Marx e dintorni
Manlio Lo Presti – 7 maggio 2018
Fonte immagine: http://www.ilmanoscrittodelcavaliere.it/2021/09/io-le-dottrine-politiche-e-karl-marx.html
Non intendo cercare di dire qualcosa di nuovo sul filosofo di Treviri sul quale si trova una sterminata letteratura pro e contro. Prima della creazione delle sue opere, esisteva in Europa un vivace magma costituito da differenti correnti di pensiero dedicate alla chiarificazione del concetto di uguaglianza, da considerarsi come una pari possibilità di partenza, di opportunità, per la affermazione di ogni individuo nella società. Non si trattava di appiattimento puro e semplice dell’umanità. Attraverso tale visione restrittiva e superficiale, l’uguaglianza è stata sanguinosamente applicata dalle élite di una considerevole parte geopolitica del mondo e strumentalmente evidenziata dalle correnti conservatrici che vedevano nella popolazione un dato numerico puramente malthusiano
Marx tenta una titanica opera di sintesi dei contenuti di queste correnti di pensiero che corrono in una Europa politicamente instabile che – fatte le dovute differenze – somiglia pericolosamente all’Europa contemporanea. Raccogliendo in un unico assetto teorico le ricerche dei pensatori politici del tempo, non trascura lo studio attento dei filosofi e del pensiero economico letto, in modo innovativo, attraverso il flusso storico degli eventi che conducono al processo di creazione della ricchezza dei beni. La “scienza infelice” dell’economia deve tenere in alta considerazione i dati sociali, antropologici, storici, culturali perché abbia un senso.
Questa lettura sistemica è il vero aspetto innovativo del pensiero di Marx. I dati sterili prodotti da istituti universitari, centri di ricerca e simili, non possono da soli essere un piano di comprensione credibile della evoluzione delle società e del loro modo di produrre ricchezza spesso a danno della creazione di “valore”, di ricerca del profitto a danno dell’equilibrio sociale, del rispetto di fredde regole di bilancio contabile (determinate da oscuri pretoriani strapagatissimi e non eletti da nessuno) e non considerare prioritaria la determinazione di una politica economica e sociale espansiva.
Dal pensiero ultraconservatore illuminato del circolo di Bloomsbury uscirà la mente che capirà con grande sottigliezza il dato sociale che sottende qualsiasi agire economico: le aspettative. Keynes comprenderà molto più di tanti post marxiani – e, ovviamente, conservatori – l’importanza condizionante della percezione della realtà il cui peso oscura quasi sempre il gelido dato econometrico costruito su modellistiche matematiche che circolano nelle aule delle tavole rotonde, di centri di ricerca pubblici e privati finanziati da lobbies potentissime, ricchissime, pericolosissime per le libertà civili. Modelli talvolta costituiti da oltre 100 equazioni di comportamento reciprocamente condizionantesi e dove il dato umano è assente!
È singolare come il pensiero conservatore cerchi di limitare il peso delle aspettative, mentre i manuali delle tecniche di vendita scritti da professoroni d’impresa ne fanno da sempre l’architrave teorica delle loro campagne di vendita!!!
Come già è accaduto nella storia, la ricerca intelligente e innovativa di Keynes sarà incapsulata in un quadro neoconservatore dalla Controriforma Neokeynesiana teorizzata dai mandarini anglosassoni capeggiati da Friedman ed altri.
Senza andare a cercare con il solito piglio notarile esegetico le manchevolezze delle teorie di Marx e quanto della sua opera è oggi utilizzabile, andiamo dentro il cuore del suo pensiero.
Intramontabile rimarrà la teorizzazione del diritto delle persone ad avere una dignità economica, una libertà di determinare il proprio destino soprattutto con la mediazione della diffusione della cultura, della formazione che sia prioritaria rispetto all’addestramento di umanoidi-scimmia (quelli che il giornalista Barnard ha definito con drammatica precisione tech gleba). Un esercito di riserva utilizzato dal Sacro Occidentale Impero Tecnetronico, grazie all’addestramento fornito da un sistema scolastico che non insegna a pensare, ma ad agire secondo gli schemi scuola-lavoro-scuola.
Il dato sociale e antropologico deve rimpiazzare ed avversare al più presto la schematizzazione di una società schizofrenica spinta ad agire in fretta dove gli umani non hanno più tempo per pensare, alla innovazione ossessiva che espelle coloro che non ce la fanno ad adattarsi, come drammaticamente descritto dalla attentissima ricerca di Saskia Sassen . Gli esclusi sono funzionali al sistema del terrore precaristico che deve piegare le persone perché obbediscano senza rompere troppo le scatole.
Marx ancora è necessario per comprendere le cause della attuale incertezza globale e forse per fermare questo convoglio che corre a velocità folle senza freni e che finirà per stritolarsi contro un muro.