NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
29 NOVEMBRE 2018
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Alcuni si sentono rassicurati solo quando scoprono che il medio spacciatore che riforniva i nigeriani che hanno stuprato e ammazzato la povera Desirée Mariottini era un italiano.
Trovare un italiano in fondo alla catena criminale consola radical chic e cattocomunisti, allevia il loro senso di colpa».
(Prof. Alessandro Meluzzi)
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
Cos’è il “Global Compact” e perché l’Italia non vuole più firmarlo. 1
Ha cambiato idea rispetto a due mesi fa, non è ancora chiaro per quale motivo. 1
Quando si vogliono sanzionare Stati, li si definisce “terroristi”. 1
La calma prima della tempesta. 1
L’Amica geniale al tempo del Governo ignorante. 1
Cosa ci dice dell’attualità politica la serie tratta da Elena Ferrante. 1
Spara e uccide il ladro in azienda: indagato. Aveva subito 38 furti 1
Germania: il no al progetto Savona avvia l’Italexit (e l’opposizione esce di senno). 1
SIAMO L’UNICO PAESE DOVE LA CLASSE DOMINANTE TIFA PERCHÉ L’ITALIA VADA IN DEFAULT 1
Da www.radiocusanocampus.it – 23 NOVEMBRE 2018. 1
INCIDENTE DI KERCH: C’E’ UNA MANINA DA OLTREATLANTICO?. 1
Tusk: Europa rimarrà unita a sostegno di Kiev. 1
L’eredità di Kafka? Un processo kafkiano. 1
Una sentenza ha deciso che la sua opera resti in Israele. Un saggio spiega come e perché. 1
TUTTO CIO’ CHE DOVRESTE SAPERE SULLA MAFIA NIGERIANA.. 1
Sassuolo, 17enne massacrata e violentata da tre clandestini 1
“Niente ginnastica coi maschi”: e la famiglia islamica ritira la figlia. 1
Global Compact, il governo sospende il patto Onu sull’immigrazione. 1
Global Compact, il no di Lega e Fratelli d’Italia. 1
Global Compact, la rabbia delle opposizioni 1
Global Compact, l’Onu contro i Paesi che si stanno ritirando. 1
Global Compact | I principi centrali 1
Global Compact | “Gli apporti positivi dei migranti”. 1
Global Compact | I Paesi contrari 1
Adam Smith e il marginalismo, usciamo da un equivoco. 1
Pensioni, da gennaio cambiano gli assegni 1
Sequestro e sparizione, le ambiguità vaticane sul caso Orlandi 1
Migranti, il forzista Bignami zittisce Boldrini: “Foraggiate le coop rosse”. 1
IN EVIDENZA
- MERCOLEDÌ 28 NOVEMBRE 2018
Cos’è il “Global Compact” e perché l’Italia non vuole più firmarlo
Ha cambiato idea rispetto a due mesi fa, non è ancora chiaro per quale motivo
Il governo italiano ha annunciato che non sottoscriverà un documento dell’ONU sull’immigrazione, chiamato Global Compact for Migration, nonostante appena due mesi fa avesse detto che l’avrebbe sottoscritto. Nel frattempo, il testo del documento non è stato modificato, e quindi non è chiaro cosa abbia spinto il governo italiano a cambiare idea. Motivando la decisione, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha spiegato: «Il Global Migration Compact [sic] è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini. Riteniamo opportuno, pertanto, parlamentarizzare il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione». L’Italia non parteciperà nemmeno al summit indetto per sottoscrivere l’accordo, in programma a Marrakech, in Marocco, fra 10 e 11 dicembre.
Il Global Compact for Migration (PDF) è un documento che stabilisce alcune linee guida nella gestione dell’immigrazione e dell’accoglienza dei richiedenti asilo sulla base delle ultime indicazioni di studiosi, operatori e funzionari. Non è vincolante, anche perché contiene più un approccio comprensivo che una serie di proposte concrete: fra i 23 obiettivi che si pone ci sono molte norme già previste dal diritto internazionale, come “affrontare e ridurre le vulnerabilità dei migranti”, “combattere il traffico degli esseri umani”, e così via. Accanto a questi obiettivi ci sono diversi incoraggiamenti a una maggiore cooperazione fra gli stati per gestire meglio il fenomeno migratorio
Continua qui: https://www.ilpost.it/2018/11/28/global-compact-migranti-onu/
INDEBITAMENTO E NEOCOLONIALISMO
ALLA RADICE MEFISTOFELICA DELLE MIGRAZIONI
prima parte Luigi Copertino – 27 novembre 2018
L’imperialismo è un sistema di sfruttamento
che si verifica non solo nella forma brutale
di chi viene a conquistare il territorio con le armi.
L’imperialismo avviene spesso in modi più sottili.
Un prestito, l’aiuto militare, un ricatto.
(Thomas Sankara)
La crisi non riguarda solo le nostre tasche, ma l’intera civiltà.
(Luciano Gallino)
Quell’inquietante sinistro balenio dietro la Matrice Globale
Una colta ed intelligente giovane economista italiana – che, avendo prima studiato le teorie economiche mainstream, presso la Bocconi, per poi ripudiarle in favore di un nuovo keynesismo, si definisce “bocconiana redenta” – ha recentemente pubblicato un libro fondamentale per comprendere le vere cause dell’emigrazione africana verso l’Europa evitando di cadere in semplicistiche spiegazioni del tipo “invasione”, “islamizzazione”, “scontro di civiltà”. Soprattutto per evitare di rimanere incastrati nella stupida ed inutile querelle tra xenofobi e xenofili.
Lei si chiama Ilaria Bifarini ed il suo libro reca il titolo del tutto esplicativo de “I coloni dell’austerity. Africa, neoliberismo e migrazioni di massa” (2017). Consigliato a tutti, perché chiunque voglia trattare del problema immigrazione non può prescindere dalla lettura di questo libro ossia dalla comprensione delle dinamiche finanziario-economiche che spingono le masse del Terzo Mondo ad emigrare. Ricordiamoci che gli uomini sono esseri tendenzialmente radicati e non emigrano se non per necessità o, altrimenti, se spinti da ragioni di ordine spiritualmente superiore, come nel caso biblico di Abramo. Lasciare la propria terra, la patria natia, è per qualsiasi uomo sempre una grande sofferenza.
In questo nostro intervento seguiremo la Bifarini nelle sue spiegazioni sulle connessioni tra liberismo, austerità e fenomeno immigratorio. Tuttavia, la nostra sarà una esposizione impegnata a presentare la questione anche sotto una prospettiva che, probabilmente, non è quella consueta all’autrice citata, la quale pur mostrando un approccio anche filosofico, oltre che economico, non sembra una frequentatrice della Metafisica Tradizionale. Vorremo, in altri termini, sottolineare, anche alla luce delle sue ricerche di economista, la oscura presenza, in queste vicende, di una “menzognera volontà omicida”, secondo una lettura teologica della storia che è l’unica a dare davvero conto del “misterium iniquitatis finanziario”, da millenni carsicamente strisciante nelle vicende umane.
«Il neoliberismo – scrive Giulietto Chiesa nella Prefazione al libro della Bifarini – ha imprigionato il mondo in una Matrice, che è poi la “mappa del denaro”, assai simile a quella del più famoso video games, GTA, alias “Great Theft Auto”. La somiglianza tra le situazioni di questi due videogames è stringente. Entrambi sono dei disegni, appunto delle “mappe”. E, come tutti i disegni, hanno dei contorni. Oltre questi contorni non c’è più niente. (…). Studiare come funziona il neoliberismo è come giocare a Great Theft Auto. Puoi capire benissimo come si ammazza l’avversario là dove il disegno e i personaggi sono stati disegnati, cioè designati ad agire, ma al contorno tutto diventa privo di ogni logica, letteralmente inesistente. Si può solo tornare indietro. Uso questa metafora per dire che ormai sappiamo a menadito che il neoliberismo ha fallito. Che tutta la sua costruzione era, ed è, “sbagliata”. Che era tutto un inganno. Che non c’è alcuna prospettiva di salvezza. Che l’austerità è già diventata la regola generale e non c’è nessuna alternativa ad essa. Che il denaro continuerà a concentrarsi nelle mani dei pochissimi …, mentre immense masse popolari saranno ridotte non in miseria, ma in schiavitù (…). Noi abbiamo scoperto che il nuovo capitalismo (ma possiamo ancora chiamarlo tale, questo Leviatano che ha ormai sembianze del tutto diverse?) non domina più attraverso il capitale, la produzione di merci, l’uso della forza lavoro umana e l’estrazione da essa del plusvalore. Domina attraverso il Debito. Un debito sempre più universale che si crea a prescindere dagli esseri umani viventi.
Quando si vogliono sanzionare Stati, li si definisce “terroristi”
di Thierry Meyssan
Le nuove sanzioni unilaterali degli Stati Uniti contro Iran, Russia e Siria si sommano alle precedenti. L’insieme di queste misure costituisce l’embargo più duro della storia. Per di più, la maniera in cui sono state strutturate vìola la Carta delle Nazioni Unite: sono armi da guerra concepite per uccidere.
RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 27 NOVEMBRE 2018
La missione a Mosca dell’8 novembre dell’ambasciatore James Jeffrey era spiegare la preoccupazione degli Stati Uniti per il progressivo espandersi dell’influenza persiana nel mondo arabo (Arabia Saudita, Bahrein, Iraq, Libano, Siria, Yemen). Ora, proprio mentre Teheran sta organizzando la propria difesa attorno ad avamposti sciiti arabi, Washington pone il problema in termini geostrategici, invece che religiosi (sciiti/sunniti).
Mosca ha quindi creduto di poter negoziare l’allentamento delle sanzioni unilaterali USA contro l’Iran in cambio del ritiro militare di Teheran dalla Siria. Nell’incontro a Parigi dell’11 novembre, in occasione del centenario della fine della Prima guerra mondiale, il presidente Vladimir Putin ha ribadito la proposta all’omologo USA, nonché al primo ministro israeliano.
Putin ha tentato di convincere gli Occidentali che sarebbe preferibile che in Siria rimanesse la Russia da sola invece del tandem Iran-Russia. Putin ha però precisato di non poter garantire di avere un’autorità sufficiente sullo Hezbollah per ordinargli il ritiro, come invece pretendono Washington e Tel Aviv.
La risposta di Washington è arrivata nove giorni dopo con l’annuncio dell’undicesima serie di sanzioni unilaterali contro la Russia da inizio agosto, accompagnato da un discorso ridicolo secondo cui Russia e Iran avrebbero congiuntamente messo in atto un vasto traffico per mantenere al potere il presidente Assad e allargare il dominio persiano nel mondo arabo.
Questa retorica, che si pensava desueta, paragona tre Stati (Federazione di Russia, Repubblica Araba Siriana e Repubblica Islamica d’Iran) a congegni al servizio di tre uomini, Bashar al-Assad, Ali Khamenei e Vladimir Putin, accomunati dall’odio per i rispettivi popoli, trascurando il fatto che i tre sono sostenuti da un massiccio appoggio popolare, mentre gli Stati Uniti sono profondamente dilaniati.
Sorvoliamo sull’affermazione stupida che la Russia aiuterebbe la Persia a conquistare il mondo arabo.
Secondo quanto affermato dal segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Steven Mnuchin, presentando il 20 novembre le sanzioni unilaterali, queste ritorsioni non costituiscono l’aspetto economico della guerra in corso, ma puniscono le «atrocità» di questi tre «regimi». Ebbene, con l’inverno alle porte, esse riguardano principalmente l’approvvigionamento di petrolio raffinato che serve al popolo siriano per illuminare e scaldarsi.
È superfluo rilevare che i tre Stati nel mirino negano le “atrocità” di cui sono accusati, mentre gli Stati Uniti pretendono di proseguire di fatto la guerra che hanno scatenato in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria.
Le sanzioni USA non sono state decise dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, bensì unilateralmente dagli Stati Uniti. Secondo il diritto internazionale non sono legali perché per renderle devastanti Washington cerca di costringere Stati terzi ad associarsi, il che costituisce una minaccia agli Stati bersaglio, dunque una violazione della Carta delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti hanno il diritto sovrano di rifiutarsi di commerciare con altri Stati, ma non di esercitare pressione su Stati terzi al fine di colpire i propri bersagli. Un tempo il Pentagono affermava che infliggere un trattamento punitivo a una particolare nazione avrebbe indotto la popolazione di quella nazione a rovesciare il governo. Questo ragionamento servì da giustificazione teorica al bombardamento di Dresda durante la Seconda guerra mondiale e all’embargo infinito contro Cuba, iniziato con la guerra fredda. Ebbene, in 75 anni mai, assolutamente mai, questa teoria è stata confermata dai fatti. Ora invece il Pentagono considera i trattamenti punitivi contro un Paese armi al pari delle altre.
Gli embarghi sono voluti per uccidere i civili.
Il complesso delle ritorsioni contro Iran, Russia e Siria costituisce il più vasto sistema di assedio della storia [1]. Non si tratta di misure economiche, bensì, indubbiamente, di azioni militari in campo economico. Con il tempo dovrebbero condurre nuovamente a una divisione del mondo in due, come al tempo della rivalità USA-URSS.
Il segretario del Tesoro Mnuchin ha insistito a lungo sul fatto che le sanzioni
Continua qui: http://www.voltairenet.org/article204129.html
La calma prima della tempesta.
Scritto da Aldo Giannuli. – 18 novembre 2018
Lo spread non fa più notizia perché non si registrano più “salti in alto” come quelli di settembre e sembra essersi assestato su un valore intorno ai 300 punti con oscillazioni quotidiane, anche se, va detto, che a maggio era a 140 e che a quota 300 non reggiamo mica molto. Comunque, per ora possiamo far finta di nulla o quasi.
Di Maio ha detto che “fra lo spread e gli italiani” lui sceglie gli Italiani e rifiuta la “finanziaria di lacrime e sangue” che l’Europa vorrebbe imporci. Pienamente d’accordo sul rifiutare la “finanziaria lacrime e sangue”, ma è anche vero che lo spread lo pagano gli italiani sul conto in banca, sui mutui e, dopo, sulle tasse, mica qualche altro.
Il punto è che se va bene il rifiuto dell’austerità, non va bene come si pensa di spendere le risorse in disavanzo: tutto in mance elettorali e niente in investimenti ed occasioni di lavoro. Per di più con il rischio di annunci che poi non si sa bene come e quando troveranno attuazione.
Non abbiamo i centri per l’impiego pronti a stabilire chi e quanti hanno diritto al tanto celebrato reddito di cittadinanza, non abbiamo neppure un progetto legge che stabilisca quanto ed a quali condizioni, sappiamo che il tema è uscito dalla manovra finanziaria e non sappiamo con te tempi e modalità rientrerà nell’agenda politica, per cui comincia ad essere dubbio che trovi attuazione entro il 2019. Il M5s ricordi che di “annuncite” è morto Renzi. Comunque, i mercati scontano già gli effetti come se il reddito partisse
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ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
L’Amica geniale al tempo del Governo ignorante
Cosa ci dice dell’attualità politica la serie tratta da Elena Ferrante.
di Francesco Cundari 28 novembre 2018
Fa uno strano effetto guardare l’Amica geniale al tempo del Governo ignorante. Mai come oggi, seguendo la bella versione televisiva in onda su Rai 1, è apparso chiaro come tutto il romanzo di Elena Ferrante non sia altro che un’epopea dell’emancipazione, femminile e di classe, attraverso l’istruzione. La vera eroina del romanzo è infatti la maestra che lotta perché le sue alunne migliori possano continuare gli studi almeno fino alle medie, anche se i genitori dicono che in casa non ci sono soldi, anche se sono donne, anche se per molti di quei genitori è impensabile che la figlia femmina vada alle scuole dei signori mentre i maschi «vanno a faticare». Questo, ad esempio, è quello che la maestra si sente rispondere dalla madre di Lila, quando prova a
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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Spara e uccide il ladro in azienda: indagato. Aveva subito 38 furti
L’uomo dorme in azienda dopo i 38 furti subiti in pochi anni. I vetri rotti dai banditi lo hanno svegliato, poi gli spari diretti alle gambe
Giuseppe De Lorenzo – 28/11/2018
Non ne poteva più. Era “esasperato”, stanco, “terrorizzato”. Un calvario che va avanti da quattro anni e che lo costringe a dormire nella sua azienda. Di furti ne aveva già subiti 38 quando stanotte i ladri sono tornati a fargli visita.
Ha sentito i vetri della finestra andare in frantumi. Si è alzato dal letto stipato nell’ufficio dell’officina da gommista. Ha impugnato la Glock semiautomatica e, una volta sceso in magazzino, ha beccato i due banditi in flagrante. Ha aperto il fuoco una, due, cinque volte. Ha mirato alle gambe, forse nella speranza di ferire ma non uccidere. Ma un proiettile ha raggiunto l’arteria femorale di uno dei banditi, un moldavo di 29 anni.
Siamo Monte San Savino, bellissima frazione tra le colline dell’Aretino. Fredy Pacini, gommista di 57 anni, l’ultima effrazione l’aveva subita a marzo. Ha calcolato che, solo dal 2014, ha visto volatilizzarsi beni e denaro per un valore di circa 200mila euro. Voleva solo difendere il suo lavoro, la sua proprietà
Pacini era stato invitato anche in diversi programmi televisivi per raccontare la sua “odissea” contro i ladri. Una battaglia che, forse, si chiude nel peggiore dei modi e che ora lo costringerà a difendersi in Tribunale. Nelle immagini mandate in onda da Teletruria si vedono il letto e il divano, nuova “casa” di un lavoratore costretto a difendere la sua azienda. Una decisione estrema, ma necessaria: “Dal 2014 – raccontava – vivo qui dentro per tutelare quello che sto facendo e quello che non voglio mi venga portato via”. Gli allarmi ci sono, ma non sempre servono. In uno dei tentativi di furto (andato a vuoto) i banditi avevano disinserito l’antifurto. “L’allarme serve
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BELPAESE DA SALVARE
Germania: il no al progetto Savona avvia l’Italexit (e l’opposizione esce di senno)
Maurizio Blondet 26 novembre 2018
di Maurizio Gustinicchi (Qelsi)
Eccoci al consueto aggiornamento settimanale dal fronte di guerra. Cresce la tensione tra le truppe per l’imminenza dello scontro finale.
Noi proveremo a raccontarvi le manovre che i generalissimi delle fazioni in lotta hanno effettuato questa settimana.
Prima di iniziare, vi faccio dono di un assioma, necessario per risolvere il teorema alla fine del pezzo:
ASSIOMA: Se non cambia, l’Europa salta!
Per capire come si sono mossi i principali attori sulla scena iniziamo dalla Politica Estera.
In questo momento, l’asse franco-tedesco sembra marciare compatto verso una riforma della UE che attribuisca a questi due paesi un peso decisionale maggiore rispetto agli altri iscritti al club.
Su QuiFinanza del 22 Novembre si legge:
“Bilancio unico, l’alleanza Merkel Macron che fa tremare l’Italia”
Macron e Merkel stanno pianificando il governo a 2 che dovrebbe prendere le decisioni da ratificare poi nell’europarlamento. E’ chiaro che i “finlandizzati” come Lussemburgo ed Olanda non hanno problema alcuno ad aderire. Diverso è per i paesi co-fondatori, come l’Italia, che vorrebbero contare e portare un cambiamento di paradigma. I Dioscuri hanno preso il voto proprio per politica economica e politiche migratorie in controtendenza a quanto fatto sino ad oggi dal Partito dei Francesi, quel PD ad alta concentrazione di uomini con la Legion d’honneur.
Su Unione Sarda del 23 novembre Salvini afferma:
“Gliela mandiamo noi una letterina all’Europa, dicendo che ci hai rotto le scatole con le manovre che in questi 20 anni hanno distrutto la nostra agricoltura, la nostra industria”
Non è da meno Di Maio che a Rai News conferma
“Niente guerra alla UE, ma non arretriamo”
e questo nonostante Tsipras, prossimo oramai alle elezioni, abbia suggerito all’Italia
“meglio che facciate subito quello che comunque vi faranno fare dopo”.
Chiaramente, se i gialloverdi riuscissero nel loro intento (convincere i tedeschi a fare davvero da locomotiva per gli altri paesi o farsi cacciare), Tsipras farebbe la figura del servo sciocco di Bruxelles.
Ma, purtroppo per Alexis, la Germania non è più interessata all’Italia:
“Italia fai attenzione, a Bruxelles non importa niente di te” (Zerohedge),
e ha detto no anche al suo ruolo di guida del nuovo Impero di occidente, ove dovrebbe fare sia deficit di bilancio pubblico, sia nella bilancia commerciale. La Germania pensa in piccolo e, per questo, punta diretta a liberarsi dal rischio ricatto del nostro paese per poi passare allo scontro. E’ altrettanto chiaro che, pur non sperandolo in cuor suo, questo è quanto volesse Savona sin dall’inizio.
Ma il Prof. non è solo. Zerohedge lo avvisa con un articolo che:
“Il 60% degli italiani pensa che la UE sia cattiva per l’Italia”
I Popoli del Nord Europa non ci vogliono più. Anzi, LA GERMANIA HA DETTO NO AL PROGETTO PROPOSTO DA SAVONA DI CREARE UN IMPERO A TRAZIONE TEDESCA, pertanto, niente trasferimenti nord-sud e niente acquisti sui mercati del sud Europa, ED HA GIA’ PREPARATO UN SUO PIANO B: il recupero francese dei soldi investiti nelle banche italiane (alcune centinaia di miliardi di euro) e, una volta al riparo dai ricatti dei gialloverdi, successivo Italexit.
La politica tedesca ha deciso la sua strategia di medio termine (con l’ausilio del prossimo TLTRO della BCE), pertanto i centri studi economici tedeschi suggeriscono agli Italiani tale passo sin da oggi. Il Center for Economic Studies dell’IFO Institute (Cesifo) ha pubblicato un lavoro dal titolo:
“Speculative Eurozone Attacks and Departure Strategies” in cui si suggerisce agli italiani l’Italexit, anzi, auspica proprio la dissoluzione dell’eurozona. Per il Cesifo, politiche fiscali differenti, libero movimento dei capitali, cambi fissi e tassi d’interesse a breve unificati non possono convivere insieme in presenza di stati con economie troppo differenti e divergenti.
Non pensate che un simile trattamento non tocchi anche alla Francia, principale fautrice di quella Piccola Europa pensata da Schauble e a cui Merkel e Macròn si aggrappano per garantirsi la sopravvivenza. Proprio in questi giorni, le zone rurali si sono fisicamente ribellate alla capitale esattamente come negli USA l’America rurale si ribellò a Washington, New York e Los Angeles.
Anche l’influentissimo Hans Werner Sinn ci suggerisce di uscire e ci spiega che in caso contrario l’Italia dovrebbe accettare un calo del reddito del 12% e una disoccupazione del 15-20%.
In fondo egli ha capito che la storia sta andando nel verso di una sterzata. Nel suo pezzo dal titolo: “La tragedia italiana” HWS egli afferma quanto tutti sanno ma non vogliono ammettere: “una soluzione amichevole non è più desiderata, il governo è stato eletto per fare passi radicali. e viene misurato dalla popolazione se può essere all’altezza della situazione”.
In pratica, si stanno delineando nell’Eurozona le condizioni perché nasca una Piccola Europa, quella dei paesi core, senza l’Italia e il suo enorme debito, così che la Germania potrà finalmente realizzare sia l’unione bancaria che il bilancio comune.
Depotenziata la guerra franco-tedesca dello Spread, in Politica Estera i Dioscuri devono nuovamente fronteggiare le navi ONG dell’Onu. Su Il Gazzettino si legge:
“Migranti, le navi Ong tornano in mare: dobbiamo difendere i diritti umani”
Opportunamente sostenute da chi gli offre protezione politica:
“l’Onu critica l’Italia: Preoccupati per politiche su migranti” da Il Sole 24 Ore, “Onu, Italia cambi rotta su migranti ultima ora” da Ansa.It.
Come riporta Francesca Totolo, tornano nel mediterraneo Rescue Med, Proactiva Open Arms e Sea-Watch, convergendo in Libia.
Il minaccioso Global Compact on Migration, il documento delle Nazioni Unite che (come spiega benissimo Francesca Totolo su Byoblu) cerca di rimuovere ogni ostacolo al blocco dei migranti via mare, al fine di “proteggere il diritto alla vita dei migranti che è negato dai respingimenti alle frontiere terrestri e marittime”, inizia a preoccupare seriamente gli italiani.
Voci di corridoio parlano di una probabile firma da parte di Moavero, ma, come segnala sempre la Totolo, su matteosalviniofficial si può leggere:
“non abbiamo bisogno di un accordo che aprirebbe le porte ad altre migliaia di immigrati in Italia. Sbaglio?”
E anche il Sottosegretario alla Farnesina Guglielmo Picchi afferma la sua contrarietà:
“Se chiedete a me … sono contrario a sottoscrivere Global Compact for Migration”
Sembra, quindi, che il presente governo si allineerà agli USA di Trump, all’Australia, ad Israele, all’Ungheria, alla Cechia, alla Polonia e all’Austria di Kurz, paesi che si sono sfilati da tale nefandezza il cui unico scopo è costruire un esercito industriale di riserva su scala mondiale: una quantità infinita di schiavi ovunque, provenienti da dovunque.
In Politica Interna, dobbiamo registrare l’estremo inutile tentativo di quei sempliciotti di Banca d’Italia
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/germania-il-no-al-progetto-savona-avvia-litalexit-e-lopposizione-esce-di-senno/
L’Europa sarà africana. Lo vuole l’élite!!
Come Davide contro Golia – 27 11 2018
Lo spiega Stephen Smith conoscitore profondo dell’Africa in una recente intervista: “nel giro di due generazioni saranno almeno 100 milioni i giovani africani pronti a venire in Europa”.
I media occidentali con la complicità della SX in Europa.
Trasmettono cliché miserevoli” di “disperati in fuga dall’inferno – che sarebbe l’Africa
Continua qui: https://m.facebook.com/groups/664829370248102?view=permalink&id=2166749840056040
SIAMO L’UNICO PAESE DOVE LA CLASSE DOMINANTE TIFA PERCHÉ L’ITALIA VADA IN DEFAULT
Da www.radiocusanocampus.it – 23 NOVEMBRE 2018
Il Prof. Giulio Sapelli, economista, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” condotta da Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.
GIULIO SAPELLI
Sulla situazione dopo la bocciatura della manovra italiana da parte dell’UE. “C’è una via di mezzo tra apocalittici e integrati –ha affermato Sapelli-. La situazione è un po’ più usuale di quello che viene rappresentato in Italia dai corifei, a cominciare da Padoan, che tifano per la Troika. Se noi guardiamo la stampa internazionale, ad esempio El Paìs dell’altro ieri: c’era la foto della ministra dell’economia spagnola con Moscovici e all’interno c’era un titolo molto neutro che diceva: con l’UE si comincia a trattare sulla legge di bilancio che sforerà del 2,7% e c’era un articoletto in cui dicevano quali erano le posizioni di Moscovici.
piercarlo padoan
Poi c’era un corsivo in alto in cui si diceva che la stessa cosa stava capitando in Italia.
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CONFLITTI GEOPOLITICI
INCIDENTE DI KERCH: C’E’ UNA MANINA DA OLTREATLANTICO?
Maurizio Blondet 27 novembre 2018
(dalla pagina FB Gog&Magog: facebook.com/cronachedeitempiultimi/)
Sarebbe facile liquidare i fatti di Kerch come un goffo tentativo di provocazione da parte di Kiev, ma un dettaglio potrebbe fare intuire qualcosa di più preoccupante. Come nota un lettore sul sito The Saker (http://thesaker.is), solo pochi giorni fa (16 novembre) il min. degli esteri ucraino Pavlo Klimkin si è incontrato a Washington con Mike Pompeo, Segretario di Stato e già direttore della CIA, per definire le azioni di contrasto alla Russia. Nel documento pubblicato online dal Dipartimento di Stato si dichiara apertamente che l‘obiettivo di Usa e Ucraina è creare le condizioni che giustificherebbero l’installazione di una forza militare sotto egida ONU (o anche solo internazionale? Russia e Cina metterebbero il veto al Consiglio di Sicurezza) al confine con la Russia, che combatta contro le forze filorusse per riprendersi Donetsk
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CULTURA
L’eredità di Kafka? Un processo kafkiano
Una sentenza ha deciso che la sua opera resti in Israele. Un saggio spiega come e perché
Fiamma Nirenstein – 28/11/2018
Israele, la patria degli ebrei, e la Germania in processo l’uno contro l’altra. E di lato una figura di donna, triste, anche lei parte dello scontro. Ma non si è trattato di affrontare, per una volta, il genocidio degli ebrei.
Il tribunale ha dovuto deliberare per attribuire a un mondo o all’altro l’anima di Franz Kafka (1883-1924). A chi apparteneva la sua preziosa eredità culturale, come disboscare il doloroso intrico della cultura tedesca al suo livello sommo con l’eredità ebraica nella sua espressione più misteriosa, quasi indefinibile? E come separarla dagli interessi privati? Di chi è Kafka? Degli ebrei nel cui mondo è nato ed è cresciuta la sua letteratura pure universale, o dei tedeschi nella cui lingua scrisse, pur essendo ceco? In un libro di ricerca affascinante come un romanzo storico, Benjamin Balint, un giovane studioso israeliano dell’Istituto van Leer, ha descritto il procedimento legale con cui trent’anni fa il giudice della corte suprema Eliakim Rubinstein stabilì che l’eredità di Kafka era ebraica, i suoi manoscritti, appunti, memorie possesso della Biblioteca nazionale di Gerusalemme. Il titolo del volume è, con evidente allusione al più famoso fra i libri di Kafka, Kafka’s Last Trial (in italiano sarebbe L’ultimo processo di Kafka).
La sentenza di Rubinstein è di per sé un saggio, un trattato sul rapporto fra ebraicità e mondo tedesco, fra sionismo e Europa, una parte indispensabile della teoria della riconciliazione, e tuttavia dell’insanabilità sostanziale dell’Olocausto. Israele ha nella difficile scelta di Rubinstein la funzione di redimere l’intera storia della cultura acquisendo il contributo ebraico nelle mura salvifiche dello Stato Ebraico. E la Germania, si legge sempre nelle carte, ha seppellito con la sua guerra di sterminio ogni aspirazione universalistica, quale che sia la sua pretesa contemporanea. Balint ha ricostruito tutto il percorso dei manoscritti, centinaia, finiti in una casa di Tel Aviv nelle mani di due signore, figlie della aiutante, segretaria, forse anche amante di Max Brod, l’intellettuale che portò in Israele fuggendo dalla Shoah tutti gli scritti di Kafka. Poi li lasciò in eredità all’aiutante Esther Hoffe.
La storia è affascinante. Max Brod era un giovane praghese piccolo e vivacissimo, ragazzo di genio, musicista, poeta, drammaturgo, ambizioso, estroverso. Così è rimasto tutta la sua lunga vita (1884-1968, 80 libri). A 25 anni era in corrispondenza con Herman Hesse, Thomas e Heinrich Mann, Hugo von Hofmannsthal, Rainer Maria Rilke e altri. Era una star del mondo letterario. E gli piacevano molto le donne. Tutto l’opposto Kafka, notoriamente schivo e melanconico. Ma Brod diventa sin dalla prima gioventù il migliore amico dell’ombroso, geniale fenomeno, lo riconosce subito come tale. Kafka lamenta molto la sua incapacità sentimentale di cui Brod lo sgrida sempre, anche se avrà almeno due amori, Felice Bauer e Dora Diamant. Alla prima, di cui commenta malevolmente l’aspetto e che gli fu presentata da Brod, scrisse lettere frequentissime, lasciandoci così in possesso di parecchio materiale personale, quasi tutto collezionato da Brod e poi passato
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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
TUTTO CIO’ CHE DOVRESTE SAPERE SULLA MAFIA NIGERIANA
SPACCIO, RITI VODOO, CANNIBALISMO, TRAFFICO DI PERSONE, LA RETE DI MENDICANTI DAVANTI AI SUPERMERCATI, LEGAMI CON I TERRORISTI AFRICANI – LO PSICHIATRA E ARCIVESCOVO ORTODOSSO ALESSANDRO MELUZZI: “SE IMPORTI 700 MILA MASCHI SOLI, TRA LE TANTE MINE CHE HAI INNESCATO, C’È PURE UNA MINA SESSUALE…”
26 novembre 2018 di Daniele Capezzone – La Verità.
Alessandro Meluzzi, psichiatra forense e criminologo, ha accettato di ragionare con La Verità su un’emergenza reale, e che però è sistematicamente derubricata, taciuta, «tenuta bassa».
Perché è così difficile parlare di criminalità africana in Italia, e in particolare di mafia nigeriana?
«Due ragioni. La prima è un pregiudizio culturale: siamo oltre il politicamente corretto, siamo all’autorazzismo.
Alcuni si sentono rassicurati solo quando scoprono che il medio spacciatore che riforniva i nigeriani che hanno stuprato e ammazzato la povera Desirée Mariottini era un italiano.
Trovare un italiano in fondo alla catena criminale consola radical chic e cattocomunisti, allevia il loro senso di colpa».
E la seconda ragione?
«L’oggettiva difficoltà di combattere una realtà di enorme forza. Non dimentichiamo che la Nigeria è il più ricco Paese africano. Questa criminalità, già potente di per sé, è in grado di procurarsi nessi e alleanze perfino inconfessabili».
artiamo da un fatto nuovo: c’è un’occupazione militare del territorio italiano.
«Un controllo capillare. Sono sbarcati iniziando da business apparentemente poveri, tipo la prostituzione (anche minorile) e il piccolo spaccio di droga, magari loro delegato dalla criminalità italiana. Ma ora agiscono in proprio. Lagos e Benin City sono oggi due capitali mondiali del traffico di droga».
Proprio nel momento in cui (per evidenti ragioni di risorse) le forze dell’ordine hanno più difficoltà a avere una presenza capillare, qualcun altro ne approfitta
«Non solo arretrano le “forze del bene”, ma pure le “forze male”, cioè la criminalità italiana.
Un importante mafioso (mio cliente per una consulenza tecnica) mi ha detto che è una follia questo tipo di apertura. Anche per l’attitudine a una violenza incontrollata: a Lagos se giri con un orologio da 200 euro, rischi non lo scippo, ma che ti taglino il braccio».
E quindi guadagna terreno un esercito di questo tipo
«Hanno una disponibilità illimitata di manovalanza a basso costo, e sono riusciti a modificare lo stesso mercato della droga. Sono ricomparse (a prezzi stracciati) droghe che ritenevamo quasi sparite. Oggi un minorenne può procurarsi una dose di eroina a 5 euro. E concorrono molti fattori: l’abbattimento dei costi, l’apparizione di nuove sostanze pericolosissime (l’eroina gialla) e un sostanziale regime di impunità, anche per le scelte di una parte della magistratura».
Cioè?
«Per un migrante illegale che spaccia ci sono spesso pene bagatellari. Abbiamo perfino letto in qualche motivazione di sentenza che lo spacciatore “non aveva altro da fare, non aveva altre attività”».
Un tabù che sembra inviolabile è anche svelare il livello di sanguinosità e violenza di questa criminalità. Lei ha perfino evocato casi di cannibalismo.
«Non è un’evocazione o una mia teoria, ma un fatto. In base a riti voodoo, si può consumare il cuore del nemico ucciso, o berne il sangue. Gli antropologi africanisti lo sanno: è choccante, ma si tratta di cose tragicamente “normali”, non eccezionali. Molti nigeriani ne parlano nelle intercettazioni. Gli uccisori della povera Pamela accennano alla possibilità di conservarne delle parti in frigorifero».
Quindi rispetto ai connazionali c’è un mix di schiavitù economica e condizionamento della psiche.
«Assolutamente. Le ragazze nigeriane sono affidate a “maman” che le soggiogano con riti voodoo, e allora scatta una doppia minaccia: di ucciderle con la magia nera, e di colpire i loro parenti in Africa. Ecco perché non si ribellano e non parlano».
Per la mafia nigeriana l’alternativa è tra intesa e scontro con la criminalità italiana.
«Sempre il mafioso di cui parlavo mi spiegava che le mafie nazionali nemmeno sarebbero più in grado di combattere una tradizionale guerra di mafia: troppo grande ormai la disparità di uomini a favore dei nigeriani. E dov’è accaduto, a Castelvolturno, tra nigeriani e casalesi, hanno prevalso gli africani, ottenendo il controllo del territorio, inclusa la partita dei rifiuti».
Lo Stato sta a guardare?
«No, c’è un inizio di reazione. L’ottimo dottor Stefano Castellani della Procura di Torino ha portato a processo i primi 21 nigeriani, condannati per associazione mafiosa. Ma occorre capire che siamo come nella Sicilia dei tempi di Luciano Liggio, anni Cinquanta e Sessanta, quando anche pezzi di istituzioni negavano l’esistenza della mafia»
E poi c’è il traffico illegale di persone, con ciò che comporta
«Attraverso questa intervista, rendo noto un caso su cui chiedo una risposta ufficiale.
Sono sbarcate a Salerno 26 ragazze strangolate. Qualcuno deve dire cosa sia successo: mi pare probabile che siano state uccise sul barcone. La Procura sta indagando, e una risposta mi pare indispensabile».
Percorso inverso. Siamo partiti dal macro per arrivare al micro. Invece ripartiamo dal micro: dal ragazzo, spesso simpatico e chiaramente impaurito, che chiede l’elemosina al bar sotto casa
«Ormai ci sono filmati che mostrano l’arrivo di pulmini la mattina presto che scaricano giovani per il primo turno, a cui poi seguirà il secondo. Ogni ragazzo – grazie ai nostri sensi di colpa – incassa tra i 50 e i 100 euro al giorno, ma a lui ne resteranno solo 2 o 3. Spero sia chiaro a tutti che se dai una moneta, stai finanziando un’organizzazione criminale».
Rompiamo l’ultimo tabù: la sessualità dei maschi immigrati che arrivano. Se fai arrivare valanghe di maschi giovani, non propriamente abituati al rispetto delle donne, non era scontato immaginare che potessero determinarsi episodi tragici?
«Se importi 700.000 maschi soli, tra le tante mine (sociali, economiche) che hai innescato, c’è pure una mina sessuale terrificante. Episodi di stupro, rischio di malattie contagiose, dalla scabbia alla tubercolosi passando per l’Hiv. Chiedete agli infettivologi come sia cambiato il panorama della microbiologia in Italia negli ultimi anni E, dall’ altro lato, nel contatto con lo spacciatore, molte ragazze devono sapere che non hanno più a che fare con una “larva umana”, com’ era il vecchio spacciatore di strada, ma con un potenziale stupratore».
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Sassuolo, 17enne massacrata e violentata da tre clandestini
L’episodio è avvenuto nel marzo dell’anno scorso all’interno di un edificio abbandonato. La vittima è stata brutalmente pestata dai tre marocchini, e poi violentata da quello che era il suo fidanzato: incriminati dagli agenti, gli stranieri sono risultati pregiudicati per reati di spaccio e clandestini sul nostro territorio nazionale
Federico Garau – Mer, 28/11/2018
Un’altra tragica storia di droga, abusi e violenza arriva da Sassuolo, dove una ragazza, ancora minorenne all’epoca dei fatti, è stata picchiata e poi abusata da tre stranieri di nazionalità marocchina.
L’episodio è avvenuto il 14 marzo dello scorso anno, all’interno di un stabilimento di ceramiche abbandonato sito in periferia. La giovane, con un passato non facile alle spalle, era solita trascorre diverso tempo alla “vecchia ceramica”, dove poteva procurarsi una dose e trascorrere del tempo con il suo compagno, un 32enne nordafricano poi divenuto il suo principale aguzzino.
Stando a quanto riportato dagli inquirenti, la ragazzina avrebbe tentato in più di un’occasione di chiudere la relazione con l’uomo, spesso violento nei suoi confronti, senza però mai riuscirci. I due erano insieme anche quel pomeriggio di marzo, quando una lite si è tramutata in una brutale aggressione e poi in uno stupro.
La 17enne ed il marocchino stavano discutendo animosamente, quando ad un tratto lui l’ha colpita. In breve sono arrivati anche altri due uomini, il fratello del magrebino, un 52enne, ed un connazionale di 22 anni. Questi ultimi non sono intervenuti per prendere le difese della ragazza, ma per partecipare al pestaggio.
“Ero con loro nella ceramica abbandonata, abbiamo iniziato a litigare all’improvviso, io e lui. Ci eravamo frequentati. All’improvviso mi ha trascinato a terra e loro mi hanno tenuta ferma”. Questo il drammatico
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“Niente ginnastica coi maschi”: e la famiglia islamica ritira la figlia
Una famiglia musulmana residente a Pordenone di esonerare la figlia dalle lezioni di educazione fisica: “Con i maschi non può stare”
Ivan Francese – Mar, 27/11/2018
Niente lezioni di educazione fisica insieme ai maschietti, siamo musulmani.
Così una famiglia di religione islamica residente a Pordenone, in Friuli, ha chiesto alla scuola di esentare la figlia dal frequentare il corso – obbligatorio, come tutte le altre materie – di ginnastica.
Il motivo? Le classi sarebbero state composte da maschi e femmine insieme e questa compresenza sarebbe stata incompatibili con le convinzioni religiose della famiglia, di origini maghrebine. Probabilmente, a disturbare i genitori della ragazzina in questione è stata l’eventualità che la figlia entrasse a contatto con coetanei dell’altro sesso in abbigliamento più sportivo che non in classe.
In alcune scuole medie infatti l’ora di ginnastica prevede infatti lezioni
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Global Compact, il governo sospende il patto Onu sull’immigrazione
L’annuncio del premier Conte su input del ministro Salvini: l’Italia non parteciperà neanche al summit di Marrakech di dicembre
Di Redazione TPI 28 Nov. 2018
Global Compact, no dell’Italia – L’Italia sospende l’adesione al Global Compact sull’immigrazione, il patto firmato da oltre 190 Paesi il 19 settembre 2016 e ribattezzato “Dichiarazione di New York“. Inoltre, l’Italia non parteciperà nemmeno al summit Onu di Marrakech, in Marocco, che tra il 10 e l’11 dicembre adotterà il documento.
Ad annunciare la sospensione dell’adesione dell’Italia è stato il premier Giuseppe Conte in una nota: “Il Global Migration Compact è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini”.
Per questo, si legge, il governo ritiene “opportuno parlamentarizzare il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione, come pure è stato deciso dalla Svizzera”.
A Marrakech, quindi, “il Governo non parteciperà, riservandosi di aderire o meno al documento solo quando il Parlamento si sarà pronunciato”.
Global Compact, il no di Lega e Fratelli d’Italia
Il premier cede quindi alle polemiche della destra, in particolare di Fratelli d’Italia, e soprattutto alle pressioni del ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha spiegato la linea del governo.
“Il governo italiano” ha spiegato Salvini “come hanno fatto gli svizzeri che il global compact lo hanno portato avanti fino a ieri e poi hanno detto fermi tutti, non firmerà alcunché e non andrà a Marrakech”.
Di adesione o meno al Global Compact, quindi, si discuterà in Parlamento: “Deve essere l’Aula a discuterne”.
Global Compact, la rabbia delle opposizioni
Immediata la reazione delle opposizioni. In prima fila il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, che ha attacca la posizione di Salvini: “Non abbiamo come presidente del Consiglio Salvini, vi do una notizia, ma abbiamo un presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che all’Onu ha detto che firmeremo il Global compact e abbiamo un ministro degli esteri che insieme al presidente del Consiglio ha detto pubblicamente alle Nazioni Unite che firmeremo il Global compact”.
“Se il ministro Salvini non sa queste cose, approfondisca la sua competenza, che non è sugli Esteri, e poi non ci venga a fare il predicozzo”. Poco dopo, la doccia fredda, con Conte che ha ceduto alle pressioni di Salvini.
Global Compact, l’Onu contro i Paesi che si stanno ritirando
L’inviata speciale delle Nazioni unite per le migrazioni internazionali, Louise Arbour, si è scagliata contro i Paesi che hanno deciso di ritirarsi dal Global Compact per le migrazioni sicure, ordinate e regolari definendo la decisione un “rimorso del compratore”, visto che l’accordo non vincolante l’avevano inizialmente approvato.
Global Compact | I principi centrali
Principi centrali del Global Compact for Migration sono:
- la lotta alla xenofobia
- la lotta allo sfruttamento
- il contrasto del traffico di esseri umani
- il potenziamento dei sistemi di integrazione
- assistenza umanitaria
- programmi di sviluppo
- procedure di frontiera nel rispetto del diritto internazionale, a iniziare dalla
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La trappola del Global Compact. Così aprirà le porte all’invasione
Di Valerio Benedetti – 27 novembre 2018
Siamo stati probabilmente i primi a parlare in Italia del Global Compact dell’Onu, il «Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare». Mentre in molti Paesi europei infuriava la polemica sulla sua firma – prevista il 10 e 11 dicembre al summit delle Nazioni Unite a Marrakech –, nella nostra nazione, infatti, quasi nessuno ne parlava. Ma perché un documento che viene presentato come una semplice «dichiarazione d’intenti», un accordo meramente politico senza alcun vincolo giuridico, è stato però rigettato da Stati Uniti, Israele, Australia, Ungheria, Austria, Polonia e tanti altri? La risposta è semplice: si tratta di una trappola, di un cavallo di Troia per regolarizzare tutti gli immigrati presenti illegalmente su suolo europeo e, inoltre, per aprire le porte a una vera e propria invasione. Vediamo perché.
Partiamo dall’inizio: che cos’è il Global Compact for Migration (Gcm)? Ebbene, si tratta di un documento che, nella sua versione finale, è composto da 23 obiettivi e 54 punti per un totale di 34 pagine.
Il testo del Global Compact, tuttavia, non è stato tradotto in italiano, e probabilmente non lo sarà mai. E questo perché, qualora si avesse la possibilità di leggerlo, già al punto 4 del preambolo scopriremmo che «i rifugiati e i migranti sono titolari degli stessi diritti umani universali e delle stesse libertà fondamentali, che devono essere rispettate, protette e garantite in ogni momento.
Tuttavia, migranti e rifugiati sono attualmente gruppi distinti soggetti a quadri giuridici separati. Solo i rifugiati hanno diritto alla specifica protezione internazionale come definita dalla Legge internazionale sui rifugiati. Questo Global Compact si riferisce ai soli migranti e prevede una struttura cooperativa che affronti le migrazioni in tutte le loro dimensioni». In pratica, l’obiettivo dell’accordo è di equiparare status di rifugiati e immigrati, o meglio di estendere le tutele speciali dei profughi di guerra anche agli immigrati irregolari. In altri termini, viene sancito un vero e proprio «diritto all’emigrazione». Ogni differenza tra rifugiati e «migranti economici» verrebbe di fatto a decadere.
Come ha specificato un ampio e dettagliato dossier del quotidiano tedesco Die Welt, è stata proprio la Germania a svolgere un ruolo da protagonista nella stesura del Global Compact. Riguardo alla bozza iniziale dell’accordo, nell’aprile 2018 due collaboratori della Stiftung Wissenschaft und Politik (cioè il think tank della Repubblica federale tedesca, finanziato direttamente dalla Cancelleria) scrissero ad esempio che si trattava di «un primo passo, buono ma non sufficiente». E concludevano: «In tutto il mondo cresce il numero di rifugiati e migranti, e i due gruppi vanno sempre più confondendosi». Come chiosa Die Welt, dunque, l’obiettivo del Global Compact è «immigrazione illimitata e uguali diritti per tutti. […]
Il fulcro del patto Onu sull’immigrazione – è sempre più chiaro – sta nella regolamentazione di un’immigrazione caotica di richiedenti asilo, profughi di guerra e altri migranti attraverso la legalizzazione dell’immigrazione illegale». Il Global Compact, sempre secondo l’autorevole quotidiano tedesco, «ha riversato il motto dell’autunno 2015 “Refugees Welcome” in un documento di 32 pagine, che è stato concordato da almeno un anno e mezzo tenendo abbondantemente all’oscuro l’opinione pubblica».
E la Germania, come detto, è stata in prima fila nella genesi dell’operazione. Come si apprende da un documento del ministero degli Esteri tedesco, infatti, «nel 2016 e 2017 il governo federale ha via via intensificato la sua collaborazione con le Nazioni Unite in questo ambito. Il governo ha infatti svolto un lavoro sostanzioso insieme all’Onu nel sostegno a profughi, migranti e sfollati nei Paesi di origine, transito e arrivo». E ancora: «Sulla base della Dichiarazione Onu di New York del 19 settembre 2016, il governo
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ECONOMIA
Adam Smith e il marginalismo, usciamo da un equivoco.
Scritto da Ivan Giovi – 28 NOVEMBRE 2018
Cerchiamo oggi di sgomberare il dibattito economico da un errore di fondo comune commesso da molti commentatori che si cimentano all’interno del dibattito economico: il presunto accostamento tra l’economia classica e l’economia neoclassica (o marginalista, o neoliberista). Si leggono spesso articoli che fanno riferimento principalmente ad Adam Smith che viene definito come il fondatore o precursore delle teorie economiche che hanno come dogma la concorrenza e la “mano invisibile del mercato” che tenderebbe a portare tutta l’economia in equilibrio.
Intendiamoci, è stato veramente Adam Smith a parlare di mano invisibile del mercato, ma è la moderna interpretazione delle sue parole che è completamente travisata rispetto a quello che pensava Smith. Ma partiamo dall’inizio.
All’interno della teoria economica, possiamo definire, circa, due grandi filoni e mezzo di pensiero, tralasciando l’eterogeneità interna ad ognuno di questi filoni. Questi sono: la teoria classica, la teoria marginalista e la teoria Keynesiana. Perché ho scritto che sono due filoni e mezzo? Perché le più grandi differenze sono tra la teoria marginalista (Jevons, Walras, von Hayek, Friedman, ecc) e la teoria classica (Smith, Ricardo, Marx, ecc); le idee Keynesiane – per quanto rivoluzionarie – non mostrano fondamentali differenze metodologiche (e teoriche) con la teoria marginalista. Infatti, si presteranno successivamente alla cosiddetta “sintesi neoclassica”, cioè il riassorbimento delle teorie keynesiane all’interno della teoria marginalista come caso particolare della stessa.
Tra la teoria classica e quella marginalista esistono importanti differenze di struttura teorica, la principale e fondamentale differenza è quello che riguarda la determinazione dei prezzi attraverso la teoria del valore-lavoro che assumerà un ruolo centrale in Ricardo e Marx con anche differenze importanti tra le due visioni. All’interno di questo pensiero il punto centrale (oltre al valore-lavoro) rimane quello della divisione del lavoro all’interno della società ossia la redistribuzione del sovrappiù (ereditato dai fisiocratici Petty, Cantillon e Quesnay) tra lavoro, rendite e profitti. Mentre l’economia marginalista si basa sulla teoria soggettiva del valore, cioè il concetto soggettivo di utilità (il cui precursore sarà Bentham con il suo utilitarismo), declinata poi nelle varie curve di preferenza che tutti gli studenti di economia conoscono e da cui si deriva l’utilità marginale – che darà il nome alla teoria stessa – che servirà a strutturare le curve di domanda per l’individuazione dei prezzi assieme alle curve di offerta.
La teoria e mezzo è quella Keynesiana che introduce importanti elementi innovatori, come la possibilità di disoccupazione persistente, le aspettative, l’incertezza ecc. Keynes però, che pubblica queste innovazioni nelle Teoria Generale nel 1936, utilizza gli strumenti metodologici della teoria marginalista del suo maestro Alfred Marshall (catene causali brevi) e accettando poi nelle sue teorie aspetti fondamentali quali la sensibilità degli investimenti al tasso di interesse. Questo farà si che fin da subito un folto gruppo di economisti (tra cui Tobin, Modigliani e Samuelson) riporterà le teorie keynesiane nell’alveo di quelle marginaliste, dando vita alla “sintesi neoclassica”. Esponendo poi la sintesi alle critiche di Friedman e di Lucas che tenteranno di sgretolare ogni residuo Keynesiano.
Come possiamo vedere le differenze sono importanti, anche se in molti hanno cercato di stiracchiare le teorie classiche per adattarle e farle diventare le precorritrici della teoria attualmente dominante. E sembra che la cosa sia perfettamente riuscita, infatti, come accennavo prima, molti pensano che il più grande sostenitore della concorrenza fosse Adam Smith grazie alla famosa citazione sulla “mano invisibile”. Purtroppo, chi cita Adam Smith non lo ha mai letto, non lo ha contestualizzato e non conosce l’esistenza di un libro di Smith dal nome “Teoria dei sentimenti morali”, dove egli stesso considera nelle sue tesi l’uomo come individualista (ciascuno conosce meglio degli altri i propri interessi) ma inserito all’interno della società e alla ricerca di approvazione e rispetto altrui a differenza della concezione neoclassica di un homo oeconomicus perfettamente razionale e perfettamente egoista. Questa differenza all’interno delle due teorie è assolutamente rilevante, infatti, “Il concetto di mano invisibile è utilizzato da Smith in contesti diversi, ma non per sostenere l’ottimalità di un mercato concorrenziale basato sul meccanismo della domanda e dell’offerta”
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LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Pensioni, da gennaio cambiano gli assegni
Gli assegni delle pensioni cambieranno a partire da gennaio 2019. Tra poco più di un mese milioni di pensionati avranno un incremento sul rateo
Franco Grilli – Mar, 27/11/2018 – 09:29
Gli assegni delle pensioni cambieranno a partire da gennaio 2019.
Tra poco più di un mese milioni di pensionati faranno i conti con alcune modifiche sull’importo del loro assegno previdenziale. Infatti entra in campo, anche quest’anno, la rivalutazione degli assegni. La perequazione va a determinare l’adeguamento del rateo ai dati che riguardano i prezzi al consumo per le famiglie. Sostanzialmente l’assegno viene ritoccato secondo i valori dell’inflazione. Per il 2019 è previsto un aumento del rateo pensionistico dell’1,1 per cento. Ma attenzione: non è ancora possibile quantificare il reale incremento dell’assegno.
E il motivo, come sottolinea il Sole 24 Ore, è presto detto: dal prossimo anno potrebbe cambiare il sistema di calcolo. Fino a dicembre 2018 sarà in vigore una rivalutazione che prevede un riconoscimento del 100 per cento dell’inflazione per tutti gli assegni con un valore fino a tre volte il minimo. Poi la quota si abbassa al 95 per cento per gli assegni oltre 3 volte e fino a 4 volte il minimo. Un ulteriore calo della quota si registra per gli assegni oltre quattro volte e fino a cinque volte il minimo con un riconoscimento del 75 per cento. Si arriva al 50 per cento e al 45 per cento per gli assegni che vanno oltre 5 volte e fino a sei volte il minimo e sugli assegni che vanno oltre le sei volte il minimo.
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Sequestro e sparizione, le ambiguità vaticane sul caso Orlandi
Dopo che il ritrovamento delle ossa nella Nunziatura non ha riservato sorprese, resta la sensazione che Oltretevere non si sia fatto tutto per diradare le ombre sulla scomparsa di Emanuela.
26 novembre 2018 – Francesco Peloso
Non hanno riservato nessun colpo di scena le ossa ritrovate nella Nunziatura apostolica in Italia lo scorso 30 di ottobre. Durante i lavori di ristrutturazione nello scantinato di un edificio secondario della rappresentanza diplomatica vaticana, erano venuti alla luce resti macabri: uno scheletro e vari frammenti ossei. La segreteria di Stato aveva avvertito la procura di Roma del ritrovamento chiedendo la collaborazione della magistratura italiana, quest’ultima aveva ipotizzato il resto di omicidio e affidato ai laboratori specializzati gli esami delle ossa allo scopo di scoprire quanto più possibile sui resti sorprendentemente riapparsi.
Gli esami, protrattisi più di quanto non fosse stato detto in un primo momento, hanno infine dimostrato che le ossa appartengono a un uomo e che risalgono a un periodo precedente al 1964. Si tenga conto che la Nunziatura ha sede nella bella villa Giorgina situata in via Po dal 1959, e solo dal 1949 la struttura appartiene al Vaticano. Se dagli ulteriori accertamenti in corso ne nascerà un ‘giallo’ d’altri tempi, un cold case, o se si tratta di tracce ancora più antiche, si vedrà, di certo né Emanuela Orlandi né Mirella Gregori sono state sepolte nella sede diplomatica, per quanto appetibile sotto il profilo romanzesco apparisse l’ipotesi.
In tal senso il caso Orlandi è destinato a restare tenacemente un mistero irrisolto, un rompicapo dai troppi enigmi, sorta di labirinto in cui si sono intrecciate irresistibilmente le scorie dell’ultimo tratto del secolo scorso ancora ardenti sotto la cenere: depistaggi, guerra fredda, cronaca nera, bande criminali, scandali finanziari e ipotesi di un delitto a sfondo sessuale. C’è da dire che il lavoro dei numerosi magistrati misuratisi con il caso ha portato più facilmente alla pubblicazione di libri suggestivi che a conclusioni processuali concrete. E anche il Vaticano nel corso di questi decenni, chiamato in causa a torto o a ragione nella vicenda, non ha brillato per coerenza e trasparenza.
LA PISTA DEL SEQUESTRO TRAPELA DALLE PAROLE DEL VATICANO
Forse bisogna tornare ai fondamentali: si tratta di un caso di scomparsa o di sequestro? Se il sequestro si configura sempre come forma di privazione della libertà di qualcuno, qui sembra mancare il movente: estorsione, terrorismo, eversione, ricatto, nessuna di queste o altre ipotesi è stata provata dalle numerose indagini giudiziarie o giornalistiche. Emanuela è scomparsa a Roma nel tardo pomeriggio del 22 giugno del 1983; i molti depistaggi politici susseguitisi allo scopo di stabilire un legame fra la scomparsa di Emanuela e l’attentato a Giovanni Paolo II del 1981 si sono appunto rivelati infondati, privi di riscontri oggettivi. Lo stesso dicasi per diverse altre piste simili. Tuttavia, la lunga nota diffusa il 14 aprile del 2012 dall’allora direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, in seguito alla comparsa di varie notizie «sulla stampa italiana», parlava inequivocabilmente di «sequestro» fin dal titolo.
Nella nota, che in modo circostanziato cercava di dimostrare come da parte vaticana vi fosse state sempre «piena collaborazione» con le autorità italiane durante le indagini, si legge per ben 12 volte la parola «sequestro» in relazione al caso Orlandi, e solo tre volte ci si riferisce alla vicenda con il termine «scomparsa», per altro mai direttamente ma solo in via generale per fare riferimento alla necessità di opporsi alla «realtà terribile e spesso dimenticata che è costituita dalla scomparsa delle persone, in particolare
Continua qui: https://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2018/11/26/sequestro-orlandi-ambiguita-vaticano/226794/
POLITICA
Maurizio Blondet 27 novembre 2018
Alessandro GRECO@Pgreco_- 26 nov 2018
Video qui: https://twitter.com/twitter/statuses/1067082934631440385
Buon ascolto.
https://www.maurizioblondet.it/chi-ci-ha-tradito-e-come/
Migranti, il forzista Bignami zittisce Boldrini: “Foraggiate le coop rosse”
Lo scontro sul dl Sicurezza alla Camera: il deputato di Fi, Galeazzo Bignami, attacca l’ordine del giorno presentato da Laura Boldrini. E raccoglie applausi
Giuseppe De Lorenzo – Mer, 28/11/2018
“Non ce l’ho fatta: dovevo dire alla Boldrini cosa pensavo”. È “dispiaciuto” (ma forse neppure troppo) l’onorevole Galeazzo Bignami per non essere riuscito a “trattenersi” alla Camera e aver replicato all’intervento dell’ex presidente sul dl Sicurezza e l’immigrazione.
All’ordine del giorno nella seduta di Montecitorio oggi era prevista la discussione sul decreto tanto voluto dal ministro Salvini. Ieri il governo ha incassato la fiducia e tra oggi e domani (ostruzionismo del Pd permettendo) dovrebbe arrivare il via libera finale al testo.
Laura Boldrini, ovviamente, è contraria. La deputata di Leu ha preso la parola per spiegare i motivi che l’hanno spinta a presentare un ordine del giorno sui minori non accompagnati allo scopo di “armonizzare” gli interventi nei loro confronti nel sistema Sprar. Nell’occasione ha criticato il dl che starebbe “strumentalizzando” il tema dell’immigrazione (senza “governarlo”). “Questo è un decreto pericoloso – dice l’ex presidente della Camera – va contro alcuni principi fondamentali della nostra Costituzione”. Un provvedimento che “attacca le buone esperienze di integrazione” ed è una “fabbrica di irregolari”. Insomma: il dl Salvini “rende l’Italia un luogo peggiore dove vivere”. Alla faccia. La prova sarebbe nel “combinato disposto” tra l’abolizione della protezione umanitaria e i colpi inferti al sistema Sprar: “Il sistema garantisce integrazione – assicura – è facile da assorbire e arriva nel territorio senza effetti negativi”.
Devono essere queste le parole ad aver provocato l’indignazione di Bignami. Il deputato azzurro è abituato a stare sui territori. Il suo (l’Emilia Romagna e Bologna) lo conosce bene. Da anni si batte contro l’immigrazione incontrollata che, per esempio, nel capoluogo emiliano ha creato un vero e proprio ghetto finito in mano allo spaccio gestito dagli stranieri. “È un ordine del giorno intriso di ipocrisia – attacca Bignami – e finalizzato a mantenere vivo un sistema, quello degli Sprar, esclusivamente utilizato per foraggiare strutture, cooperative e soggetti che hanno attinto a piene mani da questo tipo di accoglienza. E solo per interessi propri che nulla hanno a che fare con quelli dei cittadini”.
Il forzista non le manda a dire all’ex presidente e raccoglie gli applausi dei
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SCIENZE TECNOLOGIE
Gli italiani infettano gli immigrati”. Ed è polemica sulla tesi di Burioni
Il virogolo Roberto Burioni sul suo sito Medical Facts sostiene che “siamo noi italiani a trasmettere batteri agli immigrati”. Ma le sue parole fanno discutere
Luca Romano – Mer, 28/11/2018
Il virogolo Roberto Burioni sul suo sito Medical Facts sostiene che “siamo noi italiani a trasmettere batteri agli immigrati”
Di fatto, come riporta La Verità, l’articolo apparso sul sito di Burioni cita una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet Infectious Diseases, una edizione che si occupa proprio di malattie infettive. Sul suo sito Burioni scrive: “I batteri resistenti – tenetevi forte –, i migranti li contraggono quando sono costretti a vivere, pigiati con altre centinaia di persone, in condizioni inumane in Paesi in cui i batteri resistenti agli antibiotici sono presenti in maniera molto abbondante. Indovinate qual è uno di questi Paesi? Avete indovinato: l’Italia, che non solo è un luogo di primo approdo per i migranti, ma anche un Paese (insieme alla Grecia), che primeggia in Europa per la presenza di questi pericolosissimi batteri resistenti ai farmaci.
Dunque, non siamo noi che prendiamo questi pericolosi batteri dagli immigrati (le evidenze di trasmissione alle popolazioni locali sono ancora molto scarse)”.
Una tesi di certo abbastanza forte che ha fatto parecchio discutere. Quelle del
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