Isis e la nuova guerra asimmetrica

Isis e la nuova guerra asimmetrica

Pubblicato: 16/11/2015 13:32 CET Aggiornato: 16/11/2015 13:32 CET

 

Roberto Colella  – Giornalista di Guerra e Ricercatore presso l’Isag

 

Gli attentati di Parigi secondo moti esperti sono la risposta dei terroristi ai raid francesi in Siria.

 

Di sicuro c’è un dato di fatto. È un modo che i terroristi hanno per combattere questa nuova guerra asimmetrica attraverso azioni del genere che prevedono l’uso di armi non convenzionali (es. il martire suicida) non avendo a disposizione tecnologia militare o cacciabombardieri. Bisogna farci l’abitudine. Ecco perché più che di nuove coalizioni sono necessari gruppi altamente specializzati nel contrasto al fenomeno. Nelle nuove guerre o nei conflitti asimmetrici vengono a scontrarsi parti eterogenee. I protagonisti, statali o non, hanno forze impari, sono equipaggiati diversamente, impiegano mezzi e metodi differenti, perseguono scopi distinti. Nei conflitti armati interni oggi in crescente numero, l’asimmetria deriva generalmente dal fatto che uno Stato dispone di mezzi militari più importanti rispetto a quelli a disposizione dei gruppi armati organizzati non statali contro i quali si oppone.

Secondo Steven Metz e Douglas Johnson dell’US Army War College l’asimmetria nel settore militare consiste nell’agire, organizzarsi e riflettere diversamente dall’avversario allo scopo di massimizzare i propri punti di forza, approfittare delle debolezze dell’avversario, tenere le redini del gioco o estendere il proprio margine di manovra. La sorpresa è un fatto fondamentale dell’azione terroristica e si basa sulla segretezza dei preparativi e sull’incapacità da parte degli organi d’intelligence di cogliere in tempo e valutare adeguatamente i segnali di pericolo. Se quindi la sorpresa in campo tattico è comprensibile, quella in campo strategico è invece il risultato di deficienze e superficialità imputabili alle strutture e a precise responsabilità manageriali e politiche.

Il Terrorismo esisteva prima dell’11 settembre e continuerà ad esistere. Il tenere in ostaggio in delle persone permette ai terroristi di avere un risvolto mediatico mondiale, uno dei principali obiettivi di qualsiasi azione terroristica unito a quello di infondere paura. Le paure stanno diventando il supporto alle ideologie occidentali mentre l’Isis tende al contrasto e alla destabilizzazione sfruttando le paure del sistema stesso e utilizzandone i mezzi, tra i quali, prima di tutto, le risorse della guerra dell’informazione e le tecnologie.

Oggi diversi politici italiani parlano di radere al suolo l’Isis ma il Califfato non è uno Stato e chissà se mai lo capiranno. È pericoloso proprio perché non ha dei confini geografici ma il suo modello ideologico si estende su vari territori che vanno dall’Iraq alla Siria, alla Libia, alla Nigeria etc. Alcuni, compresi gli europei, si sono rivolti al terrorismo espresso da Isis o altri gruppi per varie ragioni: convinzioni politiche, ideologiche e religiose. Altri sono semplicemente criminali, altri diventano terroristi perché si ritengono oppressi o sottoposti a limitazioni economiche. Una intelligente politica estera deve tenere conto delle ragioni di chi si rivolge al terrore e cercare di rimuoverle. Negli anni il terrorismo è stato sottovalutato, razionalizzato e fagocitato dal sistema occidentale che in molti casi lo ha anche usato e forse lo usa ancora oggi per destabilizzare determinate aree geografiche per delle finalità non più tanto subdole. Se un giorno l’Isis dovesse colpire l’Italia non sarà per colpa degli italiani ma per colpa della sua politica estera.

http://www.huffingtonpost.it/roberto-colella/isis-e-la-nuova-guerra-asimmetrica_b_8572680.html