NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 11 OTTOBRE 2018
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Voi dite che sono morto?
Perbacco, se lo avessi saputo
sarei venuto vestito a lutto.
TOTO’, Mal costume mezzo gaudio, Rizzoli, 2017, pag. 209
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
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IN EVIDENZA
Bankitalia e FMI contro il governo italiano. Ma gli italiani che votano a fare?
Bankitalia: “Non smontate la Fornero”. Salvini secco: “Non ci ferma nessuno”
– di Alessandro Della Guglia 10 ottobre 2018
In principio fu il Fondo Monetario Internazionale, che sempre attento a mettere in discussione gli aneliti di sovranità nazionale, non ha perso tempo per mettere bocca sulla riforma della legge Fornero:
“In Italia le passate riforme pensionistiche e del mercato del lavoro dovrebbero essere preservate e ulteriori misure andrebbero perseguite”.
Puntuale e ovviamente prevedibile, almeno quanto l’eco di Bankitalia, che giusto per non perdere terreno si è subito allineata, commentando positivamente la presa di posizione del Fmi:
“Le riforme pensionistiche introdotte negli ultimi vent’anni hanno significativamente migliorato sia la sostenibilità sia l’equità intergenerazionale del sistema pensionistico italiano”, ha dichiarato il vicedirettore generale di Banca d’Italia Luigi Federico Signorini.
“È fondamentale non tornare indietro su questi due fronti, soprattutto quando i rischi per la sostenibilità dei conti pubblici aumentano”, ha poi ammonito Signorini.
Inutile specificare che i benefici apportati dalle ultime riforme del sistema pensionistico, in particolare ovviamente la Fornero, riescono a vederli soltanto i pretoriani dello status quo.
Fino a colpo di mano contrario, i cittadini si sono espressi alle
Continua qui: https://www.informarexresistere.fr/bankitalia-fornero-salvini/
Questa non è un’esercitazione: stiamo davvero facendo crollare l’Italia
Lo spread vola verso la soglia critica in cui le banche rischiano di finire sotto attacco. E noi stiamo affidando la battaglia contro l’Europa e i mercati a un governo che in due mesi non è riuscito nemmeno a capire come ricostruire un ponte. Piccolo promemoria per chi pensa sia tutto un gioco
di Francesco Cancellato – 9 ottobre 2018
No, questa non è un’esercitazione. Non è un’esercitazione lo spread che sfonda quota 300, sebbene il ministro Paolo Savona, bontà sua, si aspettava pure di peggio.
Non lo è, perché il peggio deve ancora venire, con la presentazione del Documento Programmatico di Bilancio in Europa, il 15 di ottobre, documento in cui dovranno essere inserite tutte le cifre, in cui si dovranno indicare tutte le coperture di cui oggi non c’è ancora traccia, mentre Salvini riapre il tavolo sulla pace fiscale, chiedendo di alzare l’asticella da 100mila a 500mila euro. Non lo è, perché subito dopo ci saranno le valutazioni delle agenzie di rating sul debito sovrano italiano, col più che probabile declassamento dei nostri titoli di stato, e un altrettanto più che probabile impennata dello spread.
Non lo è perché, come spiega bene il Sole24Ore, c’è una linea Maginot a quota 400, attorno alla quale alcune banche italiane saranno chiamate a ricostituire il loro capitale. Non lo è, perché più ci si avvicina a quella soglia, più i
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Ci stracciano i “maroni” con lo Spread …
DI FABIO CONDITI – 10 ottobre 2018
comedonchisciotte.org
Ci stracciano i “maroni” con lo Spread solo perchè ci siamo permessi di prevedere un deficit del 2,4% anziché di 1,6%.
Roba da matti, corrisponde ad un aumento di soli 13 mld di euro, quando spendiamo di interessi sul debito pubblico circa 65 mld di euro annui, mentre la Germania quasi zero.
Ma loro fanno comprare i loro titoli dalle loro banche pubbliche, mica sò scemi!!!
Il meccanismo è semplice. La BCE oltre al Quantitative Easing, fa anche prestiti alle banche private e pubbliche a tasso addirittura negativo fino a -0,40%, si chiama TLTRO. Per chiarire, tasso negativo a -0,40% significa che ricevo 1000 ma devo restituire solo 984, dopo quattro anni !!!
Le banche pubbliche tedesche, quindi, possono comprare Titoli di Stato con denaro ricevuto a tasso negativo, mentre lo Stato italiano è costretto ad elemosinare prestiti dai mercati finanziari a tassi sempre più alti, a causa dello Spread.
Quindi lo Spread sale perchè misura quanto siamo coglioni rispetto ai tedeschi, tanto per usare un termine tecnico che rende l’idea.
L’acronimo di TLTRO sta per Targeted Longer-Term Refinancing Operation e indica le maxi-iniezioni di liquidità a lungo termine della Bce per sostenere l’economia reale, avviate nel settembre 2014 attraverso aste a basso costo con scadenza a quattro anni.
Dovete sapere che il comma 1 dell’art.123 del TFUE, cioè del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, vieta i prestiti della BCE e delle Banche Centrali Nazionali agli Stati : “1 – Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni, organi od organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali“.
Ma al comma 2 dello stesso articolo, c’è la rivelazione : “2. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati“.
Chiariamo questo passaggio perchè è importante.
La BCE e le Banche Centrali Nazionali come Banca d’Italia, non possono prestare soldi agli Stati, nè possono comprare direttamente da loro i Titoli di Stato, ma questo divieto non vale per le banche pubbliche che ricevono i soldi in prestito dalla BCE.
Quindi se l’Italia avesse un sistema di banche pubbliche importante come la Germania (più del 50%), potrebbe utilizzarle per
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L’Europa, da sogno di una generazione a incubo di un continente
Roberto ArdittiDirettore editoriale di Formiche.net
Numeri alla mano si può dire che l’Unione Europea non piace più. Ma non si tratta soltanto degli esiti elettorali (in Lettonia, lo scorso 7 ottobre, gli europeisti hanno preso mazzate memorabili): come è noto nelle urne le cose vanno e vengono. Si tratta di dati assai più strutturali, cioè le adesioni (e le rinunce) degli Stati membri.
Proviamo ad andare indietro nel tempo di due decenni, campione significativo poiché rappresenta un terzo dell’intera storia dell’Unione. Nel decennio 1998-2008 accadono due fatti di enorme importanza, cioè l’introduzione della moneta unica (nel 2002, anche se non per tutti) e l’esplosione del numero di adesioni, con ben 12 ingressi divisi in due “lotti”.
Dieci Paesi infatti entrano nell’UE a primavera del 2004 (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria) e altri due si aggiungono nel 2007 (Bulgaria e Romania), di fatto chiudendo la burrascosa stagione apertasi con il crollo del Muro del 1989.
Insomma, l’Unione Europea arriva alla vigilia della grande crisi finanziaria del 2008 più forte che mai, nel pieno della sua espansione economica e geopolitica. Dieci anni dopo però (cioè oggi) la situazione è drammaticamente
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BELPAESE DA SALVARE
Vaccinazione in Italia, una bomba ad orologeria
Lisa Stanton 10 ottobre 2018
Walter Ricciardi, dell’executive board dell’OMS nonché presidente dell’Istituto superiore di sanità, è stato granitico: “Mai come in questo momento è importante la vaccinazione – l’Italia è una bomba a orologeria – e le migrazioni portano potenzialmente anche problemi di salute a centinaia di migliaia di italiani suscettibili a malattie infettive”. «Ora c’è un’emergenza democratica che provoca problemi sanitari». «Dobbiamo tener presente che l’80% non conosce un’altra lingua, non viaggia e non sa». «Dobbiamo cambiare lo storytelling perché sulle persone a razionalità limitata quello attuale non basta».
Anziché denunciare chi procura un falso allarme di epidemia (salvo spiegare da quali evidenze scientifiche si deduca che l’Italia sia in emergenza sanitaria), tacciono da mesi il Presidente Mattarella, il Governo e l’opposizione (oltre al mainstream, colpevole per definizione). Anzi, a seguito di tali affermazioni singolari segue la necessità di sempre nuovi vaccini per favorire l’immunità di gregge verso patologie esogene ed importate.
Per la gioia di Glaxo GSK Italia, che di mestiere vende vaccini, e ieri per bocca di Rino Ruappoli ha detto al Senato della Repubblica che dobbiamo comprare più vaccini, anzi che lo Stato deve investire in vaccini per favorire la prevenzione ed uscire dalla crisi della Sanità pubblica.
Non rileva che circa il 50% dei vaccini cd. testati ed oggi in commercio non servono a salvaguardare gli “altri” perchè non impediscono il contagio tra vaccinato e non vaccinato, né
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CONFLITTI GEOPOLITICI
Relazioni internazionali: la quiete prima di quale tempesta?
di Thierry Meyssan
Tutte le questioni internazionali sono in sospeso in attesa delle elezioni statunitensi. I partigiani del vecchio ordine internazionale puntano su un cambiamento di maggioranza al Congresso e su una destituzione rapida del presidente Trump. Se l’ospite della Casa Bianca rimarrà al suo posto, i protagonisti della guerra contro la Siria dovranno ammettere la sconfitta e trovare nuovi campi di battaglia. Viceversa, se Trump perderà le elezioni il Regno Unito rilancerà immediatamente il conflitto in Siria.
DAMASCO (SIRIA) | 9 OTTOBRE 2018
La fase attuale, che è iniziata con la reazione della Russia alla distruzione del suo Ilyushin-20 e che si protrarrà fino alle elezioni legislative statunitensi del 6 novembre prossimo, è incerta. Tutti i protagonisti della guerra in Siria aspettano di sapere se la Casa Bianca potrà continuare la politica di rottura con l’attuale ordine internazionale o se il Congresso passerà nelle mani dell’opposizione e darà immediatamente inizio alla procedura di destituzione del presidente Trump.
È ormai chiaro che il progetto iniziale di Stati Uniti, Regno Unito, Israele, Arabia Saudita e Qatar non si realizzerà, così come non si realizzeranno i progetti di Francia e Turchia, due potenze entrate in un secondo tempo nella guerra contro la Siria.
Dobbiamo avere presente non in che modo abbiamo appreso l’inizio degli avvenimenti, bensì ciò che abbiamo scoperto in seguito. Le manifestazioni di Deraa ci furono presentate come una «rivolta spontanea» contro la «repressione di una dittatura»; oggi sappiamo che invece furono a lungo preparate [1].
Dobbiamo anche smettere di credere che i membri di una Coalizione, benché uniti per conseguire il medesimo obiettivo, condividano anche la stessa strategia. Quale che sia l’influenza dell’uno o dell’altro, ogni Stato custodisce la propria storia, persegue i propri interessi e i propri scopi di guerra.
Gli Stati Uniti miravano alla distruzione delle strutture statali del Medio Oriente Allargato, secondo la strategia dell’ammiraglio Arthur Cebrowski [2]. Si appoggiavano al Regno Unito che, da parte sua, metteva in atto la strategia di Tony Blair, finalizzata a insediare nella regione i Fratelli Mussulmani [3]; nonché su Israele, che s’ispirava alla strategia di egemonia regionale d’Oded Yinon [4] e di David Wurmser [5].
Le armi furono depositate anticipatamente dall’Arabia Saudita nella moschea Omar di Deraa [6] e il Qatar inventò la storia dei bambini cui erano state strappate le unghie.
All’epoca, l’Arabia Saudita non cercava né d’imporre una nuova politica alla Siria né di rovesciare il governo siriano. Riad voleva esclusivamente impedire che alla presidenza ci fosse un non-sunnita. Per una strana evoluzione storica, i wahabiti, che due secoli prima consideravano sunniti e sciiti entrambi eretici e incitavano a sterminarli se non si fossero pentiti, si atteggiano ora a difensori dei sunniti e persecutori degli sciiti.
Quanto al piccolo emirato del Qatar, voleva rivalersi per l’interruzione del progetto di gasdotto in Siria [7].
La Francia, che avrebbe dovuto partecipare alla congiura in virtù degli accordi di Lancaster House, fu tenuta in disparte per le inaspettate iniziative prese in Libia. Il ministro degli Esteri, Alain Juppé, tentò di spingere la Francia a unirsi ai complottisti, ma l’ambasciatore francese a Damasco, Eric Chevallier, che essendo sul posto poteva constatare la distorsione dei fatti, tirava il freno [8].
Quando fu riaccettata nel complotto, la Francia si prefisse lo stesso obiettivo di colonizzazione della Siria del 1915, sulla scia degli accordi Sykes-Picot-Sazonov. Così come all’epoca fu considerato transitorio, rispetto alla colonizzazione permanente dell’Algeria [9], il mandato francese sulla Siria nel XXI secolo è considerato di secondo piano rispetto al controllo del Sahel. Inoltre, nel tentativo di realizzare la vecchia mira, Parigi cominciò a spingere per la creazione di un nucleo statale curdo, sul modello di quel che nel l917 i britannici fecero in Palestina con gli ebrei. La Francia si alleò così con la Turchia [10] che, in nome del «giuramento nazionale» di Atatürk [11], invase il nord della Siria per creare uno Stato dove espellere i kurdi di Turchia.
Se gli obiettivi dei primi quattro aggressori, Stati Uniti, Regno Unito, Israele e Arabia Saudita, sono tra loro compatibili, quelli di Francia e Turchia non lo sono con gli altri.
Del resto, Francia, Regno Unito e Turchia sono ex potenze coloniali. Tutte tre cercano d’insediarsi sullo stesso trono. La guerra contro la Siria ha così riacceso le rivalità del passato.
L’episodio Daesh all’interno della guerra contro la Siria e l’Iraq
A fine 2013 il Pentagono rivide i propri piani nel quadro della strategia Cebrowski. Modificò i piani iniziali, quelli rivelati da Ralph Peters [12], sostituendoli con il disegno di Robin Wright di creare un «Sunnistan» a cavallo di Siria e Iraq [13].
Tuttavia il dispiegamento in Siria, a settembre 2015, delle forze armate russe per ostacolare la creazione del «Sunnistan» da parte di Daesh rovinò gl’intenti dei sei principali partner della guerra.
I successivi tre anni di conflitto risposero a un altro obiettivo: da un lato, creare un nuovo Stato a cavallo tra Iraq e Siria, nel quadro della strategia Cebrowski, dall’altro, utilizzare Daesh per tagliare la via della seta che la Cina di Xi Jinping desiderava riattivare, mantenendo così il dominio continentale da parte del partito «occidentale».
La vittoria siriano-russa e il voltafaccia degli Stati Uniti
La vicenda della distruzione, il 17 settembre 2018, dell’Ilyuscin-20 ha fornito alla Russia l’occasione di mettere fine a questa guerra infinita e di accordarsi con la Casa Bianca, in contrasto con gli altri aggressori. È la riedizione, su scala minore, della reazione URSS-USA alla crisi del Canale di Suez del 1956 [14].
Mosca non solo ha appena consegnato all’Esercito Arabo Siriano dei missili antiaerei (gli S-300), ma ha anche dispiegato in Siria un intero sistema di integrato sorveglianza. Quando questo sistema sarà operativo e gli ufficiali siriani saranno stati addestrati a manovrarlo, ossia entro tre mesi al più tardi, sarà impossibile agli eserciti occidentali sorvolare la Siria senza il consenso di Damasco [15].
Il presidente Trump aveva annunciato in anticipo l’intenzione di ritirare le truppe statunitensi dalla Siria. Era stato poi costretto a fare marcia indietro per l’insistenza del Pentagono. Trump, di comune accordo con i generali, aveva perciò deciso di mantenere la pressione su Damasco fino tanto che gli Stati Uniti sarebbero stati esclusi dai negoziati di pace di Sochi. Il dispiegamento delle armi russe — probabilmente con il consenso della Casa Bianca — fornisce al presidente Trump l’occasione di far arretrare il Pentagono, che dovrebbe così ritirare le proprie truppe e mantenervi invece i mercenari (in questo caso i kurdi e gli arabi delle Forze Democratiche) [16].
Nel suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il ministro degli Esteri siriano, Walid el-Mouallem, ha
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CULTURA
03 OTTOBRE 2018 – Massimo De Carolis
È appena arrivata in libreria la nuova edizione de Il paradosso antropologico di Massimo De Carolis (Quodlibet, 2018).
Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un estratto della Premessa alla seconda edizione.
Il paradosso antropologico è un tentativo di riflettere sul rapporto fra lo scenario politico contemporaneo e quella che, con un po’ di enfasi, si può definire la natura umana. Mi riferisco, con questa espressione, all’insieme di istanze, bisogni e desideri genericamente umani, che abbiamo motivo di leggere come altrettanti indizi, sintomi o riflessi di una costituzione condivisa da tutti i membri della nostra specie, per quanto le loro concrete manifestazioni non possano che emergere, di volta in volta, all’interno di un percorso di vita specifico e particolare. Isolare, in ciascun caso concreto, il momento genericamente umano, distinguendolo dalle sue declinazioni contingenti, è di sicuro un’impresa azzardata, gravata dal rischio di errore e di illusione soggettiva.
Non sembra però un esercizio dal quale ci si possa esimere, visto che non c’è mai stata, in pratica, cultura umana che non abbia progettato le proprie particolari forme di vita sulla base di una qualche immagine, attendibile o meno, dell’esistenza umana in generale. La natura umana, per definizione, non cambia se non in modo impercettibile nel corso della storia. Può invece cambiare l’immagine della condizione umana su cui poggia la vita individuale e collettiva in un’epoca o un’altra. E cambiano sicuramente le istituzioni politiche e le forme di organizzazione sociale in cui le istanze genericamente umane sono tenute a esprimersi, per tradursi in forme di esistenza stabili e felici. Cambiamenti del genere possono aver luogo, a volte, in modo così rapido e profondo da costringerci a ripensare non solo le strategie esistenziali cui affidiamo la nostra vita, ma anche l’idea dell’umanità dell’uomo su cui basiamo tali strategie. L’ipotesi di fondo del Paradosso antropologico è che, qualche decennio, sia in corso per l’appunto un tale cambiamento radicale. E che l’insieme delle teorie sociali, politiche e filosofiche di cui disponiamo stenti tuttora a cogliere e a descrivere in modo esaustivo il mutamento in corso.
Per dare pienamente la misura del cambiamento in atto, può essere utile retrocedere per un istante fino a un classico del pensiero antico: il trattato di Aristotele sulla Politica, nelle cui battute di apertura la polis è presentata come una
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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
Danimarca, situazione immigrati ingestibile: “Non ne accogliamo più”
di Eugenio Palazzini – 5 ottobre 2018
Copenaghen, 4 ottobre – La Danimarca ha deciso di chiudere le porte ai richiedenti asilo, semplicemente perché non è più in grado di accoglierne.
Almeno fino a gennaio 2019 i confini danesi resteranno chiusi. “Anche se abbiamo fatto molti progressi nel controllo dei flussi in entrata, dobbiamo comunque affrontare una situazione in cui facciamo fatica a integrare i molti rifugiati arrivati in Danimarca in questi anni”, ha ammesso il ministro per l’Immigrazione e l’Integrazione Inger Stojberg.
“Nonostante molti rifugiati trovino lavoro, ci sono ancora molti che non riescono a mantenersi, in particolare tra le donne. Quindi ho deciso che nel 2018 la Danimarca non accoglierà più rifugiati”, ha specificato poi il
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ECONOMIA
Se l’opposizione ai gialloverdi è il partito di Bankitalia, Lega e Cinque Stelle hanno già stravinto
Di Maio e Salvini non potevano chiedere di meglio: le critiche dell’Europa, del Fondo Monetario, delle istituzioni finanziarie, delle agenzie di rating sono fieno in cascina per il loro consenso. Mentre nella manovra del governo Conte manca il futuro: a cominciare da scuola, ambiente e innovazione
di Francesco Cancellato – 10 ottobre 2018
Ieri è stato il turno di Bankitalia, del Fondo Monetario Internazionale, dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che si sono aggiunti alla Commissione Europea e ai mercati nel bocciare la nota di aggiornamento al Def partorita dal governo Conte. Un disastro fino a un certo punto, per Lega e Cinque Stelle, che se volevano dimostrare di essere il governo del popolo e del cambiamento, contro la tirannide delle élite e dei poteri forti, hanno realizzato lo spot elettorale perfetto, in questi ultimi giorni. Già, perché il messaggio che sta passando è che il governo vuole gettare soldi dall’elicottero sulla povera gente, mentre i salotti buoni glielo vogliono impedire in tutti i modi. E già che ci sono, vogliono approfittare del caos per spolpare l’Italia delle sue banche e delle sue aziende, per asservirci ancora di più.
Smorzate gli entusiasmi, insomma, se passate le giornate a fare il tifo per lo spread che sale, a gongolare di fronte alle dichiarazioni di Christine Lagarde o di qualche oscuro tecnocrate romano: è tutto fieno in cascina per Lega e Cinque Stelle, che con questa pantomima stanno agevolmente superando l’ostacolo più duro che li frappone al trionfo nelle prossime elezioni europee. Cederanno – se non sono completamente matti – quel che serve per non mandare l’Italia a gambe all’aria, ma avranno dimostrato di aver lottato fino in fondo contro i poteri forti. E il 28 maggio staccheranno il dividendo che consentirà loro di consolidare il loro potere sull’Italia e di
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Grossi: reinventare i Bot, e svanirà l’incubo dello spread
Scritto il 10/10/18
Come “smontare” il grande inganno e liberarsi del capestro del debito pubblico? Bastano 200 miliardi, “pescati” dall’enorme risparmio italiano, pari a 4.200 miliardi di euro (senza contare i 5.000 miliardi di patrimonio edilizio). Siamo un paese ancora ricchissimo: per questo ci stanno “rapinando”. Come uscirne? Recuperando il controllo della moneta. Ma la stretta del debito è risolvibile da subito: basta abilitare la Cassa Depositi e Prestiti. Obiettivo: offrire ai risparmiatori titoli-sicurezza, non speculativi, come ai tempi dei Bot. In pochi mesi, l’incubo dello spread sarebbe un ricordo. Lo Stato tornerebbe a finanziarsi con denaro italiano. Tutto ciò non accade per un solo motivo: manca la volontà politica. Se non potesse più “ricattare” lo Stato, un enorme sistema di poterefinirebbe a gambe all’aria. Per questo non mollano, i boss della finanzache hanno “sequestrato” le nostre vite. Secondo Guido Grossi, ex manager Bnl, la politicaha rinunciato in modo folle al controllo della moneta. Prima, il cittadino portava i risparmi in una banca pubblica e quei soldi venivano investiti nell’economiareale, creando lavoro: lo Stato li usava per fare spesa pubblica. Oggi invece le banche private fanno solo speculazione, e i cittadini non possono più finanziare lo Stato, mentre gli interessi sempre più alti fanno salire l’indebitamento.
Ci hanno messo un cappio al collo, sostiene Grossi, intervistato da Ignazio Dessì su “Tiscali Notizie”. Una trappola: lo spread, il rating, il meccanismo perverso che porta lo Stato a svendere i beni pubblici, fino al caso drammatico della Grecia. La canzone è nota anche in Italia: abbassare il debito pubblico, chiedendo “sacrifici” ai cittadini, pena l’imminente disastro. Diventa un caso persino l’esiguo 2,4% di deficit nel Def gialloverde, per finanziare reddito di cittadinanza, Flat Tax e riforma della legge Fornero. Ma perché rastrellare soldi in prestito sul mercato finanziario estero, quando in Italia c’è una massa enorme di liquidità? Proprio l’internazionalizzazione del debito pubblico ha messo un cappio al collo agli Stati e impedisce loro di impostare liberamente le politiche economiche e sociali. Per questo, quello del debito pubblico è un grande inganno: Usae Giappone hanno debiti record, eppure scoppiano di salute. Certo, americani e giapponesi sono sovrani: possono fare deficit per aumentare il Pil e non devono far approvare i bilanci a Bruxelles. Ma persino noi, sotto le forche caudine dell’Eurozona, potremmo uscire dal tunnel anche subito.
«L’obiettivo finale – sostiene Grossi – è riportare l’emissione monetaria sotto il controllo pubblico, sotto la politica. Ma la cosa da fare subito è smetterla di farci prestare i soldi dagli investitori istituzionali. Non ne abbiamo alcun bisogno». Oggi, un risparmiatore non compra più Bot o Cct. Non conviene. Gli unici che li comprano sono le banche centrali, i fondi di investimento. «Bisogna trasformare le emissioni», dice Grossi. «Negli anni ’70, Bot e Cct erano comprati dal sistema-Italia, dalle famiglie, dalle aziende e dalle banche
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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Boom del risparmio ma è per pochi
10 ottobre 2018
Nel 2017 il risparmio degli italiani è cresciuto dello 0,4 % ma solo per l’andamento della Borsa mentre le famiglie, per consumare meno di 7 anni fa, spendono di più di quello che guadagnano, in peggioramento rispetto all’anno precedente.
Il risparmio degli italiani sembrerebbe andare a gonfie vele. Nel 2017 è aumentato di 173 miliardi, il 4% in più rispetto all’anno precedente. Vanno ancora meglio le riserve in contanti. Sono aumentate di 56 miliardi. Il 6% in più. Sui conti correnti degli italiani oggi ci sono 883 miliardi di euro, mentre alla fine del 2016 erano 827. Risparmi e liquidità viaggiano ad un ritmo triplo o quadruplo del PIL. L’artefice di questo miracolo si chiama mercato finanziario. L’andamento dei titoli di borsa e i rendimenti degli investimenti finanziari hanno accresciuto sia la liquidità che il risparmio. Ovviamente di pochi. Il lavoro come fonte di produzione della ricchezza diventa sempre più irrilevante.
Nel 2017 il 41% delle famiglie consumava tutto il reddito mensile. Un netto peggioramento della situazione se pensiamo che l’anno precedente era il 36% in questa condizione. Una famiglia su cinque non è in grado di fare fronte ad una spesa imprevista di mille euro. Cioè non ha in banca quei soldi. Solo un terzo potrebbe fare fronte ad una spesa imprevista superiore ai 10.000 euro. Stiamo parlando di cifre irrisorie nella vita reale. Una spesa dentistica nel primo caso, una automobile nuova , ma di bassissimo costo, nel secondo. Del resto
Continua qui: http://sbilanciamoci.info/boom-del-risparmio-ma-e-per-pochi/
Cessione del quinto, ci sono già cascati milioni di italiani: ecco lo scandalo
– di Claudio Mezzanzanica 3 ottobre 2018
Facile e veloce, la cessione del quinto dello stipendio è l’ingresso di un tunnel per tanti lavoratori dipendenti e pensionati che non riescono altrimenti a pagarsi spese mediche e altri prestiti. Ha tassi altissimi (10%) e contenziosi più numerosi di Banca Etruria. Per banche e finanziare, affari d’oro.
“La cessione del quinto oggi è una forma di prestito conveniente e sicura”. Così scrivono banche e finanziarie nelle loro newsletters e nei volantini che distribuiscono nei bar, fuori dai luoghi di lavoro, nelle cassette della posta…
In realtà la cessione del quinto è una trappola infernale in cui stanno cadendo e sono caduti alcuni milioni di italiani.
L’allarme l’ha lanciato perfino Bankitalia, che nella primavera scorsa ha emanato una circolare richiamando gli operatori a una maggiore trasparenza e correttezza nella gestione dei rapporti con i clienti.
La crescita dei contenziosi nel 2017, saliti a 22.000, più 40% rispetto all’anno precedente, ha costretto anche il compassato istituto di via Nazionale ad agire con il solito sistema della moral suasion.
Il numero dei contenziosi del 2017 è ben quattro volte il numero dei danneggiati da Banca Etruria su cui si sono versati fiumi d’inchiostro.
I risultati di questa azione di moral suasion della Banca d’Italia si scontrano con il formidabile interesse di banche e finanziarie, che hanno nella cessione del quinto una straordinaria risorsa per fare utili.
Il tasso di interesse di questo prestito è sensibilmente
Continua qui: https://www.informarexresistere.fr/cessione-del-quinto-banche/
GIUSTIZIA E NORME
L’individuo, la persona e la “rule of law”
Contro l’omologazione di massa, la gabbia dell’egualitarismo e la feroce tirannia delle maggioranze.
di Gabriele Sabetta – 7 ottobre 2018
Vi sono due modi dell’essere-al-mondo per l’uomo: come individuo e come persona. Nel primo caso, egli tende al basso, agli istinti primari, alle soddisfazioni del momento, alla vita animalesca, al conformismo di gruppo; nel secondo, predilige piuttosto la via della massima resistenza, la rotta verso il continuo perfezionamento di sé, il cammino alla scoperta della propria identità celata nell’oscurità degli abissi interiori.
Un agglomerato di individui costituisce una folla – orda di atomi sradicati, desideranti non altro che il viver bene e fisicamente appagato, privi di coscienza critica e perciò facilmente manipolabili dalle sottili tecniche della psicologia di massa. Un insieme di persone compone invece una società organica, ove la differenziazione di attitudini e funzioni, sulla base delle realizzazioni spirituali di ciascuno (e non della ricchezza o del “titolo di studio” conseguito), conferisce al tutto un’armonia simile a quella riscontrabile negli organismi biologici.
La modernità – con il suo materialismo meccanicistico – rimuovendo ogni vera gerarchia, produce una tensione costante alla regressione della persona nell’individuo: lo schiacciamento egualitario, l’omologazione di massa e il razionalismo come religione dell’ultimo uomo hanno generato esseri la cui interiorità somiglia ad un foglio bianco tratteggiabile a piacimento dalle forze maligne di cui diventano facilmente preda. Da qui, un esercito di cadaveri apatici vaga senza meta né destino, fra mille nevrosi e crisi esistenziali, avvolti in una scorza sempre più solida che li tiene al riparo da ogni intromissione spirituale.
La volontà dell’individuo, poiché slegata dal cosmo, è arbitraria, staccata da ogni esigenza superiore, diretta alla realizzazione dei propri interessi egoistici; quella della persona è profonda, legata al sentimento del proprio dovere e alla necessità di riaffermare un ordine superiore.
Va da sé che nel mondo degli individui, il potere non può che essere nelle mani dei tiranni – singoli uomini ovvero “maggioranze”, il risultato non cambia! – le cui volontà, concretizzate in “leggi positive”, assumono il carattere di volubilità e iniquità, tese principalmente a soggiogare le plebi e a tener saldo il proprio dominio. La potestà dei tiranni, del resto, non conosce limiti: la natura vivente non mostra loro alcun freno e non rivela alcuna legge – tutto è possibile, senza alcuna
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LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Ecco i 3 stati d’animo necessari per trovare o cambiare lavoro
1 ottobre 2018
Il web è pieno di strategie e suggerimenti operativi per chi cerca un nuovo lavoro. Tuttavia il metodo e le tecniche più efficaci non funzionano se ti trovi nello stato mentale sbagliato.
Cosa significa stato mentale sbagliato? Per spiegartelo ti illustro il processo. Cerchi un lavoro, questo significa o che non hai un lavoro o che hai un lavoro che non ti soddisfa. In entrambi i casi questa consapevolezza, salvo eccezioni, ti fa vivere un senso di privazione (non ho qualcosa che dovrei avere) e un senso di difetto (non sono riuscito a conquistare qualcosa che avrei dovuto conquistare). Questi due sentimenti, privazione e difetto non si escludono, ma si alimentano a vicenda. Non solo. Questi due sentimenti alterano il tuo modo di interpretare ciò che ti accade. Tipicamente quando viviamo un senso di privazione e di difetto più o meno consapevolmente attribuiamo la nostra situazione a tre responsabili: noi stessi (“è colpa mia, ho sbagliato, non sono stato capace di” …), gli altri (“il capo, l’azienda, i clienti, il mercato, il governo”…), il destino (“capitano tutte a me, non me ne va bene una, sono sfortunato”).
Quindi quando vivi un senso di privazione e difetto per il fatto di essere alla ricerca di un lavoro è molto probabile che il tuo modo di vedere le cose e di comportarti assuma tre caratteristiche:
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Disoccupazione occultata dai lavoretti
3 ottobre 2018
Gli ultimi dati Istat, letti attentamente, mostrano come la disoccupazione in Italia non stia affatto diminuendo. Si occulta, come la povertà. Aumenta invece la precarizzazione, contratti anche di pochi giorni, i lavoretti, e gli scoraggiati.
La disoccupazione in Italia non sta diminuendo. La si occulta. Siamo in sintonia con chi ha sconfitto la povertà. I dati Istat pubblicati martedì scorso infatti, dicono ben altro rispetto a quanto pubblicato su numerosi siti web.
Negli ultimi tre mesi, giugno, luglio e agosto solo 9.000 persone in più hanno trovato lavoro. Questo numero è il saldo tra la perdita di posti dei mesi di giugno e luglio, meno 60.000 e l’aumento di agosto, più 69.000. Il risultato non permette la riduzione della percentuale di disoccupati riportata da molti media. Invece, scrive l’Istat, solo negli ultimi due mesi presi in considerazione, ben 222.000 persone hanno smesso di cercare lavoro. Ecco perché la disoccupazione cala.
Altrove questo numero sarebbe al centro della attenzione per quello che di
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Diritto del lavoro: l’Europa e le bufale italiane
Renato Fioretti (8 ottobre 2018)
Già in numerose altre occasioni ho denunciato il subdolo e reiterato tentativo di lasciar credere ai nostri connazionali che l’appartenenza all’Ue richiedesse, di per sé, l’adeguamento della nostra legislazione nazionale a regole e norme vincolanti; che non consentivano alcuno spazio di manovra autonoma.
Ciò è sempre avvenuto, da parte di esponenti politici e di prezzolati consulenti – che (di norma) si presentano, addirittura, sotto le mentite spoglie di “indipendenti” al servizio dei lavoratori – quando si è ritenuto opportuno procedere con delle vere e proprie contro/riforme.
Quella realizzatasi, negli ultimi venti anni, in tema di Legislazione e Mercato del lavoro, ne è la rappresentazione più evidente.
In più occasioni, infatti, ci è stato somministrato quello che, in breve, è diventato un assordante slogan: “Ce lo chiede l’Europa”!
In virtù, quindi, di queste ipotetiche e ineludibili imposizioni dell’Ue, siamo stati costretti, tra l’altro, a subire quelli che, nel tempo, si sono rivelati veri e propri attentati alla complessa struttura legislativa che tutelava i lavoratori italiani.
Senza bisogno di eccedere in esempi pratici, è sufficiente il riferimento a quanto (di negativo) prodotto dalle nuove norme; in particolare, in materia di contratti a tempo determinato e art. 18 dello Statuto.
Nascevano, così, in Italia, rapporti di lavoro a termine “a/casuali” e reiterati nel tempo; cioè senza prevedere alcuna indicazione del motivo per il quale si ricorreva al T.D. piuttosto che a un regolare rapporto di lavoro a tempo indeterminato e con ampie possibilità di rinnovi e proroghe.
Cosa del tutto diversa succedeva, ad esempio, in Spagna che, fino a prova contraria, appartiene, al pari dell’Italia, alla stessa Ue. In quel paese, infatti, all’abuso della reiterazione del ricorso ingiustificato ai contratti a termine
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LA LINGUA SALVATA
de-gna-zió-ne
SIGNIl degnarsi, atteggiamento dell’acconsentire con benevolenza a compiere un atto inferiore alla propria dignità
dal latino dignatio stima, favore, rispettabilità
Questa parola si colloca in un punto cieco del nostro vocabolario quotidiano. Il degno, lo sdegnato, il degnare, figuriamoci la dignità, li frequentiamo assiduamente, la degnazione invece resta in disparte, poco battuta. È una parola fine e problematica, per la sua inconsuetudine sembra un po’ difficile da usare, e va vista bene.
Sarebbe l’atto del degnarsi, o meglio l’atteggiamento del degnarsi. Quindi prima si deve capire che cosa sia il degnarsi. Sui dizionari si trova riportato in maniera sintetica che è l’acconsentire a compiere qualcosa che non si considera all’altezza della propria dignità. In parola più semplici: va bene, mi abbasso a farlo. E spesso ricorriamo a questo significato con sprezzo ironico: ah, guarda chi si è degnato di venire alla mia festa; non mi degnerò di rispondere a chi si esprime in questo modo; lui non si degna di mettere benzina nell’auto, va sempre al servito. E in un’epoca orizzontale è difficile usare questo verbo in maniera schietta, non acre – per quanto magari, con emozione, io possa parlare di quella volta che il mio cantante preferito si degnò di autografarmi il cd. Il degnarsi implica l’esistenza di un superiore e un inferiore.
La degnazione è un sostantivo sottile: è quell’atteggiamento per cui
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Con le dimissioni di Nikki Haley, Israele perde una delle sue armi all’Onu
OTT 10, 2018 – LORENZO VITA
Le dimissioni di Nikki Haley come ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite non sono un evento secondario nel panorama mondiale. E soprattutto per il Medio Oriente, la fine del mandato di Haley rappresenta (forse) una svolta nella strategia politica americana. O quantomeno la perdita di un elemento essenziale per un certo tipo di politica regionale.
Dall’inizio del suo mandato al Palazzo di Vetro, la donna è sempre stata considerato un vero e proprio “falco” dell’amministrazione americana. La sua linea intransigente nei confronti dell’Iran è stata chiara da subito. Come è stato chiaro, di conseguenza, il suo totale sostegno alle iniziative di Israele in Medio Oriente.
Non che prima da Washington fossero arrivati grandi segnali di divergenza con lo Stato ebraico sulle politiche mediorientali. Alle Nazioni Unite, a parte in rarissimi casi sotto l’amministrazione Obama, gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto Israele.
Ma con Haley le cose sono state diverse. Come ha scritto Haaretz, l’Iran e tutti i suoi alleati sono diventati una vera “ossessione personale” per l’ambasciatrice di Trump all’Onu. E quest’ossessione ha portato a un asse senza precedenti fra il
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Criticare il terrorismo è una forma di “malattia mentale”?
di Guy Millière
8 ottobre 2018
Pezzo in lingua originale inglese: Is Criticizing Terrorism “Mental Illness”?
Traduzioni di Angelita La Spada
Di recente è stato pubblicato un rapporto di 615 pagine, scritto da un consigliere del presidente francese Emmanuel Macron, Hakim El Karoui, preposto a creare le nuove istituzioni di un “Islam francese”. Il report definisce l’islamismo come una “ideologia totalmente distinta dall’Islam” e inoltre non menziona mai i nessi esistenti fra l’islamismo e il terrorismo. Il rapporto insiste anche sulla urgente necessità di diffondere in Francia il “vero Islam” e di adottare l’insegnamento dell’arabo nelle scuole superiori pubbliche.
La richiesta da parte della magistratura a Marine Le Pen, di sottoporsi a una perizia psichiatrica per stabilire se sia sana, indica che le autorità francesi potrebbero ripristinare il vecchio utilizzo sovietico della “psichiatria” per mettere a tacere i dissidenti o gli oppositori politici.
L’offensiva giudiziaria contro Marine Le Pen ora si aggiunge a quella finanziaria. Anche se lei non viene incarcerata, la legge sembra essere stata utilizzata per esporla al rischio di essere dichiarata non eleggibile per le elezioni del Parlamento europeo che si terranno a maggio 2019.
I media francesi l’accusarono immediatamente di trasmettere immagini “indecenti” e “oscene”, e subito dopo il governo francese chiese al Dipartimento di Giustizia di incriminarla.Il 16 dicembre 2015, un giornalista francese di una emittente radiofonica mainstream paragonò il Front National (Fn), un partito francese di destra, allo Stato islamico (Isis) dicendo che esisteva una “convergenza di vedute” fra loro e che entrambi spingevano i propri sostenitori a “chiudersi nella propria identità”. Marine Le Pen, leader di Fn, parlando di un “inaccettabile scivolone verbale”, chiese alla stazione radiofonica il diritto di replica. Poi pubblicò su Twitter le immagini che mostravano i corpi delle vittime dello Stato islamico, aggiungendo: “L’Isis è questo!”
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POLITICA
Non torneremo indietro
Federica Francesconi – 10 ottobre 2018
“Non torneremo indietro” ha dichiarato ieri Salvini riferendosi all’assedio che in queste ore i potentati economico-finanziari hanno costruito intorno al Paese per convincere il governo a desistere sulla manovra finanziaria.
Un tabù è stato infranto, quello del rispetto ossessivo dei parametri economicistici strozzapopoli. Non si torna indietro. E ciò è bastato per provocare le reazioni rabbiose delle gerarchie di Bruxelles, del FMI e della stessa Bankitalia, un pezzo dello Stato che da anni non risponde più allo Stato ma a potentati stranieri.
Con buona pace di chi crede che la macchina burocratica dello Stato italiano è pura e al riparo dagli attacchi tentacolari della piovra europea.
Quando si infrange un tabù, le religioni ce lo insegnano, viene a cadere l’intero sistema, poiché i sistemi, siano essi religiosi, sociali o politici, si fondano sempre su divieti inossidabili la cui violazione mette in crisi il concetto stesso di divieto: se il divieto viene infranto anche una sola volta, significa che può essere infranto ad libitum da chiunque. I riformatori religiosi e politici di ogni tempo hanno fondato la loro prassi sull’infrazione costante di tabù atavici, pagando spesso con la vita o con l’ostracismo o l’interdizione a vita da ruoli di primo piano all’interno del sistema. Ci vuole coraggio, generosità e una tempra umana al di sopra della media per infrangere i divieti creati dal sistema per conservare se stesso.
La violazione del tabù comporta sempre l’ostracismo e la demonizzazione di chi ne è responsabile. Il sistema non perdona simili affronti. Ecco perché il governo italiano è diventato la bestia nera dell’UE. Pur non mettendo in
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Magaldi: Draghi e Mattarella, il padrone e il maggiordomo
Scritto il 09/10/18
Come va letta, la visita di Draghi a Mattarella? «Be’, come dire: il padrone è venuto a visitare il maggiordomo». Indovinato: è Gioele Magaldi a esprimersi in questi termini, per commentare l’insolita “capatina” al Quirinale, da parte del presidente della Bce, proprio mentre l’establihment finanziario, politico e mediatico spara sul governo Conte, che si è permesso di alzare il deficit al 2,4% del Pil – nella previsione 2019 del Def – sperando di cominciare a finanziare reddito di cittadinanza, taglio delle tasse e pensioni più decorose. La novità è che, dall’8 ottobre, Magaldi “esterna” – sempre di lunedì, alle 12 – sul canale YouTube di “Border Nights”, dopo l’improvvisa chiusura di “Massoneria On Air” da parte di “Colors Radio”, che ha licenziato il conduttore, David Gramiccioli. «L’editore, che in tre anni mi aveva lasciato la massima libertà – spiega lo stesso Gramiccioli, durante il collegamento con Fabio Frabetti – mi ha contestato il crollo del fatturato pubblicitario, legato anche a strutture sanitarie». Facile che a turbare gli sponsor sia stata l’offensiva giornalistica di Gramiccioli, che contro l’obbligo vaccinale introdotto dalla legge Lorenzin ha anche scritto e interpretato il fortunatissimo spettacolo teatrale “Il decreto”.
Gramiccioli ha anche ospitato stabilmente Massimo Mazzucco, che smonta la versione ufficiale sull’11 Settembre. Ha dato spazio a Enrica Perucchietti, autrice di saggi su “fake news” e terrorismo “domestico” gestito da servizi segreti occidentali sotto falsa bandiera. E “Colors Radio” ha fatto audience ogni lunedì con Magaldi, che non ha esitato a svelare la cifra massonica (occulta) di tanti uomini di potere. Gianfranco Carpeoro, ospite con Gramiccioli della prima puntata di “Gioele Magaldi Racconta”, cita i “Promessi sposi”: elegante, Gramiccioli, nel non infierire sulla proprietà di “Colors Radio” che l’ha lasciato a piedi senza preavviso, e senza alcun rispetto per i tantissimi, affezionati ascoltatori. Ma certo, dice Carpeoro, il comportamento dell’editore ricorda quello di Don Abbondio. “Il coraggio, uno non se lo può dare”, scrive Manzoni. Specie se magari, come in questo caso, ha incontrato i “bravi”, che gli hanno fatto il loro discorsetto: via Gramiccioli, o niente più contratti pubblicitari.
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SCIENZE TECNOLOGIE
Plasticità: un nuovo fattore nell’evoluzione?
di ANDREA PARRAVICINI – 8 ottobre 2018
Sempre più, oggi, i biologi evoluzionistici puntano l’attenzione sul fatto che nei processi adattativi non sempre le mutazioni genetiche sono il motore primario. In alcuni casi, cambiamenti fenotipici (cioè, non genetici) che sembrano essere innescati dall’ambiente precedono e facilitano l’adattamento degli organismi. L’ipotesi che sta emergendo è che tale plasticità degli organismi sia un fattore importante nell’innesco dei processi evolutivi. Questa idea della plasticity-first è stata recentemente discussa e verificata in significativi studi scientifici, che gettano nuova luce sui processi di adattamento degli esseri viventi. Non è però ancora chiaro quale sia stato il ruolo generale della plasticità come fattore evolutivo nella storia naturale.
Come si originano gli adattamenti negli organismi? I biologi evoluzionisti per rispondere a questa domanda fanno riferimento, solitamente, ai soli fattori genetici: una mutazione, se favorevole a un organismo in un certo ambiente, viene selezionata e innesca il cambiamento adattativo. Negli ultimi anni, tuttavia, questo principio che pone il cambiamento genetico come l’unico vero motore dell’evoluzione non pare essere così esclusivo. Molti ricercatori, infatti, puntano l’attenzione sul fatto che, in alcuni casi, cambiamenti fenotipici (cioè, non genetici), che sembrano essere innescati dall’ambiente, precedono e facilitano il processo di adattamento degli organismi. Stiamo parlando della cosiddetta plasticità fenotipica o di sviluppo, ovvero della capacità di un organismo di alterare il suo comportamento, la sua morfologia o anche la sua fisiologia in risposta ai cambiamenti ambientali. Da lungo tempo è riconosciuto che l’espressione dei tratti è plastica: lo stesso genotipo può produrre una gamma di fenotipi in risposta a diversi segnali ambientali. Tuttavia, la relazione causale tra la plasticità di un tratto e l’evoluzione di quel tratto rimane un problema largamente irrisolto.
L’ipotesi “plasticity-first”
Quando gli organismi sono messi alla prova da fattori di stress ambientale, rivelano una variabilità fenotipica e genetica maggiore rispetto a quella osservata in condizioni normali, ed è comunemente suggerito che tale variazione nascosta derivi dalla sfida indotta dallo stress all’omeostasi organismica.
L’idea che sta emergendo tra i biologi è che questa riconosciuta plasticità degli organismi rivesta un ruolo maggiore di quanto si sia fino ad ora pensato per quanto riguarda i meccanismi di evoluzione adattativa. Si ritiene infatti che un aumento delle variazioni e la successiva riorganizzazione dei sistemi di sviluppo degli organismi consentano la formazione di nuovi adattamenti. In sintesi, l’ipotesi della “plasticity-first” si basa sull’osservazione che la plasticità fenotipica spesso produce varianti di sviluppo che possono migliorare la fitness in condizioni di stress ambientale. Se esiste una variazione genetica sottostante alla tendenza o al modo in cui gli individui producono tali varianti (come spesso accade), allora la selezione naturale può affinare il tratto a partire dalla versione iniziale, attraverso cambiamenti genetici quantitativi nel tempo. In altre parole si verifica un processo di accomodamento genetico (genetic accomodation). Questo “aggiustamento fenotipico”, reso possibile dal grado di plasticità che un organismo rivela di fronte a un cambiamento ambientale, anticiperebbe il canonico “adattamento genetico”, che invece in tal caso
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