NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
23 LUGLIO 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Ci sono effettivamente molti uomini
che leggono per non dover pensare.
GEORG Ch. LICHTENBERG, Osservazioni e pensieri, Einaudi, 1966, pag. 91
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
EDITORIALE
Unicredit: primo tassello della strategia di sequestro dei risparmi italiani
Manlio Lo Presti – 23 luglio 2019
Chiuso il gioco dei quattro cantoni comunitario per il quale le poltrone sono andate alle persone previste, a dispetto del mutato quadro politico esistente in molti Paesi europei.
Un cambiamento elettorale del tutto ignorato dalle alleanze esistenti nel parlamento europeo, alleanze che hanno fatto scelte che – ancora una volta – non tengono in alcuna considerazione le urla di una popolazione europea sofferente con oltre 100.000.000 di disoccupati e martellata da una immigrazione volutamente caotica che importa i cosiddetti migranti MA SOLO QUELLI CHE POSSONO PERMETTERSI DI SCUCIRE OLTRE 3.000 EURO A PERSONA!
Quelli morenti nelle savane africane o nei combattimenti dei Balcani o in Tibet, le popolazioni sterminate dalle 26 guerre regionali organizzate dal Nobel per la pace Obama non interessano nessuno: sono solo problemi e costi da affrontare per salvarli, mentre i paganti hanno fatto incassare oltre 12.000.000.000 di euro nella passata “gestione”. Ecco perché il deep state de’ noantri continua a martellare l’attuale maggioranza, con l’aiuto del vaticano, della francia, della germania, delle ong, delle strutture c.d. umanitarie internazionali, ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.
La fallimentare ministra della difesa germanica e fedelissima esecutrice degli ordini della Merkel ha riferito che controllerà il nostro Paese millimetro per millimetro, ma non ha parlato di cosa farà ai francesi che hanno una percentuale di debito pubblico superiore a quella italiana.
La posizione francese, nettamente peggiore della nostra, non ha fatto scattare la procedura di infrazione all’Italia, perché poi sarebbero stati costretti a colpire la francia che fa parte dell’asse infernale franco-tedesco A TRAZIONE ISRAELO-USA
La nuova direttrice della BCE è la passiva e zelante esecutrice degli ordini della francia.
Il nuovo presidente del parlamento europeo di origine italiana ma contro l’Italia è appartenente ad un partito di opposizione prossimo al 4 percento e nel suo discorso ha parlato SUBITO di immigrazione incondizionata, totale, continuativa, ininterrotta, ovviamente con il primo approdo in Italia che hanno tentato di assoggettare brutalmente minacciata da una procedura di infrazione che non sarebbe stata mai attivata per non colpire i francesi che – va ribadito – stanno peggio di noi!
In Grecia vince un politico già altissimo esponente bancario internazionale, che ha il palese compito di demolire il Paese con una determinazione e una ferocia spietata nettamente superiori rispetto ad un predecessore meno “tutelato” dai poteri forti europei.
Per l’Italia, continua l’attuazione della distruzione finale già prefigurata nel piano della cabina di regia europea:
1) svendita del totale delle aziende all’estero;
2) requisizione dei risparmi italiani che, da soli, hanno una entità superiore al doppio del totale di tutti quelli dell’intera Europa;
3) con la scusa della diminuzione del debito pubblico nazionale, imporre una tassa patrimoniale altissima. Molti italiani non reggeranno l’urto e ci saranno svendite massive di beni immobiliari che saranno razziati da finanziarie nordeuropee, gestite da una antica razza abilissima e dedita da secoli alla forsennata crematistica tramite il saldissimo secolare controllo di banche ed istituzioni finanziarie mondiali. La eliminazione del patrimonio immobiliare italiano è un vecchio pallino della merkel che in varie occasioni ha dichiarato apertis verbis che
il debito pubblico italiano
è quasi pari al totale del valore del patrimonio immobiliare italiano.
Si tratterebbe quindi di una partita di giro!
La vicenda di Unicredito è il punto di partenza del punto 2 e cioè la requisizione dei risparmi italiani tramite fusioni ed acquisizioni rese inevitabili dalla solita ed infernale logica del FATE PRESTO!
Gli accorpamenti saranno infranazionali e quindi le banche tedesche a corto di risparmi possono fondersi con istituti italiani ricchi di depositi che confluirebbero nelle nuove entità bancarie.
Unicredito gestisce almeno il 40 percento della raccolta in Italia per un importo che sfiora i 1.800.000.000.000 (milleottocentomilamiliardi) di euro. Una massa titanica di danaro che andrebbe a stabilizzare i collassi delle banche germaniche!
Il totale del risparmio italiano è circa di 4.128 mila miliardi!
Gli strapagatissimi e potentissimi e servilissimi esponenti della ex banca centrale, il controllore delle borse, i partiti, i singoli politici, i magistrati contabili e quelli ordinari, i servizi segreti nazionali non alzeranno un dito.
P.Q.M.
TUTTO È ORGANIZZATO E PREVISTO DA MOLTO TEMPO …
Smettiamola di far finta di niente!
Ne riparleremo …
IN EVIDENZA
Unicredit: è arrivato il momento della fusione con Commerzbank?
Luca Fiore – 26 Aprile
La fine del fidanzamento tra Deutsche Bank e Commerzbank fa tornare d’attualità il possibile matrimonio della seconda banca tedesca con UniCredit. L’istituto guidato da Jean Pierre Mustier ha già un piano.
Il fallimento delle trattative per il matrimonio tra Deutsche Bank e Commerzbank (Saltata la fusione Deutsche Bank-Commerzbank) non ferma il processo di consolidamento europeo, anzi.
Se per Commerzbank si torna a parlare di una fusione con la nostra UniCredit, il n.1 di DB, Christian Sewing, non ha perso tempo per precisare che il gruppo intende giocare un ruolo attivo nella complessa partita che definirà gli equilibri del settore nei prossimi anni.
“Mi aspetto ancora un consolidamento bancario in Europa nei prossimi anni enon voglio solo guardare, voglio essere attore”, ha detto il manager nel corso di un’intervista concessa alla testata Bild.
Secondo i ben informati, Deutsche Bank sarebbe pronta a consolarsi tramite un accordo tra la sua divisione di asset management (Dws) e competitor come Ubs, Allianz e Amundi.
Oggi l’istituto con sede a Francoforte ha fatto sapere di aver chiuso il primo trimestre con un utile in aumento a 201 milioni di euro, al di sopra dei 130,5 milioni stimati dagli analisti, ma di aver tagliato la guidance sul fatturato 2019 (Deutsche Bank: utile batte le stime ma pesa taglio guidance).
UniCredit-Commerzbank: si inizia a fare sul serio?
Come era logico attendersi, lo stop alle trattative tra i due istituti tedeschi ha fatto tornare d’attualità il terzo incomodo: UniCredit (Unicredit – Commerzbank, matrimonio (im)possibile? Cosa dicono gli esperti).
Secondo i rumor riportati dal quotidiano “La Stampa”, l’istituto guidato da Jean Pierre Mustier punterebbe ad entrare nella partita.
Nello specifico, la banca di Piazza Gae Aulenti avrebbe intenzione di fondere Commerzbank con la HypoVereinsBank (Hvb), la banca tedesca già controllata dal gruppo italiano e fortemente radicata nel ricco sud della Germania.
L’operazione, rilevano gli esperti, avrebbe senso da punto di vista industriale: Unicredit è ben radicata nel segmento corporate, Commerzbank spicca invece nell’asset management e nella clientela retail.
“Abbiamo sempre detto che l’Europa ha bisogno di banche più grandi ma anche
Continua qui:
https://www.money.it/Unicredit-Mustier-vuole-fusione-Commerzbank
La Francia falsifica i documenti per rimandare i migranti in Italia
Le accuse choc a Parigi: “Sui fogli nomi e storie inventate”. Respinti anche migranti trovati a Marsiglia: “Si stanno ripulendo la Francia“
Giuseppe De Lorenzo Costanza Tosi – 20/07/2019
Le procedure sono procedure. E se un Paese amico fa le cose per bene, non ci sarebbe motivo di dubitarne. Tuttavia, i saggi sanno che in politica fidarsi è bene, ma non farlo è pure meglio. Anche se di mezzo c’è la Francia.
Già, perché a quanto pare pur di respingere quanti più migranti possibili in Italia, i nostri cugini non si fanno problemi ad aggirare le norme o a taroccare i documenti.
Dal lontano 2015 Parigi gestisce una sorta di “muro invisibile” al confine tra Ventimiglia e Mentone. Solo negli ultimi dodici mesi ha rispedito nel Belpaese qualcosa come 18.125 immigrati. E ogni giorno continua a mettere in atto riammissioni e respingimenti facendo leva sulla sospensione dell’accordo di Schengen prorogata (nel silenzio dell’Ue) ben oltre il limite dei due anni. Niente di assurdo, per carità. Anzi: la Francia fa quello che – a giudicare dalle elezioni – anche gli italiani desiderano. Ovvero sbarrare i luoghi d’ingresso ai clandestini. Solo che mentre i “porti chiusi” di Salvini indignano l’Europa intera, nessuno s’infiamma per le saracinesche calate da Macron o per i trucchetti della polizia d’Oltralpe (guarda il video).
VIDEO QUI: Così la Francia falsifica i documenti per mandare i migranti in Italia
Vediamo cosa accade. Quando Parigi trova un irregolare alla frontiera può “respingerlo” in Italia. Si tratta di una procedura molto rapida: i gendarmi pizzicano i clandestini sui treni e li portano a Ponte San Luigi. Qui li trattengono in container senza cibo né acqua, gli danno un foglio chiamato refus d’entré e poi li rimandano indietro. Tutto nella norma. O quasi.
L’obiettivo della polizia francese, infatti, è quello di cacciare oltre confine i migranti prima possibile (guarda il video). E per riuscirci svolgono le pratiche in maniera più che sbrigativa, a volte calpestando i diritti degli stranieri. Facciamo qualche esempio. Per identificare gli immigrati si basano su un paio di domande (nome, cognome ed età) senza approfondire le indagini. E se fosse un profugo? Se fosse in fuga dalla guerra? Pace. E ancora: i refus d’entré dovrebbero essere firmati dagli agenti specificando nome e grado, ma in quasi tutti i documenti appaiono solo scarabocchi e poco più. Infine, molti migranti hanno denunciato l’impossibilità di presentare richiesta di asilo: i poliziotti li ignorerebbero, evitando così di doversi far carico della domanda di protezione. Bel vantaggio. “Alla maggior parte delle persone – spiega Emilie Pesselier, di Anafè – viene solo consegnato il refus d’entre e vengono rimandati in Italia“.
Di aneddoti su espedienti poco ortodossi ne esistono a bizzeffe. Capita pure che fermino gli stranieri ben oltre la frontiera e, violando gli accordi, provino a rispedirli a Ventimiglia. Le norme affermano che per giustificare il respingimento debbano beccare il clandestino al confine e presentare una “prova” della sua provenienza dall’Italia. Cosa fanno invece i transalpini? “A volte prendono un biglietto del treno Venitimiglia-Metone e lo danno in mano al migrante“, ci rivela un poliziotto italiano impegnato al confine. Poi ovviamente i nostri agenti domandano loro se sono davvero stati presi sul convoglio (come scritto sui documenti francesi) e “rispondono che erano già a Marsiglia“. Cioè a tre ore d’auto dalla frontiera. Un piccolo trucco con cui “si stanno ripulendo la Francia“. A discapito del Belpaese.
VIDEO QUI: Migranti, gli abusi della Francia: “Chiusi in container senza cibo”
L’inventiva francese non ha limiti. “Quando ci presentano i documenti – aggiunge
Continua qui:
Figli rubati, le urla strazianti del bambino strappato ai genitori
13, luglio, 2019
Dovrebbe essere Tempio Pausania
Le urla strazianti di un bambino
Continua qui:
Censura PD
Luca Donadel 3 07 2019
Non avendo più argomenti, l’ultima trovata del PD è minacciare di querela chiunque li critichi e faccia satira.
Inoltre, vorrebbero che Facebook e Twitter rimuovessero non solo fake news e minacce di violenza (cosa che condivido e che ritengo giustissima), ma qualsiasi contenuto a loro non gradito per “tutelare la corretta informazione e la libertà degli utenti”. Insomma, un creativo modo per dire censura.
I meme contro di loro sarebbero, cito testualmente, “campagne orchestrate da un centinaio di account fake o bot che vogliono destabilizzare la nostra democrazia”!
Caro Francesco Boccia, io non sono un fake, bot o un “hacker russo”, ho sempre messo nome, cognome e faccia in ogni mio lavoro senza nascondermi dietro ad un nickname.
E lo stesso vale per le centinaia di migliaia di persone che mi seguono, i loro profili
Continua qui:
https://www.facebook.com/173039623067797/posts/874605772911175/
Una tv russa parla della cospirazione pedofila in Italia e di Bibbiano
Lisa Stanton – 3 luglio 2019
Tutte queste teorie cospirazioniste secondo le quali di Bibbiano e di PDofilia non si parla sulle TV.
Se ne parla, se ne parla…
In una TV russa, ma se ne parla!
30 giugno 2019
Итальянская полиция раскрыла шокирующее дело о массовом насилии над несовершеннолетними ради извлечения выгоды. В банду входили детские психологи, соцработники, судьи и даже мэр коммуны Биббьяно. Подкупленные врачи убеждали детей в том, что над ними в семье совершено сексуальное насилие. Использовались как психологические методы внушения, так и электрический ток: https://www.1tv.ru/n/367790
La Polizia Italiana ha rivelato uno scioccante caso di violenza di massa nei confronti dei minori a beneficio del profitto.
Nella banda sono stati inseriti nella banda gli psicologi, gli assistenti sociali, i giudici e persino il sindaco del Comune di Bibbiano.
I medici che sono stati comprati hanno convinto i bambini che la violenza sessuale è stata commesso su di loro in famiglia.
Sono stati utilizzati sia i metodi psicologici della nipotina che il tok elettrico: https://www.1tv.ru/n/367790
‘Angeli e Demoni’, Silvana De Mari: “il sistema è marcio, omertà mafiosa nauseante”
4, luglio, 2019 – Silvana De Mari
Nemmeno noi che scriviamo di orchi avremmo potuto immaginare quello che sta succedendo in Italia. Immaginiamo una nazione dove il 99% dei chirurghi siano persone perbene che fanno amputazioni solo perché necessario, perché c’è la gangrena. E ora immaginiamo che in quella nazione c’è un 1% di chirurghi che si divertono ad amputare arti sani, per allenarsi o per denaro o per odio al corpo sano. Possiamo affermare che quella nazione ha un sistema chirurgico completamente marcio.
L’essere umano è potenzialmente feroce. I sistemi sani prevedono che tra i propri componenti possano esistere malvagi e predispongono controlli perché non possa succedere che i malvagi facciano vittime. In Italia questo non è stato fatto col sistema di assistenza ai minori. Tutto il sistema è marcio. Se anche le mele marce fossero 5%, anche fossero solo l’1%, il solo fatto di aver consentito queste mele marce, aver costruito un sistema senza controlli, dimostra che il sistema è marcio.
In tutti casi se anche un genitore fosse colpevole è un errore gravissimo allontanare il bambino dal suo ambiente, dall’altro genitore dai nonni dei cugini dalla scuola. L’allontanamento, lo sradicamento del bambino deve essere solo l’ultima ratio per casi limite.
È la prima scelta in troppi casi. La casa è disordinata, inadatta a ospitare un minore: non è una ragione valida. Queste persone spostano i bambini come se fossero pedine sulla scacchiera.
Fatti come quelli del Forteto o quello di Bibbiano
dimostrano che il sistema che si occupa di bambini è senza controlli.
In entrambi casi nessuno di quelli
Continua qui:
Da Wikipedia si toglie la voce su Angeli e Demoni?
E noi pubblichiamo il nostro archivio completo.
Eccolo:
di jeannedarc il 9 Luglio 2019 PUBBLICAZIONE CHE RIPETEREMO CONTINUAMENTE
Come noto, da Wikipedia è sparita la voce relativa al caso Bibbiano (“Angeli e Demoni”).
Radio Spada pubblica di seguito il suo archivio completo sulla vicenda, con notizie riportate e altre totalmente esclusive, che non troverete altrove:
Reggio Emilia, bufera sui servizi sociali: arresti per un sindaco PD, psicologi, medici…
La Onlus degli affidi è la stessa del caso “bassa modenese”?
Affidi illeciti Reggio Emilia, non solo soldi ma ideologia LGBT dietro menzogne e violenza
Affidi Reggio Emilia: militanza gay per riprogrammare i bambini?
‘I miei bimbi a mia moglie e alla nuova compagna. Gli ass. soc. mi deridevano’
Così hanno portato via i miei figli
Continua qui:
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Cane cammina per 200 chilometri nella foresta siberiana per tornare dalla proprietaria che l’aveva abbandonato
CRISTINA INSALACO 22 Luglio 2019
Una femmina di Bullmastiff ha percorso 200 chilometri, in una foresta siberiana piena di orsi e lupi, per ritornare dalla sua proprietaria che l’aveva respinta. Il quattro zampe si chiama Maru e ha un anno. La sua proprietaria l’aveva abbandonata perché diceva di essere allergica ai cani, e l’aveva messa su un treno della linea Trans-Siberiana per farla tornare al canile nel quale era nata.
Ma la cagnolina a un certo punto è scappata dal treno mentre il mezzo – diretto a Novosibirsk – ha fatto tappa alla stazione di Achinsk. «Maru, dopo aver avuto un attacco di panico ed essere stata male per la mancanza della proprietaria, ha aperto la porta con le zampe – raccontano – ed è saltata giù». Lo staff che lavorava sul treno ha provato a cercarla ma senza successo, e una donna,
Continua qui:
BELPAESE DA SALVARE
BILANCIO DEMOGRAFICO NAZIONALE
Comunicato stampa
3 luglio 2019
Dal 2015 la popolazione residente è in diminuzione, configurando per la prima volta negli ultimi 90 anni una fase di declino demografico. Al 31 dicembre 2018 la popolazione ammonta a 60.359.546 residenti, oltre 124 mila in meno rispetto all’anno precedente (-0,2%) e oltre 400 mila in meno rispetto a quattro anni prima.
Il calo è interamente attribuibile alla popolazione italiana, che scende al 31 dicembre 2018 a 55 milioni 104 mila unità, 235 mila in meno rispetto all’anno precedente (-0,4%). Rispetto alla stessa data del 2014 la perdita di cittadini italiani (residenti in Italia) è pari alla scomparsa di una città grande come Palermo (-677 mila). Si consideri, inoltre, che negli ultimi quattro anni i nuovi cittadini per acquisizione della cittadinanza sono stati oltre 638 mila. Senza questo apporto, il calo degli italiani sarebbe stato intorno a 1 milione e 300 mila unità.
Nel quadriennio, il contemporaneo aumento di oltre 241 mila unità di cittadini stranieri ha permesso di contenere la perdita complessiva di residenti. Al 31 dicembre 2018 sono 5.255.503 i cittadini stranieri iscritti in anagrafe; rispetto al 2017 sono aumentati di 111 mila (+2,2%) arrivando a costituire l’8,7% del totale della popolazione residente.
Nel 2018 la distribuzione della popolazione residente per ripartizione geografica resta stabile rispetto agli anni precedenti. Le aree più popolose del Paese sono, come è noto, il Nord-ovest (vi risiede il 26,7% della popolazione
Continua qui:
UFFICIALE: LA MAFIA NIGERIANA METTEVA I NIGERIANI SUI BARCONI GRAZIE A PD E ONG
Maurizio Blondet 16 Luglio 2019
La Corte d’Assise di Agrigento ha condannato a 24 anni di carcere il nigeriano Gift Deji, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di clandestini, sequestro di persona e violenza sessuale.
Deji avrebbe fatto parte di un’organizzazione criminale che organizzava i viaggi dei clandestini dalle coste libiche all’Italia e avrebbe gestito il ghetto in cui i clandestini venivano richiusi e torturati (pagavano per mettersi nelle mani degli scafisti della Mafia Nigeriana) prima della partenza per la Sicilia. Altri due componenti della banda qualche mese fa sono stati condannati in abbreviato all’ergastolo.
Insomma:
la mafia nigeriana metteva i propri uomini sui barconi e li mandava in Italia. Ne ha inviati 100mila con il PD al governo.
E questi sconsiderati indagano sui ‘fondi russi’.
Dal 2013 ne hanno scaricati in Italia quasi 100mila, quasi tutti arrivati sui barconi: è come se avessimo traghettato un esercito ostile in Italia.
Fino al 2013, anno in cui il Pd ha preso in mano il governo da solo, i nigeriani non erano nemmeno tra le prime dieci nazionalità di ingresso. Poi il boom. In un crescendo che ne ha portati nel 2017 quasi 30 mila in un solo anno. Come se volessero accelerare questo trasferimento in vista dell’arrivo di un nuovo governo.
Ma nessuna procura si è mai sognata di indagare su questo.
Se fosse un processo, l’accusa evidenzierebbe il fatto che per favorirne la permanenza in Italia, dopo averli traghettati, la stessa parte politica aveva inventato una nuova figura di asilo, la ‘protezione umanitaria’, fatta su misura per i nigeriani: che non fuggendo da alcuna guerra, non avrebbero potuto essere accolti.
Accuserebbe poi il Pd di averlo fatto per rifornire le Coop del partito di clienti a spese dei contribuenti. Un accusa particolarmente brillante, potrebbe poi sostenere che lo strano aumento di nigeriani sui barconi, coinciso con l’inizio dell’operazione Mare Nostrum fortemente voluta dal Pd, non sia stata casuale: possibile che il Pd abbia svenduto la sicurezza dei cittadini ‘solo’ per arricchire le coop? O c’era dietro dell’altro?
Detto più chiaramente: qui abbiamo un’organizzazione criminale che vuole trasferire in Italia migliaia di propri soldati, dall’altra parte abbiamo un governo che organizza una sorta di servizio taxi dalla Libia all’Italia, a cui poi si unisce quello privato delle Ong, tutte dai finanziamenti opachi: cui prodest?
Fatto sta che, alla fine, l’esercito della mafia nigeriana è stato trasferito
Continua qui:
CONFLITTI GEOPOLITICI
Abbiamo un compito gigantesco, non ci resta molto tempo
Noam ChomskyHarrison Samphir – 20 Luglio 2019
Superata la boa dei 90, Noam Chomsky ci fa ancora dono delle sue intuizioni. Eccolo qui a parlare di cambiamento climatico, impero statunitense, antisemitismo, Venezuela e molto altro
Dalle aggressioni climatiche alla diffusione dell’estrema destra in tutto il mondo, fino alla rinnovata proliferazione di armi nucleari, le minacce all’ambiente naturale e alle istituzioni democratiche sono sempre più evidenti, accompagnate da un tangibile senso di crisi. Ma malgrado cambiamenti così repentini, l’opera di Noam Chomsky rimane indispensabile per capire la politica globale e le sue sfumature, spesso tralasciate dai media ufficiali.
Oltre ai contributi rivoluzionari nel campo delle scienze cognitive e della linguistica, il grande pubblico conosce Chomsky soprattutto come critico spietato della politica estera statunitense, del modello propagandistico dei mass media occidentali e, più recentemente, dell’impatto crescente del cambiamento climatico di origine antropica. Oggi, all’età di novant’anni, Chomsky continua a insegnare, scrivere, tenere lezioni e, incredibilmente, a rilasciare una gran quantità di interviste. I suoi ultimi libri includono Global Discontents: Conversations on the Rising Threats to Democracy(Penguin, 2017), Requiem for the American Dream The 10 Principles of Concentration of Wealth & Power (Seven Stories Press, 2017), e Why Only Us: Language andEvolution (MIT Press, 2016).
Di recente, Harrison Samphir ha incontrato il famoso filosofo dissidente, e insieme hanno parlato di cambiamento climatico, Venezuela, Iran, antisemitismo, impero statunitense e molto altro ancora. La loro conversazione è stata trascritta ed editata per maggior chiarezza.
HS: Le stime della National Oceanic and Atmospheric Association (Noaa) suggeriscono che, se le emissioni resteranno quelle di oggi, per il 2100 il livello dei mari sarà aumentato di oltre due metri. Questo avrà effetti irrimediabili su molte delle persone più povere e vulnerabili del pianeta. Pensi che ci sia modo di evitarlo?
NC: Se dovesse succedere qualcosa del genere, il disastro avrebbe delle dimensioni quasi imponderabili, e sarebbe certo più grave – come dici tu – per le persone povere e vulnerabili, ma abbastanza orribile anche per il resto della società. E questa non è la proiezione più minacciosa che abbiamo a disposizione. Ci stiamo sinistramente avvicinando alla quota di riscaldamento globale di 125 mila anni fa, quando il livello dei mari era di 6-9 metri più alto di oggi, e il rapido scioglimento del ghiaccio antartico minaccia di colmare il divario, probabilmente con un’accelerazione non lineare, come suggeriscono recenti studi.
Se c’è una possibilità di evitare una simile catastrofe? Senza dubbio. Ci sono proposte valide e ben strutturate; il lavoro che l’economista Robert Pollin ha fatto per il Green New Deal è il migliore che conosco. Ma il compito che abbiamo di fronte è gigantesco, e non ci resta molto tempo. La sfida sarà enorme, anche se gli stati si impegnassero a vincerla. E alcuni lo sono. Ma è impossibile ignorare che lo stato più potente della storia umana è nelle mani di quella che può essere accuratamente descritta solo come una gang di super-criminali dediti a correre appassionatamente verso il baratro.
È difficile persino trovare le parole adatte a immortalare l’entità dei crimini che stanno contemplando. Un esempio piccolo ma significativo è rappresentato dal documento di 500 pagine sull’ambiente prodotto dalla National Highway Traffic Safety Administration di Trump, che chiede di cancellare i nuovi standard per le emissioni di autoveicoli. Poggia su una base solida. Lo studio prevede che per la fine del secolo la temperatura sarà salita di 4 gradi centigradi. Le emissioni delle automobili non incidono poi tanto, e dato che la partita è pressoché persa, perché non divertirci un po’ finché possiamo – suonando il violino mentre il mondo brucia.
È difficile trovare le parole per commentare una cosa del genere – e infatti è passata senza fare rumore.
La mentalità della leadership influenza l’opinione del Partito repubblicano, i cui membri generalmente non considerano il cambiamento climatico un problema particolarmente serio. In realtà, ricopre un rango particolarmente basso tra i problemi cruciali della popolazione in generale (e la crescente minaccia di una guerra nucleare, la seconda minaccia all’esistenza umana, nemmeno figura nei sondaggi).
HS: In un recente articolo su Vox, Mary Annaïse Heglar del Natural Resources Defense Council commenta: «La convinzione che questa enorme minaccia all’esistenza umana avrebbe potuto essere sventata se solo tutti noi avessimo ottimizzato le nostre abitudini di consumo non è solo assurda, è pericolosa. Trasforma l’ambientalismo in una scelta individuale, definita come peccato o virtù, condannando coloro che non riescono o non possono sostenere questa linea etica». Come possiamo superare il frame neoliberista, incentrato sulla volontà consumistica, e andare verso un modello che, ad esempio, metta sotto accusa le cento aziende responsabili del 71% delle emissioni globali?
NC: Non possiamo contare sulle forze di mercato. La scala temporale è tutta sbagliata. È necessaria un’azione molto più drastica. Coloro che sono più responsabili della distruzione dell’ambiente possono essere imbrigliati da meccanismi di regolamentazione che in principio sono già disponibili, e dovrebbero essere posti sotto controllo democratico. Ma la questione non è
Continua qui:
https://jacobinitalia.it/abbiamo-un-compito-gigantesco-non-ci-resta-molto-tempo/
CULTURA
IL SOGNO DELLA LUNA
di Dalmazio Frau – 22 LUGLIO 2019
Ci hanno voluto far credere a un futuro scintillante e lucido di superfici cromate, silicio e plastica controllato da gigacomputer parlanti. Era il sogno delle stazioni lunari al ritmo di valzer di Strauss, dove tutto era perfetto tranne il fallito tentativo di “uccidiamo il chiaro di luna” gridato nel 1909 dai Futuristi.
Il futuro in realtà è questo nostro presente più simile a quello immaginato da Ridley Scott nel suo Blade Runner, sporco e difettoso, piegato sotto un clima impazzito e in una società multietnica che non quello levigato e asettico di Stanley Kubrick in 2001: Odissea nello spazio. Nessun futuro più di questo ci rimanda al passato, al mito, alla leggenda perché di quelle si nutre l’anima dell’uomo.
Oggi, mezzo secolo dopo, tutti ricordano l’allunaggio in quella lunga notte, complottisti da Capricorn One o fideisti in Neil Armstrong non ha importanza, quello che conta è che Selene, la luna, l’anomalia del nostro sistema solare sia sempre lì da tempo immemore. Dal viaggio di Luciano di Samosata, a quello di Astolfo e di Cyrano de Bergerac, quella sfera lucente è il segno dell’andare oltre dell’uomo che, come Ulisse, va in cerca della conoscenza anche a costo del “folle volo”.
Poeti, musicisti, pittori, scrittori, a tutti loro “l’incostante luna” ha mostrato il proprio volto senza veli, aggiungendo mistero a mistero, ancora oggi quando soltanto pochi vedono su di essa la figura di Caino, il
Continua qui:
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Attacco hacker contro l’intelligence russa, enorme furto di informazioni riservate: «Vi abbiamo trollato»
22 LUGLIO 2019
Il Federal Security Service della Federazione Russa è stato vittima dell’attacco di un gruppo anonimo di hacker
Dagli Stati Uniti all’Italia si parla di presunte infiltrazioni russe negli affari politici nazionali, ma questa volta è Mosca a essere stata vittima di un attacco.
La società informatica SyTech, fornitrice dei servizi segreti russi dell’Fsb, Federal Security Service of the Russian Federation, è stata vittima di un attacco informatico da parte di un gruppo anonimo di hacker, che avrebbero sottratto circa 7,5 terabyte di informazioni riservate, secondo quanto ricostruito da Bbc Russia.
Gli hacker hanno poi lasciato sul sito la faccina di Yoba, un meme che in Russia significa: «Vi abbiamo trollato».
Tra i documenti trafugati, condivisi con alcuni organi di stampa, vi sarebbero le prove di un progetto che punta a togliere la versione che consente di navigare in anonimo il Tor browser (strumento informatico che nasconde l’identità di chi naviga), uno per la raccolta di informazioni dai social media e un ultimo che riguarda la separazione della rete Internet russa dal network globale.
Quest’ultima è un’iniziativa nota da tempo, dopo che a febbraio di quest’anno Mosca ha approvato delle leggi per dotare il Paese di un proprio Internet parallelo.
L’Fsb è una delle principali agenzie d’intelligence al mondo, insieme all’Fbi
Continua qui:
Abbiamo smantellato la rete della Cia: l’Iran annuncia l’arresto di 17 spie Usa
“Alcuni sono stati condannati a morte e altri a lunghe pene detentive”, ha detto alla stampa il capo del controspionaggio del ministero dell’Intelligence
22 luglio 2019
Teheran apre un altro fronte nel braccio di ferro con l’Occidente. Dopo il sequestro della petroliera britannica nello stretto di Hormuz il governo iraniano annuncia di aver “spezzato” la rete di intelligence americana nel paese.
Le autorità iraniane hanno annunciato oggi di aver arrestato 17 persone, molte delle quali sono state condannate a morte, nell’ambito dello smantellamento di una “rete della Cia” annunciato a giugno. In pratica, secondo Teheran, si tratterebbe di spie addestrate dagli 007 americani. “Alcuni sono stati condannati a morte e altri a lunghe pene detentive”, ha detto alla stampa il capo del controspionaggio del ministero dell’Intelligence iraniano. “Le spie che abbiamo identificato lavoravano come appaltatori o consulenti in centri sensibili nonche’ in settori privati associati a questi centri”, ha affermato un funzionario della sicurezza interna citato dall’agenzia di stampa ufficiale Irna.
Intanto Teheran fa sapere di aver aperto un’inchiesta sulla petroliera Stena Impero con l’accusa di aver urtato un peschereccio. La nave è a Bandar Abbas, mentre Londra si dice pronta a una risposta ‘ponderata ma forte’ se non sarà rilasciata insieme all’equipaggio. ‘Grave preoccupazione’ anche dell’Ue. L’Arabia Saudita in serata rilascia una petroliera iraniana bloccata a Gedda da due mesi e mezzo. Israele rafforza l’allerta delle sue navi.
Il parlamento iraniano ha dato il suo sostegno alla cattura, venerdi’ sera, da parte della Guardia rivoluzionaria della petroliera britannica “Stena Impero”, il cui arresto ha causato una crisi diplomatica tra Teheran e Londra. “Gli inglesi hanno commesso un atto di pirateria e abbiamo risposto”, ha detto il portavoce del parlamento Ali Larijani. I deputati hanno anche preparato una dichiarazione di sostegno e ringraziamento per l’azione della Guardia rivoluzionaria nello Stretto di Hormuz, che e’ stata finora firmata da 160 parlamentari. Un membro della Commissione per l’energia del Parlamento, Yalal Mirzai, ha detto che spera che “l’atto del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione abbia trasmesso il messaggio agli inglesi di non poter agire contro gli standard internazionali”. Su twitter il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif aveva bollato il sequestro della petroliera iraniana Grace il 4 luglio scorso a Gibilterra come “atto di pirateria”. L’ex comandante della Guardia rivoluzionaria, il generale Mohsen Rezai, aveva scritto che l’Iran non cerca il conflitto “, ma che certo “non mancherà di compiere atti di ritorsione”
Ora il portavoce del Consiglio dei guardiani dell’Iran, Abbas Ali Kadkhodaei viene citato dall’agenzia semi-ufficiale Fars e ripreso dalle agenzie britanniche a riprova della tesi della ritorsione. Kadkhodaei descrive il sequestro di venerdì come legale “azione reciproca”. Il consiglio commenta raramente su questioni statali, ma quando lo fa è visto come un riflesso del capo supremo Ayatollah Ali Khamenei. Il consiglio lavora a stretto contatto con Khamenei, che ha l’ultima parola su tutti gli affari di stato.
La velocita’ delle indagini sulla petroliera con bandiera britannica arrestata venerdi’ dall’Iran “dipendera’ dalla cooperazione dell’equipaggio”, ha detto Allah-Morad Afifipour, direttore generale dell’Autorita’ portuale e Provincia di
Continua qui:
mai subito dai servizi russi, anche se nessun segreto di stato è stato rivelato.
DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
L’Italia non c’è, l’Europa trova una prima intesa sui migranti
Al vertice di Parigi Macron porta a casa l’adesione di 14 Stati al principio per cui i profughi vanno redistribuiti. Salvini da Roma: è stato un flop
22 Luglio 2019
PARIGI. Attacca il ministro dell’Interno Matteo Salvini, assente “ingiustificato” alla riunione informale di Parigi sui migranti e raccoglie l’adesione di 14 Stati Ue ad un “meccanismo di solidarietà” per ripartire le persone salvate in mare, con un’indicazione indigesta per il titolare del Viminale: lo sbarco deve avvenire nel porto più vicino. Il presidente francese Emmanuel Macron illustra la sua soluzione sul dossier migranti, aprendo ad un nuovo scontro con l’Italia. La replica di Salvini? La riunione “è stata un flop” e “noi non prendiamo ordini da Macron”.
Le posizioni erano cristallizzate: da una parte l’asse Parigi-Berlino con una bozza di documento che apriva alla redistribuzione tra i Paesi europei dei migranti soccorsi, fermo restando che questi ultimi devono sbarcare nel
Continua qui:
ECONOMIA
La fotografia del risparmio in Italia. I numeri
Infodata – 9 gennaio 2018
Un popolo tartassato dalla pressione fiscale, sempre sul piede di guerra per i balzelli e che gioca ogni singola campagna elettorale sulle tasse, non si è accorto che nel 2017 ha “pagato” sui risparmi una tassa occulta di oltre 10 miliardi di euro chiamata inflazione. La propensione degli italiani a tenere i soldi “sotto il materasso” o sul conto corrente, dove le famiglie hanno la bellezza di 1.329 miliardi di euro secondo i dati della Banca d’Italia, nel 2017 ha prodotto proprio questo: un balzello occulto, causato dalla perdita di
Continua qui:
https://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/01/09/la-fotografia-del-risparmio-italia-numeri/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Unicredit, apocalisse alle porte
2 anni fa RILETTURA
Il salvataggio di Banca Etruria, Banca delle Marche, Popolare di Ferrara e Carichieti che ha distrutto i risparmi di migliaia di ignari risparmiatori? Una passeggiata. L’aumento di capitale di Banca Popolare di Vicenza che ha distrutto 6 miliardi di valore in un anno? Niente di speciale. Siamo impazziti? Proprio noi che da sempre segnaliamo, con toni anche aspri, le criticità e le fragilità del sistema bancario italiano adesso diciamo che le più gravi crisi bancarie degli ultimi 30 anni non sono state così gravi.
In effetti è così, se le confrontiamo con quello che sta succedendo in Unicredit. Questo perché noi di Mercati24 non abbiamo paura di niente e di nessuno, quando dobbiamo parlare, parliamo. E questo giusto per rispondere a chi, nei commenti a questo articolo sulle magagne di Banca Popolare di Bari ci aveva accusato di essere teneri con le grandi banche e feroci con le piccole. Siamo feroci con tutti perché il nostro obiettivo è da sempre quello di difendere i diritti del trader o del risparmiatore.
Ma perché la situazione di Unicredit è così grave? Unicredit è la seconda banca italiana ed è sull’orlo dell’apocalisse. Letteralmente. Giusto per riassumere la situazione, diciamo subito che per rimettere in sesto Unicredit servirebbero almeno 9 miliardi di euro. Il problema è che nessuno ha 9 miliardi di euro da buttare dentro Unicredit, anche perché sicuramente non sono sufficienti a mettere in salvo la banca in maniera definitiva. Quindi chi si dovesse sacrificare, mettere una mano al portafoglio e un’altra sul cuore, si troverebbe a dover ripetere l’operazione, forse già nel giro di un anno.
Ma andiamo con ordine e proviamo a raccontare la storia di questa banca: una storia italiana, in tutti i sensi, che potrebbe avere un finale drammatico per tutto il Paese e potrebbe anche esporre ad un salvataggio bancario milioni di italiani.
La gestione Profumo
Possiamo dire che Unicredit ha imboccato la strada dell’apocalisse fin dall’inizio, fin da quando l’allora CEO forgiò la Banca aggregando realtà italiane, a partire dal Credito Italiano e da Banca di Roma, e tedesche. La banca crebbe velocemente, è inutile ricordare tutte le aggregazioni e le acquisizioni, e Profumo divenne l’alfiere della finanza Ulivista, politicamente schierata senza pudori. Il gigante, però, aveva i piedi di argilla.
I dipendenti erano (e sono) troppi, mal organizzati, pagati in maniera eccessiva e con una bizzarra organizzazione del lavoro. Pensiamo ad un esercito composto da generali e colonelli, dove per caso di tanto in tanto si trova un soldato semplice che può andare in trincea a fare la guerra. Avevamo raccontato la storia dell’esercito di generali in questo articolo e ovviamente ci siamo dovuti sorbire la solita sequela di attacchi e offese. Ma ci siamo abituati e ormai quasi non ci facciamo più caso.
In questo contesto, il management spinse in modo forsennato per aumentare la redditività della Banca con metodi che possiamo definire al limite della legalità e che, in alcuni casi sanzionati dalla magistratura, questo limite lo hanno più che abbondantemente superato. Giusto per fare un esempio, pensiamo a Divania, florida azienda barese, che venne coinvolta da Unicredit in operazioni con derivati estremamente opache tanto che il tribunale civile di Bari ha appena condannato Unicredit a risarcire Divania con 12 milioni di euro. Peccato però che Divania nel frattempo è fallita con la conseguente distruzione di moltissimi posti di lavoro, distruzione ancora più dolorosa tenendo conto dello stato di prostrazione economica dell’area barese.
In ogni caso la gestione Profumo terminò non tanto per la sua malagestione ma perché si trasformò in una specie di lacchè dell’allora dittatore libico Gheddafi che entrò in forza nel capitale della banca. Fondazioni come CRT o Carimonte e i soci tedeschi mal digerivano infatti che per garantire il suo personale potere Profumo si era messo direttamente a 90 gradi, obbediente alle richieste del feroce dittatore libico. In effetti, Profumo poteva fare quello che voleva, ma doveva evitare di umiliare in questo modo la seconda banca italiana.
Il dopo Profumo
Dopo la defenestrazione di Profumo la situazione non migliorò di molto: non si è mai avuto il coraggio di incidere in una situazione di sprechi faraonici, sovrapposizioni di filiali frutto delle aggregazioni, dipendenti costosi e poco efficienti (la parola lavoratori, per questi dipendenti, sarebbe eccessiva).
E poi arrivò la crisi.
Una banca ben gestita, con i conti a posto, un equilibrio di gestione e un costo del lavoro adeguato, avrebbe potuto superare la crisi con qualche doloretto ma senza danni. Unicredit non era in queste condizioni. Ma per i primi anni, nascondere la polvere sotto il tappeto nel più puro stile italiano, fu semplice. I clienti fallivano (alcuni come nel caso di Divania, vennero fatti fallire per derivati capestro proprio dalla stessa Unicredit, ma non sottilizziamo) o iniziavano a non restituire i prestiti. Le sofferenze quindi, salivano in maniera esponenziale e oggi siamo arrivati alla somma mostruosa di 79 miliardi di crediti in sofferenza.
Prima di procedere, fermiamoci. 79 miliardi di sofferenze, 79 miliardi prestati da Unicredit che molto probabilmente saranno recuperati solo in piccola parte. Anche a voler immaginare che si riesca a recuperarne il 20%, significa
Continua qui:
https://www.mercati24.com/unicredit-apocalisse-alle-porte/
Deutsche Bank: le condizioni (improbabili) di Unicredit-Commerzbank
Gli analisti fanno due conti su un merger reso possibile dalla pulizia dei conti di Unicredit e dal rialzo del titolo (+17,7%) da gennaio. L’operazione migliore è su carta e vede il Cet1 ratio salire dal 12,25% al 12,7% con un balzo dell’Mda buffer. E un un netto miglioramento dell’eps (+26%), oltre ad una cedola più alta
di Elena Dal Maso – 19 luglio 2019
Deutsche Bank ha scritto un report di una cinquantina di pagine su Unicredit , dedicando un ampio approfondimento al capitolo M&A, ovvero alla possibilità di acquisire il secondo gruppo tedesco, Commerzbank . Nei mesi scorsi si sono moltiplicate le voci di un interesse del gruppo guidato dal ceo, Jean Pierre Mustier, per Commerzbank e altre dell’interesse del governo tedesco per far sposare la banca, in difficoltà a macinare utili con i tassi negativi, agli italiani. Poi le acque si sono acquietate, lo stesso Mustier ha ribadito di stare preparando il nuovo piano industriale da presentare alla comunità finanziaria a fine anno.
Intanto Unicredit continua a fare pulizia negli Npl sia in Italia che nell’Est Europa e sta preparando con gli advisor una revisione del perimetro di gruppo, in modo da separare il più possibile le attività in Germania (Hypovereinsbank) con un beneficio sul lato del funding a basso costo. Gli analisti di Deutsche Bank sanno che, in mancanza di una normativa europea sull’M&A finanziario, che andrebbe a riconoscere sinergie e benefici specifici nelle operazioni transazionali, i merger sono difficili da eseguire. Ma oggi Unicredit ha comunque molte carte nel mazzo a suo favore per poter muovere su Commerzbank . A beneficio dei conti e anche della solidità patrimoniale.
La soluzione migliore è un’acquisizione 100% su carta che tiene conto del rialzo segnato dal titolo da inizio anno, ovvero il 17,7% a 11,68 euro per azione, con una capitalizzazione di mercato di 25,98 miliardi di euro, mentre Commerzbank vale 7,92 miliardi di euro al Dax di Francoforte. I rapporti sono di 0,5 volte il prezzo/valore di libro di Unicredit contro le 0,3 volte di Commerzbank .
Alla base dei calcoli c’è il riconoscimento di 20,371 miliardi di avviamento negativo (badwill), considerato un fattore probabile ma non scontato, oltre a sinergie di costo per 413 milioni di euro nel 2019, 1,238 miliardi nel 2020 e 2,064 miliardi nel 2021. Queste voci però trovano il contrappeso dei costi di integrazione, stimati in 3,096 miliardi di euro. L’80% dei quali però deriva dagli stipendi. Gli analisti prevedono un taglio del 18% della forza lavoro pari a 11.600 persone, che però riceverebbero 200/250mila euro a testa per
Continua qui:
Unicredit e il destino delle banche europee
Vincenzo Comito – 25 Aprile 2019
Il destino di Unicredit si lega alla crisi delle tedesche Commerzbank e Deutsche Bank e alla possibile fusione con Société Générale. La punta dell’iceberg del riassetto del sistema bancario europeo e mondiale.
Unicredit al centro dell’attenzione
Non capita di frequente che delle banche italiane si parli con molto rilievo nella stampa internazionale, se non in occasione di possibili crisi delle stesse. Ma in queste settimane le vicende di Unicredit sono state al centro dell’attenzione del mondo politico e finanziario europeo ed oltre; e questo, oltre che per la pesante multa comminata dagli Stati Uniti alla banca (alcune delle cui filiali, in particolare quella tedesca, avrebbero infranto le sanzioni all’Iran e ad altri Paesi), anche per il suo interesse all’acquisizione della tedesca Commerzbank e/o (non è chiaro) per una possibile fusione con la francese Société Générale, nonché infine per una possibile multa che potrebbe essere comminata all’istituto dalla Commissione Europea per una supposta violazione delle norme antitrust, sempre da parte della filiale tedesca (la violazione avrebbe peraltro interessato anche altre sette banche del nostro continente).
Partendo in particolare dalle citate ipotesi di fusione, si può cercare di sviluppare qualche ragionamento più ampio intorno allo Stato e alle prospettive delle grandi banche del nostro continente.
L’ipotesi di acquisizione
L’Unicredit, come del resto più in generale il sistema bancario italiano, sono usciti da poco da una grave crisi. A suo tempo l’istituto aveva avviato una strategia di grande espansione all’estero, in Europa e nel resto del mondo, che era arrivata a toccare anche le lontane steppe dell’Asia centrale; tali sviluppi (insieme alla crisi economica del nostro Paese, con i conseguenti grandi strascichi di crediti inesigibili), avevano condotto dei gravi guasti nei bilanci aziendali, mentre l’istituto, solo da poco, è tornato alla normalità attraverso un durissimo piano di ristrutturazione ed un fortissimo aumento di capitale.
Ora, appena risanato, esso non vede apparentemente l’ora di cacciarsi di nuovo nei guai; questa è in effetti almeno la seconda volta che si parla di assorbimento della Commerzbank (ma dietro Unicredit c’è la fila di almeno altre tre-quattro grandi banche europee, ansiose anch’esse di conquistare il suolo tedesco e di crearsi dei nuovi problemi).
Parallelamente si sussurra anche, come già accennato, di una sua possibile fusione “tra eguali” con la francese Société Générale (che intanto sta mandando a casa 1600 addetti), se si può mai usare veramente tale espressione quando ci sono di mezzo i cugini transalpini, che non amano in generale le coabitazioni non guidate da loro, come hanno mostrato ancora nelle scorse settimane i problemi della fusione Luxottica-Essilor.
Concentrandoci sulla questione della Commerzbank, bisogna sottolineare intanto che ci troviamo di fronte ad un paradosso, quello di un Paese come la Germania che vede il proprio sistema industriale marciare da molti anni molto bene ed un sistema finanziario invece che è da tempo sostanzialmente a pezzi.
Delle tre grandi banche a capitale nazionale presenti nel Paese dodici anni fa, la Dresdner -in crisi- era stata a suo tempo assorbita proprio dalla Commerzbank. Ora, sia la stessa Commerzbank che la Deutsche Bank sono in rilevante difficoltà e il governo ha pensato bene di fonderle: ma due debolezze faranno poi una forza?
I problemi dell’ipotesi di fusione e la crisi finanziaria del 2008
L’ipotizzata fusione è comunque soggetta a dubbi e critiche su diversi fronti, strategico, economico, organizzativo, finanziario, in patria e all’estero e sembra incontrare in questo momento rilevanti difficoltà ad andare avanti anche sul fronte politico. Ecco allora l’Unicredit pronta a eventualmente subentrare nel varco, progettando di fondere l’istituto con la sua Hypovereinsbank, creando così un grande raggruppamento tra banche “tedesche”, raggruppamento in cui l’Unicredit avrebbe circa il 30% del capitale, sufficiente comunque ad assicurarle il controllo.
Ma i politici locali accetteranno mai una cosa simile, anche se i due istituti tedeschi- fusi in uno solo- avrebbero apparentemente una rilevante autonomia operativa rispetto alla casa italiana? Si tratterebbe in ogni caso, di una grande banca tedesca, che sarebbe controllata, ahimè, da gente del Sud.
Al di là del caso specifico, ci sembra che nessuno si ricordi più della crisi finanziaria del 2008; eppure, sono passati solo poco più di dieci anni dal suo scoppio, scoppio cui le grandi banche internazionali diedero a suo tempo un grande contributo, con le conseguenze drammatiche che essa ha poi portato con se.
Questi raggruppamenti non solo hanno come conseguenza dei costi sociali enormi, tra l’altro con decine di migliaia di possibili licenziamenti, in particolare per la sovrapposizione negli stessi territori di più filiali, nonché per le funzioni doppie esistenti nei loro servizi centrali; essi danno anche luogo a delle strutture ingestibili, difficili e comunque molto lente da unificare; il tutto è poi normalmente fonte certa di ulteriore instabilità finanziaria.
Da un altro punto di vista bisogna ricordare che il valore in borsa dei titoli delle banche europee è oggi spesso solo una modesta frazione di quello del loro capitale netto contabile, mentre comunque tale valore è, negli ultimi mesi, sceso ancora di parecchio; questo indica come il mercato finanziario diffidi molto della loro situazione e delle loro prospettive.
In effetti la crisi Commerzbank-Deutsche Bank appare solo la punta dell’iceberg, il caso più evidente, di grandi istituti europei che si trovano in una situazione economica e strategica per molti versi piuttosto difficile.
Il confronto delle banche europee con quelle statunitensi
Ma, a questo punto, molti analisti mettono in dubbio l’analisi critica che guarda alle troppo grandi dimensioni delle banche del nostro continente come ad un male rilevante, partendo dal fatto che i grandi istituti statunitensi hanno delle dimensioni più grandi e che parallelamente essi sono molto più redditivi.
Così, di recente, la European Banking Authority, in una sua rassegna del marzo 2019, ha indicato che negli ultimi tre mesi del 2018 il ritorno medio sul capitale delle principali 190 banche europee è stato del 6,5%, mentre negli ultimi quattro anni esso ha oscillato tra il 3,3% ed il 7,3%. Tali cifre indicano dei risultati ben inferiori a quelli ottenuti dalla banche statunitensi, che possiamo collocare in media su rendimenti intorno al 12%; le analisi mostrano risultati migliori di queste ultime rispetto a quelle del nostro continente anche su altri importanti indicatori di risultato (The Economist, 2019).
A cosa sono dovute tali differenze?
Intanto le banche statunitensi, come già accennato, sono più grandi di quelle europee; questo per le maggiori dimensioni degli Stati Uniti, mentre in Europa abbiamo delle banche ancora abbastanza legate ai singoli paesi di origine. In questo senso in teoria si dovrebbero creare molte più fusioni tra gli istituti dei singoli Paesi, come abbiamo accennato prima.
Tra le cause del divario si registra poi anche la presenza di mercati più competitivi in Europa, situazione cui contribuisce la presenza di molte banche piccole e aggressive, molto consolidate sul territorio.
Come sottolinea poi di recente sempre l’Economist (The Economist, 2019), dopo lo scoppio della crisi le banche statunitensi furono rapidamente obbligate dal governo a ricapitalizzarsi, mentre quelle europee hanno molto tardato a farlo.
Inoltre, le banche europee hanno da una parte costi troppo elevati e dall’altra
Continua qui:
http://sbilanciamoci.info/unicredit-e-il-destino-delle-banche-europee/
TRA FANTAPOLITICA E FANTAFINANZA I “FONDI” AGGREDISCONO LEGALMENTE LO STATO
di Ruggiero Capone – 19 luglio 2019
Il 9 novembre del 2015 il Corriere della Sera scrive “Hillary Clinton è la più amata da Wall Street”: il quotidiano di via Solferino dimostra (documenti alla mano) che la Clinton è stata la più finanziata dalle società quotate in Borsa.
Fine maggio 2019, chi vi scrive viene invitato da un amico ad una cena romana informale ma riservatissima (si è costretti ad omettere ospite e partecipanti). In quei giorni del 2019 si parlava ancora del viaggio di Steve Bannon in Italia, del perché l’influente americano avesse voluto incontrare i partiti nazionalisti e populisti, le frange anti-euro, i nemici italiani dell’asse franco-tedesco.
Ma torniamo alla cena, dove lo scrivente (gioviale e loquace) s’è imposto di ascoltare, di essere più riservato ed amorfo d’un geco aggrappato a secolari mura. I presenti non lasciavano trapelare alcuna emozione o smorfia d’empatia. C’erano anche delle donne molto fini e rigorosamente accompagnate. I cocktail degni d’un circolo riservato a pochi e la cucina sobria ed internazionale. Si fa la conoscenza (per presentazione) d’un newyorkese longilineo e dinoccolato. S’inizia discutendo di vertenze internazionali e si finisce per parlare di finanza, banche, poteri bancari europei e planetari. Il tipo sorride e non nasconde di conoscere recondite verità dei giochi finanziari che sottendono la vita e la morte di governi ed economie. Si è al cospetto di un “ingegnere finanziario” che ha lavorato per BlackRock, la multinazionale dell’investimento con sede a New York che gestisce un patrimonio di oltre seimila miliardi di dollari (più di duemila investiti in Europa). BlackRock è il più grande investitore nel “real estate”, nelle case di lusso: 70 uffici in 30 Paesi. Per il suo potere BlackRock è stata definita “la più grande banca ombra del mondo”: nel suo foglio informativo (disponibile anche sul web) vengono riportate le società di capitale che partecipano BlackRock, ma sono nomi ed acronimi che non dicono nulla, l’unica certezza è che a tirarne le fila sarebbe il patto d’affari tra le famiglie Rockefeller, Rothschild e George Soros.
Di certo sappiamo che in BlackRock c’è anche Atlantia: la società per azioni che ha le mani sulle autostrade italiane e che oggi mira a fare propria Alitalia e domani (magari) anche le Ferrovie. Durante la conversazione l’ospite ci racconta di aver lavorato con il dirigente di BlackRock che, a fine 2011, telefonava a Mario Monti consigliandolo di seguire i dettami delle agenzie di rating: i proprietari di queste ultime sono gli stessi fondi sovrani (BlackRock è proprietario del rating). Ed il tipo ci confessava che i fondi agiscono sui governi per controllare (seguire) il proprio investimento. Si obiettava che questo agire non è propriamente democratico, e perché non tiene conto del bene comune, delle volontà del popolo. L’esperto newyorkese sottolineava che, un anno prima della campagna elettorale di Hillary Clinton, George Soros aveva selezionato (tramite il suo fondo “Quantum strategic partners”) gli ingegneri finanziari che avrebbero gestito il più esclusivo tra i fondi d’investimento: una sorta di “Black hole” (appelliamolo così) il fondo criptato dell’Nwo (acronimo di new world order) in cui investirebbero i gruppi
Continua qui:
L’INDIPENDENZA DELLE BANCHE CENTRALI E LA DEMOCRAZIA
Andrea Zhok – 3 luglio 2019
Come ci spiegano stimati economisti, una Banca Centrale indipendente dalla politica è assai importante per un’oculata gestione delle finanze.
Si tratta di un punto notoriamente assai discutibile.
Ma le cose cambiano sensibilmente se guardiamo alla Banca Centrale Europea, a tutt’oggi l’unico organismo esecutivo europeo realmente sovrano, capace di imporre le proprie decisioni senza il consenso delle nazioni componenti.
Non esistendo alcuna unità politica che possa governare le decisioni della BCE, qui l’indipendenza è tassativa, perché l’alternativa sarebbe la dipendenza da una nazione particolare o da lobby private, creando asimmetrie e condizioni egemoniche dagli esiti catastrofici.
Ecco, una volta chiarito questo punto mi pare opportuno richiamare, a testimonianza dell’evidente indipendenza dalla politica e dalle lobby private della neonominata presidente della BCE, la seguente lettera.
Si tratta di una lettera inviata da Christine Lagarde (condannata nel 2016 per negligenza in frode finanziaria), all’allora presidente francese Nicolas Sarkozy (oggi sotto processo per corruzione).
“Caro Nicolas, molto brevemente e rispettosamente.
1) Sono al tuo fianco per servirti e per servire i tuoi progetti per la Francia.
2) Ho fatto del mio meglio e ho potuto fallire periodicamente. Te ne chiedo scusa.
3) Non ho ambizioni politiche personali e non desidero diventare un’ambiziosa servile come tanti di quelli che ti attorniano
Continua qui:
https://www.facebook.com/100005142248791/posts/1256363591211704/
La Baoshang Bank è la Lehman Brothers Cinese?
23 Luglio 2019 DI F. WILLIAM ENGDAHL
williamengdahl.com
In fin dei conti, il moderno sistema bancario a riserva frazionaria è un gioco basato sulla fiducia. Finché i prestatori o i depositanti sono convinti che la loro banca sia solvibile, tutto funziona. Se la fiducia si rompe, questo porta storicamente al panico bancario, a prelievi di denaro massicci e precipitosi ed anche al fallimento a catena di un sistema finanziario, o peggio. Il fallimento inatteso, a fine di maggio, di una piccola banca Cino-mongola, la Baoshang, ha improvvisamente attirato l’attenzione sulla fragilità del sistema bancario più vasto e più opaco del mondo, quello della Repubblica Popolare Cinese. L’occasione è scelta molto male, dato che la Cina è alle prese con un netto rallentamento economico interno, un aumento dell’inflazione dei prezzi alimentari e delle incertezze legate alla guerra commerciale degli Stati Uniti.
A fine maggio, per la prima volta da tre decenni, la Banca Popolare Cinese (PBOC) e gli organismi di controllo statali di regolazione delle banche hanno preso il controllo di una banca insolvente. L’hanno fatto pubblicamente e con l’evidente obiettivo di mandare un messaggio alle altre banche affinché controllino i rischi legati ai prestiti. In questo modo forse hanno dato il via al fallimento a catena di uno dei sistemi bancari più grandi, più opachi e meno regolamentati al mondo: le banche regionali e locali di Cina, poco regolamentate, a volte chiamate banche parallele. Gli attivi totali delle piccole e medie banche cinesi sono stimati essere più o meno uguali a quelli di quattro giganti banche di stato, le quali però sono regolamentate, tanto che una crisi che si allarghi partendo dalle “banche parallele” potrebbe avere delle brutte conseguenze. È la ragione evidente per cui Pechino è intervenuta così rapidamente per circoscrivere il fallimento della Baoshang.
La Baoshang Bank aveva tutte le apparenze della buona salute. Il suo ultimo resoconto finanziario pubblicato nel 2017 indicava un utile di 600 milioni di dollari per il 2016, delle partite attive di circa 90 miliardi di dollari e meno del 2% di prestiti irrecuperabili. Lo shock della insolvibilità ha creato una crisi di credibilità crescente sul mercato dei prestiti interbancari della Cina, un po’ come nei primi momenti della crisi interbancaria dei prestiti ipotecari sub-prime negli Stati Uniti nel 2007. Questo ha obbligato la PBOC a iniettare miliardi di yuan, fino ad ora l’equivalente di 125 miliardi di dollari, e a emettere una garanzia su tutti i depositi bancari per circoscrivere le premesse di una crisi sistemica più estesa. Ma vi sono degli indicatori che la crisi è ben lontana dall’essere terminata.
Il problema è che la Cina, nel corso di una trentina di anni, ha lanciato uno degli sforzi di costruzione e di modernizzazione più impressionanti nella storia dell’umanità: intere città, decine di migliaia di chilometri di ferrovia per i treni ad Alta Velocità, automatizzazione dei porti per container, come nessun altro paese aveva mai fatto nella storia; e tutto questo a debito. L’efficacia di questo debito dipende dunque da un’economia i cui profitti non cessino di crescere. Ma se comincia anche una sola contrazione dello sviluppo, le conseguenze saranno incalcolabili.
Ora che l’economia rallenta (ed alcuni parlano anche di un periodo di recessione), dovunque nel paese gli investimenti a rischio si trovano improvvisamente di fronte all’insolvenza. I prestatori di tutti i tipi rivalutano i rischi di nuove aperture di credito. Il settore dell’automobile è fortemente in ribasso in questi ultimi mesi ed anche altre industrie. Peggio ancora, una grave epidemia di peste africana decima l’enorme popolazione porcina della Cina e questo ha per conseguenza un’inflazione dei prezzi degli alimentari di circa l’ 8%. In questo contesto, la Banca Centrale di Cina per paura di accendere una nuova bolla finanziaria, fa coraggiosamente di tutto per evitare di ricominciare ad emettere moneta, perché questo creerebbe maggiore inflazione e indebolirebbe il Renmimbi.
Un altro tallone di Achille è la dipendenza della Cina dai mercati finanziari mondiali, in ragione di un debito che si valuta in migliaia di miliardi di dollari, nel momento in cui diminuiscono le entrate in dollari delle esportazioni. E questo anche prima che avesse inizio la guerra dei dazi doganali americani. Se la Cina fosse stata isolata dall’economia mondiale come negli anni 1970, lo Stato avrebbe potuto semplicemente regolare i problemi all’interno, cancellare i prestiti insolubili e riorganizzare le banche.
Il modello cinese del debito
Fondamentalmente il modello di credito cinese è differente da quello dell’Occidente. La moneta, il Renminbi, non è ancora liberamente convertibile. Il controllo della moneta non è nelle mani di banche centrali indipendenti private come la FED negli Stati Uniti o la BCE nell’Unione europea. È invece nelle mani della Banca Popolare Cinese (PBOC), che appartiene interamente allo Stato e che risponde al comitato centrale del Partito Comunista.
I più grandi conglomerati industriali non sono imprese private, ma imprese di Stato, comprese le quattro più grandi banche mondiali, la più grande impresa di costruzione ferroviaria del mondo e alcune società petrolifere giganti. Da un certo punto di vista, questo dà un immenso vantaggio alla Cina: quando lo Stato ordina, l’esecuzione è immediata. Le ferrovie e le autostrade sono costruite senza ostacoli. D’altro canto, in un sistema centralizzato di pianificazione o di comando, quando gli ordini sono sbagliati, posso ingigantire gli errori.
Attualmente, da più di due anni, Pechino sì preoccupa chiaramente del modo in cui può correggere l’esplosione incontrollata dei “prestiti fuori bilancio” o dei prestiti delle “banche parallele” nell’insieme dell’economia. Dopo la crisi della Lehman Brothers nel 2008, la Cina ha finanziato un numero allarmante di progetti di costruzione per ammodernare quello che fino a 40 anni fa era uno dei paesi più poveri al mondo, impedire la contrazione dell’economia e quindi l’esplosione della disoccupazione e dei disordini sociali. Dal 2013 ha aggiunto alla sua lista di spese l’ambiziosa iniziativa “La Cintura e la Ruota”, in parte per sostenere il ritmo di crescita dell’industria dell’acciaio e delle infrastrutture cinesi, via via che l’economia interna si avvicinava alla saturazione.
Con la crisi mondiale della Lehman nel 2008 Pechino ha gonfiato questo debito come nessun altro paese nella storia. Dal 2009, la massa monetaria cinese è aumentata di circa il 400% ovvero di 20.000 miliardi di dollari (133.000 miliardi di Yuan) mentre il prodotto interno lordo annuale della Cina è aumentato di soli 8.400 miliardi di dollari. In linea di principio questo non è sostenibile a lungo. Si può dunque supporre che oggi all’interno di questa espansione monetaria enorme, si trovino più di una banca Baoshang insolvibili. A questo stadio intanto, dato che la capacità di controllo finanziario è ancora ai suoi primi passi, nessuno, neanche Pechino, conosce i rischi reali di contagio.
Rischi interbancari non quantificati
Il problema dei prestiti che è sottinteso a queste cifre, è che il credito emesso da quelle che noi chiamiamo le “banche parallele” (quelle banche di piccola e media taglia poco regolamentate e che non appartengono al gigantesco sistema bancario statale) è poco controllato e ora deve affrontare i mancati rimborsi e i fallimenti a causa dei prestiti ad alto rischio. Il fallimento della Baoshang Bank ha improvvisamente attirato l’attenzione di tutti su questi rischi.
Le grandi banche esitano a continuare i loro prestiti alle piccole banche con l’intermediazione del mercato interbancario, e questo fa salire il tasso di sconto. È poco probabile che le garanzie date dalla Banca Centrale cinese secondo la quale il caso della Baoshang sia “isolato” rassicurino i prestatori. Bloomberg stima che nei primi 4 mesi del 2019, le imprese cinesi abbiano fatto fallimento per un ammontare di 5,8 miliardi di dollari in obbligazioni nazionali, ovvero più di 3 volte della media di un anno fa. Le autorità di Pechino, tra le quali la PBOC, fanno chiaramente sapere da mesi che vogliono ridurre i prestiti a rischio accordati dalle banche parallele locali e da altre istituzioni per tenere sottocontrollo la situazione.
In seguito al fallimento inatteso della Baoshang Bank, il mercato dei prestiti interbancari cinesi è improvvisamente in crisi. Non sappiamo ancora se le autorità di Pechino prenderanno provvedimenti sufficienti per calmare la crisi o se
Continua qui:
https://comedonchisciotte.org/la-baoshang-bank-e-la-lehman-brothers-cinese/
GIUSTIZIA E NORME
LA RIVOLUZIONE FALLITA DI BORRELLI E LE SUE CONSEGUENZE
di Arturo Diaconale – 22 luglio 2019
Il capo della rivoluzione giudiziaria non era un rivoluzionario. Francesco Saverio Borrelli si era ritrovato casualmente in mano lo strumento per determinare una svolta autenticamente rivoluzionaria nella storia del secondo dopoguerra italiano cancellando la Prima Repubblica dei partiti e sostituendola con la repubblica fondata sul regime delle toghe “illuminate” e non elette dal popolo. Ma aveva provocato consapevolmente la distruzione dell’assetto politico fondato sulla democrazia parlamentare senza però avere la capacità di passare dal colpo di stato alla instaurazione del nuovo regime di cui aveva gettato le basi insieme al Pool di “Mani Pulite”.
Oggi la scomparsa di Borrelli diventa l’occasione, secondo la consuetudine corrente, per
Continua qui:
Le scienze umane a Bibbiano
(Pubblichiamo volentieri questa riflessione dell’amico Paolo Di Remigio, che parte dai fatti di Bibbiano per discutere su ciò che sono oggi le scienze umane. M.B.)
Paolo Di Remigio – domenica 7 luglio 2019
1.
A Bibbiano, ma in precedenza al ‘Forteto’ vicino Firenze e poi in provincia di Modena, i bambini sono stati strappati ai loro genitori tramite accuse infamanti in particolare nei confronti dei padri e, dopo un lavaggio del cervello perché si rassegnassero al trauma, ma anche senza che si rassegnassero, affidati a nuovi nuclei familiari o a istituti prezzolati. Psicologi, assistenti sociali, giudici hanno calunniato adulti e rubato bambini, per realizzarne le peggiori angosce, per sacrificare le vite di tutti sull’altare del denaro e degli appetiti perversi. L’ampiezza delle reti di complicità, di reticenza e di disattenzione che permette queste spaventose vicende e vi stende il velo dell’omertà dimostra l’esistenza di potenti forze destabilizzanti, animate da un’ideologia che razionalizza l’odio nei confronti dell’istituzione familiare e il cui terreno di coltura è in certi settori delle ‘scienze umane’ – le scienze delle intenzioni: psicologia, sociologia, antropologia.
Poiché rappresentano un costo sociale, le scienze devono giustificare la loro esistenza. Esse dimostrano di meritare i finanziamenti allargando il campo della conoscenza con scoperte utili. Mentre le scienze della natura fanno scoperte utili e non meno utili si mostrano gli strumenti che le hanno consentite, le scienze dell’uomo sono in una situazione molto più difficile. All’uomo l’uomo è molto più trasparente della natura ed è molto difficile aggiungere qualcosa di nuovo e insieme intelligente dopo l’etica di Platone e Aristotele. La ricerca del nuovo si è diretta innanzitutto verso popoli sconosciuti; ma questo campo è essenzialmente esaurito già nel rinascimento; in seguito saranno disponibili soltanto società sempre più piccole, sempre più semplici, e ormai non ce ne sono più da scoprire[1]. La possibilità di scoperta resta invece intatta nell’ambito dell’eccezione, dell’anormalità, della malattia; qui si apre un campo effettivamente sconfinato per la ricerca, perché nel campo dell’umano si danno infinite eccezioni. Le scienze umane più gravide di conseguenze hanno uno stretto legame con le terapie.
Ne deriva una situazione ambigua. La scienza è conoscenza universale: concerne, secondo la determinazione di Aristotele, ciò che accade sempre o per lo più. L’esigenza di universalità a cui neanche le scienze dell’eccezione possono sfuggire le spinge fatalmente ad accreditarsi come scienze di una realtà più profonda della realtà normale e a screditare la realtà normale come realtà superficiale. Una spinta simile si è impossessata fin dall’antichità del platonismo, deformandolo. Di fatto si finisce nell’abolizione del concetto di normalità; esso è diffamato come stereotipo, come sciocco pregiudizio (mentre è evidente che la normalità è essere in salute e non avere bisogno del medico); il normale sarebbe così un modo tra i tanti e neanche il migliore. Se il normale è una forma di anormalità, svanita la differenza tra legge ed eccezione, l’universo intero diventa il regno delle eccezioni, il caos irrazionale che annulla l’idea stessa di scienza. La tendenza a universalizzare l’eccezione può fare delle scienze umane uno strumento di destabilizzazione a disposizione non solo di chi ha interesse alle novità ma anche di chi è attratto dal caos, a volte senza piena intelligenza che la sua realtà effettiva è la violenza sconfinata e impunita sul più debole.
La versione pedagogica delle scienze umane, la ‘scienza dell’educazione’, mostra una particolare incapacità di sottrarsi al destino che incombe sul genere in cui è sussunta. Essa deve produrre novità in un campo in cui non è possibile nessuna novità – se è vero che la scuola antica ha prodotto le basi culturali della nostra civiltà. La disperazione la induce all’audacia di sostenere l’efficacia didattica delle novità tecnologiche, come la radio, il film, la televisione, il computer. I fatti la smentiscono però ogni volta; lavagna e gesso, libro e matita, quaderno e penna restano gli unici strumenti utili a chi impara; le novità tecnologiche, tutte, proprio perché alleviano la fatica intellettuale, sono rovinose per la didattica[2]. – Può anche rivolgersi all’eccezione. Una delle sue innovazioni più rinomate, il metodo globale per insegnare la scrittura ai bambini, riconosciuto ormai come causa della maggior parte delle dislessie, era stata all’origine applicata con successo a bambini sofferenti di patologie severe, solo in seguito applicata insensatamente ai sani; è ovvio infatti che uno strumento di cura è un ostacolo per chi non ha bisogno di cura. – Può perfino offrirsi come strumento alle forze destabilizzanti. Le cricche globaliste che con il consenso del capitalismo avido di lavoro a basso costo sognano di attrarre in Europa milioni di africani e di crearvi una società multietnica hanno potuto contare anche su una collaborazione volenterosa della scienza dell’educazione, che si è impegnata nell’ideare la scuolaveramente inclusiva.
Anziché istituzione che media tra famiglia e società attraverso l’istruzione, la scuola inclusiva è un asilo infantile in cui, svanita l’istruzione, cioè l’acquisizione di conoscenze e abilità intellettuali, si impartisce un’educazionecontro gli stereotipi, ossia un indottrinamento nichilista. Vi si è diffuso quindi il costume di affidare una pluralità di educazioni, all’affettività, all’accoglienza, alla legalità, quella stradale, quella sessuale… a esperti diversi dagli insegnanti, come se l’educazione del fanciullo nella sua pregnanza etica non fosse competenza della famiglia, come se nel campo dell’etica fosse decisivo, e nel caso dell’educazione sessuale esistesse, l’esperto. Per meglio adempiere all’imperativo dell’inclusività, con una reminiscenza di origine terapeutica, la scienza dell’educazione trasforma infine in patologia le difficoltà comportamentali o cognitive che proprio la mancata istruzione ha determinato o almeno amplificato, e introduce procedure che, liquefacendo la determinatezza degli obiettivi didattici, cronicizzano le conseguenze del mancato apprendimento di cui è essa stessa responsabile.
Così nella nuova scuola, mentre gli insegnanti devono cedere lo spazio dell’istruzione all’’educazione’ e ridimensionare la loro didattica sulla base dei referti della scienza dell’uomo, ai genitori è sottratta la sovranità sull’educazione dei loro figli. La scuola inclusiva non solo è strumento del progetto destabilizzante di erodere l’autorità dei genitori e degli insegnanti, essa è anche totalitaria. Infatti, mentre i genitori e gli insegnanti sono individui particolari con il loro limitato sapere e la loro limitata esperienza, e sono riconosciuti come tali, così che le loro decisioni sono per principio criticabili, la scienza dell’educazione, quanto più il suo sapere tutt’altro che consolidato è al servizio di poteri forti, tanto più si accredita come dotata di strumenti sperimentati e al di sopra di interessi particolari, in grado quindi di operare infallibilmente; essa diventa così, anziché fornitrice di dati e ipotesi criticabili da chi ha la responsabilità di operare, un’autorità inesorabile e senza precisi limiti di competenza.
2.
A differenza della medicina che, previa autorizzazione del paziente, conosce e cura con mezzi di probabile efficacia il corpo, dunque un dato che, per quanto intimo, è comunque oggettivo, le scienze umane hanno per oggetto non la cosa, ma l’intenzione degli individui: un dato che non soltanto è mediato dall’individuo, ma che è accessibile soltanto all’intenzione di un altro individuo, del quale è dunque per principio indecidibile quanto sia oggettivo e quanto sia costruzione dell’osservato e dell’osservatore. La verità accessibile alle scienze umane è segnata da una debolezza costitutiva del momento oggettivo. Quando acquisiscono poteri decisionali sulla base di un’inesistente infallibilità, invece di limitarsi a fornire consigli a chi deve decidere sulla base di principi etici, le scienze umane superano di un balzo le stesse prerogative della medicina e assumono il carattere di un progetto totalitario. Al Forteto, a Bibbiano, psicologi ed esperti sociali, dimentichi dei limiti della loro disciplina che va dall’inconscio alla coscienza, per la quale, dunque, non esistono ‘dati’, ‘fatti’ indipendenti dalle soggettività particolari, ma soltanto intenzioni non ostensibili nella loro immediatezza e sempre da interpretare da altre soggettività particolari, hanno assunto la funzione paradossale di ‘giudici onorari’; poiché la loro specializzazione consiste nell’essere interpreti di intenzioni, diventati giudici, non potevano che abbandonarsi alla barbarie di processare le intenzioni e i sentimenti. Così la diagnosi si è trasformata in inquisizione e la terapia in supplizio nella cornice di una nuova caccia alle streghe. Così l’abietta fusione di ὕβϱις conoscitiva e potere giudiziario ha consentito che le istituzioni statali, la cui etica esplicita è la protezione dell’indipendenza delle famiglie, anziché consolidare quelle in difficoltà e favorire in tutti i modi la stabilità del rapporto genitori-figli, cercassero pretesti per distruggerle e per trasformare i bambini in prede.
Quanto la verità universale delle ‘scienze umane’, in particolare della psicologia e specificamente del suo settore da cui vengono gli attacchi più duri alla famiglia e allo Stato, cioè della psicoanalisi, sia condizionata dalla particolarità dei soggetti in causa, quanto in ogni sua applicazione il talento particolare e la moralità del singolo terapeuta, più che l’oggettività della sua teoria, abbiano il ruolo decisivo, quanto quindi non esista propriamente una ‘scienza umana’ definitiva, ma un complesso di conoscenze più o meno incisive nell’intuire le
Continua qui:
OMICIDI PER ATTI GIUDIZIARI
Maurizio Blondet 19 Luglio 2019
FOLLOWFOLLOW @ILARIACAPUA
Ci sono molte vittime di amara giustizia in Italia. Un istante per insozzare la reputazione, anni infiniti per assolvere. La vita personale e professionale stravolta per sempre. Cicatrici e le ferite non andranno mai via. Nessuno le risarcirà, dentro. #Modena #Giustizia
(DA WIKIPEDIA:)
Ilaria Capua (Roma, 21 aprile 1966) è una virologa e politica italiana, nota per i suoi studi sui virus influenzali e, in particolare, sull’influenza aviaria.
È entrata fra i 50 scienziati top di Scientific American.
È stata deputata dal 2013 al 2016, durante la XVII legislatura, eletta nelle liste di Scelta Civica.
L’Espresso, anche allora
Nell’aprile 2014, secondo quanto scritto dal settimanale L’Espresso il 4 aprile 2014, è iscritta nel registro degli indagati per associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati di corruzione, abuso d’ufficio e traffico illecito di virus.
L’indagine coinvolgerebbe in tutto 38 persone, tra cui il Direttore Generale dell’Istituto Zooprofilattico, Igino Andrighetto, i…. oltre al marito della Capua. Il settimanale l’Espresso riporta di una presunta cessione illecita di stipiti virali
Continua qui:
https://www.maurizioblondet.it/omicidi-detti-sentenze/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Unicredit, “allo studio fino a 10mila esuberi”. Tra 2008 e 2018 dipendenti dimezzati: da 174mila a 87mila
Indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg sul nuovo piano atteso per dicembre. Il segretario generale della Fabi: “Se fossero confermate si fa a cazzotti”. Sarebbe solo l’ultimo capitolo a valle di un decennio di sforbiciate alla forza lavoro: in Italia il gruppo dà lavoro a circa 30mila persone contro le oltre 57mila di prima della crisi. L’anno scorso ha fatto 3,8 miliardi di utili
di F. Q. | 22 LUGLIO 2019
Altri 10mila esuberi in arrivo per Unicredit. L’indiscrezione arriva dall’agenzia Bloomberg, che citando persone “vicine al dossier” riferisce che nel nuovo piano strategico quadriennale atteso per dicembre i vertici di piazza Gae Aulenti potrebbero inserire un’altra tornata di forti tagli al personale, sia in Italia sia negli altri Paesi in cui la banca è presente, per ridurre fino al 10% i costi operativi. I numeri sono ancora in fase di revisione e l’istituto non ha confermato né smentito, ma i sindacati hanno già annunciato barricate: “Se queste indiscrezioni fossero confermate stavolta si fa a cazzotti e se serve useremo altro”, ha mandato a dire attraverso l’Ansa Lando Sileoni, segretario generale della Fabi. La sforbiciata alla forza lavoro peraltro sarebbe solo l’ultimo capitolo a valle di un decennio di interventi pesantissimi firmati negli anni della crisi da Federico Ghizzoni e confermati da Jean Pierre Mustier, che guida il gruppo dall’estate del 2016.
Nel precedente piano, quello in scadenza quest’anno, la banca aveva programmato una riduzione totale netta dei dipendenti a tempo pieno di circa 14mila unità. Stando ai bilanci, tra 2008 e 2018 Unicredit ha ridotto il numero di dipendenti nel mondo del 50%, da 174mila a 86.786 unità a tempo pieno. In Italia dà lavoro oggi a circa 30mila persone contro le oltre 57mila di prima della crisi. Di pari passo è crollato il numero di filiali: da 10.200 a 3.815. Nella Penisola sono state più che dimezzate, da 5.053 a 2.466. Nel 2013 e 2016 la banca ha fatto pulizia nei bilanci e aumentato gli accantonamenti su crediti dubbi, registrando rispettivamente perdite per 14 miliardi e per 12 miliardi. Dopo l’arrivo di Mustier però è tornata a macinare utili sopra le attese: 3,7 miliardi nel 2017 (risultato netto non rettificato di 5,5 miliardi) e 3,8 miliardi nel 2018.
Il gruppo guidato da Mustier nelle scorse settimane è uscito definitivamente da Fineco, vendendo sul mercato il restante 18,3% della banca multicanale dopo averne ceduto due mesi prima e con le stesse modalità il 17% per cento. Sabato l’ad, intervistato da Milano Finanza, ha spiegato che “l’efficienza” sarà la leva fondamentale in un contesto di debole crescita economica e di tassi
Continua qui:
Voglio il tuo sudore
Marta Fana – 12 Luglio 2019
Sedici ore di lavoro in cambio di un paio di pasti e un gadget. È quanto offrono gli organizzatori dell’evento balneare di Jovanotti. Un caso paradigmatico
È una fotografia azzeccata, quella del volantino del Comune di Cerveteri Marina in cui si cercano volontari per la raccolta differenziata durante il tour dell’estate: il Jova Beach Party.
È Jovanotti, travestito da Zio Sam, mentre chiede il nostro aiuto, almeno sedici ore di lavoro, in cambio di un panino, una bibita e un gadget.
È l’immagine dell’industria culturale: quella che ogni sera fattura milioni di euro ma non paga i lavoratori, perché ormai chiamati volontari, ragazzi fortunati.
Giorno dopo giorno ci si abitua a non vedere, a non guardare in che modo si produce realmente ciò che abbiamo attorno: che si tratti di barattoli di pomodoro pelato o di mega installazioni su cui si esibiranno le star più o meno del momento. Una rimozione che può avere svariate giustificazioni, ma che prima o poi torna a chiedere il conto, a svegliarci di soprassalto. Così per il prossimo concerto di Lorenzo Jovanotti vengono reclutati volontari per «presidiare i contenitori della raccolta differenziata dislocati sull’area dell’evento e informare le persone su come fare bene la raccolta differenziata». In cambio, niente poco di meno che «accesso all’evento; buono per panino + bibita; maglietta Beach Angels + cappellino; – e dulcis in fundo – assicurazione a copertura di danni personali e a terzi». Il Jova Beach Party aveva già fatto parlare di sé per i rischi presunti o reali causati all’ambiente, considerando che le date si terranno su spiagge o addirittura a Plan de Corones, in Alto Adige. Gli organizzatori hanno cercato di replicare alle critiche sul danno ambientale dell’evento, rimane il nodo della pulizia dei luoghi che gli organizzatori assicurano. Mentre rete e giornali non hanno fatto attendere la propria posizione sulla quesitone ambientale – sacrosanta – ben poco, se non nulla, si è sentito per le condizioni di lavoro di centinaia di lavoratori non pagati perché definiti volontari usati proprio per garantire il rispetto dell’ambiente. Dalle 8 di mattina a fine concerto. E bisogna che ti consideri un ragazzo fortunato a fare 16 ore gratis perché ti hanno regalato un sogno, un panino e un gadget. Neppure i sali minerali per resistere in caso di calo di pressione sotto il sole cocente di un’estate dalle temperature record. Verrebbe da fare ironia se non si trattasse di una situazione talmente seria da non poterci permettere alcun sarcasmo. Pare che in media il costo di produzione di ciascuna data si aggiri attorno al milione e mezzo di euro e facendo due calcoli, con una media di 50 mila spettatori al modico prezzo di 60 euro
Continua qui:
https://jacobinitalia.it/voglio-il-tuo-sudore/
LA LINGUA SALVATA
im-per-ver-sà-re (io im-per-vèr-so)
SIGNAccanirsi con violenza; di fenomeni naturali dannosi, infuriare in maniera violenta; di mode o tendenze, diffondersi in maniera ampia e rapida
composto parasintetico di perverso, con prefisso in- illativo, cioè che indica un movimento verso l’interno.
Questo verbo è usato più comunemente in riferimento all’azione violenta di fenomeninaturali dannosi: imperversa la bufera. Ci sembra normale, ma questo implica, sottotraccia, una sconnessione di significato molto interessante rispetto al nocciolo originale intorno a cui l’imperversare si è formato. Infatti ci porta a trovare un profilo morale in qualcosa che è totalmente amorale, come un evento meteorologico.
Non ci stupisce pensare che l’imperversare debba significare, inizialmente, il diventare perverso. Nel perverso e nel pervertire il prefisso per- gioca un ruolo affascinante, esprimendo una deviazione: questo versatilissimo prefisso, nella sua normale miriade di sfumature che è davvero difficile dominare in un solo sguardo, ci racconta un passaggio attraverso, una continuità insistente, un compimento, ma anche un ‘di là’. È da qui che nasce il ‘per-‘ deviante, che troviamo nel perdere, nel perire (secondo alcuni anche nel perentorio). E se il ‘divertire’ racconta un vertere, un volgere sfarfallante, il ‘pervertire’ descrive un volgere moralmente storto, che traligna.
Finché l’imperversare, come da primo significato, è un accanirsi in maniera violenta, un infierire, un infuriare, l’istantanea della parola che lo fotografa come il momento in cui l’azione entra nel campo della perversione è perfetta, cristallina. Un momento di rabbia capita lecitamente a tutti, e magari lanciamo anche una ciabatta, ma c’è un confine oltre al quale si precipita nell’incrudelire. Così imperversa il capo collerico davanti all’errore avvilendo nell’umiliazione, e il cattivo padrone imperversa contro il suo cane al
Continua qui:
https://unaparolaalgiorno.it/significato/I/imperversare
PANORAMA INTERNAZIONALE
Il carico di droga della MSC Gayane
Lisa Stanton – 13 LUGLIO 2019
Qualche settimana fa 18.000 chili di cocaina per un controvalore di 1,3 miliardi di dollari, sono stati sequestrati su una delle più grandi navi portacontainers in un porto di Filadelfia, dopo essersi fermata in Colombia, Cile, Perù, Panama e Bahamas.
E’ di ieri la notizia che la nave, la MSC Gayane, è di proprietà di JP Morgan ed è stata sequestrata dalle autorità statunitensi. Il sequestro operato sulla Gayane, la portacontainer gestita dalla Mediterranean Shipping Co,
Continua qui:
ref=ARS9hw8FJTkSoOhR3gWUtNsHT3a0ShFB_bxOuY_5nD1nbOSLQ3vJV5X4jUeHLLjmaog&fref=nf
Chi è Mitsotakis
Lisa Stanton – 8 luglio 2019
L’era di Tsipras in Grecia è un necrologio simile a quello di Renzi: gli studiosi di politica in futuro studieranno il fenomeno Syriza come uno dei rari casi di un partito “del vuoto”. Contrariamente ai frequenti malintesi, Tsipras non è un uomo di sinistra: al pari di Renzi, è il vuoto ideologico il suo tratto chiave.
Appellandosi a sinistra mentre governava in coalizione con l’estrema destra, Syriza pubblicava dichiarazioni a sostegno di Maduro mentre il suo governo dopo 2 giorni sosteneva Comunicati europei che condannavano Maduro. Si opponeva al piano di salvataggio mentre lo implementava con rigore, si scagliava contro l’establishment politico, mentre gran parte del suo gabinetto era composto da ex ministri o alti funzionari di PASOK e di Nea Demokratia. Andava in Russia per chiedere sostegno a Putin e poi espelleva i diplomatici russi ed infliggeva un duro colpo agli interessi russi con l’accordo macedone. Dava il “benvenuto” ai rifugiati e poi li torturava tenendoli in condizioni disumane nei campi profughi in modo che altri non si unissero. Ha indetto un referendum per le stesse ragioni per cui ne ha poi annullato l’esito. Unico faro delle sue azioni era rimanere al potere.
C’erano alcuni che credevano al primo governo di Syriza, ma se ne andarono quando capitolò. Erano persone sbagliate, ma credevano in qualcosa, qualunque cosa fosse. Per chi è rimasto, la colla era il potere, nient’altro.
Queste qualità di plastilina di Tsipras lo hanno plasmato e reso così simpatico a Bruxelles. Poteva sostenere qualsiasi cosa e il suo esatto opposto, purché servisse al suo scopo, come faceva Veltroni. Ma il premier, al pari di Gentiloni, non stava servendo uno Stato funzionante ed ha lasciato molte cicatrici nelle precarie Istituzioni greche.
Il suo ragionamento dietro l’accordo macedone era quello di provocare una scissione nell’opposizione, per prolungare la sua permanenza al potere. Sperava che alcuni lo appoggiassero (incluso Mitsotakis, sotto la pressione dell’UE), dividendo così Nea Demokratia tra centro-destra e destra: non ha funzionato. Il culmine della sua volontà di conservare il potere l’ha mostrato chiedendo ai Giudici nominati dal Governo di perseguire l’intera opposizione, accusandola di prendere tangenti da Novartis. Ma sia i testimoni che i pubblici ministeri del caso hanno affermato di esser stati messi sotto pressione per incriminare l’avversario politico, ed il caso è crollato.
Per un italiano, aduso agli abusi del potere giudiziario, forse sfugge la gravità di quanto
Continua qui:
https://www.facebook.com/lisa.stanton111?__tn__=%2CdC-R-R&eid=ARDTIL8Y76xvmJo25LrzjdB2P6Yvw3XKHusztsI9MiMkRfOQVye5CD0-3selfObeGflwWetcTKfdcJwI&hc_ref=ARRCIp2vWrp411Ij9-ZSDYnmQZJqHXC4KId5npd06h65AfbKUF5ZcgOn8oWvWTkqnio&fref=nf
POLITICA
Numero dei parlamentari
Lisa Stanton 13 luglio 2019
Dal Piano di rinascita democratica della Loggia P2, scoperto nel 1981, abbiamo imparato come le élites ritenessero necessaria la riduzione dei parlamentari per ottenere tutto in tempi brevi ed a costi accettabili. Il Piano era il manuale operativo locale del totalitarismo liberale, le cui linee guida globali sono state tracciate nel 1975 in “The Crisis of Democracy”, nel capitolo 3° scritto da Samuel Huntington. Editore era la Commissione Trilaterale.
Huntington spiega come depotenziare i partiti, come ridurre la rappresentanza democratica sia una manna per i Mercati ed i lobbisti, ed un vulnus per il pluralismo, che è il sale della democrazia. Le élites sanno che la democrazia mette in discussione la loro egemonia (parlano di pericoloso “disordine”) e sanno che sono due le forze che danno forza al popolo: gli intellettuali ed i partiti. Ma Crozier li rassicura: gli intellettuali si comprano, i partiti si corrompono (o li si accusa di essere corrotti).
http://meteopolitique.com/…/Claude-…/crisis_of_democracy.pdf
Storicamente, il numero attuale dei parlamentari non è stato determinato a caso dai Padri Costituenti, ma è sufficientemente alto perché deve garantire che non vi siano derive autoritarie.
La Costituzione è infatti irriformabile nei suoi principi fondamentali, essendo un sistema le cui parti sono indissolubilmente collegate tra loro. Il senso della Costituzione è nel suo insieme: possono esserne azzerate e rifatte alcune parti, ma non modificate.
Ad esempio, riducendo il numero dei parlamentari aumenta il peso politico dei Senatori a vita scelti dal Capo dello Stato (che la P2 voleva infatti portare da 5 a 25). Ed aumenta anche il potere dei delegati regionali durante l’elezione del Presidente
Continua qui:
Ieri Borrelli e Craxi, oggi paga Salvini: farà posto a Draghi?
Scritto il 22/7/19
Fu Christine Lagarde a organizzare la caduta di Dominique Strauss-Kahn, travolto dallo scandalo per uno stupro (mai avvenuto): Strauss-Kahn ha fatto la fine di ogni vero socialista, liquidato per via giudiziaria.
La Lagarde voleva semplicemente prendergli il posto, alla guida del Fmi: spero che mi quereli, la signora, perché posso dimostrare quello che dico. Ora guiderà la Bce, con l’incarico di “normalizzare” ulteriormente l’Europa.
Lavorerà in tandem con la tedesca Ursula von der Leyen, una nazistella che fino a ieri faceva la yes-girl della Merkel.
E’ stata messa a capo della Commissione Europea con il contributo determinante dei grillini, che non sanno che sarà proprio lei a decretare la loro morte.
E questo conferma che c’è qualcosa di strano, dietro alla gestione dei 5 Stelle,
che ora contestano a Salvini
il caso delle presunte promesse di finanziamento da Mosca.
L’avevo anticipato settimane fa, che contro Salvini si sarebbe scatenata una grossa tempesta giudiziaria. Rinaldi e Borghi gridano al golpe, denunciando le manovre per un governo tecnico presieduto da Draghi, con Pd e 5 Stelle, e Conte commissario europeo? Avevo previsto in anticipo anche il piano per un governo Draghi – che ora va avanti, visto che Draghi ha rifiutato di prendere il posto della Lagarde al Fmi.
L’innesco è sempre la magistratura,
oggi per eliminare Salvini?
Giustizia a orologeria?
Ne sapeva qualcosa Francesco Saverio Borrelli,
appena scomparso.
Borrelli è una figura che si è prestata a una manovra non legittima, nel modo in cui è stata condotta, benché l’indagine fosse di per sé legittima. E’ stata una trappola, in cui Craxi è caduto: si era fidato di personaggi che lo attorniavano, da Paolo Pillitteri al magistrato Livia Pomodoro, che lo avevano rassicurato sulla linearità di Borrelli, che poi invece non c’è stata. D’altro canto, lo stesso Borrelli
Continua qui:
https://www.libreidee.org/2019/07/ieri-borrelli-e-craxi-oggi-paga-salvini-fara-posto-a-draghi/
A che serve la sinistra?
10 luglio 2019
La vicenda greca, sfociata per il momento nelle elezioni che hanno visto la vittoria della destra, dovrebbe aver reso evidente anche ai più duri di comprendonio quale sia il ruolo della sinistra oggi: far accettare alla popolazione scelte politiche di destra, preparando così il ritorno al potere della destra “ufficiale”.
Dovrebbe essere evidente che, se si vogliono difendere i ceti subalterni, occorre
Continua qui:
http://www.badiale-tringali.it/2019/07/a-che-serve-la-sinistra.html
SCIENZE TECNOLOGIE
Il Patto per la scienza
Lisa Stanton – 4 luglio 2019
Pier Paolo Di Fiore (Ifom, centro di ricerca dedicato allo studio della formazione e dello sviluppo dei tumori a livello molecolare),
Alberto Mantovani (Humanitas, l’istituto di ricerca e cura della famiglia Rocca),
Pier Giuseppe Pelicci (IEO, l’Istituto europeo di oncologia fondato da Umberto Veronesi),
Marco Pierotti (Istituto nazionale dei tumori)
Maria Angela Greco (Istituto nazionale dei tumori)
Elena Tamburini (Istituto nazionale dei tumori)
Silvana Pilotti (Istituto nazionale dei tumori)
Tutti aderenti al Patto per la scienza (primo firmatario Burioni, che non risulta tra gli ex indagati perché non è oncologo).
Tutti coinvolti con l’SSN al fine di ottenere milioni per studi scientifici risultati
Continua qui:
STORIA
Paolo Rumor: un potere segreto ci domina da 12.000 anni
Scritto il 05/5/18
Un’entità clandestina, sinistra perché invisibile. Segretamente dominante, e molto antica: vecchia di millenni, addirittura. «Mi addolora, aver scoperto l’esistenza di un’Europa nascosta e parallela: interviene nella politica e anche nella cultura, condizionando il nostro mondo». E’ qualcosa di proto-storico, quasi eterno: oggi, attraverso i suoi emissari, questa entità fantasma «agisce accorpando fattori monetari e produttivi, di cui paghiamo le conseguenze sulla nostra pelle», come si è visto nella debacle dell’ultimo decennio. «La distruzione dell’equilibrio monetario europeo è frutto di queste persone». Una cupola misteriosa di origine antichissima: avrebbe addirittura 12.000 anni.
Paolo Rumor la chiama, semplicemente, “la Struttura”.
Risalirebbe alla notte dei tempi, nel territorio che vide fiorire la civiltà sumera e poi quella egizia. Ne parlò a suo padre, Giacomo Rumor, l’esoterista e politico francese Maurice Schumann, tra i fondatori del gollismo: gli rivelò, per iscritto, l’esistenza plurimillenaria della “Struttura”. Una conferma viene dal cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI e amico di Giacomo Rumor, coinvolto dal Vaticano nella gestazione dell’unità europea per bilanciarne l’esuberante componente massonica.
Paolo Rumor
Nomi che ricorrono: il padre di Paolo Rumor era cugino del più celebre Mariano Rumor, esponente della Dc e per 5 volte primo ministro italiano. A sua volta, lo Schumann menzionato non va confuso con l’altro Schuman (sempre francese, ma con una sola “enne” nel cognome), cioè l’eurocrate Robert, considerato – insieme al connazionale Jean Monnet – tra i padri fondatori dell’Ue. La notizia? Questo potere oligarchico si considera discendente di una filiera ininterrotta di dominatori, lunga qualcosa come 12 millenni. E’ la verità, piuttosto scioccante, contenuta nel saggio “L’altra Europa”, edito da Panda.
Libro che Paolo Rumor ha scritto con l’aiuto del politologo Giorgio Galli, grande conoscitore del ruolo occulto dell’esoterismo nella politica, e dell’architetto Loris Bagnara, studioso dell’archeo-astronomia egizia della piana di Giza. La tesi: un’unica piramide di potere si “passa il testimone” attraverso le epoche, all’insaputa dei popoli che governa – ieri per mezzo di sovrani e condottieri, oggi più prosaicamente attraverso i politici, il più delle volte inconsapevoli del “grande gioco”. Una visione che fa impallidire l’élite “feudale” denunciata da Paolo Barnard,
Continua qui:
https://www.libreidee.org/2018/05/paolo-rumor-un-potere-segreto-ci-domina-da-12-000-anni/
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°