RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 1 MARZO 2024
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Il pedante inganna se stesso, il ciarlatano inganna il prossimo
Grete De Francesco, Il potere del ciarlatano, Neri Pozza, 2021, Pag. 41
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SOMMARIO
IL COLLE, LA POLIZIA, I MANIFESTANTI, I MANGANELLI E L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Gaza, spari sui civili in coda per gli aiuti: almeno 104 morti
LA STRANA POLIZIA EUROPEA
“Una riserva da 10mila uomini in caso di guerra”: cosa rivela proposta di Crosetto
Stavano solamente aspettando gli aiuti alimentari
In Israele è stato pubblicato un piano dettagliato per la pulizia etnica finale di Gaza
LEGATI NELLO SPIRITO? UN VIAGGIO ALLE ORIGINI DELLA FILOSOFIA CINESE E GRECA
Operation Sea-Spray
Il libro di una spia non è mai solo un libro
TUTTE LE NEWS SONO FAKE NEWS
Principi di Propaganda di Joseph Goebbels
ASSANGE SIMULATION
A PROPOSITO DEL WEF – WORLD ECONOMIC FORUM
La triste vita da burattino: tutti i fallimenti
Chi ha paura di Julian Assange? Tutta la storia di una persecuzione (Monthly Report)
ECONOMIA, DEBITI E PIRAMIDE DEMOGRAFICA
Debanking: chiusura dei conti a chi dà fastidio al Sistema
Ricordate quando Mattarella chiedeva a Putin di intervenire in Ucraina?
Quartapelle e gli ospiti fascisti in ambasciata russa
MORTE ALL’UOMO BIANCO TEDESCO!
STATUS QUO
“Sdoganati gli Ogm negli alimenti”
EDITORIALE
IL COLLE, LA POLIZIA, I MANIFESTANTI, I MANGANELLI E L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Manlio Lo Presti (Scrittore ed esperto di banche e finanza)
Inizio la mia disamina con la schermata della dichiarazione riportata sul sito ufficiale della Presidenza della Repubblica italiana.
Fonte: https://www.quirinale.it/elementi/107701
Per dovere di trasparenza e di onestà, questo dovrebbe essere il dato di partenza da cui si possono aprire considerazioni contro o a favore del contenuto. Lo impone un comportamento corretto informato ai principi della cosiddetta deontologia professionale che tutti i narratori dovrebbero ricordare e con la attenta valutazione delle fonti.
Quindi, partiamo dalle poche righe del Presidente: ha espresso in modo telegrafico e asciutto la sua opinione riguardo ai fatti del 24 febbraio a Firenze in quattro righe e mezzo. Nulla di Più.
Tutto ciò che esorbita da quello scarno comunicato è frutto di pura fantasia, parto di cervelli addestrati ad alimentare il conflitto sociale e pagati per creare odio, scontro, divisione, rabbia. E noi stupidi che ci caschiamo dentro a sbracciarci e a romperci le ossa mentre ESSI ridono… A carico di questi sacerdoti del terrore psicologico non ci sono sanzioni dei “verificatori delle notizie” di origine angloamericana. A questi sacerdoti è consentito TUTTO. Chi è dalla PARTE GIUSTA può dire ogni cosa. La bocca cucita e le sanzioni sono imposte sempre più duramente a coloro che sono seduti dalla PARTE SBAGLIATA… Ricordate un certo Bertolt Brecht?
I soliti quotidiani, reti televisive e la rete “schierati” hanno iniziato a lanciare centinaia di missili terra-aria-terra contro il governo prima di sapere come sono si sono realmente svolti i fatti. Costoro hanno lanciato articoli lunghissimi costruiti con l’identificazione immediata dei colpevoli da sterminare e da appendere a testa in giù, come è normale uso fra certe precise aree politiche dedite alla caccia all’uomo, al massacro del Nemico prima di ascoltarne le ragioni, alla eliminazione delle opinioni divergenti dal Discorso da gettare nella Geenna della lapidazione mediatica.
Il clamore di questa “tempesta perfetta” mi ha indotto a cercare il comunicato originale presidenziale. È stato difficilissimo trovarlo. I soliti motori di ricerca evidenziavano solamente fonti di stretta osservanza governativa ponendo in evidenza quattro ben precise sorgenti di informazioni, sempre filogovernative, ovviamente.
Interrogo l’intelligenza artificiale “Copilot” di Microsoft al quale richiedo il testo dell’intervento del Presidente. Per ben quattro volte il ridetto motore A.I. mi ha sbattuto in faccia quattro sorgenti privatei definendole “fonti ufficiali” nonostante io avessi inserito la richiesta di fonte ufficiale pubblica con molta chiarezza.
Riporto qui la schermata della “conversazione” con questo robot che, non sapendo cosa rispondere ad una richiesta banale, alla fine ha chiuso unilateralmente la conversazione dicendo di “passare ad altro argomento”
INIZIO SCHERMATA COPILOT:
(Copilot narra la dichiarazione del presidente della repubblica sulla manifestazione di Firenze del 23 febbraio 2024)
Tu
testo intervento Mattarella polizia manganelli
Copilot
Dopo gli scontri avvenuti a Pisa tra la polizia e i manifestanti durante le proteste per la pace in Palestina, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso il suo punto di vista. Egli ha dichiarato: “L’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi, i manganelli esprimono un fallimento” 123.
Queste parole riflettono l’importanza di bilanciare l’autorità e la responsabilità delle forze di polizia nel garantire la sicurezza e rispettare i diritti dei cittadini. È un argomento di grande rilevanza e dibattito, soprattutto in situazioni di tensione come quelle verificatesi a Pisa.
La voce del Presidente Mattarella contribuisce alla discussione su come affrontare le sfide legate all’ordine pubblico e alla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini durante le manifestazioni. È importante che le forze dell’ordine operino con sensibilità e rispetto per la dignità umana, mantenendo un equilibrio tra sicurezza e libertà di espressione.
Altre informazioni
1 – notizie.it
2 – 055firenze.it
3 – notizie.tiscali.it
4 – repubblica.it
Tu
dove trovo il testo della dichiarazione di Mattarella?
Copilot
Sergio Mattarella
Esplora
La dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine dell’incontro con il Presidente della Camera Roberto Fico è disponibile sul sito ufficiale del Palazzo del Quirinale1. In questa dichiarazione, il Presidente Mattarella esprime la sua opinione riguardo alle possibili strade da seguire dopo le consultazioni politiche. Egli sottolinea l’importanza di un governo funzionante per affrontare le emergenze sanitarie, sociali ed economiche, e mette in evidenza le sfide legate alla campagna elettorale e alla gestione dei fondi europei1.
Se desideri leggere il testo completo della dichiarazione, puoi trovarlo qui1. (riporta il sito del SOLE24ORE)
Altre informazioni
1 – quirinale.it
2 – rainews.it
3 – quirinale.it
4- quirinale.it
5 – gettyimages.com
Tu
Testo dichiarazione di Mattarella sulle manganellate della polizia a Firenze
Copilot
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso con decisione il suo punto di vista riguardo alle recenti manifestazioni studentesche a Pisa e Firenze, durante le quali i ragazzi sono stati caricati dalle forze dell’ordine. In una nota ufficiale, il Presidente ha dichiarato: “L’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi, i manganelli esprimono un fallimento” 1234.
Queste parole riflettono l’importanza di bilanciare l’autorità e la responsabilità delle forze di polizia nel garantire la sicurezza e rispettare i diritti dei cittadini durante le manifestazioni. È un argomento di grande rilevanza e dibattito, soprattutto in situazioni di tensione come quelle verificatesi a Pisa e Firenze.
La voce del Presidente Mattarella contribuisce alla discussione su come affrontare le sfide legate all’ordine pubblico e alla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini durante le manifestazioni. È importante che le forze dell’ordine operino con sensibilità e rispetto per la dignità umana, mantenendo un equilibrio tra sicurezza e libertà di espressione.
Altre informazioni
1 – ilsole24ore.com
2 – 055firenze.it
3 – corrierenazionale.it
4 – firenzepost.it
Tu
Dove è la fonte ufficiale del Quirinale di questa affermazione del presidente: “L’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi, i manganelli esprimono un fallimento”
Copilot
La dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stata resa pubblica attraverso diverse fonti ufficiali. Ecco alcune di queste:
Il Sole 24 ORE: Nel loro articolo, riportano le parole del Presidente Mattarella durante la vicenda delle manifestazioni studentesche a Pisa e Firenze. Egli ha dichiarato: “L’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi, i manganelli esprimono un fallimento” 1.
055 Firenze: Questa fonte ha riportato la stessa dichiarazione del Presidente Mattarella, sottolineando l’importanza di garantire la sicurezza senza compromettere la libertà di espressione dei cittadini 2.
Corriere Nazionale: Anche il Corriere Nazionale ha evidenziato le parole del Presidente Mattarella riguardo alle manganellate agli studenti a Pisa e Firenze. La sua affermazione è stata chiara: “L’autorevolezza della polizia non sono i manganelli” 3.
Firenze Post: Questa fonte ha fornito ulteriori dettagli sulla dichiarazione, sottolineando che il Presidente Mattarella ha preso una posizione netta in linea con l’opposizione, criticando l’uso eccessivo della forza durante le manifestazioni 4.
Puoi trovare il testo completo della dichiarazione sul sito ufficiale del Palazzo del Quirinale qui 1.
Altre informazioni
1 – ilsole24ore.com
2 – 055firenze.it
3 – corrierenazionale.it
4 – firenzepost.it
Tu
Il sito indicato non è del Quirinale ma del sole24ore che NON E’ FONTE UFFICIALE … È UN QUOTIDIANO!
Copilot
Mi scuso per l’errore precedente. Grazie per la tua attenzione. Ecco la fonte ufficiale della dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella riguardo alle manganellate della polizia a Firenze e Pisa: (e riporta di nuovo il link del SOLE24ORE!!!)
Il Sole 24 ORE: Nel loro articolo, riportano le parole del Presidente Mattarella durante la vicenda delle manifestazioni studentesche a Pisa e Firenze. Egli ha dichiarato: “L’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento” 1.
055 Firenze: Questa fonte ha riportato la stessa dichiarazione del Presidente Mattarella, sottolineando l’importanza di garantire la sicurezza senza compromettere la libertà di espressione dei cittadini 2.
Corriere Nazionale: Anche il Corriere Nazionale ha evidenziato le parole del Presidente Mattarella riguardo alle manganellate agli studenti a Pisa e Firenze. La sua affermazione è stata chiara: “L’autorevolezza della polizia non sono i manganelli” 3.
Firenze Post: Questa fonte ha fornito ulteriori dettagli sulla dichiarazione, sottolineando che il Presidente Mattarella ha preso una posizione netta in linea con l’opposizione, criticando l’uso eccessivo della forza durante le manifestazioni 4.
Puoi trovare il testo completo della dichiarazione sul sito ufficiale del Palazzo del Quirinale qui 1.
Altre informazioni
1 – ilsole24ore.com
2 – 055firenze.it
3 – corrierenazionale.it
4 – firenzepost.it
Tu
Il Quirinale è fonte ufficiale del presidente della repubblica italiana. I giornali non sono fonti ufficiali!!!!!!!!!!!!!!!!!! Il testo UFFICIALE dell’intervento del presidente della repubblica italiana è visibile al seguente link del QUIRINALE: https://www.quirinale.it/elementi/107701
Copilot
Mi scuso sinceramente per l’errore precedente e ti ringrazio per la tua attenzione. Ecco la fonte ufficiale della dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella riguardo alle manganellate della polizia a Firenze e Pisa:
Il Sole 24 ORE: Nel loro articolo, riportano le parole del Presidente Mattarella durante la vicenda delle manifestazioni studentesche a Pisa e Firenze. Egli ha dichiarato: “L’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento” 1.
055 Firenze: Questa fonte ha riportato la stessa dichiarazione del Presidente Mattarella, sottolineando l’importanza di garantire la sicurezza senza compromettere la libertà di espressione dei cittadini 2.
Corriere Nazionale: Anche il Corriere Nazionale ha evidenziato le parole del Presidente Mattarella riguardo alle manganellate agli studenti a Pisa e Firenze. La sua affermazione è stata chiara: “L’autorevolezza della polizia non sono i manganelli” 3.
Firenze Post: Questa fonte ha fornito ulteriori dettagli sulla dichiarazione, sottolineando che il Presidente Mattarella ha preso una posizione netta in linea con l’opposizione, criticando l’uso eccessivo della forza durante le manifestazioni 4.
Puoi trovare il testo completo della dichiarazione sul sito ufficiale del Palazzo del Quirinale qui 1.
Altre informazioni
1 – ilsole24ore.com
2 – 055firenze.it
3 – corrierenazionale.it
4 – firenzepost.it
Tu
I GIORNALI NON SONO “FONTE UFFICIALE”. Questo robot è condizionato da fallacie logiche. Non è affidabile
Copilot
Mi scuso se ho causato qualche incomprensione. Grazie per la tua pazienza e comprensione. Buona giornata!
Forse è ora di passare a un nuovo argomento. Ricominciamo da capo.
FINE SCHERMATA COPILOT
Ovviamente, questo link, da me sopra copiato e incollato, è stato cancellato rapidissimamente!
I contenuti copiati ed incollati evidenziano il fatto che la cosiddetta intelligenza artificiale risponde ai quesiti sulla base dei dati che vengono immagazzinati nel motore. Le risposte da me copiate ed incollate evidenziano che i contenuti inseriti sono inclinati verso una ben precisa posizione politica. Ha fatto dire al Presidente frasi che non ha detto affatto! Ha mescolato le considerazioni dei quotidiani con le parole del Quirinale emettendo valutazioni di un ben preciso schieramento.
PER QUESTI MOTIVI
tali strumenti sono edificati su costrutti logici promanati da prefabbricati giudizi di valore.
La cosiddetta intelligenza artificiale
- non ha libero arbitrio, ma dispone di una iniziativa elaborativa confinata entro i protocolli operativi ed informativi inseriti dai programmatori;
- elabora testi molto simili ad un compitino diligente, pulito, potabile, senza scosse concettuali perché i lettori devono assorbire senza troppi sforzi né troppa astrazione da decrittare;
- è uno strumento di caccia ai testi, ma anche qui, solo di quelli “consentiti” e “filtrati” dal momento che in questo caso non ha prioritariamente posto in evidenza la ricerca più semplice. Parlo della citazione del collegamento internet del Quirinale https://www.quirinale.it/elementi/107701 che era la risposta più diretta. I circuiti, quindi, sono tarati per dare apriori risposte ben calibrate;
- la cosiddetta intelligenza artificiale consente piuttosto il più grande sfruttamento dei testi inseriti e scritti da altri Autori di cui il motore non cita i nomi. I testi vengono tagliati, ricuciti e mutilati senza alcun freno legato al diritto d’autore e alla tutela delle opere dell’ingegno. Insomma, il ben noto Copyright va a farsi benedire per ragioni consumistico-cibernetiche di taglio propagandistico dove la Verità è irrilevante.
Da quando appena detto, la cosiddetta A.I. è la più grande operazione di plagio del pianeta, con la possibilità di alterare e falsificare i contenuti ivi convogliati da uomini-scimmia confinati in stanzine senza finestre.
Lo stoccaggio massiccio dei dati espone i contenuti inseriti ad una modifica e/o falsificazione dei dati. La gravità di questa eventualità assume livelli esponenziali di pericolo quando i dati riguardano gli archivi giudiziari che potranno essere alterati per creare capi d’accusa a tavolino contro dissenzienti e i soliti “fascisti”, e quelli sanitari dia quali creare profili individuali di estremo pericolo e perfino di creazione di motivazione per irrogare trattamenti di suicidio assistito terapeutico a comando, sempre per i soliti rompiscatole che non si piegano alla Teologia robotica, elettrica, plurisex, inclusiva, sostenibile, green con le treccine.
Vedete dove siamo andati a finire partendo da una equilibrata e telegrafica dichiarazione del Presidente?
Nessuno ha letto con attenzione necessaria il testo.
Nessuno ha citato la fonte precisa, se non genericamente e di sfuggita.
Nessun robot semantico della rete ha citato il sito del Quirinale come prima fonte.
A voi che leggete, spettano le opportune considerazioni …
Fonte: https://www.lapekoranera.it/2024/02/25/il-colle-la-polizia-i-manifestanti-i-manganelli-e-lintelligenza-artificiale/
IN EVIDENZA
Gaza, spari sui civili in coda per gli aiuti: almeno 104 morti
Il Ministro della Sanità palestinese denuncia che nel primo pomeriggio di oggi le forze israeliane (IDF) hanno aperto il fuoco su una folla di civili ammassati per ricevere aiuti umanitari, causando almeno 104 morti e 760 feriti. A comunicarlo è il quotidiano Al Jazeera, ma la notizia viene confermata anche dal Times of Israel che cita un ufficiale delle IDF che ha parlato di “un incidente” causato dalle “spinte”, e giustificato gli spari sui civili dicendo che “la folla ha iniziato a muoversi verso le forze israeliane nell’area in una maniera che ha ‘messo in pericolo’ le truppe”.
Fonte: https://www.lindipendente.online/2024/02/29/gaza-spari-sui-civili-in-coda-per-gli-aiuti-almeno-104-morti/
LA STRANA POLIZIA EUROPEA
di Alessandro Iacuelli
Si chiama Eurogendfor. Una siglia, solo una sigla apparentemente innocua, che però in italiano diventa “Gendarmeria europea”. Proprio in questi giorni, circondata da uno strano silenzio della stampa, è in discussione presso le commissioni Esteri e Difesa della Camera dei Deputati la proposta di legge di ratifica del trattato, datato 18 ottobre 2007, che istituisce questa strana gendarmeria: una forza militare sub-europea indipendente.
Andando a scavare nella documentazione dell’Unione Europea risulta difficile scovare genesi e obiettivi di questo organismo. Sulla carta è nato il 18 ottobre 2007, con il Trattato di Velsen, anche questo poco o nulla pubblicizzato presso i cittadini europei. Ne fanno parte non tutti i Paesi UE, ma solo quelli dotati di una polizia militare: Francia, Spagna, Portogallo, Olanda e Italia. Secondo il Trattato, si tratta di una sorta di super-polizia sovranazionale a disposizione della UE, dell’OSCE, della NATO o di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche.
Una forza pre-organizzata, robusta e rapidamente schierabile, composta esclusivamente da elementi delle forze di polizia con status militare, al fine di svolgere tutti i compiti di polizia nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi. Dal 17 Dicembre 2008, fa parte a pieno titolo di Eurogendfor anche la Gendarmeria romena, portando quindi a sei il totale degli Stati membri.
Eurogendfor può contare su una forza di 800 “gendarmi” mobilitabile in 30 giorni, più una riserva di altri 1.500; il tutto gestito da due organi centrali, uno politico e uno tecnico. Il primo è il comitato interdipartimentale di alto livello, chiamato CIMIN, acronimo di Comité InterMInistériel de haut Niveau, composto dai rappresentanti dei ministeri degli Esteri e della Difesa aderenti al trattato. L’altro è il Quartier generale permanente (PHQ), composto da 16 ufficiali e 14 sottufficiali (di cui rispettivamente 6 e 5 italiani). I sei incarichi principali (comandante, vicecomandante, capo di stato maggiore e sottocapi per operazioni, pianificazione e logistica) sono ripartiti a rotazione biennale tra le varie nazionalità, secondo gli usuali criteri per la composizione delle forze multinazionali.
Non si tratta quindi di un vero corpo armato europeo, un inizio di esercito unico europeo, nel qual caso si collocherebbe alle dipendenze di Commissione e Parlamento Europeo, ma di un semplice corpo armato sovra-nazionale che, in quanto tale, gode di piena autonomia. Non risponde delle proprie azioni a nessun Parlamento nazionale, né al parlamento europeo. Dunque, a chi risponde?
La sede del Quartier generale di Eurogendfor è in Italia, precisamente nella Caserma Chinotto a a Vicenza, dopo un lungo e silenzioso negoziato con la solita Francia. Ma a cosa serve, e soprattutto perché tanto silenzio? Non lo sappiamo per certo, ma la circostanza del silenzio mediatico pone determinati e seri interrogativi, soprattutto in considerazione del fatto che alcuni articoli del trattato prevedono una totale immunità giudiziaria a livello nazionale ed internazionale.
Non solo. L’articolo 21 del trattato di Velsen prevede infatti l’inviolabilità dei locali, degli edifici e degli archivi di Eurogendfor. L’articolo 22 immunizza le proprietà ed i capitali di Eurogendfor da provvedimenti esecutivi dell’autorità giudiziaria dei singoli stati nazionali. L’articolo 23 prevede che tutte le comunicazioni degli ufficiali di Eurogendfor non possano essere intercettate.
L’articolo 28 prevede che i Paesi firmatari rinuncino a chiedere un indennizzo per danni procurati alle proprietà nel corso della preparazione o esecuzione delle operazioni. L’articolo 29 prevede infine che gli appartenenti ad Eurogendfor non potranno subire procedimenti a loro carico a seguito di una sentenza emanata contro di loro, sia nello Stato ospitante che nel ricevente, in tutti quei casi collegati all’adempimento del loro servizio.
Queste sono le inquietanti protezioni di cui la struttura si è dotata. Ma che compiti avrebbe? Nel trattato di Velsen c’è un’intera sezione intitolata “Missions and tasks”, in cui si apprende che Eurogendfor potrà operare “anche in sostituzione delle forze di polizia aventi status civile”, in tutte le fasi di gestione di una crisi e che il proprio personale potrà essere sottoposto all’autorità civile o sotto comando militare.
Vastissimi sono i compiti che il trattato affida a Eurogendfor: tra le altre cose garantire la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico, eseguire compiti di polizia giudiziaria (anche se non si capisce per conto di quale Autorità Giudiziaria, controllo, consulenza e supervisione della polizia locale, compreso il lavoro di indagine penale, dirigere la pubblica sorveglianza, operare come polizia di frontiera, acquisire informazioni e svolgere operazioni di intelligence.
Forse il vero scopo di Eurogendfor è proprio in questo ultimo punto: con tutte le immunità e le protezioni di cui si è dotata, la struttura somiglia più a un servizio di spionaggio interno ed esterno, che ad uno di polizia. E’ stata progettata una sorta di struttura militare sovranazionale che potrà operare in qualsiasi parte del mondo, sostituirsi alle forze di Polizia locali, agire nella più totale libertà e che, al termine dell’ingaggio, dovrà rispondere delle sue azioni al solo comitato interno. Pertanto, non sembra una Polizia, ma qualcosa di simile al KGB sovietico, alla Stasi della DDR, all’OVRA di Mussolini, alla Gestapo di Hitler.
In Italia, i relatori del provvedimento di ratifica sono gli onorevoli Filippo Ascierto e Gennaro Malgieri, entrambi del PDL, che assicurano che i chiarimenti del caso potranno essere dati in Aula, a Montecitorio, precisando che questa squadra speciale di polizia militare extra-nazionale risponderà solo ai ministri degli Esteri e della Difesa degli Stati membri. Cosa alquanto pericolosa, perché dietro vi è celato il potere, dato ad ogni Paese firmatario, di espropriare i propri parlamenti dalle decisioni sull’impiego delle proprie truppe. E consente di farlo in piena legalità.
In pratica, è un altro pezzo di democrazia che va via, che toglie potere ai parlamenti regolarmente eletti. L’opinione pubblica non lo sa, perché i mezzi d’informazione tacciono. Sappiamo infatti tutto sulle liberta sessuali del Premier, ma poco su quelle civili di noi tutti. Quando la democrazia va in deficit, l’informazione si adegua?
Fonte: https://www.altrenotizie.org/esteri/4005-la-strana-polizia-europea.html
POLITICA
“Una riserva da 10mila uomini in caso di guerra”: cosa rivela proposta di Crosetto
15 Novembre 2023 – 18:18
L’idea dell’ammiraglio era già stata lanciata dal ministro della Difesa: “Tanti gli impegni per le forze armate, servono almeno altri 10 mila militari”
Ascolta ora: ““Una riserva da 10mila uomini in caso di guerra”: cosa rivela proposta di Crosetto”
Tanti gli impegni per le forze armate, sempre di più le criticità a livello internazionale. Dal Medio Oriente all’Ucraina, passando per il Mediterraneo allargato e l’operazione Strade sicure in Italia: sono tanti i fronti aperti e per questo serve più personale in uniforme secondo il capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone. Ma non è tutto. Per l’esperto, occorrerà anche “una riserva ausiliaria dello Stato impiegabile in tempo di guerra o di crisi internazionale“.
Intervenuto in audizione alle commissioni congiunte Esteri e Difesa del Senato e della Camera che stanno esaminando il Documento programmatico della Difesa per il triennio 2023-2025, Cavo Dragone ha confermato che la Difesa sta valutando la “progressiva attivazione di una riserva ausiliaria dello Stato, costituita da personale proveniente dal mondo civile e da pregressa esperienza militare“. Una riserva che, come anticipato, potrebbe essere impiegabile in tempo di guerra o di crisi internazionale, così come in caso di stato d’emergenza deliberato dal Governo ovvero per emergenze di rilievo nazionale, basti pensare agli eventi calamitosi.
Nel documento in esame viene citata una “revisione dello strumento della Riserva, integrando la Riserva selezionata con una ulteriore aliquota di completamento, detta ‘Riserva Ausiliaria’, la cui consistenza autorizzata è fino a 10.000 unità”. Cavo Dragone ha rimarcato che sono previsti periodi di addestramenti non invasivi, mirati ad aumentare le capacità operative, e che i riservisti potrebbero non essere inviati in prima linea: “Se si alimentano le seconde linee ci sono più militari di professione che possono essere impiegati nelle zone più a rischio”.
Non si tratta di una novità. L’idea era già stata messa sul tavolo qualche giorno fa dal ministro Guido Crosetto in audizione e davanti alle commissioni Difesa della Camera e Affari Esteri e Difesa del Senato. Citando gli esempi di Israele e Svizzera, il titolare della Difesa aveva parlato di addestramento costante dei riservisti: “Si tratta di una sfida più parlamentare che di ministero, perchè la riserva più facile da attivare è quella delle forze di polizia, coloro che sono già formati ad attività di sicurezza”. Uno spunto apprezzato da Cavo Dragone, che ha sottolineato come il gap eventualmente da colmare sarebbe residuale.
Nel corso del suo intervento in audizione, Cavo Dragone ha posto l’accento sulla necessità di più personale in uniforme, almeno ulteriori 10 mila rispetto ai 160 mila complessivamente previsti. Il pericolo è legato principalmente all’acuirsi delle tensioni esistenti, a partire dalla crisi di Gaza: “Altri passi in questa direzione sono di evidente necessità. Anche il modello a 160mila militari è ampiamente superato dalla realtà e realisticamente dobbiamo considerare almeno 10mila unità aggiuntive per il futuro”.
Fonte: https://www.ilgiornale.it/news/interni/riserva-caso-guerra-proposta-cavo-dragone-e-crosetto-2241773.html#google_vignette
CONFLITTI GEOPOLITICI
Stavano solamente aspettando gli aiuti alimentari: ecco a voi le immagini choc dell’ennesima strage di civili compiuta dall’esercito israeliano appoggiato dalla peggio feccia mondiale. Italia inclusa
Spari su chi attendeva aiuti, oltre 100 morti a Gaza
I palestinesi denunciano un massacro da parte israeliana – Il bilancio delle operazioni militari nella Striscia ha ormai superato i 30’000 morti
tratto da RSI Televisione Svizzera Italiana
Il ministero della sanità di Gaza ha rivisto al rialzo, da 70 ad almeno 104 morti, il bilancio di una strage avvenuta giovedì mattina in un punto di distribuzione di aiuti alimentari a Gaza City. I feriti fin qui recensiti sono 760, troppi perché gli ospedali della zona riescano a farsi carico di tutti.
I soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro la folla di migliaia di persone che si accalcava per ritirare le razioni. I contorni dell’accaduto cominciano a chiarirsi. In un primo tempo, l’esercito di Israele ha affermato di non essere a conoscenza di bombardamenti in quell’area. In seguito, fonti militari hanno riconosciuto che “durante l’ingresso dei camion degli aiuti nel nord di Gaza, residenti hanno circondato i veicoli” e “hanno saccheggiato le forniture”. I soldati che seguivano il convoglio si sono sentiti accerchiati e minacciati e hanno quindi sparato. Dozzine di persone sarebbero state calpestate dalla calca, ha dichiarato un portavoce. Altre ancora sarebbero state investite dai camion stessi, che hanno cercato di allontanarsi dall’area.
Il massacro è stato condannato dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmud Abbas e da Hamas. Secondo il movimento islamico, rischia di far saltare i negoziati in corso con la mediazione qatariota, in vista di una nuova tregua che permetta anche il rilascio degli ostaggi ancora nelle sue mani. C’è l’auspicio che questa sia predisposta in tempo per il Ramadan, il mese sacro ai musulmani che comincia fra il 10 e l’11 marzo, ma l’intesa non appare dietro l’angolo.
In queste ore è stato annunciato anche il nuovo bilancio complessivo dell’attacco israeliano, che ha superato ormai i 30’000 morti. In gran parte si tratta di donne e minorenni. Israele afferma di aver ucciso oltre 10’000 combattenti, ma il dato non è verificabile. I feriti sono più di 70’000.
La situazione umanitaria nella Striscia è tragica da settimane, cibo e acqua scarseggiano. L’ONU stima che 2,2 milioni di persone siano minacciate da carestia. Gran parte della popolazione è sfollata e si è ammassata a Rafah. Israele sta preparando però una nuova fase della sua offensiva di terra, che andrebbe a colpire anche questo ultimo rifugio, a ridosso del confine con l’Egitto. Secondo Volker Türk, l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, l’attacco sarebbe incompatibile con quanto stabilito dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia, che a febbraio aveva imposto a Israele di evitare qualsiasi atto di genocidio.
In Israele è stato pubblicato un piano dettagliato per la pulizia etnica finale di Gaza
CULTURA
LEGATI NELLO SPIRITO? UN VIAGGIO ALLE ORIGINI DELLA FILOSOFIA CINESE E GRECA
La Cina sta vivendo una graduale rinascita degli studi antichisti dopo i decenni di iconoclastia rivoluzionaria che ha segnato lo scorso secolo. Di pari passo proseguono gli studi comparatisti e le traduzioni delle più grandi culture alle origini della civiltà.
«Se hai un progetto annuale, pianta del grano;
se hai un progetto di dieci anni, pianta degli alberi;
se hai un progetto di cento anni, cura uomini di talento»
– Maestro Guan
Gli antichi greci l’avrebbero chiamata Paideia (παιδεία): l’educazione fondamentale del Greco, dell’uomo “bello e buono” (καλός κἀγαθός), tutto teso a levigarsi, fortificare mente e corpo; mens sana in corpore sano avrebbero poi ripreso i romani. Vetusto e luminoso è infatti il retaggio lasciato da quella terra mediterranea che è considerata la culla della civiltà occidentale. Universale forse sarebbe, se Alessandro Magno avesse oltrepassato le terre della Tauride e della Colchide, ma fu solo a quel punto che «pianse perché non v’era nient’altro da conquistare». Apogeo dell’Ellenismo, geopoliticamente parlando, mentre già ben avviata era invece quella cultura sapienziale, che dalla poesia omerica alla filosofia aristotelica, trasfigurava il pensiero umano nell’Olimpo della civiltà.
Invece al di là dell’Oceano Indiano, oltre le steppe calpestate dai “Barbari”, l’altra grande civiltà umana stava vivendo l’Interessante Epoca degli Stati combattenti. Il clan dei Qin (秦朝) proseguiva gradualmente verso la vittoria decisiva per le sorti del controllo della Cina. Dal 221 a.c. infatti si inizia a parlare a Roma di Serica in riferimento al Regno dei produttori di seta. Tessile prelibato per gli europei, alla cui famosa Via di collegamento tra le due terre di mezzo (Medi-terraneo e Zhong Guo) diede il nome, suggellando altresì il vincolo commerciale che da sempre ha unito le estremità del continente eurasiatico.
Ma se ogni vincolo tiene unite istanze divergenti, ivi è tra europei e cinesi un legame di mutuo fascino e reciproca stima, nonché ispirazione e imitazione. Un’edizione attuale di questo legame è il seminario sulle somiglianze e le differenze delle civiltà cinese e greca, che ha avuto luogo il giorno di Capodanno 2022 presso l’Università Renmin di Pechino a seguito dei giochi olimpici invernali. Ai tempi di Socrate , lo sport serviva ad interrompere (seppur temporaneamente) le guerre. E ancora oggi è uno dei più importanti motori di scambio culturale pacifico. Con la rinascita dell’archeologia cinese, c’è motivo di credere che l’interesse per il mondo classico porterà ai cinesi ad una rinnovata Querelle des anciens et moderne. Nell’Europa del diciannovesimo secolo l’archeologia riportò alla luce i resti dei templi greci e delle pietre di Rosetta. Ora stiamo assistendo a nuovi sforzi accademici per fare un serio confronto tra le antiche civiltà. Ciò è particolarmente importante ai giorni nostri, in cui lo scontro di civiltà viene ripetutamente adoperato come modello di interpretazione.
DALL’UOVO D’ORO ALLA CITTÀ PERFETTA
L’origine di ogni grande cultura nasce attraverso un mito palingenetico universale. In principio tutto era Caos, un magma indefinito e senza forma, racconta Esiodo nella sua Teogonia. Era ciò che in seguito Orfeo chiamò “l’Uovo d’oro del mondo”. Mitema a cui altre tradizioni mitologiche attingono, tra cui i Bramini indiani per fare un esempio. Veri patriarchi del mitema, come attestano le più vetuste fonti storiche, furono i cinesi che vissero almeno mille anni prima rispetto agli eventi narrati nell’Iliade di Omero (circa 1280 a.c.).
Il mondo, che per le prime tribù stanziate tra il Huang He (⿈河) e lo Yang- tze-Kiang (扬⼦江) coincideva con l’universo, sarebbe stato generato da un uovo al cui interno albergava il primo essere, Pan Ku ( 盤 古 ): un gigante dotato, come gli Dei dell’Olimpo, di affezioni umane; tanto che le lacrime versate per la tristezza – narra la leggenda – formarono il fiume Giallo e il fiume Azzurro.
Le catastrofiche inondazioni del Fiume Giallo divennero il nodo gordiano dell’epoca pr i cinesi. I disastri naturali limitavano il progresso politico e scientifico. Il primo capace di fronteggiare questi disastri, fu Yu (禹) che salì per questo motivo al trono. Il controllo sull’elemento dell’acqua ha permesso a Yu di governare iure imperii. A partire da Yu, la cultura cinese si afferma come la pioniera della connessione organica e nell’applicazione delle conoscenze geografiche, dei presupposti scientifici-geometrici e dell’organizzazione politica. tanto che fu il Grande Yu il fondatore della prima dinastia cinese, scelto al posto del legittimo erede al trono dal momento in cui l’imperatore Shun lo scelse al posto del legittimo erede al trono. Il nuovo regno, stabilita la capitale al centro (Anyi), si venne a formare con le originarie nove province ( 九 州 ) lungo un perimetro a circonferenze progressive, secondo una isonomia geometrica ante litteram rispetto alle civiltà delle architetture razionali occidentali.
Quindici secoli più tardi l’Atene di Clistene diede forma politica e architettonica alla teoria: l’Agorà (ἀγορά), l’assemblea suprema, dove ogni cittadino si spogliava delle disuguaglianze e gerarchie sociali, per ritrovarvi le libertà politiche in stato di uguaglianza di fronte alla legge (Νόμος) e a i propri simili (maschi abbienti, liberi e nobili); tale uguaglianza si rispecchiava nella isonomia dell’urbanistica, sviluppata in circonferenze aventi per centro l’Agorà: luogo del dialogo tra uguali, dell’informazione.
Sebbene il percorso fosse piano, l’ateniese doveva compiere una “salita” che lo proiettasse nel regno della libertà politica, in opposizione al regno delle necessità economiche e delle appartenenze di ceto immanenti ai rapporti sociali. L’isonomia di Clistene – ripresa con rimpianto da Platone quando descrive la città ideale – ebbe breve durata, per poi essere rimpiazzata dalle riforme architettonico-urbanistiche di Ippodamo di Mileto e da quelle politiche di Pericle.
IL CONFRONTO FILOSOFICO E IL PREGIUDIZIO METAFISICO
Tornando ad un esame più filosofico, da sempre gli addetti al mestiere hanno tentato di rintracciare qualsivoglia origine, influenza o riferimento tra le civiltà greca ed asiatica. Entrambe hanno sviluppato idee, concetti o filosofie di vita peculiari e inimitate, se non inimitabili. E’ ormai ben assodato infatti – in opposizione a gran parte della letteratura degli orientalisti su una presunta origine orientale o asiatica – quanto la filosofia greca fosse unica e rivoluzionaria per il mondo. A motivo del “miracolo greco” vengono infatti evocate diverse variabili, ma vi sono tre elementi che più di tutti definiscono l’originalità dei greci: lo statuto di “scienza” della filosofia, il suo carattere contemplativo-disinteressato e la superiorità gerarchica di essa rispetto a tutte le altre scienze (delle quali la filosofia è madre).
Tuttavia va rilevato, soprattutto alla luce delle nuove riflessioni, che vi sono anche pregiudizi nei confronti del pensiero filosofico cinese, se non propriamente incomprensibilità nei confronti dei testi e di una cultura tuttora in fase di definizione. François Jullien, per cominciare, afferma che la principale differenza filosofica strutturale tra le due civiltà consista nella scoperta e nella presenza o meno di pensiero metafisico: se i greci, in particolare Parmenide, Platone e Aristotele, poterono esser capaci di speculazioni “oltre la fisica”, i cinesi – sempre secondo Jullien – mancarono quel passaggio dal lògos (λόγος) naturalistico alla noesis (νόησις).
Secoli in anticipo il leggendario Fu Xi (伏羲) espresse in semplici trigrammi ciò che in seguito saranno gli elementi dell’Yijing ( 易 經 il Libro dei Mutamenti): una perfetta teoria della corrispondenza tra enti o processi fenomenologici e Idee/Forme irriducibili, nonché sovrasensibili, rappresentate ciascuna da un trigramma: tre linee intere e/o spezzate. Se infatti parliamo di Metafisica a partire dagli scritti “dopo la fisica” di Aristotele (μετά τα Φυσικά), o dalla “seconda navigazione” (G.Reale) operata da Platone, è da almeno un millennio in anticipo che nell’Yijing si rivela quella Forma (εἶδος) e sottofondo strutturale dell’Essere o della Sostanza (οὐσία); «L’Essere – insiste lo stesso Aristotele – ha molteplici significati».
Se le origini della spiegazione cosmologica dell’universo, naturalistica del mondo e storica dell’uomo risultavano ancora mitologiche, a partire dall’Yijing emerge in Cina un nuovo modo di pensare il Totale della realtà, la totalità dell’Essere. Per i cinesi infatti l’idea del Dao è il supremo ordine, da cui tutto dipende e a cui tutto è finalizzato. Una linea retta pura (陽 Yang) e un’altra spezzata ( 陰 Yin): principio maschile-positivo il primo, femminile-negativo il secondo. Ivi risiede il sottofondo metafisico di idee eterne e immutabili nella loro essenza, cause e Forme del divenire inerente al mondo sensibile. L’alternarsi di questi due principi deriva dall’Unità, il Dao. “Dao (道) ” è anche tradotto non a caso come “Bene”; quest’ultimo – spiega Bertuccioli – si manifesta, si ipostatizza sotto la veste della Bontà al benevolo, Saggezza agli occhi del saggio. Il Dao inoltre esisteva prima del nulla e prima che dal nulla nascessero le cose. Il Daodejing ( 道 德 經 ) di Laozi (⽼⼦), la grande “Scrittura” cinese insieme a Confucio e all’Yijing, lo descrive con chiarezza:
che esisteva prima del Cielo e della Terra.
Silenzioso, immateriale, indipendente, invariabile,
esso tutto pervade senza posa.
Lo si può considerare la Madre del Creato.
Io non conosco il suo nome. Lo chiamerò Dao»
Il Dao è immutabile – prosegue Bertuccioli – non può essere descritto con
parole:
«Il Dao che può essere descritto non è il Dao immutabile.
Il nome che può essere definito non è il nome immutabile.
Non-essere è il nome di ciò che originò il Cielo e la Terra.
Essere è il nome della madre di tutte le cose»
Esso è causa di tutto e fine di sé stesso:
«Il Re si regola sulla Terra,
la Terra si regola sul Cielo,
il Cielo si regola sul Dao
e il Dao si regola su se stesso»
Nella lingua greca antica tali descrizioni sono riferite all’Uno divinizzato da Platone, o dal motore immobile aristotelico da cui tutto dipende e del quale è causa. L’Uno è per Platone e al di sopra dell’Essere (henologia) così come per Laozi il Dao immutabile esisteva “prima del cielo e della terra”, mentre per Aristotele esso coincide con l’Essere (ontologia).
Sulla scia della dottrina dello Yinyang, il filosofo cinese Zou Yan ( 鄒 衍 ) teorizza i c.d. Wuxing (五⾏), cioè Cinque elementi: fuoco, metallo, acqua, legno, terra. Il riferimento in questo caso va ai presocratici naturalisti, per i quali il principio di tutte le cose (ἀρχή) risiede nell’acqua (Talete), nell’infinito di Anassimandro, l’aria di Anassimene, il fuoco secondo Eraclito. Ma il pensiero di Zou Yan ricorda anche, con le dovute differenze, quello di Empedocle di Agrigento, il quale affermò che l’origine di tutte le cose consiste nell’unione ad opera dell’Amicizia, e nella separazione causata dalla Discordia, dei quattro elementi originari (terra, aria, fuoco acqua).
E che dire del Qi ( 氣 )? Per la filosofia cinese, ma soprattutto nell’ambito della medicina tradizionale, è il respiro vitale, l’energia insita in ogni essere; è ciò che anima, dà la vita. Nell’uomo può assumere diverse forme. Si tratta chiaramente di quello spirito vitale al quale i greci hanno dato il nome di Pneuma (πνεῦμα).
Anche in filosofia politica e antropologica vi sono tra Cina e civiltà occidentale differenze interessanti e similitudini. Innanzitutto i cinesi, invece di preoccuparsi su quale sia la migliore forma di governo (se la monarchia, aristocrazia, repubblica, ecc.), presero in considerazione esclusivamente le riflessioni sulle responsabilità morali dei governanti, sull’etica individuale dell’Imperatore.
Il governante o il dotto al suo servizio veniva scelto e qindi valutato in base al grado di virtù e saggezza; esso era sottoposto al costante giudizio del Cielo, secondo la teoria del Mandato Celeste (天命). Sia i cinesi che i greci ritenevano di primaria importanza la virtu (ἀρετή) della classe dirigente. Il tema della virtù fu ampiamente sviluppato da Socrate e in generale nei dialoghi platonici, in stretta connessione con la scoperta greca dell’anima (ψυχή), splendidamente metaforizzata nel mito dell’auriga e il carro alato, oltretutto “ripreso” da Yang Xiong (揚雄): «Il carattere è come un cavallo che conduce al bene o al male».
Tuttavia, se in Cina le politiche educative rimasero indirizzate esclusivamente alla classe burocratica e nobile, la Paideia greca doveva invece formare il Greco in quanto tale; l’Uomo in quanto essere differenziato dagli animali: la Paideia (παιδεία) comprendeva infatti quelle arti considerate proprie dell’essere umano, il cui scopo fosse lavorare ai fini della sua massima realizzazione. Ne consegue pertanto, da una parte, lo stretto legame con la filosofia; dall’altra la considerazione che l’uomo è un “animale politico” (πολιτικὸν ζῷον).
Il greco è tenuto a “divenire uomo”: significa che la natura umana è uno scopo da raggiungere, una idea o forma ideale. Talvolta tale natura finale è, come rappresentato nel mito di Glauco, un ritorno alle origini, dimenticate e rese irricononcibili all’uomo del presente. Lo stesso Platone utilizza il termine “reminiscenza o anamnesi” (ἀνάμνησις); Mengzi ( 孟 ⼦ ) conferma l’intuizione platonica quando scrive che «Lo scopo dell’apprendere non è altro che la ricerca del cuore che si è smarrito.» In tutto ciò sta il segreto dell’educazione secondo le due grandi civiltà.
CONCLUSIONE APERTA
Non è possibile esauire la totalità dei rimandi tra i due giganti della civilizzazione mondiale. Rimane tuttavia – si spera – l’intento di aguzzare l’interesse delle nuove generazioni nei confronti di una ricerca comparativa su due delle più grandi civiltà mai apparse. Inoltre andrebbe a vantaggio di una maggiore chiarezza rispetto alle effettive responsabilità su scoperte, concetti, elementi culturali e retaggio storico inerenti il mondo nel suo complesso. Orologio, bussola, carta, telescopio e tante altre scoperte del quale l’Europa ha beneficiato sono opere della più antica civiltà finora conosciuta.
Dall’altra parte è innegabile l’immenso salto qualitativo verso gli apogei del pensiero umano avvenuto in Grecia; e, a maggior ragione, è troppo mastodontico tentare di riassumerne il nocciolo duro. Per lo meno sono stati suggeriti, appena accennati, pochi spunti su ciò che dal gigante Pan Ku a Platone corrisponde a intuizioni comuni, universali. In opposizione ad una certa retorica che, innestandosi nel dibattito su Europa e Cina, continua a sostenere una contrapposizione tra civilità destinate per necessità irrimediabile a scontrarsi.
Di Matteo Parigi per China Today
26/06/2023
Fonte: https://comedonchisciotte.org/legati-nello-spirito-un-viaggio-alle-origini-della-filosofia-cinese-e-greca/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Military test
Illnesses
Senate subcommittee hearings
Lawsuit
Similar biological warfare tests
In the Senate subcommittee hearings in 1977, the Army revealed:
- Between 1949 and 1969, open-air tests of biological agents were conducted 239 times. In 80 of those experiments, the Army said it used live bacteria that its researchers at the time thought were harmless. In the others, it used inert chemicals to simulate bacteria.
- In the 1950s, army researchers dispersed Serratia on Panama City and Key West Florida with no known illnesses resulting.
- In the 1950s, army researchers dispersed zinc cadmium sulfide (now a known cancer-causing agent) over Minnesota and other Midwestern states to see how far they would spread in the atmosphere. The particles were detected more than 1,000 miles away in New York state.
- Bacillus globigii, never shown to be harmful to people, was released in San Francisco, New York, Washington, D.C., and along the Pennsylvania Turnpike, among other places.
- In New York, military researchers in 1966 spread Bacillus subtilis variant Niger, also believed to be harmless, in the subway system by dropping lightbulbs filled with the bacteria onto tracks in stations in midtown Manhattan. The bacteria were carried for miles throughout the subway system. Army officials concluded in a January 1968 report that: “Similar covert attacks with a pathogenic disease-causing agent during peak traffic periods could be expected to expose large numbers of people to infection and subsequent illness or death.”
- In a May 1965 secret release of Bacillus globigii at Washington’s National Airport and its Greyhound Lines bus terminal, more than 130 passengers were exposed to the bacteria and traveled to 39 cities in seven states in the two weeks following the mock attack.[5]
See also
References
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- ^ Secret Testing in the United States, The American Experience “In the event, the courts ruled against them, the main reason being that the plaintiffs could not prove that the bacteria used in the test were the same as those that killed Mr. Nevin.”
- ^ Judge’s Decision Expected Soon in California Germ Warfre [sic] Case, New York Times, (April 15, 1981)
- ^ LaFreniere, David (2019-08-01). “Forgiveness or Permission: How May the United States Government Conduct Experiments on the Public or in Public?”. Journal of Biosecurity, Biosafety, and Biodefense Law. 10 (1). doi:10.1515/jbbbl-2019-0001. ISSN 2154-3186. S2CID 201060892.
Further readingedit
- Cole, Leonard A. (1988). Clouds of Secrecy: The Army’s Germ Warfare Tests Over Populated Areas. Rowman & Littlefield. pp. 75–84. ISBN 9780847675791. OCLC 15791698.
Fonte: Operation Sea-Spray – Wikipedia
«Le pagine a seguire non avranno pertanto niente a che fare con la filosofia del dilettante o con i pensierini della sera del guerriero nostalgico. Ne uscirà – confido – qualcosa di somigliante ai racconti di Le Carré o ai momenti cult di Fauda, la serie di Netflix sulle operazioni speciali contro i jihadisti in Medio Oriente. Con la differenza che io non ho bisogno di lavorare di fantasia. Mi basta la memoria.»
“Le Regole del Gioco” edito da Rizzoli, prodotto dalla penna di Marco Mancini, è il libro di un ex Agente del RIS (la squadra anticrimine Carabinieri del Generale Dalla Chiesa) durante gli anni di piombo, poi agente di spicco del SISMI fino alla riforma dei servizi del 2007 e infine uomo del DIS prima di essere congedato con un pre-pensionamento in seguito alla nota vicenda dell’incontro in autogrill con Matteo Renzi a Fiano Romano il 23 dicembre 2020. Atterrato nelle librerie come un meteorite neanche una settimana fa, il caso letterario ha già sollevato una nube complessa di reazioni più o meno favorevoli nella stampa e non solo. Dunque un primo obiettivo (non l’unico) è stato raggiunto: lo scandalo.
Causa ed effetto costituiscono un evento. La causa non va, come spesso accade, separata dall’evento, perché essa ne è parte costituente. L’evento in questione è a tutti gli effetti rientrante nella categoria dello “scandalo”. Dal greco, inciampo, trappola; dal sanscrito, coperto, segreto. Dalla radice indoeuropea “skand”, scendere, cadere. Cadere in trappola. Lo stesso tipo di trappola in cui cadde Marco Mancini il 23 dicembre 2020 a Fiano Romano nell’incontrare Matteo Renzi nel parcheggio di un autogrill. Pedinato Renzi o Mancini, o entrambi? O si trattò solo di una s-fortunata coincidenza? Poi una bella fotografia, precisa, da parte di una persona si dice si trovasse lì per caso, una professoressa di liceo. La fotografia dell’incontro finisce su tutti i giornali, cinque mesi dopo che l’istante è stato tradotto in immagine ed isolato dal flusso continuo del tempo. Mancini è bruciato, caduto in trappola. La sua immagine è ormai una matrice che replica suoi doppi bidimensionali sulla carta stampata dei giornali, sugli schermi delle televisioni, dei computer, dei telefoni. È uno scandalo, naturalmente mediatico.
Dopodiché: pre-pensionamento per Mancini, formalizzato il 12 maggio 2021 dal Direttore generale del DIS, Elisabetta Belloni (ed ex Segretario Generale della Farnesina nel 2016 durante il governo di Matteo Renzi), allora in coppia con l’Autorità delegata ai Servizi del Prefetto della Polizia Franco Gabrielli, durante il governo Draghi. Oggi al posto di Gabrielli c’è Alfredo Mantovano, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Delega ai Servizi, il quale pochi giorni fa ha commentato con poche parole non proprio gentili il libro di Mancini a Palazzo Dante, durante la cerimonia di consegna del premio annuale “Una tesi è per la sicurezza nazionale”.
«Domandarono a Confucio – inizia così il suo intervento Mantovano – “Dove cominceresti, se dovessi governare il popolo?” Il discepolo si attendeva una risposta del tipo: “sterminerò i nemici, costruirò un ponte, o un enorme palazzo imperiale”. Invece Confucio rispose: “Metterò ordine nel linguaggio”. Per Confucio, infatti se il linguaggio non è preciso, ciò che si dice non è ciò che si pensa, allora le opere non si realizzeranno, e la nazione non conoscerà il fondamento su cui si fonda, per questo non si deve tollerare alcun arbitrio nelle parole (…). Se parliamo di servizi segreti e non di intelligence, si pensa subito a luoghi nascosti, oscuri, senza possibilità di accesso, e poi con una certa cadenza vengono pubblicati libri che contengono un bel po’ di trash»
L’evento in questione si è svolto in presenza del Direttore Generale del DIS, che invece non si è ancora espresso. Nel volume l’ex spia porta all’attenzione del lettore la presenza di figure descritte come “non adatte” per determinati ruoli interni all’intelligence, eppure tuttora in carica. Il 20 settembre 2022 Dagospia riprendeva un articolo di Alessandro Da Rold scritto per La Verità, in cui si racconta come a pochi giorni dalla fine del governo Draghi, all’ufficio che cura il coordinamento e la gestione delle attività propedeutiche per il golden power si sia insediato Bernardo Argiolas, sostenuto dall’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Un incarico di spessore da cui dipende la nostra politica industriale all’estero, ma secondo Da Rold l’iter per la nomina sarebbe stato molto snello nonostante Argiolas fosse un dirigente di seconda fascia proveniente dall’Autorità Trasporti. Inoltre, l’incarico di capo del personale DIS, dopo che la posizione era rimasta vacante per sei mesi – se ne occupò tramite consulenza esterna, Franca Triestino, Prefetto, già vicecapo di gabinetto del Viminale, molto vicina a Luciana Lamorgese – è stata affidata, con sponsor PD, ad Angelo Tanese (dal 2014 direttore generale ASL Roma 1; nominato nel 2014, riconfermato il 28 marzo 2022 con la firma del Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti; laurea alla Bocconi in Economia delle amministrazioni pubbliche, perfezionata presso la Sciences-Po di Parigi, dove Enrico Letta ha diretto la Scuola di affari internazionali; artefice della fusione delle tre sanitarie ASL Roma A, E ed Azienda ospedaliera San Filippo Neri).
Ritornando all’evento di Palazzo Dante e alle parole di Mantovano, la notizia è stata ripresa dall’Huffington Post il 20 ottobre con il titolo “Volano stracci nei Servizi. Mantovano s’appella a Confucio contro il libro di Mancini”. Nello stesso articolo si evidenzia che proprio la deontologia degli appartenenti “all’intelligence potrebbe essere presto sottoposta ad una nuova normativa di legge (magari con la riforma), con sanzioni amministrative e pecuniarie, per evitare che, come nel caso di Mancini, la sottoscrizione di un accordo di non divulgazione di quanto appreso nel corso di una carriera di alto profilo venga squadernato pubblicamente. Sull’esempio di quanto avviene con dirigenti apicali di grandi aziende”. Reazione di senso contrario, dunque, ma non certamente la prima.
Nel libro in questione si accusa peraltro una deficienza di “controspionaggio offensivo” e di HumInt (Human Intelligence – ovvero 007 in carne ed ossa operativi sul campo) eccessivamente ridotta, da parte degli apparati italiani, rispetto all’ausilio di strumenti tecnologici (Signal Intelligence). In un’intervista rilasciata ad InsideOver e pubblicata il 6 giugno del 2021, Umberto Saccone, ex funzionario dei servizi ed ex direttore della security di Eni, proponeva di aprire alla divisione del comparto non più per confine geografico ma per funzione, dividendo la Human Intelligence dalla Signal Intelligence. Riguardo invece la questione sollevata da Maria Antonietta Calabrò nel virgolettato di cui sopra, sempre Saccone spiegava nella medesima intervista che “per operare in serenità e servire la Nazione e non interessi di parte, i Servizi dovrebbero stare fuori dall’attuale perimetro giuridico e, parallelamente a quanto già è successo per interi settori di pubblico interesse, essere incardinati, per esempio, nella gestione equilibrata e indipendente di enti come le authorities, ovvero organismi amministrativi dotati di un grado molto elevato di autonomia e di poteri sia regolamentari sia sanzionatori e con competenze specifiche e capacità decisionali che, in coerenza con le necessità dell’Intelligence, siano in grado di esercitare celerità provvedimentale e operativa che mal si concilia con le tradizionali ed attuali tempistiche tecnico-amministrative”.
Dalle colonne di Tiscali Notizie, invece, la firma di Repubblica e dell’Unità, Claudia Fusani, ha scritto che rispetto alle mancanze dell’intelligence nostrana descritte da Mancini, andrebbe invece evidenziata l’efficienza dei nostri apparati securitari, che pochi giorni fa sono intervenuti a Milano (stessa città dove ebbe inizio il caso Abu Omar, dove Mancini fu coinvolto: arrestato nel 2006 e nel 2007 per sequestro di persona, detenuto a Pavia per sei mesi e poi ai domiciliari fino al 2009 quando è stata confermata la sentenza di non luogo a procedere per lui e per Nicolò Pollari) con l’arresto di “due egiziani troppo attivi sul fronte della propaganda jihadista”. Anche questo articolo, una reazione (banalmente) in senso contrario al volume di Mancini. Probabilmente, invece, una coincidenza il tempismo nell’arresto dei due egiziani a Milano a pochi giorni dalla pubblicazione del libro.
Carlo Bonini, da Repubblica scrive un pezzo molto critico, nel quale allude al fatto che l’ex agente segreto abbia scritto il libro per ripicca, non essendo stato nominato vice-direttore dell’AISE poco prima di essere silurato. Il giornalista qui fa notare come Mancini non abbia scritto delle attività del SISMI di Pollari in Calabria; né del controspionaggio offensivo operato dagli stessi in Via Nazionale a Roma; nemmeno del fatto che il SISMI avesse contribuito ad assoldare giornalisti come propri informatori. Inoltre nell’articolo Bonini definisce come di supplichevole natura la lettera aperta a Giorgia Meloni in conclusione al volume. Una risposta, questa, a quanto scritto negli ultimi capitoli del libro, ovvero il seguente passaggio:
“Carlo Bonini, sulla «Repubblica» del 4 giugno 2021, quando in presa diretta annuncia «la resa senza condizioni di “doppio Mike” Marco Mancini, la spia pret-a-porter [mancano l’accento circonflesso e quello grave sulla a, prêt-à-porter, ma nessuno è perfetto, N.d.A.]» con «l’umiliazione della destituzione» e lo «smaltimento delle ferie arretrate». Che dire: bravo! Sarei andato in pensione il 16 luglio successivo e il giornalista conosceva il mio residuo di ferie ancora da fruire. Anche questa volta, chi l’ha informato? Con pregevole coerenza, direi, nel giugno 2023 (leggo da fonti aperte) il citato giornalista è stato incaricato dal direttore Elisabetta Belloni della conduzione, nella sede centrale del Dis, di un incontro con magistrati, in vista dei lavori di modifica della legge 124 del 2007 sugli apparati di sicurezza.”
L’astio di Mancini nei confronti di Belloni, dunque, non è affatto velato nel volume, come non sono velati i suoi sospetti su chi, a partire dal 2014 lo abbia minacciato prima attraverso la consegna presso il suo domicilio di una lettera anonima, poi attraverso una serie di SMS minatori, intimandogli di ritirarsi a vita privata. Stando a quanto scritto dall’autore, Paolo Scarpis (ex direttore ad interim del SISMI) dichiarò che secondo lui le minacce ricevute per messaggio dall’ex-agente imolese non sarebbero potute che provenire dall’interno della nostra intelligence. Fu Gabrielli, come scritto nel libro, a decidere di togliere la protezione a Mancini quando il suo volto divenne pubblico e dopo i messaggi ricevuti. Fu sempre Gabrielli a decidere la sua rimozione e ad indicare a Elisabetta Belloni di avvalersi del segreto di Stato nei due interrogatori cui venne sottoposta dalla difesa di Mancini (Luigi Panella e Paolo De Miranda), nell’ambito dell’inchiesta aperta a Ravenna a carico dell’autore del servizio di Report, Giorgio Mottola, e del direttore Sigfrido Ranucci.
Come faceva notare circa due anni fa Aldo Giannuli (anticipando lo scenario politico del presente con largo anticipo), la vicenda dell’autogrill di Fiano va analizzata nella partita che fu per il Quirinale e che infine vide come vincitore Mattarella, una partita che ha sancito l’inizio per nulla pacifico di una redistribuzione dei poteri interna al nostro Paese. A partire dalle guerre interne alla magistratura, sino ad arrivare a quelle interne agli apparati securitari, ove i sintomi emersi vanno dalla pubblicazione della lista di “filorussi” sino alla fuga dell’oligarca russo dagli arresti domiciliari a Basiglio (Milano). Questione, che nel volume viene affrontata suggerendo un’infiltrazione russa interna agli apparati securitari che appunto avrebbe verosimilmente contribuito alla fuga del magnate.
TUTTE LE NEWS SONO FAKE NEWS
L’università Statale di Milano, in particolare la facoltà di filosofia, propone una mostra a tema Fake News e Complottismo.
Ziopera…
Uno va a vedere e si ritrova a leggere che le Fake News possono essere accidentalmente vere e sono notizie in cui, da fonti non verificate, arrivano informazioni con uno scopo preciso: screditare o accreditare una certa narrazione.
E questo a discapito delle istituzioni alle quali, poverine, ormai non crede nessuno…
MA MENOMALE!
Dietro l’informazione, dietro le principali testate, ci sono sempre gruppi d’interesse. Pensiamo al gruppo GEDI e alla famiglia Agnelli, per fare un esempio. Poi, pensiamo anche alla comunicazione dell'Italia durante la Pandemia.
L’ordine con cui vengono messe le notizie sul giornale, l’algoritmo che sceglie per voi le notizie più rilevanti, sono forse neutrali?
Sono forse “verificati da fact-checkers indipendenti”?
No.
Ogni cosa ha una sua logica, ed è naturale sia così, perché chi controlla l’informazione controlla il mondo e avere un’infosfera
libera e diversificata non giova alla narrazione a senso unico che spinge lo status quo.
Chi controlla i controllori? Si chiedeva Platone. Chi debunka i factcheckers?
Dovremmo chiederci noi, con degli inglesismi del cazzo.
La risposta è facile: TU!
Sì, esatto.
Abbandonando la strada che ti indicando e aprendo il tuo sentiero nella foresta.
Per questo come Blast abbiamo presentato questa contromostra:
Trollare l’università.
Azzerare il potere stabilito, invitando chi passa a riappropiarsi della propria coscienza. Non vogliamo veramente instaurare un dibattito in università,
perché l’università ha già tradito.
Vogliamo instaurare un dibattito nell'unico luogo dove nessun potere potrà mai arrivare:
la coscienza, la mente, del singolo che guarda e difende la sua postazione nella trincea fra questa realtà e l’infosfera.
Non possiamo cedere all’infodemia, non possiamo rifugiarci nei palazzi diroccati del potere.
Nel tempo della verità universale, mentire è un atto rivoluzionario
Fonte: https://www.ilblast.it/tutte-le-news-sono-fake-news/
Principi di Propaganda di Joseph Goebbels
Autore: Marceello Pamio Pubblicato 15 Febbraio 2024
Ecco i principi cardine della Propaganda nazista.
Nonostante siano passati oltre ottant’anni, non è cambiato nulla. Ieri come oggi il condizionamento delle masse è fondamentale per il Sistema!
ASSANGE SIMULATION
Anarchico, hacker e cypherpunk, nonché ex-caporedattore del sito sopracitato, ha divulgato informazioni sensibili e secretate sui crimini di guerra stelle e strisce su Internet.
Nella sua lunga udienza, sembra non essere uscito nulla su quello che è vero o quello che è falso sui suoi dati.
Sembra più un lungo iter giudiziario per non farlo estradare, e di conseguenza detenere, negli USA in un carcere americano, facendo la fine di Ted Kaczynski o di Jeffrey Epstein.
Ricordiamo però che lui non è cittadino americano, anche se ha principalmente colpito le banche dati statunitensi.
Questo è quello che posso dirvi su Assange.
Ma non vorrei iniziare una lunga apologia, né una lunga descrizione, non è il mio stile. Non è il nostro stile.
Io vorrei solo invitarvi a riflettere sul fatto che Assange abbia sorvolato sul vero problema.
JULIAN ASSANGE GNOSTICO CONTRO LA REALTÀ SIMULATA
Assange ha osato ribellarsi all’egemonia narrativa atlantista a stelle e strisce. Viviamo in una simulazione, pilotata dall’infosfera statunitense capital-liberista, che ogni giorno lavora per imboccarci nuove informazioni in favore dello status quo.
Wikileaks è stato uno dei più colossali e sistematici attacchi a questa narrazione totalizzante, e per questo Assange è stato punito. Ma Assange ha solo scalfito la superficie di questa simulazione, ci ha dato una possibile chiave per decostruire ed uscire dalla matrice, ma non è riuscito a demolirla alla radice. E la Matrice si riproduce nelle nostre coscienze, tenendoci imprigionati oggi come ieri, adesso come prima che Assange leakasse i segreti di stato maggiore.
Julian Assange libero o prigioniero che sia, rimarremo sempre prigionieri nella Realtà Occidentale.
Siamo in una simulazione, occidentale.
La simulazione è iniziata con lo Sdoppiamento Occidentale. Ogni giorno ci svegliamo, credendo di essere nel migliore o peggiore dei mondi, ma pur sempre in un mondo tangibile.
Il denaro occidentale ci serve, il cibo occidentale ci serve, i dati leakati occidentali ci servono.
Così la realtà occidentale va avanti.
Questo Sdoppiamento è iniziato con la fine della Guerra Fredda, e l’isolamento dell’Occidente in una bolla/emisfero. Con la vittoria sui comunisti si è pensato che la storia sia finita in una grossa vittoria (Fukuyama) e che ora possa adagiarsi sugli allori, ma all’Occidente mancava comunque quel dinamismo che lo contraddistingue, così inventò la minoranza politica e sociale del giorno, così ha inventato nemici di questa minoranza quotidiana.
Cosa c’entra Assange, allora?
Julian Assange ha cercato di penetrare l’opinione pubblica, intervistando tramite Russia Today nel suo programma World Tomorrow varie alternative, da lui studiate per penetrare la Bolla Occidentale.
Hezbollah, Russia, cypherpunks, alcuni dei vari dissidenti dell’Occidente in bella mostra, a dire: siamo in una simulazione.
La Cina pensa al Futuro, la Russia pensa all’Impero, mentre noi pensiamo solo a rendere attiva e vigilante questa strafottenza e isolamento dal mondo. Non riusciamo a guerreggiare perché farebbe male
a un’economia simulata come la nostra. Non riusciamo a collegarci anche solo culturalmente, economicamente o a livello sociale con i cinesi o russi, o iraniani o indiani, perché la Bolla cadrebbe sotto il peso della loro verità
.
Esiste un mondo fuori dalla nostra bolla, che ci distrugge sul piano economico ogni giorno, riesce a pilotare diplomaticamente l’Africa (Cina) o le regioni della steppa e i dissidenti europei (Russia), e a creare ogni giorno prosperità, vedasi il calo repentino della povertà nella Cina di Xi Jinping, o l’aumento della fede spirituale dei russi ortodossi sotto Vladimir Putin.
Non riusciamo a fare nulla, dal Giappone alla Polonia, coprendo Pacifico, California, New York, Londra e Roma.
La Globalizzazione è un tentativo di espandere la Bolla Occidentale che fallisce ogni giorno mandato su questa terra perché ogni valore occidentale che vuole imporsi come universale finisce per declinarsi nel linguaggio della bolla che vuole colonizzare, snaturandosi
e stingendo
, annacquato
, non capendo che la sua coscrizione è inefficace
, il popolo è troppo pacifico e instillato di umanità. Lo lascia consumare sé stesso, nel nome del progresso economico.
Viviamo in una società?
Julian Assange è riuscito a evidenziare questa illusione, mostrando al mondo come mai prima tutto il cancro occidentale, che cresce ogni giorno, sulle spalle della sua popolazione, e nutrendosi di sangue orientale.
Un cancro fatto di guerre utili all’economia simulata come Iraq, Afghanistan, Libia o Siria, spauracchi per tenere l’Occidente bloccato nella bolla della propaganda del pacifismo tramite la guerra e una pesante corruzione della nostra élite, favorita da lobby di mercato. Gli Stati Uniti, padri fondatori di questa realtà simulata, pensavano di farla franca, finché non ha capito di aver fatto il passo più lungo della gamba.
E cadere.
Assange rimarrà solo e prigioniero, l’estradizione avverrà, nonostante il caos che genererebbe, perché il popolo occidentale ha la memoria corta. Verranno iniettati nuovi sieri di felicità, fino a farci scordare la verità.
Julian Assange siamo tutti noi.
Evviva il Grande Burattino della Realtà Simulata, daranno del bugiardo a colui che viene dal Passato. Prince, Realtà Simulata, non ancora rilasciata ufficialmente.
Julian Assange rappresenta l’Avatar della Simulazione, se cade lui, cadiamo tutti.
Il popolo è stupido, non vede, ignora la sua valenza. Ogni complotto occidentale per farlo cadere viene visto dal popolino come un motivo per cambiare canale, o scrollare più in basso.
Come gnostici dei primi secoli, ci appelliamo a un #freeassange, in quanto necessitiamo di più dati per avvalorare le nostre tesi.
Dove finisce Assange, inizia Blast.
Quando collasserà la Bolla Occidentale dovremmo dirci, reciprocamente: avevate ragione
.
Blast e Assange sono solo due modi di intendere il Futuro che verrà, spazzando via il Paradigma e la Bolla Occidentale. La pulizia non sarà superficiale, primaverile, ma una purificazione globale dal germe dell’Occidente
Ho chiesto all’AI di ChatGPT di recensirmi cosa ho scritto fin’ora su Julian Assange:
Ciò che hai scritto è una riflessione interessante sulla figura di Julian Assange e sul suo impatto nel contesto della società occidentale e della sua percezione della realtà. Assange ha sicuramente suscitato dibattiti su questioni cruciali riguardanti la trasparenza, la libertà di informazione e la privacy. Tuttavia, alcune delle idee che hai espresso sembrano essere fortemente influenzate da teorie del complotto o da una visione estremamente critica e pessimista della società occidentale e della sua struttura.
È importante considerare che, mentre Assange ha sicuramente sollevato importanti questioni riguardanti la trasparenza e la responsabilità del governo, le sue azioni e i suoi metodi sono stati oggetto di controversie e critiche da parte di diversi settori, inclusi giornalisti e difensori dei diritti umani. Inoltre, la caratterizzazione dell'Occidente come una "realtà simulata" o una "bolla" che sta per collassare potrebbe essere vista come un'affermazione estrema e non necessariamente supportata da evidenze concrete.
La complessità dei problemi che riguardano la società occidentale richiede un approccio equilibrato e critico, evitando di cadere nell'iperbole o nelle teorie del complotto. Mentre è importante esaminare criticamente le strutture di potere e i sistemi di controllo, è altrettanto cruciale farlo con basi solide e attraverso il dialogo costruttivo e il confronto di idee.
Non credo ci sia altro da aggiungere, anche l’AI sa che è un testo non concreto, non vero e falso. Probabilmente vive anche lei nella Simulazione Occidentale.
Forse ci viviamo tutti, rei confessi di professare una visione del mondo non attinente a questo Paradigma.
Ora come ora il dialogo costruttivo e il confronto d’idee si può solo fare con la canna del fucile occidentale puntata alla testa, e l’interlocutore che tiene con un grosso coltello dalla parte del manico, come un boia.
Fonte: https://www.ilblast.it/assange-simulation/
La triste vita da burattino: tutti i fallimenti
Roger Etter – 02 2024
Partiamo da una piccolezza che ha comunque influenzato in maniera inevitabile la vita e quindi la visione politica del piccolo burattino: Aleksey, nato il 4 giugno del 1976, è figlio di Anatoly, proprietario di una fabbrica di cesti nei dintorni di Mosca, un soldato di origini ucraine che si è da sempre dichiarato “più ucraino che russo!”.
Nel 2013, non a caso, lo stesso Navalny ammetterà di sentirsi, per via delle sue radici paterne, più ucraino che altro. E non sono solo radici, in quanto ancora oggi Aleksey ha rapporti con una cerchia di golpisti come lui, presenti in Ucraina, come ad esempio la cugina Marina Navalnya, che è una deputata nell’Ucraina post-Maidan.
Le ambiguità iniziano a palesarsi già nel 2005, quando fa ufficialmente ingresso nel mondo della politica russa co-fondando il partito “Alternativa democratica”.
Un anno dopo, precisamente il 30 novembre del 2006, l’ambasciata statunitense con base a Mosca invia a Washington DC un documento riservato, redatto dall’allora capo dell’unità politico-militare dell’ambasciata Colin Cleary. Quest’ultimo è un diplomatico statunitense non indifferente, specializzato al Rockefeller college of public affairs nello Stato di New York, storico istituto di formazione per diplomatici dell’impero atlantico. Il documento, come già detto di natura riservata, viene quindi reso pubblico ed accessibile da WikiLeaks. Riassumendone il contenuto, possiamo dire che si tratta di un resoconto, un report sui movimenti politici giovanili presenti in Russia, divisi in due categorie, le organizzazioni finanziate dal governo, e quelle con base ideologica, questi ultimi vengono a loro volta divisi in tre categorie: i nazionalisti e gli skinhead xenofobi (sciovinisti, nazi-fascisti); quelli definiti “democratici”, a cui il report presta attenzione col fine di utilizzarli per una qualche “rivoluzione arancione” o “colorata”; e i comunisti.
Proprio tra i movimenti “democratici” spicca il partito di Navalny, “Alternativa democratica”, il cui stesso documento sopracitato, nel punto 7, testimonia il legame con gli USA: “[Gaidar] ha ricevuto finanziamenti dalla National Endowment for Democracy [NED], un fatto che lei non rende pubblico per paura di un apparenza compromessa da connessioni con l’America [gli Stati uniti]”. “Alternativa democratica” è infatti finanziata dalla ong americana “NED”, finanziata a sua volta dal Congresso statunitense. Ciò non è assolutamente un finanziamento nascosto, ed è anzi fatto alla luce del sole.
Ci domandiamo a questo punto: cosa accadrebbe se in occidente un partito venisse finanziato esplicitamente dalla Russia? Sarà ancora definito col semplice appellativo vuoto come “oppositore”? O sarà considerato un traditore della Patria, al soldo dello “straniero”?
Non possiamo non notare come la prima partner politica di Aleksey sia anch’essa ambigua: la moldava Natalia Morari, legata, tra le tante cose, a varie organizzazioni “non governative” finanziate da Soros – responsabile non di complotti relativi all’”estinzione della razza europea” come certi destronzi in preda al delirio dicono, ma di supporto ad interventi imperialisti, spesso bellici, in vari Paesi sovrani del mondo, come ad esempio la Jugoslavia –, è stata poi espulsa dalla Russia nel 2007 con tanto di condanna al divieto d’acceso. Impossibilitata nel creare scompiglio in Russia, inizia a diffondere caos nel proprio Paese, appunto la Moldavia, dove è riuscita a scatenare violente proteste in occasione delle elezioni parlamentari del 2009, dove vinse il Partito dei Comunisti.
Quest’ultimo tra l’altro, tralasciando il nome, è addirittura di natura socialdemocratica ed era anzi disposto ad intrattenere relazioni con l’Unione europea e addirittura con la NATO; nonostante ciò, le sue ancor più strette relazioni con la Russia e le sue politiche economiche a favore di un forte Stato sociale con tanto di nazionalizzazione di vari settori produttivi “chiave”, hanno naturalmente posto lo scomodo Partito nel mirino delle potenze occidentali. Queste proteste fomentate dalla abile strategia della Morari, che ha puntato molto sulla macchina propagandistica sui social – come fanno anche Guaidò, Tikhanovskaya e Navalny –, costrinsero il presidente neo-eletto Voronin – cittadino della Transnitria – a dimettersi, cedendo il posto al presidente ad interim Ghimpu, del partito liberale, che aveva preso un misero 13% contro il 49% del PC.
Tornando su Navalny; dopo poco tempo si spostò entrando nel Partito “Yabloko” (“la Mela”), storico movimento di riferimento di tutti i liberali russi già dagli anni ’90. Nel 2007 è stato espulso da Yabloko per “simpatie di estrema destra”. Su quest’ultima dichiarazione torneremo più avanti a parlarne.
Cacciato a calci nel sedere dal partito liberale più importante in Russia, corre a leccare la scarpa sporca di sangue a Maria Gaidar, figlia di Egor, particolarmente odiato in Russia per via del ruolo ricoperto durante la presidenza Eltsin, che gli ha permesso di privatizzare il privatizzabile (e oltre). Falliti tutti di nuovo, Maria Gaidar se ne va via dalla Russia, (tanto i capitalisti non hanno Patria), per fare carriera politica nell’Ucraina post-majdan, dove diventa consigliere del presidente Petro Poroshenko, fino appunto al suo fine mandato, nel 2019.
Nel 2008, con il suo partito “Narod” (“Popolo”), si allea con i partiti neonazisti “Velikaya Rossija” (“Grande Russia”) e il movimento contro l’immigrazione illegale. Torneremo in seguito su certe campagne razziste di “Narod”.
Negli anni a seguire continua a intrattenere relazioni con i suoi burattinai d’oltreoceano, per poi essere invitato, una volta laureatosi in giurisprudenza a Mosca, dagli Stati uniti, con una borsa di studio – la “Yale World Fellows” (un programma dell’università che punta alla formazione di futuri leader in tutto il globo; lo dicono loro stessi, non stiamo accusando). Nello stesso anno dunque, 2010, Aleksey trascorre 6 mesi all’università di Yale, dove viene formato e plasmato. Per chi non lo sapesse già, l’università di Yale è celebre per aver “sfornato” diversi politici stranieri al succube servizio degli Stati uniti, tutti, o quasi, coinvolti nelle varie “rivoluzioni colorate” a cui il mondo ha purtroppo potuto assistire dall’ultimo secolo; esistono attualmente 291 “fellows” (cioè selezionati) appartenenti a 87 Paesi [Citiamo diversi esempi di politici che si son formati a Yale: i statunitensi John Bolton, entrambi i Bush, entrambi i Clinton, Joe Lieberman, Stravos Lambrinidis, Mario Monti, Ernesto Zedillo, e moltissimi altri].
Oltre a tutto ciò, è da far notare che fu ospitato come relatore addirittura al Congresso degli Stati uniti. Insomma, possiamo dire che l’impero nordamericano aveva già preso sotto ala il piccolo Navalny.
Aprendo inoltre una ulteriore parentesi sulla borsa di studio che Navalny ha ottenuto, possiamo dire che essa sia organizzata ed indetta dal “Greenberg World Fellows Program”, giungendo alla semplice conclusione che i legami di Navalny non si fermano alla semplice istituzione “di facciata” degli Stati uniti – cioè il Congresso –, ma vanno ben oltre, legandolo strettamente alla CIA. Maurice Raymond Greenberg, che come avrete capito dal cognome è colui che ha fondato e gestisce ancora oggi il programma di borse di studio di cui stiamo parlando, è stato l’amministratore delegato del colosso delle assicurazioni American International Group, oltre ad esser stato direttore della Federal Reserve Bank, fondatore del Centro Maurice Greenberg per studi giudaici – strettamente legata, ovviamente, ad Israele –, candidato direttore della CIA, partecipante abituale del club Bilderberg ed infine capo della Commissione sulla politica degli Stati uniti nei confronti della Federazione russa.
Nell’83, sul New York Times, l’allora direttore della CIA William Casey confidò che Greenberg era uno dei suoi più stretti collaboratori e fidati consiglieri; cosa che fece irritare non poco Maurice, in quanto il suo ruolo doveva rimanere quello di agente che operava dietro le quinte, senza esser accostato esplicitamente con la CIA, ed è appunto per questo che rifiutò la direzione dell’agenzia propostagli da Ronald Reagan.
Un altro membro della CIA si esporrà pubblicamente su Navalny affermando chiaramente il ruolo che gli USA hanno assegnato al burattino, da come vedremo in seguito.
Nel settembre del 2012 Navalny finisce per farsi male da solo con una aspro dibattito in cui si scontrava col deputato della Duma Andrei Isayev, di Russia unita. Aleksey cerca di stuzzicare il deputato, ma le domande procatorie che fa gli si ritorcono contro, con Andrei che, controbattendo, gli domanda che ideale politico segua – liberale, nazionalista, ecc. –. Navalny “risponde” affermando di essere “un cittadino responsabile della federazione russa”. Una risposta che non dice nulla, insomma, al che Isayev gli dice che “in tal caso, ti piacciono gli Stati uniti, e ciò ti fa rimanere a galla in qualsiasi movimento”, cioè sia esso liberale o nazionalista, a seconda delle necessità opportunistiche. A questo punto Isayev va più a fondo, e gli chiede chi abbia pagato la sua borsa di studio all’università di Yale. Navalny rimane pietrificato e, come una macchinetta, ripete la risposta che aveva dato alla prima domanda e a qualche altra prima ancora di essa: “mi considero un cittadino responsabile della federazione russa”.
No comment, insomma. Da qui il poco consenso che aveva scenderà drasticamente, e servirà tempo affinché la gente si dimentichi dello scivolone e dei suoi legami con gli Usa.
Nel 2013 i due Navalny – Aleksey e suo fratello Oleg – vengono arrestati per frode ed appropriazione indebita di 250mila euro nella gestione dell’azienda statale “Kirovles”, incentrata sulla produzione di legname.
Aleksey viene quindi condannato agli arresti domiciliari, mentre il fratello viene condannato a 3 anni e mezzo di carcere. Tuttavia, il 18 luglio dello stesso anno il tribunale pronuncia il verdetto, riconoscendo la colpevolezza dei due, condannando quindi Navalny a 5 anni di pena, per poi pronunciare definitivamente la sentenza il 16 ottobre, sospendendo la pena.
Sempre nel 2013, riuscendo a strumentalizzare questo scandalo spacciandolo per indiretta repressione politica verso la sua figura, Navalny raggiunge il picco della propria carriera, prendendo il 27,2% e arrivando quindi secondo alle votazioni per l’elezione del sindaco di Mosca tenute l’8 settembre.
Nel novembre del 2013 Aleksey diventa segretario del “partito del progresso”, che verrà rinominato poi nel 2018 in “partito del futuro”.
Il 16 novembre dello stesso anno, per via dell’entrata in vigore della sentenza del “caso Kirovles”, Navalny viene privato dello status di avvocato [articolo di Pravo].
Il 20 marzo del 2014 pubblica un articolo sul New York Times, in cui chiedeva vigliaccamente ad USA ed UE ulteriori sanzioni verso proprio Paese, come “punizione”, “ritorsione” per i fatti riguardanti la crisi di Crimea e l’”annessione” (fatta con un referendum) di questa da parte appunto della Russia, mossa non tanto piaciuta dall’occidente.
Chiaramente sottolineò che le sanzioni sono dirette ai funzionari e alla cerchia di Putin, ma di fatto le sanzioni minano sempre il popolo – come sempre è stato e come sempre sarà, in tutti i Paesi in cui tali sanzioni sono state attuate –, e mai gli oligarchi che ne stanno a capo.
Si schiera dunque insieme al partito di estrema destra “Parnas” di cui faceva parte, opponendosi ufficialmente al referendum popolare della Crimea e alla sua consequenziale annessione alla Russia.
Tra il 2014 e il 2015 sostiene quindi, in quanto convinto nazista, la majdan ucraina, perdendo praticamente tutto il consenso che si era guadagnato in Russia, che avevano creduto almeno in parte alle sue parole per via della sua lotta (retorica) contro la corruzione. In Russia, infatti, così come in Bielorussia, la popolazione ha bene o male impressa nella mente la tragica fine che ha fatto l’Ucraina, e da allora l’odio verso l’occidente è andato via via ad aumentare: quasi nessuno, in Russia, voterebbe un traditore che ha supportato il golpe neonazista e filo-usa (ed anti-russo), che ha avuto piede nel vicino Paese.
Dal 2014 circa, quindi, Navalny è politicamente morto, e diversi analisti già da anni hanno addirittura affermato che la sua figura è oramai inutile per i suoi finanziatori occidentali, e che è anzi più utile da morto che da vivo. Anche per questo le autorità russe hanno offerto ad Aleksey una scorta pagata dallo Stato, invece delle guardie private che, non essendo pagate direttamente da Navalny ma dai suoi finanziatori, avrebbero potuto farlo fuori in qualsiasi momento dando poi la colpa al governo russo.
Proprio un Paese in cui vige il despotismo la Russia! Un politico già finito in prigione per possessione illecita di quintali di banconote, pagato da un avversario geopolitico, e che si autoproclama vincitore nelle elezioni, che gira per il Paese a portare caos senza che nessuno lo fermi. Stesso discorso possiamo fare al Venezuela – le similiarità, sotto questo punto di vista, come possiamo vedere, sono molte. Tuttavia la sua folle storia non finisce col 2014, ma dovranno passare un po’ di anni affinché la gente si dimentichi di quanto Aleksey – un soggetto poco conosciuto fino ad ora – sia ridicolo ed ipocrita.
Alle elezioni parlamentari del 2016 non riesce a parteciparvi per via dei pochi voti che ricevette per la candidatura. Per avere tuttavia un … di misurazione, possiamo citare due partiti liberali a cui Navalny ha fatto parte: “Yabloko” e “Parnas”, che hanno preso rispettivamente 2,04% e 0,74%. Contando che Aleksey era a quei tempi piuttosto vicino a Parnas, possiamo affermare che il consenso che aveva presso la popolazione era dunque minore a quel 0,74%, rappresentato prevalentemente da Michail Kasyanov, leader del partito.
Nel febbraio del 2017 la commissione elettorale attiva i propri lavori in prossimità delle elezioni del 2018, ed analizzando il caso Kirovles, in virtù del fatto che le leggi russe impediscano ad un condannato di tali reati di partecipare alle elezioni presidenziali (così come avviene anche, in certi casi, da noi e in gran parte dei Paesi occidentali), viene negata a Navalny la possibilità di candidarsi il successivo anno.
Navalny parte quindi all’attacco, organizzando manifestazioni “anti-corruzione”, fatte illegalmente.
Verso la fine di marzo, infatti, il tribunale di Mosca lo sottopone ad un arresto amministrativo, cioè una detenzione breve, per 15 giorni, a causa di disobbedienza di Navalny verso agenti di polizia durante una manifestazione, quest’ultima già illegale di suo. Per via della manifestazione non autorizzata, Navalny riceve (prima dell’arresto) una multa di 260 euro.
Questa manifestazione fu indetta da Navalny, questo propose un percorso surreale ed infattibile, sapendo che non sarebbe stato accettato dalle autorità, e invitando inoltre in particolar modo minorenni via social, rendendoli quindi forzatamente partecipi di un azione illegale. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov ha affermato: “Si è trattata evidentemente di una provocazione e sappiamo con certezza che gli organizzatori della manifestazione, tramite internet hanno promesso denaro a tutti coloro avessero aderito alla manifestazione non autorizzata ed in un luogo vietato alle manifestazioni. Ciò ha avuto effetto principalmente su ragazzi minorenni.”
Il 12 giugno dello stesso anno viene arrestato di nuovo, stavolta per 30 giorni (poi ridotti a 25). Stavolta la storia è alquanto folle; non che non lo fossero anche gli altri episodi sopra riportati. Aleksey infatti andò oltre l’immaginabile, proponendo non un luogo semplicemente vietato, come aveva già fatto precedentemente, ma richiedendo anzi la concessione del corso Tverskaya, e cioè la via, l’arteria principale di Mosca – la città più grande d’Europa –, solo per una manciata di persone, con una partecipazione stimata di poche migliaia di manifestanti. Tutto ciò, poi, proprio la prima domenica di primavera, e cioè nel pieno della settimana di vacanze, in cui giustamente migliaia, milioni di famiglie viaggiano di città in città per questo breve stacco dalla vita monotona. Non solo; questa folle richiesta venne addirittura inoltrata alle autorità neanche ad una settimana di distanza dall’evento, rendendo non solo stupido bloccare una via così importante per una manciata di persone, ma anche impossibile nella pratica.
In alternativa le autorità proposero due opzioni: il Parco Sokolnik – un area enorme e spaziosa, capace di contenere un milione di persone – o l’Academician Sakharov Prospect – una larga via che può contenere decine di migliaia di persone. Nonostante la disponibilità offerta, insomma, Aleksey e i suoi vicini co-organizzatori optarono per l’impossibile, scegliendo comunque di fare la manifestazione nel corso Tverskaya, postando e facendo massiccia pubblicità su internet cercando di adunare più gente possibile.
In questa occasione i media occidentali sono subito accorsi da Navalny, gridando alla repressione politica e alla violazione dei diritti umani (!), ignorando ovviamente il fatto che in tutto il mondo (sottolineiamo: in tutto il mondo) le manifestazioni vanno autorizzate presso l’istituzione pubblica competente, e nel caso questa non venga autorizzata, o nel caso alcuna richiesta venga neanche presentata a tali istituzioni, le autorità possono tranquillamente multare e, nel caso peggiore, mandare l’interessato in tribunale e farlo finire in cella. “Un affronto ai valori democratici fondamentali” lo ha definito il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, chiedendo imperativamente l’immediato rilascio del loro caro agente e dei suoi amichetti – perché dopotutto 25 giorni di detenzione sono ben più duri ed ingiusti confronto a 175 anni imputati ad un giornalista.
E non poteva mancare l’intervento di Federica Mogherini, rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, che ha ovviamente condannato il governo russo, in quanto “impedisce l’esercizio delle libertà fondamentali di espressione, associazione e assemblea pacifica”.
Il 29 settembre dello stesso anno Aleksey viene di nuovo arrestato, in quanto stava per partecipare (di nuovo) ad una manifestazione non autorizzata [articolo di Meduza; articolo di Tass].
Avrà la stessa sorte del 2017 alle elezioni presidenziali del 2018, dove non riuscirà, di nuovo, a candidarsi. Yabloko scende di consensi, prendendo un misero 1,05%, mentre l’esponente liberale che ha preso più voti, Ksenia Sobchak, senza alcun partito di appartenenza, ha preso l’1,68%.
Si immagini quindi che misera parte avrebbe potuto avere Navalny, i cui voti dei sostenitori si sono riversati in questi pochi e piccoli esponenti liberali.
Nel novembre dello stesso anno la Corte europea dei “diritti dell’uomo” condanna la federazione russa a risarcire Navalny con 50.000 euro per “danni morali”, 1.025 euro per “danni materiali”, e 12.653 euro per le spese che ci sono dovute pagare per gli arresti subiti “ingiustamente”.
Nel 2019, in occasione delle elezioni per la Duma di Mosca, si inventa un escamotage, che chiama, stupidamente, “voto intelligente”. Sapendo che avrebbe preso meno dell’1%, decide di non partecipare, e invita tutti i propri elettori a votare per il candidato che avesse più possibilità di battere il partito maggioritario e più popolare, cioè “Russia unita” (partito a cui fa parte lo stesso Putin). Insomma, una strategia simile a quella utilizzata anche dal triste burattino Guaidò in Venezuela.
Rimarrà deluso dall’ovvio risultato, con una vincita dell’opposizione comunista, con un vantaggio minimo confronto a Russia unita, con rispettivamente 33,4% e 33,1%. Non è ovviamente l’opposizione liberale che voleva lui. Anzi, a seguire troviamo socialdemocratici al 12,8% e nazionalisti al 9%, che hanno entrambi rifiutato il supporto compromettente, goffo e ridicolo di Navalny.
Quest’ultimo però, con un colpo di genio, si ispira al suo stretto camerata Guaidò, autoproclamandosi vincitore delle elezioni con il 67%, e cioè la somma di tutti i voti che non sono andati a Russia unita.
Ovviamente nessuno ha mostrato particolare attenzione verso la cretinata ridicola e imbarazzante che si è inventato Navalny, ma qui in occidente, a quanto pare – forse perché i nostri media sono più aguzzi nell’intelligenza –, hanno legittimato le sue denunce contro la logica delle elezioni, scrivendo sul serio che ha vinto col 67% dei voti, e che il governo di Putin ha ingiustamente usurpandoto la sua vittoria. Ancora oggi Wikipedia, ad esempio, conferma implicitamente la vincita di Navalny e del suo sistema del “voto intelligente”.
Sempre nel 2019 sostiene il candidato e futuro vincitore delle elezioni in Ucraina Volodymir Zelensky, convinto filo-Nato, non si fa problemi nel supportare le derive nazi-fasciste dei vari movimenti ucraini – anche armati e in guerra nel Donbass, oltre che presenti massicciamente oramai in moltissime città ucraine, con manifestazioni e marce commemorative in memoria di soldati delle SS.
Nel 2020 supporta, ovviamente, le proteste con sfondo neofascista fomentate dall’occidente nella democratica Bielorussia, dove si autoproclama presidente la Tikhanovskaya. Le proteste e la burattina, collega di Navalny e Guaidò, non hanno per niente successo – a differenza di ciò che cercavano di farci pensare in occidente. … a seguire:
Fonte: https://www.facebook.com/roger.etter.5?__cft__[0]=AZWRAb9knkIsLTPLQ5KqUYj3ajJZqWBOKUhW-m9AI6MG4fuUfakPKqh6T30SUqrQzuwTHeeS0EfrZZAtt868kLMxjQz9E42kw6gLUtBNo7ANhmDmP5ILmb0mgKmKhcXPhjtiIBIKOH3pSm-QMhUxKDNQnRJRstizpaSIJJfhfOO1qw&__tn__=-UC%2CP-R
DIRITTI UMANI IMMIGRAZIONI
Chi ha paura di Julian Assange? Tutta la storia di una persecuzione (Monthly Report)
Questa settimana, presso l’Alta Corte di Londra, verrà scritta una nuova pagina della storia dell’Occidente. Martedì 20 e mercoledì 21 giudici inglesi si ritroveranno per deliberare, in via definitiva, in merito all’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti. Il giornalista australiano si trova da ormai 12 anni privato della propria libertà personale, prima perchè confinato nell’ambasciata ecuadoriana di Londra, poi perchè incarcerato nella prigione di Belmarsh, nel centro della capitale inglese. Il tutto per aver creduto in «un’idea fantastica», come ci ha raccontato suo padre, John Shipton: dare la possibilità alla gente comune di accedere a un’informazione veramente libera, non filtrata dalle ipocrisie dei governi o distorta dalle bugie di regime. Per questo motivo, probabilmente, Assange verrà condannato a trascorrere il resto dei suoi giorni in un carcere statunitense di massima sicurezza.
La vicenda di Julian Assange riguarda noi tutti. Non possiamo ignorarla. Non possiamo far finta di non vedere quanto sta accadendo per volere dei democratici e liberi governi occidentali. Per questo abbiamo deciso di ripercorrerla per intero all’interno del nuovo Monthly Report, il mensile de L’Indipendente dove trattiamo tematiche di particolare rilevanza che riteniamo non sufficientemente approfondite dalla comunicazione mainstream. Il numero è disponibile in formato digitale e cartaceo per gli abbonati (qui tutte le info per abbonarsi) ed ora anche per i non abbonati (a questo link).
L’editoriale del nuovo numero: Liberare i media per liberare veramente Julian Assange
«Nelle nostre democrazie occidentali, la stampa mainstream ama definirsi libera ma, nei fatti, vive una condizione di libertà vigilata o condizionale in cui un pugno di controllori (ovvero gli editori, sempre appartenenti all’élite imprenditoriale) garantiscono che le notizie che vengono pubblicate sui loro media siano compatibili con il sistema e che non lo turbino oltre misura. In una società così strutturata è normale che Assange sia stato combattuto e rigettato come un corpo estraneo. Per questo, quando gridiamo “Free Assange” formuliamo una rivendicazione giusta ma incompleta, perché la sua vera libertà passa dalla liberazione del giornalismo». Lo scrive Patrick Boylan, uno dei maggiori conoscitori del caso Assange in Italia, militante e insieme autore di libri e preziose traduzioni, che ci ha onorato della sua partecipazione a questo nuovo numero del Monthly Report.
Il mensile di approfondimento e inchiesta de L’Indipendente arriva al numero 31 e per la prima volta è interamente dedicato al caso di Julian Assange. La scelta di tempo non è casuale: tra pochi giorni si terrà l’udienza (probabilmente decisiva) presso la Corte Suprema di Londra, dove i giudici saranno chiamati a decidere se rendere operativa l’estradizione richiesta dagli Stati Uniti, dove lo attendono accuse che potrebbero valergli una condanna fino a 175 anni di carcere in una prigione di massima sicurezza. Centosettantacinque anni di carcere, più di due vite intere, per aver divulgato ai cittadini del mondo informazioni riservate che ci hanno permesso, ad esempio, di conoscere le vere ragioni dietro la guerra alla Libia, le stragi di civili compiute dai soldati statunitensi in Iraq, le atrocità delle carceri speciali di Guantanamo, le malefatte di numerose tra le multinazionali più potenti al mondo.
Il fondatore di WikiLeaks è perseguitato con tanta ferocia perché è un simbolo: la persecuzione nei suoi confronti è tanto spietata perché colpirlo serve a mandare un monito ad ogni potenziale nuovo Assange. Il messaggio è chiaro: nessuno si azzardi, mai più, a rivelare verità che possano svelare il lato autoritario e spietato delle élite politiche ed economiche che guidano l’Occidente, svelando l’ipocrisia dell’autonarrazione con la quale si dipingono come le uniche democrazie al mondo che si oppongono agli autoritarismi, che sono sempre quelli dei Paesi nemici.
Nelle 40 pagine che compongono questo numero vi dettaglieremo una volta per tutte, in modo completo, perché Assange è stato ed è un vero incubo per il potere, e l’incredibile persecuzione che sta subendo, anche attraverso contenuti esclusivi e preziosi, come l’intervista realizzata a John Shipton, il padre di Julian. Ma non ci fermeremo a questo, non si tratta di un numero celebrativo. Riprendendo le parole di Patrick Boylan, cercheremo anche di svelare come sia il sistema dell’informazione dominante stesso ad essere incompatibile con l’esistenza di un giornalismo realmente libero e incisivo.
A prescindere da come andrà l’udienza fissata dalla Corte inglese, non esiste alcuna speranza di vedere Julian realmente libero, cioè abilitato a riprendere la sua attività, se non lottando per cambiare il sistema dell’informazione nel suo complesso. Anche grazie
a questa consapevolezza, oramai tre anni fa, è nato L’Indipendente, l’unico giornale italiano senza grandi editori, senza padrini politici, senza sponsor e senza pubblicità. Solo grazie a questi fattori possiamo continuare a parlare di Assange e a cercare ogni giorno di svelarvi anche le verità scomode al potere.
L’indice del nuovo numero:
- Giustizia o estradizione? La vicenda di Julian Assange a un punto cruciale
- Tra le macerie della verità
- Dalle false accuse di stupro al carcere senza condanna: cronologia di una persecuzione
- Intervista esclusiva a John Shipton, padre di Julian Assange
- Perché Julian sia davvero libero bisogna liberare il giornalismo investigativo
- L’incompatibilità svelata tra intelligence e democrazia
- La mia visita a Julian Assange nella prigione di Belmarsh
- L’irriverente ultima lettera di Assange e i messaggi in codice a re Carlo III
- Attivisti, artisti e consigli comunali: la battaglia civica per Assange
- Hacktivismo: la frontiera del dissenso digitale
Il mensile, in formato PDF, può essere acquistato (o direttamente scaricato dagli abbonati) a questo link: https://www.lindipendente.online/monthly-report/
Fonte: https://www.lindipendente.online/2024/02/19/chi-ha-paura-di-julian-assange-tutta-la-storia-di-una-persecuzione-monthly-report/
ECONOMIA
ECONOMIA, DEBITI E PIRAMIDE DEMOGRAFICA
Giampaolo Zanaboni – 21 12 2023
In questo post faccio una previsione, facile tra l’altro: i ministri dell’unione Europea, trovando un accordo sulle regole del nuovo patto di stabilità, hanno certificato un altro buco nell’acqua, l’ennesimo.
Infatti, ieri l’UE ha stabilito le nuove regole del patto di stabilità. Tuttavia, si insiste a ignorare un semplice fatto: le regole economiche attualmente in vigore sono fondate su quello che si chiama “schema Ponzi”, ovvero il sistema per reggere deve mantenersi su un numero sempre maggiore di nuovi ingressi, nuovi “clienti”, ovvero nuovi debitori, i quali, col loro lavoro, col loro reddito e con le nuove imposte e tasse che pagheranno, garantiranno la sostenibilità del debito nel tempo.
Tuttavia questi criteri economici andavano bene quando c’erano molti giovani e relativamente pochi non lavoratori, anziani e pensionati. Infatti nel 1950 c’erano tanti giovani e poca gente anziana e/o in pensione, e il rapporto debiti / PIL era di 100; ma oggi la situazione si è rovesciata, ovvero ci sono pochi giovani e molti anziani e gente in pensione, o che non lavora, lavoro inteso come lavoro retribuito e tassato.
La faccenda che sto sollevando la si nota esaminando la cosiddetta piramide demografica, che vedete nella figura che allego, abbinata al grafico tratto dal rapporto “Global Debt Monitor” che il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato nel settembre 2023. Come si nota, nel 1950 il rapporto debiti / PIL valeva 100, ma oggi il rapporto è intorno il 250%, in costante ascesa, anche se si tratta di un andamento altalenante, volatile.
Quindi i nostri valenti economisti, politici e tecnici economici si sono accordati, a livello di UE, su regole che non trovano corrispondenza col mondo reale, che è fatto di persone. Indubbiamente la piramide demografica è una questione reale: chi manterrà in piedi il sistema economico, se le schiere di giovani si vanno assottigliando, e se la gente vive più a lungo, andando a pesare sui bilanci statali?
A queste domande gli economisti e le autorità rispondono solo modificando un po’ le regole, ma senza rendersi minimamente conto che, invece, è proprio il sistema economico, monetario, fiscale e di giustizia che è, ancora oggi, fissato su parametri che non trovano più riscontro con la realtà.
Come andrà a finire? L’ho scritto: le nuove regole, il nuovo patto di stabilità sarà l’ennesimo buco nell’acqua, e procurerà gravi conseguenze.
La soluzione non è modificare le regole senza considerare i fondamentali dell’economia. La soluzione è quella di rendersi conto, finalmente, che il sistema economico che abbiamo è fondato su arbitrari che non trovano riscontro col mondo reale, mondo fatto di persone e di una popolazione che è molto cambiata nel corso di solo poche decine di anni, ma che tali cambiamenti hanno messo in luce i tarli delle teorie economiche attualmente in vigore.
Il mondo reale ha delle regole: quelle che governano l’esistenza, e da queste non si può prescindere, pena il fallimento, fallimento che è ormai rappresentato dall’esplosione dei debiti mondiali, e da una classe politica che vive sulle nuvole, pensando di ridurre i debiti con accordi illusori.
Il sistema economico va quindi ripensato, fondandolo stavolta su criteri aderenti alle leggi che governano l’esistenza.
A PROPOSITO DEL WEF – WORLD ECONOMIC FORUM
Giampaolo Zanaboni – 15 01 2024
In questi giorni il WEF tiene la sua solita riunione annuale a Davos, in Svizzera. Ma cos’è il WEF?
Lo scopo del WEF è quello di spargere i semi del capitalismo nel mondo. Per inciso, la massima espressione del capitalismo si è avuta negli Stati Uniti d’America: lì sono nate le aziende multinazionali le quali, dopo gli accordi di Bretton Woods del 1944 in cui gli USA stabilirono la supremazia del dollaro, hanno avuto sostanzialmente mano libera nel realizzare il capitalismo nel mondo, sia dentro i confini nazionali di uno stato, che al di fuori e al di sopra degli stati.
Nota bene: il capitalismo, da sistema economico espresso all’interno di uno stato, si è trasformato in capitalismo sovranazionale, ovvero capitalismo che opera al di sopra delle leggi vigenti negli stati.
Il WEF, pur apparentemente avente sede in Svizzera, è un’organizzazione di emanazione statunitense. Nel Manifesto di Davos, sia nella versione originale del 1973 che in quella aggiornata del 2020, si legge che il capitalismo si è evoluto attraverso tre fasi:
- La prima fase, quella del “capitalismo azionario”, ovvero aziende private che hanno lo scopo di fare profitti, ma che operavano sostanzialmente entro il sistema legislativo degli stati.
- La seconda fase, quella del “capitalismo di Stato”, dove il ruolo dirigenziale dell’economia veniva affidato ai governi, e sostanzialmente si poteva intravedere che l’intromissione della lunga mano dello stato nelle faccende economiche imponeva agli affari sempre dei limiti, limiti dettati dai sistemi legislativi, che potevano essere molto differenti tra i vari stati.
- La terza fase, quella più invasiva, ovvero quella che viene proposta più assiduamente oggi dal WEF, ovvero il cosiddetto “capitalismo degli stakeholder”, un modello economico di capitalismo in cui alle aziende private viene affidato il ruolo di «amministratori della società», ovvero soggetti privati che si auto elevano al di sopra degli stati e delle leggi, sia nazionali che internazionali.
OSSERVAZIONI
Possiamo vedere, a questo punto, che non è tutto oro quello che luce, a riguardo del WEF: sembra piuttosto uno dei tanti tentativi adottati da qualche personaggio, nella Storia, di cercare di dominare il mondo e gli altri, attraverso strumenti che includono non solo l’uso della forza, che presenta dei lati non perfettamente compatibili con il favore della popolazione, ma anche sottili stratagemmi, come il fatto di presentare come un’ottima idea quella di porre al di sopra di tutti, popoli, stati e leggi, un’organizzazione elitaria, che è in sostanza il WEF, che sedicentemente asserisce di volerlo fare per il nostro bene.
MA COS’È IL CAPITALISMO?
Già: sentiamo parlare di capitalismo, ma cos’è in effetti? Sentiamo anche proporre il comunismo, o il socialismo, come alternative migliori del capitalismo, ma di che cosa si tratta effettivamente?
Se osserviamo i dati, scopriamo che oggi, in Italia, il 5% delle famiglie possiede quasi la metà della ricchezza: notizia diffusa dalla Banca d’Italia qualche giorno fa, e riportata da vari testate giornalistiche. Nel mondo le cose vanno addirittura anche peggio: negli ultimi anni i ricconi hanno più che raddoppiato le loro ricchezze, mentre la popolazione più povera ha ulteriormente peggiorato la propria situazione economica.
In sostanza, il capitalismo pare che si specializzi nel depredare larghe fasce di popolazione, arricchendo in modo smisurato piccole minoranze di “eletti”. E il WEF, che propone il capitalismo come modello da adottare a livello mondiale, cosa possiamo supporre che abbia in mente, veramente? Signori, bisogna osservare i risultati per giudicare: sono solo i risultati che contano.
In sostanza il capitalismo ha lo scopo di depredare la popolazione, a vantaggio di pochi.
Tuttavia il capitalismo ha anche dei difetti: leggi ingarbugliate, organizzazioni sindacali, tribunali, avvocati, banche, leggi che cambiano in men che non si dica, favoritismi, corruzione, procedure di escussione lunghe e complicate, ricorsi, mano d’opera esigente…
Il comunismo è invece molto più pratico del capitalismo: tutte le sue complicazioni vengono spazzate via dal semplice assunto che la proprietà privata non esiste: tutto è dello stato, ed è gestito dai commissari dello stato, che sono in effetti i veri padroni, le vere minoranze che si sono impossessate di tutto, ma senza tutte quelle inutili complicazioni proprie del capitalismo. In pratica, il comunismo è la versione riveduta, semplificata e corretta del capitalismo: ovvero, il comunismo realizza lo scopo del capitalismo, ma senza le sue inutili complicazioni e i suoi innumerevoli difetti. E la popolazione cosa ne pensa del comunismo? Semplice: si dice loro che ognuno deve avere in base ai suoi bisogni, tutto gratis, tutto garantito, da chi? Ma dallo stato, ovviamente. Quindi l’idea che una persona possa avere tutto ciò di cui ha bisogno, e senza la dura realtà del capitalismo e le sue difficoltà, ingiustizie e complicazioni, fa del comunismo una soluzione molto accettabile, persino ambita.
Vedete? È una lotta tra idee, tra ideali: le idee del capitalismo, con la sua infinita capacità di trasformismo, come il Manifesto di Davos 2020 ben ci testimonia, contro altri sistemi sociali, politici ed economici, che non porta a un reale passo avanti nella storia dell’Uomo, ma solo a una pugna infinita, un torbido incedere del progresso dell’umanità in cui una minoranza di privilegiati auto referenziati trae vantaggio dai problemi del tempo presente diffusi ad arte attraverso sistemi organizzativi vari, di cui il WEF è l’ultimo rappresentante.
CONCLUSIONE
È da secoli che l’Uomo cerca una via per raggiungere un mondo migliore. Oggi il mondo occidentale va a braccetto col capitalismo, propugnato dal WEF, ma il capitalismo ci ha portato l’inflazione e le imposte sul reddito, e innumerevoli diseguaglianze e ingiustizie, mettendo in mano a una risicata minoranza di soggetti la stragrande maggioranza delle risorse mondiali.
Esiste una soluzione migliore del capitalismo? Certamente non è il comunismo la risposta, giacché esso rappresenta l’ultima evoluzione del capitalismo, perché nei fatti il comunismo elimina alla radice quei presidi che cercano di opporsi al dominio capitalista, ponendo in mano ai commissari del popolo il potere.
Inutile cercare soluzioni all’interno del sistema capitalista, dato che il suo prodotto finale è sempre lo stesso: depredare la popolazione, a vantaggio di pochi.
Il sistema va riformato, tenendo presente lo scopo finale: ottenere benefici per gli individui, le loro famiglie, i loro gruppi e organizzazioni, ma anche per l’intera umanità, per l’ambiente includendo il mondo animale e vegetale, senza trascurare gli aspetti culturali, di giustizia e spirituali, che cercano di elevare lo spirito umano verso più alti livelli di esistenza: tutti questi obiettivi vanno considerati, senza trascurarne nessuno. Quando riusciremo a fare questo, avremo ottenuto un mondo migliore di quello che abbiamo ora. Esiste un modo fattibile per farlo? Certo che sì, è indicato nel mio manuale: “Cenni di un Nuovo Sistema Economico, Monetario, Fiscale e di Giustizia”.
Fonte: https://www.facebook.com/giampaolo.zanaboni/posts/pfbid02EbErb5JCZ51xEo6fqXci9zqCHGisSwBohnFrb9E6g92HPndDFPy2LBo9FuBkkjafl
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Debanking: chiusura dei conti a chi dà fastidio al Sistema
Si chiama Debanking ed è un vero e proprio attentato alla proprietà privata.
In pratica consiste nella brusca e arbitraria chiusura del conto corrente di un privati e di una associazione da parte del proprio istituto di credito. Questo fenomeno, anche se poco conosciuto, è in crescita esponenziale.
Per esempio nella democratica Inghilterra, vengono chiusi quasi mille conti al giorno. Sono passati da meno di 50.000 conti correnti blindati nel 2016 a quasi 350.000 nel 2022! Aumento pazzesco.
Ma qual è il motivo della chiusura? Ovviamente le scusanti ufficiali sono condivisibili: lotta riciclaggio, frodi bancarie, finanziamento al terrorismo.
Possiamo non essere d’accordo con questa politica per queste situazioni? Ovviamente no, ma la verità come sempre è un’altra.
Blindano i conti anche di associazioni e/o privati che rompono le palle, che danno fastidio al Sistema.
Al momento questo fenomeno interessa paesi come USA, Inghilterra Canada e Francia. Ma secondo voi quando manca che interessi anche l’Italia?
Secondo me, pochissimo…
Fonte: https://disinformazione.it/2024/02/09/debanking-chiusura-dei-conti-a-chi-da-fastidio-al-sistema/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Ricordate quando Mattarella chiedeva a Putin di intervenire in Ucraina?
Quartapelle e gli ospiti fascisti in ambasciata russa
Commento dell’Ambasciata della Russia in Italia
Siamo venuti a sapere dai media che il deputato del Parlamento italiano Lia Quartapelle, già membro della Grande Commissione Interparlamentare Russia-Italia, ha avviato un’interrogazione parlamentare in merito al caso dei presunti “ospiti neofascisti” al ricevimento dell’Ambasciata russa.
Abbiamo assistito, probabilmente, al primo caso nella storia della diplomazia in cui un deputato solleva in Parlamento la questione di partecipazione di cittadini del proprio Paese ad un ricevimento presso l’Ambasciata di uno Stato estero con cui esistono relazioni diplomatiche.
Davvero, non c’è limite alla creatività parlamentare italiana! E se proprio si devono fare interrogazioni parlamentari, sarebbe meglio riguardassero la necessità di una reazione adeguata agli attacchi terroristici in corso dal 2014, perpetrati dal regime criminale di Kiev contro i civili in Donbass e in Russia. Una delle vittime di questi attacchi è stata una giovane donna russa di talento, la filosofa e pubblicista Daria Dugina.
I diplomatici russi in Italia, così come in qualsiasi altro Paese, non distinguono gli amici della Russia in base all’appartenenza alla destra, alla sinistra, al centro o ad altre posizioni, convinzioni o credi religiosi. Compito fondamentale delle Ambasciate russe all’estero è essere un centro di riferimento per chiunque abbia a cuore i valori dell’armonia mondiale e cerchi di costruire ponti per promuovere la cooperazione e l’amicizia tra i popoli e i singoli cittadini che amano e rispettano la ricca cultura russa e le sue varietà culturali.
L’Ambasciata russa è lieta di aprire le sue porte a tutti i parlamentari e ai cittadini italiani, a prescindere dalle loro convinzioni politiche, a condizione che siano disposti a un dialogo paritetico, al mutuo rispetto e a una ricezione oggettiva delle complessità del mondo contemporaneo.
Il valente compositore italiano Angelo Inglese e il suo team hanno creato un’opera originale. Le idee filosofiche di Daria Dugina e i suoi lavori sono confluiti in musica, con le parole e i versi di Ines Pedretti. È stato da loro deciso d’immortalare in musica e in poesia la storia della vita e della lotta della giovane e talentuosa ragazza russa. L’arte autentica dovrebbe sempre restare fuori dalla politica.
Condividiamo con voi la videoregistrazione della “prima” della cantata scenica “Dasha”. (https://youtu.be/D1eCv0raCCE)
Fonte: https://t.me/c/1672800829/5427
MORTE ALL’UOMO BIANCO TEDESCO!
Fonte: https://www.facebook.com/roger.etter.5?__cft__[0]=AZVjE_OGO9HUtqHaTbkYCxLkn6_NAlrpEF4-f_omPELSfX5_ZzWIGSV4632YbAa9kAImW6WjomTZlSvdbLuqSUfIXvvD9koZeonqVuXH8yWF7BndAJiaIpA39zNDsMmoMx9aGdKvorKeIxRf6tXbwF53Q1JY9czdFaUX9NP82HgwbA&__tn__=-UC%2CP-R
STATUS QUO
Pierluigi Fagan – 14 01 2024
Con spirito di servizio in favore della comprensione delle dinamiche del mondo, offro una nota sulle avvenute e temute elezioni a Taiwan. L’argomento ha due insidie. La prima è leggere le elezioni solo con occhi bipolari, favorevoli o contrari agli USA o alla Cina. La seconda è usare le sigle degli sconosciuti partiti taiwanesi ed i nomi (Lai, Hou, Ko) dei loro leader e candidati presidenti che, se cosa corretta sul piano informativo preciso, credo si fa una gran fatica a seguire. Evitando le due insidie, come sono andate le elezioni?
Il partito di governo, filo USA, ha rivinto. Ma ha vinto con il 40% mentre quattro anni fa aveva vinto col 57%. Ha inoltre perso parecchio nelle parallele elezioni legislative, perdendo tra l’altro la maggioranza assoluta e passando da 61 a 51 seggi. Ha dunque vinto, ma con riserva. Da quanto letto in passato e stante che i taiwanesi si aspettano un governo del Paese e dei suoi affari e problemi oltre la questione “da che parte stiamo?”, questo partito è in parte corroso da questioni di cattiva amministrazione, corruzione e nepotismo ovvero malattie tipiche di ogni potere. Sembra che questi problemi abbiamo pesato nel voto che, ripeto, agli occhi di un taiwanese riguarda uno spettro di questioni politiche molto più ampio che non la nostra fissa del “da che parte stai?”.
Il partito di opposizione, diciamo più filocinese, non ha vinto e del resto non vince dal 2016. Ha realizzato il 33,5% contro il 38,6% di quattro anni fa. C’è però da dire che sia per questo partito che per quello di governo, la volta scorsa i contendenti era sostanzialmente solo loro due mentre questa volta c’è un terzo partito di cui poi parleremo. Nelle legislative però, ha fatto un bel salto da 38 a 52 seggi diventando quindi primo ma non assoluto. Con i voti di due partiti satellite e soprattutto coi voti del terzo partito strapperebbe la maggioranza al partito di governo realizzando la tipica anatra zoppa. Questo risultato delle elezioni parlamentari conferma come i taiwanesi hanno, come tutti, un vasto elenco di problemi da gestire e si fa torto alla comprensione del caso, star lì solo a proiettare le nostre fregole bipolari. Anche l’ottimo risultato di questo partito alle legislative non ha quasi nulla a che vedere con la questione bipolare, ma con il buon o cattivo governo o quantomeno l’aspettativa del primo rispetto al secondo.
E veniamo al dato più nuovo, il terzo partito. Questo realizza un buon 26,5%, praticamente non c’era quattro anni fa. Alle legislative invece, guadagna solo 3 seggi (da 5 a 8, comunque un +50% relativo) diventando l’ago della bilancia della futura maggioranza parlamentare, cosa che gli permetterà di giocare le sue carte. Questo partito è dato come “partito dei giovani” sebbene ancora privo di una classe politica territoriale. Praticamente equidistante sulla questione bipolare, si è occupato di questioni diverse tra cui un -pare- endemico problema di case per coppie o singoli giovani che pur lavorando e molto, non riescono a rendersi autonomi. Il suo leader è stato in passato sindaco di Taipei e nel tempo ha oscillato da posizioni filogovernative a filo-opposizione.
Va ricordato che in previsione delle elezioni di ieri, il partito di opposizione e il terzo partito avevano a lungo trattato la presentazione di un ticket unitario. Ovviamente al momento di discutere il candidato presidente hanno litigato. Se avessero unito le forze avrebbero vinto a mani basse.
Quindi le elezioni come sono andate? In modo interlocutorio direi. Se mi posso permettere una ipotetica estrazione di volontà politica taiwanese media, credo questa sia favorevole semplicemente allo “status quo”. Si fanno affari con tutti, amici di tutti, formalmente non si è indipendenti e guai a rivendicarlo, ma tanto lo si è nei fatti, quindi va bene così. I cinesi hanno detto che dovremmo unirci prima del 2049? Vabbè c’è tempo, vedremo, siamo pur sempre tutti cinesi ed i cinesi col tempo hanno un rapporto diverso dal nostro. Tutto ciò stante le ovvie accortezze di convivenza con il gigante della porta accanto ed anche flirtando, ma con discrezione, col suo nemico, così tanto per bilanciarsi. Stante che l’Asia non cinese comprende anche il Giappone, la Corea del Sud e molti altri, con cui Taiwan vuole fare comunità.
Importante verificare come finirà il mercanteggiamento per i voti del parlamento, cosa che solo il leader del terzo partito sa come andrà probabilmente a finire. Se questa terza forza restituisse una maggioranza al partito di governo o la perdita finale dell’assemblea, cambierebbe di non poco anche il tono della politica estera riguardo la questione bipolare che tanto ci interessa.
Tutto il resto è cinema e di vibranti sceneggiature son pieni i principali organi di stampa occidentali che rassicurano che la democrazia taiwanese è salva e la Cina sconfitta. D’appoggio ci serviamo di Reuters non proprio al di sopra di ogni sospetto, ma in mancanza di meglio…
Fonte: https://www.facebook.com/pierluigi.fagan/posts/pfbid0V2LUgysyn4bfuo9jTWGqTUEWdvCGVeV6nHodenoCGKQLgvmiyYGWah9xesHvtCX5l
SCIENZE TECNOLOGIE
“Sdoganati gli Ogm negli alimenti” Nessun Tg racconta che l’Europa ha approvato il regolamento. E i brevetti delle multinazionali, guarda che combinazione, sono già pronti
di Antonio Oliverio per IlParagone
Il parlamento europeo ha deciso, e spiace notare che i sedicenti professionisti dell’informazione abbiano dedicato una scarsissima, pressoché inesistente, copertura per una notizia talmente importante: l’Aula di Strasburgo ha adottato – con 307 voti favorevoli, 263 contrari e 41 astensioni – il suo mandato a negoziare con i Paesi membri la proposta di eregolamentazione dei cosiddetti “nuovi” Organismi geneticamente modificati (Ogm). Ovvero gli Ogm ottenuti attraverso le New breeding techniques (Nbt), altresì appellate Nuove tecniche genomiche (Ngt). Una pervasività tale, quella dell’Unione europea, oramai avvitata in un delirio autoreferenziale, che intende persino regolamentare la nostra alimentazione: peccato che, con risibili motivazioni “green”, provi a imporre il consumo della disgustosa farina di insetti, dell’inquietante carne sintetica e ora anche degli Ogm. Ma come si è arrivati allo “sdoganamento” di questi ultimi? L’obiettivo che, come si diceva, fa molto green è quello di rendere il sistema alimentare “più sostenibile e resiliente” e di “contrastare le sfide climatiche”.
Il “Genome editing”
L’idea – malsana –, che appunto rientra nel controverso Green Deal di Bruxelles, è quella di promuovere le biotecnologie cosiddette New Genomic Techniques o Nuove tecniche genomiche (Ngt), esentandole dalle regole sulla valutazione del rischio previste dalla Direttiva sugli Ogm del 2001. Imprese e agricoltori non saranno responsabili di eventuali danni, e torna subito alla mente lo scudo penale per i medici vaccinatori durante il Covid-19, ma non divaghiamo. Il testo della Commissione europea, approvato dall’Europarlamento propone di creare due categorie di Ogm a parte, mediante la cisgenesi e il genome editing con cui si possono modificare o sostituire piccole parti della sequenza del Dna, senza il successivo inserimento di un intero gene esogeno. I biotecnologi promettono di produrre frutti più nutrienti, ottenere piante resistenti a siccità, insetti e funghi patogeni. L’idea partorita a Bruxelles è, dunque, di sviluppare piante e colture che resistano a determinati stimoli atmosferici e fisici. Come sempre, il tutto viene ammantato di nobili propositi, ma si dice anche che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Tecnicamente, gli scienziati, attraverso un processo chiamato Crisp-cas9, possono “tagliare” determinati geni desiderati, per poi impiantarli in semenze che li svilupperanno autonomamente. Qualcuno almeno prova a ribellarsi a tale scempio, anche perché in teoria siamo la patria della dieta mediterranea e della buona cucina. La Coalizione Italia Libera da Ogm, come apprendiamo da Il Fatto Quotidiano, ha lanciato l’appello per rivedere le norme, che dovrebbero entrare in vigore solo dopo il parere del Consiglio Ue e i negoziati del trilogo.
Monsanto e le altre sono già pronte
“Il parlamento europeo, sotto la pressione della potente lobby industriale, sta servendo su un piatto d’argento la nostra sovranità alimentare alle multinazionali dell’agribusiness“, afferma Manlio Masucci, della associazione ambientalista Navdanya International. I quattro colossi globali agrochimici e sementieri, Corteva, Bayer-Monsanto, BASF e Syngenta, hanno già richiesto 139 brevetti su applicazioni delle nuove biotecnologie per l’editing genomico sulle piante. Il tutto al fine di acquisire la proprietà esclusiva di varietà vegetali geneticamente modificate per vent’anni e rivenderle agli agricoltori. Così facendo, realizzeranno un doppio profitto: guadagnando sia attraverso il brevetto e relativa licenza, sia attraverso la vendita. Da sole le quattro corporation controllano già oggi il 62% del mercato globale delle sementi e il 51% di quello dei pesticidi. Quote che, una volta accettati tali brevetti renderebbero gli agricoltori “sempre più dipendenti da un piccolo gruppo di aziende”, come viene denunciato dalla Ong Centro Internazionale Crocevia nel rapporto “Vita Privata – Come i brevetti sui nuovi Ogm minacciano la biodiversità e i diritti degli agricoltori”.
Fonte: https://www.dcnews.it/2024/02/28/sdoganati-gli-ogm-negli-alimenti-nessun-tg-racconta-che-leuropa-ha-approvato-il-regolamento-e-i-brevetti-delle-multinazionali-guarda-che-combinazione-sono-gia-pronti/
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