NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
5 APRILE 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Cos’è
Nero su bianco
Nero su bianco
Nero su bianco
Nero su bianco?
Una suora che ruzzola per le scale
(Woody Allen)
In: Suonala ancora Sam, Bompiani, 1999, pag. 305
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
Dietro il caos in Libia si staglia l’ombra di Macron 1
Sarah sulle migrazioni di massa: “Occidente rischia di sparire” 1
Immigrati, carovana di 25mila persone verso l’Italia: ecco la data dell’invasione 1
La popolazione carceraia in Italia è di 58.745 persone
Le Iene, appello a Papa Francesco per la morte di David Rossi: Mps, uno scoop clamoroso 1
Immigrazione: Salvini, sicuro legame tra attività clandestina, armi e droga
NATO: SETTE DECADI DI BUGIE, GUERRA E SANGUE. 1
Le 70 candeline (esplosive) della Nato 1
LA LIBIA SCIVOLA NELLA GUERRA TOTALE MENTRE HAFTAR MARCIA SU TRIPOLI 1
IL “FILOSOFO” CHE ISPIRA BERGOGLIO (di Aldo Maria Valli) 1
Migliaia di migranti in Grecia pronti a fuggire in Italia e Germania 1
LA BONINO CONFERMA IL PIANO SOROS & C. DI SOSTITUZIONE ETNICA DELLA POPOLAZIONE 1
Mps riorganizza il mattone di Sansedoni. Rumors 1
Forum #Ambrosetti 5-6 aprile 2019
In Italia c’è il razzismo da parte degli stranieri nei confronti degli italiani
Per ex ministro degli esteri nei balcani serve schierare armi nucleari
Erdogan prende i soldi dall’Europa ma lascia aperta la rotta balcanica 1
L’ONU fatto a pezzi dall’“eccezionalismo” statunitense 1
La nave dei folli (americani) sta imbarcando acqua? 1
Il Vaticano sempre più a sinistra
IN EVIDENZA
Dietro il caos in Libia si staglia l’ombra di Macron
LORENZO VITA – 4 aprile 2019
- Khalifa Haftarè pronto marciare su Tripoli e gli aerei del governo riconosciuto hanno iniziato i primi raid sui convogli del generale a sud della capitale. Il caos in Libia rischia di condurre inesorabilmente il Paese in una guerra civile dai tratti decisamente preoccupanti. Preoccupanti per il Paese, per il Nord Africa e anche, inevitabilmente, per l’Italia.
In queste ore, Francia, Gran Bretagna, Italia, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti hanno lanciato un appello congiunto a tutte le fazioni libiche per cessare le violenze. “I nostri governi si oppongono a qualsiasi azione militare in Libia e riterrà responsabile qualsiasi fazione libica che faccia precipitare ulteriormente il conflitto civile”, si legge nella nota. “In una fase delicata di transizione, iniziative militari e la minaccia di azioni unilaterali rischiano solamente di ripiombare la Libia nel caos”. Ma dietro a questo appello potrebbe nascondersi una verità ben più complessa, dal momento che – è inutile negarlo – Haftar non ha potuto certo decidere in maniera totalmente spontanea di avanzare direttamente sulla capitale conquistando anche Garian, a cento chilometri dalla sede del governo di Fayez al-Sarraj.
Qualche ordine deve essere arrivato. Perché è del tutto evidente che nel gioco delle potenze in Libia, né Haftar né tanto meno Sarraj si promuovono del tutto autonomamente. Abbiamo in questi mesi parlato approfonditamente delle violenze libiche, della guerra e del gioco di influenze esterne che animano e decidono i destini di una guerra che non cessa di riservare inquietanti sorprese. Ed è difficile credere adesso che Haftar, coadiuvato da Egitto, Francia, Emirati, possa aver scelto una via di rottura totale con i suoi sponsor internazionali avanzando su Tripoli. Qualcosa deve essere successo. Qualche via libera deve essere aggiunto.
E allora, visto che si sa che sponsorizza il maresciallo, è interessante la notizia uscita il 2 aprile sul sito di analisi Libya security studies. In questo articolo, che cita un’anonima fonte diplomatica, si legge che da Parigi sia arrivato il via libera per Haftar per scatenare l’avanzata verso Tripoli. La fonte parlava di un’avanzata del comandante dell’Esercito nazionale libico da sud, proprio come accaduto con la presa di Garian, e di un via libera arrivato dalla Francia al termine di “una riunione sulla sicurezza tenuta a Bengasi in un centro di operazioni militari di alto livello
Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/libia-haftar-caos-macron/
Sarah sulle migrazioni di massa: “Occidente rischia di sparire”
Il cardinale Robert Sarah, all’interno di un’intervista, avverte l’Occidente sul rischio sparizione: la Chiesa non dovrebbe assecondare le migrazioni di massa. Il rischio? Finire come Roma invasa dai barbari
Francesco Boezi – Mer, 03/04/2019
Il cardinal Robert Sarah, pur essendo considerato il “leader” spirituale dei conservatori, non si è mai discostato da papa Francesco.
Non fa parte dei sottoscrittori dei dubia su Amoris Laetitia e non ha mai criticato Jorge Mario Bergoglio per quella che altri chiamano “confusione dottrinale”. In questi tempi polarizzanti, però, la disamina del primo sul tema della gestione dei fenomeni migratori sembra allontanarsi dalla visione del Santo Padre. L’accoglienza dei migranti, nella pastorale del pontefice argentino, ha assunto i tratti di un mantra, di un diritto assoluto estendibile erga omnes, di un punto programmatico prioritario non soggetto a dialettica. Le ultime fatiche del porporato africano dicono altro.
Nel suo terzo libro – interviste, che il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha scritto insieme al giornalista francese Nicolas Diat, il cardinale si è interessato soprattutto alla “decadenza del nostro tempo”, che Robert Sarah considera alla stregua di un“peccato mortale”. “Si avvicina la sera e il giorno è ormai al termine” – questo è il titolo del libro in questione – appare soprattutto come un monito, l’ennesimo, sul tramonto della civiltà occidentale. Ci sono dei passaggi accorati, come abbiamo avuto modo di sottolineare, in cui l’alto ecclesiastico attacca quei“pastori” che hanno “paura di parlare con tutta la verità e la chiarezza“.
Robert Sarah sembra pensare, in sintesi, che il decadimento occidentale non dipenda dalla Chiesa cattolica, ma che i cattolici abbiano il dovere di far fronte a un rischio preciso: la scomparsa del Vecchio Continente nel baratro del nichilismo. Bisogna stare attenti a non presentare il porporato africano come un criticio del pontefice argentino. Semplicemente perché non lo è. Alcuni media stanno rilanciando un’intervista, che il prefetto ha rilasciato a Valeurs Actuelles: ecco, all’interno di quei virgolettati, come si apprende su Aleteia, emergono posizioni molto critiche sull’attuale gestione dei fenomeni migratori. Punti di vista che difficilmente possono essere integrati con la narrativa sull’accoglienza a tutti i costi.
Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/sarah-sulle-migrazioni-massa-occidente-rischia-sparire-1673630.html
Immigrati, carovana di 25mila persone verso l’Italia: ecco la data dell’invasione
4 aprile 2019
D’accordo, gli sbarchi di disperati sono scesi del 94% (evviva Salvini, evviva anche un po’ Minniti!). D’accordo, mettiamoci anche l’ennesima massa di poveri cristi, i 64 salvati dalla solita Ong tedesca Sea Eye nelle ribollenti acque libiche e aggiungiamoci pure l’automatica reazione del Viminale che li fa deviare verso Amburgo. E, ok, riconosciamo che, senz’ altro, sul “tema migranti”, il flusso verso i nostri patri confini s’ è interrotto; e che il Mediterraneo ora è più presidiato del Pacifico durante la Seconda Guerra mondiale.
Ma il vero problema non è la Libia, è la Grecia.
Mentre l’occhio di Salvini tutto controlla a sud,
è a est che si sta progettando l’invasione.
Accade infatti che il governo greco, che in tutti questi mesi ha accolto parte della deviazione africana dei flussi migratori, oggi, dovendo analizzare lo status di “rifugiato” di tutti i suoi migranti ha fatto trapelare, che, soprattutto per i campi profughi nella zona di Salonicco, le decisioni «ufficiali» delle autorità arriveranno dal «2022 in avanti».
Cioè, in forza di una burocrazia invincibile superiore perfino a quella italiana, l’analisi della situazione d’ accoglienza di ogni singolo ospite, durerà almeno per due anni. Due anni. Due anni rinchiuso in attesa del giudizio di Dio e di Tsipras, in spazi sovraffollati come carri bestiame, con qualche problemino d’ igiene, e fosse soltanto quello. E che, dopo, mica è detto: potresti venire pure espulso. Una prospettiva drammatica. Alchè la reazione rabbiosa degli accolti s’ è trasformata in un piano operativo senza precedenti. Una marea di 25mila persone molto incazzate e in cerca d’ una terra senza promessa, pare deciso a sfondare il confine albanese per risalire, via terra, in direzione Austria, Germania e Italia. Un insospettato passaggio a nord est che evoca le passate “rotte balcaniche”.
I CURDI IN MARCIA
L’operazione scatterebbe tra il 10 e il 12 aprile prossimi; e un primo ritrovo, una piccola prova d’ orchestra, s’ è avuta in questi giorni nella zona di Ioannina. Il leader di questa sorte di crociata moderna è un curdo di Atene, il quale è riuscito ad organizzare un piano che sta trovando, inusitatamente, notevole consenso nel mondo arabo.
La notizia non è ufficiale, ma probabilmente, scatenerebbe il panico se lo fosse. Però, lì, l’universo mondo è in stato d’ allerta.
La Croce Rossa internazionale, le Ong, l’Unhcr, l’Onu,
le polizie e i servizi segreti dei singoli stati:
tutti temono quest’ esodo che poco ha di biblico;
ma nessuno pare avere una strategia chiara su cosa fare.
La posizione del governo di Atene è quella di sconsigliare caldamente i profughi di partecipare al viaggio in massa, perché «tutti quelli che, per una ragione o per l’altra, saranno costretti a tornare indietro, be’, non avranno più diritto a rientrare nei campi profughi», mi dice un collega sbarcato sul Peloponneso ansioso d’ infilarsi in quella folla di disperati, alla ricerca di storie. D’ altronde la voce s’ è sparsa, molti giornalisti si stanno assiepando ai confini dello Stato- polveriera (andare sul profilo Facebook “Border crossing in Greece” per aggiornarsi, please) nell’ attesa dell’evento. E la situazione, da quelle parti, in effetti, è esplosiva.
EMERGENZA PROFUGHI
E, ad essa, si aggiunge la presenza nervosa di circa 5mila persone sul
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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
La popolazione carceraria in Italia è di 58.745 persone.
19.860 sono stranieri, il 33% del totale. Gli italiani sono 55.445.550, quindi c’è un detenuto italiano ogni 1425.
Gli stranieri sono 5.144.440, quindi c’è un detenuto straniero ogni 259, ovvero 5,5 volte i non stranieri.
Non è così in Svizzera. E nemmeno in
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BELPAESE DA SALVARE
Le Iene, appello a Papa Francesco per la morte di David Rossi: Mps, uno scoop clamoroso
4 aprile 2019
Un appello rivolto direttamente a Papa Francesco, al quale viene chiesto di sciogliere dal segreto chi, forse, potrebbe sapere qualcosa tra chi ha lavorato in Vaticano con Monte dei Paschi di Siena. L’appello, a Le Iene, lo rivolge Carolina Orlandi, figlia di David Rossi, il padrigno caduto dalla finestra dello studio di Mps a Siena nel 2013, il responsabile dell’area comunicazione la cui morte continua ad essere un mistero.
La Orlandi ha infatti scritto un libro in cui sostiene una tesi differente da quella ufficiale, tesi sposata da molti e su cui indaga il programma di Italia
ovvero che David Rossi non si sia suicidato. Ora anche l’appello a Bergoglio, una lettera pubblica in cui gli chiederà di svincolare dal segreto chi lavorava allo Ior o in altri organismo del Vaticano e che potrebbe essere a conoscenza di fatti utili per risolvere il mistero.
Il punto è che l’inviato de Le Iene, Antonino Monteleone, nel corso di uno speciale dedicato alla vicenda, ha proposto inquietanti dichiarazioni di Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior.
Solo pochi giorni prima della morte di Rossi, avvenuta il 6 marzo 2013, Benedetto XVI lasciava il soglio di Pietro, le storiche “dimissioni” da Papa del 28 febbraio 2013. Secondo alcune indiscrezioni lo avrebbe fatto anche per i troppi
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Immigrazione: Salvini, sicuro legame tra attività clandestina, armi e droga
Parigi, 04 apr 18:56 – (Agenzia Nova) – Nel corso del vertice di oggi a Parigi tra i ministri dell’Interno del G7 è stato certificato il “legame tra il business dell’immigrazione clandestina, armi e droga”. È quanto affermato dal vice premier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, a margine dell’evento. In merito al tema del ritorno dei foreign fighter, Salvini ha ricordato che in Italia il fenomeno riguarda “alcune decine” di persone, a differenza della Francia che ne ha più di duemila. Il ministro dell’Interno ha ricordato che lo scorso anno sono state espulse e arrestate 150 persone per motivi legati al terrorismo di matrice islamica. “Con mia somma soddisfazione non sono l’unico che ha dubbi sul ruolo delle Ong nel Mediterraneo”, ha aggiunto Salvini, sottolineando che “le Ong sono un problema e aiutano i trafficanti di esseri umani”. Secondo il ministro, “non è una posizione leghista o sovranista, è una posizione ormai di pubblica condivisione”. (Frp)
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CONFLITTI GEOPOLITICI
NATO: SETTE DECADI DI BUGIE, GUERRA E SANGUE
4 Aprile 2019 di José Goulão
Per sottolineare il significato del 70 ° anniversario della NATO, forse sarebbe sufficiente guardare la guerra dei 18 anni che devasta l’Afghanistan, o il caos in cui la Libia è precipitata per causa dell’intervento della NATO, o le violazioni del diritto internazionale sponsorizzate dall’organizzazione nei Balcani, in particolare il terrificante smembramento della Jugoslavia e quello che è diventato il Kosovo (feudo di jihadisti e trafficanti di droga).
Forse sarebbe sufficiente … Ma saremmo lontani dal rendere giustizia all’ampiezza e alla longevità di un comportamento sempre più globale ed essenzialmente da gangster come quello che caratterizza l’alleanza. Il diluvio di considerazioni epiche intorno ai miti che la sostengono è al giorno d’oggi così minaccioso che nessuna opportunità sarà mai sufficiente per scandagliare le contraddizioni. Non sorprende che la NATO sia quello che oggi è divenuta.
Quello che può causare qualche perplessità, specialmente tra coloro che hanno un po’ ‘più familiarità con la realtà internazionale e quanti vanno al di là dell’informazione tradizionale, è il disprezzo con cui leader altamente posizionati nelle nazioni occidentali cercano di scollegare i “bellissimi discorsi” sull’alleanza con le sue reali pratiche sanguinose. I casi sono due: o loro credono nelle loro stesse menzogne o si affidano troppo alla propaganda e alla conseguente alienazione che colpisce i cittadini comuni.
La NATO nacque nel mezzo di menzogne e di miti propagandistici che sono prevalenti oggi come lo erano 70 anni fa, sebbene fossero facilmente smontabili.
Tuttavia, i servitori dell’organizzazione hanno fiducia nell’effetto della ripetizione e dell’universo reverenziale dei media del sistema atlantista. La NATO non è nata per rispondere ad azioni contrastanti, poiché il trattato di Varsavia è stato fondato solo quattro anni dopo. Neppure si può dire che sia venuta a difendere la democrazia, perché ha insistito sull’integrazione di una dittatura totalitaria – quella portoghese – alla sua nascita, adottandone altre poi nel tempo, come nel caso di quella greca e turca.
La “alleanza difensiva”
Ma il mito fondatore che è stato più rafforzato con il tempo e la pratica è quello dell’”alleanza difensiva”, una sorta di culto dell’agiografia su una scala piuttosto virile: la NATO non attacca mai; si difende sempre contro ogni nemico, che cerca di inventarsi anche quando non esiste. Quando installa armamenti e sempre più sterminatori, lo fa solo per difendersi; quando sposta le sue risorse militari attraverso l’Europa ai confini russi, o in Africa, o ora in America Latina, è per autodifesa. La miglior difesa è l’attacco, è argomentato in termini di tattiche di calcio. La NATO l’ha adottato o viceversa, è una domanda simile a quella dell’uovo e della gallina. Quello che conta è sapere che la NATO non attacca mai, difende sé stessa.
“Questo avvenne durante la guerra fredda, ad esempio, usando organizzazioni terroristiche clandestine come Gladio, diffondendo sangue, orrore e paura attraverso successivi attacchi terroristici mascherati in Italia, per impedire al Partito Comunista di accedere alla sfera del potere (compromesso storico), anche quando la gente lo avrebbe accettato in modo legittimo e libero con le elezioni (vedi il caso Aldo Moro).
Oppure quando la NATO non ha esitato a cospirare per promuovere colpi di Stato e cambiamenti di regime, sia dentro che dopo la guerra fredda, come è successo in Portogallo, in Grecia, in Turchia e più recentemente in Ucraina – per non parlare, anche in questo caso, che il risultato è quello un regime “pseudo nazifascista”. Sempre nel nome della “democrazia e del libero mercato”, come una entità che muove le corde democratiche e sa cosa è meglio per i cittadini, anche se vogliono il contrario.
La NATO e rispetto per la parola data
La NATO ha una relazione complicata con il proprio mandato. Questo è quanto accade a coloro che vivono sulla propaganda e non hanno il coraggio di presentare davanti alla gente le vere motivazioni della loro missione. La NATO abbozza la sua realtà virtuale sulle mappe e i messaggi che trasmette ai cittadini; e quindi procede di conseguenza, ma in modo reale, aggressivo, spesso sanguinoso, calpestando i diritti umani.
La menzogna all’origine dell’organizzazione – la necessità di rispondere a un’entità opposta che sarebbe nata solo quattro anni dopo – prevalse fino al crollo dell’Unione Sovietica e del Trattato di Varsavia nei primi anni ’90. Quello sarebbe stato il momento in cui la NATO si sarebbe dovuta dissolvere perché non vi erano più motivi per continuare ad esistere, come hanno sostenuto i nativi e coloro che ancora credevano nella buona fede dei discorsi politico-militari e delle istanze che li producono.
Niente affatto, gli atlantisti risposero. Guardate i nemici che minacciano il nostro “modo di vita civilizzato”, l’Iran, l’Iraq di Saddam Hussein, la Libia di Gheddafi, la Corea del Nord, Cuba, la Siria degli Assad, il Venezuela di Chavez, al-Qaeda, Bin Laden, i talebani, forze di attraversamento del male, intrecciate fra loro, richiedendo la vigilanza, un deterrente, la presenza sempre “difensiva” della NATO, sebbene alcuni di questi regimi fossero amici dei paesi occidentali o addirittura creati per il bene del mercato e la preservazione della democrazia. Pertanto, in questa guerra “tra civiltà e barbarie”, la NATO non poteva essere sciolta; ma puoi essere certo che non crescerà di un pollice nel territorio e nel numero di membri (dicevano).
Fu James Baker, il Segretario di Stato americano per conto di George Bush Senior, a proclamarlo. Era l’epoca in cui l’URSS scioglieva il Patto di Varsavia e ritirava le sue forze dalla Germania Est.
Ma subito dopo la NATO era nella operazione “tempeste del deserto” con cui invadevano l’Iraq, distruggendo la Jugoslavia in una delle guerre più selvagge e moderne, invadendo l’Afghanistan, dando il via alla “guerra al terrore”, nel corso della quale la NATO avrebbe distrutto la Libia in alleanza con gli stessi terroristi islamici che avevano detto di voler combattere.
Ed è così che il “non un pollice” è diventato molti altri miliardi di forniture e basi militari; è così che la “guerra al terrorismo” è passata ad aiutare le armate terroristiche informali come lo Stato islamico e al-Qaeda, ad esempio nel coinvolgimento clandestino dell’Atlantismo nell’aggressione contro la Siria e più recentemente nell’invasione infinita dell’Afghanistan – dove il il nemico da sconfiggere – i talebani – controlla ancora i due terzi del paese.
E dove abbiamo sentito James Baker affermare che non ci sarebbero stati più membri dell’alleanza, dovremmo leggere un’effettiva duplicazione della famiglia degli alleati, perché in una mezza dozzina di anni la NATO ha ingoiato la maggior parte dei paesi del vecchio trattato di Varsavia, più gli stati nati dall’ex Jugoslavia, senza dimenticare quelli che erano adiacenti ad esso nei Balcani, come l’Albania.
La famiglia difensiva è già presente in 30 membri e non si ferma qui, perché il Nord Atlantico si unisce ora al Mediterraneo, al Mar Adriatico, al Mar Baltico e al Mar Nero e anche all’Atlantico meridionale. Grazie a norme immaginative di integrazione abbiamo, sulla via della NATO, non solo lo stato narcoterroristico della Colombia, ma anche il Brasile, recentemente riconvertito al “para fascismo missionario” dell’evangelico Bolsonaro. Questo perché la NATO sente l’urgenza di difendersi contro la sempre minacciosa Cuba e, soprattutto, il temibile Venezuela di Maduro. Quindi ci sono molte
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Le 70 candeline (esplosive) della Nato
di Manlio Dinucci
Il 70° anniversario della NATO verrà celebrato a Washington nel momento in cui il presidente Donald Trump, avendo perso la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, è stato costretto a stringere un’alleanza con lo Stato Profondo USA. Ci si aspetta quindi di conoscere i loro comuni obiettivi, o per lo meno i mezzi che saranno messi in atto per raggiungerli.
RETE VOLTAIRE | ROMA (ITALIA) | 2 APRILE 2019
l 70° anniversario della Nato sarà celebrato dai 29 ministri degli Esteri dell’Alleanza, riuniti a Washington il 4 aprile. Un Consiglio Nord Atlantico in tono minore rispetto a quello al massimo livello dei capi di stato e di governo. Lo ha voluto il presidente Trump, non tanto contento degli alleati soprattutto perché sono per la maggior parte in ritardo nell’adeguare la spesa militare a quanto richiesto da Washington.
Presiederà il meeting il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, al quale il Consiglio Nord Atlantico ha appena rinnovato il mandato di altri due anni per meriti acquisiti al servizio degli Stati uniti. Il calendario di Stoltenberg a Washington è stato organizzato in base a una attenta regia, per confermare chi comanda nell’Alleanza. Il 2 aprile il Segretario generale della Nato sarà ricevuto dal presidente Donald Trump alla Casa Bianca. Il 3 aprile, farà una relazione alle due Camere riunite del Congresso e sarà ricevuto dal segretario di stato Michael Pompeo.
Quindi, ricevute le ultime istruzioni, presiederà il Consiglio Nord Atlantico del 4 aprile. Lo stesso Consiglio Nord Atlantico ha appena approvato la nomina del generale Tod Wolters, della US Air Force, quale Comandante Supremo alleato in Europa al posto del generale Curtis Scaparrotti dello US Army. Come è «tradizione», da 70 anni il Comandante Supremo Alleato in Europa è sempre un generale statunitense, nominato dal presidente degli Stati uniti.
Poiché il generale che ha l’incarico di comandante supremo della Nato è allo stesso tempo comandante del Comando Europeo degli Stati uniti, la Nato è di fatto inserita nella catena di comando che fa capo al presidente degli Stati uniti. Non si sa ancora quali
Continua qui: https://www.voltairenet.org/article205899.html
LA LIBIA SCIVOLA NELLA GUERRA TOTALE MENTRE HAFTAR MARCIA SU TRIPOLI
La Libia è entrata sull’orlo di una guerra civile totale giovedì dopo che il generale Khalifa Haftar ha sfidato le Nazioni Unite ed ha ordinato alle sue forze di marciare su Tripoli e rovesciare il governo Serraj, quello riconosciuto a livello internazionale.
Giovedì sera, in un discorso audio al suo sedicente esercito nazionale libico, il generale Haftar ha ordinato una “marcia vittoriosa” sulla capitale per “scuotere le terre sotto i piedi del gruppo usurpatore”.
“Tripoli, sentiamo la tua chiamata”, ha detto nel messaggio indirizzato al popolo. “Chiunque alza la bandiera bianca è al sicuro.”
Fayez al-Serraj, primo ministro del governo nazionale di Tripoli, aveva precedentemente ordinato alle forze militari di mobilitarsi e autorizzare i raid aerei, se necessario, per fermare qualsiasi assalto alla capitale.
Il potente gruppo di milizie che controllano la città occidentale di Misurata si è dichiarato pronto a combattere contro le forze di Gen Haftar e a sostenere il signor Serraj.
Il tentativo di Gen Haftar di porre fine al lungo conflitto latente della Libia con la forza è arrivato poche ore dopo che Antonio Guterres, il segretario generale delle Nazioni Unite, è arrivato a Tripoli per colloqui con il sig. Serraj in vista di una conferenza di riconciliazione nazionale prevista per la metà di questo mese.
Il signor Guterres ha chiesto di allentare la tensione e ha ribadito il suo punto di vista secondo cui non vi è “alcuna soluzione militare” per il conflitto che dura da otto anni del paese.
“Non ci può essere una conferenza nazionale in queste circostanze”, ha detto ai giornalisti nella capitale libica. La Libia è stata divisa tra gruppi armati rivali da quando Muammar Gheddafi è stato rovesciato nel 2011 da un intervento della NATO apoggiato dal presidente francese Sárközy e dal presidente italiano Napolitano. Da allora il paese è nel caos più totale.
I principali centri di potere sono sotto il governo internazionalmente riconosciuto di Serraj, con sede a Tripoli ed un’amministrazione rivale separata, diretta da Gen Haftar con sede nella città orientale di Bengasi. Quest’ultimo è appoggiato dalla Francia e ultimamente dalla Russia.
Gen Haftar ha recentemente consolidato il controllo su vaste aree del sud del paese. Gode di un forte sostegno dall’Egitto e dagli Emirati Arabi Uniti, che lo vedono come un potenziale leader laico che potrebbe ristabilire l’ordine nel paese devastato dalla guerra e sconfiggere i ribelli islamici.
I suoi critici lo vedono come un aspirante dittatore nello stampo di Gheddafi.
La Russia e alcuni paesi occidentali, in particolare la Francia, hanno anche prestato il sostegno di Gen Haftar mentre continuavano apparentemente a riconoscere e sostenere il governo di Serraj a Tripoli.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e l’inviato Onu per la Libia Ghassan Salame parlano durante una conferenza stampa a Tripoli il giovedì
M r Serraj e Gen Haftar si erano incontrati ad Abu Dhabi il mese scorso per discutere di un accordo di condivisione del potere e ci si aspettava di annunciare un accordo che aprisse la strada a elezioni nazionali per la Conferenza Nazionale libica organizzati da Ghassan Salame, rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Libia , dal 14 al 16 aprile.
Le scaramucce tra le forze del Gen Haftar e le truppe fedeli al governo del signor Serraj sono scoppiate mercoledì sera dopo che l’LNA ha detto di aver inviato unità verso ovest.
da giovedì mattina, unità di LNA hanno detto di aver preso il pieno controllo della città
Continua qui: https://www.controinformazione.info/la-libia-scivola-nella-guerra-totale-mentre-haftar-marcia-su-tripoli/
CULTURA
IL “FILOSOFO” CHE ISPIRA BERGOGLIO (di Aldo Maria Valli)
Maurizio Blondet 3 Aprile 2019
Durante la conferenza stampa in aereo, di ritorno dal Marocco, Francesco, rispondendo a una domanda, ha citato un filosofo francese, Philippe Roqueplo, e ha detto che questo pensatore, al fine di capire una situazione, gli ha dato una importante «luce ermeneutica», ovvero una chiave di comprensione. Affermazione quanto meno singolare se si pensa a ciò che questo filosofo, ambientalista e studioso dei rapporti tra scienza, tecnologia e cultura, sostiene su aborto e diritto alla vita.
In proposito mi ha scritto l’amico Andrea Mondinelli.
A.M.V.
***
Caro Aldo Maria, ti segnalo questa parte della conferenza stampa di Bergoglio in aereo di ritorno dal Marocco.
Domanda di Cristiana Caricato, inviata di Tv 2000: «Santo Padre, lei ha appena parlato di paure e del rischio di dittature che queste paure possono generare. Proprio oggi un ministro italiano, in riferimento al convegno di Verona, ha detto che più che della famiglia bisogna avere paura dell’Islam. Lei invece, ormai da anni, dice tutt’altro. Secondo lei siamo a rischio dittatura nel nostro Paese? È frutto del pregiudizio della non conoscenza? Cosa ne pensa? E poi una curiosità: lei denuncia spesso l’azione del diavolo, lo ha fatto anche nel recente summit sulla protezione dei minori. Mi sembra che nell’ultimo periodo sia molto attivo, si sia dato molto da fare il diavolo, ultimamente, anche nella Chiesa… Cosa fare per contrastarlo, soprattutto in merito agli scandali della pedofilia? Bastano le leggi? Perché è così attivo il diavolo in questo momento?».
Risposta di Bergoglio: «Benissimo, grazie per la domanda. Un giornale, dopo il mio discorso alla fine dell’Incontro sulla protezione dei minori dei presidenti delle Conferenze episcopali, ha detto: “Il Papa è stato furbo, prima ha detto che la pedofilia è un problema mondiale, una piaga mondiale; poi ha detto qualcosa sulla Chiesa, alla fine se ne è lavato le mani e ha dato la colpa al diavolo”. Un po’ semplicistico, no? Quel discorso è chiaro. Un filosofo francese, negli anni Settanta, aveva fatto una distinzione che a me ha dato molta luce, si chiamava
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/il-filosofo-che-ispira-bergoglio-di-aldo-maria-valli/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
SPECIALISTI MILITARI RUSSI TOVANO LE PROVE DEL SABOTAGGIO CONTRO LE CENTRALI ELETTRICHE IN VENEZUELA
Specialisti militari russi hanno svolto una ispezione totale del sistema di produzione elettrica del Venezuela e della rete nazionale di distribuzione elettrica, le cui ripetute interruzioni hanno paralizzato il paese dal 7 di Marzo del 2019 e causato gravissimi disagi alla popolazione con conseguenze drammatiche negli ospedali. Gli specialisti russi hanno confermato l’utilizzo combinato di apparecchiature elettromagnetiche assieme ad altre forme più tradizionali di sabotaggio, come cortocircuiti provocati e incendi dolosi contro le centrali.
La creazione di bombe elettromagnetiche in grado di danneggiare le linee elettriche deriva da una serie di ricerche realizzate dal conosciuto fisico sovietico, Andrei Sajarov, negli anni ’50. Si stima che vari paesi, tra cui gli USA, dispongono attualmente di questo tipo di apparati.
Il presidente venezolano, Nicolás Maduro, ha accusato direttamente gli Stati Uniti di essere responsabili dell’attività di sabotaggio della rete elettrica e dei costanti incidenti che durante le ultime settimane hanno provocato gravi interruzioni dell’elettricità e pregiudicato il sistema nazionale di distribuzione.
Da parte sua, il consigliere alla Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Bolton, ha denunciato l’arrivo dei militari russi – meno di 100 -come una risorsa utilizzata dal regime di Maduro per mantenersi al potere con l’aiuto di forze militari straniere. Bolton è arrivato anche a invocare la “dottrina Monroe” ed affermare che le potenze extra continentali debbano astenersi dall’interferire nelle questioni del continente Latinoamericano, sulla
DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
Migliaia di migranti in Grecia pronti a fuggire in Italia e Germania
MAURO INDELICATO – 4 aprile 2019
Fino ad oggi, sul fronte dell’emergenza immigrazione, si parla quasi sempre dei pericoli provenienti dall’esterno dei confini europei. Rotta turca, rotta libica, rotta algerina e tunisina, sono questi i principali fronti aperti su cui si cerca di intervenire, con l’obiettivo di scongiurare nuove partenze dalle coste africane o dall’Anatolia. Ma emerge sempre di più invece un fronte tutto interno all’Europa: quello greco.
Il paese ellenico, come si sa, affronta da dieci anni a questa parte gravi difficoltà. La cura dimagrante imposta dalla Troika per il rientro dei debiti, si rivela un cappio al collo da cui i greci non riescono affatto ad uscirsene, nonostante i proclami degli ultimi mesi. Ed un paese che non riesce ad avere mezzi sufficienti a spegnere gli incendi, come accaduto questa estate, difficilmente può trovare le risorse per accogliere migliaia di migranti che partono dalle coste turche. Il problema si mette ben in evidenza dal 2015, anno in cui dalla Siria e dall’Iraq arrivano centinaia di carovane tramite la Turchia: è l’apertura della cosiddetta “rotta balcanica”, che porta i migranti verso il centro ed il nord dell’Europa. Fino a quando però gli stessi paesi della penisola chiudono le frontiere in quanto impossibilitati a gestire un flusso di questa portata. E così la Grecia, vedendo i suoi confini settentrionali sbarrati, deve sobbarcarsi l’onere di accogliere migliaia di profughi.
Nei mesi successivi un accordo tra Ue e Turchia prevede lo stanziamento di tre miliardi di Euro all’anno a favore di Ankara per trattenere nel paese anatolico i migranti. La pressione si alleggerisce, ma il problema non è ancora risolto. Sia perché dalla Turchia verso le isole greche si continua a sbarcare, sia perché le risorse che Atene può spendere per chi rimane all’interno dei confini ellenici sono limitate. E così ecco che, ad oggi, si calcola come almeno 25.000 migranti siano rinchiusi nei centri d’accoglienza dove garantire anche i servizi basilari è pressoché impossibile. La Grecia a malapena riesce a rifornire di medicinali e medici i propri ospedali, figurarsi se può organizzare al meglio campi allestiti solo per affrontare un’emergenza in verità mai terminata. Questi sono solo alcuni dei motivi per i quali la Grecia può essere definita, sul fronte migratorio, una vera e propria polveriera.
Migranti in Grecia che provano a scappare verso Italia e Germania
Per questo adesso è lecito pensare che dentro la stessa Ue potrebbero aprirsi rotte interne di migranti. Tra le migliaia di richiedenti asilo presenti in Grecia, in tanti iniziano a pensare di scappare verso altre mete. Si potrebbe in poche parole riaprire la rotta balcanica, con i migranti questa volta non provenienti da paesi esterni alla comunità bensì dal paese dell’Ue più in difficoltà. Segnali in tal
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LA BONINO CONFERMA IL PIANO SOROS & C. DI SOSTITUZIONE ETNICA DELLA POPOLAZIONE
3 Aprile 2019 di Luciano Lago
Per Emma Bonino, parlamentare di più Europa , intervistata a margine del convegno “Le Contemporanee”, la soluzione ai problemi di sostenibilità del nostro welfare dovrebbe venire piuttosto da un ‘travaso‘ di persone: un travaso di persone dai paesi più popolosi dell’Africa.
Nella sua intervista la Bonino, ha ricordato che solo la Nigeria nel 2050 avrà più abitanti di tutta l’Eurozona: è inutile quindi spingere sulla natalità con sconti alle famiglie con figli, non è questa la soluzione ci vorrebbero delle generazioni.
“Bisogna organizzare un travaso di popolazione dall’Africa e in particolare dalla Nigeria che è il paese più popoloso e fra 50 anni avrà più popolazione che tutta l’Europa oppure se ci illudiamo che basta fare un muro e quelli rimangono là, beh non è così”, ha affermato la Bonino.
Ci dicevano che il piano di sostituzione etnica della popolazione era tutta una “bufala” inventata dai complottisti per diffondere odio, adesso ce lo conferma la Bonino, notoriamente una fiduciaria della Soros & C. , come da sua stessa ammissione. Peggio, la promotrice dell’aborto libero, ci dice oggi che ci vorrebbe troppo tempo per favorire le nascite ed preferibile trasferire popolazione africana in Italia, meglio se dalla Nigeria.
Ci avevano avvisato di questo, a suo tempo, anche personaggi come l’antropologa Ida Magli che aveva scritto circa una volontà della classe politica europea di procedere ad una “africanizzazione” dell’Italia e per queste sue affermazioni era stata emarginata dalla comunità scientifica e dai media.
Vi erano forti indizi di questo piano, anche per le relazioni fatte in sede ONU, quando avevano parlato dei problemi demografici dell’Europa. Come soluzione al problema demografico dell’Italia (e di altri paesi europei) era scritto che bisognava «rimpiazzare» (come riportato nel titolo del dossier) l’Europa che invecchia con un massiccio afflusso di immigrati dall’Africa e dall’Asia.
Lo studio dell’ONU calcolava circa ventisei milioni di immigrati e i loro discendenti che dovranno insediarsi nelle varie città italiane nel 2050. In quel momento, qualche anno fa, erano quasi 5 milioni, contro i 7,8 presenti in Germania.
Poteva sembrare assurdo e poco razionale un piano che prospettava di incrementare a tal punto una popolazione
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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Mercoledì, 3 aprile 2019
Mps riorganizza il mattone di Sansedoni. Rumors
Via libera della banca e della Fondazione alla ristrutturazione del debito da 160 milioni. Ma non solo
Mercoledì, 3 aprile 2019
A Siena parte il riassetto del mattone. Sarebbe infatti arrivato l’ok, da parte della stessa Monte dei Paschi di Siena e della Fondazione Mps, alla riorganizzazione di Sansedoni, la società immobiliare controllata dai due soggetti. Il piano, dicono i rumors, che avrebbe in mente l’istituto prevede innanzitutto una ristrutturazione del debito da 160 milioni di euro.
Poi la divisione tra la property company (che ha in pancia il portafoglio
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NOTIZIE DAI SOCIAL WEB
Forum #Ambrosetti 5-6 Aprile 2019
Massimo Garavaglia (Lega) Vice Min Economia
Enrico Letta PD Ex Pres Cons
Mario Monti Sen Ex Pres Cons
Pier Carlo Padoan PD Ex Min Economia
Carlo Cottarelli FMI
Luigi Zingales Eni
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In Italia c’è il razzismo ma da parte degli stranieri nei confronti degli italiani.
Con la complicità di taluni italiani ammalati di immigrazionismo. Comprese le istituzioni che privilegiano gli stranieri agli italiani
Magdi Cristiano Allam – 3 aprile 2019
Cari amici, sì è vero in Italia c’è il razzismo. Ma è un razzismo contro gli italiani. Perpetrato dagli stranieri nei confronti degli italiani. Un razzismo di cui sono vittime gli italiani. Said Mechaout, il marocchino di 27 anni che aveva acquisito la cittadinanza italiana sposando un’italiana da cui poi si è separato, ha così spiegato la ragione per cui lo scorso 23 febbraio a Torino ha sgozzato Stefano Leo: “Volevo uccidere un bianco, giovane e italiano. Avrebbe fatto scalpore”.
Immaginate se fosse successo l’opposto. Immaginate se un italiano avesse sgozzato uno straniero e avesse spiegato così il suo crimine: “Volevo uccidere un nero, giovane e straniero. Avrebbe fatto scalpore”. Se fosse successo, si sarebbe scatenato il finimondo: si sarebbero susseguite le scuse e le condanne del Governo e del Presidente della Repubblica, del Papa, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite. Si sarebbero scatenati tutti i mezzi di comunicazione di massa per giorni e giorni, denunciando le mille ragioni per cui gli italiani sono incontestabilmente razzisti, dalla responsabilità dei partiti di estrema destra, fascisti e populisti, alle condizioni di marginalità sociale e di degrado urbano in cui vivono gli stranieri.
Invece, nel caso concreto dello straniero che ha sgozzato l’italiano, la notizia dell’uccisione tramite sgozzamento è stata data con un basso profilo, la motivazione dell’atroce delitto è stata divulgata oltre un mese dopo quando si era
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Per ex ministro degli Esteri bulgaro nei Balcani serve schierare armi nucleari
04.04.2019
L’ex ministro degli Esteri bulgaro Solomon Pasi ha dichiarato che occorre schierare armi nucleari nei Balcani a scopo preventivo. Ha espresso questa opinione su BNT.
“In generale serve che nei Balcani ci siano armi nucleari. <…> Ma quello di cui abbiamo bisogno ora in Bulgaria sono nuove basi navali. Se le armi nucleari saranno dispiegate in queste basi navali, sarà garantità la massima tranquillità”, ha affermato Pasi.
L’ex ministro ha sottolineato che non è un sostenitore dell’uso di armi
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Erdogan prende i soldi dall’Europa ma lascia aperta la rotta balcanica
EUGENIA FIORE – 23 aprile 2018 RILETTURA
Oltre al danno (economico), la beffa. Da una parte l’Unione europea che ha firmato un accordo da ben sei miliardi di euro con la Turchia per fermare il flusso dei migranti. E dall’altra migliaia di disperati che continuano a percorrere la rotta balcanica per cercare di arrivare nel Vecchio continente. I numeri parlano chiaro: il viavai di profughi da questa frontiera d’Europa è il più alto di questi ultimi due anni.
L’isola di Lesbo è uno sbarco continuo. Nell’hotspot di Moria si contano quasi 8mila migranti contro i 1800 posti ufficiali. E se prima scappavano dalla Siria di Bashar al Assad, ora scappano anche dalle bombe di Erdogan. “L’anno scorso a marzo c’erano stati 350 arrivi, quest’anno siamo a 1750. Ad aprile la media è di 500 a settimana”, racconta alla Stampa Luca Fontana, il coordinatore di Medici senza Frontiere. La maggior parte di questi profughi arriva da Afrin e da Ghouta.
A questi vanno sommati anche i 60mila migranti rimasti in Grecia in seguito alla chiusura delle frontiere.
Nell’isola greca la situazione è al collasso. La scorsa notte, decine di migranti sono rimasti feriti nell’attacco di un gruppo di estrema destra. I rifugiati, in gran parte afghani, che attendevano da mesi una risposta alle richieste di asilo, si sono radunati per protestare nella piazza principale di Mitilene. Ma all’imbrunire diverse centinaia di giovani dell’ultradestra hanno cominciato a insultarli e li hanno attaccati con
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L’ONU fatto a pezzi dall’“eccezionalismo” statunitense
di Thierry Meyssan
Indeboliti rispetto ai concorrenti russo e cinese, gli Stati Uniti ritrovano le loro storiche inclinazioni. Nelle relazioni con l’estero abbandonano l’ordine internazionale liberale e fanno ritorno alla dottrina eccezionalista. Mettendo in discussione il proprio impegno nel Consiglio di Sicurezza, gli USA hanno aperto la strada a una decostruzione del diritto internazionale e, in ultima analisi, delle Nazioni Unite. Quest’evoluzione ha colto di sorpresa gli europei occidentali e li ha gettati nello sgomento; Cina e Russia l’avevano invece prevista e vi si sono preparate.
RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 2 APRILE 2019
Il 26 marzo 2019 gli Stati Uniti si rimangiano l’impegno preso nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e affermano il loro eccezionalismo: riconoscono la conquista territoriale del Golan da parte di Israele.
L’ex ambasciatore all’ONU del presidente Bush Jr., nonché attuale consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Donald Trump, John Bolton, dissente da un particolare aspetto delle Nazioni Unite. Secondo lui è fuori questione che chicchessia possa far sottostare gli Stati Uniti a obblighi di qualunque tipo. Ne consegue che le cinque potenze, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza di New York, sebbene costituiscano un direttorio mondiale che sancisce il diritto regolatore dei rapporti tra le nazioni … non possono imporre alcunché agli Stati Uniti.
A questo concetto, l’“eccezionalismo”, Washington si è sempre ispirato, benché il resto del mondo non se ne sia mai accorto [1]. L’eccezionalismo si riaffaccia oggi in un contesto internazionale particolare e sta per sconvolgere il mondo che conosciamo.
L’eccezionalismo statunitense si rifà al mito dei Padri Pellegrini: dei puritani, perseguitati in Inghilterra perché percepiti come pericolosi fanatici, che dapprima si rifugiarono in Olanda e poi nelle Americhe, dove arrivarono a bordo della Mayflower (1620). Vi edificarono una società nuova, fondata sul timore di Dio: «la prima nazione democratica», una «luce in cima alla collina» che Dio ha voluto per rischiarare il mondo. Gli Stati Uniti sono un esempio per gli altri e, al tempo stesso, sono investiti di una “missione”: convertire il mondo alla Volontà Divina.
Naturalmente la storia insegna che la realtà è molto diversa da questa narrazione, ma non è su questo che vogliamo riflettere.
Da due secoli, tutti i presidenti degli Stati Uniti, senza eccezioni, s’ispirano a questa falsificazione storica, in virtù della quale:
- negoziano, firmano e adottano trattati ma sollevando eccezioni, in modo da non doverli applicare al proprio diritto;
- stabiliscono a priori che, mentre loro perseguono la Volontà di Dio, i nemici si rifiutano di farlo e quindi vanno giudicati per i medesimi fatti più severamente di quanto giudichino loro stessi (doppia morale);
- rifiutano ogni giurisdizione internazionale che si applichi ai loro affari interni.
Questo atteggiamento suscita equivoci, tanto più che gli europei, persuasi di avere una mentalità aperta, in realtà non si sforzano affatto di capire le peculiarità degli altri. Sono infatti convinti che il rifiuto degli Stati Uniti di adottare l’Accordo di Parigi sul clima sia da imputare al supposto oscurantismo del presidente Trump. Corrisponde invece alla posizione che Washington ha sempre mantenuto. L’Accordo di Parigi del 2015 fu preceduto dall’Accordo di Kyoto del 1997, anch’esso rifiutato da Washington: gli Stati Uniti erano determinati a non adottarlo, pur avendo contribuito alla stesura, perché avrebbe imposto ai loro concittadini determinati comportamenti. Il presidente Clinton tentò di negoziare delle clausole di riserva, che però le Nazioni Unite respinsero. Clinton firmò il protocollo e lo sottopose alla ratifica del senato, che lo respinse all’unanimità – Repubblicani e Democratici uniti – offrendo al presidente il pretesto per riprendere il negoziato. Questo rifiuto di qualunque disposizione giuridica internazionale che comporti un’applicazione nel diritto interno non significa che gli Stati Uniti rifiutino la finalità del Protocollo di Kyoto e dell’Accordo di Parigi – riduzione dell’inquinamento atmosferico – né che non adottino misure in questo senso, ma che lo vogliono fare soltanto secondo il proprio diritto.
Comunque sia, l’eccezionalismo implica la convinzione di essere «una nazione che non assomiglia ad alcun’altra». Gli Stati Uniti si ritengono campioni di democrazia in casa propria, ma rifiutano di mettersi sullo stesso piano degli altri Paesi, i quali, per questa ragione, non possono in alcun caso considerarli democratici. Durante la guerra fredda, gli alleati degli USA scelsero di ignorare questa peculiarità culturale, i loro nemici invece non vi prestarono molta attenzione. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, fino al declino dell’Occidente, ossia nel periodo in cui il mondo è stato unipolare, questa peculiarità non veniva contestata. Oggi però distrugge il sistema di sicurezza collettiva.
Di sfuggita, facciamo notare che nel mondo altri due altri Stati professano una dottrina vicina all’eccezionalismo statunitense: Israele e Arabia Saudita.
Poste queste premesse, esaminiamo in che modo il riconoscimento USA della sovranità di Israele sulle alture del Golan ha innescato la miccia.
Alla fine della Guerra dei Sei Giorni (1967), Israele occupò le alture del Golan, un territorio siriano. Con la risoluzione 242, il Consiglio di Sicurezza, «sottolineando l’inammissibilità dell’acquisizione di territori per mezzo della guerra», ordinò il «ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati durante il recente conflitto» [2].
Nel 1981 la Knesset decise unilateralmente di violare la risoluzione e di annettere le alture del Golan. Il Consiglio rispose con la risoluzione 497, che dichiarava questa legge israeliana «insussistente e senza valenza giuridica sul piano internazionale» [3].
In 28 anni le Nazioni Unite non sono riuscite a fare rispettare queste risoluzioni, che tuttavia [formalmente] non sono state mai messe in discussione e che gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto.
Ebbene, il 26 marzo 2019 gli Stati Uniti hanno riconosciuto la sovranità israeliana sul Golan occupato, ossia il principio che i territori possono essere conquistati per mezzo della guerra [4]. Washington si è così rimangiata 52 anni di voti sul Golan nel Consiglio di Sicurezza e l’assenso ai principi della Carta delle Nazioni Unite [5], che da 74 anni reggono il diritto internazionale.
L’ONU continuerà a esistere per molti anni, ma d’ora in avanti le sue risoluzioni avranno solo valore relativo, dal momento che non saranno più vincolanti per i Paesi che le adottano. Il processo di decostruzione del diritto internazionale è cominciato. Stiamo entrando in un periodo retto dalla legge del più forte, com’è stato prima della Prima guerra mondiale e della creazione della Società delle Nazioni.
Già sapevamo che, anche nel Consiglio di Sicurezza, la parola degli Stati Uniti ha valore relativo. Lo sapevamo dall’11 febbraio 2003, in virtù delle madornali menzogne del segretario di Stato, Colin Powell, sulle sedicenti responsabilità dell’Iraq negli attentati dell’11 Settembre e sulle pretese armi di distruzione di massa irachene che minacciavano l’Occidente [6]. Il 26 marzo 2019 però, per la prima volta, gli Stati Uniti si rimangiano un proprio voto al Consiglio di Sicurezza.
Washington argomenta la decisione sostenendo che si tratta di una presa d’atto del reale stato delle cose: Israele occupa il Golan dal 1967 e lo amministra come fosse un proprio territorio dal 1981. Secondo gli Stati Uniti, in nome del proprio eccezionalismo, questa realtà, che riguarda un alleato “timoroso di Dio”, fa premio sul diritto internazionale enunciato da partner in mala fede.
Washington sostiene anche che sarebbe un cattivo segnale consegnare il Golan alla Siria, ai suoi occhi una gang di criminali; mentre è giusto gratificare un eccellente alleato come Israele. Sempre secondo la dottrina eccezionalista, gli Stati Uniti, una «Nazione uguale a nessun’altra», ne hanno il diritto e il dovere, in virtù della loro missione.
Dopo aver dominato il mondo, gli Stati Uniti, indeboliti, rinunciano all’ONU. Per conservare una posizione di dominio ripiegano sulla parte del mondo che ancora controllano. Finora Russia e Cina li hanno considerati, per usare un’immagine del ministro degli Esteri russo, Serguei Lavrov, una bestia feroce agonizzante, che va compassionevolmente accompagnata alla morte, facendo però attenzione che non provochi catastrofi. Invece gli Stati Uniti hanno reagito frenando il declino con l’elezione di Donald Trump, il quale, dopo aver perso la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, per mantenersi al potere si è alleato con lo Stato Profondo USA, come dimostrano la nomina di Elliott Abrams [7] e il ritiro, da parte del procuratore Robert Mueller, dell’accusa di collusione con il nemico [8].
I fatti dimostrano che non si sta andando verso la creazione di una nuova istituzione mondiale, dopo la Società delle Nazioni e l’Organizzazione delle Nazioni Unite, bensì verso una divisione del mondo in due zone, organizzate secondo modelli giuridici distinti: l’una sottomessa alla dominazione USA, l’altra formata da Stati sovrani aggregati attorno al Partenariato dell’Eurasia Allargata. A differenza della guerra fredda, dove era difficile viaggiare da Est a Ovest e viceversa, ma dove entrambi i blocchi riconoscevano il sistema unico delle Nazioni Unite, la nuova strutturazione del mondo dovrebbe permettere di viaggiare e commerciare liberamente da una zona all’altra, benché organizzate sulla base di due diversi modelli di diritto.
È esattamente il mondo post-occidentale annunciato il 28 settembre 2018 da Lavrov, alla tribuna dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite [9].
En passant, osserviamo che, mentre Israele ha salutato il riconoscimento da parte degli Stati Uniti della propria sovranità sul Golan come una vittoria, l’Arabia Saudita, dopo aver riflettuto, l’ha condannato. Questa posizione non collima con la dottrina saudita, ma vista l’unanime condanna del mondo arabo, Riad ha scelto di stare con il proprio popolo. Per la stessa ragione l’Arabia Saudita sarà costretta a respingere anche il “deal del secolo” sulla Palestina.
Gli Stati Uniti sono cambiati?
La stampa non ritiene di poter preconizzare, come invece abbiamo appena fatto noi, la fine dell’ONU e la divisione del mondo in due zone giuridicamente distinte. Non riuscendo a capire quel che sta accadendo, si aggrappa a un mantra: il populista Trump ha cambiato gli Stati Uniti e distrutto l’ordine liberale internazionale.
Questo significa non ricordare la storia. Il presidente USA Woodrow Wilson fu
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La nave dei folli (americani) sta imbarcando acqua?
4 Aprile 2019 – DMITRY ORLOV
cluborlov.blogspot.com
Sembra certamente di si ed anche a velocità crescente. Aver trascorso le ultime tre settimane in una località nascosta, lontano da Internet, mi ha permesso di osservare l’aumento del suo rateo di affondamento. C’era la connessione wi-fi all’aeroporto e ho potuto scaricare tre settimane di articoli, su cui mi sono concentrato durante il lungo volo di ritorno verso la civiltà. Quello che ho letto è stato un po’ scioccante, specialmente dopo tre settimane di nient’altro che surf, uccelli marini, granchi che scorrazzavano e un sacco di gente contenta e amichevole, che non avrebbe potuto interessarsi di meno degli Stati Uniti.
Da un po’ di tempo, c’è gente che mi dice che dovrei guardare il film Idiocracy, perché mostra in che cosa si stanno trasformando gli Stati Uniti. Beh, non sono così sicuro che un film sull’idiozia possa impedire di diventare idioti, quindi passerò oltre, ma c’è un netto aumento del livello di stupidità esibito da quelli che fanno parte dell’establishment statunitense. Questo non dovrebbe essere una sorpresa; dopotutto, perché qualcuno dotato di saggezza e integrità dovrebbe interessarsi, al giorno d’oggi, ad una cosa del genere? Esempi di estrema stupidità, così stupidi che fa male guardarli, sono in questo momento tutto intorno a noi. Permettetemi di sottolinearne alcuni importanti.
Mentre ero impegnato a bagnare le dita dei piedi in acque limpide, l’investigatore speciale Robert Mueller aveva finalmente pubblicato il suo rapporto. Non aveva lasciato nulla di intentato, ma non era riuscito a portare a termine il compito che gli era stato assegnato, la dimostrazione che Trump era colluso con la Russia. Nella sua relazione aveva affermato che, sebbene non avesse trovato prove di collusione o di ostruzione della giustizia, il suo rapporto non scagionava Trump. Notate questi due punti di estrema stupidità. Primo punto: se non c’era collusione, non c’era crimine e nessun decorso di giustizia da ostacolare. Secondo punto: se, come ammette Mueller, non è stato commesso alcun reato, allora non c’è nulla da cui scagionare Trump.
I Democratici, che avevano sperato di mettere sotto impeachment Trump sulla base del rapporto Mueller, forse potrebbero rincuorarsi un po’ per il fatto stesso che Mueller si è rivelato così incompetente da non riuscire a capire le basi stesse della sua professione; forse, dopotutto, la collusione c’era, ma Mueller era troppo stupido per trovarne le prove. O forse i Democratici dovrebbero crollare in un parossismo di disperazione, perché Mueller era la loro migliore ed ultima possibilità ed ora fanno la figura degli idioti per aver creduto in lui.
Subito dopo, nella parata degli stupidi abbiamo il procuratore generale William Barr, che, nel suo riassunto del Rapporto Mueller, aveva accettato acriticamente le affermazioni secondo cui ci sarebbe stata un’interferenza da parte dei Russi nelle elezioni presidenziali del 2016. Ma che razza di interferenza era stata?
C’era una troll-farm di San Pietroburgo gestita da qualcuno che, secondo alcune voci, aveva una volta lavorato per Putin. Questi troll avevano pubblicato annunci pubblicitari ‘acchiappaclick’ sui social media. La portata della loro operazione era stata assai ridotta e la maggior parte della loro attività si era svolta dopo le elezioni, rendendo assurda l’affermazione che avessero manipolato le votazioni. Lo sforzo di Mueller per processarli si era bloccato quando i loro avvocati si erano presentati in tribunale e avevano chiesto di vedere le prove. Mueller non aveva potuto permettere una cosa del genere perché avrebbe fatto sganasciare dalle risate tutta la corte.
C’era stata anche l’affermazione secondo cui gli hacker russi si sarebbero infiltrati in un server di posta elettronica al DNC [Comitato Nazionale del Partito Democratico], impadronendosi di e-mail che evidenziavano i tentativi di manipolare le primarie ai danni di Bernie Sanders, per poi renderle pubbliche tramite Wikileaks. Ma ci sono prove che queste e-mail non sono state hackerate ma fatte trapelate dopo essere state copiate su una chiavetta USB da qualcuno che aveva fisicamente accesso al server.
Barr è forse troppo stupido per rendersi conto della follia delle sue affermazioni secondo cui “i Russi”, qualunque cosa significhi il termine, avrebbero manipolato le elezioni americane? Sì, sembra che sia proprio così. Con funzionari di questa stupidità, quanto è stato stupido per i Democratici passare due anni a coltivare il loro sogno di sbarazzarsi di Trump con il loro aiuto?
E così Trump è qui per rimanere. È qui che finisce la stupidità? No, certo che no, perché ora, semplicemente, passiamo alla fase successiva di stupidità. Trump sogna di “rendere nuovamente grande l’America,” ma il suo è un sogno stupido? Diamo un’occhiata ai risultati.
La sua idea era quella di rinegoziare le trattative commerciali a favore dell’America e di rimpatriare la produzione, che era stata delocalizzata in paesi a bassi salari in tutto il mondo, ridurre il deficit commerciale e creare molti, buoni posti di lavoro. Sembrerebbe un ottimo piano, ma facciamo un passo indietro per un momento e cerchiamo di vedere qual è il vero problema.
Il vero problema è che negli Stati Uniti c’è un enorme squilibrio tra ciò che gli Americani producono e ciò che gli Americani consumano: consumano molto più di quanto possono permettersi.
Una soluzione sarebbe quella di ridurre il consumo, ma questo rappresenta il 70% dell’economia che
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POLITICA
Il Vaticano sempre più a sinistra. Bassetti: “Rivedere decreto Sicurezza”
Di Alessandro Della Guglia – 4 Aprile 2019
L’accoglienza degli immigrati è il chiodo fisso della Cei. Cosa nota, ma ogni tanto non sarebbe male se la Chiesa riuscisse a stupire i fedeli cambiando argomento. La solfa altrimenti è sempre la stessa e inizia ad annoiare. Tanto più se, a ben vedere, la morale pastorale finisce per allinearsi sistematicamente con le narrazioni della sinistra politicamente corretta. Ma se la sinistra risulta sempre più impopolare e incapace di fare un’opposizione efficace in Parlamento, il Vaticano prova a colmare le falle e attacca anche sul dl Sicurezza del governo.
“Questo decreto è insufficiente, va rivisto. E finché non sarà rivisto, questo decreto va integrato, perché niente deve mancare all’assistenza di una persona, per la sua vita e la sua dignità”. Parola di monsignor Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, intervenuto alla presentazione del rapporto del Centro Astalli. Il messaggio è chiaro, prima o poi, secondo la Chiesa, dovrà arrivare un governo deciso a cancellare il decreto Sicurezza. Visto però che adesso è stato approvato dalla maggioranza gialloverde, almeno si deve tentare di cambiarlo. Insomma il Vaticano fa politica, schierandosi rigorosamente a sinistra, salvo poi puntualizzare di non essere un partito ma qualcosa di ancor più influente: “Noi come Chiesa abbiamo un compito ancora più grande, perché se il migrante va integrato, e dalle istituzioni non arriva ciò che è necessario per questa integrazione, dobbiamo sopperire noi”.
Ecco, il Vaticano ricorda a tutti che è in grado tranquillamente di sostituirsi allo Stato, a prescindere dalle leggi approvate dall’Italia. A monsignor Bassetti non importa poi se per portare avanti questo gravoso lavoro debba far passare un messaggio
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4 Aprile 2019 DI MIGUEL MARTINEZ
kelebeklerblog.com
Matteo Salvini, che è semplicemente un ministro che rappresenta il partito di minoranza all’interno della coalizione di governo, è assurto in questi mesi a una fama notevole.
Qui si sostiene la tesi che dietro la sua ascesa, ci sia un meccanismo irresistibile, che vale la pena di analizzare perché ci rivela diversi elementi fondamentali dell’antropologia contemporanea.
Alcuni giorni fa, si è tenuto a Verona qualcosa che gli organizzatori chiamano “Congresso mondiale delle famiglie”, per parlare di cose come “i diritti dei bambini”, una misteriosa “ecologia umana integrale” e la “bellezza del matrimonio”.
Presumiamo che ciò significhi anche parlare male di matrimoni strani, ma non lo sapremo mai perché noi, come la quasi totalità della popolazione italiana, non sapevamo che ci fosse il convegno, e lo se avessimo saputo, avremmo avuto cose più interessanti da fare.
I relatori più importanti erano il presidente della Repubblica Moldava (non sapete come si chiama?), il Patriarca della Chiesa Siro-cattolica, la ministra ombra per lo sviluppo sociale dell’Uganda e una signora che si dichiara presidente della Foundation for African Cultural Heritage (da una rapida occhiata, una sorta di incubo per leghisti, visto che promuove la “cultura pro-vita” nella già popolosa Nigeria).
Insomma, uno di quei convegni di cui si accorgono soltanto le donne delle pulizie che devono rimettere apposto le mattina dopo.
Solo che tra i relatori c’era anche Matteo Salvini, che si è tirato dietro i suoi, ossia il ministro della pubblica istruzione e quello della “famiglia e disabilità” (due concetti che evidentemente vanno insieme).
Su queste presenze “istituzionali” è più che lecito polemizzare, come dall’altra parte si polemizza quando altre “istituzioni” concedono il patrocinio al Gay Pride. Per cui, direte che Salvini la polemica se l’è cercata, ed è proprio qui il punto.
Non si capisce cosa c’entrasse il Ministro degli Interni, oltretutto legalmente scapolo, con la “bellezza del matrimonio”, ma la cosa importante è che ovunque vada, lui sa che lo segue una folla di estasiati disammiratori, pronti a farne il centro del mondo.
Se lo sognano pure la notte, pare:
Ora, guardate questa immagine:
Il sito di Repubblica spiega che si tratta dell’opera di un artista di strada lucchese, che dipinge sotto lo pseudonimo Random Guy, e raffigura Salvini e il ministro Fontana come famiglia omosessuale.
L’opera è sicuramente divertente, ma dà anche da pensare.
Intanto, non si trova a Verona, bensì a Lucca. Tutta l’Italia ormai partecipa al non evento di Verona, semplicemente perché è stato contestato dagli avversari di Salvini.
E per lo stesso motivo (e cento altri analoghi), tutti sanno chi è Salvini.
Da una parte, il murale presenta Salvini proprio come si presenta lui stesso, moltiplicandone ancora l’immagine.
Dall’altra, usa Salvini per alimentare una causa contraria, quella delle cosiddette famiglie arcobaleno.
Non so bene come si definisca in etologia, ma siamo di fronte a un fenomeno di simbiosi conflittuale: senza i contestatori, il convegno di Verona sarebbe stato come l’enorme maggioranza di convegni perfettamente inutili che si fanno ogni giorno in Italia, e il movimento “pro-matrimonio” sarebbe rimasto nell’invisibilità.
Ma anche l’agenda dei contestatori ha acquisito visibilità solo nello scontro.
Un gioco in cui tutti gli attori – sconosciuti cattofamilisti, marginali militanti gay, un ministro narcisista
Continua qui: https://comedonchisciotte.org/la-simbiosi-conflittuale/
Fusaro: «Ci hanno provato con lo spread e poi con la magistratura. Ora tentano la via dell’Ocse per far cadere il governo»
“Ci hanno provato con lo spread e poi con la magistratura. Ora tentano la via dell’Ocse, noto portavoce dell’interesse del turbocapitale.
Obiettivo?
Far cadere il governo nazionalpopolare, attribuendogli la responsabilità di quella mancata crescita che dipende dalla austerity”
Questo è il tweet con cui il filosofo Diego Fusaro ha detto la sua riguardo il tentativo dell’Ocse e di riflesso della classe dominante turbocapitalistica di destabilizzare per l’ennesima volta il governo italiano. Questa volta il tentativo di destabilizzazione si è verificato dando un pessimo giudizio e bocciando preventivamente le manovre economiche effettuate dal governo Giallo-Verde come Quota 100 e Reddito di Cittadinanza, senza prima assistere agli effetti che queste potranno effettivamente avere sul tessuto
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SCIENZE TECNOLOGIE
Polemiche. Il nuovo report di «Eat-Lancet» esalta la dieta vegetale per salvare la salute e il pianeta ma nasconde il tema dei pesticidi. Un favore alle industrie della chimica
Vandana Shiva EDIZIONE DEL04.04.2019
Il nuovo Report pubblicato da Eat-Lancet sembra suggerire che i «regimi alimentari a base prevalentemente vegetale» siano in grado di salvaguardare la salute del pianeta e delle persone, rimuovendo però dall’equazione l’eclatante problema della diffusione a livello epidemico di tutte quelle malattie croniche legate ai pesticidi ed alle sostanze tossiche contenute nei cibi – conseguenza diretta dei sistemi alimentari ed agricoli intensivi basati su un ampio ricorso alla chimica.
QUELLO DELLE SOSTANZE TOSSICHE è un nodo centrale nella questione della salute umana e del pianeta, che viene però quasi del tutto bypassato dal report. Più di un secolo dopo l’uscita di Silent Spring, più di 34 anni dopo il genocidio di Bhopal, un anno dopo che la Relatrice Speciale sul Diritto al Cibo delle Nazioni Unite ha rilasciato il proprio report sui pesticidi, pochi mesi dopo il processo Johnson che ha stabilito la cancerogenicità del Roundup, questo report decide di non affrontare il fatto che le sostanze tossiche siano considerate responsabili dell’estinzione di diverse specie, che abbiano fatto considerevolmente aumentare i casi di cancro, problemi neurologici, interferenze endocrine ed infertilità.
Il Manifesto Food for Health (Cibo per la Salute), di Navdanya International, la cui stesura ha visto la partecipazione di eminenti esperti nei campi della salute e dell’ecologia, ha identificato nelle sostanze tossiche una delle prime cause alla base della diffusione delle malattie croniche a cui stiamo assistendo.
VA SOTTOLINEATO CHE EAT, tramite FrESH, è in partnership con l’industria del cibo spazzatura, e con grandi aziende quali Bayer, Basf, Cargil, Pepsico ed altre ancora. Questo «Cartello dei Veleni» composto da grandi aziende ha contribuito ad oltre il 50% delle emissioni di gas serra che gravano sul cambiamento climatico, alla diffusione delle malattie croniche legate alla presenza di sostanze chimiche nei nostri cibi, alla mancanza di diversità nelle nostre diete, alla distribuzione massiva di cibo industriale, trasformato e sostanzialmente «finto».
SI POTREBBE RI-NOMINARE questo report come «la dieta di YARA e del Cartello dei Veleni». YARA è la più grande azienda produttrice di fertilizzanti chimici al mondo. L’utilizzo di fertilizzanti azotati sintetici a base di combustibili fossili costituisce uno dei principali fattori che contribuiscono alla crisi climatica, alle «zone morte» negli oceani e al degrado dei suoli. Invece di riconoscere il ruolo chiave dell’agricoltura biologica e dell’agroecologia nell’offrire soluzioni sostenibili per il ripristino dell’ormai danneggiato ciclo dell’azoto, il report suggerisce «la redistribuzione dell’uso globale di azoto e fosforo», che è come dire: le sostanze chimiche devono essere ora diffuse anche nei paesi in via di sviluppo.
E ANCORA CITIAMO DAL RAPPORTO: «Molti dei paesi sviluppati applicano azoto in eccesso, con livelli di applicazione che superano quelli necessari per ottenere i rendimenti richiesti. Al contrario, molti dei paesi in via di sviluppo registrano rendimenti che rappresentano solo la metà di quelli che potrebbero essere ottenuti se si applicassero quantitativi adeguati di fertilizzanti, con le corrette tempistiche… Nelle aree di deficit, è possibile aumentare l’input di azoto per aumentare i rendimenti delle colture senza avere conseguenze negative sull’ambiente».
Ma quello di cui abbiamo bisogno non è un’inutile redistribuzione nell’uso delle sostanze chimiche che stanno distruggendo il pianeta. Questo è ciò che promuovono anche la Gates Foundation ed AGRA, in un contesto in cui, invece,
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