NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
26 FEBBRAIO 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
La scienza è orientata verso un obiettivo:
diminuire l’umano pensare, limarlo, ordinarlo uniformemente.
(Jean Josipovici, La scienza oscurantista)
In: G. CERONETTI, Tra pensieri, Adelphi, 1994, pag. 238
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
Bombardamento disinformativo sull’Italia. Il peggiore dal 1944
Ecco il 95% della stampa e dei media italiani
TOTEM E TABU’ DELL’OCCIDENTE TERMINALE. 1
Centralino che “aiuta i migranti”, telefoni da 500 euro e conti correnti tedeschi 1
Per lavorare in tv serve il patentino gay o da tossico. L’accusa di Fabio Testi
Ritrovata morta la modella argentina che accusò Papa Francesco. 1
RAGAZZINA PESTATA IN CLASSE DA IMMIGRATI, MA È ITALIANA: NESSUNA INTERVISTA O MANIFESTAZIONE. 1
Noi africanizzati, loro alienati 1
Hebron: Israele non rinnova Tiph, via anche i carabinieri 1
Miseramente fallita l’operazione ’23 Febbraio’: la figuraccia dell’Impero in Venezuela’ 1
La Cina si oppone all’uso di presunti aiuti umanitari per destabilizzare il Venezuela 1
Il Machiavelli di Ciliberto, tra ragione e pazzia 1
“Salvare l’euro fino alla morte” dell’ultimo italiano. 1
“Alla Germania nell’euro servivamo proprio perché deboli”. Parola di Visco. 1
Grazie alla moneta unica, ogni italiano ha perso 74mila euro in 20 anni 1
L’ERRORE CRUCIALE DEL GOVERNO GRILLINO. Non ha ascoltato Sinn & Fuest 1
Anche gli innocenti sono colpevoli. Davigo e il rovescio dello stato di diritto. 1
Amnesty International: potenze mondiali complici del terrorismo internazionale. 1
QUESTA è la VERITÀ CIA, BILDERBERG, BR, BRITANNIA: ECCO A VOI LA VERA STORIA ITALIANA. 1
EDITORIALE
BOMBARDAMENTO DISINFORMATIVO SULL’IITALIA. IL PEGGIORE DAL 1944
Manlio Lo Presti – 26 febbraio 2019
Emerge in questi giorni la consapevolezza che l’Italia sia stata estremamente penalizzata dalla creazione dell’euro. Ogni italiano ha perso 74.000 euro in venti anni. Dal 1992, anno del panfilo Britannia in sosta alla rada di Livorno, l’Italia è stata scientificamente, cinicamente, ininterrottamente deindustrializzata con la cessione a prezzi stracciati di decine e decine di eccellenze manifatturiere a Germania, Francia, Inghilterra, ecc.
E’ stata demolita la struttura finanziaria e bancaria del nostro Paese sempre nel 1992 con la famigerata ed eversiva Legge Amato che ha costretto le banche ad adottare la forma giuridica di società per azioni perché fosse più facile la catena di fusioni e di acquisizioni di banche da parte di gruppi francesi, spagnoli, inglesi che hanno fatto razzia del risparmio italiano (il più alto del mondo) e non hanno fatto nulla per lo sviluppo economico del nostro Paese: tutto questo con il beneplacito silenzioso di banca d’Italia e del CICR -Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio avente il compito (mai eseguito come protezione del nostro Paese) di indirizzare e controllare l’operato della banca centrale nazionale.
È finalmente storia acquisita la caduta ininterrotta anticiclica e depressiva dell’Italia dal 1992 in poi. Tutti ormai sanno, ma nessuno ha voluto porre rimedio in modo concreto. I governi (di qualsiasi schieramento SIA CHIARO!) si sono avvicendati senza incidere sui processi economici con lo scopo specifico di riappropriarci della nostra autonomia rispetto alla ossessiva politica depressiva dell’Unione europea mirante alla cosiddetta “stabilità dell’euro”, anche se questo è costato ad oggi il prezzo di oltre 50.000.000 (cinquantamilioni) di disoccupati che supereranno la soglia dei 75.000.000 (settantacinquemilioni) a breve con l’impatto della irrefrenabile e crescente robotizzazione del lavoro.
Ebbene, con 75 milioni di senza lavoro viene stupidamente, cinicamente, ripetutamente propagandato da batterie di oltre 300 televisioni, di 500 giornali, quasi tutto il web profondo che l’Europa ha bisogno di 50.000.000 di immigrati!!!!!!!!!
Cosa dovrebbero fare questi c.d. immigrati?
La vulgata neomaccartista ripete pertinacemente che essi servono per il ripopolamento quando costerebbe molto meno e sarebbe condiviso dalle popolazioni nazionali dell’UE attivare politiche sociali a sostegno della famiglia e della natalità.
Peraltro, nessuno ha mai voluto delineare criteri, condivisi da tutti i Paesi UE, di accoglienza dei ridetti c.d. immigrati. Anzi, smentendo platealmente i principi unificatori dell’ideale europeistico, i Paesi più forti e quelli protetti dall’ombrello micidiale anglofrancotedescoUSA, hanno precorso politiche di indifferenza, di dilazione sperando in un imminente disfacimento dell’Italia da utilizzare come campo di raccolta razziale per tutto il vecchio continente, di blocco totale delle frontiere SENZA PER QUESTO RICEVERE LE MINACCE, GLI INSULTI E LE VIOLENZE VERBALI CHE I PRETORIANI DELLA UE RISERVANO DA TEMPO SOLO ALL’ITALIA!
I criteri condivisibili sono semplicemente i seguenti, salvo omissioni:
- quanti ne servono nei vari rami produttivi,
- quali specializzazioni sono necessarie,
- le fasce di età ammesse
- quali imprese o strutture pubbliche ne hanno bisogno
Le batterie del DEEP STATE mondiale martellano senza sosta slogan propagandistici SOLO ALL’ITALIA, ATTENZIONE:
- apriamo i porti
- #restiamoumani
- Accoglienza senza se e senza ma
- Batterie antiaeree di Saviano da New York
- Mitragliamento delle magliette rosse con e senza Rolex
- Scrittorucoli e intellettualoidi INESPERTI e perciò MANOVRABILI invitati alle 17/20 trasmissioni di propaganda politica e disinformativa, che dichiarano con orgoglio “non-in-mio-nome”
- Salvini va assassinato facendo cura a mirare bene il bersaglio
- Il “politicamente corretto” sta eliminando qualsiasi opinione diversa da quella sparata dalla megamacchina disinformativa
- Agli italiani è impedito di difendersi da qualsiasi aggressione dei c.d. immigrati che ne stanno approfittando a piene mani. Chi si difende va in galera per anni e gli aggressori prendono pure i risarcimenti!!!
- Bombardamenti mediatici se gli italiani demmerda reagiscono alle effrazioni domestiche e nel proprio negozio, silenzio assoluto, mortale, piramidale se le violenze sono fatte da immigrati o da componenti dei partiti di opposizione (vedi i casi della atleta Osaku non più cieca e dell’insegnante iscritto PD con bimbo di colore, per citarne alcuni)
- Chi ha votato a destra è mentalmente inferiore (autorazzismo nazista eversivo che andrebbe punito dalle leggi esistenti che però casualmente non vengono applicate!)
- Coloro che-non-hanno-votato-bene sono degli ignoranti che devono essere rieducati in appositi istituti (stile Grande Balzo in Avanti della Cina di Mao)
Il “POLITICAMENTE CORRETTO QUADRISEX ANTIFA NEOMACCARTISTA” continua a provocare devastazioni sulle libertà civili di espressione, di parola, di associazione, salvo che non siano quelle approvate dal Ministero della Verità NWO.
Continuando nella spietata e cinica opera di spegnimento di ogni reazione degli italiani non allineati-che-devono-essere-rieducati, assistiamo da tempo ad una gigantesca PRIVATIZZAZIONE DI OGNI SETTORE DELLA VITA ECONOMICA, SOCIALE, POLITICA del nostro Paese.
La sanità pubblica, pilastro dello Stato sociale, viene spostata a marce forzate verso il sistema di cliniche private (chi non può pagare DEVE MORIRE PERCHE’ COSTA TROPPO: eugenetica economica che le magliette rosse con Rolex non vedono!) assieme al titanico flusso di danaro pubblico che verrà sempre più gestito dalle assicurazioni private la cui parte del leone la fanno quelle francesi e spagnole.
L’assistenza ai bisognosi, fino a qualche anno fa tutelati dall’ombrello dello Stato sociale, è stata ingoiata da strutture “volontaristiche” (che danno lavoro sottopagato a centinaia di migliaia di persone), alle ONG – Organizzazioni Non Governative ai cui vertici ci sono molti nomi, e loro rampolli, della finanza, della politica, dell’industria italiana delle gerarchie ecclesiastiche, della Caritas, delle Coop.: una montagna di miliardi che hanno cambiato direzione IN NOME DEL BUONISMO, DELL’ACCOGLIENZA, DEL SIAMO UMANI, ecc. amplificato da legioni di “utili idioti” (1)
A dispetto di tutti i motivi umanitari, volontaristici, questo è il motivo VERO.
Goldman docet.
TUTTO CIÒ PREMESSO
Spero di aver chiarito che la fine del nostro Paese si riassume, in sintesi, in pochi semplici passaggi:
- Follia sterminatrice, piallatrice, censoria, eversiva del POLITICAMENTE CORRETTO a sostegno dell’immigrazionismo senza controlli (rende molti soldi e ogni limite va rimosso totalmente);
- Privatizzazione dello Stato sociale
- Privatizzazione delle ultime imprese non ancora predate e riduzione dell’Italia a paese sudamericano
- Compiuta la desertificazione del nostro martoriato Paese, l’ARRIVO DI 20.000.000 NEOSCHIAVI NORDAFRICANI con paghe da 3 euro al giorno.
P.Q.M.
LORSIGNORI E LORDAME, IL GIOCO È FATTO … NULLA VA PIÙ
Non è ancora finita, perché il processo continuerà finché i predatori non vedranno la popolazione italiana perdere sangue a fiotti!
Purtroppo, ne riparleremo
Note
1) Il termine oggi è usato in senso più ampio per descrivere qualcuno che sembra essere manipolato da un movimento politico, un gruppo terroristico, un potere economico – https://it.wikipedia.org/wiki/Utile_idiota
IN EVIDENZA
ECCO IL 95% DELLA STAMPA E DEI MEDIA ITALIANI:
Michele D’Ambra 24 02 2019
IL M5S MUORE……IL GOVERNO CADE!!!
RECESSIONE, IL GOVERNO CADE CADE.
FMI RIVEDE LE STIME ALLO 0,2%,
CONFINDUSTRIA BOCCIA IL REDDITO DI CITTADINANZA,
QUOTA 100 COSTA TROPPO,
L’INPS ATTACCA,
LA CGIL PROTESTA IL 9 FEBBRAIO,
L’EUROPA BACCHETTA,
LA TAV È LA FRATTURA DEFINITIVA,
IL M5S È MORTO SE SALVA SALVINI,
IL GOVERNO È MORTO SE IL M5S NON SALVA SALVINI.
CADE CADE!
LA LEGA AL 40%
IL M5S AL 25%,
DOPO LE EUROPEE CADE,
LO SPREAD LO SPREAD,
I MERCATI LI FERMERANNO,
FRATTURE INTERNE,
M5S LACERATO,
PSICODRAMMA, CACCIATO UN SENATORE,
IL M5S MUORE,
MUORE, CAZZO, MUORE, DEVE MORIRE!!!!!
PERCHÉ NON MUORE????
FORZA FORZA CHE È IL MOMENTO,
MANDATE LA CONTRAEREA IN ONDA,
CACCIARI CHE SBAVA,
FAZIO CHE PIANGE,
SAVIANO CHE SI GRATTA LA TESTA,
FORZA!!!! CAROFIGLIO INDIGNATO,
I DUE ATTORI CHE SI DICONO TRADITI,
GINO STRADA CHE DÀ DEL COGLIONE A DI MAIO,
QUALCHE LOBBISTA CHE ATTACCHI TONINELLI,
QUALCUNO A PROCESSO CHE ATTACCHI BONAFEDE,
DAI CHE CADE, CADE!!!! PERCHÉ NON CADE???
SE SALVANO L’ILVA SONO MORTI,
SE CHIUDONO L’ILVA SONO MORTI,
IL TAP NON LO VOLEVANO FARE,
DI BATTISTA MENTE!!!!!
DATE ADDOSSO A DI BATTISTA PERCHÉ NON VUOLE UN RUOLO NELLE ISTITUZIONI.
LA RAGGI CAZZO, CI STAVAMO DIMENTICANDO LA RAGGI.
ROMA BRUCIA, PUZZA, BUCHE, È SPORCA.
SE FA LO STADIO È MORTA,
SE NON FA LO STADIO È MORTA.
SE FA LE OLIMPIADI È MORTA,
SE NON FA LE OLIMPIADI È MORTA!!!
DAI CHE CADE!!!! ORA LA CONDANNANO, ORA LA CONDANNANO!! DAI DAI DAI! PATATA BOLLENTE!
CADE …CADE!
L’HANNO ASSOLTA!!!!
GELO COI VERTICI,
CONFINDUSTRIA GELA I 5 STELLE,
GELO DI CONTE,
L’ISTAT GELA DI MAIO, GELA, GELA!!! BRRRRRRR CHE FREDDO ….
CADEEEE…DAI CHE IL GOVERNO CADE!
PERCHÉ NON CADE???? NON CADE!
BUFERA! TEMPESTA! DRAMMA! CROLLO! DISPERAZIONE! IL M5S È MORTO! MUORE MUORE.
PERCHÉ NON MUORE? NON MUORE. PURTROPPO, NON MUORE.
AGENZIA FITCH CI GRAZIA, MA VEDE ELEZIONI ANTICIPATE….
PIL IN DISCESA E CATASTROFE ECONOMICA!
RECESSIONE…
MANOVRA ECONOMICA …
PATRIMONIALE ….
ARRIVANO LE CAVALLETTE ….
URAGANI TEMPESTOSI ….
TORNA LA MORSA DELLO SPREAD!!!
DILUVIO ………..
GOVERNO CADE……
CONTE CADE! NO …
NON CADE … MALEDIZIONE!!
DI MAIO NON MANGIA IL PANETTONE ….
GOVERNO CADE…CADE….DAI CHE CADE ….
NON CADE!
IL M5S DAL 2009 AD OGGI È STATO DATO PER MORTO ALMENO 200 VOLTE. IL M5S CADE E SI RIALZA, INCIAMPA E CRESCE, SI ADATTA ALLE CIRCOSTANZE, SUBISCE E POI REAGISCE, SCHIVA E RISPONDE, RESISTE E AVANZA, SBAGLIA E CORREGGE, SOFFRE E TROVA LA CURA. NON MUORE.
NEL FRATTEMPO, I DATI AUDITEL FANNO CROLLARE I TALK E I GIORNALI NON VENDONO PIÙ.
SEMBRA UN MONDO INTERO CONTRO DI NOI MA È SOLO UNA CATASTROFE DI CARTA. DESCRIVONO LE TENEBRE MA È UNA SEMPLICE NOTTE. RACCONTANO L’ABISSO MA HANNO SOLO PAURA.
ANDIAMO AVANTI COL NOSTRO PASSO. LA MARATONA È MOLTO PIÙ LUNGA DI QUANTO PENSANO LE LEPRI. SENZA STRAPPI O ALLUNGHI, GUARDIAMO AVANTI E CONTINUIAMO A CORRERE, UN PASSO DOPO L’ALTRO, UN RESPIRO DOPO L’ALTRO.
CADE, CADE. NON CADE.
MUORE, MUORE. NON MUORE.
P.S.: DOBBIAMO A QUESTI CIALTRONI SE IL NOSTRO PAESE E’ CLASSIFICATO AL 70° POSTO NEL MONDO, PER LIBERTA’ DI INFORMAZIONE !!!!
RIFLETTETE!
https://www.facebook.com/groups/179438262092165/permalink/2195472837155354/
TOTEM E TABU’ DELL’OCCIDENTE TERMINALE
di Roberto PECCHIOLI – 23 Febbraio 2019
In Gran Bretagna è in corso un accanito dibattito. Non si tratta della Brexit né della monarchia, ma qualcosa di infinitamente più serio: l’opportunità o meno di abbattere le statue di Winston Churchill e Lord Nelson. Con l’ingenuità di chi abita l’estrema periferia dell’impero, pensavamo che al politico conservatore si imputassero i terrificanti bombardamenti sulle città tedesche, Dresda e Amburgo su tutte. All’ammiraglio di Trafalgar l’attiva partecipazione di brillante comandante militare al colonialismo britannico.
Non è così. Churchill pare fosse un “suprematista bianco”: così lo descrive un accigliato deputato scozzese. La statua di Nelson nella piazza londinese intitolata alla sua vittoria più prestigiosa è in pericolo per l’identico motivo: lord Horatio era razzista. Non lo chiede un manipolo di squinternati, ma austere voci progressiste ospitate dal prestigioso The Guardian.
Il vento, si sa, arriva dall’Atlantico e infatti l’idea di abbattere steli e monumenti non risparmia negli Usa Cristoforo Colombo. La novità è che non si renderà omaggio neppure a due eroine del femminismo ottocentesco, le suffragette Susan B. Anthony e Elizabeth Cody Stanton. Le loro figure scolpite non orneranno New York: femministe sì, fiere lottatrici per il voto alle donne, ma, ahimè, razziste anch’esse. Un critico si chiede: una volta stabilito il principio di farla finita con ogni personaggio del passato la cui visione del mondo non coincide con la nostra, dove andremo a finire? Saggia domanda, con una risposta assai semplice nella sua drammaticità: finiremo nel nulla, nel vuoto pneumatico di una civilizzazione pervenuta alla fase terminale.
Più serio è domandarsi perché siamo giunti a questo punto, poiché solo dalla risposta può sorgere la speranza di invertire la rotta. Noi partiamo dal peggiore tra i cattivi maestri, Sigmund Freud, e dal più acuto critico del liberalismo americano, Aléxis de Tocqueville. Totem e tabù è l’opera di Freud in cui si incontrano psicanalisi e antropologia nel pieno della polemica con Jung. “La parola tabù esprime due opposti significati: in un senso significa sacro, consacrato, nell’altro sinistro, pericoloso, proibito, impuro, e rappresenta una sorta di orrore dotato di forza demonica nascosta che scatena una paura oggettivata, un’interdizione di natura pressoché sacrale.” Il tabù non differisce, nella sua natura psicologica, dall’imperativo categorico kantiano, poiché agisce in forma coattiva escludendo ogni motivazione davvero cosciente.
La conclusione è la nevrosi ossessiva come condizione normale degli occidentali (neo)liberali. Il tabù è anche totem, l’oggetto concreto o ipostatizzato dotato di un significato simbolico profondo che unisce una determinata comunità o gruppo sociale. Interessante è la definizione figurata di totem nel dizionario edito da Repubblica, centrale del progressismo liberal libertario: oggetto di superstizione al quale si attribuisce un culto reverenziale. La nostra conclusione è che la negazione dell’idea di razza, dunque l’odio inestinguibile verso qualsiasi forma di differenziazione etnica, è il totem del nostro tempo. Tabù diventa qualsiasi idea, atto, persona o popolo che osi negare il valore del totem, universalizzato perché universale, nell’aspirazione, è l’antropologia che rappresenta.
Non a caso, perfino un altro simbolo intangibile della contemporaneità, il femminismo, viene messo da parte se il sospetto di razzismo investe o soltanto lambisce personalità come le suffragette americane citate. Sorprende la deriva di una civiltà che si caratterizza in senso negativo, anti, contro qualcosa che peraltro evita di definire per farvi rientrare qualsiasi condotta sgradita a chi controlla e custodisce il totem. A nostro avviso il totem-tabù antirazzista ne cela un altro, che consente e rinforza il primo. Si tratta dell’uguaglianza, un’idea antica che la modernità ha tratto dalla Rivoluzione francese ma anche da quella americana. Lo conferma Tocqueville, il pensatore francese dell’epoca postrivoluzionaria, la cui opera capitale è La democrazia in America, frutto di un lungo soggiorno negli Stati Uniti.
Egli comprese per primo l’inesorabile tendenza verso l’assolutizzazione dell’uguaglianza, destinata a tradursi in conformismo, massificazione sociale, poiché la più grave patologia della democrazia è non accettare la differenza. La visione di Tocqueville risulta ancora più interessante per la constatazione che entro la democrazia, accanto alla tensione all’ eguaglianza, sussiste anche la passione per il possesso, l’egomania dell’avere, un’inclinazione destinata a non soddisfarsi mai, che spiega la bizzarra compresenza del totem dell’uguaglianza e la sua negazione radicale nell’economia e nell’organizzazione concreta della società.
Così si esprimeva Tocqueville: “non conosco un paese dove regni meno l’indipendenza di spirito e meno autentica libertà di discussione che in America. Il padrone non vi dice più: pensate come me o morrete; ma dice: siete libero di non pensare come me; la vostra vita, i vostri beni, tutto vi resterà, ma da questo istante siete uno straniero fra noi.” Agghiacciante nella sua esattezza è la previsione di cui vediamo avverarsi ogni dettaglio: “Se cerco di immaginare il dispotismo moderno, vedo una folla smisurata di esseri simili ed eguali che volteggiano su se stessi per procurarsi piccoli e meschini piaceri di cui si pasce la loro anima. Al di sopra di questa folla, vedo innalzarsi un immenso potere tutelare, che si occupa da solo di assicurare ai sudditi il benessere e di vegliare sulle loro sorti. È assoluto, minuzioso, metodico, previdente, e persino mite. Assomiglierebbe alla potestà paterna, se avesse per scopo, come quella, di preparare gli uomini alla virilità. Ma, al contrario, non cerca che di tenerli in un’infanzia perpetua. (…) Non toglierebbe forse loro anche la forza di vivere e di pensare?”.
L’uguaglianza sottratta alle sue conseguenze economico-sociali è il totem sovraordinato a ogni altro. Le differenze devono essere ferocemente negate come inesistenti, scherzo di natura che la società ha il diritto dovere di correggere. Negli ultimi decenni, l’arma più potente è diventata la correttezza politica, ovvero il cambio di significato delle parole per mutare la visione della realtà. L’obiettivo è sempre quello di azzerare, vietare, demonizzare la differenza, esclusa quella del reddito.
A New York stanno approvando il divieto di commentare sfavorevolmente la capigliatura della popolazione di colore, con multe salatissime. Di questi giorni è l’attacco contro la differenza sessuale nel mondo dello sport.
Un ex campione del mondo di calcio, Fulvio Collovati, è stato sospeso dalla Rai per aver criticato la moglie del calciatore Icardi.
Il suo reato è il sessismo, neologismo che condanna l’idea dell’ineguaglianza tra i sessi.
Sull’altare del principio di uguaglianza, la differenza più evidente, quella etnica, è negata e perseguita come peccato capitale, orrore massimo e imperdonabile.
Non sfugge alla censura postmoderna un’icona della tolleranza e della pace come Gandhi. Il Mahatma corre il rischio di essere scacciato dal piedistallo morale che occupa. A Londra vorrebbero abbattere – due al prezzo di una- la sua statua, posta nella stessa piazza di quella di Churchill. L’accusa è uguale: anche il venerando capo indiano era razzista. Avrebbe sostenuto l’apartheid contro gli africani quando viveva in Sudafrica e sconsigliava i civilizzati indù a mischiarsi in pubblico con gli “aborigeni” africani. Nel Ghana, un paese che dovrebbe avere preoccupazioni più concrete, un suo monumento è già stato eliminato.
Il gioco al massacro non risparmierebbe Tocqueville, colpevole di leso islamismo, giacché scrisse di ritenere “poche religioni altrettanto letali per l’uomo di quella di Maometto. “Alla fatwa dei mussulmani, la condanna per blasfemia, corrisponde l’interdetto occidentale in nome del politicamente corretto. Lo stesso Gesù ha poche speranze. In un’università gallese è già stata ritirata la Bibbia, ma che dire dei suoi attacchi ai farisei, dell’assurda pretesa di essere “via, verità e vita “?
Il totem e il tabù hanno un’altra caratteristica sorprendente: agiscono su tutte le epoche a ogni livello. Superano nei fatti un altro pilastro dell’ideologia moderna, il relativismo, attraverso l’equivalenza generalizzata, presupposto della teoria dell’identico. L’obbligo di non stilare graduatorie o classifiche si assolutizza negando ogni contestualizzazione temporale o culturale. In alcune università americane è emarginato Shakespeare. Gli si rimprovera naturalmente il razzismo, Shylock, il Moro di Venezia, il disprezzo per i disabili (Calibano nella Tempesta, Riccardo III), ma non è al riparo neppure dalle accuse di sessismo (La bisbetica domata, il personaggio di Lady Macbeth). Quanto a Dante, era omofobo, tanto che i sodomiti stanno all’Inferno, ma anche razzista (uomini siate, e non pecore matte, sì che ‘l Giudeo di voi tra voi non rida). San Paolo è proscritto per la lettera ai Corinzi. In Inghilterra alcuni predicatori sono già stati denunciati per avere diffuso i brani paolini contrari all’omosessualità.
L’apostolo Giacomo è razzista: Santiago il Matamoros. Non va meglio a Cervantes, la cui descrizione della povera fantesca Maritornes, bassa, grassa e con gli occhi storti è un distillato di sessismo e di razzismo estetico risalente a Omero. Il suo Tersite, antieroe deforme, tremebondo e pacifista è il contrario dell’ideale greco della bellezza unita alla bontà e al coraggio. (kalòs kài agathòs). Il totalitarismo si unisce all’ignoranza settaria in quanto è vietato contestualizzare, ossia inserire fatti, idee e persone nel tempo e nel luogo in cui sono maturati. Impossibile, le nuove idee sono migliori, definitive, indiscutibili, universali. Rovesciando San Bernardo di Chiaravalle, siamo giganti costretti a reggere i nani del passato. Il germe è nell’illuminismo, che intronizzò la ragione come criterio unico di un’umanità uscita finalmente da un’infanzia millenaria. Gli universali del passato non sono soltanto rigettati, ma ridicolizzati, semplici balbettii di bambini.
La disuguaglianza più evidente tra gli esseri umani è quella dell’aspetto esteriore, il colore della pelle, le distinte caratteristiche fisiche e biologiche. Va negata senza eccezioni in quanto il suo crollo farebbe cedere e rovinare al suolo l’intero edificio. L’identico non ammette esclusioni perché l’obiettivo è costruire umani a taglia unica, colore unico, sesso unico. Prodotti di serie, economia di scala a cui applicare i criteri dell’industria e della zootecnia. Perciò il passato e ogni idea ricevuta devono essere rifiutati in radice; l’uomo è prima decostruito – l’operazione, in Occidente, è pressoché conclusa – quindi rigenerato in forma diversa. L’uomo nuovo e indistinto diventa un
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/totem-e-tabu-delloccidente-terminale/
Centralino che “aiuta i migranti”, telefoni da 500 euro e conti correnti tedeschi
Scrive Giorgia Meloni su Twitter: “IL CENTRALINO CHE AIUTA I MIGRANTI (E GLI SCAFISTI?)
Telefoni da 500 euro, conti correnti tedeschi e strani rapporti con gli scafisti.
Cosa si nasconde dietro questo centralino telefonico?
Interessante servizio da guardare
Continua qui: https://www.imolaoggi.it/2019/02/25/centralino-che-aiuta-i-migranti-telefoni-da-500-euro-e-conti-correnti-tedeschi/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Per lavorare in tv serve il patentino da gay e da tossico”. L’accusa di Fabio Testi
Di Adolfo Spezzaferro -22 Dicembre 2018
In un’intervista a Radio Cusano Campus l’attore lancia un’accusa pesante contro i network televisi italiani: “Per lavorare in Rai e Mediaset servono patentini da gay e tossici“.
Dove il “patentino” equivale anche a una disponibilità in quel senso, pure se gay non si è. “Sai quanti ne ho visti di amici miei che hanno accettato? Io mi sono trovato a metà film col regista che mi diceva se non accetti vai a casa e io dicevo ‘Ok vado a casa’.
Ma sai quanti sono caduti e sono scesi a compromessi?”, rivela Testi in chiaro riferimento al “Me Too” italiano.
“Per lavorare in Rai devo fare un tesserino da gay, poi uno da tossico per lavorare nell’altro ambiente. Ormai in Italia il lavoro artistico si è limitato a certi gruppi, dove io son tagliato fuori perché sono troppo quadrato. Io non ho tesserino e allora mi lasciano a casa così non gli rompo i coglioni”, spiega l’attore.
Sul fronte della politica, emerge un altro dettaglio che completa il quadro. Testi infatti non disdegna l’attuale ministro dell’Interno. Fatto che – si sa – suona come una bestemmia nel mondo dello spettacolo italiano.
“Tra Salvini e Di Maio ovviamente sono per Salvini. Prima di criticarli e di metterli alla gogna, vediamo cosa faranno e soprattutto ricordiamoci cos’hanno fatto i precedenti governi. Io ho tre figli che lavorano all’estero perché purtroppo non hanno la possibilità di lavorare in Italia
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Ritrovata morta la modella argentina che accusò Papa Francesco
Alle prime luci dell’alba del 23 febbraio la celebrità argentina Natacha Jaitt è stata trovata morta in un resort vicino a Buenos Aires.
Natacha Jaitt, 42 anni, famosa in Argentina anche per la sua partecipazione al Grande Fratello, era madre di due bambini.
Il corpo è stato rinvenuto nudo su un letto senza apparenti segni di violenza, la morte sarebbe stata causata da un collasso multiorgano dovuto all’assunzione di cocaina e alcol.
Le indagini sono ancora in corso, anche perché i familiari e l’avvocato della vittima sono certi che si tratti di un caso di omicidio.
Il mistero che aleggia sulla morte di Natacha è riconducibile ad un tweet del 5 Aprile 2018 dove aveva scritto:
«Non ho intenzione di suicidarmi, né di imbottirmi di farmaci e annegare in una vasca da bagno, non mi sparerò un colpo in testa, quindi se ciò accade, non sono stata io.
Salva il tweet».
Tutto è cominciato dopo che Jaitt ha accusato Gustavo Vera e altri personaggi di spicco durante un popolare talk-show “Lunch with Mirtha Legrand”.
Gustavo Vera è un ex politico molto amico di Papa Francesco che gestisce La Alameda, un’organizzazione no-profit per i diritti umani.
Gustavo Vera e Papa Francesco
Le accuse di Natacha Jaitt a Gustavo Vera e a Papa Francesco
Le accuse sono gravi, parla del coinvolgimento di un club calcistico del Sud America nel traffico di bambini.
Ha parlato di un’indagine in cui sarebbe emerso che questi ragazzi erano tenuti in pugno da una rete di pedofili.
Non avendo nessuna prova a sostegno di quello che stava dicendo, altri ospiti in studio, alcuni dei quali giornalisti, hanno considerato totalmente infondate quelle accuse, difendendo Vera.
Ma lei ha continuato asserendo che Vera fosse un pedofilo e non solo, lo ha anche accusato di gestire bordelli illegalmente.
Alcuni giornalisti hanno provato a mettere in dubbio la credibilità di Natacha Jaitt a causa del suo lavoro.
Infatti, oltre a essere attrice e conduttrice televisiva, Natacha lavorava nella pornografia, senza mai averlo nascosto.
Nonostante tutte le illazioni nei suoi confronti per cercare di sminuire le sue accuse, la Jaitt non si è fermata nemmeno davanti a Papa Francesco.
Infatti, lo ha accusato di aver “salvato” un ecclesiastico denunciato per pedofilia, quando non era ancora Papa
Continua qui:https://www.politicamentescorretto.info/2019/02/25/ritrovata-morta-la-modella-argentina-che-accuso-papa-francesco/
BELPAESE DA SALVARE
RAGAZZINA PESTATA IN CLASSE DA IMMIGRATI, MA È ITALIANA: NESSUNA INTERVISTA O MANIFESTAZIONE
Giornalisti di merda. Questa coppia di egiziani intervistata in prima serata perché, dicono, loro figlio è stato picchiato per colpa di Salvini:
VIDEO QUI: https://streamable.com/jbgkt
Ma nessuna televisione si è occupata della ragazzina italiana pestata in classe da un gruppo di ‘compagne’ marocchine:
Picchiata da compagne marocchine, non vuole più tornare a scuola
Per non parlare del battage mediatico dopo la notizia del bizzarro esperimento
Noi africanizzati, loro alienati
Marcello Veneziani, prefazione a I coloni dell’austerity di Ilaria Bifarini, Altaforte edizioni, 2019
Perché dopo decenni di aiuti umanitari, di piani d’assistenza consistenti in diversi miliardi di dollari, l’Africa esplode, la miseria dilaga e soprattutto la gente scappa dalla propria terra? Cosa non ha funzionato, cosa ha aggravato la situazione al punto di spingere le popolazioni a partire? Come mai si è acuita la loro dipendenza anziché diminuire, si è aggravata la loro incapacità di autonomia, pur disponendo di grandi risorse naturali? Che ruolo hanno avuto le forme subdole di neocolonialismo? C’è un deliberato disegno di svuotamento dell’Africa e di terzomondizzazione dell’Europa e dell’Occidente, lato nord?
Lasciamo stare i complotti e la metafisica del male. Facile sbrigarsela con un rito esorcistico, evocando i soliti nomi e le solite sigle che tutti conosciamo, che gestiscono l’economia mondiale e regolano i flussi. Molti fattori si intersecano ed è puerile ridurli a uno solo, credere che tutto dipenda da un Grande Disegno Unico ordito da un Centro Occulto di Potere. Troppi e divergenti sono i fattori d’influenza. E giustamente Ilaria Bifarini nel suo libro dedicato all’Africa li sottolinea: penso per esempio al ruolo preminente e inquietante della Cina in Africa che non risponde a un progetto occidentale della Banca Mondiale o del Fondo Monetario Internazionale.
Però è ancora più assurdo fermarsi alle cartoline, alla fuga dei popoli dalla fame e della miseria, delle guerre e dai genocidi, o più semplicemente alla ricerca di benessere e di incolumità. Un processo si è innescato da quando il mondo è diventato una scatola dentro il Mercato globale, e non l’inverso. Cioè da quando un modello globale ed egemonico, fondato sul primato assoluto economico-finanziario, di tipo neoliberista, imperniato sull’uso del debito e dell’indebitamento, guida il mondo. E ha generato una serie di traffici umani, economici e demografici che stanno sconvolgendo il pianeta: non solo migrazioni, ma anche traffici di organi, di uteri e di adozioni, o rimesse in patria degli immigrati per pagare i debiti contratti in loco, prima che per sostenere le loro famiglie). Paghiamo caramente le conseguenze di quel modello.
Sullo sfondo vi sono poi le tragedie incrociate: la denatalità dei paesi benestanti e l’esplosione demografica dei paesi poveri, lo squilibrio assoluto e stridente tra i due mondi, “l’inevitabile” invasione degli ultimi e la riduzione del mondo a una platea sempre più vasta di bisognosi e una minoranza sempre più ristretta di detentori della ricchezza e della potenza. Con la scomparsa, l’avvilimento del mondo di mezzo, la borghesia, il ceto operaio non ridotto alla miseria, i ceti artigianali, agricoli indipendenti.
Insomma, c’è un intreccio di fattori e di volontà, di processi economici e demografici ma anche di disegni ideologici e finanziari che hanno generato questa situazione. E c’è il collasso, l’impotenza o il ruolo negativo dei grandi
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CONFLITTI GEOPOLITICI
Hebron: Israele non rinnova Tiph, via anche i carabinieri
23 febbraio 2019 di Cristina Amoroso
Israele ha deciso di non rinnovare dal febbraio 2019 la Tiph 2 (Temporary International Presence in Hebron), una missione internazionale alla quale prendono parte anche Carabinieri italiani.
Una task force multinazionale di osservatori che documenta da vent’anni un regime di terrore da parte di soldati israeliani e di coloni ebrei contro i palestinesi in una città sotto occupazione.
L’importanza della Tiph a Hebron
L’importanza della presenza della Tiph a Hebron risiede nella complicata situazione della città, a maggioranza palestinese (circa 200mila) ma con un nucleo di 600 coloni israeliani ultraortodossi insediati vicino alle “Tombe dei Patriarchi”, rilevante sito religioso sia per i musulmani che per gli ebrei, protetti da un consistente apparato militare delle Forze di Difesa Israeliane. In un’area approssimativa di 32 kmq, la città, situata nella parte meridionale della cosiddetta West Bank (Cisgiordania), è tra le più antiche del mondo, con notevoli tradizioni storiche e culturali, passata in mano israeliana dopo la “Guerra dei sei giorni” del 1967, una delle quattro città sante del Talmud.
La Tiph è stata fondata nel 1994 in seguito alla strage commessa il 25 febbraio nella moschea di Ibrahimi da Baruch Goldstein, che nella tomba dei patriarchi uccise 29 musulmani in preghiera durante il Ramadan e ne ferì 125. A fine giornata si contavano in tutto 60 vittime, ai 29 musulmani si aggiungevano 26 palestinesi uccisi dall’esercito israeliano e 5 israeliani massacrati dalla folla, tra cui lo stesso attentatore morto per mano dei superstiti.
La forma attuale della Tiph era il risultato del Protocollo di Hebron degli Accordi di Oslo, che consentiva la parziale ridistribuzione delle forze militari israeliane nella parte della città rimasta sotto il suo controllo. In seguito al massacro e ad una seguente condanna da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Israele e Autorità Nazionale Palestinese hanno concordato con alcuni Paesi una presenza internazionale temporanea per monitorare la situazione, riportare eventuali violazioni e contribuire a un clima più sereno. I Paesi che hanno partecipato alla missione sono: Italia, Norvegia, Svezia, Svizzera e Turchia, i quali finanziano interamente la missione. I nostri 15 carabinieri sono l’unico personale militare, mentre la Turchia è l’unico contingente costituito interamente da poliziotti. Gli altri contingenti sono costituiti da civili di profilo professionale eterogeneo.
Nonostante la difficoltà del compito, la presenza è continuata ininterrotta fino ad ora: il 31 gennaio infatti il mandato è scaduto e non è stato rinnovato per decisione israeliana, ed entro tre mesi verrà completato il ritiro del personale. Per svolgere i compiti della Tiph, i suoi membri hanno goduto di immunità diplomatica ed erano autorizzati a registrare (anche con video e foto) quanto avveniva nella loro area di responsabilità, una delle più difficili del mondo.
Il rapporto di monitoraggio della Tiph
A dicembre, il quotidiano israeliano Haaretz ha riferito di un un rapporto confidenziale che la forza di monitoraggio ha messo insieme, citando numerose violazioni del diritto internazionale da parte di Israele che confermerebbe lo status di Hebron come una città lacerata da un’occupazione sia civile che militare. Il rapporto di quasi 100 pagine è stato redatto per celebrare il ventesimo anniversario della Tiph: circa 40mila casi separati di violenza sono stati registrati fin dal 1997 da molti rilevatori di Svezia, Norvegia, Svizzera, Italia e Turchia. Alcuni incidenti hanno costituito crimini di guerra.
La rivelazione del rapporto confidenziale ha ora fornito il pretesto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di espellere gli osservatori internazionali. Ha chiuso la sua missione a Hebron questo mese, in apparente violazione degli obblighi di Israele
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Miseramente fallita l’operazione ’23 Febbraio’: la figuraccia dell’Impero in Venezuela’
di Fabrizio Casari – altrenotizie – 25 febbraio 2019
E’ miseramente fallita l’operazione “23 Febbraio”, ovvero il tentativo di violare le frontiere venezuelane con tir e camion contenenti “aiuti umanitari”. Di umanitario non c’era niente e gli aiuti erano destinati all’opposizione di ultradestra: infatti i camion servivano a trasportare in territorio venezuelano armi, munizioni e sabotatori, cioè personaggi e materiali utili allo scatenamento della guerra civile sullo schema già visto in diversi altri paesi, tra i più noti Ucraina e Siria.
Il format era quello classico, che aveva visto la sua inaugurazione nella ex-Jugoslavia e si era ottimizzato in Romania, quindi applicato con alterni successi in Medio Oriente e America Latina, dove però ha avuto la sua disfatta più cocente proprio in Venezuela prima e in Nicaragua successivamente.
Soprattutto, l’obiettivo di sabato scorso era quello di violare le frontiere venezuelane come dimostrazione dello scollamento del sistema, di una presunta incapacità del governo di mantenere il controllo su Forze Armate e Guardia Nazionale, blandite e minacciate da Casa Bianca e Guaidò. L’errore clamoroso è stato quello di credere alle menzogne della loro stessa propaganda, che racconta di una emergenza umanitaria e di un governo privo di consenso e tecnicamente non in grado di controllare il Paese.
Ma la tenuta sociale e territoriale del governo è saldissima, il sostegno politico viene reiterato da milioni di venezuelani che nelle città come alla frontiera difendono il progetto bolivariano e l’integrità della patria. L’emergenza umanitaria non c’è, se si eccettuano le continue rapine delle risorse venezuelane operate dai paesi-guida del capitalismo che per loro prevedono la sacralità delle proprietà ma per i loro avversari applicano invece il furto e il saccheggio sfacciato e continuato.
La giornata di sabato doveva essere accompagnata da un concerto nella zona di frontiera tra Colombia e Venezuela. Si dovevano esibire cantanti trasformati per l’occasione in ipotetiche star. Un concerto ridicolo finanziato da un miliardario che, non per caso, ha disposto duecento metri di spazio vigilato tra i ricchi e i poveri che vi assistevano. Uno spettacolo francamente penoso e per colmo sponsorizzato dalla Colombia. Ovvero, un narco-stato simbolo di ogni abominio in termini di violazione dei diritti umani, che uccide a migliaia gli esponenti dell’opposizione, che è detentrice del maggior numero di sfollati in un paese in pace e che ha generato la fuga di 6 milioni di colombiani in Venezuela.
Detto quindi della mobilitazione straordinaria che ha reso ridicola l’adunanza golpista, due sono state le novità sostanziali di sabato. La prima è stata la rottura delle relazioni politiche e diplomatiche con la Colombia, decisa unilateralmente dal Venezuela. La seconda è che Juan Guaidò, l’autoproclamato presidente del nulla, è scappato dall’ambasciata colombiana a Caracas a bordo di un elicottero che lo ha portato nella zona colombiana della frontiera.
L’idea era quella di farlo entrare trionfante in Venezuela dopo lo sfondamento “umanitario” della frontiera ma, alla fine, si è dovuto accontentare di una mesta riunione con il presidente colombiano Duque, quello cileno Pinera e Luis Almagro, il funzionario USA al vertice degli OSA. Le immagini di questa conventicola golpista riunita con espressione attonita raccontano più di qualunque report la sconfitta patita.
Come è noto Guaidò non potrà rientrare in Venezuela, dove lo attende l’arresto. C’è dunque adesso da stabilire cosa fare con un personaggio da operetta che si è reso ridicolo di fronte al mondo. Domani si riunirà con il Gruppo di Lima
La Cina si oppone all’uso di presunti aiuti umanitari per destabilizzare il Venezuela
La Cina dichiara il suo rifiuto all’uso di aiuti umanitari per fini politici e respinge l’incitamento alla crisi e all’intervento militare in Venezuela.
26 02 2019
“La parte cinese (…) si oppone l’intervento straniero negli affari interni del Venezuela (…) Si oppone anche l’uso del presunto aiuto umanitario a fini politici e l’incitamento alla instabilità e alla crisi in Venezuela e con i suoi vicini”, ha ribadito il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lu Kang.
In una conferenza stampa tenuta ieri a Pechino, Lu ha sottolineato che questa situazione non rispetterà gli interessi di nessuna delle parti coinvolte nel conflitto.
Anche le Nazioni Unite (ONU) hanno espresso preoccupazione per ciò che accade sul confine venezuelano e hanno chiesto di non utilizzare gli “aiuti” destinati al paese caraibico a fini politici o militari. Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha respinto il presunto “aiuto umanitario” e ha denunciato domenica scorsa che gli Stati Uniti hanno cercato di nascondere i loro piani interventisti contro il paese
CULTURA
Il Machiavelli di Ciliberto, tra ragione e pazzia
Il libro, edito da Laterza, attraversa una ferita inguaribile, pensa la crisi di Firenze, dell’Italia e dell’Occidente, induce a soffermarsi sul teatro della vita, tra ragione e dissimulazione, s’inoltra nel labirinto della fortuna tra il Segretario fiorentino, Bruno e Spinoza. È un libro alto su un pensatore di prima grandezza, un libro che invita a non rassegnarsi all’esistente
di Davide D’Alessandro – 23 Febbraio 2019
filosofeggiodunquesono@gmail.com
Se ti sei formato nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze, se ti sei laureato con Eugenio Garin (correlatore Paolo Rossi) nel 1968 con una tesi sulla fortuna di Machiavelli, al Segretario fiorentino ritorni, cinquant’anni dopo, per delinearne la figura di uomo, di pensatore e di filosofo, per riannodare il filo di un pensiero mai finito, poiché, «al fondo, i problemi fondamentali dell’uomo hanno mutato forma, ma sono stati sempre gli stessi; e questo vuol dire che i problemi del Segretario sono ancora oggi, in altra maniera, anche i nostri, e tali resteranno finché la “politica” – la potenza della politica – continuerà ad avere, come ha avuto nella tradizione occidentale – dai greci fino al XX secolo –, un ruolo centrale nell’esistenza umana. Quando questo nesso si spezzerà – e può accadere, anzi forse sta accadendo – solo allora anche Machiavelli si allontanerà da noi. Ma vorrà dire che è nato un altro mondo, differente dal nostro. Come dice un filosofo che l’ha conosciuto e rispettato: “il tempo tutto toglie e tutto dà”».
Il nostro tempo, tra mille sventure, per ora ci dà il nuovo libro di Michele Ciliberto, Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia, edito da Laterza. Anche se, tra i cinquecento anni dalla stesura del Principe (1513) e i cinquecento anni dalla morte (1527), i libri su Machiavelli fioriscono e fioriranno come limoni, il lavoro del presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, tra i massimi studiosi di Giordano Bruno, si pone in alto, tra le alte sfere, si nutre delle interpretazioni che l’hanno prececeduto, da Chabod a Sasso, da Procacci a Ferroni, da Pocock a Skinner, da Martelli a Bausi, da Dionisotti a Bertelli, da Vivanti a Inglese, da Cambaino a Cacciari, fino a Esposito, per dire che il Segretario è di tutti e di nessuno, miniera inesauribile di ragioni e di pazzie, di intuizioni e di svolte quasi mai colte da chi avrebbe dovuto coglierle, lascito eterno per chi fa della politica motivo d’analisi e di vita, per chi la studia e per chi la esercita, per chi la osserva con lo sguardo freddo e distaccato, pauroso di sporcarsi le mani, e per chi le mani se le sporca, spesso lasciandoci mani e corpo.
Scrive Ciliberto: «Machiavelli è stato un pensatore di prima grandezza, e anche un notevole filosofo – naturalmente nelle forme e nei modi propri dell’età cui appartiene: e questo solo una concezione dottrinaria della filosofia, imperniata sul canone ‘moderno’, potrebbe negarlo. Il centro del suo discorso è però sempre di carattere politico: per lui, possono valere le parole di Rousseau nelle Confessioni, quando dice di “aver scoperto che tutto si legava intimamente alla politica”. Ma la sua meditazione, proprio come quella di Rousseau, investe i problemi generali della condizione umana, analizzata in modo astratto ma in chiave storica e alla luce di un tempo, di un’epoca specifica – caratterizzata, a sua volta, da una crisi radicale dello “stato del mondo”, e perciò in grado di rivelare, proprio per questo, in modo più profondo, caratteri, destino e limiti dell’uomo».
L’autore compie una scelta consapevole, maggior rilievo all’uomo rispetto all’opera, e teme che possa essere un difetto del libro. Non lo è affatto. Del resto, com’è possibile immaginare l’opera di Machiavelli senza eccedere nello scandaglio dell’uomo? Continua Ciliberto: «È dalla riflessione di tipo antropologico che scaturisce la sua concezione della politica, ed è in questa prospettiva che
Continua qui: https://www.ilfoglio.it/filosofeggio-dunque-sono/2019/02/23/news/il-machiavelli-di-ciliberto-tra-ragione-e-pazzia-239768/
ECONOMIA
“Salvare l’euro fino alla morte” dell’ultimo italiano.
Maurizio Blondet 25 Febbraio 2019
Ormai la notizia l’ha data persino lo Huffington Post, che è “europeista”
Grazie alla moneta unica in 20 anni ogni tedesco ha guadagnato 23 mila euro, ogni italiano ne ha persi 75 mila
È quanto emerge dal rapporto “20 anni di Euro: vincitori e vinti”, del think tank Cep (Centre for European Policy) di Friburgo. Secondo lo studio, il problema della competitività tra i vari Paesi dell’eurozona “rimane irrisolto e “deriva dal fatto che i singoli paesi non possono più svalutare la propria valuta per rimanere competitivi a livello internazionale”. Dall’introduzione dell’euro, un’erosione della competitività internazionale ha portato “a una minore crescita economica, a un aumento della disoccupazione e al calo delle entrate fiscali. La Grecia e l’Italia, in particolare, stanno attualmente attraversando gravi difficoltà a causa del fatto che non sono in grado di svalutare la propria valuta”.
Lo studio di @CEP_EU ci dice chi ha guadagnato e perso grazie all’euro, nel periodo 1999-2017:
€ +1.893 miliardi | € +23.116 pro capite
€ -3.591 miliardi | € -55.996 pro capite
€ -4.325 miliardi | € -73.605 pro capite
“Il costo dell’euro per l’Italia in 18 anni è stato drammatico. Tragico. 4.300 miliardi.
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/salvare-leuro-fgino-alla-morte-dellultimo-italiano/
“Alla Germania nell’euro servivamo proprio perché deboli”. Parola di Visco
In questa intervista l’ex ministro delle Finanze spiega i retroscena sulla nascita della moneta. “Con paesi deboli nell’eurogruppo la valuta sarebbe stata abbastanza debole da non rallentare l’export di Berlino. Un’Italia fuori, visto il nostro apparato industriale, poteva fare paura a molti, incluse Francia”
di Stefano Feltri | 13 Maggio 2012
“La Germania ha gestito la globalizzazione in modo consapevole, avere paesi come l’Italia dentro la moneta unica ha reso l’euro una moneta più debole di quanto sarebbe stata altrimenti e ha permesso a Berlino di esportare”. Vincenzo Visco era ministro delle Finanze ai tempi del governo Prodi, tra il 1996 e il 1998, e a lui era affidato “il lavoro sporco”, cioè tassare gli italiani per ridurre il deficit quel tanto che bastava da permettere all’Italia di entrare nell’euro.
Professor Visco, l’inchiesta dello Spiegel dimostra che la Germania non considerava affidabili i nostri conti.
Quando siamo entrati nell’euro era tutto in regola. Certo, nel 1997 rimasero tutti sorpresi che ce l’avessimo fatta, ma i nostri numeri erano certificati dall’Eurostat.
Ma l’Italia non è mai riuscita a rimanere nei parametri di Maastricht.
Entrammo con il deficit al 2,7 per cento del Pil, facendo l’eurotassa. Quando la sinistra tornò all’opposizione, nel 2001, lasciammo un avanzo primario di 5 punti, quello che adesso si cerca invano di raggiungere. I nostri guai derivano dalle scelte successive: si doveva continuare con il rigore, come richiedeva l’euro. Ma al governo c’era il centrodestra, da sempre ostile alla moneta unica, e le sue politiche hanno messo le basi dei guai attuali.
Avete mai avuto dubbi sulla possibilità di centrare gli obiettivi?
Siamo sempre stati ragionevolmente sicuri. Perché aumentando il surplus primario, scendeva il costo del debito. Scambiammo un aumento temporaneo di tasse con una riduzione permanente degli interessi da pagare. Eravamo tranquilli perché il distacco dal deficit al 3 per cento era minore di quanto risultava dai dati contabili.
Perché?
Man mano che facevamo correzioni, gli interessi scendevano. Gran parte del lavoro lo facevano i mercati. Il contrario di quello che succede oggi, quando gli investitori distruggono i risultati ottenuti dai governi, facendo salire i tassi sul debito. Siamo tornati in una situazione analoga a prima dell’euro. Ma l’euro c’è e ci vincola.
Ci sono mai stati momenti di tensione con i tedeschi?
Le relazioni con la Germania le gestiva Carlo Azeglio Ciampi che aveva una grandissima credibilità ed era molto abile. Io ricordo i rapporti con l’Olanda che erano molto difficili, proprio non ci volevano. Poi si convinsero. Però era chiaro a tutti che non avremmo mai avuto il debito al 60 per cento del Pil. Allora il Belgio era al 125 e stava peggio di noi. Poi loro
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Grazie alla moneta unica, ogni italiano ha perso 74mila euro in 20 anni
25, febbraio, 2019
Da quando c’è l’euro, ogni cittadino tedesco ha guadagnato in media 23mila euro, ogni italiano ne ha persi 74mila.
Lo spiega C. Paudice in un dettagliato articolo su huffingtonpost.it
La Germania è “di gran lunga” il Paese che più ha tratto profitto dall’entrata in circolazione della moneta unica, l’Italia quello che ci ha rimesso di più. Nel suo ventesimo anniversario, l’euro si mostra in tutta la sua controversa natura di generatore di diseguaglianze. È quanto emerge dal rapporto “20 anni di Euro: vincitori e vinti”, del think tank Cep (Centre for European Policy) di Friburgo.
Secondo lo studio, il problema della competitività tra i vari Paesi dell’eurozona “rimane irrisolto e “deriva dal fatto che i singoli paesi non possono più svalutare la propria valuta per rimanere competitivi a livello internazionale”. La Grecia e l’Italia, in particolare, stanno attualmente attraversando gravi difficoltà a causa del fatto che non sono in grado di svalutare la propria valuta”.
Lo studio ha verificato quanto sarebbe stato alto il Pil pro capite, se i Paesi non avessero introdotto l’euro
Continua qui: https://www.imolaoggi.it/2019/02/25/grazie-alla-moneta-unica-ogni-italiano-ha-perso-74mila-euro-in-20-anni/
Grazie alla moneta unica in 20 anni ogni tedesco ha guadagnato 23 mila euro, ogni italiano ne ha persi 75 mila
Report del think tank tedesco Cep sui vincitori (Germania e Olanda) e i vinti (Italia e Francia) della moneta unica “oggi più controversa che mai”
Claudio Paudice Giornalista politico, L’HuffPost – 25 febbraio 2019
Da quando c’è l’euro, ogni cittadino tedesco ha guadagnato in media 23mila euro, ogni italiano ne ha persi 74mila. La Germania è “di gran lunga” il Paese che più ha tratto profitto dall’entrata in circolazione della moneta unica, l’Italia quello che ci ha rimesso di più. Nel suo ventesimo anniversario, l’euro si mostra in tutta la sua controversa natura di generatore di diseguaglianze. È quanto emerge dal rapporto “20 anni di Euro: vincitori e vinti”, del think tank Cep (Centre for European Policy) di Friburgo. Secondo lo studio, il problema della competitività tra i vari Paesi dell’eurozona “rimane irrisolto e “deriva dal fatto che i singoli paesi non possono più svalutare la propria valuta per rimanere competitivi a livello internazionale”. Dall’introduzione dell’euro, un’erosione della competitività internazionale ha portato “a una minore crescita economica, a un aumento della disoccupazione e al calo delle entrate fiscali. La Grecia e l’Italia, in particolare, stanno attualmente attraversando gravi difficoltà a causa del fatto che non sono in grado di svalutare la propria valuta”.
Impatto dell’introduzione dell’euro sulla prosperità per abitante e complessiva dal 1999 al 2017
I numeri. Lo studio ha verificato quanto sarebbe stato alto il Pil pro capite, se i Paesi non avessero introdotto l’euro. La Germania, dal 1999 al 2017 avrebbe guadagnato complessivamente 1.893 miliardi di euro, pari a circa 23.116 euro per abitante. Anche i Paesi Bassi hanno guadagnato circa 346 miliardi, e cioè 21mila euro pro capite. Nella maggior parte degli altri Stati si sarebbero registrate invece delle perdite: in Italia, lo Stato che più ne ha risentito, addirittura di 4300 miliardi, pari a 73.605 euro pro capite. In Francia, le perdite ammonterebbero a circa 3.591 miliardi, pari a 55.996 euro pro capite.
Nel 2017, per esempio, il Pil tedesco è aumentato di 280 miliardi di euro
Continua qui:
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
L’ERRORE CRUCIALE DEL GOVERNO GRILLINO. Non ha ascoltato Sinn & Fuest
Maurizio Blondet 25 Febbraio 2019
I giornali pro-governo sono stati contenti per un giorno che Fitch non ci ha declassato del tutto. Non ancora. Possiamo indebitarsi sui mercati a tassi d’interesse da paese del terzo mondo (alla faccia dell’ “euro che ci protegge”); ma Fitch ci dà previsione di peggioramento – il che significa che i mercati, per prestarci i soldi, ci chiederanno tassi più alti. Sempre più alti. Da bancarotta. Perché?
Perché questa è la prima fase del progetto che enunciò (non fatemi cercare l’esatta citazione, non ho tempo) Hans Werner Sinn, capintesta del Centro Studi IFO di Monaco, considerato uno dei massimi consiglieri economici del governo tedesco: “Se non si riesce coi mercati [a fare cadere il governo ‘sovranista’ italiano] bisognerà pensare ad uscire”: ossia che la Germania esca dall’euro.
Sì, è così. Sinn è uno dei tedeschi ragionevoli, di quelli che affermano la necessità di una clausola che permetta l’uscita dall’euro. Per l’Italia, e lo dice sinceramente.
Da quando è stato introdotto l’euro, ha detto in sostanza in una conferenza lo scorso dicembre, la perdita di competitività del sistema economico italiano rispetto a quello germanico è aumentata del 38%.
Ed ha aggiunto, con sincera compassione: “Ditemi voi se c’è una sola economia che possa sopravvivere ad un tal genere di apprezzamento rispetto al suo principale partner commerciale. E’ Impossibile, Impossibile: nulla di quanto abbiamo discusso può essere la soluzione; possiamo redistribuire fondi [ossia trasferire miliardi dall’area euro tedesca a quella del Mediterraneo, come si deve fare in una vera zona monetaria], ma nulla di questo è la soluzione. Quando si pensa alla soluzione si deve pensare a Paolo Savona. Quando parlate di come aiutare gli italiani, dovete pensare di come fare, dovete pensare a Paolo Savona: bisogna permettere l’uscita dall’Euro. Naturalmente la decisione è degli italiani, ma soluzione non può esservi all’interno dell’area euro. Sono passati 10 anni e la svalutazione necessaria non ha avuto luogo all’interno dell’area euro e questo non solo verso la Germania, ma verso nessuno dei paesi dell’Eurozona. Abbiamo aspettato dieci anni, dobbiamo aspettare altri 10 anni? Ed a quel punto sarà la Lega che è già il partito più forte”.
Capito? Hans W. Sinn dice che Savona ha ragione – e il nostro governo ha di fatto cacciato Savona. Sinn dice che per riguadagnare la competitività perduta, l’Italia dovrebbe ”fare le riforme” che gli chiedono la BCE e Bruxelles, che consistono nel taglio – svalutazione – dei salari del 38 per cento o giù di lì, o nel tollerare una disoccupazione del 25% – e riconosce (al contrario degli “europeisti” nostrani ed esteri) che ciò è inumano socialmente e impossibile politicamente.
Quindi, Sinn dice che bisogna inserire un codicillo che consenta l’uscita dall’eurozona ad un paese che non ce la fa.
Sinn, dalla sua propria voce: non è possibile che l’Italia risolva il proprio problema nell’euro.
Se i nostri governanti avessero la cultura adeguata (e il coraggio necessario) avrebbero notato – ed approfittato – di questa diversa posizione di Sinn rispetto agli “europeisti” che ci premono e minacciano a “fare le riforme”.
Questi “europeisti”, da Draghi a Dombroski da Moscovici a Mattarella, sono pronti a sacrificare all’ultimo italiano pur di salvare l’euro.
Sinn (e Berlino) non vogliono salvare l’euro ad ogni costo, con l’Italia dentro.
Certo, prima che dell’Italia, Sinn si preoccupa della Germania. Dei mille miliardi di euro di pseudo-crediti – di cui 500 contratti dall’Italia – che i tedeschi credono di reclamare nei nostri confronti, il cosiddetto Target 2. Sinn e il suo gruppo scrivono che se un paese si ritira dall’euro, il paese creditore (Germania) dovrà assumersi queste perdite; ma ciò avverrà anche se uno stato resta nella zona euro “ma il suo sistema finanziario nazionale collassa” e va in bancarotta. Come nel caso dell’Italia se lo spread sale alle stelle o addirittura non trova più investitori disposti a prestarle un soldo.
Ecco cosa scrive lo IFO:
#Target balances may lead to massive losses for creditor countries not only when countries leave the #Eurozone, but also in the event of a national financial system collapsing when a state remains in the Eurozone #CESifo Forum @FuestClemens @HansWernerSinnhttp://www.ifo.de/w/4JTYyGSEx
La soluzione di Sinn e il suo gruppo è passare al Target 3: in succo, che un paese europeo, quando compra qualcosa (per esempio una BMW) alla Germania , mostri di poter pagare – conferendo un attivo reale – per esempio oro.
Ovviamente, questo ucciderebbe immediatamente l’euro come moneta comune (l’IFO giunge a chiedersi perché mai un euro in Italia dovrebbe valere quanto un euro in Germania) e ciò rivela la vera mira tedesca: è Berlino che “deve” (vuole) uscire dall’euro, per sottrarsi alla necessità di fare dell’euro una zona monetaria “perfetta” il che significa pagare trasferimenti miliardari ai paesi meridionali; ma dando la colpa all’Italia, con la scusa di sottrarsi all’insolvenza italiana, e recuperando quel che può dei suoi “crediti” – con l’oro che il nostro governo ha riaffermato essere nella piena disponibilità della BCE.
E tuttavia, bisogna ammettere che Sinn poi ci lascerebbe liberi di tornare alla nostra moneta e svalutare, anzi ce lo consiglia; una posizione molto più “umana” di quella degli europeisti nostrani, da Mattarella a Draghi, ai Prodi allo stato maggiore PD, che vogliono salvare l’euro ad ogni costo: ossia fino alla morte dell’ultimo italiano.
Certo, dice, “naturalmente, la decisione spetta agli italiani”, che significa chiaramente: mica potete aspettarvi che facciamo noi la scelta politica che spetta a voi. Noi facciamo il nostro interesse nazionale; a voi spetta fare il vostro.
Se i grillini avessero un’attenzione a questa proposta – ma l’hanno mai saputa? Hanno la cultura generale per capirla? Hanno osservatori del dibattito tedesco? Hanno una politica estera a parte il Venezuela? – l’avrebbero dovuta cogliere al volo. Invece si sono liberati di Paolo Savona, che Sinn ha appena riconosciuto come valido interlocutore. Che messaggio po’ aver colto Berlino? Che restiamo nell’euro fino alla morte dell’ultimo italiano
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/lerrore-cruciale-del-governo-grillino-non-ha-ascoltato-sinn-fuest/
GIUSTIZIA E NORME
Anche gli innocenti sono colpevoli. Davigo e il rovescio dello stato di diritto
Anche a “Porta a Porta” il presidente dell’ANM insiste nel dire che gli unici errori giudiziari sono le assoluzioni, e la vittima in questi casi è solo il magistrato
di Luciano Capone – 2 Febbraio 2017
Ascoltare Piercamillo Davigo è sempre istruttivo, soprattutto per la sua spiccata inclinazione alla chiarezza: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”, ama dire citando il Vangelo. L’avevamo lasciato, nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, che teorizzava l’inesistenza dell’errore giudiziario.
Nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) spiegava in televisione, da Corrado Formigli a “Piazza pulita”, che quando un innocente viene condannato non è colpa dei magistrati: “Il giudice non è presente quando viene commesso il reato, sa le cose che gli raccontano. Se si scopre dopo che un teste ha mentito, non lo può sapere. E’ stato ingannato”.
La vera vittima dell’errore giudiziario è quindi il magistrato, fuorviato e ingannato dai testimoni. Ieri sera Davigo, ospite di Bruno Vespa a “Porta a porta” per parlare dei 42 milioni di euro per risarcimenti giudiziari nel 2016 (648 milioni dal ’92), ha allargato il campo della sua visione alle ingiuste detenzioni: come gli errori giudiziari non sono errori, così le ingiuste detenzioni non sono ingiuste (in pratica l’unico errore sembra quello di pagare le vittime).
Spiega Davigo che tutti questi risarcimenti a persone incarcerate e poi assolte avvengono perché nel nostro sistema “le prove assunte nelle indagini preliminari di regola non vale nel processo”. C’è questo problema del dibattimento e di dover ripetere le testimonianze rilasciate agli inquirenti davanti a un giudice. Quindi succede che una persona viene arrestata sulla base di prove schiaccianti, come le accuse di tre testi, “dopodiché questi testi magari minacciati dicono che si sono sbagliati. Le loro indicazioni non possono essere più
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Amnesty International: potenze mondiali complici del terrorismo internazionale
22 febbraio 2019 di Carolina Ambrosio
L’ultimo rapporto presentato da Amnesty International è un chiaro monito a fermare le violenze che dilagano in tutto il mondo. Il volume, che si basa sulle ricerche di Mark Marczynski in 18 Paesi, si intitola “La situazione dei diritti umani nel mondo” Secondo Amnesty, il 2018 è stato uno degli anni peggiori per quanto riguarda i diritti umani. In ogni parte del mondo si contano milioni di persone che subiscono quotidiane violenze in un crescendo di repressioni e attacchi militari a danno, soprattutto, della popolazione civile.
Nella maggior parte dei casi analizzati è proprio l’apparato statale a farsi primo esecutore di abominevoli e barbare violenze. Il rapporto, infatti, si sofferma sulla difficile situazione in Palestina a causa del conflitto arabo-israeliano che ormai imperversa da decenni
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STORIA
QUESTA è la VERITÀ CIA, BILDERBERG, BR, BRITANNIA: ECCO A VOI LA VERA STORIA ITALIANA
11 ottobre 2017
Se NON sai queste cose, è INUTILE che apri la bocca! QUESTA è la VERITÀ
CIA, BILDERBERG, BR, BRITANNIA: ECCO A VOI LA VERA STORIA ITALIANA che loro vi tengono NASCOSTO, e dopo averlo letto… è un tuo DOVERE morale CONDIVIDERLO e FARLO sapere pure agli ALTRI.
Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germania e Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anni dopo, quando crolla il Muro di Berlino. La Germania si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: noi, l’Italia.*
A Roma non mancano complici: pur di togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.
E’ la drammatica ricostruzione di Nino Galloni, già docente universitario, manager pubblico e alto dirigente di Stato. All’epoca, nel fatidico 1989, Galloni era consulente del governo su invito dell’eterno Giulio Andreotti, il primo statista europeo che ebbe la prontezza di affermare di temere la riunificazione tedesca. Non era “provincialismo storico”: Andreotti era al corrente del piano contro l’Italia e tentò di opporvisi, finche potè. Poi a Roma arrivò una telefonata del cancelliere Helmut Kohl, che si lamentò col ministro Guido Carli: qualcuno “remava contro” il piano franco-tedesco. Galloni si era appena scontrato con Mario Monti alla Bocconi e il suo gruppo aveva ricevuto pressioni da Bankitalia, dalla Fondazione Agnelli (facenti anche loro parte del gruppo Bilderberg) e da Confindustria. La telefonata di Kohl fu decisiva per indurre il governo a metterlo fuori gioco. «Ottenni dal ministro la verità», racconta l’ex super-consulente, ridottosi a comunicare con l’aiuto di pezzi di carta perché il ministro «temeva ci fossero dei microfoni». Sul “pizzino”, scrisse la domanda decisiva: “Ci sono state pressioni anche dalla Germania sul ministro Carli perché io smetta di fare quello che stiamo facendo?”. Eccome: «Lui mi fece di sì con la testa».
Questa, riassume Galloni, è l’origine della “inspiegabile” tragedia nazionale nella quale stiamo sprofondando. I super-poteri egemonici, prima atlantici e poi europei, hanno sempre temuto l’Italia. Lo dimostrano due episodi chiave. Il primo è l’omicidio di Enrico Mattei, stratega del boom industriale italiano grazie alla leva energetica propiziata dalla sua politica filoaraba, in competizione con le “Sette Sorelle”. E il secondo è l’eliminazione di Aldo Moro, l’uomo del compromesso storico col Pci di Berlinguer assassinato dalle “seconde Br”: non più l’organizzazione eversiva fondata da Renato Curcio ma le Br di Mario Moretti, «fortemente collegate con i servizi, con deviazioni dei servizi, con i servizi americani e israeliani». Il leader della Dc era nel mirino di killer molto più potenti dei neobrigatisti: «Kissinger gliel’aveva giurata, aveva minacciato Moro di morte poco tempo prima» (Kissinger è anche l’assassino di Salvador Allende).
Tragico preambolo, la strana uccisione di Pier Paolo Pasolini, che nel romanzo “Petrolio” aveva denunciato i mandanti dell’omicidio Mattei, a lungo presentato come incidente aereo. Recenti inchieste collegano alla morte del fondatore dell’Eni quella del giornalista siciliano Mauro De Mauro. Probabilmente, De Mauro aveva scoperto una pista “francese”: agenti dell’ex Oas inquadrati dalla Cia nell’organizzazione terroristica “Stay Behind” (in Italia, “Gladio”) avrebbero sabotato l’aereo di Mattei con l’aiuto di manovalanza mafiosa. Poi, su tutto, a congelare la democrazia italiana avrebbe provveduto la strategia della tensione, quella delle stragi nelle piazze.
Alla fine degli anni ‘80, la vera partita dietro le quinte è la liquidazione definitiva dell’Italia come competitor strategico: Ciampi, Andreatta e De Mita, secondo Galloni, lavorano per cedere la sovranità nazionale pur di sottrarre potere alla classe politica più corrotta d’Europa. Col divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per la prima volta il paese è in crisi finanziaria: prima, infatti, era la Banca d’Italia a fare da “prestatrice di ultima istanza” comprando titoli di Stato e, di fatto, emettendo moneta destinata all’investimento pubblico. Chiuso il rubinetto della lira, la situazione precipita: con l’impennarsi degli interessi (da pagare a quel punto ai nuovi “investitori” privati) il debito pubblico esploderà fino a superare il Pil. Non è un “problema”, ma esattamente l’obiettivo voluto: mettere in crisi lo Stato, disabilitando la sua funzione strategica di spesa pubblica a costo zero per i cittadini, a favore dell’industria e dell’occupazione. Degli investimenti pubblici da colpire, «la componente più importante era sicuramente quella riguardante le partecipazioni statali, l’energia e i trasporti, dove l’Italia stava primeggiando a livello mondiale».
Al piano antiitaliano partecipa anche la grande industria privata, a partire dalla Fiat, che di colpo smette di investire nella produzione e preferisce comprare titoli di Stato: da quando la Banca d’Italia non li acquista più, i tassi sono saliti e la finanza pubblica si trasforma in un ghiottissimo business privato. L’industria passa in secondo piano e – da lì in poi – dovrà costare il meno possibile. «In quegli anni la Confindustria era solo presa dall’idea di introdurre forme di flessibilizzazione sempre più forti, che poi avrebbero prodotto la precarizzazione» (il piano lo sta ultimando Renzi con il suo Job Acts). Aumentare i profitti: «Una visione poco profonda di quello che è lo sviluppo industriale». Risultato: «Perdita di valore delle imprese, perché le imprese acquistano valore se hanno prospettive di profitto». Dati che parlano da soli. E spiegano tutto: «Negli anni ’80 – racconta Galloni – feci una ricerca che dimostrava che i 50 gruppi più importanti pubblici e i 50 gruppi più importanti privati facevano la stessa politica, cioè investivano la metà dei loro profitti non in attività produttive ma nell’acquisto di titoli di Stato, per la semplice ragione che i titoli di Stato italiani rendevano tantissimo e quindi si guadagnava di più facendo investimenti finanziari invece che facendo investimenti produttivi. Questo è stato l’inizio della nostra deindustrializzazione».
Alla caduta del Muro, il potenziale italiano è già duramente compromesso dal sabotaggio della finanza pubblica, ma non tutto è perduto: il nostro paese – “promosso” nel club del G7 – era ancora in una posizione di dominio nel panorama manifatturiero internazionale. Eravamo ancora «qualcosa di grosso dal punto di vista industriale e manifatturiero», ricorda Galloni: «Bastavano alcuni interventi, bisognava riprendere degli investimenti pubblici». E invece, si corre nella direzione opposta: con le grandi privatizzazioni strategiche, negli anni ’90 «quasi scompare la nostra industria a partecipazione statale», il “motore” di sviluppo tanto temuto da tedeschi e francesi. Deindustrializzazione: «Significa che non si fanno più politiche industriali». Galloni cita Pierluigi Bersani: quando era ministro dell’industria «teorizzò che le strategie industriali non servivano». Si avvicinava la fine dell’Iri, gestita da Prodi in collaborazione col solito Andreatta e Giuliano Amato. Lo smembramento di un colosso mondiale: Finsider-Ilva, Finmeccanica, Fincantieri, Italstat, Stet e Telecom, Alfa Romeo, Alitalia, Sme (alimentare), nonché la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano.
Le banche, altro passaggio decisivo: con la fine del “Glass-Steagall Act” nasce la “banca universale”, cioè si consente alle banche di occuparsi di meno del credito all’economia reale, e le si autorizza a concentrarsi sulle attività finanziarie speculative. Denaro ricavato da denaro, con scommesse a rischio sulla perdita. E’ il preludio al disastro planetario di oggi. In confronto, dice Galloni, i debiti pubblici sono bruscolini: nel caso delle perdite delle banche stiamo parlando di tre-quattromila trilioni. Un trilione sono mille miliardi: «Grandezze stratosferiche», pari a 6 volte il Pil mondiale. «Sono cose spaventose». La frana è cominciata nel 2001, con il crollo della new-economy digitale e la fuga della finanza che l’aveva sostenuta, puntando sul boom dell’e-commerce. Per sostenere gli investitori, le banche allora si tuffano nel mercato-truffa dei derivati: raccolgono denaro per garantire i rendimenti, ma senza copertura per gli ultimi sottoscrittori della “catena di Sant’Antonio”, tenuti buoni con la storiella della “fiducia” nell’imminente “ripresa”, sempre data per certa, ogni tre mesi, da «centri studi, economisti, osservatori, studiosi e ricercatori, tutti sui loro libri paga».
Quindi, aggiunge Galloni, siamo andati avanti per anni con queste operazioni di derivazione e con l’emissione di altri titoli tossici. Finché nel 2007 si è scoperto che il sistema bancario era saltato: nessuna banca prestava liquidità all’altra, sapendo che l’altra faceva le stesse cose, cioè speculazioni in perdita. Per la prima volta, spiega Galloni, la massa dei valori persi dalle banche sui mercati finanziari superava la somma che l’economia reale – famiglie e imprese, più la stessa mafia – riusciva ad immettere nel sistema bancario. «Di qui la crisi di liquidità, che deriva da questo: le perdite superavano i depositi e i conti correnti». Come sappiamo, la falla è stata provvisoriamente tamponata dalla Fed, che dal 2008 al 2011 ha trasferito nelle banche – americane ed europee – qualcosa come 17.000 miliardi di dollari, cioè «più del Pil americano e più di tutto il debito pubblico americano».
Va nella stessa direzione – liquidità per le sole banche, non per gli Stati – il “quantitative easing” della Bce di Draghi, che ovviamente non risolve la crisi economica perché «chi è ai vertici delle banche, e lo abbiamo visto anche al Monte dei Paschi, guadagna sulle perdite». Il profitto non deriva dalle performance economiche, come sarebbe logico, ma dal numero delle operazioni finanziarie speculative
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