RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 10 GIUGNO 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Si è vestiti in modo moderno quando nel punto centrale della civiltà occidentale e in una determinata occasione non si da nell’occhio.
ADOLF LOOS, Prole nel vuoto, Adelphi, Pag. 183
https://www.facebook.com/dettiescritti
https://www.instagram.com/dettiescritti/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
I numeri degli anni precedenti della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
Precisazioni legali
www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com
Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse.
Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali.
Il materiale presente in questo sito (ove non ci siano avvisi particolari) può essere copiato e redistribuito, purché venga citata la fonte. www.dettiescritti.com non si assume alcuna responsabilità per gli articoli e il materiale ripubblicato.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.
Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com
La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.
Detti e scritti porta all’attenzione le iniziative editoriali di terzi, nell’esclusivo interesse culturale e informativo del lettore, senza scopo di lucro.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SOMMARIO
L’UMANITA’ COME SPAZZATURA DA ELIMINARE!
REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA. I CINQUE TEMI
DISCORSO DI DAVID ROCKEFELLER DI FRONTE ALLE NAZIONI UNITE
Crisi energetica: Il Pakistan riduce i giorni lavorativi. Prendete nota: questo accadrà anche da noi
Pandemia a trasmissione sessuale. E per non restar “disoccupati”, ecco cosa s’inventano le virostar
“Senza non si può votare”. Elezioni: l’ennesima, assurda trovata di Speranza & co. fa infuriare gli italiani
“E’ già guerra mondiale” (Rossella Fidanza)
La Turchia vieta alla Nato il passaggio dagli Stretti
L’occhio Usa torna sulla Cambogia: ancora allarme per la base navale cinese
LUTHER BLISSETT: LA CASA DEI SENZA NOME
IL CDC TRACCIA MILIONI DI AMERICANI
Dieci volte i manager dell’impero ci hanno mostrato che vogliono controllare i nostri pensieri
“Questa si chiama propaganda”. Capuozzo sferza i giornali sull’Ucraina
La pandemia ignorata: 360 milioni di cristiani perseguitati in tutto il mondo
Arriva la patrimoniale (anche se la sinistra le ha cambiato nome). Ecco come funzionerà
Lagarde: due aumenti dei tassi di interessi fra luglio e settembre, ma potremo averne di più Lo spread parte.
L’Europa ci riprova col Mes: il nuovo stratagemma Ue per piegare gli italiani alle proprie condizioni
Chi usa il machete per farsi giustizia non è controllato. Chi è senza green pass sì
Da Lampedusa al Garda, arriva il conto dell’addio ai decreti Salvini
Una nuova grande carovana di migranti punta agli Stati Uniti
Immigrazione, l’arma segreta in mano al Cremlino
Israele manda le navi da guerra a proteggere le navi di trivellazione nelle aree contese
Ucraina: equivoci, malintesi e incomprensioni
La Francia islamista dimentica e perseguita Voltaire
Schiaccianti responsabilità della Francia sul genocidio in Ruanda
LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA DEL POTERE NEGLI STATI UNITI D’AMERICA
EDITORIALE
L’UMANITA’ COME SPAZZATURA DA ELIMINARE!
Manlio Lo Presti 10 06 2022
Continuare a parlare ossessivamente dello PSYCHOVAIROLA QUADRUMANE sta assumendo i tratti della ossessione da sindrome compulsiva di Tourette. È sterile ed è ciò che ci viene imposto come comportamento collettivo fuorviante mediante l’uso massiccio dei canali comunicativi disponibili e di altri ancora.
In alternativa e per interrompere questa follia collettiva, consiglio la attenta visione di questo filmato di circa venti anni fa con il quale il magnate David Rockefeller trattò con l’accetta il complesso tema dello spopolamento forzato della terra. Per attuare in tempi brevi una riduzione a due miliardi si deve bloccare lo Stato sanitario assistenziale e far morire tutti gli umani che necessitano di trattamenti farmacologici costosi e organizzare la eliminazione diretto e rapida di oltre 5.000.000.000 (cinque miliardi) di umani. Alla luce della robotizzazione e della rete che consente la delocalizzazioni di massa e una caporalato elettronico planetario, 5 MILIARDI DI UMANI SONO DIVENTATI SPAZZATURA DA ELIMINARE. Basteranno 2.000.000.000 di meccatronici prodotti in serie dal binomio scuola-lavoro (la BUONA SCUOLA DI RENZI) davanti ad una tastiera 7 ore al giorno, senza contratto, senza tutela, senza futuro, senza socialità, nella totale ricattabilità e con un guadagno allineato a livelli più bassi degli indiani e degli africani, cioè mediamente 300 EURO AL MESE!
Per raggiungere lo scopo, da alcuni decenni le strutture di guerra psicologica in USA 8(Centro ricerche di Palo Alto) e in Inghilterra (Tavistock Institute) hanno diffuso
- la cultura di morte con l’aborto. È recente la decisione di Amazon di concedere finanziamenti ai propri dipendenti (cfr: https://www.ilmessaggero.it/mondo/amazon_stati_uniti_aborto_rimborso-6668091.html , il suicidio per ora limitato ma poi di massa (le assicurazioni hanno deciso di finanziare le spese del suicidio assistito: (cfr: https://www.newsd.admin.ch/newsd/message/attachments/1906.pdf ). La loro visione di morte non ha fatto scegliere il finanziamento dele nascite con la creazione di asili nido in azienda sull’esempio di Adriano Olivetti.
- La cultura di morte con il suicidio assistito – adesso per pochi casi specifici che sarà allargato a tutti dopo che la popolazione si è abituata all’idea di morte individuale pianificata (cfr: https://www.deputatipd.it/blog/suicidio-assistito ).
- la diffusione della musica rock come elemento di guerra psicologica e di creazione del caos (cfr: https://www.radioradicale.it/scheda/242082/la-guerra-fredda-culturale-la-cia-e-il-mondo-delle-lettere-e-delle-arti?i=1084639 ).
- Si diffonde la cultura della demolizione dei rapporti familiari tradizionali in favore della totale transitorietà sessuale a partire dai tre anni! (cfr: https://www.marcelloveneziani.com/bibliografia/la-cappa/ )
- Si sono inventati la caccia all’abuso sessuale realizzato 30 anni fa. Tale denuncia diventa di fatto un’arma per colpire coloro che danno fastidio a qualche gruppo ed agisce con regole difformi dal buonismo neomaccartista imperante: https://www.secoloditalia.it/2022/05/elon-musk-accusato-di-molestie-sessuali-calunnie-dem-politicamente-motivate-votero-repubblicano/ .
Impera la cultura della cancellazione del passato. Si diffonde la pratica del piagnisteo. Si impone l’esaltazione della VITTIMA. Si elimina l’importanza e il contributo degli ARTEFICI che hanno creato civiltà, pensiero, identità.
Diventa quindi necessario evitare di essere il bersaglio delle varie guerre psichiche in atto (PSYCHOVAIRUSS, PSYCHOUCRAINA, PSICHOVAIROLA QUADRUMANE, ecc.) .
Buona visione: https://www.youtube.com/watch?v=DkyGqweYvTo
Se non se più utile diventi spazzatura. È il commerciale bellezza!
TEMI TRATTATI
PSYCHOVAIROLA QUADRUMANE, PSYCHOVAIROLA, Sindrome di Tourette, umanità, spazzatura umana, David Rockefeller, spopolamento forzato della terra, riduzione popolazione a due miliardi, 5 MILIARDI DI UMANI SONO DIVENTATI SPAZZATURA DA ELIMINARE, solitudine, ricattabilità, salari da fame, Palo Alto, Tavistock Institute, cultura di morte con il suicidio assistito
IN EVIDENZA
REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA. I CINQUE TEMI
DISCORSO DI DAVID ROCKEFELLER DI FRONTE ALLE NAZIONI UNITE
DIVERSI ANNI DAVID ROCKFELLER PRONUNCIO’ UN DISCORSO DI FRONTE I COMPONENTI LE NAZIONI UNITE RIUNITISI AL CAIRO .. E DISSE ..
“IRONICAMENTE NELLE STESSE INNOVAZIONI CHE STANNO FACENDO MIGLIORAMENTI DRAMMATICI NELL’ESSERE UMANO, STANNO ANCHE CREANDO NUOVI PROBLEMI CHE ALZANO LA PRESENZA DI UN DISASTRO ALLARMANTE E PROBABILMENTE CATASTROFICO PER LA BIOSFERA NELLA QUALE NOI VIVIAMO. E QUI’ C’E’ IL PROBLEMA CHE NOI TUTTI AFFRONTIAMO .. FATEMELO SPIEGARE: MIGLIORARE LA SALUTE PUBBLICA HA CAUSATO LA DIMINUZIONE DEL TASSO DI MORTALITA’ DEI NEONATI DEL 60% NEGLI ULTIMI 40 ANNI. NELLO STESSO PERIODO IL TASSO PERCENTUALE MEDIO MONDIALE DI ESTENSIONE DI VITA E’ AUMENTATO DAI 46 ANNI NELLA DECADE DEGLI ANNI 50 AI 63 DI OGGI. QUESTO E’ UN RISULTATO A CUI NON POSSIAMO SOLO APPLAUDIRE LE MANI. COMUNQUE IL RISULTATO DI QUESTI DATI POSITIVI, COME UNA POPOLAZIONE MONDIALE CHE SI E’ ELEVATA DURANTE LO STESSO PICCOLO PERIODO DI TEMPO GEOMETRICALMENTE FINO A QUASI 6 MILIARDI DI PERSONE E FACILMENTE PUO’ ECCEDERE FINO AGLI 8 MILIARDI ENTRO 2020.
L’IMPATTO NEGATIVO DELLA POPOLAZIONE IN TUTTI I NOSTRI ECOSISTEMI OLANETARI SI STA’ ARRETRANDO CHIARAMENTE. IL VELOCE SFRUTTAMENTO IN AUMENTO DI RIFORNIMENTO MONDIALE DI ENERGIA E ACQUA E’ UN GRANDE MOTIVO DI PREOCCUPAZIONE E I PRODOTTI TOSSICI DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE AMPIAMENTE PROPAGATI HANNO INCREMENTATO LA CONTAMINAZIONE ATMOSFERICA A LIVELLI PERICOLOSI. A MENO CHE LE NAZIONI SI ACCORDINO INSIEME PER AFFRONTARE QUESTE SFIDE DI FRONTIERA E DI ATTRAVERSAMENTO RAPPRESENTATE DALL’ACCRESCIMENTO DELLA POPOLAZIONE E DEL CONSUMO ECCESSIVO DELLE RISORSE, LA DEGRADAZIONE AMBIENTALE E LE ASPETTATIVE PER UNA VITA DECENTE NEL NOSTRO PIANETA SARANNO MINACCIATE. LA RAGIONE DELLA RIUNIONE DELL’ONU AL CAIRO E’ PROPRIAMENTE FOCALIZZATA IN UNO DI QUESTI ELEMENTI FONDAMENTALI, L’AUMENTO DELLA POPOLAZIONE. PERO’ LE CONTROVERSIE CHE SI SONO INCENTRATE NELLA CONFERENZA ILLUSTRANO IL PROBLEMA DI COLLEGARSI CON TEMI CHE SONO PROFONDAMENTE DIVISI E CHE HANNO UNA PROFONDA DIMENSIONE MORALE. LE NAZIONI UNITE POSSONO E DEVONO GIOCARE UN RUOLO ESSENZIALE NELL’AIUTARE IL MONDO A TROVARE UN MODO SODDISFACENTE DI STABILIRE LA POPOLAZIONE MONDIALE E STIMILARE LO SVILUPPO ECONOMICO IN UNA MANIERA CHE SIA SENSIBILE A CONSIDERAZIONI RELIGIOSE E MORALI.
LO SVILUPPO ECONOMICO E’ CERTAMENTE ED INEVITABILMENTE PROPORZIONATO AD UNA POPOLAZIONE IN CRESCITA ED E’ ESSENZIALE PER UN MIGLIORAMENTO STANDARD DI VITA, PERO’ SENZA UN COORDINAMENTO ATTENTO NEL CONTENERE UNA CRESCITA ECONOMICA RAPPRESENTA UNA MAGGIORE MINACCIA A NOSTRO AMBIENTE. QUESTO E’ STATO UN TEMA IMPORTANTE DI DISCUSSIONE DELLA CONFERENZA DI RIO DE JANEIRO DI DUE ANNI FA. L’ARGOMENTO PRINCIPALE DI ALLORA FU LO SVILUPPO SOSTENIBILE E LO SVILUPPO GLOBALE. SI MISE IN EVIDENZA NELLA CONFERENZA CHE L’INCREMENTO E’ GESTITO PIU’ EFFICACEMENTE DAL SETTORE PRIVATO, PERO’ LA REGOLAZIONE DEL PROCESSO PER I GOVERNI NAZIONALI ED I CORPI INTERNAZIONALI E’ NECESSARIA ED A MAGGIOR RAGIONE LE NAZIONI UNITE DEVONO ESSERE I CATALIZZATORI E COORDINATORI DI QUESTO PROCESSO.
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=DkyGqweYvTo
Crisi energetica: Il Pakistan riduce i giorni lavorativi. Prendete nota: questo accadrà anche da noi
Il Pakistan sta tornando alla settimana lavorativa di cinque giorni nel tentativo di ridurre il consumo di energia e di carburante, mentre la crisi energetica si aggrava nei caldissimi mesi estivi.
Il nuovo governo del Pakistan – la cui popolazione è la quinta più numerosa al mondo dopo Cina, India, Stati Uniti e Indonesia – ha introdotto ad aprile una settimana lavorativa di sei giorni per aumentare la produttività. Ma poiché i blackout continuano a causa della carenza di energia, il Pakistan sta tornando alla settimana lavorativa di cinque giorni, hanno dichiarato questa settimana i funzionari governativi.
“Stiamo affrontando una grave crisi… Abbiamo un disperato bisogno di adottare misure di risparmio energetico. Dobbiamo sfruttare ogni opzione per risparmiare energia”, ha dichiarato il ministro dell’Informazione Marriyum Aurangzeb, come riportato dalla Reuters.
Da quando i prezzi dell’energia hanno iniziato a salire alla fine dello scorso anno, il Pakistan sta vivendo una crisi energetica, poiché il Paese non può permettersi di importare molti prodotti energetici.
Ad aprile, l’impennata dei prezzi del gas naturale liquefatto (LNG) e del carbone sui mercati internazionali ha costretto il Pakistan a tagliare la fornitura di elettricità alle famiglie e all’industria, poiché il Paese, in profonda crisi politica ed economica, non può permettersi di acquistare altri costosi combustibili fossili.
La crisi energetica e quella politica, con l’estromissione di Imran Khan dalla carica di primo ministro in aprile, hanno contribuito a mandare in tilt il bilancio e le finanze dello Stato pakistano.
Il Pakistan non è l’unico Paese che cerca di risparmiare energia in un contesto di prezzi elevati e di carenza energetica globale. Il Giappone, ad esempio, martedì ha invitato le famiglie e le aziende a risparmiare il più possibile l’elettricità quest’estate, cercando di prevenire i blackout, dato che si prevede che la capacità di riserva scenderà a livelli critici.
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Pandemia a trasmissione sessuale. E per non restar “disoccupati”, ecco cosa s’inventano le virostar
Neanche il tempo di lasciarsi alle spalle l’emergenza Covid, ed ecco subito un nuovo allarme iniziare a delinearsi all’orizzonte. A mettere in guardia gli italiani in queste ore è stato il virologo Matteo Bassetti, uno dei volti più popolari del piccolo schermo durante la pandemia, che attraverso un post pubblicato su Facebook ha spiegato: “Finita l’emergenza del Covid, ecco un’altra infezione che mai si era vista trasmessa da uomo a uomo nel nostro continente. Si tratta del vaiolo delle scimmie”.
BELPAESE DA SALVARE
“Senza non si può votare”. Elezioni: l’ennesima, assurda trovata di Speranza & co. fa infuriare gli italiani
Un governo rimasto sordo per settimane e settimane di fronte alle proteste, inutili, degli italiani. Dai presidi alle famiglie passando per gli insegnanti, tutti schierati in maniera decisa contro l’obbligo di mascherina a scuola e sui mezzi pubblici, ignorati però dal premier Mario Draghi e dal ministro della Salute Roberto Speranza. Un’estate a viso scoperto, come nel resto nel mondo? “Mai” è stata la risposta della politica, che già in passato aveva tracciato un netto solco tra il nostro Paese, regolato da restrizioni ferree e divieti, e gli altri. E le brutte notizie, purtroppo, non sono finite.
Non c’è soltanto il tema scuole a far discutere in questi giorni, con i ragazzi che saranno costretti ad affrontare anche gli esami delle medie o la maturità con il volto coperto. Come spiegato da Francesco Storace sulle pagine di Libero Quotidiano, anche per andare a votare sarà necessario indossare la mascherina anti-Covid, pena l’impossibilità di recarsi al proprio seggio ed esercitare il proprio diritto. Un passaggio del quale ancora oggi molti italiani non sono al corrente e che rischia di trasformarsi presto in una brutta sorpresa.
La notizia continua infatti a cogliere di sorpresa la popolazione, come testimoniato dai tanti commenti che già hanno inizato a circolare in rete. “Ma stiamo scherzando?”, “E quando avevano intenzione di dircelo?”. E via dicendo, a conferma dell’ennesimo capolavoro allestito da Speranza e Luciana Lamorgese, due che non perdono occasione per farsi maledire dagli italiani. La conferma della necessità della mascherina al seggio arriva dal “Protocollo sanitario e di sicurezza per lo svolgimento delle consultazioni elettorali e referendarie in programma il 12 giugno”. Meglio, dunque, attrezzarsi per tempo.
Una decisione che si inserisce nel filone delle proteste per il poco spazio concesso al referendum sui media istituzionali, dove del voto in arrivo il prossimo 12 giugno non si è praticamente mai parlato. Con il premier Mario Draghi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a loro volta scomparsi: nessun messaggio agli elettori, nessuna comunicazione ufficiale. E con una parte dell’elettorato che, come scoperto ora, rischia di essere anche respinta qualora dovesse dimenticare a casa la tanto odiata mascherina.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/senza-non-si-puo-votare-elezioni-lennesima-assurda-trovata-di-speranza-co-fa-infuriare-gli-italiani/
CONFLITTI GEOPOLITICI
“E’ già guerra mondiale” (Rossella Fidanza)
Di Rossella Fidanza
(Grazie a Rossella Fidanza per questo articolo. E per il suo commento finale:
Ufficialmente è una guerra civile all’interno dell’Ucraina con supporto russo per le popolazioni russofone. Leggendo questi dati è IMPOSSIBILE non reputarla una guerra mondiale per procura, combattuta sul territorio ucraino. Avete mai visto altre guerre dove così apertamente tutto l’Occidente dichiara la fornitura di armi? )
Al Jazeera
(https://www.aljazeera.com/news/2022/6/5/weapons-to-ukraine-which-countries-sent-what)
rende pubblico l’elenco delle forniture di armi all’Ucraina, Paese per Paese, e scrive chiaramente che l’Italia mantiene il segreto sulle forniture. E’ l’unica.
1️⃣Gli Stati Uniti hanno dichiarato la scorsa settimana di aver acconsentito alla richiesta di Kiev di sistemi di lancio di razzi multipli di artiglieria ad alta mobilità (HIMARS) , che consentiranno alle forze ucraine di colpire più in profondità dietro le linee russe rimanendo fuori dalla portata dell’artiglieria russa. Le armi promesse o inviate includono 72 obici da 155 mm, 72 veicoli per trainarli, 144.000 colpi di munizioni e più di 120 droni tattici Phoenix Ghost recentemente sviluppati dall’aeronautica americana specificamente per soddisfare le esigenze dell’Ucraina.
Gli Stati Uniti hanno anche promesso elicotteri, veicoli corazzati per il trasporto di personale, 1.400 sistemi antiaerei Stinger , 5.000 missili anticarro Javelin, diverse migliaia di fucili con munizioni e una serie di altre attrezzature.
2️⃣ la Turchia ha inviato i droni da combattimento Bayraktar TB2, non si sa di preciso in che quantità. Sarebbero stati usati anche per per distrarre le difese della nave da guerra russa Moskva prima di colpirla con missili a metà aprile, facendola affondare.
La Gran Bretagna ha dichiarato il 20 maggio di aver impegnato finora 566 milioni di dollari per sostenere l’esercito ucraino. Il governo ha affermato che gli aiuti includevano 120 veicoli blindati, 5.800 missili anticarro, cinque sistemi di difesa aerea, 1.000 razzi e 4,5 tonnellate di esplosivo.
Il primo ministro Boris Johnson ha anche promesso apparecchiature per la guerra elettronica, un sistema radar controbatteria, apparecchiature di disturbo GPS e migliaia di dispositivi per la visione notturna.
La Gran Bretagna ha anche affermato di aver addestrato più di 22.000 soldati ucraini.
Il Canada ha fornito all’Ucraina aiuti militari per un valore di 208 milioni di dollari da febbraio.
Alla fine di maggio, il governo federale ha dichiarato che avrebbe inviato 20.000 proiettili di artiglieria da abbinare agli obici M777 che aveva già trasferito per rafforzare le difese dell’Ucraina nel Donbas.
Ottawa ha anche inviato droni, fucili , munizioni, immagini satellitari ad alta risoluzione, lanciarazzi, migliaia di bombe a mano e due velivoli tattici.
Germania. Il cancelliere Olaf Scholz ha dichiarato la scorsa settimana che avrebbe inviato all’Ucraina un sistema di difesa aerea in grado di proteggere una “grande città” dai raid aerei russi.
Scholz ha affermato che la Germania dispiegherà anche un sistema radar di localizzazione in grado di rilevare il fuoco dell’artiglieria nemica. Il suo governo è stato accusato di essere stato lento nell’armare Kiev Alla fine di aprile, Berlino ha rotto con la sua politica di inviare solo armi difensive e ha accettato di fornire all’Ucraina obici e carri armati semoventi.
Ad aprile, la Spagna ha spedito 200 tonnellate di equipaggiamento militare in Ucraina, inclusi 30 camion, diversi autocarri pesanti e 10 piccoli veicoli carichi di materiale militare.
A metà aprile, il governo francese ha dichiarato di aver consegnato all’Ucraina oltre 107 milioni di dollari di equipaggiamento militare.
Una settimana dopo, il presidente Emmanuel Macron ha promesso ulteriori aiuti, tra cui missili anticarro MILAN e obici semoventi Caesar.
Un’udienza al Senato la scorsa settimana ha confermato che Parigi ha inviato sei obici e ha rivelato di aver trasferito anche missili antiaerei Mistral.
La Norvegia ha inviato in Ucraina 100 missili antiaerei Mistral di fabbricazione francese e 4.000 armi anticarro M72.
La Svezia ha annunciato alla fine di febbraio che avrebbe inviato 10.000 lanciatori anticarro monouso insieme ad attrezzature per lo sminamento.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/e-gia-guerra-mondiale-rossella-fidanza/
La Turchia vieta alla Nato il passaggio dagli Stretti
In applicazione della Convenzione di Montreux (1936), la Turchia ha vietato alle navi della Nato, che partecipano all’esercitazione Ramstein Legacy 2022, di passare dagli Stretti.
Il divieto dimostra che la Turchia, non solo considera l’esercitazione una sperimentazione dell’interoperabilità delle forze Nato, ma le attribuisce anche un ruolo nella guerra in Ucraina. Ankara ritiene che consentire il passaggio di questa armada metterebbe il pericolo la propria sicurezza.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article217154.html
L’occhio Usa torna sulla Cambogia: ancora allarme per la base navale cinese
L’allargamento della sfera di influenza cinese nel Sud-est asiatico, in quella regione che per gli Stati Uniti è parte del più ampio settore dell’Indo-Pacifico, è un tema che a Washington non ha mai smesso di essere al centro dell’attenzione. La guerra in Ucraina ha attirato inevitabilmente l’attenzione della stampa internazionale così come dell’amministrazione americana, impegnata a fronteggiare un sommovimento geopolitico fondamentale alle porte dell’”impero” americano. Tuttavia, già da tempo gli strateghi e molti analisti sottolineano che non è la Russia il vero problema strategico degli Stati Uniti, ma la Cina. È lì, nel Pacifico occidentale, che si giocherà (e si sta già giocando) la partita decisiva per gli assetti del mondo. E il gigante cinese ha da tempo avviato la costruzione di una fitta rete di interessi e partnership che ha avuto uno dei suoi principali esempi nel progetto della Nuova Via della Seta.
Il sistema di partnership non è però solo economica e infrastrutturale, ma anche militare. Ed è quella la parte più evidente, quella che fa capire quanto l’impero cinese stia realmente espandendo la sua influenza. La questione commerciale è estremamente rilevante certo, ma meno visibile. Rende meno l’immagine di una superpotenza in grado di scalfire gli interessi dall’altra rivale americana. Mentre la presenza di avamposti per le forze armate ribadisce quel senso di espansione che a Washington vogliono frenare a ogni costo.
Non è un caso quindi che proprio durante lo stallo della guerra in Ucraina, dove si gioca la sfida della Russia per mantenere lo status di potenza internazionale, dalle colonne del Washington Post venga segnalato ancora una volta l’evolversi del programma di basi navali cinesi nel mondo. In particolare in Cambogia, dove da tempo analisti e strateghi americani segnalano che Pechino sta costruendo una base militare per controllare i traffici del Sud-Est asiatico.
L’articolo del Washington Post non è certo il primo che avverte del pericolo di questa base per gli strateghi americani. Per diverso tempo, molti analisti si sono soffermati anche sul modo in cui i due Paesi stiano coprendo le attività nella base evitando di rendere esplicito il possesso delle forze cinesi di una parte di essa. Già ad agosto del 2021, uno studio del Csis affermava che, attraverso lo studio delle immagini satellitari, si poteva osservare la costruzione di alcuni edifici nella parte settentrionale dell’area militare e anche la realizzazione di alcune strade. Tutto faceva propendere che si stesse lavorando proprio per dare concretezza a quell’accordo tra Cina e Cambogia scoperto nel 2019 e su cui ancora non era stata fatta chiarezza.
Per spiegare l’interesse Usa per questa nuova base il Wp ha fatto ricorso alle ormai solite fonti anonime, questa volta indefiniti “funzionari occidentali”, quindi non propriamente statunitensi, che hanno detto di essere consapevoli dell’importanza dell’Indo-Pacifico per la Cina in quanto considerata dai leader di Pechino “legittima e storica sfera di influenza“. I leader cinesi, spiega la fonte, “vedono l’ascesa della Cina in quell’area come parte di una tendenza globale verso un mondo multipolare in cui le grandi potenze affermano con forza i loro interessi nella loro sfera di influenza percepita”. Un ampliamente del proprio raggio d’azione che conferma quindi il motivo dietro le continue mosse Usa per intessere una propria rete di alleanze che fermi proprio l’avanzata cinese e questa possibile proiezione oceanica: un’ipotesi temuta dagli strateghi americani, preoccupati dall’essere in una posizione di svantaggio in uno dei propri capisaldi geopolitici, e cioè la libertà di navigazione e la supremazia sui mari.
La prima base navale cinese fuori dal territorio della Repubblica Popolare, Gibuti, era già stato un campanello d’allarme. Ma con la Cambogia sarebbe diverso. La Cambogia, a differenza di Gibuti, non è un luogo prescelto da tante potenze per installare delle proprie basi. Quindi l’accordo tra i due Paesi avrebbe un valore ben diverso sia per la vicinanza del Paese al gigante asiatico sia per l’unicità della base rispetto ai traffici del Sud-est asiatico. Il funzionario occidentale sentito dal Washington Post conferma i timori del blocco legato a Washington e cioè che la regione sia troppo debole per evitare un inserimento cinese. La regione, spiega, “non vuole o non è in grado di sfidare gli interessi fondamentali della Cina” per una serie di vincoli e modalità di coercizione economica, militare e politica. L’avvertimento da Washington appare molto chiaro.
FONTE: https://it.insideover.com/politica/usa-cambogia-allarme-base-navale-cinese.html
CULTURA
LUTHER BLISSETT: LA CASA DEI SENZA NOME
10 05 2022
La beffa ritorna, il mito continua. “Luther Blissett House” è il nome che svetta sul portone d’ingresso dell’edificio pronto a ospitare diciassette famiglie. È una casa popolare che sorge sulle macerie del welfare state britannico smantellato a colpi di mercato e competizione, e l’ha fatta costruire proprio lui, il nome multiplo in persona.
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
IL CDC TRACCIA MILIONI DI AMERICANI
di Beatrice Nencha
Almeno 20 milioni di americani sono stati pedinati a loro insaputa, senza bisogno di un mandato. Non da poliziotti o agenti federali, ma dal Center for Disease Control and Prevention (Cdc), l’organismo di controllo della sanità pubblica degli Stati Uniti. Dall’inizio della pandemia, il Cdc ha deciso di vigilare anche sugli spostamenti della popolazione. Nel 2021 l’istituto ha stanziato 420.000 dollari per l’accesso continuato ai dati sulla localizzazione dei cittadini da parte di SafeGraph. Una controversa data company privata, che tra i suoi investitori annovera il miliardario tecnologico Peter Thiel, cofondatore di PayPal, e l’ex capo dell’intelligence saudita Turki bin Faisal Al Saud. Sotto l’occhio del Grande Fratello Sanitario sono così finite tutte le visite dei cittadini alle chiese e alle scuole, oltre ai “conteggi dettagliati delle visite alle farmacie partecipanti al monitoraggio dei vaccini”. E’ stato dettagliato persino l’orario delle attività degli individui durante il coprifuoco e gli incontri tra vicini. Scopo del progetto, definito “urgente”, era valutare se gli americani e la popolazione Navajo stessero rispettando gli ordini delle autorità riguardo a lockdown, coprifuoco, distanziamento sociale, blocco delle attività, chiusura dei confini. Ovvero misurare l’efficacia delle politiche pubbliche adottate rispetto alla diffusione del contagio e agli inviti alla vaccinazione. Parte dei risultati sono confluiti anche in due Rapporti sul sito dell’ente: “Timing of Community Mitigation and Changes in Reported COVID-19 and Community Mobility” del 17 aprile 2020 e “Timing of State and Territorial COVID-19 Stay-at-Home Orders and Changes in Population Movement” del 4 settembre 2020.
Che altri scopi, oltre alla prevenzione della diffusione del virus?
Il “monitoraggio” massiccio, tuttavia, non è servito ai soli fini pandemici. Non è chiaro con quanti altri soggetti, pubblici o privati, né per quali finalità i dati sensibili di milioni di americani verranno trattati. “I dati sulla mobilità ottenuti in base a questo contratto saranno disponibili per l’uso in tutta l’agenzia e sosterranno numerose priorità dei CDC” è il laconico avviso disponibile. Ma alcuni documenti interni risalenti al 2021, ottenuti da Vice attraverso il Freedom of Information Act (FOIA), rivelano che l’Agenzia diretta da Rochelle Walensky ha stilato un elenco di 21 utilizzi per i dati sull’ubicazione dei cittadini, che includevano: il monitoraggio del coprifuoco, le visite tra vicini, le visite a scuole, farmacie e luoghi di culto, nonché il monitoraggio dei modelli di mobilità delle persone. Il Cdc voleva ottenere anche i dati sulla posizione dei “viaggi verso parchi e spazi verdi, attività fisica e modalità di viaggio e migrazione della popolazione prima, durante e dopo i disastri naturali”. Per questo si sarebbe rivolta a un altro data broker denominato Cubeiq.
Cosa rivelano (e perché valgono oro) i metadati sugli spostamenti
Il tracciamento degli spostamenti ha fornito preziose informazioni sugli stili di vita dei cittadini “fornendo all’agenzia una visione profonda della pandemia riguardo ai comportamenti umani” si legge in un Rapporto redatto da Motherboard, un periodico digitale sulle tecnologie. Nelle sue comunicazioni interne, il Cdc dichiara di aver ricevuto da SafeGraph “dati sui visitatori a livello di Census Block Group che consentono approfondimenti estremamente precisi relativi a età, sesso, razza, stato di cittadinanza, reddito e altro”. Inoltre SafeGraph “ha reso disponibili gratuitamente i propri dati sulla mobilità sociale alle agenzie governative e non governative all’inizio della pandemia per un periodo di circa un anno”, ha confermato il portavoce del Cdc Jasmine Reed. L’Agenzia ha acquistato l’accesso ai “Dati sui luoghi principali degli Stati Uniti”, “Dati sui modelli settimanali” e “Dati sui modelli di vicinato” di SafeGraph, che includono informazioni come il tempo di permanenza in casa. Scaduto l’accordo gratuito, nel 2021 il Cdc ha pagato l’azienda per prolungare la partnership fino ad aprile 2022.
SafeGraph è una società di analisi di dati utilizzata dalle maggiori agenzie governative: dalla Cia all’FBI, oltre che da multinazionali come Airbus e Fiat Chrysler. A giugno 2021 Google ha bandito SafeGraph dal suo Google Play Store e ha imposto a tutti gli sviluppatori di app che utilizzavano il suo codice di rimuoverlo, pena la rimozione dallo store. I broker di dati come SafeGraph dichiarano che le informazioni che rivendono a terzi “tracciano i movimenti di gruppi di persone piuttosto che di singoli utenti”. Ma i critici obiettano che i dati siano meno al sicuro di quanto proclamato e che sia possibile deanonimizzarli con facilità per usi malevoli.
Aborti & Proteste: i primi allarmi del track selvaggio dei dati
Un esempio sono stati, recentemente, i dati aggregati sulla posizione delle persone che visitavano i Centri di pianificazione familiare, sollevando preoccupazioni che potessero essere usati per individuare quali cliniche fornivano aborti fuori dagli Stati. “È dannatamente pericoloso avere cliniche per aborti e poi lasciare che qualcuno compri le tracce del censimento da cui provengono le persone che hanno visitato quelle cliniche” ha ammonito Zach Edwards, un ricercatore di sicurezza informatica che ha esaminato i dati per Motherboard. Una delle maggiori preoccupazioni degli attivisti pro-choice è che tali dati possano servire per tracciare le donne che visitano queste cliniche, rivelandone la provenienza grazie alle mappe termiche accessibili sui portali. Secondo il quotidiano d’affari norvegese Dagens Næringsliv, un investitore di SafeGraph avrebbe pianificato di vendere la sua quota nella società e donare il ricavato a Planned Parenthood. “Alla luce dei potenziali cambiamenti federali nell’accesso alla pianificazione familiare, stiamo rimuovendo i dati dei modelli per le località classificate come codice NAICS 621410 (“Centri di pianificazione familiare”) dal nostro “negozio” self-service e API per ridurre qualsiasi potenziale uso improprio dei suoi dati”, ha assicurato in un post Auren Hoffman, il Ceo di SafeGraph. In seguito alle proteste, la società ha aggiunto: “A partire dalla versione di maggio 2022, i dati di SafeGraph Patterns non possono essere utilizzati per analizzare, studiare o riferire su proteste o manifestazioni sociali. Ciò include la versione di maggio 2022 e si applica a tutte le versioni successive di SafeGraph Patterns”.
Il Capitalismo della Sorveglianza: Big State & Big Tech alla sbarra
Ma non è solo il Cdc ad aver fatto incetta dei dati sensibili degli americani, fin dentro le mura domestiche. Anche l’Agenzia per la salute pubblica del Canada e il Dipartimento dei trasporti dell’Illinois, sono stati accusati di aver tracciato milioni di cittadini negli ultimi anni. Mentre una causa collettiva è stata intentata in California contro Otonomo, un broker di dati che traccia gli spostamenti Gps in tempo reale di oltre 50 milioni di veicoli in tutto il mondo e ne rivende l’accesso. L’azienda afferma di proteggere la privacy ma secondo i legali questi dati consentono a Otonomo, e ai suoi clienti, di individuare le posizioni precise dei consumatori e ottenere informazioni su dove vivono, lavorano e con chi si associano, senza il consenso dei conducenti. Persino un noto sacerdote del Wisconsin è stato costretto a dimettersi, l’anno scorso, dopo che un sito di notizie cattolico ha analizzato i dati collegati al suo cellulare per rivelare che avrebbe usato Grindr e visitato bar gay. Per sconfiggere quello che la sociologa Shoshana Zuboff ha definito il “Capitalismo della sorveglianza” servirebbe l’aiuto delle istituzioni, che invece lo promuovono. Ma un segnale in controtendenza arriva proprio dall’America: Missouri e Louisiana, in aprile, hanno denunciato l’Amministrazione Biden per la “collusione” tra Governo e Big Tech. “Solo perché i dati esistono, non significa che il governo dovrebbe usarli per rintracciare gli americani”, ha incalzato il senatore repubblicano Ron Johnson, che ha aperto un’indagine sul comportamento del Cdc, accusato di sollevare “questioni costituzionali molto serie”.
FONTE: Panorama 5 giugno 2022 n. 24
Dieci volte i manager dell’impero ci hanno mostrato che vogliono controllare i nostri pensieri
Ascolta una lettura di questo articolo:
❖
L’unico aspetto più trascurato e sottovalutato della nostra società è il fatto che persone immensamente potenti lavorano continuamente per manipolare i pensieri che pensiamo al mondo. Che tu lo chiami propaganda, psyops, gestione della percezione o pubbliche relazioni, è una cosa reale che accade costantemente e succede a tutti noi.
E le sue conseguenze modellano il nostro intero mondo.
Questo dovrebbe essere al centro della nostra attenzione quando esaminiamo notizie, tendenze e idee, ma non viene quasi mai menzionato. Questo perché la manipolazione psicologica su vasta scala sta avendo successo. La propaganda funziona solo se non sai che sta succedendo.
Per essere chiari, non sto parlando di una sorta di stravagante teoria del complotto infondata qui. Sto parlando di un fatto di cospirazione. Che veniamo propagandati da persone che hanno autorità su di noi non è seriamente contestato da nessun attore ben informato in buona fede ed è statoampiamente descritto e documentatopermolti anni.
Inoltre, i gestori dell’impero centralizzato statunitense che domina l’Occidente e gran parte del resto del mondo ci hanno mostrato chiaramente che ci propagandano e vogliono propagandarci di più. Ci hanno mostrato con le loro azioni, ea volte sono venuti fuori e ci hanno detto con le loro parole.
Qui ci sono solo alcune di quelle volte.
1. Operazione Mockingbird
Cominciamo con forse l’esempio più noto. Nel 1977 Carl Bernstein pubblicò un articolo intitolato “La CIA e i media” riferendo che la CIA aveva si è infiltrato di nascosto nei notiziari più influenti d’America e aveva oltre 400 giornalisti che considerava risorse in un programma noto come Operazione Mockingbird.
È stato un grande scandalo, ed è giusto che sia così. I media hanno lo scopo di riferire in modo veritiero su ciò che accade nel mondo, non manipolare la percezione pubblica per soddisfare le agende di fantasmi e guerrafondai.
Ma da lì è solo peggiorato.
2. Gli agenti dell’intelligence ora lavorano apertamente nei media
La CIA si infiltrava nei media. Ora la CIA è i media. “Questa non è l’operazione Mockingbird. È molto peggio. L’operazione Mockingbird è stata la CIA che stava facendo qualcosa *a* i media. Quello che stiamo vedendo ora è la CIA che agisce apertamente *come* i media”.
Al giorno d’oggi la collaborazione con la CIA avviene allo scoperto e la gente è troppo propagandata per riconoscerlo come scandaloso. Punti vendita immensamente influenti come Il New York Times passare acriticamente su CIA disinfo che è poi trasformato in realtà da esperti di notizie via cavo. Il Washington Postha costantemente rifiutato di rivelare il fatto che il suo unico proprietarioè stato un appaltatore della CIA quando si riferiscono alle agenzie di intelligence statunitensi secondo il protocollo giornalistico standard. Mass media ora impiegare apertamente veterani dei servizi segreti piace John Brennan, James Clapper, Chuck Rosenberg, Michael Hayden, Frank Figliuzzi, Fran Townsend, Stephen Hall, Samantha Vinograd, Andrew McCabe, Josh Campbell, Asha Rangappa, Phil Mudd, James Gagliano, Jeremy Bash, Susan Hennessey, Ned Price, Rick Francona , Michael Morell, John McLaughlin, John Sipher, Thomas Bossert, Clint Watts, James Baker, Mike Baker, Daniel Hoffman, David Preiss, Evelyn Farkas, Mike Rogers e Malcolm Nance, così come beni noti della CIA come Ken Dilanian della NBC, così come lo sono Stagisti della CIA come Anderson Cooper e richiedenti della CIA come Tucker Carlson.
L’operazione Mockingbird è stata la CIA che stava facendo qualcosa a i media. Quello che stiamo vedendo ora è che la CIA agisce apertamente come i media. Qualsiasi separazione significativa tra la CIA ei media, anzi anche qualsiasi finzione di separazione, è stato abbandonato.
3. Osservazioni CFR di Richard Stengel sulla propaganda
Ex funzionario del Dipartimento di Stato americano ed editore di Time MagazineRichard Stengelespressosupporto a gola pienaper l’uso della propaganda sul pubblico sia straniero che nazionale durante un evento del 2018 organizzato dalestremamente influentethink tank Council on Foreign Relations.
“Fondamentalmente ogni paese crea la propria storia narrativa”, ha detto Stengel. “Il mio vecchio lavoro al Dipartimento di Stato era quello che la gente usava scherzare come capo della propaganda. Non sono contrario alla propaganda. Ogni paese lo fa e deve farlo alla propria popolazione. E non penso necessariamente che sia che terribile.
È interessante notare che anni prima, durante la sua permanenza al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Obama, Stengel ha effettivamente fornito la propria definizione di cosa intende esattamente con la parola “propaganda”, e non è così innocuo come ha fatto sembrare per il suo pubblico del CFR.
“La propaganda è la deliberata diffusione di informazioni che si sa essere false o fuorvianti per influenzare un pubblico”, Stengelscritto nel 2014.
Queste sono due posizioni molto interessanti per un manager dell’impero da ricoprire contemporaneamente, specialmente uno che è giustoservito nella squadra di transizione presidenzialedell’attuale presidente.
4. Funzionari statunitensi che dicono alla stampa che stanno diffondendo disinformazione sulla Russia per vincere una guerra dell’informazione contro Putin
Funzionari statunitensi ammettono che stanno letteralmente mentendo al pubblico sulla Russia “E l’unico motivo plausibile per cui mi viene in mente che vorrebbero che il pubblico lo sapesse è che sono fiduciosi che il pubblico acconsentirà a essere mentito”.
Notizie NBC del mese scorsorilasciatounrapportocitando diversi funzionari statunitensi anonimi che hanno affermato che l’amministrazione Biden ha rapidamente diffuso “intelligence” sui piani della Russia in Ucraina che è “bassa fiducia” o “basata più su analisi che su prove concrete”, o addiritturasemplicemente falso, al fine di combattere una guerra dell’informazione contro Putin.
Il rapporto afferma che a tal fine il governo degli Stati Uniti ha deliberatamente diffuso affermazioni false o poco evidenti su imminenti attacchi con armi chimiche, sui piani russi di orchestrare un attacco sotto falsa bandiera nel Donbass per giustificare un’invasione, sui consiglieri di Putin che lo hanno informato male e sulla Russia in cerca di forniture di armi dalla Cina.
Quindi hanno mentito. Possono ritenere di aver mentito per una nobile ragione, ma hanno mentito. Hanno fatto circolare consapevolmente informazioni che non avevano motivo di credere fossero vere, e quella bugia è stata amplificata da tutti i media più influenti del mondo occidentale.
Che questo sia successo mentre i mass media lo sono continuamentesfornando rapportimettere in guardia il pubblico sui pericoli della “disinformazione” è un’ironia che è andata persa a quasi tutti.
5. Senatori che dicono ai rappresentanti della Silicon Valley che è loro compito manipolare il pensiero pubblico per prevenire il dissenso
Ricordo amichevole che l’anno scorso i rappresentanti di Google/Youtube, Facebook e Twitter sono stati istruiti in aula del Senato degli Stati Uniti che è loro responsabilità “reprimere le ribellioni dell’informazione” in modo da “prevenire la fomentazione della discordia”.
Nel 2017 lo erano i rappresentanti di Google, Facebook e Twitter convocato davanti alla Commissione Giustizia del Senato edettodevono “respingere le ribellioni dell’informazione” e sono stati incaricati di presentare una dichiarazione di intenti che esprimesse il loro impegno a “prevenire la fomentazione della discordia” sulle loro piattaforme.
“Dobbiamo agire tutti ora sul campo di battaglia dei social media per reprimere le ribellioni dell’informazione che possono portare rapidamente a scontri violenti e trasformarci facilmente negli Stati Uniti d’America divisi”, ha detto ai giganti della tecnologia Clint Watts, un think tanker ed ex agente dell’FBI, che ha aggiunto: “L’arresto dello sbarramento di artiglieria di false informazioni sugli utenti dei social media arriva solo quando i punti vendita che distribuiscono storie fasulle vengono messi a tacere: silenziare le armi e lo sbarramento finirà”.
Quando le società miliardarie monopolistiche devono far fronte alle richieste di un organo legislativo che potrebbe facilmente rendere la loro vita molto più difficile e molto meno redditizia agendo, fino a includereprincipali casi di antitrust, gli viene fatta un’offerta che non possono rifiutare. Ciò è stato ampiamente chiarito dalla senatrice Dianne Feinstein durante le udienze del 2017 nella sua minaccia di intervenire se quelle società non fossero riuscite a ridurre la diffusione di informazioni non autorizzate online.
“Devi essere quelli che fanno qualcosa al riguardo – o lo faremo”, Feinsteindetto alle piattaforme online.
6. Il “Comitato per la governance della disinformazione” del Dipartimento per la sicurezza interna
Michael Chertoff, coautore di Patriot Act, ex segretario del DHS, tossicodipendente di sorveglianza e divulgatore di bufale di Russiagate, Michael Chertoff supervisionerà la revisione del Ministero della Verità Non puoi inventare questa merda
Il controverso Disinformation Governance Board del Department of Homeland Security, che i critici hannonon ingiustamenteetichettato come un Ministero della Verità gestito dal governo, ha“messo in pausa” le sue operazioniin attesa di una revisione alla luce della protesta pubblica. Quella revisione sarà guidata da mostri della palude imperiali corrottiMichael ChertoffeJamie Gorelick, di tutte le persone.
Nessun ente governativo ha alcuna attività che si autodefinisce l’autorità di separare le informazioni dalla disinformazione per conto del pubblico, perché gli enti governativi non sono divinità imparziali e onniscienti che possono essere incaricate di servire il pubblico come arbitri oggettivi della realtà assoluta. Con assoluta certezza finirebbero per fare distinzioni tra informazione, disinformazione e disinformazione in qualunque modo serva ai loro interessi, indipendentemente da ciò che è vero, esattamente come farebbe qualsiasi regime autoritario.
Qualunque cosa accada con quella recensione, possiamo essere sicuri che la missione del consiglio continuerà, sia sotto il suo nome attuale che sotto qualche altra iterazione più accuratamente mascherata. L’impero sta esprimendo fin troppo entusiasmo per un controllo sempre maggiore sul pensiero pubblico per lasciarsi sfuggire questo.
7. Lo Smith-Mundt Modernization Act del 2012
I membri del Congresso cercano di revocare il divieto di propagandabuzzfeed.com/mhastings/cong…via @BuzzFeed
Nel dicembre del 2012 il congresso degli Stati Uniti ha approvato arevisione dello Smith-Mundt Actcome parte della NDAA del 2013 che secondo i critici ha posto fine alle restrizioni messe in atto per impedire al governo di propagandare i cittadini statunitensi.
La legislazioneè stato evidenziato per la prima volta in un articolo di BuzzFeed News del giornalista Michael Hastings, che l’anno successivo sarebbe morto in aincidente d’auto piuttosto sospetto mentre secondo quanto riferito stava lavorando a una storia importante.
“Rimuove la protezione per gli americani”, ha detto a Hastings un funzionario del Pentagono senza nome. “Rimuove la supervisione da parte delle persone che vogliono pubblicare queste informazioni. Non ci sono controlli e contrappesi. Nessuno sa se le informazioni sono accurate, parzialmente esatte o del tutto false”.
Il rapporto di Hastingsha scatenato polemiche online, con molti che concordano con la sua analisi di quello che sarebbe diventato noto come lo Smith-Mundt Modernization Act del 2012 e altri che affermano che le preoccupazioni erano infondate. Ad ogni modo, con tutto quello che è successo negli ultimi dieci anni, è chiaro ora che gli americani avevano ragione a preoccuparsi di una drammatica escalation della propaganda interna.
8. Le operazioni psicologiche di Reagan
Robert Parry mostra come tre decenni fa gli Stati Uniti iniziarono un’operazione per inondare il mondo di psyops,
Il defunto Robert Parryha scritto numerose articoliper Consortium News sulle operazioni di manipolazione psicologica su vasta scala dell’amministrazione Reagan, che si riferivano direttamente allaampio lavorosulla vicenda Iran-Contra in quel periodo.
Parry ha descritto come Reagan e i suoi scagnozzi neocon fossero ossessionati dal contrastare la stanchezza della guerra pubblica e la sfiducia nell’interventismo statunitense che seguì la guerra del Vietnam al fine di ottenere più consenso per i programmi depravati che l’amministrazione stava lavorando per lanciare in America Latina. Al centro di questo obiettivo di produzione del consenso, che la Casa Bianca chiamava “diplomazia pubblica” in pubblico e “gestione della percezione” in privato, c’era uno spettro dal suono particolarmente odioso di nome Walter Raymond Jr.
In un articolo intitolato “La vittoria della “gestione della percezione”,” Parry ha scritto quanto segue:
Durante la sua deposizione Iran-Contra, Raymond ha spiegato la necessità di questa struttura di propaganda, dicendo: “Non eravamo configurati in modo efficace per affrontare la guerra delle idee”.
Una delle ragioni di questa mancanza era che la legge federale proibiva che i soldi dei contribuenti venissero spesi per la propaganda interna o per fare pressioni di base per fare pressione sui rappresentanti del Congresso. Naturalmente, ogni presidente e il suo team disponevano di vaste risorse per presentare la propria causa in pubblico, ma per tradizione e legge erano limitati a discorsi, testimonianze e persuasione individuale dei legislatori.
Ma le cose stavano per cambiare. In una nota del 13 gennaio 1983, il consigliere dell’NSC Clark prevedeva la necessità di denaro non governativo per portare avanti questa causa. “Svilupperemo uno scenario per ottenere finanziamenti privati”, ha scritto Clark. (Solo cinque giorni dopo, il presidente Reagan ha accolto personalmente il magnate dei media Rupert Murdoch nello Studio Ovale per un incontro privato, secondo i documenti in archivio presso la biblioteca Reagan.)
Quando i funzionari dell’amministrazione si misero in contatto con ricchi sostenitori, le linee contro la propaganda interna furono presto superate poiché l’operazione mirava non solo al pubblico straniero ma all’opinione pubblica statunitense, alla stampa e ai democratici del Congresso che si opponevano al finanziamento dei Contras nicaraguensi.
9. Leader militari canadesi che utilizzano le normative Covid come opportunità per testare le tecniche psyop sui civili
Triste che una tragedia come il COVID sia stata usata per testare la reazione dei canadesi alla propaganda di paura. Spero che non abbiamo deposto le nostre libertà all’alterazione del governo che ha creato paura, segregazione e odio. Era quello lo scopo dell’operazione militare segreta, testare la nostra malleabilità?
L’anno scorso Lo ha riferito il cittadino di Ottawa che l’esercito canadese ha usato l’epidemia di Covid come scusa per testare vere tecniche psicologiche militari sulla propria popolazione civile con la pretesa di garantire il rispetto delle restrizioni pandemiche.
Alcuni estratti:
- “I leader militari canadesi hanno visto la pandemia come un’opportunità unica per testare le tecniche di propaganda su un pubblico ignaro”, conclude un rapporto delle forze armate canadesi appena pubblicato”.
- “Il piano ideato dal Canadian Joint Operations Command, noto anche come CJOC, si basava su tecniche di propaganda simili a quelle impiegate durante la guerra in Afghanistan. La campagna prevedeva “modellare” e “sfruttare” le informazioni. CJOC ha affermato che lo schema delle operazioni di informazione era necessario per scongiurare la disobbedienza civile dei canadesi durante la pandemia di coronavirus e per rafforzare i messaggi del governo sulla pandemia.
- “Un’iniziativa separata, non collegata al piano CJOC, ma supervisionata da ufficiali dell’intelligence delle forze armate canadesi, ha raccolto informazioni dagli account dei social media pubblici in Ontario. I dati sono stati raccolti anche sui pacifici raduni di Black Lives Matter e sui leader del BLM”.
- “‘Questa è davvero un’opportunità di apprendimento per tutti noi e un’opportunità per iniziare a inserire le operazioni di informazione nella nostra routine (CAF-DND)’, ha affermato il contrammiraglio”.
- “Ancora un’altra recensione incentrata sul ramo degli affari pubblici delle forze armate canadesi e sulle sue attività. L’anno scorso, la filiale ha lanciato un piano controverso che avrebbe consentito agli ufficiali delle pubbliche relazioni militari di utilizzare la propaganda per cambiare gli atteggiamenti e i comportamenti dei canadesi, nonché per raccogliere e analizzare le informazioni dagli account dei social media pubblici”.
- “Il piano avrebbe visto il personale passare dai tradizionali metodi governativi di comunicazione con il pubblico a una strategia più aggressiva di utilizzare la guerra dell’informazione e tattiche di influenza sui canadesi”.
Quindi i gestori dell’impero non stanno solo impiegando operazioni psicologiche su vasta scala sul pubblico, ma lo stanno facendo test loro e apprendimento da loro.
10. Il governo degli Stati Uniti finanzia i media “indipendenti” in Ucraina
Infine, c’è il fatto che il famigerato pacchetto di guerra per procura da 40 miliardi di dollari è stato inviato in Ucrainainclude fondiassegnato a “Controllare la disinformazione e le narrazioni di propaganda russe, promuovere la responsabilità per la violazione dei diritti umani russi e sostenere attivisti, giornalisti e media indipendenti per difendere la libertà di espressione”.
Quindi guerra dell’informazione. Il governo degli Stati Uniti sta finanziando la guerra dell’informazione per manipolare la percezione pubblica di questa guerra e coprendo quelle manipolazioni chiamandole attivismo, giornalismo e media indipendenti.
Dato che la stampa occidentale mainstream ha riferito acriticamenteanche le storie più stravagantiuscendo dall’Ucraina senza uno straccio di prova, possiamo aspettarci che questa propaganda finanziata dal governo si diffonda in tutto il mondo occidentale.
_________________
Il mio lavoro è interamente supportato dal lettore, quindi se ti è piaciuto questo pezzo, per favore considera di condividerlo in giro, seguendomi Facebook, Twitter, nuvola di suoni o Youtube, o gettando dei soldi nel mio barattolo di mance Caffè, Patreon o Paypal. Se vuoi leggere di più puoi compra i miei libri. Il modo migliore per assicurarsi di vedere le cose che pubblico è iscriversi alla mailing list per at il mio sito web o nella sottocostruzione, che ti riceverà una notifica via email per tutto ciò che pubblico. Tutti, piattaforme razziste escluse, ha il mio permesso di ripubblicare, utilizzare o tradurre qualsiasi parte di questo lavoro (o qualsiasi altra cosa che ho scritto) in qualsiasi modo e gratuitamente. Per maggiori informazioni su chi sono, dove mi trovo e cosa sto cercando di fare con questa piattaforma, clicca qui. Tutti i lavori sono stati co-autori con mio marito americano Tim Foley.
FONTE: https://caitlinjohnstone.substack.com/p/ten-times-empire-managers-showed?s=w
“Questa si chiama propaganda”. Capuozzo sferza i giornali sull’Ucraina
Lo storico inviato di guerra torna sulla “resa” dei miliziani dell’Azovstal: “Perché chiamarla evacuazione?”
In questi tempi di liste di proscrizione, porsi anche solo delle domande o dei dubbi diventa pericoloso. Nel senso che nel giro di cinque minuti rischi di diventare il “putiniano” di turno, con tutto quello che ne consegue. Lo sa bene Toni Capuozzo, che però non ha mai smesso di interrogarsi su quello che succede in Ucraina e soprattutto di segnalare a tutti, colleghi compresi, che la propaganda non c’è solo da parte russa ma anche dalle parti di Zelensky.
Ieri sera, durante l’ultima puntata di Quarta Repubblica, lo storico inviato di guerra è tornato a ribadire le sue tesi. “C’è propaganda da parte russa, ma anche da parte ucraina – ha detto – C’è una differenza sostanziale ovviamente tra la propaganda dell’aggressore e quella dell’aggredito, ma sempre propaganda è. Faccio un esempio concreto: 2.500 combattenti si arrendono dall’Azovstal ed è positivo perché si è evitato un massacro. I grandi giornali italiani titola la cosa come ‘evacuazione’, ma quella in Italiano è una ‘resa’. Perché chiamarla ‘evacuazione’? Per ragioni di propaganda”. Capuozzo ce l’ha con tutti. “Hanno usato il linguaggio della propaganda”.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/mamma-mi-faccio-le-canne-il-capolavoro-della-sardina-santori/
DIRITTI UMANI
La pandemia ignorata: 360 milioni di cristiani perseguitati in tutto il mondo
ECONOMIA
Arriva la patrimoniale (anche se la sinistra le ha cambiato nome). Ecco come funzionerà
Che la sinistra abbia un vero e proprio chiodo fisso per la patrimoniale è cosa ormai appurata, considerando quante volte in passato abbia tentato di introdurre la nuova tassa. Senza successo, negli ultimi anni, ma lo spettro dell’imposta continua ad aleggiare come uno spettro sulle teste degli italiani, senza mai dissolversi del tutto. Nelle ultime ore, a ritirare fuori la cara, vecchia proposta è stato il leader della Cgil Maurizio Landini, intervenuto ai microfoni del programma, condotto da Lucia Annunziata, per chiedere più tasse sulle rendite finanziarie e gli extra-profitti.
“La situazione è peggiorata, stiamo andando verso una situazione drammatica e serve intervenire ora, non aspettare l’autunno. Se non si interviene oggi la situazione è tale che diventa esplosiva. Servono misure straordinarie considerato che tutti parlano di salari bassi e povertà” ha spiegato Landini. Quali misure? Presto detto: “Non propongo patrimoniali ma dico che si può aumentare la tassazione delle rendite e quella sugli extra profitti e dico anche che non è scandaloso pensare a un contributo straordinario di solidarietà per cui chi sta meglio aiuta chi sta peggio”.
Il leader Cigl ha proposto di aumentare gli stipendi del 6-7%, recuperando l’inflazione reale, e non il 2,5% come sarebbe se fosse applicata l’Ipca (indice dei prezzi al consumo). Poi l’affondo sui redditi più alti: “I 200 euro una tantum in busta paga decisi dal governo non bastano. Ai lavoratori sotto i 35mila euro di reddito annuo manca una mensilità”. A dicembre 2020 era stato il numero uno di Sinistra italiana e deputato di LeU Nicola Fratoianni a proporre un prelievo progressivo sui grandi patrimoni.
Pochi mesi prima, ad aprile, nelle fasi iniziali del Covid, era stato il Pd ad avanzare l’ipotesi di un “un contributo di solidarietà per gli anni 2020 e 2021, che avrebbero dovuto versare i cittadini con redditi superiori a 80mila euro”. Gettito atteso: un miliardo e trecento milioni annui. L’allora premier Giuseppe Conte aveva però respinto la proposta, sostenendo che non fosse il momento per una tassa patrimoniale. Idea, però, mai tramontata nel cuore degli esponenti dem.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/50632arriva-la-patrimoniale-anche-se-la-sinistra-le-ha-cambiato-nome-ecco-come-funzionera/
Lagarde: due aumenti dei tassi di interessi fra luglio e settembre, ma potremo averne di più. Lo spread parte. L’Euro si indebolisce, lo spread balza in alto
La presidente della BCE Christine Lagarde ha appena annunciato il tanto predetto cambiamento della politica monetaria della BCE. Fine della politica dei tassi zero o negativi, i tassi torneranno positivi e abbastanza rapidamente. I tre tassi di riferimento saranno aumentati due volte, la prima a Luglio , 0,25% e quindi a settembre, di una percentuale (0,25% – 0,5%) a seconda della risposta dell’economia.
Gli aumenti saranno su tutti e tre i tassi di riferimento della BCE, quello di deposito, quello sul rifinanziamento bancario e quello sulle operazioni di finanziamento overnight. Ovviamente una mossa del genere ha fatto immediatamente crescere i tassi sui titoli di stato, con quelli italiani sopra il 3,5%, quelli spagnoli sopra il 2,5% e quelli francesi sopra il 2%. Lei ha affermato che la BCE “Ha gli strumenti e le capacità” per controbattere al “Frazionamento dell’area euro”, cioè agli aumenti degli spread, ma, evidentemente, il mercato non le crede. Colpa di parole troppo generiche, senza l’annuncio di nessun strumento oggettivo, ma solo parole. Lo spread è partito immediatamente:
Dopo aver toccato i 230 pb 2,3% lo spread BTP Bund tedeschi si è stabilizzato fra i 220 e i 225 pb. comunque bel oltre il livello della mattinata. Alla fine l’euro si è indebolito rispetto al dollaro :
Perché, dopo un primo istantaneo picco di rivalutazione, l’euro è precipitato? perché la Lagarde non è stata in grado di riassicurare nessuno sugli “Strumenti contro il frazionamento”, cioè essenzialmente contro l’esplosione degli spread e quindi la premessa per la rottura dell’area euro stessa. Un errore, non il primo né l’ultimo della presidente della BCE, che sottolinea come non comprenda la sensibilità del tema per i paesi europei. Essere presso la sede della Banca Centrale Olandese sicuramente non ha facilitato né la discussione né la sua comprensione del problema.
Oggi la Lagarde ha cambiato il “Whatever it takes” dall’unità dell’Euroarea alla lotta all’inflazione, come vogliono i nordici. Però così l’unità dell’Euro passa in secondo piano. Se non saranno messi in atto strumenti adatti, che non vediamo, questo è il primo passe verso la fine di una zona monetaria unica e il ritorno alla realtà economica.
FONTE: https://scenarieconomici.it/lagarde-due-aumenti-dei-tassi-di-interessi-fra-luglio-e-settembre-ma-potremo-averne-di-piu-lo-spread-parte-leuro-si-indebolisce-lo-spread-balza-in-alto/
L’Europa ci riprova col Mes: il nuovo stratagemma Ue per piegare gli italiani alle proprie condizioni
Ufficialmente non se ne parla, anche perché i politici sono consapevoli del fatto che la parola Mes viene ormai recepita con preoccupazione dai cittadini italiani e rischia di far perdere loro voti preziosi. Nella pratica, però, è evidente che lo strumento sta tornando pericolosamente a fare capolino, occupando già le pagine dei giornali a conferma di una volontà mai sopita, soprattutto nel centrosinistra, di rispolverarlo alla prima occasione utile. Un coro di voci alle quali si è aggiunta nelle ultime ore anche quella di Dino Pesole, che attraverso le pagine del Sole 24 Ore si è chiesto se non valga la pena tornare a ragionare di Mes.
Secondo Pesole, della possibilità di riaprire il dossier sulla “linea pandemica del Mes” in sede europea si è discusso a lungo negli ultimi anni ma sempre con esito negativo perché a pesare sarebbe stata la “cattiva reputazione” del meccanismo Ue di stabilità. “Dietro l’angolo c’è la Trojka, all’orizzonte nuove stagioni di dura austerity hanno tuonato i detrattori del Mes pandemico, come accadde per la Grecia”. Peccato che simili preoccupazioni siano condivise anche da molti economisti, a loro volta fortemente contrari all’attivazione dello strumento.
La tesi sostenuta dai favorevoli al Mes è che la pandemia non sia stata ancora debellata e che forse non lo sarà mai, con il Covid destinato a trasformarsi in una presenza fissa con la quale convivere. E che potrà, però, arrecare ancora danni economici ai singoli Paesi, che potrebbero quindi attingere al fondo Ue per far fronte alle difficoltà. Dimenticando però di aggiungere a queste analisi un ragionamento sui rischi, concreti, che l’adesione al Mes potrebbe comportare soprattutto per un’Italia popolata, storicamente, da risparmiatori.
La possibilità che l’Unione Europea, a seguito di un’adesione, possa pretendere una ristrutturazione del nostro debito pubblico è concreta. Con conseguenze tutte da immaginare per chi negli anni ha messo da parte, con fatica e sacrifici, il proprio tesoretto personale. Nonostante il Patto di Stabilità sarà sospeso fino al 2023, in autunno ci sarà una verifica della Commissione Ue sui Paesi alle prese con squilibri economici eccessivi. Il rischio concreto è che il tentativo di far passare il Mes a tutti i costi sia solo agli inizi.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/leuropa-ci-riprova-col-mes-il-nuovo-stratagemma-ue-per-piegare-gli-italiani-alle-proprie-condizioni/
GIUSTIZIA E NORME
Chi usa il machete per farsi giustizia non è controllato. Chi è senza green pass sì
In questi giorni il tema della sicurezza è tornato alla ribalta. Sono bastate alcune immagini, una su tutte: un uomo di origine nordafricana che brandisce un machete per strada contro un altro africano in piano giorno. Una scena non troppo isolata nel quartiere Aurora di Torino, abituata agli scontri tra bande di delinquenti a colpi di lame. Quando non è la stampa nazionale ad occuparsene, è quella locale: gente ubriaca che molesta, regolamenti di conti tra gang e bande varie, e via di questo passo.
IMMIGRAZIONI
Da Lampedusa al Garda, arriva il conto dell’addio ai decreti Salvini
Dopo gli assalti di Peschiera del Garda, Lampedusa è di nuovo sotto assedio. Tutto come prima
Torna l’allarme immigrazione
È il caso del governo di centrosinistra Conte2, che prima della pandemia con enorme efficienza aveva buttato all’aria i decreti Salvini, segnando la messa in soffitta di una linea che aveva ridotto, e di molto, l’intensità sulla rotta mediterranea centrale. Oggi, quella rotta si sta rigonfiando, gli arrivi in sulle coste siciliane sono in crescita e l’hotspot di Lampedusa è di nuovo sovraffollato. La regressione europea in Africa, lasciata in balìa di Russia, Cina e Turchia, ha creato i presupposti affinché la crisi alimentare in atto influisca sui flussi migratori, preparando un esodo verso il Vecchio Continente. L’Ue non solo ha mancato sul piano della cooperazione in Africa, ma anche sulle politiche di rimpatrio e redistribuzione. L’accordo di Malta, l’unico pseudopiano che Bruxelles era riuscito a partorire in questi anni, già era fallimentare in tempi di pace (qualsiasi cosa fondata su scelte facoltative non può funzionare), figuriamoci nella prospettiva di una carestia su cui la Fao nelle ultime ore ha lanciato un pesantissimo allarme.
Il pericolo carestia
La mancanza di grano negli approvvigionamenti e nei programmi sovranazionali di contrasto alla fame è destinata a rendere più intensi gli effetti delle crisi già in atto, in territori ad alta crescita demografica, ma dove mezzo miliardo di persone non ha accesso all’energia elettrica e l’analfabetismo raggiunge punte del 40%. Parliamo di nazioni fortemente instabili, dove imperano lotte sanguinose, come nel Sahel, o più a Sud. Ne abbiamo avuto esempio proprio il giorno di Pentecoste, in Nigeria, dove la strage di Owo (nell’area meridionale del Paese) è riconducibile all’offensiva dei pastori fulani, musulmani, che contendono i terreni agli agricoltori cristiani per ricavarne foraggio. Tutto ciò è destinato ad abbattersi su un’Europa esposta, scoperta, a lungo politicamente negligente, vittima di attori interessati a movimentare i flussi migratori.
L’Europa rischia
Tornando a questioni di cronaca, quanto accaduto a Peschiera del Garda pone di nuovo, pesantemente, il tema della compatibilità sociale degli immigrati di seconda generazione. Tra un rave non autorizzato poi degenerato in rissa e in scontri con le forze dell’ordine e le molestie sul treno ai danni di un gruppo di minorenni italiane, il quadro della cronaca preoccupa.
Alcune voci della sinistra hanno subito fatto scattare la rete di protezione, appellandosi al non strumentalizzare quanto avvenuto perché si alimenterebbe la diffidenza verso gli stranieri. Posizione ovvia. E però, leggiamo sul Corriere della Sera che questi ragazzi gridavano: “Siamo venuti a conquistare Peschiera. Questo è territorio nostro, l’Africa deve venire qui”. Il Sindaco di Castelnuovo testimonia: “urlavano frasi assurde, sbandierando bandiere di vari paesi africani”. Queste circostanze suggeriscono che a eludere da quanto accaduto il fattore culturale sarebbe pericoloso.
Di nuovo ci troviamo di fronte al rischio di seconde generazioni di immigrati che crescano secondo lo schema delle banlieu parigine: gruppi autoghetizzati, ostili, che vivono secondo le loro regole tribali del tutto antitetiche alla nostra società (dove già esiste il problema delle baby gang di italiani). La ricetta del perdonismo ideologico non ha funzionato ieri e non funzionerà nemmeno oggi. Perché dal Covid nessuno, per incantesimo, è uscito migliore. E perché l’integrazione non si realizza senza regole.
Il prossimo 12 giugno, giorno in cui milioni di cittadini si recheranno alle urne per i referendum sulla giustizia e per il rinnovo di un migliaio di amministrazioni comunali, si raggiungerà il più odioso paradosso di un impazzimento sanitario senza precedenti. Nell’espressione più importante per la sovranità popolare, quello delle urne, gli italiani che vorranno esprimere il loro voto dovranno sopportare gli assurdi protocolli anti-Covid imposti dal ministro Speranza, con l’avallo di una maggioranza di governo ancora terrorizzata dall’idea che un pur minimo dissenso su tali misure possa creare una perdita di consensi.
Di fatto, mentre attualmente è possibile circolare liberamente in gran parte dei luoghi chiusi senza alcuna restrizione, per poter esercitare il diritto di voto si dovrà sottostare alle umilianti misure fortemente volute dal ministro della Sanità, alias ministro della paura diffusa. Si tratta di un vero e proprio Tso antidemocratico le cui inconfessabili finalità, con un virus quasi scomparso sul piano della malattia grave, sembrano avere ben poco a che fare con la tutela della salute pubblica.
In sintesi, questo il meccanismo infernale previsto da una circolare ad hoc del ministero della Salute: “Sarà obbligatorio presentarsi ai seggi con un dispositivo di protezione (che sia almeno una mascherina chirurgica) e utilizzare i gel messi a disposizione dagli scrutatori per igienizzare le mani.
A terra e sulle pareti, poi, un’apposita segnaletica indicherà i percorsi da seguire e bisognerà mantenere una distanza interpersonale di almeno un metro, evitando assembramenti. Dopo essere entrati nel seggio e prima di ricevere la scheda elettorale ed entrare nella cabina è poi preferibile che l’elettore igienizzi nuovamente le mani. Quindi, qualora sia necessario per il suo riconoscimento, deve mettersi a una distanza di almeno un metro da scrutatori, presidente e segretario di seggio e abbassare la mascherina. Dopo aver votato, l’elettore inserisce da solo le schede nelle rispettive urne. Sono quindi previste diverse pulizie di seggi e locali utilizzati, mentre scrutatori e presidenti devono sostituire la mascherina ogni 4-6 ore o comunque ogni volta che il dispositivo è inumidito o rende difficoltosa la respirazione.”
Dunque, a circa due anni e mezzo dall’arrivo del virus cinese (ricordo che il decano dei virologi europei, Giorgio Palù, ha più volte ricordato che a suo dire nessuna pandemia di tale portata a mai durata oltre i due anni), l’Italietta del regime sanitario infinito decide di farci andare alle urne con un protocollo anti-Covid da far invidia agli stessi cinesi, impedendo di votare a chiunque rifiuti di indossare l’abominevole mascherina insieme al resto delle inqualificabili coercizioni predisposte.
In realtà, come mi trovo a ripetere fino alla nausea, anche in questo caso si tratta di uno spudorato tentativo di manipolazione di massa, mirante a modificare in modo subdolo gli equilibri politici attraverso un uso vergognoso della paura virale. Paura virale che le citate, demenziali misure servono essenzialmente a rinfocolare anche quando ci troviamo nella solitudine della cabina elettorale. È come se una sorta di grande fratello sanitario, perfettamente incarnato dall’evanescente Speranza, ci ricordasse che il virus è vivo ma che il regime sanitario lotta insieme a noi per eliminarlo del tutto dalla nostra esistenza.
Se poi agli artefici di questa colossale operazione di salvezza nazionale basata essenzialmente su misure magiche, ovvero sul nulla, dovesse arrivare dagli elettori riconoscenti qualche voto in più, tanto di guadagnato. Questi sono i tempi e questi sono gli uomini, ahinoi.
Claudio Romiti, 7 giugno 2022
FONTE: https://www.nicolaporro.it/i-medici-le-ffp2-possono-provocare-malori-gravi-agli-anziani/
Una nuova grande carovana di migranti punta agli Stati Uniti
Sono quasi 15mila le persone che vogliono attraversare il Messico fino agli Stati Uniti. Non è la prima carovana di migranti che lascia Tapachula, una soffocante città al confine tra Messico e Guatemala, ma questa potrebbe essere la più grande mai registrata. 11mila persone sono pronte a partire, ma si stima che potrebbero diventare presto 15mila.
Luís Villagrán, organizzatore della carovana e direttore del Centro per la Dignità Umana senza scopo di lucro, ha affermato che “questa è la più grande migrazione umana di massa che abbia visto negli ultimi dieci anni”. La maggior parte sono donne e bambini di tutte le fasce di età. Rannicchiati vicinissimi l’uno all’altro per proteggersi, il loro obiettivo è attraversare il Messico attraverso la rotta costiera, una strada di non facile percorrenza a causa delle colate di fango dovute all’uragano Agatha, che in questi giorni ha devastato le terre messicane, oltre alle difficoltà dovute al sole.
Molti arrivano da Venezuela, Cuba e Nicaragua, i tre paesi in cui Joe Biden si è rifiutato di inviare governanti autoritari alla vigilia del Summit delle Americhe, che si svolgerà la prossima settimana a Los Angeles. Ci sono inoltre haitiani, salvadoregni, honduregni, guatemaltechi e anche cittadini dell’India, del Bangladesh e di diversi paesi africani.
L’Istituto Nazionale Messicano per la Migrazione (Inm) ha scritto a Villagrán di sostenere i membri della carovana e che si sarebbe impegnato ad aiutare i più bisognosi. Nella lettera si legge anche che la carovana è il risultato del grande flusso di migrazione da quasi tutti i paesi delle Americhe verso gli Stati Uniti negli ultimi anni e la causa è l’alto tasso di violenza e instabilità economica nel continente.
È la prima volta che il governo messicano risponde a una carovana prima che parta e questo potrebbe essere un segnale di cambiamento nel modo in cui le autorità rispondono ai grandi gruppi di migranti. Infatti, “l’immigrazione è usata come strumento politico. Queste donne e questi bambini sono come monete da scambiare. È molto probabile che (Il presidente messicano Andres Manuel Lopez) Obrador voglia usare questa roulotte per sembrare un umanitario prima del Vertice delle Americhe”, sostiene Villagrán.
I cittadini intenti a migrare sono ben consapevoli dei rischi che dovranno affrontare. Negli ultimi tempi, la Guardia Nazionale del Messico ha risposto sempre più violentemente ai migranti. Lo stesso Villagrán, che ad aprile aveva organizzato una carovana più contenuta, fu aggredito dalle truppe della Guardia Nazionale. Quest’ultima a Tapachula viene utilizzata per radunare i gruppi di migranti indisciplinati davanti all’ufficio dell’Inm della città, dove molta gente attende settimane o mesi per ottenere il visto umanitario per poter lasciare la città.
Prima di poter partire, Villagrán ha richiesto che vengano rilasciati i visti umanitari, affinché il gruppo possa passare i controlli senza essere arrestato o attaccato dalla Guardia Nazionale messicana. Infatti, chiunque tenti di passare senza essere in possesso del visto, viene rimandato a Tapachula e obbligato ad attendere mesi per documenti che potrebbero non arrivare.
A Tapachula i migranti sono aumentati a dismisura negli ultimi tre mesi, arrivando a riempire i centri di accoglienza che un tempo ospitavano un massimo di 400 persone con oltre 2mila. Le condizioni di vita a cui sono costretti sono insostenibili: bagni putridi, cibo che scarseggia, e alcuni di loro dormono nei corridoi.
Migranti partecipano a una manifestazione per chiedere i documenti, nella città di Tapachula, stato del Chiapas, Messico, 10 febbraio 2022
Diverse sono state le manifestazioni e le marce di protesta organizzate in questi mesi per richiedere di poter partire legalmente e questa domenica centinaia di migranti hanno manifestato a Tapachula per chiedere alle autorità di consentire loro di partire questo lunedì e fermare i raid contro gli immigrati privi di documenti. Villagrán ha denunciato che agenti dell’Inm, nonostante il sostegno millantato nella lettere di cui si è precedentemente parlato, hanno fatto irruzione in alberghi e case in cerca di migranti.
Biden e la politica al confine
Da quando è entrato in carica, il presidente Joe Biden ha dovuto fronteggiare diverse pressioni sulla gestione del confine tra Stati Uniti e Messico, creando divisioni tra i membri del suo stesso partito, dovute alla decisione dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie di revocare il titolo 42. Si tratta di un’ordinanza che mirava a fermare la diffusione del Covid-19 e che ha consentito alle autorità di espellere celermente i migranti ai confini con gli States. Il primo aprile era stata annunciata la revoca dell’ordine, poiché ritenuto non più necessario, e la scadenza era prevista per il 23 maggio. L’annuncio della revoca ha scatenato un dibattito in cui l’interrogativo principale è stato se sarebbero stati in grado di gestire un aumento di migranti al confine, conseguenza altamente probabile.
Le restrizioni imposte alle frontiere sono state controverse sin da quando sono state annunciate durante l’amministrazione Trump. I difensori dei diritti degli immigrati sostengono già da tempo che la salute pubblica fosse solo un pretesto per tenere gli immigrati fuori dal paese e anche gli esperti di salute pubblica avevano criticato la politica, ritenendola ingiustificata dalle circostanze.
Da quando è stata approvata, le autorità hanno espulso i migranti al confine più di 1,8 milioni di volte in due anni, secondo i dati della Us Custioms and Border Protection. Il sistema di asilo degli Stati Uniti si è quindi bloccato, limitando anche i migranti intenti a fuggire dalla persecuzione. Secondo quanto affermato da Human Rights First, da quando Biden è in carica, si sono verificati quasi 10mila casi di rapimento, tortura, stupro e altri attacchi violenti a persone bloccate o rimandate in Messico a causa del titolo 42. I migranti, però, non hanno mai smesso di tentare l’attraversamento del confine.
Non era difficile prevedere un aumento consistente delle migrazioni, che sono in una certa misura stagionali. Il numero di persone che tentano di attraversare il confine tende ad aumentare in primavera. A questo bisogna aggiungere che le difficoltà economiche della pandemia hanno intensificato ulteriormente le tendenze migratorie.
Ciò che sta accadendo è perfettamente in linea con le numerose previsioni di funzionari, politici ed esperti sull’aumento di migrazioni in seguito alla caduta del titolo 42. L’interrogativo che permane è se si siano realmente preparati per evitare strutture sovraffollate e un sistema sopraffatto.
FONTE: https://it.insideover.com/migrazioni/grande-carovana-migranti-messico-stati-uniti.html
Immigrazione, l’arma segreta in mano al Cremlino
Dove negli ultimi anni l’Unione Europea ha rischiato più volte di cadere? Una domanda la cui risposta salta fuori in modo quasi automatico: è sull’immigrazione che il Vecchio Continente ha dato in diverse occasioni l’idea di disgregarsi da un momento all’altro, almeno sul fronte politico. I Paesi del sud scalpitano da anni per avere una sostanziale modifica del trattato di Dublino e gestire in modo coordinato le richieste d’asilo e l’accoglienza. Quelli del nord invece sembrano non voler molto cambiare lo status quo, visto che chi gestisce le frontiere meridionali funge da parafulmine delle emergenze migratorie del Mediterraneo. Quelli dell’est non vogliono sentir parlare di accoglienza, nemmeno sotto forma di quote da suddividere in proporzione alla popolazione. Ogni qualvolta i capi di Stato e di governo dell’Ue si riuniscono per parlare di immigrazione, difficilmente salta fuori una fumata bianca. Di questo il presidente russo Vladimir Putin ne è ben consapevole. Tanto da vedere nell’immigrazione un’arma capace di piegare, almeno parzialmente, l’unità europea sul fronte ucraino.
La gestione del flusso costante dall’Ucraina
La storia recente parla chiaro. Quando la pressione migratoria diventa difficilmente gestibile nel Vecchio Continente e motivo di lite tra i vari governi, l’Ue decide di scendere a patti e assecondare la controparte. Nel 2016 Erdogan voleva soldi per chiudere i confini, ospitare i siriani che scappavano dall’Isis e non far risalire lungo la rotta balcanica i migranti verso il nord Europa. Su input della Germania, alla fine in quello stesso anno l’Europa ha deciso di staccare un assegno da tre miliardi di Euro e girarlo ad Ankara, con la promessa anche di elargire questa somma nelle stagioni successive. Più di recente, il presidente bielorusso Alexandar Lukashenko voleva il riconoscimento politico dall’Europa dopo che Bruxelles non aveva considerato valide le elezioni che hanno permesso il suo reinsediamento. E l’allora cancelliere tedesco Angela Merkel, nello scorso mese di ottobre, ha alzato la cornetta per chiamare Lukashenko non appena la crisi migratoria generata dalla rotta bielorussa ha messo in difficoltà la Polonia e l’area baltica.
L’attacco militare all’Ucraina ha ovviamente generato, a partire dal 24 febbraio scorso, un flusso migratorio con pochi precedenti a livello globale. Come sottolineato da Francesca Mannocchi su La Stampa, sono almeno sette milioni i cittadini ucraini che hanno abbandonato il loro Paese per riversarsi in Europa. Ancora una volta è la Polonia, per ragioni geografiche, a rappresentare il Paese più esposto. Per adesso il sistema di accoglienza ha tenuto. Anche perché l’empatia e l’immedesimazione con la tragedia del conflitto ha spinto sia i polacchi che i cittadini degli altri Paesi del Vecchio Continente a collaborare. Ma l’emozione iniziale potrebbe ben presto lasciare il passo alle pragmatiche esigenze legate al costo dell’ospitalità.
Ed è su questo che Putin potrebbe puntare. L’Europa del resto sta affrontando una crisi economica molto importante. Provata dall’emergenza coronavirus, nel momento della ripresa sono intervenuti diversi fattori che hanno scatenato una nuova spirale preoccupante. L’impennata dei prezzi e dell’inflazione sta incidente e non poco nei timori di governi e cittadini europei. L’impatto di oltre sette milioni di ucraini in una situazione del genere potrebbe essere visto sotto una cattiva luce anche da chi fino a oggi si è impegnato nell’accoglienza. In poche parole, il Cremlino è ben consapevole che l’Europa non è in grado nel lungo termine di reggere un continuo flusso migratorio dall’Ucraina. Ragione quindi per credere, almeno nella visione delle autorità russe, che prima o poi il Vecchio Continente si muoverà per una mediazione o per, quanto meno, ammorbidire le proprie posizioni nei confronti di Mosca.
Lo spettro di una crisi generata dalla mancanza di grano
C’è poi un’altra partita che Putin sta giocando sul fronte migratorio. Non è legata direttamente alla guerra in Ucraina, bensì a uno dei suoi più drammatici potenziali effetti collaterali. Ossia la crisi alimentare. Il conflitto ha bloccato l’export del grano ucraino, da cui dipendono molti Paesi del nord Africa e del medio oriente. Regioni in cui, giorno dopo giorno, trovare un pezzo di pane sta diventando sempre più difficile. Nei giorni scorsi il ministro dell’Interno italiano Luciana Lamorgese ha parlato di un possibile aumento dei flussi migratori legato alla crisi alimentare. Al momento si sta assistendo a un boom di sbarchi nel nostro Paese, ma è alquanto difficile accostarlo alla carenza di grano. Eventuali effetti in tal senso si vedranno nel lungo termine. Quando cioè, a causa dei prezzi molto alti dei generi di prima necessità, gli Stati coinvolti dalla crisi potrebbero subire un processo di grave instabilità capace quindi di far aumentare i flussi migratori verso l’Europa.
Uno scenario al momento solo potenziale e non reale, ma che si aggiunge alla lista di armi a disposizione di Putin. Il capo del Cremlino sa che nel Vecchio Continente un nuovo flusso di migranti generato dalla carenza di grano è in cima alle preoccupazioni. E che dunque l’Europa potrebbe anche in questo caso dover, prima o poi, scendere a patti.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/immigrazione-l-arma-segreta-in-mano-al-cremlino.html
PANORAMA INTERNAZIONALE
Israele manda le navi da guerra a proteggere le navi di trivellazione nelle aree contese
Giugno 8, 2022 posted by Giuseppina Perlasca
Il gas naturale è oggetto di conflitto non solo fra Europa e Russia, ma anche in medio oriente.. Da quando è stato scoperto il gas, Israele e il Libano sono in conflitto sul loro confine marittimo, anche perché un giacimento di gas sarebbe un toccasana per le devastate finanze libanesi.
Il cuore del conflitto è un giacimento offshore chiamato Karish. Secondo Israele, Karish si trova nelle sue acque territoriali. Secondo il Libano, invece, rientra in un triangolo di acque contese perché le due parti non riescono a mettersi d’accordo su dove passi esattamente il confine. Come riporta la Reuters, “Israele sostiene che il confine corre più a nord di quanto il Libano accetti, mentre il Libano sostiene che corre più a sud di quanto Israele accetti, lasciando un triangolo di acque contese”.
Questo fine settimana, la britannica Energean, che si è aggiudicata il diritto di trivellare a Karish, è arrivata sul posto con un impianto di perforazione, suscitando l’immediata reazione di Beirut. Il presidente libanese e il primo ministro ad interim del Paese hanno accusato Israele di aver violato la sovranità del Libano.
Secondo la parte libanese, inoltre, le forze armate israeliane hanno inviato navi da guerra sul campo nei pressi del punto di perforazione, anche se l’impianto di trivellazione non è ancora stato collegato al giacimento, come ha riferito questa settimana il quotidiano israeliano Haaretz.
Le due parti contestano la corretta posizione del giacimento rispetto ai confini marittimi. “I tentativi del nemico israeliano di creare una nuova crisi, invadendo le ricchezze marittime del Libano e imponendo il fatto compiuto in un’area contesa in cui il Libano si attiene ai propri diritti, sono estremamente pericolosi”, ha dichiarato il capo del governo provvisorio libanese, Najib Mikati.
Israele ha avvertito fin da subito che qualsiasi danno all’impianto di trivellazione di Karish, così come gli attacchi a qualsiasi impianto di trivellazione di gas nelle sue acque, sarà interpretato come un attacco allo Stato, il che implica una reazione immediata.
Amos Hochstein, inviato speciale del Dipartimento di Stato americano e coordinatore per gli affari energetici internazionali, sembra essere stato invitato da Beirut a risolvere, in modo mediato, la questione. Il Libano non ha una forza navale tale da costituire una minaccia per Israele, ma movimenti terroristici potrebbero attaccare le istallazioni, e comunque c’è sempre il pericolo di un attacco missilistico.
Mentre il Libano non ha ancora trovato gas a livello commerciale nelle sue acque, Israele sta già producendo da un paio di giacimenti giganti e ha grandi progetti di sviluppo energetico. Il Paese ha recentemente avviato colloqui con l’Unione Europea per iniziare a esportare il gas dopo averlo liquefatto in Egitto. Il ministro dell’Energia Karine Elharrar ha dichiarato che ciò darà il via a una serie di nuove gare d’appalto per la trivellazione, che si svolgeranno nel terzo trimestre dell’anno.
Nei prossimi anni, Israele intende raddoppiare la propria produzione di gas naturale, portandola a 40 miliardi di metri cubi, sia attraverso l’espansione di progetti già esistenti, come il giacimento Leviathan, sia attraverso la messa in funzione di nuovi progetti, come quello di Karish. L’Europa è un ovvio mercato di destinazione per tutto questo gas.
“Israele deve agire il più rapidamente possibile, poiché la finestra per firmare contratti e diventare un importante fornitore di gas all’Europa sarà aperta solo per un periodo di tempo limitato”, ha dichiarato recentemente Gina Cohen, consulente per il gas, in una relazione per il Ministero degli Esteri israeliano e il Parlamento europeo.
Per concretizzare i suoi piani, Israele dovrà mettere in sicurezza i suoi giacimenti di gas, il che rende la risoluzione della controversia vantaggiosa per tutti, anche per Israele. La sicurezza è necessaria per sfruttare le risorse naturali.
FONTE: https://scenarieconomici.it/israele-manda-le-navi-da-guerra-a-proteggere-le-navi-di-trivellazione-nelle-aree-contese/
Ucraina: equivoci, malintesi e incomprensioni
All’origine della guerra in Ucraina ci sono innanzitutto l’ignoranza degli Occidentali di quanto stava accadendo in quel Paese, poi una serie di equivoci e malintesi. Gli Occidentali, concentrati su loro stessi e incapaci d’immedesimarsi nella mentalità della controparte, perseverano a commettere errori. Alla fine, quando le operazioni militari cesseranno e i russi avranno raggiunto i loro obiettivi, enunciati pubblicamente sin dal primo giorno, potranno persino convincersi di avere vinto. In fin dei conti quel che importa agli Occidentali non è salvare vite umane, ma potersi convincere di stare dalla parte giusta della Storia.
Questo articolo è il seguito di:
1. «La Russia vuole costringere gli USA a rispettare la Carta delle Nazioni Unite», 4 gennaio 2022.
2. «In Kazakistan Washington porta avanti il piano della RAND, poi toccherà alla Transnistria», 11 gennaio 2022.
3. «Washington rifiuta di ascoltare Russia e Cina», 18 gennaio 2022.
4. «Washington e Londra colpite da sordità», 1° febbraio 2022.
5. “Washington e Londra tentano di preservare il dominio sull’Europa”, 8 febbraio 2022.
6. “Due interpretazioni della vicenda ucraina”, 15 febbraio 2022.
7. “Washington suona la tromba di guerra, ma gli alleati desistono”, 23 febbraio 2022.
8. “È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra”, 7 marzo 2022.
9. «Una banda di drogati e neonazisti», 7 marzo 2022.
10. “Israele sbalordito dai neonazisti ucraini”, 8 marzo 2022.
11. «Ucraina: la grande manipolazione», 22 marzo 2022.
12. «Con il pretesto della guerra si prepara il Nuovo Ordine Mondiale», 29 marzo 2022
13. «La propaganda di guerra cambia forma», 5 aprile 2022.
14. «L’alleanza di CIA, MI6 e banderisti», 12 aprile 2022.
15. «La fine del dominio occidentale», 19 aprile 2022.
16. «Ucraina: la seconda guerra mondiale non è finita», 26 aprile 2022.
17. «Con la guerra in Ucraina Washington spera di riaffermare la propria superpotenza», 3 maggio 2022.
18. «Il Canada e i banderisti», 10 maggio 2022.
19. «Si prepara una nuova guerra per il dopo-disfatta contro la Russia», 24 maggio 2022.
20. «I programmi militari segreti ucraini», 31 maggio 2022.
La guerra in Ucraina è interpretata in modo molto diverso dagli Occidentali e dai russi. La comprensione delle parole e dei fatti è in entrambi condizionata dalle precedenti esperienze: di fronte agli stessi accadimenti gli uni e gli altri reagiscono in modo diverso e cercano conferme diverse. I due schieramenti non percepiscono allo stesso modo la medesima realtà. Ne nasce una serie di equivoci e fraintendimenti che alimenta un’incomprensione tale da propiziare accidentalmente un conflitto più grave.
I BANDERISTI
I due campi, che si batterono fianco a fianco contro il nazismo, non vissero quel periodo allo stesso modo, per cui ne hanno sedimentato ricordi diversi.
La stampa russa mette sullo stesso piano banderisti e nazisti. Vuole risvegliare il ricordo della Grande Guerra Patriottica (per gli Occidentali: la seconda guerra mondiale). Quando, a giugno 1941, la Germania attaccò la Russia, questa era impreparata e subì un tremendo contraccolpo. Stalin riuscì a unire i russi alleandosi alla chiesa ortodossa, fino a quel momento combattuta, e liberando gli oppositori politici condannati al Gulag. Rievocare oggi questo periodo storico significa assumere l’impegno di riconoscere a ciascuno il proprio ruolo, a condizione che difenda la nazione.
I russi considerano i banderisti/nazisti odierni pericoli esiziali. A ragione, perché i nazionalisti ucraini si ritengono «nati per sradicare i moscoviti».
Di conseguenza, gli attacchi occidentali alla persona di Vladimir Putin non colpiscono l’obiettivo e sono inefficaci. Putin non è più nel mirino degli oppositori russi. Che lo apprezzino o lo combattano, per i russi Putin è il loro capo, come lo fu Stalin dal giugno 1941.
Anche la stampa occidentale mette banderisti e nazisti sullo stesso piano, ma solo per poter più facilmente relativizzarne la rilevanza. Nel ricordo dei popoli dell’Europa occidentale, il nazismo minacciava solo le minoranze. Inizialmente malati mentali e vecchi incurabili, poi ebrei e zingari furono divisi dal resto della popolazione per poi sparire. Gli slavi ricordano invece eserciti che avanzavano radendo al suolo, uno dopo l’altro, ogni villaggio conquistato. Nessuno sopravviveva. Non soltanto il nazismo incute meno paura agli europei, ma gli anglosassoni sopprimono addirittura i simboli che potrebbero rinfocolarne il ricordo. Per esempio, a fine maggio i consulenti in comunicazione britannici hanno modificato lo stemma del reggimento Azov, rimpiazzando l’uncino del lupo (Wolfsangel), associato alla divisione SS Das Reich, con tre spade disposte in tridente, che evocano la Repubblica Nazionale Ucraina (1917-1920): hanno fatto sparire un’insegna nazista sostituendola con un’insegna antibolscevica. Infatti, l’immaginario europeo occidentale equipara Unione Sovietica e Russia, ignorando che la maggior parte dei dirigenti sovietici non era russa.
I consulenti in comunicazione britannici assicurano che i banderisti/nazisti ucraini sono paragonabili agli odierni nazisti occidentali: gruppuscoli marginali di arrabbiati. Non ne negano l’esistenza, ma vogliono far credere che siano irrilevanti. Così fanno sparire sia le tracce della loro attività parlamentare e governativa, cominciata nel 1991, sia le immagini dei monumenti a loro dedicati, sorti un po’ ovunque nel Paese.
Dal 1991 al 2014 i giornali di tutto il mondo hanno ignorato la lenta ricostituzione in Ucraina dei banderisti. Tuttavia, a febbraio 2014, quando fu rovesciato il presidente eletto Viktor Yanukovich, tutti i giornalisti che seguivano la “Rivoluzione della Dignità” si dissero colpiti dal ruolo centrale avuto dalle milizie di estrema destra nelle manifestazioni. I media di tutto il mondo hanno diffuso reportage su questi strani “nazionalisti” che esibivano croci uncinate. Ma un mese dopo, quando la Crimea, rifiutandosi di accettare l’ingresso al potere di questi estremisti, ha proclamato la propria indipendenza, le inchieste della stampa occidentale sono bruscamente cessate: continuare a rendere conto della deriva dell’Ucraina avrebbe significato dare ragione alla Federazione di Russia, che aveva accettato l’adesione della Crimea. Da quel momento, e per otto anni, nessun media occidentale ha fatto inchieste, per esempio, sulle accuse di rapimento e tortura su larga scala che hanno investito il Paese. Poiché in questi anni hanno deliberatamente ignorato i banderisti, ora non sono in grado di valutarne l’attuale ruolo politico e militare.
Insistono a tenere chiusi gli occhi anche davanti all’involuzione del potere ucraino durante la guerra. La stampa occidentale ignora tutto della dittatura instaurata: della confisca da parte dello Stato di tutti i media, dell’arresto di personalità dell’opposizione, del sequestro dei beni delle persone che rievocano i crimini storici dei banderisti e dei nazisti, e così via. Per contro, la stampa russa segue minuziosamente l’improvviso mutamento ed è costernata di aver chiuso gli occhi per tanti anni.
Noi, sebbene con ritardo, abbiamo scritto la storia dei banderisti; un tema cui non è stato dedicato alcun saggio, segno che da questo punto di vista l’Ucraina appassiona nessuno. Le nostre analisi, tradotte in una decina di lingue, alla lunga hanno fatto breccia in molti responsabili militari e diplomatici occidentali. I quali hanno cominciato a premere sui propri governi per far cessare il sostegno a questi nemici dell’umanità.
LA CREDIBILITÀ DEI DIRIGENTI OCCIDENTALI E DEI DIRIGENTI RUSSI
Ci sono due diversi modi di misurare la credibilità di un dirigente: o se ne valutano le buone intenzioni, o si giudica il bilancio delle sue azioni. Gli europei occidentali, che si sono messi sotto la protezione degli Stati Uniti, sono convinti di non essere più protagonisti della Storia, ma di subirla. Perciò, diversamente dal secolo scorso, non hanno più bisogno di personalità politiche. Di fatto, eleggono solo gestori che si presentano pieni di buone intenzioni. I russi invece, dopo il crollo del Paese durante gli anni di Eltsin, hanno voluto riconquistare l’indipendenza e rompere con il liberalismo statunitense, nel quale per un decennio avevano creduto. Per questo motivo hanno eletto e rieletto Vladimir Putin, di cui hanno verificato l’efficienza. La Russia si è aperta all’estero, conquistando però l’autosufficienza in molti settori, compreso quello alimentare. Non considerano le sanzioni della Nato punizioni, ma, consapevoli che l’Alleanza Atlantica rappresenta solo il 12% della popolazione mondiale, una chiusura dell’Occidente al resto del mondo.
Indipendentemente dai regimi politici, i dirigenti civili che vogliono unire il più possibile la popolazione sanno che, per conservarne la fiducia, non possono mentire; al contrario, quelli al servizio di una minoranza che sfrutta la maggioranza sono costretti a mentire per non essere rovesciati. Peraltro, i dirigenti militari, che in tempo di pace tendono a scambiare i propri sogni per realtà, quindi a mentire, in tempo di guerra per vincere sono obbligati a rimanere il più possibile aderenti alla realtà.
Gli Occidentali sono stati segnati dall’impatto fortemente traumatizzante degli attentati dell’11 settembre 2001 e dalla sceneggiata del 5 febbraio 2003 del segretario di Stato statunitense, generale Colin Powell, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Gli attentati di New York li hanno sconvolti: prima hanno visto gente buttarsi dalle finestre, poi il crollo delle torri, e infine si sono resi conto dell’inattendibilità delle spiegazioni ufficiali. Hanno cominciato a essere diffidenti verso i politici che fingevano di credere a queste fanfaluche [1]. Poi, persuasi che un militare non potesse mentire su una minaccia alla sicurezza così grave, hanno creduto a quel che diceva un generale. Infine, si sono avviliti constatando che la messinscena era solo una scusa per rovesciare un governo che resisteva agli Stati Uniti e per impadronirsi delle sue risorse petrolifere e finanziarie. Il discorso del generale Powell [2] [nel quasi si attribuiva falsamente a Saddam il possesso di armi di distruzioni di massa, ndt] era stato scritto da politici: gli Straussiani dell’Office of Strategic Influence (OSI). Lo confessò più tardi lo stesso Powell, vergognandosene. Una fiducia mal riposta che è costata la vita a oltre un milione di persone [3]. Dal 2003 gli Occidentali non credono più alle promesse di chi li governa; un fenomeno un po’ meno evidente in Francia, che fu l’unico Paese a contraddire pubblicamente il generale Powell.
I russi invece distinguono tra politici che parlano per luoghi comuni da quelli che difendono l’interesse collettivo. Negli anni Duemila hanno dapprima creduto al discorso occidentale e sperato di poter godere della libertà e della prosperità. Ma hanno vissuto uno spaventoso crollo, assistendo impotenti al furto della ricchezza collettiva da parte di pochi delinquenti. Allora si sono affidati a persone con più solidi valori: concittadini che hanno a cuore l’interesse generale e formati dal KGB. Oggi vivono sperando di essere liberati da quanto resta di quel periodo di smarrimento: dagli oligarchi installati all’estero e da una certa borghesia mondialista di Mosca e San Pietroburgo. Giudicano ladri i primi e sono contenti che le loro ricchezze, per il Paese già perse, siano confiscate dagli Occidentali. Quanto ai secondi, sanno bene che esistono in Russia come in ogni altra parte del mondo globalizzato. Senza rammarico vedono alcuni andarsene dal Paese. I russi sanno che il presidente Putin e il suo gruppo di governo sono riusciti a risolvere il problema alimentare e a ridare lavoro; che hanno ricostituito le forze armate e li proteggono dal rifiorente nazismo. Ovviamente la Russia non è il Paese delle meraviglie, ma le cose sono molto migliorate da quando sono questi politici a governare.
LA NATO È LA PIÙ GRANDE ALLEANZA MILITARE AL MONDO O UNA MINACCIA CONTRO LA RUSSIA?
Gli europei occidentali, nati e cresciuti in una regione sotto tutela degli USA, credevano che l’organizzazione unipolare del mondo sgorgasse naturalmente. Poiché da una sessantina d’anni non hanno guerre in casa propria (i francesi hanno dimenticato gli attentati di Parigi durante la guerra di Algeria), non capiscono perché il resto del mondo non voglia saperne della Pax americana.
I russi, dopo aver eletto Boris Eltsin e i suoi consulenti USA, subirono invece un brutale abbassamento di 20 anni della speranza di vita; ebbero due guerre in Cecenia, con annessi attentati islamisti, da Beslan a Mosca. I banderisti ucraini andarono a dar manforte agli jihadisti dell’Emirato Islamico di Ichkeria.
Poco importa agli europei occidentali che la Nato in Francia abbia tentato di eliminare Charles De Gaulle, in Italia abbia fatto assassinare Aldo Moro e in Grecia abbia organizzato il colpo di Stato dei colonnelli [4]. Sono vicende che conoscono solo gli specialisti e non trovano posto nei manuali scolastici. La Nato è la più grande alleanza militare della storia e le sue dimensioni garantiscono, in teoria, la vittoria.
Ma negli anni Novanta la Nato ha rifiutato l’adesione della Russia: si è data un nuovo assetto, non in quanto forza di stabilizzazione del continente, ma come organizzazione anti-Russia, anche a rischio di provocare una guerra in Europa. Gli Occidentali riscrivono la storia affermando di non aver mai preso l’impegno di non estendere l’Alleanza a oriente. Ma, al momento della riunificazione delle due Germanie, il presidente francese François Mitterrand e il cancelliere tedesco Helmut Kohl fecero inscrivere nel Trattato sullo Stato Finale della Germania (13 ottobre 1990) che le quattro potenze vincitrici del nazismo avrebbero concordato misure miranti a rafforzare la fiducia in materia di armamento e disarmo, per garantire la pace sul continente, conformemente ai principi stabiliti dall’Atto Finale di Helsinki (1° agosto 1975). Principi riaffermati nelle Dichiarazioni di Istanbul (Carta della Sicurezza Europea, 19 novembre 1990) e di Astana (2 dicembre 2010). Essi stabiliscono:
– il diritto di ogni Stato di concludere alleanze militari di propria scelta;
– come corollario del principio di cui sopra, il dovere di ogni Stato di non adottare misure di sicurezza che minaccino i vicini.
La Russia infatti non ha mai contestato l’adesione degli Stati dell’Europa Centrale e Orientale al Trattato del Nordatlantico, ma ha sempre denunciato l’insediamento di forze statunitensi sul loro territorio. In altri termini, la Russia non contesta l’esistenza della Nato, ma il suo funzionamento all’interno del Comando Integrato. È bene essere precisi: la Russia non si oppone a che Ucraina, Finlandia e Svezia si alleino agli Stati Uniti e siano protetti dall’art. 5 dell’Alleanza Atlantica; non accetta però che l’adesione implichi l’insediamento di truppe e di armi Usa sul loro territorio.
Per la Russia il punto non è prevenire tiri di missili dalla frontiera terrestre, dal momento che sottomarini potrebbero comunque avvicinarsi alla sua frontiera marittima. La preoccupazione di Mosca è altra. A differenza della maggior parte degli Stati, la Federazione di Russia ha una popolazione ridotta rispetto all’estensione. Quindi non può difendere i propri confini. Con l’invasione di Napoleone del 1812 ha imparato a proteggersi facendo conto sull’immensità del territorio: tagliare all’invasore le linee di approvvigionamento e lasciarlo morire di freddo quando arriva l’inverno. È la “strategia della terra bruciata”, che indusse a evacuare Mosca trasferendo la popolazione a oriente. Questa strategia richiede però che l’invasore non possa contare su retro-basi in un Paese vicino.
Una strategia anch’essa fonte di equivoci. La Russia non vuole estendere la propria influenza in Europa, come aveva fatto l’Unione Sovietica di Leonid Breznev. Non nutre nemmeno mire imperialiste, come la Russia zarista. Vuole solo che nessun grande esercito s’insedi in prossimità. Un atteggiamento che i cremlinologi meglio informati definiscono, a torto, «paranoico», ma che invece è frutto di attenta riflessione.
L’ARTE OPERATIVA
I film hollywoodiani mettono in scena atti eroici di pochi uomini che rovesciano le sorti di una battaglia, i film di guerra russi invece parlano di eroi che si sacrificano per rallentare l’avanzata del nemico e permettere alla popolazione di ripiegare. I russi non provano vergogna a ritirarsi, se questo serve a evitare un bagno di sangue.
Una diversità che ha portato i militari slavi a concepire l’“arte operativa”, a metà strada fra strategia e tattica: non è lo studio di come dispiegare eserciti, né di come condurre una battaglia, ma di quanto potrebbe essere fatto per rallentare l’esercito nemico e prevenire lo scontro. Anche gli eserciti occidentali hanno cercato di escogitare un’“arte operativa”, ma non ci sono riusciti perché non ne hanno alcun bisogno.
Sul piano militare la guerra in Ucraina può essere così riassunta: l’obiettivo, stabilito pubblicamente dal presidente Putin, era «disarmare e denazificare» l’Ucraina. Il piano messo in atto dallo stato-maggiore è inizialmente consistito nel seminare confusione fra gli avversari, poi, dopo aver disorganizzato l’esercito ucraino, nel raggiungere l’obiettivo.
Lo stato-maggiore russo ha attaccato da tutte le frontiere possibili; da Rostov, dalla Crimea, da Belgorod, da Kursk e dalla Bielorussia. In questo modo le forze armate ucraine non sapevano dove concentrare gli sforzi. In un apparente disordine, i russi hanno distrutto le difese aeree ucraine e sono piombate sulla centrale nucleare di Zaporijjia, da cui hanno recuperato le riserve illegali di uranio e di plutonio, nonché su diversi laboratori militari, dove hanno distrutto contenitori di virus e altre armi biologiche [5]. Quando gli Occidentali hanno deciso d’inviare armi al fronte, i russi hanno distrutto le ferrovie. Poi hanno combattuto il reggimento banderista Azov nel feudo di Mariupol. Ora ripuliscono le parti degli oblast di Donetsk e Lugansk occupate dagli ucraini.
Frattanto gli Occidentali hanno creduto che i russi volessero prendere Kiev e arrestare il presidente Volodymyr Zelensky, che mai sono stati loro obiettivi; infine che volessero occupare l’intero Paese, cosa non volevano assolutamente fare. Gli Stati Uniti hanno preso un abbaglio con la Blitzkrieg: credevano di dover evitare la caduta rapida del regime, mentre avrebbero dovuto difendere le riserve di Zaporijjia. Poi hanno creduto di dover proteggere Odessa e Leopoli, invece era Mariupol cui i russi puntavano. L’“arte operativa” dei russi si è dispiegata per raggiungere gli obiettivi annunciati in tempi record; nel frattempo gli Occidentali si rallegravano per aver impedito il raggiungimento di obiettivi immaginari.
Gli Occidentali sono in generale talmente egocentrici da non sapersi di calare nella mente degli avversari. Il Pentagono ha ancor più facilmente sbagliato in quanto la maggior parte degli ufficiali ignorava le attività degli Straussiani: l’organizzazione dei banderisti, i loro collegamenti con elementi di estrema destra di numerosi eserciti occidentali (l’Ordine segreto Centuria [6]) e i loro programmi di armamenti segreti [7].
FONTE: https://www.voltairenet.org/article217177.html
La Francia islamista dimentica e perseguita Voltaire
Giugno 9, 2022 posted by Guido da Landriano
François-Marie Arouet, detto Voltaire, vide l’interno della Bastiglia per i propri scritti a 23 anni, un modo molto diretto per imparare quanto il potere sia abusivo. Nonostante la sua prigionia i suoi scritti circolarono, anzi divennero ancora più famosi. Un seme di libertà e laicità era stato gettato.
Oggi la Francia islamica e ipocrita del “Politicamente corretto” sta cercando di dimenticarlo e di cancellarlo. Come nota il giornale tedesco FAZ il filosofo francese è ormai al centro di un attacco concentrico. La sua opera “Maometto, ossia del fanatismo” non viene più rappresentata da anni per le proteste degli islamici, che, all’epoca di Charlie Hebdo, bloccarono una sua esecuzione. Da allora, e ormai sono passati molti anni, nessuno ha più avuto il coraggio di rappresentare quest’opera del commediografo francese. Me Too e “Politicamente corretti” lo hanno attaccato perché all’epoca giustificò la schiavitù come figlia dei tempi. Una colpa , sicuramente, ma cancellare tutta la sua figura per un solo pensiero, tra l’altro in linea con quello che facevano, all’epoca, quasi tutti gli stati europei, soprattutto quelli che oggi prendono posizioni moralistiche, è un delitto e un errore.
Due anni fa la statua di Voltaire presso la Acamédie Française venne imbrattata di rosso e danneggiata dagli estremisti di Black Lifes Matter. Da allora è stata portata al chiuso, in un laboratorio di restauro, per un lunghissimo ripristino, che in realtà è stata una segregazione. Ora dovrebbe tornare all’esterno, ma nel giardino della Facoltà di Medicina perché questo spazio può essere chiuso da cancelli e sbarre. A tre secoli di distanza Voltaire torna in prigione per le sue idee, ma non c’è nessun sovrano illuminato che lo può liberare. Solo il cieco fanatismo oscurantista che tanto combatté in vita.
Povera Francia, povera Europa
FONTE: https://scenarieconomici.it/la-francia-islamista-dimentica-e-perseguita-voltaire/
STORIA
Schiaccianti responsabilità della Francia sul genocidio in Ruanda
La Francia ha “responsabilità schiaccianti” per il genocidio del 1994 in Ruanda ed era “cieca” a i preparativi per i massacri, un rapporto di storici ha detto venerdì ma ha aggiunto che non c’erano prove che Parigi fosse complice delle uccisioni.
Una commissione storica istituita dal presidente Emmanuel Macron ha concluso che c’era stato un “fallimento” da parte della Francia sotto l’ex leader Francois Mitterrand per il genocidio che ha visto massacrare circa 800.000 persone, principalmente dalla minoranza etnica tutsi.
Lo storico Vincent Duclert, che ha guidato la commissione, ha consegnato il rapporto schiacciante a Macron all’Eliseo dopo anni di accuse secondo cui la Francia non ha fatto abbastanza per fermare le uccisioni ed è stata persino complice dei crimini.
Il genocidio tra aprile e luglio del 1994 iniziò dopo che il presidente hutu del Ruanda Juvenal Habyarimana, con il quale Parigi aveva coltivato stretti legami, fu ucciso quando il suo aereo fu abbattuto su Kigali il 6 aprile.
Un quarto di secolo dopo, la questione avvelena ancora le relazioni moderne tra Francia e Ruanda sotto il suo controverso presidente Paul Kagame, un ex ribelle tutsi che ha governato la nazione montuosa nella regione dei Grandi Laghi africani dall’indomani del genocidio.
“La Francia è complice del genocidio dei Tutsi? Se con questo intendiamo la volontà di partecipare a un’operazione di genocidio, nulla negli archivi esaminati lo dimostra”, affermano le conclusioni del rapporto.
“Tuttavia, per molto tempo, la Francia è stata coinvolta in un regime che incoraggiava i massacri razzisti. È rimasta cieca alla preparazione di un genocidio da parte degli elementi più radicali di questo regime”.
Il rapporto criticava le autorità francesi sotto Mitterrand per aver adottato una “visione binaria” che poneva Habyarimana come un “alleato hutu” contro un “nemico” delle forze tutsi sostenute dall’Uganda, per poi offrire un intervento militare solo “tardivamente” quando era troppo tardi per fermare il genocidio.
“La ricerca stabilisce quindi una serie di responsabilità, sia gravi che schiaccianti”, ha detto.
Il giornalista e autore Andrew Wallis ha detto che il rapporto è “roba esplosiva”.
“L’unica cosa che mi ha colpito è stato il fatto che dicono che i servizi segreti francesi sapevano che erano gli estremisti hutu che hanno sparato all’aereo del presidente Habyarimana, che è stato visto come il fattore scatenante del genocidio”, ha detto Wallis.
“Il rapporto di un precedente giudice francese lo aveva negato e aveva incolpato l’RPF del presidente Kagame (il partito del Fronte patriottico ruandese), e questa disinformazione ha fatto il giro per 27 anni. Era nei loro archivi che sapevano che in realtà non era vero.”
Macron ha ordinato la creazione della commissione nel maggio 2019 per analizzare il ruolo della Francia in Ruanda dal 1990 al 1994 attraverso ricerche d’archivio.
La Francia ha guidato in particolare l’operazione Turchese, un intervento militare-umanitario lanciato da Parigi su mandato delle Nazioni Unite tra giugno e agosto 1994. I suoi critici dicono che in realtà era finalizzato a sostenere il governo genocida degli hutu.
Ci sono state anche ripetute accuse secondo cui le autorità di Parigi avrebbero aiutato i sospettati del genocidio in Ruanda a fuggire mentre erano sotto la protezione militare francese.
Il rapporto concludeva che nel luglio 1994 “gli assassini ma anche le menti del genocidio” si trovavano in una zona sicura stabilita dalle forze francesi nell’ovest del Paese “che le autorità politiche francesi si rifiutarono di arrestare”.
Mitterrand e la sua cerchia ristretta temevano anche l’invasione dell’influenza di lingua inglese nell’Africa francofona sotto l’influenza dell’Uganda e dell’RPF di Kagame.
Il rapporto racconta di decisori francesi intrappolati nel pensiero “postcoloniale” che hanno sostenuto il regime “razzista, corrotto e violento” di Habyarimana di fronte a una ribellione tutsi considerata come diretta dall’Uganda di lingua inglese.
Mitterrand “ha mantenuto un rapporto forte, personale e diretto con il capo di stato ruandese” Habyarimana, ha detto.
“Librarsi sul Ruanda era la minaccia di un mondo anglosassone, rappresentato dall’RPF e dall’Uganda, così come dai loro alleati internazionali”.
Le autorità francesi si sono comportate come se “agire di fronte a un genocidio non fosse nel regno delle possibilità” quando c’era un “obbligo morale” di garantire che i genocidi non si ripetessero mai più, afferma il rapporto.
La commissione di 15 membri non ha alcuno specialista sul Ruanda, una mossa che la presidenza francese sostiene fosse necessaria per garantire la totale neutralità.
Ma gli storici – che includono esperti sull’Olocausto, i massacri degli armeni nella prima guerra mondiale e il diritto penale internazionale – hanno avuto accesso agli archivi, compresi quelli dello stesso Mitterrand, che sono stati a lungo chiusi ai ricercatori.
In una dichiarazione della presidenza francese, Macron ha accolto con favore il rapporto in quanto segna “un notevole progresso nella comprensione e nella descrizione del coinvolgimento della Francia in Ruanda”.
I funzionari dell’ufficio di Macron hanno affermato che l’inchiesta non riguardava solo il miglioramento delle relazioni con il Ruanda ma con l’intero continente africano, poiché anche altri paesi hanno domande su ciò che la Francia ha fatto in quel momento.
Mentre cerca di posizionare la Francia come un attore assertivo sulla scena mondiale, Macron ha intrapreso dei passi tentativi per venire a patti con aspetti un tempo tabù del record storico del paese, anche se molti vorrebbero vedere passi molto più audaci.
Lo storico Benjamin Stora è stato incaricato di esaminare le azioni della Francia durante la guerra d’indipendenza dell’Algeria e ha chiesto una “commissione per la verità” e altre azioni conciliative in un importante rapporto consegnato a gennaio.
Macron ha escluso le scuse ufficiali per torture e altri abusi compiuti dalle truppe francesi in Algeria.
È probabile che i contenuti del rapporto Rwanda abbiano un impatto importante sulle future relazioni tra Francia e Ruanda, che Macron ha detto di voler visitare entro la fine dell’anno.
FONTE: https://ilformat.info/2021/03/27/schiaccianti-responsabilita-della-francia-sul-genocidio-in-ruanda/
LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA DEL POTERE NEGLI STATI UNITI D’AMERICA
Sommario: 1. Introduzione – 2. L’Era Trump – 3. Critiche e reazioni – 4. I quattro scenari per la rimozione del Presidente – 4.1. Dimissioni – 4.2. XIV emendamento – 4.3. XXV emendamento – 4.4. Impeachment – 5. Limiti e presupposti per l’attivazione dell’impeachment: il dibattito in dottrina – 6. Democrazia: il valore da proteggere e preservare – 7. Transizione democratica “in order to (re)form a more perfect Union” – 8. Riflessioni conclusive: what comes next?
1. Introduzione
Ciò di cui il mondo intero è stato testimone, nella giornata del 6 gennaio 2020, avrebbe potuto tranquillamente far parte della narrativa distopica di Philip K. Dick, se non fosse che le immagini trasmesse dalle emittenti statunitensi stavano riprendendo null’altro che la realtà: i supporter del Presidente Trump in marcia verso il Campidoglio per esprimere la loro rabbia e frustrazione per la vittoria elettorale di Joe Biden, irrompendo all’interno dell’edificio durante la seduta del Congresso con i suoi membri riuniti in sessione per certificare il risultato elettorale.
Le immagini di quella giornata ci hanno mostrato gli scontri con la polizia: le barricate ed i checkpoint di sicurezza a nulla sono serviti contro la loro furia, la folla manifestante ha fatto irruzione nell’edificio sventolando le bandiere confederate, saccheggiando gli uffici dei membri del Congresso, tenuta insieme dalla falsa retorica che ha accompagnato gli USA dalla notte del 3 novembre e anche prima, ossia la narrativa parziale secondo la quale le elezioni erano state una frode e Trump fosse il vero vincitore di quella tornata.[1]
La violenza manifestata durante l’insurrezione ha spinto molti ad interrogarsi sullo spettro politico americano, al fine di chiedersi cosa possa essersi incrinato nel corso della storia politico-istituzionale del Paese. Pur tralasciando l’orrore di quei crimini, l’insurrezione ed il supporto offerto ai manifestanti da molte branche della società stessa, gli eventi di quella giornata rappresentano, senza possibilità di errore, sintomi di una disfunzione nel corpo politico che era rimasta latente.
Tra una pandemia globale e la sua conseguente crisi economica, il Popolo americano si è ritrovato a confrontarsi con una trasformazione in corso d’opera della società stessa, talmente destabilizzante come nessun’altra mai sperimentata nel corso della propria storia.[2] Ma il vento dell’incertezza aveva cominciato a soffiare, negli Stati Uniti, molti anni prima, all’epoca in cui la Nazione si apprestava a dare il benvenuto alla Presidenza Trump, il quale con la sorpresa di molti e contro tutte le previsioni sondaggistiche era riuscito nell’impresa di vincere le elezioni presidenziali (nonostante avesse perso la sfida del voto popolare).
2. L’Era Trump
Ripercorrendo a ritroso i vari eventi che, concatenatisi tra di loro, hanno condotto ad una delle manifestazioni più drammatiche della storia americana del XXI secolo, ci si può render conto che, sin dai primissimi giorni del suo mandato presidenziale, Trump aveva dovuto fronteggiare un ampio dissenso nei suoi confronti, con marce che hanno avuto luogo in tutto il Paese e con un approval rating tra i più bassi di sempre. La stessa campagna elettorale prima, e la sua Presidenza poi, si sono caratterizzate per lo slogan America First e MAGA[3], con il quale egli ha segnato un ritorno al passato rispetto alle aperture in termini di globalizzazione della precedente Amministrazione Obama.
Trump ha rappresentato una rottura dello status quo ed ha fatto il suo ingresso alla Casa Bianca alla medesima maniera con cui aveva condotto la sua campagna elettorale. Presentatosi come outsider della politica, con atteggiamento aggressivo, durante il suo discorso di insediamento si è descritto come la persona che avrebbe riportato il potere da Washington, identificato come l’establishment, nelle mani del Popolo.
Lo stesso Trump ha descritto se stesso come un “moderno Jackson” per via della sua anima populista, disintermediazione nei confronti dell’elettorato e la sua energica carica anti-establishment. Seppur il Trumpismo venga considerato quale incidente di percorso nell’intero arco della storia costituzionale americana, esso è stato un prodotto della globalizzazione. La sua campagna elettorale fece presa sull’animo delle persone perché promise di mettere freno alle cosiddette “guerre senza fine” e di difendere i lavoratori della Rust Belt e a far tornare a crescere il settore manifatturiero: puntava, dunque, sulla delusione lasciata dalla Presidenza Obama.[4]
I risultati conseguiti, però, sono stati oscurati nell’ultimo anno della sua Presidenza che è stato caratterizzato dalle elezioni e dal definitivo declino della persona stessa del Presidente: gli ultimi dodici mesi hanno messo in evidenza una gestione della pandemia da covid19 che è stata ampiamente sottovalutata, con lo stesso Trump che ha costantemente cercato di minimizzare la sua pericolosità e i conseguenti interventi.[5]
Tutto ciò a cui si è assistito non è stato altro che un malessere nato da una dialettica politica che si è radicalizzata e polarizzata, mettendo in evidenza alcune frange della società che in pochi anni hanno guadagnato un nuovo protagonismo. Ci si è trovati dinanzi ad una involuzione a cui la società americana multietnica ci aveva abituati, sempre più tenuta sotto scacco da una società civile conservatrice e ancorata alle proprie tradizioni, alla quale i social media hanno amplificato e semplificato le dinamiche dei conflitti.
Negli ultimi anni, la società americana ha vissuto una insicurezza determinata da un contesto economico e geopolitico che vede il suo predominio ridimensionatosi (come annunciava Joseph Nye Jr. in Fine del secolo Americano?).
Ciò a cui si è assistito è stato, dunque, una degenerazione della Presidenza, culminata con le vicende menzionate in apertura e che avranno, come si è già avuto modo di notare, conseguenze per l’ex Presidente anche una volta che avrà lasciato l’ufficio.
3. Critiche e reazioni
Gli eventi, come c’era da aspettarsi, sono stati prontamente condannati sia dai leader democratici che repubblicani: lo stesso leader dell’attuale minoranza repubblicana al Senato, Mitch McConnel (R-KY) li ha definiti come “insurrezione fallita, provocata dalle menzogne del Presidente”.[6] La dura reazione non si è fatta, nemmeno, attendere dai quattro ex Presidenti ancora in vita, i quali hanno denunciato le rivolte nella Capitale, con Obama e Clinton critici nei confronti di Trump per aver incitato alla violenza i suoi sostenitori.[7] Ancora più dure sono state le richieste inviate dai due leader democratici al Congresso, leader dell’attuale maggioranza democratica al Senato Chuck Schumer (D-NY) e la Speaker Nancy Pelosi, i quali si sono rivolti al precedente Vice Presidente Mike Pence per richiedergli l’applicazione della procedura prevista dal XXV emendamento: qualora questi non fosse pervenuto alle loro richieste, sarebbero andati avanti provando a rimuovere il Presidente, dal suo ufficio, mediante un secondo procedimento di impeachment.
4. I quattro scenari per la rimozione del Presidente
Può risultare ostico tracciare un bilancio dell’Era Trump: gli eventi da analizzare si sono conclusi da troppo poco tempo e ci sarà bisogno di valutarne gli effetti sul lungo periodo; si è trattato di un arco temporale scosso da azioni troppo forti e divisive che hanno condotto ad una polarizzazione estrema della società civile e che non permette possano essere analizzati su un piano esclusivamente di tipo razionale. Si rende necessario, dunque, porre l’attenzione ed analizzare quali siano state le possibili alternative per realizzare la rimozione di Trump dal suo Ufficio, varie ipotesi che hanno …
CONTINUA QUI: http://www.salvisjuribus.it/la-transizione-democratica-del-potere-negli-stati-uniti-damerica/
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°