Lunedì, 31 Agosto 2015 13:08
Adriano Olivetti, Noi sogniamo il silenzio, Edizioni di Comunità, 2015, Pag. 47, € 6,00
Di Olivetti si continua a discutere oscillando fra la sua santificazione e la critica più dura. All’interno di questi estremi, esiste un vasto spettro di sfumature che disegnano un uomo che è stato la “cattiva coscienza” dell’intera classe dirigente italiana dal secondo dopoguerra ad oggi, che cinicamente non mai varato un piano nazionale di ammodernamento produttivo e di diffusione della cultura attraverso piani formativi diffusi su tutto il territorio nazionale.
L’imprenditore Olivetti sa benissimo che non ha futuro misurare tutta la complessità sociale solamente con il metro del profitto. Intuisce prima di altri che la crescita economica si realizza di pari passo con la tutela e la diffusione della cultura come unico pilastro per la crescita umana ed il fondamento dei progressi economici e sociali di un Paese proiettato nel futuro.
Un Paese che non si imprigiona nella logica perversa e di rapina del “risultato a breve” , del profitto ossessivo, del tutto e subito come accade oggi con lo scenario infernale che ci circonda!
Il testo contenuto in questo volumetto è parte do un discorso letto a Torino nel 1956 al IV Congresso di Urbanistica. Olivetti è un imprenditore che compra imprese all’estero, ricombina la produzione e vende alte tecnologie informatiche negli Usa, produce cultura fuori e dentro le sue fabbriche, stampa libri, realizza utili ma non dimentica che tutto questo è possibile nei territori di riferimento. Questo territorio è la Comunità, un ambiente sostenibile dove non è utopia la creazione della catena di valore (non solo economico): uomo – produzione nelle fabbriche – cultura – profitto – innovazione tecnologica, sociale culturale.
L’assetto su cui si fonda la Comunità è costituita da principi urbanistici (altra materia di cui Olivetti è grande cultore) ben diversi da quelli che avanzano. Parliamo delle megalopoli che dilagano e cambiano il modo di abitare con il verticalismo dei grattacieli per sradicare e svilire l’uomo facendolo precipitare nella solitudine, nella barbarie competitiva e nella criminalità. L’urbanista Olivetti si pone controcorrente ed enfatizza il recupero del silenzio come valore essenziale per ritrovare l’equilibrio interiore e la capacità di pensare, di ipotizzare futuri, di sancire il diritto alla felicità.
Al poliedrico Olivetti sarebbe piaciuta la riflessione di Martin Heidegger: poeticamente l’uomo abita la terra. Laddove “poeticamente” significa, capacità di creare i propri fini e il proprio destino mediante una libera produzione simbolica.
La lettura di questo “libriccino” di qualità ci aiuterà a recuperare il senso della nostra presenza, della nostra libertà, della nostra recuperata capacità di dubitare e quindi di opporsi al disfacimento esistenziale.
Manlio Lo Presti
Adriano Olivetti, Noi sogniamo il silenzio, Edizioni di Comunità, 2015, Pag. 47, € 6,00
http://www.professionebancario.it/scaffale/item/1222-noi-sogniamo-il-silenzio.html