NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
3 FEBBRAIO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Come si esercita la memoria per poter dimenticare?
STANISLA J. LEC, Pensieri spettinati, Bompiani, 2006, pag. 37
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Precisazioni
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SOMMARIO
Il mistero del professore di Harvard “assoldato” da Pechino
IL PERICOLO LIBICO E LA PASSIVITÀ DEL GOVERNO ITALIANO 1
L’Europa tiene al guinzaglio il governo giallorosso
Vittorio Corcos: sguardi in mostra. 1
“Il diritto di opporsi”, il film che ci ricorda perché i diritti non sono mai scontati 1
Nuove truppe in Sahel: così Macron vuole riprendersi l’Africa
In Egitto ritrovato il “Libro delle due Vie”, il testo illustrato più antico al mondo. 1
LE DIECI PREGHIERE di L-C de Saint-Martin
Peste e Morte: il Male antico. 1
Facebook rimuove foto Mussolini, ora dovrà pagare danni 1
Sondaggi manipolati
E Gualtieri conferma la stangata in arrivo: “Rivedremo Iva, catasto e sconti fiscali”. 1
Le acrobazie di Dombrovskis sul debito italiano
Il Futuro dell’Analisi Tecnica 1
Così nacque il patto segreto che legò i giudici e la sinistra. 1
Cassazione paralizzata dai ricorsi: oltre 10mila richieste d’asilo politico. 1
Open Arms davanti a Pozzallo. Vuole “aprire” il nostro porto. 1
Nessuna lezione sull’immigraizone da Soros
Sbarca in Italia la multinazionale svizzera del business dell’accoglienza. 1
L’egotismo dell’America first 1
Salvini e il falso mito del voto ignorante. 1
“L’assalto alla lira? Fu un successo”. E ora Soros sostiene le sardine. 1
IN EVIDENZA
Il mistero del professore di Harvard “assoldato” da Pechino
Davide Bartoccini – 2 FEBBRAIO 2020
Il Federal Bureau of Investigation ha arrestato Charles Lieber, capo del dipartimento di Chimica all’università di Harvard, accusato di aver mentito riguardo alcuni finanziamenti ottenuti dal governo cinese. Stimato docente di quella che è considerata la prima università d’America, forse del mondo, Lieber getta un’ombra oscura sulla fedeltà e sulla compostezza degli alti papaveri dell’Ivy League, riattizzando sentimenti da Maccarstimo. Perché? Per la nuova fobia dello spionaggio che aggira come uno spettro al Pentagono, e forse anche per via del nome di una città della Cina che compare nei dossier e che sta incutendo terrore in tutto il mondo: Wuhan, la città dove si è incubata la pandemia del coronavirus.
Un professore stimato in tutto il mondo per il suo operato, tanto da diventare capo del dipartimento di chimica di Harvard, Charles Lieber sembra essere colpevole di aver ricevuto per anni ingenti somme di denaro, sotto forma di finanziamenti e bonus quale ringraziamento per aver svolto una serie di attività per conto del governo di Pechino.
Tra queste, come sottolinea anche Guido Olimpio sulla rubrica “America-Cina”, quella di aver lavorato in uno dei tanti laboratori nel centro di Wuhan, megalopoli cinese dove si è propagato il virus classificato come 2019-nCoV – forse sviluppato in un laboratorio militare. I primi rapporti tra Lieber e Pechino erano già emersi nel 2015, ma già allora il professore dell’università di Boston aveva “preso le distanze” con dichiarazioni formali, continuando tuttavia a percepire un indennizzo dal governo cinese. Questo il filo rosso che ha condotto l’Fbi, impegnata in un’ampia operazione a caccia di menti illustri assoldate dalla Cina, o da altre potenze, per mezzo dei suoi ramificati agenti sotto copertura, coinvolte in attività di spionaggio che mirano rubare brevetti, risultati di progetti e di studi scientifici. “L’obiettivo del governo comunista cinese è semplicemente quello di sostituire gli Stati Uniti come una superpotenza”, ha dichiarato Joseph R. Bonavolonta, agente speciale dell’Fbi responsabile della divisione che sta conducendo l’operazione in una conferenza stampa tenuta nei giorni scorsi. Pur di raggiungere questo obiettivo “la Cina sta anche impegnato anche quelle pedine non usuale, come ricercatori, hacker e società fittizie.”
La ragione “ufficiale” dell’arresto è quella di aver “mentito alle autorità statunitensi per aver preso milioni di dollari dal governo cinese” quale massimo esperto nel “campo nelle nanotecnologie” dunque detentore di
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IL PERICOLO LIBICO E LA PASSIVITÀ DEL GOVERNO ITALIANO
di Arturo Diaconale – 31 gennaio 2020
Portati dalla nave Ong “Ocean Viking” sbarcano a Taranto circa quattrocento persone provenienti dalla Libia. Contemporaneamente giungono, sempre dalla Libia, notizie secondo cui navi turche avrebbero portato a Tripoli armi e munizioni inviate da Ankara in aiuto del governo di Fayez al-Sarraj ed in aperta rottura con la tregua stabilita nella conferenza di Berlino. A rendere ancora più inquietante e drammatico il quadro della situazione libica si aggiungono, infine, le informazioni secondo cui dalla Siria sarebbero arrivati, sempre attraverso il canale marittimo attivato dalle autorità turche, più di tremila miliziani ex Isis a sostegno del governo tripolino che oltre ad opporsi alle truppe del generale Khalifa Haftar potrebbero infiltrarsi tra profughi decisi ad entrare nel nostro Paese.
Di fronte a questa grave evoluzione della guerra in atto in Libia, il Governo italiano appare pericolosamente indeciso a tutto. Apre i porti per non subire l’accusa di scarso umanitarismo senza mettere neppure in minimo conto il rischio che terroristi addestrati alla guerriglia possano mettere piede in Italia. Rimane formalmente al fianco del governo di al-Sarraj in nome di una adesione di principio alle decisioni compiute a suo tempo dalle Nazioni Unite, ma evita accuratamente di trasformare in aiuto concreto questo sostegno suscitando le rampogne e le minacce del governo tripolino. E, grazie a questa posizione formale ma senza conseguenze pratiche, continua a guadagnarsi l’ostilità dichiarata del generale Haftar e dei Paesi che lo sostengono, a cominciare dall’Egitto ed a finire con l’Arabia Saudita e gli Emirati.
Il Governo italiano, in sostanza, non solo non esercita alcun ruolo in un conflitto che si svolge in un’area di interesse vitale per il nostro Paese ma, con la sua assurda passività, riesce perfettamente a
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L’Europa tiene al guinzaglio il governo giallorosso. Ecco due prove
di Daniele Capezzone – ottobre 2019
Stessa musica, su immigrazione e flessibilità. Il nuovo governo rosso-rosso pensava di poter godere di credito illimitato al tavolo di Bruxelles, forte della mega benemerenza di aver sbattuto all’opposizione il “perfido sovranista” Matteo Salvini.
E invece? E invece, a fronte di parole dolci, pacche sulle spalle, grandi incoraggiamenti verbali, la sostanza racconta di un’estrema avarizia dell’Ue rispetto alle richieste italiane, accompagnata da una nota umiliante: ogni (minima, ma proprio minima) concessione sarà discrezionale, non automatica, subordinata alla valutazione politica delle autorità europee. Guinzaglio cortissimo, insomma.
Prima prova, i conti pubblici e la mitica richiesta di flessibilità. Perfino il Capo dello Stato si era pubblicamente speso per una richiesta di revisione del Patto di stabilità. Risultato? Al primo Ecofin, la scorsa settimana ad Helsinki, l’argomento è stato appena sfiorato, con plastica assenza dei ministri dell’Economia di Francia e Germania. Come dire: non si tocca niente. Di più: nei giorni scorsi, i giornali più accomodanti verso il governo avevano dato per certo che all’Italia sarebbe stato concesso un rapporto deficit/Pil del 2,4-2,5%, lo stesso che l’anno scorso fu negato ai gialloverdi. E invece già si retrocede verso il 2, come un anno fa, né più né meno. L’unico piccolo margine sarà forse concesso sulla fuffa “green”, con la scorporabilità
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ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Vittorio Corcos: sguardi in mostra
Quando può apparire vero e intenso uno sguardo fatto di pittura?
Fino al 16 febbraio 2020 è possibile ammirare al museo Accorsi-Ometto di via Po a Torino la mostra dedicata al pittore toscano del tardo Ottocento Vittorio Corcos intitolata “Vittorio Corcos. L’avventura dello sguardo”.
Vittorio cresce in una famiglia ebraica, dopo aver frequentato le accademie di Firenze e Napoli, trascorre, poco più che ventenne, un periodo a Parigi, dove entra in contatto con Goupil, importate mercante d’arte che sarà un fondamentale punto di riferimento per la sua carriera artistica. Dopo aver fatto ritorno in Italia nel 1886 e stabilitosi a Firenze con la moglie Emma Rotigliano, la sua casa diventa il luogo di ritrovo per molti letterati e artisti dell’epoca, creando saldi rapporti e una fonte d’ispirazione reciproca. Così Corcos sviluppa e migliora la sua naturale dote di ritrattista, prediligendo – senza però limitarsi – a soggetti femminili.
Dipinge i volti umani dedicando molte cure alla realizzazione degli occhi e alla profondità degli sguardi, ma anche agli accessori indossati dai modelli. Questi ultimi risaltano nel quadro, dando luminosità all’immagine, grazie al tratto più spesso e vivace delle pennellate. È ben visibile ad esempio nel collare del cane dipinto nell’opera “La figlia di Jack La Bolina” del 1888 e nell’abito di Corinna Salmon, ritratta nel 1893.
Nonostante Corcos si dedichi anche alle illustrazioni di libri e riviste, la mostra torinese vuole concentrarsi sui suoi ritratti e sull’essenzialità dello sguardo di ogni soggetto che riesce a trasmettere a chi osserva. In proposito, Corcos amava intrattenere rapporti profondi con i modelli delle sue opere: attraverso una conversazione e l’osservazione dei comportamenti spontanei che ne scaturivano, riusciva a cogliere la vera essenza di chi aveva di fronte, molto più che durante le fasi di posa nell’atelier. Da qui la maestria nel dipingere gli occhi come se i tratti di pittura potessero contenere l’anima stessa della
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“Il diritto di opporsi”, il film che ci ricorda perché i diritti non sono mai scontati
24 GENNAIO 2020
Il Diritto di Opporsi narra la storia dell’avvocato Bryan Stevenson e della sua instancabile ricerca di giustizia nel caso di Walter McMillaian, un uomo nero dell’Alabama ingiustamente condannato a morte per un omicidio mai commesso. Il film, prodotto e distribuito da Warner Bros. Pictures, uscirà nelle sale italiane il 30 gennaio
Qual è il valore di una vita umana? Chi ha il potere di deciderne l’entità? E qualora questo valore dovesse venire annichilito, esiste la possibilità di obiezione?
Tratto da una storia vera, Il Diritto di opporsi narra le vicende del giovane avvocato afroamericano Bryan Stevenson, interpretato da Michael B. Jordan (Black Panther, Creed) laureato ad Harvard e con una brillante carriera all’orizzonte nel Nord America.
Ma Stevenson, nel 1989, decide invece di dare una svolta alla propria vita, scendendo nel profondo Sud degli Stati Uniti, e stabilendosi a Montgomery, in Alabama, per occuparsi di diversi casi giudiziari di uomini condannati a morte, spesso incarcerati senza regolare processo e, nella maggior parte dei casi, neri.
© Warner Bros. Pictures | Il Diritto di Opporsi
Al proprio fianco, troverà il sostegno dell’attivista bianca Eva Ansley, interpretata dal premio Oscar Brie Larson (Room, Short Term 12 e Captain Marvel), che lo supporterà alla ricerca di prove ed evidenze che scagonino gli uomini ingiustamente condannati alla sedia elettrica. Una scelta, quella di Eva, che la porterà a ritrovarsi contro buona parte della comunità bianca della cittadina dell’Alabama, mettendo a rischio la propria vita e quella della sua famiglia.
© Warner Bros. Pictures | Il Diritto di Opporsi
Tra i diversi casi seguiti da Stevenson e Ansley c’è quello di Walter McMillian, interpretato dal premio Oscar Jamie Foxx (Ray, Baby Driver – Il genio della fuga, Django: Unchained). McMillian è un operaio nel settore del
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BELPAESE DA SALVARE
di Judith Bergman (*) – 27 gennaio 2020
In Europa, una delle reti criminali in più rapida crescita è ora la mafia nigeriana, che sta diffondendo le proprie attività criminali in tutto il Continente. Tale rete è costituita da gruppi rivali come Black Axe, Vikings e Maphite. Più di recente, le autorità di Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi e di Malta hanno condotto un’operazione internazionale contro due dei principali gruppi mafiosi nigeriani. La polizia ha accusato queste bande di traffico di esseri umani e di droga, di rapina, estorsione, violenza sessuale e prostituzione.
In un reportage sulla mafia nigeriana presente in Italia, pubblicato dal Washington Post a giugno del 2019: “Sono stanziati su tutto il territorio da nord a sud, da Torino a Palermo. Gestiscono il narcotraffico e la tratta delle donne, che vengono sfruttate come prostitute nelle strade italiane. Trovano nuovi membri tra i migranti ribelli, reclutandoli illegalmente nei centri d’accoglienza gestiti dal governo italiano”.
La mafia nigeriana, secondo il report, sfrutta “decine di migliaia di donne vittime di tratta”. Secondo il Washington Post, l’intelligence italiana ha definito il gruppo come “il più strutturato e dinamico” rispetto a qualsiasi entità criminale straniera operante in Italia. Alcuni esperti affermano che tra il 2016 e il 2018 sono arrivate in Sicilia fino a 20mila donne nigeriane, alcune delle quali minorenni, in un traffico coordinato tra i nigeriani in Italia e quelli nel loro Paese”.
Non c’è da meravigliarsi se la mafia nigeriana sia diventata così importante in Italia: il Paese è, per i migranti, una delle porte d’ingresso in Europa. Ciò che contraddistingue le reti criminali nigeriane è l’estrema brutalità – la polizia italiana afferma che ricorrono alla “guerriglia urbana” per mantenere il controllo del territorio in Italia e utilizzano rituali voodoo. Secondo un rapporto del luglio 2017 dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) delle Nazioni Unite, le vittime della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale prestano ai trafficanti un giuramento “suggellato da un rituale voodoo o da un rito di iniziazione (la vittima si impegna a onorare il suo accordo)”. Le vittime nutrono anche “il timore che
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CONFLITTI GEOPOLITICI
Nuove truppe in Sahel: così Macron vuole riprendersi l’Africa
Andrea Massardo – 2 FEBBRAIO 2020
Dopo aver annunciato nell’ultima conferenza G5 Sahel tenutasi a Pau, in Aquitania, il governo francese invierà ulteriori unità a rafforzare i già 4500 soldati dispiegati nella lotta ai gruppi jihadisti africani. Secondo quanto riportato dal ministro della difesa, Florence Parly, e riportato dalla testata giornalistica francese Le Monde, il nuovo dispiegamento consisterà in 600 unità di terra, necessarie per il conseguimento della stabilizzazione della controversa area africana. Con questa mossa, i militari di Parigi presenti nell’area passeranno a 5100, un numero che sottolinea ancora di più come la Francia sia intenzionata a non abbandonare il proprio impegno nel Sahel, nonostante le difficoltà degli ultimi mesi dovute anche alle volontà di Donald Trump di cessare la propria missione di supporto nella regione.
La decisione era stata presa a seguito dell’ultimo vertice con i leader dei Paesi africani, sebbene in quel momento Emmanuel Macron avesse annunciato come soltanto 220 soldati si sarebbero uniti a supporto dell’operazione Barkhane. Tuttavia, i continui attacchi agli eserciti alleati e la sensazione che questa tendenza continuerà per tutto il 2020 hanno spinto Parigi a tornare sui propri passi e aumentare i contingenti nella regione.
Sempre secondo quanto dichiarato dalla Parly, alle forze aggiuntive francesi si dovrebbero unire anche 60 unità provenienti dalla Repubblica Ceca, che attendono soltanto l’ufficialità da parte del Parlamento di Praga. L’aumento della collaborazione confermerebbe ulteriormente il supporto tra i due Paesi negli ultimi anni.
L’effettiva introduzione dei nuovi militari nello scenario africano avverrà entro la fine del mese, stando a quanto annunciato dal governo francese. In aggiunta alle unità di terra, verranno implementati nell’area nuovi veicoli blindati e sistemi logistici volti a contrastare le azioni di guerriglia delle compagini jihadiste, che negli ultimi mesi soprattutto si sono contraddistinte per incursioni rapidi ed imprevedibili che hanno messo a dura prova le forze di difesa locali. Le stesse forze francesi, nello scorso mese di novembre, hanno subito un attacco nel quale hanno perso la vita 13 soldati, creando disagio nell’opinione
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CULTURA
In Egitto ritrovato il “Libro delle due Vie”, il testo illustrato più antico al mondo.
Eccezionale scoperta firmata da Harco Willems, professore all’Università di Lovanio in Belgio.
Carlo Franza – 2 febbraio 2020
Grandiosa scoperta in Egitto, ma certamente pare essere un evento di stampo mondiale.
E’ stata ritrovata l’edizione più datata del testo illustrato più antico del mondo; si tratta del Libro delle due Vie, una sorta di guida avventurosa per il regno dei morti. In Egitto è stata scoperta la copia più antica di quello che viene considerato il primo testo illustrato al mondo: un’edizione del Libro delle due vie risalente a 4mila anni fa. L’eccezionale scoperta è stata pubblicata per la prima volta nel Journal of Egyptian Archaeology, già nel settembre 2019, in un articolo a firma di Harco Willems, un collega egittologo di chiara fama, professore all’Università di Lovanio in Belgio e tra i maggiori esperti dei Testi dei Sarcofagi. Tutto parte dalla data del marzo/aprile del 2012, quando vicino alla città egiziana di Minya, il Progetto Dayr al-Barsha, dell’università belga KU Leuven, ha scavato nel sito del complesso funerario di Medio Regno del nomarca Ahanakht I. La tomba di Ahanakht I è piuttosto conosciuta, dal momento che è stata esplorata tra il 1891 ed il 1891 e completamente scavata dall‘archeologo americano George Andrew Reisner nel 1915, sostenuto dalla Harvard University e dal Museum of Fine Arts di Boston. Il sito conserva la necropoli principale dei governatori della regione durante il Medio Regno, all’incirca dal 2055 al 1650 a.C., e vanta molte tombe riccamente decorate. Gli scavi dell’università belga hanno portato alla luce i resti di un sarcofago del Medio Regno, di una donna di nome Ankh, sulle cui pareti sono riportati i versi della prima versione de Il Libro delle due vie, una sorta di mappa mistica,
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LE DIECI PREGHIERE di L-C de Saint-Martin – Estratto della DECIMA PREGHIERA
Martinismo Mediterraneo del nordest 30 01 2020
[da: “Conoscere L. C. de Saint-Martin” di Ovidio La Pera]
Immagine del monumento funebre a J. Böhme sovrastato dalla Formula Pentagrammatica al centro della rosacroce e l’iscrizione “Ex Deo nascimur. In Jesu morimur. Per Spiritum Sanctum reviviscimur.”
Avrai tu la forza, o anima mia, di contemplare l’enormità del debito che l’uomo colpevole ha contratto verso la Divinità?
Ma se hai avuta quella di abbandonarti al crimine, puoi ben considerarne tutto l’orrore. […]
Tu sei caduto, hai lasciato il nemico prendere imperio su di te e corrompere le tue vie. Fin dall’istante hai reso sterile la terra del Signore; hai sprofondato nella penuria tutti gli abitanti dell’universo ed hai sprofondato il cuore di Dio nella tristezza. […]
Qual è dunque l’essere che avrebbe potuto mai assolverti verso la giustizia eterna, verso quella giustizia di cui i diritti non possono abolirsi e di cui i piani non possono mancare d’arrivare al loro termine ed al loro compimento? […]
Tu hai detto al Tuo Verbo di venire a coltivare Egli stesso il campo dell’uomo.
Questo Verbo sacro, di cui l’anima è l’amore, è disceso verso questo campo colpito da sterilità. […]
Egli ha restituito la forza agli animali della terra, l’agilità agli uccelli del cielo; ha restituito la luce alle fiaccole celesti: il suono e la voce a tutti gli spiriti che abitano la sfera dell’uomo; ed ha restituito all’anima dell’uomo quell’amore di cui è Egli stesso la sorgente e il focolare, e che ha diretto il Suo santo e meraviglioso sacrificio.
Sì, eterno Dio di ogni lode e di ogni grazia, non vi era che un Essere potente, come il Tuo figlio divino, che potesse così riparare i nostri disordini e sdebitarci verso la Tua giustizia […]
Oh uomini! Oh fratelli miei!
Diamoci interamente ora a Colui che ha cominciato col perdonarci tutto. […]
Che all’esempio di questo Dio supremo, l’amore faccia un movimento universale in tutto il nostro essere ed abbracci ad un tempo tutte le facoltà che ci compongono.
Amen
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Salvatore Ciaccio – 2 febbraio 2020
L’epidemia del Coronavirus sta facendo parlare di sé, come in passato Ebola, la Sars e le grandi epidemie degli ultimi anni. Anche il Coronavirus sta falcidiando un consistente numero di vittime, vittime ormai vicine ai nostri sguardi multimediali eppure percepite come lontane dal nostro occidente, preoccupato esclusivamente che l’epidemia non arrivi fino alle nostre case. Allo stesso tempo, l’epidemia non può non suscitare, in tutti noi, un folto numero di domande: cosa significa un’epidemia mondiale? Se toccasse noi, in prima persona? Se colpisse i nostri affetti? Come affronteremmo il Morbo? Che domande ci faremmo in proposito?
In questo episodio di Eremos Kora ritorniamo, ancora una volta, all’origine: Pericle e la Guerra del Peloponneso, soffermandoci su come in passato sono stati spiegati eventi simili, su come sono stati descritti gli effetti di alcuni morbi, sul valore che ad essi è stato conferito in una data cultura.
Lo storico del conflitto, il più volte citato Tucidide, ci ha lasciato uno dei più sorprendenti brani della storiografia greca (di cui per altro ci è pervenuto davvero poco) descrivendoci la tipologia del morbo, da noi identificato come Peste[1], i dolori che causa, l’arco di tempo in cui macera le sue vittime (come cadaveri bollenti lasciati sfrigolare al sole), la reazione a tale disastro, il prendere coscienza di essere infettati da parte dei malati, la baldanza e ottimistica sicurezza dei sopravvissuti. Indubbiamente un brano in cui Tucidide sottolinea la sua capacità di osservazione e analisi, partendo dagli aspetti materiali sino a
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CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Facebook rimuove foto Mussolini, ora dovrà pagare danni
Pubblicato il: 01/02/2020
Il Tribunale civile di Chieti con ordinanza del 29 gennaio 2020 (Rg n. 1489/2019), in sede di reclamo ex art. 700 c.p.c., ha accolto il ricorso dell’avvocato Gianni Correggiari, difeso dal collega Antonio Pimpini, contro Facebook Ireland ltd., condannando la Società di Mark Zuckerberg al pagamento di 15mila euro per danni e di 8mila euro per spese di giudizio.
A darne notizia è stato ieri l’avvocato Augusto Sinagra, legale di Casapound insieme al collega Guido Colaiacovo.
“Il giudice di Chieti – ha scritto sulla sua pagina Facebook – non ha ritenuto violativo degli standard della Community il fatto che l’avvocato Gianni Correggiari avesse pubblicato una foto di Benito Mussolini in occasione del suo compleanno, e né la foto della bandiera di combattimento della Rsi. Quanto alla foto del Duce – prosegue Sinagra – il giudice Valletta ha correttamente osservato che egli è stato Capo di governo dello Stato italiano e come tale è stato riconosciuto nella Comunità giuridica internazionale; egli […] non è stato oggetto di alcuna sentenza di condanna per attività illecite e la decisione della sua fucilazione non è certo scrivibile a rango di pronuncia giurisdizionale, nemmeno di autorità di fatto; le sue condotte non sono state ritenute difformi dal diritto internazionale dell’epoca, sia generale sia pattizio”.
“Quanto alla bandiera della Rsi – si legge ancora – il giudice ha osservato che la Repubblica Sociale si è manifestata nel diritto internazionale generale come soggetto pieno per la sua connotazione di
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Sondaggi manipolati
Francesco Erspamer 2 02 2020
I sondaggi che appaiono sui quotidiani o in tv sono manipolazioni e la loro pubblicazione dovrebbe essere proibita o regolata; ma spero che il M5S ne abbia commissionato qualcuno ad agenzie serie e che, senza divulgarli (anzi tenendoli segreti), usi i dati a sua disposizione per fare correzioni (o non farne) alla propria politica. Siccome non ho accesso a essi, farò finta di fidarmi della più recente “supermedia di tutti i sondaggi” apparsa sui giornali. Essa pone la Lega sopra il 30%, il Pd quasi al 20, il M5S al 15, Fratelli d’Italia all’11, la mummia Berlusconi al 6 e il suo compare Renzi al 4.
I renziani sono subito andati in televisione (ci sono tutte le sere) a proclamare che il loro 4% è fasullo e che alle elezioni otterranno il 20: e i media danno loro credito, gli stessi che amplificano i deliri di Salvini di sfondare oltre il 40%, del Pd di attestarsi sul 30, di Meloni di raggiungere presto il 15 e persino di Berlusconi di tornare in articulo mortis al 10%. Che fa già ben di più del 100%: sui media la matematica è un’opinione.
Solo il M5S non ha un radioso futuro; ma per una volta la colpa non è dei giornalisti. I quali, certo, non perdono occasione per annunciarne la scomparsa (una forma di propaganda che in inglese si chiama “self-fulfilling prophecy”, profezia fabbricata per convincere la gente ad attuarla), aiutati però dal fatto che i pentastellati stessi non sembrano capaci di mostrare un po’ di fiducia.
Bè, senza fiducia non si fa politica, o meglio, si fa solo un tipo di politica: quella al servizio dei ricchi e dei potenti. Per una politica del cambiamento e della rinascita morale, invece, la fiducia è indispensabile, come è indispensabile la tenacia: perché i risultati non vengono sùbito e sono preceduti da delusioni e sconfitte. Il 15% va benissimo e anche qualche punto di meno. Si tratta di trasformarlo in un consenso solido, basato su una chiara ideologia antiliberista, con quadri e dirigenti preparati. I tanti opportunisti che erano saltati sul carro pentastellato negli anni scorsi si sono in gran parte dileguati: puntavano a immediate ricompense clientelari e appena si sono accorti che non le avrebbero avute sono di corsa tornati ai partiti che le danno a piene mani. Altri opportunisti se ne andranno o dovranno essere cacciati.
Ma al tempo stesso bisogna smettere di fare errori. I tagli agli stipendi dei propri parlamentari sono demenziali: presuppongono livelli di dedizione, santità o fanatismo non augurabili e comunque molto rari in una società come quella attuale.
La distribuzione di soldi a pioggia ai “cittadini” è altrettanto sciocca: le poche risorse vanno usate per rafforzare il Movimento politicamente, dunque per la propaganda o facendo favori ai propri elettori e sostenitori – lo Stato deve essere imparziale, i partiti devono essere di parte. E la revoca della concessione autostradale ai Benetton va fatta immediatamente, a dare un necessario segnale di vitalità su cui far rinascere l’entusiasmo.
https://www.facebook.com/100003196950060/posts/2649702401812966/
Maurizio Blondet 31 Gennaio 2020
Sono letteralmente sdegnato, anzi arrabbiato e disgustato dalla tremenda notizia del giorno:
“Negli ultimi 15 anni gli italiani che negano la Shoah sono passati dal 2 al 15%”
Lo ha scoperto un’indagine Eurispes…
Avevo appena postato qualche giorno fa, con soddisfazione la notizia che avevo letto su Moked, il portale ufficiale dell’ebraismo, che citando un sondaggio dell’Osservatorio Solomon, titolava “l’1,3% degli italiani non crede alla Shoah”; e il mio cuore si apriva alla gioia: per quanto voi vi lamentiate, o vittime, ciò significa che il 98,7 % degli italiani, invece, ci crede.
E adesso arriva questa notizia. Terribile. Di colpo, “gli italiani che negano la Shoah passano da 2 al 15%”. In quando tempo? In 15 anni, dice lo Eurispes; ma l’Osservatorio Solomon invece dice, con precisione, che la rilevazione l’ha fatta nel novembre 2019.
Periodo di rilevazione: 28-30/11/2019
Campione: 1.000 interviste
C’è un’Italia che nega la Shoah
https://www.maurizioblondet.it/il-fallimento/
ECONOMIA
E Gualtieri conferma la stangata in arrivo: “Rivedremo Iva, catasto e sconti fiscali”
Il ministro costretto a inchinarsi a Bruxelles che minaccia nuove sanzioni
Gian Maria De Francesco – Ven, 31/01/2020
Quello che fino a ieri era solo un’ipotesi ora è una certezza. La riforma dell’Irpef, adombrata dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, comporterà un aumento delle tasse, a dispetto della volontà della maggioranza di abbassare il carico delle imposte A Via XX Settembre si sta lavorando ad un ddl delega da presentare entro aprile.
Poiché il taglio delle tasse non può essere effettuato in deficit, occorrono maggiori risorse. «L’Italia è ancora a rischio di deviazione significativa sul percorso di riduzione del debito che nel 2020 resta al 136% e che non è stato ridotto significativamente», ha detto il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ribadendo che la possibilità di una manovra correttiva in primavera non è da escludere del tutto. La minaccia costante dei falchi di Bruxelles ha indotto Gualtieri a sfatare il tabù dell’Iva, dopo essere stato stoppato durante la sessione di bilancio dal leader di Italia Viva Matteo Renzi. «Non abbiamo ancora definito il perimetro della riforma: stiamo ragionando, esistono varie ipotesi», ha detto il ministro nel corso di un convegno sottolineando che «una rimodulazione del nostro sistema dell’Iva potrebbe generare risorse aggiuntive per la riduzione del carico fiscale». Secondo quanto ‘trapelato dal vertice di maggioranza, il progetto sarebbe accorpare le aliquote Irpef più basse aumentando l’Iva sui beni di lusso.
nto emerso Successivamente nel corso di un’audizione alla commissione di Vigilanza per l’anagrafe tributaria, il titolare del Tesoro si è spinto oltre: la riforma del catasto non è più solamente un’idea vaga. Secondo Gualtieri, anche in questo caso la riflessione deve essere ponderata, perché eventuali cambiamenti potrebbero avere un impatto notevole
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Le acrobazie di Dombrovskis sul debito italiano
Andrea Muratore – 2 FEBBRAIO 2020
Valdis Dombrovskis è falco tra i falchi europei. Un censore dei conti pubblici severo che interpreta alla lettera le regole su debito, rapporto deficit/Pil e austerità economica, oggi centrale nell’architettura della Commissione europea di Ursula von der Leyen. In cui gli spetta il ruolo di “supercommissario” all’Economia, supervisore diretto di Paolo Gentiloni, che agli Affari Economici ha sostituito il francese Pierre Moscovici famoso per essere stato nel 2018, assieme all’ex premier lettone, il più feroce censore della manovra italiana del governo gialloverde.
In un climax di tensioni in cui si toccarono eccessi da una parte e dall’altra Dombrovskis e Moscovici si distinsero per attacchi a freddo, frasi preoccupate sui conti pubblici italiani pronunciate a mercati aperti, atteggiamenti sprezzanti. Dombrovskis, vicepresidente più importante della von der Leyen, aveva usato parole dure anche in occasione dell’audizione di Gentiloni a settembre: “Dobbiamo vigilare sui possibili rischi alla stabilità economica e finanziaria e preservare finanze pubbliche sostenibili. Una politica di bilancio responsabile in questa fase significa anche migliorare le finanze pubbliche e usare lo spazio di bilancio per sostenere investimenti e riforme”. La rinuncia del governo Conte II a negoziare un “superdeficit” in manovra e la fine delle illusioni di maggiori dividendi per l’afflato europeista del governo giallorosso sono state dovute in larga parte all’inflessibilità del politico lettone.
Risulta dunque sorprendente confrontare l’atteggiamento passato di Dombrovskis con le sue dichiarazioni più recenti. In un’intervista a Federico Fubini apparsa sul Corriere della Sera, infatti, Dombrovskis ha ostentato soddisfazione per il contenimento del deficit pubblico italiano nel 2019, anno dell’entrata in vigore della manovra basata su Quota 100 e reddito di cittadinanza messa in campo dal governo M5s-Lega.
Risulta quasi ironico constatare che Dombrovskis si stupisca di una realtà dei fatti scritta in partenza. Pensare alla sfida tra il governo gialloverde e Bruxelles come a una partita politicamente cruciale basata su due opposte concezioni delle politiche economiche era fuorviante. La battaglia è infuriata su pochi decimali, legati a concetti estremamente tecnici come l’output gap, e alla funzionalità per i gialloverdi e la Commissione di individuare nella controparte il nemico perfetto per fini di comunicazione politica.
Annunciando il deficit/Pil al 2,4%, prima di negoziare con l’Ue il 2,04%, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Giovanni Tria si erano affrettati a ricordare che le prospettive scontavano un margine legato alla necessità di costruire un “cuscinetto di sicurezza”, e che il reale dato sarebbe stato in fin dei
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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Il Futuro dell’Analisi Tecnica
Sul web da anni va avanti una polemica sulla bontà dell’analisi tecnica. Siccome l’analisi tecnica per valutare i mercati e fare investimenti è la più utilizzata dagli analisti finanziari in tutto il mondo, è bene dare un contributo alla discussione (il mio sito si occupa di investienti non meno che di geopolitica), pur consapevoli che è una diatriba vecchia come il trading e che mai verrà esaurita.
Basta cercare su google, infatti, per trovare articoli seriali sull’inutilità dell’analisi tecnica di Giacomo Marcotti – statistico direttore di finanzainchiaro – oppure ubriacarsi di post zeppi di insulti su finanzaonline per capire che la questione analisi tecnica SI analisi tecnica NO è trattata in modo calcistico da anni annorum sui forum.
La questione – manicheismo a parte – merita un approfondimento perché mi propongo di scrivere con spirito di servizio. Ha senso studiare grafici, oscillatori e indicatori per poi scoprire che non funziona, cioè che il suo utilizzo non fa guadagnare? Io rispondo così:
L’esperienza personale dice che l’analisi tecnica funziona, ma solo ed esclusivamente se viene supportata dalla capacità di gestire il trade e da considerazioni di contesto non ben individuate (ancora) dai manuali degli analisti tecnici.
Se, invece, si usa l’AT “tecnicamente” per l’appunto, allora è come ritienere che essa fornisca dati misurabili sempre ed in ogni condizione. E questo non è assolutamente vero per l’AT, che pure funziona, ma non è né scientifica né predittiva.
Com’è noto, noi sappiamo che in ogni tempo ed in ogni luogo 2+3 è uguale a 5.
La capacità predittiva della matematica ci dice che anche domani 2+3 farà ancora 5 e non solo qui, ma anche su Marte.
Per l’At questa “necessità” non c’è: non è vero, per esempio che ogni
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GIUSTIZIA E NORME
Così nacque il patto segreto che legò i giudici e la sinistra
Il saggio di Ferdinando Cionti spiega perché “Mani pulite” non toccò i leader del Pds e quali furono le conseguenze
Dario Fertilio – Ven, 24/03/2017
Colpo di Stato fu, e non solo giudiziario: la matrice di Tangentopoli fu anche politica. Si basò, secondo Ferdinando Cionti, sul patto d”acciaio fra il Pool di Mani Pulite e un partito dai molti nomi: Pci/Pds/Ds/Pd.
In un saggio precedente, Il colpo di Stato (edito da LibertatesLibri, come quello che ora ne è il proseguimento, Il patto segreto di Tangentopoli tra Pool e Pds pagg. 230, euro 12), il giurista aveva smontato l’ingranaggio dell’inchiesta condotta fra il ’92 e l’anno successivo.
Secondo la sua analisi Borrelli, Di Pietro & C. erano responsabili di una serie di illegalità, tra le quali ripetute violazioni dell’articolo 289 del Codice penale (attentato contro gli organi costituzionali). In particolare, avevano fatto cadere la nomina di Bettino Craxi a presidente del Consiglio: al vertice dello Stato, Scalfaro, informato dai giudici di Mani Pulite, aveva preso atto delle indagini segrete in corso e aveva ripiegato su Giuliano Amato. Ne conseguiva che un pubblico ministero aveva condotto indagini illegittime contro Craxi, interferendo nella nomina del Presidente del Consiglio, scavalcando l’esito delle elezioni, il Parlamento, e limitando lo stesso potere del Presidente.
Ma in che senso le indagini del Pool erano state illegittime? Per molti motivi. La scintilla dell’inchiesta, cioè l’arresto di Mario Chiesa per la vicenda delle tangenti legate al Pio Albergo Trivulzio, era scoccata in seguito a una serie di intercettazioni illegali. In pratica Di Pietro aveva «inventato» l’esistenza di un reato per il quale è consentita l’intercettazione telefonica. Anche il conferimento dell’inchiesta a Di Pietro era stata irregolare: lui stesso per l’«operazione Chiesa» aveva concordato con la polizia giudiziaria una data in cui era di turno, in modo da farsi assegnare il processo.
Ancora, nei confronti di Mario Chiesa, Di Pietro aveva dimenticato deliberatamente di depositare nei tempi dovuti gli atti previsti per il rito direttissimo. Il che gli aveva consentito di prolungare indefinitamente la detenzione, cuocendo Chiesa a fuoco lento: le confessioni erano il risultato di una procedura illegale basata sullo choc indotto da carcere e manette. Non basta: Di Pietro, dopo aver proceduto per concussione al fine di condurre intercettazioni illegali, aveva ideato un altro trucco, applicando alla sua inchiesta sulle tangenti la legge che riguarda le rogatorie internazionali per il riciclaggio di denaro sporco proveniente dal traffico di droga o armi. Così aveva scavalcato il ministro della Giustizia, che avrebbe dovuto autorizzarlo, alterando i
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Cassazione paralizzata dai ricorsi: oltre 10mila richieste d’asilo politico
Il decreto Minniti ha eliminato l’Appello e ora i migranti si rivolgono tutti al Palazzaccio: nel 2016 erano solo 374…
Massimo Malpica – Sab, 01/02/2020
Un’onda di ricorsi stranieri minaccia di paralizzare la corte di Cassazione. A lanciare l’allarme, per il secondo anno consecutivo, è il primo presidente della Suprema corte, Giovanni Mammone, che nel suo intervento per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2020, davanti al capo dello Stato Sergio Mattarella, al premier Giuseppe Conte e al Guardasigilli Alfonso Bonafede, punta l’indice contro il decreto Minniti del 2017, poi convertito nella Legge 46 del 2017, che peraltro avrebbe avuto come obiettivo quello di «accelerare i procedimenti in materia di protezione internazionale».
Solo che, parallelamente alla creazione di sezioni specializzate in materia di immigrazione, la nuova normativa ha anche eliminato l’appello. Prevedendo per il richiedente che si è visto negare la protezione dalla sezione specializzata solo la possibilità di ricorrere, entro trenta giorni, alla Cassazione.
Così, se nel 2016 erano stati presentati solo 374 ricorsi per protezione internazionale alla Suprema corte, oggi quel numero ha subito veramente un «incremento esponenziale», per usare le parole di Mammone, arrivando nell’anno appena concluso a 10.341. Quasi 28 volte di più, e in crescita costante anno dopo anno, visto che nel 2017 erano 1.089 e nel 2018 già 6.026. Il perché, appunto, è tutto nella riforma, come ha spiegato proprio il primo presidente della Suprema corte, visto che «le impugnazioni in questione, prima diluite tra le Corti d’appello, sono affluite tutte in Cassazione, gravando oltremodo la Corte di legittimità». La valanga di ricorsi «protettivi» ha spinto in alto, infatti, il gravame di procedimenti civili della Cassazione, che dal 2014 a
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IMMIGRAZIONI
Open Arms davanti a Pozzallo. Vuole “aprire” il nostro porto
La Proactiva Open Arms, dopo il rifiuto di Malta, ha fatto rotta verso l’Italia. Pressing sul governo per lo sbarco di 363 migranti
Angelo Scarano – Sab, 01/02/2020
L’assalto delle Ong sui porti italiani non si ferma. Dopo lo sbarco di più di 400 migranti dalla Ocean Viking qualche giorno fa, adesso tocca alla Open Arms.
Il caso dell’Ong spagnola è destinato a far discutere. Infatti, la nave da qualche ora si è posizionata davanti al porto di Pozzallo in attesa di comunicazioni per un porto sicuro. Una mossa che di fatto spalanca nuovamente le porte all’ennesimo sbarco in Italia di più di 350 migranti. La scelta di far rotta verso l’Italia è arrivata dopo il rifiuto di Malta di aprire i suoi porti all’ong. Infatti è stata la stessa Open Arms a comunicare ieri sera lo stop da parte di La Valletta: “Malta nega ripetutamente evacuazioni mediche e un porto sicuro a Openarms con 363 naufraghi a bordo. 363 persone che hanno bisogno di scendere e il diritto di essere rispettate”.
E così l’equipaggio della Proactiva Open Arms ha deciso di puntare sull’Italia. Da questa mattina la nave è a largo di Pozzallo ed è in pressing sul nostro governo per ottenere il via libera allo sbarco. Intanto un componente dell’equipaggio lascerà la nave per rientrare in Spagna. Non si tratta di un ’medevac’, evacuazione medica, ma un semplice trasferimento, a quanto è dato sapere. Molto probabilmente il governo cederà alle pressioni come ha già fatto per tutto il mese di gennaio dando il via libera a diversi sbarchi. Nei fatti dunque vengono già cancellati i dl Sicurezza varati dall’ex ministro degli Interni, Matteo Salvini. Le Ong tornano a far scalo regolarmente nei nostri porti per far sbarcare i migranti che affrontano la traversata in quel tratto di mare che separa l’Italia dalla Libia. E in questo quadro vanno sottolineate con attenzione le parole del capogruppo dem, Graziano Delrio: “Cambiamo le regole e combattiamo l’immigrazione clandestina con flussi regolari, ricollocamento e una nuova legge che ripristini il sistema di accoglienza diffusa. I decreti vanno superati perché Salvini ha usato il problema solo per scopi politici”. Una linea questa appoggiata da tutta la sinistra e anche dalle Sardine che sempre più vengono ascoltate dalle parti dem. Insomma, con il governo giallorosso torna a soffiare il vento dell’invasione nei nostri porti. Le partenze dalla Libia sono cresciute del 700%. Le Ong sono tornate ad operare a pieno regime nel Mediterraneo. Di fatto è stato ripristinato in poche settimane lo scenario precedente al governo gialloverde. E a quanto pare l’ondata di sbarchi è solo all’inizio. Le navi buoniste hanno trovato nell’Italia un porto sicuro permanente grazie alla politica messa sul campo dal Pd e dai 5Stelle dopo il divorzio da Salvini.
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Nessuna lezione sull’immigrazione da Soros
Zuppa di Porro: rassegna stampa del 2 febbraio 2020
di Nicola Porro – 2 febbraio 2020
VIDEO QUI: https://youtu.be/Hq7OpJi1cVM
00:00 Evviva gli avvocati che hanno le palle per protestare contro Davigo e contro la prescrizione.
04:24 Federico Fubini, quello che ha nascosto la verità sui bambini morti in Grecia, fa una pagina piena di errori sul gioco d’azzardo e alla fine termina contro la cedolare secca: il perfetto figlioccio di Mario Monti.
07:44 Incredibile la risposta di Zingaretti alle dolci banalità delle sardine di ieri (“più dignità per il sud e più sicurezza”). Nel frattempo vanno in gita dai Benetton e da Oliviero Toscani.
10:30 George Soros ci spiega che adesso il problema non sono più le disuguaglianze ma
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Sbarca in Italia la multinazionale svizzera del business dell’accoglienza
Luca Liverani giovedì 30 gennaio 2020
Prima il centro di detenzione per irregolari di Macomer. Ora Casa Malala a Trieste per richiedenti asilo della rotta balcanica. La strategia di Ors Italia che vince i bandi a colpi di ribassi
Dall’accoglienza umanitaria al business dell’accoglienza? Il cambio di gestione al Centro Casa Malala di Trieste, struttura per la prima assistenza dei richiedenti asilo della via balcanica, apre scenari e interrogativi. E conferma la tendenza, avviata dai decreti sicurezza salviniani, di favorire l’affidamento dei centri ad aziende lucrative, più che alle Onlus della rete territoriale dei centri Sprar. Succede a Trieste in località Fernetti, dove la gestione del centro, da sei anni guidata da Consorzio italiano di solidarietà (Ics) e Fondazione Caritas di Trieste, è scaduta ed è stata affidata per bando a Ors Italia, affiliata del gruppo elvetico Ors nato nel ’92 da una costola di Adecco, società di lavoro interinale.
Il gruppo gestisce centri per richiedenti asilo in Svizzera, Austria e Germania. E continua a vincere bandi, nonostante le inchieste giornalistiche e le interrogazioni parlamentari che negli anni scorsi hanno denunciato gestioni inefficienti al punto di essere lesive dei diritti fondamentali. Frutto di un approccio che bada più al profitto che all’integrazione. E la scelta punta, di fatto, a escludere le Ong: dopo quelle in mare, anche quelle sulle rotte di terra, sentinelle “scomode” dei diritti.
Significativo l’esordio nel nostro paese di Ors Italia, che a fine 2019 ha vinto la gestione del primo Cpr sardo a Macomer, struttura di detenzione amministrativa per il rimpatrio di migranti irregolari, realizzata in un ex carcere in provincia di Nuoro. Ex caserma della Finanza, Casa Malala è stata ristrutturata dal 2016 come centro di
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PANORAMA INTERNAZIONALE
L’egotismo dell’America firstrst
Gli Usa si sono sempre approcciati in modo collerico alle questioni internazionali, un modo di fare dovuto alla fusione innaturale di nazionalismo e imperialismo universalista. Mentre l’impero americano si contorce su se stesso per colpa di uno scontro tra l’entourage di Donald Trump e i neocon più conservatori, il resto del mondo è vittima della perenne aggressività a stelle e strisce.
di Roberto Zavaglia – 28 Gennaio 2020
Make America great again, anche a costo di prendersela con tutto o quasi il resto del mondo. Osservato nella pratica, dovrebbe essere completato in questo modo lo slogan della vittoriosa campagna elettorale di Donald Trump. Negli ultimi tre anni sono rari, infatti, gli Stati che si sono sottratti alle dure reprimende del turbolento presidente Usa. Con poche distinzioni tra avversari e presunti alleati.
Proviamo ad elencare solo le principali questioni internazionali che Trump ha affrontato a muso duro, incominciando da quelle con i “nemici”. Ovviamente, si deve partire dall’Iran per cui l’inquilino della Casa Bianca sembra nutrire un’autentica ossessione, pari solo alla venerazione che prova per Israele. L’assassinio del generale Soleimani è stato quasi un’inopinata dichiarazione di guerra e ci si inganna se si pensa che la risposta di un Paese che celebra con fervore il culto dei martiri si fermerà al solo dimostrativo lancio di missili effettuato. La vendetta arriverà quando sarà meno attesa e nel modo più imprevedibile, anche perché gli Stati Uniti, ripudiando l’accordo sul nucleare, che fu la mossa migliore della presidenza Obama, hanno tolto agli iraniani la speranza di negoziare per farsi riconoscere il proprio ruolo di potenza regionale, costringendoli così a rispondere colpo su colpo.
Con la Russia, Trump non prevedeva di arrivare ai ferri corti, pensando di intendersi facilmente con Putin, ritenendolo un maschio alfa al suo pari, ma il risultato è stato il continuo aumento delle sanzioni e il ritiro dal trattato Inf sui missili nucleari a raggio intermedio, sottoscritto da Reagan e Gorbaciov. In questo caso, è stata decisiva la russofobia degli apparati federali che, agitando la bufala del Russiagate, hanno fatto sì che il presidente si mostrasse inflessibile con Mosca per allontanare ogni sospetto. Il duro confronto con Pechino, invece, non è stato certo inaugurato da Trump, dal momento che un po’ tutto il mondo politico e intellettuale statunitense ritiene la Cina, in prospettiva, il nemico principale, il solo Paese in grado di mettere in discussione l’egemonia Usa. Il presidente ha comunque maneggiato la questione a modo suo, scegliendo il terreno commerciale con il fine di riequilibrare la bilancia commerciale, a colpi di dazi sempre più elevati. Per ora, sembra avere ottenuto un buon risultato come dimostra il recente accordo che obbliga la Cina a comprare duecento miliardi di dollari di prodotti made in Usa per due anni consecutivi, una quantità enorme
Continua qui: https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/esteri-3/legotismo-dellamerica-first/
POLITICA
Salvini e il falso mito del voto ignorante
Enrico Pazzi – 29 maggio 2019 RILETTURA
Sarebbe venuto il momento di sconfessare la perdurante visione radical-chic di chi definisce “ignoranti” gli elettori di Salvini.
È una tentazione sempre presente. Quando latente e quando, specie all’indomani dei risultati elettorali così deludenti per la sinistra, acclarata. Ieri gli ignoranti erano coloro che votavano il Movimento 5 Stelle, oggi sono coloro (per lo più sempre gli stessi) che votano la Lega.
Solitamente, chi è convinto assertore di questa tesi si appella a svariati studi di settore volti a dimostrare che chi vota la Lega ha conseguito a malapena la licenza media secondaria di primo grado. Ignorando che, per esempio, al Nord chi vota Lega lo fa perché quest’ultima è oramai da almeno tre lustri un partito al governo di regioni e comuni.
Mentre, chi la vota al Centro e nel Sud la percepisce come nuova leadership slegata da elementi identitari “nordisti” e riconosce a Salvini una rara emanazione di potere.
Insomma, il grado culturale conta poco o nulla.
Semmai è una semplicistica spiegazione che si danno
coloro che non sono in grado di sintonizzarsi con il corpo elettorale del Paese.
E proprio in conseguenza di questa incapacità, stigmatizza chi invece è in grado di farlo.
Semmai, la convinzione che solo i somari votino Salvini rimane una pia illusione di coloro che un tempo avevano il monopolio culturale, nonché la capacità di dirigere il dibattito politico nazionale. Monopolio che è andato via via disgregandosi, man mano che si sono usurati gli elementi identitari del secolo scorso. Alla falce e martello, Salvini sostituisce
Continua qui: https://www.huffingtonpost.it/entry/salvini-e-il-falso-mito-del-voto-ignorante_it_5cee31e5e4b0793c23476c2a
“L’assalto alla lira? Fu un successo”. E ora Soros sostiene le sardine
Soros rivendica l’attacco all’Italia e sostiene Santori & Co. Ora è pronto a tornare in campo con un progetto a favore della “società aperta” e delle migrazioni
Andrea Indini – Dom, 02/02/2020
“Nessun rimpianto, ho semplicemente anticipato gli eventi”. Oltre a rilanciare il progetto da un miliardo di euro per mettere “in rete” le università progressiste, nel suo nuovo libro Democrazia! Elogio della società aperta, che da martedì arriverà anche nelle librerie italiane, George Soros rivendica con sfrontatezza tutto quello per cui in molti ambienti viene preso di mira e duramente critica.
Se da una parte difende, infatti, il perseguimento di un mondo privo di frontiere dove i migranti siano liberi di muoversi ovunque vogliano, dall’altra si vanta delle sue incursioni finanziarie contro il nostro Paese. “Lo considero un mio successo”, dice. Il suo attacco alla lira, in quel “mercoledì nero” del 1992, fu un durissimo colpo per l’Italia. Obbligò i vertici della Banca d’Italia a vendere 48 miliardi di dollari di riserve per sostenere il cambio e portò la nostra moneta ad una svalutazione del 30%.
“Ho sempre agito nel rispetto delle regole”, dice oggi Soros in una intervista rilasciata al Corriere della Sera per promuovere il libro pubblicato con Einaudi. A distanza di quasi trent’anni da quell’attacco, il finanziere non solo difende ancora quell’operazione (“Ho sempre separato la mia attività sui mercati dalle mie critiche ai mercati”) ma vuole addirittura spacciarsi per “un intellettuale”. “Oggi mi considero così”, dice rivendicando di avervi sempre criticato “gli eccessi e i mercati senza controllo”. Peccato che, anche grazie a quegli eccessi, ha ottenuto la fama dello speculatore e il bollino dello squalo della finanza. A suo dire le critiche, che oggi gli piovono ancora addosso, sono mosse da “persone ricche e potenti”, che lo vogliono “distruggere perché colpisco i loro interessi”, e “in misura sempre maggiore” dai politici. In realtà proprio dalla politica, in particolar modo quella progressista e radical chic, ha sempre ottenuto appoggi e applausi. Nel 1995, per esempio, come raccontò Bettino Craxi in una intervista (guarda qui), la colossale speculazione sulla lira gli valse, “a riconoscimento”, una laurea ad honoris causa dell’Università
Continua qui: https://www.ilgiornale.it/news/politica/soros-lattacco-lira-ho-semplicemente-anticipato-i-tempi-1820096.html
STORIA
L’Italia ai tempi del colera. Quando il governo Giolitti nascose un’epidemia che contagiò il mondo
2 FEBBRAIO 2020 – Riccardo Liberatore
Due pandemie e due medici che avevano capito tutto ma sono stati messi a tacere da uno Stato che voleva nascondere il problema
Un interrogativo terribile improvvisamente bussa alla porta: e se i casi di infezione fossero sintomi di una malattia ben più grave? Se fosse l’inizio di una nuova epidemia? Essenziale agire subito, isolare i malati e prevenire il contagio, ragiona il medico che per primo si è accorto di quello che sta accadendo. Decide che è il caso di interpellare subito le autorità competenti, che però lo bloccano. Del morbo non deve sapere niente nessuno. E poi chi lo dice che si tratta davvero di un nuova malattia?
Non siamo a Wuhan ma a Napoli, e il medico non è Li Wenliang – colui che secondo il New York Times avrebbe per primo informato, a inizio dicembre 2019, le autorità cinesi dell’esistenza del nuovo coronavirus – ma il dottor Henry Downes Geddings, ufficiale americano del servizio sanitario pubblico, di servizio nella città portuale italiana a inizio Novecento, quando Napoli era uno snodo fondamentale delle migrazioni intercontinentali verso l’America, ma anche il centro di “intelligence” nel Mediterraneo della sorveglianza sanitaria americana.
Quando, durante l’estate del 1910, il colera comincia a mietere le prime vittime a Napoli, Geddings scrive subito al capo del servizio sanitario italiano a Roma. Comprensibilmente, è molto preoccupato: l’epidemia di colera del 1884 aveva devastato la città, uccidendo circa 6mila persone, due terzi dei decessi totali in Italia.
Circa 60mila persone, all’epoca, erano fuggite dalla città, che allora contava intorno al mezzo milione di abitanti – la più grande del Paese. Da allora il Comune aveva preso degli accorgimenti, costruendo
Continua qui:
https://www.open.online/2020/02/02/litalia-ai-tempi-del-colera-quando-il-governo-giolitti-nascose-unepidemia-che-contagio-il-mondo/ma sono stati messi a tacere da uno Stato che voleva nascondere il problema
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