invocata come la soluzione per limitare gli aumenti di temperatura.
Una delle idee di geoingegneria più studiate è la gestione della radiazione solare – l’iniezione di milioni di tonnellate di acido solforico nella stratosfera che rifletterà parte dell’energia del Sole lontano dalla Terra. È un’idea folle, ma alcuni accademici e politici sono mortalmente seri, nonostante i rischi significativi. La National Academies of Sciences degli Stati Uniti, per esempio, ha raccomandato di stanziare fino a 200 milioni di dollari nei prossimi cinque anni per esplorare come la geoingegneria potrebbe essere implementata e regolata. I finanziamenti e la ricerca in questo settore aumenteranno sicuramente in modo significativo.
Verità difficili
In linea di principio non c’è nulla di sbagliato o pericoloso nelle proposte di rimozione dell’anidride carbonica. In effetti, sviluppare modi per ridurre le concentrazioni di anidride carbonica può sembrare tremendamente eccitante. State usando la scienza e l’ingegneria per salvare l’umanità dal disastro. Quello che state facendo è importante. C’è anche la consapevolezza che la rimozione del carbonio sarà necessaria per assorbire alcune delle emissioni di settori come l’aviazione e la produzione di cemento. Quindi ci sarà un piccolo ruolo per un certo numero di approcci diversi di rimozione dell’anidride carbonica.
I problemi sorgono quando si presume che questi possano essere distribuiti su vasta scala. Questo serve effettivamente come un assegno in bianco per continuare a bruciare combustibili fossili e accelerare la distruzione dell’habitat.
Le tecnologie di riduzione del carbonio e la geoingegneria dovrebbero essere viste come una sorta di seggiolino eiettabile che potrebbe spingere l’umanità lontano da un rapido e catastrofico cambiamento ambientale. Proprio come un sedile eiettabile in un aereo a reazione, dovrebbe essere usato solo come ultima risorsa. Tuttavia, i politici e le imprese sembrano essere del tutto seri nello schierare tecnologie altamente speculative come un modo per far atterrare la nostra civiltà in una destinazione sostenibile. In realtà, queste non sono altro che favole.
L’unico modo per mantenere l’umanità al sicuro è l’immediato e sostenuto taglio radicale delle emissioni di gas serra in un modo socialmente giusto.
Gli accademici si vedono tipicamente come servitori della società. Infatti, molti sono impiegati come dipendenti pubblici. Quelli che lavorano all’interfaccia tra scienza del clima e politica lottano disperatamente con un problema sempre più difficile. Allo stesso modo, quelli che sostengono la emissioni nette zero come un modo per rompere le barriere che trattengono un’azione efficace sul clima lavorano anche con le migliori intenzioni.
La tragedia è che i loro sforzi collettivi non sono mai stati in grado di lanciare una sfida efficace a un processo di politica climatica che avrebbe permesso di esplorare solo una gamma ristretta di scenari.
La maggior parte degli accademici si sente chiaramente a disagio nel superare la linea invisibile che separa il loro lavoro quotidiano da preoccupazioni sociali e politiche più ampie. Ci sono timori genuini che essere visti come sostenitori a favore o contro particolari questioni possa minacciare la loro indipendenza percepita. Gli scienziati sono una delle professioni più fidate. La fiducia è molto difficile da costruire e facile da distruggere.
Ma c’è un’altra linea invisibile, quella che separa il mantenimento dell’integrità accademica dall’autocensura. Come scienziati, ci viene insegnato ad essere scettici, a sottoporre le ipotesi a test e interrogatori rigorosi. Ma quando si tratta forse della più grande sfida che l’umanità affronta, spesso mostriamo una pericolosa mancanza di analisi critica.
In privato, gli scienziati esprimono un significativo scetticismo sull’Accordo di Parigi, il BECCS, la compensazione [offsetting], la geoingegneria e il net zero. A parte alcune eccezioni degne di nota, in pubblico continuiamo tranquillamente il nostro lavoro, richiediamo finanziamenti, pubblichiamo articoli e insegniamo. La strada verso il disastroso cambiamento climatico è lastricata di studi di fattibilità e valutazioni d’impatto.
Invece di riconoscere la gravità della nostra situazione, continuiamo a partecipare alla fantasia della remissioni nette zero. Cosa faremo quando la realtà morde? Cosa diremo ai nostri amici e ai nostri cari del nostro fallimento nel parlare ora?
Lo striscione recita “Dite la verità, il 2050 è troppo tardi”.
Una giovane donna protesta contro l’obiettivo del Regno Unito di raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050, che molti credono sia troppo tardi.
È giunto il momento di dare voce alle nostre paure e di essere onesti con la società in generale. Le attuali politiche “net zero” non manterranno il riscaldamento entro 1,5°C perché non sono mai state pensate per questo. Erano e sono ancora guidate dal bisogno di proteggere il business as usual, non il clima. Se vogliamo mantenere le persone al sicuro, allora tagli grandi e sostenuti alle emissioni di carbonio devono avvenire ora. Questo è la semplicissimo cartina tornasole che deve essere applicata a tutte le politiche climatiche. Il tempo dei desideri è finito.
Dichiarazione di divulgazione
Gli autori non lavorano per, consultano, possiedono azioni o ricevono finanziamenti da alcuna azienda o organizzazione che potrebbe beneficiare di questo articolo, e non hanno rivelato alcuna affiliazione rilevante al di là della loro nomina accademica.
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Università di LundUniversità di East Anglia
La Lund University e la University of East Anglia forniscono finanziamenti come membri di The Conversation UK.
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FONTE: https://www.apocalottimismo.it/la-trappola-delle-emissioni-nette-zero/
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