NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 24 GENNAIO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
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EDITORIALE
Elezioni di Emilia e Romagna, lo spread e i migranti-paganti
Manlio Lo Presti – 24 gennaio 2020
Il copione non cambia, anche se recitato con altri mezzi. Mi riferisco al clamore preelettorale della imminente contesa emiliana.
Le tappe sono più o meno queste:
- Blocco degli sbarchi massicci di migranti-paganti. Fanno approdare qualche barchetta per non farla proprio sporca;
- Blocco dello spread. Nessuno ne parla, ma è pronto a muoversi ad orologeria a secondo dell’esito elettorale.
Ricordate il famoso FATE PRESTO?
- Silenzio dell’asse infernale Franco-germanico-USA: tutti zitti quando non se ne risparmiano una per colpire violentemente il nostro Paese ed intromettersi continuamente negli affari nazionali, grazie alla palese inerzia della cricca di politici cocainomani nazionali;
- Silenzio dei movimenti ambientalisti e blocco del loro frenetico recentissimo attivismo;
- Silenzio dei soliti noti del blocco neomaccartista-quadrisex-antifa, salvo qualche blando articoletto: la paura è tanta e non bisogna esporsi;
- Silenzio assordante dell’effervescente inquilino del Colle;
- Creazione ex-nihilo del movimento delle c.d. sardine: aggiungere caos al caos.
L’Italia deve essere sempre in stato di guerra civile a bassa intensità;
- Disfacimento pilotato del movimento 5Stelle che va eliminato perché non serve più.
Tutti sono alla finestra a vedere cosa accade in Emilia e in Calabria da lunedì dopo la chiusura di due tornate elettorali che sono state caricate di valenze nazionali a causa dell’arroccamento di un Parlamento screditato ed impaurito la cui composizione attuale non rispecchia minimamente la geografia del consenso espressa da tempo dal Paese reale!
Si affacciano due ipotesi.
La prima: questo governo regge sull’antisalvinismo. Il babau deve rimanere alla porta e va logorato il suo partito che non riesce a dare concretezza al consenso accumulato.
Nel frattempo (scopo vero)
- si fanno le 400 nomine ad enti e strutture rilevanti del nostro Paese con uomini schierati PD & loro sodali;
- si nomina il prossimo presidente della repubblica, ovviamente schierato PD & loro sodali.
La seconda: il governo Badoglio 2.0 cade per mano renziana.
La seconda ipotesi apre la strada alla nomina dell’ulteriore pretoriano supertecnico a trazione Francia-Germania-UE-USA e il cui esclusivo compito sarà in ordine di apparizione:
- svendita delle ultime imprese italiane valide a stranieri;
- imposta del 20-20% sul valore degli appartamenti di proprietà costringendo oltre la metà degli italiani a vendere sottocosto le proprie case a compratori di targa nordeuropea;
- aumento dei “crediti inesigibili” assistiti da garanzie ipotecarie su beni che saranno venduti massicciamente per far cadere artificiosamente il valore delle case in tal modo rastrellabili a pochi soldi;
- fusioni bancarie per facilitare lo spostamento del 90% dei risparmi italiani a banche tedesche
- legge sul suicidio assistito anche non terapeutico di massa per facilitare i risparmi delle banche e delle assicurazioni che hanno polizze sanitarie di persone anziane;
- apertura indiscriminata dei porti italiani per arruolare masse di neoschiavi e tre soldi al giorno per far saltare definitivamente l’intera architettura del c.d. welfare duramente conquistata da lotte sociali e sindacali; ridurre i costi del lavoro senza dover fare investimenti tecnologici e strutturali; acquisire masse di voti al PD & suoi sodali; aumentare il flusso di finanziamenti alle strutture di “accoglienza” militarmente monopolizzate dal vaticano, dalle coop, dai partiti, dalle otto mafie.
Questo deve far riflettere sul quadriennale ritardo nella sistemazione delle aree terremotare dell’aquila e sulle strane vicende delle aree colpite “casualmente” dalla xylella in Puglia: esistono inquietanti legami fra queste aree e gli sbarchi e il ritardo nel riassetto di questi territori. Perché queste lentezze? Forse quelle aree saranno utilizzate per accogliere ondate massicce di migranti-paganti?
Nessun giornalista ne parla, anche se lo scandalo emergerà quando sarà spifferato dalle fazioni che saranno escluse dalla immensa prossima mangiatoia di circa 12.000.000.000 di euro che nel passato sono stati spesi!
P.Q.M.
Il diritto di voto non sarà più possibile in Italia.
Semmai, dopo il compimento delle sopra accennate nomine agli Enti e del Quirinale!
Se qualcuno non vuole piegarsi a questo andazzo “democratico”, rimane la collaudata riedizione di una più sanguinaria “STAGIONE DELLE BOMBE su
treni,
strade a grande scorrimento,
ponti,
ospedali,
scuole,
metropolitane,
banche,
supermercati,
ecc. ecc. ecc.
con migliaia di morti e la sospensione dei diritti civili …
Dei morti con attentati sanguinari si può sempre dare la colpa a
- i fascisti
- l’ISIS,
- i libici,
- i russi, i cinesi inca@@ati che non fanno più affari in Italia
- Salvini e i suoi elettori demmerda che ormai raggiungono il 40% della popolazione!
COROLLARIO: non si vota più in Italia
Ne riparleremo molto molto molto presto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
IN EVIDENZA
Verso Bibbiano
giovedì 23 gennaio 2020
(…”ancora una scena, una soltanto, per curiosità, anche questa molto caratteristica, l’ho appena letta in una raccolta di antichità russe, nell'”Archivio” o ne “Il passato”, ho dimenticato il nome, devo controllarlo. Era il periodo più cupo della servitù della gleba, ancora all’inizio del secolo; e qui un evviva al Liberatore del Popolo! All’inizio del secolo, dicevo, c’era un generale, un generale con conoscenze importanti, un ricchissimo proprietario terriero, ma uno di quelli (e pare che anche allora non ce ne fossero molti), che ritirandosi a vita privata, quasi quasi erano convinti di essersi conquistati il diritto di vita e di morte sui loro sudditi. Ce n’erano di tipi così a quei tempi. Allora il generale risiedeva nella sua proprietà di duemila anime, viveva nel lusso e spadroneggiava con i poveri vicini come se fossero i suoi parassiti e buffoni. Aveva un canile con un centinaio di cani da caccia e quasi cento custodi, tutti in uniforme e tutti a cavallo. Un giorno un servo, un ragazzino di soli otto anni, mentre giocava, lanciò una pietra e ferì una zampa del levriero preferito dal generale. “Come mai il mio cane è azzoppato?” Gli riferirono che era stato quel ragazzino a lanciargli una pietra e ferirlo a una zampa. “Ah, sei stato tu?”, disse il generale squadrando il ragazzino: “Prendetelo!” Lo presero, togliendolo alla madre, e lo rinchiusero in gattabuia per tutta la notte; il mattino dopo, all’alba, il generale uscì in pompa magna per andare a caccia, in groppa al suo cavallo, attorniato dai suoi parassiti, dai cani, dai custodi e dai capocaccia, tutti a cavallo. Tutti i servi erano stati riuniti perché assistessero alla punizione, e davanti a tutti c’era la madre del bambino colpevole. Portano fuori il bambino dalla gattabuia. Era una giornata d’autunno cupa, fredda, nebbiosa, ideale per la caccia. Il generale ordina di spogliare il bambino e quello rimane tutto nudo, annichilito dal terrore, non osa mandare un grido…”Fatelo correre!”, ordina il generale, “Corri, corri!”, gli gridano i custodi dei cani e il bambino si mette a correre…”Prendetelo!”, urla il generale e gli lanciano dietro l’intera muta di levrieri. I cani lo raggiunsero e lo dilaniarono davanti agli occhi della madre!… Credo che in seguito il generale sia stato interdetto. Allora…che cosa si meritava? La fucilazione? Che lo fucilassero per soddisfare il nostro senso morale? Parla, Alëška!”…)
(…i non europeisti sapranno di che si tratta: per loro è Europa, per gli europeisti no…)
Il catalogo è questo
Da uno de passaggio ricevo questo promemoria:
1) Partendo dagli antefatti, segnalo un video che racconta dell’inchiesta “Veleno” che partendo dalle accuse mosse a molti genitori nel 1997/1998 sconvolse Finale Emilia e la bassa modenese.
I figli non sapevano nulla perché i genitori non ne parlavano, perché era un tabù nelle case, perché i genitori avevano paura che venissero a portarglieli via, e quindi non se ne parlava (Pablo Trincia, giornalista).
Continuavano a urlarci: “Finché non dite quello che dicono i vostri figli non li vedrete mai più!” Il paese
Bibbiano e la strategia del silenzio
Elisabetta Frezza – 16 luglio 2019 RILETTURA
Come previsto, il potere sta facendo quadrato nel tentativo di imbavagliare l’informazione e guadagnare il silenzio sui fatti di Bibbiano. Ma non sarà facile fare in modo che nessuno ricordi. La magnitudine dello scandalo, che ha travolto le vite di adulti e di bambini con la furia distruttiva della vis maior cui resisti non potest, ha fatto sì che subito ne siano emerse le connessioni, soggettive e oggettive, con altre storie agghiaccianti del passato sulle quali, incredibilmente, i riflettori si erano abbassati anzitempo. Sopra i fatti di Vicchio, Sagliano, Massa Finalese, Mirandola, Rignano Flaminio, e chissà quanti e quali altri abissi di male e dolore gratuito si è voluto mettere il tappo dell’oblio.
Uguale era la spinta ideologica, uguale in parte l’identità dei responsabili, blasonati esponenti di quello sociopsicomondo sovrappopolato di “esperti” di vite altrui, il cui potere di segnare i destini di gente incolpevole, estratta a sorte nella folle lotteria dei “servizi sociali”, si rivela essere direttamente proporzionale alla propensione congenita al fanatismo.
C’è un filo rosso, dunque, che unisce a ritroso vicende terribili coperte da una precoce amnesia collettiva, e non certo casuale. Ma questo filo è solo una minima parte di una grande matassa. Abbiamo capito come ci sia un sistema profondo, radicato, ipertrofico che, in modo istituzionalmente strutturato, si alimenta di esseri umani: li ruba, li tortura e li distrugge. Insieme ai singoli, distrugge il loro habitat naturale, famiglie e famiglie disintegrate per decreto, per l’avidità di furfanti senza scrupoli e in omaggio a un paradigma ideologico che punta a screditare e scardinare l’istituzione famigliare. Per far girare la supergirandola c’è bisogno di immettere continuamente carburante. E la materia prima dell’industria degli affidi sono i bambini. Caccia grossa ai cuccioli d’uomo, quindi, e bando a ogni pietà.
C’è pure tutt’un mondo politico in crisi di consensi che ha ingaggiato una lotta di sopravvivenza sulla scia della indignazione morale e che annaspa nel tentativo di stare a galla. È il mondo politico che si nutre alle mangiatoie delle cooperative sociali, collaboranti con operatori socio-sanitari, consulenti, magistrati, giornalisti, una fittissima rete generatrice di incarichi, di soldi e naturalmente di voti. Il meccanismo è oliato a dovere, ciascuno fa la propria parte e tutto è tenuto insieme grazie al silenzio dei suoi diretti o indiretti beneficiari. Gli attori e le comparse di quel sistema e di quel mondo, vuoi per interesse personale, vuoi per contiguità politica, vuoi per chissà quali altri inconfessabili motivi, vogliono che l’Italia dimentichi.
Strano nervosismo quello di Mentana, anchorman simbolo del giornalista collettivo
Continua qui: https://www.ricognizioni.it/bibbiano-e-la-strategia-del-silenzio/
Lgbt al potere: una mappa per capire cosa accade (con vista sul Vaticano)
Abbiamo ancora davanti agli occhi gli indimenticabili fotogrammi del fu direttore dell’UNAR, Francesco Spano, mentre scappa via saltellando, avvolto nella sua svolazzante redingote arancione, quando l’intervistatore delle “Iene” si fa un po’ troppo insistente nel chiedergli conto degli allegri finanziamenti pubblici disposti dal suo Ufficio a vantaggio di accolite arcobaleno dedite, dietro il paravento della promozione sociale e culturale, a pratiche monosessuali con annessa prostituzione. Era il febbraio 2017. Emerse alla luce del sole tutt’un giro di localini per soli maschi – l’esclusione dell’altra metà del cielo suona vagamente sessista, specie in seno a un organismo che si qualifica come antidiscriminatorio, ma il mito della fluidità permanente riesce sempre a fare miracoli – dove gli avventori potevano praticare lo sballo libero e ogni genere di esperimento lato sensu sessuale sotto l’alto patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri presso cui, in seno al dipartimento delle Pari Opportunità, gravita appunto l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.
ENTI INUTILI, ENTI DANNOSI L’Ufficio – ricordiamolo – è stato istituito nel 2003 con il compito di garantire l’attuazione pratica del principio di non-discriminazione per motivi razziali già sancito dalla Costituzione all’art. 3, al fine di combattere le “forme di razzismo a carattere culturale” (della cui natura, entità ed urgenza non si ha invero una chiara percezione). Tale generica dicitura ha consentito di estendere senza particolari formalità il raggio di azione dell’ente alle discriminazioni dovute a motivi sessuali o di identità di genere, la cui entità gravità e urgenza ancora una volta sfuggono a immediata comprensione.
Per adempiere al meglio questa irrinunciabile funzione di garanzia, l’UNAR svolge “inchieste” autonome avvalendosi di un apposito “centro” che raccoglie “segnalazioni” relative a presunti fenomeni discriminatori.
Ciò significa quindi che, benché l’ordinamento contempli una tutela di grado costituzionale per le violazioni di cui all’art. 3 della Carta fondamentale, è stato predisposto un apparato ad hoc parapoliziesco atto a conferire ai soggetti che se ne possono avvalere ratione materiae una posizione particolarmente privilegiata, tale da porre seri dubbi sulla sua compatibilità proprio con quel medesimo art. 3 che in teoria dovrebbe giustificare la sua esistenza.
A tacere, in ogni caso, del conflitto conclamato tra questo inusitato potere repressivo e quel fondamentale diritto di critica e di libera manifestazione del pensiero che la stessa Costituzione salvaguarda fino a quando non siano lesi l’onore o la reputazione di chi, avendone titolo, ne invochi tutela ai sensi delle rispettive norme penali (le quali norme notoriamente mirano non a garantire a chicchessia un generico e arbitrario “rispetto sociale e culturale”, bensì a impedire la violazione di beni giuridici definiti, riconosciuti meritevoli della massima guarentigia prevista dall’ordinamento a specifiche condizioni di legge).
Con l’UNAR ci troviamo di fronte, insomma, a un grande palco, elastico e variopinto, montato nel cuore dello Stato per evidenti motivazioni ideologiche indissolubilmente legate al piano eversivo dei potentati mondialisti; un palco a cui si aggrappano pletore di personaggi in cerca di autore, di prestigio a buon mercato (guadagnato sull’onda dei ritornelli mediatici), di stipendio garantito (dagli oboli dei contribuenti e dalle mance dei filantropi della finanza internazionale). Un palco che lucra lo straordinario credito conferitogli dalla sede istituzionale in cui si trova a essere incardinato.
GIRI DI GIOSTRA Ma torniamo a Spano. Al malcapitato, dopo quel servizio, non restò che dimettersi dalla direzione dell’ente e mettere in soffitta il cappottino arancione. Ma l’UNAR, lungi dal subire una qualche ripercussione dalla surreale vicenda che aveva messo a nudo il suo vero volto, ha continuato ad essere nutrito e accudito con ogni riguardo dalla mano amorevole della burocrazia statale e superstatale imperturbabile a ogni apparente rivolgimento o stravolgimento politico
Continua qui: https://www.ricognizioni.it/lgbt-al-potere-una-mappa-per-capire-cosa-accade-con-vista-sul-vaticano/
IN BASE ALLE NUOVE DISPOSIZIONI, I VESCOVI D’EMILIA
Maurizio Blondet 18 Gennaio 2020
Regionali, interviene la Chiesa: “Scelta europeista, No a sovranismi e populismi in Emilia-Romagna”
I vescovi della regione si schierano con un documento ufficiale: i politici difendano la Costituzione, basta offese e falsità
BOLOGNA – In Emilia-Romagna “non possiamo tollerare” che si ceda il passo a “sovranismi e populismi”. E’ questo il monito lanciato in vista delle prossime elezioni regionali dalla Chiesa dell’Emilia-Romagna, attraverso l’Osservatorio regionale sulle tematiche politico-sociali intitolato a Giovanni Bersani, nato nei mesi scorsi per volontà dei vescovi della conferenza episcopale regionale.
Scelta europeista, attenzione ai poveri e alle tematiche ambientali. Sono alcuni dei punti contenuti in un altro appello che la Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna ha lanciato in vista delle Regionali del 26 gennaio. Dai vescovi emiliano-romagnoli, guidati dal cardinale Matteo Zuppi, nessuna indicazione di voto, ma un appello alla partecipazione e a un “discernimento sociale e una scelta coerente”.
Fra i punti evidenziati dai vescovi, il primo è dedicato al fatto che “l’Europa è casa nostra”, per poi approfondire questioni di tipo più marcatamente sociale come, con un costante richiamo alla Carta Costituzionale, “l’attenzione ai
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/in-base-alle-nuove-disposizioni/
La Cupola ha in mano il governo. Ma l’alternativa dov’è?
Scritto il 23/1/20
Ma davvero vi aspettavate che la Corte costituzionale desse il via libera al referendum promosso dalla Lega? Ma in che mondo vivete, conoscete le biografie dei giudici costituzionali, chi li ha voluti lì, e più in generale conoscete le leggi inesorabili del potere, il loro reciproco sostegno?
E la stessa cosa vale per la decisione della Cassazione in merito alla questione Carola Rackete; pensavate davvero che accadesse il contrario? Per anni siamo stati abituati a considerare chi è al potere come la Casta. È tempo di fare un salto di qualità e considerare che il potere è oggi piuttosto la Cupola. La casta riguardava solo i privilegi, la Cupola è un assetto di potere interdipendente e non espugnabile in modo fortuito. La cupola è una struttura sovrastante che non accetta né immissioni di estranei, né circolazione delle classi dirigenti, né il minimo cedimento dei suoi assetti consolidati. I suoi metodi e i suoi scopi sono finalizzati alla pura conservazione del potere, allo scambio di favori tra poteri, all’associazione di scopo finalizzata al reciproco sostegno. Quello che il popolino al sud sintetizzava nella formula “mantienimi-che-ti-mantengo”, ossia uno regge l’altro ed ambedue impediscono l’accesso di estranei, outsider.
La Cupola regge su un patto implicito, ma forte come il patto di sangue tra le cosche. E l’avversario è declassato al rango di nemico dell’umanità e dunque ogni mezzo è lecito per farlo fuori, o come scrive la “Repubblica”, per cancellarlo. Che si tratti d’intenzioni mafiose perseguite in modo incruento, nulla toglie al suo carattere puramente antidemocratico e antipopolare e al prevalere della conservazione del potere su ogni altra considerazione di giustizia, equità, rispetto. E l’idea che questo paese debba varare l’ennesima legge elettorale aggiustata sugli interessi del momento delle maggioranze parlamentari del momento, rende ancora più miserabile il ruolo della Cupola. L’unica speranza è che anche questa volta la legge elettorale concepita per utilità di chi governa, cicero pro domo mea, si ritorca contro gli stessi partiti della Cupola. Resta che il ritorno al proporzionale sia un passo indietro sul piano della governabilità del paese. Più in generale la vedo dura, la prospettiva che abbiamo davanti. Potete pensare finché volete che il governo abbia basi fragili e fradice, vedete pure traballare ogni giorno la loro intesa ed evidenziate pure tutte le contraddizioni del mondo in seno all’alleanza di potere. Ma nessuna Cupola al mondo decide di sciogliersi, lasciare il passo o rimettersi al verdetto popolare.
Quindi questa permanente attesa del voto spazzatutto, dell’ordalia
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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Dopo la presa di posizione di Mihajlović a favore di Salvini si è scatenato un allegro shitstorm nei suoi confronti.
Andrea Zhok – 23 gennaio 2020
Naturalmente, siccome tutti sanno che è geneticamente impossibile per un elettore del PD far parte dell’immonda genia di quelli che ‘odiano’, degli haters destinati all’inferno del “Daspo Social”, si richiede d’urgenza l’introduzione della categoria dei “Diversamente Cortesi”.
Greta, Vogue e Joaquim Phoenix: l’ambientalismo dei cretini
Scritto il 18/1/20
È vero, stiamo rovinando l’ambiente. È vero, stiamo depredando il pianeta delle sue risorse naturali. È vero, stiamo avvelenando l’aria, l’acqua e i cibi che mangiamo. Ma problemi del genere, che sono di portata globale, richiedono soluzioni complesse e ragionate, e non ci si può certo accontentare di gesti simbolici che servono solo ad acquietare momentaneamente la nostra coscienza, ma non possono minimamente intaccare i problemi che abbiamo di fronte. Sembra invece che ultimamente si sia scatenata una gara a chi riesce a inventare la soluzione più stupida per far vedere che lui ha capito come si fa a risolvere il problema ambientale. La capofila di queste stupidità è proprio Greta Thunberg, che ha deciso di non viaggiare più in aereo “perché gli aerei inquinano”. Ma pensare oggi di abolire i voli aerei è assolutamente ridicolo, come è ridicolo pensare di poter modificare in modo sostanziale il modo in cui funzionano i loro motori. Talmente ridicolo, fra l’altro, è stato il gesto di Greta, che poi per riportare indietro la barca a vela che l’aveva trasportata fino a New York hanno dovuto andarci – in aereo, naturalmente – quattro marinai. Per cui, per un biglietto aereo risparmiato da lei, ne sono stati acquistati quattro per l’equipaggio di ritorno. Ma Greta è stata solo la apripista delle idiozie “a impatto zero”.
Ultimamente la rivista “Vogue Italia” ha deciso di cavalcare l’onda ambientalista con una scelta tanto spettacolare quanto ridicola. Hanno fatto un intero numero della loro rivista senza fotografie (che è un po’ come se la Ferrari facesse un’automobile senza il motore, tanto per capirci: le riviste di moda “sono” le loro fotografie). E la loro spiegazione è stata talmente stupida che non riesco riassumerla con parole mie, devo per forza citare la dichiarazione originale dell’editore: «Lo scopo di questa scelta coraggiosa è, semplicemente, di essere più sostenibili». Che cosa ci sia di così sostenibile nell’evitare di fare le fotografie ce lo spiega il direttore di “Vogue Italia”, Emanuele Farneti: «150 persone coinvolte. Una ventina di voli aerei e una dozzina di viaggi in treno. 40 automobili a disposizione. 60 consegne internazionali. Luci che vengono spente e accese senza sosta per almeno 10 ore, parzialmente alimentate da generatori a benzina. Avanzi di cibo per alimentare le troupes. Plastica per avvolgere i vestiti. Elettricità per ricaricare i telefoni, le macchine fotografiche…». A questo punto – verrebbe da dire – smettiamo anche di produrre film, perché se la produzione di alcuni servizi fotografici ha un tale impatto ambientale, quella di un semplice film ne ha 100 volte tanto.
Lo sapete quanti voli aerei servono per realizzare un film internazionale, quanto mangia ogni giorno una troupe cinematografica, quante volte accende e spegne la luce entrando in studio, quante automobili si muovono
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Finanziarizzare la paura: dietro a Greta 118 trilioni di dollari
Scritto il 30/12/19
Che affarone, Greta Thunberg: Goldman Sacks ha appena sfornato il primo indice globale dei titoli ambientali di alto livello quotati a Wall Street, indice condiviso da tutte le maggiori banche d’affari «per attirare fondi d’investimento e sistemi pensionistici statali».
Anche Tino Oldani, su “Italia Oggi”, prende nota dell’inchiesta di un veterano dell’indagine geopolitica come William Engdahl, rinomato analista statunitense e autore di bestseller sulle “guerre del petrolio”. Dirompente, il reportage sul business-Greta che Engdall ha pubblicato sul newsmagazine canadese “Global Research”, diretto dall’economista Michel Chossudovsky. «Il fallimento della conferenza Cop 25 di Madrid sul clima non deve stupire più di tanto», premette Oldani su “Italia Oggi”. «Ormai, dietro le divisioni tra gli Stati non ci sono soltanto le profonde divergenze di interessi sul divieto progressivo dei combustibili fossili, ma anche il proliferare sul web di studi contrari al mainstream mediatico sulla cosiddetta emergenza climatica». Proprio alla vigilia del vertice di Madrid, ha fatto irruzione su “Global Research” l’indagine di Engdhal, che dall’alto dei suoi 75 anni, «citando nomi e fatti precisi», espone la sua tesi clamorosa. Eccola: «La grande finanza mondiale, alleata per l’occasione con l’Onu e l’Unione Europea, si starebbe servendo in modo cinico di Greta Thunberg come icona mediatica per creare allarmismo sul riscaldamento climatico provocato dall’uomo».
Global warming di origine antropica? Solo fake news, per Engdhal, diffuse a tappeto in modo globale con uno scopo preciso: «Innescare di conseguenza il business più redditizio dei prossimi decenni, il cosiddetto Green New Deal, la rivoluzione dell’economia verde». Il tutto, sintetizza Oldani, con un piano di investimenti per oltre 100 trilioni di dollari, da raccogliere con massicce emissioni di obbligazioni speculative. Ovvero: «Fondi da riversare, mediante il credito, sulle nuove imprese climatiche, anche a prescindere dal loro effettivo valore e know-how». Tutto questo, ovviamente, «a scapito dei
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BELPAESE DA SALVARE
Essi sopravvivono
mercoledì 22 gennaio 2020
Il nostro allarme democratico, quello che ci ha raccolto qui in una resistenza che all’inizio sembrava disperata, ma che, contro ogni aspettativa, ha dato vita a un movimento di opinione la cui ampiezza ha nei fatti cambiato il panorama politico del Paese, è stato suscitato, almeno per quanto mi riguarda, da due elementi complementari.
Il primo, in ordine di tempo, è stato l’aristocratico sdegno di Aristide nei confronti del popolino, dei deplorables. Uno sdegno molto ante litteram (correva l’anno 2010, ancora non c’erano state né Brexit né elezione di Trump). Aristide teorizzava come gli intellettuali, cioè “i buoni” (i Saviano, i De Luca, ma su un piano meno pop i Padoa Schioppa, ecc.), in virtù della loro superiorità dovessero guidare il popolo a prescindere dalla volontà di quest’ultimo. Per quanto potessimo cercare di resistere, “eventualmente” (traduzione awanagana di eventually), cioè, in italiano, alla fine, questa esplicita giustificazione dell’oligarchia da parte di chi si professava di sinistra non poteva che spingerci a destra. Ricorderete: “Caro Alberto, i costi dell’euro, come dici, sono noti, tutti i manuali li illustrano. Li vedevano anche i nostri politici, ma non potevano spiegarli ai loro elettori: se questi avessero potuto confrontare costi e benefici non avrebbero mai accettato l’euro. Tenendo gli elettori all’oscuro abbiamo potuto agire, mettendoli in una impasse dalla quale non potranno uscire che decidendo di fare la cosa giusta, cioè di andare avanti verso la totale unione, fiscale e politica, dell’Europa.” Parole che al tempo sintetizzai così: il popolo non sa quale sia il suo interesse, ma per fortuna a sinistra lo sappiamo e lo faremo contro la sua volontà.
Imparammo poi, studiando, che queste parole non erano l’allucinato delirio fascista di un docente universitario il cui ego un tantino più ipertrofico del dovuto aveva trascolorato in un superomismo inquietante, ma tutto sommato circoscritto. No, tutt’altro! Erano il precipitato di una ben precisa e ampiamente diffusa dottrina politica, il cosiddetto “federalismo” europeo, sul quale ci intrattenemmo a lungo, ad esempio qui (può anche essere utile un rinvio a questo autorevole saggio). Essi (per usare un termine che altri hanno introdotto nel dibattito) erano veramente così, ed erano tutti così. Questo loro aspetto, questo viscerale disprezzo per il popolo, uscì allo scoperto molto dopo: appunto, dopo il referendum sulla Brexit e dopo l’elezione di Trump. Credo che qui nessuno ne rimase sorpreso: ab uno (Aristide) disce omnes (i piddini).
Il secondo elemento di allarme, e quindi (etimologicamente) la seconda chiamata alle armi, fu quando rinvenimmo in una vecchia intervista di quello che sarebbe poi stato il Presidente della Commissione Europea, la teorizzazione di una esplicita volontà di aggirare il processo democratico, ovviamente simmetrica e complementare all’esaltazione dell’oligarchia. Bisogna infatti che il popolo non corra il rischio di capire quali siano i suoi interessi, e un modo per non farglielo capire è utilizzare il metodo della lettera rubata: sommergerlo di informazioni. Basta un mese di esperienza parlamentare per capirlo, cioè per capire il
Continua qui: https://goofynomics.blogspot.com/2020/01/essi-sopravvivono.html?m=1
CONFLITTI GEOPOLITICI
Ankara ha chiuso il Mar Nero alla flotta USA /Nato
Maurizio Blondet 23 Gennaio 2020
La Turchia ha chiuso il passaggio del Bosforo alle navi da guerra americane: lo afferma l’importante agenzia russa Avia.pro, ripreso solo dal sito Usa Veterans s Today e in Italia, da Sa Defenza.
La notizia, se confermata,è della massima importanza strategica: significa che la flotta bellica USA non può entrare nel Mar Nero, a minacciare a distanza ravvicinata le coste della Russia.
Ecco il succo dell’articolo:
“..I funzionari turchi hanno sottolineato che la stabilità nel Mar Nero dovrebbe essere mantenuta (paragrafo 2.a); Le attività della NATO saranno sostenute conformemente alle restrizioni imposte dalla Convenzione di Montreux (paragrafo 2.b); e la Russia non dovrebbe essere provocata indebitamente (paragrafo 2.b), i protocolli militari sono divulgati. La Turchia è un paese chiave nel Mar Nero perché controlla l’ingresso e l’uscita in mare attraverso un sistema di stretti, che comprende lo stretto di Istanbul / Bosforo, lo stretto dei Dardanelli / Canakkale e il Mar di Marmara, che collega il Mar Mediterraneo “ – сообщает ”
“Gli esperti attirano l’attenzione sul fatto che la Turchia sostiene attivamente
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/ankara-ha-chiuso-il-mar-nero-alla-flotta-usa-nato/
Assassinio post-mortem del Generale Sulaymani
Finian Cunningham, SCF 5 gennaio 2020
Ancor prima di essere seppellito, il Generale iraniano Qasim Sulaymani doveva subire un secondo omicidio per mano degli statunitensi, per infangarne personaggio e storia militare. Il presidente degli Stati Uniti Trump dichiarava che il “terrorista numero uno al mondo” era stato “preso” e “terminato” dalle forze nordamericane quando lanciarono l’attacco aereo sul corteo di Sulaymani all’aeroporto di Baghdad, venerdì 3 gennaio. Il leader dell’elitaria Forza Quds iraniana fu disintegrato, il suo corpo identificato solo dal noto anello di pietra rossa che aveva sulla mano sinistra. Almeno altri sei membri del convoglio furono uccisi, come Abud Mahdi al-Muhandis, vicecomandante delle Forze di mobilitazione popolare irachena (PMF). Le PMF sono componente ufficialmente riconosciuta delle forze di Difesa nazionali irachene, con cui si presume che gli Stati Uniti siano alleati. Sulaymani e al-Muhandis erano venerati in Iran e Iraq, e in Medio Oriente, per la magistrale sconfitta del gruppo terroristico dello Stato Islamico e le sue molteplici derivazioni da al- Qaida. Iran e milizia appoggiata dall’Iran furono cruciali nel distruggere la rete terroristica collegata ad al-Qaida in Iraq e Siria. Sulaymani fu anche nominato eroe nazionale in Iran per la coraggiosa leadership durante la guerra Iran-Iraq (1980-88).
Ora, secondo l’amministrazione Trump, il generale iraniano non era diverso dai capi morti di al-Qaida e Stato islamico, Usama bin Ladin e Abu Baqr al-Baghdadi. Trump si vantava che il mondo era (di nuovo) più sicuro perché aveva ordinato l’assassinio di Sulaymani. “Lascio che questo sia un avvertimento ai terroristi: se apprezzate la vita, non minaccerai la vita dei nostri cittadini”, dichiarò Trump ore dopo l’assassinio, salutando la morte di Sulaymani con “questo mostro”, dicendo che il comandante iraniano aveva “una passione insane nell’uccidere persone inermi”. Cumulando insulti su insulti, Trump disse ai sostenitori cristiani evangelici in Florida che gli Stati Uniti “non facevano la guerra” ma cercavano piuttosto “un mondo di pace e armonia”. Il presidente dichiarò di aver autorizzato l’uccisione di Sulaymani al fine di “impedire la guerra” coll’Iran. L’autorizzazione fu data dalla sua lussuosa villa sulla spiaggia di Mar-a-Lago in Florida, mentre secondo quanto riferito cenava con polpettone e gelato con una stretta cerchia di amici. Trump affermava di aver ricevuto “informazioni strategiche” secondo cui Sulaymani preparava piani per uccidere centinaia di diplomatici e truppe nordamericani in Medio Oriente. Questa è solo la logica vudù degli Stati Uniti per cui non vengono mai presentate prove. Aveva anche detto che il generale iraniano era responsabile di “migliaia” di morti tra le truppe nordamericane e della morte di “milioni” di persone inermi. È una calunnia.
Descrivere il Generale Qasim Sulaymani come terrorista è il passo logico della propaganda nordamericana che demonizza l’Iran come “principale sponsor del terrore al mondo”. Ma tale narrativa è fasulla come le affermazioni delle virtù nordamericane. La necessità di assassinare il personaggio di Sulaymani deriva dalla necessità per l’amministrazione Trump di giustificare il suo barbaro omicidio. Le affermazioni di Trump sull’eradicazione dei terroristi e sconfitta con una mano sola
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Lo strisciante conflitto tra Teheran e Washington
Lisa Stanton 10 gennaio 2020
Lo strisciante conflitto tra Teheran e Washington ha conosciuto un salto di qualità il 3 gennaio, quando il generale Qasem Soleimani, carismatico capo delle forze d’élite iraniane e responsabile delle operazioni contro l’ISIS in Iraq e Siria, è stato eliminato con un attacco mirato all’aeroporto di Baghdad. A distanza di 5 giorni, Teheran ha vendicato la sua morte col lancio di diversi missili balistici contro le basi USA in Iraq, oggetto del contendere tra iraniani e angloamericani. L’obiettivo iraniano è infatti espellere gli USA dall’Iraq ed inglobare la Mesopotamia nella propria sfera d’influenza; gli americani, che da anni dichiarano di voler lasciare quel paese, possono fermare l’Iran solo al costo di una guerra convenzionale, geopoliticamente costosissima, data la natura geografica dell’Iran e la rete d’appoggio di cui gode Teheran, estesa a Russia e Cina, ma anche alla Turchia.
Insomma, gli USA si accingono a perdere il Medio Oriente e la filosionista dittatura Saudita avrà la sua gatta da pelare.
Lascia molti dubbi invece l’incidente aereo della Ukraine International Airlines, volo 752, nel quale hanno perso la vita 176 civili. Fonti del dipartimento USA sostengono sia stato abbattuto per sbaglio da
Gli Stati Uniti condurranno le più grandi manovre in Europa degli ultimi 25 anni
22 Gennaio 2020
svpressa.ru
È presumibile che a marzo in Europa inizieranno le esercitazioni militari su larga scala della NATO “Defender Europe 2020”, ma i preparativi e lo spiegamento delle truppe inizieranno già da gennaio. L’Alleanza conduce regolarmente tali esercitazioni, ma quelle attuali saranno le più grandi degli ultimi 25 anni, come se fossero un copia dei tempi della Guerra Fredda.
Alle manovre, che si terranno sul territorio di 10 paesi, prenderanno parte 18 paesi della NATO, solo da parte degli Stati Uniti saranno coinvolti 37.000 uomini. Il numero totale delle truppe dovrebbe essere superiore a 40 mila unità. Secondo un documento pubblicato dal comando delle forze armate statunitensi in Europa, nelle manovre saranno coinvolti: 20.000 militari statunitensi in arrivo dagli Stati Uniti, 9.000 soldati e ufficiali delle forze armate americane già stanziate in Europa, 7.000 soldati della Guardia Nazionale di 12 stati degli Stati Uniti e 750 riservisti.
In sostanza, questa volta, in particolare, si tratterà di manovre americane in Europa, tutti gli altri giocheranno solo un ruolo ausiliario e saranno coinvolti principalmente nel territorio dei loro rispettivi paesi. Le forze statunitensi si dimeneranno per tutta l’Europa, la fase finale di queste manovre sarà in Polonia, Lituania e Georgia. Secondo le indicazioni, queste esercitazioni prevedono la presa di una testa di ponte di un certo “paese aggressore”, per tenerla finché non arriverà la principale forza di spedizione. Dato che la Polonia e gli Stati baltici (tutti e tre i paesi fanno parte della NATO) confinano con Russia e Bielorussia, è assolutamente ovvio che rappresenteranno l’obiettivo di un potenziale attacco. Sembra sia come nella canzone francese “Marlbrough s’en va-t-en guerre”, che nella traduzione russa suona così: “Marlbrough si preparava alla campagna di guerra. Ha mangiato zuppa di cavolo acida. Nella campagna è rimasto. E morì quel giorno” (significa “un’impresa sulla quale è noto in anticipo che finirà in un fallimento” ndr.).
Per tal ragione, la Russia prende molto sul serio la condotta delle attuali manovre statunitensi in Europa. In base anche al messaggio del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, che in una comunicazione ufficiale ha dichiarato: “I paesi della NATO accrescono costantemente la loro presenza militare vicino ai nostri confini, lavorando per aumentare l’efficienza del trasferimento di forze sul fianco orientale. L’intensità delle manovre è in aumento, i cui scenari ricordano sempre più la preparazione mirata di un conflitto militare su larga scala. Continua lo sviluppo sistematico del segmento europeo del sistema di difesa antimissile USA/NATO”. Questa non è solo una constatazione dei fatti, ma una dichiarazione di grave preoccupazione. Soprattutto sullo sfondo delle dichiarazioni di numerosi politici e generali americani sui loro piani militari nei riguardi della Russia.
Nel settembre dell’anno scorso, il comandante in capo della US Air Force in Europa, il generale Jeffrey Lee Harrigian, sulla rivista Breaking Defense ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno un piano per sfondare la difesa aerea russa: “Se dobbiamo andare lì e distruggere, ad esempio, il sistema di difesa aerea integrato di Kaliningrad, che non ci siano dubbi, abbiamo un piano”. Secondo il generale, per questo sono indispensabili adeguate manovre, negli Stati Uniti valutano costantemente
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CULTURA
LA FIDUCIA ARRIVA A SODOMA
Pubblicato il 19/01/2020
Huxley, Orwell, Pasolini
In principio era la fiducia, la fiducia nel progresso, nella giustizia, nella democrazia, nella società liberale aperta, nel benessere garantito, nella crescita illimitata. Col benessere venne la società huxleyana, del piacere, del divertimento, del consumismo, della droga popolare, dei diritti inflazionati, del rilassamento, in cui si assopirono la coscienza di classe, la vigilanza razionale, la partecipazione attiva, perché si evitava tutto ciò che non diverte e che responsabilizza, rendendo così superfluo il controllo dell’informazione; finché le masse persero la loro rilevanza economica, quindi al potere di contrattazione (v. il mio Oligarchia per popoli superflui, Aurora Boreale, 2a ed., 2018). E persero, nell’individualismo edonista atomizzante, pure la capacità etica di esserlo. E le loro minoranze leggenti e pensanti persero la capacità psichica di essere un soggetto politico proattivo.
Allora, il sogno huxleyano, basato sulle gratificazioni rimbecillenti che creano consenso sociale, ha iniziato a offuscarsi e trasformarsi in incubo orwelliano, basato sulla paura e sulla rabbia che fanno accettare tutto: la trasformazione è iniziata con le grandi angosce lanciate dai media su terrorismo globale, disastri finanziari, crolli economici, sovraindebitamento, crisi climatiche, esaurimento delle risorse, precarietà irreversibile; ed è passata per le grandi privatizzazioni di funzioni pubbliche, le cessioni di sovranità statale, l’imposizione di un pensiero unico, fino ad arrivare alla società tecno-controllata e tecno-macellata (cominciando con la Grecia) da un’oligarchia globale che sta dietro le varie Angela, Ursula, Christine, Hillary ed Emmanuel[le]. Un’oligarchia che mostra esattamente i tratti psicologici e comportamentali dei signori della villa nel film Salò, o le centoventi giornate di Sodoma, ultima opera di Pierpaolo Pasolini. In essa, il geniale poeta e regista non descriveva le gesta trascorse di alcuni perversi gerarchi fascisti (gesta invero mai avvenute), ma ci preavvertiva del tipo di sistema politico a cui eravamo portati e in cui adesso siamo arrivati.
Gli studi sociologici e psicologici hanno ben analizzato il progressivo scadimento delle facoltà psichiche prodotto dalla fase huxleyana anche sulla minoranza leggente-pensante (ossia su quel 3 o 4% della società che si informa e riflette sul ‘mondo’ studiando e discutendo la saggistica, anziché recepire passivamente quel che passano i mass media), cioè su quell’aliquota del corpo sociale che genera i mutamenti culturali. Marshall McLuhan giustamente osservava “il mezzo è il messaggio”, ossia che ciò che il mezzo di comunicazione trasmette è innanzitutto le sue proprie caratteristiche comunicative (e poi il contenuto): così la televisione trasmette innanzitutto il suo modo di comunicare, che è diverso da quello del libro e dell’oratore. Ossia, comunicando in un certo modo, impianta nel ricevente un corrispondente modo di ricevere. Il motto “il mezzo è il messaggio” è però riduttivo: il mezzo è, ancor più profondamente, lo stampo, in cui versa e riconfigura la psiche del ricevente: la psiche del soggetto avvezzo a informarsi e divertirsi via televisione o simile (video, play station) funziona diversamente, sia in quanto alla cognizione che in quanto alla emozione, da quella del soggetto che non lo è; e queste diversità si traducono in diversità del comportamento anche relazionale e politico. Il mezzo, dunque, è, letteralmente, in-formazione, nel senso che non si limita a consegnare un messaggio, ma (ri)forma la psiche
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CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
L’UE vede il coinvolgimento degli Stati Uniti nella distruzione del Boeing ucraino
Scritto il13 GENNAIO 2020
L’UE non imporrà sanzioni sull’Iran per la distruzione del Boeing 737 ucraino
I leader europei ritengono che l’incidente della distruzione dell’aereo passeggeri ucraino nel cielo della capitale iraniana non sia motivo d’imporre sanzioni a Teheran. Il motivo è principalmente nel fatto che attualmente è in corso un’indagine, indicando ovviamente il fatto che l’UE non vede colpa dell’Iran nell’abbattimento dell’aereo di linea passeggeri Boeing 737. “Si noti che l’unione (UE) non introdurrà sanzioni anti-iraniane per il disastro dell’aereo passeggeri ucraino. Ciò è dovuto al fatto che ora l’UE aspetta i risultati dell’indagine. La fonte osservava che, a seconda di esse, verrà presa una decisione sulle
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Perché l’Iran e gli occidentali non sono chiari sull’aereo ucraino
Joris De Draeck, FRN 20 gennaio 2020
Molti credono che sia stato chiarito il motivo dell’abbattimento dell’Iran del volo 752 da Teheran a Kiev. La narrazione che si si trattava di uno sfortunato incidente (principalmente) di un solo individuo, del comandante del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica Hajizadeh, è ampiamente accettata. Il messaggio fu ulteriormente trasmesso dal Maggiore-Generale Hossein Salami, capo dello stesso IRGC. Tuttavia, vi sono ancora molte domande che rimangono senza risposta che, secondo me, ripongono parte del velo che la maggior parte crede di essere stato tolto.
Il ritardo del volo
Sebbene i ritardi dei voli si verifichino continuamente e non siano nulla di cui preoccuparsi, dato la vicenda del 752, dovremmo porre la domanda sul perché fosse un ritardo. Secondo la citazione di Reuters del presidente e CEO della compagnia aerea, Evgenij Dykhne, il volo fu ritardato perché ” troppo carico”. Gli esperti di aviazione sanno che qualsiasi volo non contiene solo bagagli dei passeggeri, ma anche pacchi, posta, pacchi diplomatici e così via. Alcune fonti che ho sentito suggerivano che 9 bagagli furono tolti dalla stiva (distinta dalla stiva per i passeggeri). Le domande diventano: la decisione di bloccare l’aereo fu dello stesso comandante? In caso contrario, quale carico fu tolto? Questo materiale importante non doveva essere distrutto?
Perché usare due missili?
Secondo i rapporti, il Volo 752 fu abbattuto da un sistema missilistico Tor-M1 9K331 Tor-M1 sovietico/russo. Un sistema che raggiunge un tasso di successo del 100% verso “piccoli obiettivi ad alta velocità”. Se effettivamente venissero utilizzati due missili, ciò potrebbe significare che l’aereo non fu preso di mira inavvertitamente, ma in modo preciso e coll’intento assoluto di abbatterlo. Se questa ipotesi è vera, allora la domanda diventa: che cosa o chi c’era a bordo da renderne necessaria l’eliminazione? Un aereo di linea civile che viene scambiato per un bersaglio “nemico”, come nella denominazione amico-o-nemico spesso usata nel gergo militare, è assai improbabile per qualsiasi aereo prima del rullaggio (e certamente prima del decollo) dal terminal per viene richiesta l’area di controllo del terminale (TCA o TMA per “Area di manovra del terminale”) per accendere i transponder. Sebbene vecchia tecnologia, funziona abbastanza bene nel compito previsto (identificare un amico dal nemico). Si noti che l’aereo non
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ECONOMIA
Giochi di prestigio
DI ANDREA ZHOK – 22 gennaio 2020
facebook.com
Ieri ascoltavo un telegiornale su SKY, dove venivano ripresi i dati Oxfam sulla diseguaglianza mondiale.
Sono dati piuttosto noti e in costante peggioramento.
Le duemila persone più ricche possiedono risorse pari a quelle del 60% della popolazione del pianeta.
L’1% più ricco possiede più del doppio della ricchezza di 6,9 miliardi di persone (l’89,6% della popolazione mondiale).
In Italia il 20% più ricco possiede il 70% delle risorse, mentre il 20% più povero ne possiede l’1,3%.
Tutto ciò dovrebbe essere sufficientemente scandaloso, e lo sarebbe molto di più se si comprendesse che le differenze economiche, quando sono ampie, rappresentano senz’altro differenze di potere
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EVASIONE FISCALE
Lisa Stanton – 17 gennaio 2020
Gli studi pubblicati e le ricerche statistiche relative all’Italia stimano che nel 2018 l’evasione fiscale imputabile all’uso del contante vale 8mld di euro. Su un’evasione totale di ca. 180,7mld, quella riconducibile agli idraulici ed ai baristi rappresenta il 4,4% del totale. Le multinazionali evadono per il 21% del totale, le attività illecite raggiungono il 43%.
Calcolando l’evasione offshore in termini percentuali rispetto al PIL, l’Italia è quindi sotto alla media europea con l’8,1% contro il 9,7%, ultima tra le maggiori economie continentali. Il Paese con maggiore evasione è la Germania con 351 mld, ed anche Francia, Spagna ed Inghilterra superano l’Italia, secondo uno studio commissionato dalla UE.
Secondo altre ricerche, che non considerano le stime provenienti da relazioni degli organi inquirenti nazionali e sovranazionali, l’Italia sarebbe invece l’ultimo tra tutti i paesi Leuropei. Gli studiosi sostengono infatti che non si possa definire l’economia criminale in termini di evasione fiscale perchè il tipo di ricchezza prodotta dall’estorsione, dall’usura o dal traffico di droga non può essere assoggettata al pagamento dell’Iva o dell’IRPEF. Ricorderete che fu proprio Lunione a pretendere dagli Stati membri il calcolo nel PIL annuale della ricchezza (presuntiva) prodotta dalla criminalità.
Eppure da 25 anni la lotta all’evasione fiscale è lo strumento col quale si giustificano provvedimenti come sequestri e confische di immobili, mobili ed aziende; fatturazione elettronica; limitazione del contante, tutti finalizzati ad eliminare definitivamente ogni residua attività economica.
Ne parlavo cinque o sei anni fa quando cominciò la lotta popolare contro i baristi che non facevano lo scontrino, oggi persino Il Sole 24 ORE pubblica un articolo del presidente di Assob che non teme di essere licenziato: significa che le previsioni per il 2020 sono pessime.
Infatti, la prima notizia economica dell’anno è che siamo ultimi, dopo Portogallo e Grecia, per stipendio medio annuo.
SE DAVOS VENDE FUFFA, NON È CHE I SUOI ”RIVALI” SIANO MEGLIO
OXFAM COME OGNI ANNO LANCIA L’ALLARME SULLE DISUGUAGLIANZE ECONOMICHE, MA ”IL FOGLIO” SMONTA LA ONG: IN 20 ANNI 1,2 MILIARDI DI PERSONE SONO USCITE DALLA POVERTÀ, E LA DISEGUAGLIANZA IN REALTÀ È IN CALO. LO MOSTRA IL RAPPORTO CREDIT SUISSE (LA FONTE USATA DA OXFAM): LA QUOTA DI RICCHEZZA IN MANO AL TOP 10% E AL TOP 5% È IN CONTINUO CALO. E LA MAGGIOR PARTE DELLA POPOLAZIONE HA MIGLIORATO LA SUA POSIZIONE RELATIVA
21 GEN 2020 13:56
- OXFAM, LE DISEGUAGLIANZE SI ACCENTUANO. DUEMILA PAPERONI PIÙ RICCHI DI 4,6 MILIARDI DI PERSONE
Barbara Ardù per https://www.repubblica.it/economia/
Jeff Bezos, patron di Amazon, nel 2018 perse per un po’ lo scettro di uomo più ricco del mondo, riconquistandolo poco dopo. Tutto riconducibile a un saliscendi delle azioni in Borsa. Se non fosse per questa variabile, prontamente registrata dai media, il quadro delle diseguaglianze di ricchezza e reddito nel mondo non è che sia cambiato di molto da un anno all’altro, anzi forse è peggiorato e peggiora per le nuove generazioni. Ce lo ricorda puntuale come ogni anno Oxfam alla vigilia del meeting annuale del World economic Forum a Davos dove si incontreranno a giorni gli uomini più ricchi o più potenti del pianeta. Un antidoto, quello di Oxfam, al rischio di una assuefazione di massa alle diseguaglianze.
E sì, perché a scorrere i numeri i Paperoni di Forbes son sempre lì. In 2153, forti di un patrimonio di 2.019 miliardi (dati di metà 2019), vantano una ricchezza superiore a quella complessiva di 4,6 miliardi di persone, circa il 60% della popolazione mondiale.
Una ricchezza quindi tutta concentrata al vertice della piramide sociale. Un esempio? Tutte le donne del continente africano messe insieme, hanno più o meno la ricchezza dei 22 uomini più ricchi del mondo. Numeri spaziali. Perché se il patrimonio di una delle persone più ricche del mondo fosse impilato con banconote da 100 dollari bucherebbe lo spazio suborbitale terrestre, superando i cento chilometri d’altezza.
Immagini forti che tali rimangono perché negli ultimi tre decenni la crescita economica su scala globale che pur c’è stata, non ha avuto affatto un carattere inclusivo. Reddito e ricchezza salivano, ma si fermavano al top della piramide. Non solo. Appena il 4% degli introiti fiscali deriva da forme di tassazione della ricchezza. Ben diversa da quella sul reddito. E’ un po’ pochino. Certo le cose cambiano da Paese a Paese, ma che la redistribuzione sia lontana da un livello equo è evidente.
E in Italia? Esistono e persistono diseguaglianze. Ecco i dati. A metà 2019 la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco superava la quota di ricchezza complessiva detenuta dal 70% degli italiani più poveri sotto il profilo patrimoniale. Ricchi e poveri. Ma ciò che colpisce è che nell’ultimo ventennio la ricchezza dei più facoltosi è salita del 7,6%, quella del 50% dei più poveri si è ridotta del 36,6%. Una redistribuzione al contrario. E non è che in fatto di reddito le cose stiano diversamente. D’altra parte, le retribuzioni in media son tutt’altro che salite (anche se non tutte). Tant’è che nel 2018 l’indice di Gini, che misura le diseguaglianze
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IMMIGRAZIONI
L’AMMISSIONE DELLA ONG (grazie, Francesca Totolo)
Maurizio Blondet 21 Gennaio 2020
https://www.maurizioblondet.it/lammissione-della-ong-grazie-francesca-totolo/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Attenti, anche avere una buona reputazione ha i suoi svantaggi
Essere estremamente fiduciosi nei confronti di se stessi e del proprio business può rivelarsi un boomerang: il rischio è di perdere il contatto con la realtà e guastare i rapporti coi propri dipendenti.
Gianluca Comin – 21 Gennaio 2020
Negli anni, abbiamo cercato di aiutare le aziende a costruire una buona reputazione. A volte le abbiamo addirittura dovute convincere che l’investimento in un’azione di consolidamento della reputazione avrebbe potuto esclusivamente apportare benefici alla loro attività. Insieme ad altri colleghi, abbiamo analizzato casi empirici, ci siamo rivolti a Ceo di aziende di livello e abbiamo consigliato loro come costruire una reputazione duratura, efficace ed efficiente.
Attraverso lo strumento della comunicazione e l’attento studio di piani di risk assessment, molte aziende hanno incrementato la propria reputazione, richiamando a sé clienti e importanti stakeholders. Godere di una buona fama significa, infatti, ridurre gli sforzi necessari ad attrarre nuovi interlocutori, permettendo così a manager e imprenditori di dedicare tempo e risorse al perseguimento di nuovi business. Ma cosa succede quando un’azienda, una società o un ceo godono di un’ottima reputazione? Cosa succede quando questa si consolida in maniera così radicale da diventarne l’unico tratto distintivo?
Ci interroghiamo troppo poco, infatti, su cosa avviene dopo il perseguimento dell’obiettivo. Mantenere una buona reputazione rappresenta, certamente, una fase molto delicata, ma è altrettanto vero che, in qualsiasi tipo di attività, è necessario perseguire quell’aurea mediocritas in grado di bilanciare la percezione dell’azienda stessa, rendendola eccellente, ma anche umana. Diventare i primi della classe comporta, dunque, molta responsabilità che, spesso, le aziende non sono in grado di affrontare.
CREDERE TROPPO IN SÉ STESSI PUÒ TRASFORMARSI IN ARROGANZA
Tra gli articoli presenti nella pubblicazione mensile del Reputation Symposium, edito dall’Oxford University Centre Michaelmas term 2019 for Corporate Reputation, è stato evidenziato come una buona reputazione può effettivamente danneggiare un’organizzazione. In particolare, si fa riferimento al cosiddetto «hubris organizzativo», ovvero una
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Le radici della demonizzazione dell’Islam sciita da parte dell’America
21 Gennaio 2020 – Pepe Escobar
unz.com
L’uccisione con un drone del Magg. Gen. Qāsem Soleymānī da parte degli Stati Uniti, insieme ad un fiume di cruciali ramificazioni geopolitiche, porta ancora una volta al centro dell’attenzione una verità abbastanza scomoda: l’incapacità congenita delle cosiddette élite statunitensi anche solo di tentare di comprendere lo Sciismo, e la sua costante demonizzazione, avvilente non solo per gli Sciiti ma anche per i governi guidati dagli Sciiti.
Washington aveva iniziato la Lunga Guerra ancor prima che il concetto fosse reso popolare dal Pentagono nel 2001, subito dopo l’11 settembre: è la Lunga Guerra contro l’Iran. Era iniziata nel 1953, con il colpo di stato contro il governo democraticamente eletto di Mosaddegh, sostituito dalla dittatura dello Shah. L’intero processo aveva raggiunto l’apice più di 40 anni, fa quando la Rivoluzione Islamica aveva messo fine ai bei vecchi tempi della Guerra Fredda, epoca in cui lo Scià ricopriva il ruolo di “gendarme privilegiato del Golfo (Persico)” americano.
Comunque, tutto questo va ben oltre la geopolitica. Non c’è assolutamente alcun modo, per chiunque, di riuscire a cogliere le complessità e il favore popolare dello Sciismo senza prima una seria ricerca accademica, integrata da visite a siti sacri selezionati in tutto il sud-ovest asiatico: Najaf, Karbala, Mashhad, Qom e il Santuario di Sayyida Zeinab vicino a Damasco. Personalmente, ho percorso questa strada della conoscenza fin dalla fine degli anni ’90 e sono ancora solo uno umile studente.
Nello spirito di un primo approccio, per iniziare un dibattito informato Est-Ovest su un importante problema culturale, in Occidente totalmente accantonato o affogato in uno tsunami di propaganda, ho chiesto a tre validissimi studiosi quali fossero le loro prime impressioni.
Questi sono: il Prof. Mohammad Marandi, dell’Università di Teheran, esperto di orientalismo; Arash Najaf-Zadeh, che scrive sotto lo pseudonimo di Blake Archer Williams ed è esperto di teologia sciita e la coltissima Principessa Vittoria Alliata, siciliana, tra le migliori islamiste italiane e autrice, tra le altre cose, di libri come l’incantevole Harem, che descrive in dettaglio i suoi viaggi in terra araba.
Due settimane fa sono stato ospite della Principessa Vittoria a Villa Valguarnera in Sicilia. C’eravamo immersi in una lunga ed avvincente discussione geopolitica, in cui uno dei temi chiave era stato lo scontro USA-Iran, solo poche ore prima che un attacco di droni all’aeroporto di Baghdad uccidesse i due principali combattenti sciiti nella vera guerra al terrorismo dell’ISIS/Daesh e di al-Qaeda/al-Nusra: il Maggiore Generale iraniano Qāsem Soleymānī e l’iracheno Hashd al-Shaabi, il braccio destro di Abu Mahdi al-Muhandis.
Il martirio contro il relativismo culturale
Il Prof. Marandi fornisce una spiegazione sintetica: “L’odio irrazionale americano nei confronti dello Sciismo deriva dalla sua forte propensione a resistere all’ingiustizia: la storia di Karbala e Imam Hussein e lo sforzo sciita nel proteggere e difendere gli oppressi e lottare contro l’oppressore. Questo è qualcosa che gli Stati Uniti e le potenze egemoniche occidentali non riescono assolutamente a tollerare.”
Blake Archer Williams mi ha inviato una risposta che ho pubblicato come pezzo originale. Questo passaggio, che sviluppa il concetto di sacralità, sottolinea chiaramente l’abisso che separa il concetto sciita di martirio dal relativismo culturale occidentale: “Non c’è niente di più glorioso per un Mussulmano che raggiungere il martirio mentre combatte nel Nome di Dio. Il generale Qāsem Soleymānī ha combattuto per molti anni con l’obiettivo di risvegliare il popolo iracheno ed indurlo a riprendere nelle proprie mani il timone del destino del paese. Il voto del parlamento iracheno ha dimostrato che il suo obiettivo è stato raggiunto. Il suo corpo ci è stato portato via, ma il suo spirito è stato amplificato mille volte e il suo martirio ha fatto sì che i frammenti della sua luce benedetta arrivassero ai cuori e alle menti di ogni uomo, donna e bambino mussulmano, immunizzandoli dal mortifero cancro dei relativisti culturali del diabolico Novus Ordo Seclorum.”
[Un punto da chiarire: Novus Ordo Seclorum, o Saeculorum, significa “nuovo ordine dei secoli” e deriva da un famoso poema di Virgilio che, nel Medioevo, era considerato dai Cristiani la profezia della venuta di Cristo. Su questo punto, Williams ha risposto che “mentre questo significato etimologico della frase è vero e rimane valido
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L’Australia va a fuoco: la colpa è degli ambientalisti e dei piromani
Di Malachia Paperoga – Gennaio 12, 2020
Un articolo di Mike Shedlock ridicolizza l’attuale narrazione riguardo i terribili incendi australiani.
Questa disgrazia non ha nulla a che fare col riscaldamento globale: è invece da attribuire agli uomini, che quasi sempre causano gli incendi, e alle folli regole imposte dal politically correct ambientale, che vieta gli incendi programmati con funzione preventiva e permette la diffusione di piante a crescita rapida e che tendono a diffondere le fiamme molto rapidamente.
Di Mike Shedlock, 8 gennaio 2020
Non meno di 15 milioni di acri in Australia sono stati distrutti dagli incendi. Gli attivisti sul cambiamento climatico sono sul piede di guerra.
Prendiamo per esempio l’articolo Perché laggiù va tutto a fuoco.
L’attuale ciclo di incendi è iniziato alla fine dello scorso anno. Ha carbonizzato almeno 15 milioni di acri e ucciso più di due dozzine di australiani, compresi alcuni coraggiosi vigili del fuoco volontari che si sono precipitati nell’inferno per salvare case e vite.
La storiella del cambiamento climatico è una grossolana semplificazione per spiegare gli incendi boschivi, le cui cause sono complesse così come la loro ricorrenza è prevedibile: l’Australia si trova nel mezzo di una delle sue regolari siccità.
Le leggi bizantine di stampo ambientalista impediscono ai proprietari terrieri di eliminare arbusti, cespugli e alberi. I governi statali non fanno la loro parte nel ridurre la quantità di materiale infiammabile nei parchi. Lo scorso novembre un ex capo dei vigili del fuoco di Victoria ha criticato aspramente l’approccio “minimalista” di quello stato nella riduzione dei rischi da incendio durante la bassa stagione. Le lamentele si sentono in tutto il Paese.
Lunedì un parlamentare dei Verdi Australiani ha scritto su twitter che un giorno ci vorranno “tribunali climatici” per giudicare i politici conservatori.
Le cause principali
- Incendi dolosi: più di 180 persone sono state arrestate con l’accusa di aver dato l’inizio agli incendi da quando è iniziata l’attuale stagione.
- Causa secondaria: le restrizioni ambientali e la fuorviante ideologia ambientalista. Forse bisognerebbe invertire l’ordine delle due cose.
Non si tratta dei cambiamenti climatici
Considerate cortesemente anche Gli incendi boschivi australiani sono stati causati da esseri umani, non da cambiamenti climatici.
In quanto a politiche, vegetazione e clima le somiglianze tra Australia
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POLITICA
Le Sardine in Tv: che meraviglia, non contestano il potere
Scritto il 14/12/19
Evviva, i ragazzi scoprono la politica, l’impegno civile, il gusto del dissenso. L’onda lunga delle sardine è stata salutata da un boato di speranza e di sostegno con una sfilata di sponsor da grandi eventi, preti inclusi. Che gioia il ritorno del figliol prodigo, la gioventù ritrovata. Da troppo tempo latitante dalla politica, eccola che si fa largo. Risale il Novecento, secolo della giovinezza, almeno fino al ’68, si ritrovano i ragazzi sulla breccia, come li vedemmo sull’orlo infranto del Muro di Berlino, salvo poi sparire nei pub, nei display e nei consumi privati. Superata la prima fase di euforia, sorgono i dubbi. Il primo, già noto. Non vi pare strano che i ragazzi scendano in piazza non per contestare un potere, un governo, una dominazione politica e culturale ma per attaccare l’opposizione, per condannare un libero e vasto consenso popolare, per opporsi a chi si oppone all’establishment politico e culturale, all’ideologia dominante e al relativo conformismo? Non ci sono precedenti… Il secondo dubbio è se sono davvero un fenomeno spontaneo: chi c’è dietro? Non siamo in grado di confermare o smentire niente. Ma possiamo dire che appena sono apparsi, la ditta dei santini si è messa subito al loro servizio, compatta, come già aveva fatto per Greta e i manifestanti a scuola, per Carola e i suoi tifosi, per tutte le icone, Papa Francesco incluso, di volta in volta agitate per sostituire – usando le parole di Gramsci – un populismo progressivo al populismo regressivo.
Qual è la differenza tra i due? E’ ideologica, pregiudiziale, tautologica: questi sono buoni perché progressisti, quelli sono nefasti perché bollati come regressisti. Dietro le sardine non ci sarà nessuno ma i pescivendoli
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Il socialismo, culturalmente, nasce dal liberalismo con cui si pone in dialettica.
Lisa Stanton – 22 gennaio 2020
Il progressismo borghese che accompagna la particolare rivoluzione liberale è figlio dell’illuminismo e del suo mito del progresso. Il mito rivoluzionario dell’illuminismo borghese che si compie effettivamente con la Rivoluzione francese si universalizza col socialismo e ne trasforma gli assunti in categorie sociali.
Ma il mito del progresso illuminista diventerà nell’800 positivismo e perderà qualsiasi carattere sociale. Il progresso verrà quindi a rappresentare esclusivamente il progresso scientifico. Nel socialismo marxiano il progresso verrà invece inteso come progresso sociale, ovvero la progressiva socializzazione economica e politica che la rivoluzione socialista avrebbe portato nell’avvenire.
Mentre il progressismo borghese vede nel progresso un miglioramento continuo dovuto alle meraviglie della scienza e della tecnica (che vengono in realtà usate per *conservare* l’ordine sociale classista), per il socialista le cose stanno in senso opposto: il progresso sociale non è una ineluttabile traiettoria umana, ma è il frutto della lotta politica.
Nella nostra Costituzione è evidentemente presente la nozione di “progresso” in senso socialista. Il progresso scientifico è tale quando socializza i suoi benefici materiali e questa “socializzazione” dei prodotti della scienza e della tecnica può realizzarsi solo a condizione di socializzare la proprietà dei mezzi di produzione, l’istruzione e il potere politico. Ovvero il progresso socialista è progresso sociale che porta alla democrazia in senso effettivo e socialista, come previsto dalla Costituzione.
Il progresso per i liberali, ovvero per la grande borghesia, è l’agenda digitale, le multinazionali che distruggono la concorrenza, il precariato ecc…
Il progresso liberale è
il neomalthusianesimo,
il genderismo,
la distruzione della famiglia
delle nazioni,
della cultura
delle radici.
Insomma, per i liberali il progresso è la conservazione e la blindatura dell’ordine sociale conquistato nel 1789 al prezzo di morte e distruzione, e si conserva con la Corte Costituzionale, le crisi e, purtroppo, la guerra.
SCIENZE TECNOLOGIE
Agamben: fine del mondo, la scienza è diventata religione
Scritto il 28/11/19 • nella Categoria: ideeCondividi
Il tema della fine del mondo è apparso più volte nella storia della cristianità e in ogni tempo sono comparsi profeti che annunciavano come prossimo l’ultimo giorno. È singolare che oggi questa funzione escatologica, che la Chiesa ha lasciato cadere, sia stata assunta dagli scienziati, che si presentano sempre più spesso come profeti, che predicono e descrivono con assoluta certezza le catastrofi climatiche che porteranno alla fine della vita sulla Terra. Singolare, ma non sorprendente, se si considera che nella modernità la scienza si è sostituita alla fede e ha assunto una funzione propriamente religiosa – è, anzi, in ogni senso la religione del nostro tempo, ciò in cui gli uomini credono (o, almeno, credono di credere). Come ogni religione, anche la religione della scienza non poteva mancare di un’escatologia, cioè di un dispositivo che, mantenendo i fedeli nella paura, rafforza la loro fede e, insieme, assicura il dominio della classe sacerdotale. Apparizioni come Greta sono, in questo senso, sintomatiche: Greta crede ciecamente in quel che gli scienziati profetizzano e aspetta la fine del mondo nel 2030, esattamente come i millenaristi nel medioevo credevano nell’imminente ritorno del messia a giudicare il mondo.
Non meno sintomatica è una figura come quella dell’inventore di Gaia, uno scienziato che, concentrando le sue diagnosi apocalittiche su un unico fattore – la percentuale di CO2 nell’atmosfera – dichiara con stupefacente candore che la salvezza dell’umanità sta nell’energia nucleare. Che, in entrambi i casi, la posta in gioco abbia carattere religioso e non scientifico, si tradisce nella funzione centrale che vi svolge un vocabolo – la salvezza – tratto dalla filosofia cristiana della storia. Il fenomeno è tanto più inquietante, in quanto la scienza non ha mai annoverato l’escatologia fra i propri compiti
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La cricca totalitaria delle bufale sul clima alterato dall’uomo
Scritto il 24/10/19
Il clima è sempre cambiato da un decennio all’altro. Ci sono state grandi oscillazioni durante gli anni ’30. Abbiamo avuto il “dust bowl” (serie di tempeste di sabbia) durante l’estate e nel 1936 un freddo record. Nel 1936 l’ondata di freddo del Nord America, che colpì anche il Giappone e la Cina, è ancora oggi una delle più intense mai registrate nella storia. Non possiamo dare la colpa di quanto avvenne alle mamme che portavano in macchina i ragazzini a giocare a calcio, bruciando combustibili fossili. Le automobili erano ancora un lusso negli anni ’30. Semplicemente, non esiste alcuna prova di cambiamenti climatici causati dall’uomo. Nessuno è disposto a denunciare questa assurdità semplicemente mostrando le marcate oscillazioni di temperatura registrate nei secoli. Si tratta di un segreto ben celato, ma il 95% dei modelli climatici che, come ci viene detto, provano il legame tra le emissioni umane di CO2 e il catastrofico riscaldamento globale si sono rivelati, dopo circa due decenni di stasi nelle temperature, sbagliati. Non dovrebbe sorprendere. Ci siamo dovuti sorbire le stramberie dei catastrofisti climatici per circa 50 anni. Nel gennaio 1970, la rivista “Life”, basandosi su “solide prove scientifiche”, sosteneva che entro il 1985 l’inquinamento atmosferico avrebbe ridotto della metà la luce del Sole che raggiunge la Terra.
Di fatto, in quel periodo, la luce del Sole è diminuita tra il 3 e il 5%. In un discorso del 1971, Paul Ehrlich dichiarava: «Se fossi un giocatore d’azzardo, scommetterei che l’Inghilterra non esisterà più nel 2000». Spostiamoci velocemente al mese di marzo 2000 e a David Viner, scienziato ricercatore esperto presso l’Unità di Ricerca Climatica dell’Università East Anglia, che dichiarò a “The Independent”: «Le nevicate sono ormai una cosa che appartiene al passato». Nel dicembre 2010 il “Mail” online riferiva del «dicembre più freddo mai registrato, con temperature scese a meno 10 °C portando il caos in tutta la Gran Bretagna». Anche noi australiani abbiamo avuto le nostre previsioni sbagliate. Forse la più assurda è stata la dichiarazione dell’allarmista climatico Tim Flannery del 2005: «Se i tabulati del computer sono corretti, le attuali condizioni di siccità diventeranno permanenti nell’Australia dell’Est». Le precipitazioni successive e le gravi inondazioni hanno mostrato che i tabulati, o le sue analisi, erano sbagliati. Ci siamo bevuti una previsione sbagliata dopo l’altra. Inoltre, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc) è stato ripetutamente colto in flagrante per false rappresentazioni della realtà e metodi scadenti.
Gli uffici metereologici sembrano aver dato una “aggiustatina” ai dati perGlobal Strike: nuova religione, certezze piccine come Greta
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A Wuhan il laboratorio che studia il virus letale. Il dubbio: “È scappato da lì?”
Il Wuhan National Biosafety Laboratory è una struttura dove vengono studiati gli agenti patogeni più pericolosi al mondo e c’è chi sospetta che il virus possa essere “sfuggito” da lì
Lavinia Greci – Gio, 23/01/2020
La città da cui si sarebbe diffuso il coronavirus è Wuhang, in Cina. Tutti, in questi giorni, hanno imparato a conoscerla perché da lì sarebbe partito l’incubo pandemia legato al misterioso virus simile alla polmonite.
E, secondo quanto riportato da Dagospia, nel Paese asiatico, l’unico laboratorio capace di soddisfare gli standard di sicurezza richiesti per studiare il 2019-nCoV si troverebbe proprio nella centro di Wuhan.
Perché esiste il laboratorio
Il Wuhan National Biosafety Laboratory, la struttura in questione, è ospitata presso l’Accademia cinese delle scienze ed è stata pensata per aiutare scienziati e ricercatori cinesi a “prepararsi a rispondere a futuri focolai di malattie infettive”, secondo un rapporto del 2019, pubblicato dai Centri statunitensi per Controllo e prevenzione delle malattie (CDC). Secondo quanto riportato dal quotidiano, la struttura sarebbe nata, in collaborazione con la Francia, nel 2003, anno in cui scoppiò l’epidemia di Sars, che uccise centinaia di persone. In base ai dati di allora, furono 8mila le persone infettate e a causa della malattia persero la vita in 750.
Cosa si studia nella struttura
I laboratori che lavorano e gestiscono agenti patogeni sono classificati con un punteggio da 1 a 4, in base alla classe di microbi di cui dispongono e si occupano. Il punteggio più basso indica il rischio minore, mentre il 4 rappresenta il pericolo più importante. Il centro scientifico di Wuhan è designato al livello di biosicurezza 4 (BSL-4), proprio perché in quella struttura sono studiati gli agenti patogeni più pericolosi al mondo.
Come si lavora in un centro così
In un laboratorio di quelle caratteristiche, tutti i ricercatori devono cambiare i loro vestiti quando entrano nella struttura, fare la doccia all’uscita e decontaminare tutti i materiali utilizzati durante la sperimentazione, secondo i CDC. Gli scienziati che operano in quei luoghi devono indossare tute pressurizzate per isolarsi dall’ambiente circostante. Inoltre, il laboratorio stesso deve essere tenuto in un edificio separato o in un’ala diversa e deve essere dotato di sistemi di
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