NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
17 GIUGNO 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Lo Spettacolo non è un insieme di immagini,
ma un rapporto sociale fra individui,
mediato dalle immagini.
GUY DEBORD, La società dello spettacolo, Baldini & Castoldi, 2017, pag. 64
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
Sapelli: Italia senza via d’uscita, hanno svenduto il paese 1
BERGOGLIO È “PROGRAMMATO” – COME GRETA? – Per la “transizione energetica” 1
“L’islam è l’ultima utopia della sinistra. Benpensanti alleati coi bigotti del Corano” 1
Zeffirelli, falso e cattivo: il genio dietro l’immagine perbenista 1
Ipervaccinazione dell’Italia
Giachetti e il conflitto d’interessi. 1
Le elezioni di Corigliano Rossano
Corigliano Rossano, la fusione un anno dopo. 1
Egregio presidente della rEPUBBLICA
Gentrificazione di Roma, un enorme danno sociale
Il disastro auto-inflitto della Svezia 1
La persona è morta, resta solo il personaggio
Terrorismo, il lato oscuro dell’Fbi 1
PD CHIEDE ALLA CONSULTA DI RIPRISTINARE I 35 EURO. 1
Non offendere i mussulmani
PROFUGHI NON VOGLIONO PULIRE SENTIERI: “NON SIAMO QUI A LAVORARE” 1
Nuovo decreto sicurezza
MARE NOSTRUM VOLUTO DA BERGOGLIO. 1
Sanguisughe d’Italia. Rilanciamo un nuovo elenco di enti inutili
Ci martellano ogni giorno con mantra incentrati sulla paura
FU DAVVERO BLACKROCK A ISPIRARE IL “CAMBIO DI SCENA” DEL 2011 IN ITALIA? 1
Tu chiamalo se vuoi: Csm. Magistrati per bene insorgete! 1
L’apocalisse dello IUS SOLI
Il magistrato ha liberato un ivolentatore
Questo è quello che vorrebbe insegnarci a campare
Quella terna tra Roma e Bruxelles
Perché la Svezia si sta suicidando? 1
Fregatura semantica … de sinistra
Il cavallo di trojan
Un libro racconta òe atrocitò dei partigiani
IN EVIDENZA
Sapelli: Italia senza via d’uscita, hanno svenduto il paese
Scritto il 17/6/19
Cosa sta succedendo in Europa? Che cosa cambia dopo il voto europeo e l’avanzare della trasformazione del sistema delle relazioni tra Stati in Europa e nel mondo? La struttura di questa relazione – scrive lo storico dell’economia Giulio Sapelli – in Europa è costituita da una forma di “superfetazione” tecnocratica, che rende faticosissimo e quasi impossibile l’emergere di un involucro istituzionale che sia idoneo sul piano funzionale a garantire l’unificazione del processo decisionale in atto nella sfera economica con quello in atto nella sfera politica. Com’è noto, aggiunge Sapelli sul “Sussuidiario”, nella storia secolare e ineguale della circolazione delle élite politiche emerse con il capitalismo, «la democrazia rappresenta un risultato assai recente e instabile, nella sua forma dettata dal suffragio universale». Le dittature tra le due guerre e il franchismo, il salazarismo e i colonnelli greci stanno lì a ricordarcelo, fino agli anni Settanta. «La forma politica in cui l’incompiuto impero europeo giunge nel secondo millennio – continua il professore – è quanto di più instabile e meno statico si sia potuto creare, nel rapporto tra economia e politica».
Aggiunge Sapelli: «Mentre infatti i profeti dell’impero invocano la centralizzazione poliarchica per affrontare le sfide di una competizione globale che intravedono tra blocchi continentali (tra potenze di mare e di terra), nulla di tale centralizzazione si è realizzata nei decenni che sono seguiti al fatidico 1957 dopo la firma del Trattato di Messina tra Scilla e Cariddi». Lì si è rimasti, secondo Sapelli, «invocando la centralizzazione politica e perpetuando invece la divisione militare, economica e politica di un incompiuto impero», quello europeo, «unificato solo dall’alto con una ragnatela tecnocratica» che è «preda di lobbismo e giurisprudenzialismo», visto che manca «una Carta costituzionale europea» nonché «partiti politici europei», ma anche «grandi gruppi industriali e finanziari europei». E’ assente pure «una disciplina, tanto della politica» (un con Parlamento Europeo che è privo di poteri) «quanto dell’economia», cioè con «regole antitrust pro-consumatori e contro i produttori». Sempre secondo Sapelli, «questa incompiutezza volge al disfacimento, alla disgregazione».
Lo dimostrano la Brexit e le recenti elezioni europee, «con la vittoria liberale ed ecologista che proprio queste non omeostaticità amplificheranno sino all’esaurimento». La continuità dell’ordoliberismo, per Sapelli, ormai non è più frenabile (continuità che le forze vincitrici «esaltano, sugli altari della lotta al debito come peccato». E questo «non potrà che rafforzare le spinte centrifughe, con conseguenze che saranno devastanti». Riflessione geopolitica: «L’emergere della Cina come potenza marittima eversiva dell’ordine internazionale non farà che aumentare le spinte centrifughe,
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https://www.libreidee.org/2019/06/sapelli-italia-senza-via-d%E2%80%99uscita-hanno-svenduto-il-paese/
BERGOGLIO È “PROGRAMMATO” – COME GRETA? – Per la “transizione energetica”
Maurizio Blondet 16 Giugno 2019
«Se oltrepassiamo la soglia degli 1.5º C delineata nell’obiettivo dell’Accordo di Parigi» seguiranno effetti “catastrofici” – E «manca solo poco più di una decade per raggiungere questa barriera del riscaldamento globale». Non è stata Greta a pronunciare queste parole, o altro credente nel riscaldamento globale causato d all’uomo.
E’ stato El Papa , giorni fa, salutando i miliardari capi della dozzina di multinazionali petrolifere che ha raccolto in Vaticano: a porte chiuse, come il Bilderberg.
Parlava a Ben Van Beurden, Ceo di Royal Dutch Shell, Michael Wirth, Ceo di Chevron, Barbara Novick, vice presidente e co-fondatrice di BlackRock, Larry Fink, Ceo di BlackRock, Ryan Lance, Ceo di ConocoPhillips, Darren Woods, Ceo di ExxonMobil, Bob Dudley, Ceo di British Petroleum.
Non li ha invitati a salvarsi l’anima e a ricordarsi dei poveri, ma che “il tempo stringe“, serve “azione determinata” per “transizione energetica radicale”.
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Che dire? E’ persino comico constatare fino a che punto il
vecchio sovrappeso dell’hotel Santa Marta imita la quindicenne Greta: ““Non c’è più tempo, è ora di agire”, dice lei, e lui “il tempo stringe”. Il tutto, beninteso, per “la transizione energetica radicale”, verso le “rinnovabili” (e le proteine da insetti) che è la direttiva da far ingollare a governi, cittadini, opinioni pubbliche.
La transizione energetica è il nuovo Comandamento. La Voce che lo ha dettato al nuovo Mosé non scende dal Sinai, ma dall’altissima finanza globale, il capitalismo terminale, che palesemente ha escogitato questo sviluppo-decrescita per : far avanzare il controllo globale che richiederà il Governo Mondiale, salvare se stesso e farci anche buoni affari, estraendo gli ultimi miliardi di profitti dalle umanità occidentali ormai spremute fino all’osso.
Il senso di Bergoglio per BlackRock
Altrimenti non si spiega perché alla riunione
a porte chiuse di El Bergoglio non abbiano preso parte solo i petrolieri, ma Larry Fink (j) e Barbara Novick (nata Goldman), ossia il numero uno e numero uno-bis di BlackRock (co-fondatrice e presidente).
Barbara Goldman Novick, co-fondatrice di BlackRock.
La massima finanziaria speculativa del mondo.
Condivide col Papa l’urgenza della “transizione energetica”.
La BlackRock è “la più grande finanziaria speculativa del mondo”, con oltre 6 mila e 300 miliardi di “attivi finanziari” da gestire. “La roccia invisibile che governa il mondo” secondo il Corriere
Che ha investimenti in tutti i paesi europei, che detta molte leggi della UE dove ha molti a libro-paga, anzi possiede di fatto anche la BCE – sì, la Banca Centrale Europea – attraverso gli “amici” che ci lavorano. Come Danièle Nouy, la direttrice della Sorveglianza della Banca Centrale la quale, severissima con l’Italia, ha affidato a BlackRock il compito di fare gli stress test delle banche europee: come invitare la volpe nel pollaio, è stato detto – naturalmente senza conseguenze.
https://solidariteetprogres.fr/documents-de-fond-7/economie/scandale-blackrock-lorsque-la-bce.html
Ebbene: questo è il campo di interessi globali in cui El Papa recita la parte assegnatagli. Da chi e come? L’immensità e la potenza dei mezzi messi in atto – i “venerdì” del clima in tutte le scuole d’Europa su incitamento di “Greta”, ricevuta da tutti i capi di stato e di governo, ripresa da tutti media, in tutti i suoi viaggi – implica una grande e costosa organizzazione; nulla di spontaneo e nemmeno di volontariato benintenzionato. Ma un papa ottantenne argentino che condivide con convinzione e ripete le stesse espressioni di una quindicenne svedese, evoca qualcosa di più profondo nelle capacità dell’organizzazione. Con tutte le esitazioni opportune, il ricordo corre a certi programmi di controllo mentale che la Cia praticò illegalmente negli anni ’50 e ’60. Argomento che fa subito bollare da complottisti: eppure il programma MK Ultra è stato una realtà storica, che a suo tempo suscitò scandalo e una commissione senatoriale d’inchiesta, la Commissione Church (1975).
PROGETTO “MK ULTRA” – https://allthatsinteresting.com/mkultra
E all’interno del MK-Ultra, un Monarch Project di controllo mentale sperimentò tecniche per la programmazione di individui per farne degli assassini inconsapevoli, e per la “profilazione” e condizionamento psichico di capi di stato stranieri nemici. In un mio articolo del 2005 ho cercato di documentare che queste pratiche e tecniche, lungi dall’essere abbandonate, sono state applicate dagli psichiatri militari israeliani per “formare” Hamas come organizzazione estremista, violenta e terroristica allo scopo di opporla all’OLP, Organizzazione di Liberazione della Palestina di Arafat e che “ i politici israeliani continuavano a considerarla un rivale di gruppi militanti e un elemento
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https://www.maurizioblondet.it/bergoglio-e-programmato-come-greta-per-la-transizione-energetica/
“L’islam è l’ultima utopia della sinistra. Benpensanti alleati coi bigotti del Corano”
Contro l’introduzione del reato di “islamofobia”. “Si impone il silenzio agli occidentali e ai musulmani liberali. Perché non si parla di ‘cristianofobia’?”, scrive il City Journal
18 settembre 2017
“È un nuovo arrivato nel campo semantico dell’antirazzismo, un termine che ha l’ambizione di rendere l’islam intoccabile e sullo stesso livello dell’antisemitismo”.
Così il filosofo e saggista Pascal Bruckner smonta la più micidiale accusa dei nostri giorni: “l’islamofobia”.
“A Istanbul, nell’ottobre 2013, l’Organizzazione della Conferenza islamica, finanziata da decine di paesi musulmani che perseguitano senza vergogna ebrei, cristiani, buddisti e indù, ha chiesto ai paesi occidentali di porre fine alla libertà di espressione sull’islam. L’intenzione dei firmatari era di fare della critica alla religione del Corano un crimine internazionale. Questa richiesta è sorta alla Conferenza mondiale delle Nazioni Unite contro il razzismo a Durban già nel 2001 e sarà riaffermata quasi ogni anno. Il primo obiettivo è quello di imporre il silenzio agli occidentali, colpevoli del colonialismo, della laicità e della ricerca dell’uguaglianza tra uomini e donne. Il secondo obiettivo, ancor più importante, è quello di forgiare un’arma di esecuzione contro i musulmani liberali che hanno osato criticare la loro fede e che hanno chiesto la riforma. Il concetto di ‘islamofobia’ maschera l’offensiva, guidata dai salafisti, dai wahhabi e dalla Fratellanza musulmana in Europa e in Nordamerica per islamizzare l’intero mondo occidentale. Una grande religione universale come l’islam include un vasto numero di popoli e non può essere assimilata a un particolare gruppo etnico. Il termine ‘islamofobia’, tuttavia, invita alla confusione tra un sistema di credenze specifiche e i fedeli che aderiscono a queste credenze.
Dovremmo allora parlare di ‘razzismo’ o fobia anticapitalista, antiliberale o antimarxista? Nonostante le minoranze cristiane nelle terre islamiche siano perseguitate, uccise e costrette all’esilio, e siano ormai minacciate di estinzione entro la metà di questo secolo, la parola ‘cristianofobia’ non ha mai attecchito. In Francia, con la sua tradizione anticlericale, possiamo prenderci gioco di Mosè, di Gesù e del Papa, e li descriveremo in ogni posizione, anche la più oscena. Ma non dobbiamo mai ridere dell’islam. Perché questo doppio standard? Per aver criticato due gruppi islamici francesi per complicità ideologica con gli assassini di Charlie Hebdo, mi sono ritrovato davanti a un tribunale, accusato di diffamazione. Ed ecco dove emerge il più strano fattore di tutta la polemica sulla ‘islamofobia’: una parte della sinistra americana e europea a difesa della forma più radicale dell’islam. Dopo aver perso tutto – la classe operaia, il Terzo Mondo – la sinistra si aggrappa a questa illusione: l’islam, ribattezzato come la religione dei poveri, diventa l’ultima utopia, sostituendo quelle del comunismo e della decolonizzazione per i militanti disincantati.
Il musulmano prende il posto del proletario. Ora è il credente del Corano che incarna la speranza globale per la giustizia, che si rifiuta di conformarsi all’ordine delle cose, che trascende i confini e crea un nuovo ordine internazionale, sotto l’egida del Profeta: un Comintern verde. Peccato per il femminismo, l’uguaglianza femminile, il dubbio salvifico, lo spirito critico. Questo atteggiamento politico è evidente sul velo islamico: il velo è lode ai cieli, tanto che per alcuni commentatori di sinistra una donna musulmana svelata e che sostiene questo diritto può solo essere una traditrice, una rivoluzionaria, una donna in vendita. L’ironia di questa fascinazione neocoloniale per gli uomini barbuti e le donne velate – e per tutto ciò che suggerisce un bazar orientale – è che il Marocco stesso, il cui re è il ‘comandante dei fedeli’, ha recentemente proibito l’uso, la vendita e la fabbricazione del burka nel suo paese.
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ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Zeffirelli, falso e cattivo: il genio dietro l’immagine perbenista
Si fingeva cattolico, ma era una “recchia”. Portava bei ragazzi nella villa a Positano. Poi il cameriere li accompagnava nei negozi e lui prendeva la “stecca” dai commercianti
di Paolo Isotta | 17 Giugno 2019
Mi odiava. Ho fatto per quarant’anni il critico musicale, e ho attaccato alcune regie liriche sue risibili e demagogiche. Perché era un retore. Si fingeva cattolico, figuriamoci. Si fingeva un adepto di “Dio-Patria-Famiglia”. Figuriamoci. Ha fatto il parlamentare per Berlusconi, disprezzandolo: avevano troppi tratti in comune, e Zeffirelli lo fiutava, essendo più intelligente di lui: con quella antipatica intelligenza dei toscani.
Infine, e qui c’è da scompisciarsi: se c’era una recchia, ma proprio una recchia, non un omosessuale (termine clinico che peraltro mi spiace), era lui. Ma da quando s’era costruito un’immagine perbenista, raccontava panzane del tipo: avrei un’inclinazione spirituale ma, da cattolico, non l’ho mai praticata. Si è fatto i più bei ragazzi italiani, dagli anni Cinquanta in poi, etero e omosessuali, preferibilmente etero, e sposati.
Gli ospiti della sua villa di Positano venivano portati dal cameriere Dorino nei negozî: costui gabellava di procurare sconti favolosi, faceva pagare i pezzi il doppio e pigliava la stecca dai negozianti. Però tutti (non io) in quella villa sono stati: era ospite generosissimo.
L’ultima volta che parlò di me, dichiarò al Messaggero: “Isotta è un cretino”.
Peccato sia stato tanto ipocrita. Inutilmente. In questo, vedo un tratto di schizofrenia. Come vedo un tratto di psicopatia il suo aver affidato la sua Fondazione in mani non degne.
Lo considerano un Visconti dei poveri. Visconti era un velleitario, un viziato, che ha fatto
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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Ipervaccinazione dell’Italia
Rupert Dn 16 96 2019
Un sospetto che continua a frullarmi nel cervello è il seguente. È emerso che l’Italia aveva accettato di fare da apripista per l’ipervaccinazione.
In pratica siamo un grande esperimento mondiale e gli italiani le “cavie”. Mi chiedo se non ci sia stato un patto del genere anche per quanto riguarda l’immigrazione. Il fatto che gli immigrati venissero e tuttora vengano portati principalmente in Italia può essere giustificato “solo” con la flessibilità sul debito pubblico come hanno detto?
Ma allora come si spiega questa protervia nel voler
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https://www.facebook.com/groups/barnardeuroparlamentare/permalink/2495362963861391/
Giachetti e il conflitto d’interessi.
Il deputato del Pd si sta battendo da giorni per salvare Radio Radicale. L’emittente dove lavora la sua ex moglie
Pubblicato su 24 Mag 2019 da INFOSANNIO
(di Sergio Patti – lanotiziagiornale.it) – Nulla di illegittimo o da giustificare, per carità, ma nella battaglia che Roberto Giachetti sta fieramente combattendo per salvare il finanziamento pubblico a Radio Radicale c’è un particolare che ai più è sconosciuto: tra i giornalisti dell’emittente c’è anche l’ex moglie Giovanna Reanda, tra l’altro madre di due figli avuti insieme.
La lotta del deputato, riferimento dei renziani all’ultimo congresso vinto da Nicola Zingaretti, è mossa senza dubbi da motivi ideali, avendo Giachetti un importante passato da radicale e una storia anche dentro la Radio costruita da
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BELPAESE DA SALVARE
LE ELEZIONI di CORIGLIANO ROSSANO
16 giugno 2019
Dopo 5 anni di lavoro incessante per proporre e promuovere il grande Progetto della Fusione con onere aggiuntivo di numerose utili trasferte nazionali e regionali;
Dopo la “guerriglia” istituzionale e territoriale da noi proposta: <<andiamo ad occupare lo svincolo a Rende>>, combattuta e vinta nel 2017 dal Comitato allargato ai due Sindaci e al Regionale On. Graziano, in tema di Collegi Camera e Senato, per impedire alla Bicamerale la già deliberata divisione che prevedeva “Corigliano accorpato a Castrovillari e Rossano a Cosenza e in Senato tutti a Cosenza” ed invece ottenemmo il Collegio Senatoriale Jonico di Crotone e il risultato del 4 marzo 2018; la qual cosa ha impedito non solo il nostro smembramento a favore dei soliti “papponi” ma ci ha fatto eleggere 7/8 parlamentari jonici mai avuti prima … e sulla loro qualità, discutiamo pure!
Dopo il Referendum vittorioso con il concorso di TUTTI così come abbiamo sempre detto, dobbiamo anche ricordare (ai corti di memoria e non solo) che i tanti Comitati sono stati Deliberati in Assemblea dal grande Comitato 100 Associazioni per fare meglio la campagna Referendaria quindi non a chiacchiere e a vedere il VIDEO della “FESTA” a INSITI, NOI C’ERAVAMO TUTTI … MENO I NOBILI O I NOBILITATI.
Bene, ce ne siamo fatti una ragione e siamo andati avanti ma non potevamo restare fuori dalla fase elettorale come meri testimoni.
Senza dubbio, per noi, sarebbe stato più conveniente, magari offrire appoggi … oppure mettersi sotto l’ombrello nelle Liste forti di qualcuno … e “andare a cacciare le preferenze in campo altrui” ostentando una forza inesistente. Ma ci siamo detti che quella poteva essere solo una scelta individuale da subito scartata perché a noi piace “l’Onore della battaglia sul campo”. In alternativa avremmo voluto (come risulta dagli atti) che si mantenesse la linea che voleva il candidato Sindaco “prescelto” a capo della Lista del Comitato e, forse, analizzando bene il risultato che c’è stato… le cose sarebbero potute andare ben diversamente…
Ha prevalso invece da una parte, dall’altra e dalla terza, L’UOMO SOLO AL COMANDO che NOI non abbiamo voluto mai rappresentare e possiamo dimostrare di non aver voluto mai garantire in alcun modo anche nella fase della discussione in streaming. Chiunque si proclami vincitore morale … è certo che a noi basta la “carezza” che abbiamo ottenuto dall’elettorato che non si smentisce mai nell’irriconoscente avarizia dei numeri, tuttavia strappati, quei numeri, per un verso ai noti professionisti del voto e per altro agli opportunisti bene imboscati nei LISTONI. Strappare voti uno ad uno tra mille concorrenti è terribilmente difficile. Altra cosa è andare a prenderli nell’elettorato altrui come tanti perfetti “milites “gloriosi di plautiana memoria.
Comunque siamo abituati a non piangere su nulla perché riteniamo di avere fatto ancora una volta e sempre il nostro sacrosanto DOVERE non portando in giro finte professionalità, non alimentando polemiche ma operando con cura e buon senso in attesa del leale confronto con la nuova Amministrazione e con il Sindaco eletto che avrà davanti a sé l’enorme prateria già creata e sulla quale condurre la FORTUNA DI QUESTA FUSIONE.
NOI, COME SEMPRE, CI SIAMO. GRAZIE A TUTTI
Vs. Amerigo Minnicelli
Messaggio di posta elettronica del 16 giugno 2019, 21:33
Corigliano Rossano, la fusione un anno dopo
Luca Latella – 4 aprile 2019
di Luca Latella CORIGLIANO ROSSANO Ed anche la prima candelina è stata spenta, magari con qualche desiderio in più. Ad un anno dalla “nascita” del nuovo comune sulla base della…
CORIGLIANO ROSSANO Ed anche la prima candelina è stata spenta, magari con qualche desiderio in più. Ad un anno dalla “nascita” del nuovo comune sulla base della fusione di Corigliano e Rossano, da queste parti si iniziano a tracciare i primi bilanci. Molti dei quali affrettati: quelli che imputando alla fusione anche i problemi più banali del vivere quotidiano, come se in Italia – e peggio ancora in Calabria – esistessero le bacchette magiche o mago Merlino. La stragrande maggior parte del popolo del “sì”, invece, affida le proprie speranze ad un futuro migliore e ad un’amministrazione comunale eletta capace di intercettare i bisogni veri dei cittadini, magari bandendo dinamiche da vecchia politica.
PROLOGO Il processo di fusione è lungo e tortuoso. Nasce nel cuore del Comitato delle 100 associazioni per la fusione di Corigliano e Rossano nell’ormai lontano 2014. Un gruppo di sodalizi, tutti dediti al volontariato, che crescono di numero di giorno in giorno (saranno circa 150 alla fine) seduti attorno ad un tavolo e guidate da Amerigo Minnicelli.
L’avvocato è uno dall’occhio lungo, “combatte” contro la riconversione a carbone della centrale Enel e partorisce l’idea fusione già nei primi anni 2000, per come testimoniano i suoi scritti pubblicati all’epoca. Le associazioni pensano in grande, probabilmente spinte anche dal continuo depauperamento dei servizi sul territorio.
Una sorta di “sistema immunitario”, insomma, sviluppatosi dal basso per immunizzarsi – grazie alla legge dei grandi numeri – dal virus di una incomprensibile spending rewiew programmata dallo Stato a discapito delle periferie.
Corigliano e Rossano, tuttavia, periferia non si sono mai sentite, se non per certi complessi di inferiorità accusati da qualche amministratore del passato.
2014 È estate ed attorno al tavolo quadrato dell’Hotel San Luca decidono di sedersi un gruppo di persone man mano sempre più nutrito. Le riunioni, numerose, sono libere e tutti vi possono partecipare. Ed è lì che nasce il cosiddetto “appello” poi inviato ai sindaci qualche mese più tardi. Un documento articolato e redatto per lanciare un messaggio chiaro: l’unione fa la forza. L’atto, affinché sia validato, deve passare dai due consigli comunali. I quali vengono chiamati ad esprimersi: approvare, e dunque delegare il popolo alla decisione finale attraverso un referendum, per come prevede la legge, oppure rispedirlo al mittente.
Il lavoro del comitato è certosino, si prova a convincere i consiglieri comunali e ed i sindaci della bontà del
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Egregio Presidente della Repubblica italiana.
Joe Hansock 16 06 2019
I giornali pubblicano notizie sulle attività parallele dei componenti del Consiglio superiore della magistratura che ne sputtanano nel profondo tutta la composizione.
Tali notizie, indipendentemente dal risultare vere o meno, disegnano un progetto ed una intenzione, da parte di soggetti noti i della politica italiana, attualmente eletti nel senato della repubblica ed alla Camera dei deputati, i quali intendevano attraverso rapporti diretti ed attività collaterali, effettuare un vero e proprio colpo di stato controllando tutte le cariche dello stato mediante il controllo della magistratura inquirente.
E di questo progetto ALTAMENTE eversivo Lei,
a detta dei componenti della associazione eversiva,
pare fosse tenuto al corrente
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https://www.facebook.com/100012824432099/posts/698901280547347/
Gentrificazione di Roma, un enorme danno sociale
www.asia.usb.it – e-mail: asia@usb.it
Asia USB 16 06 2019
APPELLO
IL CENTRO È DEI ROMANI NON DEGLI AFFARI!
IL COMUNE DI ROMA VUOLE FAVORIRE L’ESPULSIONE DEI CETI POPOLARI DALLE CASE DEL PATRIMONIO DISPONIBILE (ZONE TERMINI, TESTACCIO, ECC.) E INCORAGGIARE I PROCESSI DI TURISTIFICAZIONE (B&B) E GENTRIFICAZIONE.
20 giugno ore 17.30 incontro in via Giolitti
Da anni una lenta inarrestabile trasformazione dei quartieri del centro storico della nostra città ha allontanato gli abitanti che lì risiedevano. Dagli anni 80 con la terziarizzazione, uffici, banche, sedi istituzionali hanno preso il posto delle residenze e delle botteghe storiche.
A Roma nel 1951 su 1.600.000 abitanti 400.000 erano residenti nel centro storico. Nel 1990 su 2.700.000 abitanti solo 160.000 erano rimasti ad abitare nei quartieri centrali, cacciati via dall’enorme aumento dei valori immobiliari e dalla trasformazione dell’abitare prodotta dall’espulsione delle funzioni produttive, artigianali, dei servizi sociali e del commercio di prossimità.
La Roma di Veltroni degli anni 2000, costruita attorno ai grandi eventi, aumenta ancora la distanza fra il centro, diventato vetrina della città offerta a investitori internazionali, e tutti gli altri quartieri sparsi sempre più lontano nel vasto territorio comunale.
Il colpo finale è venuto dall’attuale massiccia turistificazione.
Il boom di presenze ha travolto territorio e residenti. Lo spazio urbano si è trasformato per rispondere alla domanda di cibo e pernottamento veloce. Il fenomeno di Airbnb ha colpito ferocemente su una condizione abitativa già disastrosa.
Contemporaneamente le condizioni economiche indotte dal patto di stabilità e il fiscal compact imposto dalla BCE, sono diventate il grimaldello per la svendita del patrimonio pubblico. L’acquisto di interi immobili da parte di fondi di investimento e fondi immobiliari per destinarli al mercato turistico è il panorama che ci troviamo di fronte.
Attraverso parole come recupero, riuso, rigenerazione si continua a mettere in atto l’operazione di espulsione degli abitanti e la trasformazione del centro a nudo meccanismo di rendita, vetrina e consumo. Lo si fa costruendo una narrazione che parla di degrado, di decoro, di sicurezza. In realtà si vuole nascondere la povertà e allontanarla, affinché non oscuri l’immagine della città messa in vendita.
Intere aree vengono gentrificate con l’afflusso di risorse destinate a riqualificare le costruzioni preesistenti per convertirle in distretti esclusivi, difesi da contorni invisibili.
La gentrificazione non porta alcun beneficio alla città. Chi vive in affitto deve pagare sempre di più, mentre chi possiede una casa ha la possibilità di venderla a un prezzo molto alto. Entrambi sono spinti a spostarsi altrove, lasciando che si trasformi l’identità socio-economica del quartiere.
Questo è quello che sta succedendo anche intorno alla stazione Termini, che sembrava dover essere declassata e sostituita dalla nuova stazione Tiburtina dell’alta velocità.
Invece la centralità di Termini è rimasta e ha visto continue ristrutturazioni delle sue zone inutilizzate come la manica su via Giolitti, il nuovo Mercato Centrale, l’hotel Radisson Blu es.
A questi processi di espulsione degli abitanti dal centro storico (zona Termini, Testaccio, ecc.) ora si sta allineando anche il Comune di Roma che, con la delibera n. 133 approvata a luglio 2018, vuole mettere all’asta gli affitti
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https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2455214271369021&id=1607618536128603
CONFLITTI GEOPOLITICI
Il disastro auto-inflitto della Svezia
Le ragazze terrorizzate di Uppsala; i figli dei terroristi dell’Isis
di Judith Bergman – 16 giugno 2019
Pezzo in lingua originale inglese: Sweden’s Self-Inflicted Mess
Traduzioni di Angelita La Spada
- Secondo un rapporto di Amnesty International, in Svezia, non viene data priorità alle indagini per stupro, ci sono “tempi di attesa eccessivamente lunghi per i risultati delle analisi del DNA”, non viene fornito abbastanza sostegno alle vittime di violenza sessuale e non c’è sufficiente impegno a fini preventivi.
- Nel 2017, un rapporto della polizia svedese, intitolato “Utsatta områden 2017” (“Aree vulnerabili 2017”, comunemente note come “no-go zones” o zone senza legge), mostrava l’esistenza di 61 di tali zone in Svezia, con 200 reti di criminalità, costituite da circa 5 mila criminali. Ventitré di queste aree erano particolarmente critiche. (…)
- “Non riesco a sopportare di vedere bambini che se la passano così male. (…) Non dovrebbe esserci ombra di dubbio sul fatto che il governo fa ciò che può per questi ragazzini [figli dei terroristi dell’Isis] e se possibile dovrebbero essere portati in Svezia.” – Il ministro degli Esteri Margot Wallström.
- Purtroppo, l’orribile destino dei bambini yazidi ridotti in schiavitù non sembra essere qualcosa che la Wallström “non riesce a sopportare”.
Secondo l’ultimo rapporto sulla sicurezza nazionale, pubblicato dal Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità, quattro donne su dieci hanno paura di camminare liberamente per strada. Secondo il rapporto di Amnesty International, “in uno studio del 2017, l’1,4 per cento della popolazione ha dichiarato di avere subìto uno stupro o degli abusi sessuali, percentuale corrispondente a circa 112 mila persone”.
Nella pittoresca città universitaria svedese di Uppsala, l’80 per cento delle ragazze non si sente al sicuro in pieno centro storico. Una 14enne, che ha paura di rivelare la sua identità, ha detto ai media svedesi che indossa sempre scarpe da ginnastica in modo da poter “correre veloce” se viene aggredita:
“Mi sono seduta su una panchina e dei ragazzi sono subito venuti a sedersi accanto a me da entrambi i lati e altri si sono messi di fronti a me. Hanno iniziato a toccarmi i capelli e ad afferrarmi le gambe, dicendomi cose che non capivo. Ero così terrorizzata e ho detto loro ripetutamente di smettere, ma non mi hanno ascoltata. (…) Tutto è così orribile. Questo è così sbagliato. Voglio sentirmi sicura [nel tornare a casa in autobus]”, ha dichiarato la ragazzina.
Un recente sondaggio della regione di Uppsala mostra che soltanto il 19 per cento delle ragazze che frequentano le scuole superiori si sente al sicuro nel centro di Uppsala. Nel 2013, la percentuale era del 45 per cento. Gli uomini e i ragazzi che fanno parte delle bande e che molestano sessualmente le ragazze svedesi di Uppsala sono spesso migranti appena arrivati nel paese.
In risposta, i funzionari di Uppsala avrebbero detto alla stampa svedese: “In genere, incoraggiamo le ragazze che non si sentono al sicuro a pensare ciò che devono fare per sentirsi al sicuro, come non camminare da sole per strada, assicurarsi che qualcuno vada a prenderle e qualsiasi altra cosa che possa ridurre il loro senso di insicurezza”. In altre parole, le autorità lasciano alle ragazze stesse la responsabilità di far fronte a questo cruciale problema di sicurezza.
Le ragazze terrorizzate di Uppsala non sono che una piccola parte dell’intero quadro. Secondo il più recente Rapporto sulla sicurezza nazionale, pubblicato dal Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità (Brottsförebyggande Rådet or Brå), quattro donne su dieci hanno paura di camminare liberamente per strada. “Quasi un quarto della popolazione sceglie di prendere una strada diversa o un altro mezzo di trasporto a causa dell’ansia all’idea di essere vittima di un crimine. (…) Tra le donne di età compresa tra i 20 e i 24 anni, il 42 percento dichiara di aver spesso optato per un percorso differente o per un’altra modalità di trasporto, perché non si sente al sicuro e teme di essere vittime di reato. La percentuale corrispondente tra gli uomini della stessa fascia di età è del 16 per cento…”, secondo il Brå.
Ciononostante, il governo sta riducendo le risorse della polizia. Nel nuovo bilancio di primavera, la polizia si è vista tagliare 232 milioni di corone svedesi (24,5 milioni di dollari). “Le proposte del budget di primavera avranno conseguenze per le attività della polizia, ma è ancora troppo presto per capire quali effetti sortirà questa decisione. Ora analizzeremo come gestiremo le nuove condizioni economiche”, ha dichiarato la polizia in risposta alle spese proposte in bilancio, con il capo della polizia Anders Thornberg che critica i tagli.
Per come stanno le cose, la polizia è già oberata da compiti che non riesce ad assolvere correttamente, come risolvere i casi di stupro. Un recente rapporto di Amnesty International, intitolato “Tempo di cambiare: Giustizia per le sopravvissute allo stupro nei paesi del Nord Europa“, pubblicato ad aprile, ha duramente criticato la Svezia per non far fronte adeguatamente ai casi di stupro. Secondo il report dell’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, in Svezia, non viene data priorità alle indagini per stupro, ci sono “tempi di attesa eccessivamente lunghi per i risultati delle analisi del DNA”, non viene fornito abbastanza sostegno alle vittime di violenza sessuale e non c’è sufficiente impegno a fini preventivi.
Il rapporto di Amnesty afferma:
“Nel 2017, la polizia svedese ha ricevuto 5.236 denunce per stupro sporte da persone dai 15 anni in su: il 95 per cento delle vittime erano donne o ragazze. Le statistiche preliminari per il 2018 mostrano 5.593 denunce per stupro di cui il 96 per cento delle vittime erano donne o ragazze. Tuttavia, sottovalutare gli stupri e altri reati sessuali significa che queste cifre non forniscono un quadro realistico della portata del problema. In uno studio del 2017, l’1,4 per cento della popolazione ha dichiarato di avere subìto uno stupro o degli abusi sessuali, percentuale corrispondente a circa 112 mila persone. La stragrande maggioranza delle vittime di stupro non denuncerà mai il reato alla polizia. Di quelli che lo fanno, in pochi vedranno finire il loro caso in tribunale. Nel 2017, sono stati avviati procedimenti giudiziari che nell’11 per cento dei casi riguardano minori di età compresa tra i 15 e i 17 anni e nel 6 per cento dei casi coinvolgono adulti”.
I reati a sfondo sessuale non sono gli unici crimini che le autorità svedesi si trovano incapaci di affrontare adeguatamente. Nel 2018, la Svezia ha registrato un numero record di sparatorie letali: 45 persone sono rimaste uccise in tutto il paese. La maggior parte di questi episodi ha avuto luogo nella zona di Stoccolma, e il numero maggiore di vittime è stato registrato nella parte meridionale del paese, dove si trova Malmö. “Un numero altissimo” ha detto Gunnar Appelgren, commissario di polizia di Stoccolma. Nel 2017, furono 43 le vittime di colpi d’arma da fuoco. Tuttavia, il numero di questi episodi è diminuito leggermente: passando da 324 nel 2017 a 306 nel 2018. Anche il numero delle persone rimaste ferite è in lieve flessione: 135 nel 2018, rispetto alle 139 nel 2017.
Secondo la polizia, molte delle sparatorie sono collegate a conflitti criminali e alle cosiddette “aree vulnerabili” (utsatta områden, comunemente conosciute come “no-go-zones” o zone senza legge). Nei primi sei mesi del 2018, secondo la polizia, quasi ogni altra sparatoria ha avuto luogo in “un’area vulnerabile”. Nel 2017, un rapporto della polizia svedese, intitolato “Utsatta områden 2017” (“Aree vulnerabili 2017”), mostrava l’esistenza di 61 di tali zone in Svezia, con 200 reti di criminalità, costituite da circa 5 mila criminali. Ventitré di queste aree erano particolarmente critiche: i bambini di dieci anni erano coinvolti in gravi reati, come quelli connessi ad armi e droga. La maggior parte degli abitanti erano immigrati non occidentali, e per lo più musulmani.
Ad aggravare tali problemi, si aggiunge anche il fatto che il ministro degli Esteri svedese Margot Wallström sembra voler riportare in Svezia i figli dei terroristi svedesi dello Stato islamico (Isis) che vivono nei campi profughi in Siria.
“È complicato ed è per questo che ci vuole del tempo per elaborare una politica e diffondere un chiaro messaggio, ma ci stiamo lavorando quotidianamente. Non riesco a sopportare di vedere bambini che se la passano così
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https://it.gatestoneinstitute.org/14392/svezia-disastro
CULTURA
Pietro Di Muccio de Quattro – 12 giugno 2019
Desideriamo raccomandare agli orecchianti della libertà e ai divulgatori di un liberalismo di seconda mano l’ultimo libro di Lorenzo Infantino “Cercatori di Libertà” (Rubbettino Editore, 2019).
L’autore è professore di Filosofia delle scienze sociali nell’Università Luiss Guido Carli, dove numerosi studiosi lo hanno onorato dedicandogli, soltanto un mese fa, il corposo volume collettaneo “Individuo, libertà e potere” (Rubbettino Editore, 2019).
I curatori hanno sottolineato che “l’opera di Infantino si pone nel solco del pensiero liberale: dalla tradizione dei moralisti scozzesi, di David Hume e Adam Smith alla Scuola Austriaca, di Carl Menger, Ludwig von Mises e Friedrich A. von Hayek. Nella sua lunga carriera di studioso, Infantino ha dato un fondamentale impulso alla diffusione delle idee di questi giganti del pensiero e ha prodotto importanti contributi originali sull’evoluzionismo sociale, sull’ordine spontaneo e sulla natura del potere”.
Tale sottolineatura è non solo esatta in sé ma anche confermata in pieno dall’ultimo libro che, già accattivante nel titolo, offre una panoramica sul pensiero di molti tra questi uomini di sapere: dal rapporto impossibile tra Hume e Rousseau ai debiti di Benjamin Constant nei confronti di Adam Smith; dall’attualità di Mises nel nostro tempo ai capisaldi della riflessione hayekiana anche in rapporto a Keynes; dalla teoria di Bruno Leoni sul diritto e la libertà alle convergenze e divergenze metodologiche tra Scuola austriaca dell’economia alla democrazia senza liberalismo di Ortega y Gasset; dalla critica del marxismo di Settembrini ai rapporti tra Einaudi e gli economisti austriaci.
Di speciale e palpitante interesse sono le considerazioni di Infantino su Einaudi e il progetto europeista. Infantino ricorda che Einaudi già nel 1897 scriveva: “La nascita della federazione europea non sarà meno gloriosa solo perché nata dal timore e dalla sfiducia reciproca e non invece dall’amore fraterno e dagli ideali umanitari”. E dunque ancora oggi la “sfiducia reciproca”, men che frenare od ostacolare o impedire un’Europa federale, potrebbe e dovrebbe esserne la realistica base costruttiva, se è vero che la diffidenza ben
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La persona è morta, resta solo il personaggio
di Francesco Lamendola
È noto che Pirandello considerava il personaggio più vero, più forte, più sostanziale della persona, perché dotato di una essenza, di una logica, di una coerenza interna; mentre la persona gode solo del bene effimero (se pure è un bene) della semplice esistenza, una cosa labile, fuggevole, aleatoria, oggi c’è e domani non ci sarà più. Invece il personaggio, roccioso, perenne, incrollabile, resta e, talvolta, sfida i secoli e i millenni. Sbaglierebbe, pertanto, chi pensasse che il personaggio pirandelliano abbia qualcosa in meno della persona; al contrario, possiede molte cose in più; ed è qui, probabilmente, la radice di quell’atteggiamento di malcelata insofferenza, di fastidio e di disprezzo appena trattenuti, che lo scrittore siciliano sembra nutrite verso i suoi personaggi. Suoi? Niente affatto. Egli era convinto che il personaggio non solo vive assai più a lungo della persona; ma che la precede, perché vive già di vita propria, non si sa dove, prima che qualche scrittore si decida a fermarlo sulla carta e ad attestare la sua esistenza. Allora quel fastidio, quel sordo rancore di Pirandello cessano di apparirci come una stranezza e diventano una cosa perfettamente spiegabile e comprensibile: qualcosa di simile a ciò che provano gli uomini d’oggi, o meglio alcuni di essi, nei confronti del calcolatore elettronico. Il calcolatore è una forma d’intelligenza e, in qualche modo, una forma di vita, che prescinde dall’esistenza concreta, bastandogli quella virtuale: che non è meno, ma più efficiente e più invasiva dell’esistenza materiale. L’uomo sente, intuisce, che prima o poi il computer prenderà il suo posto; per ora esso si “accontenta” di sopravvivergli, ma ben presto potrà svolgere praticamene tutto quel che ora fa l’uomo, con maggior precisione e con rapidità infinitamente superiore. La persona, dunque, farà la fine dell’uomo di Neanderthal, si estinguerà, e la sua nicchia verrà presa da un essere più evoluto, l’elaboratore elettronico appunto.
La persona farà la fine dell’uomo di Neanderthal, si estinguerà, e la sua nicchia verrà presa da un essere più evoluto, l’elaboratore elettronico, . . . il telefonino!
Ora, la domanda che dobbiamo porci è la seguente: vi sono i presupposti perché il personaggio di sostituisca alla persona, allo stesso modo, per le stesse cause e con le stesse modalità, o con modalità perfettamente equivalenti, a quelle con cui il calcolatore elettronico sta prendendo il posto dell’uomo e si avvia a sostituirlo e rimpiazzarlo? Secondo noi, sì; diremo di più: si tratta di un processo che è già in atto, si sta svolgendo sotto il nostro sguardo (distratto) ed è già in fase avanzata di realizzazione. In effetti, la persona non può essere sostituita, a meno che non sia lei stessa ad abdicare al proprio statuto ontologico e scelga di esser qualcosa di meno di ciò che le spetta. Alla persona spettano intelligenza, volontà, sensibilità, memoria, creatività, immaginazione; se essa ritiene di non poter realizzare queste facoltà, o se ritiene di poter delegare qualcun altro a svolgerle per lei – ad esempio, qualcuno che pensi al suo posto, che ricordi per lei, che scelga per lei – la persona finirà per abituarsi a non esser più necessaria, comincerà a ritrarsi e, un poco alla volta, a sparire. Alla fine resteranno solo i suoi surrogati, le funzioni che sono state chiamate a prendere il suo posto per svolgere gli stessi lavori. Ebbene, a tutto ciò si presta meravigliosamente il personaggio. Esso ha tutti i vantaggi rispetto alla persona, perfino quello di morire al suo posto – suicidandosi, per esempio – e poi seguitare a esistere, in un certo
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CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Terrorismo, il lato oscuro dell’Fbi
Ludovica Amici – 23 luglio 2014 RILETTURA
Human Rights Watch e l’Istituto dei Diritti Umani della Columbia University hanno pubblicato lunedì un rapporto in cui emerge che l’Fbi ha coinvolto alcuni musulmani con cittadinanza americana, incoraggiandoli e talvolta pagandoli per commettere atti terroristici, nell’ambito di numerose operazioni sotto copertura realizzate dopo l’11 settembre. Il più delle volte l’Fbi ha preso di mira persone particolarmente vulnerabili. Con disabilità intellettive e mentali. Oppure poveri. Che probabilmente non avrebbero mai partecipato ad azioni terroristiche di propria iniziativa. Ma che si sono trovati intrappolati.
Le duecentoquattordici pagine del rapporto – dal nome “Human Rights Abuses in US Terrorism Prosecutions“ – offrono un quadro del ruolo del Dipartimento di giustizia nella lotta contro il terrorismo prendendo in esame ventisette casi. Dall’avvio delle indagini fino alla condanna. Documentandone il costo umano significativo per certe pratiche antiterrorismo. Il rapporto si basa su oltre 215 interviste a persone accusate di terrorismo o condannate per reati ad esso connessi. In questo video di quattro minuti si spiega il quadro generale.
Dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, più di 500 persone, circa 40 casi l’anno, sono stati processati in tribunali federali con l’accusa di terrorismo. Il rapporto solleva interrogativi circa la capacità del sistema di giustizia penale degli Stati Uniti di rispettare i diritti civili. Ci sono stati casi che riguardano violazioni del giusto processo nei casi di terrorismo post-9/11. Condizioni abusive di reclusione che hanno portato a pene detentive troppo lunghe. Isolamento prolungato e severe restrizioni al contatto con le famiglie o gli altri. Ritrae un sistema basato su operazioni sotto copertura, prove segrete, giurie anonime, detenzioni abusive. Human Rights Watch ha detto che i casi “sollevano gravi preoccupazioni per i diritti umani.”
“Agli americani è stato detto che il governo sta cercando di mantenerli al sicuro prevenendo e perseguendo il terrorismo all’interno degli Stati Uniti, ma risulta che la maggior parte di queste persone non avrebbe commesso nessun atto
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https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/23/terrorismo-il-lato-oscuro-dellfbi/1069554/
DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
PD CHIEDE ALLA CONSULTA DI RIPRISTINARE I 35 EURO
17 GIUGNO 2019
Arrivano al vaglio della Corte Costituzionale i ricorsi presentati mesi fa dalle Regioni rosse riguardo al primo decreto sicurezza. O almeno di quello che resta delle ‘regioni rosse’.
Il decreto è entrato in vigore lo scorso ottobre. Da subito è stato inviso al sistema che orbita intorno al business dell’accoglienza visto il taglio dei 35 euro passati a 21 euro, la chiusura dei porti e l’abrogazione della ‘protezione umanitaria’ (Oseghale) che di fatto ha messo in crisi il sistema delle coop per “mancanza di cosiddetti immigrati”.
Mercoledì prossimo, quindi, la Consulta, in udienza pubblica, avvierà l’esame dei ricorsi presentati dalle regioni Sardegna, Umbria, Emilia-Romagna, Basilicata, Marche, Toscana, Calabria e Piemonte.
Regioni che, nel frattempo, da 8 sono diventate 6 e stanno per diventare 5 con le prossime elezioni in Umbria. Tra pochi mesi potrebbero essere 2. E l’anno prossimo chissà, il rosso potrebbe essere solo un colore assente dalla politica.
Le Regioni che hanno fatto ricorso dicono di aver rilevato violazioni della Costituzione nelle norme che hanno modificato i meccanismi dei permessi di soggiorno, dell’accoglienza dei richiedenti asilo e dell’iscrizione anagrafica. Parlano addirittura di introduzione del daspo urbano.
Nello specifico, quindi, le Regioni che protestano sollevano dubbi di costituzionalità dell’articolo 1 del dl Sicurezza, che modifica alcune norme del testo unico sull’immigrazione del 1998, sostituendo l’istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari con una pluralità di fattispecie tipizzate. Per i “ribelli” le previsioni specifiche di permesso di soggiorno per “casi speciali” sarebbero insufficienti ad assicurare la copertura dell’intera area di accoglienza dovuta in base agli obblighi costituzionali, sovranazionali e internazionali di tutela.
Per farla breve:
Sardegna, Umbria, Emilia-Romagna, Basilicata, Marche, Toscana, Calabria e Piemonte
non accettano i tagli all’accoglienza,
non accettano i porti chiusi.
Ma non solo. La protesta si sfoga anche sull’articolo 12 del decreto, che riguarda invece l’accoglienza dei richiedenti asilo. Le Regioni, infatti, sostengono che tale norma, nel riformare lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), esclude da tale sistema, gestito dagli enti locali, i richiedenti asilo, destinandoli ai centri di accoglienza a gestione governativa. In questo modo, quindi, dicono che le loro facoltà in quanto Regioni verrebbero compromesse.
E poi arriviamo alla contestazione dell’articolo 13, (comma 1), sull’iscrizione anagrafica. Le Regioni denunciano la previsione secondo la quale il permesso di soggiorno per la richiesta di asilo viene ritenuto “documento di riconoscimento”, ma non “titolo” per l’iscrizione anagrafica. E questo – a detta loro – sarebbe una preclusione dell’accesso ai servizi erogati da Regioni ed enti locali per i quali la residenza costituisce un presupposto per l’accesso.
’ultimo articolo è il 21, contenuto nella seconda parte del Decreto di Legge, dedicato alla sicurezza pubblica. Qui a combattere sono l’Emilia-Romagna, la Toscana, la Calabria e il Piemonte. Qui si parla di “Daspo urbano” e i ricorsi sostengono che tale misura sarebbe sproporzionata e potrebbe incidere sul diritto alla salute.
Nel frattempo, le coop che fanno riferimento alla sinistra stanno disertando i nuovi bandi per l’accoglienza e presentando ricorsi a raffica in tutta Italia, perché rivogliono i 35 euro.
L’obiettivo è boicottare il decreto Salvini per ricominciare il business dell’accoglienza.
È chiaro,
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Non offendere i musulmani
Sisto Ceci 16 06 2019
A tutti quelli che impongono di non fare, di non dire, di non mangiare qualcosa per non offendere i musulmani.
Ultimo il divieto del panino e mortadella all’asilo di Pontedera.
Se progressivamente dobbiamo rinunciare a tutto quello che ci divide e ci differenzia dai musulmani e dobbiamo omologarci ai loro costumi, allora perché Papa Bergoglio stesso, come massimo esponente di questa corrente di pensiero integrazionista suicida, non invita o obbliga i cristiani di tutto il mondo, a smettere di credere in Cristo, in Dio
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PROFUGHI NON VOGLIONO PULIRE SENTIERI: “NON SIAMO QUI A LAVORARE”
17 giugno 2019
È ormai certo che i richiedenti asilo non fuggono da alcuna guerra. Né dalla fame, come testimoniano anche le ultime foto dei ‘malati’ scesi dalla Sea Watch.
Ma non vengono nemmeno a lavorare. Né hanno intenzione di ripagare l’accoglienza.
Come nel famoso caso dei 24 profughi che l’anno scorso erano ospiti a Zone, Brescia. Di loro, nessuno accettò di dare una mano a pulire i sentieri.
E così il sindaco Marco Zatti, molto arrabbiato, perché molto deluso, prima scrisse una lettera al prefetto di Brescia Annunziato Vardè e poi prese pala, piccone e rastrello e se ne è andato lui stesso a sistemare il percorso più frequentato del paese.
Ad aiutarlo, due volontari, suoi concittadini: Alessio Marchetti, 18 anni, studente, e Andrea Sina, in mobilità sino a qualche mese prima e in attesa di andare in pensione.
“Dal 24 giugno al primo luglio illuminiamo le piramidi d’erosione- raccontava
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Nuovo Decreto sicurezza
Post di G.B.
Chiara Desiderio 15 06 2019
Espulsione immediata dei migranti irregolari, ampliamento della detenzione preventiva per i rifugiati, taglio del Welfare agli stranieri, perquisizioni senza bisogno di mandato giudiziario.
Si tratta di un nuovo Decreto sicurezza ideato da Matteo Salvini?
Di una proposta di Giorgia Meloni?
Si tratta di una legge approvata dal parlamento tedesco col voto dei popolari della signora Merkel e
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MARE NOSTRUM VOLUTO DA BERGOGLIO
L’ORDINE VIA TELEFONO AL PD, COSTATO 1 MILIONE DI CLANDESTINI
16 giugno 2019
Ricordate Mare Nostrum, l’operazione che diede inizio alla grande invasione che ha portato quasi 1 milione di africani in Italia?
A richiederla al Pd sarebbe stato direttamente Bergoglio.
Ricordiamo tutti quel maledetto 18 ottobre 2013. Kyenge era ministro. Letta era premier. E Bergoglio era Papa da 6 mesi. Una congiunzione astrale quasi apocalittica.
L’operazione sarebbe nata dopo una telefonata che Bergoglio fece “all’allora presidente del Consiglio Enrico Letta, in cui sollecitò un intervento dell’Italia.
Sicuro della solidità della sua fonte (“fonti di alto livello del Ministero degli Interni”, tra i quali “un alto funzionario del dicastero, oggi in pensione”) il vaticanista Marco Tosatti spiega sul suo blog che “l’Italia decise unilateralmente di varare l’Operazione Mare Nostrum allo scopo di raccogliere in mare quanti più migranti possibile, portarli sul territorio nazionale, far fare a tutti la domanda di asilo e trattarli, anziché come clandestini, come richiedenti asilo e, di fatto, come veri e propri profughi. La questione, oltre a comportare la violazione del diritto interno, internazionale e consuetudinario […] funse da moltiplicatore delle partenze dall’Africa, delle quali è tuttora un palese incentivo, e si tradusse in una collusione di fatto con i trafficanti di esseri umani, che da allora si arricchiscono ancor più, con cifre stimate superiori al traffico di stupefacenti”.
“C’era il Governo Letta in cattive acque. Arrivò una telefonata dal Papa”, ha confidato un alto funzionario dello Stato a Tosatti, rievocando l’origine di Mare Nostrum. “Perché, secondo lei, appena ho potuto sono andato via?”.
Non ci sorprende.
Del resto, Bergoglio ce lo
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ECONOMIA
SANGUISUGHE D’ITALIA, RILANCIAMO UN LUNGO ELENCO DI ENTI INUTILI
– www.miglioverde.eu| – 2016 RILETTURA NECESSARIA
Non passa giorno – da anni ormai – che non si legga sui giornali di tagli, di spending review (inglesismi che nascondono il nulla), di Cottarelli oggi e Bondi ieri, di coperture per coprire omaggini vari del governo, di tagli delle Province che tagli non sono, visto che per 3000 politici che se ne vanno ne arriverà un’informata di 30.000, con città metropolitane annesse.
Da anni, invece, si sa cosa e chi tagliare. Gli enti inutili sono un must – ad esempio – ma una volta citati, tutto rimane nel dimenticatoio della politica, perchè dietro agli enti inutili si nascondono migliaia e migliaia di parassiti utili… al clientelismo nostrano.
Di seguito, per conoscenza generale, pubblichiamo un lungo elenco di soggetti inutili che succhiano soldi ai contribuenti. Buona lettura.
– Presidenza del Consiglio dei Ministri;
– Ministeri;
– Organi costituzionali e di rilievo costituzionale;
– Agenzia del demanio;
– Agenzia del territorio;
– Agenzia delle dogane;
– Agenzia delle entrate;
– Agenzia italiana del farmaco – AIFA;
– Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali – AGE.NA.S;
– Agenzia nazionale per la sicurezza del volo – ANSV;
– Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie;
– Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione;
– Agenzia per la rappresentanza negoziale delle P.A. – ARAN;
– Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA;
– Cassa conguaglio per il settore elettrico;
– Cassa conguaglio trasporti di gas petroli liquefatti;
– Comitato nazionale permanente per il microcredito;
– DigitPA;
– Agenzia nazionale del turismo;
– Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e
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https://www.miglioverde.eu/sanguisughe-ditalia-ecco-un-lungo-elenco-di-enti-inutili/
Ci martellano ogni giorno con mantra incentrati sulla paura.
Federica Francesconi 12 06 2019
Paura di uscire dall’Euro e dall’Ue, perché altrimenti ci aspetta una catastrofe economica e tu non potrai più pagare il mutuo della villetta, le rate del suv e non potrai più permetterti il viaggio ai Caraibi.
L’unico pensiero, che poi è assenza di pensiero, su cui la mente, svuotata dei suoi fantasmi alimentati dalla paura eterodiretta deve incentrarsi, è questo: la transitorietà di tutto.
La tua personalità che dipende dal ruolo che rivesti nella società, dal grado di influenza che riesci ad esercitare, dagli oggetti e dalla mobilità finanziaria che possiedi, non è l’esistenza. Esistere è in qualche modo morire. La morte cancella la falsa personalità, il ruolo sociale e il budget finanziario. E allora perché inquietarsi? Ogni secondo un fiore sfiorisce, una stella collassa su se stessa, un fiume rinnova le sue acque. Esiste un qualcosa che non sia transitorio? No, non esiste. Lo stesso principio a maggior ragione va applicato a ciò che non
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https://www.facebook.com/1165264657/posts/10216376727268515/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
FU DAVVERO BLACKROCK A ISPIRARE IL “CAMBIO DI SCENA” DEL 2011 IN ITALIA?
DI MARIA GRAZIA BRUZZONE – 15 APRILE 2015 RILETTURA
La RocciaNera negli opachi intrecci fra fondi di investimento e megabanche che si stanno comprando tutto.
Il nuovo Limes su Chi ha paura del Califfo? è in edicola, puntualissimo e subito ripreso da tv e social media. Meno attenzione è stata data al numero precedente dedicato a Moneta e Impero (l’impero del dollaro, naturalmente) che proponeva, fra gli altri, un pregevole pezzo su “BlackRock, il Moloch della finanza globale”: un “fondo di fondi” americano con 30mila portafogli e $4,100 miliardi di asset ($4,652 secondo l’ultimo dato SEC, dic 2014) che non solo non ha rivali al mondo, ma è una delle 4-5 ‘istituzioni’ che ricorrono tra i maggiori azionisti delle principali megabanche americane, come vedremo.
E non solo di queste: era anche il maggior azionista di DeutscheBank – la banca tedesca che nel 2011 ritirò per prima i suoi capitali investiti in titoli italiani, spingendo il nostro paese sull’orlo del ‘baratro’ e nelle braccia del governo Monti – rivela Limes – nonché grande azionista delle prime banche italiane, e di altre imprese. Sull’ influenza politica della RocciaNera non solo a Wall Street ma nella stessa politica di Washington insiste del resto l’articolo (di Germano Dottori, cultore di studi strategici alla Luiss).
Ma chi è, cos’è BlackRock, a cui l ‘Economist ha dedicato una copertina? Come si colloca nel paesaggio finanziario globale?
IL CONTESTO. E’ quello della finanziarizzazione e globalizzazione dell’economia.
Il valore complessivo delle attività finanziarie internazionali primarie è passato dal 50% al 350% del Pil globale dal 1970 al 2010, raggiungendo i $280mila miliardi – solo il 25% del quale legato agli scambi di merci. Mentre il valore nozionale dei ‘derivati’ negoziati fuori dalle Borse ( Over The Counter) a fine giugno 2013 aveva raggiunto i 693mila miliardi di dollari. Una gran parte sono legati al mercato delle valute. E al Foreign Exchange Market o Forex, si scambiano mediamente 1.900 miliardi di dollari al giorno. Fin qui Limes.
La deregolamentazione galoppa, cominciata con Margaret Thatcher e Ronald Reagan, spinta dalle megabanche che inventano nuovi prodotti finanziari e puntano a eliminare ogni barriera così da rafforzare il loro primato e dilatare il loro dominio sul mondo, dove nuovi paesi stanno velocemente emergendo. Nascono e prosperano gli hedge fund, i fondi a rischio speculativi, società di investimento, spesso collegati alle banche, innanzitutto anglosassoni. Nel 1986 la City londinese è del tutto deregolamentata.
Due gli atti fondamentali, entrambi sotto la presidenza del Democratico Bill Clinton alla fine degli anni ’90 che portano a compimento la deregolamentazione neoliberista della finanza. Il secondo meno noto del primo.
- L’abolizione del Glass -Steagall Actche dagli anni ’30 separava le banche commerciali dalle banche d’affari, voluto dal presidente F.D.Roosevelt per ridimensionare lo strapotere di Wall Street all’origine della Grande Crisi del 1929. La sua abolizione “Fu come sostituire i forzieri delle banche con delle roulettes”, ironizza il giornalista investigativo Greg Palast.
- La cancellazione simultanea da parte del WTOdelle norme che in ogni paese potevano ostacolare il trading dei derivati, il nuovo gioco ad alto rischio a cui le megabanche volevano assolutamente giocare, la gallina dalle uova d’oro. L’abolizione di ogni controllo sui derivati che aprì i mercati a quei prodotti contrattati ‘fuori Borsa’, compresi gli asset tossici, la decise per tutti il World Tradig Organization– egemonizzata dagli Usa, che di solito si occupa di scambi di merci – su impulso dell’allora segretario al Tesoro Larry Summers e delle principali megabanche, che vennero persino invitate a fare lobby in vista del voto decisivo (qui Palast con l’appunto dell’assistente di Summers, il futuro segretario al Tesoro Tim Geithner).
BLACKROCK NASCE E CRESCE in questo clima. (Torniamo a Limes). Basata a New York comincia a operare nel 1988, autonoma nel 1992, subito protagonista nella finanza internazionale. Passo dopo passo. Con “una sapiente strategia di dilatazione delle attività che l’ha portata ad acquisire posizioni ovunque le interessasse, comprando piccoli quantitativi di azioni in banche e imprese”. Piccoli ma crescenti. “Entrando nel mercato sia dei venditori di assets sia degli acquirenti di attività, fino a gestire $4100 miliardi – $4652 è l’ultima cifra ufficiale – di azioni, obbligazioni, titoli pubblici, proprietà: pari al Pil di Francia più Spagna”. Più del doppio del Pil italiano.
E ‘fa politica’.
- A. Entra nel capitale di due delle maggiori agenzie di rating, Standard & Poors(5,44%) e Moodys(6,6%), ottenendo la possibilità di influire sulla determinazione di titoli sovrani, azioni, e obbligazioni private e di poter incidere su prezzo e valore delle attività che essa stessa acquista o vende.
- Comincia a operare nell’analisi del rischio, la vendita di ‘soluzioni informatiche’ per la gestione di dati economici e finanziari diventa il comparto n. 1 del suo business, elaborando dati che – a differenza di quelli delle agenzie di rating – “incorporano anche pesanti elementi politici”, scrive Limes.
- Sfrutta la crisi del 2007-8sia per rafforzarsi sia per accreditarsi presso il potere politico americano. Nel 2009 il Segretario al Tesoro Geithner prima consulta la Roccia Nera, poi le chiede di valutare e prezzare gli asset tossici di una serie di istituti come Bear Stearns, AIG, Morgan Stanley. Compiti che BlackRock esegue, “agendo alla stregua di una sorta di Iri privato”. Nel 2009 fa anche un colpo grosso, acquistando Barclays Investment Group, col suo carico immenso di partecipazioni azionarie nelle principali multinazionali, vedi oltre.
- “Sviluppa la capacità di informare, formare e se nel caso manipolarei propri clienti, utilizzando tecniche e software non diversi da quelli impiegati da Google (di cui ha il 5,8%) o dalla NSA per sondare gli umori della gente”. Si serve della piattaforma Aladdin, almeno 6000
computer in 12 siti più o meno segreti, 4 dei quali di nuove concezioni, ai quali si rapportano 20.000 investitori sparsi per il mondo”.
- Crea un centro studi d’eccellenza, il BlackRock Investment Institute, che elabora analisi qualitative che tengono in considerazione anche variabili politico-strategiche(esempi). Sempre più “grande fondo di investimento interessato al profitto ma anche alla stabilità, sicurezza e prosperità degli Stati Uniti”, sottolinea Limes. Spende in lobbying $1milione l’anno, aggiungiamo.
Il fondatore e leader Larry Fink “non fa mistero di essere un fervente democratico” e in buoni rapporti col presidente Obama, scrive il post, ma secondo altre fonti in realtà Fink frequenterebbe’ circoli prediletti da repubblicani neoconservatori. E’ ‘Il più importante personaggio della finanza mondiale’ ma, nonostante questo, ‘virtualmente uno sconosciuto a Manhattan’ “( Vanity Fair citato da Europa quotidiano).
BLACKROCK E GLI EVENTI ITALIANI DEL 2011. Il super-fondo “svolse probabilmente un ruolo molto importante nel precipitare la crisi del debito sovrano italiano che travolse nel 2011 il governo presieduto dal governo Berlusconi. Lo spread fra Bund tedeschi e i nostri Btp iniziò infatti a dilatarsi non appena il Financial Times rese noto che nei primi sei mesi di quell’anno Deutsche Bank aveva venduto l’88% dei titoli che possedeva, per 7 miliardi di euro”. Così Limes. “Molti videro un attacco al nostro paese ispirato da Berlino e dai poteri forti di Francoforte, aggiunge”, citando articoli di allora.
Probabilmente non era così.
L’articolo rivela infatti che il potente istituto di credito tedesco aveva allora un azionariato diffuso, il 48% del capitale sociale era detenuto fuori dalla Repubblica Federale, e il suo azionista più importante era proprio BlackRock con il 5,1% .
(Peraltro oggi la Roccia Nera detiene in Deutsche Bank una quota ancor maggiore, il 6,62% – è il maggior azionista seguito da Paramount Service Holdings, basato alle Isole Vergini Britanniche, al 5,8% – dati ufficiali dic.2014 Alla pari con una fondazione di Panama e l’ex primo ministro del Qatar riferiva la SEC americana ma a giugno vedi qui. E qui un quadro più aggiornato e articolato ma che sembra coincidere solo in parte).
“Si può escludere che il fondo non abbia avuto alcuna parte in una decisione tanto strategica come quella di dismettere in pochi mesi quasi tutti i titoli del debito sovrano di un paese dell’UE? Se attacco c’è stato non è detto che sia stato perpetrato dalle autorità politiche ed economiche della Germania” sostiene il post, sottolineando l’opacità dei mercati finanziari.
“E’ un fatto – continua – che a picchiare più duramente contro i nostri titoli a partire dall’autunno 2011 siano proprio Standard& Poors e Moodys, piuttosto che Fitch (la terza agenzia di rating)”.
Un’ipotesi interessante, quella di Limes. Che getta una luce nuova su tanta parte della narrazione di questi anni sulla Germania, l’Europa e i PIIGS, a partire dalle polemiche di quell’agosto bollente, con Merkel e Sarkozy fustigati da Giuliano Amato sul Sole24Ore – Amato che in quel 2011 era fra l’altro senior advisor proprio di Deutsche Bank (e chissà che senza la decisione di Deutsche Bank di vendere i titoli di Stato di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna, la tempesta finanziaria non sarebbe iniziata).
Un’ipotesi realistica, che apre altri interrogativi, sugli intrecci fra potere finanziario e politico, sul “potere sovrano” degli stati, anche della potente Germania. E sulla composizione azionaria di questi istituti – banche varie, fondi, superfondi: di chi sono? Chi decide che cosa, al di là dei luoghi comuni ripetuti delle narrative ufficiali? Proviamo solo ad aprire qualche spiraglio qua e là. Cominciando dalla banca tedesca.
L’ANGLO-AMERICANIZZAZIONE DI DEUTSCHE BANK e la trasformazione dell’istituto nato nel 1870, da banca che storicamente ha per missione il finanziamento dell’industria a banca che genera metà dei suoi profitti dal trading di derivati, valute, titoli, cartolarizzazioni, è storia non troppo lontana. Risale a quando, col crollo dell’URSS, l’attenzione della finanza angloamericana si concentra sull’Europa. E avviene a seguito di misteriosi omicidi.
Alfred Herrhausen, presidente della banca e consigliere fidato del cancelliere Khol aveva in mente uno sviluppo della mission tradizionale e stilò addirittura un progetto di rinascita delle industrie ex comuniste, in Germania, Polonia e Russia. Andò persino parlarne a Wall Street. Venne improvvisamente freddato fuori dalla sua villa, a fine 1989. Si disse dalla RAF, magari invece dalla Stasi, come qualcuno scrisse, o da altri.
Stessa sorte tocca al suo successore, un altro economista che si era opposto alla svendita delle imprese ex comuniste elaborando piani industriali alternativi alla privatizzazione. Ucciso nel 1991 da un tiratore scelto.
Dopo di lui a Deutsche Bank – alla sua sede londinese – arriva uno squadrone di ex Merril Linch, compreso il capo che diventa presidente, riorganizzando tutto in senso ‘moderno’, anche troppo? La banca che deve portare sfortuna, perché anch’egli muore, a soli 47 anni in uno strano incidente del suo aereo privato. Va meglio al suo giovane braccio destro, Anshu Jain, un indiano, jainista, passaporto britannico, cresciuto professionalmente a New York, tutt’oggi presidente della banca diventata prima al mondo per quantità di derivati, spodestando JPMorgan: è esposta per 55.000 miliardi, 20 volte il Pil tedesco, a fronte di depositi per 522 miliardi.
LO SCONTRO COL POTERE POLITICO. “Quanto è pericoloso il potere di mercato delle maggiori banche di investimento?” Se lo chiedeva due anni fa lo Spiegel riportando un durissimo scontro fra Deutsche Bank e il ministro tedesco dell’ Economia Wolfgang Schauble. Scriveva il settimanale: “Un pugno di società finanziarie domina il trading di valute, risorse naturali, prodotti a interesse. Migliaiaia di investitori comprano, vendono, scommettono. Ma le transazioni sono in mano a un club di istituti globali come Deutsche Bank, JP Morgan, Goldman Sachs. Quattro banche maneggiano la metà delle transazioni di valute: Deutsche Bank, Citigroup, Barclays e UBS.
BLACKROCK COMPRA IN ITALIA (o l’Italia?) “Un’altra ragione che dovrebbe farci prestare attenzione alla Roccia Nera è che ha messo radici in molte realtà imprenditoriali nel nostro paese”, scrive Limes. “Che si sta comprando l’Italia”,titolava più spiccio Europa quotidiano , quando un certo allarme si spargeva nel Bel Paese ( qui l’Espresso).
A fine 2011 la Roccia aveva il 5,7% di Mediaset, il 3,9% di Unicredit, il 3,5% di Enel e del Banco Popolare, il 2,7% di Fiat e Telecom Italia, il 2,5% di Eni e Generali, il 2,2% di Finmeccanica, il 2,1% di Atlantia(che controlla Autostrade) eTerna, il 2% della Banca Popolare di Milano, Fonsai, Intesa San Paolo, Mediobanca e Ubi.
E oggi? Molte di queste quote sono cresciute e BlackRock è ormai il primo azionista di Unicredit col 5,2%, il secondo azionista di Intesa-SanPaolo, col 5%. Al 5% anche la partecipazione di Atlantia, al 9,4% sarebbe quella di Telecom. “Presidi strategici che permetteranno a BlackRock di posizionarsi al meglio in vista delle privatizzazioni prossime venture invocate da molti ‘per far scendere il debito’” scrive Limes.
La nuova ondata, dopo quella del 1992-93 a prezzi di saldo, seguita alla brutale speculazione sulla lira che ne aveva tagliato il valore del 30%? La Grecia c’è già dentro, ma resiste. La crisi dei PIIGS a che altro serve se no?
NON E’ IL SOLO. Aggiungiamo che State Street Corporations, un altro colosso americano, non un fondo di investimenti ma una storica ‘banca di custodia’ basata a Boston che nel 2003 aveva acquistato la divisione Securities di Deutsche Bank, nel 2010 ha comprato l’ attività di “banca depositaria” di Intesa SanPaolo(custodia globale, controllo di regolarità delle operazioni, calcoli, amministrazione delle quote dei fondi e di servizi ausiliari come gestione dei cambi e del prestito di titoli, qui Sole24Ore ).
BLACKROCK E GLI INTRECCI CON LE MEGABANCHE. La Roccia Nera di chi è, chi sono i suoi azionisti principali? Cercando nel web ci si ritrova in un labirinto di scatole cinesi, un terreno opaco e cangiante.
Azionista n. 1 di BlackRock, nel prospetto di Yahoo finanza (il più chiaro, dic.2014) col 21,7% è PNC Financial Services Group Inc. , antica banca di Pittsburg, la 5°per grandezza negli Usa, pur meno nota. PNC era proprietaria della RocciaNera fino al 1999, racconta Bloomberg (nov 2010, parla di PNC e Bank of America che ne vendono quote). Azionisti n. 2 e 3 sono Norges Bank, la Banca Centrale di Norvegia, e Wellington Management Co., altro fondo di investimenti, di Boston (2100 investitori istituzionali in 50 paesi, $869 miliardi di asset, investimento minimo $5 milioni, per dire).
Poi però tra gli azionisti ‘istituzionali’ – i più rilevanti – troviamo State Street Corporation, FMR-Fidelitye Vanguard Group (ancora una società di investimenti, gestisce $3000 miliardi di assets), fondata nel 1977 dal presidente di quella Wellington a cui appare legata in varie combinazioni. Le stesse quattro società Vanguard, BlackRock, State Street e FMR-Fidelity con Wellington sono gli unici azionisti istituzionali di PNC! Non solo.
I magnifici quattro. Queste quattro società si ritrovano con varie quote fra gli azionisti delle principali megabanche. I “Big Four” li chiamava un post in cui ci siamo imbattuti tempo fa, riproposto negli ultimi anni da vari blog. Un titolo di sapore complottista (“Le grandi famiglie che governano il mondo”) e la scoperta che era apparso nel 2011 anche su Pravda.ru, induceva ai
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GIUSTIZIA E NORME
Tu chiamalo se vuoi: Csm. Magistrati per bene insorgete!
Saverio Lodato – 15 Giugno 2019
Che vergogna di Paese. Ogni ora che passa, ogni nuova intercettazione svelata, ogni nuova dichiarazione a propria discolpa da parte delle persone coinvolte, squaderna sotto gli occhi di milioni di italiani il quadro spaventoso di una certa magistratura che tramava a fin di nomine, scatti di carriere, aggiustamenti di indagini sgradite, consolidamento di un potere invisibile, di bassissimo conio, parallelo a quello sancito per legge che lo vorrebbe invece autonomo e indipendente dalla politica.
È sin troppo ovvio che se ciò accade, la politica può leccarsi i baffi, portando all’incasso assai di più di quanto stimato in questi giorni da Giuliano Ferrara, per il quale – come ha scritto – la magistratura è da quasi trent’anni che predica bene e razzola male. Si direbbe che Ferrara aveva visto lungo.
Che vergogna di Paese.
Uno dei coinvolti dice, a sua discolpa, che “di notte” ognuno può fare ciò che gli pare. Come dire che tutti i gatti, al buio, sono neri.
Un altro dice che, in quello che un collega giornalista ha definito lucidamente un Csm “by night”, qualcuno “dormiva”. Ci fu un tempo in cui i mafiosi dicevano, nelle Corti d’Assise, a loro difesa: “Presidente, io non c’ero, e se c’ero
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L’APOCALISSE DELLO IUS SOLI
Sisto Ceci 15 06 2019
Come giustamente sottolineano tanti commentatori, il problema più grande, la conseguenza collaterale più pesante e devastante della nuova legge sullo IUS SOLI, saranno i ricongiungimenti familiari .
Si svilupperà un fiorente traffico
di anziani genitori dall’Africa in Italia.
Scopriremo che non muore nessuno da quelle parti perché saranno sicuramente SEMPRE 4 per famiglia: 2 genitori per il marito e 2 per la moglie, di cui nessuno potrà mai certificare la vera identità.
Arriveranno da ogni angolo dell’Africa con documenti falsi di ogni tipo e una volta che gli anziani avranno messo piede in Italia, subito partirà, grazie all’assistenza disinteressata dei bonzi sindacali, la richiesta di pensione sociale.
Già ne paghiamo oltre 100.000, grazie ad una legge ad hoc firmata dal nostro marmoreo presidente Mattarella,
Sarà la bomba nucleare che esplodendo distruggerà definitivamente il nostro sistema pensionistico, con milioni di nuovi pensionati che non hanno versato e mai verseranno un solo € e della nostra già agonizzante
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Il magistrato ha liberato un violentatore.
Fabrizio Druda 16 06 2019
Non esiste atto più triviale e aberrante della violenza carnale in particolar modo nei bambini, tale violenza è la violazione della più profonda libertà che si manifesta con la penetrazione nel corpo di una donna sia questa adulta o bambina. Non esiste pena per chi commette l’atto e per chi l’avvalla sia questo un avvocato o un giudice.
Una società che ammette questo stupro non merita di sopravvivere come non lo merita una
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PANORAMA INTERNAZIONALE
QUESTO È QUELLO CHE VORREBBE INSEGNARCI A CAMPARE!
Lisa Grazia 16 06 2019
Juncker al centro di uno scandalo fiscale che coinvolge 340 multinazionali
Accordi segreti fiscali tra centinaia di aziende e il Lussemburgo per evitare miliardi di euro di imposte, sono stati necessariamente coperti dal Presidente della Commissione europea.
Quaranta media internazionali basati su documenti ottenuti dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) hanno appena rivelato l’esistenza di accordi fiscali segreti tra il Lussemburgo e 340 multinazionali, tra cui Apple, Amazon, Ikea, Pepsi o Axa . Questi accordi, che consentono a queste società di ridurre al minimo le loro tasse, rappresentano miliardi di euro di entrate fiscali perse per gli stati in cui queste società realizzano profitti, secondo l’ICIJ e i suoi partner media, tra cui Le Monde in Francia, The Guardian nel Regno Unito, la Süddeutsche Zeitung in Germania, l’Asahi Shimbun in Giappone.
Sono stati trascorsi tra il 2002 e il 2010, in un momento in cui Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea dal 1° novembre, era alla guida del Lussemburgo. Ministro delle Finanze del Granducato dal 14 luglio 1989 al 23 luglio 2009, è stato anche il primo ministro per quasi 19 anni, dal 20 gennaio 1995 al 4 dicembre 2013. Non solo il Sig. Juncker non ha ignorato le pratiche aggiornate dall’ICIJ, ma nelle posizioni che occupava li ha organizzati.
Il Lussemburgo era conosciuto come il ducato dell’evasione fiscale. L’interesse delle indagini dell’ICIJ è di spiegare il meccanismo, rivelando così la complicità del potere politico lussemburghese. La pratica del “ruling fiscale”, scoperta in questo sondaggio di sei mesi soprannominato “Luxembourg Leaks” o “LuxLeaks”, è legale. Consente a una società di chiedere in anticipo in che modo la sua situazione sarà gestita dall’amministrazione fiscale di un paese e di ottenere determinate garanzie legali. I gruppi interessati realizzano così miliardi di euro di risparmi ogni anno grazie alla creazione di una filiale, una holding o il trasferimento di una sede centrale nel territorio del Granducato. Con l’obiettivo di pagare la minima tassa possibile. Le 28.000 pagine di accordi fiscali segreti a cui il ICIJ ha avuto accesso a 340 aziende leader – tra cui Apple, Amazon, Verizon, AIG, Heinz, Pepsi, Ikea – e tutte provengono dall’ampia società di consulenza e revisione PricewaterhouseCoopers (PwC).
Questi accordi riguardano quindi solo le aziende clienti di PwC. E il Lussemburgo non intende rinunciare alla pratica del “ruling fiscale”: “Fa parte del nostro patrimonio e noi vogliamo perpetuarlo secondo le regole”, ha detto il suo ministro delle Finanze, Pierre Gramegna, a Le Monde il 29 ottobre. Prima di aggiungere, non senza cinismo: “Il mantenimento di una certa competitività
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POLITICA
Quella terna tra Roma e Bruxelles
Marcello Veneziani –La Verità 13 giugno 2019
Un, due, Tria. Tra i grillini e i leghisti in campo c’è una terna arbitrale gradita al Quirinale e a Bruxelles. L’arbitro è l’Avvocato, professor Giuseppe Conte da Volturara Appula, i segnalinee sono il ragionier Filini in arte Giovanni Tria e il segnaposto-ombra Enzo Moavero Milanesi. È il Trio Carbone del governo e dovrebbe servire a eliminare i molesti gonfiori intestinali della Commissione europea. È la zona grigia tra il governo italiano e la commissione europea, il cuscinetto a tre punte in mezzo ai due; la piccola azienda artigianale in cui si rattoppano e si modificano i prototipi, adattandoli alla sagoma del cliente. Sono i tre stranieri della nazionale di governo, tre tecnici con permesso temporaneo di soggiorno, tre marziani spopulisti che non stanno né di là né di qua, e che nella mitologia governativa rappresentano le Parche del Compromesso.
Il professor avvocato Conte gode di un reddito di presidenza, variante del reddito di cittadinanza, un sussidio percepito anche senza svolgere la sua mansione. Ma lui sceneggia bene il ruolo di premier, sarà un figurante ma fa la sua figura. Non essendo né il padre del governo né il figlio del movimento grillino o del partito leghista, l’ho definito manzonianamente il Conte Zio. Anche anagraficamente ai due leader di governo lui non potrebbe essere padre e non è coetaneo, ma solo Zio. Il Conte Zio appare nei Promessi sposi come attore non protagonista, perché gli sposi sono loro, Renzo Salvini e Lucia Di Maio. “Il conte zio, togato, e uno degli anziani del consiglio, vi godeva un certo credito – spiega Manzoni – Il suo prestigio era aumentato dopo un viaggio all’estero”, non a Bruxelles ma a Madrid. Diplomatico, prudente, scaltro, un po’ inconsistente “come quelle scatole…con su certe parole arabe e dentro non c’è nulla”. Era zio di due personaggi del romanzo, don Rodrigo e il conte Attilio, non sappiamo chi dei due sia Matteo e chi Luigino. Gli auguriamo di non finire come il Conte Zio manzoniano con la peste. Ma lui si barcamena con discreta furbizia tra i due committenti di governo e gli inquilini del piano di sopra (il Colle e la Ue). Ha imparato pure a simulare astuti penultimatum e a fingere che se non si fa come lui dice, se ne va, li molla.
Poi c’è il segnalinee Tria. Per lungo tempo il sardonico economista ha avuto la funzione di far sparire il coniglio dal cilindro di governo. Di Maio proponeva, Salvini disponeva e lui riponeva. Voluto da Mattarella al posto di Savona, Tria ha qualcosa di fantozziano. Lenti spesse come il rag. Filini, che pure a lui scendono sul naso, sguardo spaesato, passo incerto, look impiegatizio da dopolavoro aziendale. Tria non si oppone mai apertamente ai provvedimenti annunciati, si limita a farli sparire, a posporli, a frenarli, a neutralizzarli. Rassicura i giocatori che si faranno, ma poi aggiunge sempre a mezza voce una frasetta, una postilla, buttata là bisbigliando e vanifica il tutto, come quelle clausole infami in corpo minimo in fondo ai contratti: lo faremo senz’altro, ma quando avremo i soldi, oppure quando avremo i conti a posto, oppure senza modificare il bilancio, o ancora, a costo zero, quando l’Europa sarà d’accordo o quando la Raggi pulirà Roma. Insomma, mai.
La gag si ripete all’infinito. Ricomincio da Tria. La presenza di Tria al governo è ironica, l’atteggiamento pubblico è sornione e beffardo con un sorriso interiore che lievemente s’affaccia sul suo volto. Quando parla si capisce che sta raggirando qualcuno, e quel qualcuno sta al governo, sta nella massa degli elettori, sta nelle cabine di comando europee. Si capisce che non crede affatto alla bontà e alla realizzabilità del programma dei grillo-leghisti ma anziché prenderli di petto li prende per i fondelli. Non escludo che a volte abbia ragione lui, il Ministro dell’Affossamento, con delega ai sabotaggi e alla castrazione chimica dei decreti economici. Lui è il cavallo di Tria dell’Establishment, del Quirinale, dell’Europa. Che è poi il terzo partito invisibile al governo, con almeno tre ministeri.
Il terzo ministero, anzi il terzo uomo, segnalinee invisibile, è uno strano drone lasciato alla Farnesina dai tecnici: viene da Monti, da Prodi, da Letta, ha un bel curriculum economico-professionale, una sola volta candidato alle politiche,
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http://www.marcelloveneziani.com/articoli/quella-terna-tra-roma-e-bruxelles-2/
Perché la Svezia si sta suicidando?
10 Giugno 2019 – ROBERT BRIDGE
strategic-culture.org
Fermamente convinto di essere il rappresentante della “superpotenza morale” del mondo, il popolo svedese continua i suoi pericolosi flirt con tutti i possibili nuovi esperimenti culturali. Questa politica è veramente ‘progressista,’ o è la strada per la rovina nazionale?
In Svezia, tutto sembra possibile, tranne il dissenso; dissenso dall’onnipresente messaggio sociale che dice ai suoi cittadini che devono essere tolleranti verso ogni nuova moda culturale, dal farsi impiantare un microchip sotto la pelle al permettere che i bambini di quattro anni vengano indottrinati alla scuola materna con le ultime teorie sul transgenderismo.
Migliaia di Svedesi si sono già fatti inserire un minuscolo microchip sotto la pelle, di solito nella mano sinistra, che offre il “vantaggio” di non dover più armeggiare [nelle tasche o nella borsetta] per carte di credito, documenti di identità e chiavi. Molte delle informazioni personali sono memorizzate sul chip, che ha le dimensioni di un chicco di riso.
Sorprendentemente, nonostante la possibilità per il governo, per le multinazionali o per altri pericolosi soggetti di hackerare questi dispositivi, questa eventualità non sembra essere presente nella mentalità svedese.
“Gli Svedesi sono diventati molto favorevoli all’utilizzo microchip e non c’è praticamente dibattito sulle problematiche relative al suo utilizzo, in un paese appassionato alle nuove tecnologie e dove la condivisione delle informazioni personali è considerata il simbolo di una società trasparente,” osserva AFP.
Anche se la quantità di dati che ogni chip può contenere è attualmente limitata, la maggior parte delle tecnologie inizia in sordina, prima di riuscire ad avere un’enorme influenza sui suoi “padroni” umani. Il telefono cellulare è un ottimo esempio. Era iniziato come un comodo strumento di comunicazione ed ora lo “smart phone” domina letteralmente il mondo sociale e culturale. Il prossimo passo potrebbe essere l’epoca in cui, come aveva previsto l’ex Amministratore Delegato di Google, Eric Schmidt, “Internet scomparirà.”
“Ci saranno così tanti indirizzi IP … così tanti dispositivi, sensori, quello che indossate, le cose con cui interagite, che non ve ne accorgerete nemmeno,” aveva dichiarato in pubblico, nel 2015, al World Economic Forum di Davos.
La Svezia, che è riuscita ad evitare la guerra per così tanto tempo da ritenersi invincibile, si è offerta volontaria per fare da cavia per questa nuova, gloriosa tecnologia, che molti ritengono il preludio della schiavitù totale del genere umano verso il “sistema.”
La sperimentazione culturale degli Svedesi non finisce con il microchip. Nel regno del comportamento umano e della sessualità, stanno anche abbattendo barriere vecchie come il mondo, con la loro volontà di abbracciare il movimento transgender.
Prima di tutto, mettiamo le cose in chiaro. La mia personale opinione sul transgenderismo (che, in poche parole, afferma che la determinazione del sesso di un individuo si basa su un ‘costrutto sociale’ artificiale e che è possibile cambiare sesso se e quando l’individuo lo desidera) è che si tratti per lo più di un fenomeno di massa indotto dai media, quasi un’isteria collettiva. Dopo tutto, come è possibile che un cambiamento così radicale nel comportamento umano, dove si afferma che un uomo può essere una donna (o viceversa) per tutto il tempo in cui lui “si identifica” con quel particolare sesso, quando una cosa del genere era assolutamente inaudita meno di un decennio fa? L’uomo è in continua evoluzione da milioni di anni e solo oggi sentiamo parlare di persone che riescono ad inventarsi una ‘identità sessuale’? L’unica spiegazione è che si tratti di una teoria praticamente basata sul nulla e data quotidianamente in pasto all’opinione pubblica, fino a quando non è stata
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https://comedonchisciotte.org/perche-la-svezia-si-sta-suicidando/
FREGATURA SEMANTICA……DE SINISTRA, ma gli italiani non abboccano
Sisto Ceci 14 06 2919
Da un paio di anni lo chiamano migrante e non più immigrato perché la parola migrante, participio presente, da il senso del movimento, invece immigrato, participio passato, della stanzialità, di una situazione ormai consolidata.
Il migrante è arrivato da noi, ma si muoverà a breve, molto probabilmente trasferendosi verso altri paesi. La provvisorietà, suggerita dalla definizione, ma non confermata dai fatti, della sua presenza dovrebbe allentare anche il senso crescente di ansia e di paura e la richiesta di protezione della opinione pubblica verso la consistenza sempre più massiccia e minacciosa del numero di clandestini che vagano PERICOLOSAMENTE nel nostro Paese.
E loro, i sinistri, dai giornali, dalle TV, sui social, sembrano dire, tra le righe, “non vi
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IL CAVALLO DI TROJAN
Marco Travaglio FQ 16.06.’19
Il fritto misto allucinogeno dello scandalo del Csm (e del Pd) rischia di far perdere di vista i fondamentali: cos’è illecito e cosa no, cos’è scandaloso e cosa no, cos’è normale e cosa no, chi è coerente e chi no.
Partiamo dal principio: la Procura di Perugia riceve da quella di Roma (guidata da Giuseppe Pignatone) le carte su una presunta corruzione del pm Luca Palamara, capo della corrente Unicost.
E decide di intercettarlo inoculandogli nell’iPhone un trojan che capta ogni sua parola e mossa, nella speranza di acchiappare elementi utili su un’eventuale tangente di un anno prima.
Invece intercetta una serie di colloqui fra Palamara, due deputati del Pd (Lotti e Ferri), alcuni magistrati e membri del Csm che non parlano mai di quel caso di corruzione, ma delle nomine all’ordine del giorno in Consiglio: quelle per i capi delle Procure di Roma, Perugia, Firenze, Torino e Reggio Calabria. Palamara ce l’ha con Pignatone perché, dopo aver avuto il suo appoggio per diventare procuratore di Roma e poi per “creare l’affidamento” presso un “Matteo” che somiglia tanto a Renzi, l’ha fatto indagare a Perugia: dunque briga per impallinare il candidato di Pignatone alla successione (Lo Voi) e spinge un esposto contro Pignatone e Ielo presentato al Csm da un altro Pm.
I renziani Lotti e Ferri ce l’hanno con Pignatone perché ha chiesto il rinvio a giudizio di Lotti per Consip: anche loro trafficano contro il suo erede designato Lo Voi, ma anche contro il procuratore fiorentino Creazzo, che ha fatto soffrire Renzi con l’arresto dei genitori.
Una schifezza colossale, che ha già portato alle dimissioni o all’autosospensione di 5 togati del Csm, sottoposti a procedimento disciplinare insieme a Palamara, e all’autosospensione di Lotti dal Pd.
Ma finora nessun reato, e soprattutto nulla di collegato con l’inchiesta per cui Palamara è stato intercettato dal gip di Perugia.
Non solo: l’art. 68 della Costituzione (che noi vorremmo tanto abolire, ma purtroppo esiste) vieta di intercettare direttamente i parlamentari, salvo autorizzazione del Parlamento.
Può capitare che siano intercettati indirettamente, mentre parlano con indagati sotto controllo, purché la cosa sia casuale: se si sa che l’intercettato parlerà con un parlamentare, bisogna spegnere la microspia o il trojan. Lo conferma la sentenza n. 390 del 2007 della Consulta.
Invece risulta che l’incontro carbonaro in un hotel di Roma, la notte del 9 maggio, fra Palamara, Lotti, Ferri e alcuni membri del Csm era stato fissato in una telefonata della sera prima tra Palamara e Ferri, che annunciava all’altro la presenza di Lotti.
Dunque perché il trojan non fu disattivato per evitare di intercettare i due deputati, che fra l’altro non si vedevano per parlare di tangenti a Palamara?
Senza spiegazioni convincenti da Perugia e dal Gico di Roma, l’intercettazione che ha messo in crisi un organo costituzionale come il Csm sarebbe inutilizzabile. E non avrebbe dovuto esistere.
Si dirà: certe cose è molto meglio averle sapute. Vero. Ma le indagini vanno fatte secondo le regole, altrimenti chi accusa (giustamente) Lotti, Ferri, Palamara &C. di scorrettezze dovrebbe rispondere delle proprie.
E qualcuno potrebbe financo sospettare che l’inchiesta (doverosa) su presunte mazzette a Palamara sia stata trasformata in un’inchiesta (illegittima) sul Csm che si era permesso di disobbedire a Pignatone e ai suoi alti protettori, scegliendo in commissione Viola anziché Lo Voi come nuovo procuratore.
Un’inchiesta senza reati, usata per pilotare la nomina del capo della Procura più importante d’Italia: cioè per fare esattamente ciò che, sull’altro fronte, facevano i carbonari in hotel.
E ci sarebbe da avere paura di una guerra per bande tra due fazioni che usano l’una il sistema giudiziario e l’altra l’intrallazzo politico-correntizio per conquistare Piazzale Clodio. Ma finora s’è parlato solo della seconda.
E, per nascondere la prima, si è deciso a priori chi sono i buoni (Pignatone e chiunque assecondi i suoi desiderata) e i cattivi (tutti gli altri).
Con un doppio effetto tragicomico per chi conserva un pizzico di memoria.
1) Chi ci legge sa cosa pensiamo di Lotti e Ferri: peste e corna. A settembre, quando i due fecero eleggere David Ermini, deputato renziano come loro, a vicepresidente del Csm coi voti di Unicost (Palamara, già indagato), Mi (Ferri) e Pd (Lotti), contro il prof indipendente Alberto Benedetti, scrivemmo che era una vergogna.
E fummo i soli: gli altri esultavano per il salvataggio del Csm dall’orda “sovranista”.
Ora scopriamo che Lotti, Ferri e Palamara, buoni quando votano Ermini (e prima Pignatone), diventano cattivi quando votano contro Lo Voi e per Viola. Al punto che Viola non può più diventare procuratore anche se non risulta aver fatto nulla.
2) Chi ci legge sa cosa pensiamo dello scandalo Consip.
Quando lo scoprirono i pm napoletani Woodcock e Carrano e il Noe, l’inchiesta riguardava i traffici di imprenditori e faccendieri (Carlo Russo, che parlava a nome di Tiziano Renzi con Alfredo Romeo) per pilotare il più grande appalto d’Europa e poi per rovinare le indagini con fughe di notizie agli indagati.
Quando passò a Roma, diventò soprattutto un’indagine sull’indagine e su chi l’aveva fatta (Woodcock, il capitano Scafarto, persino la Sciarelli) e raccontata in anteprima (Marco Lillo sul Fatto).
Mentre nessuno sequestrava il cellulare di babbo Renzi né indagava sull’oggetto dell’incontro al bar con Romeo (il mega-appalto di Grandi Stazioni), alcuni errori di Scafarto diventavano falsi in atto pubblico (poi smentiti da Riesame e Cassazione) e addirittura prove di un golpe giudiziario per rovesciare il governo Renzi (peraltro già caduto per conto suo dopo il referendum e tre settimane prima dello scoop del Fatto).
Repubblica titolava: “Finti 007 e intercettazioni: così hanno manipolato le carte per coinvolgere Palazzo Chigi”.
E parlava di “una faccenda uscita dalla sentina dei giorni peggiori della storia repubblicana”. Il nuovo piano Solo, un golpe Borghese-bis ordito da carabinieri “impostori” e dal Fatto con una “velenosa polpetta propinata a due Procure” per partorire un’ “inchiesta deviata” che “sembra strumento di una sorta di contropotere contro Matteo Renzi”.
Così, a furia di indagare sull’inchiesta anziché sul vero scandalo, la montagna partita da
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STORIA
Un libro racconta le atrocità dei partigiani. L’Anpi non ci sta e querela l’autore
Di Anna Pedri – 9 Novembre 2018
Reggio Emilia, 9 nov – Un libro racconta le atrocità dei partigiani e la sinistra insorge. Domani a Reggio Emilia verrà presentato il libro dello studioso specializzato nei delitti commessi dai partigiani comunisti, Gianfranco Stella, intitolato “Compagno Mitra”. In circa 600 pagine racconta storie sanguinose, delitti a freddo, vendette ed efferatezze compiute dai partigiani durante la Seconda guerra Mondiale.
L’Anpi è inorridita e in tutta risposta la locale sezione partigiana ospiterà il presidio antifascista promosso da Sinistra italiana e Partito comunista in segno di protesta contro la presentazione del libro.
È significativa la scelta di Reggio Emilia per la presentazione del libro di Stella, che dedica un intero capitolo alla città e alla sua Resistenza. Tra gli episodi narrati c’è anche quello di un comandante partigiano che “incassava centinaia di milioni che parzialmente versava alla sezione Anpi reggiana”. Inoltre, nel libro molti partigiani reggiani secondo
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