NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
1 APRILE 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Mettiti in cammino anche se l’ora non ti piace.
Quando arriverai, l’ora ti sarà comunque gradita.
(Proverbio Tuareg)
BELTRAMI, Breviario per nomadi, Biblioteca Del vascello, 1992, pag. 17
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
Europa: La rapida espansione della dhimmitudine 1
”IL CARA DI MINEO ERA UNA BASE OPERATIVA DELLA MAFIA NIGERIANA”. 1
KIEV: L’AMBASCIATA USA e la lista di non-processabili 1
Santoro: “Cercasi killer per uccidere lo squallido e ignorante Salvini: offro soldi”. 1
Magaldi: Michael Jackson massone, ucciso per una canzone 1
Ricatto: vogliono vaccinarci tutti. E’ una guerra, fermiamoli 1
Gates Foundation
Ma siamo meno provinciali e cialtroni di chi fustiga l’Italietta 1
Udienza privata del Papa agli attivisti per i diritti gay. 1
MUOS Niscemi 4 – L’onorevole Trizzino. 1
Alture del Golan, Kosovo e Crimea: tre casi da manuale di ipocrisia e doppi standard 1
Caffè. Conversazioni e solitudini 1
Aereo scomparso
Servilismo dei giornalisti
Papa Francesco benedice il patto Onu: “Global compact sia riferimento” 1
Una moneta iscale parallela per crescere senza fare debito
Se la Cina ci ripensa: Via Polare della Seta, e addio Italia 1
Sanpaolo, BPM e Unicredit: conti correnti azzerati con la truffa dei diamanti 1
Mattarella difende Bankitalia. I dubbi sulla commissione d’inchiesta sulle banche 1
Stato, Banca d’Italia e signoraggio. 1
USA : Si allarga l’Epidemia dei poliziotti che sparano ai cani 1
C’è una ‘Guantanamo’ neofascista in Ucraina 1
Big Data e intelligenza artificiale. La sfida della Cina. 1
IN EVIDENZA
Europa: La rapida espansione della dhimmitudine
di Judith Bergman – 7 aprile 2018
Pezzo in lingua originale inglese: Europe: The Rapid Spread of Dhimmitude
Traduzioni di Angelita La Spada
Uno degli aspetti più preoccupanti di questa dhimmitudine che si sta espandendo rapidamente è l’applicazione de facto delle leggi islamiche sulla blasfemia. Le autorità locali europee utilizzano i “discorsi di incitamento all’odio” per impedire qualsiasi giudizio critico nei confronti dell’Islam, anche se l’Islam rappresenta una idea, non una nazionalità né un’appartenenza etnica. Lo scopo convenzionale della maggior parte delle leggi contro i discorsi di odio è quello di proteggere le persone dall’odio e non dalle idee.
- Il Foreign Office britannico, che sembra ignorare la disperata lotta delle donne iraniane per la libertà e che è rimasto vergognosamente in silenzio durante le recenti proteste popolari contro il regime iraniano, ha distribuito sorprendentemente alle sue dipendenti il velo islamico invitandole a indossarlo. E questo mentre almeno 29 donne iraniane sono state arrestate per aver contestato l’uso dell’hijab, e probabilmente sono state sottoposte a stupri e ad altre torture, come avviene nelle carceri iraniane. Ciononostante, le parlamentari britanniche e lo staff del Foreign Office hanno celebrato iniquamente il velo come una sorta di strumento contorto di “empowerment femminile”.
- Le misure contro il jihad sono state ostacolate dai leader occidentali ovunque subito dopo l’11 settembre. Il presidente George W. Bush ha dichiarato che “l’Islam è pace”. Il presidente Obama ha rimosso ogni riferimento all’Islam nei manuali di addestramento dell’FBI che i musulmani consideravano offensivi. L’attuale leadership di New York City ha ammonito i newyorkesi, subito dopo l’attacco a Manhattan dell’ottobre 2017, a non collegare l’attentato terroristico all’Islam. La premier britannica Theresa May ha affermato che l’Islam è una “religione di pace”.
Sebbene l’Europa non faccia parte del mondo musulmano, molte autorità europee sembrano tuttavia sentirsi obbligate a sottomettersi all’Islam in modi più o meno sottili. Questa sottomissione volontaria sembra essere senza precedenti: storicamente parlando,
dhimmi
è un termine arabo che designa un non musulmano conquistato,
il quale accetta di vivere come un cittadino “tollerato” di seconda classe,
sotto il dominio islamico, sottomettendosi a un insieme
di leggi speciali e umilianti e
di richieste degradanti da parte dei suoi padroni islamici.
In Europa, la sottomissione alle richieste dell’Islam, nel nome della “diversità” e dei “diritti umani”, avviene volontariamente.
Ovviamente, questa sottomissione all’Islam è molto paradossale, poiché i concetti occidentali di “diversità” e di “diritti umani” non esistono nei testi fondanti dell’Islam. Al contrario, questi testi stigmatizzano nei termini più forti
Continua qui: https://it.gatestoneinstitute.org/12129/europa-dhimmitudine
”IL CARA DI MINEO ERA UNA BASE OPERATIVA DELLA MAFIA NIGERIANA”.
MA SUI GIORNALONI NON C’È TRACCIA DELLA NOTIZIA – 10 ARRESTI DI LATITANTI IN FRANCIA E GERMANIA, CON L’AGGRAVANTE DELL’ASSOCIAZIONE DI STAMPO MAFIOSA. LA LORO BASE ERA IL CENTRO SICILIANO PER I MIGRANTI
SE NE PARLA SU ‘GIORNALE’, ‘LIBERO’, VERITA” E ‘QN’. ZERO SU ‘REPUBBLICA’, ‘CORRIERE’, ‘STAMPA’, ‘MESSAGGERO’ ECC.
FORSE PERCHÉ L’ULTIMA CIRCOLARE BUONISTA IMPONE DI DERUBRICARE LA MAFIA NIGERIANA A ”FAKE NEWS INVENTATA DAGLI XENOFOBI”?
31 MAR 2019
- DIECI LATITANTI NIGERIANI ARRESTATI IN FRANCIA E GERMANIA
(ANSA) – Una decina di cittadini nigeriani, tutti latitanti in Italia e considerati appartenenti ad un’organizzazione criminale che per diverso tempo ha operato in Sicilia, sono stati arrestati in Francia e Germania dalla Polizia in collaborazione con le forze di polizia francesi e tedesche. Il soggetto ritenuto a capo dell’organizzazione, Happy Uwaya, e un’altra persona, sono stati arrestati a Parigi, mentre gli altri sono stati bloccati a Nancy, Marsiglia, Nizza e, in Germania, a Ratisbona.
I nigeriani sono tutti destinatari di un mandato di arresto europeo in seguito all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Catania il 26 gennaio scorso perché ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di droga, violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo.
Secondo le indagini della squadra mobile di Catania e dello Sco apparterrebbero ad un’organizzazione criminale nigeriana diffusa in vari paesi europei ed extraeuropei, di matrice cultista chiamata ‘Vkings’ o ‘Supreme Vikings Confraternity’. I dieci avrebbero tutti fatto parte della cellula siciliana che operava a Catania e nella provincia e aveva la base nel Cara di Mineo. Nel centro, stando alle indagini, più volte ci sarebbero stati degli scontri con altri gruppi per mantenere il predominio tra le comunità straniere.
- I TENTACOLI DELLA MAFIA NIGERIANA SULL’ ITALIA
Rita Bartolomei per ”il Giorno – la Nazione – il Resto del Carlino”
C’è un capo pentito dei Maphite – gang tra le più organizzate e pericolose in Italia, chiamata anche famiglia vaticana – che quando decide di pentirsi vive a Bologna, ha un regolare permesso e fa il commerciante. Ma un giorno si confida con il suo pastore – così racconta agli investigatori dell’inchiesta Athenaeum di Torino – e rinnega il passato. Rinnega l’ appartenenza alla mafia nigeriana, rischiando la vita.
Era nel Cop, Council of professors, uno degli organismi di vertice del secret cult. Svela riti, gerarchie e affari della cupola nera. Padrona del traffico di droga – dalla cocaina alla marijuana, scambiata con gli albanesi -, della prostituzione e della tratta di esseri umani, della clonazione di carte di credito e della falsificazione di documenti. Uomini di strada e colletti bianchi. Machete e iPhone. I vertici di solito sono immigrati in regola.
Scopri don, forum e famiglie, un linguaggio che pare copiato da noi. E un legame storico delle confraternite – nate nelle università nigeriane, c’ è chi si spinge indietro fino agli anni Cinquanta – con la politica, in Africa. La crudeltà come metodo per avere rispetto. Riti violenti e simboli, i nuovi affiliati dei Maphite – gli Omi brother, che per entrare pagano e in cambio devono incassare pestaggi e torture – si vestono di verde. Si combattono o si alleano con gli altri: Supreme Eiye, Vikings, Black Axe, tra i piccoli Blue Queen, al femminile.
Tutti sono tenuti al vincolo del segreto. La casa madre è in Nigeria.
È una rete mondiale. Muove un fiume di denaro, che torna in patria fuori dai circuiti bancari, ad esempio con l’ hawala, noi traduciamo avallo, la parola in arabo significa trasferimento. È un antichissimo sistema musulmano codificato nel Corano e parente delle nostre lettere di cambio, privati che si accordano con altri privati in ogni parte del mondo, così si possono trasferire capitali in un giorno.
Sotto i riflettori Castel Volturno (Caserta) – ‘capitale’ di valenza europea – e il centro richiedenti asilo di Mineo (Catania), base operativa dei Vikings. Quel che ti aspetti di meno, invece, è l’insediamento nel centro-nord, dalle Marche al Piemonte, dall’ Emilia e Romagna alla Lombardia al Veneto. Fenomeno invece descritto perfettamente nelle indagini dell’operazione Athenaeum, centinaia di pagine d’ inchiesta che scandagliano la presenza della piovra nera in Italia. Gianni Tonelli, oggi parlamentare della Lega, torna agli inizi della sua carriera di poliziotto. Quando da giovane agente a Ferrara si trovò a indagare su una certa ‘madame’ che gestiva un traffico di ragazze. Allora il fenomeno era ignorato, «m’ immaginavo che quel nome indicasse reverenza e rispetto.
Invece è un ruolo ben definito nell’ organizzazione. Erano i primi segnali, era l’88. Compresi che c’era una rotazione, venivano sequestrati i passaporti. La madame viveva a Firenze, faceva la spola con la Nigeria. I colleghi della Toscana arrivarono in fondo, ma l’indagine era sempre per sfruttamento della prostituzione. Quindi la conclusione è questa: la mafia nigeriana opera da trent’ anni in Italia. Non abbiamo voluto vederla.
E questa miopia si è ripetuta anche a Castel Volturno. Abbiamo considerato i nigeriani coinvolti vittime della camorra, invece era una guerra tra i nostri e la nuova organizzazione che voleva conquistare fette di territorio».
In effetti. La piovra ha messo radici, da nord a sud, spesso derubricata a problema di ordine pubblico, la polemica politica ha annebbiato i fatti. Perché, come chiariva fin dal 2016 la relazione della Dia, «i gruppi criminali nigeriani operano su buona parte del territorio nazionale, comprese le regioni ove risulta forte il controllo della criminalità endogena, come nel caso della Campania e della Sicilia».
Già allora si annotava che a Palermo «sono state registrate cointeressenze tra gruppi criminali ed esponenti di Cosa Nostra finalizzati alla gestione del narcotraffico». Questo è quello che gli investigatori hanno accertato fino ad oggi. Ma un’organizzazione così imponente, dove sarà arrivata, nel frattempo? Qual è la parte di questa storia che ancora ignoriamo?
- «DROGA E PROSTITUZIONE, IL BUSINESS NERO»
Rita Bartolomei per ”il Giorno – la Nazione – il Resto del Carlino”
Lotito, commissario, dirige la squadra anti tratta della polizia locale in Procura a Torino, realtà unica in Italia. Appena nominato consulente nella Commissione Bicamerale antimafia come esperto della cupola nera.
«Abbiamo iniziato a indagare su questo fenomeno nel 2012, quando è partita l’operazione Athenaeum. Siamo all’ appello, la sentenza di primo grado ha comprovato il 416 bis».
L’ associazione mafiosa.
«Il punto vero. Perché prima di usare questa parola, mafia nigeriana, bisogna arrivare al
Continua qui: http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/39-39-cara-mineo-era-base-operativa-mafia-199745.htm
KIEV: L’AMBASCIATA USA e la lista di non-processabili
Maurizio Blondet 30 Marzo 2019
Elezioni in Ucraina. I media la buttano sul colore, raccontano che il favorito emergente è un comico – guarda la coincidenza: ormai i populisti li scelgono tra i comici – ma almeno è più giovane e meno sgradevole di Beppe Grillo. Invece la notizia è questa:
“Il procuratore generale rivela che l’ambasciatore USA gli ha consegnato una lista di persone da non perseguire.
“ Yuriy Lutsenko, il procuratore generale dell’Ucraina, ha raccontato a John Solomon di Hill.TV, in un’intervista che è andata in onda mercoledì, che l’ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina Marie Yovanovitch, al loro primo incontro, gli ha dato una lista di persone da non inquisire..
“La mia risposta è stata: è inammissibile. Nessuno in questo paese, né il nostro presidente né il nostro parlamento né il nostro ambasciatore, mi impedirà di perseguire se c’è un delitto “, ha continuato.
“A quel tempo avevamo un’inchiesta per un caso di appropriazione indebita dell’assistenza tecnica del governo degli Stati Uniti del valore di 4 milioni di dollari USA, e in questo senso, abbiamo avuto questo dialogo”, ha
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/kiev-lambasciata-usa-comanda-e-dirige/
Santoro: “Cercasi killer per uccidere lo squallido e ignorante Salvini: offro soldi”.
Maurizio Blondet 30 Marzo 2019 59 commenti
Nell’editoriale “Cercasi Killer”, Santoro scrive: “Ancora una volta Matteo Salvini aggredisce con espressioni ingiuriose, assolutamente in contrasto col ruolo che ricopre, per aizzare le legioni dei suoi fans – tra i quali sul web si contano non pochi squadristi – che non esiteranno a pronunciare minacce serie all’incolumità di uno dei più famosi e apprezzati autori di satira”.
“Al fine di liberarci da un ministro dell’Interno squallidamente ignorante”,
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/santoro-cercasi-killer-per-uccidere-lo-squallido-e-ignorante-salvini-offro-soldi/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Magaldi: Michael Jackson massone, ucciso per una canzone
Scritto il 31/3/19
«Se ci fossero ancora Roosevelt e Martin Luther King, queste cose non succederebbero». Chi l’ha detto? Michael Jackson, nientemeno. Anzi: lo ha cantato, nel brano “They don’t care about us” (non gliene frega niente, di noi). «Era il 1995, e probabilmente quei versi gli sono costati la vita», avverte Gioele Magaldi, esponente italiano del network massonico progressista internazionale nonché presidente del Movimento Roosevelt. “Testa scuoiata, testa morta: cibo per cani, tutti”. Noi e loro, l’élite. Osò ribellarsi, l’ex divo di plastica, intonando un martellante inno alla rivolta – memorabile il videoclip girato in una favela brasiliana, tra gli ultimi della terra, sotto l’occhiuta sorveglianza della polizia, presentata come il braccio armato degli oligarchi. Tema, l’ingiustizia sociale planetaria. Ovvia la citazione del reverendo King. Assai meno scontata – in bocca a “Jacko” – la seconda citazione: quella di Franklin Delano Roosevelt, il presidente del New Deal. Svelare l’arcano è meno difficile del previsto, se si tiene conto che l’autore di “Thriller” e “Billie Jean” faceva parte – addirittura dal 1975, pare – della massoneria di Prince Hall, la comunione iniziatica dei grandi artisti afroamericani, da James Brown a Ray Charles, incluso l’immenso Louis Armstrong.
Sul tema è intervenuto anche Gianfranco Carperoro, “rooseveltiano” quanto Magaldi, per spiegare un paio di cose. La prima: Prince Hall fu la risposta massonica dei neri, esclusi dalla massoneria bianca americana. «E cosa potevano fare per esprimersi, i neri, nell’America segregazionista?
Cantare, naturalmente: far parlare la loro musica». Seconda notizia: Jackson fu assassinato perché il potereaveva capito che l’ex Peter Pan del pop mondiale poteva diventare pericoloso, se avesse convertito i suoi milioni di fan alla causa sociale contro questa globalizzazione a senso unico, dei ricchi contro i poveri. Michael Jackson massone? Ebbene sì, rivelano Magaldi e Carpeoro: fu avvicinato dal grande produttore Quincy Jones. Motore culturale della black music, la leggendaria Motown Records di Detroit: la vera fonte della Prince Hall Freemansonry. «Difenderemo la sua memoria», avverte Magaldi, «di fronte a una denigrazione spregevole come quella del documentario “Leaving Neverland”, che Robert Redford ha purtroppo presentato al Sundance Festival». Il regista, Dan Reed, si concentra solo sui presunti abusi sessuali che Michael Jackson avrebbe perpetrato nei confronti di due bambini di 7 e 10 anni, oggi trentenni: Wade Robson e James Safechuck. Conferma Gabriele Antonucci, su “Panorama”: «Lascia davvero perplessi la scelta di intervistare solo i due protagonisti e i loro stretti familiari, con primi piani, lacrime di prammatica e musichette d’atmosfera».
Il film, scrive Antonucci, «non offre quella pluralità di voci e quell’approfondimento che sono elementi indispensabili a ogni documentario degno di questo nome». Inoltre, aggiunge “Panorama”, «a fronte di accuse gravissime, appare davvero incredibile che il regista non si sia premurato di ascoltare o di riportare la versione dei fatti di uno dei rappresentanti legali o della fondazione che cura gli interessi di Jackson: il diritto alla difesa, in caso di accuse penalmente rilevanti, è costituzionalmente garantito in ogni Stato occidentale, in Usacome in Italia». Dal lungometraggio, di una durata parossistica (4 ore), «non sono emerse prove concrete che diano credibilità alle testimonianze», aggiunge Antonucci. C’è solo «uno sfilacciato taglia e cuci di immagini e dichiarazioni, il cui unico obiettivo è screditare Michael Jackson». Il regista Marcos Cabotà, presente alla “prima”, stronca il lavoro di Reed con queste parole: «Non riesco a credere a una sola parola delle due “vittime”. Cattiva recitazione. A volte, vergognosa. La regia e i testi sono addirittura peggio». Jackson uscì indenne dai processi per pedofilia: innocente, per la giustizia Usa. Ma i giornali ridussero l’happy end a poche righe: niente a che vedere con l’inferno di titoli a tutta pagina, “sparati” per dare risalto alle infamanti accuse.
La prima piovve addosso all’eccentrico artista nel 1993, quando Evan Chandler, un ex dentista di Los Angeles (radiato dall’albo), raccontò che Jackson avrebbe abusato di suo figlio Jordan. Lo scandalo costò carissimo al cantante, impegnato in un tour planetario: anziché denunciarlo per tentata estorsione, “Jacko” sborsò a Chandler una cifra imprecisata, ma il suo sponsor – la Pepsi – rescisse il contratto. Poi l’accusa crollò: Evans, al telefono con l’avvocato, spiegò che voleva semplicemete vendicarsi: la sua ex moglie e Michael Jackson, che erano molto amici, si erano rifiutati di prestargli dei soldi. Non era finita: il piccolo Jordan denunciò suo padre per tentato omicidio. E nel 2009, cinque mesi dopo la morte di Jackson, Evan Chandler si uccise sparandosi alla testa, in una camera d’albergo. Ma i guai per il re del pop riesplosero nel 2003, quando Jackson fu addirittura arrestato per molestie ai danni del giovanissimo Gavin Anzo, malato di cancro e assistito dalla popstar. Nel 2005, però, Jackson fu assolto con formula piena (mai commesso reati), mentre la madre di Gavin fu condannata per frode fiscale. Ma intanto la demolizione pubblica era stata devastante: Michael Jackson era ridotto a un fantasma. E proprio mentre si stava finalmente riprendendo, con in programma il grande rientro sulle scene, a Londra, fu improvvisamente tolto di mezzo.
Lo stesso Carpeoro mette in relazione il caso Jackson con l’ex produttore dei Beatles, il geniale Phil Spector. Fu lui, dice, a presentare a Michael Jackson il dottor Conrad Murray, cioè il medico poi condannato per avergli somministrato la dose letale di Propofol, il 25 giugno 2009, a tre settimane dai concerti di Londra. Murray era in contatto con Spector, assicura Carpeoro, e lo stesso Spector aveva inutilmente chiesto a “Jacko” che gli cedesse i dirittidei Beatles, che Michael aveva acquisito. Dopo una lunga lite proprio su quei dirittiera stato ucciso John Lennon: l’assassino, Mark David Chapman, dichiarò di aver agito obbedendo “al demonio”. Satanismo? Sempre Carpeoro collega Spector anche alla morte di Sharon Tate, moglie di Roman Polanski, uccisa alla vigilia della presentazione del film “Rosemary’s baby”. E’ la storia – terribile – di un bambino “consacrato a Satana”. «Il film – rivela Carpeoro – era la trasposizione dell’infanzia dello stesso Spector, figlio di genitori satanisti. Spector l’aveva confidata a Polanski, che però non avrebbe mai dovuto farne un film». Per l’omicidio di Sharon Tate finì all’ergastolo Charles Manson, anche lui in contatto con Spector: il produttore gli aveva promesso di farne una rockstar. Prima di morire, Manson chiese di incontrare Spector. Ma il produttore (a sua volta in carcere, per l’omicidio della sua compagna) si rifiutò di riceverlo.
Michael Jackson era davvero diventato così ingombrante? Qualcuno decise di causarne addirittura la morte, dopo aver tentato di distruggerlo sul piano dell’immagine con accuse devastanti, poi rivelatesi infondate? Ne è convinto Gioele Magaldi, che avvisa: alla fine la verità verrà a galla, sul complotto di cui è rimasto vittima il “fratello” Michael Jackson. Movente: la paura che “Jacko” mettesse in piazza gli abusi dell’élite globalista. Una macchinazione di cui il documentario “Leaving Neverland” sembra l’ennesimo capitolo, postumo, per provare – ancora una volta – a spegnere la memoria dell’artista che 24 anni fa gettò il suo guanto di sfida al potere neoliberista, con quelle parole indimenticabili. “They don’t care about us”: viviamo in un mondo dominato da oligarchi; gente a cui non importa niente, di tutti noi. “E questo non succederebbe, se fossero vivi Roosevelt e Martin Luther King”. Magaldi l’ha precisato nel suo saggio “Massoni”: l’apostolo nero della lotta antisegregazionista, assassinato due mesi prima di Bob Kennedy, era un massone progressista esattamente come Roosevelt, di estrazione rosacrociana come il “Papa buono”, Giovanni XXIII. Ed è proprio allo spirito dei Rosa+Croce che Magaldi si ispira, anche in nome del “fratello” Michael, nel ribadire che il nostro mondo ha bisogno di una rivoluzione dell’uguaglianza fondata sui diritti, come quella invocata nel ‘600 negli storici appelli rosacrociani, da cui poi nacque il socialismo europeo. Prima o poi, verrano fuori anche i nomi di chi ha deciso che Michael Jackson dovesse morire, dopo aver citato Roosevelt e King?
«Se ci fossero ancora Roosevelt e Martin Luther King, queste cose non succederebbero». Chi l’ha detto? Michael Jackson, nientemeno. Anzi: lo ha cantato, nel brano “They don’t care about us” (non gliene frega niente, di noi). «Era il 1995, e probabilmente quei versi gli sono costati la vita», avverte Gioele Magaldi, esponente italiano del network massonico progressista internazionale nonché presidente del Movimento Roosevelt. “Testa scuoiata, testa morta: cibo per cani, tutti”. Noi e loro, l’élite. Osò ribellarsi, l’ex divo di plastica, intonando un martellante inno alla rivolta – memorabile il videoclip girato in una favela brasiliana, tra gli ultimi della terra, sotto l’occhiuta sorveglianza della polizia, presentata come il braccio armato degli oligarchi. Tema, l’ingiustizia sociale planetaria. Ovvia la citazione del reverendo King. Assai meno scontata – in bocca a “Jacko” – la seconda citazione: quella di Franklin Delano Roosevelt, il presidente del New Deal. Svelare l’arcano è meno difficile del previsto, se si tiene conto che l’autore di “Thriller” e “Billie Jean” faceva parte – addirittura dal 1975, pare – della massoneria di Prince Hall, la comunione iniziatica dei grandi artisti afroamericani,
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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Ricatto: vogliono vaccinarci tutti. E’ una guerra, fermiamoli
Scritto il 29/3/19
Ho due cose da dirvi: la prima riguarda lo scenario. Ed è che la lotta contro l’obbligo vaccinale non è solo la lotta contro l’obbligo vaccinale. Ormai lo abbiamo messo tutti a fuoco: qui si parla della sovranità sul proprio corpo. Qualcuno vuole cancellarla di fatto, prima ancora che di legge. Io non ci sto. Il 28 dicembre il Consiglio Europeo ha approvato tra le raccomandazioni vaccinali quella di istituire un “passaporto vaccinale”. E questo aggredisce il diritto alla libertà di spostamento. Il piano nazionale vaccini presentato dalla ministra Grillo prevede l’esonero dai concorsi pubblici per chi non sia in regola con le vaccinazioni. E questo aggredisce il diritto al lavoro. Il Ddl 770 prevede l’allargamento delle esclusioni scolastiche ad ogni ordine e grado. E questo aggredisce il diritto all’istruzione. E ovviamente, l’obbligo vaccinale di per sé aggredisce l’inviolabilità del corpo. Se non assumiamo i farmaci che decidono loro, ci vogliono impedire di lasciare uno Stato, limitare le possibilità di lavorare, impedire di studiare e conseguire titoli di studio e fondamentalmente vogliono poter fare del nostro corpo quello che gli pare e piace anche contro la nostra stessa volontà.
Questo rende chiaro che i vaccini, la salute pubblica, la scienza, in questa vicenda alla fine non c’entrano un cazzo. Sono un alibi, uno strumento con cui produrre un cambiamento percettivo di massa. Produrre a tavolino una popolazione che accetta, anzi festeggia, la demolizione controllata dei propri diritti, la cancellazione della propria sovranità. Sul proprio corpo, sulla propria famiglia, sul proprio Stato. Non so voi, io non ci sto. Io nel mio corpo ci vivo e nessuno, per nessun motivo, potrà mai decidere di farci cose senza il mio consapevole, libero e indipendente consenso. Quindi non mi basta che questo obbligo venga cancellato. Ogni trattamento sanitario obbligatorio deve essere dichiarato illegale. Le leggi devono venire cambiate. Il principio della sovranità deve venire ristabilito e garantito in modo chiaro e inequivocabile: sovranità dell’individuo sul proprio corpo e sulla propria mente, di cui è unico proprietario e responsabile; sovranità della famiglia, comunque essa venga intesa, sovranità prioritaria rispetto allo Stato nelle decisioni sui propri figli minorenni; sovranità dello Stato nelle proprie decisioni economiche, sociali, culturali, che devono rispecchiare la volontà del popolo, non quelle di arroganti élite sovranazionali che si credono una razza superiore.
Questo deve essere l’obiettivo, chiaro e inequivocabile. Ogni altro obiettivo di minore ampiezza sarebbe comunque una finta vittoria: una concessione temporanea da parte di chi detiene il vero potere dentro cui viviamo oggi prigionieri,
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Gates Foundation
Lisa Stanton 28 03 2019
La Gates Foundation insieme alla GAVI Alleance (cioè Bill e sua moglie) hanno dato mandato all’OMS di vaccinare ogni persona sulla faccia della terra. Dapprima avevano provato con il DNA di topi e scimmie a modificare quello dei neonati, ma non ha funzionato del tutto. Molti casi di malattie autoimmuni, autismo, insomma patologie croniche anche gravi che, però, non risolvevano il problema della sovrappopolazione.
Contemporaneamente, negli ultimi 20 anni hanno fatto passi da gigante nella manipolazione genetica (che chiamano eufemisticamente “gene-editing”) e dell’iceberg che hanno costruito si comincia a vedere galleggiare qualcosa di color marrone.
Uno studioso cinese, ad esempio, si è spinto così avanti nella creazione di umanoidi che è stato condannato e licenziato dall’Università. Gli esperimenti negli USA, UK e Francia, invece, proseguono coperti dal segreto di Stato ma gli scienziati che li portano avanti si dichiarano scandalizzati e ne chiedono la sospensione.
L’OMS teme la sovrappopolazione e i Gates hanno donato 375 mln di $ per finanziare l’aborto al nono/decimo mese
Continua qui: https://www.facebook.com/100000248554468/posts/2350493588302237/
BELPAESE DA SALVARE
Ma siamo meno provinciali e cialtroni di chi fustiga l’Italietta
Scritto il 29/3/19 • nella Categoria: ideeCondividi
Possiamo pensare qualunque cosa sul Memorandum d’Intesa tra Italia e Cina (e gli accordi derivati) firmato qualche giorno fa a Roma. Che siano sbagliati, che siano giusti, che siano utili all’Italia o dannosi, che siano il cavallo di Troia della Cina per impossessarsi dell’Europa o che siano una opportunità storica per l’Europa stessa. E’ legittimo tutto. Tranne una cosa. Sostenere, in qualunque modo, anche solo per ischerzo, che un piccolo mediocre malamente alfabetizzato come Macron possa dire qualcosa di sensato. Alla stessa maniera di come è impossibile pensare che abbia detto qualcosa di sensato, in qualunque ambito, il suo predecessore Hollande, un altro mediocrissimo piccolo burocrate di partito che verrà ricordato solo per avere distrutto il Partito socialista francese. O, ancora peggio, pensare che abbia detto qualcosa di vagamente intelligente un filibustiere di pessimo conio dal nome Sarkozy, quello che ha voluto bombardare Gheddafi non prima di averci fatto affari miliardari. E’ un vezzo di chiunque solchi le porte dell’Eliseo immaginarsi Napoleone e immaginare la Francia ancora un Impero e non invece il piccolo paese provinciale quale è, come e peggio dell’Italia per certi (e non pochi) versi.
La recente reprimenda sugli accordi italiani con la Cina di Macron all’Italia è l’ultimo esempio di una serie di cialtronate che questi presidenti, che sconoscono la parola “vergogna”, hanno prodotto negli ultimi quindici anni. Manco il tempo di dire all’Italia che gli accordi con la Cina non si fanno perché la Cina è pericolosa e che non rispetta i diritti umani che Macron, questo manichino semovente dall’aria sempre inutilmente pensosa, firma contratti miliardari con questa. Questo finto, fasullo fino al midollo, “europeista” è convinto di essere un grande statista e il salvatore della causa europea. E’ convinto che l’asse franco-tedesco sia l’argine ai “populismi”. E’ convinto di essere il più intelligente e in gamba di tutti e che, grazie a lui, la “casa europea” si salverà. Ignaro, per manifesta limitatezza intellettuale, che la fine prossima ventura di questa Europa è dovuta
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MUOS Niscemi 4 – L’onorevole Trizzino
Quando a Niscemi l’inquinamento elettromagnetico riscriverà il modo in cui si vive e si muore in paese, allora arriveranno anche i disegni dei bambini.
Redazione 24 marzo 2019megachip.globalist.it di Giovanni Rodini.
Col tempo arriveranno anche i disegni dei bambini. Saranno di quelli dove da qualche parte nel foglio comparirà una macchia oscura destinata a espandersi per imbrattare ogni cosa. Forse all’inizio la loro angoscia avrà la forma di una nuvola nera spiaccicata all’orizzonte. Poi, col tempo, la nube si farà più minacciosa e volteggerà fino a portarsi al centro della scena, come un’ombra venuta lì a oscurare la vita. Quell’ombra si farà spazio nel loro disegni quando la malattia farà capolinea nelle loro vite reali. Non lo possiamo dire con certezza, ma le probabilità ci sono e sono concrete. Quando a Niscemi l’inquinamento elettromagnetico riscriverà il modo in cui si vive e si muore in paese, allora arriveranno anche i disegni dei bambini.
Intanto, a livello regionale, tra quei banchi in cui i disegni di cui tanto si discute sono i disegni legge, qualcuno ha deciso di dedicare il suo tempo a fare in modo che i bambini di Niscemi possano continuare a decorare i loro fogli con i colori dell’infanzia, tra soli, alberi e orizzonti senza lutti annunciati.
Lui è l’On. Giampiero Trizzino, un palermitano con la passione per l’ambiente, eletto all’Assemblea regionale siciliana con il Movimento 5 Stelle. Si è laureato in giurisprudenza discutendo una tesi sulla tutela del paesaggio e ha completato due master universitari di secondo livello su temi connessi alla tutela dell’ambiente. Ha poi continuato i suoi studi all’Università di Milano, conseguendo il titolo di Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia, discutendo un progetto sulla gestione integrata dei rifiuti. Si definisce “un avvocato, un consulente ambientale e un attivista”. E di attività ne ha fatta davvero molta a favore della battaglia contro il MUOS, sia da semplice militante che da Deputato dell’ARS.
Lo sento al telefono, dopo che il procedimento per revocazione è stato respinto dalla recente pronuncia della CGA siciliana dello scorso gennaio 2019.
La posizione dell’On. Trizzino è perfettamente in linea con quelle espresse sia dal Sindaco di Niscemi, l’avv. Massimiliano Conti, sia da tutto il mondo delle associazioni nazionali e locali che in questi anni hanno combattuto il MUOS: “Ora che il procedimento amministrativo si è chiuso, occorre verificare se vi siano eventuali sforamenti dei valori di legge nella misurazione delle emissioni,” sostiene il deputato pentastellato. “E’ un passaggio obbligato, perché può rappresentare l’elemento di novità che ci permetterebbe di riavviare il procedimento”.
Tali verifiche, in realtà, erano già state effettuate nel 2016, ma da più parti si è obiettato che
Continua qui: https://megachip.globalist.it/legalita/2019/03/24/muos-niscemi-4-l-onorevole-trizzino-2039154.html
CONFLITTI GEOPOLITICI
Alture del Golan, Kosovo e Crimea: tre casi da manuale di ipocrisia e doppi standard
30 Marzo 2019 JAMES O’NEILL
Il recente annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che gli USA riconosceranno la sovranità di Israele sulle Alture del Golan richiama ancora una volta l’attenzione sui doppi standard applicati dalla NATO e dai suoi satrapi, tra cui l’Australia, ai problemi dell’integrità territoriale, al diritto all’autodeterminazione, e alla legislazione internazionale. Questi tre casi sono esplicativi della duplicità e dei doppi standard delle nazioni occidentali. Possono essere rivisti in ordine cronologico.
Le Alture del Golan fanno parte del territorio sovrano dello stato siriano. Nel giugno del 1967, insieme alla Cisgiordania palestinese (all’epoca facente parte della Giordania) e alla striscia di Gaza, erano state occupate da Israele alla conclusione della Guerra dei Sei Giorni tra Israele, Egitto, Siria e Giordania. Da allora, Israele continua l’occupazione della Cisgiordania e delle Alture del Golan. Mantiene inoltre un blocco su Gaza, che causa enormi sofferenze ai suoi abitanti.
Esiste una legge internazionale consolidata (Quarta Convenzione di Ginevra del 1949), secondo cui gli stati non possano continuare ad occupare territori invasi durante conflitti armati. Il 22 novembre 1967, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione 242, aveva chiesto all’unanimità ad Israele di ritirare le sue forze militari dai territori occupati. Questa richiesta era stata ignorata da Israele, che, dal 1968, ha violato 32 risoluzioni delle Nazioni Unite, di gran lunga il maggior criminale internazionale (la Turchia è seconda, con 24 violazioni nello stesso periodo).
Nel 1981, Israele aveva approvato la Legge sulle Alture del Golan, con cui dichiarava di annettere le Alture del Golan siriano. La risoluzione 497 del 17 dicembre 1981 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva definito la presunta annessione “nulla e non avvenuta e senza effetto legale.”
Che Israele continui ad ignorare gli obblighi previsti dal diritto internazionale
Continua qui: https://comedonchisciotte.org/alture-del-golan-kosovo-e-crimea-tre-casi-da-manuale-di-ipocrisia-e-doppi-standard/
CULTURA
Caffè. Conversazioni e solitudini
Maurizio Sentieri – 1 aprile 2019
In quello straordinario piccolo libro che è Una certa idea di Europa di George Steiner, i caffè insieme alle vie con nomi propri, alle strade e ai territori percorribili a piedi (all’essere la sua civiltà “figlia” di Atene e Gerusalemme), sono un’idea di Europa aldilà di ogni confine, lingua, religione. Ne sono un tratto essenziale, elemento del panorama e del vivere comune in cui riconoscersi.
I caffè del resto sono differenti dai pub inglesi dove la birra, il cibo, gli orari, le luci e altro segnano una diversa convivialità e ancora i caffè appaiono profondamente estranei ai bar americani dove solitudini e super alcolici possono essere presenze abituali.
Non che nei bar-caffè italiani o europei non si bevano alcolici, ma almeno a partire dal Settecento, quando il caffè e il resto delle bevande nervine entrano nell’uso comune, almeno in molte città, una convivialità non alcolica diventa possibile, diventa disponibile un’alternativa al vino, alla birra, al sidro, all’idromele, ai liquori… insomma una alternativa all’alcol secondo lo stato sociale, il gusto, la geografia e le consuetudini.
È stata di fatto una rivoluzione silenziosa: la convivialità alcolica, disinibente ma anche sedativa secondo uso e dosi, è affiancata e sostituita da quella caffeinica, sostanzialmente stimolante ed eccitante. È cambiata la sostanza psicotropa e bere qualcosa in un caffè, progressivamente diventerà sinonimo di incontro, conversazione, discussione; una convivialità da cui è bandita l’ebbrezza e l’aggressività se non quella legata alle idee che la caffeina peraltro favorisce. Se i caffè sono nati nella Parigi della seconda metà del Seicento e poi in quella illuminista, l’attuale colazione e il caffè all’italiana la dicono lunga su un modo di intrattenerci e intrattenere il tempo che abbiamo regalato all’Europa.
Sì ha ragione Steiner, i caffè sono in Italia e in Europa un banale e straordinario luogo d’incontro, la continuazione della piazza del paese, un teatro quotidiano, un’abituale vetrina di umanità…
Una presenza e una funzione che, seppur per contrasto, ancor più si evidenzia in molte zone interne del nostro paese, sugli Appennini in particolare. Più che la presenza di una chiesa chiusa per sei giorni alla settimana, è l’assenza di un bar, di un caffè a negare l’esistenza di una comunità minima chiamata paese; senza un bar, un circolo, un caffè non può esserci paese. Quello il limite reale e sociale che definisce una comunità in grado di testimoniare una sua, per quanto fragile, vivacità quotidiana. Sono quei bar minimi che per grande parte del loro tempo
Continua qui: https://www.doppiozero.com/materiali/caffe-conversazioni-e-solitudini
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Aereo scomparso
Contro i poteri forti
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L’8 marzo 2014 spariva dai radar il volo MH370. Quattro anni dopo, il mistero dell’aereo malese scomparso continua. Le Autorità hanno abbandonato le ricerche, tra le proteste dei parenti dei passeggeri. E l’ultima speranza di ritrovare l’aereo è legata a un’iniziativa privata. Intanto, vi raccontiamo quattro anni di certezze, ipotesi e complotti sul volo MH370.
LE COSE CHE SAPPIAMO: LE ULTIME NOTIZIE DEL VOLO
MH370 History
Le certezze sono poche. Iniziamo dai dati di volo: ecco che cosa è sicuramente successo sul volo Malaysia Airlines 370 l’8 marzo 2014.
Ore 00:41 (ora di Kuala Lumpur)
Il volo MH370, un Boeing 777, decolla da Kuala Lumpur. L’atterraggio è previsto per le 6:30 a Pechino.
Ore 01:01
L’aereo raggiunge la quota di crociera, poco sopra i 10.000 metri. La velocità al suolo è di 870 chilometri orari.
Ore 01:19
Tramite il sistema Acars, viene inviato il messaggio “Tutto bene, buona notte”
Ore 01:21
Il volo MH370 arriva al punto in cui il controllo del traffico aereo passa dalla responsabilità malese a quella vietnamita. Il transponder smette di inviare segnali (probabilmente a causa di un intervento umano). L’aereo fa un’inversione a U
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Servilismo dei giornalisti
Francesco Erspamer 28 03 2019
È vero, l’ho fatto anch’io: denunciare l’oscena faziosità e la sistematica disinformazione dei giornali italiani e il loro servilismo nei confronti dei poteri forti (le multinazionali, la banca europea, gli americani). Ma quanto si può andare avanti così? Evidentemente queste denunce non servono. Certo non fanno cambiare abitudini ai giornalisti, che sanno bene da dove arrivino i loro soldi e non hanno alcuna intenzione di rinunciarci; e tanto meno ai ricchi e alle loro corporation, che posseggono i network o li controllano con il ricatto della pubblicità (che ormai serve meno a promuovere i prodotti che a compensare i servitori fedeli). Ma neppure alla gente importa: tanti hanno semplicemente smesso di comprare il giornale e il tg lo seguono distrattamente, però non si scandalizzano per le loro menzogne e tutto sommato un po’ si fanno influenzare.
È ora di smetterla di lagnarsi e di cominciare a fare qualcosa in positivo.
Accettando come un fatto che la classe intellettuale italiana sia interamente corrotta o inetta, disperatamente aggrappata ai suoi privilegi, spesso miserabili, e che per cambiarla serviranno decenni.
Ecco qualche suggerimento:
1) Ignorare totalmente La Repubblica e gli altri giornali liberisti; scrivano quello che vogliono e se lo leggano fra loro.
2) Far passare al più presto una legge che impedisca le concentrazioni
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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
Papa Francesco benedice il patto Onu: “Global compact sia riferimento”
Bergoglio all’Angelus appoggia il Global Compact: “Sia di riferimento per la comunità internazionale affinché possa operare con responsabilità”
Bartolo Dall’Orto – Dom, 16/12/2018
Il global compact è stato adottato.
Hanno esultato l’Onu, Angela Merkel e gli altri Stati firmatari nonostante le assenze (pesanti) di Stati Uniti, Italia, Austria, Ungheria e un’altra decina di Paesi contrari all’accordo sulle migrazioni. Ma oggi sul patto criticato da molti è scesa anche la benedizione di Papa Francesco, che all’Angelus in San Pietro ha dedicato alcuni passaggi del suo discorso ai fedeli assiepati sotto la finestra vaticana.
“La settimana scorsa – ha detto il Santo Padre – è stato approvato a Marrakech, in Marocco, il Patto Mondiale per una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare, che intende essere un quadro di riferimento per la comunità internazionale. Auspico pertanto che essa, grazie anche a questo strumento, possa operare con responsabilità, solidarietà e compassione nei confronti di chi, per motivi diversi, ha lasciato il proprio Paese, e affido questa intenzione alle vostre preghiere”.
Un messaggio chiaro, che si aggiunge a quello dei giorni scorsi ai nuovi ambasciatori della Santa Sede. “È essenziale – aveva detto Bergoglio – che il rispetto per la dignità umana e per i diritti umani ispiri e diriga ogni sforzo nell’affrontare le gravi situazioni di guerra e conflitti armati, di opprimente povertà, discriminazione e disuguaglianza che affliggono il nostro mondo e che negli ultimi
Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/papa-francesco-benedice-patto-onu-global-compact-sia-1617247.html
ECONOMIA
Una moneta fiscale parallela per crescere senza fare debito
di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi su Il Sole 24 Ore, 30/03/2019
Cosa si puoò fare per evitare che la recessione, la terza in dieci anni, aggravi i problemi dell’Italia, che di fatto ha un’economia che è in depressione dal 2008? In Germania, a Düsseldorf il 23 novembre scorso, alcuni economisti tedeschi – tra cui l’ex chief economist di Deutsche Bank, Thomas Mayer – hanno discusso di una Parallelwährung für Italien, una moneta parallela per l’Italia, per evitare che il Paese affondi il sistema dell’euro.
Gli economisti riuniti a Düsseldorf hanno notato innanzitutto come lo Stato italiano, da 25 anni, spende meno di quello che incassa, non si indebita per pagare pensioni o stipendi, ma per pagare interessi su interessi, è costantemente in “avanzo primario”, cioè tassa più di quanto spenda. Oltre a essere l’unico Paese al mondo ad aver perso il 20% di produzione negli ultimi venti anni è anche l’unico a essere in austerità da 25 anni.
Anche gli economisti tedeschi discutono di quella che chiamiamo “moneta fiscale”, cioè una moneta a fianco dell’euro, che non lo sostituisce e che lo Stato emette e poi accetta per pagare le tasse. Nel “contratto” di governo di Lega e M5S c’è una proposta che va in questo senso per l’emissione di circa 60 miliardi di “minibot” con cui saldare i debiti arretrati dello Stato verso le imprese.
La proposta dei “minibot” è una fattispecie della moneta fiscale. Un esempio pratico per capire il concetto è quello dei crediti per le ristrutturazioni edilizie, in cui lo Stato consente di scalare dalle tasse negli anni a venire metà delle spese sostenute. Se questi crediti fossero trasferibili ad altri e venissero estesi a tutte le famiglie e imprese indipendentemente dalle spese edilizie, diverrebbero qualcosa che ha un valore simile a quello degli euro. L’idea è che lo Stato possa emettere sconti fiscali futuri: in questo modo garantisce al cittadino che li riceve qualcosa che ha un valore, dato che con 1.000 euro di sconto fiscale l’anno prossimo eviterà di pagare 1.000 euro. Le imprese e famiglie che abbiano bisogno immediatamente di soldi potrebbero però cederli subito, con uno sconto del 5% o 10% ad esempio, a chi invece fosse disposto ad aspettare a utilizzarli e in questo modo
Continua qui: https://paolobecchi.wordpress.com/2019/03/31/una-moneta-fiscale-parallela-per-crescere-senza-fare-debito/
Se la Cina ci ripensa: Via Polare della Seta, e addio Italia
Scritto il 01/4/19
E se la Cina ci ripensa, dopo aver costretto l’Italia a convivere con i maxi-investimenti per i porti di Genova e Trieste? Paolo Barnard teme che l’accordo commerciale con Pechino possa rivelarsi un fardello insostenibile, per il nostro paese: lavoro “schiavistico” e inquinamento pesantissimo. Ma forse la prospettiva peggiore è un’altra: fra dieci anni, perdurando il “climate change”, la Cina potrebbe trascurare il Mediterraneo scegliere l’Artico, come direttrice mercantile, accorciando molto il tragitto verso Rotterdam. E questo senza contare la via ferroviaria eurasiatica, in pieno sviluppo. Tradotto: sicuri che scelta portuale italiana sia davvero strategica, capace di dare lavoro per più di un decennio? Giornalista e studioso di economia, Barnard rispolvera innanzitutto Keynes e poi la teoria monetaria moderna: la carta vincente non è mai il mercantilismo, il cui campione europeo è la Germania, ma il mercato interno. La chiave: produzione e consumi a chilometri zero, o quasi, valgono assai più dell’export. L’Italia è alle corde, come molti altri paesi dell’Eurozona, proprio perché non riesce più a emettere moneta sufficiente (deficit positivo) per supportare le aziende e i consumi interni. Legarsi mani e piedi a una potenza come quella asiatica, però, secondo Barnard potrebbe non essere una soluzione: specie se si considera che lo stile cinese non è esattamente ecologico, né amico dei diritti del lavoro.
In un’analisi pubblicata sul suo blog, Barnard fa notare che il gigante logistico cinese Cccc (China Communications Construction Co.) esporrebbe gli scali italiani a pericoli considerevoli.
Il primo: «Trieste e Genova possono trasformarsi in cloache d’inquinanti cinesi, avvelenando i cittadini e costringendo le amministrazioni a costi per danni di centinaia di milioni».
Il secondo: «Gli investitori cinesi sono spietati: un solo sciopero di lavoratori portuali italiani, una sola vertenza ambientale italiana, e ci possono far causa per milioni o anche miliardi». Motivo: nel 1985, l’Italia ha firmato un trattato bilaterale con la Cina, ancora valido, dove il nostro paese s’impegna a rispettare la micidiale “Risoluzione delle dispute tra investitore e Stato” (Isds), dove «qualsiasi investitore cinese può far causa all’Italia se ritiene che le sue leggi gli danneggino il business, e i termini dei processi sono scandalosamente sbilanciati verso le mega-aziende».
Poi c’è l’insidia degli eventuali lavoratori a contratto: non per forza italiani, magari cinesi. E nel caso, pesantemente sfruttati. Ma se i rischi connessi al lavoro riguardano le sole maestranze, l’inquinamento investirebbe le intere aree urbane.
I quattro porti più inquinanti al mondo, avverte Barnard, sono ad alta intensità di navi cargo cinesi.
Continua qui: http://www.libreidee.org/2019/04/se-la-cina-ci-ripensa-via-polare-della-seta-e-addio-italia/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Sanpaolo, BPM e Unicredit: conti correnti azzerati con la truffa dei diamanti
Utenti e banche in difficoltà causa di una truffa dei diamanti che ha letteralmente svuotato tutti i conti correnti degli investitori Sanpaolo e Unicredit.
Da Domenico Pitasi – 31 marzo 2019
Sanpaolo e Unicredit affrontano grosse difficoltà a causa di una truffa dei diamanti che ha messo in ginocchio i correntisti. Nessuno poteva pensare che le società IDB (Intermarket Diamond Business) e DPI (Diamond Private Investment) potessero prendersi gioco degli investitori. Ma i resoconti preliminari sulle indagini condotte dalla Guardia di Finanza parlano chiaro. Si è trattato di una frode che ha azzerato i conti correnti dei clienti per un malaffare da 700 milioni di euro.
Truffa dei diamanti: conti correnti fuori uso per clienti Sanpaolo e Unicredit
A Sanpaolo, Unicredit ma anche a Banco Bpm, Banca Aletti e Monte dei Paschi viene imputata la responsabilità amministrativa del fatto. L’azione criminale delle due intermediarie ha gravato sulle finanze e sugli investimenti degli appartenenti ai gruppi. Hanno perso inesorabilmente tutto e sono ancora in attesa di un risarcimento e di una spiegazione. La truffa ha giocato il suo ruolo nella supervalutazione dei preziosi. Il prezzo delle gemme è stato gonfiato di proposito fino a raddoppiarne il suo valore.
A cadere nella trappola dei malviventi sono stati anche personaggi famosi
Continua qui: https://www.tecnoandroid.it/2019/03/31/sanpaolo-bmp-e-unicredit-500425
Mattarella difende Bankitalia. I dubbi sulla commissione d’inchiesta sulle banche
di Federico Fubini – 28 mar 2019
Commissione banche. Mattarella teme uno scandalo. Protegge Draghi.
Due domande:
1) chissà perché ci tiene così tanto a proteggere Draghi?
2) chissà perché Draghi ha tanto bisogno di essere difeso?
A PARTE CHE:
Fubini: <Il tema che Visco ha indicato a Mattarella … : secondo la legge italiana e l’ordinamento europeo … È ai suoi organi che spetta di indicare le proprie figure di
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/articolo-di-fondo-in-2-domande/
Stato, Banca d’Italia e signoraggio
Fabio Conditi 30 Marzo 2019
Banca d’Italia percepisce il signoraggio sulla moneta euro, che dal suo bilancio 2018 corrisponde a circa 6,2 miliardi di euro, ma ne gira allo Stato circa il 90%, pari a circa 5,7 miliardi di euro.
Il signoraggio è l’insieme dei redditi derivanti dall’emissione di moneta, e spetta al titolare della sovranità monetaria, che nel caso della moneta euro è lo Stato.
Questo lo stralcio ricavato da pagina 73 del bilancio di Banca d’Italia del 2019 appena pubblicato http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bilancio-esercizio/2019-bilancio-esercizio/bil-eserc-2019.pdf
Pausa e respira lentamente e profondamente.
Banca d’Italia percepisce il signoraggio sulla moneta euro, che dal suo bilancio 2018 corrisponde a circa 6,2 miliardi di euro, ma ne gira allo Stato circa il 90%, pari a circa 5,7 miliardi di euro.
Ma la Banca d’Italia non è privata?
Il signoraggio è l’insieme dei redditi derivanti dall’emissione di moneta, e spetta al titolare della sovranità monetaria, che nel caso della moneta euro è lo Stato.
Ma la sovranità monetaria non l’abbiamo persa?
Se senti un malessere profondo, ti consiglio di fermarti qui e di riprendere la lettura quando ti sarà passata. Se invece il dolore è sopportabile, prosegui.
La Banca d’Italia non è privata.
La Corte Suprema di Cassazione ha dichiarato con sentenza n. 16751 del 21 luglio 2006 che la Banca d’Italia “non è una società per azioni di diritto privato, bensì un istituto di diritto pubblico secondo l’espressa indicazione dell’articolo 20 del R.D. del 12 marzo 1936 n. 375“.
Inoltre, il Governatore della Banca d’Italia è nominato con decreto dal Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri.
Quindi la Banca d’Italia è un ente pubblico che persegue fini di pubblica utilità.
Ridurre il debito pubblico è certamente un fine di pubblica utilità, vediamo come si può fare.
La Banca d’Italia ha acquistato fino ad oggi circa 514 mld di euro di titoli di stato,
Continua qui: https://comedonchisciotte.org/stato-banca-ditalia-e-signoraggio/
LA LINGUA SALVATA
ri-co-no-scèn-za
SIGNSentimento di gratitudine, di apprezzamento per un beneficio ricevuto
derivato di riconoscente, participio presente di riconoscere, che è dal latino recognoscere.
Per riconoscere è necessario prima conoscere, questo è chiaro. Ogni giorno nel nostro daffare ci imbattiamo in centinaia di persone, ma non le riconosciamo poiché non le conosciamo. Figuriamoci, a volte non si riconosce nemmeno chi si conosce: riconoscere è prendere consapevolezza del familiare, di un profilo visto che combacia con uno noto. Su questa dinamica fiorisce la riconoscenza.
Possiamo avvicinarla subito alla gratitudine, ma l’essere grati taglia una posizione più emotiva e umile: la riconoscenza invece ha una forza squisitamente intellettuale, prima che sentimentale, e forse proprio per questo è più chiara e duratura. Conoscendo come si sono svolti certi fatti, quali sono gli equilibri di debito e di merito che si sono sviluppati e che coinvolgono gli attori, me compreso, insomma avendo in mente una certa storia con tutte le responsabilità e i valori che vi hanno partecipato, con tutti i ruoli definiti e noti, può emergere la
Continua qui: https://unaparolaalgiorno.it/significato/R/riconoscenza
PANORAMA INTERNAZIONALE
USA : Si allarga l’Epidemia dei poliziotti che sparano ai cani
31 Marzo 2019 DI JOHN W. WHITEHEAD
“Sembra che per la politica di oggi, la sicurezza dei poliziotti sia diventata la massima priorità. Arriva prima dei diritti e della sicurezza dei sospettati. Va oltre i diritti e la sicurezza dei passanti. È tanto importante, in effetti, che basta il timore di un poliziotto di essere morso da un cane per giustificare l’uso di una forza potenzialmente letale, in questo caso a spese di una bambina di 4 anni. E questa non è la prima volta. A gennaio un poliziotto dell’Iowa ha sparato e ucciso una donna per errore mentre cercava di uccidere il suo cane. Altri poliziotti hanno sparato a bambini, passanti, fidanzate, supervisori e perfino a se stessi mentre cercavano di sparare a un cane. Una modo di pensare che, naturalmente, diventa ancor più problematico quando si tratta di usare la forza contro le persone “. – Il giornalista Radley Balko
Continuano a salire di tono le assurde crudeltà dello stato di polizia in America.
Consideriamo che se qualcuno uccidesse un cane poliziotto, andrebbe incontro a una pena detentiva più lunga di quella che se avresse ucciso una persona o abusato di un bambino , ma se un poliziotto uccide il nostro cane, tuttavia, ci sarebbero ben poche conseguenze per lui. Neanche uno scappellotto.
In questo, come in tanti casi di cattiva condotta da parte di agenti del governo, i tribunali hanno tacitamente concordato che i poliziotti godono di una immunità giustificata, di una normativa legale che li incentiva ad un comportamento che non teme la legge e che non teme le sue ripercussioni.
Questo è il tipo di sconfortante ingiustizia senza cuore e ipocrita che passa per legge e che oggi governa l’America.
Sembra che un agente di polizia spari a un cane “ogni 98 minuti”.
Il Dipartimento di giustizia stima che almeno 25 cani vengano uccisi ogni giorno dalla polizia.
Il database dei cucciolicidi stima che il numero di cani uccisi dalla polizia sia più vicino a 500 cani ogni giorno (che significa 182.000 cani l’anno).
In 1 caso su 5, in cui è coinvolta la polizia che ha sparato a un animale domestico, un bambino era sulla linea di fuoco o nelle immediate vicinanze di una sparatoria. Per esempio, una bambina di 4 anni è stata colpita accidentalmente a una gamba, dopo che un poliziotto ha aperto il fuoco su un cane gli correva incontro, lo ha mancato ma ha colpito la bambina.
In un’epoca in cui la polizia prima spara e poi fa domande, non ci vuole molto per provocare un poliziotto e a farlo sparare a una persona disarmata, colpevole di non aver fatto niente più che starsene in piedi in certo modo, o essersi spostata in certo modo, o di possedere qualcosa – qualsiasi cosa – che la polizia possa scambiare, anche per errore, per un’arma. Tutto quello che deve fare un cop è accennare a una “presunta paura” per la propria sicurezza.
Secondo la Corte d’Appello del Sixth Circuit , si ritiene che un cane rappresenti una minaccia sufficiente per la polizia, da giustificare l’apertura del fuoco solo se si muove o abbaia. Anche in assenza di una minaccia reale, la percezione della minaccia è sufficiente per garantire l’immunità al cop e lasciarlo fuori dai guai per un comportamento che porterebbe chiunque altro direttamente in galera a vita. Come fa notare il giornalista Radley Balko: “In troppa parte della politica di oggi, la sicurezza dei poliziotti è diventata la prima priorità . Arriva prima dei diritti e della sicurezza dei sospettati. Va oltre i diritti e la sicurezza dei passanti. È tanto importante, in effetti, che basta il timore di un poliziotto di essere morso da un cane per giustificare l’uso di una forza potenzialmente letale.
Oggi la sicurezza degli agenti è diventata la prima priorità . Supera i diritti e la sicurezza dei sospettati. Supera i diritti e la sicurezza dei cittadini. È così importante, in effetti, che la paura soggettiva di un di essere morso da un cane è sufficiente per giustificare l’uso di una forza potenzialmente letale. ”L’epidemia dei cops che sparano ai cani sta portandoci a questo comportamento vergognoso e ad un livello completamente nuovo. Non ci vuole molto per un poliziotto per sparare a un cane.
I cani uccisi con un colpo di pistola della polizia sono “colpevoli” di niente più minaccioso che aver scodinzolato, abbaiato per salutare, o semplicemente di trovarsi nel cortile dove è entrato un poliziotto. Per esempio, Spike, un pit bull di 35 kg è stato ucciso dalla NYPD mentre si trovava in un condominio nel Bronx. Il video della sorveglianza mostra il cane, che scodinzolava, proprio prima che un agente gli sparasse in testa a un palmo di distanza.
Arzy, una cagnetta di 14 mesi -metà Newfoundland, Labrador e metà golden retriever , è stata colpita in mezzo agli occhi da un agente di polizia della Louisiana. La cagnetta era legata con un guinzaglio a croce quando le hanno sparato. Un testimone indipendente ha detto che il cane non ha mai dato motivo o provocato una reazione da farsi sparare dall’agente.
Seven, un San Bernardo, è stato colpito da parecchi colpi dalla polizia del Connecticut, in presenza del padroncino di 12 anni. La polizia è andata a cercare nel posto sbagliato ed è entrata in una proprietà – senza un mandato – dove il cane e il suo padroncino stavano giocando, nel cortile dietro casa, facendosi inseguire dal cane.
Dutchess,un cane da salvataggio di 2 anni, è stato colpito da tre colpi sparati in tesata dalla Florida police mentre correva fuori dalla porta di casa e un agente si era avvicinato per informare i residenti che la porta della loro auto era rimasta aperta, il cane era uscito per fargli le feste.
Yanna, un boxer di 10-anni, è stato colpito con tre colpi dalla polizia della Georgia dopo che i poliziotti sono entrati nella casa sbagliata, hanno ammazzato il cane, sparato al proprietario di casa ferendolo a una gamba e ferendo anche uno degli agenti incaricati delle indagini.
Payton un Labrador retriever nero di 4 anni e Chase, un altro labrador nero, sono stati uccisi dopo che una squadra delle SWAT ha fatto incursione per sbaglio in casa del sindaco: cercava la droga. La polizia ha sparato a Payton quattro volte. Chase è stato colpito due volte, una volta da dietro mentre scappava via. “Il mio governo ha violato la porta di casa mia e ucciso i miei cani. Pensavano che fossimo spacciatori e come tali siamo stati trattati. Non penso che abbiano mai considerato che noi non eravamo quelli che cercavano” ricorda il sindaco Cheye Calvo, parlando dell’interrogatorio, quando ammanettato e con indosso solo calzini e mutande rispondeva alle domande in mezzo alle carcasse dei suoi cani tra pozze di sangue per terra.
In un altro caso, una squadra SWAT del Missouri ha fatto irruzione in una casa, uccidendo KYIA un pit bull di 4 anni. Che ci crediate o no, il raid dei SWAT questa volta non era per cercare droga e non era nel posto sbagliato, ma aveva il solo scopo “di controllare se la casa aveva i servizi di luce e gas.”
Un cane non deve nemmeno essere di una razza particolarmente aggressiva per essere ucciso da un poliziotto. Balko ha documentato innumerevoli sparatorie contro i cani in cui un agente di polizia ha detto di essersi sentito ‘minacciato e di non aver avuto altra scelta che usare forza letale, tra cui sparare a un Dalmata (più di una volta), a un Lab Giallo , a uno springer spaniel, a un Lab cioccolato , a un boxer, a un Pastore australiano, a un Wheaten terrier, a un Akita… a un Jack Russell terrier… a un bastardino di 6 chili … [e ] a un chihuahua di 2 chili e mezzo ”
Il Chihuahua, una delle razze di cani più piccola (conosciuta come “cane da borsetta”), sembra veramente aver spinto i cops oltre ogni limite. In Arkansas, per esempio, un vice sceriffo ha sparato ad un “aggressivo chihuahua” che gli abbaiava troppo. Il cane, Reese, aveva bisogno di un intervento chirurgico a una mascella rotta e di un sondino per mangiare. Stessa cosa è successa in Texas, Trixie -che era dall’altra parte del bancone dell’agente – non è sopravvissuto ai colpi di arma da fuoco.
Ma è meglio mettere in fila tutti gli elementi, giusto?
Ci chiedono di credere che un agente di polizia, armato, addestrato per combattere e preparato per affrontare il peggiore degli scenari, quando si tratta di violenza, si sente tanto minacciato da un cane da borsetta, che pesa meno 5 chili, che non trova altra soluzione che sparare al cane? Se questo è il modo di reagire degli agenti della polizia cresciuti dallo stato di polizia, dovremmo essere tutti preoccupati. Chiaramente, i nostri amici a quattro zampe stanno soffrendo per mano di uno stato di polizia disumano in cui la polizia ha tutti i diritti, mentre i cittadini ne hanno ben pochi diritti, ed i nostri animali domestici, che per i tribunali sono come proprietà privata come una macchina o una casa , ma molto meno preziosi, non hanno nessun diritto.
Quindi che cosa si deve fare?
Sostanzialmente, si tratta di formazione e di responsabilità. Si tratta della differenza tra agenti di polizia che considerano la loro sicurezza personale al di sopra di quella di tutti gli altri e agenti di polizia che capiscono che il loro lavoro è servire e proteggere. Si tratta della differenza tra polizia addestrata a sparare per uccidere e polizia addestrata per risolvere le situazioni pacificamente. Soprattutto si tratta della differenza tra una polizia che ritiene che la legge sia dalla sua parte e una polizia che sa di dover rispettare, con il proprio comportamento, la stessa legge che devono rispettare tutti gli altri. Purtroppo, sempre più agenti di polizia vengono addestrati a vedersi come persone distinte dalla cittadinanza, a vedere che la loro autorità è superiore alla cittadinanza, e a considerare le loro vite più preziose di quelle dei cittadini che sono la loro controparte. Invece di essere addestrati a considerarsi mediatori e operatori per la pace, che devono usare le armi solo come ultima risorsa, vengono martellati per comportarsi come GUNMEN con un istinto da killer che sparano per uccidere e non per mettere semplicemente fuori combattimento.
Questi uomini che ammazzano i cani sono, come riconosce Balko, “un effetto collaterale del nuovo SWAT, un focus paramilitare in molti dipartimenti di polizia che ha soppiantato l’idea di essere un agente di pace.” COSÌ, sia che parliamo di polizia che spara ai cani o ai cittadini, la mentalità è la stessa: corsa alla violenza, abuso di potere, paura per la sicurezza del poliziotto, scarsa formazione su
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C’è una ‘Guantanamo’ neofascista in Ucraina
L’ex agente segreto Prozonov svela l’esistenza di prigioni speciali gestite dal battaglione Azov presso il fronte del Donbass. E sulle presidenziali craine: ‘Vince Poroshenko, è troppo esperto di frodi’
27 marzo 2019ilmanifesto.it di Marco Boccitto.
In Ucraina ci sarebbe una vera e propria Guantanamo gestita da neofascisti non lontano dal fronte del Donbass dove dal 2014 si combatte la guerra tra Ucraina e le milizie delle autoproclamate repubbliche. A svelarlo ieri in una conferenza stampa a Mosca l’ex funzionario dei servizi segreti ucraini dal 1999 al 2018, Vasily Prozorov, ora disertore.
Secondo Prozonov all’interno dell’aeroporto dalla città di Maryupol, nel Donbass controllato dal governo Poroshenko, sarebbe attiva una prigione segreta dove sarebbero stati torturati e uccisi molti combattenti nemici. Nel gergo dell’intelligence ucraina queste prigioni sono denominate «biblioteche» e i prigionieri «libri». Secondo Prozorov «sono delle vere camere dell’orrore, quella che conosco io ha iniziato a funzionare dall’inizio del 2017 e vi sono passate almeno 300 persone e almeno due delle quali sono morte dopo sevizie. Ma ne esistono sicuramente altre».
L’ex agente ucraino sostiene anche che il famigerato battaglione Azov composto da volontari neonazisti e operante sul fronte orientale avrebbe anche proprie prigioni speciali, di cui si sa pochissimo. Il battaglione Azov a quanto afferma Prozorov si sarebbe macchiato di massacri di civili inermi e «agisce praticamente in completa autonomia non rispondendo ai vertici della guardia nazionale ma solo ed esclusivamente all’onnipotente ministro degli interni Arsen Avakov». Quest’ultimo, ormai da tempo, gioca una sua autonoma partita politica: solo la scorsa settimana ha accusato il presidente Poroshenko di compravendita di voti nell’attuale campagna elettorale, senza che questi abbia avuto il coraggio di
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SCIENZE TECNOLOGIE
Big Data e intelligenza artificiale. La sfida della Cina
di minima&moralia pubblicato martedì, 12 febbraio 2019
Questo pezzo è uscito sul Manifesto, che ringraziamo
di Simone Pieranni
La corsa cinese ai Big Data e all’intelligenza artificiale sembra sempre di più una «campagna», simile a quelle che, nel tempo, il partito comunista ha lanciato in Cina sui più disparati argomenti, dal «socialismo con caratteristiche cinesi», alla politica del figlio unico, fino al più recente «sogno cinese» del presidente Xi Jinping. Si tratta di obiettivi non soltanto annunciati, perché poi finiscono per essere declinati in ogni campo della vita sociale del paese, attraverso striscioni presenti nelle città, iniziative, eventi e una serie di indicazioni – rappresentati nella loro ufficialità da documenti del partito comunista – che diventano poi «norma» all’interno dell’organizzazione sociale del paese.
Non è un caso, infatti, che qualche giorno dopo le parole con cui Xi Jinping per la prima volta – all’interno di un gruppo di lavoro a latere del summit del comitato centrale del partito comunista svoltosi un mese fa – ha fatto esplicito riferimento all’intelligenza artificiale, è arrivata la notizia secondo la quale da quest’anno l’Ai diventerà una materia scolastica per gli istituti di primo e secondo grado. In precedenza, i media cinesi avevano spiegato che in alcune scuole saranno attivi alcuni droni dotati di telecamere «intelligenti», in grado di monitorare ogni secondo gli alunni, studiandone i comportamenti durante le lezioni.
La corsa all’Ai finisce per irretire tutta la popolazione: investimenti, educazione e formazione, è il cocktail che la dirigenza cinese sta cercando di ottimizzare affinché si renda credibile l’obiettivo che la leadership si è data, ovvero colmare il gap con gli Stati uniti entro il 2020 e diventare la prima potenza in fatto di intelligenza artificiale entro il 2030.
Naturalmente, questo processo non viene letto solo nella sua direzione e nei suoi impatti immediati di natura economica e tecnologica. Se è vero, infatti, che la Cina punta a sviluppare l’Ai per migliorare la propria produzione manifatturiera, la medicina, le ricerche per quanto riguarda lo spazio e, più in generale, l’«internet delle cose», è altrettanto chiaro che questo approccio sia ormai da riferirsi anche a tutto quanto l’Ai può dare a un partito unico in un paese, in termini di controllo sociale e «mantenimento della stabilità» (il vero mantra della dirigenza cinese, da Deng Xiaoping in avanti).
È bene ricordare che la storia della Cina è segnata, da sempre (pur nelle tante differenze che emergono nel periodo imperiale tra le varie dinastie) da più o meno velati tentativi di irregimentare la società attraverso un controllo diffuso e, in alcuni casi, «militarizzato». A questo proposito non ci sono esempi solo nella – più vicina a noi – Rivoluzione culturale.
Come scrive Kai Vogelsang nel suo prezioso Cina, una storia millenaria (Einaudi, 2014, pp.632, euro 35), uno dei volumi migliori per quanto riguarda la straordinaria storia cinese, «anche nella vita quotidiana la società dei Qin era organizzata in modo perfettamente militare. Tutti gli abitanti erano divisi in gruppi di cinque o dieci famiglie che lavoravano insieme e si controllavano a vicenda. Nacque così un vigoroso sistema di sorveglianza in cui tutti erano sottoposti all’obbligo della denuncia e della responsabilità collettiva». Questo sistema fu pensato da Shang Yang, colui che in precedenza aveva convinto tutti a fare del «legismo» la guida dell’allora impero: più in là, venne accusato di aver fomentato una rivolta e finirà la sua vita squartato.
Sulle tendenze securitarie e più in generale sulla corsa cinese all’Intelligenza artificiale ne abbiamo parlato con Jeffrey Ding, ricercatore presso l’Università di Oxford. Spesso citato da media internazionali, come il Washington Post, il South China Morning Post, la Mit Technology Review, ha pubblicato nel marzo del 2018 un report dal titolo Deciphering China’s Ai Dream. The context, components, capabilities, and consequences of China’s strategy to lead the world in Ai, nel quale analizza natura e tendenze su tecnologia, Big Data e, naturalmente, intelligenza artificiale. Oltre a questo, cura una newsletter fondamentale per chi si occupa di questo paese asiatico e di intelligenza artificiale.
Quali sono secondo lei i principali obiettivi della Cina legati all’intelligenza artificiale?
Gli obiettivi riguardano la necessità di costruire competitività economica e sicurezza militare. I migliori analisti di questo processo hanno identificato l’intelligenza artificiale come una tecnologia in grado di fornire un vantaggio strategico decisivo nel campo della sicurezza internazionale. Alcuni hanno ipotizzato che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale potrebbe costituire una
Continua qui: http://www.minimaetmoralia.it/wp/big-data-intelligenza-artificiale-la-sfida-della-cina/
Lisa Stanton 28 03 2019
Determinare la natura umana secondo un progetto matematizzato è la scalata già tentata dai tecnocrati nazisti mediante la catalogazione umana, un’utopia dominionista ambita da secoli. Ad essa si rifanno i tecnocrati di oggi: il fine è il darwinismo sociale, come lo fu per il nazismo, e tutto segue un filo: fu l’IBM ad utilizzare le schedature della Gestapo per riportare gli ebrei sopravvissuti in Israele.
Anche L’europeismo è darwinismo, tutti gli stati membri – su input della Commissione – hanno accolto Agenda2030 che, come sapete, identifica tra i suoi obiettivi il 5G, il DNA editing, le Smart Cities e in generale l’Intelligenza artificiale.
Oggi è ancora l’uomo a controllare le macchine da remoto ma molto presto, con l’IoT (Internet of Things) e il 5G, sarà l’uomo ad essere controllato da remoto dalle macchine. Infatti l’Uomo è il Progetto per il Futuro, gli studi e le sperimentazioni sono ormai così avanti che lo scrivono. L’uomo Microsoft (che l’ha brevettato nel 2003) non sarà più nemmeno un numero, come ai tempi della Shoah, sarà una URL.
I primi impianti cerebrali furono inseriti chirurgicamente già nel 1874 in Ohio, USA e in Svezia: Bostrom infatti è svedese, direttore dell’Istituto per il Futuro dell’Umanità dell’Università di Oxford e conduce l’Associazione Transumanista Mondiale.
Come negli anni 30-40, il fine dell’AI non è una tecnologia utile all’uomo, ma padrona dell’uomo o quel che ne resta.
L’europa ed i suoi paesi membri per dar seguito all’Agenda2030, hanno deliberato che a parlare siano gli “esperti”, cioè i tecnocrati unilaterali, e l’opinione pubblica l’ha di fatto accettato: la dittatura scientifica (tecnocratica e darwiniana) ha avuto così inizio e l’NDS3 è realtà.
ll 5G, come sapete, ha il potere di annientare la volontà attraverso il bombardamento delle onde millimetriche EHF/SHF che il corpo umano riceve attraverso la ricettività della pelle (ottimo conduttore). L’umano funge da antenna e le possibilità sono infinite. Gli obiettivi biologici primari delle radiazioni a 60 GHz delle onde millimetriche del 5G sono la pelle e gli occhi: il corpo diventa un’antenna vera e propria via derma. È considerato probabile un danno alla vista, ma su simili dettagli l’Agenda non può fermare la tecnologia.
Inutilmente 170 scienziati provenienti da 37 paesi hanno chiesto ai Governi una moratoria sulla diffusione del 5G: i campi elettromagnetici (RF-EMF) disponibili su 3G, 4G, 5G, Wi-Fi, ecc. per le telecomunicazioni già in atto sono risultati dannosi per l’uomo e l’ambiente.
Qualcuno si è chiesto perché siano presenti i “battiti del cuore” del soggetto sorvegliato? P.E + Sorveglianza biometrica + mmWave del 5G + l’alluminio fissato coi vaccini renderanno possibile tutto da remoto, interventi chirurgici ma anche “eutanasia a distanza”.
Anche l’Italia partecipa alle sperimentazioni: all’Università di Napoli è stato
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