NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 23 AGOSTO 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
… essendo tutte le cose indistinte
per la nebbia tenebrosa,
disse il teologo.
Frammenti orfici, TEA, 1989, Fr. 65, pag. 56
(per i pochissimi che sanno …)
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
I perché della crisi di governo
PERCHÉ NON SI VOTA/ Il giurista: decide l’Europa per noi, lo dice la Costituzione 1
VOGLIONO SEQUESTRARE IL CENTRODESTRA.. 1
Orticaria da buonismo – I sintomi
I problemi ambientali fanno troppo comodo per essere risolti 1
Come funziona la disinformazione: il caso del clima. 1
La Turchia minaccia di riaccendere la crisi migratoria europea. 1
200 NOMINE/ Da Cdp a Eni e Leonardo, il “veleno” che può spaccare M5s e Lega 1
Governo M5S-Lega: ecco tutte le nomine “pesanti” da rinnovare, da Cdp ai vertici Rai
Nomine pubbliche, 272 poltrone in palio. 1
Nomine pubbliche, la carica dei 350. La rete del potere di “Salvimaio”. 1
Nomine, un maxirisiko di 350 poltrone
Sotto il Cappotto di Gogol scopriamo la stupidità umana. 1
Caso Cavallotti, aziende distrutte dai giudici, la Procura rinuncia a indagare. 1
L’identità “migrante” e la colonizzazione delle coscienze. 1
DIETRO LE QUINTE/ Sapelli: il segreto della crisi è tra il Colle e Washington. 1
Hic et nunc: paese legale, reale, immaginario. 1
EDITORIALE
I perché della crisi di governo
Manlio Lo Presti – 23 agosto 2019
Sembra che la ricomposizione di questa strana crisi di governo debba risolversi in breve tempo, secondo le intenzioni dell’effervescente inquilino del Colle. Costui vuole risolvere ma senza farsi stritolare dal Pd, sebbene siano in quel versante le sue simpatie e non certo per la destra ed in particolare quella salviniana.
L’Italia è sempre stata una colonia priva delle minime autonomie. È sovragestita da un ristretto comitato di affari con sedi operative in Inghilterra, Francia, Germania e USA. Non a caso in un articolo di libreidee.org (*) si afferma che l’Italia è contesa da Macron e da Merkel cui fanno riferimento PD e M5S contro gli USA con referente la Lega. Ebbene, questi padroni della penisola hanno deciso di staccare la spina a questo governo che si stava presentando troppo decisionista e poco propenso a sottomettersi. Uno sgarro che adesso riporta il nostro Paese nel caos e nelle braccia del 175° governo-tecnico-fate-presto.
L’ennesimo governo-fantoccio-fate-presto avrà il preciso compito di terminare la demolizione dell’Italia fino a ridurla come un paese latinoamericano e/o africano dopo la vendita delle restanti imprese ancora valide, lo spostamento di almeno 1.600 miliardi di risparmi italiani con la fusione Unicredito-Deutsche Bank ed infine l’imposizione di una patrimoniale di almeno sessantamila euro ad appartamento SENZA DILAZIONI che costringerà milioni di proprietari a svendere l’immobile che cadrà nelle mani di un preciso clan razziale proprietario delle maggiori finanziarie tedesche. E IL GIOCOÈFATTO.
Dopo questo trattamento grecizzante, la ex-Italia diventerà un deserto pronto a ricevere una prima ondata di 5-600.000 nordafricani e bangladini (ucraini, armeni, e simili MAI: non voterebbero PD, men che meno i tibetani per non fare incaxxare la Repubblica Popolare Cinese, per carità!).
La desertificazione della ex-Italia è un obiettivo ben preciso che l’unione europea intende realizzare ad ogni costo: la penisola deve diventare LA SACCA RAZZIALE DELL’EUROPA. Per questo ignobile obiettivo è stata mobilitata tutta la schiuma Dem e suoi sodali – attenti e solerti sacerdoti della vulgata neomaccartista, quadrisex, antifa, satanista, pedofila, antropofaga di estrazione Dem americana avente gli archimandriti Clinton, Podesta, Epstein, Soros, ecc.
Gli USA di Trump vogliono bastonare la germania e la francia che temporeggiano con il pagamento di quote parti dei costi delle forze militari NATO al confine dei paesi baltici per accerchiare la Russia che vede tutto ma sta misteriosamente zitta, pur avendo un temibile arsenale (di cui si sa poco. Si sa, costoro sono orientali e di poche parole, non amano la diffusione sbruffonesca di notizie in stile Hollywood)) con una distruttività pari se non superiore a quello americana.
Il veto dei dominatori si incastra – guada caso provvidenzialmente e con notevole sincronia – al fatto che non si devono lasciare alle destre le nomine di circa 400 posti di vertice in gran parte scadenti il 2020, per non parlare della successione del presidente della repubblica: non sia mai in mano ai fascisti!!!!!!!!!!).
Non è un caso che l’avatar del Colle abbia concesso solo quattro giorni per avere una risposta organizzativa ed organica di un governo possibile. Oltre quel tempo egli potrà avere mano libera per nominare un capo del governo tecnico-fate-presto a cui affidare gli obiettivi demolitori sopra accennati. Il timore che possa avere la nomina il preclaro Draghi: il più spietato antiitaliano in circolazione, a dispetto del quantitative-easing che serviva a salvare le sue terga e non la nostra penisola, come giornaloni di un preciso schieramento buonista neomaccartista volevano farci credere …
Escludendo che la ex-italia ne esca viva, ritengo che il varo del 186° GOVERNO-TECNICO-CE-LO-CHIEDE-L’EUROPA provocherà la rinascita e la spinta alle dinamiche autonomiste e secessioniste del nord-est. Un piano ben appoggiato ad hoc da una serie di attentati e scioperi settoriali. Il tutto accompagnato ad una raffica di alti e bassi dello spread che invece non si muove MAI per lo sforamento della francia e la incombente crisi della germania, con la scusa che costoro non hanno il debito pubblico dell’Italia che invece ha fondamentali economici solidissimi (beni immobiliari, risparmio che da solo è il doppio di tutta l’intera europa, tecnologie avanzatissime …) volutamente e totalmente ignorati nella valutazione globale di un Paese.
QUALCUNO È PIÙ SPREAD DEGLI ALTRI!
Ne riparleremo molto molto molto presto!!!
NOTE
(*) https://www.libreidee.org/2019/08/italia-contesa-macron-e-merkel-pd-m5s-contro-usa-lega/
IN EVIDENZA
PERCHÉ NON SI VOTA/ Il giurista: decide l’Europa per noi, lo dice la Costituzione
23.08.2019 – int. Mario Esposito
Niente voto, perché la Lega al governo sarebbe sgradita all’Europa. Lo dice la riforma della Costituzione voluta (tra gli altri) da Berlusconi e Monti
Niente voto. Primo, perché lo chiede la Lega, che vincerebbe nelle urne; secondo, perché la Lega a Palazzo Chigi sarebbe sgradita all’Europa. È questo a spiegare perché le “prove” di alleanza M5s-Pd sono destinate ad andare a buon fine e a produrre un accordo nei tempi stabiliti dal Capo dello Stato.
Tocchiamo con mano gli effetti della riforma costituzionale approvata tra il 2011 e il 2012, spiega Mario Esposito ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Lecce. “Grazie alla riforma degli articoli 81 e 97 della Costituzione, gli organi Ue fanno parte integrante del nostro circuito di indirizzo politico”. Dunque, sono gli altri a decidere per noi. E questo, in gran parte, è solo colpa nostra.
Perché esclude il voto, professore?
Perché in caso di scioglimento, si voterebbe non prima di 60 giorni, tenuto conto dei tempi necessari per il voto all’estero: saremmo già in piena sessione di bilancio, nella quale il governo nazionale è costituzionalmente subordinato alle direttive impartite dagli organi Ue. Ogni scelta istituzionale relativa alla crisi dovrà quindi essere orientata alla formazione di un esecutivo che abbia, per così dire, innanzitutto la fiducia di Bruxelles.
Allora è come se tutte le analisi di questi giorni facessero i conti senza l’oste. Nessuno fa notare che abbiamo questi vincoli.
Tutte i commenti, i retroscena, gli scenari che leggiamo sono senza fondamento giuridico nella misura in cui formulano previsioni che non tengono adeguatamente conto dell’assetto e della distribuzione vigenti dei poteri politici.
Verosimilmente cosa farà Mattarella?
In ogni caso sceglierà la soluzione che garantisca la maggiore linearità di rapporti con gli organi Ue, i quali, in forza degli articoli 81 e 97 Cost., fanno parte integrante del nostro circuito di indirizzo politico. Non va dimenticato che il presidente della Repubblica ha manifestamente partecipato con ruolo decisivo alla composizione del Governo Conte, con espresso riferimento ad un dovere di fedeltà del Governo all’Ue. È ragionevole attendersi che in questa fase eserciti i propri poteri seguendo lo stesso parametro: la scelta cadrà sulla modalità che meno interferisce con il ruolo istituzionale dell’organo composito che si occupa del bilancio.
Si spieghi, professore.
È molto semplice. Come Mattarella ha esercitato il potere di nomina calibrandolo su quei doveri di fedeltà ai dettami dell’Unione, parallelamente sarà tenuto a calibrare il potere di scioglimento sugli articoli 81 e 97 Cost.
In ogni caso niente voto.
No, nel momento in cui la consultazione popolare lasci presagire un esito che possa causare un conflitto nelle relazioni con l’Ue. Quali che possano esserne le giustificazioni, la nuova organizzazione costituzionale – quale risulta dalla legge costituzionale 1/2012 – subordina la dinamica rappresentativa nazionale agli obiettivi di equilibrio del bilancio e di sostenibilità del debito per come – si badi – concretizzati di tempo in tempo in sede europea. Ecco la fedeltà all’Ue.
Si prepara un altro 2011?
No, stavolta siamo ben oltre perché abbiamo doppiato il Capo di Buona Speranza della riforma costituzionale che ha cambiato gli articoli 81, 97, 117 e 119 Cost. Con la modifica di quelle norme non soltanto abbiamo “interiorizzato” il Fiscal Compact, senza che ve ne fosse necessità, ma abbiamo profondamente mutato titolarità e forme di esercizio della sovranità.
Si capisce dunque perché proprio di sovranità si parli tanto.
In realtà, sembra quasi essersi realizzato un antico sogno di alcuni Paesi europei: governare gli
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VOGLIONO SEQUESTRARE IL CENTRODESTRA
di Alfredo Mosca – 12 agosto 2019
Andiamo al sodo, vogliono sequestrare le cabine elettorali per impedire che si voti adesso e che vinca il centrodestra guidato da Matteo Salvini, che nei sondaggi è straripante, punto.
Cari amici, non date retta alle bugie che circolano per giustificare l’ipocrisia dei cattocomunisti, dei grillini e del mondo di sinistra che li sostiene a spada tratta, sulla necessità di ritardare il voto. La storia ci insegna quanto questo mondo se ne sia infischiato dei rischi, della volontà popolare, dei pericoli incombenti sul Paese, pur di raggiungere gli scopi e le attese.
Basterebbe pensare al Governo Dini, quello del ribaltone voluto da Scalfaro, oppure al Governo Monti voluto da Napolitano, due casi che gridano vendetta al cospetto della sovranità popolare, dei risultati delle urne, dei traumi sociali legati al ribaltamento delle maggioranze.
Quando vollero cacciare Silvio Berlusconi, lo spread anziché un pericolo divenne lo strumento preferito, come nel ’94 quando la parola spread nemmeno si conosceva, scelsero gli avvisi di garanzia.
Insomma, allora come ora, pur di impedire un nuovo voto, se ne fregarono del rischio di esporre il Paese a un cambio traumatico di governo, del pericolo di sgretolare l’affidabilità internazionale in termini di stabilità, della possibilità di aprire varchi alla speculazione che sguazza nella confusione.
Per non parlare del menefreghismo verso i cittadini che scelgono una coalizione e se la vedono scippata dal ribaltone, una vergogna che deve finire.
Insomma, i cattocomunisti con la scusa della Costituzione e della ricerca di una maggioranza parlamentare, spacciata per obbligo anziché opzione, hanno fatto uso e abuso delle scelte elettorali. La Carta infatti non obbliga nessuno a mettere insieme il diavolo e la croce, ma indica una procedura eventuale prima dello scioglimento, una possibilità insomma e non una imposizione. Eppure questa opzione, quando si è voluto impedire che con un voto democratico il popolo scegliesse da chi essere governato, è stata utilizzata con la scusa di salvare il Paese dalla rovina, col risultato di scippare la volontà costituita e cambiare le casacche durante la
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Orticaria da buonismo – sintomi
Mario Sommossa – 20 08 2019
Forse dovrei interpellare qualche buon avvocato che mi dica se mi sarà possibile, oppure no, far una causa per danni subiti e chiedere un indennizzo da devolvere a qualcuno che lo meriti.
Il fatto è che ogni volta che sento le interviste in televisione con qualche medico di Emergency o a qualche esponente di ONG mi viene l’orticaria. Purtroppo, non mi succede solo con loro, anche se sento qualche giornalista o alcuni politici molto “buoni” mi succede la stessa cosa. È una vera sofferenza che mi costringe a grattarmi continuamente e mi provoca conati di vomito. Certamente è una questione psicosomatica ma, visto che la causa sono loro, che almeno paghino…
Un effetto collaterale che mi provocano le parole di quei personaggi è un impulso, cui resisto con fatica, a condividere almeno alcune delle dichiarazioni di quei politici che vengono chiamati “populisti”.
Non avrei mai pensato di ridurmi in questo stato: credo ancora nella necessaria sacralità delle Istituzioni, nel ruolo del Parlamento e nella divisione dei poteri. Penso anche che la cosiddetta “democrazia diretta” sia un’illusione (già smentita nei fatti da chi ne aveva fatto una bandiera) buona soltanto per gli ingenui e i creduloni. Continuo perfino a credere che il sistema liberale rappresenti il minore dei mali possibili nella vita di una società politica. Cosa dunque mi succede? E cosa succede a quei milioni di cittadini di Paesi democratici che votano a favore di chiunque urli di più o racconti favole demagogiche purché suonino “anti-sistema”? Si è perduta la capacità di essere razionali? È sparito il buon senso del padre di famiglia? Se non questo, che altro?
Se si scorre con la memoria cosa stanno scrivendo i giornali da qualche decennio a questa parte e si ascoltano le parole dei personaggi che menzionavo all’inizio (quelli dell’orticaria), forse si capisce il perché della sempre maggiore lontananza tra i cittadini e il loro Stato, tra i politici e gli elettori, tra gli “opinionisti” e il senso comune. Sono anni che costoro raccontano cose cui nemmeno loro credono, che fan di tutti per farci capire quanto siano buoni (loro) e siano “malvagi” i sentimenti che
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https://it.sputniknews.com/opinioni/201908208002948-orticaria-da-buonismo—sintomi/
BELPAESE DA SALVARE
I problemi ambientali fanno troppo comodo per essere risolti
David Warren 5 luglio 2019 Società
Il cinismo del business “green”, che si tiene a galla sulla denuncia di emergenze che non ha nessun interesse ad affrontare davvero
Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo una nostra traduzione di un post apparso il 3 luglio scorso nel blog dello scrittore canadese David Warren. Il testo originale in inglese è disponibile in questa pagina.
Discorrendo con un gentiluomo che commercia in un mercato agricolo di quartiere, ho appreso una cosa interessante e probabilmente vera. Generalmente le fattorie familiari rimaste in vita non hanno qualifiche “bio”. Questo perché ottenerle dalle burocrazie che le distribuiscono è un processo enormemente dispendioso in termini di tempo e comporta costi che eroderebbero la maggior parte del piccolo profitto degli agricoltori. Bisogna essere una grande industria senza volto per potersi permettere le etichette “bio” ufficiali che gabbano i consumatori di città convincendoli a spendere il doppio sostanzialmente per lo stesso bene. Che l’intero sistema sia largamente corrotto, non c’è bisogno di dirlo. È stato progettato per esserlo.
Coincidenza vuole che lo stesso giorno il mio sguardo si sia posato, per caso su internet, sull’annuncio dell’assegnazione di un Premio Green a un grande “parco” di assemblaggio di automobili. Avevano sostituito tutte le lampadine negli edifici della fabbrica, risparmiando in questo modo poche migliaia di dollari sulle loro bollette multimilionarie, e pare che abbiano anche predisposto nuove toilet. Questa vasta fabbrica di mezzi di trasporto high-tech resta un indicibile orrore estetico di trecento acri nel quale degli esseri umani vengono
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https://www.tempi.it/i-problemi-ambientali-fanno-troppo-comodo-per-essere-risolti/
Come funziona la disinformazione: il caso del clima
ENZO PENNETTA – 8 AGOSTO 2019
La propaganda viene attuata ogni giorno e la grande maggioranza non se ne accorge.
Attraverso un caso reale che riguarda il riscaldamento globale possiamo constatare come essa agisca.
Attraverso il recente caso della petizione sul clima firmata da un centinaio di docenti di varie discipline scientifiche, inclusa ovviamente la climatologia, è possibile avere una prova pratica di come funzionino determinati meccanismi di manipolazione dell’informazione e precisamente quelli che dichiarando di fare un’informazione neutrale censurano alcuni fatti e danno rilevanza a quelli contrari.
Nel caso specifico abbiamo assistito a due petizioni del tutto equivalenti come argomento e
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https://www.enzopennetta.it/2019/08/come-funziona-la-disinformazione-il-caso-del-clima/
DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
La Turchia minaccia di riaccendere la crisi migratoria europea
di Soeren Kern – 8 agosto 2019
Pezzo in lingua originale inglese: Turkey Threatens to Reignite European Migrant Crisis
Traduzioni di Angelita La Spada
“Siamo di fronte alla più grande ondata migratoria della storia. Se aprissimo le porte, nessun governo europeo sarebbe in grado di sopravvivere per più di sei mesi. Consigliamo loro di non mettere alla prova la nostra pazienza.” – Il ministro turco dell’Interno Süleyman Soylu.
- “La Turchia è pienamente impegnata nell’obiettivo dell’adesione all’UE. (…) Il completamento del processo del Dialogo sulla liberalizzazione dei visti che consentirà ai nostri cittadini di recarsi nell’area Schengen senza visto, è la nostra priorità assoluta.” – Dichiarazione rilasciata dal ministero degli Esteri turco, il 9 maggio 2019.
- “Questo non significa che ho qualcosa contro i turchi. (…) Ma se iniziamo a spiegarlo – che la Turchia è in Europa – gli studenti delle scuole europee dovranno essere informati del fatto che il confine europeo risiede in Siria. Dov’è il buonsenso? (…) La Turchia può essere considerata un paese europeo dal punto di vista culturale, storico ed economico? Se lo dicessimo, vorremmo la morte dell’Unione Europea.” – L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy.
La Turchia ha minacciato di riaprire le porte dell’immigrazione di massa in Europa, a meno che ai cittadini turchi non venga concessa la possibilità di recarsi nei paesi dell’Unione Europea senza dover richiedere il visto. La Turchia attualmente ospita circa 3,5 milioni di migranti e profughi – soprattutto siriani, iracheni e afgani. Molte di queste persone migrerebbero presumibilmente in Europa se avessero l’opportunità di farlo. Nella foto: il campo profughi di Adiyaman, in Turchia. (Fonte dell’immagine: UNHCR)
La Turchia ha minacciato di riaprire le porte dell’immigrazione di massa in Europa, a meno che ai cittadini turchi non venga concessa la possibilità di recarsi nei paesi dell’Unione Europea senza dover richiedere il visto. L’UE si è detta favorevole alla liberalizzazione dei visti in un accordo sui migranti UE-Turchia del marzo 2016, in cui Ankara si impegnava ad arginare i flussi migratori verso l’Europa.
I funzionari europei insistono sul fatto che se la Turchia ha ridotto il flusso di migranti non ha ancora soddisfatto tutti i requisiti per la liberalizzazione dei visti. Inoltre, il 15 luglio, i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno deciso di sospendere i colloqui ad alto livello con Ankara, come parte delle sanzioni contro le attività di trivellazione di gas e petrolio condotte dalla Turchia al largo delle coste di Cipro.
In un’intervista al canale televisivo turco TGRT Haber del 22 luglio, il ministro degli Esteri turco Mevlut Çavuşoğlu ha dichiarato che la Turchia si sta ritirando dall’accordo sui migranti poiché l’UE non ha rispettato il suo impegno a garantire ai titolari dei passaporti turchi il libero accesso senza visto a 26 paesi europei. “Abbiamo sospeso l’accordo di riammissione”, egli ha detto. “Non aspetteremo alla porta dell’UE”.
Il giorno prima, il ministro dell’Interno turco Süleyman Soylu aveva accusato i paesi europei di lasciare la Turchia da sola a dover affrontare la questione migratoria. Nei commenti pubblicati dall’agenzia di stampa statale Anadolu Ajansi, Soylu ammoniva: “Siamo di fronte alla più grande ondata migratoria della storia. Se aprissimo le porte, nessun governo europeo sarebbe in grado di sopravvivere per più di sei mesi. Consigliamo loro di non mettere alla prova la nostra pazienza”.
L’accordo sulla migrazione, entrato in vigore il1 giugno 2016, è stato negoziato in tutta fretta dai dirigenti europei nel disperato tentativo di esercitare il controllo di una crisi in cui nel 2015 oltre un milione di migranti si sono riversati in Europa.
Ai sensi dell’accordo, l’UE si è impegnata a erogare alla Turchia 6 miliardi di euro, a garantire a 82 milioni di cittadini turchi di potersi recare in Europa senza dover richiedere il visto e a riavviare i colloqui di adesione affinché la Turchia possa unirsi all’UE. In cambio, Ankara ha accettato di arrestare i flussi di migranti verso l’Europa e di riprendersi tutti i migranti e i profughi che raggiungono illegalmente la Grecia dalla Turchia.
Attualmente, la Turchia ospita circa 3,5 milioni di migranti e profughi – soprattutto siriani, iracheni e afgani. Molte di queste persone migrerebbero presumibilmente in Europa, se avessero l’opportunità di farlo.
In risposta ai commenti di Çavuşoğlu, il portavoce dell’UE Natasha Bertaud ha ribadito
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https://it.gatestoneinstitute.org/14685/turchia-crisi-migratoria-europea
ECONOMIA
200 NOMINE/ Da Cdp a Eni e Leonardo, il “veleno” che può spaccare M5s e Lega
12.05.2018 – Sergio Luciano
Sono 200 le nomine che il nuovo governo dovranno fare nelle prime settimane a Palazzo Chigi: Cdp, Rai, Leonardo, le controllate dell’Eni e molte altre.
Sono un collante oggi; saranno un veleno domani. Stiamo parlando delle nomine, le 200 nomine che il nuovo governo — se davvero nelle prossime ore Luigi Di Maio e Matteo Salvini riusciranno a formarlo — dovranno fare nelle primissime settimane della loro inedita coabitazione a Palazzo Chigi.
E che nomine! Si comincerà dalle due che forse oggi, nell’ordinamento economico pubblico italiano, pesano di più dopo quelle governative: il vertice della Cassa Depositi e Prestiti, oggi occupato dal presidente Claudio Costamagna, prodiano di ferro, e dall’amministratore delegato, Fabio Gallia. Resteranno? Tutti gli addetti ai lavori lo considerano assurdo. Parrebbe che Giuseppe Guzzetti — al quale in quanto presidente dell’Acri va la nomina del presidente — voglia nominare se stesso che però, a 84 anni suonati, coglierebbe un inedito record di senilità attiva. Certo, la tentazione potrebbe averla: sta benissimo in salute e ha un carattere a dir poco coriaceo. Ma per quanto abbia sviluppato negli anni un buon rapporto con i leghisti — altrimenti come avrebbe fatto a sopravvivere tanti anni al vertice della Fondazione della Cassa di risparmio delle Province lombarde? — non è facile che Salvini punti su un campione che ha quasi il doppio dei suoi anni e sicuramente non ci punterà Di Maio. Peraltro, Guzzetti si è pronunciato in pubblico a favore di una riconferma di Costamagna: l’avrà fatto sinceramente o per tattica? Si vedrà il prossimo 23 maggio, quando avrà luogo l’assemblea della Cassa. Come si vedrà se è autentica la candidatura di Fabrizio Palermo, attuale direttore finanziario della Cassa, per la poltrona di amministratore delegato.
Le altre supernomine, su cui davvero si giocherà la credibilità di 5 Stelle e Lega, saranno da fare subito dopo, a fine giugno, per rinnovare i vertici Rai ed applicare per la prima volta la riforma Renzi (ammesso che i due nuovi leader non vogliano cambiarla!) e insediare al posto del direttore generale un super manager di nomina appunto governativa. Camera e Senato eleggeranno due componenti ciascuno e un altro verrà eletto dai dipendenti Rai. E per la poltrona di capo-azienda? L’inossidabile Orfeo, entrato in Rai col timbro di Gianfranco Fini e rimastovi
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Governo M5S-Lega: ecco tutte le nomine “pesanti” da rinnovare, da Cdp ai vertici Rai
La Redazione -12 Maggio 2018
Il governo giallo-verde, se andrà in porto, dovrà affrontare una questione a dir poco delicata, quella delle 200 nomine che andranno rinnovate a breve.
Si tratta di poltrone molto “pesanti”, che da un lato sono una torta da spartirsi, dall’altro rappresentano uno scoglio su cui Salvini e Di Maio potrebbero tornare a scontrarsi (e scornarsi).
Tra le più importanti, il vertice della Cassa Depositi e Prestiti, oggi occupato dal presidente Claudio Costamagna, prodiano di ferro, e dall’amministratore delegato, Fabio Gallia. A quanto pare Giuseppe Guzzetti – al quale in quanto presidente dell’Acri va la nomina del presidente – in stile Di Maio voglia nominare se stesso, ma ha 84 anni suonati. Comunque, Guzzetti si è pronunciato in pubblico a favore di una riconferma di Costamagna. Come andrà a finire si vedrà il prossimo 23 maggio, quando avrà luogo l’assemblea della Cassa.
Le altre supernomine, per cui servirà tutta l’ars politica di di 5 Stelle e Lega, saranno da fare subito dopo, a fine giugno, per rinnovare i vertici Rai ed applicare (nel caso) per la prima volta la riforma Renzi e insediare al posto del direttore generale un super manager di nomina appunto governativa. Camera e Senato eleggeranno due componenti ciascuno e un altro verrà eletto dai dipendenti Rai. Per la poltrona di capo-azienda la partita sarà tutta da giocare.
In autunno poi ci saranno ben undici aziende direttamente partecipate dal ministero dell’Economia con organi sociali da rinnovare nel corso del 2018. Nello specifico: Arexpo Spa, Leonardo-Finmeccanica, Sga, Sogesid e Studiare Sviluppo dovranno
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Nomine pubbliche, 272 poltrone in palio
6 Dicembre 2018, 5:56 | di Silvano Bonini
Entro fine dicembre scadono 272 incarichi di presidenti, ad e consiglieri in 62 società pubbliche tra cui quelle dei gruppi Eni, Leonardo, Poste Italiane, Enel, Ferrovie dello Stato ma molti verranno rinnovati solo nelle assemblee di bilancio della prossima primavera
Dicembre: è tempo di nomine in scadenza. E quindi di rinnovi. Un vero tourbillon, quello che vede coinvolte le società pubbliche, partecipate dal ministero dell’Economia. In totale 272 tra presidenti, amministratori delegati o semplici consiglieri, sparpagliati in un caleidoscopio di 62 società.
Nomine che scadono il 31 di questo mese, ma il cui rinnovo (o conferma, a seconda dai vari statuti) avverrà entro il 30 aprile del 2019 o il 30 giugno, in coincidenza con l’assemblea di approvazione del bilancio. In un clima che – particolare da non sottovalutare – sarà sicuramente influenzato per il concomitante voto di maggio per le europee.
Ma ovviamente i movimenti per le poltrone in scadenza sono già iniziati. Solo per le società partecipate direttamente dal ministero guidato da Giovanni Tria siamo di fronte a 31 incarichi in scadenza tra Invitalia, Arexpo, Coni servizi, Mefop (che si occupa dello sviluppo dei mercati dei fondi pensione), Sogin, Sose e Studiare Sviluppo.
La parte del leone se la dividono però Eni (che ha tra gli azionisti di controllo il ministero dell’Economia e Cdp) e Leonardo (30% ministero dell’Economia): 46 incarichi in scadenza la prima, 47 la seconda, suddivisi rispettivamente in 11 società partecipate e in 8.
Giri di poltrone (o eventuali conferme) di tutto rispetto anche in casa Poste, Ferrovie ed Enel: 28 nel primo caso, per scadenza di mandato al 31 dicembre in Bancoposta, consorzio logistica pacchi, Europa gestioni immobiliari, indabox, postel, postelmobile, risparmio holding. Ventisei gli incarichi in scadenza sia nel variegato mondo delle Ferrovie che in quello di Enel. Ferrovie peraltro già è stata al centro di avvicendamenti questa estate, quando – su input del Governo – è stata disposta la decadenza del consiglio d’amministrazione. A luglio l’assemblea degli azionisti ha nominato il nuovo presidente e poi il nuovo consiglio di amministrazione
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https://www.firstonline.info/nomine-pubbliche-272-poltrone-in-palio/
Nomine pubbliche, la carica dei 350. La rete del potere di “Salvimaio”
Sono da rinnovare i vertici di Cassa depositi e prestiti e Rai, ma anche dell’Antitrust e dell’Autorità per l’Energia. In più al Tesoro è atteso il nuovo dg
di Luca Spoldi – 14 maggio 2018
Il nuovo governo giallo-verde M5S-Lega non è ancora nato, ma sul tavolo del futuro premier già si stanno accumulando da mesi alcuni dossier particolarmente “caldi”, a partire dalle nomine in aziende a partecipazione stataleed authority di settore.
CLICCA QUI PER LEGGERE LA LISTA COMPLETA DELLE NOMINE (CDA E COLLEGI SINDACALI) PUBBLICHE DEL TESORO |
Dalla Cassa depositi e prestiti (e controllate come Cdp Immobiliaree Cdp Investimenti Sgr), in scadenza in giugno, alla Rai, che dovrebbe rinnovare i vertici ad agosto (assieme a quelli di Rai Pubblicità e ai collegi sindacali di RaiCome RayWay), dai vertici di Antitrust, dove il presidente Giovanni Pitruzzella ha annunciato che lascerà il suo incarico a ottobre (un mese prima della scadenza naturale) a quelli dell’Autorità per l’Energia, la lista è già corposa.
Alcune nomine fatte “in extremis” dal governo Gentiloni (per i vertici di Telespazio, Saipem e Simest) l’hanno leggermente sfoltita, ma entro l’anno sono destinati a scadere il Cda di Eur Spa (la società immobiliare controllata dal Tesoro nata nel 2000 dalla trasformazione dell’Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma), del Gestore dei servizi energetici Gse Spa, di Investimenti immobiliari italiani (Invimit) Sgr e di Società Generale d’Informatica – Sogei Spa.
Da rinnovare anche il Cda (e il collegio sindacale) di Centostazioni, quelli di Italia Turismo e di Manifattura Tabacchi, e il collegio sindcale di Banca del Mezzogiorno – Medio Credito Centrale.
Più in là si parlerà, sempre che il sodalizio tra Lega e M5S duri tanto a lungo, del rinnovo dei vertici di Snam, di Italgas, di Fincantieri (tutti in scadenza nel 2019), poi eventualmente, nel 2020, delle poltrone apicali di Eni e di alcune sue controllate
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Nomine, un maxi-risiko da 350 poltrone. Costamagna lascia Cdp
di Marco Rogari e Laura Serafini – 5 giugno 2018
Dai viceministri ai vertici delle partecipate, il risiko delle 350 poltrone da assegnare
Dagli incarichi di sottogoverno, alle presidenze delle commissioni parlamentari passando per i vertici delle partecipate, delle Authority e i membri laici elettivi del Csm: un maxi-risiko con quasi 350 caselle da riempire entro la fine dell’anno. E anche per questo motivo quella delle nomine si annuncia come una delle partite più delicate da giocare per il governo pentaleghista guidato da Giuseppe Conte. Alcune decisioni per assegnare le 349 poltrone vuote o in scadenza andranno prese nelle prossime ore, come quelle su viceministri e sottosegretari e di supporto all’azione dell’esecutivo (segretari generali dei ministeri, capi di gabinetto e responsabili degli uffici legislativi), altre nelle prossime settimane, a partire dalla Rai e dalla Cdp.
Governo
Più della metà delle tessere da incastrare nel complesso mosaico degli incarichi da assegnare, ben 185, coinvolge direttamente l’attività operativa del governo. La compagine governativa si dovrebbe arricchire con una squadra di 8 viceministri e 35 sottosegretari (compreso Giancarlo Giorgetti già nominato alla Presidenza del consiglio). In corsa per un posto da viceministro all’Economia Laura Castelli (che potrebbe essere però nominata capogruppo M5S alla Camera) e il suo collega di partito Stefano Buffagni; per la Lega i nomi gettonati sono quelli di Alberto Bagnai, Armando Siri (nel toto-nomine anche a Sviluppo economico e Infrastrutture) e Massimo Garavaglia. Al Viminale dovrebbe approdare Nicola Molteni (Lega), mentre agli Esteri la scelta ricadrebbe su Emanuela Del Re o Manlio Di Stefano (M5S). All’Istruzione è sicuro il leghista Mario Pittoni e probabile Gianluca Vacca (M5S). In lizza per le Infrastrutture Mauro Coltorti e Lorenzo Fioramonti (M5S). Da sciogliere il nodo della delega ai servizi segreti: il M5S la vorrebbe per Vito Crimi, la Lega per Giorgetti. In atto anche un braccio di ferro sulla delega al Mise per le Comunicazioni: il Carroccio punta ad affidarla a Siri ma Luigi Di Maio resta intenzionato a tenerla per sé.
Uffici di staff
Per la carica di segretario generale a Palazzo Chigi si fanno i nomi di Vincenzo Fortunato (“quotato” anche al Mef) e Carlo Deodato. All’Economia nel ruolo di capo di gabinetto potrebbe essere confermato Roberto Garofoli ma sarebbe in corsa anche Giuseppe Chiné. Alla Giustizia la stessa casella verrebbe occupata da Alessandro Pepe mentre Nino Di Matteo (già Procuratore sulla trattativa Stato-Mafia) andrebbe a capo dell’amministrazione della giustizia. Per Vito Cozzoli è probabile un ritorno al Mise mentre Alfonso Celotto potrebbe ricevere lo stesso incarico al ministero della Pa.
Parlamento
Oltre ai capigruppo, con la Lega che sembra puntare su Guido Guidesi e Stefano Candiani, vanno indicati i deputati e senatori per le presidenze delle commissioni: le 28 permanenti, quelle di “controllo”; le Bicameraline e le Giunte. Di Stefano (M5S) sembra destinato a diventare presidente della “Esteri” di Montecitorio mentre i leghisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai sono in corsa per una delle presidenze delle “Bilancio”. Quanto all’opposizione, la Vigilanza Rai dovrebbe andare a Paolo Romani mentre per il Copasir è in “pole” Lorenzo Guerini
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GIUSTIZIA E NORME
Sotto il Cappotto di Gogol scopriamo la stupidità umana
Il celebre racconto dello scrittore ucraino di lingua russa è un archetipo letterario che ci mostra come la burocrazia uccide il diritto
Vincenzo Vitale – 12 agosto 2019
Questo celebre racconto di Gogol, un piccolo ma grande capolavoro delle letterature di tutti i tempi, rappresenta di sicuro un archetipo narrativo, che non solo ha deliziato generazioni di lettori, ma è anche riuscito a fornire adeguata ispirazione ai più grandi scrittori russi che da questo testo hanno tratto la loro ragione compositiva. Basti pensare che Dostoevskij, commentando la letteratura russa del suo tempo, affermava che «siamo tutti usciti dal cappotto di Gogol».
Come accade per i veri gioielli della scrittura, la trama è molto semplice, lineare e, per questo, trasparente – anche per il giurista – tessuta attraverso una prosa venata di ironia, compassione, introspezione e perfino umorismo, in una sapiente miscela che solo i grandissimi scrittori sono in grado di propiziare e amministrare.
Akakij Akakievic è un funzionario di un Ministero moscovita – non è lecito svelare quale – con le funzioni di copista. Trascorre l’intera sua esistenza, giorno dopo giorno, copiando, non importa cosa, ma sempre copiando.
Sia che si tratti di un importante trattato fra le potenze europee, sia si tratti invece di un banale ordine del giorno, lui copia con la medesima alacre perizia e soprattutto con la stessa soddisfazione.
Al punto che, spesso, a casa, dopo la magrissima cena, prima di andare a letto, continua a copiare qualche documento che ha avuto cura di portare con se dall’ufficio.
Diremmo perciò che il suo lavoro viene vissuto come una vera ragione di vita : l’unica. Anche perché egli è solo, completamente solo sulla faccia della terra. Anche per questo, viene di frequente sbeffeggiato dai colleghi, senza che egli accenni alla minima reazione. I suoi giorni segnano il suo tempo fra gli esseri umani, con la noia e l’insignificanza dell’esser tutti uguali, senza mai nessuno che si interessi di lui.
C’è, esiste, ma è come non ci fosse, come non esistesse.
Ma, avverte Gogol, i suoi pari hanno un insidioso nemico: l’inverno pietroburghese, che armato del pungolo del freddo glaciale, gli ricorda che il suo cappotto è ormai liso e non lo protegge più come dovrebbe.
Corre così dal sarto, che lo convince a ordinarne uno nuovo, perché il vecchio non è più rammendabile. Ma dal momento che il suo mensile non supera i 400 rubli, egli è costretto a saltare molte cene serali.
Finché, il giorno che si presenta in ufficio col cappotto nuovo, tutti si meravigliano e son improvvisamente disposti a riconoscere la sua presenza come essere umano loro pari.
Sicché, viene perfino invitato ad un ricevimento dal vice capoufficio, cosa inaudita e
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https://ildubbio.news/ildubbio/2019/08/12/sotto-il-cappotto-di-gogol-scopriamo-lo-stupidita-umana/
Caso Cavallotti, aziende distrutte dai giudici, la Procura rinuncia a indagare
Caso Cavallotti il pm di Palermo chiede l’archiviazione per l’amministratore. La famiglia siciliana di imprenditori, spogliata di tutti I beni nonostante l’assoluzione dall’accusa di mafia, denunciò I presunti abusi del manager scelto dal tribunale
Errico Novi – 16 agosto 2019
C’è un sorprendente incrocio tra un fatto tragico, che ha colpito milioni di italiani, e una meno nota, ma pure terribile, vicenda di malagiustizia. Nadia Toffa, inviata delle Iene scomparsa due giorni fa, si era interessata alle assurdità inflitte alla famiglia Cavallotti, imprenditori di Belmonte Mezzagno, in provincia di Palermo, assolti da ogni accusa di mafia eppure spogliati di tutti i loro beni dallo Stato.
IL CASO
Proprio nel giorno in cui ci ha lasciati la coraggiosa giornalista, la Procura del capoluogo siciliano ha chiesto al gip di coprire con il velo definitivo dell’archiviazione le indagini sulle presunte malversazioni contestate, dai Cavallotti, a uno degli amministratori giudiziari che hanno gestito, e indebitato, le loro aziende, Andrea Modica de Mohac.
Il professionista siciliano era stato intervistato proprio da un altro inviato delle Iene, Matteo Viviani. Il quale nel dicembre del 2017 gli chiese di rispondere alle accuse di abuso d’ufficio e false fatturazioni mossegli dai Cavallotti, e ottenne la seguente risposta: «Era tutto autorizzato dal giudice…».
È un’informazione decisiva. E indispensabile per comprendere la sconcerto suscitato, dalla richiesta d’archiviazione, in Pietro Cavallotti, che nella seconda generazione della famiglia di imprenditori è divenuto il regista delle tenaci
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L’identità “migrante” e la colonizzazione delle coscienze
di Enrica Perucchietti – 27/11/2018
Fonte: Enrica Perucchietti
Anche l’identità sessuale è diventata “migrante”. In una società sempre più liquida e precaria, non dovrebbe stupire l’articolo de L’Espresso di qualche giorno fa dal titolo: “Né maschio, né femmina: sui documenti arriva il Gender X. Perché anche l’identità è migrante”.
Si tende così a sfumare, fino alla sua definitiva cancellazione, la differenza “binaria” tra uomo e donna: la distinzione sessuale finisce con l’essere riconosciuta più come un fatto sociale, culturale che biologico, se non addirittura un vecchio vessillo da abbattere, come sono da abbattere le nazioni, le radici, le culture dei singoli Stati, per creare quel mondo nuovo che gli architetti del mondialismo sognano.
Un mondo in cui la forbice della diseguaglianza continua ad allargarsi e la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi è sempre più accentuata.
Eppure, sembra ieri che ci veniva ripetuto come un mantra dai media mainstream che “la teoria gender non esiste”, è una “bufala”. Non esisteva e non era possibile parlarne. Poi, gradualmente, il gender è penetrato nell’opinione pubblica e oggi è ovunque: campeggia sulle copertine delle riviste, gli stilisti fanno a gara per mettere in passerella capi genderless e compare nei film o serie TV. Si è convertita per gradi l’intera popolazione alla tematica. Si tratta di una vera e propria “colonizzazione delle coscienze”.
Nel giro di pochi anni, si è prodotta una campagna di propaganda che, facendo ricorso alla teoria della gradualità da una parte e al metodo della desensibilizzazione e del bloccaggio ha trasformato la mentalità e l’immaginario di massa rispetto ad alcuni temi fino a poco tempo fa ritenuti “impensabili”. Così il poliamore, il gender, il cambio di sesso ai bambini e il bombardamento di ormoni per i preadolescenti o pratiche come la maternità surrogata sono gradualmente penetrati nell’opinione pubblica come fari del politicamente corretto e del progresso. E se non le condividi sei un fascista, un reazionario, un retrogrado e ovviamente un omofobo. Potresti persino essere affetto da turbe psichiche e da qualche patologia che troverà presto spazio sulla prossima edizione del “Manuale diagnostico
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POLITICA
DIETRO LE QUINTE/ Sapelli: il segreto della crisi è tra il Colle e Washington
17.08.2019, agg. il 19.08.2019 alle 15:29 – int. Giulio Sapelli
“Le urne sono necessarie perché un governo M5s-Pd sarebbe la liquidazione definitiva del paese. Occorre impedirlo”
Di Maio premier? Sembrerebbe una boutade fatta apposta per scacciare i peggiori fantasmi, eppure Salvini lo avrebbe proposto al vicepremier M5s, che ieri ha bollato l’offerta – vera o finta che sia – come “fake news”. Diventa difficile pronosticare una via d’uscita dalla crisi di governo. Tre scenari possibili vengono accreditati nelle ultime ore: un Conte bis, una nuova maggioranza M5s-Pd, un governo elettorale che disinneschi l’aumento dell’Iva (23 miliardi) e porti il paese alle urne il più rapidamente possibile.
Per l’economista Giulio Sapelli “la via maestra sono le urne. In questo caso il governo può rimanere in carica per l’ordinaria amministrazione, non c’è bisogno di farne un altro. E una volta che si è dimesso Conte, anche Salvini può dimettersi da ministro dell’Interno”. Secondo Sapelli un governo Pd-M5s sarebbe la liquidazione definitiva del paese. Nel frattempo, però, Salvini dovrebbe agire diversamente.
Professore, perché durante la crisi di governo il voto si è allontanato?
Conte e il cardinale Parolin si confrontano su molti dossier, Cina compresa; Oltretevere si stanno muovendo con forti ingerenze nella politica italiana. In questo momento poi gli americani sono profondamente divisi anche sull’Italia.
In quali termini?
I trumpiani, sulla carta a favore di Salvini, potrebbero essere insoddisfatti di come ha disatteso le loro richieste di una maggiore distanza dalla Cina. Ma c’è anche l’altra parte, quella che ha ancora in mano l’America che conta: la finanza.
Cosa vuole la grande finanza americana?
Che Salvini sparisca il prima possibile.
La firma del memorandum con la Cina ha spiazzato gli Usa. Ora però è come se Washington avesse improvvisamente riscoperto l’importanza dell’Italia.
Sono d’accordo. Proprio per questo gli Usa dovrebbero fare di tutto perché si andasse al voto, in modo che la Lega, vincendo, metta a tacere i 5 Stelle. In altri tempi sarebbe andata così. L’ambasciata americana avrebbe svolto un ruolo di primo piano,
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Hic et nunc: paese legale, reale, immaginario
Anche altri Paesi dell’Unione Europea vivono difficoltà, ma hanno fondamentali economici (sistema produttivo e fiscalità) di gran lunga più efficienti e un assetto dei poteri istituzionali così stabile da assorbire i contraccolpi della labilità del regime rappresentativo.
ALDO A. MOLA | 19 AGOSTO 2019
L’Italia perse la Guerra dei Trent’Anni (1914-.1945)
“Hic et nunc”. Qui e ora. La crisi di governo è surreale come una novella di Pirandello. Pulsioni represse o troppo urlate talvolta suscitano gesti estremi. Ne rimane esempio l’auto-evirazione del teologo Origene di Alessandria (185-254 d. Cr.). Oppure precipitano nel ridicolo, come insegna “La Giara” di Luigi Pirandello: duello tra il facoltoso don Lolò Zirafa e il conciabrocche Zi’ Dima Licasi, finito nello scorno del “proprietario” e lo spasso degli abbacchiatori di olive. Il balzo dalla razionalità all’assurdo nasce dal travisamento della realtà, dalla contrapposizione tra i “fatti” e la loro “narrazione”. È quanto da troppo tempo accade in Italia, un Paese uscito sconfitto e umiliato nella Guerra dei Trent’anni del secolo scorso (1914-1945).
Le tre Italie e il mito del “sorpasso”
Letteratura a parte, esistono tre Italie: quella legale, la reale e l’immaginaria, frutto di manipolazioni deformanti. In tempi procellosi, quali i presenti, l’unica vera rimane quella legale, fondata sulla Costituzione e sulle norme che direttamente ne discendono o che, pur essendo antecedenti, non vennero abrogate. Vi è poi l’Italia reale, che si esprime attraverso le consultazioni elettorali e il plebiscito quotidiano di fiducia nelle istituzioni, certificato dal fatto che, sotto il profilo dell’ordine pubblico e della coesistenza tra cittadini, tuttora il Paese è tra i più quieti d’Europa. Non ha nessuna Catalogna (e non ne sente alcun bisogno). Tra culto dei santi e salutismo pagano non ha conflitti di religione, né linguistici, né razziali. È un’Italia che tira a campare. Alle elezioni politiche del febbraio 2013, che registrarono l’alba del Movimento 5 Stelle, votò il 75% degli aventi diritto. In quelle del marzo 2018 i votanti scesero, ma di poco: 73%. I Grillini schizzarono al settimo cielo. La Lega avanzò, ma senza esagerare. Il resto è noto. Alle elezioni degli eurodeputati, il 26 maggio 2019, in molte circoscrizioni la Lega svettò, il M5S fletté, come anche il PD e Forza Italia. Ma in quell’occasione alle urne andò appena il 54,5% degli aventi diritto. L’esito non rappresentò il paese reale. Votò il 58% nel Nord-Ovest, il 67,30% nel Nord-Est, il 53% al Centro, il 52% al Sud e appena il 37% nelle isole. Il partito più votato fu quello radicato nell’Italia settentrionale. Avanzò anche altrove. Ma la sua vittoria straripante è nella narrazione molto più che nei fatti. Lo stesso vale per le repliche alle elezioni di consigli regionali, caratterizzate da modesta affluenza alle urne e con esiti complessivi che non motivano affatto l’urgenza di nuove elezioni politiche. Al contrario, il Paese ha bisogno di raccoglimento, di una pausa di riflessione, di tornare dall’esasperazione dei toni al confronto razionale, basato sulla consapevolezza dei propri “confini” (che sono anche i suoi “limiti”).
Poiché qualche cosa la Storia insegna, va ricordato che il 17 giugno 1984, nelle elezioni degli europarlamentari, si registrò l’agognato “sorpasso” della Democrazia cristiana da parte del Partito comunista italiano: 33,3% contro 33% (27 deputati contro 26). Un cataclisma? Quel successo nacque dall’emozione per la morte improvvisa di Enrico Berlinguer. Alle amministrative dell’anno seguente la DC
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http://www.pensalibero.it/hic-et-nunc-paese-legale-reale-immaginario/
SCIENZE
Dopo la carne vegetale sta per arrivare il pesce farlocco. Sulle nostre tavole entro la primavera del 2020
19 agosto 2019 – Attilio Barbieri
Dopo la carne vegetale sta per arrivare il pesce senza pesce. A servirci a tavola la nuova bufala vegana è una società californiana, la Impossible Foods, che ha già creato un brodo vegetale al sapore di acciuga, utilizzato per preparare la paella, ma è destinato a insaporire il fish burger il cui arrivo sul mercato è atteso per i primi mesi del 2020. Ma solo insaporire, perché la consistenza ai finti prodotti ittici deriverà invece da una proteina di lievito geneticamente modificato che già è servita a replicare la consistenza, il gusto e l’ aroma della carne bovina per l’ Impossibile Burger.
Dopo la carne vegetale sta per arrivare il pesce senza pesce. A servirci a tavola la nuova bufala vegana è una società californiana, la Impossible Foods, che ha già creato un brodo vegetale al sapore di acciuga, utilizzato per preparare la paella, ma è destinato a insaporire il fish burger il cui arrivo sul mercato è atteso per i primi mesi del 2020. Ma solo insaporire, perché la consistenza ai finti prodotti ittici deriverà invece da una proteina di lievito geneticamente modificato che già è servita a replicare la consistenza, il gusto e l’ aroma della carne bovina per l’ Impossibile Burger.
La società californiana, a differenza del più noto concorrente Beyond Meat, non è quotata in Borsa e per ora non ha intercettato il fiume di denaro piovuto sul competitor che al Nasdaq di New York è passato dai 25 dollari della quotazione ai 236 del 28 luglio, con un balzo dell’ 844%, ma ha un programma a dir poco ambizioso. Entro il 2035 Impossible Foods
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