NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
18 GIUGNO 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Tutto va imparato non per esibirlo ma per adoperarlo.
GEORG Ch. LICHTENBERG, Osservazioni e pensieri, Einaudi, 1966, pag. 89
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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EDITORIALE
Israele e l’invasione in Italia
Manlio 14 06 2019
Israele ufficialmente resta in silenzio ma poi ha riempito Roma di centinaia di “operativi” pronti da eseguire fulminei LAVORI IN PELLE in concorso con decine di operativi della criminalità organizzata e dietro mandato (occulto, ovviamente) dei soliti noti della politica e dei “servizi de’ noantri” …
Tutto questo è stato organizzato come forza di reazione in caso di improvvisa insurrezione da parte di decine di agenti nordafricani, ufficialmente dediti al finto mendicio nelle nostre strade!
La solita sceneggiata sanguinaria da oltre 50 anni!
Ho la sensazione che finisce veramente male e soprattutto ai danni della inerme popolazione italiana
Post di Facebook del 14 06 2019 ore 16:05
David Rossi 80.0
Manlio Lo Presti 14 06 2019
Grazie alla ferrea determinazione di Antonella Tognazzi, riprende la trattazione della morte di David Rossi.
Troppi aspetti oscuri confermano la continuità di questa Repubblica Italiana fondata e sovragestita da occulti registi custodi di misteri irrisolti.
Ancora dietro le quinte IL VERO MOTIVO la cui rivelazione farebbe crollare tutto!
Come in altri misteri italiani, la cintura di omertà è ancora possente. I coinvolti sono sotto ricatti indicibili che, piano piano, vengono fuori…
Non parleranno per non essere assassinati.
Meritevoli i dibattiti, i libri finora scritti.
Ma, ripeto, i MOTIVI VERI sono da cercare altrove molto altrove! In particolare, nelle felpatissime stanze di banche controllate italiane ed estere, dei loro controllori italiani ed esteri, dei registi VERI ancora nascosti (non sempre italiani) …
L’informazione, da tempo, non riporta e rivela i fatti dopo attente inchieste.
L’informazione viene prodotta per minacciare qualcuno
NIENTE È COME SEMBRA
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10219465838506215&id=1520773895
IN EVIDENZA
Merkel, scandalo Germania: ecco cosa fa ai migranti. E poi dicono di Salvini
Domenica, 16 giugno 2019
“Lo scoop di Repubblica fa venire i brividi. Il quotidiano italiano ci rivela che il governo tedesco della Merkel, obbediente alle regole insensate dell’accordo di Dublino, spedisce in Italia immigrati entrati clandestinamente in Germania, ma giunti in Italia come paese di primo approdo.
Il sistema tedesco è violento e ci riporta indietro alle tragedie del secolo
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Angela Merkel, orrore della Germania sugli immigrati: “Picchiati, sedati e rispediti in aereo in Italia”
16 giugno 2019
Immigranti storditi, sedati e sbattuti su un aereo per mandarli in Italia. Una storia di puro orrore che non arriva dall’Africa né da una qualche dittatura, ma dalla “civilissima” Germania di Angela Merkel. Lo scoop, inquietante e clamoroso, è di Repubblica, che racconta come nel silenzio generale dell’Europa, Berlino ci rispedisca indietro i cosiddetti “dublinanti”. Uno sfregio al governo italiano che dura da mesi: secondo i dati più aggiornati del ministero di Horst Seehofer, le richieste di rimandare indietro profughi in Italia sono in crescita. Nel primo trimestre del 2019 sono state ben 4.602, il 33% del totale delle domande fate arrivare a tutti i partner Ue. Soprattutto, un boom del 50% rispetto al trimestre precedente.
E ad impressionare sono i metodi che utilizzerebbe il governo tedesco, metodi svelati da alcuni immigrati che hanno testimoniato quanto visto e subito. Hanno raccontato che i poliziotti tedeschi li hanno prima buttati per terra per ammanettarli e poi dopo averli sedati li hanno messi su un volo per Roma. “Ho visto qualcuno
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Il soldato Merkel nella Germania “rossa”, ecco chi era la Cancelliera tedesca
Una foto del 1973 ritrae “Frau Merkel” in divisa che passeggia con le sue “colleghe” e i capi dell’esercito della Ddr. I retroscena sulla giovane Angela ora fanno tremare Berlino
21 Maggio 2013
Angela Merkel ha un passato tutto da scoprire. Eccola questa volta da ragazza passeggiare in uniforme militare della Ddr, la Germania Est. La cancelliera in una foto in bianco e nero, scattata nel 1972, all’età di 17 anni appare in uniforme da volontaria civile della Ddr, con tanto di bustina in stile militare in testa. ”Questa donna in uniforme è oggi la nostra cancelliera”, titola il tabloid Bild, che pubblica la foto scattata da una compagna di scuola dell’attuale cancelliera, Sonja Felssberg. Che la Merkel fosse vicina alla Germania “rossa” e che avesse simpatie comuniste non è storia nuova.
Il libro “rosso” – Qualche settimana fa un libro “La prima vita di Angela M.”, scritta dai giornalisti della Bild, Ralf Georg Reuth e Guenther Lachmann ha fatto luce su la Merkel inedita. La giovane Merkel a quanto pare ha avuto un ruolo di funzionaria della gioventù comunista.
Il retroscena comunista era stato già rivelato dal leader della Linke, Oskar Lafontaine, ma Angela aveva messo tutto a tacere.
“Angela Merkel era più vicina al sistema della Ddr di quanto fosse noto finora, possiamo provarlo” racconta Reuth in un’intervista rilasciata a Welt. La Merkel non aveva un ruolo marginale nello scacchiere rosso della Germania Est. Lavorava all’Accademia delle Scienze della Ddr, ed era una funzionaria del partito presso l’Istituto in cui faceva “la segretaria per l’agitazione e la propaganda della Fdj
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ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Gli spari sopra (1993)
Se siete quelli comodi e state bene voi
Se gli altri vivono per niente perché i furbi siete voi
Vedrai che questo posto, questo posto is beautiful
Se siete ipocriti, abili, non siete mai colpevoli
Se non state mai coi deboli, e avete buoni stomaci
Sorridete, gli spari sopra sono per noi
Sorridete, gli spari sopra sono per noi
Ed è sempre stato facile fare delle ingiustizie
Prendere, manipolare e fare credere, ma adesso
State più attenti
Perché ogni cosa è scritta
E se si girano gli eserciti e spariscono gli eroi
Se la guerra poi adesso cominciamo a farla noi
Non sorridete, gli spari sopra sono per voi
Non sorridete, gli spari sopra sono per voi
Voi abili a tenere sempre un piede qua
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http://testicanzoni.mtv.it/testi-Vasco-Rossi_9673/testo-Gli-Spari-Sopra-1237174
Corso brevissimo per imparare a scovare gli errori nei film
18 giugno 2019
Cravatte scambiate, scene montate male, oggetti di scena che appaiono e che scompaiono. Il mondo dei blooper cinematografici è ricchissimo, ed esistono persone ingaggiate apposta per ridurli al massimo
Per fare un film basta un produttore (che trova i soldi), gli attori (che recitano), il regista (che lo dirige) e tutta la troupe dei tecnici. Ma per fare un buon film serve, più di tutto, un segretario di edizione. Quello che in inglese è chiamato “script supervisor”, o “continuity supervisor” e si occupa di un aspetto non secondario del film: evitare che si facciano errori in scena. Non si parla delle battute o della sceneggiatura (sui quali non può nulla, o quasi), ma di tutte quelle imperfezioni, sbadataggini, sviste che contribuiscono a rendere sciatti o addirittura ridicoli alcuni spezzoni.
Si va dagli orologi puntati su orari incoerenti con la storia ai veri e propri svarioni compiuti con l’arredo scenico, fino alla necessità di mantenere la cosiddetta “continuità dello sguardo”: se l’interlocutore è in piedi, l’altro nel controcampo non può, da seduto, guardare come se fosse fisso davanti a sé.
Tutte cose che possono sfuggire agli spettatori più distratti ma che sono pugni negli
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https://www.linkiesta.it/it/article/2019/06/18/film-errori-sceneggiatura/42559/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
AUTO DA FÉ-DEZ – IL MARITO DI CHIARA FERRAGNI A PROCESSO PER DIFFAMAZIONE
A QUERELARLO LA GIORNALISTA CHIARA GIANNINI, BIOGRAFA DI SALVINI – TUTTO PER UN BISTICCIO SOCIAL NEL 2015, QUANDO LA GIANNINI SU “LIBERO” RACCONTAVA GLI INSULTI AL RAPPER CAUSATI DA UN CONCERTO IN PLAYBACK – IL FUTURO FERRAGNEZ RISPOSE INSULTANDOLA: “GIORNALAIA”, “DALL’INVIATO DI GUERRA AI FINTI SCOOP SU DI ME. BRUTTA FINE EH?”
17 GIU 2019 19:34
L’ARTICOLO DA CUI È NAT FUCK FEDEZ! – “UNA SERATA DI MERDA, 5 CANZONI IN PLAYBACK PER 35 EURO”, IL RAPPER INSULTATO DAI SUOI FAN DOPO LA FIGURACCIA ALLA CAPANNINA SI DIFENDE: “NON ERA UN CONCERTO, MA UN DJ SET”
FEDEZ A GIUDIZIO
Fedez finisce a processo a Livorno. Secondo il procuratore Giuseppe Rizzo, che ne ha firmato il decreto di citazione diretta a giudizio, il rapper avrebbe diffamato via social la giornalista Chiara Giannini, nota, tra l’altro, come autrice del libro
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BELPAESE DA SALVARE
GENTILONI HA REGALATO ZONE DI MARE ITALIANO ALLA FRANCIA: DENUNCIATO DAL DEPUTATO PILI
Caen: 21 marzo 2015 (foto per gentile concessione delle autorità francesi) |
di Gianni Lannes – 17 marzo 2017 CHE FINE HA FATTO QUESTA NOTIZIA?
Invece di finire sotto processo per alto tradimento della patria, è stato promosso addirittura presidente del consiglio. E’ l’Italia che affonda sempre più. Per la cronaca. Il 21 marzo 2015, in gran segreto, vale a dire tenendo all’oscuro l’opinione pubblica italiana, l’allora ministro degli esteri Paolo Gentiloni, attuale inquilino di Palazzo Chigi al posto del trombato Matteo Renzi, ha donato ben 339,9 chilometri quadrati di mare italiano ad uno Stato straniero. In Francia questo omaggio è stato ratificato dal Parlamento, in Italia invece proprio no. L’11 marzo dello scorso anno si è dibattuto alla Camera sulla cessione delle acque territoriali fatta a favore della Francia, con accordo firmato appunto a Caen il giorno 21 marzo 2015. Il dibattito scaturito dall’interpellanza urgente numero 2/01308, presentata dal deputato sardo Mauro Pili di Unidos, riassume la vicenda. La risposta del sottosegretario di Stato allo Sviluppo Economico, tale Antonello Giacomelli, è stata a dir poco vergognosa, anzi omertosa.
Nessuno in Italia è stato interpellato durante i negoziati. Nessuno ha chiesto almeno l’opinione dei pescatori o dei rappresentanti del popolo, ossia deputati e senatori. Quello di Caen doveva essere un accordo segreto che sarebbe venuto a galla solo a fatto compiuto. Ma la Francia ha rovinato i piani di Renzi e Gentiloni. Infatti, dopo che il parlamento francese ha ratificato il trattato, i transalpini l’hanno subito fatto valere, sequestrando il peschereccio “Mina”, il quale stava pescando come sempre nelle acque della cosiddetta “fossa del cimitero”, (così denominata perché una volta si identificava allineando la prua della barca alle croci del camposanto di Ospedaletti), dove da tempo immemorabile i liguri vanno a pescare i famosi gamberoni rossi di Sanremo. Dopo si è consumato l’episodio del peschereccio Cecilia in Sardegna.
Secondo il sottosegretario Giacomelli questo accordo è stato negoziato e firmato soltanto per definire “confini certi” tra i territori di competenza di Francia e Italia. Ma allora perché tanta segretezza? C’entrano forse qualcosa i giacimenti di idrocarburi scoperti dall’azienda norvegese TGS Nopec? I dati incredibilmente riservati del ministero dello Sviluppo Economico attestano in quelle aree la disponibilità di gas e petrolio. L’onorevole Pili non contento ha battuto la via giudiziaria, presentando un esposto alle Procure di Tempio e Sassari, di Roma e infine di Genova. Ecco le motivazioni del deputato Mauro Pili:
«E’ fin troppo evidente che dopo le risposte parlamentari alle interrogazioni emerge con grave rilievo l’assenza di qualsiasi vantaggio per l’interesse nazionale a fronte di un gravissimo danno (nocumento in base all’art.264 del Codice Penale) per la sovranità, l’economia e le ricadute sociali. Si tratta di un atto dovuto, così come è la prima volta che si richiama l’art.264 del codice penale per un accordo internazionale, proprio perché si è dinanzi ad un fatto inedito e inaudito di cessione di sovranità a fronte di un danno evidente all’interesse nazionale. Nell’esposto sono richiamati anche i possibili danni e interessi legati all’indeterminato utilizzo di possibili giacimenti di idrocarburi in mare che risulterebbero alla mercè della condizione più favorevole sul piano giuridico ed economico, considerato anche il prossimo referendum del 17 aprile».
Il 16 marzo 2016, la presentazione dell’esposto alla Procura di Roma. Ecco le parole di Pili:
«Stamane ho depositato, con protocollo n.82928, presso la Procura di Roma l’esposto denuncia sui gravissimi contenuti ed effetti dell’accordo bilaterale Italia – Francia del 21 marzo 2015 che ha profondamente modificato i confini a favore della Francia con grave danno per l’interesse nazionale e della Sardegna. Si tratta del primo passo obbligato per costringere il governo italiano a dichiarare le ragioni di tale accordo e a valutare in modo oggettivo e obiettivo il nocumento che ha generato rispetto all’interesse nazionale. E’ un atto dovuto considerata la gravità dell’atto compiuto e del fatto che mai dal dopoguerra ad oggi erano stati modificati i confini marittimi nazionali in modo così evidente e a danno dell’interesse nazionale. Per questo motivo, dopo le mancate risposte del governo, e le reiterate azioni tese a manipolare i fatti e lo stesso contenuto dei documenti, ho ritenuto doveroso presentare l’esposto denuncia che per ogni buon conto allego. Non appena i magistrati competenti riterranno di dover aprire un fascicolo mi impegno sin d’ora a costituire formalmente un pool di legali che voglia prendere a cuore tale causa».
riferimenti:
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2016/12/le-regalie-segrete-di-gentiloni-alla.html
http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=2/01308&ramo=C&leg=17
http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/assemblea/html/sed0588/sommario.htm
http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=2-01308&ramo=C&leg=17
https://www.facebook.com/mauro.pilibis/videos/1003947803017257/
https://www.facebook.com/mauro.pilibis/videos/1003970623014975/
ALL’ECC. MO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA
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ATTO DI ESPOSTO E DI CONTESTUALE DENUNCIA
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Il sottoscritto Mauro Pili in qualità di cittadino Sardo e di Deputato eletto nella circoscrizione elettorale Sardegna
espone quanto segue:
Il presente atto ha quale scopo di porre all’attenzione di questo Ecc.mo Procuratore della Repubblica accadimenti che si inseriscono nell’ambito di una vicenda che riguarda affari di Stato con gravissime ripercussioni nelle attività economiche e sociali delle aree di competenza giurisdizionale e territoriale della S.V., affinché vengano effettuati gli opportuni accertamenti, nonché venga valutata la sussistenza di eventuali profili di rilevanza penale di specifici fatti dedotti con particolare riferimento al reato di cui all’art.264 del codice penale e al documentato nocumento arrecato allo Stato Italiano e conseguentemente alla Sardegna.
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FATTO
Il 21 marzo del 2015, nella cittadina francese di Caen, il ministro degli Esteri della Repubblica Italiana Gentiloni e quello della Repubblica francese Fabius sottoscrivevano quello che di seguito sarà richiamato come “Accordo Confini 2015”;
nell’accordo si definivano nuovi confini marittimi con modifica rilevante e sostanziale della sovranità negli specchi acquei definiti con coordinate marittime riportate nel testo sottoscritto dai due delegati;
da tale nuova conformazione dei confini marittimi si rileva una cessione rilevante di sovranità sulle acque internazionali da parte dell’Italia verso la Francia senza che nessun elemento di vantaggio o di contropartita sia indicata nel testo sottoscritto;
emerge dalla nuova configurazione che sul versante est, a nord della Sardegna, il confine marittimo territoriale della Francia (Corsica) passa dalle normate 12 miglia alle quasi 40 miglia, occupando gran parte delle acque internazionali da sempre oggetto di attività di pesca da parte delle marinerie sarde, residenti nei comuni rivieraschi direttamente connessi con quegli spazi acquei;
sul versante Nord Ovest della Sardegna si configura, invece, un’estensione delle acque territoriali francesi dalle 12 miglia alle oltre 200 miglia, rendendo impraticabile l’intero specchio acqueo a nord ovest della Sardegna;
nello stesso “Accordo Confini 2015” si fa menzione alla possibile concordata gestione di eventuali giacimenti di idrocarburi ricadenti a cavallo del confine, senza definire alcun che sulle modalità d’intesa;
nell’“Accordo Confini 2015” non viene in alcun modo indicata contropartita per la cessione di tali rilevanti porzioni di mare alla sovranità di uno stato straniero e non si tiene in nessun conto della presenza sulla linea di confine di una zona delimitata con decreto del ministro dello sviluppo economico denominata “zona E” per la ricerca di idrocarburi liquidi o gassosi;
sullo stesso versante degli idrocarburi appare evidente che l’“Accordo Confini 2015” costituisca un evidente cessione di vantaggi economici alla Francia e un chiaro nocumento allo Stato italiano considerato che l’ubicazione di tale zona E è avvenuta con la piena consapevolezza della presenza nel sottosuolo marino di idrocarburi, e in tal senso il ministero dello sviluppo economico ha deciso l’ubicazione di tale vasta area di ricerca petrolifera e di gas;
si tratterebbe di una cessione di sovranità di vastissime superfici di mare senza alcuna condizione alla Francia che confermerebbe il nocumento per lo Stato italiano considerato che si prevede la facoltà di sfruttamento di tale eventuale giacimento anche dall’altro fronte del confine;
tale “Accordo Confini 2015” è stato ratificato dallo Stato francese;
l’Italia non ha nemmeno avviato l’iter per la ratifica parlamentare prevista costituzionalmente;
tale accordo non risulta, dunque, in vigore;
nel mese di febbraio le autorità francesi al largo della costa nord est della Sardegna hanno arbitrariamente fermato il motopeschereccio Cecilia, con il comandante Piero Langiu, della marineria di Golfo Aranci intimandogli di non oltrepassare un fantomatico nuovo confine marittimo che a detta della guardia costiera francese sarebbe stato deciso da un accordo internazionale tra Italia e Francia il 21 marzo del 2015;
tale divieto è apparso da subito una violazione non solo del diritto internazionale ma anche di quello marittimo considerato che tale divieto veniva imposto in acque notoriamente e pacificamente riconosciute internazionali;
alla luce di questo fatto gravissimo, senza che le autorità italiane abbiano niente comunicato alle imbarcazioni operanti storicamente nell’area, è stata accertata l’esistenza dell’accordo sottoscritto dal Ministro degli esteri Gentiloni con il suo omologo francese Fabius il 21 marzo 2015 nella regione della Normandia a Caen;
con l’accordo vengono di fatto modificati i confini delle acque internazionali sino a registrare a Nord della Sardegna un’estensione delle acque territoriali francesi da 12 miglia ad oltre 38 miglia;
si tratta di un fatto di una gravità inaudita perché compiuto segretamente, senza coinvolgere in alcun modo, né le regioni interessate, a partire dalla Sardegna e la Liguria, e tantomeno le categorie produttive direttamente coinvolte nell’attività di pesca tradizionale in quegli specchi acquei;
il limite territoriale delle 12 miglia marine è adottato dalla maggior parte degli Stati mondiali e coincide nella stessa misura anche per lo spazio aereo sovrastante, per il fondo e il sottofondo marino – a meno di un limite inferiore imposto per problemi geografici di delimitazione riferito alle brevi distanze tra Stati, come nel caso delle Bocche di Bonifacio;
il diritto internazionale di Geopolitica degli Spazi Marittimi, sancito nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare (Montego Bay – 10 dic. 1982), definisce i limiti territoriali degli Stati nella misura delle 12 miglia marine, a partire dalla linea batimetrica di 1,50 mt dalla costa;
l’Italia ha esteso a 12 miglia il proprio mare territoriale con la Legge 14 agosto 1974 n ° 359, ampliando il precedente limite di 6 miglia previsto dall’art. 2 del Codice della Navigazione del 1942. Il nostro Paese ha stipulato accordi di delimitazione con la Francia, per la fissazione delle frontiere marittime nell’area delle Bocche di Bonifacio, e con la Jugoslavia (cui sono succedute Croazia e Slovenia), per la delimitazione del golfo di Trieste;
il D.P.R. 26 Aprile 1977, n° 816, ha stabilito un «sistema di linee di base» articolato in 38 segmenti complessivi, che ha portato ad una notevole semplificazione del margine esterno del mare territoriale, passato ad uno sviluppo lineare inferiore a 5000 km, rispetto ad uno sviluppo costiero effettivo d 7418 km;
la delimitazione delle acque territoriali tra l’Italia ed i Paesi confinanti, inoltre, è stata attuata con la Convenzione di Parigi del 28 novembre 1986, tra Italia e Francia, relativa alla delimitazione delle frontiere marittime nell’area delle Bocche di Bonifacio – (l’Accordo definisce i limiti delle acque territoriali posti tra la Sardegna e la Corsica mediante una linea composta di 6 segmenti);
l’accordo siglato dall’Italia riconosce di fatto a totale vantaggio della Francia il cosiddetto diritto alla zona economica esclusiva, (esercitabile esclusivamente al di fuori delle acque territoriali del paese che ne fa richiesta);
la zona economica esclusiva è un’area esterna al mare territoriale, immediatamente dopo la zona contigua, che non può invadere i limiti territoriali di un altro Stato e che si estende fino a 200 miglia marine – (e cioè: a partire sempre dalla linea di base dalla quale è misurata l’ampiezza delle acque territoriali di 12 miglia con una estensione massima di 188 miglia marine);
all’interno delle zone economiche esclusive lo stato costiero esercita giurisdizione funzionale in specifiche materie. Secondo l’articolo 58 para 1 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare, tutti gli altri Stati, sia costieri che privi di litorale, godono della libertà di navigazione (marittima), di sorvolo, di posa in opera di condotte e cavi sottomarini e di altri usi del mare leciti in ambito internazionale;
i maggiori poteri, spettano in questo caso allo Stato costiero titolare della zona economica esclusiva che ha la titolarità dei diritti sovrani sulla massa d’acqua sovrastante, il fondo marino ai fini dell’esplorazione e dello sfruttamento, la conservazione e la gestione delle risorse naturali, viventi e non viventi – (e dunque soprattutto la pesca), compresa la produzione di energia delle acque e delle correnti; la giurisdizione in materia di installazione e uso di isole artificiali o strutture fisse, ricerca scientifica in mare e protezione come è la conservazione dell’ambiente marino;
secondo quanto si apprende dal comunicato ufficiale del Ministero degli esteri pubblicato nel sito ufficiale del ministero il governo italiano ha ceduto il mare al nord della Sardegna, sino a 40 miglia sul lato est e oltre 200 miglia su quello ovest, e una porzione rilevante sul piano qualitativo della Liguria, in cambio della tutela della linea retta di confine sull’arcipelago toscano;
nel documento ufficiale del ministero degli esteri si legge: “Nel corso dei negoziati che hanno portato alla firma dell’Accordo, la parte italiana ha ottenuto di mantenere immutata la definizione di linea retta di base per l’arcipelago toscano, già fissata dall’Italia per la delimitazione del mare territoriale nel 1977”;
si tratta di un’ammissione gravissima che confermerebbe un nocumento rilevante ai danni dello Stato italiano e che costituisce un atto che lede le attività economiche sarde con particolare riferimento alla pesca;
nel documento ufficiale del Ministero degli esteri è anche scritto che “per il mare territoriale tra Corsica e Sardegna, è stato completamente salvaguardato l’accordo del 1986, inclusa la zona di pesca congiunta”;
si tratta di un’affermazione del tutto falsa;
nell’accordo di Caen è scritto in modo esplicito che tale accordo, quello richiamato del 1986, sarà abrogato integralmente;
non esistendo nessuna possibile comparazione tra quanto ceduto e quanto ricevuto in quello che il ministero degli esteri definisce negoziato appare evidente che il danno è tale da far derivare un gravissimo nocumento all’interesse nazionale;
nell’ambito dell’“Accordo Confini 2015” è disciplinata anche la parte relativa ai possibili giacimenti di idrocarburi, gas e petrolio, in quelle porzioni di mare cedute alla Francia;
è evidente che tale disciplina non è casuale essendoci sull’area ovest soprattutto un grande interesse da parte di soggetti interessati alla ricerca di idrocarburi;
ci sarebbero studi nella disponibilità dello stesso ministero dello sviluppo economico per 1,4 trilioni di metri cubi di gas e 0,42 bilioni di barili di petrolio;
lo studio dichiarato dalla stessa TGS Nopec dichiara la possibile presenza un 1,4 “TRILIONI” (TRILIONI) di metri cubi di gas, mezzo Bilione (BILIONE) di barili di petrolio, 2,23 milioni di barili di gas naturale in forma liquida;
la mancata definizione di una chiara e definita norma di gestione di tali possibili giacimenti consente una discrezionalità tale da aggravare il possibile nocumento all’interesse nazionale;
un dato di raffronto lascia comprendere l’interesse su quell’area: la terra possiede giacimenti accertati di gas pari a 179 trilioni di metri cubi;
un report riservato in mano al ministero dello Sviluppo economico dice chiaramente che in quella fascia “provenzale” c’è petrolio e gas;
SINTESI NOCUMENTO
l’Accordo Confini 2015 potrebbe aver, dunque, causato un gravissimo nocumento allo Stato italiano sia sul piano della cessione di sovranità in acque internazionali, che su quello economico legato sia all’attività economica di pesca che della presenza di idrocarburi. E proprio in questa ultima ipotesi della presenza di idrocarburi, al nocumento allo Stato italiano si potrebbero aggiungere rilevanti arricchimenti di soggetti terzi che potrebbero più favorevolmente sfruttare tali giacimenti sul versante francese piuttosto, che su quello italiano, considerato anche il prossimo referendum sulla materia;
DIRITTO
Infedeltà in affari di Stato
la delicatezza della questione sottoposta alla Vostra attenzione si colloca nella più sistematica trattazione dell’illecito tra i delitti contro la personalità dello Stato, che pur nella particolare natura e delicatezza degli interessi tutelati dall’art. 264 c.p., non può in alcun modo essere condizionata da eventuali riflessi di natura politica e o d’immagine;
la conseguente divulgazione di rapporti e di collegamenti che svelano indirizzi politici ed economici dello Stato, che in alcun modo posso essere preclusi ad un’attenta valutazione, non costituisce alcuna remora a procedere ad una puntuale verifica in sede penale dei fatti che si richiamano nel presente Esposto – denuncia;
nonostante la dottrina faccia rilevare esigenze di opportunità politica, connesse alla peculiarità degli interessi tutelati dall’art. 264 c.p., appare chiaro e doveroso un riflesso diretto nella struttura della fattispecie, con particolare riferimento alla costruzione della possibilità del nocumento agli interessi nazionali come condizione obiettiva di punibilità;
è significativa la preoccupazione comune alla relazione introduttiva Appiani ed alla relazione ministeriale Rocco di sottolineare la portata e l’àmbito di applicazione della norma;
nella relazione Rocco si richiama in termini puntuali l’esigenza di riaffermare le ragioni dell’art.264 c.p.: «Le ragioni, che allora militavano per fare introdurre nella nostra legislazione questa figura di delitto, non soltanto sussistono anche oggi, ma può dirsi che abbiano acquistato ed acquistino, ogni giorno più, importanza sempre maggiore per il continuo sviluppo dei rapporti, che lo Stato deve allacciare o mantenere con l’estero»;
L’unica innovazione introdotta nel nuovo ordinamento penale è di carattere letterale che sostituisce all’espressione interesse «pubblico» viene sostituita quella di interesse «nazionale».
tale esposto – denuncia intende sottoporre alla Vostra Cortese attenzione sia il tipo di reato che l’esigenza di individuare il soggetto attivo del presunto illecito, indicato con il termine generico «chiunque», che si deve trattare, infatti, di persona «incaricata di trattare all’estero affari di Stato»;
essendo richiamato esplicitamente negli atti ufficiali disponibili che si allegano solo il Ministro delegato e sottoscrittore dell’accordo in oggetto non si può escludere che altri soggetti attivi, funzionari dello Stato e/o agenti diplomatici abbiano svolto un ruolo diretto nella trattazione e definizione dell’accordo richiamato;
nella fattispecie tra l’incarico di trattare all’estero Affari di Stato e il rendersi infedele al mandato, deve ritenersi che il termine mandato non intervenga nel suo rigoroso significato tecnico-giuridico di contratto civilistico, ma in quello generico di incarico, come appunto quello riservato a chi ha definito e sottoscritto in nome e per conto dello Stato Italiano tale accordo con lo Stato francese;
il mandato è di fatto conferito attraverso un rapporto di natura pubblicistica, in relazione alla natura dell’affare ed al soggetto chiamato a trattarlo come in questo caso il Ministro degli esteri delegato;
a prescindere dal modo con cui l’incarico è stato conferito e dal soggetto cui viene affidato, con l’atto di incarico è stata conferita al soggetto la qualità di titolare di un ufficio, che consente all’incaricato l’esercizio di un potere che gli viene delegato direttamente dallo Stato;
per quanto riguarda la natura degli affari da trattare all’estero, vi è piena concordanza in dottrina che l’oggetto dell’affare è del tutto irrilevante e, in particolare, che non deve necessariamente trattarsi di un’attività di natura politica;
qualunque attività, dunque, a prescindere dalla sua originaria qualificazione, diviene affare di Stato una volta che il Governo italiano conferisca ad un suo incaricato il mandato di trattare all’estero l’attività stessa;
rientrano pertanto nell’àmbito dell’art. 264 c.p. anche affari industriali, come quelli relativi alla definizione di aree specifiche di pesca, prospezione ed estrazione di idrocarburi, commerciali, turistici, culturali, relativi a rapporti di lavoro, ecc.
l’infedeltà è, dunque, un concetto normativo, nel senso che non si tratta di un elemento descrittivo generico o indefinito, ma di un concetto relativo a dati rilevabili e riscontrabili oggettivamente;
appare indispensabile verificare l’esistenza del presupposto del possibile nocumento all’interesse nazionale, che risulterebbe condizione obiettiva di punibilità;
in questa fattispecie l’infedeltà che si chiede di accertare non può essere intesa come volontà di tradire, implicante la rappresentazione delle conseguenze nocive del proprio operato, ma come discrepanza, rilevabile sul solo terreno obiettivo, tra l’incarico ricevuto e quello realizzato;
è fin troppo evidente che si potrà parlare di condotta «infedele» se si rappresenta non solo l’attività di “chiunque” delegato come discordante rispetto alle istruzioni ricevute, ma anche e soprattutto per il potenziale nocumento che la condotta ha effettivamente arrecato all’interesse nazionale;
il potenziale nocumento all’interesse nazionale, nell’art. 264 c.p., appare evidente come condizione obiettiva di punibilità;
in questa fattispecie occorre accertare che qualunque comportamento, sia questo positivo od omissivo, costituisca o meno violazione delle istruzioni ricevute, cioè del contenuto dell’incarico, ovvero non abbia alcuna diretta attinenza con i limiti posti dal mandato, può integrare gli estremi della condotta infedele, sempreché l’agente se ne rappresenti la potenziale carica lesiva degli interessi nazionali e la contraddittorietà con le finalità perseguite dal Governo italiano con il conferimento dell’incarico;
a tal proposito appare dirimente l’evidenza che la stessa norma affida al riconoscimento del nocumento all’interesse nazionale quale momento consumativo ed oggettività giuridica;
occorre valutare se il nocumento all’interesse nazionale dal caso in oggetto di tale esposto – denuncia si trova in rapporto di causalità con la stessa nozione di infedeltà al mandato, nel senso che il soggetto che «si rende dolosamente infedele, vuole implicitamente cagionare un nocumento agli interessi nazionali»;
la definizione e individuazione del possibile nocumento come condizione obiettiva di punibilità e il ruolo che è stato attribuito a tale elemento nella struttura della fattispecie criminosa è elemento oggettivo e dirimente;
l’ipotesi di delitto in esame configura un reato proprio, sorretto dal particolare dolo dell’agente che viola un dovere di fedeltà assunto verso lo Stato con l’accettazione dell’incarico: ne consegue che in tanto potrà realizzarsi un’ipotesi di concorso in cui figurino terzi non mandatari , in quanto il soggetto proprio abbia agito con il dolo di infedeltà;
va valutato se i fatti richiamati configurano un’ipotesi di concorso necessario, in cui la plurisoggettività è rappresentata dalla partecipazione della o delle controparti che hanno trattato l’affare con il mandatario.
*************
Per quanto sopra esposto e motivato il sottoscritto Mauro Pili chiede che l’Ecc.ma Procura della Repubblica adita voglia disporre gli opportuni accertamenti in ordine ai fatti esposti in narrativa, valutando gli eventuali profili di illiceità penale degli stessi e, nel caso, individuare i possibili responsabili e procedere nei loro confronti.
Formula altresì denuncia-querela qualora dagli accertamenti emergessero fatti-reato procedibili a querela di parte.
Il sottoscritto chiede di essere avvisato ex art. 406 c.p.p. in caso di richiesta di proroga delle indagini preliminari ed ex art. 408 c.p.p. in caso di richiesta di archiviazione presso lo Studio Legale …………
Con osservanza.
Mauro Pili
Roma, 16 marzo 2016».
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http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2017/03/gentiloni-ha-regalato-zone-di-mare.html
Ecco chi è la “capitana” della Sea Watch che vuole portare i migranti in Italia
Il capitano Carola Rackete è pronta a infrangere il divieto di Salvini e a portare i migranti in Italia: “Per me il porto sicuro è Lampedusa”
Andrea Indini – Lun, 17/06/2019
“Restiamo al largo di Lampedusa e reiteriamo la richiesta di sbarco”. La risposta della ong tedesca a Matteo Salvini non si è fatta attendere troppo.
Dopo che nella notte la Guardia di Finanza è salita a bordo della Sea Watch 3 per notificare il divieto di ingresso in acque italiane, un tweet ha rlanciato la sfida al ministro dell’Interno facendo sapere che il capitano Carola Rackete non ha alcuna intenzione di fare marcia indietro e che si prepara a puntare dritto verso le coste italiane. “Per noi – ribadisce la giovane al telefono con Repubblica – Lampedusa è e rimane il porto sicuro più vicino al punto dove abbiamo effettuato il salvataggio”.
La sfida della “capitana” della Sea Watch non è solo a Salvini, ma anche al decreto Sicurezza bis che, appena approvato, ha subito trovato applicazione. Sabato scorso il governo, in modo compatto, ha firmato “il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane”. Il divieto è, poi, stato notificato dagli uomini della Guardia di Finanza alla comandante dell’imbarcazione. Ma l’ong tedesca, da sempre restia a rispettare le leggi (italiane e internazionali), ha subito fatto sapere, tramite la portavoce Giorgia Linardi, di non essere intenzionata a fare marcia indietro. “Riportando indietro queste persone”, ha spiegato, lo staff della Sea Watch “commetterebbe un crimine per cui l’Italia è già stata condannata, ovvero quello del respingimento collettivo”. Gli ultrà dell’accoglienza si appigliano da sempre a una sentenza del 2009 della Corte Europea dei Diritti dell’uomo che aveva sanzionato l’Italia proprio per aver rimandato in Libia un gruppo di migranti soccorsi in mare. Ma dall’anno scorso non trovano più a Roma chi è disposto ad ascoltarli. Dopo aver chiuso tutti i porti italiani, Salvini ha anche blindato le nostre acque.
In queste ore Salvini sta facendo leva sulla convinzione che l’ong tedesca sia in torto
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Migranti, perché i Pm non sequestrano le navi delle Ong?
Gli ultimi sbarchi sono un ritornello: le navi vengono sequestrate e subito dissequestrate. E così tornano in mare
Giuseppe De Lorenzo – 17/06/2019
Sequestri, dissequestri e ancora sequestri. Nel mare del Mediterraneo si giocano più partite: quella umanitaria, quella politica e quella giudiziaria. Chi si perde solo una puntata della lunga fiction rischia di perdere la barra della questione. Qualcuno si chiederà: come mai le navi Ong vengono fermate, i comandanti e capo missione indagati, ma le imbarcazioni tornano sempre al largo per soccorrere immigrati e riaprire ogni volta la quotidiana lotta col ministro Salvini?
Un motivo c’è. E si chiama: decisioni dei magistrati. Scelte che hanno fatto storcere il naso ad alcuni giuristi, che si sono domandati il motivo per cui le procure di Catania e Agrigento non abbiano mai messo i sigilli “definitivi” alle navi Ong in attesa della conclusione di indagini e processi. A sollevare i dubbi sulle toghe è Pietro Dubolino, presidente di sezione a riposo della Corte di Cassazione. Non l’ultimo degli arrivati.
Dubolino parte dall’analisi dell’ultimo caso Sea Watch, l’Ong che ha caricato 52 migranti al largo della Libia e si è diretta verso l’Italia. Un braccio di ferro che forse poteva essere evitato se la nave fosse rimasta sotto sequestro. Lo scorso maggio, infatti, si era ripetuta una scena simile. Dopo aver salvato 47 immigrati, Sea Watch 3 era entrata in acque italiane “infrangendo” il divieto di Salvini. La Gdf aveva notificato la diffida, ma alla fine i migranti sono scesi a terra per ordine della procura di Agrigento. Il pm aveva disposto il sequestro probatorio del mezzo al fine di verificare l’esistenza o meno del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’atto è stato confermato nei giorni successivi, e nel registro degli indagati è finito il comandante Arturo Centore. Salvini aveva esultato, dicendosi sicuro che questa volta la nave non avrebbe ripreso il largo. Ma così non è andata. Lo sorso 1 giugno l’imbarcazione buonista è stata dissequestrata perché non vi era più l’esigenza di raccogliere le prove. E così è tornata a pattugliare la Libia.
Per l’ex presidente di sezione della Suprema Corte c’è qualcosa che non torna. Due i punti focali: primo, “non si comprende – scrive – per quale ragione (…) sia stato denunciato a piede libero e non in stato di arresto“; secondo, “in casi come questo è prassi” trasformare “il sequestro probatorio in sequestro preventivo“, in modo da tenere la nave in porto fino alla fine del processo. Ma così non è andata. Ad oggi solo la Iuventa, nave di Jugend Rettet, è bloccata in porto dopo l’inchiesta di Trapani.
Basta fare un salto indietro per pescare le tante sentenze che hanno fatto esultare le Ong. Lo scorso marzo, dopo lo sbarco di 218 migranti a Pozzallo, la procura di Catania aveva chiesto il fermo della Open Arms, decisione confermata dal Gip (che però ha escluso il reato di associazione a delinquere). Restando solo l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (poi archiviata), la competenza è dunque passata a Ragusa, dove il Gip Giovanni Giampiccolo l’ha dissequestrata.
Qualcosa di simile è successo anche alla Mare Jonio. Il 19 marzo alla nave di Mediterranea Saving Humans viene notificato il sequestro probatorio della nave su iniziativa della Guardia di Finanza. L’atto viene confermato e nel registro degli indagati finisce prima il comdandante Pietro Marrone e poi l’ex no global Luca Casarini. L’indagine è ancora aperta, ma anche in
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CULTURA
Gli intellettuali di oggi sono stupidi, ma anche ingrati
«Siamo di fronte ad un processo di marcescenza di un’intera generazione di intellettuali». Con queste parole, il filosofo torinese Costanzo Preve fotografava con chiarezza e distinzione gli intellettuali occidentali. Dopo essersi adattati alle peggiori nefandezze del Novecento, gli intellettuali per Preve si sono adagiati al più opportunistico nichilismo, irridendo a tutti colori i quali, sulla scia della filosofia antica, ma anche di Kant e di Hegel, sostengono invece ancora che il mondo abbia un senso. Il nocciolo della questione, per Preve, consiste nel fatto che gli intellettuali hanno fatto diventare teoria filosofica una delusione personale. Detto diversamente, l’acidità, il sarcasmo, il pessimismo di gran parte degli intellettuali non sarebbero altro che il frutto del loro personale fallimento, che però in modo imperdonabile avrebbero assolutizzato. Inoltre, questi intellettuali avrebbero occupato in modo “militare” l’editoria, le università e le scuole, facendo così passare per buono il loro messaggio antiveritativo in cui tutto viene relativizzato in modo assoluto. Le posizioni degli intellettuali di queste ultime generazioni, per Preve, sono dunque nichilistiche, ma anche opportunistiche, perchè non portano alla lacerazione di sè, al dubbio, alla ricerca incessante, ma al disincanto
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http://micidial.it/2019/06/gli-intellettuali-di-oggi-sono-stupidi-ma-anche-ingrati/
CONFLITTI GEOPOLITICI
YEMEN, LA GUERRA SEGRETA
Matteo Bastianelli
Ho visto un uomo caricato a forza su un camioncino a Sana’a. Cercava di liberarsi dalla presa di una decina di militari che a calci e pugni lo hanno costretto a salire sul retro, mentre altri gli intimavano di non muoversi con le armi puntate contro. Ho visto barricate fatte di mattoni, sacchi di sabbia e rocce. Auto distrutte impilate una sopra all’altra come fossero modelli in miniatura. L’Arabia Felix, nota fin dai tempi degli antichi romani per incenso, mirra e lucrosi traffici commerciali, è ormai un lontano ricordo. Oggi in Yemen c’è soprattutto morte, distruzione e sofferenza. E una pianta di cui tutti si riempiono la bocca masticandone le foglie, fino a deformarsi le guance: il Khat (Qat). Ha un effetto simile a quello dell’anfetamina, non fa sentire la fatica, causa perdita di sonno e di appetito inducendo comportamenti maniacali e iperattività. Una droga perfetta per un Paese affamato dalla guerra, narcotizzato e utilizzato come terreno di scontro tra Arabia Saudita e Iran per l’egemonia nella regione.
L’ennesima guerra per procura che si inserisce nel contesto più ampio dello scontro tra Russia e Stati Uniti, già visto con le stesse modalità in Ucraina e in Siria. Poi ovviamente ci sono i miliardi di dollari spesi dai vari attori negli incontri internazionali per lo shopping di guerra e i resti sbriciolati di una nazione da dividere e ricostruire in futuro. Ma le vere ragioni del conflitto sono andate a farsi benedire insieme al fraintendimento etimologico sull’interpretazione semantica del nome stesso del Paese (“a destra”, “meridionale”, “felice”, “prosperoso”). L’embargo imposto dall’Onu è stato sapientemente aggirato da Usa, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Spagna, che continuano a fare affari con l’Arabia Saudita, beffandosi del Trattato globale sul commercio delle armi.
VIDEO QUI: https://youtu.be/eSgkj8F-1Xk
Il divieto della Germania di esportare armi in Arabia Saudita è stato annunciato nell’ottobre 2018, solo dopo il brutale omicidio del giornalista dissidente saudita Jamal Khashoggi. Se la volontà era quella di armare tutti fino ai denti, la missione può dirsi compiuta. Malgrado i proclami dei ribelli Houthi sui muri della capitale recitino le parole “Morte all’America, morte a Israele, dannazione agli ebrei”, scritte in rosso e incorniciate dalle frasi in verde su sfondo bianco “Dio è grande” e “Vittoria all’islam”. Sulla cultura delle armi, l’emulazione del modello americano è lampante in Yemen. Qui i ragazzini non vanno a scuola con pistole o fucili semiautomatici come negli Usa. La maggior parte non va più a scuola, perché finora oltre 340 edifici scolastici sono stati distrutti dai bombardamenti. Ciò nonostante, ho visto bambini soldato un po’ ovunque, dal nord al sud, attraversando circa 100 check-point controllati dalle varie fazioni in lotta e due linee del fronte.
Così i ragazzini si guadagnano 2000 riyal al giorno, l’equivalente di circa cinque dollari. Controllano i veicoli e i permessi di transito di chi ha deciso di viaggiare in quel che rimane di un Paese dilaniato da una guerra civile in corso da quattro anni. Le parole a volte ingannano, volutamente, ma in questa guerra come in tutte le altre, non c’è nulla di civile. Secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, si tratta della peggiore crisi umanitaria al mondo, con 20 milioni di persone che hanno bisogno di protezione e assistenza umanitaria a causa della mancanza dei servizi sanitari e delle provviste.
Un terzo della popolazione versa in condizione di insicurezza alimentare; c’è chi muore in casa per le intossicazioni causate dal cibo avariato e chi non ha accesso ad acqua potabile sicura. I pozzi inquinati e l’acqua contaminata, solo nello scorso anno, hanno provocato oltre un milione di casi di diarrea e colera. In questo contesto i civili stanno sopportando una situazione inumana, deliberatamente colpiti da bombardamenti aerei, missili, cecchini, fuoco incrociato, mine antiuomo e pallottole vaganti. Il conflitto ha causato la morte di 10mila persone, tre milioni hanno perso casa e sono sfollati internamente, senza possibilità di lasciare il Paese. A causa dell’inaccessibilità ai media stranieri, a cui raramente viene rilasciato un visto, questa guerra è poco documentata a livello internazionale. Mentre a livello locale è difficile trovare un’informazione che possa sfuggire ai dettami della propaganda, perché le parti in conflitto controllano quasi tutti i media. Non per niente lo Yemen è al 166esimo posto su 180 Paesi nella classifica sulla libertà di stampa di Reporter Senza Frontiere.
Durante il mio viaggio non sono stato al seguito di una parte in conflitto o dell’altra, ma al fianco di medici e infermieri che operano, curano e assistono i malati negli ospedali. Così ho avuto la possibilità di essere un testimone della resilienza della popolazione civile. Osservando e documentando, senza mitizzare chi combatte, dalla parte di chi subisce. Secondo lo Yemen Data Project, un’iniziativa indipendente nata per raccogliere e diffondere i dati sulla guerra in Yemen, su 16.749 attacchi aerei e azioni militari svolte fino al marzo del 2018, per circa un terzo il bersaglio è sconosciuto e per un terzo gli attacchi hanno raggiunto obiettivi non militari, provocando vittime civili. Dal 2015, sia gli attacchi aerei della coalizione a guida saudita che i droni americani impegnati nella “guerra al terrore” hanno causato centinaia di vittime e feriti tra i civili inermi, così come gli Houthi e le forze governative anti-Houthi si sono resi protagonisti di lanci indiscriminati di missili e esplosivi contro i centri abitati.
I danni collaterali di un conflitto che non fa sconti, sotto nessun punto di vista. I prezzi sono aumentati in media del 300% per i generi alimentari. Un sacco di riso da dieci kg è passato dal costare circa sette dollari, prima dell’inizio del conflitto, a 40 dollari nel 2018. Il costo del carburante è aumentato dell’800%: 20 litri prima costavano circa cinque dollari, adesso 40 dollari. Intorno alle pompe di benzina sembra esserci il miele e tante api operose che ogni giorno discutono su come dividerselo. La stessa scena si ripete in ogni città, dal nord al sud. I piedini anneriti dei bambini, gli sguardi persi dei ragazzi e i volti corrugati degli uomini si incorniciano insieme alle bombole di gas, vuote e arrugginite, ordinate in fila. Ognuno in attesa del proprio turno, tutti pronti a pagare 35 dollari per riempire una bombola. Anche in questo caso l’aumento è di circa il 700%.
Verso sud, Sana’a-Ad Dhale
Dall’aeroporto fantasma della capitale, passando per Ad Dhale, roccaforte della resistenza salafita fedele al presidente Hadi, fino a Taiz, Khalas è la parola che si sente pronunciare più spesso. Un termine arabo usato per dire che se ne ha abbastanza di qualcosa, o che quel qualcosa è completamente e irrevocabilmente cancellato, eliminato, finito. Nella Medina (la città vecchia) e nel centro cittadino di Ad Dhale, ho visto il vuoto lasciato dalle bombe. Nel 2015 si è combattuto duramente di fronte alle montagne aspre che circondano la capitale dell’omonimo governatorato. L’assedio dei “ribelli” Houthi, arrivati da Sana’a, qui non ha avuto successo, le forze pro Hadi insieme ai duri salafiti sono riusciti a respingerli.
Ora la linea del fronte è a circa 50 chilometri di distanza. Un residente del posto mi ha confessato che i ribelli morti nella Medina non sono mai stati seppelliti. Li hanno lasciati in strada e gli animali hanno fatto il resto. È pieno di cuccioli tra le macerie. La notte, durante i combattimenti, l’abbaiare continuo dei cani è come un allarme che risuona nelle strade buie e polverose. Neanche le bestie, scarne e macilente come gli uomini, ne possono più delle esplosioni. Nelle istantanee di quei giorni, poco distante dall’ex avamposto militare della Resistenza,
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https://it.insideover.com/special/yemen_ita.htm
DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
IUS SOLI
Sisto Ceci 17 06 2019
Anche “Il Foglio ” un giornale SIDERALMENTE lontano dalle posizioni politiche della Lega e dei Grillini e fervidamente FILO-PDINO, esprime serissimi dubbi sullo IUS SOLI “.
L’ampiezza delle condizioni richieste fa calcolare in circa 800.000 (su un milione di residenti ) gli immigrati che riceverebbero immediatamente la cittadinanza .Si tratta di una colossale sanatoria che NON RICHIEDE , COME ACCADE IN GERMANIA , ALCUN CORRISPETTIVO DA PARTE DEGLI IMMIGRATI , NEANCHE LA CONOSCENZA DELLA LINGUA !!!!!! O L’ESPLICITA ACCETTAZIONE DEI PRINCIPI SOCIALI E CIVILI DELLA CONVIVENZA!!!!!!………..invece il fatto che la norma sia
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Merkel e il suo decreto sicurezza
Giovanni Bernardini 15 06 2019
Espulsione immediata dei migranti irregolari, ampliamento della detenzione preventiva per i rifugiati, taglio del Welfare agli stranieri, perquisizioni senza bisogno di mandato giudiziario.
Si tratta di un nuovo decreto sicurezza ideato da Matteo Salvini? Di una proposta di Giorgia Meloni?
- Si tratta di una legge approvata dal parlamento tedesco col voto
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Italia come campo profughi
Sisto Ceci 15 06 2019
L’obiettivo del PD e di Bergoglio: trasformare l’Italia in un immenso, laido, cencioso, campo profughi.
Un ripugnante, immondo lazzaretto di manzoniana memoria, dove legioni salmodianti di cattocomunisti buonisti con gli occhi trasognati per l’immensa quantità di materiale umano a disposizione, su cui esercitare senza limiti la loro carità pelosa, il loro altruismo narcisistico, il loro solidarismo radioso, il loro buonismo smisurato ed interessato, per poter così guadagnare l’agognato regno dei cieli e nello stesso tempo, riempire il conto in banca di Caritas , COOP , Onlus e Ong,
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ECONOMIA
Meloni sfida Di Maio: «Dicci quanti rom, stranieri e condannati hanno il reddito di cittadinanza»
mercoledì 22 maggio 13:12 – di Guglielmo Federici
Parte la sfida di Giorgia Meloni a Luigi Di Maio sulla verità dei numeri del reddito di cittadinanza. Dal suo profilo Fb la leader di Fratelli d’Italia scrive: “Sfido formalmente Luigi Di Maio a tirare fuori, prima delle votazioni del 26 maggio, i dati ufficiali di quanti nomadi, immigrati e condannati stanno percependo il reddito di cittadinanza grazie al Movimento 5 Stelle”. Il motivo? “Gli italiani onesti che pagheranno per tutto ciò e vogliono la verità!”.
Operazione verità
Si sottrarrà Di Maio alla sfida? Farà finta di non vedere quanta rabbia e amarezza fa agli italiani ascoltare di redditi di cittadinanza elargiti a pioggia in base a requisiti discutibili? Nomadi, rom, persino condannati lo stanno ricevendo, tutti a carico
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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Pangermanesimo 2.0
Manlio Lo Presti 14 06 2019
Questa è la Germania-signorina-Rottermayer!
Hanno un deficit molto più alto di quello italiano. Un debito che viene nascosto da “conferimenti tecnici” del passivo alla Deutsches Bundespost.
Migliaia (100.000) di pensionati al mese alla fame che emigrano nei paesi dell’est
Ma non ci fermiamo qui.
Aspettiamo il crollo di varie grandi banche germaniche che storicamente, hanno finanziato la fusione con la DDR riesumando i fantasmi del PANGERMANESIMO di cui i buonisti, antifa, quadrisex non guardano
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GIUSTIZIA E NORME
Magistratura, anno zero. E ora anche la sinistra deve smettere di santificare i giudici
17 giugno 2019
Per anni la sinistra ha difeso i giudici per attaccare Berlusconi, ma adesso è ora di rendersene conto: quello della Magistratura non è un potere puro, è invece lo specchio di un Paese che non ha più punti di riferimento
Alla fine si è dimesso anche Pasquale Grasso, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, dopo avere toccato con mano la sfiducia dei suoi, nonostante confidasse in maggiore solidarietà. Le sue parole sono chiare: «Vi rispetto molto più di quanto abbiate dimostrato di rispettare me. Lo faccio serenamente, dicendo no a me stesso» ha detto alla fine al comitato direttivo centrale. E poi, per non farci mancare un po’ di pathos, ha deciso pure di citare Pasolini (che si sa, sta bene un po’ su tutto): «Nel ricordo di un grande intellettuale del passato, che ricordava che i moralisti dicono no agli altri, l’uomo morale dice no a se stesso», ha detto Grasso. Intanto il Csm continua nel suo percorso di decimazione con le varie correnti che sparano contro le altre in un tutti contro tutti che ricorda più un litigio da cortile che un dibattito maturo tra quelli che dovrebbero invece essere i sacerdoti della misura e della giustizia, in uno stillicidio di intercettazioni (che viene dosato a favor di stampa in un modo che, anche quello, lascia parecchi interrogativi). Appaiono sempre di più preoccupati all’autopreservazione del proprio potere e a brigare con i propri amici (e contro i propri nemici).
Perché, diciamolo, il quadro generale della magistratura che esce dalle parole intercettate fa schifo. Fanno schifo i toni, i modi, le accuse incrociate, i veti personali, il rapporto malato con la politica e fa schifo che in questa guerra senza quartiere sia coinvolto uno dei più importanti organi dello Stato democratico, ovvero quel Csm che ha un potere immenso (e misconosciuto ai più) e che dovrebbe essere uno dei capisaldi tra gli organi di garanzia della Repubblica. Dico, ti aspetteresti che lì dentro ci siano persone di spessore ragguardevole, discussioni “alte” e i meritevoli di considerare con attenzione l’enorme responsabilità che si portano dietro.
Il quadro generale della magistratura che esce dalle parole intercettate fa schifo. Fanno schifo i toni, i modi, le accuse incrociate, i veti personali
Sentire invece Palamara che si sfoga con Lotti per distruggere la figura del Procuratore di Roma Pignatone come se fosse un avversario di calcetto dà l’idea dello sfregio istituzionale. Dice Palamara: «Il rapporto con lui… lui si è seduto a tavola con te… lui ha voluto parlà con Matteo (forse Renzi, ndr)… lui ha voluto fa’ quelle cose… lui crea l’affidamento… mi lascia col cerino in mano… io mi brucio, loro si divertono…». E lancia il sospetto di inchieste condotte con due pesi e due misure: «La vicenda Siri… fidate… Siri veniva arrestato in condizioni normali! De Vito (presidente del Consiglio comunale grillino, ndr) è stato arrestato per molto meno! È una trattativa, che vogliono fare con Salvini, fidati… io non mi sbaglio». L’idea di una magistratura che “tratti” con il potere, gettando fango sul Procuratore della Capitale è qualcosa che se fosse compreso pienamente, in tutta la sua gravità, soprattutto perché accade all’interno del Csm vedrebbe migliaia di persone in piazza a chiedere chiarezza e ad augurarsi una magistratura migliore e gestita con più senso dello Stato.
E forse sarebbe anche ora di dirsi senza troppe remore che per difendere la magistratura (dagli orridi) attacchi del berlusconismo
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https://www.linkiesta.it/it/article/2019/06/17/magistratura-csm-grasso-palamara-lotti/42552/
L’AFFARE SI INGROSSA
Sisto Ceci 13 06 2019
Magistratura connection, sospetti sul Quirinale
Secondo l’indagato Lotti il presidente Mattarella era tenuto al corrente
Mer. 12 Giu. 2019
di Alberto Laganà.
Se le affermazioni carpite tramite un trojan inserito nel telefono di Palamara sono confermate ora è quasi tutto il Csm ad essere nella bufera, compreso il Quirinale. Il Presidente Mattarella a tutt’oggi è rimasto in silenzio sulla vicenda forse per timore di ritorsioni.
E’ ormai evidente che Lotti e Palamara decidevano delle nomine nelle principali procure ma quello che lascia sconcertati i giudici perugini che si occupano del caso è che, secondo Lotti, il Colle era al corrente e, se venisse confermato, scatterebbe una procedura d’impeachment per il Presidente Mattarella che, oltre a non aver vigilato sulle trame ordite tra politica e magistrati, non le avrebbe neppure denunciate dopo esserne venuto a conoscenza, ma questi nuovi fatti dovranno essere verificati dagli organi competenti e
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Processo ai magistrati
MV, La Verità 15 giugno 2019
È terribile il discredito e l’autodiscredito che la Magistratura è riuscita a conseguire in questi anni ed è persino peggio dell’inaffidabilità dei politici perché questa riguarda i governi e i parlamenti e invece la caduta delle toghe investe lo Stato. I primi mutano, vengono eletti e possono essere bocciati, ma lo Stato no, è la spina dorsale di una società civile, la struttura che porta il peso del corpo sociale, e le istituzioni sono la sua ossatura. La brutta storia del CSM, che arriva fino al Quirinale, è solo il gradino supremo di una perdita progressiva e temo irreversibile di ruolo e di fiducia.
In principio fu l’ammirazione verso i magistrati al tempo della lotta alla mafia. Falcone e Borsellino col loro esempio proiettarono la magistratura nel grado più alto di credibilità e di fiducia della gente. Era il ’92 mentre scattava quella gigantesca operazione chiamata Mani pulite, che ebbe all’inizio grande favore popolare. Apparve che i magistrati stessero bonificando la politica e la società, lottando la corruzione e la criminalità e che fossero quell’organo arbitrale, severo e rigoroso, che pagava anche di persona, pur di far rispettare la legge. Furono dissipate le ombre di connivenza del potere giudiziario con la politica e i poteri forti, e furono isolati i casi di magistrati che avevano stabilito un torvo modus vivendi con la criminalità organizzata. La seconda repubblica non sarebbe nata senza il loro impulso.
Col passare del tempo però, lo strapotere della magistratura, la visibilità dei magistrati, in taluni casi il loro esibizionismo, l’uso discrezionale e disinvolto del loro potere, il capitolo dei risarcimenti ai giudici e delle loro consulenze, l’impunibilità
Continua qui:
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/processo-ai-magistrati/
FRAMMENTI DI UN’APOCALISSE CIVILE
Andrea Zhok 14 06 2019
Ieri sera il nuovo segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti ha preso finalmente posizione sul caso ANM, che coinvolge esponenti del PD ed in special modo l’ex ministro renziano Luca Lotti.
Con un intervento in televisione, Zingaretti, quello che ha vinto le primarie PD nel nome del rinnovamento, del riavvicinamento alle periferie, e della presa di distanza dal renzismo, ha difeso senza remore Lotti, adottandone la linea difensiva (“non ci sono reati; erano solo chiacchiere private.”)
Secondo le ricostruzioni della Guardia di Finanza, tra il 9 e il 16 maggio, in diversi alberghi di Roma si sono incontrati: Luca Palamara (ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati), i consiglieri del CSM (massimo organo di autogoverno della magistratura) Criscuoli, Morlini, Lepre, Cartoni e Spina, e infine i deputati del PD Lotti e Ferri.
Dalle intercettazioni di Palamara emerge un esercizio sistematico di pressioni per condizionare nomine e promozioni alle più alte cariche della magistratura nazionale.
Nello specifico, Palamara e Lotti discutono di come orientare la nomina del successore di Giuseppe Pignatone a capo della procura di Roma, e del trasferimento del PM Creazzo a Reggio Calabria, liberando così Firenze, in seguito all’inchiesta promossa dallo stesso Creazzo a carico dei genitori di Matteo Renzi.
Emergono richieste di “dare un messaggio forte” al membro del CSM Ermini, che si presentava in qualche misura come ‘intrattabile’.
Si parla di dossier raccolti per fare pressione su alcuni magistrati sgraditi (come il suddetto Ermini), per ottenerne il trasferimento.
Il tono generale delle discussioni (tutto reperibile in rete) non lascia alcun dubbio sul senso e il tenore delle operazioni: non sono ‘scambi di opinioni’, non sono chiacchierate pour-parler, sono processi deliberativi in cui si adottano strategie particolareggiate per ottenere specifici obiettivi.
Ora, il problema di una notizia del genere è che è talmente clamorosa che si fa fatica a dare la priorità ad un aspetto specifico.
La prima cosa da osservare è che non parliamo dei vertici di una bocciofila, e neppure di un posto all’università, ma parliamo dei vertici della magistratura, cioè dell’unico potere che, sulla scorta della separazione dei poteri di Montesquieu, è in grado di arginare e controllare il potere politico.
Parliamo cioè della nomina di persone che sono in grado, con decisioni personali, letteralmente di distruggere l’onorabilità e la carriera di chiunque.
Ebbene, decisioni intorno a promozioni e trasferimenti dei vertici delle procure italiane vengono presi da un gruppo di pressione privato, di cui fanno parte alti esponenti di partito (alla faccia di Montesquieu).
La seconda cosa da notare è che per anni una parte politica (a me lontanissima) ha lamentato l’esistenza di un ‘partito delle toghe’, con specifico riferimento ad influenze sulla magistratura da parte di forze del centro-sinistra.
E per anni, di fronte a quelle accuse, milioni di persone (tra cui il sottoscritto) replicavano in buona fede sdegnate che delegittimare la magistratura era un atto vergognoso e imperdonabile.
Oggi mi chiedo se qualcuno abbia la percezione di quale devastazione morale
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PANORAMA INTERNAZIONALE
TRUMP E I DEMOCRATICI UNITI NELLA LOTTA CONTRO I COLOSSI TECH?
Maurizio Blondet 17 Giugno 2019
Il senatore repubblicano Ted Cruz del Texas può essere nemico di Trump (lo ha sfidato nelle presidenziali, restando sconfitto) ma sui Colossi del tech – Google, Apple, Facebook, Amazon Twitter e Microsoft – la pensa come The Donald: “Da parte delle grandi aziende tecnologiche c’è un costante modello di unilateralità politica e censura [contro i repubblicani]”, ha scandito durante un’audizione al Senato. “Non solo queste imprese hanno il potere di sopprimere quelle voci con cui non sono d’accordo. Sono anche in grado di dirigere il flusso di informazioni in modo che una persona riceva solo le informazioni che corrispondono alle loro opinione politica”.
Il 10 giugno, Trump aveva accusato i Colossi dei Media Tech di cospirazione. “Esiste un accordo segreto tra i democratici e queste compagnie”, ha tuonato. E pur criticando le multe che la UE ha comminato ai Colossi, ha promesso o minacciato: “Bisogna fare qualcosa”, ventilando qualche provvedimento anti-monopolio.
In contemporanea, il Dipartimento di giustizia (DOJ), la Federal Trade Commission (FTC) e il Commissione giustizia della Camera hanno annunciato indagini su monopoli tecnologici su Amazon, Facebook, Google e Apple. Vogliono scrutare da vicino i comportamenti anti-concorrenziali dei Colossi avendo scoperto che il capitalismo selvaggio porta non alla concorrenza, ma ai monopoli.
Oh, scoperta ricorrente! Nei primi anni del ’900 fu la scoperta che la Standard Oil dei Rockefeller controllava il 91% per cento della produzione di petrolio, e fu obbligata dal Dipartimento di Giustizia a spezzarsi in 34 società più piccole (che divennero più ricche di prima) : fra gli strilli, allora come oggi, dei liberisti.
https://en.wikipedia.org/wiki/Standard_Oil
Oggi, i capitalisti sono giunto a tale arroganza, che il miliardario e speculatore Peter Thiel, fondatore di Paypal, ha pubblicato (già nel 2014) una colonna sul Wall Street Journal dove apertamente dichiara:
La concorrenza è per i perdenti- Se vuoi creare e catturare un valore duraturo, cerca di costruire un monopolio.
https://www.wsj.com/articles/peter-thiel-competition-is-for-losers-1410535536
E spiegare in video “perché i monopoli sono una buona cosa”.
Peter Thiel: perché i monopoli sono una buona cosa
I monopoli sono una buona cosa per la società, il venture capital eccetera
blob:https://www.wsj.com/8700f62c-c6fe-49ea-9719-b1aba123468c
Quando i capitalisti monopolisti cominciano a trovare che sono “buona cosa” i loro Monopoli privati, che ne fanno dei rentiers senza rischio , c’è da allarmarsi. E si comincia a vedere una reazione politica. Sembra.
Oggi – come nota DWN – qualcosa sta cambiando. Repubblicani e democratici possono formare un’alleanza contro i Behemot. Se non proprio un’alleanza, si vede una convergenza sul motivo dell’antitrust. Tutti gli aspiranti democratici alla Presidenza nelle votazioni del 2020, cavalcano esplicitamente il tema del “rompere i monopoli” – lo rubano ai populisti – evidentemente ritenendolo vincente.
“Antitrust – era un concetto-tabù da 40 anni sia a sinistra che a destra”, si è rallegrata Sarah Miller, vice-direttore dell”Open Markets Institute, un think tank antimonopolio.
La senatrice Elizabeth Warren, D-Mass., ha presentato un piano multi partito per smantellare i giganti del settore agricolo – quelle mega-imprese, oligopoli di fatto, che indebitano i contadini produttori e forniscono loro tutto , dai fertilizzanti ai diserbanti fino alla sbocco nel mercato: carne e prodotti agricoli passano dai giganti monopolisti per apparire nei supermercati, ” ciò che lascia gli agricoltori familiari con meno scelte, margini più striminziti e meno indipendenza”, ha scritto Warren in un editoriale su Medium . Come sappiamo, fra gli agricoltori americani il tasso di suicidi è tragicamente aumentato. Bernie Sanders si è unito alla Warren nel condannare la recente fusione Bayer-Monsanto. .
Il senatore Cory Booker, Democratico del N.J., ha preso di mira le fusioni nel settore avicolo. Ad agosto, ha proposto una norma che bloccava per 18 mesi tutte le fusioni tra grandi aziende agricole, alimentari e delle bevande per un periodo di 18 mesi.
Di scoperta in scoperta, i senatori e governatori democratici hanno scoperto che quando “ poche imprese dominano il mercato del lavoro, hanno più leva su salari “, e ciò potrebbe spiegare come mai i salari americani (e non solo…) sono rimasti indietro rispetto alla crescita economica dopo la recessione del 2008, e rispetto all’aumento di produttività dei lavoratori. “L’aumento
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https://www.maurizioblondet.it/trump-e-i-democratici-uniti-nella-lotta-contro-i-colossi-tech/
Francia: 80 anni fa l’ultimo ghigliottinato in pubblico
Di Euronews Agenzie: Afp – 17/06/2019
Ottant’anni, il 17 giugno 1939, il tedesco Eugen Weidmann veniva giustiziato con la ghigliottina a Versailles. Non si trattò dell’ultima esecuzione in assoluto – in Francia la pena di morte sarebbe stata abolita solo nel 1981 – ma dopo quella non ce ne sarebbero state altre in pubblico.
La reazione della folla che si era riunita per assistere fu così violenta che una settimana dopo il governo decise di sospendere le esecuzioni in pubblico.
Weidmann, 31enne che aveva già una lunga fedina penale nel suo paese natale, era stato condannato a morte per sei omicidi commessi in Francia con tre complici. La sua esecuzione fu eseguita davanti alle porte del carcere di Saint-Pierre, nel centro di Versailles.
Una piccola folla aveva cominciato ad accalcarsi davanti alla ghigliottina già diverse ore prima dell’esecuzione per assicurarsi un posto in prima fila. Alcuni volevano solo assistere all’esecuzione, altri denunciare uno spettacolo che consideravano indegno di una società civile. Diverse decine di persone circondarono la ghigliottina sul marciapiede, il resto della folla era più lontano.
Le esecuzioni di solito erano eseguite prima dell’alba. In quel caso però i preparativi andarono per le lunghe e quando Weidmann, con le mani legate dietro la schiena, fu condotto alla ghigliottina, il sole era già alto. La luce permise ai giornalisti di scattare foto e girare anche dei filmati.
Tra il pubblico c’era anche l’attore britannico Christopher Lee, all’epoca 17enne, che si era recato sul posto assieme ad un giornalista amico di famiglia. Nella sua autobiografia l’attore descrisse la “potente ondata di urla” che si alzò dalla folla all’arrivo del condannato.
Lee ammise di non essere riuscito ad assistere all’esecuzione. “Ho girato la testa
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La TV russa manderà in onda la sua rivisitazione patriottica della vicenda di Chernobyl
18 Giugno 2019 DI ANDREW ROTH theguardian.com
La versione russa graviterà attorno al ruolo di un agente della CIA prima dell’incidente nucleare
La TV di Stato russa si appresta a mandare in onda la sua sceneggiata sul fatale disastro di Chernobyl del 1986 – ma a differenza della serie di HBO, che ha incantato gli spettatori di tutto il mondo, questa versione sosterrà che, per il peggior incidente nucleare della storia, vi era la presenza di una spia della CIA.
Chernobyl, che sarà mandato in onda sul canale russo NTV, sembra soddisfare la pretesa degli articolisti da tabloid e delle notizie della televisione di Stato, per una rivisitazione più patriottica della vicenda.
Craig Mazin, il creatore della serie di HBO, è ossessionato dai dettagli minori come i lacci delle scarpe e i telefoni, e ha adottato resoconti di prima mano dei sopravvissuti per ricreare autenticamente l’Unione Sovietica degli anni ’80.
Chernobyl di NTV, girato in Bielorussia, si prende molte più libertà. Una descrizione dello show dice che la trama gravita attorno a un agente della CIA, inviato a Pripyat per raccogliere informazioni sulla centrale nucleare di Chernobyl, e l’agente di controspionaggio russo inviato a scovarlo.
Se sembra finzione, è perché lo è. Ma il regista, Alexey Muradov, ha detto che la serie televisiva “racconterà agli spettatori ciò che è realmente accaduto a quei tempi”.
“C’è una teoria secondo la quale gli Americani si erano infiltrati nella
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LE STORIE DIFFUSE DA POMPEO E BOLTON STANNO COMINCIANDO A SUPERARE ANCHE LA CREDULONERIA DEGLI AMERICANI
17 Giugno 2019 da Redazione di Paul Craig Roberts
Gli ultimi due giorni hanno visto sviluppi interessanti. Gli Stati Uniti o Israele hanno colpito una nave giapponese con piccoli razzi e hanno cercato di incolpare di questo attacco le mine iraniane. L’armatore giapponese ha interrotto l’evento di falsa bandiera. Il giapponese ha sottolineato che il danno sulla nave era sopra, non sotto la linea di galleggiamento e che i membri dell’equipaggio avevano osservato oggetti che si avvicinavano nell’aria.
Nel New York Times, David Sanger, un giornalista generalmente inaffidabile secondo me, ha rilasciato quello che una persona con il mio quarto di secolo di esperienza a Washington considererebbe informazioni sensibili sulla sicurezza nazionale quando ha riferito che Washington stava introducendo dei malware nella rete elettrica russa.
Chi ha divulgato queste informazioni sensibili sulla sicurezza nazionale? Perché non vengono arrestati e processati per aver perso un giornalista? Perché non è arrestato lo stesso Sanger, come Julian Assange, incarcerato per motivi inventati? Non ha senso fornire alla Russia le informazioni nella divulgazione pubblica in quanto ciò consente alla Russia di trovare ed
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POLITICA
Perché Salvini non va ad elezioni anticipate?
Scritto da Aldo Giannuli – 18 GIUGNO 2019
Il risultato del 26 maggio mette Salvini nelle condizioni migliori per andare a elezioni anticipate: ha il 34%, può contare sull’alleanza con la Meloni che gli porta un altro 5-6%, il M5s è al tappeto, Forza Italia agonizzante, il Pd ancora troppo debole (ed ora alle prese con lo scandalo Lotti) e nuovi concorrenti, per ora, non se ne vedono. Ed allora che aspetta?
Matteo ha i suoi bravi motivi per essere prudente. In primo luogo, sa di non avere davvero il 34% ma si e no il 30-31 se si fanno i conti al netto di quel 20% di astenuti in più che hanno lasciato i 5 stelle ma non sono morti. Se dovessero tornare a votare 5s o scegliere il Pd o magari riversarsi in parte su qualche nuova lista bisognerebbe rigare i conti.
Certo: una parte potrebbe scegliere la Lega, ma quanti? E se Conte fa un suo partito in grado di drenare qualcosa dall’astensione, dal Pd e da Fi? Insomma, è una incognita grande quanto una casa.
E l’incertezza aumenta ove si consideri che, bene o male, alle elezioni anticipate ci andrebbe sull’ammissione del fallimento della formula giallo-verde e senza aver portato a casa nessun altro risultato che le sceneggiate sugli immigrati
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http://www.aldogiannuli.it/perche-salvini-non-va-ad-elezioni-anticipate/
STORIA
Cent’anni fa il primo comunista italiano (che morì fascista)
Marcello Veneziani, La Verità 11 giugno 2019
Cent’anni fa apparve in Italia il primo leader comunista, amico personale di Lenin; morì poi da fascista, fucilato a Dongo e appeso per i piedi dai suoi compagni in Piazzale Loreto, accanto a Mussolini. Si chiamava Nicolino Bombacci e fu eletto nel 1919 alla guida del partito socialista. Era il capo dei massimalisti, somigliava non solo fisicamente a Che Guevara e ricordava Garibaldi. Era un puro e un confusionario; rappresentava, per dirla con De Felice, il comunismo-movimento, rispetto a chi poi si arroccò nel comunismo-regime. Fu lui a volere la falce e martello nella bandiera rossa, sull’esempio sovietico. Questa storia rimossa dai comunisti merita di essere raccontata.
Il 1°maggio di cent’anni fa era nato a Torino Ordine Nuovo, fondato da Antonio Gramsci, Amadeo Bordiga e Palmiro Togliatti. A quel tempo, disse poi Tasca (che esule dal Pci, finì a Vichy con Petain): “Eravamo tutti gentiliani”. Sull’onda della rivoluzione bolscevica nel giugno di cent’anni fa Ordine nuovo propose i soviet in Italia. Quel progetto li ricongiunse a Bombacci e insieme poi fondarono a Livorno il Partito Comunista.
“Deve la sua fortuna di sovversivo a un paio d’occhi di ceramica olandese e a una barba bionda come quella di Cristo” così Mussolini dipinse il suo antico compagno, poi nemico e infine camerata Bombacci. Romagnolo e maestro elementare come Mussolini, cacciato anch’egli dalla stessa scuola perché sovversivo, compagno di lotte e di prigione del futuro duce, e nemico dei riformisti, Bombacci si separò da Mussolini dopo la svolta interventista. Per tornare al suo fianco a Salò ed essere ucciso, dopo aver gridato “Viva il socialismo, viva l’Italia”. A differenza di Mussolini, Bombacci veniva dal seminario (come Stalin e Curcio) e da una famiglia papalina di Civitella di Romagna. Bombacci diventò il principale bersaglio dei fascisti che gli urlavano “Con la barba di Bombacci/ faremo spazzolini. Per lucidare le scarpe di Mussolini” (la stessa canzone fu riadattata al Negus quando l’Italia fascista conquistò l’Etiopia). I fascisti lo trascinarono alla gogna, tagliandogli la barba. Zazzera biondastra e incolta, volto magro, zigomi sporgenti, malinconici occhi turchini e una voce appassionata, impetuoso trascinatore di piazza. Così lo ricordava Pietro Nenni: “una selva di capelli spettinati, uno scoppio di parole spesso senza capo né coda. Nessun tentativo di convincere, ma lo sforzo di piacere. Un’innegabile potenza di seduzione. E in tutto questo, un soffio di passione…”
Sposato in chiesa, tre figli e varie storie d’amore alle spalle, Bombacci si schierò con Gramsci dalla parte di D’Annunzio a Fiume con la Carta del Carnaro. Quando nacque il Pcd’I, Mussolini dirà in un discorso alla Camera: “li conosco i comunisti, sono figli miei”. Bombacci fece uscire il folto gruppo parlamentare socialista dalla Camera prima che parlasse il Re nel giorno dell’insediamento, al grido di Viva il socialismo. Bombacci fu l’unico dei comunisti italiani in diretti rapporti con Lenin. Bombacci ricevette da lui denaro, oro e platino per la propaganda. A Mosca, Bombacci tornò coi vertici del Partito nel quinto anniversario della rivoluzione bolscevica, il 9 novembre del 1922 che nel calendario russo coincideva, col nostro 28 ottobre: quell’anno ci fu la Marcia su Roma. Bombacci sostenne l’intesa tra l’Italia fascista e l’Urss comunista, anche in parlamento. Poi suggerì ai comunisti d’infiltrarsi nei sindacati fascisti (strategia che Togliatti poi teorizzò come entrismo). Fu lui il primo comunista a entrare (indenne) nella Camera con Mussolini al potere. Continuò a far la spola con Mosca, soprattutto dopo che l’Italia fascista era stata il primo paese occidentale a riconoscere l’Urss e ad avviare rapporti economici. Bombacci tornò a Mosca il 1924 ai funerali di Lenin ed era
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http://www.marcelloveneziani.com/articoli/centanni-fa-il-primo-comunista-italiano-che-mori-fascista/
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