NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI
5 NOVEMBRE 2018
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
FRATELLI
(Mariano, 15 luglio 1916)
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
GIUSEPPE UNGARETTI, Vita di un uomo. Tutte le poesie, Mondadori, 1969, pag. 39
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
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EDITORIALE
Fascistometro
Manlio Lo Presti 3 11 2018
La vedova nera del canale televisivo LA7 continua il suo martellamento buonista neomaccartista.
Allo scopo ha smosso l’autrice del FASCISTOMETRO, posto in appendice del suo libro, prontamente pubblicizzato dalla ridetta vedova nera.
Ogni possibilità è buona per bombardare questo governo, anche con personaggi molto dubbi che accettano la regola UNO VALE UNO solo per le urne, ma poi predicano una repubblica guidata da una aristocrazia della cultura (quella ANTIFA NEOMACCARTISTA QUADRISEX ANTROFOFAGA, ovviamente).
Si tratterebbe di un governo di pochi ARCONTI – di infausta e triste memoria – che brucerebbero qualsiasi atto a LORO contrario e quindi anche altri ROGHI DI LIBRI e persecuzioni di tutti coloro che hanno avuto la sfacciataggine di non aver votato i partiti sconfitti.
I votanti dell’attuale governo sono da considerare (fascisticamente) subumani imbecilli, dei minus habens che non meritano rispetto e che devono essere sterminati e sostituiti dai c.d. immigrati VIOLENTATORI antropofagi e anche “GEOMETRICI”.
Una immigrazione “arma politica” forzata e volutamente caotica, peraltro finanziata con 6000 euro a capoccia dall’UE: un affare di miliardi mentre gli italiani demmerda rompono solo i cabbasisi e non votano come “dovrebbero”…
Eppoi, il GOVERNO DEGLI ARCONTI INTELLETTUALI è una idea elitista per la quale una “minoranza di cultura e con le competenze” deve insegnare al popolo, con colpi di scudisciate, a votare CORRETTAMENTE: e poi i fascisti sono gli altri!!!!!!!!!!!!
MA MI FACCIA IL PIACERE!
P.S. quando sarà messo mano al controllo del 90percento dell’informazione da parte del 19percento?
COSA ASPETTIAMO, I NUOVI ROGHI DEI LIBRI NELLE PIAZZE?
Ne riparleremo …
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10217723385865988&id=1520773895
Anche l’insigne prof. Galimberti è caduto nella trappola neomaccartista.
Manlio Lo Presti 4 11 2918
Anche il bravissimo prof. Galimberti è caduto nella trappola neomaccartista.
Pongo quattro questioni con piglio filosofico:
1) chi dovrebbe istruire le masse di merda e bovine che HANNO LA COLPA MORTALE di non aver votato PD et alii;
2) chi dovrebbe stabilire i CONTENUTI dei corsi di istruzione (stile condizionamento maoista);
3) chi dovrebbe stabilire i tempi curriculari di insegnamento;
4) chi dovrebbe decidere coloro che saranno bollati MINUS HABENS DA RICONDIZIONARE al paradiso ANTIFA BUONISTA IMMIGRAZIONISTA…
Ci sarebbero i soliti COMPETENTI TECNICI per la bisogna!
Non c’è che dire! Un bel disegno autoritario orwelliano gestito da un numero ristretto di ARCONTI PADRONI DEL BISPENSIERO.
Anche l’eletto professorone è diventato un altro martello del neomaccartismo antifa buonista quadrisex antropofago.
Non lo faccia più professor Galimberti.
Il suo prestigio internazionale non ha bisogno di questi spettacoli circensi.
Non si faccia coinvolgere da questa massa di professionisti del bispensiero stile Orwell …
Prosegua le sue ricerche filosofiche, finora di sommo interesse!
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Cottarelli invitato fisso a Chetempochefa in prima serata su RAI 1
Manlio Lo Presti 4 novembre 2018
Fa parte del piano questo quarto o quinto invito dell’economista da Fazio E QUINDI – COME PREVISTO DAL PIANO PROMOZIONALE stabilito dagli spin doctors – stasera 4 novembre 2018 a RAI 1 IN PRIMA SERATA.
Il celebre invitato dal buonista titolare di chetempochefa, è stato un altissimo dirigente del Fondo Monetario Internazionale della Lagarde e di Padoan e quindi, è un PRETORIANO DEGLI AMERICANI.
Il suo presenzialismo ubiquitario è la premessa del percorso che lo poterà ad essere il capo del V-VI-VII-VIII governo non eletto, dopo lo sterminio economico e sociale della penisola che si sta attuando anche con il caos del territorio, causato da una guerra climatica ben calibrata contro di noi e contro questo governo eletto da 20.000.000 di italiani demmerda che hanno avuto la sfacciataggine di non aver votato gli uomini dell’asse INFERNALE anglofrancotedescoUSA, PER CUI IL LORO VOTO E’ QUELLO DEGLI EBETI SOTTOUMANI CHE VANNO ELIMINATI CASA PER CASA.
L’illustre invitato della rubrica CHETEMPOCHEFA avrà IL COMPITO DI INVOCARE lo stato d’emergenza PER CONGELARE I DIRITTI CIVILI. Durante questa sospensione, deve assicurare lo sbarco ogni mese di almeno 100.000.000 c.d. immigrati risorse geometriche antropofagi e violentatori sul territorio della ex-italia.
Il ricavo per l’imbarco di 2.400.000.000 di c.d. immigrati/risorse geometriche – pagate 6000 euro ciascuno dall’UE – in due anni sarà pari a euro 14.400.000.000 (quattordicimiliardiquattrocentomila)!!!!!!!!!
Una somma faraonica che sarà divisa fra: 8 MAFIE, CASE ACCOGLIENZA, COOP, STATO TEOCRATICO, politici sconfitti.
Il gioco è fatto.
Come diceva saggiamente il banchiere Goldman, dietro ai motivi buonistici (in questo caso, degli africani in affogamento), si evidenzia il motivo VERO: TUTTA UNA QUESTIONE DI PICCIOLI
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IN EVIDENZA
Le fucilazioni sommarie nella Prima guerra mondiale
Le guerre si portano, a guisa di tragico corredo, una infinita serie di orrori e di costi, centinaia di migliaia di morti sul campo, negli ospedali, di invalidi destinati a misera esistenza, di prigionieri. Uno degli aspetti più sconvolgenti riguardò, tra il 1914 ed il 1918, la repressione interna per il mantenimento della disciplina tra i soldati, cioè la “fucilazione per l’esempio” (termine diffuso in Francia) o fucilazioni “sommarie”, termine italiano. Già il 24 maggio 1915 Luigi Cadorna stabiliva nella sua circolare nr. 1 che: ”Il Comando Supremo vuole che, in ogni contingenza di luogo e di tempo, regni sovrana in tutto l’esercito una ferrea disciplina.”. Per mantenerla ”si prevenga con oculatezza e si reprima con inflessibile vigore”.
Il 28 settembre dello stesso anno, il “Reparto disciplina, avanzamento e giustizia militare” del Comando Supremo, con la circolare 3525, poneva le basi per le fucilazioni sommarie, dettando la procedura per l’intervento di repressione di fronte all’apparire di gravi sintomi di “indisciplina individuale o collettiva nei reparti al fronte”. Al punto terzo delle circolare 3525 era scritto che “… il superiore ha il sacro diritto e dovere di passare immediatamente per le armi i recalcitranti e i vigliacchi. Per chiunque riuscisse a sfuggire a questa salutare giustizia sommaria, subentrerà inesorabile quella dei tribunali militari.” Il Codice Penale militare in vigore per l’Esercito nel 1915 era ancora quello del 1859 con poche e marginali modifiche; a sua volta quest’ultimo si rifaceva al codice voluto da Carlo Alberto nel 1840. Gli strumenti per ottenere una ferrea disciplina erano: • Tribunali militari di guerra , che operavano seguendo le norme in vigore ed adottando anche le procedure per la tutela dei diritti degli imputati • Tribunali straordinari , convocati secondo necessità, si distinsero per le decisioni sbrigative e per la quasi totale mancanza di diritti garantiti agli imputati. Si trasformarono presto in tribunali sommari. • Esecuzioni senza processo, conseguenti alla produzione di circolari ad integrazione del Codice penale militare, che ampliava a dismisura l’articolo 40 del Codice stesso. Di questa misura repressiva doveva però rimanere almeno una traccia a verbale. • Esecuzioni sommarie , ovvero la possibilità per ufficiali e sottufficiali di soppressione immediata del soldato reo di comportamenti che potevano compromettere la riuscita di operazioni e/o la sicurezza del reparto. Molto spesso di queste esecuzioni non rimase traccia. Di esecuzioni sommarie, tribunali straordinari, dei metodi repressivi in genere con cui si era voluto mantenere alta nel soldato la fede nella vittoria, insomma della gestione Cadorniana degli uomini, se ne occupò il Tenente Generale Donato Tommasi in una Relazione che fu voluta dalla Commissione per i fatti di Caporetto ed allegata agli atti della stessa. La chiave interpretativa di questo documento può essere racchiusa nel seguente giudizio, espresso da un deputato indipendente durante una discussione alla Camera: “Cadorna
Museo Civico del Risorgimento di Bologna
agiva come se fosse a capo di un esercito di soldati mercenari e non di cittadini soldati”. A sostegno di questo punto viene citata la circolare riservata nr. 2910 del 1 novembre 1916, nella quale Cadorna, dopo aver approvato due decimazioni, aggiungeva: “..ricordo che non vi è altro mezzo idoneo a reprimere reato collettivo che quello della immediata fucilazione dei maggiori
Continua qui: https://www.storiaememoriadibologna.it/files/vecchio_archivio/prima-guerra/f/fucilazioni.pdf
Fucilazioni nella Grande Guerra: una messa a punto
Di Redazione – 4 aprile 2015
Ha fatto molto discutere la proposta, avanzata da 70 parlamentari del Pd, volta a “restituire l’onore e il rango di caduti per la Patria ai soldati caduti sotto il fuoco amico”, cioè sostanzialmente a riabilitare i disertori della Prima guerra mondiale. Per approfondire l’argomento oltre la solita vulgata anti-italiana proponiamo uno stralcio tratto da La battaglia del Solstizio. Piave, giugno 1918 di Pierluigi Romeo di Colloredo (282 pagine, 46 foto, 2 cartine, Euro 25,00, Edito dall’Associazione ITALIA), in cui si spiega come le azioni repressive nell’esercito italiano furono in realtà assolutamente inferiori a quelle di altri eserciti (che pure oggi nelle rispettive patrie nessuno si sogna di processare) [IPN].
MALGOVERNO DELLA TRUPPA E REPRESSIONI
Riguardo al malgoverno della truppa, soprattutto sull’utilizzo della pena di morte e sulle forti perdite durante la gestione Cadorna, si son dette numerose inesattezze; non è dunque inutile esaminare la questione, sia pure rapidamente, confrontando la situazione del fronte italiano con quella del fronte occidentale.
Giorgio Rochat scrisse in un suo studio sulla I Guerra Mondiale pubblicato da Feltrinelli nel 1976 (L’Italia nella Prima Guerra Mondiale, Milano 1976) che nell’esercito italiano vi erano state più condanne a morte che in quello francese, ed anche decimazioni, in Francia non praticate: in Francia inoltre non fu fatto ricorso che in casi rarissimi ad esecuzioni sommarie e mai a decimazioni
Continua qui: http://www.ilprimatonazionale.it/cultura/fucilazioni-nella-grande-guerra-una-messa-a-punto-20458/
La giustizia militare
Dopo il primo anno di guerra, il morale dei soldati, per niente entusiasta, non poté che peggiorare. L’anno che precede Caporetto, fu costellato di punizioni inflitte e, anche il cambio del Comando Supremo (Diaz), non migliorò la situazione. Le punizioni o i ferri a cui erano sottoposti nel passato gli eserciti professionali, erano mal digerite dalla leva popolare. In determinate circostanze l’esecuzione sommaria (senza una condanna dibattimentale) veniva eseguita sul posto. Capello, comandante della II armata, era tristemente famoso per i metodi già sperimentati in colonia e per i suoi discorsi alle truppe inframmezzati da ingiurie e minacce. Le prime esecuzioni sommarie si ebbero sull’Altopiano di Asiago nel 1916 quando Cadorna di fronte al panico delle truppe ordinò di fucilare alcuni ufficiali e soldati. In un caso di malcontento prima di un assalto, si procedette alla decimazione (pratica che si crede invece inventata dai tedeschi) estraendo casualmente 1 soldato ogni dieci dai ranghi e riducendo ulteriormente il loro numero con un’altra estrazione: costoro vennero poi passati per le armi. Ai granatieri venne ordinato di scavare nuove trincee in un “Lenzuolo Bianco”. Così era definito un pezzo di terra nel quale avevano trovato sepoltura provvisoria i caduti di precedenti assalti. L’ordine fu ribadito, tacciando i soldati di codardia al fuoco e i granatieri dovettero disseppellire parzialmente i cadaveri e con questi convivere per mesi.
Quando le trincee erano molto ravvicinate, e quindi non soggette ai tiri d’artiglieria di entrambe le parti, succedeva spesso che fra nemici ci si scambiassero opinioni ed anche generi di conforto diversi. “Ho punito due alpini” notava un ufficiale ” perché erano usciti nottetempo con un piffero per recarsi sotto le trincee nemiche” . Un giorno di Pasqua la distanza fra i belligeranti era diventata talmente sottile che, da entrambe le parti, dalle retrovie, si fu costretti a sparare un colpo di cannone per ripristinare l’ostilità. Sulle trincee e sui comandi aleggiava lo spettro della “Tregua di natale” del fronte occidentale e la paura che si ripetesse in Italia. |
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le pesanti conseguenze http://www.cimeetrincee.it/fucilazi.htm http://www.cimeetrincee.it/longa.htm http://www.cjargne.it/alpinortis.htm#GRANDE%20GUERRA%A0 | ||
L’azione del comando supremo si svolse in diverse direzioni: da un lato faceva pressioni sui collegi giudicanti perché non si discostassero dalle richieste che avanza l’avvocatura militare (un preponderante numero di giudici erano formati da ufficiali di complemento che venivano quindi dalla vita borghese) d’altra parte invitavano gli ufficiali presenti nella trincea ad usare le estreme misure per punire codardi e vigliacchi (si chiamavano esecuzioni sommarie ed erano “legalmente normali”). Intere brigate furono tenute inchiodate al posto di combattimento sotto la minaccia dei fucili e delle mitraglie | Il 4 agosto 1916, nei ranghi del 47° Btg Bersaglieri, vi furono tre fucilati per diserzione e il 31 ottobre, nel 6° reggimento, 6 fucilati per rivolta. Il 47°, venne coinvolto il 10 ottobre, in un attacco a Jamiano fiancheggiato dalla brigata Modena (41/42) e dalla brigata Padova (117/118). La direzione di attacco e la penetrazione raggiunta nelle linee nemiche, non contemporanea ai reparti fiancheggiatori, comportarono un successivo ripiegamento e costi umani per il rinnovo della azione. Il comandante, maggiore Cortese, disperso nella azione, ritenuto responsabile degli errati comandi, fu proposto per una inchiesta qualora fosse riapparso anche dalla prigionia. L’inchiesta istituita doveva chiarire i seguenti quesiti:
1- I Bersaglieri si erano spinti fino al paese abbandonato per saccheggiarlo? (considerazione negativa che si aveva del bersagliere fin dai tempi del 12°) L’inchiesta si risolse con un nulla di fatto, ma ciò dà il senso del clima che si respirava in quel periodo al fronte. |
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Così Gabriele D’Annunzio descrive la fucilazione di alcuni fanti della brigata Catanzaro, due volte decorata di medaglia d’oro e considerata una delle più valide unità di fanteria: “Di spalle al muro grigio furono messi i fanti condannati alla fucilazione, tratti a sorte dal mucchio dei sediziosi……Siete contadini. Vi conosco alle mani. Vi conosco al modo di tenere i piedi in terra. Non voglio sapere se siete innocenti, se siete colpevoli. So che foste prodi, che foste costanti. La legione tebana, la sacra legione tebana, fu decimata due volte. Espiate voi la colpa? O espiate la patria contaminata?……Il Dio d’Italia vi riarma e vi guarda.” La brigata Catanzaro, 141-142° Rgt, come tante altre, aveva avuto i suoi giorni in linea (23 e 24 maggio) e pur con perdite notevoli era stata ricondotta in trincea (Hermada) 10 giorni dopo. Ritirata nuovamente a Santa Maria La Longa, paesino della bassa friulana il 24 giugno (64% gli effettivi) si paventò da subito un suo reimpiego. Il parroco del paese aveva avuto sentore che qualcosa si andava tramando, dai discorsi fatti nelle osterie. Credette suo dovere mettere sull’avviso il comandante della Brigata, ma fu tranquillizzato dal fatto che quelle erano ritenute normali lamentele. Quando di lì a qualche giorno la Brigata ricevette l’ordine di tornare al fronte, la sommossa divampò. Alle 22.30 del 15 luglio, con un violento fuoco di fucileria, razzi multicolori ascesero il cielo per dare il segnale della rivolta ad altre Brigate. Furono uccisi un capitano e un tenente addetti al Comando e la truppa in rivolta si apprestò ad assalire la residenza di Gabriele D’Annunzio adiacente un campo d’aviazione. Viene dato l’allarme al Comando Supremo a Udine. Nel cuore della notte gruppi di artiglieria, carabinieri e squadroni di cavalleria circondano la Brigata Catanzaro. Verso le 3 del mattino la rivolta è spenta. Tre ufficiali e quattro carabinieri erano rimasti uccisi. Si istruì il processo per direttissima a seguito del quale 28 militari furono condannati a morte, passati per le armi e gettati in una fossa comune. Qualche ora dopo, sotto buona scorta la Catanzaro fu rispedita nella bolgia. Lungo la strada altri dieci vennero condannati e fucilati per insubordinazione di fronte al nemico. Facevano parte di quei 114 uccisi con esecuzione sommaria. | ||
Continua qui: https://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/giustizia.htm
Le punizioni dei soldati italiani nella Prima guerra mondiale
Uno degli aspetti meno conosciuti della vita in trincea e in retrovia fu quello delle punizioni e dei processi ai soldati.
Fonte: http://www.itinerarigrandeguerra.it/La-Punizione-Dei-Soldati-Nella-Prima-Guerra-Mondiale
Si trattò di un fenomeno diffuso che coinvolse indistintamente centinaia (e forse migliaia) di uomini. Luigi Cadorna infatti, sin dall’inizio della guerra, aveva ordinato la massima severità per il mantenimento della disciplina e il rispetto dell’autorità. Atteggiamento che, nel corso del conflitto, si irrigidì sempre di più assumendo spesso i contorni di una spietata crudeltà.
I soldati che si rifiutavano di uscire dalle trincee durante un assalto ad esempio potevano essere colpiti alle spalle dai plotoni di carabinieri mentre la censura in trincea divenne ogni giorno più oppressiva.
Qualsiasi lettera scritta dai soldati non poteva contenere informazioni diverse da quelle pubblicate dai giornali italiani e doveva trasmettere entusiasmo per la guerra. Chi non rispettava queste indicazioni rischiava la condanna al carcere militare.
L’aspetto più tragico e crudele furono però le condanne a morte a carico dei soldati. È stato calcolato che tra l’ottobre del 1915 e l’ottobre del 1917 furono eseguite circa 140 esecuzioni capitali dovute ai motivi più disparati. Inizialmente questo provvedimento fu preso solo in casi di estrema gravità (ad esempio per diserzione o spionaggio) ma successivamente si estese anche a casi apparentemente meno gravi. Un soldato poteva essere fucilato per essere ritornato in ritardo dopo una licenza oppure per essere stato sorpreso a
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DENATALITA’, IL PROBLEMA CRUCIALE
di Roberto PECCHIOLI – 31 ottobre 2018
Se chiediamo a un campione di cittadini mediamente informati e di buona istruzione quale sia il problema più grave dell’Italia, otterremo una notevole varietà di risposte. Alcuni parleranno dell’immigrazione, moltissimi della disoccupazione, altri della perdita dei diritti sociali, qualcuno del declino dei principi morali, della corruzione e così via. La nostra tesi è diversa: la questione più rilevante è la denatalità. Un popolo che non fa figli è destinato a finire per consunzione biologica. Si trascina nell’egoismo, nella sfiducia del futuro, nella chiusura mentale, nel rifiuto stesso della vita. Poiché la natura ha orrore del vuoto e altrove la pressione demografica è immensa, qualcuno, fatalmente, ci sostituirà. La civiltà in cui siamo nati sparirà e l’Italia diventerà un concetto del passato. La studieranno sui libri di storia.
Il presente intervento si pone un obiettivo: affermare che le culle vuote sono il problema più grave e urgente della nazione e le difficoltà economiche, finanziarie e sociali nelle quali ci dibattiamo hanno tra le cause scatenanti l’invecchiamento e la conseguente diminuzione della popolazione. Forse non è del tutto vero, come pensava Benito Mussolini, che il numero è potenza, ma certamente, in un tempo che aspira alla crescita infinita, perdere popolazione è un elemento di profonda debolezza, il segnale visibile del declino. Nel presente, solo gli argomenti legati all’economia o agli interessi riescono a convincere. Per questo rinunciamo alla mozione dei sentimenti, all’appello in favore della nostra civiltà, al patriottismo, alla necessità di salvare dall’estinzione la nostra nazione. La nostra tesi è che la continuità biologica del popolo italiano conviene, è il migliore investimento per il futuro, un grosso affare per tutti e per ognuno.
Partiamo da alcune cifre. La discesa delle nascite è iniziata alla metà degli anni 70 del secolo passato ed è proseguita con moto accelerato sino all’attuale inverno demografico. I nuovi nati, da allora, sono diminuiti del 50 per cento: è un dato drammatico e ogni statistica annuale certifica un nuovo primato negativo. In una popolazione, per riprodursi senza aumentare, il tasso di fertilità non deve essere inferiore a 2,1 per ciascuna donna in età feconda. La media attuale è di 1,35. Entro pochi anni, la popolazione diminuirà di ben dieci milioni. Noi pensiamo che sia un male, un evento epocale a cui porre rimedio senza ricorrere alla soluzione perseguita dalle oligarchie di potere, ovvero la sostituzione degli italiani con popolazioni di altra origine, cultura, etnia.
Un dato inconfutabile dovrebbe far riflettere: la curva del debito pubblico ha iniziato la sua impennata da quando ha cominciato a calare la natalità. Le uniche province italiane in cui il numero dei nati supera quello dei morti sono quelle di Trento e Bolzano. In Alto Adige è attiva un’agenzia per la famiglia dotata di fondi e di idee, tanto che l’Istat ha ammesso che se quelle politiche fossero estese all’Italia intera, figureremmo tra gli Stati europei con la più elevata natalità. Vi sono dunque soluzioni, per quanto fatalmente di lungo periodo, al di là degli immensi mutamenti antropologici e valoriali dell’ultimo mezzo secolo.
Il libro più interessante sull’argomento è il recente La culla vuota della civiltà, scritto a quattro mani da un politico, l’attuale ministro per la famiglia Lorenzo Fontana e da un economista, banchiere e docente di grande prestigio
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Mazzini e la dottrina dell’assassinio
Lino Palma – 4 novembre 2018
Sin dall’età di 23 anni, come ci informa il massone Doria, Giuseppe Mazzini concepì il suo progetto di assassinare Sua Maestà l’Imperatore d’Austria e il Principe di Metternich, e nei primi anni di militanza nella Carboneria, egli frequentò assiduamente l’omicida Sgarzaro (che si era vantato di aver annegato ben 53 frati gettandoli, legati a due a due, nel mare aperto dalla sua nave), e il futuro assassino Argenti che aveva cercato di interessare la Carboneria al suo piano di assassinare il Principe di Metternich.
Fu con la “Giovine Italia”, fondata nel 1831, che Giuseppe Mazzini, “nel suo stile magniloquente”, mise a punto la sua “dottrina dell’assassinio” politico, la quale colpiva, in modo spietato, non solo i traditori e chi non obbediva agli ordini: “dovranno essere uccisi sul posto”, “pugnalati senza alcuna pietà”, “abbattuti da una mano invisibile”, ma anche gli avversari politici, per i quali il titolo di “tiranno”, emesso da uno dei Tribunali segreti da lui controllati, era sufficiente “per far mettere a morte ogni persona colpita da anatema».
«Un gran numero di ispettori di polizia, generali e uomini politici furono assassinati su ordine di questi Tribunali, e le Logge massoniche fornivano la loro assistenza in questo lavoro» (24).
La “dottrina dell’assassinio” politico di Mazzini fu persino denigrata, nel 1838, dai
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Il golpe è servito
Tutti gli uomini italiani del cartello finanziario che ci ha tolto la sovranità
Maurizio Blondet – 31 ottobre 2018
Video qui: https://youtu.be/r6mEH6VQO6I
Cosa hanno in comune Andreatta, Amato, Prodi, Ciampi, Draghi, Monti e Letta? Quali sono i
Germania: La crisi delle violenze sessuali commesse dai migranti continua a seminare terrore e distruzione
Le donne e i minori vengono sacrificati sull’altare della correttezza politica
di Soeren Kern – 23 aprile 2018 RILETTURA
Pezzo in lingua originale inglese: Germany: Migrant Rape Crisis Still Sowing Terror and Destruction
Traduzioni di Angelita La Spada
Il presidente dell’Associazione dei funzionari della polizia criminale tedesca, André Schulz, afferma che fino al 90 per cento dei reati sessuali commessi in Germania non compare nelle statistiche ufficiali.
- “C’è l’ordine preciso da parte delle autorità di non segnalare i crimini commessi dai profughi”, ha detto a Bild un alto funzionario della polizia di Francoforte. “Soltanto le richieste specifiche da parte dei rappresentanti dei media su tali reati devono ricevere risposta.”
- Il problema dei reati sessuali perpetrati dai migranti in Germania è aggravato dal sistema giudiziario indulgente del paese, un sistema in cui i criminali ricevono condanne relativamente miti, anche per reati gravi.
In molti casi, gli individui che sono arrestati per crimini a sfondo sessuale vengono rilasciati dopo essere stati interrogati dalla polizia. Questa pratica consente ai sospetti criminali di continuare a delinquere rimanendo di fatto impuniti.
L’ondata di reati sessuali commessi dai migranti in Germania non conosce tregua. Le statistiche preliminari mostrano che nel 2017 gli immigrati hanno commesso più di una dozzina di stupri o di aggressioni sessuali al giorno, reati che si sono quadruplicati dal 2014, l’anno in cui la cancelliera Angela Merkel ha consentito a più di un milione di migranti, per lo più maschi, provenienti dall’Africa, Asia e dal Medio Oriente di entrare nel paese.
Un rapporto trimestrale – La criminalità nel contesto della migrazione (Kriminalität im Kontext von Zuwanderung) –, pubblicato dalla Polizia criminale federale (Bundeskriminalamt, BKA) ha mostrato che i migranti (Zuwanderer, definiti richiedenti asilo, rifugiati e migranti illegali) hanno commesso 3.466 reati a sfondo sessuale durante i primi nove mesi del 2017 – circa 13 al giorno. (Le statistiche definitive sulla criminalità per il 2017 non saranno pubblicamente disponibili fino al secondo trimestre del 2018.) A titolo di confronto, in tutto il 2016 i migranti hanno commesso 3.404 crimini sessuali, circa 9 al giorno; nel 2015, ne sono stati perpetrati 1.683, circa 5 al giorno; nel 2014, 949, ossia circa 3 al giorno; e nel 2013, sono stati commessi 599 reati sessuali, circa due al giorno.
Si ritiene, però, che il numero effettivo di tali reati commessi in Germania dai migranti sia molto più alto del numero ufficiale. Ad esempio, i dati della BKA includono soltanto i crimini che sono stati risolti (aufgeklärten Straftaten). In media, solo circa la metà di tutti i reati commessi nel paese in un dato anno sono risolti (Aufklärungsquote), secondo le statistiche della polizia.
Il presidente dell’Associazione dei funzionari della polizia criminale tedesca, André Schulz, afferma che fino al 90 per cento dei reati sessuali commessi in Germania non compare nelle statistiche ufficiali.
La polizia tedesca omette di frequente qualsiasi riferimento ai migranti nei rapporti sulla criminalità. Quando lo fa, spesso menziona i migranti che delinquono usando eufemismi politicamente corretti come “persone del sud” (Südländer), uomini dalla “pelle scura” (dunkelhäutig, dunklere Gesichtsfarbe, dunklem Hauttyp) o combinando i due termini, ossia uomini dalla “carnagione scura da individui del sud” (südländische Hautfarbe). Questa pratica, apparentemente volta a dissociare gli aggressori dall’Islam, rende di fatto impossibile per i cittadini tedeschi aiutare la polizia a identificare i sospetti.
“C’è l’ordine preciso da parte delle autorità di non segnalare i crimini commessi dai profughi”, ha detto a Bild un alto funzionario della polizia di Francoforte. “Soltanto le richieste specifiche da parte dei rappresentanti dei media su tali reati devono ricevere risposta.”
L’emergenza stupri in Germania ad opera dei migranti continua fino a oggi. Nonostante il crescente numero di vittime, molti dei crimini non vengono denunciati o vengono sminuiti come episodi isolati (Einzelfall) da parte delle autorità tedesche e dei media, a quanto pare per evitare di alimentare i sentimenti anti-immigrazione.
- Il 18 febbraio 2018, una donna di 33 anni è stata stuprata in un cimitero di Bochum. L’aggressore l’ha aggredita alle spalle e colpita alla testa con una pietra, facendole perdere conoscenza. Poi, l’ha ripetutamente violentata. La polizia di Bochum ha taciuto su quanto accaduto fino a quando non è stata sollecitata a parlarne dal Rheinische Post, un quotidiano locale. Successivamente è emerso che lo stupratore era già stato condannato per reati sessuali e aveva frequentato un programma “riabilitativo” per poi essere rilasciato dalla custodia.
Le autorità del Nord Reno-Westfalia (NRW) pare abbiano soppresso le informazioni sullo stupro per evitare il diffondersi di preoccupazioni da parte dell’opinione pubblica in merito alla recidività dei pregiudicati per crimini sessuali. L’insabbiamento della polizia ha scatenato l’indignazione pubblica. “I cittadini hanno diritto di sapere che chi viene condannato per reati sessuali rappresenta un pericolo reale quando torna in libertà”, ha detto un ispettore capo. “Quando succede qualcosa di così orribile come quello che è accaduto a Bochum, va detto chiaramente, senza tentennamenti ed esitazioni. Quando informazioni così importanti vengono tenute nascoste all’opinione pubblica, la gente pensa che tutto vada bene e che ovviamente gli autori di tali reati non saranno recidivi”. Un portavoce della polizia ha detto che il silenzio stampa era per proteggere la vittima: “Gli psicologi ci dicono che questo è spesso molto stressante per le vittime”. Dopo le aspre polemiche, la polizia di Bochum ha ammesso di aver commesso un “errore”.
- Il 22 febbraio, una studentessa inglese di 18 anni, durante una gita scolastica a Berlino è stata violentata da due uomini dopo che si era allontanata dal suo gruppo. È stata ricoverata in ospedale per due giorni. La polizia di Berlino ha taciuto sullo stupro fino a quando la ragazza non ha fatto ritorno in Gran Bretagna e i suoi genitori hanno contattato i media britannici, i quali hanno riportato la notizia. In seguito alle pressioni esercitate da Journalisten Watch, un’organizzazione che opera a favore della trasparenza mediatica, la polizia di Berlino ha ammesso di aver arrestato due uomini in relazione allo stupro, i quali però sono stati rilasciati per mancanza di prove (Haftgründe lagen nicht vor).
- Il 26 gennaio, un uomo “asiatico o nordafricano” (orientalisch bis nordafrikanischer Herkunft) ha cercato di violentare una studentessa della Goethe University di Francoforte. In seguito è emerso che altre tre ragazze erano state aggredite da un uomo che secondo la polizia è lo stesso individuo. Sebbene le aggressioni siano avvenute il 6 ottobre, il 29 dicembre e il 6 gennaio, i funzionari universitari hanno informato le allieve della presenza nel campus di un molestatore sessuale soltanto il 2 febbraio, quattro mesi dopo la prima aggressione.
- L’11 gennaio, due ragazze di 15 anni sono state molestate sessualmente da un uomo non identificato su un vagone della metropolitana a Monaco. Una delle giovani è riuscita a scattare una foto dell’uomo, ma la polizia si rifiuta di rendere pubblica l’immagine. In un comunicato stampa la polizia chiede aiuto ai cittadini per rintracciare l’uomo, descritto come segue: “Maschio, età 20 anni, altezza 1 metro e 70 centimetri, corporatura magra, vestito con giaccone rosso, pantaloni scuri, scarpe nere”.
- Il 10 gennaio, la polizia di Magdeburgo ha diffuso una foto di un uomo dalla “pelle scura” (dunkle Hautfarbe) sospettato di aver violentato e ferito gravemente una donna alla stazione centrale il 27 giugno 2017. La polizia non ha spiegato il motivo per cui ha aspettato più di sei mesi per rendere pubblica l’immagine dell’uomo.
- Il 4 gennaio, un uomo di 24 anni ha stuprato una donna in una scuola di Hannover. La polizia non ha rilasciato informazioni sulla nazionalità dell’uomo. Bild ha fornito i dettagli mancanti: è albanese. Un quotidiano locale, Hannoversche Allgemeine, aveva inizialmente riportato la notizia che l’uomo fosse originario dell’Albania, ma un’ora dopo ha “aggiornato” il dettaglio rimpiazzando la parola “Albania” con “Balcani”.
Molti stupri e aggressioni sessuali si verificano sui mezzi pubblici o negli snodi del trasporto pubblico, come gli autobus e le stazioni ferroviarie. Il problema è particolarmente grave a Berlino, dove, nel 2017, la polizia ha ricevuto 296 segnalazioni di aggressioni sessuali avvenute su autobus e treni, quasi il doppio rispetto al 2016, secondo il Bild.
Il 4 marzo, ad esempio, un egiziano di 30 anni che aveva violentato almeno quattro donne nelle stazioni della metropolitana di Berlino, o in prossimità di esse, si è costituito, dopo che la polizia aveva pubblicato le sue foto tratte dai filmati delle telecamere di sorveglianza. L’uomo sceglieva le sue vittime mentre viaggiava sui vagoni della metropolitana. Incrociava il loro sguardo Le adocchiava, e dopo averle seguite all’esterno delle stazioni le stuprava. La polizia di Berlino ha soppresso le informazioni sulla nazionalità dell’uomo. Il Berliner Zeitung ha fornito i dettagli mancanti: era nato in Egitto.
Il 28 febbraio, diverse donne sono state vittime di molestie sessuali da parte di un richiedente asilo siriano di 18 anni, su un treno diretto a Monaco. Il giovane si aggirava sistematicamente tra i vagoni del treno ed entrava in quegli scompartimenti in cui le donne erano sedute da sole. È stato arrestato quando il treno è arrivato alla stazione centrale di Monaco. La polizia ha detto che l’uomo ha una lunga fedina penale.
Il 10 gennaio, un richiedente asilo di 31 anni del Ciad ha molestato sessualmente due ragazze adolescenti su un treno espresso regionale proveniente da Müllheim. La polizia ha detto che l’uomo aveva già molestato le giovani sul marciapiede della stazione prima della partenza del treno. Poi, a bordo del treno, l’uomo si è seduto vicino a loro e ha cominciato a palpeggiarle. Quando le ragazze si sono spostate in un altro scompartimento, l’aggressore le ha seguite e ha continuato a molestarle. Le giovani sono poi riuscite a chiudersi dentro un bagno del treno e hanno chiamato la polizia. L’uomo è stato arrestato quando il treno è arrivato a Friburgo. La polizia ha detto che l’uomo – che ha molte condanne pendenti per altri reati a sfondo sessuale – era stato arrestato il giorno prima per aver aggredito una donna su un altro treno, ma poi rilasciato.
Le aggressioni sui mezzi pubblici si sono ora diffuse in tutte le parti della Germania, nelle grandi e nelle piccole città:
- Francoforte, 28 febbraio. Un richiedente asilo etiope di 29 anni ha molestato sessualmente su un treno una donna di 34 anni.
- Weilburg, 24 febbraio. Un uomo “del sud” (Südländer) si è masturbato davanti a una ragazza di 18 anni a bordo di un autobus interurbano diretto a Weilmünster. La polizia ha detto che l’uomo è salito sul pullman, si è seduto accanto alla ragazza, si è masturbato e poi è sceso alla fermata successiva.
- Mühlhausen, 13 febbraio. Sei “uomini nordafricani” (Männer nordafrikanischer Herkunft) hanno aggredito sessualmente una 17enne su un treno regionale proveniente da Erfurt.
- Friedrichshafen, 15 febbraio. Un uomo “dall’aspetto asiatico (orientalisches Aussehen) si è masturbato davanti a una donna su un treno.
- Heilbronn, 14 febbraio. Un “uomo dall’aspetto arabo” (arabisch aussehende Mann) ha molestato sessualmente a una fermata dell’autobus una donna di 26 anni incinta.
- Amburgo, 12 febbraio. Un richiedente asilo afgano di 18 anni ha aggredito sessualmente una donna di
Continua qui: https://it.gatestoneinstitute.org/12214/germania-crisi-stupro
“IL RE È NUDO”, HA DETTO L’ITALIA.
www.maurizioblondet.it 27 ottobre 2018
Contro l’euro e la dittatura eurocratica si sono già schierati Régis Debray (l’ex guerrigliero col Che in Bolivia) il filosofo Marcel Gauchet, il neo-ateista (sic) Michel Onfray, l’economista-filosofo Jacques Sapir, la saggista e giornalista Coralie Delaume…conoscendo l’influenza che hanno gli intellettuali in Francia, non è poco.
L’ultimo, per il momento, è Michel Houellebecq, il grande romanziere e saggista francese, autore di Le Particelle Elementari:
“sono pronto a votare chiunque purché proponga l’uscita dall’Unione Europea e dalla NATO”. Ci tengo molto”-
È stato preceduto da Emmanuel Todd, il celebre storico e sociologo: “Quando uno stato e un governo perdono il potere di creazione monetaria, ebbene, non possono fare più ninte – e tutta la vita politica diventa una commedia – Se [Macron] non ha capito che non è veramente presidente, siamo messi davvero male”.
Contro l’euro e la dittatura eurocratica si sono già schierati Régis Debray (l’ex guerrigliero col Che in Bolivia) il filosofo Marcel Gauchet, il neo-ateista (sic) Michel Onfray, l’economista-filosofo Jacques Sapir, la saggista e giornalista Coralie Delaume…conoscendo l’influenza che hanno gli intellettuali in Francia, non è poco.
E’ come se l’avvento in Italia del governo Salvini-Di Maio con la sua sfida alle eurocrazie, avesse fatto la parte del bambino che nella favola di Andersen esclama: “Ma il re è nudo!”. Le lingue non aspettavano altro che di sciogliersi in Francia. In realtà, i citati intellettuali erano già euro critici; la novità è che vengono adesso invitati nelle tv mainstream a discutere cosa è diventata questa Europa, e se si deve accettare la sua dittatura sui bilanci. Il marginale Francois Asselineau, fondatore della UPR (Union Populaire Republicaine), un economista ed alto funzionario gaullista che milita con ottimi argomenti per l’uscita della Francia dalla UE, riceve più ascolto nelle radio.
“Per la prima volta, un bilancio di un governo eletto democraticamente è respinto dalla Commissione di Bruxelles: un colpo di Stato contro il popolo italiano! Alle Europee del 2019 mettiamo fine alla messa sotto tutela delle nazioni”: il deputato Nicolas Dupont-Aignan non stupisce, essendo il capo di Dèbout La France, movimento gollista apertamente sovranista. Più insolito Jean-Luc Mélenchon, il capo trotzkista della formazione di estrema sinistra France Insoumise, che ha preso apertamente posizione per il governo italiano, pur disapprovando Salvini: “In questa faccenda, i francesi hanno interesse a difendere la sovranità popolare”, E “Bisogna uscire dai trattati, è la mia conclusione”.
Anche il celebre economista Patrick Artus, di Natixisi, europeista mainstream, comincia a pubblicare che – per eempio -la UE ci ha fatto rallentare nell’innovazione tecnologica: vedete la differenza dei robot industriali adottati in
Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/il-re-e-nudo-ha-detto-litalia/
BELPAESE DA SALVARE
Il Ladrometro
di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 3 novembre:
“In Italia – diceva Ennio Flaiano – l’unica vera rivoluzione sarebbe una legge uguale per tutti”.
Bene, quella rivoluzione non è mai stata tanto vicina quanto oggi.
È racchiusa in due emendamenti aggiunti dal ministro Alfonso Bonafede al suo ddl Anticorruzione (o Spazzacorrotti”): prescrizione dei reati bloccata con la sentenza di primo grado e carcere vero per chi evade o froda il fisco (con pene più alte e soglie di impunità più basse).
Quando i 5Stelle si sedettero al tavolo con la Lega per stipulare il Contratto, dopo lo sciagurato Aventino del Pd, il Fatto pubblicò un decalogo con le 10 norme che ritenevamo imprescindibili per giustificare un “governo del cambiamento”. In cima alla lista c’erano l’anticorruzione con gli agenti infiltrati e i premi ai pentiti; la totale trasparenza sui soldi ai partiti, ora schermati da fondazioni e onlus; il blocco della prescrizione; la galera per evasori e frodatori. Quattro grimaldelli indispensabili per scardinare il Patto dell’Impunità che regge da sempre la classe dirigente più criminale del mondo libero: cioè la nostra.
Quattro bombe atomiche in grado di spazzare via per sempre la Costituzione materiale e occulta che garantisce a lorsignori, nell’ordine, che:
- a) i loro reati non verranno scoperti (niente denunce, né pentiti, né intercettazioni, né
Continua qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/il-ladrometro/
IL FASCISTOMETRO
di Michela Murgia
QUANTO SEI FASCISTA?
Come direbbe Forrest Gump: «Fascista è chi il fascista fa».
Ma pensaci un attimo: quanto puoi dirti, davvero, fascista?
Ritieni di conoscere davvero il metodo e di poter diffondere il verbo fascista anche ad altri? Il fascismo ha bisogno di soldati fedeli per combattere i pericoli della democrazia e tornare a essere l’unica realtà possibile. Perciò, meglio non rischiare: esegui questo test, scopri qual è il tuo livello di fascismo e segui le istruzioni per migliorarti (puoi sempre farlo, non c’è limite al fascismo).
SPUNTA LE FRASI CHE TI SEMBRANO DI BUON SENSO:
- Il suffragio universale è sopravvalutato.
- Non abbiamo il dovere morale di accoglierli tutti.
- Il cittadino medio è come un bambino di 12 anni non troppo intelligente.
- Basta partiti e partitini.
- Come può fare il ministro uno che non ha manco il diploma?
- Sono laureato all’università della vita.
- In Italia chiunque può dire NO e bloccare un’opera strategica.
- Lo stupro è piú inaccettabile se commesso da chi chiede accoglienza.
- I bambini facciano i bambini, le bambine facciano le bambine.
- Prima dovrebbero venire gli italiani.
- Con la cultura non si mangia.
- L’Italia è un paese ingovernabile.
- Una donna, per quanto in vista, deve sempre dare luce al suo uomo.
- Ci sarà una ragione se la cultura occidentale è quella che ha plasmato il mondo.
- Davvero ci serve un altro tavolo di concertazione?
- Le indennità dei parlamentari sono un insopportabile privilegio.
- Non ha ucciso nessuno, al massimo mandava la gente in vacanza al confino.
- Facile parlare quando hai il culo al caldo e l’attico in centro.
- E comunque esiste una famiglia naturale.
- Non ricordo tutta questa solidarietà per i nostri terremotati.
- La lobby gay adesso sta esagerando con le pretese.
- Bisogna capire che la gente è stanca.
- Abbiamo le nostre radici cristiane da difendere.
- A questi manca la cultura del lavoro.
- Ci rubano il lavoro.
- I sindacalisti sono dei servi venduti.
- Il femminismo ha insegnato alle donne a odiare gli uomini.
- La prima cosa è diminuire il numero dei parlamentari.
- Questa non è bontà, è buonismo.
- Un paese senza confini non è un paese.
- Rottamiamoli tutti.
- Sarebbe meglio aiutarli a casa loro.
- Un paese civile non può dare diritto di voto a gente che fino a ieri stava sugli alberi.
- Non sono profughi, sono migranti economici.
- Se lo stato non mi protegge, devo proteggermi da solo.
- Le quote rosa sono offensive per le donne.
- È razzismo al contrario.
- Destra e sinistra ormai sono uguali.
Lo zeccometro
Fascio-test? E allora ecco lo “zeccometro”
www.iltempo.it 2 novembre 2018
Sull’Espresso un elenco di luoghi comuni per stabilire il tasso “mussoliniano” nei lettori. E noi replichiamo col misura-comunism
Un «fascistometro» per scoprire quanto di «ducesco» alberga in noi. È l’ultima discutibile iniziativa dell’Espresso che, con la collaborazione della scrittrice Michela Murgia, ha coniato un test basato su 65 luoghi comuni considerati, evidentemente, indice di fascismo. A seconda di quanti vengono considerati condivisibili dal lettore, il test rivela un profilo che può spaziare da «aspirante» (o fascista primordiale) a «proto fascista», da «non sono fascista ma…» a «Militante consapevole», fino al livello massimo: «Patriota». L’iniziativa, già comica di suo, diventa ancora più paradossale se si dà uno sguardo alla assoluta indeterminatezza delle frasi proposte, totalmente sganciate da ogni contesto. Per quelli dell’Espresso, insomma, basterebbe condividere un pensiero come «questo è razzismo al contrario» o «con la cultura non si mangia» per essere, in fondo all’animo, un po’ fascisti. E allora Il Tempo ha deciso di accettare il livello – basso, a dir la verità – del ragionamento e di proporre un test uguale e contrario.
Scoprite anche voi, attraverso il nostro «comunistometro», se sotto i vostri vestiti si nasconde un radical chic con rolex e attico in centro.
Spunta le frasi che ti sembrano di buonsenso:
1) Accogliere tutti gli immigrati è una dimostrazione di umanità.
2) Se Salvini vola nei sondaggi è perché gli italiani sono un popolo di ignoranti.
3) Con la vittoria di Trump è tornato il suprematismo bianco.
4) Si dice «ministra».
5) Se i rom rubano è colpa nostra che non li sappiamo integrare.
6) Ah, se fosse passata la riforma di Renzi!
7) Serve un partito di «competenti».
8) Non è vero che gli immigrati delinquono di più, ma è solo percezione.
9) Dobbiamo accoglierli perché scappano dalla guerra.
10) Lo Ius soli è una misura che va incontro ai diritti di migliaia di bambini nati in Italia da genitori stranieri e parlano italiano, tifano squadre italiane e mangiano cibo italiano.
11) Gli immigrati sono risorse.
12) Con le unioni civili, l’Italia si è adeguata al resto del mondo.
13) Meglio cresciuto da una coppia di gay che in un orfanotrofio.
14) L’aborto garantisce la libertà delle donne.
15) Finalmente Papa Francesco!
16) Gli immigrati ci pagano le pensioni.
17) Dagli immigrati possiamo imparare tantissimo.
18) Il fascismo può sempre tornare.
19) Embe’? Perché, forse gli italiani non stuprano?
20) In uno Stato laico il crocifisso a scuola non ha senso.
21) Il presepe a scuola offende i figli dei musulmani.
Continua qui: https://www.iltempo.it/politica/2018/11/02/news/zeccometro-fascio-test-espresso-comunismo-fascismo-1094816/
CONFLITTI GEOPOLITICI
di Thierry Meyssan
Beijing prosegue senza sosta lo sviluppo del progetto della via della seta. La missione della delegazione cinese in Medio Oriente ha portato il vicepresidente, Wang Qishan, quattro giorni in Israele. In forza degli accordi già firmati, cui dovrebbe seguire un accordo di libero scambio, tra due anni la Cina controllerà la maggior parte del settore agroalimentare israeliano, grazie all’alta tecnologia e agli scambi internazionali. Lo scacchiere geopolitico dell’intera regione ne sarà sconvolto.
Rete Voltaire | Damasco (Siria) | 30 ottobre 2018
La visita del vicepresidente cinese, Wang Qishan, in Israele, Palestina, Egitto ed Emirati Arabi Uniti ha per obiettivo lo sviluppo della «Nuova via della seta».
Nell’autunno 2013 la Cina ha reso pubblico il progetto di realizzare vie di comunicazione marittime e, soprattutto, terrestri che attraversino da una parte all’altra il pianeta. Beijing ha destinato al progetto somme colossali e ha iniziato ad attuarlo la massima solerzia. Le direttrici principali passano dall’Asia e dalla Russia per dirigersi verso l’Europa Occidentale. La Cina sta pianificando anche vie che attraversino l’Africa e l’America Latina.
Gli ostacoli alla Nuova via della seta
Il progetto deve far fronte a due ostacoli, uno economico, l’altro strategico.
Nell’ottica della Cina, il progetto mira a esportare i prodotti cinesi secondo il modello dell’antica «Via della seta» che, dal II al XV secolo collegò la Cina all’Europa, attraverso la valle di Fergana, l’Iran e la Siria. A quel tempo si trattava di trasportare la merce da città in città, in modo da scambiare a ogni tappa prodotti secondo le esigenze dei mercanti locali. Oggi invece la Cina ambisce a vendere direttamente in Europa e nel resto del mondo. Ora però la Cina non produce più merce esotica (sete, spezie ecc.), bensì prodotti uguali a quelli europei e, spesso, di qualità superiore. L’antica via commerciale deve diventare autostrada. Marco Polo era abbagliato dalle sete dell’Estremo Oriente, che non avevano equivalenti in Italia, Angela Merkel è invece terrorizzata dalla prospettiva dell’industria automobilistica tedesca messa a tappeto dalla
Continua qui: http://www.voltairenet.org/article203684.html
Il Boom dei mercenari (contractors) in Africa
23 ottobre 2018 di Pietro Orizio
L’Africa ha sempre rappresentato un teatro d’operazioni e banco di prova per mercenari e Compagnie Militari e di Sicurezza Private (PMSC). Negli ultimi mesi ed anni, però le loro gesta sono trapelate da ogni angolo del continente, a ritmi sempre più incalzanti.
Si pensi alla Nigeria e alla guerra contro Boko Haram, alla Libia e confronto tra milizie locali, all’antiterrorismo nel Sahel, agli addestratori russi in Repubblica Centrafricana e Sudan, cinesi per la “One Belt One Road” (la via della Seta), ai tedeschi in Ruanda ed ucraini un po’ dappertutto.
Per concludere: Erik Prince, presumibilmente al servizio di ENI ed Exxonmobil in Mozambico (che però hanno smentito categoricamente). Questi alcuni dei tasselli dell’attuale “Scramble for Africa” privato – o meglio, ibrido.
Il ritorno dei sudafricani: caccia a Boko Haram
Qualche settimana fa il capo di stato maggiore dell’esercito nigeriano, tenente generale Tukur Burat ha dichiarato che “la guerra terrestre contro Boko Haram è stata vinta.
“ Gli ha fatto eco il presidente Buhari ringraziando le forze armate per aver sconfitto i jihadisti. Nonostante il nord-est del Paese sia ancora teatro di scontri, tali affermazioni sono state possibili grazie a contractors stranieri che hanno ribaltato le sorti del conflitto.
Un gruppo di 100-300 tra sudafricani, britannici, indiani e di Paesi dell’Est – Georgia ed Ucraina – inquadrati tra le fila della STTEP International Ltd di Eeben Barlow.
Ex ufficiale delle Forze Armate sudafricane Barlow è il fondatore di Executives Outcomes, una delle più famose compagnie militari privata di tutti i tempi.
Grazie alla loro consulenza, supporto e perfino intervento diretto l’Aeronautica nigeriana ha potuto martellare senza tregua il nemico. A terra, invece hanno operato convogli di una trentina di veicoli, in maniera indipendente dalle truppe di Abuja. E così, dopo continue débâcles governative, sono finalmente arrivati inaspettati e decisivi successi sul campo.
I russi: addestratori e pretoriani
Particolarmente attivi in terra africana si sono rivelati i russi. Dai primi mesi dell’anno hanno preso possesso del palazzo di Berengo, Repubblica Centrafricana per addestrarvi gli effettivi del ricostituito esercito nazionale.
Il contingente russo sarebbe composto da 175 uomini di cui solo 5 membri delle forze armate. Gli altri apparterrebbero al Gruppo Wagner, PMC coinvolta nelle operazioni militari in Donbass e Siria ormai da anni.
Il proprietario ed il comandante della Wagner, rispettivamente Yevgeny Prigozhin – soprannominato lo “chef” di Putin per le società di catering e gli stretti rapporti con il Cremlino – e Dmitry Utkin, ex ufficiale del GRU – servizi segreti militari – si sarebbero aggiudicati il contratto. Alla Wagner sarebbe stata affidata anche la protezione del presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin-Archange Touadéra. Egli è infatti apparso in pubblico con un seguito di “guardie bianche”, oltre alle solite ruandesi affidategli dall’ONU.
Un dispositivo di quaranta operatori delle forze speciali russe oppure private. Valery Zakharov, presumibilmente anch’egli dell’entourage di Prigozhin, è stato inoltre nominato consigliere per la sicurezza nazionale di Touadéra. Nello specifico soprassederà i negoziati coi vari gruppi armati, sia alla ricerca di una soluzione pacifica, sia a garanzia dello sfruttamento delle risorse naturali.
A riprova delle proprie attività nel Paese, Prigozhin vi avrebbe registrato due società nel 2017: Lobaye Invest, compagnia mineraria controllata dalla pietroburghese M Invest – anch’essa di sua proprietà – e la PSC Sewa Security Service. Grazie ai suoi uomini sono riprese le estrazioni di diamanti, oro ed uranio.
Da gennaio la Wagner opererebbe anche in Sudan. Secondo Stratfor, infatti anche il presidente Omar al-Bashir le avrebbe affidato la protezione di diverse miniere, nonché incarichi di consulenza ai vertici delle forze armate impegnate contro il Sudan del Sud.
Per quanto riguarda la Libia, il The Sun ha in questi giorni rivelato la presenza di due basi russe nei pressi di Tobruk e Bengazi, sotto stretta vigilanza della Wagner che, nel Paese, aveva da tempo stabilito delle teste di ponte a supporto delle forze del generale Khalifa Haftar.
Tra il 2016 ed il 2017, la Reuters aveva già parlato di operazioni della PSC russa RSB-group: un centinaio di uomini tra sminatori e relativa scorta al servizio di Khalifa Haftar a Bengazi. I contractors russi avrebbero addestrato anche gli uomini del generale nella base egiziana di Sidi Barrani, a ridosso della frontiera libica.
Gruppo Wagner: Parlarne nuoce gravemente alla salute
Reporters e giornalisti stanno imparando che occuparsi di PMC russe può risultare mortale! Il primo a farne le spese Maksim Borodin, impegnato ad indagare sugli uomini della Wagner in Siria. Egli sarebbe “caduto” dal balcone del proprio appartamento di Ekaterinburg, ad aprile.
La porta chiusa dall’interno ha spinto le autorità a propendere sbrigativamente per un incidente o suicidio. Tuttavia, un amico ha rivelato di aver ricevuto una sua telefonata, il giorno prima di morire, in cui raccontava di aver trovato un uomo armato sul balcone ed altri appostati sulle scale. Borodin aveva successivamente ritrattato dicendo di essersi sbagliato e che quegli uomini stavano partecipando ad un’esercitazione.
E’ stata poi la volta di Kirill Radchenko, Alexander Rastorguyev e Orkhan Dzemhal uccisi il 30 luglio nei pressi di Sibut, Repubblica Centrafricana. Un commando di 10 uomini armati, inturbantati e parlanti esclusivamente arabo li avrebbe catturati e giustiziati, risparmiando solo l’autista. Dipendenti dell’Investigations Management Centre (ICM) dell’oligarca russo in esilio Mikhail Khodorkovsky, i tre giornalisti sarebbero stati impegnati nella ricerca di materiale per un documentario sulla presenza russa e della PMC di bandiera nel Paese: il Gruppo Wagner.
Il giorno precedente avrebbero cercato, infatti di entrare in una base militare dove i contractors russi starebbero addestrando le truppe di Bangui. Mosca ha immediatamente parlato di loro incoscienza per esser entrati nel Paese con un semplice visto turistico, senza seguire i warnings emanati dalle rappresentanze diplomatiche.
Secondo l’esperto militare ucraino, Oleksandr Kovalenko la morte dei giornalisti russi potrebbe esser ricondotta ad una guerra tra oligarchi russi per il controllo delle PMC e relativi lucrosi contratti. Da una parte Prigozhin che avrebbe mostrato interesse per una miniera d’oro nei pressi di Ndassima, nel sud della Republica Centrafricana; dall’altra i vertici della Difesa ancora infuriati per l’iniziativa del patron della Wagner di attaccare l’oleodotto “curdo-americano” in Siria, senza consultarli e rischiando una pericolosa escalation.
E così i giornalisti, che sarebbero stati al servizio del Ministero della Difesa, sarebbero stati in viaggio verso la miniera per indagare e screditare le attività della Wagner e del suo proprietario. Comunque, “lo chef di Putin” non cederà facilmente ed i cadaveri dei tre giornalisti potrebbero esserne la dimostrazione.
Esiste tuttavia una differente e più recente versione sull’assassinio dei tre cronisti. Essi infatti avrebbero indagato sull’afflusso di armi russe in Repubblica Centrafricana. Armi che, attraverso le PMC russe nel Paese, sarebbero poi state trasferite sia alle truppe regolari che agli oppositori. Questo sia per mettere pressione a Bangui che garantirsi dai ribelli zone ricche di risorse.
PMSC nel Sahel
Gruppi jihadisti nel Sahel vi hanno favorito lo sviluppo e presenza di società di sicurezza private. Alle spalle di ogni soldato delle varie forze internazionali presenti nella regione – americani, francesi, tedeschi, (italiani?) – troviamo infatti un operatore di sicurezza o un addetto alla logistica privato.
AFRICOM, il comando americano per l’Africa affida ai contractors operazioni d’intelligence e raccolta d’informazioni, trasporti tattici, MEDEVAC ed anche operazioni più da “dito sul grilletto.”
Durante l’imboscata di ottobre ai Berretti Verdi in Niger era presente anche un contractor che si occupava d’intelligence, così come le operazioni di soccorso ed evacuazione sono state compiute da velivoli della Erickson Inc. e Berry Aviation.
Basti pensare che, solo per AFRICOM, vi sono 21 società private americane fornitrici di servizi in Africa settentrionale e Sahel; ad esse si aggiungano dozzine di altre compagnie francesi, britanniche ed ucraine che partecipano alla “spartizione” di un budget annuale multimilionario.
Contractors “Made in China”
Nell’ambito della “Nuova Via della Seta” e della sua protezione, l’Africa rappresenta un teatro fondamentale. Solo una ventina delle 5.000 società di sicurezza private presenti in Cina nel 2017 – con più di 4,3 milioni di operatori – è presente a livello internazionale, schierando 3.200 uomini.
Oltre a quelle che scortano le imbarcazioni di bandiera al largo della Somalia, ve ne sono altre sul continente a protezione di assets e personale di grandi gruppi industriali.
Una delle più attive è la DeWe Security Services Co., Ltd di Pechino assunta per proteggere la linea ferroviaria Nairobi-Mombasa da 3,2 miliardi di dollari e l’impianto di liquefazione del gas naturale della Poly-GCL Petroleum Group Holdings in Etiopia. Tale investimento da 4 miliardi di dollari è ritenuto il più grande incarico affidato ad una PSC cinese.
Più di recente la DeWe ha annunciato il progetto di costruzione di due campi base in Repubblica Centrafricana e Sudan del Sud. Ed è proprio in Sudan del Sud che la società ha dovuto affrontare uno dei suoi momenti più delicati. A partire dall’8 luglio 2016, per ben 50 ore ha dovuto gestire l’evacuazione di 300 dipendenti della China National Petroleum Corp, bloccati a Juba dagli scontri tra forze governative e ribelli.
Piloti ucraini per attacco e MEDEVAC
Anche gli ucraini si stanno facendo largo nell’affollato mercato africano della sicurezza privata. Dopo l’indipendenza negli anni 90, grazie ai suoi porti sul Mar Nero, l’Ucraina è diventata un punto di transito conveniente per equipaggiamenti e personale di sicurezza. Da lì numerose società di sicurezza private hanno “preso il largo” alla volta di numerosi teatri operativi; l’Africa ne rappresenta un’opzione preferenziale. Nel Sahel numerose società ucraine sono direttamente impegnate a fianco di organizzazioni internazionali.
Si pensi agli elicotteri per il MEDEVAC in Mali, nell’ambito della missione MINUSMA. Oppure ad altre società operanti in Sudan, Congo e Costa d’Avorio. La Omega Consulting Group reclutava ad esempio operatori francofoni dalla consolidata esperienza di combattimento, attraverso la sua pagina Facebook.
Il dirigente, Andrei Kekbalo ha parlato di salari di 1700-4300 euro al mese. In Burkina Faso, invece fino a 12.000 per chi ha nel proprio cv operazioni in Irak, Jugoslavia od Afghanistan.
Un incarico particolarmente caro ai contractors di Kiev è quello del pilota d’elicottero; soprattutto d’attacco. Tra coloro che hanno addestrato i piloti nigeriani e colpito direttamente Boko Haram vi erano almeno tre ucraini. Uno di questi, il capitano Chup Vasyl, dopo tre mesi di raid è precipitato e morto.
PSC tedesche in Ruanda
A fine maggio una delegazione di 12 PSC tedesche si è recata in Ruanda, manifestando l’intenzione d’investire nel Paese e collaborare con partners locali. La Rwanda Private Security Industry Association (RPSIA) sta infatti progettando la realizzazione di un centro d’addestramento congiunto, nel distretto di Gasabo, per elevare i propri standard qualitativi.
Quello della sicurezza privata ruandese è un settore promettente che è cresciuto del 1500% dal 1997: da una alle attuali sedici società registrate, con più di 14.000 operatori.
Nonostante ciò, come spesso accade nei Paesi in via di sviluppo, il boom della sicurezza privata è accompagnato dallo sfruttamento degli operatori e dalla concorrenza di organizzazioni senza licenza né principi etici o professionali.
Ogni dipendente frutta alla propria società 135 euro al mese, a fronte di uno stipendio mensile di 27 euro. Retribuzioni che, oltretutto, vengono corrisposte con ritardi fino a tre mesi e, in diversi casi, prevedono addirittura la decurtazione dei costi delle uniformi di servizio.
I turni sono di 12 ore, sette giorni alla settimana, senza il pagamento di straordinari. Il clima di terrore instaurato a suon di licenziamenti sommari ha fatto sì che solo due società consentano ai propri dipendenti di rivolgersi ai sindacati e che le donne siano vittime di soprusi/abusi da parte di colleghi e superiori maschi.
Prince a “pesca” in Mozambico?
Erik Prince, fondatore di Blackwater, ha recentemente fatto affari in Mozambico. La sua Frontier Services Group (FSG) ha rilevato a dicembre Ematum, impresa ittica in bancarotta, rinominandola Tunamar. Un’altra sua società – Lancaster Six Group (L6G) di Dubai – ha creato una joint venture con la Proindicus, anch’essa mozambicana ed in fallimento. L’obiettivo di Pro6 – così è stata chiamata – è quello di fornire servizi di sicurezza in una regione ricca di petrolio e gas.
Secondo Africa Monitor Intelligence (AMI), Pro6 avrebbe stipulato contratti con diverse società nel corso dell’anno; tra di esse ENI ed il gigante americano Exxonmobil. Tuttavia, l’agenzia di stampa Zitamar
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Il bilancio di Cybertech Europe 2018
29 settembre 2018 di Redazione
Più di 100 aziende, migliaia di partecipanti da oltre 40 Paesi nel mondo: sono questi i numeri della terza edizione di Cybertech Europe 2018, il più importante evento europeo dedicato al settore della cyber security organizzato in collaborazione con Leonardo e con l’innovation partner Accenture, che si è svolto a Roma il 26 e 27 settembre. La due giorni si è confermata occasione unica per riunire i leader di mercato e i maggiori esperti al mondo, che si sono confrontati sulla visione strategica del panorama presente e futuro e hanno così gettato le basi per affrontare le nuove sfide legate alla sicurezza informatica.
Parole chiave: resilienza e collaborazione. Nel corso dell’evento è emersa l’esigenza reale e concreta di adottare, aziende e istituzioni insieme, un approccio vigile nei confronti dei possibili scenari futuri e di potenziali rischi sconosciuti. Innovazione e strumenti tecnologici appropriati sono gli elementi imprescindibili per prevedere, identificare e affrontare le minacce.
“La rivoluzione parte dall’infrastruttura tecnologica, che è come l’ossigeno nell’aria: non si può farne a meno. È necessario creare un ambiente più resiliente ed essere più preparati; incoraggiare nuove idee, alimentare l’economia, supportare le startup”, ha dichiarato Amir Rapaport, Founder e Editor-in-Chief di Cybertech.
“Cybertech Europe rappresenta un palco strategico e prestigioso per far incontrare i guru della cyber security con i protagonisti di questo settore. Roma è il luogo ideale per mettere in contatto le istituzioni con il settore pubblico e privato, raggiungendo una visione comune e condivisa”.
Alessandro Profumo, Amministratore Delegato di Leonardo, ha introdotto la sessione plenaria focalizzandosi sull’approccio proattivo che è necessario adottare per affrontare le sfide di oggi. “La protezione del dominio cibernetico è un aspetto fondamentale per garantire la resilienza delle infrastrutture critiche, la sicurezza della pubblica amministrazione, delle imprese e del singolo cittadino, la crescita economica di
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CULTURA
03 ottobre 2018 – Massimo De Carolis
È appena arrivata in libreria la nuova edizione de Il paradosso antropologico di Massimo De Carolis (Quodlibet, 2018). Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un estratto della Premessa alla seconda edizione.
Il paradosso antropologico è un tentativo di riflettere sul rapporto fra lo scenario politico contemporaneo e quella che, con un po’ di enfasi, si può definire la natura umana. Mi riferisco, con questa espressione, all’insieme di istanze, bisogni e desideri genericamente umani, che abbiamo motivo di leggere come altrettanti indizi, sintomi o riflessi di una costituzione condivisa da tutti i membri della nostra specie, per quanto le loro concrete manifestazioni non possano che emergere, di volta in volta, all’interno di un percorso di vita specifico e particolare. Isolare, in ciascun caso concreto, il momento genericamente umano, distinguendolo dalle sue declinazioni contingenti, è di sicuro un’impresa azzardata, gravata dal rischio di errore e di illusione soggettiva.
Non sembra però un esercizio dal quale ci si possa esimere, visto che non c’è mai stata, in pratica, cultura umana che non abbia progettato le proprie particolari forme di vita sulla base di una qualche immagine, attendibile o meno, dell’esistenza umana in generale. La natura umana, per definizione, non cambia se non in modo impercettibile nel corso della storia. Può invece cambiare l’immagine della condizione umana su cui poggia la vita individuale e collettiva in un’epoca o un’altra. E cambiano sicuramente le istituzioni politiche e le forme di organizzazione sociale in cui le istanze genericamente umane sono tenute a esprimersi, per tradursi in forme di esistenza stabili e felici. Cambiamenti del genere possono aver luogo, a volte, in modo così rapido e profondo da costringerci a ripensare non solo le strategie esistenziali cui affidiamo la nostra vita, ma anche l’idea dell’umanità dell’uomo su cui basiamo tali strategie. L’ipotesi di fondo del Paradosso antropologico è che, qualche decennio, sia in corso per l’appunto un tale cambiamento radicale. E che l’insieme delle teorie sociali, politiche e filosofiche di cui
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CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE
Anche la Turchia ha il suo soft power.
Scritto da Giuseppe Gagliano – 10 ottobre 2018
Che il soft power, nel contesto delle relazioni internazionali, possa rappresentare un strumento di destabilizzazione e di propaganda politica di grande efficacia lo dimostra non solo il caso delle rivolte arabe ma anche il caso della Turchia che prenderemo brevemente in considerazione. Uno degli aspetti meno noti della postura offensiva della Turchia è indubbiamente l’uso magistrale delle tecniche del soft power. Ciò è sorprendente in considerazione del fatto che la Turchia è un Paese, guidato da un Partito islamista. Dopo la seconda metà del primo decennio degli anni 2000, gli schermi delle famiglie arabe sono stati presi d’assalto da un nuovo prodotto televisivo: dei teleromanzi di produzione turca con storie rivolte al grande pubblico.
Accessibile e persino sempliciste, queste telenovelas presentano una società dalla mentalità orientale, in cui onore, gelosia, famiglia e temperamento caratterizzano sceneggiature sentimentali e prevedibili. Ciò parallelamente a episodi che mettono alla berlina la modernità, il lusso e lo stile di vita americano delle classi agiate anatoliche. Gli attori turchi di queste soap opera sono divenuti rapidamente delle star nel mondo arabo. Per facilitare l’apprendimento dei nomi dei personaggi, questi rimangono invariati nelle differenti serie (o comunque sono molto simili).
Così «Kivanç Tatlitug», alto biondo e dai tratti nordici è sempre « Muhannad » per il pubblico arabo. Questo alter ego più facilmente pronunciabile l’ha fatto conoscere, nelle serie doppiate in arabo dialettale siriano, melodioso e comprensibile per il pubblico nordafricano e medio-orientale.
Tuttavia, questi film televisivi dalle trame di carta velina non sono stati che un primo passo che ha preparato il terreno ad altre serie dal messaggio più ideologico e politico. La serie La valle dei lupi (Kurtlar vadisi) hanno fatto prendere familiarità il pubblico arabo alle avventure di un servizio segreto turco, il MIT, il quale non ha niente da invidiare al MI6 (né alla CIA), avendo anch’esso un suo super agente segreto
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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI
Australia: Un modello per frenare l’immigrazione
di Giulio Meotti – 13 agosto 2018
Pezzo in lingua originale inglese: Australia: A Model for Curbing Immigration
Traduzioni di Angelita La Spada
“Gli europei pensano che in Australia sia facile controllare i nostri confini, ma accampano solo scuse per non fare nulla.” – Il generale in pensione Jim Molan, co-ideatore della politica australiana in materia di asilo.
- “Abbiamo centinaia, forse migliaia di persone che annegano nel tentativo di arrivare dall’Africa in Europa. (…) L’unico modo di fermare le morti è quello di fermare i barconi.” – L’ex premier australiano Tony Abbott.
- “La mia lunga esperienza nella politica australiana mi induce ad affermare che ogni volta che un governo controlla i flussi migratori, aumenta il sostegno pubblico all’immigrazione, quando accade il contrario aumenta l’ostilità nei confronti dell’immigrazione.” – L’ex premier australiano John Howard.
- Deve essere devastante vivere in un paese in cui la governance potrebbe essere discutibile nel migliore dei casi, e le opportunità economiche limitate. La gente sa di mettere a rischio la propria vita in cerca di meglio. Ma per evitare che l’Occidente venga travolto, tali problemi devono essere seriamente affrontati.
Quattro anni fa, il governo australiano suscitò delle critiche dopo che aveva pubblicato un annuncio volto a dissuadere i richiedenti asilo dal recarsi illegalmente nel paese. “Assolutamente no!“, recitava il volantino. “Non farete dell’Australia la vostra casa. Se salirete su una imbarcazione senza visto, non finirete in Australia. Qualsiasi nave che cerchi di raggiungere illegalmente le coste australiane sarà intercettata e ricondotta in condizioni di sicurezza al di fuori delle acque territoriali australiane.”
Era un messaggio durissimo, ma ha funzionato. “Il tasso di migrazione dell’Australia è il più basso da dieci anni”, ha dichiarato Peter Dutton, ministro dell’Interno australiano. Parlando di recente a Today Show, Dutton ha aggiunto che il calo ha significato “il ripristino dell’integrità del nostro confine”. E gli australiani sembrano felici di questo. Un nuovo sondaggio mostra che il 72
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ECONOMIA
Perchè le Agenzie di Rating non osano classificarci spazzatura?
Com’è noto il rating assegnato all’Italia dalle principali agenzie di rating (Fitch, Moody e Standard & Poor) è poco sopra il livello “spazzatura”. Detto più chiaramente, le agenzie che fanno analisi economiche classificano l’Italia tra gli investimenti sicuri, ma – tra questi – siamo ai livelli più bassi, ad un gradino dal definirli come «non sicuri». Siccome la faccenda continua da anni, e visto che il trend dei declassamenti ci ha costantemente spinto verso il basso, è lecito chiedersi per quale motivo non si è ancora raggiunto il livello spazzatura. Sofismi finanziari? Riparametrazione econometrica con scappellamento a destra?
Kulo?
Tanto per cominciare smentiamo una bufala economica che gira da tempo online, anche da parte di sedicenti esperti di economia: non è assolutamente vero che se S&P venerdi prossimo (o un’altra agenzia di rating in un altro momento) declassa l’Italia a spazzatura, allora per statuto i fondi d’investimento, i fondi pensione e la Bce saranno costretti a non comprare più i btp italiani o addirittura a vendere quelli che hanno in pancia. Ciò è vero SE e SOLO SE tutte le quattro principali agenzie ci declassassero a “junk”. Parliamo di S&P, Moody’s, Fitch e la meno nota canadese Dbrs.
In questa fase storica, inutile negarlo, può succedere di tutto, ma almeno per questo autunno quasi tutte le agenzie di rating si sono già espresse (ne manca una) al di sopra del livello junk. Dunque, chi si ostina a veicolare il downgrade ed il crollo automatico, fa solo terrorismo politico, oppure ci specula short.
Poniamo il caso che però questo quadruplice downgrade si verifichi nel 2019… tutti dicono che sarebbe un disastro. Anche in tal caso sarei prudente ad affrettare le ipotesi. Il Portogallo, ad esempio, che si trova in questa situazione, ha i rendimenti a 10 anni che viaggiano da mesi sotto il 2%, pur essendo stato da anni il suo rating tagliato a “Ba1” per Moody’s e “BB+” per S&P. Ciò è stato
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IL BRACCIO DESTRO DI MATTEI: “PRIVATIZZAZIONI FURONO CRIMINE”
Benito Li Vigni: “Le privatizzazioni furono un crimine. Italia in mano alla finanza”
DI PIER PAOLO FLAMMINI — 17 NOVEMBRE 2012
L’ex collaboratore di Enrico Mattei, ad Ascoli per un convegno a 50 anni dalla morte dal creatore dell’Eni, usa parole durissime: “Hanno svenduto il nostro Paese. Draghi diede mille miliardi di patrimonio pubblico a Goldman Sach’s, in cambio di una sola lira”
ASCOLI PICENO – Paolo Barnard sembra un agnellino, al confronto. Sì, Paolo Barnard, il giornalista che ha denunciato Mario Monti e Giorgio Napolitano per attentato alla Costituzione, e ha chiesto in tv, alla Rai, di essere contro-denunciato dall’attuale Presidente del Consiglio per diffamazione, al fine di portare in tribunale le prove delle sue affermazioni.
“Crimine e criminali” sono le parole con le quali Benito Li Vigni, siciliano classe 1935, collaboratore all’Eni ai tempi dell’epopea di Enrico Mattei, etichetta la politica italiana ma soprattutto la finanza (non solo italiana) dell’ultimo ventennio.
Il tutto venerdì 16 novembre, ad Ascoli, in una Sala Docens affollatissima, con tantissimi giovani, che davvero hanno fatto rivivere il “mito” Mattei a 50 anni dalla tragica morte a seguito di un incidente aereo. Organizzato da Piceno Tecnologie, erano presenti il presidente della Provincia Piero Celani, il prefetto Graziella Patrizi, il presidente dell’Assemblea della Regione Marche Vittoriano Solazzi, il consigliere regionale Giulio Natali; l’incontro ha visto la partecipazione del giornalista Giovanni Fasanella e appunto di Benito Li Vigni, braccio destro di Enrico Mattei in Sicilia e nel Mediterraneo.
Nel video, della durata di nove minuti, Li Vigni risponde a due domande principali: la prima, inerente la figura di Enrico Mattei; la seconda parte, invece, è dedicata allo smantellamento dell’Eni e dell’Iri negli anni ’90.
“Mattei era un grande patriota e un grande imprenditore, e intuì che l’energia era necessaria all’Italia in quanto un paese distrutto dalla guerra, con un Pil che era la metà di quello del 1938. Quindi si oppose alla liquidazione dell’Agip quando venne nominato in quel ruolo: tutte le potenze vincitrici, Stati Uniti, Francia e Inghilterra, volevano la scomparsa dell’Agip per
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DOTTRINA SOCIALE: UN CASO DELLE ORIGINI
(Andrea Cavalleri) – 31 ottobre 2018
Il fatto.
Il libro degli Atti degli Apostoli fornisce una celebre descrizione della prima comunità cristiana di Gerusalemme.
La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno.
(Atti 4, 32-35)
Non può sfuggire il risvolto economico di questa situazione, al punto che la rinuncia alla proprietà privata dei primi discepoli fece insorgere alcune fantasiose pretese di concordanza tra il cristianesimo e il comunismo.
I motivi di questo atteggiamento vanno ricercati in un tentativo molto letterale di applicazione del comandamento dell’amore, della raccomandazione a non preoccuparsi per le necessità materiali
(Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Deutsche Bank: nessuno è stato massacrato quanto l’Italia
Scritto il 01/11/18
Nessuno si è fatto massacrare, in questi anni, come l’Italia. E nessun altro paese europeo, men che meno la Germania, ha “fatto i compiti a casa” così bene, cioè stroncando la spesa pubblica a danno del popolo, in ossequio al diktat dell’austerity. Che poi tutto ciò si possa trasformare in un comportamento “virtuoso”, è questione di punti di vista: per esempio quello di David Folkerts-Landau, capo economista di Deutsche Bank, il cui recente intervento su “Bloomberg Tv” è stato pubblicato col massimo risalto sul blog di Beppe Grillo, come se l’oligarca della maxi-banca speculativa tedesca ci avesse fatto un complimento di quelli che meritano un applauso. Proprio l’enorme «sforzo fiscale» che il nostro paese sta mettendo in atto, da anni, motiva le parole di Folkerts-Landau, secondo Grillo pronunciate «in sostegno all’Italia». Queste: «L’Italia avrebbe un avanzo di bilancio, se non fosse per il pagamento degli interessi. La cosa più straordinaria è che lo sforzo fiscale dell’Italia è oltre ciò che chiunque altro ha fatto in Europa, ed ha accumulato avanzi primari (al netto degli interessi) per il 13% del Pil, mentre la Germania solo per il 5%. L’Italia, in questo senso, è il paese più virtuoso in Europa».
Sempre secondo il banchiere, «ora il fatto di andare da lei con una mazza da baseball e dire “Devi diminuire il tuo deficit affinché sia ’sostenibile’ secondo i criteri della Ue” va contro tutte le ragioni e le logiche politiche». Infatti, aggiunge David Folkerts-Landau, «io credo che questa sorta di minaccia, di pressione, da parte della Ue stia radicalizzando la nazione, stia radicalizzando la politica, stia creando un pericolo per l’esistenza dell’Eurozona». E conclude: «Sì, sono fortemente dalla parte degli italiani su questa particolare discussione». Proprio un bel risultato, commenta Paolo Barnard sul suo blog, dove premette: «Sono oltre 25 anni che cerco di insegnare come vince, il Vero Potere. E infatti eccolo di nuovo trionfante su questo governo di falsari e buffoni, e sulle Curva Ultras dei tristi acritici che li hanno votati e che oggi li adorano». Il Vero Potere, aggiunge Barnard, «lavora con un banale mezzo di manipolazione psicologica conosciuto nei rapporti interni di Think Tanks e Ministeri come “psyops”». E’ centrato «su un preciso rapporto punizione-premio, carnefice-vittima». Metafora: è come se fossimo legati a una catena, in un pozzo. Ogni tanto, ci si lascia credere di essere più liberi, grazie a qualche irrisoria concessione.
«Coi suoi usuali immensi mezzi – scrive Barnard – il Vero Potere lega la vittima a un muro, in fondo a un pozzo, con un metro di catena al collo». Quando essa il malcapitato inizia a gemere, lo pesta a bastonate e lo minaccia. «Questo va avanti per molto tempo, poi un giorno il Vero Potere recita la farsa di cedere». Ovvero: «Mette in scena una sconfitta fittizia contro la vittima». E le concede «un metro di catena in più, con uno spiraglio di luce». La reazione della vittima, costretta a pane e acqua e «ormai spezzata psicologicamente», sostanzialmente «è di tripudio», visto che ormai «ha perduto ogni senso della realtà e delle proporzioni dell’esistenza». E quindi esulta: «Ho vinto! Libertà! Festeggiamo!». Secondo Barnard, «questo, e precisamente questo, sta accadendo con il governo gialloverde, che proclama trionfi e nuove libertà per gli italiani perché gli è stato concesso un metro di catena in più al collo chiamato deficit di bilancio al 2,4%, sempre nel contesto di nessuna speranza di uscire dall’euro (il pozzo della metafora), che anzi, viene confermato da Conte come il futuro immutabile dell’Italia. La psyop di Bruxelles ha funzionato come un computer».
Ma, sempre secondo Barnard, «non esiste luogo dove quest’orripilante farsa – che prende appunto il nome di stravittoria della Ue e patetico vagheggiamento della vittima (l’Italia gialloverde) – è più splendidamente in vista del blog di Beppe Grillo». Il fondatore del Movimento 5 Stelle ha pubblicato quello spezzone d’intervista a Folkerts-Landau, «un scherano della Deutsche Bank», il quale «riafferma pienamente le virtù del pareggio di bilancio italiano nascosto nell’avanzo primario che da anni stiamo facendo, che altro non è se non il micidiale rigore dei conti di Mario Monti, di Padoan e di Cottarelli, ovvero il cianuro dell’economicidio dell’Italia da 15 anni».
Ma dato che «il veterano sicario tedesco trova il modo, nel mezzo di quello schifo, di lodare l’Italia e di fingere un rimproverino alla Ue», ecco che Grillo «scrive che il banchiere ha pronunciato “parole in sostegno all’Italia”, e gli dà l’enorme
Continua qui: http://www.libreidee.org/2018/11/deutsche-bank-nessuno-e-stato-massacrato-quanto-litalia/
GLI STRANI (E TACITATI) INTRECCI CHE RUOTANO INTORNO A “STANDARD E POOR’S”
Francesco Maria Toscano
27/10/2018
Ma quanto è ridicolo e provinciale un Paese che aspetta con il fiato sospeso il giudizio di alcune agenzie di rating come Standard e Poor’s, i cui manager passano notoriamente più tempo fra i tribunali e le questure di mezzo mondo di quanto non ne trascorrano davanti ad un computer ad analizzare i dati? Ieri questi indovini incravattati hanno emesso il loro verdetto sull’affidabilità del debito italiano, stabilendo infine che l’Italia “non merita di essere declassata ma le previsioni per il futuro non sono buone”. “Esticazzé!”, direbbe un francese che non ha studiato alla Sorbona esperto però in questioni di vita vissuta. Facciamo un po’ di chiarezza. Il giudizio delle agenzie di rating non vale di per sé, ma solo nella misura in cui i soliti grimaldelli mediatici al servizio della speculazione parassitaria li utilizzano per “terrorizzare” il popolo e costringerlo ad accettare “sacrifici” che in condizioni di normalità nessuno accetterebbe. Si tratta insomma della vecchia e cara “strategia della tensione” declinata, per ora, solo sul versante macroeconomico. Per cogliere l’affidabilità di queste Cassandre basterebbe infatti ricordare come le principali agenzie di rating, a poco minuti dallo scoppio della crisi del 2008, continuassero a giudicare affidabilissimo il rating della “Lehman Brothers”. Sarebbe poi il caso che i cittadini riflettessero sulla vera natura e finalità di questi consessi opachi, governati da uomini potenti che grazie a media compiacenti restano sempre nell’ombra. Come mai i nostri grandi giornalisti d’inchiesta non approfondiscono di tanto in tanto i profili degli uomini che governano le agenzie di rating o le grandi banche d’affari internazionali? E perché non ci spiegano mai se sussistano eventuali conflitti di interessi fra i protagonisti di scelte importanti- capaci di destabilizzare perfino singoli Stati sovrani- sempre presentate come fossero decisamente “neutre”? Ed infine, nessuno ha nulla da dire sulla
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L’istituto finanziario europeo ha appena dichiarato guerra all’Italia
DI TYLER DURDEN – 26 ottobre 2018
Questa settimana in un’intervista alla CNBC, Jeroen Dijsselbloem, ex ministro delle finanze olandese e ex Presidente dell’Eurogruppo, ha dichiarato guerra al governo italiano.
L’establishment finanziario europeo è pronto a distruggere il sistema bancario e a far implodere l’economia italiana. Come un boss della mafia, Dijsselbloem ha avvertito che l’Italia potrebbe trovarsi nei guai se non rientrerà entro le norme delle direttive di Bruxelles. Chiaramente, la sua affermazione era ammantata di linguaggio diplomatico:
“Se la crisi italiana diventerà una crisi più importante, imploderà principalmente nella stessa economia italiana … e non si diffonderà in Europa”, ha affermato.
“E’ per il modo in cui sono finanziate l’economia italiana e le banche italiane, che sarà un’implosione piuttosto che un’esplosione”.
Per un uomo della sua caratura è insolito sentire parlare pubblicamente dell’Italia come di un paese in posizione negoziale debole o con espressioni allarmiste. Non abbiamo mai visto niente del genere, nemmeno lontanamente, per cui possiamo solo pensare che la sua enunciazione abbia avuto il solo scopo di dare il via libera ai mercati finanziari per orchestrare un attacco contro le obbligazioni italiane e spingere così il rendimento italiano verso l’alto.
“I mercati avranno un loro ruolo, voglio dire, se guardiamo a quanto denaro avrà bisogno l’Italia per finanziare solo l’anno prossimo, parliamo di oltre 250 miliardi di euro, per rifinanziare parte del capitale del suo debito e anche, ovviamente, per i suoi nuovi piani di spesa. Quindi i mercati dovranno davvero guardare all’Italia in modo molto critico “.
Ha ricordato anche al governo italiano che le banche italiane sono un obiettivo sotto osservazione per le autorità finanziarie europee. Per destabilizzare l’economia di un paese, si devono prima rompere le ossa della sua
Continua qui: http://www.altrainformazione.it/wp/2018/10/26/listituto-finanziario-europeo-ha-appena-dichiarato-guerra-allitalia/
GIUSTIZIA E NORME
E ora Strasburgo condanna l’Italia a pagare un boss mafioso
Marco Fontana – 29 ottobre 2018
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per aver rinnovato al boss mafioso Bernardo Provenzano il carcere duro del 41bis.
Una Corte internazionale ha emesso una sentenza e le sentenze vanno rispettate: è la posizione ovviamente sostenuta dagli avvocati difensori del capomafia, secondo i quali quella che abbiamo combattuto è stata una lotta per l’affermazione di un principio e cioè che applicare il carcere duro a chi non è più socialmente pericoloso si riduce ad una persecuzione, e dal figlio stesso di Provenzano, per il quale se lo Stato risponde al sentimento di rancore delle persone, alla voglia di vendetta, lo fa a discapito del diritto. Questo credo sia ciò che la Corte di Strasburgo ha affermato sul 41 bis applicato a mio padre dopo che era incapace di intendere e di volere. La posizione di costoro è logica, però esiste un limite a tutto, anche alla comprensione e al perdono. È semplice: non è che Provenzano quando era ben capace di intendere ebbe qualche remora a commissionare delitti efferati e a condurre una vita criminale. Ci basta e ci avanza.
Comunque, per capire meglio perché la sentenza della Corte dei diritti umani sia pericolosamente assimilabile al brocardo summum ius summa iniuria, ricordiamo le condanne ricevute dal boss (che l’Italia dovrà risarcire, unendo al danno la beffa). Nel processo per l’omicidio del tenente colonnello Giuseppe Russo, Provenzano venne condannato in contumacia all’ergastolo insieme con boss del calibro di Riina, Greco e Bagarella; lo stesso anno, nel processo per gli omicidi dei commissari Beppe Montana e Antonino Cassarà, venne altresì condannato all’ergastolo, sempre con Greco, Riina, Brusca e Madonia. Partecipò anche agli omicidi di Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Michele Reina, per cui gli venne inflitto un ulteriore ergastolo insieme agli altri soliti noti. Altro ergastolo, sempre nel 1995, nel processo per l’omicidio del generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, del capo della mobile Boris Giuliano e del professor Paolo Giaccone. Anche nel processo del 1997 per la strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e la scorta, Provenzano venne condannato all’ergastolo in contumacia insieme con altri boss come Riina, Brusca, Aglieri, Calò, Ganci, Geraci, Spera, Santapaola, Montalto, Graviano e Motisi. Lo stesso anno, ennesimo ergastolo nel processo per l’omicidio del giudice Cesare Terranova. Poi, altro processo eccellente, quello per la strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque dei suoi uomini della scorta: a Provenzano venne inflitto l’ergastolo. Nel 2000 ecco un’ulteriore condanna in
Continua qui: https://it.sputniknews.com/opinioni/201810296700656-Strasburgo-UE-Italia-pagare-boss-mafioso/
La Corte europea dei diritti dell’uomo appoggia la legge islamica sulla blasfemia
di Soeren Kern – 3 novembre 2018
Pezzo in lingua originale inglese: European Human Rights Court Backs Sharia Blasphemy Law
Traduzioni di Angelita La Spada
La Corte europea dei diritti dell’uomo – che ha giurisdizione su 47 paesi europei e le cui decisioni sono giuridicamente vincolanti per tutti i 28 Stati membri dell’Unione europea – ha di fatto legittimato un codice in cui la blasfemia contro l’Islam è reato, allo scopo di “preservare la pace religiosa” in Europa.
- La sentenza stabilisce in pratica un pericoloso precedente giuridico che autorizza i paesi europei a ridurre il diritto alla libertà di espressione, se quanto espresso è considerato offensivo per i musulmani e costituisce quindi una minaccia per la pace religiosa.
- “In altre parole, il mio diritto di esprimermi liberamente è meno importante della tutela dei sentimenti religiosi altrui.” – Elisabeth Sabaditsch-Wolff. La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha stabilito che la critica di Maometto, il fondatore dell’Islam, costituisce un incitamento all’odio e pertanto la libertà di espressione non viene tutelata.
Con la sua decisione senza precedenti, la Corte di Strasburgo – che ha giurisdizione su 47 paesi europei e le cui decisioni sono giuridicamente vincolanti per tutti i 28 Stati membri dell’Unione europea – ha di fatto legittimato un codice in cui la blasfemia contro l’Islam è reato, allo scopo di “preservare la pace religiosa” in Europa.
Il caso riguarda Elisabeth Sabaditsch-Wolff, una donna austriaca che nel 2011 è stata dichiarata colpevole di aver “denigrato gli insegnamenti religiosi” dopo aver tenuto una serie di conferenze sui pericoli dell’Islam fondamentalista.
Il problemi legali della signora Sabaditsch-Wolff sono iniziati nel novembre 2009, quando la donna tenne un seminario in tre parti sull’Islam presso il Bildungsinstitut der Freiheitlichen Partei Österreichs, un istituto politico legato al Partito della libertà austriaco (FPÖ) – che oggi fa parte della coalizione governativa governo austriaca. Un settimanale di sinistra, News, infiltrò un giornalista tra i presenti al seminario affinché registrasse furtivamente i contenuti. In seguito, i legali della rivista consegnarono le trascrizioni alla procura di Vienna come prova dei discorsi di incitamento all’odio contro l’Islam, ai sensi dell’art. 283 del Codice penale austriaco (Strafgesetzbuch, StGB).
Le parole offensive consistevano in un commento estemporaneo espresso dalla signora Sabaditsch-Wolff sul fatto che Maometto era un pedofilo perché aveva sposato sua moglie Aisha quando lei aveva solo 6 o 7 anni. Le reali parole pronunciate dalla signora viennese erano: “Un 56enne e una bambina di 6 anni? Come chiamarlo, se non un caso di pedofilia?”
In effetti, la maggior parte degli hadith (la raccolta di detti e fatti della vita di Maometto) confermano che Aisha era in età prepuberale quando Maometto la sposò, e aveva solo 9 anni quando il matrimonio fu
Continua qui: https://it.gatestoneinstitute.org/13231/corte-europea-diritti-uomo-blasfemia
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
L’alternanza scuola-lavoro secondo Roberto Ciccarelli
29 ottobre 2018 – Tiziana Drago
È intorno al centro traumatico del culto del capitale che ruota l’ultimo libro di Roberto Ciccarelli, Capitale disumano. La vita in alternanza scuola lavoro, manifestolibri, 2018. La mostruosità di un universo tutto risolto in un profitto onnivoro e feroce, il massacro dei desideri individuali e collettivi, quel groviglio di vulnerabilità, acredine e impotenza che imbriglia i tentativi di disarticolare la bulimia del sistema. E, insieme, l’impresa titanica di immaginarne lo sgretolamento.
Chi non avesse letto i precedenti lavori dell’autore (Forza lavoro. Il lato oscuro della rivoluzione digitale, DeriveApprodi, 2018 e, insieme a Peppe Allegri, La furia dei cervelli, Manifestolibri, 2011 e Il quinto stato. Perché il lavoro indipendente è il nostro futuro, Ponte Alle Grazie, 2013) troverà ora una porta di accesso non meno preziosa a un immaginario così angolato e delineato e insieme così proliferante e inesauribile. Nel presente inasprito e rancoroso che ci tocca, questa dedizione incondizionata e in controtendenza è un ethos limpido e inattuale, una forma del desiderio di cui è difficile trovare esempi, proprio perché assoluta e non negoziabile: cosa rarissima in un mondo in cui desiderio e adattamento sono diventati sinonimi. D’altra parte, i bei libri si coniugano sempre al futuro e ci chiedono di interrogarci, più che su cosa siamo stati, su cosa potremmo ancora essere («questo libro è un esercizio etico per prendere le distanze da ciò che siamo, aprendoci alle possibilità non ancora determinate dalle verità di qualcuno e imposte alla vita degli altri, ma presenti nel nostro vivere insieme»: p. 11).
Per decostruire il dispositivo in atto, Ciccarelli si insedia nell’unica macchina mitologica ancora in grado di ottemperare a questo compito, e cioè quell’immaginario del «capitale umano» che è allo stato attuale il più potente generatore di soggettività della coscienza postmoderna («l’importanza del capitale umano nella cultura contemporanea è pari all’invenzione della categoria di «uomo» in quella moderna»: p. 14): da quando i grandi racconti dell’emancipazione individuale e collettiva sono entrati in crisi, singoli e gruppi, ceti e nazioni, pretendono tutti non di avere ma di essere qualcosa in quanto veicoli del capitale. Solo nella forma cava di questa
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PANORAMA INTERNAZIONALE
ARRIVA IL “CANCELLIERE BLACKROCK” – Ed è “nazionalista”
Chi si fa avanti per contendere il posto di presidente della CDU lasciato dalla Merkel e dunque futuro cancelliere?
Friedrich Merz: presidente della filiale tedesca di BlackRock. Ossia della multinazionale americana che è anche la più grande entità d’investimento finanziario (speculativo), gestendo patrimoni per 6.400 miliardi di dollari. Un terzo dei quali in Europa.
Con Merz, praticamente è il mondo degli affari e finanza che si propone direttamente per la guida della Germania. Ultraliberista e filoamericano, promotore di un riavvicinamento decisivo a Washington, Merz, 62 anni, ha proposto di semplificare il codice delle imposte “in modo che stia in un sottobicchiere da birra”. Più a destra della Merkel sul piano sociale (alcuni potenti della CDU pensano che Angela si sia avvicinata troppo ai socialisti, perdendo parte dell’elettorato centrista.
Merz con Angela Merkel. La Blackrock gestisce 6,4 trilioni di patrimoni privati.
Per questi caratteri Merz può essere proposto come una versione germanica del brasiliano Bolsonaro che ha appena vinto le elezioni la – di destra, filo-Trump, duro “populista” ma in realtà ultra-liberista e smantellatore di stato sociale. Interessante constatare che anche il candidato Bolsonaro tedesco, Merz, ha subito dichiarato che intende contrastare “la crescita del populismo” puntando di più “sulla identità nazionale”.
Parole in cui si riconosce un’eco di una certa idea di Attali dopo la vittoria dei “populisti”, che gli oligarchi equivocano come “identitari”, invece che come fautori di una democrazia diretta: “Bisogna adattarsi al nuovo rapporto di forza per contrastare l’emergenza del populismo sociale – Non si deve lasciare la nazione ai nazionalisti”, come ha detto in un convegno estivo a fianco di Mario Monti.
Le “identità” contro “il populismo” sovranista
Coincidenza: proprio pochi giorni prima, Macron ha dichiarato letteralmente: “Io credo in un’Europa dei popoli con identità forti ma credo in un’Europa sovrana. Ci sono quelli che ci credono e quelli che non ci credono. Sono questi i
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Speciale Geopolitica: UE sempre più isolata sullo scacchiere internazionale
di Stefano Orsi analista per Ilsudest.it e Saker Italia
Ieri si è svolto un incontro in Turchia.
Si sono visti a casa di Erdogan 4 leaders di 4 Paesi differenti: il premier turco, come padrone di casa; i due leaders di Francia e Germania – i Paesi che comandano la UE, che sono in netto declino e grave difficoltà sia interna che internazionale, al minimo dei gradimenti che sia dato ricordare per quei paesi.
Infine, si è recato ad ascoltare le preghiere dei miseri malconci, il leader del mondo libero, Vladimir Vladimirovic Putin, Presidente della Federazione russa.
Cosa sono andate a fare in Turchia le potenze dominanti la UE? Non credo proprio siano andate a discutere della Siria, che era il tema del dibattito sventolato ai 4 venti… Perchè affermo questo? Lo dico alla luce dei futuri sviluppi delle sanzioni volute dagli USA contro la Russia, contro l’Iran, a breve forse contro l’Arabia, in una escalation che tende sempre più a isolare proprio l’Europa e a colpire maggiormente le nazioni che la comandano, ovvero proprio la Francia e la Germania.
Stanno saltando uno dopo l’altro i contratti miliardari che le loro aziende avevano siglato con l’Iran, e se ricordate la nota vicenda delle turbine Siemens alla Russia capirete quanto la Germania sia sotto pressione: Diesel gate, ora Bayer gate e via così, prima la Francia dovette rifondere i miliardi pagati dalla Russia per le due portaelicotteri tutto ponte classe Mistral, svendute malamente poi all’Egitto.
E ora a livello diplomatico la Francia non è riuscita a risolvere la crisi libica e
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S&P, l’America è con l’Italia (cioè contro Draghi)
Scritto il 29/10/18
Il verdetto di Standard & Poor’s è un segnale importante, perché vuol dire che c’è una frattura, all’interno delle Ur-Lodges reazionarie, e che l’America non segue completamente l’Europa e la linea Draghi, di sconfessione del governo italiano, ma furbescamente si posiziona a metà strada: non toglie all’Italia l’etichetta di paese dal rating ancora accettabile, ma in compenso cambia le previsioni, nel senso che ci vede nero (quindi, un colpo al cerchio e uno alla botte).
Sta di fatto, però, che gli ambienti finanziari americani non solo completamente allineati a quelli europei, e questo è un segnale da registrare. Un segnale non necessariamente positivo, ma nemmeno negativo come quelli degli ambienti finanziari europei. Ne è consapevole, il nostro governo? Non ci mettono molto, a capirlo, se il loro unico neurone funziona. Poteva andare peggio, dite? No: “doveva” andare peggio, perché il “fratello” Draghi non se l’aspettava, questa botta. La sovragestione non è granitica, quei poteri discutono e litigano, hanno interessi diversi. Poi, l’Italia ha lanciato un messaggio giusto: perché, prima di questo giudizio, Conte è andato da Putin. Era un modo per non far emettere a Standard & Poor’s una sentenza negativa.
Un verdetto totalmente negativo avrebbe avuto, come conseguenza, di far salire ulteriormente lo spread, o comunque di non farlo salire quanto sarebbe salito in caso di verdetto negativo. Un aiutino al governo? Per certi aspetti sì, ma è un aiutino basato sulle menzogne. Lo spread stesso è una menzogna. Soprattutto, vorrei contestare ufficialmente, a Draghi, di essere un bugiardo. Se rivelo pubblicamente la sua identità massonica, è perché lui stesso è venuto meno alle regole della massoneria. Tutti quelli che stanno facendo questa operazione sono dei bugiardi: lo spread non può incidere sui risparmi degli italiani, che sono in euro, e l’euro non si è mai svalutato in vita sua. Quindi la smettano, di mentire.
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Grecia: Il traffico di esseri umani dell’organizzazione “umanitaria”
di Maria Polizoidou
1 novembre 2018
Centro Internazionale di Risposta alle Emergenze (ERCI) si definisce una “organizzazione greca senza scopo di lucro che mette in atto una risposta alle emergenze e fornisce aiuti umanitari in tempi di crisi…”.
Avrebbe favorito l’ingresso illegale in Grecia di 70mila immigrati dal 2015, facendo incassare all’organizzazione “no-profit” mezzo miliardo di euro all’anno.
L’ERCI a quanto pare ha ricevuto 2mila euro da ogni immigrato illegale che ha aiutato a entrare in Grecia. Inoltre, i suoi membri hanno creato un business per “l’integrazione dei rifugiati” nella società greca, assicurandosi 5mila euro all’anno per ogni migrante inserito nei vari programmi governativi (istruzione, alloggio e sostentamento).
Con il governo greco che a quanto pare non ha la più pallida idea di come gestire la crisi migratoria e salvaguardare la sicurezza dei propri cittadini, è particolarmente sconcertante scoprire che la principale ong, il cui compito è quello di fornire aiuti umanitari agli immigrati, sta invece approfittando della situazione per trarre profitto dal traffico illegale dei migranti.
Il 28 agosto, trenta membri della ong greca Emergency Response Centre International – Centro Internazionale di Risposta alle Emergenze – (ERCI) ) sono stati arrestati per il loro coinvolgimento in una rete di trafficanti di esseri umani, operante sull’isola di Lesbo dal 2015.
Secondo una dichiarazione rilasciata dalla polizia greca, a seguito delle indagini che hanno portato agli arresti, “le attività di una rete criminale organizzata che facilitava sistematicamente l’ingresso illegale di stranieri sono state completamente smascherate”.
Fra le attività scoperte ci sono la falsificazione, lo spionaggio e il monitoraggio illegale della Guardia Costiera greca e di Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere dell’Ue, allo scopo di ottenere informazioni riservate sui flussi di immigrati turchi.
Le indagini hanno inoltre portato alla scoperta di altri sei cittadini greci e 24 cittadini stranieri coinvolti nel caso.
“Una organizzazione greca senza scopo di lucro che mette in atto una risposta alle emergenze e fornisce aiuti umanitari in tempi di crisi. La filosofia dell’ERCI consiste nell’identificare le lacune negli aiuti umanitari e colmarle per fornire assistenza nella maniera più efficiente e con notevole impatto. Attualmente, l’ERCI ha 4 programmi attivi con i rifugiati in Grecia, nell’area di
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Zoffi: la Germania bara, il suo debito vero è il 287% del Pil
Scritto il 27/10/18
Stando ai conti pubblici, il grande malato dell’Eurozona non è l’Italia o un altro dei paesi oggi considerati periferici, addirittura ribattezzati “Pigs”, maiali, nel pieno della crisi del debito sovrano. La pietra dello scandalo è proprio la Germania di Angela Merkel, che continua a fare la voce grossa con la Bce e gli altri condòmini del Vecchio Continente. A raccontare al “Giornale” il lato oscuro di Berlino è Fabio Zoffi, veneziano, che da vent’anni vive con la famiglia a Monaco di Baviera. Zoffi conduce attività che spaziano dall’alimentare al Big Data: tra i suoi clienti Luxottica, Pirelli, Bnl, Banco Popolare e Benetton. «ll debito pubblico complessivo tedesco non è pari all’80% del Pil, come certificano i documenti ufficiali, ma al 287%», assicura il “venture capitalist” italiano, dopo essersi preso la briga di rielaborare tabelle e proiezioni statistiche. La colpa è del debito «implicito», che con approssimazione possiamo definire «nascosto», prodotto dalle costose riforme concesse dai governi che si sono succeduti negli ultimi decenni. Tutto questo, nel 2020 comporterà pesanti aggravi alla spesa per le pensioni, le assicurazioni sanitarie e l’assistenza ai malati cronici.
«Berlino è finora stata molto brava a nascondere la polvere sotto il tappeto, ma ormai è impossibile non vedere le
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Israel Stands by Saudi Prince Against Iran, Despite Khashoggi
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3 novembre 2018 09.04 CET Updated on 4 novembre 2018 08.19 CET
- Israeli leader says opposition to ‘malign’ Iran is key goal
- Saudi prince may see Israel as haven as others shun him
Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu has joined the rest of the world in condemning the killing of Saudi critic Jamal Khashoggi. But he doesn’t want the controversy to shatter his country’s quiet, emerging alliance with the kingdom against a common enemy — Iran.
What happened at the Saudi consulate in Istanbul last month “was horrendous and should be duly dealt with,” Netanyahu told reporters Friday in Bulgaria, his first public comments on the Khashoggi affair. “At the same time, it is very important for the stability of the world, for the region and for the world, that Saudi Arabia remain stable.”
Khashoggi’s murder has focused attention on the power behind the Saudi throne, Crown Prince Mohammed bin Salman. That’s causing difficulties for the U.S. and Israel, which have embraced the ambitious 33-year-old as central to their efforts to counter Iranian influence in the Middle East.
Israel and Saudi Arabia don’t have diplomatic relations but the two countries have long carried on secret political, intelligence and commercial relations — some involving Israel’s biggest defense contractors. Netanyahu frequently talks about how several Arab neighbors are developing closer ties with Israel
Continua qui: https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-11-03/israel-stands-by-saudi-prince-against-iran-despite-khashoggi
POLITICA
Ecco perché gli italiani non volevano Cottarelli premier
Marco Fontana – 30 ottobre 2018
In un editoriale dal titolo “Non è vero che l’Italia è troppo grande per fallire”, sul quotidiano La Stampa, il professor Carlo Cottarelli ci racconta cosa sarebbe diventata l’Italia se il Governo fosse stato affidato nelle sue mani, come avrebbe voluto il presidente Mattarella, già pronto a incaricare un altro premier extraparlamentare.
L’economista cremonese afferma:
pensare che l’Europa possa ignorare le regole fiscali esistenti e, a maggior ragione, che possa intervenire a sostegno dell’Italia in caso di crisi, senza chiedere nulla in cambio, è del tutto irragionevole.
Risulta allora chiarissimo che questo premier mancato non avrebbe mai tentato alcuna mediazione con l’UE, ma si sarebbe completamente sottomesso ai famosi “compiti a casa” di montiana memoria. L’Italia avrebbe quindi diligentemente accettato qualunque diktat europeo, invece di avviare, come sta succedendo oggi grazie all’opposizione del governo Conte all’approccio di austerity incondizionata della Troika, un serio dibattito sulle riforme a livello comunitario che da molto tempo sono invocate dai cittadini di tutto il continente. È sconcertante vedere come nella sua analisi il più fulmineo Presidente del Consiglio della storia d’Italia eviti di riflettere proprio su quelle regole (in particolare quelle fiscali) che non sono certo dogmi immutabili, ma che devono adattarsi al contesto economico nel quale si vive.
Cottarelli, già commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica nel governo Letta, aggiunge che il problema di fondo è quello che spesso causa le guerre (economiche in questo caso): anche se una soluzione conflittuale non conviene a nessuno, cedere alle pressioni dell’altra parte comporta una perdita di credibilità e sovranità che non è sostenibile a livello politico. Occorrerebbe capire che, in queste condizioni, giocare d’azzardo («playing chicken» come si dice in inglese), usare l’arma del ricatto, contando sulla paura che
Continua qui: https://it.sputniknews.com/opinioni/201810316712972-italia-italiani-cottarelli-premier/
Nel 2019 scatterà il piano per portare il venerabile Draghi a Palazzo Chigi. Non praevalebunt…
Pubblicato: 04 Novembre 2018
di Francesco Maria Toscano
La Legge di Stabilità predisposta dal governo Conte ha provocato le reazioni compatte e isteriche di una serie di organismi sovranazionali che lavorano con zelo per annientare fino in fondo il benessere italiano.
Questi poteri sovranazionali possono contare poi sul sostegno interno di importanti uomini delle istituzioni che lavorano a viso aperto contro l’interesse nazionale. Naturalmente tutti i poteri bancari e usurai, quelli cioè che controllano a cascata anche i media principali, fiancheggiano le perfide manovre delle solite oligarchie cosmopolite che non hanno mai digerito il ruolo di potenza industriale che l’Italia ha saputo ritagliarsi dal dopoguerra in avanti.
Quelli che oggi tifano per la Ue contro l’Italia sono a ben vedere i degni eredi degli assassini di Moro e Mattei, morti per difendere l’autonomia, la dignità e l’indipendenza dell’Italia agli occhi del mondo.
La Finanziaria varata dai “gialloverdi” non ha nulla di rivoluzionario, anzi in realtà è perfino troppo timida. L’Italia avrebbe bisogno di un deficit ben più alto del 2,4% per ripartire, dopo anni passati a distruggere scientemente il nostro tessuto produttivo grazie all’applicazione di politiche balorde e criminali pensate con il chiaro obiettivo di abbattere la domanda interna (circostanza che, con fare svampito, ammise placidamente perfino Mario Monti).
Perché allora i soliti usurai fanno tanto chiasso? Perché, per quanto insufficiente, il parziale cambio di rotta impresso dal nuovo governo garantirà un sicuro miglioramento del quadro macroeconomico. A quel punto anche i ciechi si renderanno conto del fatto che gli uomini che hanno imposto una politica di cieca austerità lo hanno fatto non per “mettere a posto i conti”, come dicono i bugiardi, ma per bastonare dolosamente le classi medie e proletarie, da schiavizzare al fine di costruire un nuovo equilibrio sociale tra le diverse classi fondato sul sopruso brutale e sulla violenza dissimulata.
D’altronde, cari amici, l’economia è un pochino più semplice di come la raccontano in televisione i “professoroni” pagati dal sistema per rendere complicati anche i ragionamenti più scontati.
SCIENZE TECNOLOGIE
“Un improvviso sconvolgimento climatico porterà ad una catastrofe globale di monumentali proporzioni, …portando intere nazioni a scomparire sotto il mare ed i pochi sopravvissuti a combattere per le scarseggianti risorse di cibo, acqua ed energia”. (Da un rapporto “segreto” del Pentagono).
C’E’ QUALCUNO CHE GIOCA CON I NUMERI?
Forse le date – 26 Dicembre 2002 (Ciclone Zoe in Polinesia), 26 Dicembre 2003 (terremoto in Iran), 26 Dicembre 2004, onda tsunami nell’Oceano Indiano – sono solo una coincidenza. Forse non è vero – al di là delle date – che lo tsunami del Dicembre 2004, come suggeriscono alcuni siti di “cospirazionismo”, è stato provocato da un esperimento tecnologico segreto (altri dicono addirittura “voluto”), ma questo non basta certo a scartare del tutto l’idea che con il controllo dell’atmosfera gli uomini non abbiano mai pensato di giocare. Anzi. Gli stessi sospetti dei “paranoici” riguardo al recente tsunami probabilmente non sarebbero mai potuti nascere, se le premesse, almeno generiche, per una tale follia non fossero esistite in primo luogo (la fantasia ha sempre bisogno di un appiglio reale, per poter dare i suoi frutti migliori).
IL PROGETTO H.A.A.R.P.
Nel corso dei secoli, i mutamenti climatici hanno rappresentato uno dei più potenti catalizzatori dei pensieri dell’uomo, influenzandone le credenze e le azioni, gli umori e le decisioni, sempre in un modo apparentemente casuale, ma in realtà guidati dalla ferrea logica della natura.
Tuttavia, dalla rivoluzione industriale ad oggi qualche ferita abbiamo incominciato ad infliggergliela, e la Terra oggi non è certo più quella dei giorni antichi, dove tutto era in perfetto equilibrio bio-ambientale.
Ma mentre i più visibili sembrerebbero gli allarmi della comunità scientifica sul surriscaldamento globale, il rischio maggiore è forse quello, praticamente ignorato dai mass-media, di un mutamento climatico a scopi militari.
Esiste infatti dal 1992 un progetto del Dipartimento della Difesa Statunitense, coordinato dalla Marina e dall’Aviazione, denominato HAARP (High-Frequency Active Auroral Research Program). E’ il cuore vero e proprio del più vasto – e ben più noto – programma di “Guerre Stellari”, avviato nei primi anni Ottanta sotto le amministrazioni Reagan-Bush, che ora sta accelerando la sua
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STORIA
Bollettino della vittoria 4 novembre 1918
- R. Ottaviano 4 11 2018
Esattamente cento anni fa, il 4 novembre del 1918, un lunedì, con il documento ufficiale “Bollettino della Vittoria” il generale Armando Diaz, Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, annunciava la vittoria dell’Italia e la disfatta nemica nella Prima guerra mondiale.
In base all’armistizio firmato il giorno primo a Villa Giusti, nei pressi di Padova, l’Impero Austro-ungarico si arrese, senza condizioni all’Italia. Terminava dunque quella che il professor Gian Mario Cazzaniga (curatore del n° 25 degli annali di storia d’Italia dell’Einaudi, interamente dedicato all’esoterismo) ed altri importanti storici dell’esoterismo quali Piero Fenili e Marco Baistrocchi hanno definito, con fortunata espressione “L’ultima guerra romana”. Nella realtà la Prima guerra mondiale potrebbe essere anche definita come la quarta guerra d’Indipendenza italiana, la guerra che sancì il definitivo riscatto del Nostro Paese con la riunione di Trento e Trieste alla madrepatria. Lo sforzo spirituale, morale, intellettuale e fisico della Massoneria e di quella egizia in particolare (ed in generale di tutto il Movimento Esoterico Italiano) in quella occasione fu pari, se non superiore, a quello già compiuto nelle precedenti guerre risorgimentali. Riguardo allo “scenario occulto” ed all’ azione nei piani sottili compiuta da alcune personalità, possiamo formarci una precisa idea leggendo l’articolo “La Grande Orma, la Scena e le Quinte, “pubblicato nel terzo volume di Ur-Krur, a firma “Ekatlos” (Leone Caetani).
Oggi, a distanza di un secolo da tali eventi non possiamo che constatare, amaramente, che quel senso di coscienza nazionale,di appartenenza del Nostro Popolo alla “Prima Tellus”, quella consapevolezza e quell’orgoglio di appartenenza alla nobile razza italica, quintessenza della mediterraneità, sono stati irreversibilmente distrutti per essere trasformati in un confuso e magmatico senso di
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TESTIMONIANZE DEL NAZISMO: FRAU BRUMHILDE POMSEL SEGRETARIA DEL MINISTRO DELLA PROPAGANDA DI GUERRA JOSEPH GOEBBELS
Ivan Cicchetti 21 marzo 2018 Memoria della Shoah
Frau Brunhilde Pomsel, classe 1911, si descrive come un personaggio ai margini della scena, per nulla interessata alle decisioni che venivano prese nell’ufficio dove lavorava.
Ma il suo non era un ufficio qualsiasi: dal 1942 al 1945 Brunhilde Pomsel fu la segretaria di uno degli uomini più influenti del Terzo Reich, il ministro della Propaganda Joseph Goebbels. Oggi più che centenaria, la Pomsel è una delle poche testimoni ancora viventi capace di raccontare ciò che il nazismo ha rappresentato per milioni di tedeschi.
Le sue memorie sono presentate nel film A GERMAN LIFE, un lungo documentario di 113 minuti presentato di recente al Filmfest München che vuole far riflettere sui rapporto tra morale e carriera e sulla disastrosa combinazione tra assenza di pensiero e ambizione.
Frau Pomsel ha sempre sostenuto di essere rimasta all’oscuro delle decisioni prese dal suo capo, di aver preso per buone le informazioni sullo stato del Reich, della guerra e del problema degli Ebrei che le venivano date dai suoi superiori, senza farsi troppe domande e continuando a svolgere il suo lavoro. «Non succedeva quasi nulla lì», racconta in un’intervista al The Guardian. «Mi limitavo a svolgere la mia mansione tutto il giorno». Nata e cresciuta a Berlino, Frau Pomsel si descrive come un «prodotto della disciplina prussiana» che ha fatto la segretaria per tutta la vita. I suoi primi datori di lavoro furono un avvocato ebreo e un politico della destra nazionalista. Nel 1933, su suggerimento di un amico, si unisce al partito nazista. «Lo facevano tutti, perché non avrei dovuto farlo anche io?». Inizia così a lavorare nella radio del Reich. È brava e per questo le viene proposto un lavoro nel Ministero della Propaganda. «Dicevano fossi la dattilografa più veloce di tutte, per questo mi fu dato il lavoro.Anche se nessuno mi crede, io e le altre segretarie eravamo all’oscuro di tutto. Tenevano tutto segreto. L’unica cosa che facevo era dattilografare nell’ufficio di Goebbels». Quando racconta la sua storia, Frau Pomsel si sofferma a raccontare la figura del ministro della Propaganda. Parlando del suo capo ne descrive l’eleganza, il portamento, le mani sempre curatissime. Dalle sue parole emerge il ritratto del ministro come un uomo dedito al lavoro, capace però di trovare anche il tempo per i figli. Della politica Frau Pomsel non si interessava. Ricordando il discorso tenuto da Goebbels sulla guerra totale nel 1943, dichiara: «Non ho realizzato che cosa stesse dicendo Goebbels. Era strano vederlo trasformarsi in un oratore urlante capace di fomentare la folla, abituata com’ero all’uomo elegante e posato che ogni giorno entrava in ufficio. Non ho prestato attenzione alle sue parole, non mi interessavano. Fu stupido da parte mia, me ne rendo conto ora».«È un male, è egoismo se le persone che ricoprono certi ruoli cercano di fare qualcosa per loro stesse, anche se questo significa danneggiare qualcun altro?». Così inizia A GERMAN LIFE , il film del 2016 diretto da Christian Krönes, Olaf S. Müller, Roland Schrotthofer e Florian Weigensamer, che uscirà nelle sale il prossimo autunno. I quattro registi hanno parlato con Brunhilde Pomsel per 30 ore,
Continua qui: https://ilfaro24.it/testimonianze-del-nazismo-frau-brumhilde-pomsel-segretaria-del-ministro-della-propaganda-di-guerra-joseph-goebbels/
Una modesta proposta sull’insegnamento della storia: aboliamolo.
Lettera aperta ai colleghi storici.
Scritto da Aldo Giannuli
Un po’ di giorni fa, le associazioni dei docenti di storia e l’Istituto Storico per la Storia della Resistenza hanno lanciato un grido di dolore contro la proposta di abolire la traccia di storia fra quelle degli esami di stato, additando l’incultura di chi ha fatto l’infausta proposta ed hanno colto l’occasione per la solita geremiade sulle cattedre perse, della marginalizzazione delle ore di insegnamento della storia ridotte ad una sola negli istituti tecnici eccetera.
La Commissione ministeriale che ha approvato questa riforma degli esami di Stato è certamente composta da allevatori di bestiame capitati non si sa come in quella posizione, non discuto.
Ma bisogna riconoscere che qualche ragione ce l’hanno: è un fatto che nell’ultimo decennio (più o meno) la traccia è stata scelta solo dall’1% dei candidati. E la cosa, cari colleghi, non vi dà nessun sospetto? Se il 99% degli studenti scansa la traccia di storia, non dipenderà dal fatto che la storia gli è stata insegnata con i piedi?
Non cominciamo con le solite scuse sulla vulgata corrente che marginalizza le materie umanistiche e disincentiva i giovani a studiare la storia, su quella trappola infernale che è internet, eccetera eccetera, il punto è che i nostri docenti non riescono ad interessare i ragazzi alla materia in questione.
E questo si inserisce nel problema più generale dei troppi insegnanti che, magari, conoscono la materia, ma non la sanno insegnare e questo vale per tutte le discipline. In estate lessi di una classe di un istituto livornese dove erano stati bocciati o rimandati 40 studenti su 41 ed un imbecille di docente confessava come giustificazione: “Non riusciamo a farli studiare”. Come dire che “non sappiamo fare il nostro mestiere” visto che il compito del docente è proprio quello di motivare i ragazzi a studiare. Morale: licenziamo in blocco i docenti di quella classe e faremo una cosa santa.
Ma, si dice, della storia ha bisogno non solo la cultura ma anche la democrazia, perché, si dice, la storia ha un alto valore formativo.
Ecco: il punto è proprio questo: la storia, così come viene insegnata, ha ancora questo valore formativo? Direi proprio di no. Per il modo in cui è ora mal insegnata non ha alcun valore culturale e, meno che mai, professionale.
La storia non serve a “far bella figura in società” o ad assecondare una qualche voglia individuale di intrattenimento. La storia ha una funzione precisa nella spiegazione e critica del presente e, solo a questa condizione, è elemento utile al dibattito politico e culturale. Frugare a caso nel passato non serve a niente, quello che serve è risalire lungo la catena dei nessi causa effetto che spieghino l’attuale stato di cose e servano da lente di ingrandimento per individuare cosa va conservato e cosa mutato nell’attuale ordinamento. Ora, c’è qualcuno che ha il coraggio di sostenere che l’attuale insegnamento serva a questo?
Quanti docenti sarebbero in grado di spiegare il passaggio dalla formula merce-denaro-merce a quella denaro1-merce-denaro2 e spiegarne la portata storica? Quale insegnante saprebbe spiegare le conseguenze della decisione di Nixon sulla non convertibilità del dollaro nel 1971? Quanti docenti hanno una pur vaga idea del pensiero politico di Ghandi, Sukarno, Kemal Ataturk o sanno chi sono stati Nasser, Al Qutb o Franz Fanon? E chi saprebbe presentare adeguatamente il processo di codificazione dello stato moderno europeo o il passaggio dalla decretazione alla legge?
Ne dubito fortemente, perché i nostri docenti, in massima parte sono filosofi o letterati che non capiscono nulla di diritto o economia e poco di sociologia o politologia.
D’altro canto, i libri di testo che hanno a disposizione non parlano di certe cose e ripropongono la solita sbobba identica a sé stessa da almeno 60 anni. Si, ci abbiamo appiccicato a forza qualche capitolo sulla storia delle donne, dei giovani o dell’ambiente (che nessun docente trova il tempo di spiegare e che sono posti senza alcun legame con tutto il resto) ma la struttura resta quella di sempre nella quale è possibile distinguere con chiarezza i suoi vari strati alluvionali: alla base il catechismo della “religione della Patria” con i suoi martiri (Menotti, Speri, Bandiera) ed il suo glorioso cammino verso l’unità; poi il capitolo sulla prima guerra mondiale per lo più di derivazione fascista; quindi la grande cupola dell’insegnamento crociano con il suo culto per l’analogia e il suo insopportabile moralismo, per cui il fine della storia è il giudizio morale (insomma, il voto in condotta a chi ci ha preceduto) e la sua totale insensibilità ai dati istituzionali ed economici; infine un po’ di catechismo antifascista.
Beninteso: sono antifascista da sempre, non ritengo affatto che l’antifascismo sia un valore superato, ma non sopporto alcun tipo di catechismo. Si può capire che nel primo trentennio della Repubblica fosse necessario radicare la condanna del fascismo, ma vogliamo capire che la storia del fascismo va studiata in riferimento al tipo di modernità che si è costruita in questo paese? E che dopo il fascismo ci sono stati 70 anni di storia che sono bellamente ignorati dai nostri manuali? E senza che questo attenui di un ette la condanna del fascismo. L’antifascismo va benissimo, ma facciamolo vivere nel quadro del presente e non trasformiamolo in un polveroso museo di memorie.
Insomma, è accettabile che il nostro insegnamento ignori cose come la decolonizzazione, la strategia della tensione, il sessantotto, i mutamenti dell’ordine monetario, il crollo dell’Urss e dell’ordinamento bipolare, la trasformazione imperiale della presidenza americana, le rivoluzioni di Cina, Indonesia, Algeria, Vietnam, le guerre mediorientali eccetera eccetera? Caro colleghi, ma in che secolo vivete?
E non si tratta solo di recuperare il passato più recente, ma di leggere con altri occhi anche tutto il resto della storia alla luce dell’attuale ordinamento del mondo. Ad esempio, siamo sicuri che la storia degli Assiri, dei Babilonesi, dei Fenici sia così importante, mentre si trascurano del tutto le ben più importanti civiltà di India e Cina?
Certo che la storia romana dobbiamo studiarla, ma è necessario beccarsi tutta la solfa delle dinastie gallo-romane. L’ elenco completo delle battaglie di Cesare, gli imperatori più insignificanti, e non tentare una comparazione con le parallele vicende dell’India? Il medio evo va studiato, ma è così fondamentale dare tanto spazio alla lotta per le investiture, piuttosto che dare uno sguardo all’evoluzione dell’economia cinese a metà del XIV secolo, con il passaggio all’economia del riso e con il parallelo affermarsi del dispotismo asiatico?
E, nella storia moderna, si potrebbe restringere un po’ il solito elenco di guerre e battaglie ma dare più spazio alla
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