I FALSI MITI DEL “ROMANZO ITALIA”

I FALSI MITI DEL “ROMANZO ITALIA”

di Manlio Lo Presti (scrittore esperto di sistemi finanziari)

L’Italia è un Paese complicato. Come disse l’economista Giorgio Ruffolo è “un Paese troppo lungo”. Sono ancora ferite aperte le ricerche del senatore Stefano Jacini, che costituirono il fondamento dell’inchiesta parlamentare del Regno d’Italia condotta dal 1877 al 1886 per esaminare le condizioni dell’agricoltura nel Paese. L’iniziativa ne certificava la dualità economica e sociale. Una doppia velocità che sussiste ancora oggi, perché nessuno ha mai voluto seriamente risolverla. Un Paese diviso è più controllabile e sottomesso. Grande lucidità ebbe Antonio Gramsci sulla Questione Meridionale, una riflessione che fu la migliore anche rispetto alle indagini successive che non portarono ad una seria equiparazione delle condizioni di un Paese disunito. Emerge sempre più la considerazione che, l’Italia sarebbe stata la risultante di una aggregazione forzosa di storie e di civiltà locali troppo diverse fra loro, con la mira di demolire il regno borbonico di cui furono saccheggiate le colossali riserve auree a copertura dei debiti contratti dalle sanguinose guerre di indipendenza. Non si è compiuto un processo aggregativo con consenso popolare e con una rifondazione condivisa. Si realizzava un’unificazione imposta con le armi da un esercito estraneo, e antipopolare a trazione anglofrancese, che provocava devastazioni e centinaia di migliaia di morti fra i civili inermi del Sud. Una brutale operazione terroristica, poi coperta e giustificata da una ampia e pubblicizzata vulgata risorgimentale. Una retorica che ha sacralizzato immeritatamente molte figure militari e politiche, che ancor oggi danno il nome a numerose piazze e strade. Tutto questo copione fu definito Risorgimento. Un mito che finalmente si sta sbriciolando, alla luce di ricerche storiche ed economiche e geopolitiche successive e ancora in corso. Un Paese geologicamente e politicamente frastagliato e disorganico, a cui veniva imposto il governo di una dinastia che ha costruito le proprie glorie con vittoriose azioni mercenarie, per le quali ricevette in cambio la Savoia ex francese. Una casata che non ha mai imparato la lingua italiana continuando a parlare francese, fino all’ultimo erede che parla un italiano stentato quando viene invitato ad eventi televisivi. Insomma, possiamo affermare che il nostro martoriato Paese fu una creazione di laboratorio che, quarantacinque anni dopo, veniva utilizzata come carne da cannone per logorare gli eserciti degli imperi centrali durante la Prima guerra mondiale. L’esperienza mussoliniana tentò di scalfire e minimizzare questo dualismo malato, ma senza apprezzabili esiti anche e soprattutto a causa di gravissimi errori: 1) di entrare in guerra, 2) di colpire la Russia con risultati catastrofici per duecentomila ragazzi italiani, 3) di gettarsi nell’avventura coloniale distraendo risorse necessarie allo sviluppo del Sud, 4) di avviare la persecuzione contro gli ebrei che in ampia parte erano favorevoli al regime, 5) di colpire associazioni che, presenti ai massimi vertici del Pnf, si dimostrarono in grado di sfiduciare la Buonanima.
La costruzione del “romanzo Italia” è presente nelle costanti che si aggiungono alla Questione meridionale. Parliamo di una struttura economica caratterizzata da sacche di arretratezza drammatica, presenti nel Sud, e di realtà produttive avanzate prevalentemente nel Nord, che ha altresì il vantaggio di posizionarsi al centro dell’Europa, con evidente risparmio in termini di costi di distribuzione dei prodotti offerti. Aggiungiamo il razzismo e il conflitto sociale, causati dalle immigrazioni interne con la industrializzazione metalmeccanica di aziende di proprietà di una dinastia con fortissimi legami (anche parentali) con la Francia, intramontata regista delle linee geopolitiche nazionali. Lo spostamento di manodopera malpagata e minacciata da sindacati “gialli”, creati e incoraggiati dall’alta dirigenza delle fabbriche per soffocare sacche di ribellione represse anche da alcuni settori delle forze dell’ordine. Una “guerra ibrida”, attuata per incrementare gli elementi di conflitto, piuttosto che creare condizioni di condivisione. Il “divide et impera” applicato con determinazione cinica e scientifica. La tenuta produttiva del Paese veniva affidata alle minacce e al lavoro sottopagato, che poi veniva contrabbandato dalla storiografia ufficiale e dal giornalismo, tempo per tempo operante, come un “miracolo economico”. Un evento che rendeva ancora più gravi le condizioni del Sud, dissanguato da ampie fasce di popolazione destinata alla produzione schiavistica nel Nord, alla emigrazione in tutto il mondo e all’abbandono delle campagne ridotte ad un deserto in mano alle mafie, utilizzate per il riciclaggio di immense somme di danaro verso paradisi fiscali d’oltremare. Le condizioni erano così gravi che De Gasperi, in occasione di una sua visita a Matera, manifestava il suo disperato stupore nel vedere le condizioni disumane di vita degli italiani convivere con gli animali sotto lo stesso tetto, nella stessa abitazione. Oltre un secolo di storia non era servito a niente!
Quanto appena accennato costituisce il terreno di coltura di miti successivi, che si stanno disintegrando alla luce delle inefficienze “ambientali” della ex-italia. Mi riferisco alla superbia con la quale si sono narrate e magnificate per decenni le esperienze positive delle amministrazioni locali di sinistra, allocate in particolare nel nord e nel centro della penisola. Un mito ben coltivato da precise fonti di informazione. Un mito che si sta sgretolando alla luce delle alluvioni che stanno devastando l’intero territorio italico. Disastri causati dalla pluriennale ed assoluta mancanza di una pianificazione territoriale, perché le priorità sono sempre altre e quelle che alimentano il consenso politico immediato. Fino ad oggi si sono visti disastri prevalentemente nel Sud del Paese, che hanno provocato commenti durissimi nel segno di un razzismo che continua ad esistere, grazie alle tensioni generate da certe forze politiche che hanno ritenuto di trarre beneficio elettorale da un conflitto Nord-Sud che si è trasformato in una guerra fra poveri. Ne è un’altra traccia il tentativo di introdurre la cosiddetta “autonomia differenziata”, che sortirà l’effetto immediato di creare elementi di conflitto sistemico. Lo scopo è quello di disgregare la debole unità dello Stato italiano, con un processo operativo simile ai tentativi autonomistici della Catalogna in Spagna, alle spinte secessioniste della Scozia, ai frazionamenti territoriali creatisi nei Balcani, in est Europa, ecc. È la risposta del sinedrio Ue nei confronti di Paesi non troppo “allineati” e troppo grossi. Ridurre in pezzi più piccoli e più facilmente governabili nazioni poco malleabili è una strategia ancora in corso e che pochi denunciano. All’autonomia, si affiancano periodicamente tentativi di modificare la costituzione, i poteri del presidente della repubblica e quelli del capo del governo, mentre il Paese ha oltre dodici milioni di disoccupati e quelli impiegati sono precarizzati con paghe ferme a dieci anni fa, mentre il Paese è stato lanciato in un conflitto che non gli appartiene se non per ordini degli Alti Comandi che ostacolano gravemente lo sviluppo democratico del nostro Paese fin dal 1945.
Nel frattempo i disastri ambientali, con inondazioni del centro nord del Paese, certificano il crollo del mito efficentista di certi presunti efficienti modelli gestionali ecologisti, attribuiti a precise aree del Paese, che invece mostrano le stesse pecche del resto della ex-italia: deforestazione selvaggia, speculazioni edilizie, mancato efficientamento delle reti idriche con la creazione di bacini utili a ricevere l’acqua in eccesso da utilizzare per le irrigazioni. Insomma, la caduta ipocrita del mito amministrativo “perfetto”, giusto, condivisibile, ecologico, inclusivo ha fatto acqua da tutte le parti nel vero senso della parola. Costoro sono quelli, impuniti, che magnificavano il sistema speculativo definito con la fortunata espressione “falce e carrello” che faceva prevalere le scelte di finanza speculativa rispetto alla storica vocazione aziendale di distribuzione di beni e servizi.
I paladini ecologici della “sostenibilità” sono diventati insostenibili, e questa volta non c’è manipolazione informativa retorica di copertura che tenga. I disastri sono sotto gli occhi di tutti e non possono essere nascosti né minimizzati da narrazioni “ad usum Delphini”. L’informazione di sistema si limita a raccontare asetticamente fatti e disastri che non ha la possibilità di ignorare. Nessuno, volutamente, si domanda perché si continui ad accadere tutto questo, perché non ci siano arresti con manette dei responsabili ben rintracciabili dalla documentazione esistente. Scavare sulle responsabilità significa rivelare una verità scomoda che, ancora una volta, sarà letteralmente sommersa da una enorme melassa retorica.
Basta con le mitologie retoriche e manipolatorie. Andiamo oltre la propaganda e cerchiamo di eliminare seriamente i problemi secolari che affliggono il nostro belpaese.

FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/05/18/i-falsi-miti-del-romanzo-italia/