RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
20 GENNAIO 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
La nostra esistenza viene sprecata nei particolari …. Semplificare, semplificare
(Thoreau)
In: Piccolo breviario Zen, Sonzogno, 1996, pag. 61
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SOMMARIO
UNIONE EUROPEA. UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA E L’ITALIA È FUORI DA TUTTO
LA GIORNALISTA ITALIANA DELLA RAI CACCIATA DALLA DEPUTATA RUMENA
Il Comune di Ravenna è finito sotto la lente del Garante della privacy per aver tracciato i positivi a Covid-19 tramite geolocalizzazione
Ravenna positivi tracciati a distanza: sistema di geolocalizzazione per i controlli
Grande fratello a Ravenna per tracciare i positivi
LA SUPERCAZZOLA DI CARTABELLOTTA
Cos’è davvero il Green Deal.
Washington rifiuta di ascoltare Russia e Cina
Il motivo per cui la Norvegia annuncia requisizione veicoli privati per la guerra alla Russia
IL POTERE IN MANO A GENTE INETTA E IMMORALE
CULTURA DELLA CANCELLAZIONE
È la contraddizione che muove il mondo
Von der Leyen: Gli algoritmi dovrebbero monitorare sistematicamente la comunicazione dei cittadini
Per i non vaccinati è pericoloso guidare….
Bill Gates ammette che il suo investimento di $ 10 miliardi in vaccini gli ha fatto guadagnare $ 200 miliardi
Bloomberg: il debito italiano può rompere l’euro. Perciò….
L’euro sta affrontando un anno decisivo
TAGLI ALLA SANITA’
Germania attua il “2030 non avrai nulla e sarai felice” per le abitazioni
IL CSM TRA CASSAZIONE E CONSIGLIO DI STATO NEL CREPUSCOLARE SILENZIO DI MATTARELLA
Tiboni (MIC): “Vietate pressioni e discriminazioni”
Risoluzione n. 2361/2021 e Regolamento 953/2021: cosa dicono
Verifica della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale disponendo incombenti istruttori
Notizie da aperimerda.
A PROPOSITO DI IMMIGRAZIONE: I NUOVI SCHIAVI DEL XXI SECOLO
Germania, Kaputt!
Nuova tassazione delle pensioni
Vendette trasversali australiane contro la Serbia?
Germania attua il “2030 non avrai nulla e sarai felice” per le abitazioni
Il discorso di Xi Jinping all’evento virtuale dell’Agenda di Davos
Il sette più sette di Mattarella e Draghi in nome della stabilità istituzionale 2030
Gravi errori della Civiltà cattolica sulla proposta di legge in tema di “suicidio assistito”
MORTI ASTRA ZENECA. ESCLUSA CORRELAZIONE
EDITORIALE
UNIONE EUROPEA. UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA E L’ITALIA È FUORI DA TUTTO
Manlio Lo Presti – 20 gennaio 2022
http://www.opinione-pubblica.com/dio-ci-salvi-da-europa-unita-coronavirus/
Con la nomina della maltese in successione all’ex giornalista italico deceduto, il posto di una istituzione UE a targa italiana è rientrato nell’alveo delle FIVE EYES (Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti) poiché Malta allinea il suo ruolo internazionale con le strategie di questa alleanza di sorveglianza mondiale a tutela degli interessi inglesi nel mondo.
La piccolezza di Malta può indurre a pensare che il peso del ruolo di Presidente del parlamento europeo sia diminuito di importanza. La piccola repubblica in mezzo al mare è una colonna del potere anglosassone nel pianeta, sebbene questa influenza sia in caduta libera. Il suo potere è testimoniato dal fatto che nessun organismo mondiale né la Comunità europea hanno mai intrapreso azioni sanzionatorie avverso il comportamento aggressivo melitense contro i migranti che vengono regolarmente sparati non appena si avvicinano alle coste del piccolo arcipelago. Ben altro accadrebbe se lo facessero gli italiani a protezione delle coste nazionali!!!!!
Rimane il ruolo attualmente ricoperto dal Commissario europeo per gli affari economici e monetari nella Commissione von der Leyen, detto ER MOVIOLA. Con la sua rapidissima rimozione (forse nuovo presidente della repubblica?), si completerà la totale esclusione della ex-italia dagli organismi comunitari.
Sotto il bombardamento diversivo del terrore dello psychovirus, nessuno avverte gli scricchiolii causati da segnali di pericolo contro l’autonomia ed il ruolo del nostro Paese all’interno dell’unione europea. Lo stritolamento e il processo di emarginazione dell’Italia non si è mai fermato. La crescita effettiva in termini politici ed economici farebbe della penisola un concorrente temibile di cui Francia, Germania e USA non hanno bisogno. Anzi, essi vogliono decisamente che l’Italia sia sull’orlo del collasso ma sempre in grado di pagare gli interessi stratosferici su un debito pubblico impossibile da gestire da quando è entrato l’euro a trazione germanica e da quando fu stabilito il famoso “divorzio Banca d’Italia – Tesoro” che impediva che la nostra banca centrale comprasse i titoli di Stato. Gli Stati membri UE devono collocare i titoli del loro debito pubblico sul mercato europeo.
Al di fuori da quasi tutto, estromessa dai nuclei decisionali della UE, la ex-italia deve rimanere inchiodata a combattere un virus, mentre altri Paesi (sempre quelli che contano) hanno stabilito che l’epidemia è finita. Gli Alti comandi hanno deciso che il popolo italiano deve continuare ad essere sottoposto a campagne terroristiche, con l’economia quasi vicina al blocco totale per vendere aziende italiane ad imprese straniere a prezzi stracciati. Nel frattempo, il nostro Paese deve pagare la quota annuale onerose alla UE dalla quale riceve quote inferiori, deve fornire soldati per tutti i conflitti provocati dagli anglo americani e dalla Nato, deve accogliere incondizionatamente migranti che poi gli Stati europei non si prendono per la parte loro spettante. Infine, vanno pagati gli interessi sul debito che inglesi, americani, francesi e soprattutto tedeschi non vogliono che sia estinto, nonostante le sprezzanti e minacciose dichiarazioni di odio verso l’italietta spendacciona che, guarda caso, ha un totale di risparmio nazionale che è il doppio di tutti i risparmi dei ventisei Paesi messi insieme. Capite adesso perché la ex-italia è un bersaglio?
Intanto, gli scricchiolii aumentano, intanto gli avvertimenti dei rapporti giornalieri sul tavolo della presidenza consiglio non vengono esaminati, intanto il Paese continua ad indebitarsi, intanto l’evasione fiscale ha superato la cifra di cento miliardi annui, intanto abbiamo un volume terrificante di riciclaggio eseguito liberamente dalle otto mafie operanti nel territorio nazionale, intanto la popolazione soffre, intanto la denatalità imperversa e si traffica per sostituire la popolazione con crescenti ondate migratorie gestite da una precisa catena professionale privata di accoglienza coordinata e dominata da una “Comunità” dalle dimensioni sempre più vicine a quelle della mitologica SPECTRE… Intanto il Paese muore.
È il piano degli Alti Comandi, bellezza!
IN EVIDENZA
LA GIORNALISTA ITALIANA DELLA RAI CACCIATA DALLA DEPUTATA RUMENA
AUGUSTO SINAGRA
La giornalista della RAI tale Lucia Goracci si era recata a Bucarest per una intervista della Senatrice rumena Diana Sosoaca.
La cosa ha preso una piega giustamente inammissibile per la Senatrice rumena che, incalzata dalla ignota giornalista italiana, avrebbe dovuto dire contrariamente alla sua volontà, che era favorevole alle pozioni magiche mentre viceversa la Senatrice ne è convintamente contraria.
All’invito della Senatrice di andar via l’ignota giornalista Lucia Goracci e la sua troupe ha preteso di permanere nell’Ufficio della Senatrice rumena per costringere questa a dire quel che non voleva.
Su richiesta della Senatrice rumena è intervenuta la Polizia rumena la quale, come fanno tutte le Polizie del mondo, ha condotto questa vivace giornalista presso i propri Uffici per le dovute procedure di identificazione sua e di chi l’accompagnava.
La RAI italiana ne ha dato un’informazione totalmente rovesciata nel senso che la Senatrice rumena non si sa bene per quale ragione avrebbe chiuso nel suo Ufficio questa curiosa giornalista e così sequestrandola e poi dopo il sequestro sarebbe continuato presso gli Uffici di Polizia.
Premesso che evidentemente alla RAI confondono la Romania che è Paese di antica civiltà dai tempi di Decebal e di Traiano, oltre che Paese di grande cultura dove gran parte dei cittadini parla correntemente soprattutto il francese e l’italiano, con qualche sperduto Staterello del Caribe o della Costa occidentale africana, quello che fa più ridere è che la ignota giornalista e chi l’accompagnava sarebbe stata liberata per l’intervento dell’Ambasciata italiana a Bucarest e un ignoto Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri (un non meglio conosciuto Dalla Vedova) avrebbe vivamente protestato con l’Ambasciatore rumeno a Roma ovviamente impaurito e terrorizzato dinanzi a cotanta autorità italiana.
Se i fatti sono questi, e questi sono i fatti, è il caso di ricordare che l’informazione italiana, cominciando dalla RAI, è al 77° posto nella graduatoria internazionale in tema di veridicità e di attendibilità.
Poi c’è che la diplomazia italiana non ha ormai più alcuna voce non solo nei consessi internazionali, ma neanche nei rapporti bilaterali.
Quanto all’autorità governativa italiana, questa ancora corrisponde all’icastica ironia di Giovannino Guareschi che sul “Candido” annunciava che, avendo San Marino richiesto lo sbocco al mare, il governo italiano aveva subito ceduto Rimini e il suo territorio.
Poi vi è la parte della Polizia rumena che andrebbe comparata con la Polizia italiana, che pur operando nella sua stragrande maggioranza con correttezza e professionalità, quanto ad abusi non è propriamente Santa Maria Goretti. Ed è quella stessa Polizia italiana che si giova di reparti specialistici di misuratori dei moti ondulatori, e che cioè infiltra suoi Agenti con il criminoso scopo di provocare disordini e scontri.
Per quel che mi riguarda, conoscendo la storia e la cultura della Nazione rumena ed avendo grande considerazione per il Popolo rumeno (che non va confuso con i Rom e nel quale certo vi sono anche soggetti non raccomandabili come ce ne sono anche nel Popolo italiano), mi sento in dovere di presentare le mie scuse personali per la gravissima diffamazione consumata in suo danno, in danno di una sua rappresentante del Popolo e dello stesso governo rumeno.
AUGUSTO SINAGRA
FONTE: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=148863350815625&id=100070758812209
Il Comune di Ravenna è finito sotto la lente del Garante della privacy per aver tracciato i positivi a Covid-19 tramite geolocalizzazione
Il Comune di Ravenna è finito sotto la lente del Garante della privacy per aver usato un servizio di geolocalizzazione, al fine di verificare il rispetto della quarantena delle persone positive a Covid-19. Il sistema, attivo dall’inizio della pandemia, prevede l’invio del dato di posizione dallo smartphone dell’interessato o dell’interessata alla polizia locale della città romagnola. Nonostante funzioni su base volontaria, ha sollevato diverse polemiche relative al presunto trattamento dei dati personali così raccolti dal comune, per questo il Garante ha deciso di aprire un’istruttoria sul caso.
“In relazione alle recenti notizie di stampa secondo le quali la polizia locale di Ravenna tratterebbe dati personali relativi alla geolocalizzazione dei soggetti positivi a Covid-19 per verificare il rispetto della misura dell’isolamento – ha scritto il Garante – il Comune dovrà far pervenire all’Autorità ogni elemento utile alla valutazione del trattamento di dati effettuato”.
Nello specifico, l’amministrazione dovrà fornire informazioni dettagliate rispetto alle modalità del trattamento dei dati, alle applicazioni e agli strumenti usati per il funzionamento del sistema di controllo, alle modalità e alla durata temporale della conservazione dei dati. Il comune dovrà quindi dimostrare di aver rispettato i principi di proporzionalità e di minimizzazione del trattamento, come previsto dalle normative nazionali e europee. Infine, dovrà anche indicare quali misure tecniche e organizzative sono state adottate per garantire un adeguato livello di sicurezza al trattamento e alla conservazione dei dati.
Le autorità locali, riporta il Corriere di Bologna, hanno difeso il servizio, sostenendo come non si tratti di un tracciamento generalizzato delle persone in quarantena, ma di una semplice alternativa alla verifica in presenza, che le persone possono accettare o rifiutare. “Chi viene selezionato per il controllo – ha dichiarato il sindaco di Ravenna Michele De Pascale – è totalmente consapevole e consenziente di quello che gli viene proposto”. Pertanto, il Comune ha fatto sapere di non essere intenzionato a sospendere l’opzione di verifica tramite la geolocalizzazione.
FONTE: https://www.wired.it/article/covid-19-positivi-geolocalizzazione-comune-ravenna-garante-privacy-tracciamento/
Ravenna positivi tracciati a distanza: sistema di geolocalizzazione per i controlli
VIDEO
“Mattino Cinque News” nella centrale dove vengono effettuati gli accertamenti della Polizia locale
Tracciamento e controllo dei positivi attraverso un sistema di geolocalizzazione. È il sistema con cui la Polizia locale di Ravenna sta facendo fronte all’emergenza legata dall’incremento dei contagi da Omicron di questi giorni: per accertare il rispetto delle quarantene vengono effettuati controlli telefonici chiedendo alle persone l’invio della propria posizione Gps in tempo reale a un numero cellulare di servizio che viene fornito durante la telefonata.
A spiegare come funziona il sistema a “Mattino Cinque News” è il comandante Andrea Giacomini: “Svolgiamo controlli su elenchi che si sono ingranditi a vista d’occhio negli ultimi tempi – ha spiegato – di solito svolgiamo la visita a domicilio come per una qualsiasi visita fiscale. Tuttavia, la tecnologia oggi ci permette di verificare la posizione delle persone in quarantena: basta inviarci la propria posizione su WhatsApp a un numero di telefono che forniamo al momento della nostra chiamata. Chi invece è poco pratico o non vuole fornire la propria posizione, verrà sottoposto al controllo tradizionale con una pattuglia che si presenterà direttamente al domicilio”.
FONTE: https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/emilia-romagna/ravenna-positivi-tracciati-a-distanza-sistema-di-geolocalizzazione-per-i-controlli_44472010-202202k.shtml
Grande fratello a Ravenna per tracciare i positivi
L’ULTIMA TROVATA DELLA POLIZIA LOCALE: AI CITTADINI VIENE CHIESTO DI INVIARE LA GEOLOCALIZZAZIONE
Lo diciamo da tempo: all’inferno si scende a piccoli passi. E la cosa peggiore non è tanto l’ingombrante intromissione dello Stato nella vita privata dei cittadini che il Covid sta producendo. Ma il fatto che le “autorità” si vantano pure di aver creato sistemi di controllo al limite della Corea del Nord.
Chi pensava che dopo la prima ondata non avremmo più rivisto la polizia coi droni a caccia di runner, rivoltosi col cane o pericolosi bagnanti isolati, beh: si sbagliava. La terza (o quarta?) ondata sembra essere riuscita nell’impossibile compito di produrre molto di peggio. Siamo a Ravenna, dove la polizia locale ha trovato un modo innovativo per controllare che positivi e quarantenati rispettino le disposizioni di isolamento. Anziché presentarsi a casa del malcapitato, lo tracciano utilizzando un sistema di geolocalizzazione. A spiegarlo a “Mattino Cinque News” è stato il comandante Andrea Giacomini: “La tecnologia oggi ci permette di verificare la posizione delle persone in quarantena: basta inviarci la propria posizione su WhatsApp a un numero di telefono che forniamo al momento della nostra chiamata. Chi invece è poco pratico o non vuole fornire la propria posizione, verrà sottoposto al controllo tradizionale con una pattuglia che si presenterà direttamente al domicilio”.
Chiaro? In pratica funziona così. La polizia pesca un numero di persone da controllare, le chiama a casa e presenta due opzioni: ricevere una classica visita a casa oppure inviare la posizione tramite messaggino. E se la “vittima” non risponde al telefono? Viene subito “inviata la pattuglia sul posto”. Non si scappa. Livelli di controllo che Xi Jinping scansete. Qualcuno dirà: “E che sarà mai? Se non hai nulla da nascondere, non ci sono problemi”. Sbagliato. Perché oggi il Grande Fratello stile Pyongyang si applica sulle disposizioni anti-covid, ma domani chi lo sa: accertamenti fiscali, controlli incrociati, misure preventive. Sai dove cominci e mai dove finisci.
Forse allora, più che sponsorizzare la propria iniziativa, la polizia locale di Ravenna avrebbe fatto bene a mantenere l’anonimato. Invece l’ha rivendicata con orgoglio. “Non mi risulta che sistemi di sorveglianza di questo genere vengano applicati in altre parti d’Italia”, ha detto Giacomini. Per fortuna, aggiungiamo noi.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/grande-fratello-a-ravenna-per-tracciare-i-positivi/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
LA SUPERCAZZOLA DI CARTABELLOTTA
Per come sta evolvendo, si fa per dire, la lotta contro il Covid-19, mi sembra sempre più evidente che il coacervo di interessi che unisce molti politici, molti professionisti dell’informazione e molti personaggi, una volta oscuri, del mondo della medicina spinge questi ultimi a cercare in ogni modo di tenere il Paese bloccato sotto una coltre di perdurante terrore sanitario. Solo adottando questa chiave di lettura, a mio parere, è possibile comprendere l’impazzimento di un sistema che, malgrado l’altissima percentuale di vaccinati, è arrivato a imporre un lasciapassare per quasi ogni attività umana, escludendo del tutto dalla vita sociale chiunque non si pieghi all’ignobile ricatto del Governo.
Una evidente dimostrazione di tale assunto l’hanno offerta alcuni giorni orsono, durante Controcorrente, in onda in prima serata su Rete 4, Nino Cartabellotta, presidente del Gimbe ed Ettore Rosato, esponente di Italia Viva. Un renziano doc che non ha fatto altro, durante i suoi interventi, che ripetere a pappardella il mantra che il ministro Roberto Speranza ci propina ogni volta che ha l’occasione di parlare. In estrema sintesi, anche per Rosato dobbiamo preservare la salute dei cittadini, costringendo con ogni mezzo i riottosi a vaccinarsi, altrimenti questa massa di renitenti al vaccino – in realtà ridotti a una sorta di piccola riserva indiana – rischia di mandare in affanno gli ospedali, impedendo che vengano curate adeguatamente le persone affette da altre patologie.
E a questo strumentale e vergognoso ragionamento, che non tiene in alcun conto gli attuali e rassicuranti numeri delle ospedalizzazioni, ha fatto da controcanto il citato Cartabellotta il quale, in un acceso contraddittorio con un esasperato – a buona ragione – Vittorio Sgarbi, si è così espresso: “In questo momento il problema non è a livello individuale. Il problema è a livello di comunità; è a livello di servizio sanitario. Cioè, siccome noi oggi abbiamo le terapie intensive e le aree mediche prevalentemente occupate da persone che non hanno fatto il vaccino (il che è tutto da verificare), che hanno un rischio circa 10 volte superiore rispetto a chi si è vaccinato, soprattutto con tre dosi, il problema reale in questo momento non è la persecuzione del non vaccinato, ma è la necessità di aumentare la copertura vaccinale del Paese per evitare di intasare il Servizio sanitario nazionale. Se noi passiamo dalla logica della salute individuale a quella della salute collettiva, si legge in maniera diversa quello che è il problema del numero ancora elevato (la citata riserva indiana) di quelli che non si sono ancora vaccinati. Anche perché le persone suscettibili non sono soltanto i non vaccinati. Sono anche i vaccinati con due dosi e sono anche, purtroppo, i vaccinati con tre dosi che la variante omicron buca”.
Avete capito? I quattro gatti che ancora resistono al ricatto vaccinale, e che sono oramai divenuti il capro espiatorio per ogni cosa, devono vaccinarsi per non mandare al collasso gli ospedali – i quali, per la cronaca, non ci sono andati al collasso, anche quando i vaccini non erano ancora disponibili – ma lo debbono fare anche per non contagiare i vaccinati che sono alle prese con una variante, la “terrificante” Omicron, che comunque buca gli stessi vaccini. E dato che è oramai acclarato che questi stessi vaccini non evitano il contagio, l’inutile obiettivo di vaccinare tutti serve solo a giustificare un surreale stato d’emergenza senza emergenza. In tal senso, mi sembra evidente che con questo strabiliante giro di parole il buon Cartabellotta abbia finalmente inventato il moto perpetuo. Un moto perpetuo applicato alle restrizioni sanitarie che, bene che vada, potrà interrompersi nella primavera del 2023, quando torneremo a votare per il rinnovo di un Parlamento che ha da tempo perso la sua funzione di controllo sul Governo.
In questa ottica la ricerca ossessiva dei contagi di un virus sempre meno letale ma oramai endemico, con l’altrettanto ossessiva identificazione degli stessi con la malattia e la morte, appare del tutto funzionale al mantenimento di un clima di terrore sempre più scollegato dalla realtà dei numeri e dei fatti. Ora, considerando che ci sono già circa due milioni di persone in quarantena perché positive, di questo passo rischiamo seriamente di far collassare sul piano sistemico l’intero Paese, egregio dottor Cartabellotta, altro che chiacchiere.
FONTE: https://www.opinione.it/editoriali/2022/01/17/claudio-romiti_cartabellotta-gimbe-omicron-rosato-italia-viva-terrore-sanitario/
BELPAESE DA SALVARE
Cos’è davvero il Green Deal.
Lisa Stanton 14 01 2022
Il Green Deal (GD) è un’evoluzione del vincolo esterno, concetto teorizzato da Guido Carli nel 1993. Considerando l’Italia un caso disperato, una società retrograda in cui gli istinti animali prevalgono (sic), Carli pensava che fosse necessario legare il nostro paese a una struttura sovranazionale che vincolasse l’Italia a parametri di bilancio stringenti e a politiche economiche rigorose. Dunque l’Unione €Uropea con la sua moneta unica e le sue regole era il salvifico argine alla dissennatezza italiana.
Si tratta di una versione alta del topos culturale dell’Italietta provinciale, furbetta e corrotta, in cui trova agio tutto il lessico moralistico e retrivo del discorso pubblico degli ultimi trent’anni: casta, cricca, familismo amorale, poltrona, clientelismo, bamboccioni, sino all’immortale assioma popolare “se so’ magnati tutto”.
Un apparato ideologico rilanciato per decenni a ciclo continuo dai media e dagli stessi politici, che ha avuto l’effetto di indebolire la democrazia, favorire l’alienazione di molte prerogative statali all’Unione Europea e generare movimenti acchiappavoti in nome della lotta alla casta. Ora che abbiamo regalato a Bruxelles ampi spazi di autodeterminazione e che abbiamo visto i fustigatori di costumi divenire a loro volta casta (corrotta), siamo alle prese con ciò che resta del confuso trentennio post-Maastricht. Resta il vincolo esterno, più forte che mai e che da monetario, fiscale e istituzionale, si allarga ora sino a diventare industriale.
Il Green Deal lanciato in gran pompa dalla Commissione Europea è il tentativo di realizzare un nuovo terreno di competizione economica in cui l’€Uropa a trazione tedesca possa primeggiare. La creazione di un salto tecnologico quale è la transizione ecologica (auto elettrica in primis) impone una selezione all’interno dell’industria, una distruzione dell’esistente in favore di un nuovo paradigma.
Frans Timmermans, Commissario europeo per il clima, ha parlato proprio di vera e propria rivoluzione industriale. La prima vittima è il settore italiano dell’automotive. Il vincolo esterno industriale europeo, imposto attraverso il Green Deal e il NGEU, comincia ad operare da lì.
Ecco perché è importante contrastare in tutte le sedi le posizioni di ingenuo europeismo, che ci ricordano le parole di Giorgio Gaber:
“Qualcuno era europeista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era europeista perché non gli avevano detto tutto”.
(ladurezzadelvivere)
FONTE: https://www.facebook.com/100000248554468/posts/5031233646894871/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Washington rifiuta di ascoltare Russia e Cina
Per l’intera settimana la Russia ha atteso un riscontro alla proposta di Trattato per garantire la pace, cui però Washington ha mai alluso. Anzi, gli Stati Uniti hanno accusato la Russia di prepararsi ad attaccare l’Ucraina e di pianificare un’operazione sotto falsa bandiera per giustificare l’aggressione. La Russia non può più arretrare, ma ogni sua azione rischia di aprire un terzo conflitto mondiale.
Questo articolo è il seguito di:
1 – «La Russia vuole costringere gli USA a rispettare la Carta delle Nazioni Unite», 4 gennaio 2022.
2 – «In Kazakistan Washington porta avanti il piano della RAND, poi toccherà alla Transnistria», 11 gennaio 2022.
La stampa occidentale non riesce a seguire le relazioni fra i tre grandi (Cina, Stati Uniti e Russia) perché le segmenta. Considera ogni problema separatamente e non tiene conto dei collegamenti. In particolare, ignora la differenza tra il diritto anglosassone e quello delle Nazioni Unite, cadendo così in numerosi errori d’interpretazione.
La scorsa settimana Stati Uniti e Russia si sono incontrati tre volte per discutere le garanzie di pace:
– a Ginevra, a livello di viceministri degli Esteri;
– a Bruxelles, nella Commissione Nato-Russia;
– infine a Vienna, all’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa).
Gli Stati Uniti hanno rinnovato l’ammonimento riguardo alla presenza di 100 mila soldati russi alla frontiera con l’Ucraina; la Russia s’è invece indignata per il rifiuto degli USA di discutere la proposta di pace.
Frattanto il Congresso degli Stati Uniti discuteva di sanzioni contro la Russia; il dipartimento di Stato allargava alla Cina l’atteggiamento adottato verso la Russia e il dipartimento della Difesa valutava un incremento dell’arsenale militare.
Sullo sfondo, due iniziative di Washington: l’operazione di destabilizzazione del Kazakistan e il blocco economico totale della Transnistria, adottato dall’Unione Europea su pressione degli Stati Uniti.
Se gli Stati Uniti insistono a rifiutarsi di prendere in considerazione i rimproveri e le argomentazioni della Russia, Mosca minaccia di dispiegare proprie truppe nel bacino dei Caraibi.
L’unico passo in avanti è stata la possibilità di rilanciare i negoziati fra Stati Uniti e Russia sul controllo dei missili nucleari a media raggio, un Trattato rifiutato a suo tempo dal presidente Donald Trump.
IL CONTENUTO DEI NEGOZIATI
Dopo aver cenato amabilmente con gli omologhi russi all’arrivo a Ginevra, il mattino seguente, all’avvio dei negoziati, la delegazione statunitense li ha informati di avere ricevuto mandato solo per discutere del dispiegamento in Ucraina delle truppe americane e russe.
«Per noi le priorità più importanti sono altre: il non-allargamento della NATO, l’eliminazione dell’infrastruttura creata, la rinuncia ad alcune misure, non su base reciproca, bensì unilaterale da parte dell’Occidente» aveva dichiarato Sergey Riabkov sin dall’arrivo a Ginevra [1].
I russi hanno replicato che il mandato della delegazione USA non rispondeva, se non in via accessoria, all’obiettivo ufficiale dell’incontro: trovare garanzie che assicurino la pace mondiale. Wendy Sherman e Sergey Riabkov hanno poi passato in rassegna i temi su cui avrebbero potuto discutere, trovandone infine uno solo: un nuovo Trattato di riduzione dei missili nucleari a medio raggio; il Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) era stato infatti ricusato dal presidente Donald Trump.
Il giorno successivo Sherman ha partecipato alla riunione della Commissione Nato-Russia a Bruxelles. Viste le difficoltà degli ambasciatori alleati a valutare le intenzioni di Washington dopo l’abbandono dell’Afghanistan ai talebani e il tradimento della Francia con l’accordo AUKUS, Sherman ha permesso loro di prendere la parola per primi, per poi dichiarare infine alla delegazione russa: «Certo, voi siete uno e rispetto a voi noi siamo trenta, ma la nostra posizione è una sola». Ha poi delineato cosa accadrebbe all’Europa se Washington cedesse a Mosca: diventerebbe un continente nuovamente diviso in due zone d’influenza, una atlantista, l’altra russa, proprio come durante la guerra fredda.
Parole che hanno risvegliato drammatici ricordi, sicché gli ambasciatori alleati non sono stati più in grado di ascoltare altro. I dinieghi della delegazione russa – che ricordava di non essere sovietica e di non voler dividere il continente – erano solo un brusio di fondo. Forse i russi hanno presentato di nuovo le richieste di rispetto della Carta dell’Onu e della parola data, ma nessuno se ne ricorda.
I commenti della stampa statunitense hanno rilevato che la riunione ha dato alla Nato – denigrata dai presidenti Donald Trump ed Emmanuel Macron – una nuova ragione per esistere: combattere la Russia.
In queste condizioni, la terza riunione, quella dell’OSCE a Vienna, è stata solo, per usare l’aggettivo di Sergey Lavrov, «dilatoria». L’OSCE non ha poteri decisionali, è un forum istituito durante la guerra fredda per vagliare le posizioni. La presidenza svedese del Consiglio permanente dell’OSCE rispecchia la posizione di questo Paese: ufficialmente neutrale, al proprio interno dibatte la futura adesione alla Nato. Gli alleati si sono tenuti sulla difensiva, mentre gli stessi Stati Uniti cercavano di guadagnare tempo. Al termine della riunione non c’è stato nemmeno un comunicato finale.
Mosca s’aspettava un rifiuto in blocco da parte di Washington, ma è stata comunque disgustata dalla modalità usata dai diplomatici statunitensi per manipolare i membri della Nato e dell’OSCE. Per la seconda volta Putin si è scontrato con l’irrazionale comportamento degli europei dell’Unione: nel 2007, nell’intento di allontanarli dal sovrano statunitense, si recò infatti alla conferenza sulla Sicurezza di Monaco, esortando gli europei occidentali a interrogarsi su quale fosse il loro vero interesse [2]. Come oggi, anche allora il presidente russo aveva creduto, a torto, di poter catturare la loro attenzione, in particolare quella dei tedeschi.
È inevitabile prendere atto che la maggior parte dei dirigenti europei, salvo l’importante eccezione dei russi, non desidera l’indipendenza: rinunciano alla responsabilità e preferiscono essere proni a un ordine mondiale illegittimo e crudele.
ISTERIA A WASHINGTON
A Washington, la Casa Bianca è conscia di non possedere più i mezzi per perseguire la propria politica globale, ma non lo è la classe dirigente. Il Congresso è stato teatro di magniloquenti interventi di denuncia dell’impudenza russa, in particolare del presidente Vladimir Putin. I parlamentari sono arrivati al punto di discutere della possibilità di sanzionarlo personalmente, il che implicherebbe rompere le relazioni diplomatiche con la Russia. Nessuno sembra consapevole che gli Stati Uniti non sono più la prima potenza militare mondiale e che sono stati sostituiti da Russia e Cina.
Il Congresso si è diviso soprattutto sul possibile ripristino delle sanzioni contro il gasdotto Nord Stream 2, argomento meno stupido delle sanzioni contro il presidente russo. Il senatore repubblicano Marco Rubio ha difeso l’idea di sanzionare i tedeschi venuti a patti con «il diavolo», compreso l’ex cancelliere social-democratico Gerhard Schröder, che avrebbe pilotato la costruzione del gasdotto per far sì che i tedeschi non avessero scelta [3]. I Democratici invece, su consiglio della Casa Bianca, hanno sostenuto che sarebbe più assennato indurre i tedeschi a scegliere da soli il giusto campo, invece di costringerveli. Il governo ucraino ha appoggiato questa opzione di buon senso, ricordando che i tedeschi hanno negoziato garanzie affinché la Russia non utilizzi le forniture di gas come arma [4].
Il grottesco dibattito è nato perché tutti si sono dimenticati del motivo che indusse il presidente Joe Biden a togliere le sanzioni contro Nord Stream 2 poco prima del vertice russo-statunitense di Ginevra [5]: fu un mezzo per girare agli europei la fattura dei danni della guerra in Siria: avrebbero pagato il gas russo a buon mercato, ma un po’ meno a buon mercato del previsto. Nessuno ricorda nemmeno più che gli Stati Uniti hanno perso la guerra contro la Siria.
TUTTO CONTINUA COME SE NULLA FOSSE
Lungi dal cedere sulla questione di fondo, il dipartimento di Stato ha esteso la propria versione delle intenzioni russe alla Cina, che sostiene la Russia: ora non c’è più soltanto la Russia che vuole invadere l’Ucraina ed estendere la propria legge all’intera Europa orientale e centrale, c’è anche la Cina che vuole conquistare l’intero Mar Cinese.
Se la controversia con la Russia è posteriore alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, quella con la Cina rinvia a tempi più remoti, ossia al tragico periodo coloniale.
Per respingere le argomentazioni di Beijing, il dipartimento di Stato si basa su una decisione della Corte d’arbitrato dell’Aia del 2016, che dà torto alla Cina riguardo a una disputa territoriale con le Filippine [6]. Ma una corte d’arbitrato non è un tribunale; per di più, non essendo riconosciuta dalla Cina, questa Corte non ha arbitrato un bel nulla, ha soltanto ratificato l’interpretazione filippina della controversia. L’episodio, lungi dall’avere una qualche valenza giuridica, dimostra come gli Stati Uniti interpretino il diritto internazionale in generale e la Carta delle Nazioni Unite in particolare.
La Cina rivendica, a ragione, le isole che governava nel XVIII secolo e che ha abbandonato dopo essere crollata sotto i colpi di maglio della colonizzazione. La maggior parte di queste isole è rimasta disabitata fino a trent’anni fa, ossia fino al crollo dell’Unione Sovietica. Pretendendo assegnarle ai propri alleati della regione, gli Stati Uniti danno ulteriore prova dell’imperialismo conquistatore che li ha indotti a portare l’Europa centrale e orientale sotto il comando della Nato.
Inoltre, nella stessa settimana Washington ha proseguito nell’operazione di destabilizzazione del Kazakistan e di sostegno agli appelli a rovesciare il regime, lanciati da Parigi da Mukhtar Ablyazov. Infine ha incoraggiato l’Unione Europea a organizzare il blocco della Transnistria, Stato non riconosciuto incastrato tra Ucraina e Moldavia [7]. Sembra che gli Stati Uniti abbiano perso in Kazakistan, ma che stiano già preparando in Transnistria la successiva fase della loro strategia.
Gli Stati Uniti si trincerano nel rifiuto e inviano emissari a tutti i vassalli per avvertirli di un imminente attacco russo all’Ucraina, preceduto da una provocazione sotto falsa bandiera.
CONCLUSIONE PROVVISORIA
La settimana appena trascorsa ha dimostrato, come c’era d’aspettarsi, che gli Stati Uniti non intendono rispettare né la Carta delle Nazioni Unite né la parola data. Non arretreranno da nessuna parte di propria iniziativa. Le loro proposte mirano, nella migliore delle ipotesi, a preservare lo status quo.
La loro strategia sembra basata sulla convinzione che russi e cinesi non oseranno mai andare allo scontro. È la teoria dell’“uomo folle” (madman theory) usata a suo tempo dal presidente Richard Nixon contro l’Unione Sovietica: certo ho torto e forse non sono il più forte, ma sono pazzo e ho reazioni irrazionali e imprevedibili. Me ne infischio di vincere, sono comunque in grado di spaccare tutto. Un atteggiamento da giocatore di poker che non ha permesso agli Stati Uniti di vincere la guerra del Vietnam.
Quando la Russia ha pubblicato la proposta di Trattato di garanzia della pace aveva ovviamente previsto la successiva mossa. Ora però è costretta ad adattarla perché Washington è riuscita a radunare attorno a sé tutti i vassalli impauriti. Se scontro ci sarà, sarà nucleare e si chiuderà con un bilancio di centinaia di milioni di vittime.
Se Washington pianifica la prossima scaramuccia in Transnistria, Mosca s’appresta a compiere la nuova mossa, probabilmente nel bacino dei Caraibi, sul modello della crisi dei missili cubani del 1962. Si tratterebbe di provocare uno choc per far prendere coscienza alla classe dirigente statunitense che non ha più la superiorità di cui ha tanto fatto uso e abuso.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article215366.html
Il motivo per cui la Norvegia annuncia requisizione veicoli privati per la guerra alla Russia
Dichiarare lo stato di guerra è un’ottima scusa per instaurare la legge marziale, il che consente al governo la chiusura (non censura, chiusura) dei media e social alternativi al regime, e la giustificazione per gli espropri di proprietà privata progettato da Davos 2030. Senza necessariamente farla, la guerra. Constatato che l’opinione pubblica si è bevuta il covid come motivo per distruggere le economie nazionali, vedremo quadrate legioni di Sì-Vax esigere dal governo Draghi la guerra alla Russia perché Putin sta calpestando i diritti LGBT……
Un lettore che abita nel nordico paese mi riferisce la più grossa del giorno:
La Norvegia teme fortemente una guerra con la Russia.
Il Tg di Nrk1 annucia che domani 4155 automobilisti riceveranno una lettera di potenziale requisizione del veicolo per la durata di un anno con possibilità di estenzione per un altro anno, in quanto le forze armate norvegesi, visto l’ostilità russa in Ucraina, si sono accorte di non aver abbastanza veicoli. Le macchine che potenzialmente saranno requisite, stranamente non saranno elettriche, ma unicamente diesel e benzina, meglio se 4×4.
Notizia da far venire i brividi.
Preghiamo Dio di salvarci, la Madonna di proteggere i figli e S. Giuseppe per isegnarci a pregare.
Der Spiegel:
“La NATO perde le illusioni sulla possibilità di Ucraina di combattere le truppe russe in caso di invasione.
CULTURA
IL POTERE IN MANO A GENTE INETTA E IMMORALE
Citazione riportata da Eugenio Di Rienzo su Facebook il 18 01 2022
“Si arriva, dunque, alla conclusione che la politica, oggi, è il mezzo con cui la società civile tiene occupata la parte più inetta e immorale dei suoi membri.
Ecco che le tasse sarebbero, allora, il prezzo da pagare perché incapaci e malfattori lascino in pace i capaci e gli operosi. Questi ultimi, da parte loro, essendo più intelligenti, troveranno sempre il modo di rimediare alle decisioni degli imbecilli, o almeno di aggirarle.
Il potere –o meglio l’illusione del potere– sarebbe quindi detenuto non da un’élite, ma dalla feccia della società: i galantuomini, le persone intelligenti, competenti e laboriose non hanno bisogno della politica. Hanno già un lavoro.”
P.J. O’Rourke, All the truble in the world, (1994)
FONTE: https://www.facebook.com/eugenio.dirienzo/posts/4927510990630042
CULTURA DELLA CANCELLAZIONE
Siamo debitori a Paolo Mieli della brillante recensione del libro di Germano Maifreda sulle Immagini contese, una Storia politica delle figure dal Rinascimento alla cancel culture (Corriere della Sera, 18 gennaio 2022), libro che Mieli definisce “straordinario”. E si capisce bene che lo è. Tuttavia il fenomeno della “cultura della cancellazione”, a causa specialmente della piega che ha preso negli ultimi tempi, fino ad esiti più ridicoli che tragici, non è di quelli per i quali l’opera degli storici, pur autorevoli come Maifreda e Mieli, può fermarsi alle vicende di monumenti e quadri significativi. In “Monumenti sotto tiro”, il titolo appropriato alla recensione, viene spiegato che “le immagini pubbliche non sono neutre: è inevitabile che vengano contestate”.
Ecco uno dei punti non convincenti del libro. La contestazione andrebbe bene, se non sfociasse invece, spesso, in danneggiamento o addirittura distruzione. Porto gli ultimi esempi: la polverizzazione dei giganteschi Buddha di Bamiyan e la devastazione del sito archeologico di Palmira. Chi parlerebbe di contestazione? Se per contestazione intendiamo la riflessione critica sul perché e il percome di una statua o di un quadro, essa è sempre avvenuta. Appartiene alla storia che, intesa alla Croce, è sempre storia del presente perché lo storico guarda al passato con gli occhi di oggi. I posteri cambiano il giudizio degli antenati riflettendo l’attualità.
Scrive Maifreda che “la storia della creazione e quella della cancellazione sono necessariamente intersecate”. E Mieli conclude così: “Significa che ogni effigie destinata alla celebrazione pubblica di qualche personalità o evento storico è destinata, prima o poi, ad essere distrutta”. Può darsi che accada sempre o talvolta oppure che non accada mai. Tali accadimenti sono comunque il più incerto piedistallo della cancel culture. A parte la contraddizione insita nell’estremismo della “cultura della cancellazione”: infatti, tenere in piedi anziché abbattere il monumento contestato può servire la causa dei contestatori, in un certo senso. Il malanimo spinge gl’incolti ad espungere fisicamente dal panorama visivo gli emblemi che idealmente avversano.
La “cultura della cancellazione”, anche come espressione, è di per sé un ossimoro. Che essa non possegga nulla di culturale è dimostrato dal fatto (un fatto!) che, applicata ai libri, è inaccettabile e generalmente condannata, se non dai fanatici, dai dittatori, dai religiosi. Una statua o un quadro non sono che “libri” scritti in metallo e in marmo, con tele e colori, sull’ intonaco dei muri. Il processo distruttivo rivolto alle immagini del passato non è ‘comprensibile’ perché accade, ma accade perché ‘incompreso’. Ogni pretesa o pretesto di ‘comprensione’ diventa giustificazione infondata. L’iconoclastia è l’esantema dell’intolleranza, come il rogo dei libri. Sono operazioni ‘materiali’, che di ‘spirituale’ hanno soltanto l’odio degli operatori. Lo “straordinario libro” di Germano Maifreda, ed un pochino anche l’eccellente recensione di Paolo Mieli, hanno nondimeno un che di assolutorio del fenomeno. Mi correggo: un eccesso di distacco storico.
FONTE: https://www.opinione.it/editoriali/2022/01/19/pietro-di-muccio-de-quattro_cultura-cancellazione-libro-maifreda-mieli-iconoclastia/
È la contraddizione che muove il mondo
di Vladimiro Giacché
Testo della lectio al convegno Euro, mercati, democrazia e… conformismo EMD 2020, svoltosi a Montesilvano (PE) nei giorni 17 e 18 ottobre 2020
1. Una fine e un inizio
«La fine di qualcosa»: così il grande pianista canadese Glenn Gould, rivolgendosi al pubblico prima dell’inizio di uno dei suoi più straordinari concerti, definì la musica di Bach. Il pensiero di Hegel rappresenta l’ultimo grande tentativo sistematico della storia della filosofia, un’ambizione che già la generazione di filosofi successiva abbandonò. Da questo punto di vista la filosofia hegeliana è davvero anch’essa «la fine di qualcosa». Ma d’altra parte è innegabile che il pensiero di Hegel abbia esercitato un’enorme influenza sui filosofi successivi. Alcuni aspetti della sua filosofia hanno esercitato un potente influsso sulla storia – non soltanto del pensiero – sino ai giorni nostri. La filosofia di Hegel è quindi sia una fine che un inizio. Per questo motivo, e per un motivo più importante: perché, come vedremo più avanti, nel suo pensiero la fedeltà alla tradizione filosofica, la continuità rispetto a essa, si unisce a un forte elemento di rottura, nientemeno che rispetto a un principio cardine della tradizione filosofica quale quello di identità.
Il pensiero di Hegel, al pari di quello di tutti i grandi pensatori, fa parte del patrimonio culturale dell’umanità. Allo stesso modo di un monumento storico, di un dipinto, di un brano musicale. In quanto tale, fa parte di una storia. Ma il suo significato non si esaurisce in essa, eccede ogni interpretazione – e proprio per questo è in grado di parlare a generazioni diverse, di divenire alimento di un nuovo pensiero. Il pensiero di Hegel fa parte anche di noi, perché è inserito nella tradizione culturale in cui noi stessi pensiamo. Talvolta ridotto a frammenti, a singoli concetti, a frasi isolate, ma comunque già presente in noi inconsapevolmente anche prima dell’inizio di ogni lavoro interpretativo.
Del resto proprio Hegel, che pur negava che un singolo enunciato fosse in grado di esprimere una verità filosofica, aveva una spiccata capacità – sconosciuta ad altri filosofi – di condensare pensieri in brevi sentenze. Frasi come «Tutto ciò che è reale è razionale», «Il vero è il tutto», sono familiari anche a chi non abbia studiato approfonditamente il suo pensiero. Qui però ci soccorre un altro celebre detto hegeliano: «ciò che è noto, per ciò stesso non è conosciuto». Non possiamo dire di conoscere il significato di quegli enunciati se non siamo in grado di capire che cosa Hegel intendesse per «realtà», «razionalità», «verità» e «totalità». Anzi, proprio l’apparente familiarità con questi (e altri) concetti può essere fuorviante, non meno di quanto accada con certe parole straniere che hanno un suono simile alle nostre, ma un significato del tutto diverso. I traduttori chiamano queste parole «i falsi amici». Anche in filosofia dobbiamo guardarci dai «falsi amici».
Gli usi possibili di Hegel sono molti: nel suo pensiero si possono ricercare tanto l’istanza sistematica (ossia una lettura unitaria del mondo) quanto concetti utili per la comprensione della storia, tanto un’interpretazione delle scoperte scientifiche del suo tempo quanto una teoria dello Stato e della società. Ma una grande filosofia fa qualcosa di molto più importante di tutto questo: ridisegna il mondo, riconfigura il mondo, cambia il nostro modo di vederlo. Anche quando si parla degli strumenti per pensare che una filosofia ci pone a disposizione (quasi che si potesse usare il pensiero di un filosofo come si adopera un utensile), in fondo, se si parla seriamente, si parla di questo.
Su quali linee ridisegna il mondo Hegel? Quali sono le caratteristiche, i tratti caratterizzanti del suo pensiero?
2. Caratteri generali della filosofia hegeliana
Prima caratteristica: un pensiero anti-dicotomico. La filosofia hegeliana rifiuta le dicotomie: gli o…o, gli aut aut, le alternative secche, bloccate. Il ragionare per alternative secondo Hegel caratterizza il procedere dell’«intelletto», che separa le cose, crea opposizioni astratte. Intendiamoci, Hegel non pensa che questo modo di procedere sia assolutamente sbagliato (anche questo sarebbe un modo di pensare intellettualistico!). Al contrario: il modo di procedere dell’intelletto che separa e astrae (il metodo analitico) è fondamentale per la conoscenza scientifica. Esso è però insufficiente perché è unilaterale: in quanto tale, può consentirci di comprendere alcuni fenomeni – in particolare alcune strutture della realtà, relativamente poco complicate – ma non i fenomeni più importanti della vita, della storia e della società, e tantomeno la realtà nel suo insieme. Per comprendere i fenomeni più complessi e importanti del reale e per fare filosofia occorre la «ragione». La ragione è capace di pensare la complessità, in quanto è capace di pensare la «contraddizione», ossia di concepire nella loro unità le determinazioni contraddittorie di cui sono intessute le realtà più complesse. In questo senso Hegel nella Scienza della logica afferma che «il pensiero della contraddizione è il momento essenziale del concetto». Su questo aspetto cruciale della filosofia hegeliana tornerò più avanti.
Seconda caratteristica: il rapporto della filosofia con la storia. Il pensiero di Hegel individua uno stretto rapporto tra storia e filosofia. In due sensi. Primo: Hegel avversa le filosofie che, presupponendo che la verità sia eterna, contrappongono la storia al pensiero. Al contrario, egli vede uno stretto rapporto tra filosofia e conoscenza storica. Per intendere lo sviluppo del pensiero è importante conoscere la storia, a cominciare dalla stessa storia della filosofia. Secondo: per Hegel ogni filosofia ha uno stretto rapporto con la propria epoca: «la filosofia è il proprio tempo appreso in pensieri» è altro un detto hegeliano divenuto celebre.
Da questo molti interpreti hanno tratto la conclusione di uno Hegel “storicista”. Questo però non è vero, in almeno due sensi importanti. Hegel non è storicista, se si intende lo storicismo come giustificazionismo storico: per Hegel un’istituzione, una realtà storica non si giustifica per il solo fatto di essere il prodotto di una storia, di determinate circostanze. Chi, come la scuola storica del diritto, cerca di far passare «per una giustificazione universale» l’«origine di un’istituzione in determinate circostanze», finisce secondo Hegel per dimostrare il contrario di ciò che vorrebbe: «che cioè, poiché tali circostanze non ci sono più, l’istituzione ha perduto il suo senso e il suo diritto». Ma Hegel non è storicista neppure in un altro senso: per Hegel la conoscenza della struttura e della funzione di una determinata realtà non si identifica con la conoscenza della sua genesi. Al contrario, Hegel contrappone metodo genetico e metodo sistematico-concettuale del conoscere. Nella sua concezione della conoscenza filosofica la risposta alla domanda «che cosa?» ha un ruolo centrale, e non si risolve nella risposta alla domanda «come?», e neppure nella risposta alla domanda «perché?». Questo distingue l’approccio di Hegel sia da quello della tradizione storicistica che da quello di importanti correnti della filosofia del secondo Novecento, prima tra tutte l’ermeneutica. E lo avvicina per contro al filosofo analitico canadese William Dray, il quale, in un famoso dibattito sul metodo delle scienze storiche che si svolse tra gli anni Quaranta e gli anni Settanta del secolo scorso, rivendicò l’importanza per la spiegazione storica della risposta alla domanda «che cosa?», e quindi della «spiegazione per mezzo di un concetto generale piuttosto che per mezzo di una legge generale», della «classificazione» anziché della esibizione della genesi di un determinato fenomeno storico.
Ma vediamo quindi più da vicino il concetto di «spiegazione» in Hegel. Per Hegel «spiegare» un oggetto significa in generale dare una definizione appropriata della sua struttura (meglio: un insieme coerente di definizioni), delimitarne le differenze rispetto ad altri. Quando parla di «spiegazione» di un fenomeno, Hegel non pensa a spiegazioni genetico-causali (come e perché si è prodotto quel fenomeno), ma alla comprensione della sua costituzione: la sfida è riuscire a dire cosa sia, a darne una definizione che sia in grado di caratterizzarlo. Inoltre, le categorie che possiamo adoperare per spiegare (nel senso appunto di definire, caratterizzare) un determinato livello del reale non sono adatte a spiegare le modalità di funzionamento del livello superiore. Come afferma Hegel stesso nell’Enciclopedia: «non si deve adoperare una categoria valida per gradi inferiori al fine di spiegare gli altri». Per usare un concetto introdotto nel dibattito in epoca successiva a quella di Hegel, potremmo dire che Hegel è “anti-riduzionista”.
Terza caratteristica: il razionalismo di Hegel. Anche questo tema è stato molto dibattuto. Hegel ritiene che la ragione sia in grado di comprendere la realtà, che il pensiero sia in grado di conoscere la verità. Ma come si giunge alla verità? Hegel rifiuta tre strade battute dalle filosofie precedenti. Innanzitutto, la verità non si trova all’inizio della filosofia: alla verità non si perviene attraverso l’intuizione, con un «colpo di pistola» immediato, attraverso il misticismo; la verità è cosa del tutto diversa dal sapere profondo e incomunicabile caro a certi romantici. In secondo luogo, la verità non coincide neanche con le evidenze dell’esperienza quotidiana e del senso comune (che per Hegel sono «rappresentazioni» e non «concetti»). La verità, infine, non è neppure una costruzione deduttiva/assiomatica, come quelle della matematica o della logica simbolica.
Per Hegel la verità è invece il risultato di un approfondimento, di uno scavo nelle implicazioni delle categorie del pensiero, dalle più semplici alle più complesse, in un processo in cui le prime rimandano, conducono (e secondo Hegel necessariamente) alle seconde: l’insufficienza di una categoria ci spinge a passare a categorie più adeguate alla conoscenza del reale. Possiamo quindi dire che la verità sia un punto di arrivo? Sì, ma un punto di arrivo che deve tenere presente anche il percorso che ha condotto a esso. Per Hegel infatti la verità è sistema, è il completo dispiegarsi dell’insieme delle categorie: in questo senso Hegel afferma che «il Vero è l’intero» (das Ganze, «il Tutto”).
Per questo motivo Hegel considera la stessa contrapposizione di vero e falso come una opposizione di carattere intellettualistico. Questa concezione è applicata da Hegel anche alla storia della filosofia nel suo complesso. Nella storia dei sistemi filosofici il vero non è contrapposto al falso: al contrario, gli è realmente superiore in quanto lo ricomprende entro di sé, nell’ambito della propria cornice intellettuale. Qui c’è, potremmo dire, un esercizio di «egemonia» da parte della forma di pensiero superiore, che capisce i punti di forza dell’avversario (ossia della filosofia precedente che sta confutando), li ricomprende e metabolizza, relativizzandoli e rendendoli parte del proprio sistema di pensiero. «Principio della vera filosofia – afferma Hegel – è il contenere in sé tutti i princìpi particolari». Quello che vale per la storia della filosofia vale anche per i singoli concetti. Secondo il metodo della «negazione determinata» i concetti precedenti si rivelano insufficienti, ma non sono negati, azzerati: al contrario ne risulta un concetto nuovo «superiore e più ricco» di quello superato. Un esempio paradigmatico di questo modo di procedere è rappresentato dalle prime categorie della Scienza della logica.
Quarta caratteristica: il pensiero di Hegel è sistematico, mira alla costruzione di un «sistema della scienza» capace di abbracciare la realtà nel suo insieme in uno sguardo sintetico e unitario. Per Hegel «un filosofare senza sistema non può essere scientifico». Hegel è l’ultimo filosofo che abbia nutrito quest’ambizione e sia riuscito a perseguirla costruendo un complesso edificio sistematico (i tentativi successivi nella stessa direzione – si pensi a Nicolai Hartmann o György Lukacs, o anche a Niklas Luhmann – appaiono meno articolati e complessi). Il sistema filosofico che ha in mente Hegel è un insieme di sottosistemi (logica, filosofia della natura, filosofia dello spirito), ciascuno relativamente chiuso in sé: Hegel a questo riguardo nell’Enciclopedia parla di «un circolo di circoli», proprio per indicare la relativa compiutezza in sé di ciascuna delle tre sfere che compongono il sistema più complessivo. Il sistema, come esposto da Hegel nella sua Enciclopedia, include i «concetti fondamentali delle scienze particolari» e non entra nel dettaglio di esse. Quindi le critiche incentrate sulla presunta intenzione del filosofo tedesco di insegnare il loro mestiere agli scienziati sono fuori bersaglio. La questione essenziale è però un’altra: è in generale praticabile questo approccio sistematico al conoscere nel suo complesso? La filosofia successiva a Hegel ha in genere risposto negativamente a questo interrogativo.
Quinta caratteristica: un pensiero della totalità. Nella disputa tra olismo e riduzionismo, tra pensiero della totalità e individualismo metodologico, Hegel si colloca nettamente nel primo schieramento. Le totalità non sono un’invenzione del nostro pensiero, ma hanno realtà autonoma e non sono riducibili alla somma delle loro parti: lo Stato è qualcosa di reale, la società non è soltanto un insieme di individui, l’organismo non è riducibile alle sue membra. Il comportamento degli organismi viventi e poi dell’uomo non sono riconducibili semplicemente a reazioni fisico-chimiche. Allo stesso modo, il funzionamento della società non è comprensibile in base al comportamento dei singoli. Ogni sfera (o livello) della realtà ha una sua autonoma legalità di funzionamento, nessuna è semplicemente riconducibile alle leggi che regolano il funzionamento delle sue parti o dei livelli precedenti (che per Hegel sono anche inferiori in senso qualitativo). Conseguentemente, ognuna di esse richiede uno specifico modello di spiegazione. In tal modo il pensiero della totalità si articola in Hegel in una serie di livelli di realtà di crescente complessità e perfezione.
3. Dialettica e contraddizione
L’ultima caratteristica che desidero trattare è quella più comunemente associata al pensiero di Hegel: il pensiero hegeliano è dialettico. Ma attenzione: è lo stesso Hegel a dirci che ci sono due tipi di dialettica.
Il primo tipo di dialettica è quella che possiamo definire «dell’intelletto»; si tratta di una dialettica che resta ferma all’opposizione-contraddizione tra le categorie, e concepisce questa opposizione come un gioco a somma zero (per cui gli opposti si annullano, si escludono ed eliminano a vicenda). A questo tipo di dialettica appartiene la parte della Critica della Ragion Pura chiamata «dialettica trascendentale», nella quale Kant mostra come si possano argomentare alcuni enunciati tra loro contraddittori: ad esempio, tanto che il mondo sia finito quanto che sia infinito, tanto che l’uomo sia libero quanto che il suo agire sia necessitato. Per intendere l’importanza storica di questa posizione di Kant bisogna fare un passo indietro, e accennare al primato del principio d’identità e al contestuale rifiuto della contraddizione stabiliti dalla logica classica. La logica classica ci dice che ogni nostro ordinato ragionamento si basa sul principio di identità. È un principio che non dice granché – si limita a dirci che una cosa è uguale a se stessa – ma è pur sempre un punto di partenza ineludibile per far ordine nei nostri pensieri. Non è davvero un caso che le leggi fondamentali del pensiero care alla logica classica, sviluppatasi a partire da Aristotele, siano state codificate nei principii d’identità e di non contraddizione. Se il primo di essi sancisce l’importanza essenziale dell’identità, col secondo la contraddizione è messa addirittura fuori gioco, esclusa dall’ambito del ragionamento corretto. La contraddizione è la negazione, il nemico del pensiero. Ora, è proprio su questo punto che con Kant le cose cambiano: il fatto che io possa argomentare allo stesso modo enunciati opposti, tra loro contraddittori, conduce all’impossibilità di determinare la questione su un piano puramente razionale, ossia di decidere quale dei due enunciati sia vero e quale falso. La contraddizione in questo modo diviene uno scomodo compagno di viaggio della ragione, che si incarica di rammentarle i suoi limiti insuperabili.
Hegel muove da un esplicito riconoscimento a Kant: l’affermazione kantiana «della necessità delle contraddizioni» è «di valore epocale» nella storia della filosofia, è «uno dei progressi più importanti e profondi della filosofia moderna». Ma a questo riconoscimento fa immediatamente seguito una critica: Kant, ammessa la necessità della contraddizione, l’ha addossata al pensiero. Per Kant, osserva Hegel, è il pensiero che necessariamente cade in contraddizione con se stesso su argomenti quali la libertà o non libertà del volere, sul fatto che il mondo sia finito o infinito, e così via. Questa soluzione è per Hegel «banale» e «ingenua», e denota un’eccessiva «tenerezza per le cose del mondo»: seguendo l’impostazione di Kant, infatti, «non deve essere il mondo ad avere in sé la macchia della contraddizione, ma tale macchia deve spettare soltanto alla ragione pensante, all’essenza dello spirito».
Per Hegel, invece, la contraddizione non è nel pensiero, ma nelle cose: «Tutte le cose sono in se stesse contraddittorie». «Ogni realtà effettiva – argomenta Hegel nell’Enciclopedia – contiene in sé determinazioni opposte; perciò conoscere un oggetto o, più esattamente, concepire un oggetto vuol dire prendere coscienza di quell’oggetto come unità concreta di determinazioni opposte». Insomma, la contraddizione è nel mondo e non soltanto nel pensiero: in altri termini, essa non rappresenta un semplice stallo del pensiero. Al contrario: il pensiero – se è vero pensiero – riesce a sostenere e a risolvere la contraddizione: «lo spirito è ciò che è così forte da poter sopportare la contraddizione; ma anche ciò che è anche capace di risolverla».
È qui che entra in gioco il secondo tipo di dialettica, quello per cui la contraddizione è risolta in una sintesi superiore: questo tipo di dialettica caratterizza la ragione, e denota la sua superiorità rispetto all’intelletto.
Abbiamo così una grande linea di demarcazione che passa tra le diverse strutture della realtà e tra le diverse categorie del pensiero. Da una parte abbiamo le strutture (della realtà) e le categorie (del pensiero) che non riescono a sostenere la contraddizione, e quindi soccombono: l’essere vivente a un certo punto muore perché non riesce più conservarsi nel rapporto con il mondo esterno, a sostenere la contraddizione del suo rapporto con esso. Lo stesso accade al modo di ragionare tipico dell’intelletto, il «pensiero formale» che «torce subito via lo sguardo» dalla contraddizione, e così – osserva Hegel – «non fa che passare dalla contraddizione alla negazione astratta». In questo caso è il pensiero stesso che non riesce a far fronte alla contraddizione, a comprenderla, e quindi subisce uno scacco.
Vi sono per contro strutture e categorie che riescono a sostenere la contraddizione: la capacità degli esseri viventi di procurarsi del cibo e più in generale di resistere nel costante confronto con il mondo esterno sono altrettanti esempi della capacità di sostenere la contraddizione. Un altro esempio è rappresentato dalla presenza a sé della coscienza umana e dalla sua capacità, sia nell’attività teorica che in quella pratica, di appropriarsi dell’oggettività, negandone in tal modo l’indipendenza rispetto al soggetto. Lo stesso accade quando una cultura riesce ad assimilare elementi di altre culture entro il proprio orizzonte, o quando una filosofia supera una filosofia precedente incorporandone, ricomprendendone le tesi essenziali all’interno del proprio ragionamento: il superamento (Aufhebung) è qui una negazione che è al tempo stesso conservazione.
Per definire questa capacità di sostenere la contraddizione Hegel usa di preferenza due formulazioni: «mantenersi in unità con sé nell’altro» ed «essere presso di sé nell’altro». È questa capacità che individua tanto l’autonomia del vivente rispetto all’esteriorità quanto quella del pensiero, e più in particolare della ragione, rispetto al suo oggetto. Allo stesso modo, l’Io è definito da Hegel come quella cosa «impossibile» che è «al tempo stesso, relazione semplice a sé e, assolutamente, relazione ad altro», e «il vero infinito» come «l’unità di se stesso e del finito».
Con questi enunciati contraddittori Hegel esprime la ricorsività, la relazione a se stesso nel rapporto con l’altro, che caratterizzano gli esseri viventi, la soggettività umana e in generale il mondo storico e del pensiero (quello che Hegel designa con la parola «spirito”). È questa autorelazione che contraddistingue tanto l’autonomia di ogni essere vivente rispetto all’esteriorità quanto quella del pensiero, e più in particolare della ragione, rispetto al suo oggetto.
In questo modo la capacità di sostenere la contraddizione diviene il carattere distintivo di alcuni specifici enti e strutture del reale: si tratta degli esseri dotati di «soggettività», ossia capaci – in gradi diversi – di autodeterminarsi, di essere relativamente autonomi rispetto al mondo esterno e in grado di dominarlo: «soggetto» è per Hegel per l’appunto «un ente che ha la contraddizione di sé in se stesso ed è capace di sostenerla».
Detto in altri termini: per Hegel la contraddizione è onnipresente nel reale. Essa può essere aperta o superata. La contraddizione aperta indica l’insufficienza (Hegel direbbe: la «finitezza”) di determinate strutture di pensiero (e della realtà), la contraddizione superata indica la capacità, propria di certe strutture del pensiero (e della realtà), di attuare vittoriosamente un confronto con l’esterno.
La contraddizione aperta (dispiegata, patente, non risolta) segnala l’imperfezione di una determinata struttura del reale, i limiti inerenti a un periodo storico, o l’insufficienza di una determinazione di pensiero (o di un modo di pensare). Ad esempio, la compresenza di diritto privato e autocrazia imperiale ai tempi dell’antica Roma rappresenta secondo lo Hegel delle Lezioni sulla filosofia della storia una contraddizione, per cui «questo diritto privato è perciò ugualmente un non sussistere della persona, un non riconoscerla, e questo stato di diritto una completa mancanza di diritto». Per Hegel questa contraddizione è «la miseria del mondo romano», che porterà al superamento della corrispondente forma di Stato. Per quanto riguarda il pensiero, un esempio dell’incapacità di pensare la contraddizione si ha quando l’intelletto, pensando che «una cosa consti di molte materie indipendenti», è impotente di fronte alla «contraddizione del sussistere indipendente delle molte materie in uno»: qui il pensiero «si perde nella salda non-identità dei pensieri» (ossia nella loro contrapposizione, da cui non riesce a uscire), e finisce per disperare «di poter giungere da sé anche a risolvere la contraddizione in cui esso stesso si è posto». A questo punto la fissità delle categorie dell’intelletto si dimostra incapace di superare lo stallo del pensiero: deve entrare in campo la ragione, che è capace di dominare concettualmente le contraddizioni del reale.
La capacità di intendere il reale nella sua complessità, comprendendone e dominandone le contraddizioni, è precisamente ciò che distingue il pensiero speculativo: «il pensare speculativo – scrive Hegel nella Scienza della logica – consiste solo in questo, che il pensiero tiene ferma la contraddizione e nella contraddizione se stesso», anziché lasciarsi «dominare dalla contraddizione, e a causa di questa lasciare che le sue determinazioni si risolvano solo in altre, oppure nel nulla». Questa è la contraddizione superata. Più in generale, per Hegel il «superare» (Aufheben) – ossia negare e conservare al tempo stesso – la contraddizione, è «l’intimo, più oggettivo momento della vita e dello spirito, per cui un soggetto, una persona, un essere libero è tale». Per Hegel, come leggiamo nelle Lezioni di estetica, «la forza della vita, e ancor più la potenza dello spirito, consistono proprio nel porre in sé, nel sopportare e superare la contraddizione». L’ambito di applicazione di questo modello concettuale nel pensiero di Hegel come si vede è molto ampio, in quanto abbraccia la natura organica e l’intero mondo storico-umano. La capacità dell’individuo di rimanere presso di sé nella contraddizione assume in Hegel anche il carattere di un ideale di forza morale, come emerge da un altro passo delle lezioni di estetica: «l’intensità e la profondità della soggettività si fanno tanto maggiori quanto più infinito e ampio è il distaccarsi reciproco delle circostanze e quanto più dilaceranti sono le contraddizioni, in cui però essa deve rimanere saldamente in se stessa».
Ho già accennato al fatto che nella storia della filosofia e nella logica hegeliane il superamento della contraddizione assume l’aspetto di un continuo processo di approfondimento e contestualizzazione delle categorie in contesti di significato superiori e più ampi. In questo senso, la stessa dialettica hegeliana può essere vista, seguendo il suggerimento di un interprete attento quale John Niemeyer Findlay, come «un commento di ordine superiore a una posizione di pensiero precedentemente raggiunta»; è ancora Findlay a osservare che quello che fa Hegel è qui «in effetti straordinariamente simile a quello che si fa nella sintattica o nella semantica di oggi, o in analoghe discipline formali, quando si passa da un discorso in un linguaggio a un discorso su quel linguaggio, quando si rende un linguaggio un linguaggio-oggetto di un meta-linguaggio».
4. Usi di Hegel: dal marxismo alla cibernetica
Questo processo di approfondimento – forse a dispetto delle stesse intenzioni di Hegel – non può avere un punto di arrivo definitivo e assoluto. È questa la radice teorica della contrapposizione di metodo e sistema, ossia dell’uso del metodo di Hegel contro il suo stesso sistema, che caratterizza le discussioni sull’eredità filosofica di Hegel nei decenni successivi alla sua morte. Questa contrapposizione è alimentata anche da una specifica interpretazione dello stesso metodo hegeliano, che diviene prevalente nel secondo Ottocento e finisce per essere condivisa sia dai seguaci che dai critici di Hegel: un’interpretazione secondo la quale la dialettica hegeliana, e in particolare il concetto di contraddizione, vanno letti in termini temporali e non logici. In base a questa lettura le contraddizioni emergono e si risolvono nel tempo, dando vita a nuove formazioni sia naturali che storiche. Così lo storico della filosofia Kuno Fischer può affermare che Hegel «è il filosofo del XIX secolo, infatti è il filosofo della teoria dell’evoluzione», mentre un critico di Hegel come Friedrich Nietzsche scrive addirittura che «senza Hegel non ci sarebbe Darwin». Si tratta di un’evidente forzatura del pensiero hegeliano, se pensiamo che Hegel non soltanto affermò esplicitamente che la dimensione dello sviluppo nel tempo doveva considerarsi estranea al mondo naturale, ma ravvisò precisamente in questa fissità del mondo naturale uno dei motivi di inferiorità della natura stessa nei confronti del mondo storico-sociale.
L’uso di Hegel da parte del marxismo risente della presenza di questa proiezione della dialettica su un piano temporale.
In particolare per Friedrich Engels nel sistema hegeliano «per la prima volta, e questo è il suo grande merito, tutto quanto il mondo naturale, storico e spirituale venne presentato come un processo, cioè in un movimento, in un cambiamento, in una trasformazione, in uno sviluppo che mai hanno tregua». In coerenza con questa interpretazione, Engels legge in chiave temporale la fluidità delle categorie hegeliane, considerando la contraddizione come un qualcosa destinato a risolversi nel tempo.
In Karl Marx questa lettura della dialettica hegeliana si riflette soprattutto nella concezione del processo storico per cui il passaggio da una forma sociale a una superiore è determinato dalla «contraddizione» che insorge tra i «rapporti di produzione esistenti» e le «forze produttive e materiali della società». Ma il rapporto di Marx con il pensiero di Hegel non è riducibile a questo aspetto. Nel periodo in cui attendeva alla sua opera maggiore, Il capitale, Marx scrisse a Engels: «quanto al metodo di lavoro mi ha reso un grandissimo servizio il fatto che per puro caso mi ero riveduto la Logica di Hegel»; e in effetti l’uso delle categorie hegeliane è evidente nel testo a stampa, e ancora più chiaro negli studi preparatori della sua opera maggiore. La concezione del capitale come un «processo di autovalorizzazione» deve molto a Hegel, come pure la definizione del capitale come «totalità», «soggetto» e «fine a se stesso». Per Marx la produzione del capitale «si muove tra contraddizioni continuamente superate, ma altrettanto costantemente poste», cosicché si può ben dire che il capitale sia «esso stesso la contraddizione in processo». È evidente qui l’uso che Marx fa di categorie hegeliane per intendere il modo di produzione capitalistico.
Non senza ragione Lenin nei suoi Quaderni filosofici poté quindi affermare: «non si può comprendere a pieno Il capitale di Marx, e in particolare il suo primo capitolo, se non si è studiata attentamente e capita tutta la logica di Hegel». Per Lenin «la dialettica vera e propria è lo studio della contraddizione nell’essenza stessa degli oggetti: non soltanto le apparenze, ma anche le essenzialità delle cose sono transeunti, mobili, fugaci, separate da limiti solo convenzionali». In questa affermazione sono presenti tanto l’idea di contraddizione in senso logico, quanto il concetto di una contraddizione che si risolve nel tempo. E nel breve scritto A proposito della dialettica, Lenin criticò il marxista russo Plechanov, ma anche lo stesso Engels, per non aver preso abbastanza sul serio il concetto dell’«identità degli opposti», in cui egli ravvisava una vera e propria «legge della conoscenza»: la «identità» o «unità» degli opposti era infatti per Lenin «il riconoscimento (la scoperta) di tendenze contraddittorie, che si escludono reciprocamente, opposte, in tutti i fenomeni e i processi della natura (spirito e società compresi)». Secondo Lenin «condizione della conoscenza di tutti i processi del mondo nel loro ‘automovimento’, nel loro sviluppo spontaneo, nella loro vivente realtà» è appunto «la conoscenza di essi come unità degli opposti»: quindi, questa la sua conclusione, la dialettica può ben essere considerata come la «teoria della conoscenza» di Hegel e del marxismo.
L’uso e la reinterpretazione delle categorie hegeliane non fu un’esclusiva del marxismo di ascendenza europea. Anche Mao Zedong scrisse un importante saggio Sulla contraddizione, in cui ravvisò nell’idea che «lo sviluppo è determinato dalle contraddizioni interne» una tesi centrale della «dialettica materialistica». Per Mao «la causa fondamentale dello sviluppo delle cose non si trova fuori di esse ma dentro di esse, nella natura contraddittoria insita nelle cose stesse». Ovviamente, non si tratta qui di una concezione di interesse teorico, ma pratico: «la concezione dialettica del mondo insegna anzitutto agli uomini a osservare e analizzare correttamente il movimento delle contraddizioni nelle diverse cose, e a indicare, sulla base di questa analisi, i metodi per risolvere le contraddizioni». Di grande importanza pratica è per Mao anche l’ulteriore distinzione tra «contraddizione principale» e «contraddizioni secondarie»: «in ogni processo di sviluppo di una cosa complessa esistono numerose contraddizioni, tra cui vi è necessariamente una contraddizione principale; la sua esistenza e il suo sviluppo determinano o influenzano lo sviluppo delle altre contraddizioni».
Ho voluto richiamare l’interpretazione della dialettica di Hegel proposta da alcuni dei principali esponenti del pensiero marxista perché essa rappresenta un caso esemplare di ripresa, uso e al tempo stesso trasformazione delle categorie hegeliane da parte della tradizione culturale successiva. Questa rivisitazione della dialettica hegeliana ha finito spesso per sovrapporsi al pensiero di Hegel e per essere identificata con esso. Tale identificazione non è corretta perché, come abbiamo visto, il marxismo pone un accento sulla temporalità dei processi estraneo a Hegel, e anche perché – inevitabilmente – rielabora e incorpora nel proprio orizzonte teorico solo una parte del vasto repertorio concettuale del filosofo tedesco. D’altra parte, il valore di questo come degli altri usi possibili di Hegel non può essere stabilito principalmente sulla base della correttezza filologica e della fedeltà all’orizzonte teorico del filosofo tedesco, ma su quella della coerenza e della tenuta teorica complessiva del sistema di pensiero all’interno del quale i concetti hegeliani sono inseriti.
Nella seconda metà del Novecento, il pensiero di Hegel ha trovato un sempre minor seguito tra i filosofi in senso stretto. Per contro, gli sviluppi delle scienze della vita, della società e dell’informazione hanno riproposto l’interesse di alcune categorie chiave della sua filosofia.
In particolare, la cibernetica (progenitore diretto dell’intelligenza artificiale), con il suo studio dei meccanismi autocorrettivi (omeostasi) nei sistemi complessi, ha sostituito circuiti causali alle semplici catene causali e dischiuso una nuova comprensione del funzionamento dei sistemi viventi così come della mente e dei sistemi sociali. L’incapacità della «causalità lineare» (quella che traiamo dall’esperienza della nostra vita quotidiana, e anche l’unica nota all’epoca di Hegel) di spiegare la complessità di un organismo vivente e la stessa dinamica evolutiva delle specie è ormai un dato acquisito: a questa causalità lineare e alle sue catene casuali si è sostituito ormai da decenni il concetto di circuiti o reti causali, come evidenziato tra gli altri da Franz Wuketits. In questo nuovo orizzonte di ricerca, non è sorprendente trovare nelle opere dell’antropologo e sociologo britannico Gregory Bateson un’affermazione di sapore hegeliano come questa: «Quando le sequenze diventano circolari (o più complesse), la descrizione o proiezione di queste sulla logica, che è atemporale, diventa contraddittoria. Si generano paradossi che la logica non può tollerare». Anche qui, come nel caso del marxismo, il recupero – consapevole o meno – di categorie hegeliane è reso possibile dall’introduzione della temporalità.
L’approccio antiriduzionistico di Hegel trova èco nella definizione stessa di «sistema complesso» da parte del fisico tedesco Hermann Haken: «possiamo anche definire i sistemi complessi proprio come quei sistemi il cui comportamento non può essere compreso in maniera semplice a partire dal comportamento dei loro elementi». Anche la concezione degli organismi come «sistemi aperti» proposta dal biologo austriaco Ludwig von Bertalanffy nella sua Teoria generale dei sistemi – ma lo stesso si potrebbe dire del concetto di «autopoiesi» proposto successivamente da Humberto Maturana e Francisco Varela – è pienamente compatibile con il concetto hegeliano del vivente: «ogni organismo è in sostanza un sistema aperto. Esso si mantiene in uno stato continuo di flusso verso l’interno e verso l’esterno, di costruzione mediante componenti e di disgregazione di tale costruzione, senza mai trovarsi, per tutto il tempo in cui vive, in uno stato di equilibrio chimico e termodinamico, ma conservandosi in un cosiddetto stato stazionario ben distinto da uno stato d’equilibrio». L’autoconservazione del vivente nella processualità e attraverso la processualità è così espressa da Gregory Bateson: è «l’intera massa di processi interrelati detta vita a operare per mantenere il nostro oggetto [di osservazione] in uno stato di cambiamento che garantisca il persistere di alcune costanti necessarie, come la temperatura del corpo, la circolazione sanguigna, la glicemia o addirittura la vita stessa». Non stupisce che lo stesso Bateson per questa via finisca col dissolvere le cose stesse, suggerendo «l’idea che vedere il mondo in termini di cose sia una distorsione suffragata dalla lingua e che la visione corretta del mondo sia in termini delle relazioni dinamiche che governano lo sviluppo».
Ritroviamo questa dissoluzione delle cose in processi negli scritti di Bertolt Brecht, che non è stato soltanto uno dei maggiori poeti del Novecento, ma anche uno dei più profondi interpreti della filosofia hegeliana. Nel suo Me-Ti. Libro delle svolte, una raccolta di sentenze che imita la forma dei testi classici della filosofia cinese, si legge infatti questa definizione della dialettica (che Brecht ribattezza «il Grande Metodo”): «Il Grande Metodo permette di riconoscere nelle cose dei processi e di utilizzare questi processi». In Brecht troviamo, in conformità alla tradizione marxista cui aderisce, un forte accento sulla contraddizione come connessa alla processualità e al mutamento nel tempo delle cose: così la formulazione «Uno non è soltanto uguale a uno, ma anche non uguale a uno» secondo Brecht «esprime il fatto che non si può trovare una cosa che si possa indurre a restare fedele a se stessa per molto tempo» (corsivo mio). Ma al tempo stesso in Brecht non manca un richiamo alla contraddizione logica : «Se diciamo ‘La scienza è la scienza’, questa formula è valida, a quanto sembra, perché la stessa parola è usata due volte. Ma la stessa parola designa cose diverse, e non solo in tempi diversi» (corsivo mio). La sintesi tra l’elemento della processualità e quello della contraddizione è data dalla comprensione del carattere drammatico e conflittuale del cambiamento, e dal fatto che questo tipo di cambiamento, e non una situazione di stasi, nella realtà rappresenta la regola, non l’eccezione: «Nel Grande Metodo la quiete è solo un caso limite del conflitto (ein Grenzfall des Streits)», scrive Brecht con parole che sembrano riecheggiare il motto eracliteo secondo cui «il conflitto (πóλεμος) è il padre di tutte le cose».
5. Conclusione: un risultato che è un ritorno
Processo, mutamento, conflitto. Al termine del nostro percorso, la rivincita hegeliana della contraddizione sull’identità sembra pervenire al suo estremo approdo: a porre in questione l’esistenza delle cose in quanto tali, per di più dissolvendole in un fluire mosso e contrastato. Vi è però da chiedersi se quello che ci appare come un punto di approdo, come un risultato, non sia in realtà al tempo stesso un ritorno. Più precisamente, un ritorno alle lontane origini della dicotomia identità/contraddizione, ossia alla convinzione eraclitea che «nessuna cosa è, invero, mai, bensì sempre diviene», e che quindi «tutte le cose sono e non sono»: convinzione che Aristotele nella sua Metafisica aveva ritenuto «impossibile» precisamente sulla base del principio di non contraddizione. “Impossibile”, chioserebbe Hegel, come l’Io e come le diverse forme della soggettività. In effetti, cos’altro è in ultima analisi la dialettica hegeliana se non la negazione di quella “impossibilità”?
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/filosofia/22080-vladimiro-giacche-e-la-contraddizione-che-muove-il-mondo-2.html
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Von der Leyen: Gli algoritmi dovrebbero monitorare sistematicamente la comunicazione dei cittadini
25.11.2021
Nella Commissione Europea, tutte le e-mail in arrivo vengono automaticamente cancellate dopo sei mesi, a meno che non siano deliberatamente archiviate. I messaggi che i funzionari dell’UE si scambiano tramite servizi di messaggistica pertinenti come WhatsApp o Telegram non sono nemmeno registrati. “I messaggi di chat degli alti funzionari dell’UE non vengono affatto archiviati perché sono considerati ‘intrinsecamente effimeri’ e ‘in linea di principio non conterrebbero alcuna informazione importante sulle politiche, attività o decisioni della Commissione'”, ha affermato il portale ha affermato l’intuizione di Tichy sul ragioni addotte ufficialmente dalla Commissione per questo trattamento.
I cittadini dovrebbero essere sistematicamente controllati, inclusa la visualizzazione automatica
Tuttavia, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ritiene che i messaggi di chat dei cittadini contengano molte “informazioni importanti”. Non c’è altro modo per spiegare perché la Commissione Europea vuole obbligare WhatsApp e Co. a monitorare sistematicamente le conversazioni dei loro clienti in futuro.
L’intuizione di Tichy testualmente: “Il controllo dovrebbe essere effettuato in automatico: un’intelligenza artificiale esaminerà ogni contenuto della chat e, in caso di dubbio, lo segnalerà automaticamente all’autorità responsabile. Una foto delle vacanze erroneamente riconosciuta, un messaggio di chat letto in modo errato – e il BKA è coinvolto. Questa automazione della sorveglianza di massa sarebbe già abbastanza preoccupante. Tuttavia, anche il software AI è estremamente soggetto a errori: il tasso di errore può arrivare fino all’80%. Allo stesso tempo, la vulnerabilità delle procedure alla manipolazione è nota da mesi: ad esempio, anche lievi modifiche al sistema crittografico potrebbero nascondere contenuti criminali all’IA – e far apparire criminali all’IA i contenuti non criminali.
Von der Leyen: la cancellazione di massa dei dati potrebbe averle salvato la carriera
Il fatto che la stessa von der Leyen sia stata coinvolta in un grave scandalo non molto tempo fa, dal quale è uscita solo cancellando in massa i suoi messaggi e le sue chat, sembra essere notevole.
Lo scandalo in questione è stato il cosiddetto “affare consulente”. L’allora ministro della Difesa von der Leyen (è rimasta in carica fino all’estate del 2019) è stata accusata da più parti di aver aggiudicato contratti per consulenti esterni nell’ordine delle tre cifre milioni “attraverso i canali ufficiali corti” senza gara pubblica. Ulteriori accuse relative all’interpretazione negligente delle regole di compliance e al possibile nepotismo, riportava il quotidiano mirror a febbraio 2020 in un’analisi della vicenda.
In connessione con la cancellazione dei dati in questa “affare consulente” , il Tagesspiegel ha riferito nel gennaio 2020:
“I dati del cellulare dell’ex ministro federale della Difesa Ursula von der Leyen relativi al periodo attualmente all’esame di una commissione d’inchiesta sono stati molto probabilmente cancellati irrimediabilmente. E’ quanto emerge da un rapporto di stato del ministero della Difesa, a disposizione dello studio ARD Capital.
I messaggi brevi sono stati quindi rimossi da entrambi i dispositivi utilizzati dal ministro. Il primo telefono cellulare, che von der Leyen ha utilizzato per la maggior parte del suo incarico di Segretario alla Difesa, è stato prelevato da un autista l’8 agosto 2019 dalla casa privata di der Leyen.
L’impiegato informatico dell’ufficio del ministro lo ha poi passato al centro di comunicazione senza ulteriori controlli, che ha effettuato una “cancellazione di sicurezza”. Il dispositivo è stato quindi passato a una società di servizi per lo smaltimento finale.
Il processo è mostrato nel report come un processo di routine. Der Spiegel riferisce anche, con riferimento al rapporto del ministero, che von der Leyen ha distrutto lui stesso tutti i messaggi su un secondo telefono.
DIRITTI UMANI
Per i non vaccinati è pericoloso guidare….
Un lettore ha avuto un’idea:
Su google ho fatto una ricerca con due parole chiave: malore guida e ultimo mese come opzione, il risultato è sorprendente.
Le lascio il link
Questi non guideranno mai, tranquilli
VUOI FAR VACCINARE I TUOI FIGLI?
- Bambino di 5 mesi deceduto, 1 giorno dopo Pfizer, esposizione tramite latte materno
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1166062 - Ragazza di 17 anni deceduta per arresto cardiaco 8 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1199455 - Ragazza di 16 anni, 9 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1225942 - Ragazzo di 15 anni, 1 giorno dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1242573 - Ragazzo di 17 anni, 8 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1243487 - Ragazzo di 17 anni, 4 giorni dopo l’iniezione di Pfizer:
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1307657 - Ragazzo di 15 anni, 23 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1382906 - Ragazzo di 16 anni, 4 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1386841 - Ragazza di 17 anni, 15 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1388042 - Ragazzo di 13 anni, 1 giorno dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1406840 - Ragazza di 16 anni, 21 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1420630 - Ragazza di 17 anni, 6 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1420762 - Ragazzo di 13 anni, 17 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1431289 - Ragazzo di 16 anni, 27 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1466009 - Ragazzo di 16 anni, 6 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1475434 - Ragazzo di 16 anni, 4 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1498080 - Ragazza di 13 anni, 26 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1505250 - Ragazza di 13 anni, giorni fino alla morte dopo l’iniezione di Pfizer non annotati
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1655100 - Ragazzo di 17 anni, 94 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1689212 - Ragazza di 16 anni, 9 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1694568 - Ragazza di 11 anni, giorni fino alla morte dopo l’iniezione di Pfizer non annotati
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1696757 - Ragazzo di 16 anni, 23 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1734141 - Ragazza di 16 anni, 1 giorno dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1757635 - Ragazzo di 15 anni, 6 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1764974 - Ragazza di 12 anni, 22 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1784945 - Femmina di 13 anni, 15 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1815096 - Ragazza di 17 anni, 33 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1815295 - Ragazza di 16 anni, giorni fino alla morte dopo l’iniezione di Pfizer non annotati
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1823671 - Ragazza di 17 anni, 36 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1828901 - Ragazza di 16 anni, 9 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1854668 - Ragazza di 16 anni, 2 giorni dopo l’iniezione di Pfizer
https://medalerts.org/vaersdb/findfield.php?IDNUMBER=1865389
In Gran Bretagna:
I decessi di adolescenti maschi sono saliti a razzo del 53% dopo la vaccinazione di massa contro il covid
( Natural News ) L’Office for National Statistics (Regno Unito) ha scoperto che da quando sono stati introdotti per la prima volta i “vaccini” per il coronavirus di Wuhan (Covid-19), i decessi tra i maschi di età compresa tra 15 e 19 anni sono aumentati del 53%.
Ancora più inquietante è il fatto che ci sono stati picchi di mortalità degni di nota che sono direttamente correlati con l’introduzione della prima, seconda e terza dose delle iniezioni per questa fascia di età.
Sulla base di ciò, gli esperti affermano che la colpa è chiaramente dei vaccini. Nessun altro fattore è cambiato .
I dati raccolti dall’edizione 2020 di “Decessi registrati settimanalmente in Inghilterra e Galles” mostrano chiaramente picchi periodici nel conteggio dei decessi proprio quando è stata introdotta ogni nuova iniezione. Una volta che un quarto colpo di “richiamo” sarà disponibile per i ragazzi, ci aspettiamo di vedere un altro picco di mortalità.
Dalla settimana 18 e oltre nel 2021, c’è stato un notevole aumento dei decessi tra gli adolescenti rispetto allo stesso periodo di tempo nel 2020. Le cose sono davvero peggiorate a partire dalla settimana 23.
“Ad esempio, nella settimana 26, nonostante il virus Covid-19 avrebbe [suscitato] il caos in tutto il Regno Unito, ci sono stati solo 2 decessi registrati tra adolescenti maschi di età compresa tra 15 e 19 anni in Inghilterra e Galles”, riporta il Daily Exposé .
“Ma avanti veloce di un anno e possiamo vedere che ci sono stati 19 decessi registrati tra adolescenti maschi di età compresa tra 15 e 19 anni in Inghilterra e Galles durante la settimana 26. Ciò rappresenta [un] aumento dell’850%”.
Iniettare tuo figlio per il covid è un abuso sui minori: non farlo!
Il notevole aumento dei decessi dalla settimana 18 in poi segue il momento in cui i diciottenni e i diciannovenni hanno iniziato a essere colpiti per la prima volta. Anche alcuni ragazzi di 16 e 17 anni hanno iniziato a essere colpiti.
Secondo i rapporti dell’ONS, nel 2020 si sono verificati un totale di 434 decessi tra i maschi di età compresa tra 15 e 19 anni in Inghilterra e Galles tra la prima e la 52a settimana. Nel 2021, nello stesso periodo di tempo, quella cifra è salita a 577 decessi.
È importante notare che tra la prima e la 17a settimana in entrambi gli anni, il bilancio delle vittime in questo gruppo demografico è stato più o meno lo stesso. A partire dalla settimana 18, tuttavia, data in cui sono arrivati i jab per i ragazzi, i numeri del 2021 sono saliti alle stelle rispetto ai numeri del 2020. Semplicemente non c’è altra spiegazione per questo, ma le iniezioni. (Correlati: le iniezioni di Covid stanno diffondendo più varianti , il che contribuisce anche al conteggio complessivo dei decessi.)
“Ciò significa che i decessi tra i maschi di età compresa tra 15 e 19 anni sono aumentati del 53% in seguito all’introduzione del vaccino Covid-19 in questa fascia di età rispetto allo stesso periodo del 2020”, aggiunge Exposé .
Come di solito accade, le “autorità” stanno cercando di incolpare questi picchi di morte su “covid”. Ma un semplice sguardo al momento in cui sono stati lanciati i jab e quando le morti sono davvero aumentate mostra chiaramente che il primo ha causato il secondo.
Su Natural News , un altro lettore ha notato che i vaccinati sono ora carichi di proteine infiammatorie, che per molti di loro comporteranno una morte prematura.
“Saremo tutti colpiti e danneggiati prima o poi”, ha aggiunto questa persona su come i colpiti stanno “spargendo” questi veleni sui non colpiti.
Gli ultimi dati sui decessi colpiti dall’influenza Fauci possono essere trovati su Genocide.news .
(Le fonti per questo articolo includono: DailyExpose.uk )
Senza che ci facciamo mancare i vaccinati un po’ più adulti
Daniele Roncolato (FdI), malore fatale a 38 anni: il 2 gennaio la terza dose
Lutto a Montegrotto Terme, in provincia di Padova, che dice addio al 38enne coordinatore di Fratelli d’Italia Daniele Roncolato.
Si è sentito male all’improvviso, in mattinata, mentre era al lavoro. Alla guida: stava trasportando materiale destinato agli ospedali del territorio. Portato d’urgenza all’ospedale di Schiavonia non ce l’ha fatta. Lo riporta il sito Notizie.it.
Un altro lettore ha provato a cambiare le parole-chiave e mi scrive:
io invece ho fatto questa ricerca sui morti nel sonno nell’ultimo mese
Insomma si avvera alla perfezione la profezia del premier che il mondo ci invidia:
Mario Draghi: “Chi non si vaccina si ammala, muore”.
Naturalmente a rovescio, com’è naturale nell’Impostore.
In compenso c’è qualcuno a cui i vaxini hanno fatto benissimo. Anzi, meglio di prima.
Bill Gates ammette che il suo investimento di $ 10 miliardi in vaccini gli ha fatto guadagnare $ 200 miliardi
Anche Bourla il capo di Pfizer non può lamentarsi. Persino il Financial Times parla di ” una manna ma vista”, once in a time windfall dal siero mRNA con cui stanno ammazzando bambini, ragazzi e adulti…..
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/per-i-non-vaccinati-e-pericoloso-guidare/
Bill Gates ammette che il suo investimento di $ 10 miliardi in vaccini gli ha fatto guadagnare $ 200 miliardi
Secondo Bill Gates, lo spacciatore di vaccini, i vaccini sono il miglior investimento fino ad oggi.
Durante un’intervista alla CNBC, Bill Gates ha parlato con Becky Quick al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, e ha discusso dei suoi investimenti nei vaccini.
Durante l’intervista, Gates ha ammesso di aver ottenuto un ritorno sull’investimento di 20:1 negli ultimi due decenni.
Nello specifico, Bill Gates ha spiegato che il suo investimento di $ 10 miliardi nei vaccini gli ha dato un ritorno di $ 200 MILIARDI :
Sono sicuro che ora stai iniziando a capire perché così tante persone hanno difficoltà a fidarsi di Bill Gates. A partire dal motivo – i suoi folli profitti per il vaccino – e poi le coincidenze impossibili – come l’Evento 201, – Bill Gates e la sua Fondazione sono i sospetti più visibili dietro l’attuale PLANdemic.
Relazionato: Uno studio mostra che il vaccino DTP di Bill Gates ha ucciso dieci volte più ragazze africane della malattia stessa
Qual era l’evento 201
Bill Gates e il World Economic Forum hanno condotto una simulazione dell’epidemia di coronavirus solo 6 settimane prima dell’effettiva epidemia
In questo report, diamo uno sguardo all’Evento 201, che si è svolto a New York il 18 ottobre 2019.
L’evento 201 è un’esercitazione pandemica di alto profilo organizzata dal Johns Hopkins Center for Health Security in collaborazione con il World Economic Forum e la Bill and Melinda Gates Foundation.
Questo è estremamente affascinante perché questo esercizio di simulazione della pandemia di coronavirus ha avuto luogo circa 6 settimane prima che la prima malattia da coronavirus fosse segnalata a Wuhan, in Cina.
È piuttosto una coincidenza se credi a questo genere di cose
Un’altra connessione affascinante è il fatto che non solo la Bill and Melinda Gates Foundation ha partecipato e ha contribuito a creare la simulazione della pandemia di un focolaio di coronavirus, ma ha anche finito per finanziare il gruppo che possiede il brevetto del coronavirus e sta già lavorando su uno. vaccino per risolvere l’attuale crisi.
Ancora una volta, un’incredibile coincidenza…
In questo rapporto, vedrai filmati dall’interno dell’evento dei membri del comitato epidemico di emergenza in questa simulazione che consiste in rappresentanti delle principali banche, delle Nazioni Unite, della Bill and Melinda Gates Foundation, Johnson e Johnson, centrali logistiche e anche dei media come funzionari della Cina e del CDC d’America, solo per citarne alcuni.
Questa simulazione include anche notizie che sono state prodotte proprio per questo esercizio.
FONTE: https://anonymousincision.wordpress.com/2021/01/05/bill-gates-admite-que-o-investimento-de-10-bilhoes-de-dolares-em-vacinas-rendeu-a-ele-200-bilhoes/
ECONOMIA
Bloomberg: il debito italiano può rompere l’euro. Perciò….
Che è esattamente quello che Speranza e Draghi stanno realizzando a forza di lockdown e terrorismo
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/bloomberg-il-debito-italiano-puo-rompere-leuro-percio/
L’euro sta affrontando un anno decisivo
Il carico di debito gonfio dell’Italia potrebbe condannare l’esperimento con la valuta condivisa europea.
Richard Cookson 11 01 2022
Nel bene o nel male, il futuro dell’euro sarà probabilmente deciso quest’anno. Nel tentativo di generare inflazione, le banche centrali hanno ridotto a zero o meno i tassi di interesse a breve termine negli ultimi 20 anni circa e hanno ampliato i loro bilanci a livelli prima inimmaginabili. La Banca centrale europea è stata particolarmente aggressiva. I tassi sui depositi in euro sono meno 0,5% e il bilancio della BCE è carico di 8,5 trilioni di euro (9,66 trilioni di dollari) di attività, quattro volte di più rispetto all’inizio del 2015.
Laddove la BCE si è differenziata dalle altre banche centrali è nell’altro suo obiettivo, generalmente non dichiarato: mantenere il progetto dell’euro sulla buona strada evitando che i rendimenti dei titoli di Stato emessi dai suoi membri più deboli aumentino bruscamente. A quanto pare, questo rende l’euro molto meno stabile.
La BCE potrebbe fingere che i tassi a breve ea lungo termine follemente bassi avessero l’obiettivo di cercare di aumentare l’inflazione quando non ce n’era. La recente ondata inflazionistica ha messo a tacere questa pretesa. L’inflazione è aumentata del 5% a dicembre rispetto all’anno precedente, Eurostat ha annunciato il 7 gennaio, il livello più alto nella storia dell’euro. Stranamente, la BCE ha continuato a sostenere che questo scatto è temporaneo . Date le attuali impostazioni estreme di politica monetaria, l’intransigenza della BCE può essere compresa solo se si riconosce che negli ultimi anni la banca centrale non è stata indipendente in alcun senso significativo. Ora è saldamente sotto il controllo dei mutuatari del governo, in particolare di quelli più deboli all’interno della zona euro.
Negli ultimi mesi, i paesi creditori della zona euro, generalmente del nord Europa, sono diventati sempre più espliciti sul fatto che l’ attuale politica non può continuare , sia perché sono preoccupati per l’inflazione interna sia perché sono stufi di sovvenzionare paesi più dissoluti. L’accordo concluso alla fine dell’anno scorso prevedeva che l’espansione del bilancio sarebbe terminata e che la BCE avrebbe fornito criteri espliciti per spostare più in alto i tassi a breve termine. In primo luogo, l’inflazione core, che esclude cibo ed energia, dovrebbe tendere al rialzo. In secondo luogo, le previsioni di inflazione della BCE nell’anno in corso e in quello successivo dovrebbero essere del 2% o più. A fine dicembre, la banca centrale ha annunciato che, pur prevedendo un’inflazione del 3,2% quest’anno, il tasso sarebbe miracolosamente sceso all’1,8% nei due anni successivi.
Membri più aggressivi della BCE mettono apertamente in discussione queste previsioni, inclusa l’influente Isabel Schnabel, la rappresentante tedesca nel consiglio direttivo. L’8 gennaio, ha affermato che la transizione verso un’economia più verde significherebbe molto probabilmente che è improbabile che i prezzi dell’energia scendano , come ipotizzano le previsioni del dipartimento di ricerca della BCE sotto la colomba Philip Lane. Se solo rimanessero dove sono, le previsioni di inflazione della BCE sarebbero sostanzialmente più alte. Questa pressione apre le porte ad aumenti dei tassi, forse anche alla fine di quest’anno.
Nel frattempo, quel suono stridente che senti sarà la BCE che sbatterà i freni all’espansione del bilancio. In generale, la BCE ha attualmente tre programmi: un programma di acquisto di asset (APP) di lunga data, il programma di acquisto di emergenza pandemica (PEPP) e una terza incarnazione di un piano per incoraggiare le banche a prestare all’economia reale noto come mirato a più lungo- operazioni di rifinanziamento a termine, o TLTRO. Il PEPP è stato lanciato all’inizio del 2020 per evitare che le aspettative di inflazione scendessero, ha affermato la BCE in quel momento. Nell’ambito di questo programma, che dovrebbe concludersi a marzo, la BCE ha acquistato circa 1,5 trilioni di euro di obbligazioni. Al suo apice lo scorso anno, gli acquisti combinati di obbligazioni da parte della BCE nell’ambito dell’APP e del PEPP sono stati di 100 miliardi di euro al mese. Sebbene gli acquisti dall’APP saranno leggermente aumentati per aiutare a compensare la fine del PEPP, gli acquisti diretti della BCE scenderanno a 20 miliardi di euro al mese entro la fine dell’anno. Dato che l’inflazione è stata così persistentemente alta rispetto al suo obiettivo e che i tassi a breve sono ancora così negativi, la BCE potrebbe addirittura porre fine al PAA già a ottobre.
Poi c’è il TLTRO, che ha consentito alle banche di finanziarsi fino a mezzo punto percentuale in meno rispetto al tasso sui depositi della BCE, attualmente -0,5%. Tali finanziamenti dovevano essere utilizzati per concedere prestiti all’economia reale, ma le condizioni in cui le banche potevano prendere in prestito a tassi molto bassi erano facili da definire. Sebbene alcune istituzioni abbiano semplicemente utilizzato questo programma per ridurre il loro mix di finanziamento complessivo, non c’è dubbio che altri abbiano utilizzato il denaro per acquistare titoli di Stato, anche quelli più rischiosi . Anche se non sappiamo quanto, l’importo è probabilmente elevato dato che ci sono circa 2,4 trilioni di euro di prestiti TLTRO in essere. Quelle condizioni favorevoli si esauriscono su 1,2 trilioni di euro di prestiti a giugno e, a meno che i termini non vengano prorogati – e non c’è motivo per farlo – potremmo presto scoprire quanto è stato utilizzato per acquistare obbligazioni più rischiose. A parità di condizioni, il bilancio della BCE si contrarrà probabilmente di oltre 1 trilione di euro a giugno, poiché il suo sostegno indiretto ai mercati obbligazionari diminuirà.
Cosa poi? Il motivo principale per cui la BCE ha trascinato i tacchi nel porre fine a questi programmi è che molti membri del suo consiglio hanno paura di ciò che accadrà ai rendimenti obbligazionari, in particolare quelli dei membri più deboli della zona euro alla periferia. La banca centrale ha detto che interverrà se gli spread di rendimento si allargheranno in modi ingiustificabili. Con cosa, però? E cosa conta come ingiustificabile? La preoccupazione maggiore è l’Italia, sia per le sue dimensioni (ha uno dei più grandi mercati di titoli di Stato al mondo) che per la dinamica del debito. In base allo sdentato patto di crescita e stabilità, i paesi dell’euro sono tenuti a cercare di limitare il proprio debito al 60% del PIL. Tutti i membri hanno visto i loro rapporti nettamente più alti negli ultimi due anni, ma quello dell’Italia sarà salito a circa il 155% del PIL quest’anno, con un aumento di 50 punti percentuali dal 2007.
Le banche italiane, dipendono fortemente dal programma TLTRO per i loro finanziamenti, quindi le banche altrove sono riluttanti a concedere loro prestiti. Tale è lo stato inefficace dei successivi governi italiani che i politici non hanno fatto nulla per riformare il sistema finanziario o altro.
Con la BCE a corto di anestetico di mercato, una sorta di crisi quest’anno è probabilmente inevitabile. La maggior parte dei paesi, in particolare i paesi debitori (compresa la Francia), hanno guidato un camion attraverso regole progettate per smettere di cavalcare liberamente le loro controparti creditrici. Partendo dal presupposto che i paesi dell’Europa settentrionale dicono che basta, si è accumulato un enorme rischio di credito, per il quale gli investitori sono terribilmente sotto compensati. Man mano che la BCE si allontana dal mercato, suppongo che ciò diventerà fin troppo evidente e che gli spread di rendimento per i mutuatari più rischiosi aumenteranno, forse in modo drammatico.
Ci sono sostanzialmente tre modi in cui questo potrebbe essere risolto.
Il primo è che l’Italia vada in default. Poiché gran parte del suo debito è detenuto a livello nazionale, ciò significherebbe essenzialmente che il governo impone perdite ai propri cittadini. Lo considererei problematico.
La seconda è che l’Italia esca dall’euro. Dal punto di vista italiano, ciò avrebbe il vantaggio di imporre perdite ai paesi creditori come la Germania attraverso saldi in essere nel sistema di “settlement” Target 2 . Questa opzione farebbe sembrare la Brexit una lotteria in un parco giochi.
FONTE: https://www.bloomberg.com/opinion/articles/2022-01-11/the-euro-is-facing-a-make-or-break-year
TAGLI ALLA SANITA’
Lisa Stanton 19 01 2022
Da 588.103 posti letto ospedalieri nel 1975 a 189.753 nel 2018: in altri termini, da 10,6 posti ogni 1.000 abitanti a 3,1 (dati OCSE). In questi numeri c’è molto di quanto il Partito Unico Neoliberale ha inflitto al Sistema sanitario nazionale negli ultimi decenni.
Se aggiungiamo anche i tagli al personale medico e infermieristico e il non finanziamento della sanità territoriale, letteralmente allo sbando, il quadro è chiarissimo: gli stessi partiti e tecnocrati che oggi diffondono retorica spicciola sugli eroi in camice bianco hanno asfissiato un servizio pubblico essenziale portandolo allo stremo. E lo hanno fatto nel nome dei Vincoli europei, elevati a Costituzione materiale italiana.
Una disastrosa rivoluzione silenziosa che s’è provato a nascondere nell’ultimo anno dietro al paravento No Vax, alimentando astio sociale contro ragazzi e giovani adulti senza patologie, amputando altri servizi fondamentali come la Scuola e l’Università e mettendo all’angolo milioni di lavoratori e piccoli imprenditori.
Ci avevano raccontato che i tagli ai posti letto avrebbero dato spazio a una moderna sanità a domicilio, funzionale soprattutto ai più anziani. La verità è che abbiamo tagliato ospedali, personale e letti più di ogni altro Paese avanzato e mancano ancora decine di migliaia di medici di base, oggi ridotti a burocrati spesso impossibilitati anche solo per ragioni di tempo a visitare i pazienti.
Quanti morti hanno sulla coscienza i paladini dell’Unione Europea e dell’austerità?
Non lo sapremo mai, ma sappiamo che è per questa ragione fondamentale che cercano di dividere i cittadini mettendoli gli uni contro gli altri.
La massima priorità è il ritorno a una Sanità pubblica e universalistica, spazzando via decenni di regionalizzazione, aziende sanitarie votate al profitto, privatizzazioni e chiusure di piccoli e grandi ospedali: ma lo possiamo fare solo disintegrando l’Unione Europea e i suoi vincoli di bilancio classisti, perché dentro questa gabbia d’acciaio esercitare sovranità e democrazia è semplicemente impossibile.
E non crediate, dopo ciò cui avete potuto assistere negli ultimi due anni, che in quelli a venire la situazione della Sanità sia destinata a migliorare: anche nel PNRR alla salute pubblica toccano solo briciole perchè nessun futuro Governo debba avere mai alcuna politica di tutela della vita dei cittadini.
(Grazie Gilberto Trombetta)
FONTE: https://www.facebook.com/100000248554468/posts/5052902221394680/
Germania attua il “2030 non avrai nulla e sarai felice” per le abitazioni
A conferma dei noti sospetti, il “nuovo” governo tedesco prepara l’esproprio della proprietà immobiliare raccomandato dal Forum di Davos sotto la scusa del Clima da Difendere.
Qui l’allarmante articolo di DWN:
La Commissione Ue sta pianificando massicci interventi sulla proprietà dei cittadini
I nuovi piani dell’UE mostrano i rischi che la politica climatica comporta per la proprietà privata. Il ministro tedesco responsabile parla dell’argomento delicato.
L’Associazione tedesca degli inquilini avverte dei pesanti oneri finanziari per gli inquilini a seguito del piano della Commissione europea di ristrutturare alcuni edifici. “I proprietari devono sostenere costi considerevoli a causa della ristrutturazione, che passeranno agli inquilini”, ha affermato il presidente dell’associazione Lukas Siebenkotten della foto. “Il risultato: gli affitti aumenteranno.” Ci sono norme di legge che limitano l’aumento degli affitti. Ma: “Devono essere costantemente osservati e applicati.” I politici devono anche mettere a disposizione più soldi per gli investimenti.
La Commissione europea propone di ristrutturare gli edifici che consumano una quantità particolarmente elevata di energia: circa il 15% di tutti gli edifici nell’UE ne risentirebbe. Secondo i calcoli della Federal Association of German Housing and Real Estate Companies (GDW), ci sono tre milioni di edifici in Germania. Secondo la proposta, gli edifici pubblici e non residenziali dovrebbero essere ristrutturati entro il 2027, gli appartamenti e le case entro il 2030. Tutti i nuovi edifici dovrebbero essere completamente “neutri dal punto di vista climatico” dal 2030, ovvero non emettere più “gas serra”.
Dal punto di vista della Commissione, gli inquilini potrebbero beneficiare delle riforme riducendo i costi di riscaldamento, ad esempio attraverso misure di isolamento forzato. I soldi per i lavori di ristrutturazione devono essere forniti, tra l’altro, da un fondo sociale per il clima.
È interessante notare che la Commissione ha sottolineato che gli inquilini potrebbero beneficiare di minori costi di riscaldamento a seguito delle misure forzate. Perché i prezzi del gas naturale e del carbone sono esplosi da mesi, portando a forti aumenti dei costi di riscaldamento. Inoltre, i massicci aumenti dei prezzi nel commercio europeo per i certificati di emissione di CO2 e una tassa speciale sul gas naturale CO2 introdotta in Germania all’inizio dell’anno stanno aumentando enormemente i costi.
Gli oneri addizionali per locatori e locatari causati dall’imposta speciale avevano già portato in primavera a un contenzioso tra l’Unione e l’SPD. I Verdi chiedono un aumento massiccio di questa tassa speciale dagli attuali 25 € per tonnellata di CO2 a 100 €.
Secondo l’Agenzia federale dell’ambiente, il settore edile è responsabile di circa il 30 percento delle emissioni di CO2 in Germania. Nel 2020 questo è stato l’unico settore che ha mancato il suo “obiettivo di protezione del clima” fissato dai politici. In particolare, gli edifici vecchi e non ristrutturati consumano molta energia. I nuovi edifici, invece, provocano molti “gas serra” che vengono prodotti, ad esempio, durante la fabbricazione e il trasporto di materiali come cemento, acciaio e cemento.
Il ministro balbetta
Venerdì, il ministro federale dell’edilizia Klara Geywitz ha sottolineato la necessità di progressi nella protezione del clima nel settore edile. “L’edilizia è l’elefante grigio nel cambiamento climatico”, ha affermato il politico dell’SPD sulla rivista mattutina ZDF. “Secondo me, questo ha un enorme potenziale di risparmio, ma non sta accadendo abbastanza”.
Un punto importante è il rafforzamento della ricerca edilizia tedesca: sono necessari materiali da costruzione innovativi. “La discussione sul legno invece del cemento è eccitante, ma non funzionerà solo con il legno”, ha affermato Geywitz. “Dobbiamo anche produrre i materiali convenzionali in un modo più rispettoso del clima”.
A Geywitz non sembra interessare affatto che gli investimenti obbligatori previsti dalla Commissione Ue, che non ha legittimità democratica diretta, rappresentino una massiccia invasione del potere dei cittadini di disporre delle loro proprietà.
Invece, Geywitz offre luoghi comuni dal suono stranamente vuoto: sa che anche l’industria edile “sta guardando con preoccupazione agli standard più elevati di protezione del clima”. “Ecco perché dico: dobbiamo vedere questo processo come un’opportunità.” Non puoi evitarlo, “dobbiamo realizzare costruzioni rispettose del clima”, ha sottolineato Geywitz. “Ma questa può anche essere una buona opportunità per aggiungere semplicemente un componente molto avanzato e innovativo alla già altissima qualità dell’industria edile tedesca, che è poi anche incredibilmente esportabile”.
GIUSTIZIA E NORME
IL CSM TRA CASSAZIONE E CONSIGLIO DI STATO NEL CREPUSCOLARE SILENZIO DI MATTARELLA
“Il Paradiso geme al fondo della coscienza, mentre la memoria piange. Ed è così che si pensa alla vita come al dipanarsi di un rimpianto”
Emil Cioran (1911-95), Lacrime e Santi
Ad appena una settimana da fine mandato, quando tutti gli addetti ai lavori si cimentano in arditi pronostici del Toto-Quirinale, lambiccandosi il cervello per individuare il successore di Sergio Mattarella e pendendo da labbra oracolari del masnadiero di turno (Letta jr., Conte, Salvini), il dibattito democratico langue e non solo per la pandemia sanitaria, che rappresenta solo la punta di un iceberg molto profondo di delegittimazione dell’ordinamento repubblicano e sostanziale elusione di vari fondamentali precetti costituzionali. Si ricorda opinatamente che mentre il toto-presidente si arricchisce di possibili candidati e relativi cursus honorum, nessuno precisa come intende esercitare il ruolo presidenziale, né quale rapporto il futuro presidente potrà intrattenere con la maggioranza parlamentare o con gli altri organi dello Stato (cfr. Salvatore Sfrecola, I Cittadini già prima dell’elezione devono sapere che presidente sarà, La Verità del 16 gennaio 2022, pagina 22, che cita Giuseppe Valditara e Antonio Baldassarre), essendo indubbia l’emersione di “un indirizzo presidenziale a contenuto culturale” attraverso interventi e silenzi nell’attività quotidiana, destinati ad attuare un vero e proprio indirizzo politico se non contra, di certo praeter i soggetti costituzionalmente legittimati. Infatti, l’indirizzo presidenziale, culturale o politico, finisce per avere diretta influenza sulla vita politica, delineando un orientamento che lo colloco quadro di riferimento ideologico.
La dialettica democratica si alimenta del dibattito pubblico e del confronto aperto tra variegati e a volte contrapposte visioni programmatiche e di esercizio dei poteri, tra cui non ultimo tra quello giudiziario, “recte mediatico-giudiziario”, dall’insuperato saggio di Daniel Soulez Larivière, Paris-1993. Agli esordi della contestazione studentesca negli Usa, durante visita all’Università di Berkeley, rimase celebre l’affermazione di Robert Francis Kennedy, all’indomani dell’assassinio 1963 del fratello Jfk, secondo cui il giovane senatore di New York disse: “Non tollero il dissenso, lo esigo”.
Invece con Sergio Mattarella la presidenza del Csm è stata perlopiù interpretata come onorifica, meramente notarile, scevra di qualsiasi incidenza innovativa sull’organo che nella gestione di momenti fondamentali della magistratura ha dimostrato più malfunzionamento e indebiti condizionamenti che altro. Il settennato si avvia inesorabilmente alla conclusione – l’interessato avendo escluso categoricamente e reiteratamente la propria disponibilità alla sua rielezione, seppur condizionata – con grave deficienza di dibattito e confronto intellettuale, su tale profilo essenziale, dei poteri spettanti ed esercitabili dal capo dello Stato quale presidente del Csm, perdipiù in situazioni di eccezionale urgenza e gravità, quali verificatesi nell’ultima consiliatura 2018-2022. In un primo commento alla nota quirinalizia 28/05/20, avevamo stigmatizzato senza mezzi termini – con linguaggio alieno da ogni riverenza paludata da costituzionalisti di regime – l’opzione di tendenziale selfrestraint dei suoi poteri, perseguita da Sergio Mattarella all’indomani “dell’affaire Palamara” e del caso Saguto. Il presidente, assecondando il vicepresidente David Ermini (“son da respingere tutte le ipotesi di scioglimento di un Csm, che ha dimostrato di aver girato pagina” sic!), beneficiario per la sua elezione stesso metodo deprecato usato per i titolari uffici apicali grandi città, si è limitato all’ordinaria amministrazione, condita di sermoni e indizione di elezioni suppletive (ben 3 nell’arco di meno di 18 mesi). Egli, ex giudice della Corte costituzionale ed insigne docente universitario di diritto parlamentare, non ha trovato di meglio che uniformarsi a riduttiva e miope interpretazione approntata dai suoi consiglieri giuridici dottor Erbani in primis (magistrato distaccato al quirinale previa autorizzazione stesso Csm).
Secondo questi preclari giuristi, l’unico caso per poter procedere allo scioglimento dell’organo di autogoverno, è costituito dall’oggettiva impossibilità di funzionamento dell’organo, che si realizzerebbe soltanto al venir meno del numero dei suoi componenti, esclusa ogni altra possibile ipotesi di impossibilità funzionale. Ora l’ex vicepresidente Vietti – peraltro non innato cuor di leone – prese subito posizione a fine maggio 2020, contro tale interpretazione riduttiva e minimalista, più preoccupata di non interferire con le dinamiche correntizie e i patti interni al Csm, che di garantire la funzionalità costituzionale dell’organo e la credibilità di una istituzione ridotta ai minimi storici. In sintesi i consigliori di Mattarella e il presidente in persona hanno perorato la tesi che qualsiasi forma di scioglimento extra ordinem, non trovando diretto ancoraggio nel dato positivo, esulerebbe dai poteri presidenziali, da interpretarsi ed esercitarsi anche in questo frangente nel rigoroso rispetto del ruolo assegnato al capo dello Stato (cfr. discorso d’insediamento innanzi al Parlamento in s.c. tenuto in data 31.01.15 – cosiddetto discorso dell’arbitro). Tuttavia, lo sviluppo degli avvenimenti e soprattutto la realtà effettuale, rilevante non solo per l’analisi politologica (secondo l’insegnamento classico di Nicolò Machiavelli), bensì per la scienza del diritto costituzionale (nozione di Costituzione materiale, coniata da Costantino Mortati), hanno smentito la validità dell’interpretazione riduttiva, di stampo notarile asettico, rivendicata in teoria e voluta in prassi pervicacemente seguire, giacché l’odierna consiliatura del Csm, con fine mandato al 2022, ha dovuto sottostare a ben tre elezioni suppletive per il rinnovo parziale dell’organo collegiale di autogoverno della magistratura.
Occorre considerare che il Csm nella formazione in carica al momento della deflagrazione dello scandalo Palamara, era composto nella componente togata di 16 membri, in base all’ultima tornata svoltasi l’8-9 luglio 2018 e nella componente laica di 8 membri, in base ai designati dal Parlamento in seduta comune in data 19 luglio 2018. E’ noto che la componente togata, il cui numero soverchiante pone problemi di subalternità dei laici, e comunque impossibilità della componente di provenienza parlamentare di garantire argini al corporativismo innato nella magistratura (presente anche in era prerepubblicana, ma dilagante in periodi di supplenza rispetto agli altri poteri dello Stato) si compone di 16 membri di cui 2 provenienti dalle funzioni di legittimità, 10 dalle funzioni giudicanti di merito e 4 dalle funzioni requirenti. Le prime elezioni suppletive sono state indette per i giorni 6-7 ottobre 2019 per rimpiazzare due componenti con funzioni requirenti di merito resesi necessarie dopo le dimissioni di altrettanti membri togati. A seguito di detta prima tornata sono entrati il dottor Antonino D’Amato, procuratore aggiunto presso il Tribunale Santa Maria Capuavetere e il dottor Nino Di Matteo, star televisiva, sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Per il giorno 8-9 dicembre 2019 le elezioni suppletive si sono tenute per il rimpiazzo di un componente con funzioni giudicanti di merito, resesi necessarie dopo le dimissioni di un’ulteriore componente togato nonché la rinuncia al subentro da parte del primo dei candidati non eletti nella tornata base del 2018; risultata eletta la dottoressa Elisabetta Chinaglia, presidente di Sezione del Tribunale di Asti.
La terza tornata di elezioni suppletive è stata indetta e si è tenuta per i giorni 11-12 aprile 2021 per un componente con funzioni giudicanti di merito, resesi necessarie dopo le dimissioni di un ulteriore componente togato nonché la mancanza di candidati non risultati eletti nel medesimo collegio. Non occorre appellarsi all’esperienza e alla maestria in diritto costituzionale del presidente professor Mattarella – padre della legge elettorale 1993 post risultato referendario abolizione di pluralità di preferenze nel sistema politico delle elezioni delle Camere, chiamata “minotauro” per essere un coacervo di maggioritario e proporzionale – per constatare che già sotto l’aspetto meramente organizzativo l’indizione reiterata ed a breve scadenza di plurime elezioni suppletive per il rinnovo a tappe del Csm ha posto più di un problema. Non solo per la convocazione di collegi elettorali formati in via asimmetrica giacché il peso dei relativi collegi elettorali non può prescindere dalla consistenza numerica degli organici non territorialmente uniforme, bensì pure per il fatto che l’anomalia urbi et orbi additata da estirpare, cioè l’appartenenza correntizia e la decisività degli accordi fra i capicorrente nella designazione degli eleggibili alle cariche apicali degli uffici giudiziari delle città più importanti, è risultata riconfermata ed implementata. Tanto sotto un profilo di efficienza e funzionalità amministrativa, seppure il cuore del problema da affrontare in una prospettiva sistematica, è costituito dal fatto che il rinnovamento a scaglioni dell’organo collegiale altera irrimediabilmente la sua rappresentatività e lo espone ancor più a menomare le tanto declamate garanzie di autonomia ed indipendenza.
Se la composizione mista del Csm e la presidenza affidata al capo dello Stato nel disegno dei costituenti dovevano rappresentare un raccordo essenziale tra il potere giudiziario e gli altri poteri, il predominio duraturo e pervicace della componente togata ha indotto la magistratura ordinaria ad erigersi in una casta non scalfibile, aliena e separata dai bisogni e dalle esigenze della società (in primis la domanda di giustizia secondo ragionevole durata) e da indulgere a spinte corporativistiche dirette alla tutela degli interessi di categoria. Quando si rappresenta che la dialettica delle varie correnti presenti all’interno del Csm dovrebbe assicurare un arricchimento culturale del dibattito sul problema della giustizia, si vuole celare il dato di fatto emergente agli occhi pure degli osservatori internazionali: l’abnorme durata dei processi civili e penali; la politicizzazione nell’avvio ad orologeria e nella conduzione di numerose indagini in cui sono coinvolti personaggi politici; il senso di impunità dei magistrati di ogni ordine e grado, in particolare in sede di giurisdizione domestica e addomesticata per i rilievi disciplinari devoluti alla cognizione del Csm. A questi gravi problemi il settennato di Sergio Mattarella non ha dato concrete e puntuali risposte, se si escludono i soliti sermoni più consoni al discorso del caminetto a fine anno. Da ultimo in data 24.11.21 il capo dello Stato tuonava “In questa direzione deve muoversi anche la riforma del Csm non più rinviabile. L’organo di governo autonomo, quale presidio costituzionale per la tutela dell’autonomia e indipendenza della magistratura, è chiamato ad assicurare le migliori soluzioni per il funzionamento dell’organizzazione giudiziaria, senza mai cadere ad una sterile difesa corporativa. È indispensabile, quindi, che la riforma venga al più presto realizzata, tenuto conto dell’appuntamento ineludibile del prossimo rinnovo del Consiglio Superiore. Non si può accettare il rischio di doverne indire le elezioni con vecchie regole e con sistemi ritenuti da ogni parte insostenibili”. A tale ennesimo enfatico monito, ha fatto riscontro l’annullamento – dopo il già preoccupante caso del procuratore capo di Roma dottor Prestipino, cooptato dal valente predecessore dottor Pignatone passato in Vaticano come promotore di giustizia (dopo che l’impostazione della maxi-inchiesta su mafia capitale era stata smentita dalla Corte di Cassazione) – delle nomine al vertice di Palazzaccio di Piazza Cavour.
Infatti il Consiglio di Stato, alla vigilia cerimonia di inaugurazione anno giudiziario, in accoglimento del ricorso in appello patrocinato dal professor Franco Gaetano Scoca, ha dichiarato illegittime le nomine, fatte nel 2020 dal Csm, del presidente della Suprema Corte Pietro Curzio e del presidente aggiunto Margherita Cassano, ribaltando precedente sentenza Tar Lazio. Per quanto riguarda le obiezioni alle nomine di Curzio e Cassano, la difesa del magistrato Angelo Spirito che ha impugnato le delibere prese dal Csm nel luglio 2020 – con le quali dopo l’affaire “Palamara” e lo scandalo che aveva travolto il Csm, si rinnovarono i vertici della Suprema Corte – critica la “sopravvalutazione delle esperienze professionali di Curzio” e la “prevalenza di meriti” riconosciuti alla Cassano. In particolare, nel ricorso contro la nomina della Cassano a presidente aggiunto della Suprema Corte, è stato contestato il “peso” riferito “alla sua esperienza di componente del Csm”, a fronte della “netta esperienza quantitativo-temporale” dell’impegno svolto da Spirito che ha il grado di presidente di sezione da 20 anni, a fronte dei 13 della rivale. Dopo l’annullamento senza rinvio, da parte del Consiglio di Stato, delle delibere di designazione dei vertici apicali della Cassazione (il vicepresidente aggiunto era la prima donna), adesso il dossier torna a Palazzo dei Marescialli, che si trova di fronte a diverse opzioni, tra cui la riadozione del medesimo provvedimento con diversa motivazione, con un comportamento a rischio smaccatamente di elusione. “Il Csm potrebbe farlo ma non è una strada facile, giacché il Consiglio di Stato ha ribaltato tutta l’impostazione delle due delibere. Conoscendo il modus operandi del Csm – prosegue critico professor Scoca – faranno di tutto, perché a seguito della decisione del Consiglio di Stato non succeda niente. Il Csm potrebbe fare ricorso in Cassazione a Sezioni Unite civili, al solo fine di perdere tempo dato che il ricorso è ammesso solo per contestare la giurisdizione, ma è indubbio che siamo nel campo amministrativo. Facendo ricorso alle Sezioni Unite, la sentenza di annullamento non passa in giudicato. Poi nel frattempo tutti vanno in pensione”.
Il quadro è realistico, perché il Csm per non piegarsi alle pronunce del Giudice amministrativo, è stato negli anni capace di inventarsi di tutto, sino a pretestuosa sollevazione di conflitti di attribuzione tra poteri dello stato, quando un ricorrente vittorioso doveva esperire il giudizio di ottemperanza, chiedendo la nomina di commissario ad acta per sostituirsi all’inadempienza protratta del Csm! Questo quadro dovrebbe indurre la classe politica, i pochi scampoli residui, a porsi il problema di riportare il rispetto dei canoni di legalità – tanto declamati nelle vicende altrui, nelle nomine degli uffici giudiziari, frutto di mercimonio morale e inquinamento imagologico. Per ultimo, nel caso che gli augusti interessati piegassero a fini dilatori il ricorso per motivi di giurisdizione, ci si augura che il Collegio composto da tutti i membri sopposti ai due decapitati, non gli risparmino oltre la condanna a spese legali, l’irrogazione delle sanzioni che con disinvoltura si comminano agli altri cittadini quando hanno l’ardire di esperire rimedi inammissibili. Nessuno ha posto al centro dei requisiti del prossimo presidente della Repubblica, il supremo magistrato repubblicano, la capacità di incidere sul malfunzionamento sistemico della magistratura ordinaria, di cui l’ultima paradossale vicenda si pone come cartina di tornasole di una infingarda latitanza. Dopo esser stato eletto, al quarto scrutinio con 665 voti, Mattarella disse “significativamente” che “il presidente della Repubblica è garante della Costituzione; la garanzia più forte consiste nella sua applicazione; nel viverla giorno per giorno garantire la Costituzione significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi”. Di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno.
(*) Avvocato Amministrativista – Collaboratore stabilizzato Cattedra di Diritto costituzionale, Roma III
FONTE: https://www.opinione.it/politica/2022/01/18/jacopo-severo-bartolomei_csm-cassazione-consiglio-di-stato-mattarella-quirinale-letta-jr-conte-salvini/
Tiboni (MIC): “Vietate pressioni e discriminazioni”
Foggia, 18/01/2022 – (ASI) “Una notizia questa di rilevante importanza, tenuta nascosta sia dal Governo italiano e Ministero della Salute, che dai nostri Parlamentari seduti sullo scranno del Parlamento Europeo.
In data 27 gennaio 2021 l’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa ha votato la risoluzione 2361 (di cui alleghiamo il documento*) che vieta di rendere obbligatoria la vaccinazione anti covid-19.
Il testo approvato dall’Assemblea chiarisce ai Paesi aderenti quali siano gli obblighi nella gestione della campagna di vaccinazione. Riportiamo a seguirei i contenuti che riteniamo fondamentali ai fini della tutela dei diritti umani: (punto 7.3.1) assicurarsi che i cittadini siano informati che la vaccinazione NON è obbligatoria e che nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sottoposto a pressioni per farsi vaccinare, se non lo desiderano farlo da soli; (punto 7.3.2) garantire che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato, a causa di possibili rischi per la salute o per non voler essere vaccinato; (punto 7.3.4) distribuire informazioni trasparenti sulla sicurezza e sui possibili effetti collaterali dei vaccini, collaborando e regolamentando le piattaforme di social media per prevenire la diffusione di disinformazione; La risoluzione 2361 chiarisce inequivocabilmente 4 aspetti fondanti:
1. La vaccinazione NON è obbligatoria;
2. Non ci possono essere pressioni alla vaccinazione;
3. Deve essere garantito che nessuno sia discriminato;
4. Devono essere fornite informazioni trasparenti sugli effetti collaterali.
Fonte: protocollodelpopolo
Contrariamente a quanto deliberato dall’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa, nulla di tutto questo viene tenuto in considerazione dai nostri governanti. In Italia è in atto una pressione vera e propria all’obbligo vaccinale e, più volte abbiamo riportato articoli nel merito.
Ricordiamo il recente Tweet di Claudio Borghi, il quale scriveva: “Eppure non dovrebbe essere difficile capire il ragionamento: vaccinazioni = sparisce il virus = si allentano le restrizioni = turismo”. L’azione mediatica e quotidiana di dispensare, come un bollettino di guerra i valori dei positivi al tampone per il Covid-19, non è altro che un messaggio mediatico che volge al pensiero che l’unica alternativa sia la vaccinazione.
I continui lockdown, messi in atto nonostante i posti letto in Terapia Intensiva (occupati da Pazienti Covid−19) rientrano nella soglia minima, non fanno altro che fortificare tale pensiero. Nessun messaggio è mai apparso sui media in ordine al non obbligo vaccinale, né nessun messaggio è mia apparso al fine di fornire dati esatti e dettagliati sugli effetti collaterali dei vaccini.
Le uniche informazioni che si possono apprendere in rete (quando non vengono censurate) sono quelle dalle testate giornaliste e blogger indipendenti nonché medici liberi nel pensiero. Inviamo pertanto il Governo Italiano ed il Ministero della Salute nella persona del Ministro Roberto Speranza, alla stretta osservanza di quanto stabilito dall’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa.
Nonché a mettere in atto una campagna mediatica di informazione trasparente (su larga scala) secondo quanto stabilito dall’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa con la risoluzione 2361/2021.
Invitiamo tutti a stampare il documento, averlo sempre con sé, ed esibirlo in caso di necessità.” Lo dichiara in esclusiva ad Agenzia Stampa Italia in una nota il Coordinatore Nazionale dell’Organizzazione Politica Italia nel Cuore (MIC).
NOTE
https://agenziastampaitalia.it/images/resolution_2361.pdf
FONTE: https://www.statoquotidiano.it/18/01/2022/corte-europea-votata-risoluzione-2361-la-vaccinazione-non-e-obbligatoria/909619/
Risoluzione n. 2361/2021 e Regolamento 953/2021: cosa dicono
Vaccini e Green Pass: cosa ne pensa l’Unione Europea e quali sono i veri significati della risoluzione n. 2361 del Consiglio d’Europa e del Regolamento n. 953.
In questi ultimi giorni, si sta parlando sempre più spesso della risoluzione n. 2361/2021 del Consiglio d’Europa e del Regolamento Ue n. 953/2021 da molti sbandierati come la dimostrazione che, per l’Europa, il Green pass italiano sarebbe illegittimo. Il Green Pass infatti, a detta di molti (e non a torto), si risolverebbe in un indiretto incentivo alla vaccinazione, quando invece i predetti atti dell’Ue stabilirebbero il divieto di discriminazione tra soggetti vaccinati e non.
In realtà, anche in questo caso, le norme sono state mal interpretate dai “non addetti ai lavori” generando così cattiva informazione e fake news. Andiamo quindi a vedere cosa effettivamente dice sia la risoluzione n. 2361/2021 (e qual è il suo valore), sia il regolamento Ue n. 953/21 del 14 giugno 2021.
Indice
Risoluzione n. 2361/2021: che valore ha?
Partiamo dal valore che ha la risoluzione del Consiglio d’Europa. Innanzitutto questa, a differenza di regolamenti e direttive Ue, non è fonte del diritto. Non è quindi vincolante e obbligatoria, né direttamente applicabile. Si tratta solo di una serie di consigli. Del resto, il Consiglio d’Europa, contrariamente a quanti molti credono, non è un’istituzione dell’Unione europea e, quindi, è estraneo ad essa: non va confuso con le istituzioni comunitarie.
Dunque, l’eventuale contrasto tra il diritto interno di uno degli Stati europei e la Risoluzione del Consiglio d’Europa non implica mai una illegittimità delle norme nazionali.
Sbaglia quindi chi crede che lo Stato, laddove emani una legge contraria al contenuto della risoluzione n. 2361/21, sia tenuto a risarcire i cittadini o comunque a eliminare la difformità. Purtroppo di essa sono presenti solo le versioni in inglese e francese, sicché chi ne vorrà comprendere il testo dovrà essere dotato di conoscenze linguistiche adeguate.
Un’ultima considerazione: strano che una parte degli italiani, storicamente nazionalista e sovranista, si sia riscoperta all’occorrenza europeista.
Cosa dice la Risoluzione n. 2361/2021 del Consiglio d’Europa?
La risoluzione non limita, anzi incentiva, la vaccinazione, auspicando la cooperazione tra gli Stati.
La Risoluzione auspica che gli Stati prevedano un adeguato sistema di risarcimento dei danni da vaccinazione: risarcimento per il quale l’Italia è già “in linea”. Difatti, la Corte Costituzionale italiana, con la sentenza n. 118/2020, ha stabilito l’obbligo per lo Stato di prevedere il risarcimento non solo per i vaccini obbligatori ma anche per quelli fortemente consigliati come appunto quello Covid-19.
Peraltro, la Corte di Cassazione, proprio qualche mese fa, con la sentenza n. 12225/2021, ha stabilito l’obbligo di risarcimento a carico della casa farmaceutica produttrice, per tutti i danni derivanti dal farmaco difettoso, anche laddove eventuali effetti indesiderati siano specificamente indicati sul bugiardino.
La Risoluzione richiede poi il rispetto del diritto di accesso alle cure mediche senza discriminazioni e che la distribuzione del vaccino tra i vari Stati aderenti sia equa.
Infine, la Risoluzione, per garantire un elevato livello di adesione, invita gli Stati a una corretta campagna di informazione, soprattutto relativa alla non obbligatorietà del vaccino, alla sua sicurezza e ai possibili effetti indesiderati, in modo da assicurare una scelta consapevole e libera, senza alcuna forma di discriminazione o svantaggio per coloro che decideranno di non sottoporsi al vaccino.
Cosa dice il Regolamento 953/2021?
A differenza della Risoluzione del Consiglio d’Europa, il Regolamento Ue è fonte del diritto nazionale, direttamente applicabile in ogni Stato Membro, compresa quindi l’Italia. Ma cosa dice il Regolamento Ue 953/2021? A detta di molti, conterrebbe il divieto di istituzione del Green pass. Cosa affatto non vera: basta leggerne il considerato n. 6 laddove stabilisce espressamente «In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica». Del resto, anche altri Paesi, come la Francia, la Danimarca, l’Ungheria, l’Austria, il Lussemburgo, il Portogallo e l’Irlanda hanno istituito il certificato verde con il placet delle istituzioni Comunitarie.
Misure regionali sono state adottate in Germania e Spagna, dove spetta alle regioni stabilire se introdurre o meno un lasciapassare.
Sempre il considerato 6 stabilisce che «Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475».
Più incisivo è poi il considerato n. 7 laddove dice che «In base alle evidenze mediche attuali e tuttora in evoluzione, le persone vaccinate o che hanno avuto di recente un risultato negativo a un test per la Covid-19 e le persone che sono guarite dalla Covid-19 nei sei mesi precedenti sembrano comportare un rischio ridotto di contagiare altre persone con il SARS-CoV-2». Pertanto «la libera circolazione delle persone che, secondo solidi dati scientifici, non costituiscono un rischio significativo per la salute pubblica, per esempio perché sono immuni da SARS-CoV-2 e non possono trasmetterlo, non dovrebbe essere soggette a restrizioni, poiché queste ultime non sarebbero necessarie a conseguire l’obiettivo di tutelare la salute pubblica. Qualora la situazione epidemiologica lo consenta, tali persone non dovrebbero essere soggette a restrizioni aggiuntive alla libera circolazione connesse alla pandemia di Covid-19, come i test per motivi di viaggio per l’infezione da SARS-CoV-2 o la quarantena o l’autoisolamento per motivi di viaggio, a meno che tali restrizioni aggiuntive, sulla base degli ultimi dati scientifici a disposizione e in linea con il principio di precauzione, non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica e non siano discriminatorie».
Insomma, la norma in commento stabilisce che chi è da poco guarito dal Covid o ha fatto almeno un ciclo di vaccinazione non deve subire alcuna limitazione alla libertà di spostamento, facendo così comprendere che, invece, chi presenta un elevato grado di contagio di altre persone (perché il virus ha vita più lunga nel corpo ospite) può essere oggetto di limitazioni alla libertà di spostamento.
Il Considerato 8 prende atto del fatto che molti Stati Membri hanno adottato il Green Pass. Il Regolamento chiede che queste certificazioni siano tra loro pienamente interoperabili, compatibili, sicure e verificabili.
Il Considerato 13 dispone testualmente: «Sebbene lasci impregiudicata la competenza degli Stati membri nell’imporre restrizioni alla libera circolazione (…) tali restrizioni potrebbero essere revocate in particolare per le persone vaccinate».
In molti si appellano al Considerato 36 nel voler per forza trovare una norma europea che vieti l’uso del Green Pass. Come detto, tutto il Regolamento è già rivolto ad autorizzare il Green Pass. Il considerato 36 auspica solo l’assenza di discriminazioni – dirette o indirette – delle persone non ancora vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti Covid-19 è attualmente somministrato o consentito (come i bambini), o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. Si hanno quindi a riferimento non già i soggetti per i quali c’è stata la “chiamata” alla vaccinazione e che hanno optato per non vaccinarsi.
Inoltre, il Considerato 36 vieta la discriminazione tra chi ha ricevuto uno specifico vaccino rispetto a chi ne ha ricevuto un altro: questa diversità – dice la norma – «non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto».
Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati. E difatti l’Italia, salvo per alcune categorie considerate “a rischio” per il contatto con soggetti fragili (bambini e malati), non ha optato per la vaccinazione obbligatoria (sebbene la Costituzione lo consenta).
FONTE: https://www.laleggepertutti.it/amp/512537_risoluzione-n-2361-2021-e-regolamento-953-2021-cosa-dicono#
Verifica della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale disponendo incombenti istruttori
Covid-19 – Vaccino – Obbligatorietà – Legittimità costituzionale – Verifica della non manifesta infondatezza – Istruttoria.
In occasione dell’appello proposto da un tirocinante non ammesso al corso formativo all’interno di strutture sanitarie perché non sottopostosi al vaccino per il Covid-19, il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana dispone incombenti istruttori, ai fini della valutazione della non manifesta infondatezza della prospettata questione di costituzionalità, affidata ad un collegio composto dal Segretario generale del Ministero della Salute, dal Presidente del Consiglio superiore della sanità operante presso il Ministero della salute e dal Direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria (1).
(1) Ha premesso il C.g.a. che l’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021, laddove prevede l’obbligo vaccinale per “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all’articolo 1, comma 2, l. 1° febbraio 2006, n. 43”, deve interpretarsi nel senso che include i tirocinanti che, nell’ambito del percorso formativo, vengano a contatto con l’utenza in ambito sanitario, ricorrendo le medesime ragioni di tutela dei pazienti previste per i sanitari e gli infermieri.
Ha aggiunto che secondo la vigente normativa l’obbligo vaccinale non sussiste in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche e documentate condizioni cliniche, attestate dal medico di medicina generale o dal medico vaccinatore, nel rispetto di quanto disposto dalle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2.
Quanto alla questione di legittimità costituzionale sollevata sul rilievo che non sarebbe possibile nel nostro ordinamento porre un obbligo vaccinale basato su farmaci sperimentali, ostando a ciò il regolamento UE 2014, artt. 28 e segg, e l’art. 32 ultimo comma Cost., il quale vieta trattamenti contrari alla dignità umana, il C:g.a. ha ricordato che la giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di vaccinazioni obbligatorie è salda nell’affermare che l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute della singola persona (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto delle altre persone e con l’interesse della collettività.
In particolare, la Corte ha precisato che – ferma la necessità che l’obbligo vaccinale sia imposto con legge – la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. alle seguenti condizioni:
(i) se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;
(ii) se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;
(iii) e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990).
In particolare, come affermato dalla sentenza 22 giugno 1990, n. 307, la costituzionalità degli interventi normativi che dispongano l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari (nel caso di specie si trattava del vaccino antipolio) risulta subordinata al rispetto dei seguenti requisiti: <il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale. ……. un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili. Con riferimento, invece, all’ipotesi di ulteriore danno alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – (…) – il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività non è da solo sufficiente a giustificare la misura sanitaria. Tale rilievo esige che in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico, ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri>. E qualora il rischio si avveri, in favore del soggetto passivo del trattamento deve essere <assicurato, a carico della collettività, e per essa dello Stato che dispone il trattamento obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro del danno patito>.
Come affermato con la decisione 18 gennaio 2018 n. 5, il contemperamento di questi molteplici principi lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l’effettività dell’obbligo. Si precisa ancora nella decisione n.5 del 2018, i vaccini, al pari di ogni altro farmaco, sono sottoposti al vigente sistema di farmacovigilanza che fa capo principalmente all’Autorità italiana per il farmaco (AIFA) e poiché, sebbene in casi rari, anche in ragione delle condizioni di ciascun individuo, la somministrazione può determinare conseguenze negative, l’ordinamento reputa essenziale garantire un indennizzo per tali singoli casi, senza che rilevi a quale titolo – obbligo o raccomandazione – la vaccinazione è stata somministrata (come affermato ancora di recente nella sentenza n. 268 del 2017, in relazione a quella anti-influenzale); dunque <sul piano del diritto all’indennizzo le vaccinazioni raccomandate e quelle obbligatorie non subiscono differenze: si veda, da ultimo la sentenza n. 268 del 2017>.
Ha aggiunto il C.g.a. che ai fini della valutazione della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, occorre verificare se l’obbligo vaccinale per il Covid 19 soddisfi le condizioni dettate dalla Corte in tema di compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria dei cittadini in ambito vaccinale sopra indicate, ossia non nocività dell’inoculazione per il singolo paziente e beneficio per la salute pubblica, ed in particolare: che il trattamento «non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato», ferma restando la tollerabilità di effetti collaterali di modeste entità e durata; che sia assicurata <la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (…), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili>; che la discrezionalità del legislatore sia esercitata alla luce <delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica> e quindi che la scelta vaccinale possa essere rivalutata e riconsiderata, nella prospettiva di valorizzazione della dinamica evolutiva propria delle conoscenze medico-scientifiche che debbono sorreggere le scelte normative in campo sanitario (sentenza n. 5/2018); che sia stata seguita la “raccomandazione” della Corte (decisione n.258/1994) secondo la quale, ferma la obbligatorietà generalizzata delle vaccinazioni ritenute necessarie alla luce delle conoscenze mediche, il legislatore dovrebbe individuare e prescrivere in termini normativi, specifici e puntuali, sebbene entro limiti di compatibilità con le esigenze di generalizzata vaccinazione, <gli accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili rischi di complicanze>.
Seguendo gli indici costituzionali fin qui richiamati, deve ritenersi essenziale, per un verso, che il cittadino riceva informazioni complete e corrette che siano facilmente e liberamente accessibili, e per altro verso che la sperimentazione, la raccolta e la valutazione dei dati (il più possibile ampi e completi) avvengano (o siano almeno validati) da parte di organismi indipendenti, in quanto l’affidamento della raccolta dei dati al produttore del vaccino presenta profili di evidente criticità (in tema di situazioni di conflitto di interessi in relazione ad attività svolta in favore di case farmaceutiche produttrici di vaccini si veda Cons. St., sez. V, 2 aprile 2021, n. 2744).
Il C.g.a., ai fini della valutazione della non manifesta infondatezza della prospettata questione di costituzionalità, dispone quindi istruttoria affidata ad un collegio composto dal Segretario generale del Ministero della Salute, dal Presidente del Consiglio superiore della sanità operante presso il Ministero della salute e dal Direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria.
Chiede in particolare:
1) le modalità di valutazione di rischi e benefici operata, a livello generale, nel piano vaccinale e, a livello individuale, da parte del medico vaccinatore, anche sulla basa dell’anamnesi pre-vaccinale; se vengano consigliati all’utenza test pre-vaccinali, anche di carattere genetico (considerato che il corredo genetico individuale può influire sulla risposta immunitaria indotta dalla somministrazione del vaccino); chiarimenti sugli studi ed evidenze scientifiche (anche eventualmente emerse nel corso della campagna vaccinale) sulla base dei quali venga disposta la vaccinazione a soggetti già contagiati dal virus;
2) le modalità di raccolta del consenso informato;
3) l’articolazione del sistema di monitoraggio, che dovrebbe consentire alle istituzioni sanitarie nazionali, in casi di pericolo per la salute pubblica a causa di effetti avversi, la sospensione dell’applicazione dell’obbligo vaccinale; chiarimenti sui dati relativi ai rischi ed eventi avversi raccolti nel corso dell’attuale campagna di somministrazione e sulla elaborazione statistica degli stessi (in particolare, quali criteri siano stati fissati, e ad opera di quali soggetti/istituzioni, per raccogliere i dati su efficacia dei vaccini ed eventi avversi; chiarimenti circa i criteri di raccolta ed elaborazione dei dati e la dimensione territoriale, se nazionale o sovranazionale; chi sono i soggetti ai quali confluiscano i dati e modalità di studio), e sui dati relativi alla efficacia dei vaccini in relazione alle nuove varianti del virus.
4) articolazione della sorveglianza post-vaccinale e sulle reazioni avverse ai vaccini, avuto riguardo alle due forme di sorveglianza attiva (con somministrazione di appositi questionari per valutare il risultato della vaccinazione) e passiva (segnalazioni spontanee, ossia effettuate autonomamente dal medico che sospetti reazioni avverse).
La relazione dovrà anche partitamente chiarire:
1.1. con riferimento al primo quesito, se ai medici di base siano state fornite direttive prescrivendo loro di contattare i propri assistiti ai quali, eventualmente, suggerire test pre-vaccinali;
1.2. modalità in virtù delle quali venga data comunicazione al medico di base dell’avvenuta vaccinazione spontanea di un proprio assistito (presso hub vaccinali e simili);
2.1. quanto al secondo quesito, si richiedono chiarimenti circa la documentazione offerta alla consultazione dell’utenza al momento della sottoscrizione del consenso informato;
2.2. chiarimenti circa il perdurante obbligo di sottoscrizione del consenso informato anche in situazione di obbligatorietà vaccinale;
3.1. con riferimento al terzo quesito, si richiede la trasmissione dei dati attualmente raccolti dall’amministrazione in ordine all’efficacia dei vaccini, con specifico riferimento al numero dei vaccinati che risultino essere stati egualmente contagiati dal virus (ceppo originario e/o varianti), sia il totale sia i numeri parziali di vaccinati con una due e tre dosi; i dati sul numero di ricovero e decessi dei vaccinati contagiati; i dati di cui sopra comparati con quelli dei non vaccinati;
4.1. Con riferimento al quarto quesito, si chiede di conoscere se sia demandato ai medici di base:
4.1.1. di comunicare tutti gli eventi avversi (letali e non) e patologie dai quali risultino colpiti i soggetti vaccinati, ed entro quale range temporale di osservazione; ovvero
4.1.2. di comunicare solo eventi avversi espressamente elencati in direttive eventualmente trasmesse ai sanitari; ovvero
4.1.3. se sia a discrezione dei medici di base comunicare eventi avversi che, a loro giudizio, possano essere ricollegabili alla vaccinazione;
4.2. si richiede, altresì, di specificare con quali modalità i medici di base accedano alla piattaforma per dette segnalazioni, chi prenda in carico dette segnalazioni, da chi vengano elaborate e studiate.
Anno di pubblicazione:
Materia:
Covid-19, Vaccino
Tipologia:
Focus di giurisprudenza e pareri
FONTE: https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/verifica-della-non-manifesta-infondatezza-della-questione-di-legittimit-c3-a0-costituzionale-dell-obbligo-vaccinale-disponendo-incombenti-istruttori
Notizie da aperimerda.
AUGUSTO SINAGRA 23 11 2021
Il Procuratore della Repubblica di Brescia Dott. Prete ha chiesto il rinvio a giudizio del Dott. Piercamillo Davigo, quello che diceva che è meglio un innocente in carcere che un colpevole in libertà.
Il rinvio a giudizio è stato chiesto anche per il P.M. Paolo Storari, e riguarda per ambedue la violazione del segreto istruttorio e per l’integerrimo Davigo anche l’abuso delle sue funzioni di quando era membro del CSM.
La vita è strana. Lo Storari è stato premiato ed è stato mandato a far parte della c.d. Procura europea con stipendio galattico e annessi e connessi.
Per Davigo, viceversa, Platone ha colpito e la famosa saetta che gira gira di cui il filosofo greco parla nella “Tirannide”, è tornata in culo a chi la tira.
La seconda notizia della Fogna è che la gentile Ministro Marta Cartabia è volata in missione riservata a Washington. In questo momento Italia e USA non hanno problemi di cooperazione giuridica in materia penale né questioni di estradizione. La Cartabia è evidentmente affetta dalla nota sindrome di quello che girava per Piazza Venezia col culo di fuori e pensava di non essere visto da nessuno.
E’ evidente che la Cartabia si è recata presso gli Uffici del Dipartimento di Giustizia USA, dietro evidente mandato del suo mentore, nel patetico tentativo di parare il culo a politici sinistri e funzionari compiacenti di una nota Società italiana, che hanno interferito pesantemente nella organizzazione dei brogli elettorali in danno del Presidente Donald Trump.
Il bancario Mario Draghi sta per cedere la quota azionaria italiana in TIM che è maggioritariamente posseduta dalla francese Vivendi, alla Società di colossali speculazioni Black Rock.
Non tutti sanno che il governo italiano potrebbe impedire tutto questo, facendo valere la nostra ”golden share”. Il bancario/sportellista Draghi Cav. Mario non lo farà perché deve continuare l’opera di svendita dell’Italia allo straniero, iniziata sul “Britannia” in compagnia di altri traditori italiani.
L’ultima notizia è che il sacrilegio continua: il perito chimico Signor Mario Giorgio Bergoglio continua a toccare il corpo mistico di Cristo.
FONTE: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=144145301287430&id=100070758812209
IMMIGRAZIONI
A PROPOSITO DI IMMIGRAZIONE: I NUOVI SCHIAVI DEL XXI SECOLO
Augusto Sinagra 12 02 2018 RILETTURA
Specialmente dopo le volgarità e i delitti commessi a Macerata dalla cosiddetta “sinistra”, cresce nell’opinione pubblica un sentimento di contrarietà, oltre il limite della esasperazione, nei confronti delle migliaia di clandestini provenienti dall’Africa che liberamente e senza alcun controllo (neppure sanitario) entrano sul territorio nazionale.
Oltre al danno vi è la beffa nei confronti di chi si oppone a queste incontrollate invasioni e che viene tacciato di razzismo o di fascismo (antifascismo che, come detto giustamente da Marcello Veneziani, è l’ultimo rifugio dei farabutti).
La domanda che ci si deve porre è semplice: chi sono i responsabili? Le genti che provengono dall’Africa o il sinistro governo italiano che favorisce l’invasione nella consapevolezza di destabilizzare la Nazione, frantumare l’ordine pubblico e distruggere quel poco che è rimasto dello Stato sociale?
Questi cosiddetti migranti sono in realtà deportati inconsapevoli destinati, nella deliberata intenzione del governo, a vivere in stato di sostanziale schiavitù.
Dunque, una prima risposta: razzista è il governo e chi favorisce questa che, a giusto titolo, può esser definita una vera e propria tratta di esseri umani.
Queste genti africane o di altra provenienza geografica, commettono delitti? Certamente, e cos’altro potrebbero fare (a parte l’orrore di Pamela Mastropietro e delle decine e decine di analoghe nefandezze che fanno perdere ai delinquenti che le compiono i connotati dell’uomo per assumere quelli della bestia), per sopravvivere oltre alla pelosa ospitalità che viene data e che costa 1.050 euro a testa per una spesa complessiva annua, ad oggi, di circa cinque miliardi di euro. Ovviamente, questi denari non vanno a questi cosiddetti migranti, bensì alle pelose organizzazioni umanitarie che vi lucrano e vi speculano e che ovviamente sostengono questa classe politica al governo vile, corrotta e traditrice.
L’altra domanda fondamentale che ci si deve porre è la seguente: a cosa è finalizzato questo consapevole e preordinato progetto consistente nel determinare queste invasioni?
Anche qui la risposta è di tutta evidenza: la cosiddetta “sinistra progressista” si è ormai venduta al più bieco capitalismo di rapina (nella consapevolezza del “cupio dissolvi” della sua storia), ai centri della finanza internazionale, alle organizzazioni occulte e non occulte che la gestiscono, agli interessi delle multinazionali, ai vari criminali come George Soros, in nome di un mondialismo o di un globalismo del quale o non hanno capto niente (e allora sono radicalmente cretini e non devono stare al governo) oppure ne hanno capito gli scopi (e allora sono dei delinquenti – loro, non i cosiddetti profughi – e meno ancora devono stare al governo, bensì in galera).
Qualche imbecille o qualche disonesto dice che i cosiddetti migranti pagheranno le nostre pensioni. Come: soggiornando in alberghi a quattro stelle? Bivaccando dinanzi ai bar? Intrattenendosi a giocherellare con costosi smartphone? E poi, se è vero che di132.000 mila di essi si sono perse le tracce, immagino la disperazione del Presidente dell’INPS Boeri.
Molti di questi cosiddetti migranti sono abbandonati dal governo italiano nelle mani della criminalità organizzata italiana, ma la gestione criminale di essi sta per passare ad altre forme di criminalità di differente provenienza, soprattutto la feroce criminalità nigeriana. E non è bastato il monito del Presidente della Nigeria che ha avvertito che arrivano in Italia feroci criminali nigeriani.
A parte proteste di questi pseudo-migranti che si lamentano dell’alimentazione e dell’ospitalità e che distruggono gli alberghi che li ospitano, queste genti sono esse le prime vittime di forme generalizzate di racket che si collocano in un più vasto disegno criminoso tollerato, se non voluto, dalla “sinistra progressista” che ormai ha venduto la sua anima alle peggiori forme di liberismo che si fondano anche su un preordinato progetto schiavistico come era negli Stati Uniti d’America o nella Etiopia fino alla abolizione della schiavitù in quel Paese per determinazione ferma e irrevocabile del governo fascista. E la beffa oggi è che chi si riconosce nella perdurante attualità sociale ed economica di quel tempo, viene accusato di essere razzista!
È esperienza quotidiana vedere queste persone che, vittime del racket che le organizza e le sfrutta, puliscono marciapiedi o chiedono soldi dinanzi ai bar o ai più diversi esercizi commerciali.
Personalmente non do mai denaro ma tutte le volte che mi capita offro la colazione perché questo chiedono i neoschiavi del XXI secolo, e questo non può essere lucrato dal racket.
Numerosissimi sono gli stranieri presenti sul territorio italiano pienamente integrati anche nell’attività lavorativa e dei quali molti hanno quel sentimento di appartenenza alla Comunità nazionale che molti cittadini italiani hanno perso.
Come non condividere, allora, il programma elettorale di CasaPound? Cominciando dall’affermazione programmatica di principio che prima di chiunque altro vengono gli italiani, più di ogni altra cura vi è quella della redenzione morale, economica e politica di quei milioni di italiani che vivono in stato di povertà.
Il calo delle nascite in Italia con il quale si vorrebbe ignobilmente giustificare la ragione di questi ingressi illimitati e incontrollati, deve trovare una risposta in una seria politica di sostegno alle giovani famiglie, dando ai giovani un lavoro degnamente retribuito (come prescrive la vigente Costituzione della quale l’attuale classe politica dirigente fa strame) e dando un adeguato e controllato sostegno finanziario per ogni figlio fino all’età di sedici anni di 500 euro al mese. Per una spesa complessiva non solo graduata nel tempo, ma anche molto inferiore a quei cinque miliardi di euro spesi per convertire in schiavi i cosiddetti migranti.
Se a questo aggiungo l’uscita dall’euro e da questa Unione europea serva della finanza internazionale e del più bieco monetarismo, oltre che il recupero da parte dello Stato italiano della sovranità monetaria, votare CasaPound non è una semplice scelta elettorale ma è un dovere morale prima ancora che una preferenza politica.
FONTE: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1512427182398041&id=1511355895838503
Germania, Kaputt!
Giulio Meotti
Il nuovo governo tedesco di sinistra vuole aprire all’immigrazione di massa per far fronte al crollo della manodopera. Doppia cittadinanza (milioni di turchi in attesa), ricongiungimenti familiari e visti facili. Le aziende chiedono 400.000 migranti all’anno. La CSU denuncia: “Così distruggerete l’Europa”. In vent’anni un terzo della popolazione tedesca sarà straniera e le città al 70 per cento. La demografia, come il tempo, è inesorabile, sul lungo periodo ha impatti sull’economia sconvolgenti (gli impatti sulla cultura, l’identità e la società?) e la Germania appare fottuta. Intanto il paese, anziché l’assimilazione, lascia fare l’islamizzazione. Nelle scuole di Berlino a maggioranza musulmana un rapporto rivela che studenti e professori sono sotto pressione a sottomettersi ai dettami islamisti (fra dieci anni un terzo di molte città saranno islamiche). Anche il vate delle lettere di sinistra Hans Magnus Enzensberger ha riconosciuto che “ogni migrazione provoca conflitti, indipendentemente dalle cause che l’hanno determinata, dagli scopi che si prefigge, dal fatto che sia spontanea o coatta, dalle dimensioni che assume…”
FONTE: https://www.facebook.com/meotti.giulio/posts/342288287898995
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Nuova tassazione delle pensioni
Come sono tassati i redditi di pensione dal 2022: Irpef con nuove aliquote e scaglioni, formule diverse per le detrazioni.
Il 2022 ha portato con sé una nuova tassazione delle pensioni: con la riforma Irpef, cambiano sia le aliquote e gli scaglioni d’imposta, che le detrazioni per chi percepisce redditi di pensione.
Per redditi di pensione si intendono le somme corrisposte in maniera periodica e continuativa da enti previdenziali, sulla base del rapporto assicurativo in essere (cosiddetto Ivs, invalidità vecchiaia e superstiti) in virtù svolgimento dell’attività lavorativa.
Più precisamente, con il termine pensione si indica una prestazione previdenziale che garantisca al lavoratore mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia.
La prestazione pensionistica previdenziale non deve essere però confusa con la prestazione pensionistica assistenziale, anche se di fatto i trattamenti possono essere erogati dallo stesso ente (l’Inps) e sono chiamati entrambi “pensione”.
La previdenza sociale si realizza infatti attraverso prestazioni a supporto degli assicurati in condizioni di bisogno (infortunio, malattia, vecchiaia, maternità, disoccupazione involontaria), finanziate principalmente dai contributi degli iscritti (oltreché da erogazioni pubbliche).
L’assistenza sociale, al contrario, si realizza attraverso prestazioni indirizzate al sostegno delle persone in stato di bisogno, è attuata direttamente dagli organi di pubblica amministrazione ed attinge i propri mezzi dal finanziamento pubblico.
Quali sono le pensioni esenti da tassazione?
Devono considerarsi esenti dall’Irpef le pensioni corrisposte come risarcimento di un danno corrispondente ad una perdita patrimoniale (danno emergente), mentre sono tassate quelle relative alla perdita di opportunità di reddito (lucro cessante)
Rientrano in questa categoria, ad esempio, le pensioni privilegiate di invalidità permanente e di assistenza personale per inabilità generale.
Sono inoltre esenti:
- le pensioni privilegiate percepite dalle vittime di lesioni connesse al servizio militare di leva nonché dalle vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e del dovere;
- l’indennità integrativa speciale relativa alla pensione base e le pensioni estere per malattie professionali o incidenti sul lavoro;
- le pensioni di guerra e assimilate;
- i trattamenti di assistenza, come la pensione d’invalidità civile, l’assegno di accompagnamento e l’assegno sociale.
Irpef 2021
Sulla pensione deve essere applicata l’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
L’Irpef si calcola applicando al reddito un’aliquota, cioè una determinata percentuale; l’aliquota da applicare è differente per ogni fascia, o scaglione, di reddito:
- per la fascia di reddito annuo sino a 15mila euro, l’aliquota è pari al 23%;
- nella fascia oltre 15mila e fino a 28mila euro, l’aliquota è pari al 27%;
- relativamente allo scaglione che va da 28mila a 55mila euro, l’aliquota ammonta al 38%;
- oltre 55mila e fino a 75mila euro, l’aliquota è pari al 41%;
- oltre 75mila euro si applica l’aliquota del 43%.
Irpef 2022
A partire dal 2022, l’Irpef risulta sempre modulata sulla base di aliquote e scaglioni, ma con soglie differenti:
- reddito complessivo annuo sino a 15.000 euro: l’imposta lorda è pari al 23%;
- reddito complessivo annuo da 15.001 a 28.000 euro: l’imposta lorda è pari al 25%;
- reddito complessivo annuo da 28.001 a 50.000 euro: l’imposta lorda è pari al 35%;
- da 50.000 euro in poi: l’imposta lorda è pari al 43%.
Detrazioni per redditi di pensione 2021
Sino al 2021, le detrazioni per reddito di pensione sono pari a:
- nel caso in cui il reddito complessivo non sia superiore a 8mila euro: 1880 euro; questa fascia di reddito rappresenta la cosiddetta no tax area, cioè la fascia al di sotto della quale la detrazione supera l’importo dell’imposta lorda e, di fatto, il beneficiario di pensione non è tassato;
- nel caso in cui il reddito complessivo sia compreso tra 8mila e 15mila euro si deve applicare la seguente formula: 1297 + [583 × (15000 – reddito complessivo) / 7000];
- nel caso in cui il reddito complessivo sia compreso tra 15mila e 55mila euro si deve applicare la seguente formula: 1297 × [(55000 – reddito complessivo) / 40000].
Ricordiamo che la detrazione è un importo che diminuisce l’imposta lorda.
Le detrazioni per reddito di pensione devono essere rapportate al periodo dell’anno in cui il beneficiario percepisce il trattamento pensionistico. Inoltre, per la stessa giornata dell’anno non è possibile fruire delle detrazioni per redditi di pensione e contemporaneamente delle detrazioni per redditi di lavoro dipendente. Le detrazioni per redditi di lavoro autonomo sono totalmente incompatibili con le detrazioni per redditi di pensione nella stessa annualità, anche se lavoro e pensione riguardano periodi differenti, in quanto la detrazione per produzione di reddito di lavoro autonomo non è rapportata al periodo dell’anno.
Detrazioni per redditi di lavoro pensione 2022
Per quanto riguarda le detrazioni per redditi di pensione, a partire dal 2022 devono essere applicate le seguenti formule:
- redditi sino a 8.500 euro: detrazione base pari a 955 euro annui; si tratta della nuova no tax area;
- redditi da 8.500 a 28mila euro: 700 +1.2500 x (28.000 – reddito complessivo): 19.500;
- redditi oltre 28mila e fino a 50mila euro: 700 x (50.000 -reddito complessivo): 22.000;
- redditi oltre 50.000 euro: nessuna detrazione.
Viene applicato un incremento dell’importo della detrazione di 50 euro per la fascia di reddito tra i 25.000 e i 29.000 euro.
FONTE: https://www.laleggepertutti.it/543777_nuova-tassazione-delle-pensioni
PANORAMA INTERNAZIONALE
Vendette trasversali australiane contro la Serbia?
Mario Felicani 19 01 2022
Ad aprire il fuoco è stato il quotidiano serbo “Republika”, che chiama in causa il governo australiano di Scott Morrison, ma in modo più preciso il suo segretario John Kunkel.
Republika ricorda che Kunkel dal 2016 al 2018 ha lavorato per la Rio Tinto come capo del dipartimento per la cooperazione con il governo australiano per poi passare nel 2018 all’ufficio del primo ministro.
“Ecco perché ci sono sempre più commenti secondo cui Djokovic è solo un danno collaterale del conflitto di interessi di questi due personaggi”, prosegue il giornale serbo, fino a parlare di una “vendetta” trasversale nei confronti del governo serbo, che intenderebbe fermare il progetto di sfruttamento minerario della multinazionale.
Djokovic, sui propri canali social, aveva pubblicato le immagini delle proteste popolari e ambientaliste contro la Rio Tinto, verso la quale viene rilevato il marcia indietro della premier Ana Brnabic e del presidente della Repubblica, Aleksandar Vucic, nelle trattative con il gruppo minerario.
Il 7 gennaio la premier Brnabic aveva affermato che “il governo è vicino” alla decisione di annullare tutti gli accordi presi in precedenza con Rio Tinto.
“Bisogna vedere solo quale è lo scotto e quale il prezzo da pagare per la rescissione degli accordi”, ha detto la premier aggiungendo che di questo avrebbe discusso con il capo dello Stato. Lo stesso Vucic, pochi giorni dopo aveva affermato “di avere l’impressione” che il governo deciderà di fermare le trattative con la multinazionale dopo aver agito invece per agevolarle.
La proposta avanzata a fine novembre di una modifica alla legge sull’esproprio, che eliminava di fatto alcune barriere legislative a tutela dei proprietari di terreni, era stata vissuta dalla popolazione come una norma a favore di Rio Tinto, per consentire un più rapido avvio dello sfruttamento dei ricchissimi giacimenti di litio nella valle di Jadar, nei pressi della città di Sabac.
L’altra rogna è che le modifiche avanzate dal governo contemplavano anche l’abolizione del quorum per la validità del referendum contro la concessione mineraria e l’introduzione di una tassa da pagare per i cittadini che aderivano alla raccolta delle firme per le iniziative civiche.
In molti hanno collegato questa misura ai cedimenti verso la Rio Tinto, perché nei mesi precedenti era stata avanzata l’ipotesi di svolgere un referendum per l’approvazione dell’investimento anglo-australiano.
A novembre sono partite le proteste popolari e ambientaliste e ancora sono in corso. Le manifestazioni hanno trovato il sostegno del campione di tennis Novak Djokovic.
“Aria pulita, acqua e cibo sono la chiave della salute. Senza questo, ogni parola sulla ‘salute’ è superflua”, aveva scritto Djokovic postando sui social una foto delle proteste contro la Rio Tinto a Belgrado, e forse quei post non sono stati molto graditi dal consiglio d’amministrazione delle multinazionale anglo-australiana.
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=5105177182828241&id=100000080299071
Germania attua il “2030 non avrai nulla e sarai felice” per le abitazioni
A conferma dei noti sospetti, il “nuovo” governo tedesco prepara l’esproprio della proprietà immobiliare raccomandato dal Forum di Davos sotto la scusa del Clima da Difendere.
Qui l’allarmante articolo di DWN:
La Commissione Ue sta pianificando massicci interventi sulla proprietà dei cittadini
I nuovi piani dell’UE mostrano i rischi che la politica climatica comporta per la proprietà privata. Il ministro tedesco responsabile parla dell’argomento delicato.
L’Associazione tedesca degli inquilini avverte dei pesanti oneri finanziari per gli inquilini a seguito del piano della Commissione europea di ristrutturare alcuni edifici. “I proprietari devono sostenere costi considerevoli a causa della ristrutturazione, che passeranno agli inquilini”, ha affermato il presidente dell’associazione Lukas Siebenkotten della foto. “Il risultato: gli affitti aumenteranno.” Ci sono norme di legge che limitano l’aumento degli affitti. Ma: “Devono essere costantemente osservati e applicati.” I politici devono anche mettere a disposizione più soldi per gli investimenti.
La Commissione europea propone di ristrutturare gli edifici che consumano una quantità particolarmente elevata di energia: circa il 15% di tutti gli edifici nell’UE ne risentirebbe. Secondo i calcoli della Federal Association of German Housing and Real Estate Companies (GDW), ci sono tre milioni di edifici in Germania. Secondo la proposta, gli edifici pubblici e non residenziali dovrebbero essere ristrutturati entro il 2027, gli appartamenti e le case entro il 2030. Tutti i nuovi edifici dovrebbero essere completamente “neutri dal punto di vista climatico” dal 2030, ovvero non emettere più “gas serra”.
Dal punto di vista della Commissione, gli inquilini potrebbero beneficiare delle riforme riducendo i costi di riscaldamento, ad esempio attraverso misure di isolamento forzato. I soldi per i lavori di ristrutturazione devono essere forniti, tra l’altro, da un fondo sociale per il clima.
È interessante notare che la Commissione ha sottolineato che gli inquilini potrebbero beneficiare di minori costi di riscaldamento a seguito delle misure forzate. Perché i prezzi del gas naturale e del carbone sono esplosi da mesi, portando a forti aumenti dei costi di riscaldamento. Inoltre, i massicci aumenti dei prezzi nel commercio europeo per i certificati di emissione di CO2 e una tassa speciale sul gas naturale CO2 introdotta in Germania all’inizio dell’anno stanno aumentando enormemente i costi.
Gli oneri addizionali per locatori e locatari causati dall’imposta speciale avevano già portato in primavera a un contenzioso tra l’Unione e l’SPD. I Verdi chiedono un aumento massiccio di questa tassa speciale dagli attuali 25 € per tonnellata di CO2 a 100 €.
Secondo l’Agenzia federale dell’ambiente, il settore edile è responsabile di circa il 30 percento delle emissioni di CO2 in Germania. Nel 2020 questo è stato l’unico settore che ha mancato il suo “obiettivo di protezione del clima” fissato dai politici. In particolare, gli edifici vecchi e non ristrutturati consumano molta energia. I nuovi edifici, invece, provocano molti “gas serra” che vengono prodotti, ad esempio, durante la fabbricazione e il trasporto di materiali come cemento, acciaio e cemento.
Il ministro balbetta
Venerdì, il ministro federale dell’edilizia Klara Geywitz ha sottolineato la necessità di progressi nella protezione del clima nel settore edile. “L’edilizia è l’elefante grigio nel cambiamento climatico”, ha affermato il politico dell’SPD sulla rivista mattutina ZDF. “Secondo me, questo ha un enorme potenziale di risparmio, ma non sta accadendo abbastanza”.
Un punto importante è il rafforzamento della ricerca edilizia tedesca: sono necessari materiali da costruzione innovativi. “La discussione sul legno invece del cemento è eccitante, ma non funzionerà solo con il legno”, ha affermato Geywitz. “Dobbiamo anche produrre i materiali convenzionali in un modo più rispettoso del clima”.
A Geywitz non sembra interessare affatto che gli investimenti obbligatori previsti dalla Commissione Ue, che non ha legittimità democratica diretta, rappresentino una massiccia invasione del potere dei cittadini di disporre delle loro proprietà.
Invece, Geywitz offre luoghi comuni dal suono stranamente vuoto: sa che anche l’industria edile “sta guardando con preoccupazione agli standard più elevati di protezione del clima”. “Ecco perché dico: dobbiamo vedere questo processo come un’opportunità.” Non puoi evitarlo, “dobbiamo realizzare costruzioni rispettose del clima”, ha sottolineato Geywitz. “Ma questa può anche essere una buona opportunità per aggiungere semplicemente un componente molto avanzato e innovativo alla già altissima qualità dell’industria edile tedesca, che è poi anche incredibilmente esportabile”.
Il discorso di Xi Jinping all’evento virtuale dell’Agenda di Davos
Su invito di Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, il presidente Xi Jinping ha partecipato alla sessione virtuale del World Economic Forum 2022 e terrà un commento a Pechino tramite collegamento video il 17 gennaio.
Il testo integrale:
(MB – Giudicate voi se è integralmete parte dell’Impostura)
Il presidente cinese Xi Jinping ha pronunciato lunedì un discorso intitolato
“Lasciate che la torcia del multilateralismo illumini la strada da percorrere dell’umanità”
all’evento virtuale dell’Agenda di Davos tenuto dal World Economic Forum (WEF).
Professor Klaus Schwab,
Signore e signori,
amici,
L’ultimo anno è stato caratterizzato dall’improvviso attacco della pandemia di COVID-19. La salute pubblica globale ha affrontato una grave minaccia e l’economia mondiale è stata impantanata in una profonda recessione. L’umanità ha incontrato molteplici crisi raramente viste nella storia umana.
L’anno scorso ha anche testimoniato l’enorme determinazione e coraggio delle persone in tutto il mondo nella lotta contro il mortale coronavirus. Guidato dalla scienza, dalla ragione e da uno spirito umanitario, il mondo ha realizzato i primi progressi nella lotta al COVID-19.
Detto questo, la pandemia è tutt’altro che finita. La recente recrudescenza dei casi di COVID ci ricorda che dobbiamo portare avanti la lotta. Eppure rimaniamo convinti che l’inverno non può fermare l’arrivo della primavera e l’oscurità non può mai nascondere la luce dell’alba. Non c’è dubbio che l’umanità prevarrà sul virus e uscirà ancora più forte da questo disastro.
Signore e signori,
Gli amici,
La storia sta andando avanti e il mondo non tornerà più a quello che era in passato. Ogni scelta e mossa che facciamo oggi daranno forma al mondo del futuro. È importante affrontare adeguatamente i quattro compiti principali che le persone del nostro tempo devono affrontare.
Il primo è rafforzare il coordinamento delle politiche macroeconomiche e promuovere congiuntamente una crescita forte, sostenibile, equilibrata e inclusiva dell’economia mondiale.Stiamo attraversando la peggiore recessione dalla fine della seconda guerra mondiale. Per la prima volta nella storia, le economie di tutte le regioni sono state colpite duramente allo stesso tempo, con le catene industriali e di approvvigionamento globali intasate e il commercio e gli investimenti in stasi. Nonostante i trilioni di dollari in pacchetti di aiuti in tutto il mondo, la ripresa globale è piuttosto traballante e le prospettive rimangono incerte. Dobbiamo concentrarci sulle priorità attuali e bilanciare la risposta al COVID e lo sviluppo economico. Il sostegno alla politica macroeconomica dovrebbe essere rafforzato per portare l’economia mondiale fuori dai guai il prima possibile. Ancora più importante, dobbiamo guardare oltre l’orizzonte e rafforzare la nostra volontà e determinazione per il cambiamento. Abbiamo bisogno di spostare le forze trainanti e i modelli di crescita dell’economia globale e migliorarne la struttura, in modo da impostare la rotta per il lungo termine,
Il secondo è abbandonare il pregiudizio ideologico e seguire insieme un percorso di convivenza pacifica, vantaggio reciproco e cooperazione vantaggiosa per tutti.Non esistono due foglie al mondo identiche e nessuna storia, cultura o sistema sociale è la stessa. Ogni paese è unico con la sua storia, cultura e sistema sociale, e nessuno è superiore all’altro. I criteri migliori sono se la storia, la cultura e il sistema sociale di un paese si adattano alla sua situazione particolare, godono del sostegno delle persone, servono a fornire stabilità politica, progresso sociale e vite migliori e contribuiscono al progresso umano. Le diverse storie, culture e sistemi sociali sono antichi quanto le società umane e sono le caratteristiche intrinseche della civiltà umana. Non ci sarà civiltà umana senza diversità e tale diversità continuerà ad esistere per tutto il tempo che possiamo immaginare. La differenza di per sé non è motivo di allarme. Quello che fa suonare l’allarme è l’arroganza, il pregiudizio e l’odio; è il tentativo di imporre una gerarchia alla civiltà umana o di imporre agli altri la propria storia, cultura e sistema sociale. La scelta giusta è che i paesi perseguano una convivenza pacifica basata sul rispetto reciproco e sull’ampliamento di un terreno comune accantonando le differenze e promuovano gli scambi e l’apprendimento reciproco. Questo è il modo per aggiungere slancio al progresso della civiltà umana.
Il terzo è quello di colmare il divario tra paesi sviluppati e in via di sviluppo e creare congiuntamente crescita e prosperità per tutti.Oggi, la disuguaglianza continua a crescere, il divario nord-sud deve essere colmato e lo sviluppo sostenibile deve affrontare gravi sfide. Mentre i paesi sono alle prese con la pandemia, la loro ripresa economica segue traiettorie divergenti e il divario nord-sud rischia di allargarsi ulteriormente e persino di perpetuarsi. Per i paesi in via di sviluppo, aspirano a maggiori risorse e spazio per lo sviluppo e chiedono una rappresentanza e una voce più forti nella governance economica globale. Dovremmo riconoscere che con la crescita dei paesi in via di sviluppo, la prosperità e la stabilità globali saranno messe su basi più solide e che i paesi sviluppati trarranno vantaggio da tale crescita. La comunità internazionale dovrebbe tenere gli occhi puntati sul lungo periodo, onorare il suo impegno, e fornire il supporto necessario ai paesi in via di sviluppo e salvaguardare i loro legittimi interessi di sviluppo. Pari diritti, pari opportunità e pari regole dovrebbero essere rafforzate, in modo che tutti i paesi possano beneficiare delle opportunità e dei frutti dello sviluppo.
Il quarto è unirsi contro le sfide globali e creare insieme un futuro migliore per l’umanità. Nell’era della globalizzazione economica, le emergenze di salute pubblica come il COVID-19 potrebbero benissimo ripresentarsi e la governance globale della salute pubblica deve essere rafforzata. La Terra è la nostra unica e unica casa. Aumentare gli sforzi per affrontare il cambiamento climatico e promuovere lo sviluppo sostenibile influisce sul futuro dell’umanità. Nessun problema globale può essere risolto da un solo paese. Ci deve essere un’azione globale, una risposta globale e una cooperazione globale.
Signore e signori,
Gli amici,
I problemi che il mondo deve affrontare sono intricati e complessi. La via d’uscita è sostenere il multilateralismo e costruire una comunità con un futuro condiviso per l’umanità.
In primo luogo, dovremmo rimanere impegnati nell’apertura e nell’inclusività invece di essere chiusi ed escludenti. Il multilateralismo riguarda l’affrontare gli affari internazionali attraverso la consultazione e il futuro del mondo deciso da tutti coloro che lavorano insieme. Costruire piccoli circoli o iniziare una nuova Guerra Fredda, rifiutare, minacciare o intimidire gli altri, imporre deliberatamente il disaccoppiamento, l’interruzione della fornitura o sanzioni e creare isolamento o allontanamento non farà che spingere il mondo alla divisione e persino al confronto. Non possiamo affrontare sfide comuni in un mondo diviso e il confronto ci porterà a un vicolo cieco. L’umanità ha imparato le lezioni nel modo più duro e quella storia non è andata da molto. Non dobbiamo tornare sul sentiero del passato.
L’approccio giusto è agire sulla visione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità. Dovremmo sostenere i valori comuni dell’umanità, vale a dire pace, sviluppo, equità, giustizia, democrazia e libertà, superare il pregiudizio ideologico, rendere i meccanismi, i principi e le politiche della nostra cooperazione il più aperti e inclusivi possibile e salvaguardare insieme la pace nel mondo e stabilità. Dovremmo costruire un’economia mondiale aperta, sostenere il regime commerciale multilaterale, abbandonare standard, regole e sistemi discriminatori ed escludenti e abbattere le barriere al commercio, agli investimenti e agli scambi tecnologici. Dovremmo rafforzare il G20 come principale forum per la governance economica globale, impegnarci in un più stretto coordinamento delle politiche macroeconomiche e mantenere stabili e aperte le catene industriali e di approvvigionamento globali.
In secondo luogo, dovremmo rimanere fedeli al diritto internazionale e alle regole internazionali invece di cercare la propria supremazia. Gli antichi cinesi credevano che “la legge è il fondamento stesso del governo”. Il governo internazionale dovrebbe essere basato sulle regole e sul consenso raggiunto tra noi, non sull’ordine dato da uno o da pochi. La Carta delle Nazioni Unite è la base e norme universalmente riconosciute che regolano le relazioni tra stati.Senza il diritto internazionale e le regole internazionali che sono formate e riconosciute dalla comunità globale, il mondo potrebbe ricadere nella legge della giungla e le conseguenze sarebbero devastanti per l’umanità.
Dobbiamo essere risoluti nel difendere lo stato di diritto internazionale e fermi nella nostra determinazione a salvaguardare il sistema internazionale incentrato sull’ONU e l’ordine internazionale basato sul diritto internazionale. Le istituzioni multilaterali, che forniscono le piattaforme per mettere in atto il multilateralismo e che sono l’architettura di base alla base del multilateralismo, dovrebbero avere la loro autorità ed efficacia salvaguardate. Le relazioni tra Stato e Stato dovrebbero essere coordinate e regolate attraverso istituzioni e regole adeguate. Il forte non dovrebbe fare il prepotente con il debole. La decisione non dovrebbe essere presa semplicemente mettendo in mostra muscoli forti o agitando un grosso pugno. Il multilateralismo non dovrebbe essere usato come pretesto per atti di unilateralismo. I principi dovrebbero essere preservati e le regole, una volta stabilite, dovrebbero essere seguite da tutti. “Multilateralismo selettivo”
Terzo, dovremmo continuare a impegnarci nella consultazione e nella cooperazione invece che nel conflitto e nel confronto . Le differenze nella storia, nella cultura e nel sistema sociale non dovrebbero essere una scusa per l’antagonismo o il confronto, ma piuttosto un incentivo alla cooperazione. Dovremmo rispettare e accogliere le differenze, evitare di intromettersi negli affari interni di altri paesi e risolvere i disaccordi attraverso la consultazione e il dialogo. La storia e la realtà hanno chiarito, più e più volte, che l’approccio fuorviante dell’antagonismo e del confronto, sotto forma di guerra fredda, guerra calda, guerra commerciale o guerra tecnologica, alla fine danneggerebbe gli interessi di tutti i paesi e minerebbe il bene di tutti -essendo.
Dovremmo rifiutare l’obsoleta guerra fredda e la mentalità del gioco a somma zero, aderire al rispetto e all’adattamento reciproci e rafforzare la fiducia politica attraverso la comunicazione strategica. È importante attenersi al concetto di cooperazione basato sul vantaggio reciproco, dire no alle politiche egoistiche e ristrette del mendicante del vicino e fermare la pratica unilaterale di tenere tutti per sé i vantaggi nello sviluppo. Pari diritti allo sviluppo dovrebbero essere garantiti a tutti i paesi per promuovere lo sviluppo e la prosperità comuni. Dovremmo sostenere una concorrenza leale, come competere tra loro per l’eccellenza in un campo da corsa, non battersi a vicenda su un’arena di wrestling.
Quarto, dovremmo impegnarci a stare al passo con i tempi invece di rifiutare il cambiamento . Il mondo sta subendo cambiamenti mai visti in un secolo e ora è il momento di grandi sviluppi e grandi trasformazioni. Per sostenere il multilateralismo nel 21° secolo, dovremmo promuovere la sua bella tradizione, assumere nuove prospettive e guardare al futuro. Dobbiamo rispettare i valori fondamentali ei principi di base del multilateralismo. Dobbiamo anche adattarci al mutevole panorama internazionale e rispondere alle sfide globali che si presentano. Abbiamo bisogno di riformare e migliorare il sistema di governance globale sulla base di un’ampia consultazione e della costruzione del consenso.
Dobbiamo dare pieno gioco al ruolo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella costruzione di una comunità globale di salute per tutti. Dobbiamo portare avanti la riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio e del sistema finanziario e monetario internazionale in modo da stimolare la crescita economica globale e proteggere i diritti di sviluppo, gli interessi e le opportunità dei paesi in via di sviluppo. Dobbiamo seguire un orientamento politico incentrato sulle persone e basato sui fatti nell’esplorazione e nella formulazione di regole sulla governance digitale globale. Dobbiamo realizzare l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e promuovere lo sviluppo verde. Dobbiamo dare una priorità continua allo sviluppo, attuare l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e garantire che tutti i paesi, in particolare quelli in via di sviluppo, condividano i frutti dello sviluppo globale.
Signore e signori,
Gli amici,
Dopo decenni di strenui sforzi da parte del popolo cinese, la Cina è sulla buona strada per finire di costruire una società moderatamente prospera sotto tutti gli aspetti. Abbiamo ottenuto risultati storici nel porre fine alla povertà estrema e abbiamo intrapreso un nuovo viaggio verso la costruzione completa di un paese socialista moderno. Mentre la Cina entra in una nuova fase di sviluppo, seguiremo una nuova filosofia di sviluppo e promuoveremo un nuovo paradigma di sviluppo con la circolazione interna come pilastro e le circolazioni nazionali e internazionali che si rafforzano a vicenda. La Cina lavorerà con altri paesi per costruire un mondo aperto, inclusivo, pulito e bello che goda di pace duratura, sicurezza universale e prosperità comune.
— La Cina continuerà a partecipare attivamente alla cooperazione internazionale sul COVID-19. Il contenimento del coronavirus è il compito più urgente per la comunità internazionale. Questo perché le persone e le loro vite devono essere sempre messe al primo posto. È anche ciò che serve per stabilizzare e rilanciare l’economia. Solidarietà e cooperazione più strette, maggiore condivisione delle informazioni e una risposta globale più forte sono ciò di cui abbiamo bisogno per sconfiggere il COVID-19 in tutto il mondo. È particolarmente importante intensificare la cooperazione in materia di ricerca e sviluppo, produzione e distribuzione di vaccini e renderli beni pubblici veramente accessibili e alla portata delle persone in tutti i paesi. Finora, la Cina ha fornito assistenza a oltre 150 paesi e 13 organizzazioni internazionali, ha inviato 36 team di esperti medici nei paesi bisognosi e ha continuato a sostenere fortemente e attivamente impegnata nella cooperazione internazionale sui vaccini COVID. La Cina continuerà a condividere la sua esperienza con altri paesi, farà del suo meglio per assistere i paesi e le regioni meno preparati alla pandemia e lavorerà per una maggiore accessibilità e convenienza dei vaccini COVID nei paesi in via di sviluppo. Ci auguriamo che questi sforzi contribuiranno a una vittoria precoce e completa sul coronavirus in tutto il mondo.
— La Cina continuerà ad attuare una strategia di apertura vantaggiosa per tutti.La globalizzazione economica soddisfa il bisogno di una crescente produttività sociale ed è un risultato naturale del progresso scientifico e tecnologico. Non serve a nessuno usare la pandemia come scusa per invertire la globalizzazione e andare verso l’isolamento e il disaccoppiamento. In quanto sostenitrice di lunga data della globalizzazione economica, la Cina si impegna a portare avanti la sua fondamentale politica di apertura. La Cina continuerà a promuovere la liberalizzazione e l’agevolazione del commercio e degli investimenti, contribuire a mantenere le catene industriali e di approvvigionamento globali lisce e stabili e promuovere la cooperazione Belt and Road di alta qualità. La Cina promuoverà l’apertura istituzionale che copre regole, regolamenti, gestione e standard. Promuoveremo un ambiente imprenditoriale basato su principi di mercato, disciplinato dalla legge e conforme agli standard internazionali, e liberare il potenziale dell’enorme mercato cinese e dell’enorme domanda interna. Ci auguriamo che questi sforzi portino maggiori opportunità di cooperazione ad altri paesi e diano ulteriore impulso alla ripresa e alla crescita economica globale.
— La Cina continuerà a promuovere lo sviluppo sostenibile.La Cina attuerà pienamente l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Farà di più sul fronte ecologico, trasformando e migliorando la sua struttura industriale e il mix energetico a un ritmo più rapido e promuovendo uno stile di vita e di produzione verde e a basse emissioni di carbonio. Ho annunciato l’obiettivo della Cina di lottare per raggiungere il picco delle emissioni di anidride carbonica prima del 2030 e raggiungere la neutralità del carbonio prima del 2060. Raggiungere questi obiettivi richiederà un enorme duro lavoro da parte della Cina. Eppure crediamo che quando sono in gioco gli interessi dell’intera umanità, la Cina debba farsi avanti, agire e portare a termine il lavoro. La Cina sta elaborando piani d’azione e sta già adottando misure specifiche per assicurarsi di raggiungere gli obiettivi fissati.
— La Cina continuerà a promuovere la scienza, la tecnologia e l’innovazione.La scienza, la tecnologia e l’innovazione sono un motore chiave per il progresso umano, un’arma potente per affrontare molte sfide globali e l’unico modo per la Cina di promuovere un nuovo paradigma di sviluppo e raggiungere uno sviluppo di alta qualità. La Cina investirà di più nella scienza e nella tecnologia, svilupperà un sistema abilitante per l’innovazione come priorità, trasformerà le scoperte scientifiche e tecnologiche in una produttività effettiva a un ritmo più rapido e migliorerà la protezione della proprietà intellettuale, il tutto allo scopo di promuovere -crescita di qualità. I progressi scientifici e tecnologici dovrebbero giovare a tutta l’umanità piuttosto che essere usati per frenare e contenere lo sviluppo di altri paesi. La Cina penserà e agirà con maggiore apertura per quanto riguarda gli scambi internazionali e la cooperazione su scienza e tecnologia.
— La Cina continuerà a promuovere un nuovo tipo di relazioni internazionali.Il gioco a somma zero o il vincitore prende tutto non è la filosofia guida del popolo cinese. In quanto fedele seguace di una politica estera di pace indipendente, la Cina sta lavorando duramente per colmare le differenze attraverso il dialogo e risolvere le controversie attraverso la negoziazione e per perseguire relazioni amichevoli e collaborative con altri paesi sulla base del rispetto reciproco, dell’uguaglianza e del reciproco vantaggio. In qualità di membro fermo dei paesi in via di sviluppo, la Cina approfondirà ulteriormente la cooperazione sud-sud e contribuirà allo sforzo dei paesi in via di sviluppo per sradicare la povertà, alleviare l’onere del debito e ottenere una maggiore crescita. La Cina si impegnerà più attivamente nella governance economica globale e spingerà per una globalizzazione economica più aperta, inclusiva, equilibrata e vantaggiosa per tutti.
Signore e signori,
Gli amici,
C’è solo una Terra e un futuro condiviso per l’umanità. Mentre affrontiamo la crisi attuale e ci sforziamo di rendere una giornata migliore per tutti, dobbiamo rimanere uniti e lavorare insieme. Ci è stato dimostrato più e più volte che mendicare il prossimo, andare da soli e scivolare in un isolamento arrogante fallirà sempre. Uniamoci tutti per mano e lasciamo che il multilateralismo illumini la nostra strada verso una comunità con un futuro condiviso per l’umanità.
Grazie.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-discorso-di-xi-jinping-allevento-virtuale-dellagenda-di-davos/
POLITICA
Il sette più sette di Mattarella e Draghi in nome della stabilità istituzionale 2030
Il partito della Pa (pubblica amministrazione) è l’unico che si reca compatto alle urne, ed ha confermato il Pd (Partito democratico) come proprio corpo intermedio e di rappresentanza nelle sedi istituzionali. Una vittoria condizionata dal fatto che, chi s’oppone al Pd non riesce a mandare a votare il proprio elettorato. Sappiamo quanto il consenso del centro-destra sia qualcosa d’inespresso e congelato nel popolo del non voto, di tutti coloro che disertano le urne: quest’ultima è una conseguenza dello scetticismo istituzionale insito nell’elettorato del centrodestra misto alla poca empatia dei candidati. Ecco che, dopo la vittoria di Cecilia D’Elia (Pd) alle suppletive romane di domenica 16 gennaio, su Facebook si sono scatenati i gruppi al grido “dopo le suppletive diciamo chi vogliamo al Colle”. Un sondaggio atipico, che trova conferma anche nei dati apparsi su vari quotidiani ed agenzie, ha dimostrato che il partito della pubblica amministrazione gradirebbe un ulteriore settennato di Sergio Mattarella al Quirinale abbinato a sette anni di Mario Draghi a Palazzo Chigi: per quest’ultimo sommando i due anni di fine legislatura (2022 e 2023) ad altri cinque anni alla Presidenza del Consiglio. Un sette più sette che secondo i rumors istituzionali sarebbe la scelta gradita ad Ue, Bce e tutti i vertici istituzionali europei ed italiani. Il problema, secondo indiscrezioni interne al centro-destra, sarebbe solo convincere o soddisfare Berlusconi a protendere per il tandem sette più sette Mattarella-Draghi. La leader di Fratelli d’Italia (Giorgia Meloni) ed il numero due della Lega (Giancarlo Giorgetti) non sarebbero contrari, e sappiamo come Matteo Salvini debba solo recitare la ritrosia per non scontentare l’elettorato anti-istituzionale della Lega.
Ma davvero credete che Pd, 5Stelle, Italia Viva, passando per Lega e Fratelli d’Italia, avrebbero votato Silvio Berlusconi al Quirinale? Sulle prime alcuni avevano creduto praticabile l’idea di mandare al Colle il leader di Forza Italia. Poi è emerso che a certi vertici istituzionali non sarebbe dispiaciuto anche il teatrino mediatico-istituzionale per garantire l’elezione di Gianni Letta al Colle. Poi la stampa ha ammesso che i veri contendenti alla presidenza della Repubblica sarebbero stati Mattarella, Draghi e Letta: candidato palese e rivelato Mario Draghi, gradito in blocco a magistratura, alta dirigenza di Stato, poteri europei, multinazionali ed imprenditoria, banche e finanza in generale; poi Gianni Letta, gradito trasversalmente a tutto il mondo della politica, e perché Letta sarebbe l’unico verso candidato espressione dell’intesa tra i partiti, ma Sergio Mattarella rimane il candidato che mette d’accordo istituzioni italiane, istituzioni europee ed in blocco tutti i dipendenti pubblici italiani. Poi c’è il finto candidato, ovvero Silvio Berlusconi: non è da escludere che il Cavaliere fosse al corrente di tutta la manfrina, che stia ancora al gioco per accontentare Draghi, Mattarella e Letta. Ad aver trasformato Berlusconi in “donna dello schermo” hanno provveduto le intese ombra tra Matteo Renzi, Enrico Letta (segretario Pd e nipote di Gianni) e, forse, lo stesso Giancarlo Giorgetti (numero due della Lega). Per ben confezionare il finto candidato usufruiscono dei vari dibattiti televisivi, in cui alcuni opinionisti vicini a tutti i partiti sostengono che il Colle sarebbe il giusto coronamento alla vita politico-imprenditoriale di Silvio Berlusconi, un risarcimento alle tantissime persecuzioni giudiziarie figlie d’una guerra tra poteri durata quasi trent’anni. Mentre altri volti televisivi e del mondo giornalistico rimestano tutto il passato di Silvio Berlusconi, e per arrivare a sostenere che il leader di Forza Italia non deve andare al Quirinale. Mentre si consuma il teatrino, nei cunicoli che permettono accordi ed intese varie tra partiti, Matteo Renzi ed Enrico Letta s’intendono con Giancarlo Giorgetti per sbarrare la strada di Berlusconi al Colle, per votare tutti compatti per un Mattarella bis o per Letta, ma a patto che Draghi rimanga al Palazzo Chigi fino al 2029. Berlusconi forse riceverebbe l’appoggio di molti 5Stelle, perché Mediaset è stata la capofila delle varie imprese che si sono impegnate a proteggere i “Grillini” defenestrati da Rai ed aziende varie per preciso ordine di Mario Draghi. In questi giochi Gianni Letta conta tanto, perché è il vero uomo forte di Mediaset: ha il figlio Giampaolo al vertice di Medusa Film (la più importante industria cinematografica italiana) e parenti ed amici con ruoli apicali ovunque. Berlusconi del resto è silente, Forza Italia da più d’un anno fa scelte parlamentari vicine al Pd in tutti i provvedimenti: Gianni Letta potrebbe aver spiegato al Cavaliere l’utilità d’appoggiarsi al partito retto da suo nipote Enrico. Una certa incertezza nell’appoggiare al Colle Draghi o Letta zio c’è tra i lobbisti che tirano le fila della politica italiana: sanno che Draghi potrebbe essere loro più utile permanendo a Palazzo Chigi per altri cinque anni, casomai blindato dal un Mattarella bis al Colle. Alcuni rammentano che Gianni Letta è ascoltato in settori dove Draghi risulta politicamente indigesto.
Del resto è stato calcolato in più di duecento studi di settore che, a livello mondiale, solo uno scarso quindici per cento fra deputati e senatori eletti (nelle democrazie occidentali) non farebbe capo ad interessi lobbistici: l’argomento è spiegato e documentato in “Rappresentanza degli interessi oggi. Il lobbying nelle istituzioni politiche europee e italiane” di Maria Cristina Antonucci per Carocci editore, in “Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobbies nel diritto pubblico comparato” di Pier Luigi Petrillo per edizioni Giuffrè, come in “I gruppi di interesse” di Liborio Mattina per Il Mulino. L’elezione del presidente della Repubblica non può oggi prescindere da intese nazionali ed internazionali tra gruppi di pressione, e questo lo sa bene anche Silvio Berlusconi, il cui solo fine è continuare a salvare le proprie aziende, ben conscio che la famiglia Letta ha a cuore gli interessi di tutta la galassia Mediaset (da Fininvest a Medusa passando per banche e altro). Ma le aziende di Berlusconi non sono che una goccia nel mare mondiale degli interessi economici, e l’elezione italiana dell’inquilino del Colle è sotto i riflettori di multinazionali chimico-farmaceutiche, petrolifere, finanziarie, immobiliari e speculative in senso lato. I lettori dovrebbero rammentare quanto i poteri internazionali tengono d’occhio l’Italia, e valgano come normalissimi esempi l’incontro di più ore tra George Soros e Gentiloni da presidente del Consiglio, e poi la telefonata di Bill Gates a Giuseppe Conte quand’era a Palazzo Chigi. L’Italia è attenzionata, e lo sa bene anche Matteo Renzi che, abilmente, ha creato Open Italia (ispirandosi e collegandosi alla Open di Soros) con l’avvocato Carrai. Non dimentichiamo il raffinato intrigo tra gli adepti dei “cerchi armonici” senesi e dei “gigli magici” fiorentini, di parecchio preesistente alla nascita del fenomeno renziano: oggi questi poteri toscani sono tutti a supporto di Enrico Letta segretario del Pd. Il futuro di Forza Italia (nel dopo Berlusconi) è certamente a fusione con Italia Viva. E perché tutti gli aggiustamenti politici si consumino, chi controlla veramente i partiti sarebbe propenso ad una settennale pausa di riflessione: un’Italia silente per sette anni ancora, con un Mattarella bis accompagnato dalla permanenza di Draghi a Palazzo Chigi. Anche Vaticano, Israele e Segreteria di Stato USA non nascondono di gradire per l’Italia una settennale garanzia per gli obiettivi Onu-Ue 2030: e sappiamo tutti che le agende Onu ed Ue sono tutte state condivise alla lettera da Draghi e Mattarella.
Ruggiero Capone
Gravi errori della Civiltà cattolica sulla proposta di legge in tema di “suicidio assistito”
Ha fatto molto parlare di sé l’articolo dal titolo La discussione parlamentare sul ‘suicidio assistito’ a firma di padre Carlo Casalone apparso sull’ultimo numero della rivista dei Gesuiti La Civiltà Cattolica (Quaderno 4114, a. 2022, vol. I, pp. 143-156). L’articolo è problematico per più motivi, che in questa sede non possiamo analizzare in modo esaustivo, ma in primis perché appoggia il varo della proposta di legge dal titolo Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita. Ma procediamo con ordine esaminando gli aspetti più critici di questo articolo.
Casalone innanzitutto giudica positivamente la legge 219/2017: «Pur non mancando elementi problematici e ambigui, essa è frutto di un laborioso percorso, che ha consentito di raccordare una pluralità di posizioni divergenti». Dopo aver elencato le condotte legittimate dalla legge, Casalone conclude: «Il combinato disposto di questi elementi convalida la differenza, etica e giuridica, tra “lasciar morire” e “far morire”: il quadro delineato permette di operare rimanendo al di qua della soglia che distingue il primo dal secondo». Dunque secondo il gesuita la legge 219 non permetterebbe l’eutanasia. Ma le cose non stanno così. La legge permette la pratica dell’eutanasia omissiva e commissiva. In merito a quest’ultima tipologia la legge consente l’interruzione di terapie salvavita e di mezzi di sostentamento vitale quali l’idratazione e l’alimentazione assistite (tralasciamo qui per motivi di spazio la quaestio se tali mezzi possano configurare terapie, perché nulla muterebbe sul piano morale). Dunque consente l’uccisione di una persona innocente.
Passiamo ad un altro passo problematico dell’articolo: «Come la sentenza n. 242/2019, il testo riconosce non un diritto al suicidio, ma la facoltà di chiedere aiuto per compierlo, a certe condizioni». La sentenza a cui fa cenno Casalone è quella pronunciata dalla Corte costituzionale che ha legittimato l’aiuto al suicidio in presenza di alcune condizioni. L’attuale progetto di legge (Pdl) ricalca da vicino la struttura di questa sentenza. Ora c’è da dire che sia la sentenza che il Pdl attribuiscono un diritto all’aiuto al suicidio, non una mera facoltà. Sia la sentenza che la legge prevedono la necessaria e quindi doverosa realizzazione di alcune condotte in capo ai medici al verificarsi di alcune condizioni. Però nella sentenza, a differenza del Pdl, i medici possono astenersi dall’assumere queste condotte eccependo l’obiezione di coscienza: «Quanto, infine – si legge nella sentenza – al tema dell’obiezione di coscienza del personale sanitario, vale osservare che la presente declaratoria di illegittimità costituzionale si limita a escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, senza creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici. Resta affidato, pertanto, alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato» (un altro errore dell’articolo è ritenere che nella sentenza non vi fosse presente l’obiezione di coscienza). Dunque se è presente l’obiezione di coscienza vuol dire che esiste, parallelamente, un obbligo verso cui eccepire questo istituto, altrimenti non avrebbe senso obiettare se, a monte, non ci fosse un dovere. E se c’è un dovere di eseguire X, vuol dire che in capo al paziente esiste un corrispettivo diritto di esigere X, diritto che se non verrà soddisfatto dal medico obiettore dovrà comunque essere soddisfatto da qualche altro medico. Dunque, come già accennato, sia nella sentenza che nel Pdl esiste il dovere di attuare la richiesta di assistenza al suicidio da parte del paziente, ma nella sentenza il medico può ricorrere all’obiezione di coscienza, nella legge non è presente questa possibilità. Ma anche laddove verrà inserita, l’aiuto al suicidio rimarrà comunque un diritto da riconoscersi in capo al paziente e la struttura ospedaliera dovrà trovare un medico non obiettore per soddisfare l’esercizio di questo diritto.
Veniamo ora ad un altro passo, forse il più significativo, che merita di essere censurato (tralasciandone altri, tra cui una sezione in cui pare fondarsi l’illeceità morale del suicidio in primis sul concetto di relazione, come se la persona originasse la sua dignità dalla relazione con gli altri). L’articolo così continua: «Non c’è dubbio che la legge in discussione, pur non trattando di eutanasia, diverga dalle posizioni sulla illiceità dell’assistenza al suicidio che il Magistero della Chiesa ha ribadito anche in recenti documenti. La valutazione di una legge dello Stato esige di considerare un insieme complesso di elementi in ordine al bene comune, come ricorda papa Francesco: “In seno alle società democratiche, argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza: in modo serio e riflessivo, e ben disposti a trovare soluzioni – anche normative – il più possibile condivise. Da una parte, infatti, occorre tenere conto della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni etiche e delle appartenenze religiose, in un clima di reciproco ascolto e accoglienza. D’altra parte, lo Stato non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti, difendendo la fondamentale uguaglianza per cui ciascuno è riconosciuto dal diritto come essere umano che vive insieme agli altri in società”». Dunque da una parte Casalone precisa che la ratio della legge è incompatibile con la dottrina cattolica, ma su altro fronte pare qualificarla come male minore frutto di un compromesso tra visioni differenti in senso alla società: un doveroso punto di equilibrio dato che viviamo in una società pluralista.
Perché male minore? Quali mali maggiori eviteremmo votando questa legge? Casalone ne indica più di uno. Il primo riguarderebbe un appoggio al referendum radicale sull’omicidio del consenziente: «La domanda che si pone è, in estrema sintesi, se di questo PdL occorra dare una valutazione complessivamente negativa, con il rischio di favorire la liberalizzazione referendaria dell’omicidio del consenziente, oppure si possa cercare di renderla meno problematica modificandone i termini più dannosi. […] L’omissione di un intervento rischia fortemente di facilitare un esito più negativo». Il ragionamento (erroneo) è il seguente: affossiamo questa legge e verrà approvato il referendum radicale sull’omicidio del consenziente. Se invece l’appoggiamo, nel nostro ordinamento chi vorrà morire userà del suicidio assistito e non sentirà il bisogno di avere anche una legge sull’omicidio del consenziente. Le cose non stanno così. Innanzitutto si danno casi in cui la persona non può fisicamente darsi la morte (v. i tetraplegici) e quindi, per morire, chiederebbe che qualcuno la uccida (omicidio del consenziente). In secondo luogo e in modo più pregnante, appoggiare una legge sul suicidio assistito significa appoggiare anche una futura legge di matrice referendaria sull’omicidio del consenziente, perché la ratio è la medesima. Dire sì all’aiuto al suicidio significa dire sì alla possibilità di uccidere l’innocente, così come avviene nell’omicidio del consenziente. In altri termini, varare una legge sul suicidio assistito significa accettare il principio di disponibilità della vita. Accettato questo principio non si vede il motivo di rifiutare una legge sull’omicidio del consenziente che configurerebbe solo una diversa modalità di applicazione di questo stesso principio. In estrema sintesi: se sei a favore dell’aiuto al suicidio favorisci l’omicidio del consenziente.
Una breve riflessione su questa frase appena citata: “si possa cercare di renderla [la legge] meno problematica modificandone i termini più dannosi”. Una norma che legittima l’aiuto al suicidio sarebbe una norma intrinsecamente malvagia e mai potrebbe essere votata, perché legge ingiusta. Non è lecito votare una legge ingiusta – anche nel caso fosse “meno problematica [rispetto ad una versione precedente] modificandone i termini più dannosi” – perché votare a favore significa approvare e mai si può approvare l’ingiustizia, mai si può approvare il male, seppur minore, perché è comunque un male (sul punto mi permetto di rimandare a T. Scandroglio, Legge ingiusta e male minore. Il voto ad una legge ingiusta al fine di limitare i danni, Phronesis, Palermo, 2020, testo in cui si analizza anche il n. 73 dell’Evangelium vitae, numero che erroneamente si chiama in causa in casi come questi per legittimare il voto ad una legge ingiusta).
Casalone poi così prosegue: “Tale tolleranza sarebbe motivata dalla funzione di argine di fronte a un eventuale danno più grave”. Tradotto: votare una legge meno ingiusta di un’altra, ossia votare una legge sul suicidio assistito meno iniqua rispetto a quella attualmente in esame in Parlamento, è atto di tolleranza. Errato: la tolleranza significa non volere direttamente un certo effetto – anche provocato da terzi – quindi sopportarlo, subirlo. Votare a favore di una legge ingiusta all’opposto significa volere direttamente questa legge ingiusta. Io posso lecitamente tollerare il male compiuto da un altro per un bene maggiore – ad esempio per evitare danni più gravi – ma quando sono io a compiere il male, seppur minore, è errato usare il verbo tollerare. Se uccido un innocente per salvarne 100, io non tollero l’assassinio di quella persona, io voglio l’assassinio di quella persona.
L’articolo di La Civiltà cattolica poi aggiunge: “Il principio tradizionale cui si potrebbe ricorrere è quello delle «leggi imperfette», impiegato dal Magistero anche a proposito dell’aborto procurato”. Non comprendiamo esattamente a cosa l’autore dell’articolo si riferisca quando collega l’espressione “leggi imperfette” all’aborto procurato, ma, nonostante ciò, possiamo dire che la locuzione “leggi imperfette” è spendibile solo per le leggi giuste che possono essere più giuste, ossia per le leggi perfettibili. La gradualità della perfezione è predicabile solo nell’ambito del bene, non del male. Una legge meno ingiusta di un’altra non è una legge migliore di un’altra, ma meno peggiore, non è una legge con un maggior grado di perfezione, non è una legge imperfetta.
Casalone così prosegue: «Per chi si trova in Parlamento, poi, occorre tener conto che, per un verso, sostenere questa legge corrisponde non a operare il male regolamentato dalla norma giuridica, ma purtroppo a lasciare ai cittadini la possibilità di compierlo». L’illeceità del votare a favore questa legge prima di risiedere nella collaborazione formale all’aiuto al suicidio – la legge diviene strumento per compiere questa azione intrinsecamente malvagia – risiede nel voto stesso: votare a favore significa approvare e mai è lecito approvare l’ingiustizia.
L’articolo così continua: «Per altro verso, le condizioni culturali a livello internazionale spingono con forza nella direzione di scenari eticamente più problematici da presidiare con sapiente tenacia». Quindi un altro motivo per approvare questa legge sarebbe quello di giocare d’anticipo: in giro per il mondo alcuni Paesi hanno approvato o stanno approvando leggi sul suicidio gravemente ingiuste, noi facciamoci furbi e, votando una legge meno ingiusta, anticipiamo chi, qui in Italia, vorrebbe imitarli. In parole povere, compiamo noi oggi il male minore per evitare che altri compiano domani un male maggiore. Ma anche in questo caso vale un principio di base della morale naturale già ricordato: non si può compiere il male minore per evitare un male maggiore, perché pur sempre di male si tratta. Non si può compiere il male a fin di bene. Paolo VI nell’Humanae vitae scriveva: «non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (14). Agire diversamente significherebbe scadere nell’utilitarismo, nel proporzionalismo.
Infine così il padre gesuita chiude l’articolo: «La latitanza del legislatore o il naufragio della PdL assesterebbero un ulteriore colpo alla credibilità delle istituzioni, in un momento già critico. Pur nella concomitanza di valori difficili da conciliare, ci pare che non sia auspicabile sfuggire al peso della decisione affossando la legge». Un ulteriore danno che l’approvazione della legge permetterebbe di schivare sarebbe quello del vulnus alla credibilità delle istituzioni. In questo caso, addirittura il principio di proporzione proprio dell’utilitarismo non sarebbe rispettato: metteremmo sul piatto della bilancia le vite delle persone uccise con l’aiuto al suicidio e sull’altro piatto della bilancia la credibilità delle istituzioni. Persino il vero utilitarista non potrebbe che riconoscere che le vite umane valgono più della credibilità delle istituzioni.
In conclusione, l’articolo de La Civiltà Cattolica risulta gravemente erroneo sul piano dei principi della morale naturale e cattolica apparendo antitetico all’insegnamento del Magistero in tema di eutanasia e manifesta una ignoranza o perlomeno una pessima interpretazione delle sentenze e delle leggi richiamate nel medesimo articolo.
Gravi errori della Civiltà cattolica sulla proposta di legge in tema
di “suicidio assistito”
FONTE: https://www.corrispondenzaromana.it/gravi-errori-della-civilta-cattolica-sulla-proposta-di-legge-in-tema-di-suicidio-assistito/
Col pretesto dell’obbligo vaccinale l’agenzia delle entrate gestisce il green pass
di comidad
La lobby farmaceutica non aveva certo bisogno dell’obbligo vaccinale, poiché quel 10% della popolazione negatosi al sacro siero è ampiamente compensato dal susseguirsi delle dosi di richiamo, che si avviano a diventare trimestrali. Anzi, con l’obbligo vaccinale si rischia di scoperchiare una voragine di potenziali contenziosi giudiziari. Non che ci sia da farsi illusioni sulla magistratura, Corte Costituzionale compresa.
La normativa varata dal governo è talmente ambigua da non prevedere una procedura chiara per adempiere specificamente all’obbligo, con la prospettiva di ritrovarsi davanti il caro vecchio “consenso informato” da sottoscrivere. Ancora una volta si tratterebbe di estorsione di consenso e non di un obbligo giuridicamente inequivocabile. Non contento di aver stracciato ciò che rimaneva della Costituzione (del resto ci aveva già provveduto il governo Conte bis), il governo Draghi ha fatto strame della nozione stessa di legislazione, riconfermando che lo Stato, il pubblico e il privato sono astrazioni pseudo-giuridiche che coprono altre gerarchie sociali, cioè lobby e cosche d’affari.
Ad aver bisogno di questa finzione di obbligo vaccinale era invece la lobby digital/finanziaria. Affidando ufficialmente all’Agenzia delle Entrate la caccia ai renitenti al sacro siero e la relativa sanzione amministrativa pecuniaria, di fatto la gestione del Green Pass viene trasferita al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che d’ora in poi avrà in ostaggio i conti correnti dei contribuenti, potendo impedire loro persino l’accesso alle banche. In realtà il Green Pass è stato sin dall’inizio sotto la gestione del Ministero dell’Economia, che lo controlla attraverso la SOGEI, la società di gestione dei servizi informatici di proprietà del Tesoro, ma col decreto 1/2022 si è legalizzato a posteriori questo abuso.
La sanzione di soli cento euro è congegnata per favorire la “trasgressione” e, nel contempo, per scoraggiare costose impugnazioni. Il governo spera che non tutti capiscano che la sanzione è comunque una trappola e comporta l’ammissione di una sorta di reato. Dato che ciò che si fa chiamare Stato è un’associazione a delinquere con molti tentacoli, non è da escludere che qualche Procura possa individuare nella renitenza al vaccino qualche risvolto penale o che lo stesso governo vari qualche norma retroattiva. Ormai ci aspettiamo di tutto; anzi, sarà da ridere quando i “costituzionalisti” alla Zagrebelsky ci spiegheranno che non esiste alcun diritto dei cittadini a conoscere preventivamente le norme in base alle quali regolarsi. Sarà dura invocare la dignità umana nel momento in cui i “costituzionalisti” dimostrano di essere i primi a rinunciarci.
La scarsa entità della sanzione ha anche un effetto di distrazione sull’opinione pubblica soggiogata dalla vaccinolatria; un’opinione pubblica che può trovare occasione di indignarsi e di invocare provvedimenti forcaioli, facendosi sfuggire il nocciolo del problema, cioè la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di usare il lasciapassare come strumento di ricatto verso chiunque. Del resto lo squallore è la principale arma di distrazione di massa, un modo per abbassare drasticamente il livello della discussione e non far trapelare i dettagli più importanti. Nella sua ultima conferenza stampa Draghi ha persino esagerato nel battere sul tasto dello squallore, tanto che la sua immagine pubblica è allo sfacelo.
Anche se l’attuale potere continua a contare su una base di opinione pubblica, ciò non vuol dire che abbia una vera base sociale, ed è questa la sua differenza con i fascismi del ‘900, che invece offrivano al ceto medio un ascensore sociale. Al contrario, oggi il ceto medio tende sempre più a sprofondare insieme con la classe lavoratrice. Non reggono quindi i paragoni del Green Pass nostrano col sistema del credito sociale cinese, al di là delle pur evidenti affinità sul piano del controllo informatico. In Cina infatti la stretta sulla disciplina sociale si accompagna ad una crescita diffusa del reddito e ad un allargamento del ceto medio. Forse per questo motivo la rivista “Focus” ci tiene a far sapere che il credito sociale cinese non piace al mondo occidentale. Sicuramente in Italia a riguardo facciamo di meglio, perché qui l’obbiettivo è di controllare senza distribuire reddito.
L’accumulo di potere e risorse in poche mani alimenta anche i conflitti interni alle oligarchie. Nei prossimi giorni l’elezione del supermonarca da parte del parlamento sarà un’occasione per capire in quali direzioni potrebbe andare la conflittualità interna all’establishment italiano. L’altra incognita riguarda la percezione all’estero del crescente attivismo dell’oligarchia nostrana, che sta inseguendo chiaramente il primato nella corsa alla digitalizzazione del controllo sociale. Non che all’estero gliene freghi qualcosa delle umiliazioni che stanno subendo gli Italiani; non tutti però sono così smemorati da non ricordarsi che quanto più l’Italietta maltratta il proprio popolo, tanto più diventa pericolosa per gli altri Paesi. L’autorazzismo italico infatti non è l’opposto del nazionalismo, bensì rappresenta storicamente la forma specifica della prassi di grandeur nazionale e imperialistica dell’Italietta. L’oligarchia nostrana si esalta nelle sue ambizioni di proiezione internazionale, potendo vantare la dominazione su di un popolo/cavia, da denigrare ed avvilire per essere usato come carne da macello in sperimentazioni politiche e sociali.
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/22060-comidad-col-pretesto-dell-obbligo-vaccinale-l-agenzia-delle-entrate-gestisce-il-green-pass.html
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MORTI ASTRA ZENECA. ESCLUSA CORRELAZIONE
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