NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
26 GIUGNO 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Non è solo a forza di mentire agli altri,
ma anche di mentire a sé stessi,
che si smette d’accorgersi di mentire.
MARCEL PROUST, Alla ricerca del tempo perduto,
Sodoma e Gomorra, Mondadori, 1989, pag. 142-143
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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IN EVIDENZA
L’Italia recuperi l’Ici non versata dalla Chiesa”: la sentenza della Corte Ue
Accolto il ricorso di una scuola montessoriana. I Radicali: richiedere le somme fin dal 1992 può valere 13-14 miliardi di euro. La Cei: attività commerciali devono pagare, ma evitare danni ai servizi. L’Anci: “Ora serve una legge per il recupero delle somme”
dal nostro corrispondente ALBERTO D’ARGENIO – 6 novembre 2018
RILETTURA: ANCORA NULLA DI FATTO. PERCHE’?
Lo Stato italiano deve recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa: è quanto hanno stabilito i giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito “l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative” nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere difficoltà interne all’Italia”. Respinto invece il ricorso sull’Imu.
“La sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue non consente direttamente ai comuni di recuperare gettito e soldi per l’Ici non versata, piuttosto sanziona l’Italia per una norma del 2012 per aiuti di Stato”. Guido Castelli, delegato Anci per il Fisco locale precisa che “questa sentenza riguarda esenzioni che hanno operato tra il 2007 e il 2011 e non interferisce su ciò che è accaduto dopo il 2012”. E continua: “Sarà necessaria una norma di legge che individui il percorso, ove possibile, di recupero delle somme”.
Il ricorso accolto dalla Corte di giustizia è stato promosso dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del Tribunale Ue del 15 settembre 2016, che in primo grado aveva ritenuto legittima la decisione di non recupero della Commissione europea nei confronti di tutti gli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit, di una cifra che, secondo stime dell’Anci, si aggira intorno ai 4-5 miliardi.
La Commissione aveva infatti riconosciuto all’Italia la “assoluta impossibilità” di recuperare le tasse non versate nel periodo 2006-2011 dato che sarebbe stato “oggettivamente” impossibile, sulla base dei dati catastali e delle banche fiscali, calcolare retroattivamente il tipo d’attività (economica o non economica) svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali,
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https://www.repubblica.it/vaticano/2018/11/06/news/ici_chiesa-210899322/
Olimpiadi Milano-Cortina 2026: corsa al max-affare per impianti che rimarranno inutilizzati
25 giugno 2019
25/06/2019 – Milano e Cortina organizzeranno l’Olimpiade invernale del 2026 dal 6 al 22 febbraio e le Paralimpiadi dal 6 al 15 marzo. Le due città del “ticket” azzurro non illustrano però tutta la mappa dei Giochi che verranno. Si gareggerà, infatti, anche in Valtellina, in Val di Fiemme e in Alto Adige. La novità dell’ultimissima ora riguarda la cerimonia di apertura. Non ci sarà soltanto il palcoscenico di San Siro a dichiarare aperti i Giochi. Anche a Cortina si svolgerà una cerimonia di apertura in contemporanea per permettere a tutti di vivere l’esperienza del via delle Olimpiadi. La chiusura è invece confermata nell’Arena di Verona, teatro dell’ultimo arrivo del Giro d’Italia. Le Paralimpiadi – con sei sport in programma: hockey, biathlon, sci alpino, di fondo, curling in carrozzina, snowboard – si apriranno al Pala Italia di Milano con la chiusura in piazza del Duomo.
IL PALAITALIA — Milano ospiterà il pattinaggio artistico e lo short track al Forum di Assago, mentre le gare di hockey ghiaccio saranno organizzate al Pala Italia, che sorgerà nella zona di Santa Giulia con 15mila spettatori di capienza, e nel ristrutturato Palasharp.
Il Villaggio Olimpico più importante sarà costruito nella zona dell’ex Scalo
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http://www.lonesto.it/?p=50561
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
NUREYEV, SULLE ALI DELLA DANZA
di Maurizio Bonanni – 25 giugno 2019
Per chi, ma soprattutto, su chi vola il Corvo Bianco, Rudolf (Rudy) Nureyev? Innanzitutto, sulla sua terra natale, quell’Urss del terrore stalinista e della guerra contro il nazismo. Il biofilm di Ralph Fiennes, che sarà nelle sale italiane dal 27 giugno, inizia nel 1938 con la nascita avventurosa di Rudy a bordo di un treno sovietico della Transiberiana (di qui la sua irresistibile vocazione cosmopolita!) affollato come un carro bestiame, mentre sua madre si recava a Vladivostok dove era di stanza il marito, un commissario politico dell’Armata Rossa di origine tatara e baschira. Da lì, vola il Corvo, con uno sguardo da rapace sul mondo e sul cielo plumbeo dell’Accademia di danza Vaganova del Teatro Kirov di Leningrado, dalla cui esperienza si ricordano molte ferite dell’anima e qualche infortunio. Vola poi molto giovane sulla Russia dei Segretari generali poststalinisti del Pcus, Nikita Chruščëv e di Leonid Brežnev, che perseguirono tenacemente l’imperialismo dei tanks e della sovranità limitata per l’Europa orientale, impedendo con la forza ai loro cittadini di cercare rifugio e asilo nell’odiato Occidente. Il biofilm attraversa tre momenti strategici della vita del genio capriccioso e irascibile della danza moderna quale fu Nureyev (scomparso nel 1993 a soli 53 anni!).
In primo luogo, l’infanzia, rispetto alla quale però rimangono in sospeso e non esplorate nel racconto le ragioni per cui un militare dispotico e una madre troppo debole e sottomessa nei confronti del marito decidano di affidare il piccolo Rudy (sempre terrorizzato e in conflitto con quel padre autoritario) alle cure di un’anziana maestra di danza di Ufa in Baschiria. Sappiamo però che ci fu un movimento topico che gli regalò un paio di ali per imparare a volare. Per gente non proprio fortunata, il paradosso e il destino testardo vennero in aiuto della madre e dei suoi sei figli, di cui cinque femmine oltre all’unico maschio, regalando loro una vincita alla lotteria che aveva come premio, guarda caso, di assistere a uno spettacolo del Teatro dell’Opera di Ufa. Così come il pendolo nell’ipnosi, l’incantesimo venne dalla perpendicolare di un gigantesco lampadario sospeso sopra la grande sala: fu quella luce accecante a rivelare il bisogno di dedicare la vita all’arte sublime della danza. E proprio la ricerca con lo sguardo di quelle luci giganti, intense e cariche di energia lancerà sempre più in alto i volteggi e le acrobazie del Corvo
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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Marina Nalesso “lo fa di nuovo”: alla conduzione del Tg2 con il crocefisso al collo. E scoppia la polemica
Lo aveva fatto già varie volte lo scorso anno e anche allora c’erano state molte polemiche. Stavolta, dopo Michele Serra su Repubblica, anche Edoardo Buffoni, conduttore del TgZero su RadioCapital, ha twittato: “
di Giulio Pasqui | 19 Giugno 2019
Ci risiamo: il mezzobusto Marina Nalesso conduce il telegiornale con il crocefisso al collo e divampano le polemiche. Già dodici mesi fa, sempre nei mesi con le temperature più calde, la giornalista era stata attaccata per la scelta di condurre le edizioni del Tg1 con la croce cristiana e il rosario al posto di una semplice collana. Stavolta lo studio è quello del Tg2 e l’edizione delle ore 13, ma i connotati della polemica sempre gli stessi.
Il giornalista Michele Serra ne L’Amaca di due giorni fa, su Repubblica, commentava: “Fa sempre una certa impressione. Si tratta del Tg2 (quello delle 13), privatizzato dal governo sovranista, con l’implicito logo Dio Patria Famiglia che incombe su ogni inquadratura. Con una compattezza formale che perfino memorabili tigì non blended, come Telecraxi e Telekabul, nemmeno di sognavano (…) Non si potrebbe cortesemente evitare?”. Serra cita la Francia, dove condurre un tiggì con un crocefisso al collo sarebbe inconcepibile (“forse anche un reato”, scrive). In Italia invece no: gli articoli 7 e 8 della Costituzione riconoscono lo Stato italiano come una Repubblica democratica laica e
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Generale dei carabinieri Milillo: come può un musulmano giurare fedeltà alla Repubblica Italiana?
L’alta uniforme dell’Arma dei carabinieri lo riempie di orgoglio. Come molti altri ragazzi, indossare il pennacchio e la sciabola durante la cerimonia di investitura è la realizzazione di un sogno.
Per Badar Eddine Mennani, 23 anni, è proprio un obiettivo raggiunto. È nato a Santa Maria Capua Vetere, Caserta, dove si è diplomato tecnico della comunicazione, e da cui si è trasferito con la famiglia nel Bergamasco dopo che il padre ha perso il lavoro. I genitori sono marocchini. Lui è italiano, anzi italianissimo, a giudicare dall’accento e all’attaccamento per tutto ciò che è italiano.
“L’ho voluto fin da bambino – racconta al Corriere della sera -. La realtà in cui vivevo, a Caserta, non era tranquilla. Vedevo i carabinieri in azione tutti i giorni e pensavo che sarei diventato uno di
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BELPAESE DA SALVARE
MILANO CAPITALE DEI FRATELLI MUSULMANI
di Souad Sbai – 24 giugno 2019
Milano capitale dei Fratelli Musulmani in Italia. E non solo nella giornata di sabato, 22 giugno, quando nel pomeriggio numerosi affiliati si sono radunati in piazza Duca D’Aosta, “in lutto per la uccisione del presidente Mohamed Morsi”, morto in realtà di regolare infarto all’età di 67 anni durante un’udienza in un tribunale del Cairo, dove era in corso uno dei numerosi processi che lo vedeva come imputato.
Ma per i Fratelli Musulmani delle associazioni islamiste di Milano, Morsi è un martire della volontà del popolo e della democrazia, nel solco della propaganda orchestrata da Al Jazeera, per conto del Qatar degli emiri Al Thani, e dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, Sultano-dittatore dimezzato dopo la definitiva sconfitta elettorale subita a Istanbul domenica, 23 giugno.
È stata una maratona oratoria, quella di Piazza Duca D’Aosta, in cui al microfono di sono alternati sedicenti imam e militanti laici, tutti uniti in coro nella magnificazione delle presunte virtù del martire Morsi in odore di santità. Il “primo presidente civile” nella storia dell’Egitto, che ha “lottato per uno stato civile costituzionale e per l’esercizio della vera democrazia”. Nulla di più falso e manipolatorio.
Non c’è infatti distinzione tra il “laico” Morsi e la guida spirituale dei Fratelli Musulmani di tutto il mondo, lo Sheikh del Terrore, Yusef Al Qaradawi, venerato sulla linea rossa del jihad da Istanbul a Doha, perché entrambi condividevano la stessa agenda fondamentalista dal punto di vista religioso e culturale, con l’obiettivo d’imporla attraverso gli strumenti della democrazia a tutti gli egiziani. Questi hanno reagito, impedendo la naturale evoluzione della Primavera Araba in un inverno islamista, e non rimpiangono certo il loro gesto di grande coraggio e amor di patria.
L’odierno Egitto resta lontano dall’orizzonte di democrazia e libertà inseguito dai tanti musulmani laici e moderati che costituiscono la maggioranza della popolazione. Tuttavia, finché la minaccia dei Fratelli Musulmani e degli
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L’Italia in mano alla mafia nigeriana
Inchiesta sulla nuova criminalità, violenta e pericolosa, che sfrutta i migranti arrivati sui barconi
Il «culto», o, per capirci, la cosca emergente sono i Black Cats: i Gatti neri. Hanno tatuato il felino su una spalla e le profonde cicatrici sull’addome sono il risultato del rituale di affiliazione. Sono l’evoluzione della mafia nigeriana, una delle «più pericolose, aggressive e pervasive tra le mafie transnazionali» come l’ha definita l’ex procuratore antimafia Franco Roberti. I Gatti neri, che vestono di giallo e di verde, sulla dorsale adriatica hanno in mano lo spaccio di droga, la prostituzione soprattutto minorile e la tratta delle bianche: italiane tossicodipendenti adescate con le dosi e poi segregate negli appartamenti. Ne affittano a centinaia, ora li comprano anche, soprattutto nelle zone terremotate, investono in attività commerciali e prestano a usura.
I Black Cats sono una derivazione «colta» dei Black Axe, la più aggressiva tra le mafie nere e hanno la loro cattedrale in Campania sulla costa domiziana a Castelvolturno: 20 mila italiani e 25 mila clandestini africani in un labirinto dove c’è una sola legge, la violenza.
I Black Cats hanno la loro centrale operativa a Padova e lì, a Cadoneghe, il 22 novembre scorso la Squadra mobile ha arrestato il capo dei capi, Fred Iyamu. Lo chiamano «Gran Ibaka». Ci sono arrivati con un’inchiesta partita a Cagliari dove hanno arrestato altri 15 nigeriani. La sua storia è comune a molti mafiosi neri. È arrivato nel 2006 col barcone. Si è sposato a Cadoneghe con una ragazza pugliese, ha ottenuto il permesso e ha sostituito al vertice della mafia il capo dei capi in Italia Osahenagharu Uwagboe, detto Sixco, arrestato nel 2016 a Zivio vicino a Verona. E, ancora, nella città del Santo nel corso dell’operazione che ha acceso la polemica tra l’allora procuratore di Torino Antonio Spataro e Matteo Salvini, accusato dal magistrato di aver favorito i nigeriani annunciando prematuramente l’arresto di 15 pericolosissimi componenti dei Black Axe il 5 dicembre del 2018, sono state messe le manette a Edoseghe Terry, un don (cioè un capo), a Ezuma Christian Onya e a una maman, che gestisce le prostitute, Franca Udeh.
Da Padova la mafia nera ha cominciato una nuova espansione, ma nessuno ne parla per evitare che passi l’idea che con l’immigrazione clandestina importiamo anche la malavita più pericolosa. A definirla così è il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci. Dopo un’operazione condotta a Ballarò, il quartiere di Palermo concesso ai neri da Cosa nostra, che ha portato alle prime condanne per 416 bis di nigeriani, Aguici ha detto: «Questa mafia è più violenta di quella palermitana». Nelle carte del processo per l’uccisione e lo squartamento di Pamela Mastropietro, la ragazza romana ammazzata il 30 gennaio del 2018 a Macerata, che si apre adesso in corte d’Assise, ci sono le rivelazioni di un pentito che indica in Innocent Oseghale – 30enne nigeriano arrivato anche lui come profugo, accusato dell’omicidio e dello scempio del cadavere della ragazza – l’uomo di collegamento tra Castelvolturno e Padova. Oseghale sarebbe stato incaricato di reclutare tra nigeriani e ghanesi nuovi affiliati, di organizzare lo spaccio e la tratta delle bianche. Pamela Mastropietro – il cui corpo è stato sezionato in 24 pezzi (manca il collo) abbandonati in due trolley in una strada di periferia – sarebbe stata uccisa perché si è rifiutata di prostituirsi. I verbali del pentito sono puntualissimi.
Il procuratore capo di Macerata Giovanni Giorgio ne fa uno dei pilastri dell’accusa contro Oseghale, ma le dichiarazioni di questo collaboratore non valgono l’etichetta di antimafia. Il testimone V.M., ora recluso nel carcere di Pescara,
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https://www.panorama.it/news/cronaca/italia-mafia-nigeriana-oseghale/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Drone USA abbattuto in spazio aereo Iran, militari russi confermano
25.06.2019
Le tensioni tra Iran e USA sono aumentate dopo che Teheran ha abbattuto un drone americano, che secondo l’Iran ha violato i confini del paese.
Washington, a sua volta, ha accusato Teheran presumibilmente di aver attaccato delle petroliere nel Golfo di Oman, cosa che la Repubblica islamica ha negato di aver fatto.
Il segretario del Consiglio di sicurezza russo, Nikolay Patrushev, ha dichiarato nei negoziati con il consigliere della sicurezza nazionale John Bolton e il primo ministro israeliano Netanyahu, che l’esercito russo ha informazioni che il drone USA, distrutto in un incidente il 20 giugno, è stato effettivamente abbattuto nello spazio aereo iraniano confermando così le informazioni precedentemente fornite da Teheran. Gli Stati Uniti, da parte loro, insiste che l’UAV volava sopra le acque neutrali quando è stato distrutto.
Le difese aeree iraniane hanno abbattuto un drone americano mentre sorvolava lo Stretto di Hormuz. Teheran ha dichiarato che l’UAV ha violato il suo spazio aereo e che non ha risposto a più avvertimenti, presentando successivamente mappe, mostrando la traiettoria del drone. L’Iran ha anche notato che allo stesso tempo le sue forze hanno rilevato un aereo spia Poseidon P-8, che ha anche violato lo spazio aereo del paese, scegliendo però di non abbatterlo per evitare vittime.
Gli Stati Uniti insistono sul fatto che il drone volasse sopra acque neutrali nel momento in cui è stato distrutto dai missili iraniani, provandolo presumibilmente presentando delle mappe. Washington ha pianificato un attacco
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GLI STATI UNITI VOGLIONO EVITARE LA GUERRA “NON VINCIBILE” CONTRO L’IRAN: EX CONSIGLIERE DEL PENTAGONO
22 Giugno 2019 – Karen Kwiatkowski.
L’esercito americano sta intensificando le sue forze in Medio Oriente per assicurare il flusso di petrolio attraverso lo Stretto di Hormuz, ma è improbabile che sia disposto a iniziare una guerra impossibile contro l’Iran, secondo l’ex consigliere del Dipartimento della Difesa
“[Lo spiegamento di truppe statunitensi] fa parte di un accumulo incrementale che viene considerato per preservare le linee di trasporto e il flusso di petrolio nella regione “, ha detto Kwiatkowski. “Il Pentagono ha capito da molto tempo che non si può vincere o volere una guerra aerea o terrestre contro l’Iran”.
In precedenza, Teheran e Washington hanno compiuto un altro passo verso lo scontro completo dopo che un aereo americano senza pilota è stato abbattuto dagli iraniani che hanno affermato che questo aveva violato lo spazio aereo del paese. L’incidente arriva immediatamente dopo che il Pentagono ha schierato più di 1.000 soldati nella regione in seguito ai recenti attacchi petroliferi nel Golfo di Oman.
Sebbene il presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbia inizialmente affermato che l’Iran ha “commesso un grave errore”, ha poi dichiarato ai giornalisti che dubitava che l’attacco dei droni fosse intenzionale. Mercoledì, l’inviato degli Stati Uniti, Brian Hook, ha dichiarato al Congresso che l’ultimo dispiegamento di truppe in Medio Oriente è stato una mossa difensiva e che le operazioni offensive non sono state prese in considerazione.
Kwiatkowski, un tenente colonnello in pensione della US Air Force che ha lavorato per la leadership del Pentagono in Medio Oriente e Asia meridionale (NESA), ha detto che l’aumento delle truppe più recente è probabilmente parte di una strategia statunitense a lungo termine.
” Per il Pentagono fallire in un modo strano, in modo conservativo, che significa ottenere il
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HELMER: LA RUSSIA HA RAFFORZATO LE DIFESE AEREE DELL’IRAN CON I SUOI CONSIGLIERI TECNICI
Per aiutare ad accelerare i tempi di reazione iraniani sono scesi in campo i tecnici russi.
di John Helmer (*)
Lo Stato maggiore russo ha rafforzato le difese aeree iraniane con tecnici russi nel complesso del reattore nucleare iraniano a Bushehr, nel Golfo Persico, secondo fonti di Mosca.
Allo stesso tempo, l’Iran ha permesso le riprese del movimento di diverse batterie missilistiche di difesa aerea S-300 a sud, che coprono la costa iraniana del Golfo Persico e il Golfo di Oman.
Più segretamente, elementi dell’intelligence militare russa, esperti di guerra elettronica e alcuni consiglieri di comando e controllo per i sistemi di difesa aerea dell’Iran sono stati mobilitati per sostenere l’Iran contro gli attacchi degli Stati Uniti e degli alleati.
La gamma della nuova sorveglianza si estende ben oltre la distanza di 200 km dei sistemi S-300, e copre le basi degli aerei e dei droni statunitensi nella penisola arabica, così come le navi da guerra statunitensi nel Golfo Persico e al largo del Golfo di Oman. L’allarme tempestivo degli attacchi aerei e navali statunitensi è stato ora ridotto al di sotto della soglia iraniana di 4-6 minuti. Le contromisure delle forze armate iraniane sono state automatizzate dall’avviso di attacco e dalla posizione del bersaglio.
Questo significa che, se gli Stati Uniti vengono scoperti nel lanciare uno sciame di missili contro i siti di difesa aerea dell’Iran, le miniere di uranio, i reattori e i bunker operativi militari, l’Iran lancerà a sua volta il proprio sciame di missili contro le piattaforme di fuoco degli Stati Uniti, oltre che contro l’Arabia Saudita e altri siti di produzione petrolifera, raffinerie e oleodotti, nonché navi cisterna nei porti e in corso nel Golfo.
“Le forze armate iraniane”, ha detto una fonte militare russa che chiede l’anonimato, “hanno sistemi di difesa aerea in grado di colpire bersagli aerei a quelle altezze in cui i droni della serie Global Hawk possono volare; questo livello è da circa 19.000 a 20.000 metri. I mezzi di difesa aerea dell’Iran sono sia sistemi acquistati dall’estero che sistemi di produzione dell’Iran; tra questi, in particolare, il vecchio sistema sovietico S-75 e il nuovo russo S-300. Di recente, l’Iran ha trasportato alcuni S-300 a sud, ma qusto è accaduto dopo che il drone è stato abbattuto [20 giugno]. Specialisti russi lavorano ora a Bushehr e questo significa che gli S-300 sono anche per la protezione di Bushehr.”
La distanza di volo tra Bushehr e Bandar Abbas è di circa 570 km. Da Bandar Abbas a sud-est a Kuhmobarak, il sito del missile iraniano che spara contro il drone statunitense, sono altri 200 km.
Giovedì scorso, 20 giugno, poco dopo la mezzanotte, un drone US Global Hawk è stato rintracciato dall’Iran dal suo lancio presso una base aerea negli Emirati Arabi Uniti (UAE), a sud di Dubai. Il decollo e la prima rotta di volo sembrano essere stati più di 300 km dai radar di rintracciamento iraniani. Quattro ore dopo, l’aereo è stato distrutto da un missile iraniano in un punto in mare al largo di Kuhmobarak. Segui i dati di tracciamento del percorso pubblicati dal ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif qui .
Gli Stati Uniti affermano che il punto di impatto era al di fuori della linea rossa.
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CULTURA
Don Winslow racconta gli Usa visti dal confine
Seba Pezzani – 22/06/2019
Oltre tremila chilometri di confine tra Messico, da una parte, e California, Arizona, New Mexico e Texas, dall’altra.
È questo il border, il limite fisico che tanto fa discutere, praticamente da quando esistono gli Usa. Il confine come spartiacque tra noi e voi, come metafora dello stato del mondo, come linea divisoria. In effetti, gli Stati Uniti oggi sono un Paese diviso come forse non lo sono mai stati. La popolarità del loro presidente, per contro, è incrollabile tra i suoi sostenitori così come la fiducia degli americani nei valori fondanti della Costituzione che metà della popolazione vede incarnati in Donald Trump e l’altra metà considera traditi alla radice dalle scelte della Casa Bianca. Una dei mantra di Trump è il completamento di un muro lungo quel confine. Il muro non c’è e, forse, non ci sarà mai, come sostiene il giornalista inglese Tim Marshall nel lucido saggio I muri che dividono il mondo. Ma, a suo dire, Trump il muro nelle coscienze degli americani e del mondo lo ha già eretto con successo. D’altro canto, quel confine su cui intende costruirlo è un’entità quasi sovrannaturale che richiama nelle menti degli americani l’ancestrale paura di essere colonizzati da un popolo di mezzosangue di lingua spagnola, per giunta cattolici, ovvero papisti per la propaganda evangelica. Quel confine, allo stesso tempo, rappresenta un sogno di spiagge dorate, di siesta e fiesta e orchestre
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http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/don-winslow-racconta-usa-visti-confine-1714930.html
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
THE AGE OF SURVEILLANCE CAPITALISM
“Benvenuti” nell’epoca del capitalismo di sorveglianza. Il nuovo panottico è digitale, un Grande Altro che, attraverso l’accumulo dei nostri dati, agisce come un dispositivo di controllo simile a un super-ego collettivo in grado di gestire e orientare da remoto i comportamenti umani, per monetizzarli. Se prima eravamo “forza lavoro”, ora siamo anche “materia prima”. Lo racconta Shoshana Zuboff nel suo ultimo libro “The age of surveillance capitalism”.
15 giugno 2019
SE IL CAPITALISMO INDUSTRIALE AVEVA DOMINATO LA NATURA,
IL CAPITALISMO DI SORVEGLIANZA DOMINERÀ LA NATURA UMANA.
The age of surveillance capitalism di Shoshana Zuboff è un libro che oltrepassa le vecchie categorie di critica alla tecnologia e le riunisce all’interno di una nuova cornice più ampia e capace di racchiudere tutte le sfaccettature del capitalismo di sorveglianza, la forma di tardo capitalismo che sta già incidendo e continuerà a incidere pesantemente su tutti i processi produttivi rimodellando le passate sovrastrutture sociali e politiche.
L’autrice parla di una terza modernità che sta impattando sulla società con la stessa potenza che ebbe il fordismo nel secondo dopoguerra. In questo dialogo tra passato, presente e futuro, la Zuboff si rifà ai pensatori del ‘900, tra cui Karl Polanyi che già settant’anni fa ammoniva sulla deriva apocalittica del sistema capitalistico e sulle catastrofi sociali e ambientali che sarebbero esplose.
La Zuboff riparte dalle riflessioni di Polany e svolge il nastro in avanti, nel futuro che è ormai il presente, chiedendosi quale sarà il destino dell’umanità all’ombra del nascente capitalismo di sorveglianza.
La velocità con la quale il surveillance capitalism si sta imponendo è paragonabile alla tattica bellica del «shock and awe», “colpisci e terrorizza”, cioè una forma di dominio pervasivo e imposto con una rapidità tale da sembrare ineluttabile.
I congressi e i parlamenti mondiali non riescono a legiferare in tempi congrui, spesso non vogliono e così la politica si ritrova «behind the curve», dietro la curva rispetto alla tecnologia che la sorpassa in accelerazione continua.
La difficoltà della politica nello stare al passo con l’avanzamento tecnologico – e quindi a controllarlo – ricorda il discorso di Max Weber sulle Affinità elettive di Goethe, in cui si consuma il passaggio del politico dalle “relazioni affettive” alle “ragioni economiche”. Cioè la politica si pone sempre in contiguità al potere economico e allora la “lentezza legislativa” nel fornire regole precise ai giganti dell’high tech
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https://www.idiavoli.com/it/article/age-of-surveillance-capitalism
DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
Adottiamo il modello nigeriano: in Africa i vincoli sono rigidissimi
Malan (Fi): “Bisogna essere maggiorenni e residenti da 15 anni”
Massimo Malpica – 18/06/2017 RILETTURA
Roma – Il principio base dell’omeopatia, similia similibus curantur (i simili si curino con i simili), applicato alla legge sulla cittadinanza.
Con esiti che sfociano nel puro umorismo. L’idea è del senatore azzurro Lucio Malan, che tra le polemiche sullo ius soli ha preannunciato una sua proposta di legge sull’argomento, prendendo spunto da una norma esistente in un altro ordinamento. Ossia quello nigeriano, Paese dal quale provengono molti degli aspiranti «nuovi italiani».
Malan è andato a studiarsi le leggi locali. E, ispirandosi al modello nigeriano, pensa adesso di applicare norme simili anche in Italia. Che, però, sono molto, molto più stringenti di quelle in vigore già adesso nel Bel Paese. Per dire, chi vuole la cittadinanza nigeriana deve avere già la maggiore età, e dev’essere stato residente nel Paese africano per almeno quindici anni negli ultimi 20, oltre a esplicitare l’intenzione di fissare stabilmente il proprio domicilio nella nazione affacciata sul golfo di Guinea.
Non basta, perché gli aspiranti nigeriani hanno qualche chance in più se dimostrano di essere in grado di
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Libia, la testimone: “Boss degli scafisti è il capo della polizia di Zuwara”
Una testimone lo indica come “capo degli scafisti” al processo di Trapani per il dirottamento della nave Vos Thalassa
Lunedì, 24 giugno 2019
Si chiama Ayman al-Kafaz il leader della milizia “Uomini Mascherati” che dal 2015 ha preso il potere a Zuwara combattendo i trafficanti.
Oggi una testimone lo indica come “capo degli scafisti” al processo di
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Sea Watch, la capitana insiste: “Pronta a forzare il blocco”
La sfida di Carola Rackete all’Italia: “A costo di perdere la nave, faccio sbarcare questi migranti a Lampedusa”
Chiara Sarra – 25/06/2019
“Io voglio entrare. Entro nelle acque italiane e li porto in salvo a Lampedusa”. Carola Rackete, 31enne “capitana” della Sea Watch 3, non si fa fermare dal divieto di attracco sul territorio italiano ed è pronta a forzare il blocco.
“Sto aspettando cosa dirà la Corte europea dei diritti dell’uomo. Poi non avrò altra scelta che sbarcarli lì”, ha detto a Repubblica, sostenendo di essere pienamente consapevole del fatto che sarà accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. “Ma io sono responsabile delle 42 persone che ho recuperato in mare e che non ce la fanno più”, insiste, “Quanti altri soprusi devono sopportare? La loro vita viene prima di qualsiasi gioco politico o incriminazione. Non bisognava arrivare a questo punto”.
Da 13 giorni la nave olandese della Ong tedesca è ferma davanti alle coste italiane. “I migranti sono disperati”, dice la Rackete, “Qualcuno minaccia lo sciopero della fame, altri dicono di volersi buttare in mare o tagliarsi la pelle. Non ce la fanno più, si sentono in prigione. L’Italia mi costringe a tenerli ammassati sul ponte, con appena tre metri quadrati di spazio a testa”. A bordo ci sono anche tre ragazzini di 11, 16 e 17 anni.
“Siamo stanchi, siamo esausti. Fateci scendere”, chiede uno dei naufraghi in un video pubblicato da Forum Lampedusa Solidale, “Immaginate come deve sentirsi una persona che è scappata dalle carceri libiche e che ora si trova sui, costretta in uno spazio angusto, seduta o sdraiata senza potersi muovere. Inevitabilmente rischia di sentirsi male Non ce la facciamo più, la barca
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http://www.ilgiornale.it/news/cronache/sea-watch-capitana-insiste-pronta-forzare-blocco-1716282.html
ECONOMIA
ISTITUTO DI SOROS AMMETTE: ALL’ITALIA SERVE L’INTERVENTO DELLO STATO IN ECONOMIA
Maurizio Blondet 25 Giugno 2019
(Amici di Facebook Gog&Magog hanno scoperto e segnalato questo studio stupefacente di un istituto di ricerca economica finanziata da Soros: spiega che l’austerità imposta dalle regole europee ha rovinato l’Italia, la quale è stata la sola a obbedir loro fedelmente; s’è cacciata in un circolo vizioso di taglio dei salari – calo della domanda interna – crollo investimenti e alla fine calo dei profitti – Se lo status quo resta l’attuale, dicono, i populisti non faranno che crescere . Rimedi? Qualcosa di simile al ritorno allo Stato imprenditore (qualcuno ha detto IRI?): ed ecco la critica: la Lega non lo vuol fare perché è neoliberista, i 5 Stelle nemmeno sanno concepirlo – del resto anche nella UE ciò è semplicemente impensabile)
Un paper dell’Inet di aprile 2019 è spietato con le politiche europee imposte al nostro Paese e gli effetti della strategia “al ribasso” sui salari intrapresa dalla nostra classe dirigente negli ultimi 30 anni.
E’ passata quasi inosservata in Italia l’uscita di un paper (PDF integrale qui), a firma dell’economista Servaas Storm, per conto dell’Institute of New Economic Thinking, un think tank newyorchese in cui George Soros ha raccolto, con un iniziale finanziamento a fondo perduto, una autentica seleçao di pensatori autorevoli ma potenzialmente “eretici” rispetto alla linea oggi dominante in materia economica.
Già dalla lettura del titolo, “Lost in Deflation: why Italy’s woes are a warning to the whole Eurozone” (“Persi nella deflazione: perché i guai dell’Italia sono un monito per l’intera Eurozona”) si comprende come mai i media italiani abbiano mantenuto un silenzio radio assoluto sullo studio (come su alcuni altri del medesimo istituto già usciti in precedenza), nonostante non arrivi certo da fonte tacciabile di simpatie “gialloverdi”.
Infatti, il documento, da un lato, traccia una analisi impietosa delle politiche economiche applicate al nostro Paese negli ultimi 30 anni, dall’altra fissa alcuni punti fermi sullo stato della nostra economia: tutti elementi che sono ben noti, ormai, a chi si informa su Internet, ma non sono ancora stati spiegati in modo compiuto al grande pubblico.
In particolare, si sottolinea che l’Italia è il paese che più di tutti si è adeguato alle ricette dell’Eurozona (p. 10):
Nessun’altra economia della zona euro è riuscita a trasformare la sua economia mista in modo così radicale come l’Italia, che per molti versi si è rivelata “più papista del Papa” (di Bruxelles). I governi italiani di diverso colore che si sono susseguiti hanno attuato una politica di deregolamentazione e riforme istituzionali, spesso con uno scarso sostegno parlamentare e senza consenso popolare, cercando di scaricare la colpa e la responsabilità su “impegni vincolanti”, oppure i “vincoli esterni” imposti dalla lontana “Bruxelles”.
L’andamento della spesa pro capite in welfare in Italia e Francia a confronto
Si affronta poi il tema (a tutt’oggi ancora radicatissimo e introiettato dalle nostre “classi dominanti”) della ideologia del “vincolo esterno”:
Questa strategia di slittamento della responsabilità a livello nazionale sul “vincolo esterno” ben si coniugava con la logica di il trattato di Maastricht, ossia che i mercati finanziari siano più efficaci nel disciplinare dei governi potenzialmente “irresponsabili” rispetto a trattati intergovernativi trattati o promesse dei politici (cfr. Costantini 2018). Con l’adesione alla Unione Monetaria Europea, le autorità degli Stati membri hanno limitatodi fatto la propria politica fiscale alla sola emissione di debiti in una valuta estera su cui non hanno alcun controllo. Hanno quindi accettato di sottoporsi alla loro disciplina (o, se uno vuole, ai capricci) dei mercati obbligazionari globali. Il debito pubblico, come scrisse O’Connor (1973), aumenta il potere del capitale sullo Stato: un governo che non persegue politiche favorevoli al mercato farà difficoltà a trovare un prestito. In questo modo, gli stati membri dell’Eurozona hanno rinunciato alla sovranità sulla propria politica fiscale in un modo
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https://www.maurizioblondet.it/istituto-di-soros-ammette-italia-rovinata-da-ricette-ue-di-austerita/
Pomodori marocchini trattati con ddt, svenduti a 60cent al Kg, e agricoltori siciliani che falliscono
23 marzo 2019
Uno dei problemi principali dell’Italia, è sicuramente l’importazione di prodotti che troviamo anche nel nostro territorio e che sono davvero validi a prezzi stracciati. Infatti, pochi giorni fa, ci sono state delle contrattazioni per la nuova via della seta, dell’Italia con la Cina, per stipulare un contratto di scambio di merci.
Ma pare proprio che la Cina, non accetti di importare merce italiana nel suo paese, ma pretenderebbe che l’Italia, importi i prodotti cinesi.
Ma la Cina, sicuramente, non è l’unico paese che importa prodotti nel nostro territorio, anche la Tunisia e il Marocco, le fanno concorrenza.
Pomodori marocchini trattati con ddt, svenduti a 60cent al Kg,
e agricoltori siciliani che falliscono.
Infatti, da qualche giorno girano degli articoli che parlano proprio dell’importazione non solo dell’olio dalla Tunisia, quando troviamo sul nostro territorio, il miglior olio al mondo, ma anche i pomodori marocchini.
La situazione è più grave di quello che si pensa, infatti, questi pomodori importati dal Marocco, non solo non hanno la stessa qualità di quelli nostri Italiani, ma vengono anche trattati con il DDT. Il DDT è un pesticida, altamente tossico per noi
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https://www.nonsolodonna.net/pomodori/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
IL NEOLIBERISMO CI HA INGANNATO CREANDO UNA FIABA SU DOVE VIENE IL DENARO
25 Giugno 2019 di Mary Mellor
Non c’è niente di naturale nel denaro. Non c’è alcun legame con una forma essenziale di denaro scarso che pone un limite alla sua creazione. Può essere composto da metalli di base, carta o dati elettronici, nessuno dei quali è scarso. Allo stesso modo, nonostante ciò che avete sentito sulla necessità di austerità e sulla mancanza di alberi che generino denaro, non esiste un livello “naturale” di spesa pubblica. La dimensione e la portata del settore pubblico sono una questione di scelta politica di ogni stato.
Cosa pone l’austerità, il sacrificio della spesa nell’economia pubblica, sotto qualche domanda. Per alcuni paesi, come la Grecia, l’impatto dell’austerità è stato devastante. politiche di austerità ancora persistono nonostante i numerosi studi che sono stati fatti sulla base di una visione errata sulla base di una scelta politica piuttosto che una logica economica. Ma l’argomento economico dell’austerità è ugualmente sbagliato: si basa su quella che può essere meglio descritto come un’economia da favola.
Quindi, quali erano le giustificazioni? La Gran Bretagna, per esempio, ha vissuto sotto un regime di austerità dal 2010, quando il governo entrante dei liberaldemocratici ha invertito la politica del lavoro per aumentare il livello della spesa pubblica in risposta alla crisi finanziaria del 2007-8. La crisi aveva creato una tempesta perfetta: il salvataggio in banca richiedeva alti livelli di spesa pubblica, mentre la contrazione economica riduceva le entrate fiscali. Il caso dell’austerità era che il contribuente non poteva pagare un livello più alto di spesa pubblica. Questo è stato supportato da “economia delle borse”, che adotta l’analogia degli stati come famiglie, dipendente da un sostenitore del settore privato.
Sotto l’economia delle borse, gli stati devono limitare le loro spese a ciò che è considerato che il contribuente può pagare. Gli Stati non dovrebbero cercare di aumentare le proprie spese prendendo a prestito dal settore finanziario (privato) o “stampando moneta” (sebbene le banche siano state salvate in questo modo con un altro nome: “quantitative easing”, creazione di moneta elettronica).
L’ideologia dell’economia delle borse afferma che il denaro deve essere generato solo attraverso l’attività del mercato e che è sempre scarso. La richiesta di un aumento della spesa pubblica incontra quasi invariabilmente la risposta “da dove verranno i soldi?” Di fronte ai bassi salari del SSN, il primo ministro britannico Theresa May affermò che “non c’è alcun albero magia del denaro».
Quindi, da dove vengono i soldi? E quali sono i soldi comunque?
Cosa sono i soldi?
Fino agli ultimi 50 anni, più o meno, la risposta sembrava ovvia: il denaro era rappresentato in denaro (banconote e monete). Quando il denaro era tangibile, sembrava che non ci fossero dubbi sulla sua origine o sul suo valore. Le monete furono coniate, le banconote furono stampate. Entrambi sono stati autorizzati dai governi o dalle banche centrali. Ma cosa sono i soldi oggi? Nelle economie più ricche,
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Dalla Lira alla Libra la nuova moneta mondiale: opportunità o pericolo?
25 Giugno 2019, di Leopoldo Gasbarro
Nei giorni scorsi Facebook ha annunciato che sta sviluppando una sua criptovaluta virtuale, denominata Libra, e verrà lanciata l’anno prossimo insieme a un grande ecosistema finanziario che la porterà a diventare una moneta globale. Abbiamo chiesto a Maurizio Pimpinella, presidente dell’Associazione Prestatori di servizi di Pagamento, quali sono le implicazioni della scelta presa dalla società fondata da Mark Zuckerberg.
Presidente Pimpinella, attualmente sono in atto importanti cambiamenti. Il panorama economico e finanziario è in bilico tra innovazione e tradizione, ma un punto sembra rimanere fermo in questo confronto: quello della ricerca della fiducia dei clienti da parte delle big tech. Cosa ne pensa?
“La fiducia, si sa, è fondamentale per il buon esito di qualsiasi rapporto sia esso sociale, economico o finanziario.
Nell’attuale panorama economico finanziario, è venuta a crearsi una sorta di dicotomia, in parte collaborativa, in parte contrapposta, tra operatori tradizionali e operatori digitali innovativi. In questo scenario competitivo, da un lato, le grandi compagnie tecnologiche internazionali hanno imparato a coltivare il rapporto con i propri clienti e accumulato un ampio credito in termini di fiducia, soprattutto tra i più giovani, ma non solo. Dall’altro lato, le banche – soggetti regolamentati e sottoposti a rigidi controlli – continuano a godere del credito dei loro clienti ma i giovani, nativi digitali e tendenzialmente non bancarizzati, hanno imparato a sviluppare anche uno stretto rapporto con social network, siti di e- commerce e piattaforme varie, le quali non hanno mancato di contraccambiare la fiducia in loro riposta fidelizzando il cliente.
Ebbene, in buona parte, il rapporto di fiducia tra clienti, utenti e big tech è fondato su un fattore dal valore inestimabile, quantunque spesso ignorato da ciascuno di noi: i nostri dati, il vero “oro nero” del mercato digitale moderno. Le grandi compagnie sono diventate maestre nel raccogliere, elaborare e riutilizzare l’immensa mole di dati che ci lasciamo dietro determinando così la loro crescita in termini di mercato.
Lo stretto rapporto di fiducia instauratosi tra utenti e compagnie è un aspetto che emerge fortemente anche da una recente (e inedita) ricerca svolta dal Centro Studi APSP secondo la quale circa il 70% degli intervistati (1000 giovani di 18/19 anni dell’ultimo anno di scuola superiore) riporrebbe una fiducia quasi incondizionata per quanto concerne la fruizione dei
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GIUSTIZIA E NORME
I 118 magistrati che su Nino Di Matteo non l’hanno bevuta. C’è ancora luce
Pubblicato: 24 Giugno 2019
di Saverio Lodato
Era ora. E nulla, c’è da giurarci, sarà più come prima. C’è chi non ci sta al Gioco Sporco. Chi non ne ha mai fatto parte e, forse, anche chi se ne tira fuori. E lo dice apertamente, dopo averci pensato a lungo, verrebbe da dire, visto il tempo che è trascorso. Ma ciò che conta è il risultato. Un gran bel risultato.
E saranno in tanti a doverne prendere atto.
Si è rotta la diga del silenzio e della complicità, della paura e dell’ipocrisia, dell’invidia professionale e del minimalismo peloso, della falsificazione di atti processuali e parole scritte o pronunciate.
Per la prima volta dunque, dopo anni e anni di spettrale isolamento in seno alla sua stessa categoria, quella dei magistrati, Nino Di Matteo non è più solo. E riceve parole di conforto e di solidarietà, di incitamento e di condivisione. Come queste, quando ribadiscono: “la stima e l’ammirazione che riponiamo nei confronti del collega, per lo spirito di abnegazione, i sacrifici personali e familiari, l’elevato senso delle istituzioni, l’eccelso grado di professionalità e l’equilibrio, che lo hanno contraddistinto in tutta la sua carriera, e che ne fanno uno dei magistrati più in grado di trattare la materia in questione…”
Finalmente.
120 suoi colleghi – no: sono solo 118, preciseranno i soliti scriba che hanno le mani in pasta con la mafia e i suo annessi e connessi – , quotidianamente al lavoro, un lavoro silenzioso e rispettoso delle istituzioni, in ogni parte d’Italia, hanno preso carta e penna per dire che non capiscono, non condividono, si oppongono al Gioco Sporco. E lo rifiutano senza se e senza ma.
Per dire che hanno sbagliato i loro conti tutti quelli che interpretavano il loro silenzio come un silenzio- assenso rispetto a quell’autentica operazione di macelleria giudiziaria e mediatica sapientemente costruita attorno alla figura di un magistrato che non chiese altro, non chiedeva altro, non chiede altro, che si faccia chiarezza all’interno e attorno a una delle stagioni più cupe e nefaste della recente storia d’Italia, quella delle stragi fra il 1992 e il 1994.
E a che non rimangano dubbi, i 118 si rivolgono esplicitamente al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che presiede il CSM, al suo vice, Davide Ermini, a tutti i membri del consiglio.
Loro si, che possono farlo.
Che potevano farlo, e lo hanno fatto. Interpretando, ma questa è solo nostra opinione, quell’analogo rifiuto del Gioco Sporco altrettanto espresso, in queste settimane, da oltre settantamila italiani che hanno aderito alla petizione lanciata qui – su
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Milano, rom uccise un vigile: è fuori dopo 5 anni di carcere
Dopo 5 anni di carcere Remi Nikolic ottiene l’affidamento in prova ai servizi sociali. Nel 2012 aveva travolto e ucciso un vigile a bordo di un suv. Lega e FI: “La vita di un servitore dello Stato vale così poco?”
Sergio Rame – 12/07/2017
Cinque anni di carcere ed è già fuori. Eppure, nel gennaio 2012, quando non aveva ancora 18 anni, Remi Nikolic a bordo di un suv aveva travolto e brutalmente ammazzato l’agente di polizia locale Niccolò Savarino.
Una barbara esecuzione che si era consumata a Milano e che si era, poi, trascinata fino all’Ungheria dove il rom era stato poi arrestato. Oggi il nomade ha ottenuto l’affidamento in prova ai servizi sociali, dopo appena cinque anni e mezzo di carcere minorile. A deciderlo è stato il tribunale per i minorenni di Milano accogliendo l’istanza dell’avvocato David Russo.
Nikolic, che oggi ha 23 anni, era stato condannato in via definitiva per omicidio volontario a 9 anni e 8 mesi. Ne ha trascorsi 5 anni e mezzo al carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. Poco più della metà. E, adesso, è stato affidato in prova ai servizi sociali. “Questo fatto potrebbe – scrive il Collegio del Tribunale per i minorenni di Milano, presieduto da Emanuela Gorra – rivelarsi utile per favorire il processo di integrazione sociale del condannato e nel contempo impedire la commissione di ulteriori reati”. A detta del Collegio del Tribunale per i minorenni di Milano il rom 23enne avrebbe dimostrato la volontà di “volersi distanziare dallo stile di vita del contesto familiare che in passato aveva fatto proprio e di voler effettuare in modo non strumentale scelte tali da esprimere la sua volontà di cambiamento”.
Per avvalorare la decisione presa oggi, i giudici meneghini hanno voluto segnalare varie attività condotte dal nomade nei cinque anni e mezzo di carcere minorile, tra cui la collaborazione con una compagnia teatrale. “È vergognoso che sia stato scarcerato”, tuona
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http://www.ilgiornale.it/news/cronache/milano-rom-uccise-vigile-libero-5-anni-carcere-1419262.html
Rom investe vigile urbano con un Suv rubato.
Il Comune di Milano gli regala una borsa lavoro presso la Scala di Milano
NOTIZIA VERA E PRECISAZIONI
di Redazione-Team | Marzo 21, 2018
Come ricorda Repubblica, il 12 gennaio 2012 l’agente di Polizia Locale Nicolò Savarino stava svolgendo regolare servizio in zona Bovisa, quando veniva travolto e ucciso dal Suv in corsa guidato da Nikolic, allora ancora minorenne. Il corpo era stato trascinato per 200 metri. Nikolic tentò la fuga e venne intercettato in Ungheria.
Una volta arrestato, a Nikolic vennero riconosciute delle attenuanti «sulla base del contesto di vita familiare nel quale è cresciuto, caratterizzato dalla commissione di illeciti da parte degli adulti di riferimento e dalla totale assenza di scolarizzazione». Per lui, nel 2013, si disposero 15 anni di reclusione contro i 26 richiesti dal Pubblico Ministero. Nel 2015 la pena venne ridotta a 9 anni e 8 mesi.
Il meme che i nostri lettori ci segnalano si riferisce a una notizia del luglio 2017 di cui troviamo riscontro ufficiale sul portale istituzionale del Comune di Milano, in una pubblicazione di agenzia del 12 luglio 2017. Nell’estate 2017, appunto, Remi Nikolic aveva ottenuto l’affidamento in prova ai Servizi Sociali, grazie a un’istanza dell’avvocato David Russo accolta dal Tribunale per i minorenni di Milano, che a tal proposito dichiarava:
La misura dell’affidamento in prova al Servizio sociale per Remi Nikolic, può rivelarsi utile per favorire il processo di integrazione sociale del condannato e nel contempo impedire la commissione di ulteriori reati.
Nell’ordinanza, i giudici avevano segnalato le varie attività alle quali Nikolic aveva partecipato al carcere Beccaria di Milano e in un’associazione teatrale, fruendo anche di una borsa lavoropresso i laboratori Ansaldo del Teatro alla Scala di Milano.
C’è da precisare, però, che i beneficiari della borsa lavoro (come specificato in questo documento) sono persone «che hanno incontrato nel proprio ciclo di vita eventi critici di varia natura (precarizzazione o perdita del lavoro, non
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LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Non è affatto vero che i migranti ci pagano le pensioni
Gian Carlo Blangiard, demografo e professore all’ Università Bicocca di Milano, smonta la bugia buonista sulle pensioni e i migranti
Claudio Cartaldo – Ven, 27/10/2017
Non è tutto oro quel che luccica. E non è sempre così vero che “i migranti ci pagano le pensioni”.
Il classico ritornello buonista che vuole tutti gli stranieri alacremente impegnati per pagarci il riposo dopo il lavoro, non trova d’accordo tutti gli studiosi.
Non si allinea a questa posizione Gian Carlo Blangiard, demografo e professore all’ Università Bicocca di Milano. Secondo cui “tutto questo discorso potrebbe economicamente avere un senso, solo immaginando che gli immigrati alla fine mollino tutto e se ne vadano via, lasciandoci i contributi in via definitiva. Ma non è così”.
Il professore ha analizzato i dati, spiegando per quale motivo bisogna smetterla di dire che gli immigrati ci pagano le pensioni. “Nel nostro sistema pensionistico, quando paghi hai dei diritti e un giorno dovrai ricevere ciò che hai versato. Nel bilancio complessivo c’è sempre questa brutta tendenza a considerare i versamenti previdenziali come se fossero lasciati in via definitiva
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L’inferno dei lavoratori stagionali? In spiaggia assunti per 3 euro l’ora
di Fabio Savelli25 giugno 2019
Chi rientra in questo girone dantesco capirà subito l’espressione: è «l’inferno» dei lavoratori stagionali. Il 95% di baristi, camerieri, bagnini non svolge un lavoro in regola con quello scritto nel contratto, rilevano fonti della Filcams Cgil. I numeri sono difficilmente dimostrabili perché le denunce sono poche e i controlli degli ispettori ancor meno. La gran parte degli stagionali se non lavora in nero (come la gran parte degli immigrati senza permesso di soggiorno) viene assunto con finti contratti part-time. Nel contratto viene riportato un monte orario di 18 ore settimanali quando l’impiego effettivo è spesso di 8-9 ore giornaliere senza un riposo settimanale: conto finale 56-63 ore. Ciò succede perché la selezione avviene tramite contrattazione individuale: lo stagionale negozia col datore di lavoro che gli prospetta un forfait mensile compreso generalmente tra gli 800 e 1100 euro al mese. Il lavoratore accetta ignaro che così sta perdendo le ferie, il tfr e persino una buona parte della Naspi, l’assegno di disoccupazione calcolato sul monte orario effettivo e sulla durata del contratto.
Il lavoratore non ha strumenti per contrastare questo sbilanciamento. Potrebbe far causa successivamente ma ha bisogni di colleghi testimoni che suffraghino la sua tesi. Non accade quasi mai. Nessuno si espone per il timore di non essere richiamato l’estate successiva. I controlli dell’ispettorato del lavoro sono inesistenti, perché i fondi a disposizione sono pochi. La Guardia di Finanza interviene solo su segnalazione a campione e può solo contrastare il nero non l’abuso dei contratti. «In pochi, soprattutto i più giovani,
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Disoccupata italiana vive in auto nello stesso paese che ospita 28 profughi
mercoledì 17 ottobre 17:25 – di Carlo Marini
È uscita dai confini locali la drammatica vicenda di una donna italiana di Sacile, in provincia di Pordenone, che ha perso casa e lavoro e che da alcune settimane dorme in auto. La storia di C.C., 36 anni, è stata raccontata da Il Gazzettino con dovizia di particolari. La giovane donna ha ricevuto diverse offerte economiche, ma rifiuta di essere trattata come una barbona e non vuole ricevere l’elemosina da nessuno.
Dopo il licenziamento dall’azienda dove lavorava, avvenuto a giugno, la situazione è precipitata, niente soldi per l’affitto, messa per strada. Tanto da arrivare a dormire in auto.
In hotel tre settimane, poi il Comune l’ha messa in strada
Il Comune di Sacile ha fatto sapere la sua versione dei fatti. «Il personale del servizio sociale comunale si è attivato subito non appena coinvolto per cercare soluzioni adeguate al caso della 36enne – ha detto a Il Messaggero
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LA LINGUA SALVATA
re-pu-lì-sti
SIGN Sparizione totale di qualcosa da un posto per far pulito; riordino, pulizia
latinismo derivato dal Libro dei Salmi 42, 2: quare me repulisti? ‘perché mi hai respinto?’.
Papa Giovanni XXIII convocò nel ’59 il Concilio Ecumenico Vaticano II. Fra i punti di maggior impatto innovativo che ebbe come risultato questo Concilio c’è il superamento del latino come lingua unica di celebrazione della messa cattolica: erano secoli che il popolo (ogni popolo) seguiva le liturgie capendoci pochissimo, e infatti le formule dei sacerdoti in Italia erano materia viva a cui attingere per trovare espressioni da storpiare e su cui scherzare.
Per l’appunto Paolo VI, secondo lo spirito del Concilio, nel ’69 pubblicò un nuovo messale che espungeva il Salmo 42 dall’ingresso della messa (era pronunciato proprio in principio, quando l’attenzione, si sa, è più alta): fino ad allora era stato un punto fermo della liturgia, già prima di essere canonizzato nella messa tridentina (l’assetto liturgico uscito dal Concilio di Trento, finito nel 1563).
Dai, si vede da lontano che ‘repulisti’ è un verbo. Anzi, assomiglia come un sosia a ‘ripulisti’, seconda persona singolare del passato remoto di ‘ripulire’. E in effetti nasce dal versetto che recita quare me repulisti? del Salmo 42 che dicevamo — il passaggio struggente di una drammatica invocazione in cui il fedele si sente dilaniato, solo davanti al male del mondo. Qui è appunto un tempo verbale ‘perfetto’ (tempo traducibile anche con un passato remoto), alla seconda persona singolare. In particolare, lo è del verbo repèllere, cioè (come suona anche in italiano) ‘respingere, rigettare, rifiutare’. Quanto devono aver riso tutti quando alla prima persona è venuto in mente di usare il ‘repulisti’ del prete col senso di gran pulito, di sparizione totale, o quanto devono averla ammirata, che trovata! Assomiglia a ‘ripulisti’! Genio! E tanto universalmente consueto era il ‘repulisti’, e tanto comunemente suonava come ‘ripulisti’, che l’uso si è diffuso come il fuoco nell’erba secca: in italiano
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Macron accusato di “distruggere la democrazia europea”
25.06.2019
L’UE è rimasta bloccata su chi dovrebbe diventare il prossimo presidente della Commissione europea dopo che il presidente francese Emmanuel Macron ha fatto una campagna contro la candidatura di Manfred Weber.
L’alleanza di centro-destra dell’UE è determinata a sfidare il presidente francese Emmanuel Macron nella corsa per nominare il prossimo presidente della Commissione europea, ha riferito Bloomberg, citando alti funzionari del partito.
I conservatori europei sono infuriati dopo che Macron ha rifiutato di approvare il candidato del cancelliere tedesco Angela Merkel, Manfred Weber, vice capo del suo partito gemello di centro-destra, l’Unione sociale cristiana (CSU), per succedere a Jean-Claude Juncker come capo della Commissione UE.
Secondo le fonti, il presidente francese sta cercando di minare il ruolo dei conservatori,
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POLITICA
Niccolò Machiavelli: ragione e pazzia.
Intervista a Michele Ciliberto
Gio Maria Tessarolo – 19 aprile 2019
Indice dell’articolo
Pagina corrente: “L’uomo mi interessa più dell’opera”
Pagina 2: Pensare la crisi: Firenze, Italia, Occidente
Pagina 3: Nel labirinto della fortuna: Machiavelli, Bruno, Spinoza
Con Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia Michele Ciliberto, importante studioso della filosofia del Rinascimento, si propone di fornire un ripensamento della figura del Segretario fiorentino, forse uno degli autori più discussi della storia del pensiero politico: se l’obiettivo è apparentemente identico a quello di schiere di interpreti che producono anno dopo anno una mole sterminata di bibliografia secondaria sull’autore del Principe e dei Discorsi, il modo in cui questo viene realizzato è decisamente originale. Il testo non presenta infatti una ricostruzione né della sola vita né del solo apparato concettuale del suo protagonista: esso si configura in primo luogo piuttosto come un’analisi delle varie sfaccettature della personalità di Machiavelli, indagando il modo in cui biografia e filosofia si intrecciano. Questo studio si allarga poi rapidamente agli altri protagonisti dell’età in cui vive, da Alberti a Bruno passando per Savonarola e Guicciardini, mettendo in campo tutta l’esperienza di uno dei più autorevoli studiosi viventi di Filosofia del Rinascimento e diventando in secondo luogo anche una contestualizzazione a tutto tondo del pensatore fiorentino nel suo mondo, spesso paradossalmente trascurato dagli studi a favore di letture “modernizzanti” che ne ignorano il volto più propriamente rinascimentale. Estremamente originale è infine anche l’immagine stessa che Ciliberto restituisce di un autore tradizionalmente visto come lo scienziato politico per eccellenza, il freddo maestro del male, che si rivela in queste pagine invece un uomo appassionato e vigoroso, il cui tratto distintivo è proprio saper avanzare idee “folli”, visionarie ed estreme, pensare la politica come il terreno privilegiato di incontro tra ragione e pazzia.
Michele Ciliberto, presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento e socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, insegna Storia della filosofia moderna e contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa e dirige la rivista “Rinascimento”. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Pensare per contrari. Disincanto e utopia nel Rinascimento (2005); Giordano Bruno. Il teatro della vita (2007); Italia laica. La costruzione delle libertà dei moderni (2012); Rinascimento (2015). Ha inoltre diretto le opere Giordano Bruno. Parole, concetti, immagini (2014) e Croce e Gentile. La cultura italiana e l’Europa (2016).
Fin dal Preludio del libro si parla della pazzia come valore positivo, del tutto diverso dalla pazzia come semplice stranezza o mancanza di senso di realtà: in che senso Machiavelli è stato “pazzo” e perché può essere per noi interessante recuperare questa dimensione della sua personalità?
Michele Ciliberto: Per mettere a fuoco la centralità che ha in Machiavelli la pazzia – intesa non in senso deteriore ma come capacità di individuare vie eccessive, straordinarie – bisogna partire dalla crisi del tempo di Machiavelli e dalla persuasione che Machiavelli ha di vivere in un periodo tragico dal punto di vista della crisi italiana, della crisi dell’Europa e anche della crisi dell’Occidente. Bisogna stabilire, cioè, un rapporto organico fra l’analisi drammatica che Machiavelli fa della crisi e la pazzia intesa come l’individuazione, in tempi straordinari, di vie straordinarie per cercare – e questo è l’altro elemento del ragionamento di Machiavelli – di riuscire a contenere, tamponare la Fortuna, la quale si muove con mezzi imprevedibili, straordinari anch’essi e quindi chiede, per poter essere eventualmente contenuta, che si agisca in modo eccessivo e non ordinario. E quindi Machiavelli, da questo punto di vista, è un pensatore dell’eccesso, dell’estremo, sulla base dell’analisi che compie della crisi italiana e, dal punto di vista filosofico, della natura della Fortuna e della sua forza.
Uno degli aspetti metodologicamente più interessanti di questo lavoro è il ricorso frequentissimo a fonti normalmente ritenute “minori”, dalle lettere alle legazioni agli scritti in versi, nell’intento di ricostruire un vero e proprio ritratto a tutto tondo di Machiavelli: in che modo capire l’uomo Niccolò può essere una via di accesso alla comprensione del suo pensiero?
Michele Ciliberto: Questo è uno dei tratti, credo, di maggiore specificità – se non si vuol dire di originalità – del libro, e nasce da un modo con cui io penso la storia della filosofia, che è un modello, diciamo così, di tipo non crociano, non hegeliano. È un tipo di concezione della storia della filosofia che ha a che fare di più con alcune battute di Renato Serra, che era fondamentalmente anti-crociano – anzi fortemente anti-crociano – e che a me capita di citare spesso, quando dice “l’uomo mi interessa più dell’opera”. Io credo che vi sia un rapporto fra biografia e filosofia molto intenso, a differenza di coloro i quali invece pensano che la filosofia si costituisca proprio come cancellazione della dimensione biografica e che, per fare un esempio, la comprensione di un autore come Hegel diventi tanto più universale quanto più si libera dalla
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https://www.pandorarivista.it/articoli/machiavelli-pazzia-michele-ciliberto/
SCIENZE TECNOLOGIE
Invasione di cimici aliene: per ucciderle in Italia arriva la vespa samurai
La decisione della Commissione Agricoltura del Senato: contro le cimici aliene, ecco le vespe samurai
Claudio Cartaldo – Sab, 15/06/2019
La commissione Agricoltura del Senato ha deciso: per evitare l’invasione di cimicimarmorate asiatiche un insetto incubo per agricoltori e per chi ha frutteti, i senatori hanno dato il loro via libera all’introduzione di un antagonista naturale che possa combatterla.
Si tratta della vespa samurai (Trissolcus japonicus), anch’essa proveniente dall’Oriente.
I danni delle cimici
Facciamo un salto indietro. Seconda la Coldiretti, l’invasione di cimici “aliene” asiatiche produce ingenti danni ai raccolti. Si parla, nei periodi che vanno da luglio a settembre, di quasi il 40% del raccolto. Una piaga che colpisce il Nord Italia ma anche il Centro. Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna devono fare i conti con la cimice marmellata
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