6 FEBBRAIO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
L’Invidia è quel tratto ignobile della nostra natura
che ci fa soffrire e languire
a causa di ciò che consideriamo essere una felicità per altri.
BERNARD DE MANDEVILLE, La favola delle api, Laterza, 2008, pag. 87
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Precisazioni
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SOMMARIO
I vegani sono buoni, a prescindere
Trump: “Il meglio deve venire”. E Pelosi straccia il suo discorso. 1
Sanremo 2020 tra simboli e messaggi
Donne, se a “discriminare” sono i giornaloni di sinistra. 1
Perché le persone odiano i vegani? Ce lo spiega la psicologia. 1
Perché le persone odiano i vegani?. 1
Dissoluzione del Servizio sanitario nazionale S.S.N.
Le mosse di Atene per fermare la Turchia di Erdogan
Quando Erdogan vola in Algeria
Romano Prodi presidente della repubblica?
Vola il surplus commerciale della Germania
Risparmio a rischio, cosa sta accadendo davvero
Open Arms
Balzello. 1
La Russia tra Iran e Israele
Carotenuto: nel potere mondiale, buoni e cattivi sono soci 1
Craxi, il capitalismo italiano e l’elitarismo laico. 1
Ti svuoto il conto, violando l’home banking su smartphone. 1
Coronavirus: “Vi spiego perché l’isolamento è inutile”. 1
Il ruolo della fisica moderna
Giuseppe “Vero” Marozin, il comandante
EDITORIALE
I vegani sono buoni, a prescindere
Manlio Lo Presti – 5 febbraio 2020
L’articolo sui vegani è costruito sul binomio vegani-rabbia non vegani.
Attribuisce a priori e senza alcun fondamento logico ai vegani una superiorità morale che infastidirebbe coloro che non lo sono provocando addirittura un disagio cognitivo!!! (*)
Applicando il metodo del dubbio inteso come verifica dei metodi di produzione delle verità, sono emerse alcune riflessioni:
- la contrapposizione vegani vs rabbia onnivori è una petizione di principio, una opinione costruita su una impalcatura logica non dimostrata e viziata da moralismo non scientista.
A sostegno di questo teorema, ad esempio, maliziosamente la ricerca non riporta la percentuale di coloro che sono del tutto indifferenti (come il sottoscritto) o addirittura che ci ridono sopra, categorie entrambe forse in maggioranza;
- gli assunti di base della ricerca medesima partono a-priori dal retropensiero iniziale che i vegani in fondo hanno ragione.
Ancora una volta, emerge fra le righe il bispensiero neomaccartista antifa quadrisex mondialista omologatore livellatore al ribasso pseudoprogressista per il quale:
- da una parte di sono GLI ONUSTI DELLA SUPERIORITÀ MORALE (attribuita a costoro non so da chi), che si sono attribuiti il compito messianico (chi vuole intendere fra i pochi, intenda) di “suggerire” alle masse beote cosa fare e cosa non-fare, cosa pensare, cosa credere, ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.;
- dall’altra abbiamo una marea di subumani quadrupedi cercopitechi CRIPTOFASCISTI da rieducare, possibilmente in apposite strutture di ricondizionamento (come dichiarato apertamente da Padellaro in un dibattito televisivo) e il cui compito è quello di ricevere passivamente il “verbo/logos/messianico” gracieusement octroyé ed irrogato abbondantemente dall’alto!
Teniamoci lontano da manicheismi d’accatto
ad “usum Delphini”
(*) cfr articolo al link: https://www.vegolosi.it/news/perche-persone-odiano-vegani-studi-psicologia/
IN EVIDENZA
Trump: “Il meglio deve venire”. E Pelosi straccia il suo discorso
Al termine dell’intervento di Trump al Congresso, la speaker della Camera Pelosi ha “strappato” la propria copia del discorso del tycoon
Gerry Freda – Mer, 05/02/2020
Donald Trump ha appena pronunciato al Congresso il suo terzo discorso sullo Stato dell’Unione, evidenziando i successi in campo economico e internazionale conseguiti dalla sua amministrazione e senza fare alcun accenno all’imminente voto sull’impeachment.
In un’ora e mezzo di intervento e davanti a un parlamento federale a camere riunite caratterizzato dalla profonda spaccatura tra democratici e repubblicani, il presidente americano, fa sapere La Repubblica, ha sottolineato innanzitutto i risultati riportati dal proprio governo sul fronte diplomatico.
Egli, riferisce la testata, ha infatti rimarcato di essere riuscito a convincere sempre più Paesi Nato a incrementare i rispettivi bilanci militari e a impegnarsi per un rafforzamento complessivo dell’Alleanza atlantica. Successivamente, The Donald ha promesso che saranno statunitensi i primi astronauti a mettere piede su Marte, per poi assicurare l’impegno della sua amministrazione nel dare la caccia ai principali terroristi attualmente a piede libero nel mondo.
Il tycoon ha continuato, riporta il quotidiano romano, esortando l’Iran ad abbandonare qualsiasi piano di sviluppo di armi di distruzione di massa. Relativamente all’Afghanistan, il magnate ha manifestato la volontà di ritirare i soldati americani lì schierati, in quanto, a suo avviso, non avrebbe senso il fatto che gli Stati Uniti si atteggino a “poliziotti di altre nazioni”.
Egli ha allora tuonato contro la leadership chavista di Caracas. In particolare, l’inquilino della Casa Bianca ha affermato che l’esecutivo Maduro sarebbe illegittimo e che la tirannia di quest’ultimo sul popolo venezuelano
Continua qui: https://www.ilgiornale.it/news/mondo/discorso-sullo-stato-dellunione-scontro-trump-e-speaker-dem-1821640.html
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
SANREMO 2020 TRA SIMBOLI E MESSAGGI
Stefano Hedo Erario – 05 02 2020
Qualcuno me lo ha chiesto e anche in questo caso non ho potuto esimermi dal dare una mia interpretazione esclusivamente simbolica della scenografia del Teatro Ariston del Festival di Sanremo di quest’anno.
Da anni ormai, le strutture architettoniche e le scenografie, colpiscono gli addetti ai “lavori” ma, come sempre, mi limiterò a dare alcuni spunti omettendo la mia considerazione sulla scelta o sul messaggio Archetipo che si vuol mandare. se mai ce ne fosse uno.
Qui habet aures audiendi, audiat, Luca 8:8;10
IL BIACCO O BISCIA NERA
Niente panico, si tratta infatti di un serpente che non solo non è assolutamente aggressivo e pericoloso, ma senza che tuo lo sappia ti sta facendo un gran favore perché tiene lontani i roditori e altri piccoli animali. Ma che tipo di serpente è la biscia nera? Conosciamola più da vicino e impariamo a distinguerla dagli altri serpenti in modo da non arrecarle danno e, se proprio non ci piace, allontanarla senza farle del male.
Il nome scientifico del Biacco, ovvero della biscia nera, è Coluber Viridiflavus. Non è un serpente velenoso, al contrario è piuttosto mite, ma la sua stazza può incutere paura, soprattutto in chi teme i serpenti. Infatti questo serpente è piuttosto grosso. Il biacco, il cui nome è di etimologia germanica (biach), e significa pallido in quanto privo di macchie, proprio come certi serpenti che vivevano nelle campagne, è un serpente non molesto, dalla livrea scura, per questo il nome di biscia nera. In realtà però è oscuro sul dorso, con sfumature che virano sul verde, ma l’addome è sul giallo, con screziature nel punto d’incontro dei due colori.
COME SI RICONOSCE IL BIACCO
Tanto per cominciare non ci sono molte bisce nere in Italia, per cui è facile che un serpente scuro sia un biacco, conosciuto anche come colubro verde/giallo. Le dimensioni possono essere notevoli, infatti mediamente è lungo dai 120 ai 130 cm, sebbene esistano anche esemplari più grossi che arrivano a raggiungere i 2 metri. Il colore del biacco è prettamente nero sulla sua parte superiore, quindi testa e dorso, dove si riconosce anche una sorta di reticolo giallo. Sul ventre è possibile distinguere diverse linee verdi longitudinali, ma la colorazione della livrea varia in base al territorio in cui vive il serpente.
Gli esemplari più giovani hanno una livrea differente, infatti sono grigio azzurri su tutto il corpo eccetto il reticolo nero e giallo sulla testa. In particolare, va rilevato che gli esemplari adulti che vivono nelle zone mediterranee e nell’Italia meridionale hanno un colore completamente nero. La testa di questo serpente, che ricordiamo, è innocuo, è ovale (quella della vipera è a cuneo con un restringimento del collo in prossimità del capo), il corpo snello, la coda sottile, gli occhi sono sporgenti, ben grandi e con una pupilla rotonda, elemento di distinzione con la vipera che lo ha con la pupilla verticale e stretta.
UN GRANDE CORRIDORE
Il biacco è un serpente non velenoso, quindi ha come unica difesa la fuga, e in questo è davvero molto bravo, infatti può arrivare a percorrere anche 11 km all’ora! Non solo, è anche un bravo scalatore e un abile nuotatore. Se però viene attaccato tende a mordere a ripetizione, sebbene il suo morso non sia pericoloso, è comunque poco piacevole, sia ben chiaro, quindi se lo vedete in giardino, meglio non impaurirlo perché la reazione potrebbe essere quella descritta.
DOVE VIVE IL BIACCO
Il biacco vive prevalentemente nei paesi dell’Europa centro-meridionale e nel bacino del Mediterraneo. Si trova quindi in paesi come la Grecia, Slovenia, Croazia, Francia, sud Svizzera, nord est della Spagna, in Asia e, dulcis in fundo, in Italia. Nel nostro paese è presente praticamente su tutto il territorio, isole incluse, anche quelle minori, come le Egadi, le Eolie e le Pontine, infatti è uno dei serpenti più diffusi assieme a un’altra biscia, il Natrix Natrix. Solitamente ama vivere in campagna, nei prati o in quei terreni rocciosi circondati comunque dal verde. Tuttavia, può decidersi a vivere anche nelle zone umide, cibandosi di pesci e di piccoli anfibi quando stanzia presso i corsi d’acqua.
COSA FARE SE SI AVVISTA QUESTO SERPENTE
Forse sarebbe meglio dire cosa non fare. In effetti non tutti sono amanti dei serpenti, o meglio, molte persone hanno una vera e propria fobia, ma questo non è un buon motivo per eliminare l’animale dato che non è assolutamente nocivo né per l’uomo né per gli animali domestici. Ma allora come allontanare i serpenti dal nostro giardino? La cosa migliore da fare se si avvista un esemplare di biacco è quella di lasciarlo stare, l’animale, se non disturbato, andrà serenamente per la sua strada. Se tuttavia lo si vuole allontanare da casa si possono utilizzare dei dissuasori. Sono molto validi, per esempio, i repellenti allo zolfo, che non nuocciono all’animale ma lo convincono a cercare altri lidi.
Anche la naftalina è un deterrente, però in questo caso può nuocere ai nostri animali domestici o ai bambini piccoli. La cosa più sensata però è quella di rendere l’habitat poco confortevole per il serpente, quindi togliamo materiali che possano essere visti da lui come ottimi rifugi, dunque foglie morte, cataste di legna, pietre. Teniamo l’erba del giardino ben curata ed evitiamo di lasciare residui di cibo in giro. Se proprio non si riesce ad allontanare l’animale o vi fosse più di un esemplare, meglio chiamare dei professionisti della disinfestazione.
L’ultima frase mi pare la più azzeccata
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1359248067590191&id=100005150317420
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Donne, se a “discriminare” sono i giornaloni di sinistra
“Gli angeli del virus. Isolato a Roma grazie a tre ricercatrici”.
“Le scienziate che vincono contro il virus”
“È tutto al femminile il team di virologhe dello Spallanzani che, primo in Italia, ha isolato il coronavirus: lavoro in coppia e turni di 12 ore”.
“Ormai da anni, anche nel resto del Paese, il settore (e i laboratori) sono in mano alle donne.”
“È stato un pool di donne a isolare il coronavirus responsabile dell’epidemia…”
Oggi ha deciso di titolare così il megafono della “sinistra” moderata: Repubblica. Più leggo questi titoli e più penso: Perché? Perché specificare che il gruppo dello Spallanzani sia tutto al femminile? Perché sottolineare più volte che, ad isolare il virus, siano state tre donne? Che bisogno c’è di specificare il sesso della mente geniale che ha dato un contributo importantissimo per curare e combattere il virus cinese che sta terrorizzando e bloccando il Pianeta? Se è M o F c’è poca differenza. Sotto il camice bianco ci sono degli esperti. Sarebbe cambiato qualcosa se ad isolare il virus fosse stato un uomo? No. Nulla. Quello che conta è il risultato. Aldilà del sesso. Italiani. Uomini o donne che siano.
Mi fermo e leggo ancora. Rileggo. Non riesco a capire. Colpa della mia giovane età e, dunque, poca esperienza nel giornalismo? Rileggo. Eccome se rileggo. “Donne.” Ma cosa vuole dirci Repubblica? Non riesco proprio a capirlo. Che le Donne possono fare altro? Che le Donne non sono fatte per occuparsi della casa? Oltre che lavare, stirare, cucinare e fare figli? È questo quello che ci vogliono dire tra le righe? Loro, quelli per la “parità dei sessi”. Non credo. Non è da
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Perché le persone odiano i vegani? Ce lo spiega la psicologia
Perché la società stigmatizza tanto chi decide di non mangiare più carne? Alcuni recenti studi in campo psicologico provano a dare una risposta
di Silvia De Bernardin – 5 FEBBRAIO 2020
La miglior difesa è l’attacco. Verrebbe da semplificarlo così, citando la nota espressione bellica, il meccanismo psicologico che sta dietro lo scontro pubblico tra onnivori e vegani. Da anni, gli studiosi indagano quello che è stato definito il “paradosso della carne”, ovvero il pensiero che porta chi mangia carne ad attaccare chi non la mangia pur riconoscendone inconsciamente le motivazioni. Ora, alcuni recenti studi psicologici hanno aggiunto nuovi elementi di comprensione al fenomeno che, come riporta un’analisi pubblicata dalla Bbc, avrebbero a che fare con una serie di radicati pregiudizi psicologici. E ricondurrebbero la “rabbia” degli onnivori verso i vegani a nient’altro che a una forma di difesa sociale del proprio comportamento.
Perché le persone odiano i vegani?
Le analisi degli psicologi partono da questa domanda e da alcuni dati di analisi che vedrebbero i vegani tra le categorie di persone più stigmatizzate nella società occidentale, al pari dei tossicodipendenti. A essere attaccati risultano soprattutto coloro che non mangiano carne per motivazioni di natura etica e di rispetto per gli animali. Ma, allora, se la maggior parte delle persone desidererebbe vivere in un mondo meno violento e più empatico, perché a essere oggetto della rabbia sociale sono proprio coloro che hanno fatto scelte di vita che vanno in quella direzione, si chiedono gli psicologi? “Oggi viviamo in un’era, almeno nel mondo occidentale, nella quale abbiamo a disposizione sempre più prove e argomenti sul fatto che mangiare la carne sia male”, spiega Hank Rothgerber, psicologo sociale della Bellarmine University, in Kentucky. “Tuttavia,
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BELPAESE DA SALVARE
Dissoluzione del servizio sanitario nazionale S.S.N.
Lisa Stanton 5 02 2020
Il SSN comunica i dati ufficiali di un’Italia che, al pari del resto del mondo, ha portato avanti le sue politiche sanitarie negli ultimi anni.
Gli ospedali sono passati dai 1.165 del 2010 ai 1.000 del 2017: -14,6%.
I medici assunti a tempo indeterminato in strutture pubbliche sono passati da 110.732 a 101.100: -9,5%.
I posti letto sono passati dai 244.310 del 2010 ai 211.593 del 2017: -16,2% (ed ulteriormente ridottisi quelli pubblici a favore di quelli privati).
Com’è stato possibile? Con la complicità omertosa di ricercatori, scienziati e medici di fronte al tradimento di ogni deontologia. Poi, con le politiche sanitarie delegate ai vari Ricciardi dell’OMS, Rezza dell’ISS, etc…
Ad esempio, il dr. Villani, direttore del Bambin Gesù e Presidente dei pediatri italiani, lo stesso che reputa doverosa l’esclusione dalla scuola di bambini sani non vaccinati contro malattie scomparse in Italia o per le quali non c’è epidemia, ci spiega che escludere quelli a rischio di una malattia epidemica sarebbe ingiusto.
In Italia ci sono 4000 casi l’anno di Tubercolosi, e due focolai scolastici sono stati denunciati nel solo mese di Gennaio 2020. Tutti conosciamo la portata distruttrice della TBC, malattia spesso asintomatica, e la sua gravità specie sulla pelle dei bambini. Eppure, per il dr. Villani è solo una malattia che “di tanto in tanto torna fuori”.
Dal ministro Speranza a Zingaretti, dal grillino Sileri al premier Conte, continua l’ideologizzazione del tema sanitario, sul quale vi ripetono che “Come nel caso dei vaccini, dovrebbero essere i medici e i ricercatori ad indicare le misure più opportune e più efficaci per evitare la diffusione del coronavirus, non i governatori di Regione.”
Eppure, le politiche sanitarie sono politica, cioè la ragione per cui costoro sono stati eletti da voi. Possibile non capiscano che non possono abdicare alla loro funzione? La salute pubblica la deve normare, anche per una questione di responsabilità, la politica.
In Cina, dopo aver sequenziato il genoma del virus in pochi giorni, hanno sviluppato un test espresso in grado di rilevare il coronavirus 2019-nCoV in meno di 15 minuti, una svolta che contribuirà ad arginare l’infezione. Esperti di un’azienda tecnologica con sede a Wuxi, nel Jiangsu, in collaborazione con l’Istituto nazionale per il controllo e la prevenzione delle malattie virali, hanno sviluppato il kit di test rapidi nucleici in soli dieci giorni. In Thailandia con un set di antivirali più i farmaci contro l’Hiv, il Remdesivir, alcuni ammalati di coronavirus guariscono in due giorni.
In Italia gli scienziati ed i politici a loro accodatisi,
i quali si trovano d’accordo solo sui tagli alla Sanità,
stanno aspettando l’ennesimo vaccino da Big Pharma.
Mi auguro che non serva.
https://www.facebook.com/100000248554468/posts/2964359103582346/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Le mosse della Grecia per fermare la Turchia di Erdogan
Mauro Indelicato – 5 FEBBRAIO 2020
L’attivismo della Turchia in Libia ed il memorandum sottoscritto tra Erdogan ed Al Sarraj, ha avuto tra gli effetti collaterali quello di far tornare sulla scena politica internazionale un paese rimasto, specialmente negli ultimi anni, decisamente ai margini. Il riferimento è alla Grecia guidata dal premier Kyriakos Mitsotakis, al potere dallo scorso mese di luglio grazie alla vittoria elettorale su Alexis Tsipras. Atene sarebbe la prima vittima degli accordi turco – libici, le nuove rispettive Zee decretate da Ankara e Tripoli di fatto taglierebbero fuori dalle rotte commerciali del Mediterraneo orientale proprio il paese ellenico. Da qui il tentativo, da parte greca, di correre ai ripari.
Nella giornata di lunedì Kyriakos Mitsotakis si è recato a Riad, capitale dell’Arabia Saudita. Era da diverso tempo che un rappresentante del governo greco non andava nel paese mediorientale. La visita del premier ellenico è soltanto l’ultimo dei tanti passi in politica estera compiuti dal suo governo da dicembre ad oggi. La Grecia, paese sconvolto dalla crisi economica iniziata con la bolla finanziaria esplosa nel 2010, negli ultimi anni è apparsa definitivamente fuori da ogni dinamica politica. Con Atene impegnata a varare soltanto piani lacrime e sangue imposti dalla troika, che hanno distrutto l’economia e rischiato di stravolgere la società, non ha di fatto più avuto una sua politica estera. Le scelte intraprese dagli ultimi governi greci, sono state in qualche modo “dovute”. Inoltre, l’immagine di un paese devastato dalla crisi ha sempre frenato qualsiasi tentativo di Atene nel dare una propria impronta ed una propria linea in campo internazionale.
La situazione interna alla Grecia non è cambiata di molto rispetto agli anni peggiori della crisi. I disastri causati dalle mosse imposte agli ultimi esecutivi, non sono certamente rimediabili nel giro di pochi anni. Tuttavia il premier Mitsotakis, espressione del partito di centro – destra Nea Demokratia, da alcuni mesi è impegnato nel ridare un po’ di vigore alla politica estera del suo paese. Come detto, la spinta verso questo cambiamento è arrivata soprattutto dalle mosse
Continua qui: https://it.insideover.com/politica/le-mosse-della-grecia-per-fermare-la-turchia-di-erdogan.html
Quando Erdogan vola in Algeria
Lisa Stanton
E’ l’1 marzo 2018 quando Erdogan vola in Algeria. Se il Monarca si muove c’è un motivo preciso: incontri fitti, come se dovesse dettare l’agenda e i confini del rinato Impero ottomano. Dove c’è crisi nei paesi arabi c’è Erdogan, il quale sa bene che l’Algeria è un enclave decisivo per l’estensione delle sue mire sul Mediterraneo occidentale. Conosce a menadito le norme che regolano i confini a mare, le ha sperimentate a Cipro ed in Libia, sottomettendo l’ENI coi suoi giacimenti.
Recep Tayyip Erdoğan e il decadente presidente algerino Abdelaziz Bouteflika concordano l’operazione di ZEE, Zona Economica Esclusiva, con l’espansione delle attività economiche sino a 200 miglia dalle proprie coste, soprattutto se nessuno ha rivendicato quegli specchi acquei.
L’Italia non ha mai fatto richiesta in tal senso, Erdogan lo sa e suggerisce l’operazione al Business Forum Turchia-Algeria, dove dichiara: “Vediamo l’Algeria come un’isola di stabilità politica ed economica nella sua regione. Di fatto l’Algeria è il nostro più grande partner commerciale in Africa. Francamente, non troviamo sufficiente il volume degli scambi che vogliamo portare subito da 3,5 miliardi di dollari ad almeno a 5 miliardi “.
Parla ad una platea selezionata: 200 uomini d’affari turchi e quasi 600 algerini, promette aiuti umanitari, opportunità di istruzione e sviluppo per 6mld di dollari. Nella stessa giornata firma 7 accordi di cooperazione in Algeria, il più importante tra l’azienda algerina Sonatrach e le due imprese turche Ronesans e Bayegan, che si sono impegnate a investire 1 mld di dollari nel settore petrolchimico.
il 20 marzo del 2018 il Presidente della Repubblica popolare democratica dell’Algeria emana il decreto che istituisce la ZEE dell’Algeria, estende i confini della zona economica esclusiva e definisce nuovi confini marittimi.
Da tale nuova conformazione dei confini marittimi si rileva una cessione rilevante di sovranità sulle acque internazionali da parte dell’Italia, che solo nel novembre 2018 scrive all’ONU per opporsi a tale decisione unilaterale. Ad oggi una risposta internazionale non è mai arrivata.
Il decreto del Presidente Algerino è stato notificato a tutti gli organismi interessati a partire dal Segretario generale dell’ONU ed all’Ambasciata italiana ad Algeri. L’Italia non ha attivato alcuna azioni di disconoscimento e contrasto sino al 28 novembre 2018, il Governo algerino a giugno 2019 ha replicato allo Stato italiano ribadendo la propria decisione e affermando all’ONU che la delimitazione della ZEE algerina è stata decisa prendendo in considerazione l’esame di regole oggettive dei principi pertinenti del diritto internazionale per garantire una delimitazione giusta ed equa degli spazi marittimi tra Algeria e Italia, ai sensi dell’art. 74 della Convenzione ONU sulla legge del Mare.
L’Algeria svolgerà le sue attività economiche con riferimento alla pesca e alla ricerca ed estrazione di idrocarburi. Ovviamente ha avuto garanzie per il pattugliamento dell’immenso bacino marino da Erdogan e Macron, interessato a condividere i successi economici della ex colonia.
http://www.unidos.io/il-furto-del-mare-sardo-guerra-allonu-per-fermare-lalgeria/
Il deputato Mauro Pili ha segnalato per primo la questione al Governo, ha ampiamente informato l’opinione pubblica ed ha presentato relativa denuncia alla Procura della Repubblica di Roma.
http://www.unidos.io/untitled-61/
Il deputato Borghi oggi ha interrogato il Governo, chiedendo spiegazioni sulla ZEE Algerina: la risposta di Incà è che ci sono stati scambi di lettere e che sarà attivata una Commissione per trattare. Trattare cosa?
https://www.youtube.com/watch?v=UcyJ7zK7Q8Y&feature=youtu.be
https://www.facebook.com/100000248554468/posts/2965029880181935/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
ROMANO PRODI PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?
Gaetano Immè e Tanino Da Ortigia – 2 01 2020
Al celebre numero 96 di via Gradoli, interno 11, a Roma, zona Cassia, vi era l’appartamento della signora Bozzi, occupato da tali Moretti e Balzerani, frequentato da Giuliana Conforto, figlia del noto “influencer o spia “di Stalin a Roma, ossia Giorgio Conforto ed era un covo delle Brigate Rosse autrici del sequestro Moro.
I1 18 marzo 1978 vi si recarono cinque agenti di polizia, guidati dal brigadiere Merola, per perquisire gli edifici della strada. L’interno 11 non viene perquisito perché “trovata chiusa la porta, il sottufficiale di pubblica sicurezza incaricato dell’ispezione e gli altri agenti si fidarono dell’assicurazione dei vicini, secondo la quale gli inquilini erano persone tranquille”.
Ma quell’appartamento di via Gradoli n. 96, interno 11 era il covo delle Brigate Rosse, covo che venne abbandonato dopo i rastrellamenti eseguiti nel paese di Gradoli il 6 aprile 1978, rastrellamenti divenuti di dominio pubblico lo stesso giorno e disposti dalle autorità a seguito delle informazioni fornite dal Professor Romano Prodi.
E cosa c’entra il Professor Romani Prodi con tutto questo?
C’entra, c’entra, perché i1 2 aprile 1978, a Zappolino, in provincia di Bologna, a casa del professor Alberto Clò, si incontrano un gruppo di amici. Erano sicuramente presenti Romano e Flavia Frodi, Fabio Gobbo, Adriana, Alberto, Carla e Licia Clò, Gabriella e Mario Baldassani, Francesco e Gabriella Bernardi, Emilia Fanciulli e cinque bambini.
Riferisce l’onorevole Tina Anselmi, in una sua lettera inviata il 20 dicembre 1980 alla Commissione Moro, di aver appreso dal dottor Cavina (Collaboratore dell’onorevole Zaccagnini e nella cui Segreteria anche detta onorevole Anselmi lavorava), che egli era stato informato dal professor Romano Prodi nei termini che seguono: ” Della seduta parapsicologica tenutasi a Bologna, mi riferì il dottor Umberto Cavina, allora collaboratore dell’onorevole Zaccagnini, che ne era stato informato dal professor Romano Prodi, presente alla seduta. Il Prof. Prodi riferì al Dr Cavina che in quella circostanza lui ed i suoi amici tennero una specie di seduta parapsicologia, con un tavolinetto e piattini di caffè e evocarono “Aldo Moro”. Ebbene, cita l’Onorevole Anselmi, a detta del Prof. Romano Prodi i piattini risposero all’invocazione con questo messaggio: “Gradoli, via Cassia, Viterbo, seguiti da due numeri, 96 e 11”. “Lo stesso Cavina mi riferì- prosegue l’Onorevole Anselmi – che si era provveduto a riferire l’episodio alle autorità di Governo”
Riferisce Francesco Cossiga alla Commissione Moro, che “recatomi a piazza del Gesù per consolare Zaccagnini e per essere da lui consolato, un senatore, il dottor Luigi Zanda, va nella stanza di Cavina. Tornato al Ministero mi disse che Cavina gli aveva dato un biglietto secondo il quale il Presidente Aldo Moro si sarebbe trovato nel paese di Gradoli, strada statale n. 404, Albinia.
Gli dissi di scrivere subito al capo della polizia, cosa che lui fece… Allora io gli dissi di informarsi su come avevano avuto questa informazione e lui disse che Romano Prodi gli aveva riferito che era stata fatta una seduta spiritica alla quale era presente anche il prof CIò, mi sembra fosse questo il nome, e altri professori. Da una parte c ‘era anche Andreatta che non partecipava”.
Nella grande casa di campagna di Clò quel 2 aprile 1978 a Zappolino, c’era anche quindi Beniamino Andreatta, maestro e protettore di Prodi nella sua carriera universitaria e politica, futuro Ministro della difesa del Governo Prodi del 1996.
Prodi venne interrogato in sede di testimonianza formale dalla Commissione Moro il 10 giugno 1981 durante la quale Romano Prodi confermò che, alle domande dove si trovasse Moro, se fosse vivo o morto “il piattino aveva segnalato i nomi di Bolsena, Viterbo e Gradoli” e che “finito il gioco, mentre stavano andando via, trovammo una carta geografica, e constatammo l’esistenza di un paese chiamato Gradoli”.
Comunque, resta il fatto certo che Gradoli (paese) non aveva nulla da vedere con le Brigate Rosse e con il presidente Aldo Moro, atteso che si mise subito in opera una serie di ricerche che non diedero esito alcuno.
Un momento! Un esito, però, quelle ricerche, lo dettero, eccome!
Se qualcuno voleva avvertire gli inquilini di un covo brigatista, ubicato ad un certo qual numero civico di una via che aveva lo stesso nome della località setacciata e pubblicizzata dalla TV, quando non c’erano telefonini, come avrebbe potuto fare di meglio?
L’esito, insomma, di “quelle ricerche provocate dalle parole del Prof. Romano Prodi” fu quello di fornire graziosamente l’allarme per le Brigate Rosse sul covo di via Gradoli, sito a Roma, dopo la pubblica notizia delle operazioni eseguite nel paese di Gradoli, avente cioè lo stesso nome dell’anzidetta via.
Alla “ stranezza” del fatto, seguirono poi diverse curiose coincidenze: dopo pochi mesi da quella “ seduta” il Prof. Romano Prodi- che da circa dieci anni non aveva incarichi pubblici, essendosi dimesso da Consigliere del Consiglio Comunale di Reggio Emilia, il 28 ottobre del 1969 – inizia la sua favolosa carriera politica , diventando Ministro dell’Industria nel quarto Governo Andreotti; a Novembre del 1978 con l’appoggio di Andreotti, De Mita e di Filippo Maria Pandolfi, uno dei Ministri più importanti del Governo di “ solidarietà nazionale”.
Certi italiani si meritano Prodi Presidente della Repubblica.
https://www.facebook.com/1842016917/posts/10212586797225190/
ECONOMIA
Vola il surplus commerciale tedesco (alla faccia delle regole Ue)
Andrea Muratore – 5 FEBBRAIO 2020
Il doppio standard è figlio dei rapporti di forza. Rimane una costante storica nei rapporti tra nazioni l’applicazione selettiva delle regole e dei trattati da parte dei Paesi in posizione di vantaggio politico o economico.
Per la Germania nell’Unione europea vale proprio questo principio. Da oltre un decennio Berlino si trova nella condizione di essere lo “sceriffo” che intende far rispettare, selettivamente, le regole di Maastricht sul bilancio riservandosi di violare i parametri europei sulle questioni commerciali.
Stando alle Macroeconomic imbalance procedure (Mip) introdotte nel 2011 dall’Unione un Paese non dovrebbe avere un saldo positivo della bilancia commerciale superiore al 6% del Pil nella media a tre anni. La Germania viola sistematicamente questo dato e, anzi, nel 2019 ha visto il saldo delle partite correnti crescere dal 7,3% al 7,6% del Pil, un valore simile all’8% registrato tra il 2015 e il 2017. Il 7,6% del Pil implica un saldo commerciale positivo delle partite correnti (flusso di beni, servizi e investimenti) pari a 293 miliardi di dollari (circa 262 miliardi di euro).
Nonostante un trimestre di recessione, la stagnazione dell’economia e il ridimensionamento finale della produzione industriale la Germania rimane la prima economia al mondo per rapporto tra surplus e Pil. Le regole rimangono sullo sfondo. Orpello riservato a chi non ha la forza di costruire un’influenza nel Vecchio Continente. In un contesto di crisi dell’export europeo, la Germania non può, col senno di poi, lamentarsi del risultato. Deve, piuttosto, preoccuparsi del mercato
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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Risparmi a rischio, cosa sta accadendo davvero
Leopoldo Gasbarro, 5 febbraio 2020
“C’era una volta un inglese, un tedesco, un francese, un americano ed un italiano…”. Avete presente quelle barzellette di quando eravamo ragazzi in cui il racconto partiva proprio dalla frase con cui ho aperto quest’articolo? Chi non le ricorda, direte voi? Quelle barzellette davano sempre un senso molto forte al valore della perspicacia, dell’intuizione, della creatività e della capacità d’improvvisare dell’italiano che finiva sempre per avere l’ultima parola ed era una parola giusta, la parola che faceva fare un figura meschina all’inglese, al tedesco, al francese ed all’americano. E quante risate…
Una volta era così. Nelle barzellette era così. Ma ora la barzelletta rischiamo di diventare noi italiani. E allora ripartiamo da quel modo di raccontare le storielle da osteria per spiegare ciò che sta accadendo davvero ai nostri risparmi.
È il primo luglio del 2018. In un posto che lascio descrivere alla vostra sfrenata immaginazione, s’incontrano un tedesco, un italiano, un francese, un americano ed un inglese. I cinque sono seduti attorno ad un tavolo. Ognuno di loro è lì a rappresentare la propria nazione. Non sono capi di stato, non sono ministri per l’economia. Sono semplici risparmiatori. È come se ognuno di loro fosse l’unico risparmiatore del proprio Paese ed avesse sui propri conti tutte le ricchezze private di quella nazione. Il confronto è proprio sul risparmio. Chi ne ha di più? Chi sarà capace di farlo crescere maggiormente? Il tema è di quelli straordinariamente importanti. Così tutti e cinque decidono di giocare a carte scoperte.
“Facciamo così – dice l’americano – ognuno di noi dichiari quanto risparmio è stato accumulato fino ad oggi nel proprio Paese. Poi, tra un anno esatto, ci ritroveremo qui e vedremo chi sarà riuscito ad incrementarlo di più”. Gli altri annuiscono facendo intuire di essere d’accordo. “Comincio io – esordisce il francese – noi siamo riusciti a
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IMMIGRAZIONI
OPEN ARMS
Giovanni bernardini 2 02 2020
Nuova richiesta di processo per Matteo Salvini. Il senato non ha ancora deciso per il caso “Gregoretti” ed arriva una nuova richiesta di processo per la “Open Arms”.
Stavolta i magistrati (sempre gli stessi…) non hanno neppure il risibile aggancio legale costituito dal fatto che una nave italiana è territorio italiano: la “Opens Arms” è la nave di una ONG Catalana e di recente altri magistrati hanno stabilito, sempre a proposito di un caso in cui era implicato l’ex ministro dell’interno, che il porto di competenza di una nave è quello del paese di cui questa batte bandiera. E’ da notare che a suo tempo la “Open Arms” aveva rifiutato un porto spagnolo, come se fosse diritto di chi comanda la nave di una ONG stabilire quale debba essere il suo porto di attracco.
Ma questi sono in fondo solo dettagli tecnici, cavilli che possono avere la loro importanza nelle aule giudiziarie ma privi di qualsiasi rilevanza politica.
Il fatto importante è un altro. Settori politicizzati a sinistra della magistratura tentano di far fuori il capo del più forte partito italiano e lo fanno riproponendo la strategia usata contro Berlusconi. Non un solo processo ma una schiera, una raffica di processi che indeboliscano il mostro fino a farlo crollare. Con una differenza: nel caso di Berlusconi venivano aperte inchieste relative a reati “comuni”, Salvini invece è accusato per atti politici compiuti da un ministro in quanto ministro. La cosa è ancora più grave. Chi cerca di sbattere Salvini in galera vuole stabilire che la lotta alla immigrazione clandestina è un reato e che immigrare clandestinamente è un DIRITTO DELL’UOMO. Se certi magistrati operassero negli USA, e se l’ordinamento giuridico americano lo permettesse, avrebbero messo alla sbarra Donald Trump.
Da circa 25 anni settori super politicizzati della magistratura intervengono in maniera pesantissima nella lotta politica italiana. Possono farlo perché la magistratura italiana è sottratta ad ogni controllo ad essa esterno: i magistrati sono nel contempo controllati e controllori di se stessi, una evidente anomalia che nulla ha a che vedere col sacrosanto principio di autonomia della magistratura.
Oggi però l’interventismo politico di certi settori della magistratura può essere sconfitto. I rapporti di forza nel paese non sono più quelli di un tempo, sono sempre meno color che credono che in tutti i casi, tutti i magistrati operino al solo fine di applicare la legge, senza pregiudiziali politiche.
Difendere Salvini dalla aggressione di cui è oggetto è necessario, doveroso e possibile. Ne va della salvezza dello stato di diritto nel nostro paese.
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LA LINGUA SALVATA
bal-zèl-lo
Imposizione economica (specie tassa o imposta) gravosa e arbitraria
diminutivo di balzo.
Una parola che si trova usata con gusto sui giornali, e una risorsa sempreverde per chi si vuole lamentare di un’imposta che ritiene ingiustificata, iniqua ed esosa. E in questo caso ‘sempreverde’ vuol dire che gira da quasi seicento anni.
Il problema è seguire la strada intuitiva, poetica, analogica, che unisce l’imposta (anzi più in genere l’imposizione economica) col salto. Già perché in effetti ‘balzello’ sarebbe un diminutivo di ‘balzo’ (parola che emerge dalle nebbie del latino orale, secondo alcuni affine a ‘balza’, secondo altri addirittura a ‘ballare’). Però, qualche uso regionale a parte, l’uso di balzello nel senso proprio di saltello è davvero poco battuto. Forse possiamo trovare qualche spiegazione guardando meglio che tipo di imposta è il balzello.
Non è un’imposta equa e intelligente, attesa, considerata ragionevole, che sia espressione lineare di un bisogno condiviso. Il balzello è improvviso, talvolta occasionale, arbitrario, non ritenuto funzionale, che volentieri incide sulla popolazione in maniera iniqua — e non c’è imposizione arbitraria del genere che non sia percepita come gravosa.
La prima attestazione (siamo negli anni Quaranta del Quattrocento) è di Burchiello, poeta faceto di Firenze, di cui avevamo incontrato i ‘Nominativi fritti’, primo esempio di poesia nonsense: quello che viene individuato così è il gesto non di un salto, che ha comunque una sua linea sensata, ma di un saltello, di un balzello che ha l’aria di uno zompo
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PANORAMA INTERNAZIONALE
La Russia tra Iran e Israele
Futura D’Aprile – 5 FEBBRAIO 2020
L’uccisione il 3 gennaio del generale iraniano Qassem Soleimani ha nuovamente inasprito le relazioni non solo tra Teheran e gli Stati Uniti, ma anche tra Iran e Israele.
Il Paese degli Ayatollah ha infatti reagito alla morte di uno dei suoi uomini più importanti minacciando di colpire gli alleati americani nella regione, riferendosi molto chiaramente a Israele. L’Iran si era detto pronto a colpire Tel Aviv e Haifa, sapendo di poter contare anche su due importanti alleati: Hamas a Gaza e Hezbollah nel vicino Libano. Dopo settimane di minacce e accuse reciproche tra Iran e Usa, la tensione si è allentata e l’ostilità tra Teheran e Tel Aviv è ritornata ai livelli consueti con grande sollievo della comunità internazionale. La de-escalation nella regione è stata accolta positivamente anche da un altro attore, la Russia: il Cremlino, dopo anni di lavoro diplomatico, aveva tutto da perdere da uno scontro aperto tra Iran e Israele e si sarebbe visto costretto a scegliere da che parte stare. Una mossa che, per quanto inevitabile, avrebbe compromesso la sua politica estera.
L’amministrazione Usa guidata da Donald Trump è ormai nota per lo scarso interesse dimostrato nei confronti della politica estera e per aver preso le distanze dai suoi alleati mediorientali, molto spesso abbandonati a loro stessi nella risoluzione di problemi sì regionali, ma di portata internazionale. Un esempio su tutti è dato dalla guerra in Siria e dal mutevole atteggiamento adottato dagli Usa nei confronti della componente curda, prima sostenuta attivamente, poi abbandonata e infine nuovamente supportata da Washington a seguito dell’invasione turca.
Il vuoto di potere lasciato dagli Stati Uniti ha costretto i Paesi del Medio Oriente a stringere nuove alleanze, a rafforzarne di vecchie e ha permesso alla Russia di espandere ulteriormente la sua influenza nell’area. Il ruolo che Putin ha scelto per sé è quello di mediatore, come è possibile notare analizzando ancora una volta la questione siriana. Il presidente russo è riuscito a portare al tavolo dei negoziati l’omologo siriano e turco, contribuendo in maniera significativa
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Carotenuto: nel potere mondiale, buoni e cattivi sono soci
Scritto il 26/1/20
Libia e Medio Oriente bruciano, ma il racconto dei media non ci parla dei veri obiettivi: non ci dice dove nascono le crisi, dove vogliono arrivare e perché si fanno. Di questi scenari ho un’esperienza personale e profonda, vissuta spesso dietro le quinte. Le motivazioni delle guerre e dei conflitti non sono quelle apparenti. Nel mondo è in corso una lotta tra forze del bene, che stanno facendo crescere le coscienze, e forze che ostacolano questa crescita per cercare di assopire il risveglio coscienziale che è in corso da anni. Per tentare di frenare questo risveglio si creano problemi nell’anima, scoraggiando la voglia fare cose buone per sé e per gli altri. Per fare il bene non bisogna essere pieni di paure, di rabbia e di ansia. Niente di meglio della guerra, per rovinare i nostri sentimenti: le guerre sono grandi vortici di odio, di paura e di rabbia. Subito internazionalizzate e mostrate a tutti attraverso i media, le guerre intervengono direttamente nelle nostre anime: alterano il nostro modo di sentire, ci distolgono dalla nostra voglia di bene, ci abbattono e ci impauriscono, ci fanno arrabbiare e ci inquietano. Guerre e crisi vengono combattute soprattutto nelle nostre anime.
Quindi, innanzitutto sul terreno, le guerre devono provocare tragedie e dividere i popoli. Devono creare dissidio, mettere una parte contro l’altra. E questo viene fatto continuamente: da secoli, da millenni. Adesso, le crisi servono soprattutto a frenare il risveglio delle coscienze. I grandi poteri di manipolazione, che oggi hanno un buon controllo delle istituzioni nazionali e mondiali, ricorrono a un sistema antico: hanno a disposizione i propri burattini, divisi in fronti contrapposti, l’uno contro l’altro. Esistono due piramidi, che corrispondono al sentire delle persone: tra le masse c’è una parte più egoista e regressiva, più conservatrice, che quindi appoggia governanti che badano a difendere gli egoismi delle persone, e poi c’è un’altra parte di umanità che è maggiormente rivolta al bene di tutti, è più progressista. Negli anni, il potere ha creato due gruppi: uno si occupa dell’umanità più regressiva ed egoista, e quindi concentra gli egoismi per esaltarli e per sfruttarli, mentre l’altro gruppo manipola i buoni sentimenti delle persone e delle masse, per farle comunque confluire nei conflitti, nelle forme-pensiero e nelle direzioni che il potere ha assunto per cercare di bloccare la crescita delle coscienze.
Queste due piramidi hanno in mano istituzioni e governi. Quello che non si sa, in genere, è che qualsiasi grande istituzione (che sia un governo, l’Ue, una massoneria, un potere religioso, persino un partito) ha spesso al suo interno entrambe le piramidi, una in conflitto con l’altra. L’avrete notato: in ogni istituzione ci sono sempre almeno due correnti contrapposte. Quello che non si sa è che, a livello internazionale, le due correnti sono organizzate e armonizzate dagli stessi poteri. Così, ad esempio, la parte regressiva francese è connessa con quella regressiva italiana, americana, iraniana, ma anche le controparti – manipolatrici dei buoni sentimenti – sono connesse tra loro, e dirette da vertici che normalmente non sono noti. Questo “divide et impera” funziona, perché basta mettere queste piramidi l’una contro l’altra, e basta alimentare con interessi particolari gli uomini che ne fanno parte. Quindi, di una piramide faranno parte i petrolieri: e a quelli si farà vedere il vantaggio di acquisire campi petrolieri. Finanzieri, industriali e fabbricanti di armamenti sono presenti in entrambi i gruppi, che quindi si mettono l’uno contro l’altro. E ognuno, poi, verrà pagato in un “mercato delle anime” per quello che voleva: la promozione a generale, diventare primo ministro, acquisire soldi.
Tutti verranno accontentati, nel grande “mercato delle anime”. In effetti, le guerre non vengono mai fatte per conquistare territori, finanze, risorse economiche e potere. I burattini del potere sì, le guerre le fanno per questo, ma i veri poteri vogliono essenzialmente fare la guerra alle anime delle persone: non solo quelle direttamente colpite, ma – a cerchi concentrici – anche le nostre. E’ come creare sempre nuove malattie, di vario tipo, perché l’anima umana si ammali. Le due piramidi lavoravano così già in tempi antichissimi. Nella Roma repubblicana, il patrizio Cesare (un patrizio, quindi – diremmo – della corrente “di destra”) riuscì a imporsi sugli avversari entrando nella piramide “di sinistra”, quella dei tribuni della plebe. C’erano già
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POLITICA
Craxi, il capitalismo italiano e l’elitarismo laico
Bettino Craxi era figlio di un antifascista militante, ma, per i pericoli che avrebbe potuto correre proprio per questo, da piccolo fu affidato ad un collegio cattolico ed anche successivamente, per altre ragioni, entrò in un collegio privato e fu ad un passo dall’intraprendere il percorso sacerdotale[1]. Questa dimensione claustrale e religiosa, motivata però dagli ideali della lotta antifascista, segnano già l’ambiguità di una storia politica che parlava di grandi ideali liberal-socialisti ma si consumava nel chiuso dei meccanismi delle vicende partitiche che alla fine avrebbero contribuito a stritolarlo.
Craxi fu infatti uomo di partito, sia pur capace di slanci garibaldini (Garibaldi fu almeno a parole il suo eroe[2]) soprattutto in politica estera (in Cile e a Sigonella), e crebbe come giovane uomo di partito allo stesso modo di suoi autorevoli colleghi (Enrico Berlinguer ed Aldo Moro in primis): vicepresidente nazionale dell’Unuri (Unione Nazionale Universitaria Rappresentativa Italiana), membro del Comitato Provinciale del Psi, dirigente della federazione giovanile socialista, consigliere comunale a Sant’Angelo Lodigiano, membro del Comitato Centrale del Psi, membro del Consiglio nazionale dell’Unione Goliardica Italiana, responsabile di organizzazione del Psi a Sesto San Giovanni, Consigliere comunale a Milano, Assessore all’Economato, Segretario provinciale milanese del Psi, assessore alla Beneficenza e Assistenza, Segretario Provinciale del Psu milanese, Deputato, Vicesegretario nazionale del Psi, rappresentante del Psi presso l’Internazionale socialista, Segretario del Psi, Europarlamentare, Presidente del Consiglio, Vicepresidente dell’Internazionale socialista. Insomma non fu sacerdote, ma divenne una sorta di cardinale laico purnon riuscendo a diventare Papa, anche se fu quasi schiaffeggiato come Bonifacio VIII da una sorta di tumulto popolare all’uscita dell’Hotel Raphael il 30 Aprile 1993[3], in piena Tangentopoli.
L’intento politico iniziale
Questa sorta di ascesi incompiuta all’interno di un contesto che si vedeva come unicamente politico è in un certo senso simbolica. Essa riassume la progressiva perdita del potere politico dei partiti a livello nazionale in una fase storica in cui la circolazione dei capitali a livello internazionale tendeva a svuotare di senso la politica economica dello Stato. Craxi è il protagonista di una negoziazione ed al tempo stesso il profeta e la vittima di questo processo in cui si direbbe la politica cede il passo all’economia e dove le democrazie rappresentative perdono il vincolo con i rappresentati e si entra nuovamente nell’epoca di quello che oggi viene chiamato ordoliberismo[4], inteso come teoria dello Stato al servizio del mercato[5].
Per essere profeta di questo processo Craxi (forse incoraggiato dai grandi leader socialdemocratici mondiali, come Brandt, Mitterrand, Allende, Papandreu che lo avevano incontrato quando aveva rappresentato il Psi all’estero) doveva per quanto riguarda il terreno su cui si muoveva tentare di porre fine all’anomalia che il Pci rappresentava in Europa ovvero un partito comunista con un consenso maggiore a quello di un partito socialdemocratico. Questa anomalia rappresentava un punto di debolezza dell’Italia all’interno dello schieramento occidentale ed anche un freno all’alternanza politica nel nostro paese (il famigerato fattore K).
Craxi diventa segretario del Partito socialista in un momento di grande debolezza di questo partito. La formula del centrosinistra è logora e il Pci si appresta a governare con la DC senza alcuna attenzione ad una più naturale alleanza con il Psi. Craxi, che si contrapponeva al segretario uscente De Martino (che aveva perso da poco la possibilità di diventare Presidente della Repubblica) perché facente parte inizialmente della corrente di Nenni, pensa di riformare radicalmente il Partito Socialista, in primo luogo dal punto di vista ideologico. Successivamente un documento del partito dirà “Nel 1976, nella sua prima intervista da segretario del partito, ad un Giampaolo Pansa che gli chiedeva intenti, spiegazioni e dettagli della traiettoria possibile di un partito appena sconfitto nelle elezioni politiche e marginale nel determinare in quel momento gli equilibri politici, Craxi rispose: “Primum vivere”[6]. Per sopravvivere era necessario avere una posizione meno schiacciata sul mercato politico.
Craxi durante il sequestro Moro
Infatti, sin dall’inizio Craxi fu uno dei capi del fronte politico per la trattativa con le BR durante il sequestro Moro. La sua manovra è quasi geniale perché cerca di investire non tanto il governo (un governo fatto di soli democristiani ma che gode del sostegno parlamentare sia del Psi che del Pci) ma la Democrazia cristiana stessa che dovrebbe prendersi la responsabilità di fare un atto di clemenza che però non costituisse un momento di una trattativa di governo[7]. Una proposta piuttosto strana dal punto di vista giuridico-politico con cui Craxi fa la sua prima sortita per fare uscire indenne il Psi dall’abbraccio che si profilava come mortale tra il Pci e la Dc. Inoltre con essa Craxi ammicca alle formazioni politiche alla sinistra del Pci (cosa che ha provocato[8] e provoca verso di lui ancora oggi una specie di simpatia che in realtà non ha alcuna giustificazione dal punto di vista politico) ed isola quest’ultimo, arroccato nel fronte della fermezza (anche perché si dice in ambito democristiano e di destra che il rapimento Moro sia funzionale al compromesso storico[9]) e costretto a seguire per intero tutto il piano inclinato che lo ha portato ottusamente all’inevitabile sconfitta.
Il Vangelo socialista
Infine Craxi con questa sortita prepara la sua svolta ideologica e strategica, fatta nel nome in pratica del liberalsocialismo contro quello che viene considerato il vetero-marxismo del Pci (categoria usata anche da Rossana Rossanda per criticare stavolta però le BR[10]). Infatti nell’Agosto del 1978 esce un suo articolo dal titolo “Il Vangelo Socialista”[11] in cui si contrappongono una tradizione centralistica e autoritaria, di ispirazione giacobina e culminante nel leninismo, e una tradizione pluralista e libertaria che vorrebbe rimanere addirittura nell’alveo della civiltà occidentale. Si cita anche Proudhon quando dice che il comunismo avrebbe “asiatizzato” la civiltà europea e si esorta a non confondere socialismo e comunismo. Ritroviamo qui le categorie dell’imperialismo già usate dai primi ideologi dell’europeismo[12]. Alla fine Craxi cita Norberto Bobbio con cui non a caso polemizzerà qualche anno più tardi[13].
L’operazione, tutta ideologica (data la superficialità delle tesi così esposte), avrà però un ritorno politico perché consentirà ai socialisti di svincolarsi dall’abbraccio del Pci e darà loro l’illusione di poter elaborare una alternativa al marxismo. La rivista “Mondoperaio” sarà il corifeo culturale di questa smobilitazione. Nel frattempo la Falce e Martello verrà relegata nello sfondo mentre in primo piano risalirà il simbolo del Garofano (già esistente e ridiventato attuale grazie alla rivoluzione portoghese[14]).
Il decisionismo
A questa svolta antimarxista si associa una svolta antiparlamentare (apparentemente contraddittoria con le lusinghe al socialismo lillipuziano e un po’ anarchico del secolo precedente, ma invece coerente con l’attacco ai comunisti). Si parla del decisionismo craxiano[15], cercando soprattutto di valorizzarlo e di sterilizzarne le componenti antidemocratiche. Lo si fa diventare processo psicologico o lo si contrappone al blocco della diarchia Dc-Pci quasi fosse una manovra strategica e antiburocratica. Lo si associa a Carl Schmitt cercando acrobaticamente di evitare l’irrazionalismo che ne consegue[16]. Per nobilitarlo ancora di più lo si fa diventare filopalestinese come a Sigonella[17]. In realtà questa è la retorica alla fine cortigiana di chi intende rimuovere il fatto che il decisionismo craxiano era la forma latina
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SCIENZE TECNOLOGIE
Ti svuoto il conto, violando l’home banking su smartphone
Scritto il 05/2/20
Il primo pensiero, quando se ne sente parlare, è che a noi non capiterà mai. Eppure, con gli smartphone ormai diventati dei veri e propri terminali bancari, il rischio c’è. E per perdere i risparmi di una vita possono bastare poche ore. Lo scrive Stefano Galeotti sul “Fatto Quotidiano”, denunciando lo svuotamento improvviso dei conti correnti. Parla una delle vittime: «I soldi sono spariti tramite quattro bonifici, ordinati con causali fantasiose». E addio denaro: «Abbiamo provato a fare il richiamo delle operazioni, ma non è stato possibile». Il giorno dopo è scattata la denuncia alla polizia postale. Il verdetto: vittime di “sim swap”. È una tipologia di frode informatica articolata in vari passaggi, spiega Marcello La Bella, dirigente della polizia postale della Sicilia Orientale, che nel 2018 ha compiuto la prima operazione in Italia contro questo tipo di truffa, con 13 persone arrestate e un bottino totale di oltre 600.000 euro. «Una volta individuata la vittima si procede all’acquisizione delle credenziali di home banking tramite tecniche di hacking. Poi, utilizzando documenti falsi, si sostituisce la sim card della vittima e, attraverso lo stesso numero telefonico, si ottengono dalla banca le credenziali per operare sul conto corrente online».
La pericolosità di questa truffa, aggiunge il “Fatto”, sta nel superamento del secondo fattore di autenticazione, di recente legato al numero di telefono: «Il cellulare viene identificato con la sim, e chi ne entra fisicamente in possesso ha un grande vantaggio», rivela Stefano Zanero, docente di elettronica al Politecnico di Milano ed esperto di cyber-sicurezza: « Il numero di telefono infatti è anche il canale di comunicazione utilizzato dalle banche per notificare i movimenti e per fare eventuali controlli di sicurezza. In questo caso però messaggi e chiamate di verifica arrivano a chi sta commettendo il reato». I guai cominciano con l’assenza di segnale sul telefono. «Da Tim ci rassicurano, dicono che si tratta di un errore nella configurazione», racconta uno dei derubati: «Consigliano di spegnere e riaccendere il telefono, di farlo più volte». Ma è inutile: ormai quel numero è collegato a una sim che sta nelle mani del truffatore. Agli operatori, le vittime raccontano: «Lo stesso giorno abbiamo ricevuto un messaggio che confermava l’avvenuta disattivazione della sim, da noi però mai richiesta». Nel pomeriggio, la Tim conferma: alle 10 del mattino
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Coronavirus: “Vi spiego perché l’isolamento è inutile”
Gioia Locati – 5 febbraio 2020
L’isolamento non potrà fermare il coronavirus. Vi è prova di contagi avvenuti in Cina, in Usa (cliccate qui) e in Germania nel periodo dell’incubazione. (Fonte: The New England Journal of Medicine, Transmission of 2019-nCoV Infection from an Asymptomatic Contact in Germany).
Non solo: è tipico delle infezioni respiratorie diffondersi soprattutto in pazienti a-sintomatici che non manifestano l’infezione. A spiegarcelo è Stefano Petti, professore al dipartimento di Malattie infettive e Salute Pubblica della Sapienza di Roma.
Professore, questa informazione aumenterà l’allarmismo.
“Trattandosi di un virus nuovo, è normale che vi sia tanta attenzione, soprattutto da parte degli addetti ai lavori. Ma non è proprio il caso di preoccupare. I virus a trasmissione aerea sono trasmessi anche dai ‘portatori precoci’ (ossia da chi si trova nel periodo dell’incubazione), è un fatto risaputo, perciò i cordoni sanitari sono una misura primitiva, di quando si ignorava il comportamento dei virus”.
Se l’isolamento non serve, cosa si può fare?
“Adottare le Precauzioni Universali, misure igieniche che si dovrebbero mettere in atto sempre. Perché sono centinaia di migliaia i microorganismi che ci possono colpire durante un’esistenza”.
Esempi?
“Lavarsi le mani e arieggiare le stanze spesso. Buone abitudini da non trascurare, anche se fa freddo. Poi, è importante abbattere l’eccessiva umidità – almeno al di sotto del 65% – tipica delle palestre e delle piscine. Cercare di evitare le distanze ravvicinate, l’ideale è mantenersi ad almeno un metro dal proprio vicino o, comunque, limitare il contatto più ravvicinato al minimo indispensabile”.
Vi sono ospedali, alberghi e uffici con le finestre sigillate.
“Le stanze devono avere un ricambio d’aria naturale. Studi hanno rilevato una percentuale di infezioni respiratorie da virus, funghi e batteri aerei notevolmente più alta negli edifici bassi e sigillati rispetto a quelli con soffitti alti e spifferi alle finestre”.
Le mascherine servono?
“Sì. Perché i virus viaggiano solo nei droplet (le goccioline emesse
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IL RUOLO DELLA FISICA MODERNA
Simboli della scienza sacra – 5 07 2018
La scienza moderna, il cui carattere razionalista ed antitradizionale deriva dalla corrente di pensiero che prese forma nel Rinascimento e che può essere descritta con il nome di “umanesimo”, rappresenta uno dei paradigmi su cui si fonda la civiltà occidentale, e lo si vede dall’importanza che essa ha assunto in seno a questa stessa civiltà, al punto da diventarne un idolo intoccabile, addirittura posto al di sopra di quell’altra entità indiscutibile che è la “democrazia”, poiché ultimamente si sente dire, per mettere a tacere qualunque opinione che sia in contrasto con quelle della comunità scientifica, che “la scienza non può essere democratica”. Interessa qui notare, più che il carattere di autoreferenzialità di simile osservazione, il potere enorme che sono venuti ad assumere i procedimenti del metodo scientifico, rispetto al mantenimento di quell’illusione collettiva che sta alla base della civiltà moderna. Si tratta infatti di un’illusione poter pensare di considerare, così come fa la scienza sperimentale, una civiltà unicamente da un punto di vista materiale, ovvero di limitare il reale all’universo corporeo ed a quel poco di elementi “sottili”, quali il pensiero ed altre manifestazioni vitali, che sono direttamente collegate al corpo, e che peraltro vengono studiate come facoltà derivanti totalmente da quest’ultimo. Questo modo di considerare la realtà, escludendo proprio tutto ciò che vi è di essenziale in essa, non può che condurre ad una serie di paradossi e di incongruenze, che stanno alla base delle concezioni proprie della mentalità moderna e che devono continuare ad essere ben mistificati, affinché questa stessa mentalità possa continuare ad esistere.
L’umanesimo altro non è che la volontà di ricondurre tutto all’uomo, ed alla sua facoltà caratteristica, la ragione. Questo processo viene attuato negando di fatto qualunque principio trascendente, o per lo meno dichiarando conoscibile solo ciò che può essere studiato attraverso l’uso della ragione; e se questo non significa negare a priori che esista qualcos’altro -anche se per la maggior parte delle persone oggi è proprio così- nella pratica ci si comporta come se questo non esistesse, o comunque non avesse la minima influenza in nessun contesto della propria vita.
Con ciò non si vuole disconoscere l’importanza della ragione e dei suoi mezzi di indagine; quello che si intende dire è che la ragione è una facoltà limitata, e che non si può chiederle di trascendere i propri confini, ed arrivare a dare una spiegazione vera del manifestato, perché anche rimanendo nell’ambito cosmologico una qualunque conoscenza, per possedere una certa realtà, deve derivare dai princìpi, princìpi che non sono indagabili attraverso la ragione, perché la comprendono e la superano. È un’illusione pensare che la conoscenza possa arrivare dal basso, ovvero studiando le proprietà della materia (di cui peraltro i fisici non sembra siano riusciti a dare una vera definizione, e questa è una di quelle incongruenze di cui si parlava prima); la vera materia, la materia prima del nostro mondo, la materia signata quantitate, è inconoscibile, in quanto substrato omogeneo ed indifferenziato del reale. Chiaramente i fisici non si riferiscono a questa materia, che non potrebbe cadere sotto i loro strumenti di misura; ciò nonostante la materia fisica da loro considerata, quale che sia l’entità a cui essi danno questo nome, è nel mondo manifestato la cosa che più si avvicina a questa materia prima, e come tale partecipa della sua inintelligibilità. Eppure, è proprio questa l’illusione dei fisici, pensare di poter spiegare l’Universo attraverso lo studio della materia, all’interno di una teoria che risente fortemente dell’ipotesi evoluzionista. Notiamo per inciso che l’ipotesi evoluzionista, pur non essendo mai stata validamente verificata, permea ormai tutte le branche della scienza, insinuando e mantenendo nell’opinione pubblica la credenza cieca nel progresso, così essenziale per la costituzione della mentalità moderna. Secondo questa teoria, che pretenderebbe di parlare dell’origine dell’Universo, o per lo meno di cosa sarebbe successo a partire dalle prime fasi (come se l’Universo fisico potesse aver avuto un inizio nel tempo, altra concezione paradossale) (1), la materia inizialmente non sarebbe stata come quella di oggi, bensì disgregata in particelle subatomiche, entità peraltro indefinibili, in quanto non composte di materia ordinaria. In particolare vengono definite nove ere cosmologiche, di durata progressivamente maggiore, che varia da frazioni di miliardesimi di secondo per la prima fino a miliardi di anni per l’ultima, che è quella in cui ci troviamo, durante le quali, a partire dalla data di inizio risalente a 13,7 miliardi di anni fa, si sarebbero formate le varie particelle, poi i nuclei, gli atomi, le prime stelle, attraverso un successivo raffreddamento, collegato ad un’espansione dell’Universo (e qui rileviamo una seconda incongruenza, quella di un Universo che si espande, senza che questa espansione presupponga l’esistenza di uno spazio esterno dove espandersi, che non farebbe ancora parte dell’Universo, come rilevato nella nota (1)).
Quello che viene rappresentato in questo modo è dunque un Universo totalmente inanimato, privo di coscienza e di vita, la quale sarebbe apparsa casualmente, miliardi di anni dopo, da una combinazione di condizioni favorevoli, a partire dalla formazione di organismi unicellulari, per giungere successivamente, attraverso una lunga evoluzione, ad organismi complessi ed infine all’uomo, mediante il quale l’Universo avrebbe finalmente preso coscienza di sé stesso. Una simile teoria, oltre ad essere impossibile, come chiunque abbia delle minime nozioni di metafisica, od anche solo di logica potrà constatare (basti pensare che dal meno non può in alcun caso derivare il più, e questa semplice tautologia demolisce in partenza ogni concezione evoluzionista), non è in grado di spiegare niente: perché la materia si sarebbe formata, perché avrebbe le caratteristiche che conosciamo e quale sarebbe il motore di tutto questo processo; in che modo avrebbe potuto comparire la vita e che cosa rappresenti.
Inoltre, mai prima dell’era moderna lo studio del mondo sensibile fine a sé stesso avrebbe potuto destare interesse, in quanto ogni scienza era anticamente concepita valida nella misura in cui poteva esprimere qualcosa delle verità superiori, di cui partecipa tutto ciò che possiede un qualunque grado di realtà.
La moderna cosmologia esaurisce invece l’argomento del suo studio proprio nel mondo corporeo, visto come qualcosa a sé stante, completamente indipendente da qualunque principio di ordine superiore, di cui non viene peraltro postulata l’esistenza.
Una prima conseguenza di questo particolare modo di vedere le cose è stato il diffondersi di quella mentalità comune, presente ormai in quasi tutte le persone, siano esse atee o credenti, che è la mentalità materialista. Questo è stato fatto inculcando fin dalla più tenera età, attraverso l’istruzione obbligatoria, quelle che non sono più presentate come delle semplici ipotesi, ma come dati inoppugnabili, veri e propri dogmi scientifici. Il credente plasmato dalle idee moderne pensa di poter riuscire a conciliare queste teorie con la propria fede, vedendo Dio al di là dell’ultima particella, ovvero nel luogo più lontano dove si potrebbe trovare. Quello che ne scaturisce è una serie di confusioni e di errori che trasmesse al mondo esterno non fanno che allontanare ulteriormente dalla fede quelle poche persone che, spinte da un autentico desiderio di conoscenza, vengono ad imbattersi in simili assurdità.
Analizziamo ora un po’ meglio questa teoria delle particelle che sta alla base della cosmologia moderna.
Il punto di partenza di tutti i modelli di questo tipo è l’atomismo. Il presupposto di questa fisica è che tutta la “materia” è formata da atomi (atomo, dal greco ἄτομος – àtomos -, indivisibile), ma già qui iniziamo con la prima contraddizione, poiché questi atomi non sono affatto indivisibili. Essi a loro volta sono formati da “particelle” più piccole, che peraltro possiedono delle caratteristiche ambigue e contraddittorie, e che si muovono nel vuoto). (2) L’intero universo visibile -assimilato a tutto il reale- è visto come una pura combinazione di queste particelle, che interagiscono tra loro attraverso delle forze. Queste cosiddette forze però non sono più viste come qualcosa di diverso dalla materia, qualcosa di sottile in grado di agire sui corpi: sono esse stesse presentate come delle ulteriori particelle. Si potrebbe obiettare che con la parola “particella” il fisico non intende quello che pensiamo, ossia una piccola parte di qualcosa di materiale. Ma se le parole vengono dissociate dal loro significato, quale potere esplicativo possono ancora avere?
Inoltre, questo sarà vero per qualche scienziato -probabilmente nemmeno per tutti-, ma che dire dell’uomo comune che vede uno dei tanti filmati del CERN dove protoni ed antiprotoni sono rappresentati come tante palline rosse e blu che si scontrano tra di loro? Probabilmente egli penserà di poterle anche osservare direttamente con queste caratteristiche, se solo avesse un microscopio abbastanza potente.
Eppure, è sufficiente pensare a questo semplice fatto: se elettroni e protoni sono i costituenti di tutti gli atomi di tutti gli elementi della tavola periodica, di quale elemento dovrebbero essere fatti? Di nessuno ovviamente: se sono i mattoncini che servono a costituire la materia, è chiaro che non possono essi stessi essere fatti di materia. (3) E allora perché continuare a chiamarli particelle?
Da questo semplice esempio si vede come queste teorie, oltre a non spiegare nulla che abbia a che vedere con una qualsivoglia realtà, non facciano che aumentare la confusione che pervade la mente dei nostri contemporanei. Sarebbe più onesto per gli scienziati rinunciare ad una spiegazione e concentrarsi unicamente sulle applicazioni tecnologiche. Queste ultime purtroppo, invece, funzionano molto bene, e sono quelle che hanno permesso la costruzione delle armi nucleari, e che potrebbero infine portare ad un disastro irreversibile, magari anche involontario (si pensi agli incidenti già successi in alcune centrali).
Come già Guénon aveva notato, i fisici utilizzano delle forze senza conoscerne la reale natura ed i potenziali pericoli. La maggior parte dei contemporanei obietterà che la nostra civiltà, con tutti i vantaggi che presenta legati alla tecnologia, deriva dallo sviluppo e dalla applicazione delle teorie scientifiche, e che questi vantaggi sono irrinunciabili: ma questa rimane un’opinione individuale, seppur condivisa dalla maggioranza. Tutto quello che si è perso a livello intellettuale, mai potrebbe essere ricompensato da questi presunti vantaggi materiali; inoltre esistono persone che rinuncerebbero volentieri a tutte le invenzioni della tecnologia moderna per poter vivere in un modo più tranquillo ed in un mondo meno artificiale e caotico, dove l’agitazione fine a sé stessa e le sue deleterie conseguenze hanno intaccato ogni campo della vita ordinaria.
Tutto ciò non è d’altronde che l’aspetto esteriore del disordine interno dell’uomo moderno, la cui attenzione è tutta rivolta al mondo corporeo ed all’azione che può esercitare in rapporto ad esso. Questo è l’orizzonte intellettuale dei fisici, e chi studia questa disciplina rischia davvero di acquisire quella miopia intellettuale, tipica degli specialisti, che lo porterà a non vedere niente al di fuori del mondo materiale.
L’aspetto che è stato analizzato finora riguarda tuttavia solo un lato della questione, quello direttamente collegato alla chiusura, rispetto alla percezione dell’uomo ordinario, di ogni influenza spirituale e di tutto ciò che si trova “più in alto” rispetto a questo mondo. Come sappiamo il materialismo non è il fine ultimo, ma soltanto una tappa nel processo discendente che porta ad allontanarsi sempre più dal Principio; tappa che ormai è stata largamente superata. Nella fase finale del ciclo le forze che prevalentemente agiscono, sono delle tendenze dissolutrici che non possono che giungere “dal basso”; il loro lavoro è volto alla disgregazione del nostro mondo, secondo quelle leggi cicliche conosciute da tutte le tradizioni; e la dissoluzione che opera a diversi livelli ha ormai intaccato lo stesso concetto di materia.
Con la meccanica quantistica queste particelle costituenti la materia perdono letteralmente consistenza, per cui non si può più parlare di una loro posizione definita, ma soltanto della probabilità che si trovino in una determinata zona; inoltre in determinate situazioni esse presentano un comportamento non più corpuscolare ma ondulatorio.(4) Quindi questa materia che noi percepiamo come solida e tangibile, e che costituisce tutta la realtà che l’uomo dell’età ultima è in grado di concepire, viene ad assumere delle ben strane caratteristiche: formata per la maggior parte di spazio vuoto, ovvero di puro nulla, all’interno del quale si muovono delle entità che non è possibile classificare in modo certo né come particelle né come onde, e delle quali se ne conosciamo la velocità non possiamo determinarne con esattezza la posizione e viceversa. Queste sono le favole che si trasmettono e si divulgano come fossero delle verità, eventualmente solo da perfezionare in quello che non riescono a spiegare, illudendosi che in tutto ciò vi sia della vera conoscenza!
Nei testi destinati al pubblico “profano” non è mai spiegato che questi sono soltanto dei modelli ideati dall’uomo per cercare di spiegare alcune proprietà della natura, e che si utilizzano fin quando qualche esperimento non li contraddice. Ma anche tra coloro i quali questo fatto fosse ben chiaro, mi domando quanto questa consapevolezza riesca ad eliminare dalla propria visione l’immagine di atomi formati da particelle materiali, magari un po’ confuse e nebulosamente disperse come in una nuvola (infatti per visualizzare quest’indeterminazione intrinseca, o meglio per esprimere quello che non si riesce altrimenti a spiegare, si parla spesso della “nuvola degli elettroni”). Ritroviamo quindi, all’interno di queste teorie, accanto agli aspetti materialistici, altri di tipo diverso e più direttamente legati alla fase ulteriore del processo discendente. Non a caso infatti la meccanica quantistica, almeno nella sua parte divulgativa, viene presa come base teorica per le più incredibili divagazioni new-age, pensando in questo modo di dotarle di credibilità scientifica. Un altro esempio è quello preso dalla psicanalisi: qualcuno ha voluto paragonare l’emergere in superficie di elementi del subcosciente con la modifica che subisce la particella nel momento in cui viene osservata. Questa corrispondenza tra meccanica quantistica e psicanalisi, che è stata notata con entusiasmo da qualche professore universitario, è, per chi sa vedere, sufficientemente rappresentativa del ruolo che stanno svolgendo entrambe le discipline in quest’ultima fase. (5)
Ricollegandoci a quest’ultimo punto, il fatto che il comportamento di una particella possa essere modificata dall’osservazione, tralasciando quello che può significare il termine “particella”, ha portato a riconoscere come l’osservatore ed il mondo esterno non siano due realtà separate, in quanto l’atto di osservare interagisce con l’oggetto osservato, modificandolo. Questa verità, sempre che non venga interpretata nel senso di un relativismo assoluto, è una conseguenza del principio dell’unicità dell’esistenza: non vi sono parti distaccate nel mondo, ma “l’esistenza è unica”, poiché riflette l’unità dell’Essere. Può capitare che la scienza moderna arrivi a volte ad incrociare delle verità tradizionali (6); ma anche in questi casi è il punto di vista che rimane sostanzialmente diverso, poiché essa non parte mai dai princìpi per ricavarne le conseguenze; anzi formalmente nega questi princìpi, vantandosi della propria indipendenza rispetto a tutto ciò che la trascende, e che solo potrebbe invece legittimarla, come conoscenza relativa all’ambito che si propone.
NOTE
(1) Se l’Universo ha avuto un inizio nel tempo, cosa c’era prima? Se c’era del tempo prima, c’era comunque qualcosa, il tempo stesso: e questo non era Universo? Il tempo è una delle condizioni dell’Universo materiale, quindi è il tempo ad essere contenuto nell’Universo e non il contrario. Per questo è assurdo cercare una data d’inizio. L’inizio non è un inizio nel tempo, ma un inizio nel Principio primo. La stessa considerazione vale per un Universo che si espande nello spazio: questo presuppone l’esistenza di qualcosa dove potersi espandere, e questo qualcosa come può non essere parte dell’Universo? L’Universo comprende lo spazio, che è una della condizioni a cui soggiace lo stato corporeo, e non viceversa.
(2) Come spiega in varie occasioni René Guénon, il vuoto non è una possibilità di manifestazione, e considerarlo tale conduce ad una vera e propria assurdità metafisica; così, a livello spaziale, pensare ad uno “spazio vuoto” significherebbe concepire un contenente senza contenuto, il che è una contraddizione in termini.
“Come esempio di una possibilità di non-manifestazione possiamo citare il vuoto, perché una possibilità del genere è concepibile, perlomeno negativamente, cioè attraverso l’esclusione di certe determinazioni: il vuoto implica l’esclusione non solo di ogni attributo corporeo o materiale, né soltanto, più generalmente, di ogni qualità formale, ma anche di tutto ciò che si ricollega un modo qualsiasi della manifestazione. È dunque un non-senso pretendere che il vuoto possa esistere in ciò che è compreso nella manifestazione universale, in qualunque stato, [come è noto, è quanto sostengono gli atomisti] poiché il vuoto appartiene essenzialmente all’ambito della non-manifestazione; non è possibile dare a tale termine altra accezione intelligibile.” [René Guénon, Gli stati molteplici dell’essere]
(3) Tutti gli elementi della tavola periodica e le loro combinazioni sono formati da molecole, che a loro volta sono formati da atomi. Ma tutti questi atomi, di tutti i materiali diversi, sono formati da queste stesse particelle subatomiche: elettroni, protoni e neutroni. Un atomo di idrogeno è formato da elettroni, protoni e neutroni. Un atomo di ferro è formato da elettroni, protoni e neutroni. Quello che cambia è solo il numero di queste particelle, che determina la posizione dell’elemento nella tavola periodica. Quindi, di che cosa sono fatte queste stesse particelle? Si può parlare di un atomo di ferro, o di un atomo di idrogeno, ma non si può parlare di un elettrone di ferro, o di un elettrone di idrogeno, perché questo stesso elettrone interviene nella composizione di entrambi gli atomi, così come di tutti gli altri; è sempre la stessa particella subatomica: quindi di cosa sarebbe fatto questo elettrone?
(4) La modalità ondulatoria concernente la materia dei fisici moderni e dimostrata attraverso la meccanica quantistica, in realtà era già conosciuta ed indicata nei testi tradizionali, ad esempio in quelli della tradizione induista, come riporta Guénon in Studi sull’induismo trattando della natura dei cinque elementi: “Volendo assolutamente trovare un punto di contatto con le teorie fisiche, nell’accezione attuale del termine, sarebbe senza dubbio più giusto considerare gli elementi, riferendosi alla loro corrispondenza con le qualità sensibili, come rappresentanti differenti modalità vibratorie della materia, modalità sotto le quali essa si rende percepibile successivamente a ciascuno dei nostri sensi[…].” Questo non significa tuttavia che possa esservi un accordo o anche solo un semplice paragone tra la conoscenza tradizionale e le teorie della fisica moderna; anche sotto questo aspetto è bene dunque non farsi prendere dall’entusiasmo nei confronti della scienza profana, il cui punto di vista stesso con la relativa pretesa di studiare il mondo corporeo come qualcosa di a sé stante può essere considerato illegittimo. Dal confronto indicato sopra riguardante la modalità ondulatoria dalle due diverse prospettive, possiamo invece notare tutta la diversità che separa i due tipi di conoscenza: dal punto di vista moderno ci si ferma al mondo materiale, tentando di dare una spiegazione dei fenomeni che, rimanendo all’interno di quest’ultimo, sarà sempre inesatta; dal punto di vista tradizionale, la modalità vibratoria attraverso la quale i nostri sensi percepiscono gli oggetti esterni è la base di tecniche realizzative incentrate sulla corrispondenza tra i vari stati dell’essere, per cui la vibrazione sonora prodotta dalla ripetizione di un mantra, ad esempio, produce delle ripercussioni anche al di fuori dello stato umano, negli stati superiori dell’essere; basta questa semplice applicazione per far capire tutta la differenza di profondità che sussiste tra i due diversi tipi di sapere.
(5) Il ruolo è in entrambi i casi un ruolo dissolutore, per quanto riguarda la materia, cioè il mondo esterno, nel caso della meccanica quantistica; per quanto riguarda l’uomo nel caso della psicanalisi, che portando alla luce degli elementi cosiddetti “inconsci” lo mette a contatto diretto con le potenze inferiori del proprio essere.
(6) Un altro esempio di questo, sempre riguardo alla meccanica quantistica, può essere il fatto che per una conseguenza del principio di indeterminazione di Heisenberg, non esistono oscillatori perfettamente fermi: questo principio prevede che nella condizione di equilibrio, corrispondente alla configurazione di minimo per l’energia, l’oscillatore non sia in quiete ma continui ad oscillare impercettibilmente, in modo che velocità e posizione non sarebbero mai determinate con esattezza. Questo non fa che tradurre, in una situazione particolare, il principio generale del fatto che la quiete non è una possibilità di manifestazione nel mondo corporeo, nel quale ogni cosa è soggetta al movimento, come condizione particolare che collega tra di loro lo spazio ed il tempo nel quale tale forma corporea è soggetta ad esistere.
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STORIA
Giuseppe “Vero” Marozin, il Comandante
Centro di Cultura Cimbra – Museo dei Cimbri Ljetzan-Giazza – 20 aprile 2016
Giuseppe “Vero” Marozin, il Comandante, fu un personaggio che tiranneggiò su gran parte della Lessinia, tra il 1943 e il 1944.
Fondò con altri 18 compagni il “Vicenza”, poi divenuto, nell’agosto del ’44, “divisone Patrioti Pasubio. Nato ad Arzignano, combatté volontario in Spagna con i fascisti. Una volta che la “Pasubio” fu sbaragliata dai repubblichini e dai nazisti nel settembre 1944 (Operazione Pauke o Timpano), Marozin si rifugiò per un breve periodo nelle contrade di Vestenanova, a Ragano. Poi, con i fedelissimi, partì per Milano, dove rifondò la Pasubio, rendendosi protagonista di diverse azioni controverse nei giorni della Liberazione.
Non lasciò certo un buon ricordo nel Veronese. Nell’estate del 1944 aveva, tuttavia, raggruppato un numero consistente di effettivi, armati grazie agli aviolanci alleati (anche se, i più, indirizzati ai vicini Vicentini della Ateo Garemi…); per mezzo di “Professore” e di altri membri della missione segreta RYE, per conto del governo badogliano, Marozin riuscì a godere di un relativo potere nello scacchiere dell’antifascismo clandestino. Questo fino a quando la RYE non ricevette più linfa e fu sospesa.
Marozin, su cui pendeva una condanna a morte per conto del CLN di Vicenza per aver gestito la sua formazione in maniera dispotica, senza seguire le direttive nazionali, si ritrovò solo.
Durante il suo “terrore”, si rese protagonista di azioni sconsiderate che causarono gravi rappresaglie sui civili: a Crespadoro, a Vestena (dove nel luglio 1944 furono bruciate 19 contrade), a San Pietro Mussolino, a Montecchia di Crosara, a Sant’Andrea, a Selva, ad Azzarino. Molti furono i morti.
Bisogna però ricordare che la sconsideratezza di Vero produsse, tuttavia, fatti poco noti, che oggi appaiono, per un certo verso, abbastanza curiosi. Ad esempio, nell’estate del 1944 fece assalire la sede della Guardia Nazionale Repubblicana di Illasi, rubando armi, e mettendo in fuga i militi. Azione analoga avvenne a Campofontana. Fece inoltre rapire il figlio del maggiore Ciro De Carlo, membro di spicco delle Camicie Nere, che poi liberò. La stessa figlioletta di Marozin, era stata fatta precedentemente rapire dai fascisti, e fu segretamente ospitata dalle suore di Lughezzano di Bosco Chiesanuova. Proprio per via delle trattative per il rilascio del figlio di De Carlo, nell’agosto del 1944 fu organizzato nelle scuole di Selva di Progno un summit tra la Pasubio e rappresentanti di Salò. Si voleva arrivare a un armistizio tra le due parti. Ovviamente, la cosa non ebbe molto futuro: i Tedeschi si rifiutarono di firmare, e si ritornò alla situazione di precedente conflittualità. Per tre giorni, tuttavia, nell’Est Veronese, in base ai primi accordi presi, ci fu un cessate il fuoco tra Pasubio e GNR, interrotto solo dai fatti che portarono alla strage di Montecchia di Crosara e alla successiva Operazione Pauke.
Un altro fatto misterioso, legato alla Pasubio, fu l’assassinio del partigiano Zambo o Giorgio, uno straniero, si dice bulgaro, inquadrato nella Pasubio. Ufficialmente, egli fu ucciso dai Tedeschi a Piazzola di Selva, anche se, sembra, egli fu eliminato dal fuoco amico. Si dice che Vero ne avesse ordinato la fine perché troppo potente e carismatico, quindi pericoloso; oppure perché fu scoperto essere una spia, forse inglese.
Sede della Pasubio fu contrada Cracchi di Bolca. I partigiani si incontravano nella locale osteria. Si racconta che lì vicino ci fosse un “lago” dove Marozin gettava i cadaveri dei nemici. Egli abitava nella vicina Rama, assieme alla moglie, la Vera.
Partito Vero, i pochi combattenti della Pasubio si dispersero per il Milanese e la provincia veronese. Luciano Dal Cero e la sorella, mesi dopo, riorganizzarono la Resistenza in seno al CLN, con nuovi ideali e più organizzazione.
Nell’Est Veronese, si creò così la Manara, con le varie brigate Tregnago, Campiano, Gianni Dalla Bona oppure la Veronese, attiva tra Campofontana, Bolca e la valle del Chiampo, inquadarata nell’Ateo Garemi.
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