RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
11 FEBBRAIO 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
I vigliacchi non mantengono la parola, semplicemente la usano.
DIEGO DA SILVA, Le minime di Malinconico, Einaudi, 2021, pag. 35
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SOMMARIO
MODIFICHE COSTITUZIONALI E L’OBBLIGO DI GREEN NELLE ABITAZIONI PRIVATE
SÌ, NOI EBREI COMANDIAMO HOLLYWOOD (E PURE I MEDIA, WALL STREET E IL GOVERNO)!
Crozza Papa Francesco: “Che slinguazzata, Fabio Fazio!”
Nello specchio di Henri Cartier-Bresson
SPREGEVOLI AFFARISTI
Hanno fatto Barbie terza dose
MENO DI 400MILA NASCITE IN ITALIA NEL 2021
Malanga: Draghi esegue. Alieni e massoni, chi comanda
“Minaccia e istiga all’odio contro i no vax”. E Sileri finisce querelato
Covid, la frase choc del medico Europarlamentare:“Campi di concentramento e forni per i No Vax”
DANNI DA VACCINO: LETTERA APERTA A FIORELLO
Autostrade, trionfo Benetton: 9,3mld dallo Stato. Pagheranno gli automobilisti
Un cacciatorpediniere britannico che ha fatto irruzione nelle acque territoriali russe non può più navigare
Cosmocrazia (3)
494 Bauhaus al femminile. Il libro di Anty Pansera uscito con Nomos, è la storia di un’accademia rivoluzionaria.
Così nacque Duca Lamberti. E lo Scerbanenco in “noir”
PINO APRILE E “IL NUOVO ELOGIO DELL’IMBECILLE”
La libertà personale è in declino in tutto il mondo
MI SQUILLA IL TELEFONO
UE RIVEDE A RIBASSO LE PREVISIONI DEL PIL ITALIANO
LA RECITA
I TECNICI DI DRAGHI BLOCCANO LA CESSIONE DEI CREDITI FISCALI – SENZA SOLDI SI FERMANO I LAVORI
Il Capitale viene al mondo grondante di sangue
Retroscena e conseguenze del Trattato di Maastricht 30 anni dopo
UE, IL PIANO CHIP COME SOGNO DEL FUTURO
BARBARA & CLAUDIA – Concerto il 17 marzo 2022 presso Auditorium – Roma
L’ultimo Robin Hood
MPS. de Bertoldi (FdI): no a resa conti tra Pd e M5S su futuro banca. Da governo attendiamo risposte
INSULTO VIRTUALE TRA ILLECITO CIVILE E REATO
Tiboni (MIC): “Corte Europea, votata la risoluzione 2361: la vaccinazione non è obbligatoria, vietate pressioni e discriminazioni”
La norma invisibile
Ora anche i guru della sinistra si schierano contro lo “schwa”
Come in cielo, così in terra: chi vuole la fine dell’Occidente
Liz Truss, la primitiva ministra degli Esteri british
Renzi diventa picconatore: “Bersani ha preso i soldi dai Riva”. I video
Il pretesto dei “provocatori” per manganellare gli studenti che protestano
Economia Italia – Dubbi di Stato sul Pnrr a cura di Gianni Lepre .
Massimo Cacciari a Otto e Mezzo: “Nessuno può più fermare Mario Draghi”, perché ora ha le “mani libere”
Epistemologia sive politica
Immondizia come cercopitechi irrecuperabili
YEHUDA BAUER: IL PROGETTO NAZISTA NON NACQUE A WANNSEE
EDITORIALE
MODIFICHE COSTITUZIONALI E L’OBBLIGO DI GREEN NELLE ABITAZIONI PRIVATE
Tra l’indifferenza generale l’8 febbraio è stata approvata la modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana. I testi sono i seguenti:
– Articolo 9 1) La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. 2) Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. 3) Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.
Esiste una riserva di legge per l’applicazione di tale modifica:
– Articolo 41 1) L’iniziativa economica privata è libera. 2) Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. 3) La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.
L’approvazione è stata veloce. Ma non altrettanto rapida la diffusione di tale provvedimento da parte dei media, sempre prontissima a divulgare temi buonisti, inclusivi, neomaccartisti, genderisti. Sarebbe invece doveroso procedere a una analisi che non sia meramente di natura giuridica. Le implicazioni di tale modifica saranno numerose e tutte tutelate da motivazioni ecologiste. Ad esempio, aspettiamoci le prime implicazioni negative che ricadranno sul possesso degli appartamenti privati in Italia. È possibile che la tutela ambientale diventi una scusa buonista per imporre modifiche strutturali obbligatorie per legge e, soprattutto, costose che potranno essere sostenute da circa il 30 per cento dei proprietari in Italia.
Secondo la teoria della interpretazione estensiva da legge nasce legge. Nel quadro di una Costituzione modificata, è molto probabile che la legiferazione delle modifiche strutturali ecologiche degli appartamenti privati saranno obbligatorie, perché sarà possibile imporle legalmente! Dopo una serie di conversazioni con architetti, geometri e ingegneri e imprese costruttrici, il costo medio di tali ristrutturazioni energetici verdi, ecologici si aggireranno probabilmente dai ventimila ai cinquantamila euro, ciascuna in relazione alla vetustà dei beni e ad altri parametri.
Se tali modifiche saranno rese obbligatorie per legge, quali saranno i provvedimenti contro coloro che non saranno in grado di realizzare le ristrutturazioni ecologiche? Sarà applicata l’ipoteca giudiziale sulle abitazioni fuori norma green, diventando oggetto di vendita forzata all’asta? Va fatto presente che, dopo oltre ventiquattro mesi di paralisi economica e sociale indotta dalla epidemia, oltre il 70 per cento non sarà in grado di pagare le modifiche e sarà costretta a vendere le proprie abitazioni a prezzi stracciati a strutture finanziarie di proprietà anglo-franco-tedesca-Usa.
Le piattaforme Facebook e Instagram sono prese d’assalto da una martellante pubblicità aggressiva da parte di società finanziarie, che promettono l’acquisto dell’abitazione entro trenta giorni. Dietro a queste strutture ci sono macchine finanziarie internazionali come la Exxor o la Goldman Sachs! Quest’ultima non vi ricorda qualcosa o qualcuno molto in vista nel panorama politico della ex-Italia? Faccio presente che tali “strutture” acquistano direttamente l’immobile senza la contestuale ricerca di un acquirente, come normalmente viene attuato dai normali mediatori creditizi iscritti ad un albo speciale.
Nessun incontro avviene tra venditore e compratore! Queste finanziarie – alcune delle quali pesantemente dotate di enormi capitali stranieri – sono acquirenti istantanei (nel solito inglese: instant buyers) che garantiscono la vendita entro trenta giorni, senza tuttavia fornire garanzie a tutela di una caduta del prezzo per realizzare una vendita a ogni costo! Non sarebbe il caso che i politici, la Guardia di Finanza, il ministero dello Sviluppo economico, il Garante della privacy prendessero iniziative di controllo su queste strutture, anche in ordine alla creazione di canali di riciclaggio di capitali con la copertura di milioni di vendite!
L’effetto immediato degli acquisti diretti di milioni di appartamenti provocherà la caduta verticale e dolorosa del valore dei beni, attivando una sequenza infernale di deprezzamento progressivo. Tale caduta incoraggerà maggiormente il rastrellamento quasi totale dei beni immobiliari italiani! Era questo l’obiettivo ripetutamente delineato della cancelliera Angela Merkel in varie occasioni politiche e comunitarie affermando, a ripetizione, che il controvalore delle abitazioni private era quasi pari al totale del debito pubblico italiano. Con queste strutture, il disegno di spoliazione sarà possibile, complice anche e soprattutto, il silenzio ipocrita della classe politica italiana.
Sulla base di quanto appena detto, la approvazione rapida delle modifiche costituzionali degli articoli 9 e 41 ha una chiave di lettura che va oltre l’apparente condivisibilità buonista, ecologista, inclusiva della svolta ecologica sempre più predominante. Non dimentichiamo che tale “attenzione” muoverà enormi capitali e gigantesche aree di lavoro riguardanti milioni di appartamenti da ristrutturare ecologicamente ed energeticamente. Sarà un importante elemento di riflessione sul fatto che la cosiddetta “svolta ecologica” sia un bene. Dietro a questa formula si nasconde una prossima stagione di rastrellamenti patrimoniali sfruttando il collasso economico e sociale aggravato dalla epidemia, abbassando gravemente le possibilità economiche degli italiani e rendendoli progressivamente incapaci di far fronte ai prossimi obblighi energetici!
Vorrei sperare che le istituzioni pubbliche ed economiche di controllo agiscano in tempo, per evitare questa ecatombe. È il green, bellezza!
FONTE: http://opinione.it/politica/2022/02/10/manlio-lo-presti_green-costituzione-abitazione-politica-salute/
IN EVIDENZA
SÌ, NOI EBREI COMANDIAMO HOLLYWOOD (E PURE I MEDIA, WALL STREET E IL GOVERNO)!
17 GENNAIO 2012 – JOEL STEIN
QUANTO È EBRAICA HOLLYWOOD?[1]
Un sondaggio scopre che un numero maggiore di americani sono in disaccordo con l’affermazione che “Gli ebrei comandano Hollywood”. Ma ecco un ebreo che non lo è.
Di Joel Stein,
19.12.2008
Non sono mai stato così deluso da un sondaggio in vita mia.
Solo il 22% di americani ora pensano che “le industrie del cinema e della televisione sono pressoché controllate dagli ebrei”, rispetto a circa il 50% che lo pensava nel 1964. La Anti-Defamation League, che ha pubblicato i risultati del sondaggio il mese scorso, vede in questi numeri una vittoria contro gli stereotipi. In realtà, essi mostrano solo quanto stupida l’America sia diventata. Gli ebrei comandano Hollywood, totalmente.
Quanto profondamente ebraica è Hollywood? Quando i capidegli studiso hanno messo un’inserzione a tutta pagina sul Los Angeles Times poche settimane fa per chiedere che la Screen Actors Guild [Sindacato degli attori dello schermo] accetti il contratto, la lettera aperta era firmata da:
il Presidente di News Corp. Peter Chernin (ebreo), il
Presidente di Paramount Pictures Brad Grey (ebreo), il
Presidente di Walt Disney Co. Robert Iger (ebreo), il Presidente di Sony Pictures Michael
Lynton (sorpresa: ebreo olandese), il Presidente di Warner Bros. Barry Meyer
(ebreo), il Presidente di CBS Corp. Leslie Moonves (così ebreo che il
suo prozio fu il primo Primo Ministro d’Israele), il Presidente di MGM Harry Sloan (ebreo) e il Presidente
di NBC Universal Jeff Zucker (mega ebreo). Se avessero firmato anche i
fratelli Weinstein, questo gruppo non solo avrebbe il potere di far cessare la
produzione di tutti i film ma di formare un minyan[2]
con in mano una quantità sufficiente di acqua delle Fiji per adempiere un mikvah[3].
La persona con cui se la prendevano in quell’inserzione era il Presidente di SAG Alan Rosenberg (tirate a indovinare). La rovente confutazione di quell’inserzione è stata scritta dal super-agente dello spettacolo Ari Emanuel (ebreo con genitori israeliani) sull’Huffington Post, che è di proprietà di Arianna Huffington (non ebrea, e non ha mai lavorato a Hollywood).
Gli ebrei sono così dominanti, che ho dovuto setacciare gli operatori del settore per trovare sei gentili nelle alte cariche delle company dello spettacolo. Quando ho chiesto loro di parlare del loro incredibile avanzamento, cinque hanno rifiutato di parlarmi, a quanto pare per paura di insultare gli ebrei. Il sesto, il Presidente di AMC Charlie Collier, si è rivelato essere un ebreo.
In quanto ebreo orgoglioso, voglio che l’America conosca i nostri traguardi. Sì, noi controlliamo Hollywood. Senza di noi, vi ritrovereste a dover scegliere in tv tutto il giorno tra “The 700 club” e “Davey and Goliath” [Davide e Golia].
Così mi sono impegnato a convincere di nuovo l’America che gli ebrei comandano Hollywood lanciando una campagna di pubbliche relazioni, perché è quello che facciamo meglio. Sto pensando a diversi slogan, tra cui:
“Hollywood: più ebraica che mai!”; “Hollywood: dal popolo che ti ha portato la Bibbia”; e “Hollywood: se vi piacciono la tv e i film allora, dopo tutto, vi piacciono gli ebrei”.
Ho chiamato il presidente della ADL Abe Foxman, che era a Santiago, in Cile, dove, mi ha detto con mia sorpresa, non stava dando la caccia ai nazisti. Egli ha liquidato tutta la mia tesi dicendo che il numero delle persone che pensano che gli ebrei comandano Hollywood è ancora troppo alto. Il sondaggio dell’ADL, ha fatto notare, ha mostrato che il 59% degli americani pensa che i manager di Hollywood “non condividono i valori religiosi e morali della maggior parte degli americani”, e che il 43% pensa che l’industria dello spettacolo sia impegnata in una campagna organizzata “per indebolire l’influenza dei valori religiosi di questo paese”.
Questa è una sinistra calunnia, ha detto Foxman. “Significa che pensano che gli ebrei si incontrano da Canter’s Deli di venerdì mattina per decidere cosa è meglio per gli ebrei”. L’argomento di Foxman mi ha fatto
riflettere: devo mangiare da Canter più spesso.
“Questa è una frase molto pericolosa: ‘gli ebrei controllano Hollywood’. Ciò che è vero è che a Hollywood vi sono molti ebrei”, ha detto. Invece di “controllano”, Foxman preferirebbe che la gente dicesse che molti manager della industria “per caso sono ebrei”, poiché “tutti gli otto studicinematografici più importanti sono diretti
da uomini che per caso sono ebrei”.
Ma Foxman ha detto di essere orgoglioso dei traguardi degli ebrei americani. “Penso che gli ebrei siano rappresentati in modo sproporzionato nell’industria creativa. Sono sproporzionati come avvocati e anche,
probabilmente, nella medicina”, ha detto. Egli sostiene che questo non significa che gli ebrei facciano film pro ebrei più di quanto essi facciano degli ambulatori pro ebrei. Sebbene altri paesi, ho notato, non siano così favorevoli
alla circoncisione.
Apprezzo le preoccupazioni di Foxman. E forse la mia vitapassata in un bozzolo filo semita come quello di New Jersey-New York/Bay Area-L. A. mi ha fatto rimanere ingenuo. Ma non mi importa se gli americani pensano che
noi comandiamo i media delle news, Hollywood, Wall Street o il governo. Mi importa che continuiamo a comandarli.
Copertina dell’agosto ’96 della rivista Moment: “Gli ebrei comandano Hollywood. E allora?”
NOTE
[1]
Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo:
http://www.latimes.com/news/opinion/commentary/la-oe-stein19-2008dec19,0,4676183.column
[2] Termine
giudaico che indica il quorum di dieci ebrei adulti richiesto per certi
obblighi religiosi. “L’attività più comune che richiede un minyan è la
preghiera pubblica”: http://en.wikipedia.org/wiki/Minyan
[3] Termine
giudaico che indica il bagno utilizzato per le immersioni rituali: http://en.wikipedia.org/wiki/Mikveh
FONTE: https://www.andreacarancini.it/2012/01/si-noi-ebrei-comandiamo-hollywood-e/
Crozza Papa Francesco: “Che slinguazzata, Fabio Fazio!”
VIDEO QUI: https://youtu.be/FHW135RtFcQ
FONTE: https://www.affaritaliani.it/coffee/video/spettacoli/crozza-papa-francesco-che-slinguazzata-fabio-fazio-779187.html
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Nello specchio di Henri Cartier-Bresson
Contrasto ristampa “Immagini e parole”, il libro in cui scrittori, poeti, giornalisti, si misurano con le fotografie di Henri Cartier-Bresson. Una sorprendente antologia di esercizi di ammirazione in cui si delinea un paradosso: più le immagini impongono il silenzio, più sono in grado di generare letteratura
4 feb , 2022 Attilio Scarpellini
“Il fanciullo avanza, la testa piegata all’indietro, la bocca socchiusa, il braccio destro leggermente discosto affinché il corpo sia offerto senza la minima difesa, giacché per lui avanzare vuol dire immolarsi. Con la mano sinistra tocca il muro, un muro macchiato di nero e dal quale si nasce guidare che è soltanto una macchia nera che lo guida, e che è il cieco dunque a guidare il cieco.” Con queste parole Milan Kundera descrive un’istantanea che Henri Cartier-Bresson scattò a Valencia, in Spagna nel 1933 ed è quasi l’unico tra gli scrittori, i pittori, i poeti e i fotografi che si affollano attorno alle immagini del grande fotografo francese nel volume Immagini e parole ristampato da Contrasto che tenti impavidamente la via dell’ekphrasis, della descrizione – usando un solo verbo, immolarsi, per accentuare l’avanzare a tastoni di un bambino cieco che si affida a un muro e a una macchia per aprire una via nel buio; per chi non vede, in effetti, ogni passo successivo può andare incontro a un’immolazione. Kundera è uno dei più grandi romanzieri che il secolo scorso abbia lasciato in eredità al nostro. Eppure anche la sua prosa non fa che scoprire qualcosa che nell’immagine già c’è. Leonardo Sciascia, che si ritrova a commentare uno scatto ancora più famoso, quello dei bambini che nella Spagna del 1933 giocano tra le macerie di una casa diroccata, inquadrati attraverso un enorme squarcio aperto su un muro, non riesce a reprimere il proprio stupore per la capacità di premonizione di quell’immagine: se non ci fosse la dicitura, Siviglia Spagna 1933, scrive, diremmo che è stata fatta in un paese dell’Europa mediterranea dopo la guerra. Il fatto che sia stata fatta invece a Siviglia nel 1933, tre anni prima dell’alzamiento e della guerra civile, le conferisce un senso di ineffabile, misteriosa premonizione. “Sono, obiettivamente è il caso di dire, bambini che giocano alla guerra, a una guerra che ancora non conoscono, tra le rovine di una guerra che ancora non c’è stata”. André Breton che quello scatto lo riprese tra le immagini che costellavano il suo romanzo L’amour fou (1937) non esitò a realizzarne la premonizione evocando “tous le petits enfants des miliciens d’Espagne…” Jean Daniel, un maestro del giornalismo del novecento, osserva lo scorcio di una domenica sulle rive della Senna di una famiglia operaia – siamo nel 1938 – e in esso legge il declino del Fronte popolare: la festa di due anni prima si è esaurita, le ferie pagate sono state spese e di colpo, sulle rive del fiume, il piacere di mangiare e bere è diventato malinconico. E tuttavia in questa scena in bianco e nero, aggiunge Daniel, si vedono ancora brillare i colori di Manet e di Vuillard. Parole che senza volerlo e senza saperlo si ricongiungono a quelle di un libro recente di Edouard Louis, Chi ha ucciso mio padre (Bompiani 2019), dove il giovane scrittore francese racconta la gita al mare di una famiglia operaia (la sua) resa euforica dall’aumento di quasi cento euro degli aiuti governativi per l’anno scolastico: “Tutto il giorno è stato una festa (…) Non ho mai visto le famiglie che hanno tutto andare a vedere il mare per festeggiare una decisione politica, perché la politica a loro non cambia quasi nulla.” Ma lo sguardo è politico quando non racconta nulla di particolarmente politico, quando incrocia i corpi degli altri colti in un momento festivo sulle rive di un fiume – e in questo caso la vera disuguaglianza sarebbe che ad alcune persone è concessa meno eternità, meno vuoto che ad altre – o indugia in una pausa mensa degli operai che lavorano alla costruzione di un hotel nella Mosca del 1954, dove Lenin e Stalin sono solo due icone sbiadite che, più o meno paternalistiche, più o meno sostitutive, osservano la scena sullo sfondo: è nella sospensione dello spazio che la Storia rifluisce e si sgrana nella perfezione della vita e non è un caso che in Immagini e parole la danza immobile di questo “momento separato”, ritagliato da Cartier-Bresson durante il suo famoso reportage in Unione Sovietica, sia affidata all’attenzione di Arthur Miller, cioè di un commediografo. Né che l’autore di Uno sguardo dal ponte riesca a parlare di questa immagine solo chiamando in causa, più che il contenuto, lo stupore della forma (gli equilibri, i volumi, l’ordine, il comporsi del tempo nello spazio).
Animato da una diffidenza ancora più radicale nei confronti del linguaggio, che non sarebbe stato dato agli uomini per descrivere ma solo per comunicare, lo storico dell’arte Ernst Gombrich sostiene che, davanti alle fotografie di HCB, la parola è destinata a non raggiungere mai l’immagine, il linguaggio opera attraverso degli universalia e “per lontano che possiate andare nella vostra descrizione particolare, non raggiungerete mai la fine del vostro cammino”. Per parlare di Cartier e del suo ritratto di Matisse settantenne attorniato dai colombi, Gombrich ricorre a Leonardo, a Giotto al pittore fiammingo Gerard Dou, invitando il lettore a non trascurare un dettaglio della fotografia: Matisse in una mano tiene un piccione ma con l’altra lo sta disegnando. Davanti alla fotografia di un operaio addormentato su un prato, in una postura di completo abbandono, il regista Jim Jarmush si appella alla resa definitiva del linguaggio: “Le parole mi sembrano senza significato per commentare questa fotografia e tutte le altre di Henri Cartier-Bresson.” E tuttavia niente è più generativo di queste immagini, tutti scrivono e ognuno rende a suo modo omaggio a quella sorta di scacco al potere del verbo che permette al più grande maestro della fotografia del novecento di far deflagrare in un dettaglio un’intera storia, nessuno resiste alla tentazione di cui parla Robert Delpire, che nel 1988 collazionò la prima edizione di Immagini e parole, la tentazione di dire perché questa o quella immagine possa essere toccante, stimolante per l’animo, in una parola significativa, al di là del suo grado di vicinanza o di conoscenza diretta. Quel che se ne ottiene è una straordinaria antologia di esercizi di ammirazione, per dirla con Emile Cioran, che è anche lui della partita, anche se con poche agrodolci parole, e d’altronde non c’è nessuno in questo libro, si tratti della cineasta Agnès Varda o del filosofo Paul Virilio, che attraverso le immagini di Cartier-Bresson non confermi il proprio stile e non finisca per confessare qualcosa di sé stesso. Ogni pezzo, ogni didascalia, scova un dettaglio, approfondisce un motivo, prende il volo per un suo viaggio verso l’altrove – in una foto africana di HCB, il musicista Pierre Boulez, legge un momento della mitica fondazione di Cartagine – tenta magari un suo racconto, come fa Antonio Tabucchi, ma ogni volta che il lettore si sposta dal testo all’immagine scopre che quest’ultima, lungi dall’esaurire la propria potenza, è ancora più commovente nella sua precisione ineffabile, in quella magica geometria compositiva per cui il fotografo dell’ “istante decisivo” è stato molto ammirato e altrettanto attaccato da chi non ha compreso quanto di poetico si libera da ogni suo scatto. Perché sì, HCB è indubbiamente un classico, come dice Jean Daniel. E forse ha un compasso infilato nell’occhio, come suggerisce lo scrittore Avigdor Arikha. Ma ogni sua foto, come scrive lo storico dell’arte Jean Clair, svela un tesoro di ricordi che prima di essa non sapevamo di ricordare.
FONTE: https://www.lettera22.it/nello-specchio-di-henri-cartier-bresson/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
SPREGEVOLI AFFARISTI
Periodicamente i pennivendoli tirano fuori la storia del giro d’affari che ruoterebbe intorno ai “no vax”. Lo fanno, alla resa dei conti, quando hanno esaurito gli altri argomenti: parte un ordine dall’alto e i cani prendono ad abbaiare. In base a questo stantio teorema, dietro la proliferazione di siti, gruppi e canali che esprimono una visione critica rispetto alla narrazione covidista, ci sarebbe la longa manus di qualche furbacchione che speculerebbe su queste tragiche faccende diffondendo panzane presso un pubblico credulone. In base ad una “ricerca” condotta dal “Center for Countering Digital Hate (Centro per la Lotta all’Odio Digitale; per rendere l’idea, La Stampa, che ha ripreso la “notizia”, ha scritto “health”, “salute”, al posto di “hate”, “odio”) negli Stati Uniti, ci sarebbe un gruzzolo di 36 milioni di dollari l’anno intorno alla “propaganda no vax”, ed a spartirsi questo malloppo sarebbero 12 pericolosi individui (gli apostoli?), fra i quali Joseph Mercola, i cui ottimi scritti sono puntualmente tradotti da Comedonchisciotte da un anno a questa parte. Appena due giorni fa, per dire, sempre La Stampa, in un articolo firmato da Gianluca Paolucci, stimava in 50 miliardi (di euro) quella che lo stesso quotidiano torinese descriveva come “la grande torta dei vaccini anti-Covid”. Ciò nonostante, gli spregevoli affaristi si troverebbero dall’altra parte della barricata: ormai abbiamo fatto il callo a queste acrobazie. Allo stesso tempo, la manipolazione non sarebbe quella vile e martellante portata avanti dal coro massmediatico, ma quella prodotta dalla flebile voce di qualche dissidente al quale hanno oscurato tutti i profili “social”. Detto questo, bisogna comunque sottolineare che pure fra i (presunti e sedicenti) “no vax” abbondano ciarlatani che vendono amuleti, spacciatori di intrugli salvifici, opportunisti che cercano di spillare soldi in ogni modo, ma stiamo parlando di pochi spicci, e riconoscere le truffe è davvero alla portata di chiunque. Paragonando questi ladruncoli ai Ladroni che rubano il futuro dei popoli, viene in mente la conclusione del monologo (noto come “L’elogio del ladro”) declamato da Gigi Proietti nel film “La proprietà privata non è più un furto” del 1973: “è a noi che la società deve l’ordine costituito e l’equilibrio sociale, perché noi, rubando allo scoperto, copriamo e giustifichiamo i ladri che operano coperti dalla legalità”.
FONTE: https://comedonchisciotte.org/spregevoli-affaristi/
Hanno fatto Barbie terza dose
La mente criminale dei servitori di Davos ha partorito anche la Barbie sulla sedia a rotelle “3 Dose”..
Mi sembra tutto molto chiaro, ma le persone sono sotto shock… NON vedono
Quando scoppierà la bolla Biontech? Un’azienda viene lanciata dal nulla, il suo vaccino viene sparato centinaia di milioni di volte e i fondatori vengono ricoperti di premi…
La brocca va al pozzo finché non si rompe. La questione di quanto spudoratamente si possa agire potrebbe occupare tribunali e commissioni d’inchiesta per decenni a venire. Ovviamente, la presunzione di innocenza si applica a tutti quelli menzionati. Magari si tratta di una pura coincidenza.
Gli sviluppatori del vaccino BNT162b2 di BioNTech sono dal 2019 proprietari al 100% di una società dal nome “reBOOST”.
Il 15 dicembre 2020, reBOOST Management GmbH è stato rinominato in reSano GmbH.
Due cose in particolare sono degne di nota sull’esistenza dell’azienda reBOOST. In primo luogo, il nome dell’azienda, che anticipa il modello di business con le vaccinazioni di richiamo. Il termine non era in uso fino al 2021, almeno in Germania.
Ciò che colpisce anche di più, tuttavia, è il focus delle attività commerciali di reBOOST. Si concentra sul trattamento di tutte quelle malattie note per essere effetti collaterali indesiderati dei vaccini mRNA:
Malattie autoimmuni
Malattie cardiovascolari
Malattie polmonari
Malattie del sistema nervoso centrale
E ora guadagnano sulle patologie da vaccino
Se l’occidente fosse un luogo di civiltà invece di essere sottoposto a bande di predoni senza scrupoli e a magistrature che fungono da ligi impiegati di regimi autoritari, i tribunali e le commissioni investigative sarebbero impegnati per decenni nel compito di dipanare la matassa di corruzione e conflitti di interessi che sta dietro alla pandemia e ai vaccini. Adesso per esempio scopriamo che BionTech, l’associata di Pfizer non solo stava studiando il preparato a mRna contro il Covid, un anno prima che il Covid si presentasse, ma nell’agosto del 2019, come si legge dal bilancio consolidato l’azienda “ha stipulato un accordo per acquisire tutte le azioni in circolazione di reBOOST Management GmbH da Medine GmbH, che è posseduta al 100% dall’amministratore delegato di BioNTech, il Prof. Dr. Ugur Sahin”. A parte la totale opacità dell’acquisizione in sé che è un pasticcio e dimostra che la reBoost era stata di fatto creata all’interno della medesima BionTech , la cosa interessante è ciò che questa azienda prometteva di produrre : ovvero trattamenti tutte quelle malattie che sono note per essere effetti collaterali indesiderati delle vaccinazioni con mRNA: patologie autoimmuni, cardiovascolari, polmonari e malattie del sistema nervoso centrale.
Non si può certo dire che non siano stati lungimiranti: dapprima guadagnare miliardi con un sedicente vaccino che crea a sua volta una serie di patologie e poi curarle con appositi farmaci. Insomma il ciclo completo. Manca solo l’acquisto di qualche ospedale e di società di pompe funebri per seguire tutto il ciclo di una vita umana forzosamente malata. Come modello di business è certamente efficace, ma rimane da comprendere come mai la BionTech che prima degli inaspettati contributi di Bill Gates e della Pfizer era in perenne debito, abbia indovinato esattamente di cosa ci sarebbe stato bisogno dopo le campagne vaccinatorie. Del resto già il nome reBoost anticipa il modello di business delle punture di richiamo, cosa che nel 2019 non si poteva di certo immaginare. Ora il problema è di capire se la marea di reazioni avverse gravi non fosse già stata messa in conto e si sia lucidamente scelto di perseguire questa strada, invece di quella di un vero vaccino tradizionalmente inteso, visto che se si fosse immaginato che le reazioni avverse fossero state poche non sarebbe valsa la pena di mettere in piedi un’attività specifica.
Il dubbio dovrebbe divorare le menti delle persone invece di lasciarsi dominare dalla paura, perché in effetti c’era una vasta letteratura sulla tecnica a mRna la quale predice una notevole quantità di reazioni avverse: essa è studiata da almeno due decenni, ma di fatto non ha mai funzionato, anzi molte sperimentazioni sugli animali sono state interrotte a un certo punto proprio perché le cavie presentavano coaguli di sangue, embolie, cardiopatie e le gabbie rimanevano vuote.
Insomma ci troviamo di fronte a un interrogativo: le conseguenze dei vaccini in numero così massiccio e così grave (anche se i medici complici e adeguatamente compensati, adesso definiscono “lievi” miocarditi e pericarditi che fino all’anno scorso erano considerate patologie molto serie) sono state una sorpresa o sono state invece messe in conto e ci si è preparati persino a lucrare si di esse? Si vorrebbe davvero evitare di dover rispondere a una simile domanda e scacciarla dalla mente, pensare che si tratti di un eroe. Purtroppo la malafede con cui hanno agito le multinazionali del farmaco nei decenni precedenti dimostra che invece l’ipotesi peggiore è ahimè assolutamente in campo. Del resto se un’operazione contempla la paura come suo motore, essa può benissimo essere trasferita dal virus alle conseguenze della battaglia contro di esso: è così che verranno presentate le cose quando il conto reale di tutto questo verrò presentato.
FONTE https://ilsimplicissimus2.com/2022/02/04/e-ora-guadagnano-sulle-patologie-da-vaccino/
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FONTE: https://www.maurizioblondet.it/hannofatto-barbie-terza-dose/
BELPAESE DA SALVARE
MENO DI 400MILA NASCITE IN ITALIA NEL 2021
Nel 2021 in Italia è stato registrato un calo della natalità per un totale di meno di 400mila nascite in tutto il paese. La notizia è stata data dal presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ai microfoni di Sky Tg24. Il nostro paese quindi si conferma all’ultimo posto per nuovi nati in tutta Europa. Inoltre, con la crisi energetica in corso e l’aumento del carovita la prospettiva per il 2022 non è delle migliori. Questo comporta di conseguenza un drastico invecchiamento della popolazione, con la quantità di ultra novantenni che già nel 2020 aveva toccato circa le 800 unità. Se la tendenza rimarrà questa, bisognerà inevitabilmente accorrere all’utilizzo di forza lavoro immigrata, poiché “dal lato delle imprese permangono difficoltà nel reperire lavoratori con competenze adeguate”, aggiunge Blangiardo.
Anche se l’occupazione ha quasi raggiunto i livelli pre-pandemia infatti, c’è una grande carenza di personale specializzato in diversi ruoli specifici, dovuta anche alla diminuzione dei residenti in Italia. Tra questi ci sono molti giovani in età lavorativa che preferiscono mettere le loro conoscenze e specializzazioni al servizio di altri paesi. Difatti, agli Stati generali della natalità dell’anno scorso, il premier Mario Draghi dichiarava che “un’Italia senza figli è un’Italia che non crede e che non progetta. Di questo passo il paese è destinato a scomparire”. A rincarare la dose, Papa Francesco si scagliava (giustamente) contro le discriminazioni lavorative verso le donne che decidevano la strada della maternità. Con l’aumento dei pensionati, e la diminuzione dei lavoratori, sarà di fatto sempre più complicato riuscire a garantire il Welfare di stato ai cittadini italiani.
L’assegno unico
Tra le dichiarazioni del presidente dell’Istat però non manca un elogio all’assegno unico, che entra in vigore nel 2022 e rimpiazzerà gradualmente tutti i bonus atti al sostentamento dei figli. Questa nuova forma di aiuto ingloberà di fatto gli assegni per il nucleo familiare, le detrazioni per i figli a carico, l’assegno dei comuni per nuclei con almeno tre figli minori, il bonus bebè e il premio nascita. Destino diverso invece per il bonus asilo nido, che non verrà inserito nel nuovo provvedimento. Per ciascun figlio minore sono previsti aiuti mensili, partendo da un massimo di 175 euro al mese per Isee minore o uguale a 15mila euro, e arrivando fino a 50 euro per Isee uguale o maggiore di 40mila euro.
Queste cifre subiscono delle variazioni a dispetto dell’età o di altri elementi, come per esempio disabilità dei figli o età della madre inferiore ai 21 anni. L’assegno verrà erogato a partire dal settimo mese di gravidanza, e per il 2021 l’importo stanziato ammonta a 12,2 miliardi di euro, mentre per l’anno prossimo la cifra sarà di 18,2 miliardi. Infine, di questo sussidio potranno usufruire tutti i cittadini italiani, residenti, che pagano l’imposta sul reddito, oppure uomini e donne stranieri sposati con italiani o comunque in possesso di permesso di soggiorno autorizzato a compiere un’attività lavorativa per almeno sei mesi. Blangiardo conclude su una nota positiva il suo intervento, dicendo che la lettura dei dati sull’economia dimostrano che “stiamo rialzando la testa”, anche se la ripresa dell’inflazione si riflette sulla qualità della vita e dei consumi dei cittadini, che “sono ancora del quattro per cento inferiori al livelli pre-pandemia”.
Malanga: Draghi esegue. Alieni e massoni, chi comanda
Il burattinaio è l’alieno, che ha bisogno di noi: siamo mucche da mungere, e l’alieno non vuole che le mucche da mungere acquisiscano la consapevolezza di chi sono. Così, l’alieno deve far vivere questo universo a un livello di bassa entropia, che si acquisisce solo quando tutto è separato. Invece, quando “tutto è uno”, quando la coscienza si è riunificata, ecco che l’entropia ha il valore massimo. Cosa fa il potere per mantenere il popolo soggiogato? Deve dividere: è l’unico sistema che ha per mantenere bassa l’entropia. Ed ecco le divisioni di oggi, anche in materia di trattamento sanitario: vaccinati e non vaccinati. E chi la sta alimentando, questa lotta? Il potere. E chi è il potere? Non è il nostro Mario Draghi: è colui che pilota Mario Draghi. E chi pilota Draghi? L’alieno. Ci sono gli alieni, gli alienati e i poveri disgraziati, che siamo noi, che non abbiamo capito come funziona questa cosa. Nel mezzo, quindi, c’è il potere terreno. Le persone che comandano, su questo pianeta, si chiamano in un modo solo: massoneria.
E scopriamo che l’analisi della massoneria ci porta a individuare due “teste” della massoneria, che risalgono a un antico modello di vita: quello di Shiva e quello di Vishnu; dell’alieno che noi chiamiamo Ra, senza corpo, e dell’alieno Lux, senza corpo. Per migliaia, milioni di anni, hanno tentato di ottenere quello che nel mito c’è scritto: Shiva e Vishnu avevano queste creature, gli Asura e i Deva, in lotta tra loro per ottenere l’immortalità, l’Amrita, cioè quel nettare che si otteneva facendo determinate operazioni con l’universo. Il capo dei Deva era un serpente, il capo degli Asura era un’aquila; e noi ritroviamo in Mesopotamia il mito di Enki ed Enlil; anche nell’antico Egitto compaiono il volatile e il serpente; e così pure in America del Sud. Dentro di noi, nel mito, sappiamo esattamente come stanno andando, le cose: queste due parti aliene, che gestiscono tutto il teatrino, hanno creato le due “teste” della massoneria, che oggi vediamo nelle due parti del potere.
Negli Usa abbiamo due presidenti in lizza tra loro; in Vaticano abbiamo due Papi: uno che appartiene ai Deva (Ratzinger) e l’altro che appartiene agli Asura (Bergoglio). Lo si vede chiaramente: gli Asura sono sostanzialmente populisti, vogliono abbattere le barriere e vogliono che il denaro (che è l’arma per dividere la popolazione in ricchi e poveri) circoli. E soprattutto bisogna che non si inquini il pianeta, perché troppe “mucche” inquinano. E allora che si fa? Non si dice “ammazziamo le mucche”: quello è un progetto Deva. Gli Asura vogliono distruggere la spazzatura. Come? Ogni tanto vengono fuori queste strane Grete Thunberg, che si inventano modalità allucinanti per un ipotetico mondo “verde” che, così, non funzionerà; la spazzatura non va distrutta: non va prodotta, già all’inizio. Ma non produrla vorrebbe dire che la popolazione terrestre dev’essere meno numerosa, perché l’unica cosa che inquina il pianeta è il numero dei suoi abitanti.
Dall’altra parte, invece, la fenomenologia dell’alieno Deva – che è l’alieno delle grandi famiglie, monarchiche e di banchieri – vuole “fare pulizia” in un altro modo. E questi due modi di vedere il futuro dell’umanità, cioè della “stalla”, si riflettono nella creazione di queste due massonerie, che noi vediamo in Vaticano, nei servizi segreti, nella politica mondiale. In realtà, a farne le spese è il popolo: facciamo delle guerre che gli altri vogliono che noi si faccia; e le abbiamo sempre fatte, le guerre degli altri, come gli Orazi e i Curiazi di una volta. Gli alieni non si fanno la guerra tra di loro: perché, avendo lo stesso livello di tecnologia, si ammazzerebbero. Allora la guerra la fanno fare a noi, ma è la guerra loro. E noi siamo talmente inconsapevoli che ci armiamo come soldatini. E crediamo di appartenere a quelli che sostengono questo governo, o a quelli che – dalla parte opposta, dato che fanno parte dell’opposizione – sono i “buoni”, perché gli altri sono i “cattivi”.
Non ci sono, i buoni e i cattivi: questo è un concetto duale. Nell’istante in cui finirà Mario Draghi, che sicuramente ha dietro di sé la massoneria Asura, a governare arriverà la massoneria Deva. Basta sentire i discorsi dell’opposizione, della Meloni. Che cosa scrive, nel suo libro? Scrive: «Io parlo tutti i giorni col mio angelo custode Arael». Ecco: se vince la Meloni, avremo Arael che governerà l’Italia. Distinguere tra Deva e Asura non ha senso. Non si deve categorizzare la politica. In un libro, ho scritto che non bisogna più andare a votare. Non ci sono più partiti di destra o di sinistra, idee di destra o di sinistra: ci sono le idee. Ma l’essere umano vuole delegare: ci pensi qualcun altro, a comandare. Ed ecco che ci troviamo, a specchio, la creazione di un governo che è sostanzialmente l’immagine del popolo italiano. E il popolo non si può lamentare, se quella gente è lì: ce l’abbiamo messa noi.
Non se ne vogliono più andare? Allora facciamo un’altra cosa: eliminiamo tutti i partiti politici e andiamo noi – il popolo – al governo. Noi, non qualcuno che dice di governare per noi, ma poi non ha mai fatto niente, per noi: perché la democrazia non esiste. “Democrazia”, cioè: il “demos”, il popolo, che comanda. E vi pare che comandi, il popolo? Il vero problema è la nostra mancanza di consapevolezza. Le terribili restrizioni di oggi? Questa pandemia è una cosa che a noi serve. Che cosa dobbiamo capire, attraverso questa esperienza? Nell’istante in cui l’abbiamo capita, tutte queste norme “anti-no-vax” scompariranno: perché noi, che siamo “i creatori dell’universo”, avremo creato un ambiente diverso. A cosa serve, la pandemia? Serve a capire, fondamentalmente, che noi credevamo di essere un popolo di un certo tipo; e invece abbiamo scoperto che la gente se ne frega, dell’altro. La gente pensa solamente a se stessa, perché è sostanzialmente egoica e egoista (che sono due cose diverse, ma piuttosto schifose). Quello che si deve comprendere è che siamo circondati da una società fatta di persone che non hanno consapevolezza di sé.
Cioè: crediamo di essere un paese civile, quando invece ci siamo auto-eletti “civili”. Ma secondo me, una tribù che sta nel Bangladesh – e che non vede nessuno – è molto più civile, nel comportamento sociale, di una civiltà come questa, dove uno che, per esempio, si è fatto 15 dosi, pensa ancora che tu lo stai contaminando perché non ti sei fatto nessuna dose. Oltre a essere un cretino, è poco informato: si nutre di pane, Nutella e televisione. Questo noi non lo capivamo: credevamo di essere in un paese democratico, e ora abbiamo capito che la democrazia non esiste. E abbiamo capito che abbiamo paura: di cosa? Non tanto dell’altro: abbiamo paura di morire. E chi ha paura di morire? Solo colui che non ha consapevolezza di sé. Chi ha consapevolezza di sé, semmai, ha paura di soffrire. Questa gente, che si fa un milione di dosi una dopo l’altra – e che proprio per questo morirà, perché il loro sistema immunitario è raso al suolo – deve fare l’esperienza della morte. Però noi stessi, ripeto, siamo i creatori dell’universo. Per cui, questa gente soffrirà le pene dell’inferno: perché, attraverso la sofferenza, dovrà comprendere di aver fatto una marea di cazzate.
(Corrado Malanga, dichiarazioni rilasciate a Red Ronnie nel video “Chi comanda il mondo?”, su YouTube dal 4 febbraio 2022. Chimico, docente universitario e ricercatore alla Normale di Pisa, il professor Malanga è celebre per i suoi studi sui rapimenti alieni).
FONTE: https://www.libreidee.org/2022/02/malanga-draghi-esegue-alieni-e-massoni-chi-comanda/
“Minaccia e istiga all’odio contro i no vax“. E Sileri finisce querelato
8 Febbraio 2022 – 15:39
Il deputato Colletti ha presentato la denuncia al tribunale di Roma. “Cosa sarebbe successo se avesse detto le stesse parole a un esponente di entia rom?”
La pandemia finisce a carte bollate. Con tanto di querela per il reato di minaccia. Il motivo? Pierpaolo Sileri avrebbe proprio minacciato i novax, incitando all’odio. È questa la tesi che ha spinto Andrea Colletti, deputato dell’Alternativa (fondata da vari fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle), a presentare una denuncia al sottosegretario alla Salute. Una presa di posizione forte da parte del parlamentare no-pass. “Immaginiamo cosa sarebbe successo se un sottosegretario dell’Interno in tv avesse usato certe espressioni di fronte a un esponente di etnia rom”, dice Colletti a Il Giornale. “Avremmo avuto intellettuali e fior di giornalisti indignati, che avrebbero chiesto la testa del rappresentante del governo. Perché in questo caso dovrebbe essere diverso?”, aggiunge.
Le parole di Sileri sotto accusa
L’atto è stato depositato al Tribunale di Roma nelle ultime ore e Il Giornale ha potuto visionarlo. Sotto accusa sono le frasi pronunciate da Sileri, durante la trasmissione di Martedì. Nella puntata dello scorso 25 gennaio, il numero due di Roberto Speranza e ormai volto mediatico del governo in materia di Covid-19, si è espresso con durezza nei confronti dei non vaccinati. Non è stata la prima volta. Ma nello studio di Giovanni Floris, in quell’occasione, è andato giù duro per polemizzare con chi rifiuta l’idea di fare il vaccino. “Noi per tutelare gli italiani, vi renderemo la vita difficile, come stiamo facendo. Perché il non vaccinato e chi non rispetta le regole è pericoloso”.
Parole che provocarono già una reazione sui social da parte dei novax. Ed era del resto prevedibile. Meno immaginabile che la questione avesse uno strascico in Tribunale. Certo, toccherà al pm decidere se procedere o meno con le indagini e l’eventuale inizio del processo. Ma l’atto di sicuro c’è. “L’intento di tale affermazione, riferita da un esponente del governo, in considerazione delle concrete circostanze di tempo e di luogo, era chiaramente volto ad ingenerare timore in chi risulti esserne il destinatario”, si legge nella querela. E ancora: “I soggetti destinatari, con la frase pronunciata dal Dott. Sileri, hanno subìto un effetto intimidatorio volto a coartare la loro libertà morale e psichica di scelta”.
L’ipotesi di istigazione all’odio
Infine, il dito viene puntato contro la possibilità di scelta dei cittadini. “L’affermazione, riferita con la coscienza e la volontà di minacciare un danno ingiusto, paventa ai soggetti non vaccinati un pericolo oggettivamente contra ius, al fine di coartare la libera scelta di sottoporsi all’inoculazione del vaccino Covid19 nonché compromettendo la capacità di autodeterminarsi”. Un’azione che non vuole essere simbolica. Anzi. “È un atto politico”, rivendica Colletti. “Raramente un esponente del governo – insiste il deputato – minaccia una classe, in questo caso da intendere come classe sanitaria, di cittadini di non farli più vivere serenamente. La querela dimostra che c’è qualcuno che si oppone. Bisogna evidenza che in questo caso può configurarsi anche incitazione all’odio nei confronti dei no vax. È questo che accade quando qualcuno viene considerato un pericolo pubblico, odio sanitario”. Così, conclude il parlamentare di Alternativa, “visto che il Parlamento non conta più nulla, si tenta la strada giudiziaria”.
FONTE: https://comedonchisciotte.org/minacce-e-istigazione-allodio-sileri-denunciato/
DANNI DA VACCINO: LETTERA APERTA A FIORELLO
* * *
Gentile Rosario Fiorello,
mi rivolgo a lei con questa lettera aperta che pubblicherò sui miei social.
Lo scopo della mia lettera è di renderla edotto che durante il festival di Sanremo, che io non ho seguito, lei non mi è sembrato molto “gentile” con me e credo con una buona fetta di suoi concittadini.
Ho pensato molto prima di scriverle, tentando di mitigare rabbia e amarezza per le sue parole, credo volte a far “ridere” un uditorio più o meno vasto: D’altra parte questo è il suo mestiere. Non voglio ovviamente insegnarle il mestiere, io sono piuttosto noioso, ma a volte si deve mettere il ‘matto in piazza’ per far ridere i cortigiani.
Nel mio caso, in qualità di padre di un figlio danneggiato da va((ino, il suo sketch di ieri non mi ha fatto ridere, mi ha profondamente amareggiato.
Mi permetto di dirle che se il suo mestiere comprende farsi beffe del dolore altrui, ridere e far ridere sulle pene e le lacrime di molti suoi concittadini, lei ha sbagliato mestiere.
Se lei avesse raccontato una barzelletta sugli ebrei, sugli omosessuali, sui Testimoni di Geova, sugli handicappati, sui terroni e così via, cosa si sarebbe aspettato?
Mio figlio non ha potuto vivere una vita normale e fortunatamente non ha visto la sua performance. Credo non avrebbe riso, come non l’ho fatto io.
Non le racconto le peripezie sue e della nostra famiglia sino ai tribunali per i successivi rifiuti va((inali. Non le racconto le lacrime alle riunioni Corvelva ove i genitori più fortunati erano quelli il cui figlio dopo il va((ino era deceduto.
Non credo che lei non avesse in copione altre gag per quella serata. La mia domanda è: perché ha scelto quella? Perché non una bella barzelletta su forni crematori o sulle pratiche sessuali gaie?
Ridere del dolore altrui non è giustificabile con ignoranza dei fatti o buona fede. Lei ha aumentato la tensione sociale già esistente dopo due anni di comunicazione stalinista di tutto il mainstream. Mi era simpatico, sottolineo era. Ora evito il giudizio e comunque mi terrò lontano da spiriti e spiritosi come lei che spargono sale su ferite ancora aperte.
Avrei molto altro da dirle ma uso un suo isolano:
“«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… »
Scelga lei la categoria.
Buona Vita
dott. Valentino Soramaè Palazzi
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Successivamente all’uscita di questa lettera, pubblicata anche sulla bacheca personale di Rosario Fiorello, il dott. Soramaè Palazzi è stato inondato di racconti e vicende dolorosissime di molti persone che come lui hanno parenti o amici danneggiati dai vaccini.
Per questo motivo ha deciso di creare un canale Telegram per una azione collettiva contro lo stato per i danni da vaccino. Questo il link https://t.me/+mP_OnmjoDOE1NTQ8
Massimo A. Cascone, 03.02.2022
FONTE: https://comedonchisciotte.org/danni-da-vaccino-lettera-aperta-a-fiorello/
Autostrade, trionfo Benetton: 9,3mld dallo Stato. Pagheranno gli automobilisti
Lunedì, 24 gennaio 2022
La famiglia ex proprietaria ha dovuto pagare solo 580 mln per la ricostruzione del ponte Morandi. Un grande affare che costerà caro a chi viaggia
Autostrade, Benetton beffa lo Stato: super buonuscita senza multa
La famiglia Benetton può festeggiare, l’accordo per la cessione di Autostrade si è rivelato un grandissimo affare. Il gruppo avrebbe dovuto essere punito per il crollo del ponte Morandi, costato la vita a 43 persone, ma invece di revocare la concessione, – si legge sul Fatto Quotidiano – lo Stato se la compra a caro prezzo da Atlantia. Indennizzi e manutenzioni li pagherà la Autostrade pubblica, spremendo, al solito, gli utenti. Con l’approvazione del Cipess avvenuta il 22 diembre scorso, la vicenda Autostrade per l’Italia sembra definitivamente chiusa: manca solo il via libera da parte della Corte dei Conti, poi una società posseduta per il 51% da CDP (Cassa Depositi e Prestiti) e per il 49% dai fondi d’investimento Blackstone e Macquarie, acquisterà Aspi da Atlantia (controllata dai Benetton), valutandola 9,3 miliardi.
L’accordo – prosegue il Fatto – prevede che a fronte dei gravi inadempimenti che hanno portato al disastro del ponte Morandi, Aspi si assume oneri compensativi per 3,4 miliardi. A ben vedere però sono tutti oneri che verranno sostenuti in futuro, per sconti tariffari e investimenti ancora da fare ma non remunerati in tariffa, tutti oneri quindi che peseranno sui bilanci di Autostrade dopo che sarà passata in carico ai nuovi azionisti (Cdp e soci) e non graveranno sulla gestione Atlantia. Si è forse voluto far credere all’opinione pubblica che il governo avesse “punito”i responsabili accollandogli un onere di 3,4 miliardi, ma in realtà Aspi sotto la gestione di Atlantia si è dovuta far carico solo di 580 milioni per la ricostruzione del ponte. Gli altri 3 miliardi circa verranno coperti dalla nuova gestione con gli incassi di chi viaggia in autostrada.
FONTE: https://www.affaritaliani.it/economia/autostrade-trionfo-benetton-93mld-dallo-stato-pagheranno-gli-automobilisti-776190.html
CONFLITTI GEOPOLITICI
Un cacciatorpediniere britannico che ha fatto irruzione nelle acque territoriali russe non può più navigare
Un cacciatorpediniere missilistico guidato britannico che ha fatto irruzione nelle acque territoriali russe necessitava di riparazioni complesse.
Dopo che il cacciatorpediniere missilistico della Royal Navy of Great Britain “HMS Defender” ha invaso le acque territoriali russe nel giugno dello scorso anno ed è stato quasi affondato, si è saputo che la nave non era più adatta non solo per svolgere le missioni di combattimento assegnate, ma anche per commettere lunghi viaggi. Secondo la pubblicazione Standard, ciò è dovuto a un guasto alla centrale elettrica, tuttavia, a giudicare da alcuni rapporti, la nave potrebbe dover sostituire anche le sue apparecchiature elettroniche. Ciò potrebbe essere dovuto all’uso da parte dell’esercito russo di potenti mezzi di soppressione elettronica.
“Tutti e sei i moderni cacciatorpediniere Type 45 della Royal Navy sono attualmente ormeggiati in porto in un momento di accresciute tensioni con la Russia. I cacciatorpediniere missilistici guidati soffrono di problemi al motore e sono attualmente in fase di ristrutturazione. Lunedì scorso, il cacciatorpediniere HMS Dragon è stato avvistato lunedì mattina entrare a Portsmouth, unendosi a HMS Defender, HMS Diamond e HMS Duncan. HMS Dauntless e HMS Daring sono ormeggiate a Birkenhead per le stesse ragioni .
Tuttavia, gli esperti hanno notato che i problemi con l’uso del cacciatorpediniere britannico HMS Defender sono iniziati dopo che la nave britannica ha invaso queste acque.
“Il 23 giugno 2021, il Ministero della Difesa russo ha riferito che una delle sue navi da guerra ha sparato colpi di avvertimento contro il cacciatorpediniere della Marina britannica HMS Defender dopo essere entrato nelle acque territoriali russe nel Mar Nero. Quindi il Cremlino ha accusato l’ingresso del cacciatorpediniere HMS Defender nelle acque territoriali russe vicino alla penisola di Crimea come una “provocazione” e ha messo in guardia contro dure misure di ritorsione “, notano i giornalisti di Soha.
Gli esperti notano che la Russia ha sicuramente utilizzato i propri mezzi di repressione contro la nave britannica. Finora, non è noto con certezza se il fatto del fallimento di questo cacciatorpediniere sia collegato agli eventi accaduti lo scorso anno.
Подробнее на: https://avia.pro/news/prorvavshiysya-v-rossiyskie-territorialnye-vody-britanskiy-esminec-bolshe-ne-mozhet-plavat
Il giornalista di RT Murad Gazdiev ha chiesto due volte a Liz Truss – laministra degli Esteri britannica – se Londra avrebbe sostenuto i separatisti ucraini allo stesso modo in cui sosteneva a suo tempo i separatisti ceceni.
Ma Truss ha evitato la risposta entrambe le volte: “Non entrerò nei dettagli di ciò che è accaduto in passato, viviamo nel presente”.
Il ministro ha soltanto avanzato le richieste che la Russia ritiri le sue truppe dal proprio territorio. https://t.me/rt_russian/91681
Lavrov nell’incontro con Liz Truss: “approcci ideologici, ultimatum, minacce, moralismi: questa è la strada verso il nulla. Sfortunatamente, molti dei nostri colleghi occidentali utilizzano questa forma della loro attività pubblica. Non posso chiamarla diplomazia!»https://t.me/ctrs2018/9142
Telegram (https://t.me/rt_russian/91681)
La Russia ha attaccato le difese aeree israeliane con uno sconosciuto sistema di guerra elettronica
La Russia ha utilizzato un sistema di guerra elettronica super potente contro Israele, che non è ufficialmente in servizio.
Poche ore fa, a causa di un tentativo israeliano di attaccare un gruppo di truppe russe nel porto di Latakia e di minacciare aerei militari russi, la Russia ha schierato sconosciuti sistemi di guerra elettronica per impieghi gravosi. Tenendo conto della gamma di interferenze, sistemi mobili di questo tipo non esistono ufficialmente nell’arsenale russo, tuttavia, la situazione si è rivelata così deplorevole per l’IDF che i sistemi di difesa aerea / missilistica di Israele sono stati soppressi a una distanza di oltre 300 chilometri, inoltre, sono state osservate interruzioni nel funzionamento del sistema di posizionamento globale anche a distanze di circa 400 chilometri.
“L’esercito russo, durante un attacco notturno dell’aviazione israeliana su obiettivi vicino a Damasco, avrebbe nuovamente attivato sistemi di guerra elettronica schierati in Siria. A conferma vengono forniti i dati del servizio FR24, dove sono visibili violazioni nella determinazione delle coordinate GPS degli aeromobili nell’area dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv ”, riporta il canale Telegram dell’Osservatore militare.
In questa immagine, puoi effettivamente vedere che i sistemi di posizionamento globale GPS sono gravemente interrotti, mentre i sistemi di difesa aerea/missilistica sono stati attivati automaticamente in tutto il centro e nord di Israele e sono suonati allarmi antincendio di razzi.
Gli esperti notano che se l’IDF non fornisce una spiegazione adeguata per le sue azioni, la Russia può usare costantemente i suoi sistemi di guerra elettronica contro Israele.
Подробнее на: https://avia.pro/news/rossiya-atakovala-izrailskie-pvo-neizvestnoy-sverhmoshchnoy-sistemoy-reb
CULTURA
Cosmocrazia (3)
Un paio di giorni fa, mi hanno regalato il Manifeste conspirationniste, un testo che parte dall'emergenza coronavirus, per toccare ad uno ad uno, a colpi d'ascia, i temi decisivi di questo momento di svolta storica. Perché la vera questione non è il piccolo pescepalla peduncolato, ma che razza di vita nuova si sta preparando per tutti, umani e non, nel grande calderone. Il Manifeste conspirationniste è un testo radicale, nel senso che va veramente alla radice mentre manda all'aria ogni luogo comune. Nel prossimo post, spero di farvene una breve recensione. Intanto, ecco il comunicato con cui il Comité Invisible parla del testo.
COMUNICATO N°0
Il significato politico e morale del pensiero appare solo in quei rari momenti della storia in cui “tutto crolla, il centro non regge più e la semplice anarchia si diffonde nel mondo”; quando “i migliori non hanno convinzione, mentre i mediocri sono pieni di intensità passionale”. In questi momenti cruciali, il pensiero cessa di essere una questione marginale alle questioni politiche.
Quando tutti si lasciano trasportare sconsideratamente da ciò che fanno e credono i molti, quelli che pensano si trovano come allo scoperto, perché il loro rifiuto di unirsi agli altri è evidente e diventa allora una specie di azione.
Hannah Arendt, Considerazioni morali
Il Comitato Invisibile era in origine una cospirazione operaia a Lione negli anni 1830. Walter Benjamin nota nel suo Libro dei Passaggi: “Il Comitato Invisibile – nome di una società segreta di Lione.”
Nel febbraio 2000, alla fine di The Bloom Theory, pubblicato da La fabrique, si leggeva:
“Il Comitato Invisibile: una società apertamente segreta / una cospirazione pubblica / un’istanza anonima di soggettivazione, il cui nome è ovunque e la cui sede non è da nessuna parte / la polarità rivoluzionaria del Partito Immaginario”.
Il rovescio dello stesso libro era politicamente più esplicito: definiva il Comitato Invisibile come una
“cospirazione anonima che, dal sabotaggio alla rivolta, alla fine liquida il dominio delle merci nel primo quarto del XXI secolo”.
Per “partito immaginario” si intendeva e si intende ancora tutto ciò che è in conflitto – in guerra aperta o latente, in secessione o in semplice disaffezione – con l’unificazione tecnologica e antropologica di questo mondo sotto il segno della merce.
Chiamavamo il processo di unificazione in questione “Impero” o “il mondo della merce autoritaria”, con cui il pianeta si costituisce in un “tessuto biopolitico continuo”. E’ solo a proprie spese che nel 2022, si possa ignorare l’evidenza di tali nozioni, o almeno delle intuizioni che queste nozioni coprono.
In queste condizioni, il Partito Immaginario è allo stesso tempo il punto cieco e il nemico innominabile di una società che ormai ammette solo errori da correggere nella sua impeccabile programmazione – oltre ad alcuni demoni da schiacciare con urgenza.
Quando il Partito Immaginario irrompe nello Spettacolo, si fa presto a denunciare l’azione di qualche “minoranza marginale”. Si guardano bene dal riconoscere che questo margine è ormai ovunque, e che questa società lo produce a getto continuo, tanto più pretende di ridurlo.
Costantemente rimandato all’irrealtà di uno spettro, il Partito Immaginario è la forma di apparizione del proletariato “nel periodo storico in cui il dominio si impone come una dittatura della visibilità e nella visibilità”. (Tiqqun 1, “Tesi sul partito immaginario”) Ed è vero che il tipo di disaffiliazione interiore di cui è afflitta questa società è il più delle volte così silenziosa, così diffusa e così discreta che accusa in cambio la sua disposizione alla paranoia – quella malattia atavica e così spesso fatale del potere. “In un mondo di paranoici, sono i paranoici ad avere ragione“, abbiamo osservato all’epoca.
Nonostante tutti gli sforzi in senso contrario, compresi i nostri, i decenni che sono passati hanno confermato punto per punto queste tesi, che allora erano considerate allarmanti, folli e addirittura criminali. Nel settembre 2001, il testo di apertura della rivista Tiqqun 2 si concludeva con questa premonizione:
“Le affermazioni precedenti hanno lo scopo di introdurci in un’epoca che è sempre più tangibilmente minacciata dall’ondata di realtà. L’etica della guerra civile che vi si esprime è stata chiamata un tempo “Comitato Invisibile”. È il segno di una frazione determinata del Partito Immaginario, il suo polo rivoluzionario. Con queste righe, speriamo di sventare le più volgari sciocchezze che potrebbero essere pronunciate sulle nostre attività, così come sul periodo che sta iniziando. (“Introduzione alla guerra civile”)
Come previsto, le “più volgari sciocchezze” non mancarono di essere pronunciate, nel novembre 2008, quando una dozzina di persone furono arrestate per “terrorismo” sotto la doppia accusa di aver commesso una serie di sabotaggi antinucleari e di aver scritto un libro, L’insurrection qui vient, firmato dal Comitato Invisibile.
La stampa ha poi dato una bella dimostrazione di come adempie al suo compito di informare il pubblico, riprendendo come un sol uomo le affermazioni del governo, e quindi quelle della polizia antiterrorismo. Si è resa completamente ridicola, il che chiaramente non le ha insegnato nulla su se stessa o su di noi.
L’intera costruzione traballante alla fine crollò, non senza indurre un pubblico più vasto a leggere il Comitato Invisibile e causando qualche inconveniente alle persone coinvolte. Se c’era bisogno di confermare la natura poliziesca della nozione di paternità – la necessità di ritenere qualcuno “responsabile” di ogni verità che si afferma in pubblico – tutta questa vicenda ha assunto il compito di somministrare la prova definitiva.
Alla fine di dieci dolorosi anni di procedimento, l’accusa finale del pubblico ministero si è abbattuta pesantemente sull’identità della persona accusata del sabotaggio e sospettata di essere stata “l’autore principale” dell’Insurrection qui vient. Le esigenze della difesa – da quando si deve la verità ai propri nemici? – ha fatto sì che uno degli imputati, che non rischiava nulla in caso di processo e che non aveva scritto tre righe di Insurrection qui vientnessuno dei libri successivi, fosse autorizzato a rivendicare la paternità del libretto davanti al giudice.
In un’epoca in cui la mistificazione è dominante, c’era da aspettarsi che questa menzogna finisse per essere spacciata per verità, e che il bugiardo finisse quasi per convincersene, a forza di farsi passare per tale. Poiché il ragazzo era anche il comunicatore degli accusati, doveva illustrare la tendenza strutturale verso l’autonomizzazione della comunicazione moderna, che crede che sia sufficiente avere un account su Twitter per plasmare la realtà da solo dietro il proprio smartphone. Anche i governi affondano costantemente i piedi in questo tappeto di illusioni. Inoltre, a un comunicatore non è mai stato chiesto di avere una comprensione profonda di ciò che sta promuovendo; questo può persino essere dannoso per il compito.
Il Comitato Invisibile non è mai stato un gruppo, e ancor meno un “collettivo”. Molto tempo fa, abbiamo messo in guardia contro le “comunità terribili“. Non è quindi suscettibile di alcuna dissoluzione, né legale né volontaria. La tragi-commedia dei piccoli gruppi, che Wilfred Bion aveva già discusso nel 1961, gli è stata sempre risparmiata. Tuttavia, non è stato risparmiato dalla pubblicità. Di quanti “membri del Comitato Invisibile” abbiamo sentito parlare, che non abbiamo mai incontrato? E quante delle persone che abbiamo incontrato devono quel poco di aura che hanno al mistero del fatto che “sarebbero stati”, o anche che “sarebbero ancora”?
Questa vulnerabilità all’usurpazione e tutto il regime di finzione che permette è uno dei pochi lati negativi dell’anonimato in questi tempi bui. Ma questo tipo di inganno inganna solo gli sciocchi.
Il Comitato Invisibile è una certa intelligenza partigiana dell’epoca. Questa intelligenza è dispersa in frammenti tra tutti gli inconciliabili di questo tempo. Possiamo vedere come non si tratta tanto di essere uno di loro, ma di lavorare per riunire questi frammenti. Mantenere, contro tutte le manovre di integrazione, una posizione apparentemente persa nella guerra del tempo. “Chi cambierà il mondo allora? – Quelli a cui non piace.” Questa era già la risposta di Brecht in Kuhle Wampe nel 1932.
Il Comitato Invisibile opera come un’istanza di enunciazione strategica. Coloro che scrivono sotto questo nome riescono a farlo solo dopo una certa ascesi, un certo esercizio di de-soggettivazione, in cui si spogliano di tutti i meccanismi di difesa che in definitiva formano l’ego: lasciano cadere l’ego.
Solo a questa condizione, si riesce a fare qualcosa di diverso da “esprimere se stessi”, ad esprimere piuttosto ciò che trova sospeso nell’epoca, e quindi fatalmente anche in se stesso. I testi del Comitato Invisibile sono costituiti da questo pulviscolo di intuizioni, osservazioni, eventi, parole colte al volo, esperienze vissute o condotte, gesti compiuti o contrastati, sensazioni confuse, echi lontani e formule racimolate. Questo spiega perché siamo sempre stati indifferenti al fatto che l’uno o l’altro scriva una parte schiacciante di questo o quel testo. Perché chi scrive sotto questa firma è letteralmente nessuno [in francese, personne], o tutti – tutti gli amici che discutono questa o quella formulazione unilaterale, questa o quella tesi, questa o quella percezione, di coloro che tengono la posizione scismatica del Comitato Invisibile. Scribi del nostro tempo, insomma, cioè del movimento reale che abolisce lo stato di cose esistente. Da qui l’assenza effettiva di un autore di questi testi.
Sembra che il metodo non sia poi così male: poche persone possono affermare di non avere, dopo due decenni, una parola da ritirare da quello che dicevano sul loro tempo, e di aver potuto mantenere una posizione così scandalosa nel tempo.
“Rifiutare di accettare lo stato delle cose come valido è l’atteggiamento che prova l’esistenza, non direi nemmeno di un’intelligenza, ma l’esistenza dell’anima.” (Dionys Mascolo)
La recente pubblicazione di un libro veramente anonimo, perfettamente inaccettabile per l’epoca, Le manifeste conspirationniste, ha fornito l’occasione per un notevole tentativo di rivalsa da parte di tutti coloro che si erano sentiti umiliati dai “successi” del Comitato Invisibile fino ad oggi.
Il segnale per il linciaggio pubblico è stato dato a L’Express da “informazioni” provenienti dalla polizia – un pedinamento mal fatto seguito dall’intercettazione e dalla distruzione della corrispondenza destinata a un “prestigioso” editore parigino, un pedinamento che non si osa attribuire, ancora una volta, alla DGSI [equivalente francese della nostra DIGOS].
La vallettaglia giornalistica seguì coraggiosamente, senza ricordare quanto poco successo avevano avuto in passato nel gridare al lupo contro il Comitato Invisibile. Al culmine della loro campagna, si sono vantati di non aver capito nulla del Manifeste, ma non senza lamentarsi che il libro era troppo informato in troppi settori per contraddirlo – poveretti! E che epoca singolare è stata!
Infine, abbiamo visto i vecchi sostenitori seguaci di Toni Negri di una “biopolitica minore” o addirittura di una “biopolitica inflazionistica” unirsi alla maledizione, la cui sconfitta storica coincide esattamente con il successo delle loro idee dalla parte dell’Impero: è ora Klaus Schwab, del World Economic Forum, che è stato invitato in Vaticano per discutere il suo progetto filantropico di reddito universale con Papa Francesco.
Per quanto riguarda la “biopolitica inflazionistica”, nessuno ha più bisogno di fare un disegnino, dopo gli ultimi due anni.
“Perché lo stratagemma più formidabile dell’Impero è quello di amalgamare in un grande repulsore – quello della “barbarie”, delle “sette”, del “terrorismo” e anche degli “estremi oppositori” – tutto ciò che gli si oppone”. (“Ceci n’est pas un programme”, Tiqqun 2, 2001),
i nostri fallimentari spettri negriani e altri sub-foucaultiani si sono affrettati a gridare “confusione”, “fascismo”, “eugenetica” e perché no – già che ci siamo – “negazionismo”.
È vero, del resto, che il Manifesto in questione non si preoccupa del positivismo. Come volevasi dimostrare. Quelli tutte le cui certezze si sono dimostrate invalide a partire almeno dai Gilets jaunes preferiscono raccontarsi che sono le rivolte stesse ad essere confuse, e non loro stessi.
Il “fascismo” che scorgono ovunque è quello che fondamentalmente desiderano, perché darebbe loro, se non intellettualmente, almeno moralmente ragione. Qualche possibilità verrebbe loro offerta per diventare finalmente le vittime eroiche che sognano di diventare.
Coloro che hanno rinunciato a combattere storicamente preferiscono dimenticare che la guerra del tempo si combatte anche sul terreno delle nozioni – senza le quali, per inciso, Foucault non avrebbe strappato la “biopolitica” ai suoi progettisti nazisti e comportamentisti.
Lasciamo alla sinistra imperiale la convinzione che esista un tipo di rivoluzione che si ammanta di purezza, e che è moltiplicando gli anatemi moralizzatori, la profilassi politica e lo snobismo culturale che si sconfiggono le controrivoluzioni.
In questo modo, condanna solo se stessa, decomposta dietro i suoi cordoni sanitari e i suoi gestes barrières [misure profilattiche], aggrappandosi a quello che crede essere il suo capitale politico accumulato – condannandosi a vedere la sua retorica tendere asintoticamente verso quella dei governanti.
Per quanto riguarda noi, preferiamo molto di più colpire, prendere e dare.
Preferiamo operare.
Non ci arrenderemo mai.
7 febbraio 2022,
Il Comitato Invisibile
FONTE:
494 Bauhaus al femminile. Il libro di Anty Pansera uscito con Nomos, è la storia di un’accademia rivoluzionaria.
9 02 2022
475 studentesse. 11 docenti. 6 donne intorno a Gropius. 1 manager.1 fotografa. Una puntuale e inedita ricerca archivistica raccoglie e svela le vicende biografiche di TUTTE le “ragazze” del Bauhaus, le Bauhausmädels. Anty Pansera coinvolge il lettore trasportandolo nell’affascinante vita all’interno. Il nuovo libro di Anty Pansera, “494 Bauhaus al femminile”, uscito con Nomos Edizioni, fa luce sulle loro vite dell’Accademia dove studenti e studentesse convivevano con maestri come Gropius, van der Rohe, Kandinskij, Klee, e il tempo libero era condiviso tra feste, letture, discussioni politiche, storie d’amore, mostre, performances artistiche, musica (l’Accademia aveva una propria orchestra e un teatro), sport; sullo sfondo, naturalmente, la tragica ascesa del nazismo che portò alla chiusura dell’Accademia, al divieto di pratica per gli artisti, e che costrinse molte delle donne (più del 14% era di origine ebrea) alla fuga e all’esilio, quando non alla morte in campo di concentramento. Nella prima sede di Weimar, all’apertura della scuola, troviamo solo una Lehrerinnen (docenti donne), Lydia Gertrud Grunow (nel gruppo degli esoterici), nel corso propedeutico di Itten, arriverà poi Gunta Stölzl chiamata a impostare l’officina di tessitura e, nel corso della storia della scuola, diventeranno poi undici. Se fra i “ritrovamenti” dell’autrice c’è anche una misteriosa italiana, Maria Grazia Rizzo, la cui storia è ancora da ricostruire, sarà incredibile leggere di Lisbeth Oestreicher, moderna Penelope che riuscirà a salvarsi in campo di concentramento procrastinando il completamento dei capi di maglieria realizzati per l’amante del comandante del campo. O, ancora, di Edith Suschitzky, che aderisce al partito comunista austriaco iniziando un’attività di agente segreto dell’Unione Sovietica (determinante la sua attività nel reclutamento del cosiddetto “circolo delle spie di Cambridge”) e frequenta il corso di fotografia a Dessau nel 1929-1930.
Per contributo artistico, su tutte sicuramente spicca Anni Albers, un’innovatrice dell’astrazione che ha coniugato l’antica arte della tessitura con il linguaggio dell’arte moderna. Come artista, designer e insegnante, ha saputo trasformare il modo in cui la tessitura era percepita, elevandola da medium a opera d’arte. La Albers ha iniziato a lavorare col telaio come studente del Bauhaus a Weimar (ha fatto il suo ingresso nella scuola nel 1922) e ha continuato a esplorare le possibilità offerte da questa tecnica durante tutto il corso della sua carriera, continuata poi negli Stati Uniti. Proprio al Bauhaus ha conosciuto Josef Albers, che nel ’25 è diventato suo marito. Nel ’33, con l’avvento del nazismo, la scuola viene chiusa e la coppia scappa negli U.S.A. dove entrambi insegneranno al Black Mountain College in North Carolina, una scuola sperimentale e innovativa con un approccio interdisciplinare al centro del quale massima importanza era data alla pratica artistica. Il lavoro di Anni Albers è stato di grande influenza per le generazioni successive di designer e artisti. A dispetto della modernità su cui si fondava la scuola, al Bauhaus la disparità tra uomini e donne non era ancora stata superata. Anni Albers iniziò il suo primo anno seguendo le lezioni di Georg Muche e successivamente quelle di Johannes Itten, alle donne però non era consentito l’accesso a determinate discipline, come, per esempio, l’architettura. Non potendo entrare in un laboratorio dedicato alla lavorazione del vetro con Josef Albers, Anni iniziò senza troppa convinzione il corso di tessitura di Gunta Stölzl – chiamato anche “The Women’s Workshop”. Una scelta che le cambierà la vita. La stessa Gunta Stölzl negli anni successivi ricreò diversi arazzi perduti di Anni Albers.
Eccole, le ragazze del Bauhaus: dietro ad ognuna di loro ci sono storie diverse, tutte accomunate dalla determinazione a trovare una propria strada in settori prima non accessibili, mettendo a punto linguaggi felicemente “moderni”: tessitura ma anche fotografia, architettura, stampa, legatoria, pittura murale, falegnameria, vetro e/o lavorazione del legno, grafica pubblicitaria. Donne certamente autonome e indipendenti, anche se in molti casi rimaste troppo a lungo nell’ombra, magari di un marito o di un collega più famoso, e ora finalmente riscoperte.
Il libro corposo, storico, prezioso e documentato, mette a fuoco una Scuola d’Arte come mai se ne ebbe più. La Bauhaus è stata proprio un’incredibile avventura, qui narrata al femminile, una scuola rivoluzionaria, un esempio di arte e passione -attualmente non più presente nelle nostre accademie- che specie oggi dovrebbe essere presa a modello.
Carlo Franza
FONTE: https://blog.ilgiornale.it/franza/2022/02/09/494-bauhaus-al-femminile-il-libro-di-anty-pansera-uscito-con-nomos-e-la-storia-di-unaccademia-rivoluzionaria/
Così nacque Duca Lamberti. E lo Scerbanenco in “noir”
10 Febbraio 2022 – 06:00
La figlia dello scrittore spiega come suo padre passò dal rosa al nero. Inventando il nuovo genere in Italia
Parlare di Venere privata mi mette un po’ in imbarazzo, poiché si è molto scritto su questo romanzo che segnò un punto di frattura nella letteratura di genere del nostro paese, aprendo la strada al noir italiano. E proprio al noir, cioè storie cupe, reali, quasi sociologiche, molto lontane da quel divertissement intellettuale e rassicurante che talvolta è il giallo classico; e proprio italiano, con periferie meneghine, ricchi industrialotti e ragazzotte troppo sveglie che nulla conoscono di New York o Las Vegas.
Così, ho deciso di mettermi ancora più in imbarazzo affrontando gli aspetti personali che portarono Scerbanenco a lasciare, nel 1964, dopo trent’anni (il primo racconto dell’autore per un grande editore uscì su Piccola, rivista Rizzoli di narrativa, proprio nel 1934), il suo amatissimo lavoro di autore, giornalista, direttore di riviste letterarie, spesso dedicate a un pubblico di donne e ragazze, tutte innamorate di lui.
Ho purtroppo raggiunto un’età tale da sapere che le necessità e gli inciampi della vita (things to do and bills to pay, le cose da fare e bollette da pagare di una bellissima canzone di Springsteen), influiscono molto sulle nostre scelte esistenziali e, spesso, la volontà può poco. Nel caso di Scerbanenco, poi, queste motivazioni erano particolarmente pressanti. Mio padre, infatti, non aveva una famiglia alle spalle che potesse sostenerlo, guadagnava scrivendo storie, qualcosa che dipendeva da lui e lui solo. Per di più, era visto come uno scrittore e un autore moralista, che insegnava alle donne fin dove potessero spingersi con le loro trasgressioni, e quale fosse il prezzo da pagare. Il lieto fine e la salvezza delle apparenze, anche esile, non dovevano mai mancare. Eppure, credo che a mio padre, almeno dalla Seconda guerra mondiale in poi, tutto questo un po’ pesasse.
Negli anni del conflitto, Scerbanenco scrive a matita su dei quadernetti, senza poi pubblicarle, alcune storie atipiche per durezza, quasi crudeltà. Questa crudeltà appare in controluce in una storia d’amore tradito; tracima ovunque in una vicenda di perversioni sessuali dalle coloriture fantascientifiche. Anche le storie pubblicate sono diverse dal solito. Basti citare i racconti di guerra dell’antologia Gli uomini ragno, una descrizione realistica ed esatta delle crudeltà varie in cui indulgono le persone comuni nel caos del 1943, quando l’Italia cambia fronte, passa agli Alleati e di conseguenza è invasa dai tedeschi. Oppure si pensi a Cinema fra le donne, Si vive bene in due, Ogni donna è ferita, romanzi che partono dal sentimentale per volgere verso il romanzo sociale, quasi un documentario del cambiamento.
***
Nel 1961, Scerbanenco esce da una difficilissima situazione personale. Dannunziano d’animo, ha spesso avuto più relazioni contemporaneamente, ma nella seconda metà degli anni ’50, pare quasi che il Destino gli presenti il conto di tutti i suoi tradimenti. Quando le cose si risolvono, sono tutti stremati. Mio padre aveva quasi avuto un infarto, mia madre aveva perso la bambina che aspettava (avevano già deciso di chiamarla Anna), come scrive Scerbanenco in una lettera commovente. Elena, la prima figlia, era morta nel lontano 1932, a pochi mesi, mai dimenticata dal suo papà.
È facile comprendere perché lo scrittore abbia avuto bisogno di una lunga pausa. Tra l’altro, sta iniziando una vita nuova con la nuova compagna, Nunzia Monanni, di ventitré anni più giovane. La cosa, naturalmente, scatenò un ennesimo, grande scandalo.
I miei genitori si erano incontrati nella redazione di Annabella, diretta allora da Antonia Monti, un grande nome dell’editoria italiana. Nunzia vi era stata assunta nel 1954, a soli diciannove anni, alla prematura morte del padre, un amico di Andrea Rizzoli, per il quale era direttore editoriale del settore libri dagli anni ’40.
Mio nonno, Giuseppe Monanni, fu anche un’importante figura dell’ambiente anarchico milanese nella turbolenta prima metà del ‘900. Colto, sensibile, era divenuto prima libraio, anche antiquario, con diversi negozi in centro, infine editore. Nel 1943, però, perdette tutto, quando i nazisti gli bruciarono casa editrice e librerie. Disperato e sul lastrico, fu soccorso da Rizzoli, che lo assunse immediatamente. Sopravvissuto a un infarto provocatogli dalla morte in guerra dell’amatissimo figlio avuto da una precedente relazione (anche mio nonno era un po’ di spirito dannunziano), partecipò alla fondazione della Biblioteca Universale Rizzoli, la BUR, e poi diresse la libreria Rizzoli in Galleria a Milano. Giuseppe stravedeva per la sua bambina, e mia madre rimpiangerà sempre di non aver potuto essere fino in fondo la sua erede intellettuale, come lui avrebbe desiderato.
Questa lunga divagazione per cercare di spiegare quale particolare forma mentale avesse mia madre, che forse aveva molti difetti, ma era uno spirito libero, refrattario alle convenzioni di ogni genere, a suo modo un’intellettuale bohémienne.
Così, conti alla mano, Scerbanenco scopre che lui e la sua nuova famiglia possono vivere soltanto con gli introiti delle collaborazioni e dei romanzi, prova, questa, di quale successo avesse mio padre tra le lettrici.
Sostenuto dalla sua giovane compagna, mio padre compie questo rischioso salto nel vuoto e, a metà 1964, si licenzia da Rizzoli.
Si trasferisce subito a Lignano Sabbiadoro, sulla costa del Friuli, con me e mia sorella bambine e con mia madre. Allora Lignano era una località selvaggia, con la pineta che scendeva sulla spiaggia, tante dune e poche costruzioni, avanguardie di un grande piano di sviluppo disegnato da grandi architetti. D’estate i turisti cominciavano a riversarsi sulla spiaggia, ma d’inverno diventava e diventa ancora oggi un luogo magico, pochi abitanti che si conoscono tutti, le infinite sfumature di grigio del mare e del cielo su chilometri e chilometri di spiaggia deserta. Ed è qui, in questo posto inaspettato, che nascono i romanzi noir, alcuni ambientati proprio a Lignano, come Al mare con la ragazza, rosa/nero aspro eppure carico di compassione, che non ha nulla da invidiare al ciclo di Lamberti.
Infatti, l’anno dopo, nel 1966, esce per Garzanti il primo di una serie di romanzi per nulla politicamente corretti: Venere privata. Come editor entusiasta e mentore, c’è un amico di Scerbanenco, e uno dei maestri dell’editoria moderna, Oreste Del Buono. Mio padre gli inviò alcune cartoline di Lignano, in cui lo metteva e poi lo teneva al corrente dei suoi piani. A Del Buono Lignano non parve molto promettente, al contrario del romanzo. Appena letto il dattiloscritto, inviò un telegramma entusiasta allo scrittore e lo fece immediatamente pubblicare.
Su Venere privata è stato scritto molto e da chi ha più competenza di me: sullo stile, quasi un dialogo mentale ininterrotto (tecnicamente: stream of consciousness, lo scorrere della coscienza), dove saltano punteggiatura e gerarchia delle frasi, mentre qua e là compaiono dei neologismi e abbondano le ripetizioni, mediate dal parlato e dalle regole dell’arte oratoria. Sulla trama che, partendo da un fatto di cronaca (le foto osé scattate con una macchina particolare, troppo particolare), racconta una storia di miserie tutte italiane, di giovani donne alla ricerca di una vita migliore, del primo apparire di una malavita strutturata, imprenditoriale, non più di sopravvivenza. Sui personaggi femminili, soprattutto Livia Ussaro, la signorina Argomenti Generali, filosofa kantiana, razionale e maschile, ma anche sulla sorella di Duca, Lorenza, dolce, buona e infelice.
Moltissimo, poi, si è detto di Duca Lamberti, un investigatore atipico per l’epoca, disincantato e arrabbiato, immerso nella folla e nella sua città, tra mafie, seduttori, ipocrisie di ogni specie e grandezza. Duca Lamberti, che, dice di sé: «Non dormiva, semplicemente perché, dopo quell’esperienza, il mondo intorno non gli piaceva più». L’esperienza, per Duca, è la prigione per aver aiutato a morire una signora anziana e malata, tormentata da un crudele, avido primario. Ecco, nei romanzi di Lamberti, il suo aggressivo e per nulla politicamente corretto alter ego, forse Scerbanenco può finalmente far venire a galla il motivo per cui anche lui, come il suo personaggio, non riesce a dormire.
© 2022 La nave di Teseo editore, Milano
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/cos-nacque-duca-lamberti-e-scerbanenco-noir-
2009270.html
PINO APRILE E “IL NUOVO ELOGIO DELL’IMBECILLE”
“Quando più esemplari della stessa specie si uniscono, la capacità collettiva di pensiero è regolata su quella del più scemo”. È uscita in tutte le librerie, dal 9 febbraio, “Il nuovo elogio dell’imbecille” (Libreria Pienogiorno), il manifesto che, in sostanza, segnala l’inarrestabile ascesa della stupidità umana.
Scientificamente fondato e ricco di humour, il nuovo saggio del giornalista e scrittore, Pino Aprile, è la versione contemporanea di un bestseller che ha conquistato l’Europa. L’intelligenza, quindi, ha i giorni contati; il mondo sarà degli imbecilli: lo dice la scienza. Se fino a oggi ne avevate avuto solo l’impressione… adesso potete avere anche le prove!
In principio fu “L’imbecille”. Alle fatidiche soglie del Duemila, il libro d’esordio di Pino Aprile fu un fortunato caso editoriale in Italia e in molti altri Paesi (in Spagna, per la cronaca, raggiunse il podio più alto e dominò per mesi le classifiche). Suggestivo, scientificamente fondato, sociologicamente ineccepibile e al tempo stesso traboccante di humour – insomma: irresistibile – il pamphlet fu persino adottato da corsi universitari e di management. Vent’anni dopo, è più che mai necessario un “Nuovo elogio”, per dare testimonianza di una lungimirante intuizione che nel tempo ha assunto sempre più i crismi di pietrosa, incontrovertibile realtà fattuale: gli intelligenti hanno fatto il mondo, ma sono gli stupidi che ci vivono alla grande.
Perché al mondo ci sono così tanti imbecilli? Perché – mai come in questo momento, sembrerebbe – prosperano e imperano, riuscendo a raggiungere posizioni di successo, in politica innanzitutto, ma anche nelle aziende, in società, nella comunicazione, insomma nella vita tutta? Per non dire della ribalta dei social. Perché dopo essere prima faticosamente e poi brillantemente disceso dalla scimmia, l’uomo ora tronfiamente la risale?
Pino Aprile dà ragione – una ragione “darwiniana” e inoppugnabile – dell’inarrestabile ascesa della stupidità umana. Conferendo nuova vita a un manifesto indispensabile per comprendere la nostra asinina, cialtronesca contemporaneità.
(*) Pino Aprile, “Il nuovo elogio dell’imbecille”, Libreria Pienogiorno, 192 pagine, 16,90 euro
FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2022/02/08/redazione_il-nuovo-elogio-imbecille-libreria-pienogiorno/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE
La libertà personale è in declino in tutto il mondo
Secondo l’enciclopedia Treccani, da un punto di vista storico, la “libertà personale”, intesa come libertà negativa di non subire ingerenze altrui sul proprio corpo (c.d. libertà dagli arresti), è la prima e la più importante tra le cosiddette libertà civili (Diritti costituzionali), essendo prevista (e tutelata) già nella Magna Charta Libertatum del 1215 (art. 39) e nei documenti costituzionali successivi. Ebbene, la pessima notizia è che la libertà personale è in declino, in tutto il mondo. Lo si evince sfogliando l’Human Freedom Index 2021 realizzato dai ricercatori Ian Vásquez , Fred McMahon, Ryan Murphy e Guillermina Sutter Schneider e co-pubblicato dal Cato Institute e dal Fraser Institute.
Uno studio che con 82 distinti indicatori misura la libertà personale ed economica di Paesi e giurisdizioni (165) che rappresentano il 98,1% della popolazione mondiale. “Su una scala da 0 a 10 – si legge – dove 10 rappresenta il massimo della libertà personale, la valutazione media della libertà umana per 165 giurisdizioni nel 2019 – l’anno preso in esame dallo studio, quindi in era pre-Covid – è di 7,12″. Tra le 162 giurisdizioni per le quali risultano disponibili i dati per il 2018 e il 2019, il livello di libertà generale è rimasto invariato, con 82 giurisdizioni che hanno ridotto i loro rating e 67 che lo hanno migliorato.
La libertà personale è in calo in tutto il mondo
“Confrontando tutte le giurisdizioni per le quali abbiamo gli stessi dati disponibili dal 2008, il livello di libertà globale è leggermente diminuito (-0,01), con più giurisdizioni nell’indice che diminuiscono i loro rating (71) che aumentano (67)” si legge nel rapporto. Nella stessa misura, “l’83% della popolazione mondiale vive in giurisdizioni che hanno visto un calo della libertà dal 2008. Ciò include una diminuzione della libertà generale nei 10 paesi più popolosi del mondo. Solo il 17% della popolazione mondiale vive in Paesi che hanno visto un aumento della libertà nello stesso periodo di tempo”. Fra i 10 Paesi al mondo dove la libertà personale è maggiormente tutelata troviamo Nuova Zelanda, Danimarca, Estonia, Irlanda, Canada, Finlandia, Australia, Svezia e Lussemburgo. L’Italia è al 26esimo posto, decisamente sotto la Germania (15esimo posto) ma meglio della Francia (34esimo posto).
Come spiega il rapporto, le regioni con i più alti livelli di libertà sono il Nord America (Canada e Stati Uniti), l’Europa occidentale e l’Oceania. I livelli più bassi si trovano in Medio Oriente e Nord Africa, Africa sub-sahariana e Asia meridionale. Le libertà specifiche delle donne, misurate da cinque indicatori, sono più tutelate in Nord America, Europa occidentale e Asia orientale e sono meno protette in Medio Oriente e Nord Africa, Asia meridionale e Africa sub-sahariana. Aumentano anche le disuguaglianze: i dati dimostrano infatti che esiste una distribuzione ineguale della libertà nel mondo, con solo il 14,6% della popolazione mondiale che vive nei Paesi che godono maggiori libertà e il restante che vive dove le libertà personali sono meno tutelate. Un divario che si è notevolmente ampliato dal 2008 ad oggi.
“Una battuta d’arresto”
C’è un problema: lo studio, come già accennato, prende in esame il 2019 e non gli ultimi anni dove le restrizioni anti-Covid hanno notevolmente ridotto le libertà personali e individuali in molti Paesi al fine di fronteggiare l’emergenza sanitaria. Come spiegano gli autori, “il declino della libertà è ampio. Colpisce Paesi grandi e piccoli, dittature e democrazie e tutte le regioni del pianeta. Le libertà che sono maggiormente diminuite sono la parola, la religione, il diritto di associazione e di assemblea”. L’aspetto positivo, osservano, è che, sebbene in declino, la libertà in tutto il mondo è più tutelata ora che in qualsiasi momento nella storia umana prima della fine del XX secolo, quando la Cortina di ferro cadde liberando centinaia di milioni di persone dalla dittatura sovietica. Eppure, osservando le cinque nazioni in cui la libertà è aumentata maggiormente tra il 2008 e il 2019 – Myanmar, Sri Lanka, Tunisia, Etiopia e Armenia – si può notare come, in soli due anni, la situazione fotografata allora sia drasticamente cambiata. Myanmar e Tunisia da allora hanno subito colpi di stato; gli ex leader dello Sri Lanka, accusati di crimini contro i diritti umani, sono tornati al potere; l’Etiopia è caduta in una sanguinosa guerra civile e l’Armenia ha perso la guerra contro l’Azerbaigian, con possibili ripercussioni anche sulla politica interna.
Ma quali sono le ragioni di una libertà personale in ritirata? Più d’una. “In alcuni casi – osservano gli autori – i leader eletti democraticamente sono diventati aspiranti autocrati, e hanno amplificato il loro potere sopprimendo l’opposizione, la parola, l’assemblea e persino la libertà di religione e di relazione, come nelle Filippine, in Turchia, in Ungheria, in Messico e in Polonia. In altre nazioni, i leader autocratici hanno intensificato i loro attacchi alla libertà. Russia, Cina, Nicaragua, Egitto e Venezuela sono su questa pista”. E poi c’è il Covid-19, che questo studio non prende in esame. “Dal 2019 i governi di tutto il mondo hanno fatto ricorso a misure straordinarie per affrontare la crisi sanitaria, spesso utilizzandole per violare le libertà fondamentali come la libertà di espressione o di riunione” spiegano gli autori del rapporto, da cui si può trarre un prezioso insegnamento, tutt’altro che banale e scontato come può apparire: la libertà non è un qualcosa di acquisito sine die ma un patrimonio che va costantemente tutelato, anche nelle nazioni liberal-democratiche.
FONTE: https://it.insideover.com/politica/la-protesta-dei-camionisti-canadesi-il-grande-esperimento-dei-conservatori-americani.html
ECONOMIA
UE RIVEDE A RIBASSO LE PREVISIONI DEL PIL ITALIANO
Le stime del Pil italiano vanno riviste al ribasso. La stima è opera dell’Unione europea. L’Ue nelle stime invernali prevede per il nostro Prodotto interno lordo nel 2022 un +4,1 per cento. Questo dato va confrontato con le stime dello scorso novembre, quando l’Ue configurava una crescita al 4,3 per cento. Per il prossimo anno Bruxelles stima un Pil al +2,3 per cento.
“Le previsioni di breve termine – scrive l’Ue – sono oscurate dalla prolungata interruzione di forniture e dal brusco aumento dei prezzi dell’energia. Si prevede che l’erosione del potere di acquisto e l’attenuazione della fiducia dei consumatori scalfiscano la crescita reale nel breve periodo. Ci si aspetta che l’attività economica riguadagni slancio nel secondo trimestre e continui ad espandersi nella seconda parte dell’anno”.
Nel complesso l’Ue ha raggiunto il livello del Pil precedente alla pandemia nel terzo trimestre del 2021 e si prevede che tutti gli Stati membri abbiano superato questa pietra miliare entro la fine del 2022. Il rallentamento della crescita configurato in autunno è stato più acuto del previsto. Ma, si sottolinea, “incertezza e rischi” per la ripresa “restano alti, notevolmente aggravati dalle tensioni geopolitiche in Est Europa”.
Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia, commenta le previsioni economiche invernali. “Per l’Italia – sostiene – dopo l’espansione del 6,5 per cento nel 2021, la crescita del Pil reale dovrebbe raggiungere il 4,1 per cento nel 2022 e il 2,3 per cento nel 2023. L’economia italiana ha chiuso il 2021 su basi solide, tornando quasi ai livelli del periodo pre-crisi. La domanda interna è destinata a rimanere il pilastro principale della espansione economica, con il Piano per la ripresa e la resilienza che aumenta gli investimenti”.
FONTE: http://opinione.it/economia/2022/02/10/fausto-marsini_ue-pil-italia-gentiloni-forniture-prezzi-dell-energia-est-europa/
LA RECITA
Andrea Zhok 21 09 2021
A breve si riunirà, in forma ormai consuetudinariamente clandestina, la cabina di regia per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Per poter presentare il primo rendiconto e ricevere i primi fondi nel 2022, l’Italia dovrà soddisfare 42 delle 51 condizioni previste negli accordi.
Sono riforme che vanno da una riforma della giustizia, a una revisione delle politiche del lavoro, a una riforma dell’università, ecc..
In tempi normali avrei cercato di approfondire le questioni in oggetto, per vedere cosa si sta preparando, visto che impatterà sul futuro nostro e delle generazioni a venire in maniera potentissima.
Ma oggi, mi chiedo, che senso ha occuparsene?
Che senso ha continuare nella finzione di essere in una democrazia, in un luogo dove esiste un libero dibattito pubblico, giornalistico, accademico, civile?
Che senso ha affaticarsi a studiare e approfondire, quando quasi tutti (incluse persone che dovrebbero fare dell’approfondimento intellettuale la loro professione) desiderano solo che si inserisca il pilota automatico, che si deleghi ai competenti, che li si lasci in pace?
In queste settimane chi ha cercato di attivare qualche residuo di spirito critico ha percepito che gli spazi per dibattere fuori dal cerchio di gesso che delimita le credenze ortodosse (così stabilite dall’alto) sono nulla.
Radio, televisioni, parlamento, magistratura possono allinearsi in un baleno quando le pressioni giuste sono esercitate.
In questo contesto la verità pubblica si definisce attraverso il grado di ridondanza, di ripetizione di qualunque sia la menzogna più utile, utile ad una manciata di attori fuori scena.
Anche chi poteva sembrare maggiormente animato da spirito critico si attesta sull’ultima banalità del tiggì, e poi la ripete, e la ripete, e la ripete.
Abusi, coazioni, forzature, ricatti, discriminazioni, omissioni, bastonature mediatiche, distorsioni della Costituzione, censure, macchine del fango, ecc. tutto è passato in cavalleria, senza sentire neanche il bisogno di verificarne i presupposti, senza che un sussulto di indignazione (prepolitica) metta in allerta.
Per alcuni la scusa è che di fronte all’urgenza, all’emergenza, all’allarme sanitario, non ci si può mica mettere di traverso!
E’ uno sforzo di salute pubblica, vivaddio!
(Che Dio li perdoni).
Per altri, però, per i più, non c’è bisogno neanche di giocare al gioco del “vincolo esterno”, della necessità pressante e inderogabile.
No, gli sta semplicemente bene così.
Che decidano lassù, ed io speriamo che me la cavo.
E allora di cosa vogliamo parlare?
Del PNRR?
Di magistratura, fisco, finanza, università?
Come se fossimo nelle condizioni di toccare palla?
Per me basta così.
FONTE: https://www.facebook.com/100005142248791/posts/1943091269205596/
I TECNICI DI DRAGHI BLOCCANO LA CESSIONE DEI CREDITI FISCALI – SENZA SOLDI SI FERMANO I LAVORI
Sotto accusa la norma del decreto Sostegni-ter che prevede il divieto di cessione multipla dei crediti fiscali legati ai bonus edilizi. La “manina” di Mario Draghi dietro al provvedimento che rischia di bloccare tutti i cantieri.
Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani) per ComeDonChisciotte.org – 10 02 2022
Tutti voi sapete quello che sta succedendo con i crediti fiscali, il nostro governo ha detto che non si possono più trasferire, e non sono state sufficienti le insurrezioni di imprese, banche e grandi aziende pubbliche e private attive nel settore, a far cambiare idea al nostro premier, perchè lui è Super Mario, quello che, da giorni, si accredita il più grosso balzo del PIL italiano degli ultimi 27 anni, quel +6,5% che i giornali di regime ogni giorno ci decantano. Peccato però, che pochi lo confrontino con il – 9% dell’anno precedente, e che molti, invece, vivono sulla loro pelle, la tremenda recessione economica che nel nostro paese perdura da quasi due decadi.
Pochi giorni fa, chiamo l’impresa che già diverse volte mi ha sostituito le caldaie: ne ho già sostituite diverse con il sistema dello “sconto in fattura”, cedendo loro i crediti derivanti da tale operazione e concessi dal governo. Una operazione semplice che ha portato le aziende che operano nel settore – e relativo indotto – ad aumentare notevolmente il loro fatturato. Lo stesso è avvenuto con il bonus 110%, il sisma-bonus, ecc.
Questa volta, dall’altra parte del telefono, ho sentito l’interlocutore preoccupatissimo: “è tutto bloccato, a causa del nuovo decreto! Non so veramente come fare, ho contratti già firmati che non posso onorare, perchè non posso più cedere i crediti fiscali”
Ecco quello che succede, quando in un’economia moderna di mercato basata sui consumi, vengono a mancare i soldi per scambiarsi beni e servizi che gli operatori producono e forniscono!
E qui facciamo un passo indietro e torniamo a spiegare, per chi ancora non lo sa, cosa sono i CCF , ovvero i Certificati di Credito Fiscale, in inglese “TAX-CREDIT”. La teoria della moneta moderna, conosciuta come Modern Money Theory (MMT), ed il suo padre fondatore Warren Mosler, da anni definiscono la moneta moderna fiat un “Tax-credit”.
Quindi per proprietà transitiva, se la moneta moderna fiat è un “Tax-credit”, di conseguenza i “Tax-credit” sono SOLDI.. lapalissiano direi!
E fin qui tutto torna: quindi se Mario Draghi interrompe la possibilità di trasferire i crediti fiscali, ovvero impone per decreto che i soldi non possano più essere trasferiti, la conseguenza diretta è che l’imprenditore che deve fornire il suo servizio o vendere il suo prodotto, comincia a preoccuparsi, proprio perchè viene a mancare lo strumento imprescindibile, ovvero i soldi, che rappresentano la sua contropartita, ossia il suo interesse a fornirti la nuova caldaia.
Insomma, affermare per decreto che un credito fiscale non si può trasferire, equivale in tutto e per tutto a dire che tu non puoi cedere ad un altro soggetto la banconota da 50 euro che hai nel tuo portafoglio.
Mi direte, “Megas, ma cosa ci stai dicendo!?” – si, è così, amici miei.. le banconote che avete in tasca e/o i numeri elettronici che avete sui vostri conti correnti non sono altro che entità emesse dal nulla (dallo Stato) e a voi pervenute tramite la spesa pubblica del governo e che circolano all’interno del settore privato, in attesa che un giorno vengano usate per il pagamento delle tasse. E lo stesso avviene con i CCF.
Ora, le cose cominciano ad essere molto più chiare, ed immagino già le domande che ronzano nelle vostre teste. Ma come, Mario Draghi che tanto tiene all’aumento del PIL, introduce nel decreto Sostegni (già qui siamo ad una contraddizione in termini), una misura che, di fatto, dando una mazzata tremenda ai fatturati, certamente colpirà in modo negativo il PIL stesso?
Va bene dai, le risposte ormai sono automatiche nelle vostre teste, stiamo parlando di Mario Draghi, quello del Britannia, il curatore fallimentare degli stati, quello che sostiene l’uso dei derivati, ovvero, l’affidarsi a delle scommesse per pareggiare i conti dello Stato, quello che a capo della BCE, in pieno accordo con il governatore della Banca di Grecia, ha lasciato per settimane i cittadini in coda davanti ai bancomat vuoti.
Cari miei, Mario Draghi, a differenza anche di tanti che la propongono (l’introduzione della moneta fiscale o CCF), ha dimostrato negli anni, ai professionisti della materia, che LUI, comprende benissimo il funzionamento della moneta moderna fiat (anche se di fatto l’ha sempre utilizzata ad esclusivo vantaggio dell’èlite); quindi, è pienamente cosciente che lo strumento dei CCF farebbe recuperare in pieno la possibilità ai nostri governi, di tornare ad avere completa autonomia, in quella che è la principale funzione di un esecutivo – vale a dire, quella “politica fiscale”, che le regole imposte dai patti europei hanno completamente tolto dalle loro mani.
Che dietro alla bocciatura dello strumento dei crediti fiscali ci fosse la “manina” del banchiere più odiato dai greci, per il il sottoscritto è stata una certezza fin da subito. Anzi vi dirò di più: avevo già messo in guardia da tempo gli amici della “moneta fiscale” (promotori del disegno di legge per mano del Senatore De Bertoldi), su come sarebbe andata a finire. Ma vi pare che con cotante credenziali, Mario Draghi avrebbe mai lasciato in piedi una misura (seppur allo stato di fatto non risolutiva in termini qualitativi e quantitativi) indirizzata verso la crescita economica e quindi attuata per restituire benessere al nostro paese?
Certo, che NO!
Non occorrono prove e chissà quale illuminazione della mente, per arrivare a tale conclusione. Ma se proprio non vi basta, è dal fantastico mondo dei social che arriva la conferma diretta:
In una conversazione su Twitter, riferita al tema del blocco dei trasferimenti dei crediti fiscali, quanto scritto da Luca Carabetta (deputato M5S) [1] – non lascia scampo ai dubbi:
“ci sarebbe molto da dire sul ruolo delle forze politiche di maggioranza relativa in un governo di unità nazionale e nelle condizioni odierne. Mi limito a sottolineare il fatto che questa misura sia stata accolta favorevolmente da tutti i partiti che l’hanno anche difesa. La responsabilità di queste modifiche è di matrice tecnica e ci sono nomi e cognomi”
Presto, incontreremo questo deputato che mostra tanta chiarezza ed onestà intellettuale, pur trovandosi in un sistema rappresentativo che si poggia sul perenne inginocchiarsi della politica ai tecnici e che lui mostra di toccare con mano; a maggior ragione, come in questo caso, quando si ha la certezza che sono i tecnici che ti mettono sulla strada sbagliata.
Caro Deputato, caro Onorevole Luca Carabetta, all’onestà intellettuale, soprattutto quando si incarna un ruolo istituzionale, deve corrispondere senza indugi anche il “Dovere”. Ed in questo caso, il dovere sarebbe quello di fare i nomi ed i cognomi di questi tecnici che lei ha indicato, che peraltro vengono pagati con soldi pubblici.
Che i tecnici siano i responsabili e che, quantomeno possa essere imputato loro, una mancanza di professionalità ed una poca conoscenza della materia, lo si deduce chiaramente, leggendo la relazione tecnica nella quale si adducono le motivazioni che hanno portato a questa presa di posizione del governo:
allo scopo di arginare il crescente fenomeno di rilevanti frodi legate alla troppo libera circolazione dei crediti d’imposta e alla loro reiterata cessione, che – si legge nella relazione tecnica che accompagna il decreto legge – “come riscontrato ad esito dell’esperienza operativa maturata dall’Amministrazione finanziaria, mira a dissimulare l’origine effettiva dei crediti, invero inesistenti, con l’intento di giungere alla monetizzazione degli stessi ed alla successiva distrazione della provvista finanziaria ottenuta”. [2]
Insomma, in poche parole e visto che non esistevano motivi oggettivi e scientifici, ma solo, quello di continuare sulla strada da tempo tracciata, di una politica fiscale incentrata sul “folle principio” dell’austerità espansiva, i tecnici si sono inventati la fantomatica scusa – per non dire “balla” – delle “frodi”.
Ma com’è possibile crederci!? Come già spiegato sopra, stiamo parlando di crediti fiscali, ossia soldi, emessi direttamente dallo Stato, non certo banconote stampate in una cantina di Napoli come fa nel film la “Banda degli onesti”. E’ lo Stato che ti concede il credito fiscale in base ad un preciso indirizzo di politica fiscale emanato dal governo, ed è lo Stato stesso che un giorno te lo richiederà indietro attraverso il pagamento di una tassa.
I classici esempi di presunte frodi, che fanno riferimento a cantieri fantasma, messi in piedi solo per ottenere i crediti senza che i lavori siano mai stati effettuati… scusatemi… ma non reggono!
Tutti noi sappiamo, che dietro all’ottenimento dei crediti fiscali, ci sono precise richieste da ottemperare derivanti da puntuali decreti governativi, ci sono più soggetti che intervengono nel processo, quali tecnici e professionisti, tutti soggetti a responsabilità personale, imprese che si assumono il rischio e soprattutto istituti di credito che anticipano i soldi e si prendono ad unica garanzia i crediti fiscali stessi. Per non parlare dell’Agenzia delle Entrate, che ha un potere assoluto di controllo, nonchè l’ultima parola sull’accettazione dei crediti fiscali stessi, in pagamento delle tasse.
In poche parole, di fronte ad una truffa, lo Stato può sempre, in ultima istanza non accettare tali crediti in pagamento delle imposte.
Addirittura l’Agenzia delle Entrate, ha già da tempo in dotazione una piattaforma funzionante (a prova di frode) per lo scambio dei crediti fiscali [3]: ho amici ristoratori che, per la loro attività, da tempo fanno acquisti nella grande distribuzione all’ingrosso e pagano con i propri crediti fiscali, tramite la suddetta piattaforma.
Sarebbe come dire: non si usano più le carte di credito per paura delle truffe. Ma come ben sappiamo, su questo tema, l’indirizzo politico del governo è completamente opposto: eliminare il contante ed incentivare i pagamenti tramite i canali tracciati (carte, bonifici, ecc.)
Più chiaro di così!
Insomma, se tecnicamente non può esserci frode politica all’origine, non ha alcun senso stoppare una misura così benefica per la nostra economia, soltanto perchè ci preoccupiamo di possibili frodi che potrebbero essere messe in atto in seguito. E’ un po’ come dire ad un assetato: non ti dò da bere perchè temo tu possa bagnarti i vestiti.
Ripeto, lo Stato ha tutti gli strumenti e le strutture per fronteggiare le possibili frodi e punire i trasgressori. Oltre all’opzione finale, non certo di poco conto, di poter coprire ogni tipo di passività derivante da casi di frode, tramite l’emissione, dal nulla, di ulteriori crediti fiscali.
Dispiace veramente, ma ripeto non ne sono sorpreso, che questo provvedimento metta un grosso “stop” (almeno per il momento), al percorso del disegno di legge sui crediti fiscali, presente nelle commissioni parlamentari a firma del Senatore De Bertoldi (FDI) e redatto dagli amici della “moneta fiscale”.
Il disegno di legge prevedeva – e naturalmente tutt’ora prevede – l’utilizzo diffuso dei “Tax-credit”, per una politica fiscale che possa essere sufficientemente qualitativa e quantitativa, finalizzata alla ripresa dei consumi e all’ottenimento della piena occupazione.
Parte integrante del progetto è stato discusso recentemente a Roma, quando abbiamo fatto sedere intorno allo stesso tavolo il Senatore De Bertoldi e l’economista americano Warren Mosler; proprio quell’incontro era finalizzato ad usare lo strumento dei crediti fiscali per finanziare i Piani di lavoro garantiti (PLG), ovvero un lavoro per tutti coloro che lo desiderano.
Ma finche’ sulla poltrona di premier rimarrà Mario Draghi, sostenuto da questa classe politica, sono certo che tutto questo rimarrà soltanto un sogno.
Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani) per ComeDonChisciotte.org
NOTE
[1] Luca Carabetta – Wikipedia
[2] FiscoOggi.it – “Sostegni-ter” – 1: bonus edilizi, è consentita un’unica cessione
09.02.2022
FONTE: https://comedonchisciotte.org/i-tecnici-di-draghi-bloccano-la-cessione-dei-crediti-fiscali-senza-soldi-si-fermano-i-lavori/
Il Capitale viene al mondo grondante di sangue
Sara Lapi – 8 02 2022
Retroscena e conseguenze del Trattato di Maastricht 30 anni dopo
.. dove ti si spiega perchè sei un poraccio e perchè non lo eri
– Fabio Sarzi Amadè
VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=-wXb9f9mhVc
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=-wXb9f9mhVc
UE, IL PIANO CHIP COME SOGNO DEL FUTURO
C’è euforia in queste ore. Anche se bisogna sempre ricordare che passare dalle stelle alle stalle è un attimo. Ma veniamo al punto: Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha presentato il disegno di legge sui semiconduttori. E ha spiegato: “Con lo European chips act vogliamo fare dell’Unione europea un leader industriale in questo mercato strategico, ci siamo prefissati l’obiettivo di avere nel 2030 qui in Europa il 20 per cento della quota di mercato globale della produzione di chip, ora siamo al 9 per cento, ma durante questo periodo la domanda raddoppierà, questo significa quadruplicare i nostri sforzi”.
Secondo quanto appreso, si tratta di un adeguamento delle norme europee sugli aiuti di Stato per una serie di progetti sui microchip e un sistema di controllo dell’export nel caso di gravi crisi.
“Il Chips Act europeo – ha insistito von der Leyen – cambierà le regole del gioco per la competitività globale del mercato unico europeo. A breve termine, aumenterà la nostra resilienza alle crisi future, consentendoci di anticipare ed evitare interruzioni della catena di approvvigionamento. E a medio termine, contribuirà a rendere l’Europa un leader industriale in questo settore strategico”.
“I chip – ha terminato von der Leyen – sono essenziali in quasi tutti i dispositivi, ma la pandemia ha anche esposto la vulnerabilità della loro catena di approvvigionamento e la carenza globale di chip ha rallentato la nostra ripresa. Tutte le linee di produzione, per esempio nel settore delle auto, sono rimaste paralizzate mentre la domanda stava crescendo”.
FONTE: https://www.opinione.it/hi-tech/2022/02/09/tommaso-zuccai_von-der-leyen-european-chip-act-microchip-produzione-mercato/
EVENTO CULTURALE
BARBARA & CLAUDIA – Concerto il 17 marzo 2022 presso Auditorium – Roma
RHYTHM
Si sono da sempre distinte per l’originalità’ dei loro programmi ( arrangiati per loro dal M° G. D’Angelo) dove l’impostazione classica si fonde con i più’ diversi stili musicali. E’ proprio da qui che nasce RHYTHM, un viaggio in giro per il mondo attraverso i ritmi piu’ travolgenti dall’Europa al Sud America.
LUOGO: https://www.auditorium.com/evento/barbara_cattabani_claudia_agostini-25113.html
L’ultimo Robin Hood
Film realizzato dai registi e giornalisti d’inchiesta Ruggiero Capone e Giulio Gargia
Cinema: la proiezione de “L’ultimo Robin Hood” si terrà a Roma il giorno 25 febbraio 2022 presso la sala Sallustiana di via Sallustiana.
“L’ultimo Robin Hood” è stato realizzato due anni fa dai registi e giornalisti d’inchiesta Ruggiero Capone e Giulio Gargia. Il film apre in maniera semplice e comprensibile a tutti uno squarcio nel mistero della gestione del credito, della moneta, del debito, insomma il mondo delle banche.
Nel dibattito si parlarà del perché da qualche decennio l’Italia è diventata una “democrazia bancariamente protetta” equipollente delle “militarmente protette” d’Africa e Sud America. Si parlerà del grande inganno della creazione monetaria.
Attori di questa narrazione audiovisiva sono persone comuni ed ex dirigenti di banca che, per la loro azione contro l’ingiustizia bancaria, sono conosciuti da tutti come gli ultimi Robin hood.
Nel rispetto delle norme anti-covid si prega di prenotare al 3383415053.
FONTE: https://www.oggiroma.it/eventi/spettacoli/l-ultimo-robin-hood/61236/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
MPS. de Bertoldi (FdI): no a resa conti tra Pd e M5S su futuro banca. Da governo attendiamo risposte
- Scritto da Redazione ASI
- Categoria: Politica Nazionale
(ASI) “La resa dei conti tra il PD e il M5S si svolgerà sul destino del Monte dei Paschi? Domani il Consiglio d’amministrazione ratificherà verosimilmente il cambio dell’amministratore delegato con la sostituzione di Bastianini, e l’avvento del nuovo manager Lovaglio, conosciuto per le ferree capacità di ristrutturazione aziendale.
Non è usuale cambiare un amministratore, se non per gravi motivi, durante importanti negoziazioni come quelle che sono in corso con l’Unione Europea sulla riprivatizzazione della più antica Banca mondiale. Non vorremmo che il vero obiettivo fosse quello del mero potere di controllo sulla banca, ovvero dell’insediamento di un manager incaricato di un drastico ridimensionamento della forza lavoro del Monte dei Paschi. Attendiamo risposte dal governo, chiare e puntuali, nell’interesse del sistema bancario nazionale, e delle migliaia di dipendenti, che potrebbero essere lasciati a casa per meglio cedere l’istituto senese, magari a qualche potente realtà finanziaria straniera”. Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia, Andrea de Bertoldi, capogruppo di FdI nella Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
FONTE: https://agenziastampaitalia.it/politica/politica-nazionale/60053-mps-de-bertoldi-fdi-no-a-resa-conti-tra-pd-e-m5s-su-futuro-banca-da-governo-attendiamo-risposte
GIUSTIZIA E NORME
INSULTO VIRTUALE TRA ILLECITO CIVILE E REATO
In una società in cui il tempo scorre freneticamente, in cui gli scambi relazionali diventano fugaci, asettici e molto spesso in preda a frustranti nevrosi, la tecnologia straripante ha invaso ogni meandro dei rapporti umani, diventando l’anfibolo strumento per comunicare in modo repentino e per manifestare tutta la propria rabbia come valvola di sfogo, con l’ingannevole sensazione di possedere un’infinita ed incontrastabile onnipotenza per proferire ciò che si vuole e contro chiunque, nell’illusoria convinzione di rimanere impuniti ed esenti da qualsiasi responsabilità giuridica e giudiziaria. Questo scenario appena descritto è quello che contraddistingue la nostra vita contemporanea, la quale si è trasformata progressivamente e repentinamente, passando da esistenza reale a riflesso virtuale degli stessi strumenti tecnologici a disposizione, come i “social network”. Da questo contesto si deduce sempre maggiormente l’esigenza di tutelare sia chi, senza alcun intento criminoso, è autore di illeciti civili a causa delle suddette condotte e sia coloro che ne sono vittime.
Per questo è opportuno palesare le diverse fattispecie giuridiche che possano derivare da condotte illecite nell’utilizzo dei social network. La condotta che determina atti illeciti, tramite l’utilizzo dei social network in modo improprio è una fattispecie, che suscita grande attenzione ed interesse da parte delle istituzioni, sia da un punto di vista normativo con l’introduzione di nuove previsioni legislative, che giurisprudenziale con sentenze alquanto severe e sensibili al problema, soprattutto da parte della Suprema Corte. A seconda della condotta esercitata dall’autore del fatto illecito tramite l’utilizzo del social network o del bene giuridico di interesse normativo, si configurano diverse fattispecie di reato. Le ipotesi di reato più frequenti riguardo al proferire insulti sulle piattaforme dei social network sono il reato di diffamazione ex articolo 595 del Codice penale ed il reato di minaccia ex articolo 612 del Codice penale. Secondo l’articolo 595 del Codice penale chi “comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione” commette il reato di diffamazione, perché lesiona il bene giuridico della reputazione, dell’onore e del decoro.
Il comma 2 del suddetto articolo prevede un aumento sanzionatorio per colui che diffama attribuendo un fatto determinato, mentre il comma 3 prevede un inasprimento sanzionatorio quando la diffamazione è diffusa “col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, al postutto, il comma 4 prevede un aumento sanzionatorio riguardo a chi compie il reato di diffamazione “recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio”. Colui che insulta tramite un profilo social qualcun altro non solo può incorrere nel reato di diffamazione, oltre a rientrare nella fattispecie prevista dal comma 3 dell’articolo 595 del Codice penale se concretizzata con l’attribuzione di un fatto determinato, ma può essere colpevole anche di diffamazione aggravata (ex articolo 595 del Codice penale, comma 2) se compiuta tramite mezzi di pubblicità diversi dalla stampa, diretta a una pletora di possibili destinatari, come conferma la stessa sent. N. 13979/2021 della Cassazione penale.
L’altra fattispecie di reato di cui potrebbe risultare imputabile chi insulta sui social è quella riguardante la minaccia (ex articolo 612 del Codice penale), che si concretizza nell’intimidire con la previsione di recare un male ingiusto, che a sua volta è idoneo a generare un disagio al destinatario, a causa del timore di esserne vittima, come conferma la sentenza n. 358187/2018 della Cassazione penale. In particolare, la sentenza n.17159/2019 della Cassazione penale precisa che perché si configuri il reato di minaccia “è sufficiente che il male prospettato sia idoneo, in considerazione delle concrete circostanze di tempo e di luogo, ad ingenerare timore in chi risulti essere destinatario, male che non può essere costituito dalla prospettazione di una legittima azione giudiziaria civile e dalla diffusione di notizie relative all’inadempimento negoziale commesso nei confronti dell’agente”.
Quindi quando si utilizza il proprio profilo social per insultare qualcuno bisogna tener conto che se il fatto viene compiuto “comunicando con più persone, offende l’altrui persona”, quindi, nell’ipotesi che il destinatario dell’insulto non sia presente si può commettere il reato di diffamazione, mentre se l’insulto è compiuto in presenza del destinatario, anche se essa si realizza in modo, appunto, virtuale, allora si configura la fattispecie di un illecito civile e non di un reato, in quanto l’autore dell’insulto sarebbe colpevole di aver commesso un’ingiuria, ex illecito penale, che con il Decreto legislativo del 15 gennaio del 2016, n.7, è stato depenalizzato. In conclusione, anche se l’illecito civile d’ingiuria si può commettere con una comunicazione telefonica o telegrafica, quindi anch’esso in modo virtuale, il fatto che ci sia la presenza del destinatario dell’insulto, anche a distanza, costituisce una distinzione giuridicamente fondamentale dalla diffamazione, che invece è e resta un illecito penale, la quale appunto, si può consumare anche virtualmente, ma in assenza del destinatario. In sostanza, colui che si prodiga ad utilizzare il proprio profilo social per insultare senza limiti e rispetto della reputazione e del decoro altrui, pensando ingenuamente di essere in una zona franca, perché virtuale, può incorrere in due illeciti, quello civile rappresentato dall’ingiuria e quello, giuridicamente ancora più grave perché penale, del reato di diffamazione.
“Qui diligit rixas meditatur discordias”
FONTE: http://opinione.it/politica/2022/02/10/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_social-network-ex-articolo-595-codice-penale-reato-minaccia-ex-articolo-612/
Tiboni (MIC): “Corte Europea, votata la risoluzione 2361: la vaccinazione non è obbligatoria, vietate pressioni e discriminazioni”
- Scritto da Redazione ASI
- Categoria: Politica Nazionale
(ASI) “Una notizia questa di rilevante importanza, tenuta nascosta sia dal Governo italiano e Ministero della Salute, che dai nostri Parlamentari seduti sullo scranno del Parlamento Europeo. In data 27 gennaio 2021 l’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa ha votato la risoluzione 2361 (di cui alleghiamo il documento*) che vieta di rendere obbligatoria la vaccinazione anti covid-19.
Il testo approvato dall’Assemblea chiarisce ai Paesi aderenti quali siano gli obblighi nella gestione della campagna di vaccinazione. Riportiamo a seguirei i contenuti che riteniamo fondamentali ai fini della tutela dei diritti umani: (punto 7.3.1) assicurarsi che i cittadini siano informati che la vaccinazione NON è obbligatoria e che nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sottoposto a pressioni per farsi vaccinare, se non lo desiderano farlo da soli; (punto 7.3.2) garantire che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato, a causa di possibili rischi per la salute o per non voler essere vaccinato; (punto 7.3.4) distribuire informazioni trasparenti sulla sicurezza e sui possibili effetti collaterali dei vaccini, collaborando e regolamentando le piattaforme di social media per prevenire la diffusione di disinformazione; La risoluzione 2361 chiarisce inequivocabilmente 4 aspetti fondanti:
1. La vaccinazione NON è obbligatoria;
2. Non ci possono essere pressioni alla vaccinazione;
3. Deve essere garantito che nessuno sia discriminato;
4. Devono essere fornite informazioni trasparenti sugli effetti collaterali.
Contrariamente a quanto deliberato dall’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa, nulla di tutto questo viene tenuto in considerazione dai nostri governanti. In Italia è in atto una pressione vera e propria all’obbligo vaccinale e, più volte abbiamo riportato articoli nel merito.
Ricordiamo il recente Tweet di Claudio Borghi, il quale scriveva: “Eppure non dovrebbe essere difficile capire il ragionamento: vaccinazioni = sparisce il virus = si allentano le restrizioni = turismo”. L’azione mediatica e quotidiana di dispensare, come un bollettino di guerra i valori dei positivi al tampone per il Covid-19, non è altro che un messaggio mediatico che volge al pensiero che l’unica alternativa sia la vaccinazione.
I continui lockdown, messi in atto nonostante i posti letto in Terapia Intensiva (occupati da Pazienti Covid−19) rientrano nella soglia minima, non fanno altro che fortificare tale pensiero. Nessun messaggio è mai apparso sui media in ordine al non obbligo vaccinale, né nessun messaggio è mia apparso al fine di fornire dati esatti e dettagliati sugli effetti collaterali dei vaccini.
Le uniche informazioni che si possono apprendere in rete (quando non vengono censurate) sono quelle dalle testate giornaliste e blogger indipendenti nonché medici liberi nel pensiero. Inviamo pertanto il Governo Italiano ed il Ministero della Salute nella persona del Ministro Roberto Speranza, alla stretta osservanza di quanto stabilito dall’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa.
Nonché a mettere in atto una campagna mediatica di informazione trasparente (su larga scala) secondo quanto stabilito dall’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa con la risoluzione 2361/2021.
Invitiamo tutti a stampare il documento, averlo sempre con sé, ed esibirlo in caso di necessità.” Lo dichiara in esclusiva ad Agenzia Stampa Italia in una nota il Coordinatore Nazionale dell’Organizzazione Politica Italia nel Cuore (MIC).
Note:
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FONTE: https://agenziastampaitalia.it/politica/politica-nazionale/55969-zzzooo#:~:text=Europea%2C%20votata%20la-,risoluzione,-2361%3A%20la%20vaccinazione
La norma invisibile
Nel merito della proclamata epidemia di questi mesi sono state spese parole autorevoli ma finora poco o per nulla definitive, sempre atteso che possa darsi un «definitivo» nelle cose della scienza. In quanto al metodo è stato invece più facile identificarvi l’ultima metamorfosi di una crisi ininterrotta che da almeno vent’anni reclama deroghe ai precedenti etici e giuridici per risolvere emergenze ogni volta inaffrontabili con gli strumenti del prima. Se tentassimo una tassonomia delle eccezioni condensatesi in questo breve periodo, quella attuale ricadrebbe nella fattispecie dell’attacco terroristico. Non tanto per il terrore che integra già la fenomenologia dell’emergenza, quanto più per i prodotti propri del collegato momento riformante: instillare la paura del prossimo come latore di rischi invisibili e mortali → rinforzare i dispositivi di sorveglianza → limitare le libertà che attengono alla sfera fisica.
Le misure straordinarie di volta in volta adottate nell’evo della crisi perpetua lasciano sempre un sedimento irreversibile nella legge e nella percezione di ciò che è ordinario. E in questo loro spingere ogni volta più in alto la piattaforma su cui si innesteranno le eccezioni successive, in questo qualificarsi non già degli eventi, ma delle reazioni agli eventi come incrementalmente «senza eguali», anche nella loro versione sinora ultima non sfuggono alla regola di ogni ultima versione, di superare cioè le applicazioni pregresse in ogni dimensione possibile.
Il primo prodotto in elenco si specchia oggi, direi in maniera radicale, nel dispositivo del «distanziamento sociale» che fa della negazione della prossimità e del suo comandamento (Mt 22,39) una norma generale. L’aumento della sorveglianza (secondo prodotto) si è tradotto in un dispiegamento di forze pubbliche per la prima volta indirizzato a sanzionare i movimenti quotidiani ovunque e di tutti. Entrambi i prodotti convergono strumentalmente sul terzo, più ampio e in fieri, della segregazione e del controllo dei cittadini nello spazio fisico.
L’assuefazione ai miti della dematerializzazione digitale ed economicistica, di una realtà cioè sempre riproducibile senza vincoli di spazio e di velocità nel numero elettronico (digit, cfr. fr. numérique) e monetario ha affievolito nei contemporanei la consapevolezza del primato corporeo sulle produzioni ideali. Le parole che oggi esprimono la sede dei pensieri e delle emozioni — spīrĭtŭs, ănĭma (gr. ἄνεμος), psiche (gr. ψυχή) — indicavano tutte in origine il medium fisiologico della respirazione. La moderna radice pneu- era invece per gli antichi il πνεύμα: anima, soffio vitale, Spirito Santo (ebr. רוח, soffio). È rilevante osservare come le emergenze dell’ultima stagione si siano particolarmente accanite su questo crocevia metafisico, criminalizzando prima lo scarto gassoso del movimento respiratorio (CO2) e poi ribaltando lo spiraculum vitae divino (Gen 2,7) in un soffio mortifero da incarcerare e nascondere dietro a una maschera, come un affronto osceno alla vita. Nelle proteste che scuotono oggi le piazze la sua negazione è diventata uno slogan da recitare in ginocchio: «I can’t breathe».
Quando il corpo muore ed esala l’ultimo respiro, l’anima fugge e «si rende» al cielo, cessa di esistere nell’immanenza e trascende, senza però sciogliere la dialettica che la rende viva e possibile nelle membra. La storia cristiana della salvezza culmina con il farsi carne della stessa divinità e la resurrezione del suo corpo che si dona nella memoria eucaristica, preconizzando la «resurrezione della carne» del Symbolum. Spiega Tertulliano nel De resurrectionis mortuorum:
La carne è il cardine della salvezza. Infatti se l’anima diventa tutta di Dio è la carne che glielo rende possibile. La carne viene battezzata, perché l’anima venga mondata; la carne viene unta, perché l’anima sia consacrata; la carne viene segnata della croce, perché l’anima ne sia difesa; la carne viene coperta dall’imposizione delle mani, perché l’anima sia illuminata dallo Spirito; la carne si nutre del corpo e del sangue di Cristo, perché l’anima si sazi di Dio. Non saranno separate perciò nella ricompensa, dato che son state unite nelle opere.
Le rappresentazioni astratte vivono e muoiono nello spazio fisico degli organismi che le producono e le trasmettono agli altri organismi. Procedono dalle percezioni degli organi sensori e tradiscono di continuo la loro ascendenza strutturandosi secondo le metafore del mondo fisico (Lakoff, Johnson). Sicché gli apparecchi elettronici e le reti, al pari delle concettualizzazioni filosofiche, politiche ed economiche — in primis il denaro — non scalfiscono i vincoli fisici della realtà né quelli della percezione, che sul lato ricevente dell’imbuto cognitivo rimane la stessa di cento o cinquantamila anni fa. Non creano nuove antropologie ma sono alla meglio pròtesi, in certi casi utili, in altri d’impiccio, o invalidanti.
Umanità e corpo si pongono dunque in un rapporto di identità ontologica per così dire primaria, che si allarga secondariamente alle restanti realtà nella misura in cui si manifestano agli uomini attraverso i sensi. È perciò necessario che i dispositivi di governo dell’essere umano, come singolo o in comunità, tendano in ultima istanza a governarne la corporeità. O, per dirla al contrario, che le garanzie della persona in corpore precedano ogni altra garanzia per l’ovvia ragione che non può darsi un diritto immateriale senza la materialità di un titolare e le condizioni materiali affinché possa essere goduto. Ovunque nel mondo le leggi più importanti si impongono con i deterrenti del confinamento fisico o anche della soppressione fisica del reo. L’«habeas corpus» della Magna Charta Libertatum (1215), uno dei cardini delle civiltà costituzionali moderne, garantisce l’integrità fisica dell’imputato e la legalità della sua carcerazione: non un valore, un ideale o un progetto, ma il suo corpo.
La tendenza dei moderni all’astrazione e allo sprezzo già gnostico della materia è paradossalmente antispirituale perché li trascina nel vicolo cieco delle loro fantasie, di ciò che è morto e quindi non ha spiritus, non respira. La tendenza a farsi guidare dagli -ismi, dai sistemi di pensiero, dalle etichette, dagli idoli buoni o cattivi, dai «veri» significati delle parole e della storia, dai modelli scientifici, dall’economia, dal valore di scambio applicato all’uso e alla misura del creato, dai simboli che diventano cosa e delle tessere che diventano tutto, questa tendenza può anche spiegare l’avvento odierno di un potere che va diretto alla radice fisica dei suoi soggetti senza quasi incontrare resistenze. Che usa i corpi, li scruta e li denuncia per ghermirli ed estendervi il suo dominio oltrepassando le stazioni intermedie della sussistenza economica, del patrimonio e della qualità della vita, per puntare alla vita tout court.
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Torniamo alle cronache. Alla fine di marzo ha suscitato polemiche il passaggio di un’intervista rilasciata dal direttore esecutivo del Programma emergenze sanitarie dell’OMS dove si suggeriva la necessità di «andare a guardare nelle famiglie per trovare le persone che possono essere malate, rimuoverle e isolarle in un maniera sicura e dignitosa» (corsivo mio). Trascorso un mese da quelle dichiarazioni, il presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti annunciava di avere sottoposto al ministro della Salute il problema della scarsa adesione dei «positivi ai quali chiediamo di uscire dalla propria famiglia» per trascorrere la quarantena in una struttura di ricovero e, quindi, di valutare l’introduzione di uno strumento normativo che li obbligasse a farlo. Pochi giorni più tardi anche il presidente della Toscana Enrico Rossi avrebbe auspicato «un intervento del governo» per superare il rischio di incostituzionalità di un’ordinanza «che stabilisca un quasi-obbligo [?] di isolamento in albergo sanitario» per i contagiati lievi o asintomatici. Ancora, una settimana dopo il conduttore di una nota trasmissione televisiva chiedeva a Stefano Bonaccini (Emilia Romagna) se intendesse assumere «tracciatori che vadano a vedere i contatti dei positivi e [se avesse] dei luoghi dove tenere in quarantena contagiati». Risposta: «noi andiamo a scovarli casa per casa… abbiamo più di 70 unità mobili specializzate che girano in tutta la regione, provincia per provincia, per andare a cercare chi magari, in quella condizione abitativa, non è in grado di tutelare i propri familiari o i conviventi». Casa per casa.
Nel frattempo a Roma si raddoppiavano i «detective del virus» con il compito di rintracciare i sospetti positivi e i loro contatti, anche con sopralluoghi nelle case e interrogatori senza testimoni («la prima regola che dico ai miei collaboratori»), per metterli in quarantena in attesa della diagnosi. Non sorprendentemente, cresceva e continua a crescere in Italia il numero di coloro che si rifiutano di sottoporsi ai test per non finire nel limbo di una detenzione senza garanzie. Lo stesso copione si ripeteva all’estero. In Inghilterra, ad esempio, «alle persone venute a contatto [con un positivo] verrà… imposta una quarantena di due settimane, anche se non hanno sintomi e anche se si è già contratto e superato il Coronavirus» (corsivo mio), con una semplice telefonata delle autorità e anche su segnalazione anonima.
È naturale l’inquietudine di una popolazione che in queste dinamiche ritrova intero il repertorio proprio della giustizia penale: dai sospetti alle indagini, dagli interrogatori all’arresto, fino alla detenzione in carcere o ai domiciliari. Senza però capire quale sia il reato e chi il giudice, né come si possano quindi applicare le garanzie dell’habeas corpus. Per interpretare questo salto di dominio non basta riconoscervi il risultato di un’applicazione particolarmente severa della quarantena sanitaria ma occorre chiedersi il perché di quell’estensione e se, nel suo produrre i frutti tipici di un metodo di governo delle persone più che delle malattie, non stia sconfinando in ambiti molto più cardinali e profondi di quello sanitario.
Nella «medicina penale» si è tutti colpevoli fino a prova contraria, e anche al di là di ogni di prova contraria. Sul nodo così centrale ma scientificamente controverso dei portatori sani si è eretto il postulato di un’umanità naturaliter malata e perciò sempre candidabile al sospetto, alla repressione e alla custodia cautelare. Giacché il pericolo si annida negli uomini in quanto uomini, allora solo un intervento extraumano, che provenga cioè da processi estranei ai loro corpi condannati, lo può disinnescare. La vaccinazione invocata, per quanto ugualmente controversa nella realtà scientifica, diventa nella proiezione simbolica l’unica liberazione possibile, la «soluzione definitiva» (così il nostro ministro della Salute), «il sacramento medico corrispondente al battesimo» (Samuel Butler) da somministrare preferibilmente alla nascita per aggiustare la creazione e mondare il vizio originale dell’essere fatti di carne, cioè uomini. È così ribaltato il riferimento biblico in cui il corpo ad similitudinem Dei factum diventa per gli abitatori dell’Eden un oggetto di vergogna solo dopo avere commesso la colpa originale. Non perché peccato, ma a causa del peccato (Gen 2,25; 3,7).
Tra i sottoprodotti più tossici di queste applicazioni normative e coattive del movente sanitario preoccupa l’inversione del ruolo dell’arte medica nella società, e quindi il suo destino. Accanto alla concezione storica e naturale di una medicina ricercata dagli uomini per conservarsi e migliorare le proprie condizioni di vita, si fa strada l’idea che i suoi rimedi e le sue nozioni debbano invece essere imposte al popolo recalcitrante. L’inversione implicata non è di tipo tecnico, ma antropologico, perché sottende una visione dell’essere umano distruttiva e autodistruttiva, innaturale e grottesca se non demenziale come può esserlo l’idea che una persona con la febbre alta voglia mettersi in costume da bagno per prendere il sole in spiaggia, e la si debba quindi intercettare con i termoscanner. È una visione che gronda disprezzo dell’essere umano, lo squalifica al rango di una bestia incapace di discernere il proprio bene, pericolosa per sé e per gli altri e perciò sempre bisognosa di un padrone severo che la mortifichi fin nelle pulsioni più elementari, dalla socialità agli affetti, dalla mobilità agli svaghi. Se il dèmos non può sopravvivere senza catene, se non è neanche in grado di prendersi cura della propria singolarità anatomica, allora qualsiasi ipotesi di democrazia è negata alla radice. E se il rapporto medico-paziente si conflittualizza sovrapponendosi al dominio a sé estraneo della coercizione legale, la naturale alleanza terapeutica si spezza e la medicina smette di essere una risorsa desiderabile per diventare una minaccia a cui sottrarsi, come ci si sottrae oggi ai test sierologici. Il risultato di questa perdita di fiducia è un allontanamento progressivo della popolazione dai rimedi della scienza medica almeno nelle sue forme autorizzate e ufficiali, come sta già in parte avvenendo, con conseguenze sulla salute incalcolabilmente più gravi di quelle che si dice di voler scongiurare.
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Sul piano politico giova riferirsi al più ampio concetto di biopotere teorizzato da Michel Foucault, che imprime la sua forza normativa sulle vite dei cittadini facendo leva proprio sui cardini della salute collettiva (médecine sociale) e dei dispositivi di controllo e confinamento dei corpi (Surveiller et punir, 1975). Nei fatti odierni si assiste alla convergenza o quasi-sovrapposizione dei corpi biologici con il corpo sociale affinché la patologizzazione indiscriminata e indefinita dei primi renda normale la prassi di immobilizzare il secondo e di sottoporlo allo scrutinio perpetuo del panopticon. L’emergenza non è più emergenza: diventa omeostasi e le libertà sono deroghe da rilasciare per grazia («noi autorizziamo»). Utilizzando i termini di una famosa dialettica husserliana, i Leiber dei cittadini, le loro identità fisiche e intellettuali (Eigenheiten) e le loro esperienze del mondo si comprimono e tendono ad annullarsi in un sottostante Körper biologico indistintamente cagionevole e dunque sempre minaccioso per il bene sociale.
In appendice alle riflessioni del filosofo francese, Nikolas Rose ha osservato come la «molecolarizzazione» della vita (The Politics of Life Itself, 2007) abbia spostato nel nostro secolo l’oggetto della governamentalità biopolitica nelle cellule e negli atomi dei corpi e, così facendo, li abbia insieme trascesi per la trasmissibilità propria dei microorganismi e dei corredi genetici. Lo ha reso cioè invisibile, o ancora meglio lo ha astratto in un sistema di modelli descrittivi e previsionali. Nel nostro caso è ancora una volta la «positività asintomatica» il punto scientifico-retorico che sottrae del tutto la norma dal controllo e dalla verifica dei soggetti. Diversamente dalle altre condizioni socialmente escludenti — povertà, devianza, crimine, appartenenza a etnie discriminate, malattie conclamate ecc. — quella che giustifica oggi la repressione generale può marchiare i suoi soggetti senza lasciare alcun marchio. Può manifestarsi nella chimica ma non nella clinica, sul display del termociclatore ma non nell’esperienza dei corpi, nel sotto-mondo molecolare ma non in quello dei sensi, nascondersi e andare «in sonno» da una stagione all’altra come le cellule dei terroristi. La sede del suo pieno rivelarsi non possono quindi essere le corsie ospedaliere ma piuttosto il numero dei bollettini, delle previsioni e delle simulazioni. Liberato dai requisiti della percezione sensibile si diffonde più duttile nei grandi dati e nella loro selezione e rappresentazione che, come tutte le sintesi statistiche, non sono né neutre né accessibili al riscontro della massa.
Chiunque può avere commesso il reato virale senza saperlo e soprattutto senza poterlo sapere, se non al costo di avvilupparsi nelle spire di una «giustizia» sanitaria kafkiana che centralizza e centellina gli strumenti diagnostici, li rende inaccessibili ai cittadini privati, li concede o li nega senza razionalità apparente, ne ritarda l’esecuzione, non scioglie i dubbi sulla loro affidabilità, autorizza al commercio test di cui poi non riconosce la validità, crea insomma una cortina fumogena attorno alle prove con cui incarcera gli imputati senza processo, né difesa, né appello. E chiunque può commettere quel reato inavvertitamente, in qualsiasi momento e in modi altrettanto incerti perché annunciati, ritrattati, aggiornati e smentiti di continuo dalla comunità degli esperti, quasi su ogni tema: dalla sopravvivenza del virus extra corpore alle distanze raccomandate, dalla contagiosità di chi non ha sintomi all’utilità dei dispositivi di protezione, dall’effettivo sussistere del pericolo alle probabilità del suo ritorno. Il reato invisibile sottende la norma invisibile per proteggersi da un nemico invisibile che, se non è materialmente accessibile ai sensi, va nel novero delle rappresentazioni spirituali (qui anche nell’etimo, trasmettendosi con lo spiritus). È un tentatore scaltro che inganna le coscienze e le perverte con la promessa di piaceri effimeri — la «movida», una stretta di mano, un amplesso, una grigliata tra amici — e va perciò ricacciato negli inferi con l’arsenale ascetico dell’astinenza, della clausura, della rinuncia agli averi, del rispetto delle liturgie (distanziamento, abluzioni, paramenti igienici), del disciplinamento di sé e degli altri.
Che un sistema del genere crei le condizioni dell’arbitrio non è né un’illazione né una previsione di chi scrive, ma risulta dai fatti. Tra le maglie larghe delle sue contraddizioni può starci il divieto di correre e di celebrare un funerale ma non quello di assembrarsi per commemorare la Liberazione. Si può vietare la distribuzione del pane azzimo in chiesa ma non di quello arabo al banco del supermercato (cfr. Mt 4,4). Si possono riaprire le discoteche ma non le università, distribuire tamponi ai VIP ma non ai medici, puntare il dito contro i contanti (che non contaminano), mettere in gabbia i bambini (che non si ammalano), gabellare un vaccino contro l’influenza per diagnosi differenziale. Nell’incertezza galoppano le inclinazioni ideologiche e l’agenda cara a chi tiene le briglie, con il vantaggio aggiunto di segregare tutto ciò che vi si oppone.
FONTE: http://ilpedante.org/post/la-norma-invisibile
IMMIGRAZIONI
LA LINGUA SALVATA
Ora anche i guru della sinistra si schierano contro lo “schwa“
8 Febbraio 2022 – 11:51
Intellettuali, linguisti e filosofi come Alessandro Barbero, Massimo Cacciari, Paolo Flores d’Arcais e Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, hanno firmato un appello contro l’abuso dello schwa
L’iniziativa non piacerà affatto a Michela Murgia e ai crociati della correttezza politica ma rappresenta una battaglia di civiltà contro il fanatismo che proviene da una minoranza fortemente ideologizzata, a tutela della nostra lingua. L’uso, o meglio, abuso dello “schwa” – rappresentato da “ə”, che gli attivisti “woke” vorrebbero imporre al posto delle desinenze maschili e femminili per definire un gruppo misto di persone e introdurre nella lingua italiana il genere “neutro” – è oggetto di una petizione pubblicata sulla piattaforma su change.org che ha già raccolto, ad oggi, più di 7500 firme, ed è stata sottoscritta da intellettuali, giornalisti, accademici e filosofi come Massimo Arcangeli, linguista e scrittore, Ordinario di Linguistica italiana, Università di Cagliari, Angelo d’Orsi, storico e scrittore, già Ordinario di Storia del pensiero politico, Università di Torino, Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, già Ordinario di Storia della Lingua italiana, Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, la poetessa Edith Bruck, Alessandro Barbero, storico e scrittore, Ordinario di Storia medievale, Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, Massimo Cacciari, filosofo, professore emerito, già Ordinario di Estetica, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Ascanio Celestini, attore, regista, scrittore, Paolo Flores d’Arcais, filosofo, direttore di “MicroMega”.
“Lo schwa (ə)? No, grazie”
Come spiega il professor Massimo Arcangeli, siamo dinanzi a “una pericolosa deriva“, spacciata per “anelito d’inclusività da incompetenti in materia linguistica“, che vorrebbe “riformare l’italiano a suon di schwa“. I promotori dell’ennesima follia, bandita “sotto le insegne del politicamente corretto,” pur consapevoli che l’uso della “e” rovesciata” non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico, “predicano regole inaccettabili, col rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche“. I fautori dello schwa, afferma,“proposta di una minoranza che pretende di imporre la sua legge a un’intera comunità di parlanti e di scriventi“, esortano “a sostituire i pronomi personali lui e lei con ləi, e sostengono che le forme inclusive di direttore o pittore, autore o lettore debbano essere direttorə e pittorə, autorə e lettorə, sancendo di fatto la morte di “direttrice” e “pittrice”, “autrice” e “lettrice“.
Lo schwa e altri simboli (slash, asterischi, chioccioline, ecc.), oppure specifici suoni (come la “u” in “Caru tuttu”, per “Cari tutti, care tutte”), osserva Arcangeli, che si “vorrebbe introdurre a modificare l’uso linguistico italiano corrente“, non “sono motivati da reali richieste di cambiamento“. Sono invece il “frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività“.
L’ossessione ideologica degli identitari progressisti
La sinistra identitaria che preme affinché lo schwa entri nel linguaggio comune e istituzionale sostiene che il genere maschile e femminile siano limitanti – e dunque offensivi – per tutte le persone che si definiscono “non binarie”, ovvero chi non riconosce di appartenere al genere maschile né a quello femminile, a prescindere dalla realtà biologica. Sostanzialmente, gli identitari progressisti vorrebbero imporre la loro ideologia – “transgender” – veicolandola nel linguaggio. Questione di egemonia culturale. Tuttavia, come ha già spiegato in passato Cecilia Robustelli, ordinaria di Linguistica italiana presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, da anni collaboratrice dell’Accademia della Crusca, quest’interpretazione è forzata e sostanzialmente sbagliata. “Il genere grammaticale – ha spiegato all’agenzia Dire, nelle socrse settimane –viene assegnato ai termini che si riferiscono agli esseri umani in base al sesso. Il genere socioculturale, cioè la costruzione, la percezione sociale di ciò che comporta l’appartenenza sessuale, rappresenta un passaggio successivo“. Per non parlare del fatto che leggere ad alta voce un testo infarcito di “schwa” risulta essere un’impresa pressoché impossibile e già questa motivazione pratica basterebbe per accantonarne definitivamente l’uso.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/intellettuali-rivolta-contro-schwa-ecco-petizione-2008724.html
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Come in cielo, così in terra: chi vuole la fine dell’Occidente
Sta finalmente fallendo, il disegno criminale del Reset della Verità? Ne è convinto Nicola Bizzi, co-autore e editore di “Operazione Corona”. Vero, l’Italia del “nuovo” Draghi si conferma il peggior paese-lager d’Europa, il più arcigno custode della menzogna sanitaria: mi ostino a non garantire terapie tempestive, in modo da costringere i malati a ricoverarsi, quando ormai si saranno aggravati. Per contro, il resto del mondo ormai parla tutt’altra lingua. Squillante il segnale da Londra: fine delle restrizioni, pretestuose e inutili. I maggiordomi di Davos, dice Bizzi, sono soltanto i ventriloqui di grandi poteri anche dinastici, come quello degli eredi Asburgo: ma a questo “asse del male” sono rimasti fedeli soltanto l’Unione Europea e il Vaticano, escluso dal Quantum Financial System, nuovo paradigma ancora piuttosto misterioso. Una rivoluzione finanziaria di cui ha parlato quasi solo Luca La Bella su “Database Italia”: in teoria, il Qfs sarebbe una leva capace di mettere in crisi la dominazione bancaria della moneta a debito, di cui proprio l’attuale premier italiano è uno dei frontman più vistosi e più carichi di colpe, anche recenti e recentissime.
Storico e studioso di archeologia, Bizzi non teme di frugare nella mitopoiesi, alla ricerca di possibili indizi per scovare le ragioni dell’anomala fretta che sembra pervadere quell’élite planetaria che due anni fa aveva puntato tutto sulla psico-pandemia terroristica, per poi arrivare a tappe forzate alla civiltà orwelliana del microchip, cominciando dal Green Pass, passando per il congelamento dei governi in ossequio all’ambigua overdose di aiuti europei. Un cavallo di Troia – l’ideologia tecno-green – per fare del gretismo la nuova religione dogmatica del dominio fondato sull’emergenza permanente (non più sanitaria, ma climatica). Sotto questo aspetto, al governo Draghi non manca nulla: può contare sul profeta del 5G, Vittorio Colao, come pure sullo scienziato Roberto Cingolani, promotore del nucleare “verde” e dei nano-bot inoculabili e attivabili da remoto con le radiofrequenze. Lo stesso Cingolani ci ha appena illuminato sul grande rebus demografico del pianeta: la Terra sarebbe perfetta per ospitare tre miliardi di persone (ergo, almeno quattro miliardi di noi sarebbero di troppo).
Di “depopolamento malthusiano” parlano apertamente le rosacrociane Georgia Guidestones, senza contare i pensatori-filantropi del calibro di Bill Gates. In Italia tiene ancora banco la storiella secondo cui il “vaccino” C-19 proteggerebbe almeno dagli effetti peggiori della patologia, mentre i media tacciono sui dati ufficiali emessi dalla famarcovigilanza dell’Ema, a fine agosto: 24.000 decessi poco dopo l’inoculo e 2 milioni di cittadini costretti a ricorrere a cure mediche, specie cardiologiche. Negli ospedali, nessuna differenza tra “vaccinati” e non. Dati ufficiali del Regno Unito: nelle terapie intensive, ogni 5 pazienti, ben 4 sono “vaccinati”. Nicola Bizzi prova a mappare il problema: l’imposizione dei sieri genici sperimentali investe quasi solo l’Occidente, più le sue propaggini post-coloniali in Oceania (Australia e Nuova Zelanda). Una sovrapposizione pressoché perfetta, rispetto alle inquietanti previsioni esibite nel 2017 dal sito statunitense “Deagel.com”, che – evocando fonti d’intelligence – prefigurava (non si sa in base a che cosa) un drastico crollo demografico per l’Europa Occidentale e gli Stati Uniti. Cioè: esattamente le aree sottoposte alle vessazioni sanitarie basate sull’inoculo genico.
Lo stesso Bizzi riflette su un dettaglio: nel 2020 il presunto Covid-19 comparso a Wuhan esplose stranamente nella provincia di Bergamo, i cui abitanti furono sottoposti a mappatura genetica a tappeto quando gli inquirenti davano la caccia al killer di Yara Gambirasio. Quella di Bergamo è anche un’area fortemente inquinata, nonché affollatissima di antenne 5G. Non solo: nel 2019 la popolazione bergamasca fece registrare una specie di record, per l’inoculo dei vaccini antinfluenzali. Sempre a Bergamo intervenne la stranissima missione militare inviata dalla Russia: a fare cosa? Gli specialisti di Mosca, brigate addestrate a rilevare la presenza di armi non convenzionali – dice sempre Bizzi, citando un vescovo della Chiesa ortodossa russa – avrebbero individuato il rilascio (nell’aria, nell’acqua e sul suolo) di agenti tossici già noti e presenti negli arsenali “proibiti” di cui dispongono le superpotenze. Naturalmente, il report – trasmesso al governo Conte – sarebbe stato concordemente secretato. Onde per cui non è possibile ottenere conferme precise, neppure giornalistiche. Ma, come dire: la verità potrebbe essere custodita in cassaforte, come strumento di pressione.
Addirittura spettacolare il recente ruolo della Russia nell’opporsi alla narrazione occidentale ancora dominante: prima il “niet” all’Onu sulla pretesa di trasformare la cosiddetta emergenza climatica in problema per la sicurezza internazionale, poi il declassamento del Covid come pericolo non più emergenziale. Oltre ad aver prontamente sdoganato il protocollo De Donno (plasma iperimmune) anche sotto forma di farmaci a base di anticorpi monoclonali, gli scienziati di Mosca hanno diffuso annunci espliciti: la variante Omicron sarebbe stata ingegnerizzata e rilasciata, a partire dal Sudafrica, per contagiare finalmente tutti e quindi immunizzare davvero la popolazione. Spiegano i virologi russi: da un lato sono stati inseriti elementi genici per velocizzare i contagi, dall’altro sono state rimosse le componenti responsabili delle complicanze polmonari. Risultato: la Omicron provocherebbe al massimo un forte raffreddore. Potrebbe essere lei il vero vaccino, ha sintetizzato lo stesso Putin: l’uscita, definitiva, dal delirio “pandemico”.
Che l’Italia di Draghi sembri non accorgersene – boicottando ancora le cure precoci e le terapie domiciliari, in modo da reiterare il terrorismo sanitario per spingere i renitenti a capitolare, di fronte al ricatto “vaccinale” – non è che un dettaglio, l’ennesimo, destinato probabilmente ad aggravare in modo irreparabile le imputazioni di cui forse un giorno si occuperà il tribunale della storia. Intanto però le popolazioni occidentali marciano in direzione nettamente opposta: negli Usa, gli Stati trumpiani hanno stoppato il Tso ricorrendo alla magistratura federale, mentre mezza Europa si sta agitando in modo rumoroso, dalla tenace Germania fino alla Francia, che sconta l’insurrezione di mezzo Parlamento, contrario alle imposizioni all’italiana. In un modo o nell’altro, la sensazione è che l’uscita dal tunnel potrebbe essere prossima. Lo stesso Bill Gates – in qualità di tuttologo onnisciente – ha appena dichiarato che, ad aprile, lo spettro del Covid sarà solo un brutto ricordo. Sta davvero per crollare, l’immane impalcatura mistificatoria che ha provato a sequestrare il pianeta? E comunque: quale potrebbe esser stato il movente principale?
La prima risposta è facile: estendere all’Occidente il modello sociale cinese. Libertà relativa, condizionata alla buona condotta del suddito: obbligato a circolare in eterno con il suo bravo Green Pass a punteggio. Sottolinea Bizzi: se il piano doveva essere globale (e infatti lo era) è già praticamente fallito, perché non puoi imporlo senza la Russia, senza metà degli Usa, senza l’India, senza il Brasile e senza il Sudafrica (la “patria” di Omicron, primo paese in assoluto ad aver abbandonato ogni misura restrittiva). Forse, però, l’immenso reticolo dove si intrecciano interessi plurimi e spesso insospettabili, di cui restano visibili solo le filiere terminali (il mega-business di Big Pharma), non basta – da solo – a spiegare l’accaduto. Specie in giorni in cui la Nasa, sconcertando molti, ha annunciato di aver “reclutato” 24 teologi per capire come preparare le masse all’eventuale (imminente?) contatto con entità aliene. Dal 2020, il tema ha cessato di essere relegato nella fantascienza: il Pentagono ha infatti ammesso l’esistenza degli Ufo, ribattezzati Uap.
Studioso della tradizione misterica eleusina, lo stesso Bizzi prova a riassumere: da autori classici come Esiodo “sappiamo” che i Titani, progenitori mitologici di una parte dell’umanità, sarebbero stati sconfitti 20.000 anni fa dalle nuove “divinità”, quelle del pantheon greco dell’Olimpo. Per la mitologia di Eleusi, i Titani sarebbero sbarcati sul nostro pianeta 90.000 anni fa, trovandolo già popolato. Diecimila anni dopo, dalla loro centrale operativa (l’arcipelago Ennosigeo-Atlantideo) avrebbero “fabbricato” un particolare nostro antenato preistorico, l’Uomo di Cro-Magnon, i cui geni – pare – sarebbero all’origine dell’attuale uomo bianco occidentale. Quello letteralmente travolto, oggi, dalla follia Covid, e sottoposto alle peggiori angherie: fino all’imposizione ricattatoria del siero sperimentale Rna che, di fatto, interviene sul corredo genico della persona. Semplici suggestioni? Niente affatto, stando a illustri scienziati: non si contano più i medici che sostengono la potenziale pericolosità del preparato, i cui effetti a lungo termine non sono noti.
Secondo voci di intelligence, poi, c’è chi teme che nel 2024 la Terra possa essere raggiunta da visitatori non desiderati: da qui l’improvvisa accelerazione della “disclosure” in corso, fino alle clamorose esternazioni del generale israeliano Haim Eshed: da trent’anni collaboriamo con razze aliene in un Federazione Galattica, che dispone di basi spaziali condivise. E se ad aver paura degli altri alieni in arrivo, presentati come “cattivi”, fossero proprio gli alieni che – secondo Bizzi e molti altri – reggerebbero segretamente la Terra da almeno 20.000 anni, attraverso i loro rappresentanti umani? In altre parole: si può immaginare una ipotetica correlazione tra l’apocalisse in corso e il timore per l’eventuale ritorno di entità ostili ai dominatori occulti del nostro pianeta? E poi: c’è un nesso, tra la brutale persecuzione di noi occidentali e il possibile ritorno dei nostri “progenitori” titanici, largamente annunciato dalle profezie eleusine? Domande, certo: solo domande (fuori dalla portata, in ogni caso, di chi ancora crede a Babbo Natale e ai virologi televisivi).
Qualcuno potrebbe dire: cerchiamo di non essere ridicoli, rincorrendo fantasie mitologiche e magari consolatorie, fuorvianti, letteralmente lunari. Per contro, cosa offre il menù della realtà quotidiana? Il tenore estetico della farsa è reso magistralmente dalle parole testuali del primo ministro, quello che vorrebbe finire al Quirinale: «Se non ti vaccini, muori e fai morire chi ti è accanto», ove peraltro il verbo “vaccinare” è utilizzato in modo sfacciatamente abusivo. Ora, sta forse compiendo la sua Opera al Nero, l’alchimista Draghi, propedeutica – per eterogenesi dei fini – alla riscossa coscienziale, e quindi poi anche politica e civile, che può scaturire solo dalla rivolta morale di fronte alla peggiore delle ingiustizie? Dettagli trascurabili, in fondo, in un teatro mondiale in cui compaiono problemi sanitari deliberatamente procurati, ma anche teologi e alieni, “divinità” astronautiche di ieri e di oggi. L’unica vera notizia forse è questa: una quota rilevante della popolazione ha saggiato la natura dell’attuale potere, e non vuole più averci a che fare. Ha aperto gli occhi, definitivamente. A quanto pare, qualcuno ce l’ha con noi: proprio con noi occidentali. E ci sta facendo, seriamente, del male.
(Giorgio Cattaneo, 5 gennaio 2022).
FONTE: https://www.libreidee.org/2022/01/come-in-cielo-cosi-in-terra-chi-vuole-la-fine-delloccidente/
Liz Truss, la primitiva ministra degli Esteri british
Magra consolazione, in Occidente non siamo gli unici ad avere in posti di responsabilità individui neo-primitivi privi di cultura generale – da Letta a Salvini, da Fico a Bellanova – incompetenti e ignoranti nel campo che dovrebbero rappresentare.
Liz Truss, attualmente ministro degli Esteri del Regno Unito, è un esempio preclaro di primitivismo diplomatico unito a inconcusse sicumera e arroganza, che tanto spesso constatiamo nei “nostri”.
Quando si vuol fare la guerra a un paese, come palesemente Liz vuol fare alla Russia, sarebbe utile avere nozioni di geografia riguardanti il paese
Orbene: Liz Truss, una settimana fa, ha dichiarato: “Stiamo offrendo rifornimenti e supporto extra ai nostri alleati baltici attraverso il Mar Nero”. Il Mar Nero si trova a circa 700 miglia dagli stati baltici.
Oggi Liz Truss ha visitato la Russia per mettere severamente in guardia il ministro Lavrov, che ha qualche esperienza, contro la non-invasione russa all’Ucraina .
Tanto per cominciare, la Truss è venuta bardata con un cappello di pelliccia e guanti in una Mosca che in questi giorni è più calda di Londra .
All’incontro Truss sembra aver fatto esattamente ciò che Lavrov le aveva pubblicamente avvertito di non fare prima dell’inizio dell’incontro:
“Ho letto la dichiarazione di Boris Johnson alla Camera dei Comuni, in cui affermava delle relazioni con la Russia che dovrebbero essere migliorate. In seguito, l’Ufficio del Primo Ministro ha annunciato che lei e il suo collega, il Segretario alla Difesa, vi sareste recati in Russia per migliorare le nostre relazioni.
Almeno questo è quanto diceva l’annuncio. Non so se è davvero così.
Se questo è l’obiettivo a cui aspirano i nostri colleghi britannici, sicuramente ricambieremo. Non possiamo essere soddisfatti delle nostre attuali relazioni, che sono al livello più basso degli ultimi anni.
“Naturalmente, le relazioni possono essere normalizzate solo attraverso un dialogo basato sul rispetto e sull’uguaglianza reciproci, sul riconoscimento dei reciproci interessi legittimi e sulla ricerca di soluzioni reciprocamente accettabili.
“Approcci ideologicamente carichi, ultimatum, minacce e moralismi sono una strada verso il nulla. Purtroppo, molti dei nostri colleghi occidentali usano questo modulo nelle loro attività pubbliche. Non la vedo come diplomazia.
“Sarete d’accordo, ne sono certo, che la comunicazione tra due soggetti internazionali dovrebbe avere un valore aggiunto per entrambe le parti. Solo in questo caso porterà risultati positivi”.
Truss ha subito mostrato maleducazione perché ha iniziato a parlare (video) anche mentre la traduzione dell’oratore precedente era ancora in corso.
La sua conoscenza e competenza si è dimostrata di qualità simile. Come riporta Kommersant in russo (traduzione automatica):
“Il ministro degli Esteri britannico ha parlato al capo del ministero degli Esteri russo della necessità di ritirare le forze armate russe dal confine ucraino. Sergei Lavrov ha risposto che l’esercito si trova nel territorio del suo paese. Liz Truss ha ripetuto che dovrebbero essere ritirati. A questo, il ministro russo ha nuovamente obiettato che i militari non hanno violato nulla, poiché avevano il diritto di condurre qualsiasi manovra sul territorio della Federazione Russa.
Successivamente, lui stesso ha rivolto una domanda al suo collega britannico: “Riconoscete la sovranità della Russia sulle regioni di Rostov e Voronezh?”
“La Gran Bretagna non riconoscerà mai la sovranità russa su queste regioni”, ha risposto la ministra degli Esteri dopo una breve pausa.
A ‘sto punto ha dovuto intervenire l’ambasciatore britannico presso la Federazione Russa, Deborah Bonnert, a spiegare delicatamente alla signora Truss che si trattava di regioni russe.
Alla conferenza stampa dopo l’incontro, Lavrov ha quasi perso le staffe:
Durante una gelida conferenza stampa dopo i colloqui, Lavrov ha detto che le due parti avevano trovato poco terreno in comune e che i colloqui non contenevano “nulla di segreto, nessuna fiducia. Solo slogan tribunizi gridati . ”
“Sono sinceramente deluso dal fatto che la nostra conversazione sia andata come un muto con un sordo. Sembra che stiamo udendo ma non stiamo ascoltando nulla. Le nostre spiegazioni dettagliate sono cadute su un terreno impreparato “, ha detto Lavrov.
“È come quando si dice che la Russia sta aspettando che il terreno si congeli in modo che i carri armati possano entrare facilmente in Ucraina”, ha aggiunto. “Sembra che i nostri colleghi britannici oggi fossero su un terreno simile, da cui rimbalzavano tutti i fatti che li abbiamo presentati”.
Sembra che la ” Gran Bretagna globale “, come la immaginava Boris Johnson, sia rappresentata da un idiota che non sa nulla che viaggia per tenere conferenze a veri diplomatici su questioni di cui si erano già dimenticati più di quanto Truss saprà mai.
“Non finirà bene”, commenta il Blog Moon o Alabama da cui abbiamo tratto questo quadretto.
Si giarda con nostalgia al tempo in cui la politica estera imperiale britannica era guidata da gente uscita, rientrata e riuscita dal prestigioso Royal Institute of Internazional Affairs (detta Chatham House). Palesemente, questa Triz non ne conosce nemmeo l’indirizzo. Simili ignoranti ai posti di comando non sono innocui.,al contrario: possono fare la guerra perché non riconoscono alla Russia la sovranità sulla regione di Rostov, mandando aiuti militari ai baltici che, secondo lei, si affacciano sul Mar Nero.
In relazione con la falsa crisis ucraina, nel libero Occidente succede questo:
Politico finlandese costretto a dimettersi per aver detto che l’Ucraina non dovrebbe aderire alla NATO
Nonostante la Finlandia abbia resistito a lungo agli appelli ad entrare nella NATO (sebbene cooperando strettamente con l’alleanza militare), questa settimana è emerso uno scandalo politico dopo che un importante politico finlandese ha dichiarato che dovrebbe essere chiaro che l’Ucraina non si unirà alla NATO .
Il membro del partito finlandese Mika Niikko è stato costretto a dimettersi dalla carica di presidente della commissione per gli affari esteri del parlamento su un tweet di martedì mattina. Mentre il presidente francese Emmanuel Macron era a Mosca per incontrare Putin, ha affermato che il leader francese “dovrebbe dire pubblicamente che l’Ucraina non diventerà membro della NATO”.
“Altrimenti, i negoziati saranno considerati un fallimento dal punto di vista russo e le conseguenze saranno terribili. Non ci sono saggi capi di stato in Occidente che conoscono la Russia?” Niikko ha scritto ulteriormente .
Il suo partito ha emesso un rimprovero immediato e il tweet ha creato una tempesta mediatica di polemiche, con i funzionari finlandesi che si sono affrettati a chiarire agli alleati occidentali della Finlandia che questa non è la posizione del paese sulla questione ucraina.
“La posizione della Finlandia è chiara ed è stata riformulata regolarmente”, ha affermato il deputato centrale Joonas Könttä sulla scia della controversia. “Tutti gli stati indipendenti hanno il diritto di decidere sulla propria sicurezza. Non spetta alla Finlandia consigliare su come gli altri stati dovrebbero prendere tali decisioni”.
Secondo i media finlandesi, Niikko ha cancellato il tweet , dicendo “Ammetto apertamente che il tweet che ho pubblicato questa mattina è stato formulato male”…
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/liz-truss-la-primitiva-ministra-degli-esteri-british/
POLITICA
Renzi diventa picconatore: “Bersani ha preso i soldi dai Riva”. I video
Renzi: “Per i Pm la mia famiglia è un’associazione di gangster”
Renzi: Bersani? “Quando parla di finanziamento alla politica dovrebbe fare mea culpa”
“Bersani ha perso i soldi da Riva per farci la campagna elettorale, io ho preso i soldi sequestrati ai Riva e li ho messi nel risanamento ambientale di Taranto”. Lo dice a Radio Leopolda Matteo Renzi, leader di Italia viva parlando della vicenda Open. “Quando parla di finanziamento alla politica dovrebbe fare mea culpa”, aggiunge.
Renzi: scalato Pd grazie a errori fatti da quelli come Bersani – Nel 2014 “avevo gia’ scalato il Pd da un anno. E l’ho scalato non perche’ avevo i soldi delle lobby ma perche’ loro hanno fallito le elezioni del 2013, perche’ loro non sono stati capaci. I partiti li scala chi ha il consenso, che io ho costruito grazie agli errori fatti da quelli come Bersani”. Lo dice a Radio Leopolda Matteo Renzi, intervenendo sulla vicenda Open: “Il processo riguarda le spese che vanno dal novembre del 2014 al 2018”, ricorda.
Open: Renzi, 5 aprile pubblico libro su violazioni legge – “Il 5 aprile pubblico un libro per mettere tutto nero su bianco: dagli autogrill agli incarichi all’estero, dai dossier veri o presunti dei Servizi a tutto cio’ che mi riguarda avvenuto in questi anni, dalle violazioni di legge alle stranezze di questa indagine”. Cosi’ Matteo Renzi a Radio Leopolda sull’inchiesta Open. “E’ bene lasciare traccia di tutto”, aggiunge il leader di Italia viva.
Open: Renzi, per Pm mia famiglia e’ associazione gangster – “Prima che io diventassi presidente del Consiglio la mia era una rispettata famiglia della provincia fiorentina, oggi sembriamo un’associazione di gangster. Quello che e’ successo ha pochi eguali”. Lo dice Matteo Renzi a Radio Leopolda a proposito dell’inchiesta Open tornando a criticare il magistrati che hanno condotto le indagi. Uno di loro, sottolinea, “ha arrestato i miei genitori, ha indagato mio cognato e mia sorella. E’ un affetto stabile della famiglia, si occupa a tempo stabile della famiglia Renzi”.
VIDEO QUI: https://youtu.be/GcPO5WA4j_A
VIDEO QUI: https://youtu.be/fibgly2wBKo
VIDEO QUI: https://youtu.be/07rwbpIBeSY
VIDEO QUI: https://youtu.be/p3y9-vSBnxk
FONTE: https://www.affaritaliani.it/politica/renzi-bersani-soldi-riva-779506.html
Il pretesto dei “provocatori” per manganellare gli studenti che protestano
Nonostante la repressione – giustificata secondo la ministra Lamorgese dalla “presenza di provocatori” – gli studenti torneranno in piazza in tutta Italia venerdì 18 febbraio: “La nostra lotta continua”.
Maurizio Franco
Il “cortocircuito” nelle piazze italiane, quando gli studenti manifestano contro il governo dei migliori e per la morte di un loro coetaneo, Lorenzo Parelli, avvenuta durante l’apprendistato in un’azienda di Udine. Ordine pubblico e repressione del dissenso sono accompagnati da lunghi discorsi sull’emergenza pandemica e sulla salute pubblica da preservare con divieti e restrizioni. “Un cortocircuito da scongiurare” per evitare che le scene del 28 gennaio si ripetano. “La presenza di provocatori” è la giustificazione che la ministra degli Interni, Luciana Lamorgese, ha esposto dopo i fatti di Milano, Roma e Torino, quando i manganelli della polizia si sono abbattuti sul corteo del movimento studentesco. Un’entità eterea, quella del “provocatore”, che ha caratterizzato il conflitto sociale per tutta la storia della Repubblica. “Infiltrati” o “violenti” in grado di far esplodere le tensioni, così da legittimare la reazione spropositata delle forze dell’ordine. E derubricare a questioni di sicurezza e gestione tecnica dei cortei, le rivendicazioni di ampi settori della società che nelle piazze trovano una cassa di risonanza comune. A riprova della presenza degli agenti provocatori nelle manifestazioni della galassia studentesca, secondo Lamorgese, sono “gli arresti fatti in alcune città”.
Durante il comitato per l’ordine e la sicurezza del 7 febbraio a Milano, la ministra ha dichiarato: “Quando ci sono ragazzi che manifestano per questioni gravissime, ovviamente c’è da avere la massima attenzione. Però non possiamo ignorare che, in questo momento, vige una direttiva che impediva manifestazioni, se non statiche, per ragioni di salute pubblica” riferendosi all’ordinanza dello scorso novembre. E ha aggiunto: “dobbiamo valutare quelle che sono le modalità di comportamento da parte della polizia”.
Gli studenti, comunque, torneranno in strada. L’assemblea nazionale del 5 e del 6 febbraio dei collettivi ha lanciato una data di mobilitazione su tutto il territorio nazionale: venerdì 18 febbraio. “Abbiamo deciso di opporci tutti e tutte insieme a un sistema che ci sta stretto, che ci opprime e ci uccide e che è volto soltanto a garantire le logiche del profitto e non costruito sulla base delle nostre necessità e desideri”, dicono gli studenti de La Lupa. “Allora grideremo più forte: ci riprenderemo i nostri spazi, le nostre scuole, le nostre città, pretenderemo risposte concrete alle nostre esigenze”, concludono.
Il sindacato Si Cobas – sempre il 7 febbraio – ha organizzato un presidio a Piazza San Babila, “nonostante il grave divieto della questura di Milano” di manifestare davanti alla Prefettura. Il motivo della protesta: l’aumento degli organici di polizia da impiegare su Milano. “Non è con più poliziotti che si risolvono i problemi sociali – scrive il sindacato di base in un comunicato – ma con l’aumento dei salari e il loro aggancio all’aumento del costo della vita […]. Seguiamo l’esempio dei lavoratori Fedex e Unes, capaci, con la lotta, di tenere viva una trattativa per il reintegro sui posti di lavoro e degli studenti di Torino che, in seguito alle manganellate subite, sono tornati più forti in piazza venerdì scorso conquistandosi la possibilità di manifestare in corteo”.
Il Partito democratico e Sinistra italiana hanno presentato un’interrogazione parlamentare alla ministra Lamorgese che dovrà riferire alla Camera quanto è successo nelle manifestazioni studentesche. Durante il vertice di Milano, alla domanda sull’introduzione di codici identificativi delle forze dell’ordine – battaglia che da anni, comitati e associazioni, come Amnesty international, portano avanti per l’elaborazione di una norma in linea con gli standard legislativi internazionali ed europei –, la ministra ha risposto: “Ci sono già in essere le telecamere sui caschi dei poliziotti, che servono per documentare quelle che sono le azioni di ordine pubblico, quindi per la massima trasparenza. E questo serve a tutti: serve a chi manifesta, ma serve anche alle forze di polizia perché è giusto che ci sia una rappresentazione concreta di quello che avviene durante un’operazione”. E ribadisce: “Noi siamo su questa fase, ora. Quindi non mi sposterei ancora sui codici”. Anche qui, l’ennesimo cortocircuito, stavolta comunicativo.
FONTE: https://www.micromega.net/il-pretesto-dei-provocatori/
Economia Italia – Dubbi di Stato sul Pnrr a cura di Gianni Lepre .
ASI precisa: la pubblicazione di un articolo e/o di un’intervista scritta o video in tutte le sezioni del giornale non significa necessariamente la condivisione dei contenuti in esso espressi. Gli elaborati rappresentano pareri, interpretazioni e ricostruzioni storiche anche soggettive. Pertanto, le responsabilità delle dichiarazioni sono dell’autore e/o dell’intervistato che ci ha fornito il contenuto e le dichiarazioni. Il nostro intento è di fare informazione a 360 gradi e di divulgare notizie di interesse pubblico. Naturalmente invitiamo i lettori ad approfondire sempre l’argomento o gli argomenti trattati, a consultare più fonti e lasciamo a ciascuno di loro la libertà d’interpretazione
VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=8szhvXa3a00&feature=emb_rel_end
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=tUODyyKRY04&feature=emb_rel_end
Massimo Cacciari a Otto e Mezzo: “Nessuno può più fermare Mario Draghi”, perché ora ha le “mani libere”
Massimo Cacciari è tornato ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo. L’ex sindaco di Venezia si è detto “delusissimo” dalla rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale. “Come si fa a non essere delusi?”, si è chiesto per poi aggiunge: “Al di là del suo discorso che va benissimo, ma un presidente della Repubblica che rimane lì per 14 anni è una cosa mai vista sulla faccia della Terra in regimi democratici”.
“Tutti applaudono – ha proseguito Cacciari riferendosi agli applausi da record del Parlamento durante il discorso di Mattarella – quando si sa benissimo che la rielezione del capo dello Stato serve a coprire le spaccature, le lacerazioni. La coalizione di governo è tutto fuorché un governo. Come si fa a essere contenti? Si è felici accecandosi. Dopodiché vuole che non si speri che con Mattarella abbiano capito che devono mettersi a lavorare seriamente per fare le riforme?”.
FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/30426260/massimo-cacciari-otto-e-mezzo-mario-draghi-nessuno-puo-fermarlo-ora-mani-libere.html
SCIENZE TECNOLOGIE
Epistemologia sive politica
Mi si segnala lo studio di un giovane ricercatore italiano apparso su una rivista britannica in cui si propone un’analisi e una sistematica delle «epistemologie pubbliche» che accompagnano il dibattito politico nel nostro Paese. Lo studio (consultabile qui) ha il merito importante di sollevare una questione sinora poco o per nulla considerata, di come cioè oggi la dialettica tra cittadini e autorità includa sempre più frequentemente la messa in discussione delle informazioni tecnico-scientifiche divulgate al pubblico per sostenere l’opportunità o la necessità delle decisioni che lo riguardano. Di questi aspetti è invece urgente parlare. Nel mio piccolissimo, li ho trattati spesso su questo blog, nel libro Immunità di legge, nel Manifesto per la scienza e nell’ambito di altre iniziative promosse dall’associazione Eunoè, che ho contribuito a fondare.
Secondo l’autore dello studio, nel dibattito italiano si confronterebbero oggi due fronti opposti: quello di chi cerca di arginare l’avversione popolare alla scienza (science aversion) e quello di chi ne denuncia la strumentalizzazione da parte di alcuni gruppi di potere (science perversion). I due approcci, rispettivamente etichettati come «tecnocratico» e «populista», sarebbero bene esemplificati dalle idee e dallo stile comunicativo di due figure altrettanto note ai lettori di questo blog: Roberto Burioni e Alberto Bagnai. I tratti caratteristici delle epistemologie in esame sono sintetizzati in una tabella nel testo dello studio, che incollo:
Pur ammettendo i vincoli imposti dall’esigenza di contrapporre semplificando, lo schema proposto introduce alcune conclusioni piuttosto sorprendenti. Leggo ad esempio che secondo i «populisti» lo scopo della scienza (riga 1) sarebbe quello di «mettere in discussione i dogmi», ma francamente non trovo questa idea né in Bagnai né in altri autori italiani, né penso anche mondiali. Ci può casomai essere il rifiuto di un’impossibile scienza dogmatica, che però sarebbe almeno nominalmente comune a entrambi gli schieramenti. Né trovo che la «verità» (riga 5) sarebbe per qualcuno rivelata dagli «attivisti informati» e non appunto dagli «scienziati accreditati», ai quali casomai i primi si rivolgerebbero con spirito critico per vagliare posizioni diverse. Né soprattutto trovo che la fiducia nel dato scientifico si giocherebbe tra i poli dialettici delle «giuste credenziali» e del «carisma» (riga 6) e non più semplicemente, come è nella definizione del metodo della scienza, sulla riscontrabilità e riproducibilità dei risultati.
La mia impressione è che l’autore abbia forzato la mano nell’estremizzare le posizioni esaminate (anche concedendo molto più del dovuto ai casi particolari dei due intellettuali assunti a campione) per ritagliarsi uno spazio di equidistanza da cui lanciare l’appello contenuto nelle conclusioni, di elaborare cioè una «terza via» che superi la rigida contrapposizione da lui stesso postulata, pur sulla scorta di altri autori, tra «autorità degli esperti e partecipazione democratica». Questa sintesi, scrive, potrebbe provenire dalle fila dei pensatori della «estrema sinistra», riconoscendo però che «al momento non esiste nulla del genere». Perché non allora dall’estrema destra o dal centro? Dai cattolici, dagli atei o dalla stessa comunità scientifica? Non lo spiega. Né spiega perché, in una prospettiva marxista dove anche la scienza può contribuire al mascheramento sovrastrutturale del conflitto tra le forze sociali (cfr. le riflessioni di Gramsci, nel Quaderno 11), ci si dovrebbe porre l’obiettivo di superare una definizione di politica come «lotta tra il popolo e le élite» (riga 7), cioè come lotta di classe.
***
Lo studio del dott. Brandmayr contiene molti spunti utili e una vasta bibliografia. Ciò che però a mio parere gli difetta è un tentativo di delineare i determinanti sociali dei fenomeni che analizza. Questa omissione è già evidente nell’abstract, dove si anticipa che «l’ascesa del populismo in Italia» avrebbe contribuito a determinare «un allineamento insolito tra posizioni politiche ed epistemiche». Trovo assai problematico che un termine così contaminato dalla tenzone politica contemporanea ricorra in radice per ben quaranta volta nell’articolo senza che l’autore si premuri di darne una propria, chiara e univoca definizione. Di quale populismo si parla? Da quando è incominciata la sua «ascesa» nel nostro Paese? E da che punto in poi smette di essere un’aspirazione costituzionalmente legittima a «riaffermare il controllo democratico sulla politica» per diventare (nota 11) «crasso fanatismo»? E ancora, in che modo sarebbe una causa e non invece un effetto o una perifrasi degli stessi cambiamenti sociali che hanno prodotto i fenomeni esaminati nello studio?
L’uso di una categoria così problematica produce equivoci e sviamenti, il più evidente dei quali consiste nel dare per assunto che l’avversione alla scienza contro cui lotta il fronte «tecnocratico» sia una prerogativa della popolazione semplice, di coloro cioè che vorrebbero essere coinvolti nei processi di produzione e di validazione del sapere scientifico ma non hanno i titoli per farlo. Basterebbe tuttavia affacciarsi un po’ più attentamente al dibattito per accorgersi che invece gli attacchi a certe posizioni considerate prevalenti o ufficiali provengono spesso anche da membri della comunità scientifica perfettamente «accreditati». Per restare al caso di Burioni, non sono ad esempio pochi i medici che mettono in discussione i motivi scientifici alla base della decisione di avere reso obbligatorie alcune vaccinazioni per l’infanzia, o di praticarne altre raccomandate (una breve antologia di queste posizioni è nel primo capitolo di Immunità di legge). Nel suo ultimo libro, l’accademico marchigiano sferra un duro attacco contro le cure omeopatiche, che però secondo una recente indagine sarebbero prescritte nel nostro Paese da circa un quinto dei medici in possesso delle «giuste credenziali», mentre solo poco più di un decimo di loro ne metterebbe in dubbio l’efficacia. Dinamiche simili si incontrano anche negli ambiti dell’economia (come è appunto il caso di Bagnai e di altri studiosi che lo hanno preceduto o seguito) e del clima.
Una doverosa rendicontazione di questa non trascurabile trasversalità avrebbe messo in crisi l’apparente simmetria della dialettica delineata dall’autore, restituendo in compenso un quadro molto più realistico della situazione. Si sarebbe ad esempio scoperto che l’insinuazione di «pervertire» la scienza per servire interessi non confessabili proviene da entrambi i fronti, implicitamente o anche esplicitamente, come quando il citato Burioni accusava alcuni medici di «mettere in dubbio il vaccino… per fini di lucro» o il suo collega e compagno di lotta Alberto Villani avvertiva che «intorno ai bambini non vaccinati girano interessi economici molto forti». Da lì sarebbe soprattutto emerso un fenomeno di cui è grave tacere, cioè l’uso odierno di delegittimare, richiamare o addirittura sanzionare gli specialisti che non si conformano a un messaggio scientifico accreditato dall’autorità politica. Se si omette di considerare questa minaccia – gravissima e indegna di una società che si dice liberale – è impossibile cogliere la sproporzione dei rapporti di forza tra le posizioni illustrate e si crea nel lettore una falsa percezione di equilibrio, privandolo così di un elemento fondamentale per capire le ragioni di un conflitto che vede una delle parti schiacciata, screditata e ridotta al silenzio. La presa d’atto del fenomeno aiuterebbe inoltre a capire, più di mille «populismi», perché l’opinione pubblica creda sempre meno nell’indipendenza e nella sincerità di chi formula, diffonde o anche semplicemente accetta le posizioni caldeggiate dall’autorità.
***
Fatta questa lunga premessa critica, se io fossi ciò che non sono – uno scienziato sociale – svilupperei così l’argomento:
- I cittadini non mettono in discussione la scienza e gli scienziati, ma molto più modestamente i messaggi scientifici addotti dall’autorità per giustificare le decisioni politiche che li penalizzano, materialmente (reddito, patrimonio) o immaterialmente (diritti, libertà);
- Le critiche di cui al punto precedente sono condivise anche da esponenti accreditati delle comunità scientifiche di riferimento. Ciò suggerisce che la contrapposizione non è tra scienza e antiscienza, ma tra modelli di convivenza (asse politico), interessi dei singoli e di classe (asse sociale) e interpretazioni dei dati disponibili (asse scientifico). Il dibattito è polarizzato dalle decisioni politiche e dai loro effetti, non dagli orientamenti epistemici.
- Le critiche di cui al punto 1 si avvalgono di argomenti e di analisi elaborati da una parte degli esponenti accreditati delle comunità scientifiche di riferimento, ancorché di norma minoritaria (vedi punto seguente). Ciò suggerisce che i cittadini si affidano al parere agli esperti e riconoscono in essi i portatori non di una «scienza» ma di una pluralità di posizioni spesso in reciproco conflitto. Questo ultimo aspetto, più che integrare una compiuta epistemologia, scaturisce da una semplice presa d’atto.
- Per proteggere i propri messaggi dalle critiche provenienti da alcuni membri accreditati della comunità scientifica (punti 2 e 3), l’autorità politica ha inaugurato la pratica di richiamare o sanzionare gli esperti che non si conformano a quei messaggi, ad esempio attraverso gli ordini professionali di appartenenza. Questa pratica rende impossibile il libero e necessario confronto tra specialisti per validare e migliorare le nozioni su cui poggiano le decisioni politiche, non consente al pubblico di misurare le effettive posizioni in campo e avvera il sospetto di una politicizzazione coatta della scienza.
- Ovunque sia possibile, nel vagliare i messaggi di cui al punto 1 e nell’orientarsi tra le diverse posizioni degli esperti, i cittadini adottano il criterio della validazione empirica. Osservano, ad esempio, che secondo la loro esperienza e i dati statistici disponibili le politiche di austerità fiscale non hanno portato i vantaggi promessi al loro benessere materiale, alla quantità e qualità dell’occupazione, alla crescita dell’economia e all’offerta di servizi, senza peraltro centrare neanche l’obiettivo minimo dichiarato di migliorare gli indicatori di finanza pubblica. La mancata soddisfazione del criterio empirico è il principale, se non unico, motivo della mancata fiducia dei cittadini nell’autorità e nei messaggi scientifici da essa accreditati.
- La novità che andrebbe indagata non è l’attitudine della popolazione nei confronti della scienza (ammesso che sia davvero nuova), ma l’utilizzo da parte della politica di nozioni di tipo scientifico per asserire la necessità o persino l’inevitabilità delle proprie decisioni. Occorrerebbe chiedersi se questa pratica effettivamente inedita sia il segno di una trasformazione in senso neopositivistico della società o non piuttosto – come credo – un modo per giustificare provvedimenti impopolari, perniciosi per la maggioranza dei cittadini e perciò incompatibili con il metodo e lo scopo della democrazia. Andrebbe valutata l’ipotesi che il discorso sulla scienza traduca un discorso sul governo in cui cova il desiderio, anche di una parte della popolazione, di un autoritarismo gerarchico che non sarebbe altrimenti possibile esprimere in modo esplicito con il vocabolario della politica. A mio parere la nostra società non ha alcun bisogno di una nuova epistemologia pubblica, né di un’epistemologia pubblica in generale, ma di accettare l’incertezza e l’incompletezza di un confronto teso a contemperare gli interessi legittimi di ciascuno, nessuno dei quali può vantare un primato «scientificamente provato» sugli altri se non al costo (altissimo) di mettere sotto tutela la scienza. Come sta purtroppo avvenendo.
FONTE: http://ilpedante.org/post/epistemologia-sive-politica
Immondizia come cercopitechi irrecuperabili
Federica Francesconi 31 09 2021
Per archiviare tutti i Sì Immondizia come cercopitechi irrecuperabili – chiedo venia a questa specie di primati per utilizzarla come termine di paragone, ma per il momento non me ne vengono altri – basterebbe citare i dati dell’EMA sui decessi e le gravi reazioni allergiche causate dai 4 vaxxini antiCoxid attualmente in commercio. Naturalmente mi riferisco ai fanatici della dittatura tecnosanitaria, non a chi ha fatto il vaxxino per mera sopravvivenza materiale o perché vessato da datore di lavoro, colleghi e famiglia.
Sappiano innanzitutto i cercopitechi umanoidi che l’EMA non è un’organizzazione complottista ma l’Agenzia Europea del Farmaco incaricata dall’UE di monitorare gli effetti collaterali di qualsiasi farmaco in commercio, incluse le terapie geniche per “prevenire” la peste nera, sulla popolazione degli Stati membri.
Ebbene, l’EMA, cari babbani, fino al 31 luglio ha rilevato i seguenti dati statistici su una popolazione di 140 milioni di cittadini UE:
– 20 mila MORTI accertati causati DIRETTAMENTE dai vaxxini antiCoxid.
– 1 milione di FERITI che hanno riportato GRAVI REAZIONI ALLERGICHE dopo aver ricevuto una o due dosi di vaxxino. I dati sono destinati a crescere con il passare dei mesi.
“Accertati” significa che l’EMA, che è un ente scientifico, ha stabilito una correlazione diretta tra somministrazione del vaxxino e le morti/reazioni allergiche. Chi ha ancora qualche neurone funzionante può tranquillamente andare sul sito dell’EMA e scaricarsi il report per verificare la veridicità dei dati sopra riportati. Ma siccome non è successo a vostra figlia, madre, padre, sorella, fratello, amico e conoscente, alla maggior parte di voi frega una ceppa di capire come stanno veramente le cose, perché, in fondo, oltre che babbani siente anche degli egoisti e degli insensibili.
Ma torniamo ai dati. Basterebbe prendere consapevolezza solo delle evidenze del monitoraggio dell’EMA per capire che
A. Il vaxxino non è sicuro
B. I rischi superano di gran lunga i benefici
C. Potrebbe succedere a chiunque di schiattare o riportate gravi effetti collaterali come trombosi, aneurisma cerebrale, ictus, infarto ecc. dopo essersi sottoposti a vaxxinazione
D. Il governo vi ha regalato, bontà sua, una zucchina gigante che voi usate non certo per mettere nella griglia.
Altro che “bisogna pensare ai più deboli come gli anziani” , “lo faccio per senso di responsabilità verso la comunità” ecc. e altre baggianate!
Cari babbani, voi accettando questa monnezza chiamata “terapia genica antiCoxid” non siete né buoni né seri né responsabili. Siete babbani e resterete tali finché non restituirete al mittente la zucchina che voi usate con masochistica disinvoltura.
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10222826687993502&id=1165264657
STORIA
YEHUDA BAUER: IL PROGETTO NAZISTA NON NACQUE A WANNSEE
Il 2022 segna l’80° anniversario della Conferenza di Wannsee. Ancora oggi, sui media, questo evento viene presentato come momento decisionale cruciale dello sterminio degli ebrei (da ultimo vedi, ad esempio, questo articolo del 20 gennaio pubblicato sul “Fatto Quotidiano”). Pochi, anche tra gli studiosi ufficiali, ricordano che – giusto 30 anni fa – tale interpretazione venne contestata dallo storico israeliano dell’Olocausto Yehuda Bauer. L’articolo della Jewish Telegraphic Agency che ne riporta le dichiarazioni è ancora presente sul web, così ho pensato di tradurlo. Buona lettura!
IL PROGETTO NAZISTA NON NACQUE A WANNSEE, SOSTIENE UNO STUDIOSO ISRAELIANO DELL’OLOCAUSTO
23 gennaio 1992
Uno studioso israeliano dell’Olocausto ha smontato la Conferenza di Wannsee, della quale si dice che ufficiali nazisti di vertice si riunirono in una villa di un suburbio di Berlino nel 1942 per tracciare i progetti della “Soluzione Finale”.
Secondo il professor Yehuda Bauer della Hebrew University di Gerusalemme, Wannsee fu una riunione ma “non una conferenza”, e “poco di quello che venne detto lì venne eseguito nei dettagli”.
Bauer ha parlato nella sessione inaugurale di un convegno internazionale tenuto qui [a Gerusalemme] per segnare il 50° anniversario della decisione di attuare la “Soluzione Finale”. Ma essa non venne presa a Wannsee, ha detto lo studioso di origine ceca.
“Il pubblico ancora ripete, ogni volta, la sciocca storia che a Wannsee venne deciso lo sterminio degli ebrei. Wannsee fu solo una tappa nel dispiegamento del processo di sterminio”, ha detto.
Bauer ha detto anche che i timori che le memorie dell’Olocausto diminuiscano col trascorrere del tempo sono infondati.
“Che sia presentato in modo autentico o inautentico, con empatia e comprensione o come un’espressione di kitsch monumentale, l’Olocausto è diventato un simbolo dominante della nostra cultura.
“Non passa mese senza che una nuova produzione televisiva, un nuovo film, una nuova opera teatrale, nuovi libri di prosa o di poesia affrontino l’argomento”, ha detto il professore.
Il professor Yehuda Bauer
https://www.jta.org/archive/nazi-scheme-not-born-at-wannsee-israeli-holocaust-scholar-claims
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