NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 24 GENNAIO 2019

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NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

24 GENNAIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Vedi uno scriba che sta in ascolto.

Chi sta in ascolto diviene persona capace.

(Insegnamento di Khety, ca 1970 a.C.)

La saggezza dell’antico Egitto, Guanda, 1990, pag. 46

 

http://www.dettiescritti.com/

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Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

 

La strategia del caos permanente in Europa

MELUZZI SULLA MAFIA NIGERIANA. 1

FRANCO CFA E I SUOI CADAVERI ECCELLENTI 1

Il «grande gioco» delle basi in Africa. 1

L’ESCALATION DEI GIORNI SCORSI 1

Cosa c’è dietro le teorie complottiste su George Soros 1

Grecia. Carcere per coloro che non sono d’accordo con le normative UE! 1

L’uso del terrorismo secondo John Bolton. 1

IL PECCATO DI SODOMA NON FU L’OMOSESSUALITÀ: UN MALINTESO DURATO MILLENNI 1

La fine di Michel Houellebecq. 1

“Perché Mimmo Lucano non è Robin Hood” 1

Ubi, secco no alle nozze con Carige o Mps 1

LA DITTATURA FINANZIARIA TOTALITARIA PROSSIMA VENTURA. 1

Degnazione 1

Il “Patto di Aquisgrana” 1

Come topi nella trappola di Bruxelles 1

LE ÉLITE OCCIDENTALI PENSANO DI POTER DIFENDERE IL LORO POTERE LIMITANDO LA FORMA DEMOCRATICA. 1

UNA NOTA SUL CONFLITTO DIPLOMATICO ITALO-FRANCESE E LA CRISI DELLA GLOBALIZZAZIONE. 1

I robot umanoidi arrivano negli ospedali 1

Monsanto-Bayer passa alla modificazione genica di frutta ed altro 1

La scuola sacrifica la storia? Sforna cittadini senza memoria. 1

 

 

EDITORIALE

La strategia del Caos permanente in Europa

Manlio Lo Presti – 24 gennaio 2019

La dottrina Bolton sull’uso metodico del terrorismo e della guerra civile come arma di dominio planetario finora utilizzata per l’area africana, in Sudamerica e intorno alla Russia, viene sempre più attuata per devastare l’Europa.

Prima di estendere le operazioni di disordine – congiunta alla creazione di crisi economiche artificiosamente prolungate per un pianificato impoverimento delle masse europee così più ricattabili – gli Stati Uniti hanno avvertito il loro sgherro fidato inglese. L’avvertimento dovrebbe essere stato all’incirca del seguente tenore: “ti consigliamo di uscire al più presto dall’Unione Europea perché in Europa allestiremo scenari da Ottava Guerra Mondiale”.

Il caos nel vecchio continente ha più o meno i seguenti scopi:

  • impedire la creazione di un vero e proprio Stato federale d’Europa. Sarebbe una entità geopolitica che si trasformerebbe in un concorrente troppo forte di cui gli USA non hanno bisogno, anzi! Da tempo assistiamo alla deflagrazione programmata di una marea di conflitti regionali, nazionalismi, movimenti di piazza causati da una popolazione con livelli bassissimi di reddito e indebitata sempre più con le banche (il distruttivo CREDITO AL CONSUMO di cui non parla nessuno);
  • indebolimento con l’adozione ossessiva di politiche economiche ultraliberiste depressive coperte dalla scusa della tutela della stabilità dell’euro, anche a costo di creare decine di milioni di disoccupati ed espulsioni dai processi produttivi robotizzati;
  • Nell’ambito degli accordi non troppo sotterranei con la Russia per stritolare la Cina troppo ingombrante in Africa e titolare di enormi crediti nei confronti degli USA, l’attuale presidenza Trump darebbe l’Europa alla Russia come contropartita per il contenimento dell’Impero Giallo. Meglio quindi truffare l’alleato-nemico russo consegnandogli un continente azzoppato e in pieno caos:

 

  1. con oltre 50.000.000 di disoccupati più altri 25.000.000 in arrivo con le robotizzazioni dei processi produttivi;
  2. con una recessione economica troppo prolungata figlia di ricette ultraliberiste;
  3. con una conflittuale gestione francotedesca della cosiddetta UE sancita dal Trattato di Aquisgrana che affossa definitivamente la ragione d’essere dei pretoriani-non-eletti-da-nessuno di Bruxelles;
  4. con il sostegno – mediante l’utilizzo crescente della secessione – alla creazione di staterelli europei piccoli più manovrabili e ricattabili sovragestiti dal Fondo Monetario Internazionale;
  5. con l’invasione non programmata di prossimi 50.000.000 di nordafricani: un’arma fortemente destabilizzante che aggiunge caos al caos.

 

TUTTO CIÒ PREMESSO

 

è possibile avere una chiave di lettura più omogenea di quanto sta accadendo in Europa e dell’utilizzo dell’Africa. Un continente usato:

  1. a) come terreno di scontro per sfrattare la Cina, annullare la presenza francese e scoraggiare le mire della Germania;
  2. b) come arma di devastazione mediante migrazioni pilotate lanciate contro l’Europa. Un flusso forzato che deve passare sull’Italia che deve morire, dopo gli esperimenti umani di genocidio sulla Grecia, e poi pilotare l’ondata verso l’interno del vecchio continente attuando operazioni di sterminio e di disordini su vasta scala seguendo il ben riuscito modello di disastro svedese.

Fra non molto, vedremo in quale misura questo piano egemonico USA sarà realizzato e con quali conseguenze in termini di vite umane, di territorio, di violazione dei diritti umani, di assetti economici e finanziari mondiali.

Viva la maestosa dissoluzione dell’Europa!

 

 

 

 

IN EVIDENZA

MELUZZI SULLA MAFIA NIGERIANA

Maurizio Blondet  23 Gennaio 2019

 

Video qui: https://streamable.com/v8zer 

La mafia nigeriana ha assunto il controllo militare del nostro Paese.

“È un pericolo enorme e non ci deve essere negazionismo e nessun velo di omertà!”.

Regalo del governo PD, dei “competenti”, dei “responsabili”, degli “europeisti”..

 

Video qui: : https://youtu.be/eKBbBiqxhow  

 

Emma Bonino: “L’abbiamo chiesto noi che gli sbarchi avvenissero tutti in Italia!”

 

https://www.maurizioblondet.it/meluzzi-su-la-mafia-nigeriana/

 

 

 

 

 

FRANCO CFA E I SUOI CADAVERI ECCELLENTI

www.maurizioblondet.it – 23 gennaio 2019

 

 

(da WikiLeaks – Hilary Clinton e-mail Archive Wikileaks.org)

 

Gli “esperti” dicono che le 15 ex colonie francesi abbiano liberamente scelto di aderire al Franco CFA perché ne traggono vantaggio e, soprattutto, che possano uscirne in qualsiasi momento.

Eppure:

 

–    1963: Sylvanus Olympio, primo presidente eletto del Togo, si rifiutò di sottoscrivere il patto monetario con la Francia. Il 10 gennaio 1963 ordinò di iniziare a stampare una moneta nazionale e tre giorni dopo fu rovesciato e assassinato in un golpe condotto da ex militari dell’esercito coloniale francese.

–    – 1968: Modioba Keita, primo presidente della Repubblica del Mali, annunciò l’uscita dal franco coloniale CFA denunciandolo come trappola economica per il suo Paese, rimase vittima di un colpo di Stato, guidato anche qui da un ex legionario francese.

–    1987: l’eroe panafricanista Thomas Sankara, primo presidente del Burkina Faso indipendente, venne ucciso in un golpe sostenuto dalla Francia dopo aver proclamato la necessità di liberarsi dal gioco neocoloniale del franco CFA.

–     2011: il presidente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, propose di salvare l’economia del Paese abbandonando il franco CFA in favore del Mir, Moneta livoriana di resistenza: pochi mesi dopo la Francia bombardò il palazzo presidenziale

 

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Il «grande gioco» delle basi in Africa.

www.altreinfo.org – Manlio Dinucci

Creata nel 2017 a seguito di uno studio israeliano, l’AfriCom (Comando degli Stati Uniti per l’Africa) non è mai riuscito a stabilire sul continente il proprio quartier generale. Dalla Germania, questa struttura organizza – con il concorso della Francia nella regione del Sahel – operazioni antiterroriste. In cambio, le società transnazionali USA e francesi si assicurano un accesso privilegiato alle materie prime africane.

I militari italiani in missione a Gibuti hanno donato alcune macchine da cucire all’organizzazione umanitaria che assiste i rifugiati in questo piccolo paese del Corno d’Africa, situato in posizione strategica sulla fondamentale rotta commerciale Asia-Europa all’imboccatura del Mar Rosso, proprio di fronte allo Yemen.

Qui l’Italia ha una propria base militare che, dal 2012, «fornisce supporto logistico alle operazioni militari italiane che si svolgono nell’area del Corno d’Africa, Golfo di Aden, bacino somalo, Oceano Indiano». A Gibuti i militari italiani non si occupano, quindi, solo di macchine da cucire.

Nell’esercitazione Barracuda 2018, svoltasi qui lo scorso novembre, i tiratori scelti delle Forze speciali (il cui comando è a Pisa) si sono addestrati, in diverse condizioni ambientali anche di notte, con i più sofisticati fucili di precisione capaci di centrare l’obiettivo a 1-2 km di distanza.Non si sa a quali operazioni militari partecipino le Forze speciali, poiché le loro missioni sono segrete; è comunque certo che esse si svolgono prevalentemente in ambito multinazionale sotto comando Usa.

A Gibuti c’è Camp Lemonnier, la grande base Usa da cui opera dal 2001 la Task force congiunta-Corno d’Africa, composta da 4000 specialisti in missioni altamente segrete, tra cui uccisioni mirate per mezzo di commandos o droni killer in particolare nello Yemen e in Somalia.

 

Mentre gli aerei e gli elicotteri per le operazioni speciali decollano da Camp Lemonnier, i droni sono stati concentrati nell’aeroporto Chabelley, a una decina di chilometri dalla capitale. Qui si stanno realizzando altri hangar, la cui costruzione è stata affidata dal Pentagono a una azienda di Catania già impiegata in lavori a Sigonella, principale base dei droni Usa/Nato per operazioni in Africa e Medioriente. A Gibuti ci sono anche una base giapponese e una francese, che ospita truppe tedesche e spagnole.

A queste si è aggiunta nel 2017 una base militare cinese, l’unica fuori dal suo territorio nazionale. Pur avendo un fondamentale scopo logistico, quale foresteria degli equipaggi delle navi militari che scortano i mercantili e quale magazzino per i rifornimenti, essa rappresenta un significativo segnale della crescente presenza cinese in Africa.

Presenza essenzialmente economica, a cui gli Stati uniti e le altre potenze occidentali contrappongono una crescente presenza militare. Da qui l’intensificarsi delle operazioni condotte dal Comando Africa, che ha in Italia due

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L’ESCALATION DEI GIORNI SCORSI

Maurizio Blondet  23 Gennaio 2019

Il 12 gennaio, caccia israeliani sparano missili sull’aeroporto internazionale (civile) Damasco. E’ il primo attacco israeliano contro la Siria nel 2019, ed è una palese provocazione contro la Russia, e non solo. Compagnie di bandiera del Bahrein, Oman ed Emirati hanno espresso l’intenzione di  riprendere i loro voli civili verso Damasco;  Netanyahu dice loro che mai quei voli saranno sicuri,  mai lascerà in pace la Siria. Inoltre, cosa insolita, Netanyahu ha fatto dichiarare apertamente l’incursione ai suoi generali, che anzi hanno vantato di aver colpito la Siria dal cielo fin dal 2011, l’inizio della guerra, “migliaia di volte”, a sostegno dei terroristi islamici.

Il 17, una delegazione militare russa s’incontra con militari israeliani. Mosca fa sapere che ditte russe hanno intrapreso le operazioni di rammodernamento tecnico e rimessa in funzione del suddetto aeroporto, quindi ogni nuovo attacco sarà considerato un attacco agli interessi russi.

21 gennaio: fortissima attività aerea israeliana sulla Siria.  Questo secondo raid del 2019 è massiccio, ha impiegato decine di aerei , missili da crociera e missili terra-terra, e viene messo a segno durante la super-eclissi lunare,  la Luna di Sangue.  Uno degli obiettivi dei generali israeliani è di “far reagire” e  quindi identificare la posizione, delle batterie di S-300, di cui chiaramente non conoscono l’ubicazione. Una volta localizzate le  batterie possono essere distrutte con missili HARM di nuovo tipo di cui dispongono. I siriani hanno risposto con BUK, Pantsir S-1 e i  vecchi S-2000’, con cui sostengono  di aver intercettato molti missili nemici.

 

Stesso giorno, tutt’altro teatro: Mar Nero, precisamente lo stretto di Kerch, preteso dal regime di Kiev come sue acque territoriali  e attraversato dal lunghissimo ponte che unisce la Crimea  alla madrepatria, costruito  d’urgenza dopo il golpe ispirato dalla Nuland – il cui scopo finale era di impadronirsi della grande base russa di Sebastopoli  per interposto governo amico di Kiev.

Ebbene: specchio ‘acqua così sensibile (e dove Kiev ha minacciato più volte di far saltare il ponte) due navi prendono fuoco, una  dopo un’esplosione, e affondano.  A tutto prima non è chiaro se si tratti di disgrazie accidentali, avvenute magari per incuria.  Sono due  navi-cisterna che battono bandiera della Tanzania. Muoiono almeno 14 membri dell’equipaggio (turchi, indiani) ed altri vengono soccorsi da navi russe. Passano poche ore e

22 gennaio:  il ministero dei Territori Temporaneamente Occupati di Ucraina (insomma il regime di Kiev) dichiara ufficialmente  che le due navi che hanno preso  fuoco e sono colate a picco, Venice e Maestro,  “erano coinvolte nella fornitura illegale di gas e greggio alla Siria dal 2016, secondo l’Ufficio per  il controllo dei beni esteri presso il Ministero del Tesoro Usa  (OFAC).

 

Aggiunge che una delle navi, la Venice, aveva il trasponder spento, aggiungendo:  “Simili azioni di compagnie straniere impegnate nel trasporto marittimo sono un tentativo di evitare la responsabilità ai sensi della legislazione ucraina ed evitare possibili sanzioni internazionali per tali violazioni”. “Ora è difficile stabilire l’origine del gas che è stato trasportato, ma secondo le informazioni disponibili, le navi di Venice e Maestro sono state coinvolte nella fornitura di gas sia prodotto [dalla Russia illegalmente in]   sulla piattaforma  ucraina e consegnato da altri paesi “.  Insomma l’accusa è di aver venduto gas  liquefatto  dell’Ucraina,  perché prodotto su una piattaforma   rivendicata dal regime di Kiev. A questo punto pare evidente che i due incendi ed affondamenti non abbiano nulla di accidentale: sono due atti di sabotaggio – di guerra –  messi  segno dal regime di Kiev su  mandato USA-Israeliano, contro la Siria e contro Mosca.

https://www.unian.info/world/10416540-ukraine-s-ministry-two-lpg-tankers-that-sink-near-kerch-illegally-supplied-gas-to-syria-since-2016.html

Israele ed Ucraina, accordo di libero scambio

Non è certo un caso se il 21 sera, mentre esplodevano le due cisterne  nello stretto di Kerch, Netanyahu e Poroshenko hanno annunciato al mondo intero che “Israele e Ucraina hanno firmato un  accordo  di libero scambio”, a Gerusalemme, dopo la visita del milionario ucraino alla Yad Vashem. “E’ una giornata storica. [L’accordo di libero scambio] è un messaggio importante per gli uomini d’affari dei due paesi”, ha detto Poroshenko.

http://www.lefigaro.fr/flash-eco/2019/01/21/97002-20190121FILWWW00332-israel-et-l-ukraine-signent-un-accord-de-libre-echange.php?fbclid=IwAR3n2QMAWUzEUiEUUSCyTVQNtgwm4A-9tRu5rU2cHowxp2MUnZ0hInu4zMk

Il 21 gennaio  è avvenuto qualcosa anche nel Baltico : due  cacciatorpediniere lanciamissili USA, la USS Porter e  la Gravely, sono apparse improvvisamente mentre sembravano puntare verso la base russa di Kaliningrad. Due corvette russe immediatamente  mandate dalla base  hanno “scortato”  le due lanciamissili americane.  Armate di 56  Tomahawk, le due navi USA hanno voluto fare una provocazione, costeggiando le  acque territoriali russe.

Si tenga conto che anche nel Mar Nero, in questi stessi giorni, è ricomparso  il cacciatorpediniere americano USS Donald Cook, che viene tallonato anch’esso da vicino da navi da guerra russe. USA e navi degli alleati  NATO hanno aumentato la loro presenza nel Mar Nero dopo il misterioso “incidente” di tre piccole  e veloci navi da guerra  ucraine che sono penetrate oltre il ponte di Crimea senza avvertire, come  è obbligo  legale, l’autorità portuale (russa) di Kerch,  e senza fermarsi alla ripetute richieste di stop; alla fine  sono state mitragliate,   commandos russi se ne sono impadroniti e le navi catturate.

A proposito del Donald Cook, bisogna capire le affermazioni estemporanee  del politico israeliano Yaakov Kedmi  ad una tv russa: “Questa nave, se susciterà sospetti  [della marina russa] ha i minuti contati. Forse verrà  lanciato un missile, non ne sono sicuro. Il prossimo sarà lanciato dal fondo del mare, per quanto capisco degli eventi del Mar Nero”.

Una speranza o un progetto  di false flag?

https://it.sputniknews.com/mondo/201901227139938-Cacciatorpediniere-USA-mar-nero-morte-veloce/

kedmi

Questo Yakov  Kedmi è nato nel 1940 a Mosca,  e allora aveva cognome  Kazkov. All’età di 19 anni irruppe nel consolato israeliano a Mosca e iniziò una pubblica battaglia per aiutare gli ebrei dall’Unione Sovietica a trasferirsi in Israele. Dopo due anni riuscì a trasferirsi in Israele da solo e alla fine divenne il capo di Nativ – responsabile per l’Aliyah degli ebrei dell’Est europeo. Adesso è molto intervistato in Russia, dove continua per lo più ad abitare.

La densità temporale di queste provocazioni della superpotenza e del suo manovratore, l’aumentata letalità (si valutano fra 11 e 23 morti iraniani in Siria), la rapida escalation su vasti  teatri lontani fra loro, è  tremendamente significativa.  Spiega perfettamente la risposta dell’Iran, una minaccia (peraltro vuota) di distruggere Israele,  la promessa  di Damasco di ”bombardare Tel Aviv se il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non mette fine alle intrusioni di Israele” nel suo territorio nazionale; e la Cina ha invitato “tutte le parti interessate  ad astenersi da qualsiasi iniziativa  che possa portare a crescenti tensioni”, dichiarando che “si deve rispettare e difendere la sovranità,

 

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/lescalation-dei-giorni-scorsi-preparazione-a-varsavia/

 

 

 

 

Cosa c’è dietro le teorie complottiste su George Soros

Finkelstein e Birnbaum, due consulenti politici ebrei-americani, come racconta Buzzfeed.

di Studio 23 Gennaio 2019

 

Soros fautore del Piano Kalergi, membro del Nuovo Ordine Mondiale, complice di svariati colpi di Stato e attentati. Si sprecano le teorie complottiste incentrate sull’88enne finanziere di origini ungheresi, nonostante a ben vedere ci siano decine di manager, banchieri, imprenditori dalle storie simili, potenzialmente in grado di ispirare cospirazioni di ogni ordine e grado, e si sprecano al punto che l’immagine di Soros ha assunto connotati negativi per un audience che va da Elio Lannutti per arrivare addirittura a Enrico Mentana.

BuzzFeed ha ricostruito che dietro la demonizzazione del tycoon ci sono due consulenti politici, sorprendentemente ebrei come lui: Arthur Finkelstein e George Birnbaum. Il primo, ex-programmatore a Wall Street, dagli anni ’60 fu tra i precursori di un nuovo tipo di consulenza politica, decisamente più spregiudicata; il secondo diventò, nel 1998, il suo principale collaboratore. Il sito ripercorre le loro carriere, evidenziandone le affinità sia professionali sia caratteriali, e tracciando una linea che, dall’appoggio al Partito repubblicano americano, arriva alle campagne elettorali vinte dai “loro” candidati tra Israele ed Europa orientale.

Finkelstein si avvicinò casualmente agli ambienti del Grand Old Party mentre studiava alla Columbia University, ma sviluppò presto un metodo politico, oggi più che mai attuale, fondato sulla delegittimazione degli avversari, nell’ottica di polarizzare l’elettorato su questioni cruciali quali criminalità o razzismo. Entrato nell’orbita del Partito, diventò uno dei consiglieri più influenti di politici del livello di Ronald Reagan e Richard Nixon; in un memo indirizzato a quest’ultimo, suggeriva ad esempio di «presentare il pericolo come proveniente da sinistra». Il “Finkel-Think”, come lo avevano soprannominato i colleghi, prevedeva alcuni punti essenziali oltre a quelli già citati: in primis, la propaganda doveva alimentare la paura negli elettori; in secondo luogo, bisognava trascurare le proposte personali per concentrarsi sugli attacchi al «nemico», puntando al «voto di rifiuto», alla preferenza espressa per penalizzare un candidato.

Birnbaum, nipote di immigrati fuggiti dalle persecuzioni antisemite nella Germania nazista, iniziò a lavorare nell’ufficio della società di Finkelstein a Washington negli anni ’90. Il feeling tra i due fu immediato: il giovane laureato restò impressionato dall’acume e dai modi disinvolti di questa eminenza grigia del Gop, con cui condivideva tra l’altro la fede religiosa. Finkelstein sembrava circondato da un’aura di invincibilità, specialmente dopo l’ascesa al governo israeliano, nel 1996, di Benjamin Netanyahu, considerato sicuro perdente contro Simon Peres, l’erede designato dell’ex premier Rabin. La strategia di Finkelstein, anche in quel caso, si era concentrata sulla raffigurazione di Peres come nemico del Paese, intenzionato «a dividere Gerusalemme».

 

Continua qui: https://www.rivistastudio.com/soros-complottismo/

 

 

 

 

 

Grecia. Carcere per coloro che non sono d’accordo con le normative UE!

30 ottobre 2013  Marco Pizzuti

Carcere per chi resiste, si oppone, o semplicemente non è d’accordo sulla politica estera … UE

Il governo greco ha approvato un emendamento in base al quale ogni persona che si opponga o esprima disaccordo con la politica estera dell’Unione Europea sarà punito con una pena detentiva fino a due anni.

Articolo 458 A: “Violazioni alla normativa UE”

Nel corso dell’assemblea, i membri di Nuova Democrazia e il PASOK hanno adottato un articolo (458 A) che stipula che ogni persona che si opponga alla politica estera della Comunità europea o di un paese che ne faccia parte, è punibile con la reclusione fino a due anni.

Non credo che un altro articolo della costituzione greca ne abbia tradito lo spirito come questa iniquità!

L’altro giorno i membri di Nuova Democrazia e il PASOK hanno votato un vergognoso emendamento, la fine delle proteste contro l’”Euro Dolo”: chiunque sia in disaccordo con la politica estera della UE sarà sbattuto in galera!

No, questo non è uno scherzo di cattivo gusto!

Da Giovedi 24 ottobre, nel codice penale alla Grecia è stato aggiunto l’articolo 458A intitolato “Violazioni alla normativa UE” in base al quale è punito con la reclusione fino a due anni chi critica le sanzioni contro i paesi, le organizzazioni o le persone della UE …!

Incredibile, oltraggioso, ma purtroppo del tutto vero.

La feroce reazione del parlamentare del KKE, che ha evidenziato l’atteggiamento vergognoso del governo, attraverso gli altri radicali, che hanno reagito al dibattito su questa modifica ripugnante, che rende più ampiamente visibile, i “re nudi”, Samaras e Venizelos.

La Nuova Democrazia e il Pasok non hanno impedito di votare a favore del nuovo governo “germanofilo” in parlamento. Ma hanno costretto il governo ad abbandonare altri emendamenti, al fine di nascondere il tentativo di sterminio, con la reclusione, di qualsiasi greco che osi resistere alle decisioni dell’UE nei confronti dei paesi o organizzazioni che seguono la linea del Quarto Reich tedesco ed i vassalli della UE!

Syriza e indipendenti erano contro l’emendamento del governo e hanno votato contro.

E’ davvero spregevole l’atteggiamento di Samaras e di Venizelos. E ‘ovvio che questo articolo del codice penale dovrebbe essere abrogata immediatamente dal prossimo governo della Grecia, anche se naturalmente dovrà

 

Continua qui: http://www.altrainformazione.it/wp/2013/10/30/grecia-carcere-per-coloro-che-non-sono-daccordo-con-le-normative-ue/

 

 

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

L’uso del terrorismo secondo John Bolton

di Thierry Meyssan

Dopo aver tolto a Daesh lo Stato a cavallo tra Iraq e Siria che gli avevano in precedenza assegnato, gli Stati Uniti vogliono recuperare parte dei mercenari per utilizzarli in altri modi. Il consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton, ha individuato nuovi obiettivi, nuovi partner e nuovi metodi. Questo congegno, ancora segreto, lo possiamo cogliere solo attraverso gli elementi già messi in atto. Thierry Meyssan esplora quest’universo di violenza.

RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 22 GENNAIO 2019

Sicurezza Nazionale del presidente Carter, decise di utilizzare i Fratelli Mussulmani contro i sovietici. Mandò così combattenti arabi a sostegno dell’opposizione afgana al regime comunista. Chiamata in soccorso dal governo afgano, l’Armata Rossa s’impantanò in un conflitto che non poteva vincere.

In Afghanistan i Fratelli Mussulmani non furono armati dalla CIA, che non ottenne l’autorizzazione del Congresso per un’operazione di tale portata, ma da Israele. Considerato il loro successo, gli arabo-afgani furono mobilitati in numerosi altri teatri di guerra. Ne conseguì, fra l’altro, che nel 1978-1982 i Fratelli, armati contemporaneamente da Israele e Iraq, tentarono la fortuna contro la Repubblica Araba Siriana. Una cosa tira l’altra, finché un rappresentante dei Fratelli fu integrato nello stato-maggiore della NATO durante l’attacco della Jugoslavia in Kosovo.

La posizione dei Fratelli Mussulmani come truppe suppletive della NATO s’interruppe alla fine della presidenza Clinton, ma la collaborazione fra Confraternita e CIA non è mai cessata. È ridiventata evidente con l’attacco alla Libia durante la presidenza Obama, quando fornì quasi per intero le truppe a terra dell’Alleanza Atlantica. Uno dei rappresentanti dei Fratelli fu persino integrato nel Consiglio per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. In seguito, durante l’attacco alla Siria, il LandCom della NATO, insediato a Izmir, coordinò le truppe jihadiste.

Poiché l’amministrazione Trump si oppone per principio a che le truppe Usa facciano ricorso a gruppi terroristici, il ruolo dei Fratelli Mussulmani deve essere ridefinito.

Non si conosce ancora la nuova strategia messa a punto dal consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton. Tuttavia, molti elementi consentono di definirne i contorni.

Daesh

Ad inizio 2018 le Forze Speciali USA, illegalmente insediate in Siria, hanno esfiltrato migliaia di soldati di Daesh. A maggio 2018 il generale Yahya Rahim Safavi, consigliere militare dell’ayatollah Khamenei, ha accusato gli Stati Uniti di organizzare il trasferimento di combattenti di Daesh in Afghanistan.

Circa 7.000 di loro si trovano attualmente in Afghanistan. Diversamente dal passato, non sostengono i Talebani, che oggi si oppongono a ogni presenza straniera, ma li combattono.

Secondo il portavoce dell’Emirato Islamico d’Afghanistan (ossia dei Talebani), Qari Muhammad Youssuf Ahmadi :
«Gli invasori americani e i loro lacchè la notte scorsa [il 12 gennaio 2019] hanno compiuto un raid contro un accampamento dei Mujahidin a Pani Bus, distretto di Jwand, provincia di Bâdghîs, in cui erano detenuti membri di Daesh. Le forze congiunte nemiche hanno ucciso da martiri due guardie e se ne sono andati portando via 40 detenuti di Daesh. Sembra che gli invasori americani e i tirapiedi dell’amministrazione di Kabul abbiano compiuto questo raid per soccorrere i prigionieri di Daesh. Ogni volta che i mujahidin dell’Emirato Islamico [i Talebani] hanno dato battaglia a Daesh, gli invasori americani hanno aiutato Daesh e bombardato le postazioni dei mujahidin. Proprio come quando i mujahidin hanno sradicato Daesh da Darzab, distretto di Jowzjan: sul punto di essere debellati [ad agosto scorso], gli invasori americani e l’amministrazione di Kabul hanno insieme soccorso con gli elicotteri 200 membri di Daesh».

È a questo punto che il Centro di Lotta al terrorismo dell’Accademia militare di West Point pubblica una ricerca storica sulle divergenze tra i Mujahidin durante la guerra contro i sovietici. Questo documento ricorda che nel 1989, durante il ritiro dell’Armata Rossa e dopo il rientro di Osama Bin Laden in Arabia Saudita, giovani Fratelli Mussulmani contestarono il lassismo dei loro capi. Crearono la «scuola di Jalalabad», molto più rigida, che cominciò ad accusare gli uni e gli altri di empietà e li scomunicò (takfir). Questo è il conflitto che, sostiene lo studio di West Point, riemerse nel 2014, provocando la rottura tra Al Qaeda e Daesh.

Questa rievocazione del passato non può fare dimenticare che i Fratelli Mussulmani continuarono a essere gli ospiti, non solo dei Talebani, ma anche di tutti i resistenti afgani, fino all’assassinio di Ahmed Chah Massoud (egli stesso ex membro dei Fratelli Mussulmani), il 9 settembre 2001 (due giorni prima degli attentati di New York e del Pentagono). Per due decenni, l’Afghanistan divenne luogo di formazione degli jihadisti del mondo intero, in particolare dei combattenti del Caucaso russo. Oggi i Talebani sono molto più attenti nella scelta dei propri alleati e amici. Ormai controllano il 60% del territorio. La loro ideologia non si fonda più su criteri teologici, ma nazionalisti.

Durante la guerra contro i sovietici, i Fratelli Mussulmani furono legati soprattutto all’ex primo ministro Gulbuddin Hekmatyar, loro rappresentante nel Paese. Il 22 settembre 2016, con il sostegno dell’amministrazione Obama, Gulbuddin Hekmatyar beneficiò del perdono del nuovo Stato afgano e fu tolto dalla lista dei terroristi delle Nazioni Unite.

L’arrivo di Daesh in Afghanistan sopraggiunge quando l’amministrazione Trump cerca, a iniziare da luglio 2018, di negoziare con i Talebani. Ci sono stati contatti preliminari in Qatar con l’ambasciatrice Alice Wells, assistente di Mike Pompeo per l’Asia centrale. A settembre e ottobre 2018 i negoziati sono stati condotti dall’ambasciatore Zalmay Khalilzad, nonostante la preoccupazione del governo afgano che vi ha spedito un rappresentante, che però non vi è stato ammesso. Khalilzad, prima di essere naturalizzato statunitense, aveva combattuto a fianco dei Talebani, anche loro pashtun, contro i sovietici. È stato formato al neoconservatorismo e, nel 2007, quando il Senato si oppose alla nomina di John Bolton, divenne ambasciatore ONU.

I Mujahiddin del Popolo

La scorsa settimana la capa dei Mujiahiddin del Popolo (MEK) iraniani, Maryam Radjavi, che risiede a Tirana, si è recata in visita ufficiale a Kabul, dove ha incontrato, in particolare, il presidente del Consiglio Nazionale per la Sicurezza ed ex ambasciatore negli Stati Uniti, Hamdullah Mohib. Maryam Radjavi dovrebbe recarsi nei prossimi giorni a Herat, distretto di Shindans, per

 

Continua qui: https://www.voltairenet.org/article204805.html

 

 

 

 

CULTURA

IL PECCATO DI SODOMA NON FU L’OMOSESSUALITÀ: UN MALINTESO DURATO MILLENNI

By Daniele Di Luciano /  28 aprile 2018

 

Tutti conoscono (o pensano di conoscere) la biblica storia di Sodoma e Gomorra e quasi tutti sono convinti che la causa della distruzione sia stata l’omosessualità che veniva praticata dagli abitanti. Stiamo per vedere che non fu così…

Qual è stato il peccato di Sodoma? La sodomia, verrebbe subito da rispondere. Ed è la risposta corretta. Ma cosa significa esattamente sodomia?

Il discorso è abbastanza complesso e per esaurirlo in un articolo dovrò sintetizzarlo e semplificarlo (spero non troppo). Per chi fosse interessato ad approfondire, ho trattato l’argomento nel libro L’origine dell’uomo ibrido.

Sodomia = rapporti omosessuali?

Il vocabolario Treccani definisce sodomia:

Termine che indica, nell’uso corrente, rapporti omosessuali tra individui di sesso maschile, mentre più propriam. indica ogni forma di rapporto sessuale per via anale, per cui si distingue una s. omosessuale e una s. eterosessuale.

Nell’uso corrente la sodomia indica i rapporti omosessuali e, proprio per questo motivo, nell’immaginario collettivo gli abitanti di Sodoma sono diventati tutti gay. Ma pure due eterosessuali possono peccare di sodomia. E non solo. Si può peccare di sodomia anche senza un partner umano.

Il famoso psichiatra e neurologo von Krafft-Ebing, autore di un classico sulla sessuologia (Psicopatia sessuale), scrive [Richard von Krafft-Ebing, Psicopatia Sessuale, rielaborazione del Dott. Alexander Hartwich, Edizioni Mediterranee, 1964, p. 85]:

Le relazioni sessuali fra persone e animali rientrano nella cosiddetta zoofilia. Questa degenerazione veniva chiamata un tempo sodomia.

Il dizionario etimologico conferma:

Peccato contro natura: da Sodoma, antica città della Palestina, in cui era praticata ogni sorta di lussuria.

Dunque i rapporti anali, omosessuali e non, rientrano sì nella sodomia ma non ne esauriscono il significato; la sodomia racchiude tutti i rapporti non finalizzati alla procreazione, in particolare se in vase indebitoin un orifizio illecito, compreso quello di un animale.

Chi erano gli abitanti di Sodoma?

I sodomiti, verrebbe subito da rispondere. Ed è la risposta corretta. Ma chi erano i sodomiti? Non può che dircelo la Genesi che nomina per la prima volta la nostra città in questo passo [Genesi 10,19]:

Il confine dei Cananei andava da Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza, poi in direzione di Sòdoma, Gomorra, Adma e Seboìm fino a Lesa.

Quindi i sodomiti erano i cananei. I cananei sono i discendenti di Canaan. Canaan era il “nipote” di Noè. Nipote tra virgolette perché, come abbiamo visto in questo articolo, Canaan è il figlio di un incesto avvenuto tra Cam, figlio di Noè e la moglie dello stesso Noè. Presto vedremo che, anche nel racconto di Sodoma, viene narrato l’incesto tra Lot e le sue figlie. Ma proseguiamo per gradi.

La Genesi dice quale fu il peccato della città?

In Genesi 13,13 troviamo un’anticipazione che riguarda la perversione della città:

Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore.

Da questa prima informazione generica è impossibile risalire ai peccati specifici che venivano commessi. Ed è evidente che non si accenni minimamente all’omosessualità.

Nel capitolo successivo [Genesi 14,2] leggiamo che alcuni re

mossero guerra contro Bera re di Sòdoma, Birsa re di Gomorra.

La Bibbia di Gerusalemme [pagina 48] nota a riguardo:

Il carattere fittizio del racconto è ravvisabile nei nomi dei re di Sòdoma e di Gomorra: Bera e Birsa sono i re «nella malizia» e «nella cattiveria», nuova allusione al peccato delle due città.

Malizia e cattiveria, neanche qui si parla di festini LGBT.

Prima di analizzare il racconto oggetto dell’articolo, troviamo l’ultima anticipazione in Genesi 18,20s:

Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».

Neanche qui si accenna minimamente all’omosessualità.

L’ultimo peccato dei sodomiti

Genesi 19 inizia così:

I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera.

La parola ebraica tradotta con angeli è malakim. Chi sono i malakim? Ho dedicato a queste figure un articolo che invito a leggere perché è propedeutico alla comprensione del ragionamento che sto per sviluppare.

Una cosa è certa: i malakim non erano degli angeli come li intendiamo noi oggi. E basta proseguire con la lettura del testo per dimostrarlo. Infatti i due malakim vengono accolti da Lot che li invita a dormire a casa sua, ma:

Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono attorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!».

Questo brano, se letto con superficialità, sembrerebbe contenere un riferimento al peccato di omosessualità. Ma analizziamolo meglio.

Ciò che dovrebbe richiamare la nostra attenzione è il fatto che Lot stia ospitando due angeli/malakim mentre i sodomiti chiedono: dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Come uomini? Non erano angeli? Se vi state ponendo questa domanda, vi ho sgamato: non avete letto l’articolo propedeutico sui malakim.

Se i due uomini ospitati da Lot fossero stati realmente due uomini, i sodomiti avrebbero palesemente dichiarato di voler commettere un peccato di violenza omosessuale. Ma il testo è chiaro: Lot sta ospitando due angeli/malakim, non due uomini.

Il vero peccato dei sodomiti, in un certo senso, è duplice: prima di tutto non hanno riconosciuto la divinità di quei personaggi e in secondo luogo ambivano addirittura a mescolare due realtà, quella divina e quella umana, che erano considerate distinte e dovevano rimanere separate.

Il vero peccato di Sodoma? Hybris

Nell’antica Grecia esisteva un tipo di peccato che, come vedremo, è molto simile alla trasgressione che volevano commettere i sodomiti: si tratta della hybris (υβρις). Era un peccato gravissimo. Esiodo, ad esempio, individua la causa della decadenza dell’umanità proprio nella hybris. Spesso viene tradotta con tracotanzaviolenza ma si tratta di approssimazioni.

Secondo il professor Paolo Cipolla, tracotanza

è un modo, sicuramente approssimativo ma forse uno dei meno infelici, di rendere il termine greco hybris, che nella sua complessità polisemica indica propriamente qualsiasi azione o atteggiamento umano volto a trascendere i limiti imposti dalle leggi divine, commettendo crimini e violenze, spinti da eccessiva fiducia in se stessi. [La hybris di Serse nei Persiani di Eschilo fra destino e responsabilità, in Studia humanitatis, Saggi in onore di Roberto Osculati, a cura di Arianna Rotondo, Viella, 2011, p. 29]

Quali sono i personaggi mitici più carichi di hybris?

Tra i personaggi che il mito classico delinea come campioni di hybris figurano in particolare i centauri, caratterizzati da costumi assai brutali. La loro sconfitta da parte dei

Continua qui: https://danielediluciano.com/genesi/peccato-sodoma-omosessualita/

 

 

 

 

La fine di Michel Houellebecq

Su Serotonina, l’ultimo e inevitabilmente discusso romanzo dello scrittore francese.

di Cristiano de Majo 23 Gennaio 2019

 

La storia la conosciamo tutti: a partire dal successo del suo secondo romanzo, Le particelle elementari (1998 in Francia, 1999 in Italia), Michel Houellebecq si è affermato come uno dei tre o quattro scrittori più rilevanti d’Occidente. Da quel momento in poi ogni suolibro è stato annunciato come un evento, e i lettori – quei figuri che le case editrici cercano con disperazione di resuscitare – sono riapparsi ogni volta come se fossero sempre esistiti. Le cronache culturali, non senza ragione, hanno fatto risalire i motivi di questa rilevanza perlopiù a circostanze extra-letterarie: una certa forma di preveggenza (il pericolo islamico, l’ingegneria genetica) unita a una certa forma di ideologia reazionaria seducente quanto scandalosa per il lettore tipo, normalmente portatore di valori e stili di vita di sinistra, giusti e rassicuranti.

Per queste ragioni, ma anche per altre, insieme a gente come Carrère, Ellis, David Foster Wallace (mentre non la stessa cosa si può dire di un altro grande contemporaneo come Martin Amis), Michel Houellebecq è stato (e forse sarà) uno degli ultimi scrittori a portare la Grande Opera oltre la cerchia, progressivamente sempre più ristretta, dei lettori letterari. Le altre ragioni, e sono forse le più importanti, vanno cercate nella rarissima abilità di rappresentare le relazioni umane e, soprattutto quelle tra uomo e donna. Tutti i libri di Houellebecq, al fondo, sono libri d’amore, cioè libri che colgono l’attimo esatto dell’amore per poi affrontare l’umiliazione della sua impossibilità di fondo. Difficile trovare, anche tra quelli citati più sopra, uno scrittore contemporaneo che abbia saputo raccontare l’amore con la verità e la potenza di Houellebecq.

In questo suo procedere, libro dopo libro, tra preveggenze politiche, opinioni sconvenienti, e tristissime parabole sull’amore, con una prosa volutamente sciatta, inserti saggistici (quelle pagine che sembrano prese da una guida turistica o da un report ministeriale), e slanci improvvisi di poesia, lo scrittore francese ha fatto di se stesso un genere letterario. Non è questione di bravura più o meno grande: ci sono scrittori che assottigliano il rumore della propria voce per alzare il volume delle storie – e ce ne sono di bravissimi (McEwan, Ishiguro, Barnes, Tartt per esempio) – mentre altri, come Houellebecq, scrivono più o meno sempre la stessa storia, e comunque si fanno leggere per come la raccontano e per quello che ne pensano. Questi ultimi sono probabilmente quelli che godono di un seguito più appassionato perché stabiliscono con i loro lettori un legame più profondo. Sono anche, però, quelli che rischiano di esaurire più facilmente la vena, quelli che finiscono per auto-imitarsi.

Ora, tutto quello che avete sentito dire di Serotonina, l’ultimo romanzo di Houellebecq uscito nei primi giorni di gennaio in Francia e in Italia, è probabilmente vero. Sembra un generatore automatico di romanzi di Houellebecq, è vero, ma è altrettanto vero che si tratta di un libro da cui è difficile staccarsi e che  si legge con il consueto turbamento in cui ci fa precipitare Houellebecq, come pure si evince dai tweet dei nostri contatti sui social; come si sa e non si dice, oggi non è cosa facile arrivare alla fine di un libro agevolmente, data la mole di narrazioni da cui siamo distratti, eppure la nostra affaticata attenzione viene catturata da quest’ennesima parabola di solitudine e apatia occidentale, di amori avvizziti nell’era del declino.

A chi mi ha chiesto «ti è piaciuto l’ultimo Houellebecq?», non ho saputo rispondere. Considero Piattaforma, uno dei libri della vita, ho amato anch’io Le particelle elementari, mentre tutti gli altri mi hanno lasciato più freddo, a parte Sottomissione, che è l’unico che non ho mai letto. Serotonina ti trasmette all’inizio la prepotente sensazione che lo scrittore francese abbia completamente finito le cose da dire e sia andato a guardarsi i suoi vecchi romanzi per riempire le pagine; storie di donne che sembrano già lette ma questa volta virate dal filtro dell’impotenza sessuale. Si resta poi abbastanza spiazzati da almeno un paio di episodi che sono talmente forzati da apparire ridicoli (uno di questi, un’improbabile scena di zoofilia, è addirittura il motore del dramma interiore del protagonista; l’altro è

Continua qui: https://www.rivistastudio.com/michel-houellebecq-serotonina/

 

 

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

“Perché Mimmo Lucano non è Robin Hood”

(3 ottobre 2018)

©gaiaitalia.com 2018 | Mila Mercadante 2018

 

Ogni fatto di cronaca, ogni dibattito e ogni posizione o espressione politica che abbiano a che vedere con il tema dei migranti e dell’accoglienza sembra essere completamente indipendente da qualunque rapporto con la vita reale e con la razionalità. Ormai la questione ha acquisito la prerogativa ideologica dell’assolutezza: il migrante, l’immigrato regolare, l’irregolare, il richiedente asilo e il rifugiato sono feticci linguistici che non descrivono più né gli individui a cui fanno riferimento né la relazione che intercorre tra essi e il contesto sociale. Sparisce del tutto la possibilità di stabilire in maniera oggettiva, franca e lineare un sano legame tra soggetti, esperienze, coscienza collettiva e continuità tra passato, presente e futuro. In luogo di questa possibilità abbiamo davanti a noi informazioni, pareri, leggi e giudizi intercambiabili e mutevoli gestiti da opposti schieramenti come fossero palloni da mandare in porta per vincere una partita.

Il caso Lucano – l’ultimo in ordine di tempo – è indicativo della nostra irrazionalità. Il sindaco di Riace, vantandosi della propria disobbedienza, prima e più che un eroe buono, è vittima di un conformismo che manca di capacità critica e autocritica. Lucano è riuscito a creare una comunità nella quale si integrano perfettamente il vecchio e il nuovo, il nativo e lo straniero, ed è riuscito ad attirare l’attenzione del mondo suscitando grande entusiasmo. Nello stesso tempo è riuscito a distruggere il suo stesso modello per eccesso di zelo, per aver allegramente scavalcato a piè pari regole e norme giuridiche nel nome della bontà. Il suo è un atteggiamento autoritario. La disobbedienza civile, quando viene esercitata da chi occupa un ruolo politico e svolge un incarico pubblico per conto e in rappresentanza dello Stato, diventa pericolosa e per questa ragione non è

 

Continua qui:

https://www.milapersiste.gaiaitalia.com/2018/10/03/perche-mimmo-lucano-non-e-robin-hood-milapersiste-il-blog-di-mila-mercadante/

 

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Ubi, secco no alle nozze con Carige o Mps

Rosario Murgida – 22-01-2019

 

Il presidente Moltrasio allontana qualsiasi ipotesi di intervento a favore delle banche più deboli. Esclusi anche contatti con il Ministero dell’Economia

Ubi si sfila ancora una volta dal possibile intervento sulle realtà più deboli del comparto bancario italiano.

Ieri sera il presidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio, ha replicato con un secco ‘no’ alla domanda su eventuali interventi a favore di Carige o Mps e su possibili contatti con il Ministero dell’Economia.

“La preoccupazione per la situazione generale è condivisa, il fatto di essere considerati una

Continua qui: https://finanzareport.it/news-flash/ubi-dice-no-alle-nozze-con-carige-e-mps

 

 

 

 

LA DITTATURA FINANZIARIA TOTALITARIA PROSSIMA VENTURA

9 dicembre 2013 DI PIERO VALERIO                  RILETTURA


Byoblu.com 

  1. LA BANCA D’ITALIA

In quanto aderente al sistema SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali) della BCE, Banca d’Italia è un’autorità monetaria completamente autonoma ed indipendente dal governo, perché in base ai trattati europei e al suo statuto non può finanziare direttamente lo Stato italiano tramite scoperti di conto di tesoreria, acquisto diretto di titoli del debito pubblico o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia. Inoltre, nessun politico o ministro italiano può influire sulle scelte di politica monetaria della Banca d’Italia o può chiedere conto e ragione, in parlamento o in altre sedi, dell’operato del Consiglio superiore o del governatore dell’istituto.

La situazione opposta, invece, è incredibilmente ammessa, come conferma la lettera inviata il 5 agosto del 2011 da Trichet e Draghi al governo Berlusconi. L’unico obiettivo di Banca d’Italia, in linea con quello della BCE, è il mantenimento di un tasso annuo di inflazione prossimo al 2%, mentre l’istituto non si assume alcuna responsabilità né per quanto riguarda la disoccupazione né la crescita economica in generale, lasciando che siano il governo e il parlamento con la sola leva fiscale e tributaria a doversi fare carico della soluzione di questi problemi. Tranne l’elezione del governatore, che avviene su esplicita proposta e indicazione del Consiglio superiore della banca centrale (articolo 17 dello Statuto), i politici non hanno alcuna influenza nelle attività strettamente tecniche o istituzionali di Bankitalia.

La proprietà della banca centrale è al 95% privata, anche se l’istituto viene ipocritamente definito di diritto pubblico, perché si è appropriato giuridicamente di un’attività regolamentata per legge: l’emissione della moneta (sotto forma di banconote e riserve bancarie). Siccome noi siamo obbligati per legge dal corso forzoso ad accettare l’euro come moneta di stato, la Banca d’Italia, che ha l’esclusivo privilegio di emettere le banconote e le riserve elettroniche in euro, malgrado la sua proprietà e funzione privatistica ha acquisito negli anni una chiara posizione dominante nell’assolvimento di un diritto pubblico. I banchieri privati si sono gradualmente, con il tacito consenso o l’approvazione unanime di tutti i politici, impossessati di un istituto giuridico pubblico, la moneta, cercando di ricavarne nel corso del tempo un maggiore profitto privato. E visto che un’istituzione o è pubblica (nel senso che non è orientata ai profitti ma a garantire un diritto della cittadinanza) o è privata (nel senso che antepone il raggiungimento del profitto al benessere dei cittadini), Bankitalia da questo punto di vista è un ente assolutamente privato, perché antepone il profitto dei suoi azionisti banchieri (inflazione bassa, dividendi, prestiti agevolati agli amici della cricca) a quello dei cittadini (occupazione, bassa tassazione, regolarità del credito a famiglie e imprese). Tuttavia, questo esproprio di fatto della funzione monetaria un tempo subordinata al governo democratico, fino ad oggi veniva quantomeno ricompensato versando gran parte degli utili di gestione alle casse dello Stato (e per come viene gestita oggi una banca centrale, gli utili sono sempre assicurati, mentre è praticamente impossibile avere delle perdite). Da oggi invece, tramite la scandalosa proposta di trasformare Banca d’Italia in una public company, anche gran parte di questi utili verranno veicolati verso gli azionisti bancari privati.

  1. I PROFITTI DEI BANCHIERI PRIVATI

Ma vediamo nel dettaglio cosa si nasconde dietro questa incredibile truffa legalizzataspulciando il documento redatto da tre consulenti di Banca d’Italia (uno dei tre relatori è il famigerato ex-presidente del consiglio fantoccio della GreciaLucas Papademos, governatore della banca centrale ellenica ai tempi dei trucchi di bilancio organizzati insieme a Goldman Sachs per fare rientrare il paese nei parametri di Maastricht: con un consulente così siamo in una botte di ferro!!!). Innanzitutto partiamo dall’assetto proprietario attuale, che è diviso in quote fittizie per un valore complessivo del capitale sociale simbolico di €156.000, di cui Banca Intesa, Unicredit e Assicurazioni Generali insieme detengono quasi il 60% del totale. Il fatto che si sia creata una tale concentrazione di capitale sociale in pochi grandi gruppi dipende dal processo di trasformazione e fusioni successive avvenute nel sistema bancario italiano a partire dai primi anni Novanta.

In base alle rispettive quote e al valore nominale delle stesse, secondo quanto disposto dall’articolo 39 dello Statuto, i dividendi dovuti agli istituti finanziari e assicurativi privati ammonterebbero al 10% dell’intero capitale sociale, ovvero a soli €15.600. Tuttavia i banchieri sono già riusciti in passato ad inserire un comma all’articolo 40 dello Statuto, secondo cui oltre ai risibili dividendi figurativi di cui sopra, spettano agli azionisti privati altri dividendi aggiuntivi pari ai profitti degli investimenti del valore massimo del 4% delle riserve detenute nell’anno precedente (per il 2012 l’aliquota è stata piuttosto bassa, 0,5%, che tradotta in soldoni equivale a €70 milioni regalati alle banche). Il resto dell’utile netto (€2,5 miliardi nel 2012) viene invece ripartito fra accantonamenti a riserve statutarie(€1 miliardo) o girato direttamente al ministero del Tesoro (€1,5 miliardi). Considerando che l’utile lordo è stato di poco superiore a €7 miliardi e sottratta la quota versata in anticipo al fondo rischi generali, ciò significa che lo Stato incassa all’anno all’incirca altri €2 miliardi di tasse sugli utili. E in totale si tratta di €3,5 miliardi entrati nelle casse dello Stato nel 2013. Una bella somma, che giustifica le enormi pressioni dei banchieri sul governo per accaparrarsi una fetta molto più grande del bottino. Dato il contesto istituzionale e politico favorevole (dall’inizio della crisi del 2011 i banchieri sono riusciti ad infiltrare nei governi tecnici Monti e Letta una quantità considerevole di propri dirigenti, affiliati e simpatizzanti) e la situazione di emergenza in cui versa l’Italia, era chiaro che fosse arrivato il momento di sferrare l’attacco decisivo.

  1. LA TRUFFA LEGALIZZATA

La proposta dei banchieri è la rivalutazione del capitale sociale, ricalcolato in base ai flussi di reddito che esso genera, il quale si collocherebbe in un intervallo compreso fra i €5 e €7,5 miliardi. Questi soldi verrebbero spostati contabilmente dalle riserve di Banca d’Italia, prendendo a pretesto il fatto che le banche per 14 anni di fila non hanno sfruttato fino in fondo le potenzialità dell’articolo 40, utilizzando sempre un valore di riserve investite inferiore al 4%. Come dire, non solo lo Stato ha fatto annualmente un regalo alle banche (i 70 milioni di euro di cui sopra), ma adesso i banchieri pretendono pure di farci pesare la colpa che il gentile omaggio non fosse all’altezza delle loro aspettative. Inoltre verrebbe fissato un limite del 5% alle quote possedute da ogni singolo azionista e a coloro che, adesso o in futuro, dovessero ritrovarsi con quote in eccesso, verrebbe concesso un periodo di tempo prestabilito per sbarazzarsene, vendendole ad “investitori istituzionali con un orizzonte di lungo periodo” (definizione generica che significa tutto e niente, ma che alla fine si ridurrebbe a privilegiare i ben noti colossi finanziari mondiali “too big to fail”, tipo Goldman SachsMorgan StanleyJP MorganBarclays,Deutsche Bank e così via).

In pratica si verrebbe a creare un vero e proprio mercato internazionale delle quote di Banca d’Italia, difficile se non impossibile da gestire e monitorare (se Goldman Sachs acquisisce o scala un altro azionista, chi si deve prendere la briga di obbligarla a cedere le sue quote in eccesso?), a cui potrebbero accedere soltanto gli istituti finanziari abilitati ed autorizzati (come avviene oggi con il consorzio degli “specialisti” in acquisto di titoli di stato). In nessun altro contesto internazionale, in cui la banca centrale è in tutto o in parte controllata dai privati, esiste un mercato regolamentato delle quote di partecipazione al capitale di una banca centrale, dato che queste ultime rappresentano ovunque una semplice certificazione azionaria fittizia che non può essere trasferita, venduta, prestata, acquistata. L’Italia sarebbe all’avanguardia in questo settore, visto che il progetto in questione prevede chiaramente che le quote siano “facilmente trasferibili e in grado di attrarre potenziali acquirenti”.

La smania di incentivare l’arrivo di capitali esteri ha contagiato pure uno dei settori in cui la presenza straniera non è affatto necessaria (gli stranieri sanno per caso “stampare” le banconote meglio di noi? O azionare i computers dei funzionari della banca centrale in maniera innovativa?) e creerebbe invece dei paradossi difficilmente risolvibili senza innescare infiniti intoppi diplomatici ed istituzionali: cosa succederebbe se un giorno Banca d’Italia diventasse interamente di proprietà straniera? Potrebbero istituti finanziari esteri pretendere tutto l’oro e il patrimonio accumulato da Banca d’Italia in passato, grazie soprattutto ai privilegi di gestione concessi dallo Stato italiano? Il patrimonio di Banca d’Italia è pubblico o privato? Non sono stati gli italiani e il loro ligio rispetto della lex monetae di Stato a garantire a Banca d’Italia di incrementare nel tempo le sue proprietà e ricchezze? Un ginepraio inestricabile, che giustifica il fatto che nei paesi più civili ed evoluti del mondo la proprietà della banca centrale è interamente pubblica e anche nei casi di proprietà privata, nessuno ha mai osato tanto quanto gli italiani oggi in termini di

Continua qui: http://www.byoblu.com/post/2013/12/08/la-dittatura-finanziaria-totalitaria-prossima-ventura.aspx

 

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Degnazione

de-gna-zió-ne

SIGNIl degnarsi, atteggiamento dell’acconsentire con benevolenza a compiere un atto inferiore alla propria dignità

dal latino dignatio stima, favore, rispettabilità

Questa parola si colloca in un punto cieco del nostro vocabolario quotidiano. Il degno, lo sdegnato, il degnare, figuriamoci la dignità, li frequentiamo assiduamente, la degnazione invece resta in disparte, poco battuta. È una parola fine e problematica, per la sua non consuetudine sembra un po’ difficile da usare, e va vista bene.

Sarebbe l’atto del degnarsi, o meglio l’atteggiamento del degnarsi. Quindi prima si deve capire che cosa sia il degnarsi. Sui dizionari si trova riportato in maniera sintetica che è l’acconsentire a compiere qualcosa che non si considera all’altezza della propria dignità. In parola più semplici: va bene, mi abbasso a farlo. E spesso ricorriamo a questo significato con sprezzo ironico: ah, guarda chi si è degnato di venire alla mia festa; non mi degnerò di rispondere a chi si esprime in questo modo; lui non si degna di mettere benzina nell’auto, va sempre al servito. E in un’epoca orizzontale è difficile usare questo verbo in maniera schietta, non acre – per quanto magari, con emozione, io possa parlare di quella volta che il mio cantante preferito si degnò di autografarmi il cd. Il degnarsi implica l’esistenza di un superiore e un inferiore.

La degnazione è un sostantivo sottile: è quell’atteggiamento per cui, benevolo, magnanimo, cortese, io compio quell’atto inferiore alla mia dignità. Curiosamente si è fatta tutta negativa: c’è un calcolo di ostentazione, di compiacenza, perché la

Continua qui: https://unaparolaalgiorno.it/significato/D/degnazione

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Il “Patto di Aquisgrana”

22 Gennaio 2019 DI ANDREA ZHOK

 

Il “Patto di Aquisgrana” firmato oggi contempla, tra le altre cose:

1) l’appoggio francese per far entrare la Germania come membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

2) l’istituzione di un Consiglio dei ministri franco-tedesco;

3) l’istituzione di un consiglio franco-tedesco di difesa e sicurezza;

4) l’istituzione di un consiglio franco-tedesco di esperti economici;

5) la partecipazione di ministri delle rispettive nazioni, con turnazione trimestrale, ai consigli dei ministri dell’altro Stato.

Bisogna essere completamente ciechi per non vedere che questa è la pietra tombale su tutte le fiabe dell’Unione Europea come unione tra pari, e strumento di cooperazione.

Si tratta di un patto bilaterale classico tra i due pesi massimi dello scenario europeo, che con ciò di fatto sono in grado di predecidere l’intera politica UE.
Le altre istituzioni europee restano là come quinte di teatro ad uso dei fotografi.

Due soli mi sembrano gli scenari possibili, da oggi in poi.

Se il patto regge alle vicissitudini interne dei firmatari, allora avremo di fatto una diarchia che utilizzerà i Trattati europei un po’ come camicia di forza e un po’ come tunica di Nesso per imbrigliare e ridurre a miti consigli tutti gli

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/il-patto-di-aquisgrana/

 

 

 

 

Come topi nella trappola di Bruxelles

Di ilsimplicissimus 19 gennaio 2019

Possibile che non lo avessero capito? Parrebbe invece che i componenti del nuovo governo abbiano appreso solo ex post che tutto quello che intendevano fare era collegato alla possibilità di avere una qualche libertà di bilancio e che tutte le promesse, pensioni, reddito di cittadinanza, flat tax , ancorché contraddittorie visto che abbiamo un esecutivo bicefalo, erano legate alla possibilità di emanciparsi dalla soffocante tutela di Bruxelles. Era proprio questo il senso della cosa. Nel momento in cui si sono calate le braghe di fronte all’oligarchia tutto il problema diventava quello di dare a bere agli italiani e soprattutto ai propri elettori che si stava tenendo fede agli impegni: ma questo non è minimamente possibile perché una volta accettato di tenere fissa la spesa per il reddito si tratta solo di stabilire delle regole per escludere abbastanza soggetti da stare nei conti o di dare un’elemosina a tutti. Da qui una serie di regole arzigogolate per diminuire il numero dei “beneficiati” come ad esempio la regola che l’integrazione del reddito spetta solo a chi è residente da dieci anni in Italia il che esclude tutti quelli che hanno lavorato all’estero perché qui non si trovava occupazione. Il danno e la beffa.

E non solo perché il reddito di cittadinanza verrà pagato dagli stessi percettori o attraverso i beni immobiliari, ma anche attraverso meccanismi di lavoro obbligato che verrò ovviamente svolto proprio per quattro soldi, perfezionando così quel lavoro schiavistico che provocano i sistemi di sostegno al reddito pensati solo in funzione aziendalistica e comunque abborracciati. Per non parlare del premio (minimo cinque mesi di stipendio del neoassunto) dato alle aziende, se non licenzieranno prima di 24 mesi: un ulteriore vantaggio oltre a quello di poter disporre di lavoro a salari inferiori a quello del livello di povertà. E che dire delle card tremontiane rispolverate per l’occasione in maniera da far vergognare i pensionati al minimo? Reddito di cittadinanza? No reddito per un lavoro coatto. Se poi ci aggiungiamo che la riforma Fornero delle pensioni rimane pienamente in vigore, che anzi si mette mano alla sua completa realizzazione, collegando il trattamento all’andamento della vita media e che si invoca esplicitamente il ricorso alla pensionistica privata per meglio ingrassare le banche, si vede con chiarezza che questo governo è perfettamente e assolutamente in linea proprio con quella governance neoliberista, espressa dall’Europa che voleva contrastare. Anzi si potrebbe dire che siamo in un thatcherismo da Magna Grecia, appena nascosto da qualche velo retorico peraltro asseverato dalle opposizioni che considerano tutto questo come se fosse davvero un impudente reddito di cittadinanza.

Pare impossibile che non lo abbiano capito, che non si siano accorti che accettare le

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POLITICA

LE ÉLITE OCCIDENTALI PENSANO DI POTER DIFENDERE IL LORO POTERE LIMITANDO LA FORMA DEMOCRATICA.

 23 Gennaio 2019

“Le persone che vedono respingere le politiche che hanno votato più e più volte, proprio da parte delle élite che i popoli hanno sconfitto con il voto, inevitabilmente si rivolgeranno ad altri mezzi per ottenere quello che vogliono”.

“Coloro che rendono impossibile la rivoluzione pacifica … rendono inevitabile la rivoluzione violenta”, (John F. Kennedy).

di Pat Buchanan

Nel 2016, Stati Uniti e Gran Bretagna sono stati entrambi testimoni di rivoluzioni pacifiche.

Gli inglesi hanno votato in maggioranza per separare i legami con l’Unione europea, ripristinare la loro piena sovranità, dichiarare l’indipendenza e andare per la loro strada nel mondo. La politica commerciale e dell’immigrazione avrebbe dovuto ormai essere decisa da un Parlamento eletto dal popolo, non dai burocrati di Bruxelles.

E’ stata chiamato “Brexit” . E la sfida britannica ha sbalordito le élite globali.

Due anni e mezzo dopo, la Gran Bretagna è ancora all’interno dell’UE, e nessuno sembra sapere quando e se il divorzio avrà luogo – una vittoria di Londra e delle élite europee sulla volontà espressa del popolo britannico.

Inorridite dal voto sulla Brexit, queste élite hanno puntato su un gioco di attesa, trasmettendo avvertimenti su ciò che potrebbe accadere, per terrorizzare il pubblico britannico nel riconsiderare e invertire la sua decisione democratica.

La perdita dei candidati e la perdita dei partiti accetta la sconfitta e aumenta il potere.

Gli organismi dell’establishment dispongono di ordini del giorno che non li considerano soggetti a ripudio o obiezione elettorale. Una volta sconfitti, utilizzano i loro poteri non elettorali per impedire che politiche indesiderate vengano mai attuate.

Chiamala se vuoi democrazia limitata.

Nel 2016, Donald J. Trump è stato eletto presidente quando uno spirito di ribellione contro le élite fallite americane ha agitato le due parti. Sia la campagna di Trump che quella di Ted Cruz, che si sono classificate seconde nella corsa repubblicana, hanno offerto idee anti-establishment. Così anche la campagna di Bernie Sanders nelle primarie democratiche.

Il programma definitivo di Trump era fondamentalmente questo:

Costruire un muro attraverso il confine messicano per fermare l’inondazione di migranti illegali. Liberarsi dalla mezza dozzina di guerre in Medio Oriente in cui Bush II e Obama avevano immerso l’America.

Trump promise di abrogare gli accordi commerciali che avevano visto le importazioni dai paesi NAFTA, dalla Cina, dall’UE e dal Giappone per sostituire con le merci prodotte negli Stati Uniti. Si dovevano fermere le delocalizzazioni di decine di migliaia di fabbriche statunitensi e l’emorragia di milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero.

E avrebbe sospeso la nuova guerra fredda con la Russia.

A metà di questo periodo presidenziale, dove siamo?

Una parte del governo degli Stati Uniti è stata chiusa per un mese. Il muro non è stato costruito e potrebbe non esserlo mai. La decisione del presidente Trump di ritirare dalla forza siriana 2.000 soldati statunitensi ha incontrato una forte resistenza da parte dell’establishment che si occupa della politica estera. Trump viene spinto ad affrontare la Russia dal Baltico al Mar Nero e a distruggere il trattato sui missili nucleari a raggio intermedio che Ronald Reagan ha negoziato con Mikhail Gorbaciov.

Inoltre, l’America viene sospinta verso una nuova guerra in Medio Oriente con l’Iran.

Questa era l’agenda dell’establishment, non quella di Trump.

Ultimamente abbiamo appreso che, dopo che Trump ha licenziato il direttore dell’FBI James Comey, una cabala all’interno dell’FBI ha avviato un’inchiesta di controspionaggio per scoprire se Trump fosse un agente consapevole di una cospirazione del Cremlino.

Chi ha fatto questa chiamata? Chi l’ha approvata? L’FBI ha scoperto che Trump è un patriota o un altro Alger Hiss (spia dell’URSS)? Non siamo stati informati dall’FBI dopo due anni di indagini. Perché no?

Sappiamo che il braccio dell’immersione della campagna di Clinton, Fusion GPS, aveva contrattato una ex spia inglese con connessioni con il KGB per preparare un “sporco dossier” che è stato usato per persuadere il tribunale segreto della FISA (“Foreign Intelligence Surveillance Court”) ad approvare la sorveglianza della campagna di Trump.

Eppure, sembra esserci un enorme disinteresse mediatico in una cospirazione che potrebbe ritrarre Trump come vittima di una sporca campagna di inganni.

Il che ci riporta alla domanda più ampia: mentre i populisti hanno vinto le elezioni e compiuto rivoluzioni pacifiche, spesso le politiche, per le quali hanno lavorato con successo, non vengono mai attuate.

Nel libro del 1975” “Conservative Votes, Liberal Victories: Why the Right Has Failed” (Voti conservatori, vittorie liberali: perché il diritto è venuto meno) , questo scrittore ha cercato di esplorare e spiegare le forze che tanto spesso negano il diritto alla politica delle sue vittorie politiche.

“L’essenza del potere della stampa risiede nell’autorità di selezionare, elevare e promuovere una serie di idee, problemi e personalità e di ignorare le altre”, ha scritto questo autore. “La stampa determina di cosa ‘la gente parlerà ecosa penserà’ a causa del

 

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UNA NOTA SUL CONFLITTO DIPLOMATICO ITALO-FRANCESE E LA CRISI DELLA GLOBALIZZAZIONE

Luigi Copertino  22 Gennaio 2019

UNA NOTA SUL CONFLITTO DIPLOMATICO ITALO-FRANCESE E LA CRISI DELLA GLOBALIZZAZIONE

L’uscita di Luigi Di Maio contro la Francia, che ha provocato una crisi diplomatica, in contemporanea all’accusa lanciata dal Fmi, a guida Christine Lagarde (francese), contro la politica economica del governo italiano (cui giustamente Salvini ha replicato ricordando che il Fondo è responsabile, per sua stessa ammissione, di aver sbagliato completamente tutti i calcoli del “salvataggio” della Grecia, gettando quel Paese nella rovina: per inciso a fare quei calcoli errati fu Carlo Cottarelli, l’attuale idolo della sinistra blairista) sono segnali di una tensione che si va accumulando in previsione delle europee di maggio.

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La cosa che più fa rabbia, però, è che ieri, immediatamente, tutto il mediasystem italiano si è subito proteso a difendere la Francia cercando di minimizzare la questione del franco Cfa, la moneta africana stampata e controllata da Parigi, dicendo che essa è frutto di liberi accordi tra Stati e che essa non è il vero problema dell’Africa. In realtà il franco Cfa è la trasformazione post-bellica della vecchia moneta coloniale in una moneta unica dell’area africana francofona sotto forma di apparenti accordi tra Stati sovrani. Apparenti perché in verità c’è da chiedersi quali liberi accordi possono mai esserci tra l’antico padrone coloniale, in posizione politicamente ed economicamente egemone, e i popoli ad esso un tempo formalmente soggetti ed ora, benché in teoria sovrani, troppo deboli per non dipendere dal primo. Che la moneta coloniale francese, certo, non è l’unico problema dell’Africa è vero ma minimizzarla significa non far capire all’opinione pubblica che un cambio monetario fisso – senza confederazione politica – altro non è che rinuncia alla sovranità monetaria, un legarsi al “vincolo esterno”, e quindi alla possibilità di fare autonome politiche di sviluppo. Che è esattamente il quadro neocoloniale al quale si riferiva Di Maio.

E’ vero che gli Stati africani soggetti al franco Cfa potrebbero uscire dagli accordi quando vogliono ma in realtà tutti coloro che tra i leader africani ci hanno provato sono misteriosamente finiti assassinati. Fu, ad esempio, il caso di Thomas Sankara che nel 1983 guidò il Burkina Faso verso l’indipedenza monetaria ed economica, risollevandone le sorti, e che fu assassinato dal suo stesso braccio destro, comprato dai francesi, il quale riportò il Burkina Faso all’ovile parigino.

Infatti la moneta neocoloniale francese non solo impedisce lo sviluppo locale, dato che a garanzia della convertibilità gli Stati africani devono depositare presso la Banca Centrale Francese il 50% (un tempo il 67%) del loro prodotto interno lordo (il che significare derubare quei popoli della metà dei proventi del loro lavoro), ma è un affare per le multinazionali, che godono della stabilità monetaria così assicurata, e per le importazioni quasi coatte di quei Paesi dei prodotti francesi, che così non scontano un cambio eventualmente sfavorevole. Ma il vero nocciolo della questione sta nel fatto che Parigi compra, con una moneta emessa e controllata dalla Francia, quindi a prezzi agevolati, le materie prime di cui quei Paesi sono ricchi. Espropriandoli, in altri termini, della loro ricchezza perché di questa solo qualcosa ricade, per l’ovvia prudenziale necessità francese di assicurarsi un certo collaborazionismo interno, sul locale ceto dirigente, che è ammesso a godere della sua parte dei proventi minerari ricavati con il sudore degli africani poveri e sovente con il lavoro femminile e minorile orrendamente sfruttato.

Che tra la nostra Patria e la Francia ci sia da tempo tensione non è cosa nuova. La vicenda della STX nazionalizzata da Parigi per impedirne, in barba a tutta la retorica liberoscambista eurocratica, la maggioritaria acquisizione da parte italiana, la chiusura della frontiera di Ventimiglia per bloccare in Italia i migranti diretti in Francia con oltretutto la beffa delle offese di Macron che bollava di razzismo gli italiani per i morti nel Mediterraneo, l’invasione del territorio nazionale a Bardonecchia da parte della polizia francese, sono tutti episodi che attestano il disprezzo mostrato dai cosiddetti “cugini” (?) d’oltralpe verso di noi.

La Francia, a sua volta in posizione subalterna verso Berlino più potente, guarda alla Germania. E non da oggi perché, dopo due guerre mondiali, Parigi ha compreso che deve condividere il dominio in Europa con la vecchia nemica storica. Basta ricordare l’alleanza Merkel-Sarkozy, nel 2010, con tanto di risolini contro Berlusconi che erano sbeffeggiamenti verso l’Italia, non verso il suo governo dell’epoca.

Il recente trattato franco-tedesco, simbolicamente firmato proprio oggi ad Aquisgrana per ratificare e completare l’egemonia “carolingia” in Europa (un’offesa alla memoria dell’imperatore Carlo Magno che di Francia e Germania e dei rispettivi nazionalismi nulla sapeva ed, invece, guardava all’universalità della Roma cristiana), è chiaramente indicativo della volontà di domino, di potenza, perseguita da Parigi e Berlino. O meglio dalle élite finanziarie e capitaliste francesi e tedesche che nel liberoscambismo globale hanno la loro linfa vitale.

Il fatto che la Francia eserciti una egemonia in Africa è rassicurante per la Germania ed infatti nell’Accordo di Aquisgrana la stretta cooperazione tra Parigi e Berlino, che solo gli sciocchi possono leggere in chiave europeista quale anticipo dell’“Europa politica”, verte anche sulla gestione condivisa del mercato delle risorse primarie, di cui l’Africa ha ampie disponibilità.

L’intera prima serata su Rai2 di ieri è stata dedicata a presentare agli italiani quanto conveniente è per la nostra economia ratificare il Ceta, l’accordo di libero-scambio euro-canadese, ora che il cattivo risorgente protezionismo, imposto da Trump nella sua lotta contro la Cina. Se è vero che la libertà di commercio è vantaggiosa anche per certi settori italiani (il made in Italy gastronomico e della moda), è però ormai evidente che la globalizzazione sta fallendo nei suoi obiettivi promessi. Se l’autarchia assoluta è impensabile, dimenticare la domanda interna significa condannarsi a dipendere del tutto dall’estero e quindi dalle forze transnazionali che controllano la globalizzazione, ossia la finanza apolide. Alla fine del XX secolo, in un allucinante clima da entusiasmo millenarista, il WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio con sede a Ginevra (la città del calvinismo, di Rousseau, della Società delle Nazioni), inaugurava i fasti della globalizzazione promettendo un mondo a venire di pace, benessere e felicità per tutti, con la definitiva sconfitta, mediante i liberi commerci, della povertà in tutto il pianeta. Vecchia storia che risale almeno alle analoghe promesse con le quali fu presentata, dopo la Prima guerra mondiale, la Società delle Nazioni, voluta dal presidente americano Wilson.

Nei suoi primi vent’anni la globalizzazione ha funzionato facendo volare l’economia globale e permettendo a milioni di esseri umani di superare la soglia critica della povertà e del sottosviluppo. Ma si trattava di una illusione. Passato quel primo momento con i suoi apparenti successi, la liberalizzazione dei mercati e dei capitali ha provocato la polarizzazione della ricchezza tra il vertice – pochi miliardari calcolati in circa un duemila persone, neanche lo 0,1% della popolazione mondiale – che ha accumulato immensi profitti, ed una base – la maggior parte della popolazione del pianeta, circa il 95% – che o non è mai veramente uscita dalla povertà o è tornata ad impoverirsi di nuovo. Anche coloro che erano riusciti a superare la soglia della miseria, infatti, stanno ricadendo nell’inferno della fame. Nel mezzo ci sono i ceti medi e la working class occidentale e del secondo mondo che precipitano verso il basso, con velocità accelerata a partire dalla crisi del 2008. Si tratta di uno scenario che, in qualche modo, sembra offrire una rivincita a Marx, il quale aveva previsto la polarizzazione e lo scontro finale tra due soli classi, borghesia e proletariato, ricchi e poveri. Non realizzatasi, questa polarizzazione, nel XX secolo per via dell’invenzione, nel quadro degli Stati nazione, dello Stato sociale che ha permesso l’ascesa dei ceti medi e la sproletarizzazione dello stesso proletariato, è ora in fase di avanzata realizzazione

 

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/una-nota-sul-conflitto-diplomatico-italo-francese-e-la-crisi-della-globalizzazione-di-luigi-copertino/

 

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

I robot umanoidi arrivano negli ospedali

Accompagneranno e controlleranno i pazienti, ma monitoreranno anche i loro stati d’animo, grazie all’intelligenza artificiale che gli permette di interagire con le persone e decifrare i loro sentimenti.

23 gennaio 2019

robot umanoidi si preparano a debuttare negli ospedali italiani e l’intelligenza artificiale arriva in corsia: R1 accompagnerà i pazientia fare gli esami, e cercherà anche di capirne emozioni e condizioni fisiche per fare una prima diagnosi. Pepper si darà da fare monitorando le stanze, per avvertire medici e infermieri in caso di emergenze. Dopo la sperimentazione pilota fatta a novembre presso la Casa Sollievo della Sofferenza di Giovanni Rotondo (Foggia), ad aprile ne partirà un’altra di 2-3 anni nello stesso istituto, oltre che in altri ospedali italiani e francesi.

 

LA COLLABORAZIONE TRA IIT, KONICA MINOLTA E SOFTBANK

La ricerca vede la collaborazione dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova, dove è nato R1, con le aziende Konica Minolta Europe, specializzata in intelligenza artificiale, e la giapponese Softbank, produttrice di Pepper. Dopo i robot per la chirurgia, la riabilitazione, quelli radio-chirurgici non invasivi e per l’industria farmaceutica, ora è la volta di quelli umanoidi, che aiuteranno medici e infermieri nel loro lavoro. «Gli ospedali ci hanno detto che non hanno forza lavoro sufficiente per fare ronde continue nelle stanze e accompagnare i pazienti a fare gli esami. Per queste attività non serve personale specializzato, ma un robot può essere molto utile», precisa Francesco Puja, del laboratorio di Roma della Konica Minolta. I robot sanno riconoscere oggetti e persone ed interagire con dottori e pazienti, comprendendone i comportamenti per muoversi in autonomia nell’ospedale.

IL ROBOT CHE AVVISA IL DOTTORE SE IL PAZIENTE CADE DAL LETTO

Nel test fatto tra ottobre e novembre scorso, Pepper e R1 (già protagonisti di altre sperimentazioni nel mondo) sono stati messi alla prova nel reparto di geriatria. «Abbiamo deciso di provarli entrambi perché hanno caratteristiche diverse: R1 è un robot di ricerca, mentre Pepper è già un robot commerciale», continua Puja. Pepper ha monitorato le stanze dei pazienti, allertando i

 

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Monsanto-Bayer passa alla modificazione genica di frutta ed altro

di William Engdhal – 20/01/2019

 

Fonte: Comedonchisciotte

Non a caso, la Monsanto, che oggi si nasconde dietro il logo Bayer, da leader mondiale delle sementi OGM brevettate e dell’erbicida a base di glifosato (probabilmente cancerogeno) Roundup, sta tentando di brevettare, senza dare nell’occhio, varietà geneticamente modificate (o OGM) di frutta utilizzando la controversa modalità della modificazione genica (gene editing). La “bellezza” della cosa per Monsanto-Bayer è che negli USA, secondo una recente sentenza del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, l’agricoltura geneticamente modificata non ha bisogno di test speciali e indipendenti. Questi sviluppi non sono certamente buoni per la salute o per la sicurezza umana, né faranno alcunché per dare al mondo un modo migliore di nutrirsi.

Il colosso agrochimico e OGM Monsanto, che oggi cerca di mantenere un  basso profilo all’interno della Bayer, il gigante tedesco per prodotti chimici ad uso agricolo ed OGM, si sta orientando in direzione dell’assai controverso settore della modificazione genica di nuove varietà di colture. Nel 2018, mentre la società veniva inondata di cause legali contro l’uso del probabilmente cancerogeno Roundup, la Monsanto aveva investito 125 milioni di dollari in una piccola azienda specializzata in modificazioni geniche, denominata Pairwise. Il collegamento è tutt’altro che casuale.

L’ex vicepresidente del settore Global Biotechnology di Monsanto, Tom Adams, ha assunto la carica di Amministratore Delegato di Pairwise. In breve, questo è l’avvio di un progetto di modificazione genica da parte di Monsanto. In un comunicato stampa, Pairwise afferma di utilizzare la controversa tecnologia di modificazione genica, denominata CRISPR, per creare prodotti modificati geneticamente. Apparentemente, tra i loro obbiettivi vi è la produzione di una varietà super-dolce di fragole o di mele, proprio quello di cui la nostra popolazione, già satura di zuccheri, non ha alcun bisogno.

La tecnologia di modificazione genica CRISPR, un tentativo occulto del settore agroindustriale globale per promuovere mutazioni artificiali delle colture e, cosa che ha recentemente scioccato il mondo, anche degli esseri umani (come è avvenuto in Cina), viene promossa, proprio come era successo in modo ambiguo alle colture OGM, come una soluzione alla fame nel mondo. Il fondatore di Pairwise, Keith Joung, ha detto ai giornalisti che i loro frutti modificati geneticamente con il metodo CRISPR “accelereranno il processo innovativo, assolutamente necessario per nutrire una popolazione in crescita e che si trova di fronte alla sfida del cambiamento climatico.” Come delle fragole modificate geneticamente per essere più dolci possano risolvere il problema della fame nel mondo, lo ha lasciato all’immaginazione. Pairwise dice anche che la frutta modificata geneticamente ridurrebbe, in qualche modo, lo spreco alimentare. Su questo bisognerebbe comunque rimanere scettici, anche se è un bel modo di farsi pubblicità. Oltre alle fragole super-dolci, la Monsanto prevede di utilizzare la collaborazione con Pairwise per sviluppare nuove varietà di prodotti geneticamente modificati, mais, soia, grano, cotone e colza. E poiché l’USDA ha purtroppo dato il via libera, questi nuovi alimenti geneticamente modificati non verranno sottoposti a test indipendenti per quanto riguarda salute e sicurezza.

Le stupide normative dell’USDA

Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha recentemente emesso un’ordinanza secondo cui la CRISPR e gli altri nuovi sistemi di modifica genica dei prodotti alimentari non necessitano di specifici controlli regolamentari o di test indipendenti. Il segretario dell’USDA, Sonny Perdue, ha annunciato nel 2018 la riconferma di una normativa dell’era Obama che esentava le colture geneticamente modificate dall’essere sottoposte ad esami particolari. In un comunicato stampa, Purdue ha dichiarato che l’USDA non regolamenterà i selezionatori di piante che usano tecniche di modificazione genica che non richiedono l’introduzione di geni di altre specie, o “di piante che avrebbero potuto comunque essere state sviluppate attraverso le tecniche di selezione tradizionali.” Nella dichiarazione ha aggiunto che “l’USDA cerca di favorire le innovazioni solo se non è presente alcun rischio.” Il problema è che non sono mai stati eseguiti test scientifici esaustivi da parte di alcun ente governativo o da altri soggetti per dimostrare che le colture geneticamente modificate non presentano rischi.

Fortunatamente, con una sentenza che tiene più in considerazione la salute e la sicurezza della popolazione, la Corte di Giustizia Europea (ECJ), la corte suprema dell’Unione Europea, ha stabilito l’anno scorso che i prodotti genicamente modificati dovrebbero essere trattati alla stregua degli organismi geneticamente modificati (OGM), che nell’UE sono soggetti ad una regolamentazione sostanziale.

Questa sentenza ha scatenato le grida di protesta da parte di soggetti come Monsanto-Bayer, ma, a tutt’oggi, rimane in vigore. Ciò rende gli Stati Uniti il centro focale degli sviluppi che riguardano la modificazione genetica in agricoltura, probabilmente una cattiva notizia per la popolazione americana che, a seguito di una ordinanza esecutiva firmata nel 1992 dall’allora presidente G.H.W. Bush, si nutre con una dieta pesantemente satura di prodotti OGM, soia, riso, mais, patate, barbabietole da zucchero ed altri prodotti, e anche con insulina OGM per la cura del diabete.

Senza rischi?

Il recente interesse per un biofisico cinese che aveva pubblicamente dichiarato di aver modificato con successo l’embrione umano per rendere due gemelle “HIV-immuni” ha attirato l’attenzione del mondo su una tecnologia di manipolazione genica relativamente sconosciuta, nota come modificazione del genoma. Questa è stata una brutta notizia per quelle aziende come Monsanto-Bayer che avevano sperato di portare avanti i propri sogni di manipolazione genica sotto la denominazione di “biotecnologie“, per evitare l’etichetta “cibo-Frankenstein” che il mondo aveva affibbiato alla tecnologia OGM precedente.

Anche se l’attuale Segretario dell’USDA, Perdue, si è semplicemente basato sulle vecchie argomentazioni pro-OGM dei burocrati della precedente amministrazione Obama, la cosa necessita, ovviamente, di un attento riesame.

La tecnologia CRISPR-Cas9 che ha trasformato il panorama dell’editing genico ha solo cinque anni di vita. I rischi hanno dovuto in gran parte essere rivelati dai singoli ricercatori. In uno di questi studi, pubblicato nel maggio 2017 sulla rivista Nature, alcuni ricercatori che si occupavano di modifiche geniche avevano riferito di essere rimasti turbati nell’aver scoperto un numero inaspettatamente alto di mutazioni secondarie in un esperimento di terapia genica effettuato sui roditori. In altre parole, i risultati non erano stati previsti.

Quando il biofisico cinese He Jiankui aveva scioccato il mondo, nel dicembre 2018, con l’annuncio di aver usato la CRISPR per alterare il genoma di due embrioni umani nell’utero di una donna, che aveva poi dato alla luce due

 

Continua qui: https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=61468

 

 

 

STORIA

La scuola sacrifica la storia? Sforna cittadini senza memoria

Scritto il 23/1/19

 

Uno degli effetti più dannosi e inavvertiti della riforma Gelmini, voluta e attuata con spietata determinazione dal secondo governo Berlusconi nel 2008, è il depotenziamento dell’insegnamento della storia in tutte le scuole di ogni ordine e grado.

 

Fino alla riforma Gelmini la storia, secondo il modello del pedagogista Jerome Bruner, veniva insegnata in modo circolare, riprendendola daccapo e in modo completo in ogni ciclo scolastico (elementari, medie, superiori). La ragione era semplice e sensata: man mano che il bambino cresce, aumenta la sua capacità di afferrare la complessità degli eventi umani e la ripetizione consente di approfondire progressivamente la conoscenza della disciplina, sedimentandola sempre meglio. Ora invece i bambini italiani incontrano gli eventi storici una sola volta nel loro percorso scolastico di otto anni fra elementari e medie. Se hanno fortuna, nel migliore dei casi hanno a 14 anni nozioni vaghe o elementari dei processi storici; se per sfortuna imbroccano nell’insegnante sbagliato, possono ignorare completamente interi pezzi del passato. Arrivano così spesso alle superiori con un enorme buco nero alle spalle. Pochi di loro sanno che cosa sia la Rivoluzione Francese, la formazione degli Stati assoluti, il Risorgimento o la Seconda Guerra Mondiale. Figuriamoci la storia antica e medioevale.

In più, la riforma ha fatto ulteriori “regali” agli studenti delle superiori: ha tolto un’ora alla disciplina nel biennio, aggiungendole però anche la geografia nell’orario ridotto (si tratta di quell’ibrido sconcertante che si chiama “geostoria”); ha rimodulato la distribuzione del programma di storia in modo che, invece di cominciare dalla metà del Trecento, in terza si cominci da Carlo Magno (cinque secoli prima); ha creato classi di 27-30 alunni. Risultato: il Novecento resta per forza fuori dalle scuole italiane, se non trattato di corsa e solo fino

 

http://www.libreidee.org/2019/01/la-scuola-sacrifica-la-storia-sforna-cittadini-senza-memoria/

 

 

 

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