La ricchezza, la povertà, il denaro

La ricchezza, la povertà, il denaro

Pubblicato il 4 aprile 2018 – da Dailycases

Un viaggio ideale sul significato di ricchezza e povertà utilizzando gli strumenti culturali che ci derivano dalla Letteratura, dal Cinema e dalle nostre radici linguistiche latine

Manlio Lo Presti

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Nella letteratura

Ricchezza e povertà sono i due estremi della condizione umana all’interno di una civiltà che considera come metro più importante il possesso di un numerario personale più ampio possibile. Un “numerario” costituito da una sequenza di cifre che lasciano immaginare le possibili vite che si possono agevolmente vivere senza timori per il futuro, senza incertezze.  Il danaro, e di conseguenza la ricchezza, sono trattati con un aperto cinismo che evidenzia una fondamentale sfiducia sulla bontà del genere umano, sfiducia che cresce di pari passo al desiderio di possedere il danaro stesso in quantità più ampia possibile (Il denaro in forti quantità contiene un’alta percentuale di elementi autodetergenti ed è sempre candido come un giglio. – DUCA DI BERFORD, Il libro degli snob). La mancanza di denaro è e rimane uno spauracchio che non sfugge a nessuno (E’ stato detto che l’amore per il denaro è la radice di tutti i mali. Lo stesso si può dire per la mancanza di denaro. – SAMUEL BUTLER, Erewhon). Te ne vai leggero se non hai niente, ma la ricchezza è un peso più leggero. – GOETHE, Motti in rima) . Lo stesso concetto è comunque evidenziato con ironia (Disprezza i soldi, ma i biglietti da mille trattali con riguardo. – ORONZO E. MARGINATI, Come ti erudisco il pupo).

Rimane tuttavia in voga una certa dietrologia negativa che sottende alla creazione di sostanziose fortune. La più comune è legata alla nascita della ricchezza a seguito di un abuso, una violenza o più spesso un sopruso (Il segreto delle grandi fortune senza causa apparente è un delitto dimenticato, perché fu fatto a puntino. – BALZAC, Papà Goriot). Ai creatori di aforismi non sfuggono le ricadute sociali della ricchezza che spingono gli abbienti a vivere una vita spesso circospetta (La pecunia solo per sé si onora e non colui che la possiede, il quale sempre si fa calamita d’invidia e cassa di ladroni. – LEONARDO DA VINCI, Trattato della pittura. Per ogni povero che impallidisce di fame c’è un ricco che impallidisce di paura.  – LOUIS BLANC, Organizzazione del lavoro; La ricchezza è la madre del lusso e dell’indolenza, la povertà della grettezza e del vizio, ed entrambe dello scontento. – PLATONE, La Repubblica). Infine, la ricchezza incide sui comportamenti sociali dei privilegiati (Forse i ricchi sono, come tutti gli uomini, soltanto dei bambini; ma i loro giocattoli sono più grandi e ne hanno di più. – CH. WRIGHT MILLS, L’élite del potere).https://www.dailycases.it/wp-content/uploads/2018/04/Arm_und_Reich_flämisch_17_Jh.jpg

Il danaro stesso consente di avere sempre ragione. Gli uomini vicini ai ricchi tendono ad assumere un atteggiamento conciliante nella speranza di aver una parte accettabile dei cascami del potere del ricco (Un idiota povero è un idiota, un idiota ricco è un ricco. – PAUL LAFFITTE, Jeroboam ou la finance sans méningite). Agli economisti che dovrebbero dedicare il meglio delle intelligenze allo studio del movimento delle ricchezze e delle conseguenti intollerabili povertà, viene dedicato questo efficace pensiero: (Gli economisti sono chirurghi che hanno un eccellente scalpello e un bisturi scheggiato sicché operano a meraviglia sul morto e martorizzano il vivo. – CHAMFORT, Pensieri, massime e aneddoti) laddove l’economista stesso è indicato come un operatore che agisce a posteriori quando già c’è il morto e continua a torturare i viventi con formule restrittive e persecutorie. Il cinismo sull’agiatezza come unico diaframma contro lo spettro dell’indigenza viene efficacemente descritto quando (Panza piena nun crede ar diggiuno.G.G. BELLI, Titolo del sonetto) , senza nascondere un forte sentimento critico che non lascia spazio ad una ipotesi di futuro migliore.

Non poteva mancare un elenco di pensieri, spesso tragicomici, che riguardano la difficile arte di recuperare il denaro perduto e quello di restituirlo. Il primo evidenzia che (È molto iniquo farmi pagare i miei debiti, non avete idea del dolore che ciò provoca.  – Lord Byron). Non vengono peraltro dimenticate le avversità che impediscono il puntuale pagamento del dovuto “Quando avrò finito di tagliare i rami secchi penserò anche a voi”, o che il creditore si sente dire “Prima lasciatemi partorire in santa pace, poi pagherò”. Le tecnologie offrono motivi per ritardare quando “Non ho potuto pagare subito perché è andata via la corrente dal computer e sono sparite le fatture”. Nella tensione esistente fra il creditore ed il debitore quest’ultimo mostra talvolta segni di aperta ribellione se “La cifra da voi vantata non ci pare esorbitante, per cui credo potete attendere ancora un poco”. “Come vi permettete, cosa volete da me, io forse ho già anche pagato. E se per una ipotesi assurda non l’ho fatto, non potete aspettare ancora? Non vi mancherà mica la terra sotto i piedi!” Fino ad assumere atteggiamenti di rifiuto affermando che “Non pago! Non pago! Non pago. Non devo nulla! Ho già pagato tutto” (Consul Regola, Attendo il nulla Aosta da un cliente amoroso, Rizzoli, 2007)

 

https://www.dailycases.it/wp-content/uploads/2018/04/zio-paperone-tuffo-soldi.jpgNel cinema

Nella vulgata cinematografica, la considerazione della ricchezza è meno severa, si stempera. Nella quasi totalità della produzione americana, la filosofia del successo è una costante della visione del mondo, e attorno a questa visione si azzuffano i suoi sostenitori quanto i suoi detrattori.

Nel cinema, il quadro che ne esce sulla ricchezza e sulla attività bancaria non è piacevole. Tutto è intriso di sospetto e di repulsione nei riguardi del comportamento ossessivo-compulsivo-ripetitivo che hanno i ricchi nel loro processo di accumulazione, salvo ad essere poi invidiati per le loro possibilità di vita prospera. La ricchezza, il benessere individuale (mai di gruppo: non si condivide la ricchezza) e le banche che ne sono i custodi misteriosi trovano nel linguaggio cinematografico un buon terreno di analisi molto disincantata e spesso duramente cinica. Le banche fanno la parte del leone in questa rassegna:

(Non lo sai che la banca è quella istituzione che può prestar denaro solo a chi può dare assolute garanzie, cioè a chi non ne ha bisogno? – Il vecchio banchiere nel film GLI AVVOLTOI, 1948).  Resiste in ogni epoca una dietrologia negativa sulla formazione della opulenza delle banche e sulla origine dei suoi depositi “Le banche saranno sempre piene di soldi. Sai perché? Chi le rapina dove porta i soldi? In banca!  – Gérard JUGNAT nel film IL COLPETTO, 1982). Troviamo qualcuno che abbozza una soluzione, di parte ovviamente, che possa arginare lo strapotere delle banche quando dice che (Non è giusto che le banche freghino i contadini. Difenderò quei poveretti: le banche rubano la terra e io gli ripulisco la cassa. Seid’accordo? – Warren Beatty a Faye Dunaway nel film GANGSTERS STORY, 1967). Il comportamento oscuro delle banche che si muovono con circospezione nel paludoso mondo dei soldi e delle oscure ricchezze, e la diffusa invidia per il loro potere immenso fa dire riflessioni ad alta voce: (È da lì che accendevano i fuochi all’avvicinarsi delle galere nemiche i Turchi. I pirati: roba da far ridere in confronto ad un banchiere! – Gabriele Ferzetti a Sylva Coscina nel film RACCONTI D’ESTATE, 1958). La percezione sociale delle banche come brutali centri di potere che si muovono rispettando il più duro cristallino cinismo provoca il seguente pensiero: (Ho combattuto con rapinatori, contrabbandieri, killers. Ma voi banchieri siete peggio. – Il gangster Sylvester Stallone al banchiere Ken Howard nel film OSCAR – UN FIDANZATO PER DUE FIGLIE, 1991). https://www.dailycases.it/wp-content/uploads/2018/04/imm.jpg

Dopo aver percorso l’impervio universo della finanza bancaria con un misto di sentimenti di odio, timore e repulsione, nella rassegna che segue, il denaro è croce e delizia. E’ un valore che viene trattato con deferenza anche quando la frase contiene una certa ironia che fa ridere – ma mica tanto. Nel linguaggio filmico, il ricco è un personaggio proiettato in un mondo che ben poco ha a che fare con la vita della gente comune (Questa è la tragedia dei ricchi: non hanno bisogno di niente. – Charles Coburn a Henry Fonda nel film LADY EVA, 1941). A conferma di un ragionamento tutto orientato al principio molto americano del successo, un ricco mancato comunque avrebbe avuto successo in altro modo perché (Se non fossi stato molto ricco, forse sarei stato un grand’uomo. – Orson Welles nel film QUARTO POTERE, 1941). Continuando la lucida crudezza di analisi, i privilegiati posseggono una speciale immunità comportamentale (È facile non fare stronzate quando si è ricchi. – Isabelle Huppert nel film UN AFFARE DI DONNE, 1988).

Anche il linguaggio del cinema focalizza l’idea che le ricchezze abbiano origine spietate (Io mi sono fatto da solo, accumulando a uno a uno quelle poche centinaia di miliardi soltanto con il continuo sudato lavoro. Degli altri, naturalmente! -Walter Szelak nel film IL PIRATA, 1948) e che i ricchi sono personaggi pericolosi (È della gente ricca che bisogna avere paura. -BibiAndersson a Birgitta Petersson nel film IL VOLTO, 1958).  Esiste una voce solitaria che ipotizza la ricchezza come possibilità di realizzare una vita qualitativamente migliore (Se io avessi i suoi quattrini, sarei più ricca di lei. -Audrey Hepburn nel film COLAZIONE DA TIFFANY, 1961), evidenziando – come da luogo comune imperante – la povertà spirituale e la grettezza monomaniacale del processo di accumulazione. All’interno di un coro critico, si affaccia, con notevole premonizione, la considerazione acuta che la ricchezza si poggia sull’intensità di indebitamento di coloro che non hanno molto (Come? Son un capitalista da appena tre ore e ho già un debito di diecimila dollari? È il segreto del nostro benessere: tutti hanno debiti con tutti. -James Cagney nel film UNO DUE E TRE, 1961) e che, nonostante tutto, esiste qualcuno, rarissimo, che non si fa incantare dalla ricchezza (Non sono loro che mi disturbano, anzi … È che non posso sopportare questa gentaglia che crede che con i soldi si possa comprare tutto. – Klaus Kinski nel film FITZCARRALDO, 1982), considerato che rimane tutto sulla terra “Che ne farà dei soldi quando sarà sottoterra? – Un povero agricoltore a Gary Cooper nel film E’ARRIVATA LA FELICITA’, 1936).

Molto resistente è la mitologia sul denaro e sui modi per procurarselo. Dal più fatuo, sebbene non facile, del balzo sociale (Manuela, so bene che non sposi l’uomo dei tuoi sogni. Ma tutti i miliardi dei nostri sogni si. E sai: gli uomini passano, i miliardi restano. – Gladys Cooper nel film IL PIRATA, 1948) al suo significato simbolico ed insieme concreto (Chi lo può sapere meglio di un povero cosa sono i soldi? -Adriano Celentano nel film YUPPI DU, 1975). Obbedendo alla durissima legge della privazione degli esclusi (La miseria c’è dappertutto … per i poveri. – Tyrone Power nel film LA LUNGA LINEA GRIGIA, 1955) e dei i quali ben poco importa ai privilegiati (I poveri sono poveri e peggio per loro! – Anthony Hopkins nel film CASA HOWARD, 1992) che possono dominare l’universo mondo fatto di beni e del possesso (Dopotutto, cosa sono i soldi? Sono tutto, ecco cosa sono – Groucho Marx nel fim UNA RAGAZZA IN OGNI PORTO, 1952) diventando l’argomento cardine della promozione sociale (Cara, non ti passa mai per la mente che c’è chi se ne infischia dei quattrini? Non fare la sciocca, stiamo parlando seriamente. – Jane Russell nel film GLI UOMINI PREFERISCONO LE BIONDE, 1963) e che raggiungere posizioni danarose notevoli bisogna dotarsi di una pertinacia ossessiva e monomaniacale per farlo “Non è poi tanto difficile fare un sacco di soldi, se uno ci tiene”. – Everett Sloane nel film QUARTO POTERE, 1941). Con una certa leggerezza, che non nasconde l’ironia corrosiva ed una sorta di disprezzo di salvataggio, il denaro si conquista con metodiche differenti da quelle propinate alla moltitudine nell’affermare che (I soldi non si fanno con il lavoro, si fanno con i soldi: non lo sai? – Johnny Dorelli nel film PANE E CIOCCOLATA, 1974), come pure che (Ci sono due semplici strade per avere i soldi: o li rubi o te li sposi. – Tony Curtis nel film OPERAZIONE SOTTOVESTE, 1959).  Persiste una certa filosofia keynesiana che appoggia sulla circolazione della ricchezza la nuova religione del denaro e la sua giustificazione di essere quando viene affermato che “Il denaro non è che carta se non lo spendi.” – Virginia Mayo nel film LA FURIA UMANA, 1949) e soprattutto che (Il denaro ha le gambe, e deve camminare. Altrimenti, se resta nelle tasche, prende la muffa. – Elio Marcuzzo nel film OSSESSIONE, 1943).

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A chiusura, il pensiero di Totò ci regala una profonda riflessione:

A che cosa servono questi quattrini?

Ma perché mi dici che il denaro non fa la felicità?

Possibile che oltre ad essere antipatico sei pure fesso?

Il denaro fa la guerra, la guerra fa il dopoguerra,

il dopoguerra fa la borsa nera, la borsa nera rifà il denaro, il denaro rifà la guerra.

 

Nel neolatino 

L’immaginario popolare sulla ricchezza e la povertà, è stato oggetto di attenzione da parte di uno squadrone di esperti e lessicografi vaticani, che ha compiuto la traduzione dei termini economici più in uso in un latino “moderno” ma non levigato dall’uso quotidiano della parlata diretta. Con proporzioni diverse, questo esperimento di resurrezione di una lingua morta trova un laboratorio di prova interessante in Israele, dove la lingua rinasce con successo perché considerata un elemento forte di identificazione culturale e sociale.

Nello sforzo di ricostruire un latino modernizzato, fra i linguisti vaticani prevale un atteggiamento “tecnico” dal quale tuttavia emergono combinazioni lessicali spesso involontariamente comiche, ma che talvolta offrono spunti di riflessione. La scelta è focalizzata su alcune parole la cui trasposizione latina lascia trasparire la scala di valore degli esperti e ci spiega il significato di alcunitermini che ricorrono spesso nei contratti monetari e bancari. L’Affarismo è definito quaestusaviditas, aviditas in negotiisgerendis ponendo l’accento sull’avidità che muove il meccanismo degli affari. Il protagonista Banchiere è chiamato argentarius e i frutti del suo lavoro definiti anatocismus (sterile moltiplicazione di capitale con capitale), come pure Dividendo, cioè usura, portio(la parola “usura” evidenzia un giudizio non troppo positivo …). Il beneficiario di tale processo ossessivo è il Capitalista identificato come homo pecuniosus. L’intero processo di accumulazione va protetto nell’arca ferrata, cioè la cassaforte, e soprattutto sottoterra nella crypta argentaria (il caveau).

Viaggiando tra le parole del dizionario del Latino Recente si può trovare che il denaro transita nel conto corrente (pecunia fructuosa).  Si scopre, infine, che molte parole usate ed abusate da operatori economici e finanziari che si nascondono dietro un uso eccessivo ed improprio dell’inglese, in realtà usano parole latine la prima delle quali è index (listino di borsa) e che i finanziamenti sono concessi se abbiamo lo sponsor (il garante).

Interessante il significato che riveste il ruolo del moderator o della moderatrix, cioè del direttore/direttrice, la cui funzione è intesa come gestione delle tensioni e non come loro esasperazione nella ricerca di obiettivi stressanti.

Bibliografia

LexiconRecentisLatinitatis, Voll. I, II, Libraria Editrice Vaticana, 1982

TOTO’, Poi dice che uno si butta a sinistra, Gremese Editore 1994, p. 183

Giacovelli, Segua quella macchina! Gremese Editore, 2001

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