NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 19 GIUGNO 2018
A cura di Manlio Lo Presti
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Esergo
E le anime degli uomini,
vedendo le proprie immagini come nello specchio di Dioniso,
slanciandosi dall’alto furono istantaneamente lì,
senza essere scisse …
Eleusis e Orfismo. i Misteri e la tradizione iniziatica greca, Feltrinelli, 2015, pag. 443
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EDITORIALE
Parlare a martello dell’immigrazione per occultare l’emergenza di 12.000.000 di poveri nella ex-italia
Tutte in blocco le oltre 17 trasmissioni di dibattito politico, con l’aggiunta di almeno 300 quotidiani e periodici non fanno altro che bombardare sulla questione immigrati.
Si tratta di una “copertura mediatica” troppo vasta e compatta per non destare opportuni sospetti di una sua scientifica pianificazione, in attesa che i VERI PROBLEMI di cui soffre da troppo tempo la ex-italia possano saltare. Se qualcuno non se ne fosse accorto, ciò che sta accadendo si può tranquillamente classificare come una operazione di falsa bandiera (FALSE FLAG, nella terminologia spionistica e di gestione del terrore nella popolazione).
Gli ordini sono precisi: la ex-italia deve imbarcare e IN SILENZIO, oltre 12.000.000 di cosiddetti immigrati! La sovragestione dei piani alti della catena di comando atlantica ha predisposto, che il governo Conte possa esistere quel tanto di tempo per non destare troppi sospetti che il suo rovesciamento sia stato il frutto di pianificazioni atlantiche e nordeuropee.
Questo governo non deve decidere nulla, ha il solo compito di occupare il tempo che serve ai PIANI ALTI per creare un nuovo piano di dominio della ex-italia.
Nel frattempo, l’emergenza economica di un Paese dissanguato da otto mafie e dal dominio brutale anglofrancotedescoUSA, diventa sempre più distruttiva.
L’ordine di scuderia è di NON DECIDERE NULLA DI DECISIVO PER RISANARE IL NOSTRO MARTORIATO PAESE!
Il buonismo neomaccartista, antifa, lgbt, buonista, intanto criminalizza quegli italiani demmerda che sollevano qualche dubbio sulla violenza verbale e oltremodo psicopolitica che le grandi centrali informative, strapagate da interessi esterni, stanno attuando con spietatezza e cinismo.
Bersagli del nuovo corso neomaccartista sono inoltre tutti coloro che sollevano un serio dubbio sulla priorità della tematica immigrazionista rispetto al crescente disastro socioeconomico in cui versa la ex-italia, sono bollati come egoisti, disumani, fascisti, razzisti : questo è un altro aspetto clamoroso del piano di distrazione di massa della popolazione italia che non deve pensare ad altro che a quello che decidono LORO.
Un esempio lampante è stata la puntata di OTTOEMEZZO sul canale tv LA7 che, palesato dallo scomposto ed aggressivo comportamento della responsabile Bilderberg, doveva far passare un preciso messaggio: PROVOCARE LA LITE FRA LE COMPONENTI POLITICHE DEL GOVERNO CONTE, a vantaggio di chi????????????????
I servi sciocchi di questa operazione di sterminio definitivo della ex-italia, futuro deposito razziale dei prossimi 50.000.000 di cosiddetti immigrati africani sospinti dalla pressione cinese e dalla setta imprenditoriale desiderosa di manodopera da pagare 3 euro al giorno, sono i movimenti buonisti, la stampa di un certo schieramento, i professori universitari, i centri di ricerca (i THINK THANK) finanziati dal Dipartimento di Stato.
I piani alti, da tempo stanno ossessivamente cercando di rimuovere tutto ciò che ostacola il loro progetto di governo orientato alla creazione di masse indifferenziate non solo nella ex-italia, ovviamente, ma in tutta l’Europa.
P.Q.M.
Il neomaccartismo ha il preciso scopo di:
– Sterminare ogni dissenso o dubbio sul modo di condurre la politica immigrazionista, bollando come razzista chiunque osi farlo;
– Sterminare ogni dissenso o dubbio riguardo alla politica di genere quadrisex, tendente alla eliminazione di ogni diversità a favore di una umanità indifferenziata, bollando come omofobia chiunque osi farlo;
– Sterminare ogni tentativo di salvaguardare l’identità nazionale e la relativa cultura (ALMA MATER) di un popolo, bollando come populista demmerda chiunque osi farlo, attuando un accerchiamento politico ed economico in stile distruzione STATI CANAGLIA;
– Sterminare ogni tentativo di creare vera cultura nella scuola pubblica distrutta a favore di quella privata a gestione vaticana o angloamericana, bollando come conservatore chiunque cerchi di evitare la diffusione di un sistema scolastico CHE NON DEVE INSEGNARE NULLA, ma solo girare bulloni, piano realizzato con la alternanza scuola-lavoro;
– Sterminare ogni tentativo che tuteli una politica a favore della natalità ITALIANA, bollando come fascisti i suoi propugnatori. Al vuoto di morti superiori ai bombardamenti della Seconda guerra mondiali subiti dalla ex-italia, si può sopperire, senza tante storie (tutti razzisti coloro che vi si oppongono), con la bomba migratoria di gente sottomessa che accetta una paga oraria di uno o due euro al giorno, ALLA FACCIA DEI DIRITTI SOCIALI CONQUISTATI CON IL SANGUE DAI NOSTRI PADRI1
La crisi economica, sociale, antropologica, di sicurezza delle strade, di incremento di violenze carnali sulle donne da parte di immigrati le cui denunce sono velatamente (qualche volta non proprio) scoraggiate per ordine degli alti comandi responsabili della sicurezza sociale della ormai ex-italia. Lo scopo? Quello di non diffondere la vastità drammatica del fenomeno perché danneggerebbe la causa lgbt, buonista, antifa, neomaccartista oltremodo incoraggiata dalle potentissime lobbies neomondialiste.
E non venissero a dire, con facile supponenza, che tale piano non esiste. Se non abbiamo PRE-GIUDIZI, possiamo vederlo nella bomba immigrazionista usata come arma politica volta alla destabilizzazione delle nazioni che hanno la faccia tosta di non volersi estinguere spontaneamente!
I problemi sono altri, ma sono occultati scientificamente dal martellamento mediato di terra, di mare, di aria da parte del DEEP STATE DE’ NOANTRI focalizzato sui poveri immigrati. Chissenefrega
– dei 5000 suicidi all’anno per crisi economica;
– delle 8 mafie che triturano il tessuto sociale e riciclano denaro destinato ai mercenari delle attuali 26 guerre;
– delle 7 polizie a cui viene impedito di fare il proprio dovere;
– dei 12.000.000 di italiani in povertà estrema;
– di 5.000.000 di bambini malnutriti;
– della incombente possibilità che il territorio italiano sia spezzato in tre parti con secessioni ad hoc, in caso gli italiani demmerda fossero troppo resistenti ai diktat atlanticianglofrancotedeschi.
NE RIPARLEREMO …
IN EVIDENZA
Albinati e la ferocia dell’élite
Gianpaolo Rossi – 15 giugno 2018
MALAVITOSI DELLO SPIRITO
«Ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aquarius. Ho detto: adesso, se muore un bambino, io voglio vedere che cosa succede per il nostro governo».
Questa frase indegna, disumana, feroce, scioccante è stata pronunciata pubblicamente da uno dei più importanti intellettuali italiani: Edoardo Albinati.
Scrittore, saggista, figura di punta di quell’intellighenzia di sinistra e radical-chic che dispensa giudizi storici e morali a tutto spiano e si erge come colonna portante della moralità di questo Paese.
Spargitori di odio e menzogne, livorosi capiclan di cosche mediatiche, accademiche ed editoriali, malavitosi dello spirito abitano l’élite intellettuale del Paese
La frase di Albinati è stata raccolta il 12 Giugno durante un suo intervento alla libreria Red-Feltrinelli di Milano. Il grande intellettuale stava presentando il libro sul Niger scritto insieme alla sua compagna Francesca D’Aloja.
La registrazione è stata pubblicata ieri sul sito di Radio Padania perché tra il pubblico c’era Giulio Cainarca uno dei giornalisti dell’emittente leghista; è lui ad aver registrato l’intervento audio di Albinati ed è lui che, esterrefatto, ha deciso di renderlo pubblico.
Albinati è uno degli esempi tipici di questa indecente élite intellettuale che inquina l’Italia; spargitori di odio e menzogne, livorosi capiclan di cosche accademiche, mediatiche ed editoriali, malavitosi dello spirito, lontani dal paese reale e vicini solo alla falsa ed ipocrita auto-rappresentazione che si danno attraverso il mainstream.
Ci ha spiegato Cainarca che ad ascoltare Albinati non c’erano più di 10 persone; questi guru dell’antropologicamente superiore, questi razzisti travestiti da spiriti umanitari, sono l’espressione di un’élite che non rappresenta il Paese eppure lo domina.
Albinati è stato un vincitore del Premio Strega, ha scritto per il Corriere della Sera, per Repubblica.
Non solo, ma Albinati ha lavorato in Afghanistan e in Ciad con l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati; il libro che presentava è un diario di viaggio compiuto proprio sotto il patrocinio delle Nazionni Unite, per testimoniare le sofferenze dei migranti.
Come possa un uomo che ha raccontato direttamente il dramma dei migranti desiderare la morte di uno di loro (addirittura di un bambino) per poter attaccare un avversario politico, è cosa che sfugge a noi comuni mortali che non apparteniamo alla “razza eletta” dell’intellighenzia radical-chic.
COME BRUSCA
La frase di Albinati mostra il livello più infimo a cui può arrivare l’odio politico, la ferocia ideologica, l’ipocrisia di un’élite arrogante e impunita.
Ora ci aspettiamo che Albinati spieghi che lui non intendeva dire quello che ha detto; che si è espresso male (o che abbiamo capito male noi); ma le parole tradiscono un inconscio mai corrotto nel raccontare ciò che si ha dentro il proprio cuore. E dentro il cuore di Albinati c’è qualcosa che lo accomuna ai peggiori orrori criminali.
Forse Albinati non se ne rende conto ma il suo “desiderio” di veder morire un bambino per punire Salvini, lo rende simile a Salvatore Brusca che ammazzò un bambino per punire il padre pentito.
Dentro quella frase c’è la stessa diabolica natura in questo caso alimentata da odio politico, allucinazione ideologica e spietatezza di un’élite arrogante che si pensa impunita tanto da poter dire tutto ciò che vuole senza pagarne mai il conto.
Ad ascoltare la voce di Albinati ci si spaventa per la calma luciferina con cui lui ha pronunciato il suo pensiero: quel “ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aqaurius”, non è il frutto di un’alterazione emotiva, non nasce da un battibecco, da una perdita di controllo ma da una lucidità disumana disgustosa, da un distacco olimpico con cui l’intellettuale svela il suo desiderio morboso e folle.
DISPENSATORI DI ODIO
Da mesi l’élite sta riversando un odio implacabile nel nostro Paese, specialmente indirizzato contro Matteo Salvini (come ieri lo riversava contro Berlusconi). Basta andare sui social per vedere gli attacchi al leader leghista (oggi Ministro degli Interni) ma anche ad altri esponenti della politica non di sinistra (ad esempio Giorgia Meloni, recentemente minacciata di morte).
Ciò che spaventa è la calma luciferina, la lucidità disumana e il distacco olimpico con cui l’intellettuale svela il suo desiderio di veder morire
Capofila di questo odio è Roberto Saviano che dal suo attico di New York dispensa bugie e infamia a tutto spiano; raccontando menzogne sull’immigrazione, manipolando dati e numeri, istigando rivolte contro il governo, apostrofando come banditi chi la pensa diversamente da lui.
Saviano è il capo-bastone di quella “canaglia schiavista” che al soldo dell’élite globalista, alimenta la tratta di esseri umani in atto travestendola da umanitarismo (lo schema dell’immigrazione indotta lo abbiamo spiegato qui).
Eppure questa feccia intellettuale appare sempre più staccata non solo dalla realtà ma persino da quegli stessi italiani di sinistra a cui loro pensano di parlare e che credono di rappresentare.
Ieri l’Espresso, il giornale dove Saviano scrive, ha pubblicato un sondaggio tra i suoi lettori per capire cosa pensassero della decisione del Governo italiano “di impedire l’approdo della nave Aquarius”: il 69% ha risposto che la decisione era giusta “perché non possiamo accogliere tutti”.
Il risultato è indicativo: o la stragrande maggioranza dei lettori di Saviano è composta da banditi e razzisti, oppure la gente ha capito l’imbroglio che rappresentano personaggi come lui.
IL RUOLO DEGLI INTELLETTUALI
Desiderare la morte altrui (addirittura di un bambino) per soddisfare il proprio narcisismo intellettuale, per poter dire “avevo ragione io”, è quanto di più vergognoso si possa immaginare. E io mi auguro che Edoardo Albinati trovi il tempo tra un libro, un’intervista e un premio letterario, di capire che esempio di diseducazione e immoralità ha rappresentato con le sue parole.
Gli intellettuali devono essere sentinelle di identità e inventori di immaginario; non élite autoreferenziale e corrotta nello spirito
Gli intellettuali sono parte importante della crescita di una società; sono le sentinelle di un’identità, i portatori di visioni critiche e costruttive, gli inventori di immaginari e i custodi di memoria.
L’Italia ha bisogno di intellettuali e non di una casta chiusa, di un’élite radical-chic intollerante e corrotta nello spirito che oggi è una delle cause principali del disastro della nazione.
http://blog.ilgiornale.it/rossi/2018/06/15/albinati-e-la-ferocia-dellelite/?repeat=w3tc
Canaglia schiavista
Gianpaolo Rossi 17 agosto 2017 RILETTURA
SILENZIO PARLA IL PROFETA
È inutile che vi girate dall’altra parte fischiettando. Ce l’aveva con voi gentaccia da quattro soldi, xenofobi di periferia, volgari populisti dalla provincia profonda.
La “canaglia razzista” di cui ha parlato il Profeta, siete voi. Come chi è il Profeta? Ma allora siete anche ignoranti oltre che razzisti.
Il Profeta è Roberto Saviano, l’intellettuale, il guru, il Maestro Venerabile del Pensiero Collettivo, il dispensatore di parabole politically correct, il puntuale riempitivo dei salottini televisivi di Fazio da 11 milioni di euro (con i soldi vostri). Insomma, lo scrittore di Gomorra, quello per cui l’umanità si divide in due: i criminali da una parte e lui dall’altra.
È inutile che dissimulate, piuttosto sentitevi in colpa e pentitevi, perché se lui dice che siete una “canaglia razzista” vuol dire che lo siete. Perché Saviano è un vip e voi no; Saviano ha ricevuto la solidarietà di Dario Fo e Desmond Tutu e voi neppure quella del vostro vicino quando i Rom vi hanno rubato in casa, razzisti che non siete altro; Saviano è uno che quando scrive o parla, tutti rimangono a bocca aperta e fanno: “oooooh l’ha detto Saviano!”. Anche quando dice cazzate iperboliche, tipo che i giovanotti della Ong tedesca che fanno affari con gli scafisti libici, al massimo hanno commesso un “reato umanitario” e quindi hanno fatto bene.
E nessuno che abbia avuto il coraggio di dire: “Oh Saviano, ma che minchia scrivi?” No, tutti ad applaudire questa cialtroneria indecente scritta sulla pelle degli immigrati che lui si vanta di difendere. Perché Saviano è come il Marchese del Grillo: “io so’ io e voi nun siete un cazzo!”
Per cui se Saviano dice che siete una “canaglia razzista”, vuol dire che lo siete.
E non servirà a nulla spiegare che voi non ce l’avete con l’immigrato, né con il suo colore della pelle, né con la sua religione. Che avete altre cose di cui preoccuparvi: il lavoro che avete perso, le tasse, il mutuo, l’ultima raccomandata di Equitalia con 500 euro di una multa che non avete pagato due anni fa quando, farabutti di destra che non siete altro, siete andati a 71 all’ora dove il limite era a 60.
Ed è inutile spiegare a Saviano che voi siete più accoglienti dei fighetti radical-chic di Capalbio che a lui lo applaudono sempre, ma gli immigrati col cavolo che ce li vogliono vicino alle loro villette, per non turbare l’estetica del luogo.
E che proprio perché vivete nel mondo reale e non in un talk show della Gruber, voi subite sulla vostra pelle questa immigrazione di massa che stanno volutamente riversando in Europa: magari nei quartieri dove non potete più uscire la sera perché in mano a spacciatori nord-africani o alle gang di immigrati, o magari semplicemente nella umana paura di chi assiste al radicale stravolgimento dei propri valori simbolici e sociali e, a casa propria, inizia a sentirsi sradicato esattamente come coloro che arrivano da fuori.
E voi, che non siete intellettuali ma volgari popolani, avete capito che questa immigrazione non è sostenibile per le nostre società. Perché nel degrado delle vostre città, nelle nuove povertà che si moltiplicano in Italia, nella disperazione di un Paese che non vede futuro perché loro ce l’hanno rubato, l’ultima cosa che possiamo fare è caricarci il destino di centinaia di migliaia (magari milioni) di disperati che saranno trasferiti qui solo per ingrossare una forza lavoro a basso costo (come stanno già facendo molte cooperative dietro la bugia della solidarietà), nel silenzio di quelli come Saviano.
IL SANGUE INTEGRATO
“Si profila, fenomeno positivo, il meticciato, la tendenza alla nascita di un popolo unico, che ha (…) un sangue integrato. Questo è un futuro che dovrà realizzarsi entro due o tre generazioni e che va politicamente effettuato dall’Europa”.
Questa frase ha lo stesso linguaggio da riduzionismo biologico di chi un tempo predicava la purezza della razza ariana; e questo nazismo al contrario l’ha propagandato Eugenio Scalfari quattro giorni fa sull’Espresso, il giornale dove Saviano lancia i suoi strali contro la “canaglia razzista”.
Meticciato, sangue integrato, popolo unico? Ma cos’è questo se non un razzismo contro gli europei, contro la nostra identità culturale; lo stesso che si trova nel delirio farneticante dei tecnocrati quando preannunciano che se i popoli europei non cederanno al meticciato “degenereranno nella consanguineità”. Roba da matti, e poi i razzisti sareste voi.
Il fatto è che l’immigrazionismo di Saviano e della sinistra italiana è la più ipocrita ideologia del nostro tempo. Ancora peggiore di quel multiculturalismo suicida che sta trasformando le nostre città nell’Eurabia preannunciata dalla Fallaci.
E allora vi accusano di razzismo perché avete capito che il loro buonismo e la loro accoglienza sono solo il volto mediaticamente perfetto dello schiavismo del nuovo millennio imposto dal Verbo della globalizzazione di cui loro sono i sacerdoti.
3000 PALLINE COLORATE
Facciamo a Saviano un regalo: questo video di Roy Beck, conservatore e studioso del fenomeno immigrazione. Lui non è famoso come Saviano, anzi è detestato da quelli come Saviano. Ma questo video lo dovete vedere: è il 2010 e in 6 minuti e con tremila palline colorate, Beck spiega perché l’immigrazione non potrà mai essere una soluzione alla povertà di queste persone; al contrario, essa porterà più povertà per loro e per noi.
E con disarmante semplicità Beck fa capire perché l’unico luogo dove queste persone possono essere aiutate è nei loro paesi, “dove essi vivono”.
È impossibile che lorsignori tutto questo non lo sappiano; e infatti lo sanno perfettamente. E allora perché predicano l’immigrazione coatta, il meticciato e benedicono e favoriscono l’esodo di milioni di disperati?
UNA MASSA DA SFRUTTARE: NOI E LORO
Lo scopo dell’immigrazione indotta, portata avanti da persone come Soros e dall’élite (di cui in fondo Saviano è il replicante) è proprio questa: generare in Occidente una massa lavoro di sfruttati per la trasformazione del modello di sviluppo nei nuovi processi economici globali; in una prima fase, sottoponendo il sistema ad uno stress da conflitto sociale endemico facendo convivere forzatamente identità culturali irriducibili l’una all’altra (Islam e substrato cristiano, immigrazione africana e cittadinanza europea); il caos permette di imporre legislazioni sempre più restrittive sui diritti civili e sociali e sulla libertà dell’individuo (cosa che sta puntualmente accadendo in Occidente) da parte di Stati sempre meno democratici perché nel frattempo la classe media, fondamento di ogni democrazia, viene azzerata (la crisi della “rappresentanza” ed il fatto che sempre meno cittadini europei vadano a votare è un segnale evidente). L’obiettivo: un modello sociale bidimensionale con sempre più “pochi ricchi e tanti poveri”.
Nello stesso tempo un’élite tecnocratica e finanziaria senza volto, né rappresentatività, si sostituisce ai governi per modellare un’Europa senza più diritti, né nazioni, né parlamenti sovrani, né identità culturale; questa sarà la base, nel tempo, per far sorgere quella massa “meticcia” (agognata da Scalfari, da Saviano e dai teorici del mondialismo progressista) funzionale al sistema di sfruttamento globale.
Non c’è nessun destino storico in questa immigrazione indotta; è un grandioso esperimento di laboratorio di cui noi siamo le cavie. Hanno bisogno di nuovi schiavi perché quelli che ci sono qui non basteranno; e allora li fanno venire da fuori.
Ovviamente l’accusa di razzismo è poca cosa rispetto a quella di complottismo; per cui preparatevi alla persecuzione del politically correct.
Ma siate certi di una cosa: non siete voi, non siamo noi la “canaglia razzista”.
Sono loro la canaglia schiavista.
http://blog.ilgiornale.it/rossi/2017/08/10/canaglia-schiavista/?repeat=w3tc
Soren Moje, l’uomo che attacca l’Italia “fascista”. La Ong lo fa sparire
18 giugno 2018
“Questo signore è nell’equipaggio della nave della Ong tedesca che, in attesa di caricare immigrati, mi dà del fascista…
Rassicurante direi!”. E’ Matteo Salvini a postare su Twitter questo commento sotto l’immagine di Soeren Moje, 31 anni, macchinista della nave Lifeline che aveva a sua volto accusato: “La politica ha perso, è arrivato il momento di agire”.
Ma il suo profilo è sparito dal sito della Ong subito dopo il tam tam sui social. Lì si leggeva di lui: “Vivo in una roulotte con altri punk in Bassa Sassonia”, “io vivo secondo le mie regole”, bisogna “rimanere ribelle, rimanere marciume”. Ora non si sa che fine abbia fatto.
Migranti, il business di Malta: “88mila visti venduti ai libici”
Giu 18, 2018 – Marco Gombacci
88mila visti Schengen e un numero imprecisato di visti per motivi di cura sarebbero stati venduti illegalmente a cittadini libici da parte di funzionari del governo maltese per poter arrivare e circolare liberamente in Europa.
È questa la denuncia del deputato nazionale Ivan Grech Mintoff (leader del partito di opposizione Alleanza Bidla e membro del Movimento Cristiano Politico Europeo – ECPM) che ha portato in tribunale le trascrizioni delle testimonianze raccolte e una pesante documentazione che potrebbe coinvolgere i più alti funzionari del governo maltese, inclusi membri dell’ufficio del primo Ministro.
Il giro di affari per la compravendita di visti si aggirerebbe intorno a milioni di euro, secondo il dossier che è destinato a creare un ulteriore scandalo nell’isola mediterranea.
Questo sistema, con parecchie falle, potrebbe esser strato sfruttato anche dagli uomini dello Stato islamico ancora presenti in Libia. Secondo la documentazione ora al vaglio delle autorità giudiziarie, la maggior parte della compravendita di visti sarebbe avvenuta presso il Consolato maltese a Tripoli.
“Se la giustizia maltese confermerà il contenuto della documentazione, stiamo parlando di uno scandalo di corruzione che metterebbe a repentaglio il sistema Schengen e l’intera sicurezza dell’Unione europea”, afferma il deputato maltese Mintoff. “Spero vivamente che nessun jihadista abbia avuto accesso a un visto rilasciato dal governo maltese”, continua il politico.
Come ricordava Gian Micalessin su Il Giornale, Malta non è nuova a scandali riguardanti la crisi migratoria europea: l’isola si è infatti fatta assegnare un’area di competenza per i salvataggi enorme senza avere i mezzi per presidiarla, ma “si guarda bene dal cederne parte all’Italia per non perdere i milioni di euro derivanti dai diritti di pesca, di prospezione petrolifera e dai compensi per il controllo aereo della zona”.
Senza dimenticare gli scandali dei traffici di contrabbando del carburante libico davanti agli occhi delle autorità locali passando al report di Europol che denunciava come la Ndrangheta utilizzi l’isola per riciclare i soldi provenienti da affari illeciti tramite numerose società di scommesse online che hanno deciso di instaurare la propria sede a Malta per via dei controlli quasi assenti.
Tra questi, ed altri, scandali di corruzione investigava anche la giornalista Daphne Caruana Galizia uccisa in circostanze misteriose.
È venuto il momento ora che sia l’Italia che le Istituzioni europee chiedano a Malta le sue responsabilità per ciò che è avvenuto e sta avvenendo e avviino una serie di indagini volte a riportare l’isola in mezzo al Mediterraneo all’interno di un sistema di legalità.
http://www.occhidellaguerra.it/migranti-business-malta-88mila-visti-venduti-ai-libici/
Bande di stupratori: Una storia accaduta nella verdeggiante contea dell’Oxfordshire
di Douglas Murray – 11 giugno 2018
- Qual è il prezzo che è stato pagato, che si sta pagando o che potrebbe essere pagato prima o poi da tutti quei funzionari pubblici che tacitamente o meno hanno consentito che queste atrocità dei giorni nostri continuino, non facendo niente per fermarle?
- I genitori di alcune delle ragazze abusate hanno raccontato di aver costantemente cercato di dare l’allarme in merito a ciò che stava accadendo alle loro figlie, ma che si sono visti chiudere in faccia ogni porta da parte dello Stato.
- Se la Gran Bretagna intende rimediare all’onta di questa cultura di “bande organizzate di pedofili”, dovrebbe iniziare cambiando il rapporto rischio/beneficio tra coloro che identificano questi crimini mostruosi e coloro che hanno dimostrato di averli insabbiati.
Dall’arresto di Tommy Robinson, il 25 maggio scorso, “le bande di pedofili asiatici” tornano a fare notizia. Ciò ha riacceso un dibattito sulla questione se le vittime ottengano giustizia e se i perpetratori l’abbiano avuta.
In tutto questo manca un elemento chiave. Qual è il prezzo che è stato pagato, che si sta pagando o che potrebbe essere pagato prima o poi da tutti quei funzionari pubblici che tacitamente o meno hanno consentito che queste atrocità dei giorni nostri continuino, non facendo niente per fermarle? I poliziotti, i politici, i dipendenti del consiglio e altri che hanno dimostrato di aver fallito tante volte non sono mai stati condannati al carcere per nessuna delle loro negligenze e forse contro di loro non sono mai state mosse delle accuse penali (e nemmeno accuse di mancata assistenza a persone in pericolo). Tuttavia, è lecito chiedersi se la vita di queste persone, i loro percorsi professionali o anche i loro piani pensionistici abbiano subito anche minimamente gli effetti del loro comprovato fallimento nel far fronte a una delle maggiori piaghe della Gran Bretagna. Stiamo parlando degli stupri di massa di ragazzine perpetrati da adulti spinti (tra le altre cose) dal razzismo, dalla religiosità, dalla misoginia e dal disprezzo di classe.
Forse la carriera professionale successiva allo scandalo delle bande di pedofili di un solo funzionario pubblico potrebbe contribuire a rispondere a questa domanda. Il suo nome è Joanna Simons. Nel 2013, era direttore generale del consiglio della contea dell’Oxfordshire. Fu lei che pilotò il programma di “assistenza sociale” del consiglio per quasi un decennio: vale a dire per tutto il periodo in cui furono perpetrati gli stupri di massa delle ragazzine del posto (successivamente oggetto di un’indagine denominata “operazione Bullfinch”). Tra gli atti di barbarie che sono stati compiuti da uomini del posto erroneamente definiti di origine “asiatica”, c’è anche la marchiatura a fuoco sulla pelle di una delle minori di una lettera “M”. M sta per “Mohammed” e il Mohammed in questione voleva che la gente sapesse che questa ragazza “apparteneva” a lui e in quanto tale era di sua proprietà.
Altre, delle centinaia di vittime, hanno subito orribili abusi. Molte erano affidate alle cure dei servizi sociali. Tra le storie emerse dal caso giudiziario del 2013 all’Old Bailey c’era quella di una ragazza che era stata drogata e violentata da una banda di uomini. La giovane era riuscita a fuggire e a chiamare un taxi che la condusse alla casa famiglia in cui viveva. Il personale della struttura si rifiutò di pagare la corsa del taxi, pertanto il taxista riportò la ragazza all’indirizzo dell’abitazione da dove era appena fuggita e una volta lì la banda la stuprò di nuovo. Non si tratta di un episodio da incubo avvenuto in un paese lontano, o in una città del nord dell’Inghilterra che i mass-media londinesi raramente raggiungono, ma di una storia accaduta nella verdeggiante contea dell’Oxfordshire. I genitori di alcune delle ragazze abusate hanno raccontato di aver costantemente cercato di dare l’allarme in merito a ciò che stava accadendo alle loro figlie, ma che si sono visti chiudere in faccia ogni porta da parte dello Stato.
Dopo che dal processo penale all’Old Bailey emersero particolari come quelli riportati sopra, la Simons realizzò un video che fu pubblicato online dal consiglio della contea dell’Oxfordshire. Negli ultimi cinque anni, meno di 2 mila persone hanno visto questa apologia di 48 secondi. Ma merita un pubblico più ampio. Nel video, la Simons guarda nella telecamera e si scusa con le persone che il consiglio ha tradito, il che la dice lunga sul comportamento che ha prevalso per anni in Gran Bretagna. Dalla prima immagine all’ultima, tutto suona come falso. Il tono e il contenuto del video lasciano credere che la signora Simons si scusi per un ritardo nella locale raccolta dei rifiuti o per i ritardi nella fornitura di sale antigelo da spargere sulle strade in presenza di condizioni meteorologiche avverse. Niente di tutto questo corrisponde all’orrore – l’orrore puro e inimmaginabile – di ciò che è accaduto nella pittoresca e rigogliosa contea dell’Oxfordshire, patria della famosa università di Oxford, la città delle “guglie da sogno”.
In seguito, la Simons fu ospite di Emily Maitlis, presentatrice di Newsnight, storico programma della BBC. Alle domande della Maitlis, la Simons rispose non solo rinnovando le sue scuse per il fallimento del sistema, ma lanciando il messaggio rassicurante che lei e i suoi colleghi del consiglio dell’Oxfordshire avevano “imparato molto”. Quando la Maitlis le chiese se pensava di rassegnare le dimissioni, la Simons rispose: “Mi sono posta delle domande molto difficili”, ma “non darò le dimissioni perché sono fermamente convinta che noi dobbiamo fare tutto il possibile per debellare questi abusi”. Quando la presentatrice le chiese come si sarebbe comportata se i familiari delle vittime avessero reclamato le sue dimissioni, la Simons ricorse a uno di quei bei espedienti politici che consistono nell’eludere la domanda, dicendo – in modo più incisivo di una risposta franca e diretta – che non avrebbe avuto alcuna intenzione di farlo anche se glielo avessero chiesto le vittime e i loro familiari.
Forse il suo desiderio di non lasciare l’incarico era dettato da altri motivi. Quando scattò l’operazione Bullfinch, la Simons percepiva uno stipendio annuale di oltre 196 mila sterline, prima che venissero inclusi altri benefici. Si rammenta che il salario medio annuo nel Regno Unito si attesta a poco più di 27 mila sterline. Lo stipendio annuale del premier britannico ammonta a poco meno di 150 mila sterline l’anno. E così per i suoi fastidi al consiglio della contea dell’Oxfordshire, la signora Simons percepiva uno stipendio considerevolmente più elevato di quello del primo ministro e sestuplicato rispetto alla retribuzione media nazionale.
Sebbene sia riuscita a non dimettersi nel 2013, le rivelazioni sono continuate. Un riesame dell’intero caso è giunto alla conclusione che gli assistenti sociali e la polizia già dal 2005 erano a conoscenza degli abusi di centinaia di ragazzine dell’Oxfordshire, ma non hanno indagato né li hanno considerati un crimine.
Nel 2015, il consiglio della contea dell’Oxfordshire decise di abolire il ruolo ricoperto dalla Simons, apparentemente per ridurre i costi. Questa decisione, presa dopo alcuni diverbi interni, fu poi annullata. La Simons finì per dare le dimissioni nel 2015, quando riceveva dal consiglio un compenso di 259 mila sterline. Ricordiamo che il prezzo medio delle abitazioni nel Regno Unito (220 mila sterline) è inferiore al compenso percepito dalla Simons. Pertanto, i risparmi di una vita impiegati dalla maggior parte della popolazione britannica nell’acquisto di una casa potrebbero ammontare a quanto guadagnato dalla Simons in un solo anno.
Molti potrebbero pensare che una persona del genere non torni a presentarsi in pubblico, approfitti del malloppo e sparisca. Ma la contea dell’Oxfordshire non ha fatto a meno della Simons per tanto tempo. Nel luglio 2017, l’organismo che si occupa della promozione del turismo regionale – “Experience Oxfordshire” – annunciò la nomina di Joanna Simons a direttore del proprio consiglio d’amministrazione. Un comunicato stampa che strombazzava la sua nomina affermava che l’esperienza della Simons nel consiglio della contea dell’Oxfordshire l’aveva resa idonea a ricoprire questo ruolo. La Simons si disse anche impaziente “di aiutare a promuovere questo luogo meraviglioso che è l’Oxfordshire per vivere, lavorare e fare turismo”. L’ex presidente del consiglio d’amministrazione, un certo Graham Upton, dichiarò che la Simons apportava al C.d.A. la sua “vasta esperienza”.
La signora Simons è solo una delle tante persone che, nel Regno Unito, per anni, hanno chiuso un occhio sugli stupri di massa ai danni di ragazzine della zona. Ma ovviamente queste persone non sono in prigione. Raramente, forse mai, vengono vilipese o addirittura menzionate nella stampa nazionale. La loro vita non è mai stata sconvolta. Non sono state perseguitate ad ogni passo. Piuttosto – a giudicare da Joanna Simons – queste persone sono state capaci di abbassare la testa per un po’, incassare il colpo per poi riapparire. Se la Gran Bretagna intende rimediare all’onta di questa cultura di “bande organizzate di pedofili”, dovrebbe iniziare cambiando il rapporto rischio/beneficio tra coloro che identificano questi crimini mostruosi e coloro che hanno dimostrato di averli insabbiati.
Douglas Murray è uno scrittore britannico, un analista e opinionista, che risiede e lavora a Londra, in Inghilterra. Il suo ultimo libro, The Strange Death of Europe: Immigration, Identity, Islam, è un best-seller internazionale.
https://it.gatestoneinstitute.org/12497/bande-stupratori-oxford
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Citizen Rosi, così Napoli ricorda il maestro
“Citizen Rosi: omaggio ad un grande maestro di cinema” è Il titolo della rassegna cinematografica, inaugurata nell’ambito del Napoli Teatro Festival
Diletta Capissi 14 GIUGNO 2018
“Cittadino? E’ così difficile sentirsi cittadino…”. Così esordisce il regista Francesco Rosi nel corso del bel video “Citizen Rosi: omaggio ad un grande maestro di cinema” , curato da Giovanni Bellotti che diventa anche il titolo della rassegna cinematografica, realizzata da Arci Movie inaugurata nell’ambito del Napoli Teatro Festival. Citizen Rosi è preso in prestito anche dall’incontro che si tenne nel 2015 all’Istituto di Cultura di New York dedicato alla memoria del regista dopo la sua scomparsa. Col video scorrono immagini private e inedite della vita di Rosi, a partire dal racconto della figura del padre e della sua infanzia, messe a disposizione dalla figlia Carolina. Lei è presente all’inaugurazione nel Cortile d’Onore di Palazzo Reale, insieme a Ruggero Cappuccio, direttore del Napoli Teatro Festival, al regista Roberto Andò e al curatore della rassegna Roberto D’Avascio. Commossa ma contenta, parla del padre e lo chiama Franco, come faceva di solito: “Questa è una cornice meravigliosa in cui si possono rivedere i capolavori di mio padre ma anche le commedie con le regie teatrali intraprese insieme a Luca De Filippo. C’è dunque la mia famiglia che si riunisce!” E poi aggiunge: “Mi piacerebbe però che ci fossero più giovani”. Spezzoni di suoi film che ancora colpiscono per la cruda immediatezza. “Rosi è un ispiratore del Napoli Festival – commenta Cappuccio – per il suo impegno civile e per l’attenzione che ha avuto nel raccontare le comunità meridionali. Ci sono molti ancora “cristi” che si sono fermati ad Eboli”. Il regista Roberto Andò ripercorre la carriera del regista nel suo documentario “ll cineasta e il labirinto” del 2002, attraverso le scene più significative dei suoi film, le parole di chi ha lavorato con lui o si sente personalmente legato al suo modo di fare cinema. Alla pellicola prendono parte Martin Scorsese, Giuseppe Tornatore e il critico cinematografico Tullio Kezich. Ma è proprio Roberto Andò a parlare della “difficoltà di essere cittadini” più volte sottolineata dal regista italiano: “Francesco Rosi è un gigante del cinema e della civiltà. Per i suoi ottant’anni, abbiamo avuto l’idea di raccontare la sua vita attraverso un viaggio che abbiamo fatto insieme per rappresentare una Italia diversa”. Poi ha aggiunto: “Oggi non sarebbe contento dell’Italia che c’è in giro”. La rassegna presenterà ogni sera, fino al 17 giugno, alcuni dei suoi film più famosi, tra cui Lucky Luciano e I Magliari, mentre le opere teatrali di Eduardo De Filippo, firmate da Rosi e intraprese nel percorso di drammaturgia insieme a Luca, saranno Napoli Milionaria, Filumena Marturano e Le voci di dentro. Insomma con questa rassegna si intende “raccontare un’esperienza artistica lunga e complessa – sottolinea il curatore Roberto D’Avascio”- che ha segnato la storia e la cultura del suo tempo, ma che ancora parla con determinazione alla nostra contemporaneità”. Il cinema di Rosi è forte, è civile, è di un’attualità veramente impressionante. E il racconto di quell’Italia nei film di questo grande maestro del cinema potrebbe essere tanto utile ai giovani. Alla serata sono intervenuti Mariangela D’Abbraccio, Gigi Savoia, Massimo De Matteo, Marco Manchisi, Nicola Di Pinto, Giovanni Allocca, Titta Fiore.
http://ildubbio.news/ildubbio/2018/06/14/citizen-rosi-cosi-napoli-ricorda-il-maestro/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
GEMITAIZ CONTRO SALVINI: “SE MUORI FACCIAMO FESTA”/ Il ministro replica: “Che problemi ha ‘sto fenomeno?”
Gemitaiz contro Salvini: “Se muori facciamo festa”. Il rapper si scaglia contro il ministro dell’Interno su Instagram, ira degli esponenti della Lega.
Carmine Massimo Balsamo – 15 giugno 2018
Uscita di pessimo gusto di Gemitaiz: il rapper, che da sempre usa l’arma della provocazione, si è spinto oltre stavolta nella polemica contro Matteo Salvini. In una storia su Instagram, il 29enne rapper romano ha augurato la morte al ministro dell’Interno, con tanto di autoscatto e mantello della morte accompagnato dalle icone che ricordano due modelle di Playboy. Il titolare del Viminale ha replicato su Twitter: «Salvini ti auguro il peggio, SE MUORI facciamo una festa”. Parola del rapper Gemitaiz, ma chi è ‘sto fenomeno? Che problemi ha, secondo voi???». Il rapper, dal canto suo, ha continuato a infuocare la polemica con altre storie pubblicate su Instagram, dove ha pubblicato gli screenshot dei commenti ricevuti dopo l’uscita su Salvini. E infine ha lanciato un appello: «Rapper, cantanti, attori, modelle e influencer, tirate fuori le palle e schieratevi. Siamo tanti anche noi». (agg. di Silvana Palazzo)
GEMITAIZ CONTRO SALVINI: “SE MUORI FACCIAMO FESTA”
Gemitaiz contro Matteo Salvini: “Se muori facciamo festa”. Il rapper di Roma, all’anagrafe Davide De Luca, si è scagliato contro il ministro dell’Interno in una storia su Instagram ed ha fatto letteralmente infuriare gli esponenti della Lega ma non solo. Dopo avergli dedicato una strofa in un brano con Madman (“Nel cuore c’ho le ruspe, mi fanno la villa tra i polmoni e le costole”, ndr), Gemitaiz ha scritto sul noto social network: “Salvini ti auguro il peggio. Se muori facciamo festa”. Una uscita che non è passata inosservata a Luca Morisi, stratega social del segretario del Carroccio, che su Facebook ha denunciato l’accaduto. Subito dopo Gemitaiz ha corretto, per modo di dire, il tiro attraverso una nuova storia: il post su Instagram è stato rimosso e sostituito con un’ammissione di colpa al grido di “odio i razzisti, e mi piace”. Ed ha scatenato l’ira dei verdi…
LA LEGA SI SCAGLIA CONTRO IL RAPPER
Matteo Salvini non ha ancora detto la sua sulla vicenda, ma gli altri esponenti della Lega hanno commentato sui social network con sdegno. A partire da Roberto Calderoli, tra i membri di spicco del Carroccio: “RAPPER SU FACEBOOK AUGURA LA MORTE A MATTEO SALVINI. INTERVENGA LA POLIZIA POSTALE E LA MAGISTRATURA. Un rapper semi sconosciuto, tale Gemitaiz, posta su Facebook un augurio di morte a Matteo Salvini con tanto di immagine della signora in nero, con mantello e falce, e la promessa di fare festa se accadesse… Auspico che la Polizia Postale intervenga subito per rimuovere questo post e bloccare il profilo social di questo rapper e che la magistratura apra’ un fascicolo a riguardo”. Anche Lucia Borgonzoni e lo stesso Luca Morisi hanno segnalato l’accaduto e sul web piovono critiche a Gemitaiz per la violenza comunicativa del suo messaggio, anche da detrattori del partito di Matteo Salvini.
Fanno discutere le affermazioni del rapper Gemitaz contro Salvini: ecco cosa ha detto, parole pesanti.
In seguito ha cancellato il post
15 giugno 2018
Frasi assai controverse del noto rapper Gemitaiz nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Come riporta il ‘Sussidiario‘(1), il rapper ha sostenuto su Instagram che augura tutto il male possibile al ministro dell’Interno e infine ha sostenuto che se muore farebbe festa insieme ai suoi seguaci.
In seguito, lo stesso Gemitaiz ha cancellato il suo commento e l’ha sostituto con la frase “Odio i razzisti, e mi piace”.
NOTA:
https://www.informazioneconsapevole.com/2018/06/il-rapper-gemitaz-shock-contro-salvini.html
BELPAESE DA SALVARE
OK L’IMMIGRAZIONE MA TUTTO IL RESTO?
Il Disonorevole – 18 GIUGNO 2018
Ho visto una breve parte dell’intervista al Ministro Bonafede (5stelle) su La7 dalla Gruber.
Sono bastati pochi minuti per percepire l’evidente ossessione della nota giornalista di far arrivare due messaggi chiari ai propri telespettatori:
- Virginia Raggi è coinvolta nella questione Stadio Roma. Qualcosa deve averlo sbagliato anche lei per forza. E forse anche Di Maio.
- Salvini domina con forza il governo e Di Maio e i suoi stanno li a guardare.
Era talmente evidente che mi ha messo in imbarazzo. Solo con il passare dei giorni mi pare che questa evidenza stia emergendo sempre più chiara.
L’obiettivo è mettere Lega e 5stelle in contrasto, in primo luogo confrontando i loro leader facendo passare Salvini grande forte e esperto cannibale dei Grillini. Mentre Di Maio troppo giovane e debole viene fagocitato.
L’obiettivo sarebbe quello di far cadere quindi la maggioranza così composta con la Lega dominante nei sondaggi e destinata al sorpasso ai danni dei pentastellati. Pare quasi un augurio intimo dei giornalisti.
Cioè se ci pensate un attimo i media parlano solo di Salvini e poi dicono che Salvini è su tutti i media. Mi pare un controsenso.
Credo sinceramente che non si possa parlare solo di immigrazione per molto altro tempo. La gente normale vuole soluzioni per il lavoro, la salute, la sicurezza economica, i diritti ed il proprio futuro.
Credo che Salvini arriverà ad un momento di stallo in cui non potrà continuare a ripetere solo che è finita la pacchia. Cioè dopo un po’ uno si rompe anche il caxxo.
Pare già un lontano ricordo il contratto di governo. Forse andrebbe riletto.
PS: nomina del nuovo CDA Rai. Tagli all’editoria. E modifica del sistema telecomunicazioni. Su questi temi il M5S avrà un grande peso.
CONFLITTI GEOPOLITICI
Carmelo Zuccaro, bordata contro le Ong: “Complici di un traffico criminale, non solo i migranti ma anche il petrolio”
Le informazioni del procuratore
17 giugno 2018
In questi giorni in cui, con la complicità del caso Aquarius, è tornato ad infiammarsi il dibattito sulle Ong, torna a farsi sentire Carmelo Zuccaro, il procuratore di Catania che in passato ha indagato proprio sulle Organizzazioni non governative, svelandone alcuni aspetti a lungo taciuti. E, intervistato da Il Messaggero, torna all’attacco, di fatto spiegando perché la linea adottata da Matteo Salvini sia quella giusta: “Le persone che hanno già realizzato enormi guadagni dal traffico di migranti, attraverso una rete di collusione, riescono a corrompere chi deve vigilare sulle raffinerie libiche e fanno uscire petrolio di contrabbando”, afferma. E le Ong sarebbero in un qualche modo complici, anche inconsapevolmente, di questo sistema: “Il loro sistema di soccorso – riprende Zuccaro – risponde a una logica sbagliata: costringe le persone a consegnarsi nelle mani dei criminali”.
Secondo Zuccaro, insomma, l’attività si sta estendendo dal traffico di esseri umani ad altri affari illegali: “Estendono le loro attività illecite. Hanno sempre più denaro con cui corrompono, reclutano sempre più persone, sono in grado di dotarsi di armi sempre più micidiali. E riescono a infiltrare nel governo funzionari”. Quando gli chiedono cosa ci sia di sbagliato nel sistema di soccorso attuale, il procuratore risponde: “Sia che venga effettuato tramite navi di Ong o altro, è un anello di un sistema che è sbagliato nella sua struttura, perché è impossibile pensare che si debba affidare i legittimo diritto di persone che hanno diritto alla protezione internazionale a venire in Europa per l’esame della loro situazione, a un traffico che appartiene a soggetti criminali”.
Leggi anche: Aquarius, vergogna spagnola: cosa farà (davvero) con gli immigrati
E ancora: “Bisognerebbe eliminare il traffico di migranti verso la Libia e per questo dico che il sistema dei soccorsi in mare, delle Ong, risponde a una logica sbagliata. Costringe le persone a consegnarsi nelle mani di criminali – ribadisce -. Questo è profondamente sbagliato, non risponde al senso di umanità, né di solidarietà. Le Ong – insiste Zuccaro – fanno parte di un sistema profondamente sbagliato, che affida la porta d’accesso all’Europa a trafficanti che sono criminali senza scrupolo. Non parlo di inchieste in corso, ma di un fenomeno generale”, conclude.
CULTURA
Perché vale la pena rileggere Le città invisibili di Calvino
Andrea Radici – 19 novembre 2016
Oggi, in occasione di Bookcity Milano, si terrà una maratona notturna di lettura e commento de Le città invisibili. Ho pensato subito che sarebbe stata l’occasione giusta per aprire gli occhi a qualche amico, uno di quelli Io-Calvino-proprio-non-lo-capisco. Ma riscattare Calvino dai suoi detrattori è un compito che va svolto a prescindere dalla maratona di Bookcity.
Perché vale la pena rileggere Le città invisibili
Italo Calvino, partigiano ed ex-comunista all’epoca della stesura del libro (1972), non si faceva sostenitore di istanze o ideali, né si occupava di temi assurdi o terribilmente astratti. Era una persona cui piaceva confrontarsi con la realtà, cosa che siamo costretti a fare tutti. Chiunque prima o poi si è posto domande su quello che fa quotidianamente: è giusto? è buono? E da qui fino a questioni più complesse, quando le domande diventano tante e ingarbugliate. Chi mi garantisce che le cose sicuramente funzionano in questa maniera? In particolare, le domande che si pone Calvino sono: c’è un senso, una rotta dietro a tutto quello che faccio? In questa realtà, che sembra proprio una matassa, ci si riesce a districare?
Ne Le città invisibili Calvino vuole dare una risposta a queste domande attraverso le esperienze, le relazioni, le sensazioni, nascoste sotto le parvenze di città. E per fare questo paragone non può che usare dei simboli, delle metafore, che possano al tempo stesso dare un’intuizione, uno scorcio sulla realtà, ed elevare il testo, renderlo più astratto, magico, artistico. Dare spazio all’immaginazione del lettore, fuggire dalla deontologia di un libretto di istruzioni.
C’è un senso, una rotta dietro a tutto quello che faccio? In questa realtà, che sembra proprio una matassa, ci si riesce a districare?
La questione che si pone Calvino parte dalla laica constatazione che la Provvidenza non si vede/tocca/sente. Non sempre si rintraccia un ordine dietro a tutto, e questo tutto sembra andare un po’ a casaccio. È fin troppo facile cadere nella verità per cui è necessario disperarsi: quello che ci è stato detto da bambini è un’enorme menzogna, non è vero nulla.
“Già il Gran Kan stava sfogliando nel suo atlante le carte delle città che minacciano negli incubi e nelle maledizioni: Enoch, Babilonia, Yahoo, Butwa, Brave New World. Dice: — Tutto è inutile, se l’ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente.”
Le città invisibili intendono superare questo approccio universalistico e cercare di capire quali sono le proprie regole: quelle che vanno bene per noi. Il percorso che porta alla definizione di queste chiede sforzo, angoscia, incomprensioni, e soprattutto errori, ma saranno proprio questi a dare un significato profondo e indelebile a ciò che errore non è.
“Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. – Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? — chiede Kublai Kan. — Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, — risponde Marco, — ma dalla linea dell’arco che esse formano. Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: — Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che m’importa. Polo risponde: — Senza pietre non c’è arco.”
Si rivela chi sono Marco Polo e Kublai Kan, personaggi posti a mo’ di cornice, ma fondamentali per la nostra analisi. Il secondo, l’imperatore dei mongoli, rappresenta il lettore, impossibilitato a interpretare le cose, intimidito, i cui punti di riferimento vengono messi sempre in discussione, proprio mentre appaiono come imprescindibili. Eppure, gli viene chiesto di farne a meno.
“È il momento disperato in cui si scopre che quest’impero che ci era sembrato la somma di tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma, che la sua corruzione è troppo incancrenita perché il nostro scettro possa mettervi riparo, che il trionfo sui sovrani avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina.”
Noi lettori cerchiamo sempre una scorciatoia, non sappiamo che la redenzione avviene attraverso il sacrificio; vogliamo sapere quale sia la pietra che sostiene il ponte, perché doverle guardare tutte ci sembra faticoso, oscuro, e forse anche infruttuoso. Marco Polo ne è consapevole. È un nostro inferiore, eppure ci mostra, in un linguaggio che spesso non capiamo, la strada. Tramite simboli.
“… Nuovo arrivato e affatto ignaro del Levante, Marco Polo non poteva esprimersi altrimenti che estraendo oggetti dalle sue valigie: tamburi, pesci salati, collane di denti di facocero, e indicandoli con gesti, salti, grida di meraviglia o d’orrore, o imitando il latrato dello sciacallo e il chiurlìo del barbagianni. Non sempre le connessioni tra un elemento e l’altro del racconto risultavano evidenti all’imperatore; gli oggetti potevano voler dire cose diverse: un turcasso pieno di frecce indicava ora l’approssimarsi d’una guerra, ora abbondanza di cacciagione, oppure la bottega d’un armaiolo; una clessidra poteva significare il tempo che passa o che è passato, oppure la sabbia, o un’officina in cui si fabbricano clessidre.”
A questo punto è chiaro: le città, che il mercante veneziano ha visitato, sono rappresentazioni di esperienze di vita: scoperte, malintesi, sogni, relazioni, semplici suggestioni. Non resta che leggerle, confondersi, sperare che il turcasso pieno di frecce indichi l’abbondanza di cacciagione, meravigliarsi.
“Di una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda”
Non temete di sbagliare: l’errore è un’altra pietra, fondamentale per la linea d’arco.
http://thesubmarine.it/2016/11/19/perche-rileggere-le-citta-invisibili/
CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE
Kubark Counterintelligence Interrogation
Il manuale sulle tecniche di interrogatorio dure della CIA
13 giugno 2018
Il Kubark Counterintelligence Interrogation è un manuale su tecniche di interrogatorio dure ovvero di tortura, di diretta derivazione militare, elaborato in USA e rivolto ai funzionari e agli agenti della CIA (Central Intelligence Agency), elaborato a seguito degli esperimenti condotti nel progetto MKULTRA.
La parola Kubark è un criptonimo con cui la CIA designava se stessa [1].
Storia
Il testo, del giugno 1963, è stato tenuto segreto fino al 24 gennaio 1997, quando è stato desecretato dalla NSA(National Security Agency) insieme ad un altro documento della CIA, lo Human Resource Exploitation Manual del 1983, per la cui realizzazione fu utilizzato in larga misura anche il “Kubark”.
La divulgazione è stata possibile in seguito all’applicazione del Freedom of Information Act (FOIA), una legge degli Stati Uniti che obbliga il Governo a rendere noti i documenti ufficiali.
Contenuto e struttura
Il Kubark Counterintelligence Interrogation è un rapporto di 126 pagine basato su ricerche e inchieste scientifiche condotte da specialisti (contiene un’approfondita bibliografia) e redatto per l’addestramento all’ottenimento di informazioni di intelligence utili e necessarie alla sicurezza nazionale.
Il manuale è strutturato in dieci parti nelle quali vengono analizzate le figure dell’interrogato e dell’interrogante, lo screening (indagine, verifica) e i preliminari all’interrogatorio, le tecniche di controspionaggio (CI – counterintelligence) non coercitive e quelle coercitive in caso di “fonti resistenti” (resistant sources). Lo studio inizia con la trattazione dell’interrogatorio in generale (parti I, II, III, IV, V, VI) e continua con l’interrogatorio di controspionaggio (VII) e dell’esame di fonti resistenti (VIII, IX, X).
Il testo è stato diffuso con numerose parole e righe censurate; sono presenti parole in codice, alcune delle quali svelate, come Kubark che indica la CIA, MKULTRA cioè un progetto segreto della CIA (terminato nel 1973) per realizzare esperimenti sul controllo della mente umana, odenvy che sarebbe l’FBI (Federal Bureau of Investigation).
- ^Prisoner Abuse: Patterns from the Past, su National Security Archive Electronic Briefing Book No. 122. URL consultato il 5 settembre 2006.
ESTRATTO DA https://it.wikipedia.org/wiki/Kubark_Counterintelligence_Interrogation
https://www.informazioneconsapevole.com/2018/06/kubark-counterintelligence.html
DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
La crisi delle violenze sessuali commesse dai migranti: “Un fallimento dello Stato”
di Soeren Kern – 18 giugno 2018
- “Susanna è morta. Maria di Friburgo; Mia di Kandel; Mireille di Flensburg; e ora Susanna di Magonza…”. – Alice Weidel, co-leader dell’AfD.
- “La morte di Susanna non è una fatalità cieca. La morte di Susanna è il risultato di molti anni di irresponsabilità organizzata e il fallimento scandaloso delle nostre politiche in materia di immigrazione e asilo. Susanna è vittima di una ideologia multiculturale di sinistra che è fuori controllo e non si ferma davanti a nulla per imporre il suo senso di superiorità morale.” – Alice Weidel.
- “Il giorno dell’omicidio di Susanna, lei [la Merkel] aveva detto in parlamento di aver gestito la crisi dei migranti in modo responsabile. Ha il coraggio di ripeterlo ai genitori di Susanna?” – Alice Weidel.
Lo stupro e l’omicidio di una ragazzina ebrea di 14 anni per mano di un iracheno la cui richiesta di asilo era stata respinta ha rimesso sotto i riflettori la crisi delle violenze sessuali commesse dai migranti in Germania, la quale continua senza sosta da anni, tra la complicità delle istituzioni e l’apatia dell’opinione pubblica.
Migliaia di donne e minori sono stati violentati o aggrediti sessualmente in Germania da quando la cancelliera Angela Merkel ha accolto nel paese più di un milione di migranti, per lo più maschi, provenienti dall’Africa, dall’Asia e dal Medio Oriente.
L’ultimo crimine, assolutamente evitabile, è particolarmente riprovevole in quanto pone l’accento sulle numerose conseguenze insidiose della politica migratoria delle porte aperte attuata da Berlino – a partire dalla mancanza di controllo delle persone ammesse a risiedere nel paese e dalla pratica di rimettere in libertà i migranti che hanno commesso un crimine, invece di incarcerarli o di procedere alla loro espulsione.
Quanto accaduto alla piccola Susanna mette anche in luce la grave negligenza della classe politica tedesca, che sembra essere più preoccupata di preservare il multiculturalismo e i diritti dei migranti predatori anziché proteggere le donne e i bambini tedeschi.
La polizia ha detto che Ali Bashar, un curdo iracheno di 20 anni, ha stuprato Susanna Maria Feldman, l’ha strangolata e ne ha gettato il corpo in un’area boschiva accanto ai binari della ferroviaria, alla periferia di Wiesbaden. Bashar è poi fuggito in Iraq con documenti d’identità falsi.
La ragazzina era scomparsa dalla sua abitazione di Magonza il 22 maggio. La madre ne aveva denunciato la scomparsa il 23 maggio. La polizia, tuttavia, aveva iniziato le ricerche una settimana dopo, quando un anonimo 13enne, un migrante ospite dello stesso centro di accoglienza in cui viveva Bashar, ha contattato la polizia. Il corpo di Susanna è stato ritrovato il 6 giugno.
La 14enne Susanna Maria Feldman è stata stuprata e uccisa da Ali Bashar, un iracheno la cui richiesta di asilo era stata respinta in Germania. L’uomo ha gettato il corpo in un’area boschiva, alla periferia di Wiesbaden. (Fonte dell’immagine: Facebook; Wiesbaden – Maxpixel) |
Bashar è arrivato in Germania nell’ottobre del 2015, al culmine della crisi migratoria, insieme ai genitori e a cinque fratelli. Avevano detto di essere profughi, e poi si è scoperto che erano migranti economici. La richiesta di asilo di Bashar è stata respinta nel dicembre 2016. Avrebbe dovuto essere espulso, ma dopo aver presentato ricorso le autorità tedesche gli hanno permesso di rimanere.
Nei tre anni trascorsi in Germania, Bashar ha collezionato numerosi precedenti penali: aggressione alle forze dell’ordine, rapina violenta sotto la minaccia di un coltello e possesso di armi illegali.
La polizia ha anche detto che Bashar era sospettato dello stupro avvenuto nel marzo 2018 di una ragazzina di 11 anni che viveva nella stessa struttura dove erano ospiti lui e la sua famiglia.
Bashar è riuscito a fuggire dalla Germania con falsi documenti d’identità a causa dell’incompetenza burocratica: la polizia tedesca di frontiera non è riuscita a controllare se il nome sul suo biglietto aereo corrispondesse al nome riportato sui suoi documenti d’identità.
Bashar è stato arrestato l’8 giugno nel nord dell’Iraq ed estradato in Germania il giorno dopo. Attualmente è detenuto in un penitenziario di Wiesbaden.
Susanna è la quarta adolescente ad essere stata uccisa per mano di immigrati clandestini nel corso degli ultimi diciotto mesi.
- 16 ottobre 2016. Maria Ladenburger, 19 anni, una studentessa di medicina di Friburgo, viene stuprata e uccisa mentre sta rincasando dopo aver partecipato a una festa organizzata dalla sua facoltà. Il suo aggressore, Hussein Khavari, era arrivato in Germania nel novembre 2015 senza documenti d’identità. Aveva detto di essere nato in Afghanistan nel 1999. A causa della sua presunta età (16 anni) gli era stato concesso l’asilo come minore non accompagnato e collocato presso una famiglia affidataria.
Dopo l’arresto di Khavari, il magazine Stern riporta la notizia che nel febbraio 2014, l’uomo era stato condannato a dieci anni di prigione per aver tentato di uccidere una donna di 20 anni, spingendola giù da una scogliera sull’isola greca di Corfù. La giovane donna sopravvisse all’aggressione e Khavari fu rilasciato dopo aver scontato 18 mesi di prigione, grazie a un indulto per minori colpevoli di reato. In seguito, il giovane emigrò in Germania.
In Grecia, Khavari disse alla corte che lo giudicava di essere nato in Iran nel gennaio 1996 e che era arrivato in Europa nel gennaio 2013.
Nel processo in Germania, egli confessò di avere violentato e ucciso la Ladenburger. Emerse che Khavari era nato in Iran il 29 gennaio 1984 e che quando aveva ucciso la studentessa aveva in realtà 32 anni. Il 22 marzo 2018, l’uomo è stato condannato all’ergastolo per stupro e omicidio, ma secondo la legge tedesca può chiedere la libertà condizionale dopo aver scontato 15 anni di prigione.
- 27 dicembre 2017. Mia Valentin, un ragazzina di 15 anni di Kandel, una cittadina dello stato federato della Renania-Palatinato, al confine tedesco con la Francia, è accoltellata a morte in un emporio del posto. Il suo aggressore è Abdul Mobin, un afgano la cui richiesta di asilo era stata respinta e che affermava di avere 15 anni.
La giovane e il suo aggressore avevano avuto una relazione durata sette mesi, interrotta dalla ragazza all’inizio di dicembre 2017. Dopo la fine della storia Mobin avevano iniziato a minacciare Mia. Il 15 dicembre, i genitori della ragazza si erano recati alla polizia per presentare una denuncia ufficiale. La polizia si presentò da Mobin il 17 dicembre e poi la mattina del 27 dicembre. Quello stesso giorno, l’uomo seguì la Valentin nell’emporio e l’accoltellò a morte con un coltello da cucina che aveva acquistato in quello stesso negozio. La ragazza morì quasi sul colpo.
Mobin era arrivato in Germania nell’aprile del 2016 e inizialmente risiedeva in un centro di accoglienza per rifugiati a Germersheim, un paesino dello stato federato della Renania-Palatinato e poi in una struttura per minori, nella vicina Neustadt. La sua richiesta di asilo fu respinta nel febbraio 2017, ma non venne espulso. Mobin, che era già noto alla polizia per l’aggressione a uno studente che frequentava la scuola della Valentin, attualmente è detenuto in custodia mentre le autorità tedesche cercano di stabilire la sua età reale.
- 12 marzo 2018. Mireille Bold, una 17enne di Flensburg è pugnalata a morte da Ahmad Gulbhar, un richiedente asilo afgano di 18 anni. Presumibilmente, il giovane era diventato furioso e l’aveva uccisa dopo che la ragazza si era rifiutata di indossare il velo islamico. Gulbhar era arrivato in Germania nel 2015 come minore non accompagnato. La sua domanda di asilo fu respinta, ma non venne mai espulso.
La ragazza, che viveva nello stesso edificio del suo aggressore, aveva chiamato la polizia chiedendo aiuto almeno una volta, prima di essere uccisa. Un amico della famiglia Bold ha dichiarato al quotidiano Bild:
“Ahmad era un gallo geloso che voleva sempre controllarla. Hanno avuto una relazione nel gennaio 2016, ma litigavano costantemente. Lui insisteva affinché Mireille si convertisse all’Islam e indossasse sempre il velo.
“Non si sentiva sicura. Ogni volta che usciva senza il velo c’erano problemi. Mireille mi ha detto che Ahmad era fuggito da solo dall’Afghanistan e aveva una gran nostalgia della sua famiglia. Avrebbe dovuto avere un impiego in una impresa attiva nel settore dell’ingegneria civile. Dopo averla conosciuta, la chiamava al telefono ogni due minuti chiedendole cosa stesse facendo”.
L’aggressore è sottoposto a misure di carcerazione preventiva.
Dopo la morte di Susanna, come accaduto negli omicidi precedenti di altre adolescenti, i politici e i mass-media tedeschi hanno assunto lo stesso atteggiamento, ostentando una falsa indignazione.
Ma nell’opinione pubblica il livello di indignazione è tale da far pensare che la Germania stia raggiungendo un punto critico: il governo tedesco è oramai tenuto a rendere conto del proprio ruolo nella crisi delle violenze sessuali commesse dai migranti.
“Il governo dovrebbe chiedere perdono ai genitori di Susanna”, ha scritto il tabloid a larga diffusione Bild. “L’unica cosa peggiore dell’omicidio di un bambino è l’omicidio di un bambino per mano di un criminale che non avrebbe dovuto trovarsi nel nostro paese”.
Il leader della FDP, Christian Lindner, ha dichiarato che il crimine solleva molti interrogativi: “Perché i richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta non vengono espulsi in modo più sistematico? Perché il criminale e la sua famiglia sono potuti fuggire sotto falsa identità?”
“Questo è tipico delle nostre agenzie di sicurezza tedesche”, ha detto Alexander Graf Lambsdorff, un politico della FDP. “Ci sono semplicemente troppe lacune in questo sistema. Questo è davvero sconvolgente da molti anni”.
Il direttore generale del gruppo parlamentare dell’SPD Carsten Schneider ha dichiarato che occorre immediatamente fare luce su “come il sospetto sia stato in grado di fuggire e come possa essere condotto davanti a un tribunale tedesco il più rapidamente possibile”.
“Il ministro federale dell’Interno deve garantire che i meccanismi di controllo esistenti vengano utilizzati all’entrata e all’uscita dal territorio tedesco”, ha asserito Burkhard Lischka, un portavoce dell’SPD. “Con dei documenti d’identità controversi e con una destinazione del genere, la polizia federale avrebbe potuto capire con un semplice confronto dei dati sulle impronte digitali di essere di fronte a un criminale in fuga.
“Il crudele omicidio di Susanna mi riempie di grande tristezza e rabbia”, ha dichiarato Eckhardt Rehberg della CDU. “Da politico responsabile del bilancio, dico (…) che le procedure in materia di asilo devono essere interamente riviste. Erogheremo il denaro per farlo”.
Alternativa per la Germania (AfD), il partito anti-immigrazione, ha chiesto le dimissioni dell’intero governo. In un video postato su Twitter, Alice Weidel, co-leader dell’AfD, ha affermato:
“Susanna è morta. Maria di Friburgo; Mia di Kandel; Mireille di Flensburg; e ora Susanna di Magonza… .
“La morte di Susanna non è una fatalità cieca. La morte di Susanna è il risultato di molti anni di irresponsabilità organizzata e il fallimento scandaloso delle nostre politiche in materia di immigrazione e asilo. Susanna è vittima di una ideologia multiculturale di sinistra che è fuori controllo e non si ferma davanti a nulla per imporre il suo senso di superiorità morale. Susanna è anche un’altra vittima della politica di accoglienza ipocrita ed egoista della cancelliera Angela Merkel.
“Legalmente, Ali Bashar non avrebbe mai dovuto essere autorizzato a entrare in Germania. La sua richiesta di asilo era stata respinta più di due anni fa e avrebbe già dovuto essere espulso. Bashar era noto alla polizia per atti di violenza, aggressione alle forze dell’ordine e possesso di armi illegali. Nel marzo 2018 era sospettato di aver violentato una bambina di 11 anni in un centro di accoglienza per rifugiati. Secondo la legge, Bashar avrebbe dovuto lasciare la Germania molto tempo fa o essere arrestato.
“Un’assurda legge sull’asilo e una grottesca politica in materia di asilo (…) è indulgente nei confronti dei richiedenti asilo e dei criminali, ma ignora le reali preoccupazioni dei cittadini tedeschi.
“Ali Bashar, i suoi genitori e i suoi fratelli vivevano qui a spese del contribuente tedesco, non potevano essere espulsi, ma dopo il crimine commesso da Ali, sono riusciti in qualche modo a trovare il denaro necessario per fuggire dalla Germania con dei documenti falsificati. Nessun problema in una Germania con le frontiere aperte.
“Il giorno dell’omicidio di Susanna, lei [la Merkel] aveva detto in parlamento di aver gestito la crisi dei migranti in modo responsabile. Ha il coraggio di ripeterlo ai genitori di Susanna? Be’, no. Il suo cuore duro e il suo moralismo le impediscono di rivolgere un pensiero personale alle vittime della sua politica. Questo è inaccettabile per noi cittadini. Finirà per assumersene la responsabilità, signora Merkel? Lei e il suo intero gabinetto dovreste dimettervi per rendere possibile un’altra politica in materia di asilo, in modo che i genitori di questo paese non debbano più temere per la sicurezza dei loro figli”.
E la rivista Stern ha aggiunto:
“Le reazioni emotive al caso di Susanna mostrano quanto la Germania sia cambiata. Già nell’estate della crisi dei rifugiati, quando centinaia di migliaia di persone entrarono nel paese, c’erano segnali di avvertimento che lo stato d’animo della popolazione sarebbe potuto cambiare …
“Il caso di Susanna fa sorgere l’immagine di una perdita di controllo, di uno Stato oberato che non ha più alcuna presa sulla politica in materia di asilo – soprattutto in una società che ama la legge e l’ordine. Si moltiplicano le richieste di leggi più severe. Il recente scandalo sulla cattiva gestione in seno all’Ufficio federale tedesco per la migrazione e i rifugiati (BAMF) [dove funzionari dell’immigrazione hanno intascato mazzette in cambio della concessione del diritto di asilo a più di 1.200 rifugiati] sembra evidenziare la sensazione di un fallimento dello Stato”.
Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York.
https://it.gatestoneinstitute.org/12547/germania-violenze-sessuali-migranti
Fedriga taglia i fondi alle coop: così già risparmia sui migranti
Il Friuli Venezia Giulia taglia i fondi per l’accoglienza dei migranti: un milione di euro in meno e 50mila investiti per i rimpatri volontari
Claudio Cartaldo – Dom, 17/06/2018
Massimiliano Fedriga lo aveva annunciato poche settimane fa: la Lega in Friuli Venezia Giulia avrebbe fatto a pezzi la politica sull’accoglienza dei migranti impostata in questi anni dal Pd targato Serracchiani.
Detto, fatto. Ieri, la nuova giunta regionale ha approvato una delibera che taglia fondi del sistema di accoglienza regionale per un totale di 1.153.518 euro, che erano destinati a servizi territoriali, inserimento abitativo, istruzione, educazione, intercultura e formazione professionale .
A proporre la rimodulazione delle spese regionali è stato Pierpaolo Roberti, assessore alle autonomie locali. “Abbiamo ritoccato un piano immigrazione che ci siamo ritrovati e che prevedeva lo stanziamento di risorse per oltre 8 milioni di euro – ha spiegato l’assessore – Riteniamo che, in linea con quanto espresso dal governatore nelle dichiarazioni programmatiche, bisogna cominciare a tagliare queste spese per ridistribuire opportunamente risorse ai cittadini”. E così, oltre a risparmiare oltre un milione di euro, ora il Friuli Venezia Giulia impegnerà circa 50mila euro per convincere i migranti a tornare nel loro Paese. E questa, guarda caso, era l’unica voce di spesa che il Pd aveva lasciato a zero, impedendo ai Comuni di destinare risorse agli stranieri intenti ad avviarsi sulla strada del rientro assistito. “Risparmieremo oltre un milione di euro in due anni, 600mila già nel 2018 – ha aggiunto Roberti – È solo il primo passo della rivisitazione che intendiamo apportare a un sistema di accoglienza diffusa che noi vediamo in maniera completamente diversa”.
In fondo, alla fine della prima riunione della giunta, Fedriga aveva annunciato il giro di vite sul tema migranti. “Informeremo il governo che siamo contrari a questo modo di accogliere, a una politica migratoria che riteniamo dannosa per la nostra popolazione – aveva detto il governatore – Prenderemo con i tempi necessari tutti i provvedimenti anche per modificare le competenze che si era presa in capo l’amministrazione in termini di investimenti di carattere economico e finanziario”.
Immediato però l’attacco della Serracchiani: “Nell’ansia di far propaganda – ha detto l’ex presidente – la Lega in Friuli Venezia Giulia è arrivata al punto di tagliare fondi deliberati dalla precedente Giunta di centrodestra per l’integrazione di stranieri regolari, atti approvati dalla stessa Lega. E di questo Salvini va fiero, siamo all’assurdo”.
“Ministri razzisti e sbirri alla guida del mio Paese”. E ora Strada pensa di lasciare l’Italia
In Rai il fondatore di Emergency attacca a testa bassa Salvini: “Non ha considerazione delle vite umane”. E annuncia: “Potrei anche andarmene da questo Paese”
Sergio Rame – Dom, 10/06/2018
“Sono sconcertato”. È con estremo livore che Gino Strada attacca a testa bassa il governo Conte.
“Ho settant’anni anni – dice a intervistato a Mezz’ora in più su Raitre – e non pensavo più di vedere ministri razzisti o sbirri alla guida del mio Paese”. Mentre l’Italia ripiomba nell’emergenza immigrazione, il fondatore di Emergency si sfoga sulla tivù pubblica attaccando a testa bassa il ministro dell’Interno Matteo Salvini. “Questa gente non ha considerazione delle vite umane”.
È il solito odio violento. Strada non è certo nuovo a certe esternazioni. E pensare che, non più di un mese fa, aveva lodato (a suo modo) Salvini per la posizione assunta dalla Lega rispetto al conflitto siriano. “Sono contento di vedere che anche Matteo Salvini dice qualcosa di intelligente”, aveva detto in quella occasione. Da allora, però, le politiche del Viminale per provare a risolvere l’emergenza immigrazione, che in questi giorni è tornata in cima all’agenda dell’esecutivo, gli hanno fatto rimangiare le parole di lode. Ai microfoni di Raitre è passato all’attacco usando frasi al vetriolo. Parla di “ministri razzisti” e di “sbirri al governo” e li accusa di “non avere considerazione delle vite” dei clandestini che muoiono nel Mar Mediterraneo.
Nella sua invettiva Strada non ha attaccato solo Salvini, ma si è scagliato anche con il precedente ministro degli Interni, il piddì Marco Minniti, la cui azione di governo, a suo dire, “ha prodotto morti”. “Le sue posizioni nei confronti delle ong hanno avuto il loro peso – ha, poi, scandito il fondatore di Emergency – io in questa società non mi ritrovo più e cercherò alternative…”. Ad esempio, andandosene dall’Italia, anche perché, dice, “la risposta migliore sarebbe non avere al governo dei razzisti“. “Noi non facciamo parte di nessuna cricca né di destra né di sinistra – ha continuato a pontificare Strada – noi da decenni curiamo la gente, quasi due milioni di pazienti, e lo facciamo bene, il resto non ci interessa”.
ECONOMIA
La caduta di Elizabeth Holmes, la “Steve Jobs donna” rischia vent’anni
Con la sua startup Theranos prometteva di rivoluzionare le analisi con una sola goccia di sangue. Ma era una truffa e ora un tribunale in California l’ha incriminata
16 giugno 2018
Elizabeth Holmes, ex amministratore delegato di Theranos (reuters)
Con la sua startup Theranos, prometteva di rivoluzionare le analisi del sangue, osannata come una sorta di Steve Jobs delle biotecnologie; e invece Elizabeth Holmes rischia oggi venti anni di carcere per frode, in uno scandalo che suona come un campanello d’allarme per la Silicon Valley, piena di start-up in cerca di finanziamenti e facoltosi investitori. Combattiva e carismatica, Holmes, 34 anni, e il suo ex braccio destro Balwani Ramesh, 53, sono stati incriminati di truffa ai danni di investitori, medici e pazienti, per averli convinti che bastava una goccia di sangue per fare decine di test. I due sono comparsi entrambi di fronte alla Corte distrettuale degli Stati Uniti a San Jose, in California. Holmes intanto, che aveva creato l’azienda a partire dalla sua avversione per le siringhe, si è dimessa da amministratore dell’azienda che aveva creato nel 2003 all’età di 19 anni.
Con il lancio di Theranos nel 2003, Elizabeth Holmes prometteva diagnosi più veloci ed economiche rispetto ai tradizionali laboratori diagnostici, utilizzando metodi presentati come rivoluzionari, che consentivano fino a 200 test con una piccola quantità il sangue; ma mentiva sulle capacità della tecnologia di Theranos di eseguire una vasta gamma di esami del sangue da una semplice puntura del dito piuttosto che richiedere una fiala di sangue da estrarre dal paziente. Erano stati una serie di articoli, a fine 2015, del Wall Street Journal a cominciare a seminare il dubbio. Secondo l’accusa, i due protagonisti sapevano che il loro sistema “aveva problemi di affidabilità, permetteva di fare un numero limitato di test ed era più lento rispetto ad altri sistemi”. La truffa ha un valore di “diversi milioni di dollari”; e Holmes e Balwani rischiano fino a 20 anni di carcere e pesanti multe.
Al massimo del suo successo, l’azienda Theranos era stata valutata 9 miliardi di dollari a Wall Street e Holmes inserita nella lista degli under 40 più influenti del mondo insieme all’amministratore delegato di Uber e Matteo Renzi (era il 2014). Ora l’ascesa e la caduta di Holmes, con l’inchiesta penale partita a marzo, potrebbe diventare un film. Secondo la stampa specializzata americana c’è già un titolo, “Bad Blood”, e il nome della protagonista: il premio Oscar Jennifer Lawrence.
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
La questione dei rider
Maio ha invitato le società e i fattorini ad aprire una trattativa, minacciando altrimenti l’approvazione di un decreto legge che secondo molti potrebbe causare parecchi guai
Luigi Di Maio – ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, vicepresidente del Consiglio e capo del Movimento 5 Stelle – ha annunciato che il governo ha invitato le aziende di consegne a domicilio (come Foodora e Deliveroo) e i cosiddetti “rider” (i fattorini che eseguono le consegne) a partecipare a un tavolo di contrattazione per stabilire un miglioramento delle condizioni di lavoro e salariali di questi ultimi. L’annuncio è arrivato dopo che nei giorni scorsi sembrava che il governo fosse sul punto di approvare un Decreto legge che avrebbe modificato di molto le norme che regolano il settore. Una bozza di quel decreto è stata pubblicata oggi dal Sole 24 Ore.
Di Maio ha detto che se durante le trattative non sarà raggiunto un accordo soddisfacente, il governo approverà un decreto legge che chiama “decreto dignità”: una riforma del settore che trasformerebbe i “rider” da lavoratori autonomi a lavoratori subordinati, una mossa che preoccupa molto le aziende e che ha suscitato dubbi anche tra esperti, giuslavoristi e sindacalisti, preoccupati dalle conseguenze che potrebbe avere il decreto. In molti hanno quindi accolto con sollievo l’annuncio dell’invito alla trattativa.
Il trattamento lavorativo dei fattorini è un problema che governi, sindacati e aziende cercano di risolvere dagli anni Ottanta, quando si discusse per la prima volta di quale avrebbe dovuto essere l’inquadramento professionale dei cosiddetti “pony express”. Da allora, il punto intorno al quale ruota la questione è rimasto lo stesso: come considerare chi effettua consegne su chiamata per un’azienda. Sono lavoratori autonomi, come per esempio gli idraulici, oppure sono lavoratori subordinati, con tutti gli obblighi e i diritti che ne derivano?
La questione è tornata di attualità negli ultimi anni grazie alle nuove tecnologie, come app e smartphone, che hanno portato alla nascita della cosiddetta “gig economy”, l’economia dei “lavoretti” a chiamata. Il dibattito in Italia riguarda soprattutto il relativamente piccolo settore delle consegne di cibo a domicilio, in cui lavorano circa 10 mila fattorini impiegati solo in alcune città da società come Foodora, Deliveroo, Glovo e Just Eat. Questi fattorini sono inquadrati e retribuiti con varie modalità, come contratti di collaborazione, partite IVA o ritenuta d’acconto. In genere ricevono circa 5 euro a consegna, cioè 3,6 euro netti tolte tasse e contributi. Alcuni ricevono anche una parte di retribuzione fissa, legata al numero di ore in cui si rendono disponibili.
Aldilà di queste specificità, tutti i “rider” sono trattati come lavoratori autonomi: non hanno l’obbligo di presentarsi al lavoro o di rispettare orari determinati, possono iniziare quando vogliono, smettere quando vogliono, decidere di non lavorare per uno o più giorni senza dover dare spiegazioni a nessuno (in pratica però, accusano gli stessi fattorini, i sistemi automatici che assegnano le consegne a ciascun fattorino privilegiano chi è spesso presente e rapido, creando così un incentivo a essere disponibili e lavorare molto rapidamente, anche mettendo a rischio la propria sicurezza).
Come tutti lavoratori autonomi, però, i rider non hanno diritto a ferie e malattia; e devono inoltre procurarsi da soli i mezzi con cui lavorare, come le loro biciclette o i loro scooter, e provvedere alla loro manutenzione. La società, infine, può decidere di interrompere il rapporto di lavoro in qualsiasi momento senza fornire giustificazioni. Ad aprile una sentenza molto discussa del tribunale del lavoro di Torino ha stabilito che, in base all’attuale giurisprudenza, i fattorini devono essere considerati a tutti gli effetti dei lavoratori autonomi.
https://www.ilpost.it/2018/06/18/maio-rider-foodora/
LA LINGUA SALVATA
in-so-lèn-te
SignIrrispettoso, arrogante
dal latino ìnsolens, participio presente di insolére, composto di in- negativo e solére ‘essere solito’.
Il significato di questa parola è dei più chiari e semplici, ma la sua etimologia (che è un po’ articolata) ci permette di osservare il fenomeno dell’insolenza in una chiave molto intelligente.
Il latino insolens è propriamente participio presente di insolére, che ha il significato di ‘non essere abituato’, ‘non essere solito’ – derivato da solére (che abbiamo anche in italiano), con l’aggiunta del prefisso negativo ‘in-‘. Siamo quindi davanti a una via di significati che in qualche maniera ha condotto il non avvezzo all’irrispettoso, e vediamo come. Il primo passo è quello verso l’insolito nel senso di inusuale, di nuovo, che è giusto ciò a cui non si è abituati. L’insolito si può anche leggere nella mancanza di una regola, di un modo, e quindi in un eccesso. Questa sregolatezza insolita prende allora facilmente i connotati dell’arroganza, della sfacciataggine, della superbia che oggi riconduciamo al nostro ‘insolente’. Dato curioso, l’insolens latino poteva avere tutta la sequenza di significati che abbiamo appena scorso: a noi è arrivata solo la coda.
L’insolente ci si presenta come qualcuno o qualcosa sopra le righe, irrispettoso della convenzione o del conveniente fino al provocatorio, con una carica ardita che lo fa eccedere rispetto alla regola di costume, sovente con un certo presuntuoso sprezzo, o perfino con un’inclinazione all’offesa. Lo studente insolente si fa mansueto appena compare il genitore, le insinuazioni insolenti del giornalista segnano la fine dell’intervista, e l’amico grossolano non ha compreso bene la differenza fra un apprezzamento insolente e un complimento.
Scoprire l’insolente fratello dell’insolito è una bella sorpresa, che nella mente tesse un ponte di corde fra concetti non così distanti come potevano sembrare.
https://unaparolaalgiorno.it/significato/I/insolente
PANORAMA INTERNAZIONALE
Usa, Onu contro Trump: “Separare bimbi e genitori è inammissibile”
Ieri la politica migratoria di Trump era stata oggetto anche dell’attacco da parte della moglie Melania
Francesca Bernasconi – Lun, 18/06/2018
L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, si schiera contro Trump, pronunciandosi in merito alla politica statunitense sulle immigrazioni.
Il presidente americano Donald Trump ha varato una serie di leggi, nel tentativo di fermare il flusso di migranti, che dal Messico cercano di entrare negli Stati Uniti. Tra le minure varate c’era quella di separare genitori e figli entrati illegalmente negli Usa. A maggio, il ministro della Giustizia Jeff Sessions aveva annunciato, come raccontava il Giornale, che chiunque venisse sorpreso a varcare illegalmente il confine, sarebbe stato incriminato e detenuto e, per questo, separato dai propri figli.
E così è stato, dato che dopo sei settimane di “tolleranza zero”, i bimbi divisi dalle loro famiglie al confine col Messico sono stati circa duemila, come riportava il Corriere della Sera.
Ora, contro Trump, arrivano due dure condanne. Una della moglie Melania, che ha sostenuto la necessità di “governare col cuore”, perchè “è odioso vedere i bambini separati dai loro genitori”. L’altra da Zeid Ràad Al Hussein, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Anche l’Onu, quindi, si schiera contro Donald Trump, sostenendo sia inaccettabile e crudele “pensare che uno stato possa cercare di dissuadere i genitori infliggendo tali abusi ai bambini”.
Ma Donald Trump risponde alle critiche, con una serie di tweet, nei quali accusa l’Europa, e soprattutto la Germania che ha un alto tasso di criminalità, di aver fatto un grande errore, permettendo “l’ingresso a milioni di persone che hanno cambiato in modo così forte e violento la loro cultura”. E il presidente Usa ribatte con forza di non volere “che quanto succede con l’immigrazione in Europa succeda anche da noi!”.
In particolare, Trump fa riferimento alla Germania, dove “l’immigrazione sta scuotendo la già debole coalizione di Berlino”, che vede contrapporsi sul tema dell’immigrazione la cancelliera Angela Merkel e il suo ministro dell’Interno Horst Seehofer.
Alla Casa Bianca c’è una persona che ricompone i fogli strappati da Trump
- domenica 17 giugno 2018
Apparentemente è il metodo che Trump usa per disfarsi dei documenti che ha già letto, che però per legge devono essere conservati
Per gli effetti di una legge entrata in vigore nel 1978, lo staff del presidente degli Stati Uniti è tenuto a conservare ogni documento passato fra le sue mani, per ragioni di trasparenza: tutto deve essere archiviato. La segreteria di Barack Obama usava cartelle di colore diverso a seconda dei documenti che arrivavano dalla Casa Bianca. Il metodo usato dallo staff dell’attuale presidente Donald Trump, almeno fino a qualche mese fa, era molto più caotico perché risentiva di una vecchia abitudine che Trump non ha mai perso: quella di stracciare i fogli che non gli servono più, a volte in pezzetti molto piccoli. E quindi bisognava rimetterli insieme, tutti. Lo ha raccontato Politico in un recente articolo.
«Usavamo lo scotch chiaro. Mettevamo insieme i pezzi, li incollavamo insieme, e poi consegnavamo indietro il documento», ha raccontato a Politico il funzionario Solomon Lartey, che ha fatto parte dell’ufficio tecnico che aiuta lo staff di Trump. Una volta restaurato, ciascun documento finisce ai National Archives, l’archivio governativo che si trova a Washington, poco distante dalla Casa Bianca (e che dispone di un edificio ancora più ampio a College Park, in Maryland).
Lartey ha raccontato che nei primi mesi dell’amministrazione Trump un intero dipartimento del suo ufficio era occupato a ricomporre i documenti stracciati dal presidente. Non tutti erano soddisfatti di questo andazzo: Reginald Young Jr., un collega di Lartey, ha detto a Politico che il compito che gli era stato assegnato «sembrava l’incarico più umile che potevano assegnarci escluso rovistare nei cestini». Sollecitata da Politico, la Casa Bianca non ha voluto commentare le dichiarazioni dei due funzionari.
Sempre secondo Politico, alcuni collaboratori di Trump gli hanno consigliato di abbandonare questa abitudine, ma «gli avvertimenti non hanno avuto alcun effetto sul suo comportamento», ha raccontato a CNN la giornalista di Politico che si è occupata di questa vicenda, Annie Karni. Nonostante le difficoltà, i collaboratori di Trump stanno cercando di rispettare la legge e ogni giorno provano a radunare tutti i documenti con cui ha avuto a che fare il presidente, esclusi quelli puramente personali.
Non sappiamo se Trump sia riuscito a smettere di stracciare tutti i fogli che gli capitano a tiro. Lartey e Reginald Young Jr. sono stati licenziati in primavera, così come diversi membri del loro ufficio, apparentemente senza una spiegazione (da mesi l’amministrazione Trump sta licenziando i funzionari e dipendenti che avverte come ostili al presidente e al nuovo gruppo dirigente).
https://www.ilpost.it/2018/06/17/fogli-strappati-casa-bianca-trump/
La Spagna dà del fascista a Salvini ma, in base all’accordo EU del 2015, ha riallocato da Italia e Grecia meno migranti della Svizzera.
I numeri ufficiali al 31.5.2018
giugno 18, 2018 posted by Mitt Dolcino
Fonte: dati Commissione EU, vedasi LINK
Stiamo ai fatti: un amministratore pubblico della città di Valencia nella trasmissione Agorà, oggi, ha dato del fascista a Salvini in diretta Rai (RAI3) per aver rifiutato i migranti della Aquarius ed i migranti in arrivo dall’Africa in generale. Per forza, adesso la Spagna dovrà rispettare gli impegni EU, concordati con Bruxelles nel 2015, di riallocare i migranti arrivati in Grecia ed Italia. Idem la Francia, che addirittura ha chiuso i suoi porti ed i suoi confini andando addirittura contro i dettami della Convenzione di Dublino sui migranti minori (…).
I dati sono della commissione Eu (vedasi: http://www.europeanmigrationlaw.eu/fr/articles/donnees/relocalisation-des-demandeurs-dasile-depuis-la-grece-et-litalie.html)
Sopra i numeri definitivi ed incontrovertibili della riallocazione dei migranti da Italia e Grecia a partire da ottobre 2015 in base agli accordi EU, su circa due anni al 31.05.2018: come vedete NESSUN GRANDE PAESE LI RISPETTA, soprattutto quelli che oggi danno del fascista a Salvini.
Addirittura, è notabile che la Svizzera, che non è nell’EU, dal 2015 ossia dalla firma dell’accordo, ha riallocato più migranti da Grecia ed Italia che Madrid!
E si permettono anche di parlare. Evidentemente lo spirito tipicamente asimmetrico di Francisco Franco ancora aleggia a quelle latitudini.
UE rinnova le sanzioni a Mosca fino giugno 2019. Ma che ci frega, hanno arrestato il capo dell’Audi!
Di Mauro Bottarelli , il 18 giugno 2018
Passato bene il fine settimana? Riposati? Meglio così, perché da qui a venerdì può succedere di tutto. I presupposti, d’altronde, sono sotto gli occhi chi chiunque non preferisca mettersi una bella benda e continuare a sognare una realtà che non c’è. Mentre scrivo l’incontro fra Angela Merkel e Giuseppe Conte non è ancora iniziato, quindi entro poche ore ciò che leggete potrà essere (lo spero) smentito dai fatti ma, per ora, lasciatemi tirare qualche linea in punta di realtà. E realismo. Partiamo da qui, ovvero dal fatto che, dopo l’endorsement post-Eliseo di Conte alla linea Salvini sui migranti, la terza carica dello Stato e, di fatto, anima dell’ala sinistra dell’M5S si sia sentito di sparare un missile terra-aria contro uno dei riferimenti del vicepremier e ministro dell’Interno, quel Viktor Orban che è croce e delizia di un dibattito sempre più stucchevole e meno pragmatico. Il ragionamento, in punta di principio, non fa una grinza: se rompiamo il cazzo all’UE per le quote e i ricollocamenti, Paesi come l’Ungheria dovrebbero pagare il prezzo dei loro continui “no”. Ma qui non si tratta di logica, si tratta di tatticismo politico. Una parte del Movimento è sempre meno a suo agio con il protagonismo del leader leghista e con l’appeasement verso lo stesso da parte di Luigi Di Maio, alle prese con Foodora e altri capitoli con cui si brucia facilmente le dita in un Paese come l’Italia. E immagino che la questione non sia destinata a migliorare, stando a questo: Matteo Salvini non solo non indietreggia ma rilancia, annunciando un censimento sui rom e scusandosi in anticipo del fatto che quelli di nazionalità italiana, prevalenti soprattutto nel Centro e Sud Italia, non potranno in ogni caso essere espulsi. “Repubblica”, come vedete, già evoca il passato, preparatevi a vedere citato Bertolt Brecht anche sulla carta del salumiere e sullo scontrino del discount, mettevi comodi e attendete documentari sulle stragi naziste e servizi strappalacrime dai campi infestati di topi e senza acqua potabile. E’ già scritto. Quindi, al netto degli equilibri di potere, il continuo bombardare la linea del Viminale da parte del presidente della Camera non mi pare un atto particolarmente intelligente a livello politico, stante anche il grado di eccitazione e accanimento della stampa liberal e democratica: se invece la finalità è meramente di parte, allora avanti così. Poi, però, non dite che non vi avevo avvertito dei pericoli sotto il pelo dell’acqua di questa coalizione, là dove si nascondono gli iceberg.
Il nostro fidato alleato Donald Trump, l’uomo che ritiene Giuseppe Conte un misto fra Napoleone e Von Clausewitz, è uscito finalmente allo scoperto del tutto. Nel giorno in cui il mondo scopre che il leader bavarese e ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, ha dato le due settimane di preavviso alla Merkel sul tema, come si fa con le colf filippine e che il rischio di un collasso definitivo della coalizione CDU-SPD è tutt’altro che un’ipotesi peregrina (con quanto questo comporterebbe per gli equilibri europei e per i mitologici “mercati”), ecco che dalla Casa Bianca parte un vero e proprio avviso di sfratto per la Cancelliera: vi avevo detto che era sotto ricatto e che avrebbe pagato carissimo il via libero ai cantiere per Nord Stream 2 ed ecco che il conto pare in arrivo al tavolo. Molto, molto salato.
Ora, voi pensate davvero che Donald Trump parli in nome del populismo globale e della lotta planetaria in nome del sovranismo dei popoli assediati dal rischio di invasione dei migranti? E poi, cazzarola, anche stavolta quante coincidenze. La bordata contro la Merkel, quando arriva? Dopo il tweet della moglie di Trump, Melania, la quale entra perfettamente nella parte in commedia del poliziotto buono e poliziotto cattivo, dicendosi contraria alla politica di separazione di genitori e figli di clandestini che gli USA stanno operando alla frontiera con il Messico. “Dobbiamo governare seguendo le leggi ma anche il cuore”, ha scritto il figone di Pennsylvania Avenue: sembra la sceneggiatura di uno dei migliori film strappalacrime a stelle e strisce.
E nel frattempo, cosa succede d’altro? Questo, il Dieselgate torna a colpire con un tempismo straordinario, oltretutto con il mandato d’arresto che – per competenza territoriale dell’inchiesta su Volkswagen – è partito dalla bavarese procura di Monaco. Ora, che i crucchi abbiano fatto i marcioni con le emissioni delle loro automobili è noto e conclamato, come è altresì noto che abbiano pagato fior di multe, sia in UE che negli USA. Ora, però, questa brutta tegola. Reputazionale, oltre che economica, in un momento in cui il combinato congiunto di sanzioni alla Russia e dazi USA su acciaio e alluminio hanno spedito la produzione industriale tedesca a -2,5% su base mensile a maggio! E con Donald Trump che, in partenza anticipata dal G7, lasciava intendere la sua intenzione di estendere i dazi proprio alle automobili straniere di lusso. Audi mi pare rientri nel genere, almeno per quanto riguarda il mio budget. Solo guerra commerciale? Beh sì ma non tanto per una questione di dumping europeo, quanto per questo,
alla faccia dell’economia statunitense che sotto The Donald corre come un treno e sfonda un record dopo l’altro. Per il settore automobilistico, guarda caso, il dato è il peggiore dal luglio 2013 (quando Obama partì, caso strano, con la campagna a tappeto di incentivi federali, alla faccia del dumping UE), un bel -6,5% su base mensile! Ora, voi potete tranquillamente continuare a pensare che l’attacco continuo di Trump contro la Germania sia per il bene dell’Europa, dopodiché però spegnete la Playstation e andate a dormire.
Ma si sa, l’informazione è tutto. Soprattutto, il principio di mediazione e di negazione che è in grado di imporre ai fatti, priorizzandone alcuni fino al paradosso e nascondendo altri fino al ridicolo, vedi ad esempio la famosa “guerra civile” siriana e la sua narrativa sui media mainstream. E sono certo che una delle notizie che domani subirà un trattamento orwelliano, ovvero distorta in chiave anti-Salvini o ignorata perché l’opinione pubblica si incazzerebbe e non poco, è quella in base alla quale poco fa il Consiglio UE ha prorogato le sanzioni contro la Russia per un altro anno, fino al 23 giugno 2019. Cazzo che geniacci che siamo, dei veri fenomeni! In Compenso, alla Casa Bianca staranno ridendo come pazzi. Perché anche avere dei servi a volte comporta costi e sacrifici, noi europei invece facciamo tutto gratis. O per un tozzo di pane, basti vedere l’inverecondo spettacolo che Emmanuel Macron sta ponendo in essere da mesi per ottenere ciò che non interesserà a Washington della Libia post-Haftar.
D’altronde, ripeto, è tutta questione di come si danno le notizie. E di quali notizie devono passare. Ad esempio, ieri mattina sulla banchina del porto di Valencia c’erano oltre 700 giornalisti in attesa dell’arrivo dell’Aquarius e delle due navi della Marina italiana che portavano in Spagna i famosi 600 e rotti migranti per cui si è scatenato l’inferno. Di loro sappiamo tutto, anche l’orario delle evacuazioni, quanti peti durante la notte, quanti hanno sofferto un pochino per il rollio del mare: essendo la Aquarius, di fatto, una nave rompighiaccio della Marina tedesca, abituata al Mare del Nord e al Baltico d’inverno, capite da soli che il Mediterraneo a giugno equivale a una piscina da giardino.
Ma tant’è, dell’Aquarius e dei suoi occupanti – nessuno dei quali scappa dalla guerra, tanto che le autorità sia spagnole che francesi si sono premurate di dire che chi non avrà i requisiti per lo status di profugo, verrà espulso dopo 45 giorni – sappiamo tutto, abbiamo avuto continui collegamenti telefonici in diretta con valenti volontari tramutatisi in reporter.
Oltre 700 fra giornalisti e operatori per uno sbarco di clandestini. In compenso, chi davvero muore sotto le bombe, lo caghiamo di striscio? No, ci deve pensare una diva del cinema a raccontarci il “day after” di una delle tante guerre cui hanno dato il loro contributo i vari Macron e Trump dei miei coglioni, tanto per parlarci chiaro. E la Russia? Magari delle sanzioni si parlerà poco, magari non andrà in prima pagina ma il giornalismo italiano non ha paura di andare sui fronti caldi per raccontare la realtà, mica mandiamo inviati solo a Valencia a fare quattro foto e poi magnare tapas fino a scoppiare, mettendo tutto in nota spese. No, noi la Russia e il suo malefico influsso lo raccontiamo dal campo, direttamente da Kaliningrad, l’uomo la cui obiettività verso Mosca trasforma la buonanima del senatore Joseph McCarthy in un militante di Lotta Continua, uno che lecca talmente il culo al Dipartimento di Stato da dover stare attento a quando Mike Pompeo si ferma di colpo, onde evitare sgradevoli incidenti. Ma di cotanto inviato, ecco cotanto direttore: siccome in Yemen, per bombe saudite, americane e inglesi, si muore davvero e la gente – donne, vecchi e bambini – vorrebbe davvero scappare, ecco che arriva un bell’editoriale scritto con il culo al caldo nella redazione di Torino e su imbeccata del Council on Foreign Relations. Poi, un bel pezzo cronachistico sulla disputa fra sauditi e Houthi filoiraniani (altro demone assoluto), tanto per non far prevalere i giudizi sui fatti, come tradizione anglosassone insegna. Ecco cosa ci dicono. Ecco invece cosa non ci dicono, sempre rispetto allo Russia, quella pronta a invaderci e che quindi necessita di trasformare Scandinavia e Baltico in altrettanti Stati USA per procura.
Donald Trump forse pensava di fare male alla Russia colpendo il gigante dell’alluminio Rusal, magari avendo messo in conto l’ottimo effetto collaterale della legnata all’economia tedesca di riflesso ma non aveva contato che al Cremlino piace poco parlare ma parecchio fare, quando si esagera. Stando ai dati TIC resi noti l’altro giorno, nel pieno del caso Rusal, il Cremlino ha scaricato oltre 47 miliardi di Treasuries sul mercato! E se questo spiega il perché dell’esplosione dei rendimenti della carta USA in aprile, il terzo e quarto grafico spiegano altro: ovvero, che non solo le riserve russe non sono state intaccate ma che Mosca scaricando sui mercati quei bond, ha racimolato dollari freschi con cui ha operato swap sui bond di Rusal, detenendoli come collaterale per un’operazione Repo. Ad oggi, le sanzioni USA alla Russia fanno bellamente le seghe. E a due mani, anche.
In compenso, stanno fiaccando pesantemente l’economia tedesca, la quale vive in contemporanea la peggior crisi di instabilità politica dal Secondo Dopoguerra e rischia di cedere totalmente la primazia europea alla Francia del pretoriano Emmanuel Macron, cavallo di Troia degli amici d’Oltreoceano. Ma si sa, la vita è più facile quando i media si limitano a farti vedere l’Aquarius da ogni angolazione e a darti in pasto il presidente dell’Audi arrestato come un mariulo qualunque, alla faccia dell’onestà teutonica da sbeffeggiare, dopo aver esultato per la vittoria del Messico. Stanno sfasciando l’Europa per farne ufficialmente una colonia. Auguri a chi si sta prestando e si presterà in futuro all’operazione. Seppur in indubbia buonafede, in maggioranza.
BERLINO HA AVUTO UN’IDEA.
Quella prevista da Gustavo Rol sul 60% di italiani di colore.
Di Maurizio Blondet , il 18 giugno 2018
Devo correggere il mio articolo precedente: non è vero che da Berlino non arriva una sola idea, una sola iniziativa nuova per risolvere i giganteschi problemi dell’Europa. La soluzione è lì, e Handelsblatt (l’organo della Confindustria tedesca) la enuncia senza nessuna ipocrisia:
“L’Europa non deve accettare tutti i migranti”, ma l’Italia dovrebbe farlo “per non nuocere al prestigio del Continente” (Handelsblatt, 18.06.18, „Morning Briefing“).
Traduce Jeremy Cliffe, il capo della redazione di Economist a Belino:
“E’ sempre più chiaro che la ‘soluzione europea’ della Merkel contempla una serie di accordi bilaterali col Meridione d’Europa sullo stile di quello che ha stretto con la Turchia . Metterà mano al libretto degli assegni?”
“Stabilizzare economicamente i trasferimenti tedeschi all’Europa del Sud mascherandoli come parcella per la gestione dei confini” da parte di italiani e greci.
Il giornalista austriaco Benjamin Wolf commenta: “Sarebbe anche un modo elegante di incanalare più fondi verso il Meridione per qualcosa di concreto, evitando l’apparenza dell’ unione dei trasferimenti” detestata dai tedeschi. Sì, è cinica ma può funzionare”.
Funzionerà a meraviglia, per loro. D’incanto, mette fine alla spaccatura fra Merkel e Seehofer: quest’ultimo in fondo cosa vuole, se non che i “migranti” vengano tenuti alla larga della sua Baviera? La crisi rientra, e il governo Merkel procede unito e felice.
Con noi, un accordo come con la Turchia. Soldi contro migranti” senza limiti.
Alla Grecia hanno già offerto una remissione del debito di 15 miliardi, in cambio.
Con qualche decina di miliardi, si acquieta la rivolta italiana, e sì dà l’elemosina di cui i greci hanno bisogno, senza riformare la UE; senza cambiare nulla; senza curare le imperfezioni della zona monetaria squilibrata (una zona monetaria equilibrata esige trasferimenti dal Nord al Sud, cosa che ai tedeschi è stata venduta come “paghiamo noi la bella vita dei latini”).
Non si parlerà più, qui da noi, di uscita dall’euro e di recuperare la nostra sovranità.
II prezzo è, ovviamente, che l’Italia e la Grecia – le due culle della civiltà, coi loro tesori – diventino la discarica dei negri che i tedeschi non vogliono. Li facciano accampare fra il Partenone e gli Uffizi, dentro il Pantheon e sulla scalinata di Piazza di Spagna, o sulla scala santa che tanto non serve più a nessuno. Se ne riempiano fino all’orlo ed oltre.
Voi direte: impossibile che il governo Conte (Salvini-Di Maio) accetti. Anch’io lo penso. Ma sono sicuro che il prossimo governo accetterà.
Ed il prossimo governo PD è dietro l’angolo. Basterà che la BCE porti lo spread a 500; basterà che blocchi i bancomat come ha già fatto per la Grecia, basterà l’urlo di tutti i media che questo governo non ha avuto cura di farsi amici (li abbiamo già sentiti ululare abbastanza con l’Aquarius e il “fascista” Salvini che lascia morire i bambini in mare), e il “popolo italiano” farà cadere il governo, e implorerà dalla UE un nuovo Monti, un vecchio Cottarelli.
Naturalmente, Berlino spenderà subito qualcosa perché la prossima junta europeista possa dare qualche soldo alle plebi, calmarne le paure. E lasciare che si riempiano di negri equatoriali.
È tutto previsto:
A questo punto, la previsione, che nel 1991 fece il veggente Gustavo Rol, ossia che nel 2020 (o nel 2025, secondo una versione corretta del testimone che gli sentì fare la previsione) la popolazione di colore sarà il 60% e quella italiana il 40, sta diventando realistica. Nel ’91 sembrava assurda, oggi un po meno.
E i media continuano a ripetervi che voi, egoisti, avete tra d voi meno immigrati di ogni altro Stato. La realtà, è che sono già più del 10 per cento della popolazione.
I clandestini che sbarcano alla spicciolata, da nessuno controllati, possono già essere più di un milione. Diciamo che 2,5 milioni sono “bianchi”: romeni, altri dell’Est, albanesi, sudamericani.
Sarà interessante – sul piano dell’antropologia culturale – vedere se come ci e si difenderanno dalle meraviglie del “melting pot”; ossia dai maschi negri equatoriali, che si stanno accorgendo come la vecchietta indifesa a cui scaricano il carrello per un euro, ha una casa piena di roba, dove si può andare ad abitare (una volta silenziata la vecchietta). Siamo un intero popolo di vecchietti indifesi.
E dal 2014, già mille europei sono stati uccisi o feriti da immigrati richiedenti asilo.
Africano equatoriale al lavoro.
Io confido molto nella laboriosa minoranza cinese. So per esperienza che quelli, al bisogno, si organizzano.
POLITICA
Gattopardi, deep state, e pesci fuor d’acqua in salsa gialloverde
L’esperimento Conte è una copia nella provincia imperiale italiana dell’esperimento Trump nel centro dell’impero, in mezzo a soggetti deboli e forti e un duraturo equilibrio neoliberista
17 giugno 2018 di Piotr.
Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano ha espresso un’analisi interessante su questa compagine governativa. Alcune affermazioni le vedete in fondo. Vorrei integrarle.
1) Salvini non è un Gattopardo. Salvini è Salvini, cioè il leader di un partito che in Italia e in Europa ha fatto passare tutte le leggi e le norme neoliberiste. Non fa altro quindi che proseguire con una mentalità politica-economica e un sostegno sociale che fa della Lega un buono strumento (benché non perfetto per via di alcune contraddizioni interne alla sua base sociale) del “deep state” italiano nel nuovo governo. Dato che, come scrivevo qualche settimana fa, questo governo grazie all’assist alla Lega fornito dal presidente Mattarella, cioè dal garante del “deep state”, sarà a trazione salviniana, il bilancio che ne traevo è che nel braccio di ferro a tre tra Mattarella, Salvini e Di Maio, il vincitore era stato proprio Mattarella, cioè, per l’appunto, il “deep state”. I “musi duri” salviniani saranno solo l’adeguamento rispetto alla fase di una politica che non ha come obiettivo la rinascita nazionale ma al più il vivacchiamento nazionale.
Travaglio legge ciò, però secondo i suoi parametri, che hanno come orizzonte non la politica ma la legalità: “[Salvini] ricicla tutto il vecchio che è avanzato (idee, persone, lobby, prassi)”.
2) Di Maio, personalmente, non ha gli strumenti politici, scientifici e culturali per contrastare Salvini. Così come molti altri leader ed esponenti del M5S. Questa è la mia triste ma netta sensazione. In realtà io temo anche che Di Maio non abbia un progetto politico opposto a quello del “deep state”. Non ne condivide i mezzi illegali, ma questo non basta.
Ha ad esempio un’idea dei rapporti tra finanziarizzazione, globalizzazione, vincoli europei, società e guerre in corso? Mah!
3) Giustamente Marco Travaglio sottolinea la troppa veloce crescita del M5S e quindi la pochezza e l’opportunismo di molte delle persone che hanno riempito un’improvvisa e urgente richiesta di personale politico. A questa osservazione, che da tempo pongo all’attenzione dei miei interlocutori, aggiungo una postilla: la crescita e il riempimento dei vuoti con uno strumento particolare: la Rete.
Crescere con metodica costanza sul territorio, assieme alle lotte, alle rivendicazioni e all’organizzazione di esseri in carne ed ossa, così come hanno fatto i grandi partiti popolari e crescere all’improvviso grazie a una sorta di Second Life, hanno evidenti esiti differenti anche sul piano dell’antropologia del personale politico.
Nel passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, il vuoto lasciato dal collasso dei partiti popolari tradizionali e delle loro ideologie fu riempito dalla realtà semi-virtuale di un partito-azienda (e dall’abbrutimento dell’ex PCI). Nel passaggio odierno dalla Seconda alla Terza Repubblica il vuoto sembra essere in gran parte riempito da un partito-Internet alleato a un partito della Seconda Repubblica radicato in una certa misura sul territorio. Non può funzionare.
In conclusione, i tecnici che hanno occupato importanti dicasteri non sembrano aver nessuna intenzione di portare avanti la parte “grillina” del contratto di governo. Stanti le dichiarazioni del ministro Tria, ad esempio, la rinazionalizzazione della Cassa Depositi e Prestiti, che per me era uno dei punti più importanti e qualificanti del programma, non rientra nell’orizzonte del governo né nel breve né nel lungo periodo, cioè mai. Solo tattica? Temo di no.
Per ora il braccio di ferro con la UE si gioca solo sulla questione migranti. Gioco gratuito, con buoni dividendi di consenso e per giunta gioco facile, visto che gli avversari europei sono degli emeriti ipocriti per nulla meglio di Salvini.
Tutto il resto della “opposizione” del nuovo governo alle politiche europee dipende da cosa vuol fare Trump. E cosa vuol fare Trump? Quello che voleva già fare quattro anni fa Obama: fare pressing sulla UE perché si riequilibri, cosa che può fare solo a spese della Germania.
La minaccia “O dazi o interscambio totalmente liberalizzato”, ovvero o dazi o il famigerato TTIP che sembrava sepolto e che rischia invece di rinascere in forma anarchica, vuol dire esattamente questo.
I pressing sull’Euro e Maastricht seguiranno lo stesso copione.
Il governo Conte non è il governo che ripristinerà la sovranità nazionale, quello ad esempio che privilegerà le nostre norme costituzionali rispetto a quelle europee quando tra di loro entrano in contrasto (cioè molto spesso).
È un governo tenuto al guinzaglio dal “DEEP STATE”, ovvero da forze legate all’establishment neo-liberal-con americano (l’establishment clintonoide, per intenderci), la cui unica autonomia se la ritaglierà se e quando Trump lo consentirà e ne trarrà vantaggio.
A sua volta Trump stesso è tenuto al guinzaglio dal “deep state” statunitense e l’unica autonomia (e fedeltà alle sue promesse) dipenderanno dalla variazione dei rapporti di forza nelle relazioni internazionali.
Insomma, l’esperimento Conte è una copia nella provincia imperiale italiana dell’esperimento Trump nel centro dell’impero.
Magari qualcuno di voi è contento delle contraddizioni e della debolezza del governo Conte. Di sicuro qualcuno lo è per fedeltà a ciò che insiste chiamare “sinistra” con lucciconi nostalgici. Ho amici che sinceramente pensano che l’appoggio del PD ai nazisti ucraini o ai bombardamenti sauditi sulle donne e i bambini yemeniti sia cosa meno grave delle buche romane della Raggi. Non è colpa loro. In fondo quelli non si vedono e queste sì. Quelli a noi non fanno danni, ma le buche ci rompono l’auto. Non è colpa loro. Per loro la politica internazionale è fatta di buoni e cattivi, di cow-boy e indiani e i ruoli li stabilisce la stampa che loro leggono, ovvero la fucina internazionale di fake news coordinate. Che ci si può fare?
Per molti, quindi, mi aspetto che le difficoltà del governo e il suo (non improbabile) fallimento, sarà un sospiro di sollievo.
Veramente? Non vi viene in mente che se questo governo fallisce il prossimo potrebbe essere un monocolore Fratelli d’Italia-Lega?
In condizioni simili, 100 anni fa andarono al governo fascisti e nazisti.
La Storia è maestra?
Forse no.
La dedollarizazione avanza: “L’economia africana ha bisogno dello yuan cinese”
Zerohedge 02/06/2018
La spinta mondiale verso la de-dollarizzazione continua ad accelerare mentre gli statunitensi passano la vita a preoccuparsi di comici blasfemi, trofei di partecipazione e tradimenti di Kim e Kanye.
Dai futures sul petrolio denominati in yuan (e presto con contratti sui metalli in yuan) alla decisione dell’Europa di utilizzare lo yuan per pagare il petrolio iraniano; e dai sistemi di regolamento non-dollaro nel commercio Russia /Cina alla richiesta della Turchia ai cittadini di scaricare il dollaro, sembra che ogni azione dell’amministrazione Trump approfondisca la sfiducia nell’egemonia del dollaro, coalizzando il mondo contro l’ordine unipolare della valuta di riserva di Washington. Tutto ciò porta a questo…
In un’intervista promossa su Xinhua, l’agenzia stampa ufficiale della Repubblica popolare cinese, funzionari africani chiedevano la yuanificazione delle grandi economie del continente. C’era consenso tra i Paesi dell’Africa orientale e meridionale che ci dovrebbe avere un maggiore uso dello yuan cinese nella regione data la crescente influenza della Cina negli affari e nel commercio, secondo un esperto finanziario. Il direttore esecutivo dell’Istituto di gestione macroeconomica e finanziaria dell’Africa orientale e meridionale (MEFMI) Caleb Fundanga affermava che un forum di esperti finanziari all’inizio della settimana aveva convenuto sulla necessità d’utilizzare lo yuan cinese come valuta di riserva perché la Cina ha un ruolo attivo nelle loro economie. Al forum partecipavano vicegovernatori di banche centrali e vicesegretari permanenti della finanza di 14 Paesi del MEFMI. “La conclusione generale è che dovremmo usare lo yuan più perché è giunto il momento, facciamo sempre più affari (con la Cina), quindi è naturale che usiamo la valuta del Paese con cui commerciamo. Proprio come abbiamo usato il dollaro (USA) e l’euro, vogliamo usare la ancor più la valuta cinese nelle nostre transazioni perché è un nostro vantaggio”, e affermava che che l’uso dello yuan potrebbe proteggere la regione dalle volatilità valutaria. Il forum discusse le implicazioni dell’uso della valuta cinese e convenne del bisogno di maggiori informazioni sui mercati e prodotti sui quali potrebbe essere investito. “Al momento questa informazione non è liberamente disponibile”, aveva detto, suggerendo inoltre che gli esperti finanziari cinesi dovrebbero rendere disponibili informazioni in questi forum. Fundanga aveva detto che l’entrata dello yuan darebbe alla regione più opzioni per la gestione delle riserve.
L’uso dello yuan è anche utile perché la Cina concede prestiti alla regione e ad altri Paesi africani. “Uno dei problemi che abbiamo discusso era che a volte, se avevate prestiti dalla Cina, la fatturazione veniva fatta in dollari USA. Ora diciamo che il nostro governo deve iniziare a discutere con le imprese e il governo cinesi per fatture in yuan e pagare in yuan, perché non ha senso iniziare a mantenere le nostre riserve in yuan, ma fatturiamo in dollari, non va bene”, riconoscendo, tuttavia, che alcuni Paesi già fatturano in yuan per beni e servizi cinesi. Fundanga aveva detto che ci furono discussioni su possibili scambi di valute come quello della Cina con la Nigeria, dove i nigeriani che viaggiano in Cina possono facilmente accedere allo yuan dalle loro banche locali.
La MEFMI sostiene che la maggior parte delle riserve dei Paesi della regione sono in dollari USA, tuttavia la loro composizione non tiene il passo coi grandi cambiamenti nell’economia mondiale. Ciò è particolarmente vero dato che Cina e India continuano a modellare le tendenze economiche globali in quanto principali partner commerciali per la regione. I Paesi MEFMI sono Angola, Botswana, Burundi, Kenya, Lesotho, Malawi, Mozambico, Namibia, Ruanda, Swaziland, Tanzania, Uganda, Zambia e Zimbabwe.
Si tenga presente che avvertimmo della crescente “colonizzazione” dell’Africa nel 2010, notando la crescente militarizzazione dell’Africa nel 2015 e i recenti avvertimenti dai generali USA che Cina e Stati Uniti sono “in rotta di collisione in Africa”. Sembra che il “vecchio amico” del presidente Trump Xi faccia silenziosamente mosse notevoli contro lo status quo prevalente. La marea cambia lo status di riserva del dollaro USA? Su ricordi che nulla è per sempre… Persino l’ex-capo economista della Banca Mondiale vuole rimpiazzare il dollaro con una moneta unica globale, affermando che creerà un sistema finanziario globale più stabile.
“Il predominio del biglietto verde è la causa principale delle crisi finanziarie ed economiche globali”, affermava Justin Yifu Lin aò Bruegel, think tank politico di Bruxelles. “La soluzione è sostituire la valuta nazionale con una valuta globale”.
http://aurorasito.altervista.org/?p=966
SCIENZE TECNOLOGIE
Informazione online: nuovi modelli di domanda e di offerta
18 giugno 2018
Convegno organizzato dall’AGCOM alla Luiss Business School, il 13 giugno 2018.
La mattina del 13 giugno scorso, presso i locali di Villa Blanc della Luiss Business School, a Roma, su iniziativa del Servizio Economico-Statistico, dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, si è svolto il Convegno “Informazione online: nuovi modelli di domanda e di offerta”.
E’ stata l’occasione per presentare l’indagine conoscitiva “Osservatorio sulle testate online – Rapporto 2018”, svolta dallo stesso Servizio Economico-Statistico dell’AGCOM, guidato dalla dott.ssa Adriana Lotti, in collaborazione con USPI e ANSO
Alla presenza dei rappresentanti del settore dell’editoria online e dei giornalisti accreditati, ha svolto il saluto inaugurale il prof. Raffaele Oriali della Luiss Business School, che ha evidenziato l’importanza della detenzione dei dati, che ha equiparato al “nuovo petrolio” per le aziende. Ma attenzione, ha concluso il professore, come il possesso dei dati crea valore, allo stesso tempo lo può distruggere.
Il Convegno è stato introdotto da Antonio Nicita, Commissario AGCOM. Si sentiva la necessità di una Autorità che si occupasse del digitale, ha esordito Nicita, e che svolgesse attività di ricerca e indagine sul suo sviluppo e che portasse a studiare, in futuro, nuove regole e limiti.
Il Commissario AGCOM ha messo in guardia dalla tendenza che sta prevalendo nella ricerca di notizie online: la “polarizzazione” della domanda. Ovvero, la domanda di informazione che condiziona l’offerta. Oggi, ha avvertito Nicita, stiamo assistendo al fenomeno di “auto-selezione delle fonti” da parte dell’utente. Questa tendenza è l’esatto contrario, secondo il rappresentante dell’AGCOM, dell’idea originaria secondo la quale internet potesse aprire all’accesso ad una informazione globale.
Adriana Lotti ha, poi, illustrato l’indagine conoscitiva “Osservatorio sulle testate online – Rapporto 2018” (vedi le slide).
L’indagine, ha riferito la Direttrice, è stata sviluppata secondo due direttrici: da un lato la domanda e dall’altro l’offerta di informazione online.
Sul piano della domanda, l’AGCOM ha notato una costanza nell’accesso all’informazione: il 95% della popolazione è alla ricerca e riceve notizie da varie fonti. Sta sempre più emergendo il fenomeno della c.d. “crossmedialità”, cioè l’interazione tra i vari media, per cui assistiamo a performance comunicative nelle quali i principali mezzi di comunicazione interagiscono fra di essi, dispiegando l’informazione nei suoi diversi formati e canali. Ci sono ancora fattori di inclusione e esclusione sociale (ad esempio, il livello di istruzione). Le piattaforme social rivestono sempre più importanza, perché veicolano le notizie.
Secondo lo studio dell’Autorità, per gli accessi dal browser sono in testa gli editori tradizionali (Repubblica, Corriere…), mentr per l’accesso dalle app sono primi gli editori digitali (che si avvalgono dei principali social networks).
Sul piano dell’offerta, Lotti ha potuto constatare un panorama ancora vario e frammentato. La grande maggioranza degli editori online (ben il 68%) sono sotto ai 100.000 euro di fatturato, a fronte di un 7% che fattura circa 3 milioni di euro. La media si attesta sui 20.000 euro l’anno. Pochi grandi editori, quindi, e una “coda lunghissima” di piccoli.
La pubblicità, anche se spesso non sufficiente per lo sviluppo, è la risorsa principale. Per far fronte a tale scenario, secondo l’indagine, le testate online si stanno spostando o verso una “specializzazione orizzontale”, privilegiando solo alcuni contenuti (e, in questa tipologia spiccano le testate che si occupano di sport, in particolare il calcio), o verso una “specializzazione territoriale”. In tale caso, è prevalente la dimensione “provinciale” (anche se potrebbe essere un handicap per lo sviluppo dell’azienda editoriale).
Al termine della presentazione dell’indagine, è seguita una Tavola rotonda, moderata dal prof. Paolo Cellini, Docente di Economia Digitale alla Luiss, alla quale hanno partecipato e risposto alle domande dei presenti, Francesco Saverio Vetere, Presidente e Segretario Generale USPI; Riccardo Terzi, di EMEA Strategic Relations, News & Publishers, Google Italia; Fabrizio Barbato, CFO di Fanpage; Marco Giovannelli, Presidente Anso; e Daniele Sesini, Direttore generale IAB Italia.
Vetere ha ricordato che l’USPI si è sempre battuta (ed ha vinto) per la parificazione della stampa online a quella tradizionale: dall’equiparazione dell’IVA alla definizione normativa di “quotidiano online”. I problemi ancora in essere sono soprattutto quelli della “reputation” dei giornali digitali e degli abbonamenti a pagamento, mentre quello della remunerazione dei giornalisti è stato affrontato con il nuovo Contratto Nazionale di lavoro giornalistico USPI-FNSI.
«La qualità dell’informazione locale online è ottima. – ha concluso Vetere – Il settore necessitava di un contratto di lavoro giornalistico ad hoc, e USPI e FNSI lo hanno realizzato».
http://notiziario.uspi.it/informazione-online-nuovi-modelli-di-domanda-e-di-offerta/
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