RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 12 OTTOBRE 2022

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 12 OTTOBRE 2022

 

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Non semper ea sunt quae videmus 

Le cose non sempre sono ciò che sembrano 

FEDRO in: L’APE LATINA, Hoepli, 1985, pag. 194

 

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SOMMARIO

Mentre ci distraggono
Taiwan, Iran e il Donbass: il cittadino medio oggi e il cane di Pavlov
GIÀ NEL 2021 UNA ESERCITAZIONE ALLA GUERRA ATOMICA NEI CIELI ITALIANI
CRONACHE DA FUFFALAND
DELIRIO DEI POLITICI MENTRE IL PAESE SALTA PER ARIA
A Zaporizhzhia una strage di militari NATO?
CRIMEA 2014 – 2022: LA GENESI DI UN CONFLITTO
Dubbi Usa sull’appoggio a Kiev: cosa c’è dietro la frenata di Washington
Così la dottrina navale di Xi prepara la Cina alla “guerra delle isole” con Taiwan
La Nato supera un’altra linea rossa (l’ultima rimasta?)
Le sette parti della notte Giorgio Agamben
Caravaggio, cazzotti e genialità: Orazio Gentileschi
ADRIEN BOCQUET
Il ruolo inglese nell’attacco terroristico al Ponte di Crimea e il fattore “Generale Armageddon”
VIDEO. Ingresso vietato agli ebrei in un negozio ucraino
Draghi o non Draghi, resta la gabbia dell’eurozona
DA OLIVETTI A TAVARES
Credit Suisse e Deutsche Bank sono sull’orlo del collasso? Cosa sta succedendo?
BlackRock perde un miliardo di dollari in fondi per le sue posizioni politiche…
Borrell: “La FED manda in recessione il mondo con il rialzo dei tassi”.
Cesare Battisti e la massima sicurezza
L’epoca del Dirittismo
I nostri leader fanatici ideologici ignorano la realtà e assicurano il disastro
“L’Europa rischia una nuova Repubblica di Weimar”
L’Ucraina vuole essere amica della NATO, con vantaggi
Le funzioni dell’Intelligenza Artificiale
Le Colonie d’Italia

 

 

 

 

IN EVIDENZA

Mentre ci distraggono

https://twitter.com/miia_2018/status/1499132681585635328

adottata nel 2018, equipara le malattie prevenibili mediante vaccino a “grandi flagelli”, invita gli Stati a attuare piani di vaccinazione sull’intero arco di vita, disporre di informazioni elettroniche su stato vaccinale dei cittadini e di un calendario vaccinale a livello UE.

I rischi: manipolazione di evidenze scientifiche, criminalizzazione di opinioni minoritarie, azzeramento del pensiero critico, digitalizzazione capillare della vita dei cittadini, innesco di meccanismi di competizione sociale, modifiche dell’identità genetica e derive transumane.

Il CIEB esorta dunque i cittadini a mantenere alto il livello di attenzione, tenuto conto del profilarsi di nuove #emergenze in grado di distrarre l’opinione pubblica dalle dichiarazioni e dalle politiche del Governo sulla gestione del #Covid;

con riferimento alla crisi in #Ucraina mette in guardia i cittadini dal rischio che nuovi stati di #emergenza possano motivare l’inasprimento delle misure restrittive dei diritti e delle libertà fondamentali introdotte in forza dell’emergenza #Covid; saluta con favore le prime pronunce dei #magistrati che sollevano dubbi in ordine alla proporzionalità delle misure di gestione politica del #Covid e alla loro compatibilità con principi e norme nazionali e internazionali di #bioetica e di #biodiritto.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/mentre-ci-distraggono/

 

Taiwan, Iran e il Donbass: il cittadino medio oggi e il cane di Pavlov

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-taiwan_iran_e_il_donbass_il_cittadino_medio_oggi_e_il_cane_di_pavlov/34145_47551/

Le donne che vogliono portare il velo andrebbero rispettate

 

 

Le donne che non vogliono portare il velo, andrebbero ugualmente rispettate.
Ogni essere umano che subisce violenze o imposizioni ha tutta la mia solidarietà.
Fatta questa premessa, osservo come in queste settimane, il cittadino medio abbia fatto propri elementi di livore che dalla Russia ci hanno riportato in Medio Oriente.
Il cittadino medio che sputa veleno contro il mondo russo, è lo stesso che ha inviso il mondo iraniano, che ieri ha legittimato il m4ssacro in Iraq e, prima ancora, la mattanza in Vietnam.
Il cittadino medio è certo di appartenere a una società superiore.
Sistemi politici, economici, di tradizione, cultura e standard di pudore diversi, per lui non hanno motivo di esistere.
Secondo il cittadino medio, i popoli dovrebbero optare per la sottomissione spontanea al suo modello di società.
In assenza di sottomissione, per il cittadino medio è legittima qualsiasi forma di massacro.
Purché non se ne mostrino le immagini.
Il cittadino medio non coglie che la stessa guerra è giocata in diversi campi: da Taiwan, all’Iran, al Donbass.
Il cittadino medio risponde ai principi del condizionamento classico.
Ma il cane di Pavlov era più intelligente.
Il cittadino medio viene preparato, attraverso tali principi, alla legittimazione di una v1olenta ingerenza dell’Occidente in Iran.
Tale legittimazione utilizza la replica di presunti gesti di solidarietà, cui si associano ondate di indignazione indotta.
Il taglio della ciocca di capelli, massicciamente replicato nel web, ricorda il gesto di coprirsi la bocca con cui nel 2018, celebri influencer invitavano alla protesta contro l’attacco chimico compiuto da Assad. Salvo poi venire a sapere, con certificazione dell’Aja, che in Siria non c’era stato alcun attacco chimico.
L’indignazione indotta ha come unico scopo la legittimazione di ulteriori violenze.
Le persone realmente oppresse non necessitino di gesti di presunta solidarietà che, strumentalizzati, si connetteranno a catastrofi ben peggiori.

Sara Reginella

SARA REGINELLA

Psicologa a indirizzo clinico e giuridico, psicoterapeuta, regista e autrice di reportage di guerra. I suoi lavori integrano l’interesse per le dinamiche psicologiche con l’attenzione per l’attualità e uno sguardo che mai dimentica le frange socialmente più vulnerabili.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-taiwan_iran_e_il_donbass_il_cittadino_medio_oggi_e_il_cane_di_pavlov/34145_47551/

GIÀ NEL 2021 UNA ESERCITAZIONE ALLA GUERRA ATOMICA NEI CIELI ITALIANI

 

(MB – Un articolo di NoGeoingegneria datato aprile 2022:  è stata la NATO a esercitarsi (in Italia) con atomiche “tattiche” (da 1 a 50 kilotoni), di cui oggi  accusa la Russia di voler usare: profetici, come fu profetico l’Event 201, con cui nell’ ottobre 2019 a New York,  il Johns Hopkins Center for Health Security, in collaborazione con il World Economic Forum e la Bill and Melinda Gates Foundation, i potenti simularono la risposta ad una”grave pandemia” che doveva ancora avvenire.

 

Dal 18 al 24 ottobre 2021  si era svolta Steadfast Noon 2021: vi hanno preso parte numerosi cacciabombardieri e aerei radar e tanker. L’esercitazione si è svolta sull’Europa meridionale e ha coinvolto aerei e personale di 14 paesi della NATO.I war games hanno simulato le operazioni di mobilitazione aerea e rifornimento armi in vista di una guerra nucleare. 

Le due principali basi operative di Steadfast Noon sono Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia) dove sono ospitate le testate nucleari tattiche B-61 aggiornate e potenziate per poter essere utilizzate dai nuovi cacciabombardieri F-35 “Lighting II” acquistati da diversi paesi NATO ed extra-NATO. Scriveva Antonio Mazzeo: La pericolosissima portata dell’esercitazione …sui cieli italiani non è certamente sfuggita alle autorità militari russe. Il ministro della difesa Sergei Shoigu ha stigmatizzato Steadfast Noon e la modernizzazione delle strategie e degli asset nucleari NATO in Europa: “Siamo particolarmente allarmati dal fatto che i piloti degli stati membri dell’Alleanza atlantica non-nucleari partecipino ad esercitazioni in cui vengono utilizzare queste armi. Consideriamo tutto ciò una diretta violazione del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari”. 

Hans Kristensen, direttore del Nuclear Information Project della Federazione degli scienziati americani, ha ricordato come anche in passato le basi italiane avevano ospitato l’esercitazione Steadfast Noon (ad Aviano nel 2010 e nel 2013), ma questa volta c’è un’importante novità imminente: l’arrivo dei nuovi L’F-35A, previsto per il 2022, accompagnato dalle nuove bombe nucleari guidate B61-12, circa tre volte più precise delle bombe B61-3/-4 e costruite per perforare i bunker dei centri di comando. Come quelle esistenti nella base, le B61-12 copriranno quattro range selezionabili di potenza, da 1 a circa 50 kilotoni.

La questione dei trattati internazionali e la posizione del nostro Paese nell’intervista al professor Alessandro Pascolini dell’università di Padova e vicepresidente dell’International School on Disarmament and Research on Conflicts.

Il pericolo di una guerra nucleare, in grado di far scomparire l’umanità dalla faccia della Terra, è un tema rimosso nel dibattito politico e sui media. In pochi, tra i quali l’esperto Antonio Mazzeo, hanno riportato la notizia della grande esercitazione della Nato, Steadfast 2021 che si è svolta  in Italia, dal 18 ottobre 2021 per testare cacciabombardieri idonei a usare anche ordigni nucleari, come le bombe B61 presenti nelle basi militari di Ghedi (Brescia), e Aviano (Pordenone).

Esiste un nuovo interesse di parte del mondo associativo grazie alla campagna internazionale della rete Ican, Nobel per la pace 2017, che ha contribuito, il 7 luglio 2017, all’approvazione in sede Onu del Trattato per l’abolizione delle armi nucleari (Tpnw) entrato in vigore il 22 gennaio 2021 per gli stati parte, cioè che hanno firmato e ratificato il trattato. Tra le numerose iniziative anche quella promossa a Caravaggio, Bergamo, il 29 ottobre 2021.

L’Italia, come tutti i Paesi Nato e quelli in possesso delle armi nucleari, non ha aderito al Trattato non ha alcuna intenzione di farlo, a prescindere dal colore della maggioranza al governo.

Per approfondire il tema da diverse prospettive abbiamo chiesto l’autorevole parere di Alessandro Pascolini, studioso senior dell’Università di Padova, già docente di fisica teorica e di scienze per la pace, attualmente vice-direttore del Master in comunicazione delle scienze e vicepresidente di ISODARCO (International School on Disarmament and Research on Conflicts).

Quale è il suo parere a proposito dell’adesione dell’Italia al Tpnw?
Per gran parte dei Paesi nel mondo l’adesione al trattato non comporta nessuna conseguenza. Anche perché l’adempimento richiesto è quello di inviare una dichiarazione che non viene, tra l’altro, sottoposta ad alcun controllo.  Per l’Italia e le altre nazioni della Nato, invece l’adesione al Trattato comporta l’uscita dall’Alleanza atlantica. Si tratterebbe di una scelta di carattere rivoluzionario, che può essere sostenuta da alcune associazioni ma non certo dal governo italiano che sottolinea come tratto distintivo la propria appartenenza alla Nato fin dalla sua fondazione. E la Nato stessa ha dichiarato, in maniera ufficiale, la incompatibilità assoluta tra l’appartenenza all’Alleanza atlantica e l’adesione al trattato sull’abolizione delle armi nucleari. Quando si propone una campagna di opinione sul nucleare, a mio parere, bisogna essere molto chiari sugli obiettivi che si intendono raggiungere. E quella dell’adesione al Tpnw comporta la questione dell’adesione alla Nato.

In Italia sono presenti decine di bombe nucleari nelle basi militari di Aviano e Ghedi. Se ne può chiedere la rimozione? O anche questo stato di fatto è collegato alla nostra appartenenza alla Nato?
Si tratta di una questione completamente diversa. La presenza delle armi nucleari statunitensi in Europa aveva un senso militare strategico quando non esistevano ancora i missili ed era impossibile colpire l’Urss con aerei in partenza dagli Usa.  Nulla vieta, oggi, in un contesto completamente diverso, la rimozione delle armi nucleari dall’Italia come avvenuto, tempo fa, dalla Grecia. Anche senza le armi nucleari americane in Europa la Nato rimane un’alleanza militare nucleare, date le forze nucleari di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Sono collocate al suolo, dentro i bunker, come sui sommergibili che solcano i confini dell’Europa.

Sembra di poter dire che la loro presenza sia quasi irrilevante dal punto di vista strategico?
Lo spiegamento di migliaia di bombe tra Nato e Russia rende insignificante militarmente qualche decina di ordigni presenti nelle basi in Italia. Nel caso malaugurato, poi, di un vero conflitto nucleare esse sarebbero, tra l’altro, immediatamente eliminate dai missili russi.Dal punto di vista tattico sono rilevanti i missili presenti nei sommergibili delle potenze nucleari occidentali.

E, infatti, le ultime notizie che arrivano da Londra parlano di un potenziamento dell’arsenale missilistico nucleare sui sommergibili britannici. Allora perché ci sono ancora le bombe nucleari in Italia?
L’unico motivo per cui rimangono, come è scritto nei documenti ufficiali della Nato, è per rafforzare la cooperazione e l’unità tra i Paesi dell’Alleanza. Una scelta di natura politica, non motivata a livello strategico, tanto che gli stessi americani avevano ipotizzato la rimozione di tali armi nel 2010. Operazione non andata a buon fine per la forte opposizione dei Paesi baltici, nuovi membri della Nato. Quindi nulla impedisce teoricamente la rimozione delle bombe nucleari dall’Italia così come dalla Turchia, Belgio, Olanda e Germania. Anche perché, come detto, non incidono nell’equilibrio strategico mondiale. L’Uspid, Unione degli scienziati per il disarmo, ha elaborato uno studio che spiega bene questo stato di cose (www.uspid.org).

A suo parere è ancora efficace la logica della deterrenza, il timore dell’autodistruzione reciproca, oppure come si giustifica il fatto che finora non siamo precipitati nell’apocalisse nucleare?
Sicuramente possiamo dire che la fortuna è stata dalla nostra parte, a evitarci una guerra nucleare. La strategia basata sulla dissuasione è di certo meno peggiore di una politica per la ricerca di una supremazia nucleare. La deterrenza adottata dagli Usa e dai russi ha permesso il controllo degli armamenti con la forte diminuzione di migliaia di testate nucleari da entrambe le parti.

L’innovazione tecnologica in questo campo non può indurre a sferrare il primo colpo potendo neutralizzare i possibili contraccolpi del nemico?
Le dimensioni degli arsenali nucleari di Cina, Russia e USA sono così grandi e differenziati che un attacco disarmante fra di loro è inconcepibile, anche impiegando le ultime tecnologie. È qualcosa che può accadere invece da parte di una grande potenza contro un Paese con ridotte forze nucleari, come ad esempio, da parte degli Usa contro la Corea del Nord.

Come valutare la posizione della Cina? È  un Paese nucleare che dichiara di rifiutare il primo colpo…
Si tratta di una semplice dichiarazione non suffragata da fatti, non verificabile e affidata alla interpretazione del dichiarante. La Cina afferma di possedere una minima forza deterrente ma non dice quanti armi ha effettivamente. A mio parere non hanno alcun valore le dichiarazioni che non siano accompagnate dalla possibilità di operare delle reali verifiche. Non è da tralasciare il fatto che la Cina, come Israele, usa l’ambiguità sulle reali dimensioni dell’arsenale nucleare come un fattore strategico necessario per garantire la sicurezza.

E questa mancanza di verificabilità delle dichiarazioni dei Paesi aderenti sarebbe quindi anche, secondo la sua analisi, la debolezza del Trattato per l’abolizione delle armi nucleari?
È uno dei problemi del Trattato, che ha il principale difetto di non offrire alcuna garanzia né a chi aderisce né agli altri Paesi. Non limita la proliferazione nucleare e ha un’impostazione punitiva per i Paesi che decidono di rinunciare alle proprie forze nucleari. Forse anche per questi motivi l’adesione è limitata a Paesi che in tutto rappresentano meno del 13% della popolazione mondiale.

Ma, a partire dal riconoscimento del valore di principio umanitario del Trattato non si può ipotizzare un miglioramento?
In linea di principio è possibile perché possono introdursi degli emendamenti, ma l’impostazione del Trattato è proprio quella di essere dichiarativo senza prevedere forme di controllo. Le parti finora aderenti al Tpnw non hanno competenza per quanto riguarda i controlli e le procedure per arrivare al disarmo. D’altra parte è stato il frutto di un negoziato svolto in fretta con due sessioni che sono durate appena 4 settimane, mentre gli altri trattati hanno richiesto lunghe trattative: anni per la convenzione sulle armi chimiche, e 14 mesi per il più semplice bando delle mine anti persona. Una carenza che emerge anche dal fatto che Paesi come Norvegia, Svezia e Svizzera, che hanno contribuito alla campagna umanitaria in maniera significativa, hanno deciso di non aderire al Trattato.

E quindi cosa propone di fare?
C’è un unico trattato che attualmente impone il disarmo ed è quello di non proliferazione nucleare. Andrebbe sostenuto partecipando attivamente alla conferenza di revisione prevista per i primi mesi del 2022. Inoltre, occorre continuare nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica, attualmente poco attenta al pericolo delle armi nucleari. Vanno valorizzate iniziative serie e concrete, come una da parte della Svezia per arrivare ad una forte riduzione delle armi nucleari e quindi ai rischi che derivano dalla loro proliferazione.

Da uomo di scienza crede che sia proponibile e comprensibile dagli scienziati odierni l’appello lanciato da Rotblat nel 1985, ricevendo il premio Nobel, di non collaborare alla ricerca sulle armi nucleari e “ricordarsi della propria umanità”?
Rotblat ha ripreso l’appello del Manifesto Russell Einsteindel 1955 per dare vita, nel 1957, al movimento internazionale Pugwash impegnato nel denunciare i pericoli della guerra atomica e promuovere il disarmo nucleare.

Credo che, per andare alla radice del contrasto alle armi nucleari, bisogna agire sulle cause della guerra, sulla cultura che la sostiene come l’esasperazione dei nazionalismi contro l’appartenenza alla comune umanità. Ormai le armi atomiche ci sono e si sa come costruirle. Anche la loro eliminazione non impedirebbe la possibilità di costruirne di nuove davanti all’insorgere di nuovi conflitti.

L’unica soluzione possibile teoricamente resta il piano Baruch approvato dalla Commissione dell’ONU sull’energia atomica (1946) che prevedeva l’eliminazione di tutte le armi nucleari per affidare a un’autorità di garanzia internazionale il controllo di tutte le forme di energia nucleare. Una proposta mai messa in atto ma che resta l’unica possibilità per arrivare a un accordo in grado di permettere i controlli e quindi offrire garanzie alle parti. Ma, ripeto, alla radice si tratta di costruire una cultura condivisa di ricerca della pace che sia in grado di eliminare le armi nucleari, come quelle chimiche e biologiche, per rendere sicura la sopravvivenza del genere umano sulla terra.

Ghedi preparata per la Bomba nuova

Ghedi AB è attualmente in fase di importanti aggiornamenti per ricevere il prossimo anno il nuovo cacciabombardiere F-35A, installare perimetri di sicurezza a doppia recinzione e aver recentemente completato l’ammodernamento del sistema di archiviazione e sicurezza delle armi (WS3) e del sistema di comunicazione e visualizzazione degli allarmi (AC&D) . Il contratto per l’opera WS3/AC&D, aggiudicato a settembre 2016, prevedeva aggiornamenti di sostegno al sistema crittografico WS3 utilizzato per crittografare i dati di allarme WS3 ed eseguirà un aggiornamento del sistema AC&D sostituendo componenti obsoleti e il cavo interrato. Questi aggiornamenti sono chiaramente visibili sulle immagini satellitari, così come un nuovo “bunker building” in costruzione nell’area 704 ° MUNSS insieme ai nuovi camion Secure Transportation and Maintenance System (STMS) (vedi immagini sotto).

Alla base aerea di Ghedi sono in corso diversi aggiornamenti relativi alle armi nucleari. Clicca sull’immagine per vederla a schermo intero

 

I nuovi perimetri di sicurezza a doppia recinzione attorno a otto rifugi protettivi per aerei (lato sinistro dell’immagine) e l’ex area di allerta nucleare (lato inferiore destro) sono simili agli aggiornamenti di sicurezza precedentemente completati in altre due basi nell’Europa meridionale: Aviano e Incirlik basi aeree. L’area all’interno dei perimetri è comunemente indicata come area della NATO, in riferimento alla missione di attacco nucleare della NATO che supportano. Negli anni ’90, la NATO ha installato un totale di 11 volte sotterranee all’interno di 11 rifugi per aerei di protezione a Ghedi AB. Ogni caveau può immagazzinare fino a quattro bombe B61 (normalmente sono presenti solo una o due bombe).

Ma c’è un mistero: i nuovi perimetri di sicurezza circondano solo 10 degli 11 rifugi. Una possibilità è che il caveau rimanente nell’11 ° rifugio sia un caveau di addestramento o che il numero di caveau attivi sia stato ridotto. Ma un’immagine satellitare dell’aprile 2018 potrebbe fornire un suggerimento. L’immagine sembra mostrare i segni dell’interramento dei nuovi cavi AC&D che collegano le volte nei rifugi con le strutture di monitoraggio e comunicazione alla base. Ripercorrendo le marcature dei cavi, emerge uno schema: i cavi sembrano collegare esattamente 11 shelter, di cui sette all’interno del nuovo perimetro di sicurezza. Inoltre, i cavi sembrano formare due anelli, possibilmente in modo che il danneggiamento di un cavo in un punto non interrompa la comunicazione con le volte sull’altro lato (vedi immagine sotto).

Un’immagine satellitare sembra mostrare quali rifugi sono collegati al sistema di comando e controllo nucleare della base aerea di Ghedi. Immagine: Google Earth, 24 aprile 2018. Fare clic sull’immagine per visualizzarla a schermo intero
Armi e capacitàQuesti aggiornamenti a Ghedi AB hanno lo scopo di supportare la missione di attacco nucleare della NATO alla base per decenni nel futuro. L’F-35A, che comincerà ad arrivare alla base probabilmente già nel 2022, è significativamente più capace del velivolo Tornado che sostituisce.Inoltre, la bomba a gravità B61-12 è circa tre volte più precisa della corrente delle bombe B61-3/-4 immagazzinate alla base. La maggiore precisione si ottiene con un nuovo kit di coda guidata che consentirà ai pianificatori di scioperi di tenere gli obiettivi a rischio in modo più efficace con il B61-12 rispetto alle attuali versioni B61. Come i B61 attualmente alla base, si pensa che il B61-12 abbia quattro impostazioni di resa selezionabili che vanno da meno di 1 kiloton a circa 50 kiloton. Ma con la maggiore precisione, un pianificatore d’attacco sarebbe in grado di selezionare un’opzione di resa inferiore per l’attacco e quindi creare meno ricadute radioattive, o attaccare bersagli che attualmente richiedono una bomba strategica a resa maggiore da un bombardiere B-2.Fonte:
https://fas.org/blogs/security/2021/10/steadfastnoon2021/
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/gia-nel-2021-una-esercitazione-alla-guerra-atomica-nei-cieli-italiani/

Stoltenberg: “Guerra fino alla vittoria finale!”

Stoltenberg: per noi è molto importante che l’Ucraina vinca la guerra contro le forze russe. Se vince Putin, sarà una sconfitta non solo per l’Ucraina ma una sconfitta ed un pericolo per tutti noi.

La vera natura cdella NATO spiegata dall’ambasciatore Romano

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/gia-nel-2021-una-esercitazione-alla-guerra-atomica-nei-cieli-italiani/

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

CRONACHE DA FUFFALAND

Roberto Mariotti 29 09 2022

Questa immagine (anzi: slide) è stata mostrata durante un corso di formazione sul tema “Diversity and Inclusion” (e già da questo andiamo automaticamente nel regno della Fuffa).

Comunque, il docente è stato circa venti minuti ad almanaccare su questa foto allo scopo di illustrare le differenze tra i due concetti di Uguaglianza ed Equità.

L’idea di fondo è che la prima situazione mette il bimbo a destra in difficoltà perché non arriva a cogliere le mele, mentre nella seconda, dopo che gli è stata fornita una scala più lunga, può finalmente mangiare pure lui.

Considerazione molto nobile.

Solo che guardando la foto uno si chiede: ma se invece di perdere tempo aspettando un’altra scala avesse spostato quella che aveva accanto al bambino di sinistra, visto che comunque dalla sua parte di mele non ce n’è quasi un cazzo, non faceva prima e meglio?

Io ci leggo questa morale:

dove alligna la Fuffa scompare il buon senso…

 

FONTE: https://www.facebook.com/roberto.mariotti.505/posts/pfbid0z3SAJGrdXvPjV9ysepmeEupTHwmb2mMEFfGfe6KbsepEYJooKcHUFG8WidDcHosHl

 

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

DELIRIO DEI POLITICI MENTRE IL PAESE SALTA PER ARIA

Maria Teresa Caccavale 29 09 2022

 

Un Paese con mille contraddizioni!!Mi piace andare tra la gente e chiedere come va, capire la realtà che mi circonda, e cercare di trovare qualche risposta. Stamattina sono andata al mercato a Roma, zona Talenti, a comprare qualcosa e vedere un po’ l’andamento dei prezzi.Ho comprato tre rosette, un piccolo pezzo di pizza. Ed ho pagato 2,40 euro. Poi ho comprato 3 pomodori ed un finocchio ed ho speso 2 euro.Ho portato la mia macchina a lavare ed ho speso solo 10 euro, Grazie al mio amico Adel che ancora mantiene i prezzi bassi. Ho poi comprato un integratore che ho pagato 16,00 euro. Oggi non ho comprato carne, pesce, ed altre cose perché li avevo già, non ho pagato le bollette, l’affitto, non sono andata dal parrucchiere, ne a fare una visita medica o analisi privata, non fumo e non bevo alcolici, non ho messo benzina. Visto che i conti li so fare discretamente, anche quelli degli altri, mi chiedo come fa una persona, non parliamo poi di una famiglia a sopravvivere, non vivere, con 1000 euro al mese, che corrisponde oggi ad uno stipendio medio. Il reddito di cittadinanza max erogato è di 780 euro mensili, che non può essere utilizzato solamente per pagare affitto e bollette, e non parrucchiere o altro. Nel frattempo molte aziende chiudono, soprattutto quelle gestite da persone più anziane che sono stanche di lavorare per accumulare debiti. I giovani del tutto disorientati in un mercato del lavoro che non li aiuta a trovare una strada adeguata .Alcuni mestieri sono spariti o affidati a persone di altre nazionalità, non si trovano badanti italiane, infermieri , medici, ecc. Tuttavia, in questo caos totale , non si trovano più biglietti dei concerti delle star accreditate, i locali per le feste dei bambini strapieni e strapagati, gli autogrill con i suoi prodotti carissimi sempre pieni. A questo punto mi pongo molte domande a cui non so dare risposte. Ovviamente penso con dolore ai senzatetto ed ai poveri veri totalmente abbandonati, mentre i nostri politici continuano a delirare sulle vittorie e sulle sconfitte.

FONTE: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=pfbid02fXMQP3n7RcddH5f1vstNY7JHc7sjqMGpG1ATiCVNFBtjX3Ex4H3TLkb15k1C89qvl&id=100016332996681

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

A Zaporizhzhia una strage di militari NATO?

Colpendo con un buon numero di missili un preciso numero di edifici a Zaporizhzhia, i russi avrebbero prevenuto una imminente offensiva con una nutrita partecipazione di truppe straniere, fra cui ufficiali americani e soldati polacchi. L’alto numero di perdite ha dovuto far rimandare l’operazione.

La versione dell’Ansa è che i 16 morti e il centinaio di feriti di erano civili. Secondo un sito ucraino, erano militari.

Kiev,’16 civili uccisi in attacchi a Zaporizhzhia in 48 ore’

ANSA) – ROMA, 10 OTT – Sono 16 le persone morte e quasi un centinaio ferite in seguito agli attacchi russi nelle aree residenziali di Zaporizhzhia tra ieri e oggi: ha reso noto l’amministrazione della città, citata da Ukrainska Pravda.

“Continua ad aumentare il numero di persone morte per gli attacchi russi a Zaporizhzhia.

16 civili sono morti e quasi 100 civili sono rimasti feriti solo negli ultimi due giorni.

La versione di Ucraine News: le foto e i video mostrano che i russi sapevano persino delle camerate in cui i NATO zombies dormivano.

La Russia ha attaccato edifici in cui era ospitato un gran numero di combattenti della NATO a #Zaporizhzhia, inclusi 5000 soldati dell’esercito polacco

Stavano pianificando una grande offensiva per entrare nel territorio russo a #Zaporizhzhya

La NATO ha dovuto annullare l’offensiva poiché le perdite erano molto alte

 

Zombie della NATO e truppe delle forze speciali statunitensi, hanno tentato di attaccare la direzione di Zaporizhia ma sono stati eliminati in 12 attacchi missilistici dalle forze russe

Gran numero di combattenti della NATO, compresi i soldati dell’esercito polacco, eliminati a #Zaporzhzhia con attacchi missilistici Kh-22

 

Ci sarebbe un precedente: il 25 giugno scorso i russi comunicarono:

Fino a 80 combattenti dalla Polonia uccisi dalle truppe russe: ministero della Difesa

La Russia ha dichiarato sabato che le sue truppe hanno ucciso “fino a 80” combattenti polacchi in “attacchi di precisione” nell’Ucraina orientale.

“Fino a 80 mercenari polacchi, 20 veicoli corazzati da combattimento e otto lanciarazzi multipli Grad sono stati distrutti in attacchi di precisione alla fabbrica di zinco Megatex a Konstantinovka” nella regione di Donetsk, ha affermato il ministero della Difesa russo in una dichiarazione, che non può essere verificata in modo indipendente.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/a-zaporizhzhia-una-strage-di-militari-nato/

 

 

CRIMEA 2014 – 2022: LA GENESI DI UN CONFLITTO [VIDEO]

Il contrattacco di Mosca dopo l’attentato ucraino sul ponte di Kerch. Intervista a Alexander Pigar, funzionario del Governo della Crimea

VIDEO QUI: https://youtu.be/-utsCZBbXXE
FONTE: https://comedonchisciotte.org/crimea-2014-2022-la-genesi-di-un-conflitto-diretta-video-ore-2115/

 

 

 

Dubbi Usa sull’appoggio a Kiev: cosa c’è dietro la frenata di Washington

Abbandonati i toni da appoggio senza se e senza ma, nelle ultime settimane qualcosa stona nel rapporto tra Washington e Kiev. “Washington” non è solo sinonimo di “Joe Biden” e più di qualcuno in America suggerisce ormai una poderosa frenata al sostegno incondizionato a Kiev, anche a costo di puntare il dito sulla condotta ucraina.

Washington bacchetta Kiev

Partiamo dall’evento più recente, il sabotaggio del ponte di Kerch. “Sono stati i servizi di intelligence ucraini a orchestrare l’esplosione al ponte in Crimea”: così il New York Times cita un funzionario del governo di Kiev. Secondo la fonte, rimasta anonima a causa del divieto del governo di parlare dell’esplosione, lo spionaggio di Kiev avrebbe orchestrato l’attacco, utilizzando un camion-bomba guidato attraverso il ponte. La domanda è: perché uno dei principali quotidiani degli Stati Uniti d’America sbatte in prima pagina la presunta colpevolezza ucraina nell’operazione, trincerandosi dietro una fonte anonima?

Una mossa simile aveva riguardato, pochi giorni fa, l’attentato a Daria Dugina. Il 5 ottobre sempre il New York Times riportava, secondo le agenzie di intelligence statunitensi, che l’attentato del 23 agosto avrebbe ricevuto l’autorizzazione di alcuni elementi del governo ucraino. Non solo. Il quotidiano americano lasciava trapelare una certa acredine e alcune falle nella comunicazione con Kiev, precisando che “gli Stati Uniti non hanno preso parte all’attacco, né fornendo informazioni né altra assistenza” tantomeno “erano a conoscenza dell’operazione in anticipo”. Le affermazioni si fanno ancora più scivolose, aggiungendo che gli Stati Uniti “si sarebbero opposti all’omicidio se fossero stati consultati” e che in seguito, hanno perfino ammonito gli ucraini per l’assassinio.

Gli Usa frenano sugli Atacams

Anche sull’invio delle armi, la Casa Bianca frena. L’Ucraina ha chiesto l’invio dei missili a lungo raggio strategici (gli Atacams) per rafforzare la controffensiva. Si tratta di sistemi missilistici che possono volare a circa 200 miglia, circa quattro volte la distanza dei razzi utilizzati dai sistemi mobili Himars che gli Stati Uniti hanno iniziato a inviare in Ucraina quattro mesi fa. Nonostante la proposta, l’amministrazione Biden sostiene che l’Ucraina se la cavi benissimo con i sistemi di cui dispone attualmente. Infatti, circa due settimane fa, l’amministrazione Usa aveva annunciato il finanziamento di altri 18 Himars, portando il totale a oltre 30 sistemi di questo tipo. Il timore di fondo è che gli Atacams oltrepasserebbero una linea rossa agli occhi di Mosca, il che vedrebbe gli Stati Uniti diventare parte diretta del conflitto.

Le ipotesi sulla “prudenza” Usa

Le ragioni della prudenza di Washington sono molteplici e tradiscono certamente una divergenza di opinioni tra gli attori chiamati in causa (Dipartimenti, Casa Bianca, intelligence) aggravata da una presidenza tituba e temporeggiatrice. Le midterm si avvicinano e, sebbene la politica estera tendenzialmente non contribuisca a stravolgere i risultati elettorali americani, la Casa Bianca è molto cauta nel guidare gli Stati Uniti verso un potenziale pantano europeo. Biden ha ben altri grattacapi nelle prossime quattro settimane, dalle quali dipenderanno i prossimi due anni di presidenza. Resta pur vero che maneggiare la vicenda ucraina non è semplice per nessuno. Sebbene più di qualcuno gridi alla guerra “per procura”, gli Stati Uniti non ne hanno affatto bisogno dopo vent’anni di war on terror, due di pandemia e un’inflazione alle stelle. Ma una linea che passa per l’appoggio a Kiev senza entrare in guerra contro Mosca è quasi impossibile se sei gli Stati Uniti d’America. Nella logica di Washington, dunque, frenare gli entusiasmi di Kiev potrebbe servire a sfiammare l’ira della controparte. Ma se è davvero questo il gioco, il risultato appare due volte miserabile.

Vi è poi da dire che Kiev e Washington possiedono due livelli di pratica del warfare differenti. Per i primi la guerra è una novità nella storia recente, o almeno lo è stata fino al 2014. I secondi combattono al massimo livello di expertise da sempre. E ne padroneggiano tattica e strategia, nonché la comunicazione. Ma soprattutto, guardano all’altra parte dell’Atlantico con una freddezza che Kiev non può avere. Alla luce di questo, il freno a mano tirato della Casa Bianca risulta più che giustificato, almeno nella teoria.

Tra questi due “friends, not allies“, però, un difetto di comunicazione resta. Sempre il New York Times ha sottolineato più volte che gli americani sarebbero infastiditi dalla mancanza di trasparenza sui piani militari, soprattutto in territorio russo. Se il Pentagono e gli 007 americani hanno condiviso con gli ucraini informazioni sensibili sul campo di battaglia, la controparte non sempre ha comunicato le loro intenzioni ai funzionari americani.

La battaglia al Congresso

Un altro grande campo di battaglia è il Congresso Usa. Le levate di scudi a protezione di Kiev del febbraio scorso, che hanno scomodato il piano Marshall, lo sbarco in Normandia e perfino Norimberga, ora sembrano un’eco lontana. Un crescente coro di personalità di spicco ha cominciato a chiedersi: se le ricche nazioni europee, per giunta membri Nato, non hanno intenzione di finanziare adeguatamente una guerra in casa loro, perché l’America dovrebbe farlo?

ll Congresso, che maneggia i conti di Washington, alla lunga sta iniziando a diffidare delle ingenti somme a sostegno della guerra in Ucraina, che non dà segni di de-escalation. Ben presto, dunque, il blocco trasversale dei repubblicani+dixiecrats potrebbe porre il veto su questo finanziamento a oltranza. E dopo le midterm, qualora Biden ne uscisse sconfitto, sarà davvero difficile mantenere questo standard di elargizioni. Gli autori dell’ostruzionismo avranno sempre dalla loro un importante asso nella manica: rivangare il fantasma del 2% che agita la Nato e i rapporti tra le due sponde dell’Atlantico. Un’argomentazione sempre a buon mercato in grado di chiudere i rubinetti Usa all’ombrello su Kiev.

FONTE: https://it.insideover.com/guerra/dubbi-usa-sullappoggio-a-kiev-cosa-ce-dietro-la-frenata-di-washington.html

 

 

 

Così la dottrina navale di Xi prepara la Cina alla “guerra delle isole” con Taiwan

Sottomarini, portaerei e aerei da combattimento. Le recenti manovre effettuate dalla Cina hanno coinvolto forze aeree e marittime per centrare un duplice obiettivo ben preciso: migliorare il coordinamento dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) in caso di conflitto armato e, allo stesso tempo, incrementare la forza di proiezione cinese nel “cortile di casa” del Dragone.

Per quanto riguarda il primo punto, Pechino sa che, nonostante la sua impressionante modernizzazione navale degli ultimi due decenni, la Marina cinese non è ancora in grado di tener testa agli Stati Uniti in un’ ipotetica guerra marittima. E allora, per alleviare il gap con il Washington, il gigante asiatico intende puntare sul rafforzamento delle missioni congiunte tra portaereisottomarini, tra i quali troviamo il sottomarino missilistico balistico a propulsione nucleare Type 094A (SSBN) e il sottomarino da attacco nucleare Type 093 (SSN), altre navi da guerra e caccia, in primis i J-15. Del resto è soltanto oliando questi meccanismi che, in attesa di ulteriori innovazioni, la Cina può incrementare la cosiddetta forza di proiezione, termine impiegato per indicare la capacità di un Paese di condurre un’azione di spedizione in una zona lontana dal proprio territorio.

In un paper intitolato PLA Doctrine and the Employment of Sea-Based Airpower, l’analista Daniel Kostecka osserva che le portaerei cinesi rispondono alla necessità di “proiettare” la forza di Pechino contro le isole e le scogliere controllate dai nemici nel Mar Cinese. In che modo? Ad esempio, attaccando gli elementi rivali che rappresentano una minaccia per il trasporto marittimo, fornendo copertura aerea per le operazioni di atterraggio a lunga distanza oppure proteggendo le navi da sbarco anfibie e integrando gli assalti marittimi agli attacchi portati dall’aviazione. In termini concreti, una simile dottrina può tradursi nell’attacco cinese agli avamposti situati nel Mar Cinese Meridionale e alle isole in “prima linea” di Taiwan.

In un report firmato Lyle Goldstein e William Murray, e intitolato Undersea Dragons: China’s Maturing Submarine Force, viene evidenziato come la Cina consideri i suoi sottomarini alla stregua di una piattaforma asimmetrica da utilizzare contro la superiore potenza navale statunitense. Da questo punto di vista la dottrina dei sottomarini cinesi è sempre più orientata alla guerra antisommergibile (ASW), in linea con l’adagio che la migliore arma antisommergibile è rappresentata da un altro sottomarino. Non è da escludere che l’EPL possa sfruttare i sottomarini come “lupi solitari” per inseguire e affondare le portaerei statunitensi. Per Asia Times, il dispiegamento quasi simultaneo di sottomarini nucleari e portaerei cinesi potrebbe anche significare una spinta volta a integrare le due risorse in una formazione navale coerente, che i limiti tecnologici potrebbero aver precedentemente impedito.

L’importanza dei sottomarini

Il binomio sottomarino più portaerei è dunque imprescindibile per la Cina, soprattutto in questa fase militare dove il gap con gli Usa è ancora piuttosto marcato. C’è chi sostiene che gli SSN, come il Type 093, possano essere usati per supportare i gruppi di portaerei ma anche per raccogliere informazioni segrete ed eseguire attacchi con missili da crociera pre-abilitanti per aprire la strada agli aerei da trasporto o alle forze d’assalto anfibie. La chiave di qualunque successo passa tuttavia da un efficace sistema di comunicazione.

La Cina potrebbe aver già sviluppato la tecnologia per consentire ai suoi SSN di coordinarsi con i suoi gruppi da battaglia di portaerei, consentendo così il coordinamento tra le navi da guerra di superficie e i suddetti sottomarini. Lo scorso 17 settembre, il South China Morning Post riportava una notizia interessante. Alcuni ricercatori cinesi affermavano di aver sviluppato e testato una tecnologia di comunicazione subacquea nel Mar Cinese Meridionale che consentirebbe a sottomarini e droni di mantenere il contatto su oltre 30.000 chilometri quadrati.

Numericamente parlando, il confronto a distanza tra la flotta cinese e quella Usa sorride al Dragone. Anche perché la flotta degli Stati Uniti continua a sfoltirsi. Al momento Washington controlla 297 navi e conta di scendere a 280 entro il 2027, mentre la Cina ne conta 355 e punta ad arrivare a quota 460 entro il 2030. Pechino si affida a navi più piccole, è vero, ma intende presto lanciare nuove sorprese per ricalibrare i rapporti con Washington. I sottomarini potrebbero essere la classica ciliegina sulla torta.

La guerra delle isole

La dottrina navale cinese acquista ulteriore interesse se analizzata in concomitanza all’aumento delle tensioni nello Stretto di Taiwan. Da mesi, ormai, si susseguono voci di un possibile attacco cinese all’isola di Taiwan. È impossibile fornire certezze assolute, sia in un senso che nell’altro, ma, ad oggi, l’ipotesi di un’invasione dell’EPL a Taipei appare remota.

Nel caso però in cui Pechino volesse stringere i muscoli e rispondere agli Usa – dal canto loro intenzionati ad armare ulteriormente Taiwan – allora il Dragone potrebbe pensare di inglobare non il cuore della “provincia ribelle”, bensì le sue isolette più periferiche. Detto altrimenti, la Cina potrebbe sferrare un’offensiva mirata a prendere il controllo della periferia taiwanese, coincidente con le Isole Matsu, le Wuqiu e le Kinmen, letteralmente a pochi passi dalla costa cinese.

Perché mai la Cina dovrebbe mettere nel mirino queste isole minori? Per due ragioni. La prima e più importante: marciare a piccoli passi verso l’obiettivo finale in attesa di affinare la modernizzazione della propria flotta. La seconda: testare la reazione degli Stati Uniti, in modo tale da capire se l’ombrello aperto da Washington su Taipei è un bluff o meno.

Già, perché se in caso di offensiva cinese sugli obiettivi taiwanesi minori gli Usa non dovessero muovere un dito, allora Pechino dimostrerebbe al governo taiwanese che non esistono alleati disposti a sacrificarsi per la sua libertà. A quel punto il Dragone farebbe capire a Taiwan che la riunificazione sarebbe soltanto una questione di tempo.

FONTE: https://it.insideover.com/guerra/cosi-la-dottrina-navale-di-xi-prepara-la-cina-alla-guerra-delle-isole-con-taiwan.html

 

 

 

La Nato supera un’altra linea rossa (l’ultima rimasta?)

11 10 2022

Dai resoconti della telefonata di ieri tra Biden e Zelensky è emersa la volontà americana di fornire di missili antiaerei a lunga gittata l’Ucraina. Un’altra linea rossa dei russi è stata superata; hanno già detto da un pezzo che simili forniture spingono la Russia a considerare gli USA cobelligeranti nel conflitto ucraino. Siamo su un piano inclinato che porta sempre di più alla guerra aperta tra USA-NATO e Russia.
Ma la verità vera come sempre è celata: il tema di fondo è il Dollaro e il suo utilizzo come moneta di conto per gli scambi internazionali. La mossa dell’Opec di tagliare la produzione di petrolio presa l’altro giorno contro la volontà americana e l’annunciata visita del Sultano degli Emirati Arabi a Mosca certamente non aiutano a calmare le acque e rendono sempre più chiara la scelta di campo degli arabi in favore della Russia e l’abbandono del Dollaro.
Fino a quando non si risolverà questo problema non se ne esce. E se anche per miracolo si risolvesse la crisi ucraina, immediatamente gli americani darebbero fuoco a qualche altra polveriera.
Tutto il resto sono chiacchiere.

GIUSEPPE MASALA

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in “finanza etica”. Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), “Una semplice formalità” vincitore  della terza edizione del premio letterario “Città di Dolianova” e  pubblicato anche in Francia con il titolo “Une simple formalité” e un  racconto “Therachia, breve storia di una parola infame” pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che “Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_nato_supera_unaltra_linea_rossa_lultima_rimasta/29296_47544/

 

 

 

CULTURA

Le sette parti della notte Giorgio Agamben

Vi sono sette parti della notte: il vespro, il crepuscolo, il conticinio, l’intempesto, il gallicinio, il mattutino e il diluculo.

«Il vespro è così chiamato dalla stella occidentale, che segue subito il tramonto e precede le tenebre che seguono».

Il vespro è il tramonto dell’Occidente, annunciato da più di un secolo e pertanto ormai definitivamente compiuto. Siamo dunque nelle tenebre che seguono il tramonto, delle quali il crepuscolo è la prima figura. È singolare che da quando Spengler stilò la sua irrefragabile diagnosi nessuno fra i lettori più intelligenti ne abbia contestato la validità. Che l’Occidente fosse maturo per il tramonto era allora come oggi una sensazione diffusa, anche se, allora come oggi, si finge che tutto continui come prima. Pensare la fine, anche soltanto riuscire a rappresentarsela è infatti un compito arduo, per il quale ci mancano i termini adeguati. Gli antichi e i cristiani dei primi secoli, che aspettavano la fine del mondo come imminente, anche se incalcolabile, immaginavano una catastrofe senza precedenti, dopo la quale sarebbe iniziato un nuovo mondo – un nuovo cielo e una nuova terra. Il fatto è che pensare la fine come un evento puntuale, dopo il quale tutto – anche il tempo – cesserebbe, offre così poco al pensiero, che preferiamo immaginare senza rendercene conto una sorta di tempo supplementare, in cui noi – che pure ce lo rappresentiamo – non ci siamo. Spengler, per parte sua, pensava una morfologia della storia, nel quale a nascere e tramontare sono delle civiltà e, nel caso esemplare, l’Occidente, il cui tramonto avrebbe coinciso «con una fase della storia che abbraccerà diversi secoli e di cui noi stiamo attualmente vivendo il principio». L’ipotesi che vorrei suggerire è che l’Occidente include il tramonto non solo nel suo nome, ma anche nella sua stessa struttura – che esso sia, cioè, dal principio alla fine una civiltà vespertina.
Il vespro, la stella dell’Occidente, continua a splendere per tutta la notte che crediamo di stare attraversando e in cui invece dimoriamo; il tramonto – l’essere in ogni istante alla fine – è la condizione normale dell’uomo occidentale. Per questo la sua notte non aspetta diluculo né aurora. Ma il tramonto, la crisi interminabile che egli persegue e che usa come un arma letale che cerca con ogni mezzo di dominare, gli sta sfuggendo dalle mani e finirà per rivolgersi, come già sta avvenendo, contro di lui. La sicurezza è diventata la sua parola d’ordine perché l’Occidente ha cessato da un pezzo si sentirsi al sicuro.

II. Crepuscolo.

«Il crepuscolo è una luce dubbia. Creperum significa infatti l’essere in dubbio, cioè fra la luce e le tenebre».

Isidoro sta copiando un passo del trattato di Varrone sulla lingua latina, dove si legge che «le cose che si dicono creperae sono dubbie, così come al crepuscolo non si sa se sia ancora giorno o già notte». Da tempo siamo nel crepuscolo, da tempo siamo diventati incapaci di distinguere fra la luce e le tenebra – cioè fra verità e falso. Poiché chi non sa più a che punto si trova, chi è in dubbio fra il giorno e la notte nemmeno sa più che cosa è vero e che cosa è falso ed è questo dubbio che si vuole intrattenere a ogni costo negli animi e nelle menti. Il crepuscolo è diventato in questo senso, un paradigma di governo, forse il più efficace, che mobilità al suo servizio l’apparato dei media e dell’industria culturale. Così un’intera società vive nel crepuscolo, in dubbio sulla luce e la tenebra, sul vero e sul falso – fino a che il dubbio stesso si consuma e sparisce e una menzogna ripetuta a tal punto da non poter più essere distinta dalla verità istaura il suo disperato dominio in ogni ambito e in ogni ordine. Ma una vita che s’intenebra nella menzogna e mente costantemente a se stessa distrugge le sue stesse condizioni di sopravvivenza, non è più capace di percepire la luce, neppure il «tenue bagliore» di un fiammifero strofinato nella notte. Anche coloro che credevano di governare il crepuscolo non sanno più che cosa è vero e che cosa è falso, dov’è il buio e dov’è la luce; e anche se qualcuno si ostina a testimoniare della luce, di quella luce che è la vita stessa degli uomini, non possono ascoltarlo. E se una menzogna diventata assoluta è quella condizione in cui non è più possibile la speranza, il nostro tempo vespertino e crepuscolare è in ogni senso disperato.

III. Conticinio.

«Il conticinio è quando tutti tacciono. Conticiscere significa infatti tacere».

Perché avete taciuto? Che i tempi fossero oscuri, che il crepuscolo regnasse in ogni luogo non basterà a giustificarvi. Perché avete taciuto? Anche se non riuscivate più a distinguere la luce dalle tenebre, almeno questo avreste dovuto dirlo, dovevate almeno gridare nel crepuscolo, nell’ora incerta fra cane e lupo. Il vostro non era il silenzio di chi sa di non poter essere ascoltato, di chi nell’universale menzogna ha qualcosa da dire e per questo si fa avanti e tace. Il vostro era il silenzio connivente di chi nella notte tace perché così fanno tutti. «È vero – direte – era ingiusto, ma ho taciuto, perché tutti tacevano». Eppure la menzogna parlava e voi l’avete ascoltata. E il vostro silenzio copriva anche la voce di chi nonostante tutto provava a parlare, a far uscire dal suo mutismo la terza parte della notte.

IV. Intempesto.

«L’ intempesto è un tempo della notte che sta nel mezzo ed è inoperoso, quando nessuna azione è possibile e tutte le cose sono acquietate nel sopore. Il tempo, infatti, non è intellegibile per sé, ma solo attraverso le azioni degli uomini. Il mezzo della notte manca di azione. Intempestiva è la notte inattiva, quasi senza tempo, cioè senza l’azione attraverso la quale si conosce il tempo; per questo si dice: sei venuto intempestivamente».

Il tempo che misuriamo con tanta cura in sé non esiste, diventa conoscibile, diventa qualcosa che possiamo avere soltanto attraverso le nostre azioni. Se ogni agire è sospeso, se nulla deve più accadere, allora non abbiamo più tempo, consegnati alla falsa quiete di un sopore senza sogni né gesti. Non abbiamo più tempo, perché nella notte in cui siamo immersi il tempo ci è diventato inconoscibile e le potenze del mondo ci mantengono con ogni mezzo in questa notte intempesta, «quasi senza tempo, cioè senza l’azione attraverso la quale si conosce il tempo». «Quasi» senza tempo, perché l’astratto tempo lineare – il tempo cronologico che divora se stesso – è in realtà presente, ma per definizione non possiamo averlo. Per questo dobbiamo costruire musei in cui mettere il passato e, come oggi sempre più spesso avviene, perfino il presente.
Ciò che manca è il kairos, che gli antichi raffiguravano come un giovane alato che corre in bilico su una sfera, con la nuca calva che non lascia presa a chi cerca di agguantarlo mentre passa. Sulla fronte ha un folto ciuffo e in mano stringe un rasoio. Afferrare l’attimo è possibile solo per chi gli si pone improvvisamente di fronte, con un gesto deciso lo prende per il ciuffo e arresta la sua corsa irreale. Questo gesto è il pensiero, il cui scopo è afferrare nella notte il tempo che manca. Il suo gesto è intempestivo, perché arresta e interrompe ogni volta il corso del tempo. Di qui l’inattesa conclusione: «sei venuto intempestivamente ( intempestivum venisti)». Volgendo l’intempestività contro se stessa, Il pensiero ferma e sorprende il tempo nella notte «quasi senza tempo». E questo gesto del pensiero, tagliente come un rasoio, è l’agire politico primevo, che apre la possibilità di tutte le azioni proprio quando a metà della notte ogni azione sembrava impossibile.

 

V. Gallicinio.

«Il gallicinio è così chiamato perché i galli annunciano la luce».

Il canto del gallo non annuncia l’aurora. Il suo – se l’ascoltate con attenzione – è l’urlo affranto di chi veglia nella notte e fino all’ultimo non sa se verrà il giorno. Per questo il suo canto – o, piuttosto, il suo grido – si rivolge proprio a noi, che come lui vegliamo nel buio e come lui chiediamo: «a che punto è la notte?». Il grido del gallo è, come il nostro, soltanto una sonda gettata nelle tenebre non per misurarne il fondo – non sarebbe possibile – ma per sostenere e quasi calibrare la nostra veglia, di cui non conosciamo la durata. E in questo vi è qualcosa come una piccola luce, una scintilla nel buio.

III. Conticinio.

«Il conticinio è quando tutti tacciono. Conticiscere significa infatti tacere».

Perché avete taciuto? Che i tempi fossero oscuri, che il crepuscolo regnasse in ogni luogo non basterà a giustificarvi. Perché avete taciuto? Anche se non riuscivate più a distinguere la luce dalle tenebre, almeno questo avreste dovuto dirlo, dovevate almeno gridare nel crepuscolo, nell’ora incerta fra cane e lupo. Il vostro non era il silenzio di chi sa di non poter essere ascoltato, di chi nell’universale menzogna ha qualcosa da dire e per questo si fa avanti e tace. Il vostro era il silenzio connivente di chi nella notte tace perché così fanno tutti. «È vero – direte – era ingiusto, ma ho taciuto, perché tutti tacevano». Eppure la menzogna parlava e voi l’avete ascoltata. E il vostro silenzio copriva anche la voce di chi nonostante tutto provava a parlare, a far uscire dal suo mutismo la terza parte della notte.

IV. Intempesto.

«L’ intempesto è un tempo della notte che sta nel mezzo ed è inoperoso, quando nessuna azione è possibile e tutte le cose sono acquietate nel sopore. Il tempo, infatti, non è intellegibile per sé, ma solo attraverso le azioni degli uomini. Il mezzo della notte manca di azione. Intempestiva è la notte inattiva, quasi senza tempo, cioè senza l’azione attraverso la quale si conosce il tempo; per questo si dice: sei venuto intempestivamente».

Il tempo che misuriamo con tanta cura in sé non esiste, diventa conoscibile, diventa qualcosa che possiamo avere soltanto attraverso le nostre azioni. Se ogni agire è sospeso, se nulla deve più accadere, allora non abbiamo più tempo, consegnati alla falsa quiete di un sopore senza sogni né gesti. Non abbiamo più tempo, perché nella notte in cui siamo immersi il tempo ci è diventato inconoscibile e le potenze del mondo ci mantengono con ogni mezzo in questa notte intempesta, «quasi senza tempo, cioè senza l’azione attraverso la quale si conosce il tempo». «Quasi» senza tempo, perché l’astratto tempo lineare – il tempo cronologico che divora se stesso – è in realtà presente, ma per definizione non possiamo averlo. Per questo dobbiamo costruire musei in cui mettere il passato e, come oggi sempre più spesso avviene, perfino il presente.
Ciò che manca è il kairos, che gli antichi raffiguravano come un giovane alato che corre in bilico su una sfera, con la nuca calva che non lascia presa a chi cerca di agguantarlo mentre passa. Sulla fronte ha un folto ciuffo e in mano stringe un rasoio. Afferrare l’attimo è possibile solo per chi gli si pone improvvisamente di fronte, con un gesto deciso lo prende per il ciuffo e arresta la sua corsa irreale. Questo gesto è il pensiero, il cui scopo è afferrare nella notte il tempo che manca. Il suo gesto è intempestivo, perché arresta e interrompe ogni volta il corso del tempo. Di qui l’inattesa conclusione: «sei venuto intempestivamente ( intempestivum venisti)». Volgendo l’intempestività contro se stessa, Il pensiero ferma e sorprende il tempo nella notte «quasi senza tempo». E questo gesto del pensiero, tagliente come un rasoio, è l’agire politico primevo, che apre la possibilità di tutte le azioni proprio quando a metà della notte ogni azione sembrava impossibile.

 

V. Gallicinio.

«Il gallicinio è così chiamato perché i galli annunciano la luce».

Il canto del gallo non annuncia l’aurora. Il suo – se l’ascoltate con attenzione – è l’urlo affranto di chi veglia nella notte e fino all’ultimo non sa se verrà il giorno. Per questo il suo canto – o, piuttosto, il suo grido – si rivolge proprio a noi, che come lui vegliamo nel buio e come lui chiediamo: «a che punto è la notte?». Il grido del gallo è, come il nostro, soltanto una sonda gettata nelle tenebre non per misurarne il fondo – non sarebbe possibile – ma per sostenere e quasi calibrare la nostra veglia, di cui non conosciamo la durata. E in questo vi è qualcosa come una piccola luce, una scintilla nel buio.

VI. Mattutino.

«Il mattutino è fra il dileguare delle tenebre e l’avvento dell’aurora. È detto mattutino perché è il tempo del mattino incipiente».

Fra tenebre e luce. Come il vespro era fra la luce e le tenebre. Inchoante mane, il mattino incipiente: mane è il neutro dell’aggettivo manis, che significa «buono» e applicato al tempo vale «di buon ora». Il mattino è per eccellenza «l’ora buona», così come i greci chiamavano «buona» ( phos agathos) la prima luce. «Maturo» è ciò che avviene al momento buono e Matuta, la dea del mattino, era per i latini per eccellenza la dea buona. Mattutino è il pensiero nel suo nascere, prima che si fissi nel giro delle formule e delle parole d’ordine. Conviene, al mattino, non aver fretta, indugiare nell’ora buona, concederle tutto il tempo di cui ha bisogno. Per questo nel nostro mondo tutto cospira invece per abbreviare la buon’ora e togliere tempo al risveglio. Perché il risveglio è il tempo del pensiero, in bilico fra il buio e la luce, fra il sogno e la ragione. E al pensiero – al mattutino – si cerca in tutti i modi di togliere tempo, così che oggi molti sono desti, ma non svegli, lustri, ma non lucidi. In una parola: pronti a servire.

 

VII. Dilucolo.

«Dilucolo, quasi piccola luce incipiente del giorno. È l’aurora, che precede il giorno».

Questa «piccola luce» per ora possiamo soltanto immaginarla. Il dilucolo, l’aurora, è l’immaginazione che accompagna sempre il pensiero e gli impedisce di disperare anche nei tempi più barbari e oscuri. Non perché «ci sono molte aurore che devono ancora risplendere», ma perché non aspettiamo più alcuna aurora. Compieta, completa è l’ultima ora canonica e per noi ogni ora è compieta, è l’ultima ora. In essa le sette parti della notte coincidono, sono in verità una sola ora. E colui per il quale ogni istante è l’ultimo non può essere catturato nei dispositivi del potere, che hanno sempre bisogno di supporre un futuro. Il futuro è il tempo del potere, compieta – l’ultima ora, la buona – è il tempo del pensiero.

 

16 settembre 2022
Giorgio Agamben

FONTE: https://forum.comedonchisciotte.org/opinioni/le-sette-parti-della-notte-giorgio-agamben/

 

 

 

Caravaggio, cazzotti e genialità: Orazio Gentileschi

Se Caravaggio è ormai conosciuto pressoché da chiunque, sia per la propria zingaresca vita sia per le grandi opere da lui dipinte, di certo molti meno sapranno che egli non era solo nelle sue scorribande della Roma tra la fine del Cinquecento e i primi anni del Seicento. Con lui vi erano altri artisti, altrettanto inclini alla zuffa e al postribolo, e uno di essi è proprio l’oggetto del bel saggio scritto su di lui da Maurizia Tazartes, intitolato Orazio Gentileschi “astratto e superbo toscano” (Mauro Pagliai Editore, pp.176, Euro 16).

Un testo estremamente preciso, dettagliato e documentato, arricchito da un buon apparato iconografico, che affronta con perizia per nulla didascalica la vita del padre della più nota pittrice Artemisia.

L’affresco del XVII secolo che ci viene dato da Maurizia Tazartes, storica dell’arte, è efficace e puntuale, sino all’ipotesi assolutamente verosimile di un Orazio Gentileschi “agente segreto” nelle grandi corti europee e nella Londra del Primo Barocco. Una monografia ricca e completa su uno degli artisti più interessanti e meno conosciuti del periodo caravaggesco, che ha il pregio di ampliare l’immensa tela dipinta di luci e ombre di un mondo così vicino al nostro.

Orazio Gentileschi si muove dunque nel teatrale mondo della Roma d’inizio secolo XVII al servizio dei potenti, cardinali e principi, spesso insieme con Onorio Longhi e Michelangelo Merisi, non soltanto dipingendo ma più spesso per insolite avventure tra i bassifondi della città e la Curia, ottenendo plauso per le proprie opere e sdegno per la vita scellerata. Così in questo mondo variegato, dove tutto sembra e niente è, Orazio dipinge la propria vita passando di corte in corte, conquistandosi un nome dopo la scomparsa di Caravaggio e divenendo uno degli astri artistici a lui successivi e più duraturi fino a essere chiamato a operare in terre straniere. Gentileschi è un carattere complesso, che la Tazartes però delinea con dovizia di particolari e attenta cura di ricercatrice, accompagnandolo – e noi con lui – lungo l’arco della sua vita, prima all’ombra corrusca di Caravaggio, e poi sotto quella di artemisia, sino al suo epilogo, lontano nel tempo ma così vicino alla nostra sensibilità contemporanea.

Pittore, saggista e conferenziere, controcorrente, pensatore libero rigorosamente demodè. Studioso d’Arte, di Miti, Simboli ed Ermetismo nella Tradizione Europea; vive a Roma, con sua moglie archeologa e un gatto certosino di nome Conner, occupandosi di cose superflue come la Bellezza, la Letteratura Fantastica e la scherma antica.
FONTE: https://www.ilgiornaleoff.it/2016/07/13/tra-le-scorribande-con-caravaggio-e-la-genialita-orazio-gentileschi/

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

ADRIEN BOCQUET

Laura Ru

 

https://dissidentofficiel.com/adrien-bocquet-dans-les-incorrectibles-parce-que-jai-dit-la-verite-sur-ce-que-jai-vu-en-ukraine-je-suis-menace-de-mort-video-complete/

Adrien Bocquet, reporter indipendente francese, ieri è stato accoltellato a Istanbul. La polizia turca, che sta indagando sul tentato omicidio, ritiene che gli aggressori siano ucraini e si siano coordinati attraverso un canale Telegram di neonazisti.

Bocquet aveva lavorato in Donbass come volontario e giornalista ed era da tempo nel mirino dei servizi ucraini (“Adrian Boke” sulla kill list di Mirotvoretz). Oltre a ripetute minacce di morte aveva ricevuto proiettili di Kalashnikov per posta.

In primavera aveva trascorso tre settimane nel territorio controllato da Kiev. A Bucha aveva affermato di aver visto l’esercito ucraino portare i corpi dei morti e disporli per strada.

Successivamente Adrien si era recato nel Donbass, dove aveva filmato per RT le conseguenze degli attacchi ucraini, attacchi compiuti contro Donetsk con sistemi di artiglieria francese “Caesar”. Intervistato dal programma televisivo russo Soloviev Live ha chiesto in diretta asilo politico in Russia poiché’ la sua vita sarebbe in pericolo se ritornasse in Francia.

 

FONTE: https://www.facebook.com/asja.lacis.5/posts/pfbid0iQSift9FavVc211v8VsYDtrdnewWjkWS9E1t8tfXStUfP7M4SThxXNcqZteZD7jQl

Il ruolo inglese nell’attacco terroristico al Ponte di Crimea e il fattore “Generale Armageddon”

11 10 2022

La narrazione occidentale di una “Russia perdente” è stata appena decimata dalla guerra lampo di Mosca contro l’Ucraina e dalle operazioni terroristiche sostenute dall’estero.

di Pepe Escobar – The Cradle

[Traduzione di Nora Hoppe]

 

L’attacco terroristico al Krymskiy Most – il ponte di Crimea – è stata la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso in Eurasia.

Il Presidente russo Vladimir Putin lo ha riassunto in modo chiaro“Questo è un attacco terroristico che mira a distruggere le infrastrutture civili critiche della Federazione Russa.”

Il capo del Comitato Investigativo russo, Alexander Bastrykin, ha confermato a tu per tu con Putin che il Terrore sul Ponte è stato compiuto dall’SBU, i servizi speciali ucraini.

Bastrykin ha detto a Putin: “Abbiamo già stabilito il percorso del camion, dove è avvenuta l’esplosione. Bulgaria, Georgia, Armenia, Ossezia del Nord, Krasnodar… I vettori sono stati identificati. Con l’aiuto di agenti dell’FSB, siamo riusciti a identificare i sospetti.”

L’intelligence russa ha fatto trapelare informazioni cruciali al corrispondente militare Alexander Kots. Il carico è stato ordinato da un cittadino ucraino: gli esplosivi imballati in 22 pallet, in rotoli di pellicola sotto involucro di plastica, sono stati spediti dalla Bulgaria al porto georgiano di Poti. Successivamente, il carico è stato caricato su un camion con targa straniera e ha proseguito via terra verso l’Armenia.

Lo sdoganamento al confine tra Armenia e Russia è avvenuto senza problemi, secondo le regole dell’Unione doganale eurasiatica (sia la Russia che l’Armenia sono membri dell’Unione economica eurasiatica, o EAEU). Il carico ha evidentemente evitato il rilevamento ai raggi X. Questo percorso è standard per i camionisti che si recano in Russia.

Il camion è poi rientrato in Georgia e ha attraversato nuovamente il confine con la Russia, ma questa volta attraverso il checkpoint di Upper Lars. È lo stesso utilizzato da migliaia di russi in fuga dalla mobilitazione parziale. Il camion è finito ad Armavir, dove il carico è stato trasferito su un altro camion, sotto la responsabilità di Mahir Yusubov: quello che è entrato nel ponte della Crimea provenendo dal continente russo.

Molto importante: il trasporto da Armavir a un indirizzo di consegna a Simferopol sarebbe dovuto avvenire il 6-7 ottobre, ovvero in concomitanza con il compleanno del presidente Putin, venerdì 7. Per qualche inspiegabile motivo, il trasporto è stato posticipato di un giorno.

L’autista del primo camion sta già testimoniando. Yusubov, l’autista del secondo camion – che è esploso sul ponte – era “cieco”: non aveva idea di cosa stesse trasportando, ed è morto.

A questo punto, due conclusioni sono fondamentali.

La prima: Non si è trattato di un normale attentato suicida su camion in stile ISIS – l’interpretazione preferita all’indomani dell’attacco terroristico.

Secondo: l’imballaggio è avvenuto sicuramente in Bulgaria. Questo, come ha fatto intendere in modo criptico l’intelligence russa, indica il coinvolgimento di “servizi speciali stranieri”.

“Un miraggio di causa ed effetto”

 

Ciò che è stato rivelato pubblicamente dall’intelligence russa racconta solo una parte della storia. Una valutazione incandescente ricevuta da The Cradle da un’altra fonte di intelligence russa è molto più intrigante.

Nell’esplosione sono stati impiegati almeno 450 kg di esplosivo. Non sul camion, ma montati all’interno della campata del ponte di Crimea. Il camion bianco era solo un’esca dei terroristi “per creare un miraggio di causa ed effetto”. Quando il camion ha raggiunto il punto del ponte in cui era stato montato l’esplosivo, è avvenuta l’esplosione.

Secondo la fonte, i dipendenti delle ferrovie hanno riferito agli investigatori che si è trattato di una forma di dirottamento elettronico; gli operatori terroristici hanno preso il controllo della ferrovia in modo che il treno che trasportava carburante ricevesse l’ordine di fermarsi a causa di un falso segnale che indicava che la strada da percorrere era occupata.

Le bombe montate sulle campate dei ponti sono state un’ipotesi di lavoro ampiamente dibattuta nei canali militari russi durante il fine settimana, così come l’uso di droni subacquei.

Alla fine, il piano piuttosto sofisticato non ha potuto seguire una tempistica necessariamente rigida. Non c’è stato un allineamento millimetrico tra le cariche esplosive montate, il camion in transito e il treno di carburante fermo sulle sue tracce. I danni sono stati limitati e facilmente contenuti. La combinazione cariche/camion è esplosa sulla corsia esterna destra della strada. I danni sono stati solo su due sezioni della corsia esterna e non molto sul ponte ferroviario.

Alla fine, il Terrore sul Ponte ha prodotto una breve Vittoria di Pirro nelle PR –  debitamente celebrata in tutto l’Occidente collettivo – con un successo pratico trascurabile: il trasferimento dei carichi militari russi per ferrovia è ripreso in circa 14 ore.

E questo ci porta all’informazione chiave nella valutazione delle fonti di intelligence russe: il “whodunnit” [il colpevole].

Si trattava di un piano dell’MI6 britannico, dice questa fonte, senza offrire ulteriori dettagli… che, per una serie di ragioni, l’intelligence russa preferisce offuscare chiamandoli “servizi speciali stranieri”.

È piuttosto significativo che gli americani si siano affrettati a stabilire una negazione plausibile. Il proverbiale “funzionario del governo ucraino” ha detto al Washington Post, portavoce della CIA, che è stato l’SBU. Si tratta di una conferma diretta di un rapporto dell’Ukrainska Pravda basato su un “funzionario delle forze dell’ordine non identificato”.

 

La perfetta tripletta della linea rossa

 

Già durante il fine settimana era chiaro che la linea rossa definitiva era stata superata. L’opinione pubblica e i media russi erano furiosi. Per quanto sia una meraviglia ingegneristica, Krymsky Most non rappresenta solo un’infrastruttura critica, ma anche il simbolo visivo del ritorno della Crimea alla Russia.

Inoltre, si è trattato di un attacco terroristico personale a Putin e all’intero apparato di sicurezza russo.

Così abbiamo avuto, in sequenza, i terroristi ucraini che hanno fatto esplodere l’auto di Darya Dugina in un sobborgo di Mosca (lo hanno ammesso); le forze speciali statunitensi e britanniche che hanno (parzialmente) fatto esplodere Nord Stream e Nord Stream 2 (lo hanno ammesso e poi ritrattato); e l’attacco terroristico a Krymsky Most (ancora una volta: lo hanno ammesso e poi ritrattato).

Per non parlare del bombardamento dei villaggi russi a Belgorod, della fornitura di armi a lungo raggio a Kiev da parte della NATO e dell’esecuzione di routine di soldati russi.

Darya Dugina, Nord Streams e il Ponte di Crimea ne fanno una tripletta di Atti di Guerra. Questa volta, quindi, la risposta è stata inevitabile – senza nemmeno aspettare la prima riunione da febbraio del Consiglio di sicurezza russo, prevista per il pomeriggio del 10 ottobre.

Mosca ha lanciato la prima ondata del “Colpisci e Terrorizza” russo senza nemmeno cambiare lo status dell’Operazione Militare Speciale (SMO) in Operazione Antiterroristica (CTO), con tutte le sue gravi implicazioni militari/legali.

Dopotutto, anche prima della riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’opinione pubblica russa era massicamente favorevole a togliere i guanti. Putin non aveva nemmeno programmato incontri bilaterali con nessuno dei membri. Fonti diplomatiche lasciano intendere che la decisione di far calare il martello era già stata presa nel fine settimana.

“Colpisci e Terrorizza” non ha atteso l’annuncio di un ultimatum all’Ucraina (che potrebbe arrivare tra qualche giorno); una dichiarazione ufficiale di guerra (non necessaria); e nemmeno l’annuncio di quali “centri decisionali” in Ucraina sarebbero stati colpiti.

La fulminea metastatizzazione de facto della OMS in CTO (Counter Terrorist Operation – operazione antiterrorismo) significa che il regime di Kiev e coloro che lo sostengono sono ora considerati obiettivi legittimi, proprio come l’ISIS e Jabhat al-Nusra durante l’operazione antiterrorismo (ATO – Anti-Terror Operation) in Siria.

E il cambiamento di status – ora questa è una vera e propria guerra al terrore – significa che la priorità assoluta è la fine di tutti i filoni del terrorismo, fisico, culturale, ideologico, e non la sicurezza dei civili ucraini. Durante la OMS, la sicurezza dei civili era fondamentale. Persino le Nazioni Unite sono state costrette ad ammettere che in oltre sette mesi di OMS il numero di vittime civili in Ucraina è stato relativamente basso.

 

Entra in scena il “Comandante “Armageddon”

Il volto del “Colpisci e Terrorizza” russo è il Comandante delle Forze Aerospaziali russe, il Generale dell’Esercito Sergey Surovikin: il nuovo comandante in capo della OMS /CTO, ora totalmente centralizzata.

Le domande sono state poste senza sosta: perché Mosca non ha preso questa decisione già a febbraio? Beh, meglio tardi che mai. Kiev si sta rendendo conto di aver sbagliato persona. Surovikin è ampiamente rispettato – e temuto: il suo soprannome è “Generale Armageddon”. Altri lo chiamano “Cannibale”. Il leggendario presidente ceceno Ramzan Kadyrov – anch’egli colonnello generale dell’esercito russo – ha elogiato Surovikin come “un vero generale e guerriero, un comandante esperto, volitivo e lungimirante”.

Surovikin è stato comandante delle Forze aerospaziali russe dal 2017; è stato insignito del titolo di Eroe della Russia per la sua guida senza fronzoli dell’operazione militare in Siria; e ha avuto un’esperienza sul campo in Cecenia negli anni Novanta.

Surovikin è il dottor Colpisci e Terrorizza con piena carta bianca. Ciò ha reso persino vane le speculazioni secondo cui il ministro della Difesa Sergei Shoigu e il capo dello Stato Maggiore Valery Gerasimov sarebbero stati rimossi o costretti a dimettersi, come ipotizzato dal canale Telegram Grey Zone del gruppo Wagner.

È ancora possibile che Shoigu – ampiamente criticato per le recenti battute d’arresto militari russe – possa essere sostituito dal governatore di Tula Alexei Dyumin e Gerasimov dal vice comandante in capo delle forze di terra, il tenente generale Alexander Matovnikov.

Ma questo è quasi irrilevante: tutti gli occhi sono puntati su Surovikin.

L’MI6 ha alcune talpe ben piazzate a Mosca, relativamente. I britannici avevano avvertito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e lo Stato Maggiore che i russi avrebbero lanciato un “attacco di avvertimento” questo lunedì.

Quello che è successo non è stato un “attacco di avvertimento”, ma una massiccia offensiva di oltre 100 missili da crociera lanciati “dall’aria, dal mare e dalla terra“, come ha osservato Putin, contro le “strutture energetiche, di comando militare e di comunicazione” ucraine.

L’MI6 ha anche osservato che “il prossimo passo” sarà la completa distruzione delle infrastrutture energetiche dell’Ucraina. Non è un “prossimo passo”: sta già accadendo. La fornitura di energia elettrica è completamente assente in cinque regioni, tra cui Leopoli e Kharkov, e ci sono gravi interruzioni in altre cinque, tra cui Kiev.

Oltre il 60% delle reti elettriche ucraine è già fuori uso. Oltre il 75% del traffico internet è scomparso. La guerra netcentrica Starlink di Elon Musk è stata “scollegata” dal Ministero della Difesa.

Colpisci e Terrorizza progredirà probabilmente in tre fasi.

Primo: sovraccarico del sistema di difesa aerea ucraino (già in funzione).

Secondo: sprofondare l’Ucraina nei Secoli Bui (già in corso).

Terzo: distruzione di tutte le principali installazioni militari (la prossima ondata).

L’Ucraina sta per abbracciare un’oscurità quasi totale nei prossimi giorni. Dal punto di vista politico, questo apre una partita completamente nuova. Considerando l'”ambiguità strategica” che contraddistingue Mosca, potrebbe trattarsi di una sorta di “Desert Storm” rimescolata (massicci attacchi aerei che preparano un’offensiva di terra); oppure, più probabilmente, di un “incentivo” per costringere la NATO a negoziare; o ancora di un’implacabile e sistematica offensiva missilistica mista a guerra elettronica (Electronic Warfare – EW) per distruggere definitivamente la capacità di Kiev di fare la guerra.

O potrebbe essere tutto questo.

Come un Impero occidentale umiliato possa alzare la posta in gioco ora, a meno di passare al nucleare, rimane una domanda chiave. Mosca ha mostrato un’ammirevole moderazione per troppo tempo. Nessuno dovrebbe mai dimenticare che nel vero Grande Gioco – come coordinare l’emergere del mondo multipolare – l’Ucraina è solo un mero spettacolo secondario. Ma ora è meglio che i partecipanti allo spettacolo secondario corrano al riparo, perché il generale Armageddon è a briglia sciolta.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_ruolo_inglese_nellattacco_terroristico_al_ponte_di_crimea_e_il_fattore_generale_armageddon/45289_47541/

 

 

 

DIRITTI UMANI

VIDEO. Ingresso vietato agli ebrei in un negozio ucraino

La Redazione de l’AntiDiplomatico 30 09 2022

Ingresso vietato ad ebrei in un negozio di un paese europeo. La notizia non fa il giro del mondo perché avviene in quell’Ucraina che, dal golpe del 2014, ha mostrato connotati chiaramente neo-nazisti.

Negato l’accesso ad un supermercato situato in una città al confine tra Ucraina e Polonia a centinaia di ebrei, che sono rimasti bloccati prima della celebrazione settimanale dello shabbat. Qui di seguito il video.

https://twitter.com/i/status/1575458827104927745

Ecco, immaginate se una scena del genere provenisse dall’Iran. Sarebbe scattato subito il riferimento ai tempi dei divieti agli ebrei di entrare nei negozi all’epoca della Germania nazista. Ormai, non si tratta nemmeno di fare più riferimenti storici e richiami alla Memoria, i nazisti li abbiamo in Europa e armati dai paesi pseudo-democratici della NATO, guidati dagli USA.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-video_ingresso_vietato_agli_ebrei_in_un_negozio_ucraino/45289_47453/

 

 

 

ECONOMIA

Draghi o non Draghi, resta la gabbia dell’eurozona

Thomas Fazi – 21 07 2022

Che Draghi se ne vada a casa è ovviamente una buona notizia. A voler essere generosi anche il rifiuto del Parlamento di concedergli “pieni poteri” può essere salutato positivamente da un punto di vista prettamente simbolico. Ciò detto, si tratta più che altro di teatro.

Draghi o non Draghi, finché non verrà messa in discussione l’architettura dell’eurozona, il paese rimarrà comunque eterodiretto dall’esterno, indipendentemente da chi andrà al governo. In un certo senso Draghi, ieri, con la sua richiesta di pieni poteri, ha cercato di formalizzare questo dato di fatto e i partiti non l’hanno accettato, come se, incapaci di fare i conti con la dissonanza cognitiva tra assetto istituzionale formale e assetto istituzionale “reale” del nostro paese, abbiano voluto per un breve istante convincere se stessi – ma forse più che altro noialtri – di contare ancora qualcosa.

Ma la verità è che nella sostanza cambierà ben poco e i primi a non poterlo ammettere sono proprio i partiti stessi. In ultima analisi, il nostro vero dramma è quello di avere una classe politica che al massimo si accontenta di cacciare il secondino di turno – nella speranza di prendere il suo posto – invece di porsi il problema di come uscire dal carcere.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-draghi_o_non_draghi_resta_la_gabbia_delleurozona/33535_46923/

 

 

 

DA OLIVETTI A TAVARES

Rosanna Spadini 14 08 2022

 

Adriano #Olivetti diceva che «nessun dirigente, neanche il più alto in grado, deve guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario più basso». In quegli anni di boom economico per il nostro Paese, l’amministratore delegato della Fiat Vittorio Valletta guadagnava 12 volte un operaio. L’ultimo stipendio di Sergio #Marchionne a Fca nel 2017 fu 9,7 milioni di euro: 437 volte quello di un metalmeccanico. Stiamo parlando cifre lorde, dove la remunerazione di un top manager è composta da quota fissa e quota variabile, in parte legata ai risultati, alle quali si aggiungono spesso le stock option e la buonuscita quando se ne va. Decisioni che vengono prese dal Cda o dall’assemblea dei soci all’atto della nomina.

Oggi l’azienda si chiama Stellantis, e nel 2021 l’ad Carlos #Tavares ha percepito 19,10 milioni di euro: stipendio giustificato dai risultati (+14% dei ricavi), ma pesantemente criticato dallo Stato francese che detiene il 6,1% del gruppo e bocciato il 13 aprile 2022 dal voto consultivo del 52% dei soci. Tavares prende più del doppio di Herbert Diess, capo del Gruppo Volkswagen (circa 8 milioni di euro), e il quadruplo di Oliver Zipse di Bmw (5,3 milioni) e di Ola Källenius di Mercedes-Benz (5,9 milioni). Guadagna sulla carta 758 volte un suo metalmeccanico. Sulla carta perché la ex-Fiat fa un massiccio uso della cassaintegrazione che da una parte diminuisce lo stipendio reale degli operai e dall’altra migliora gli utili dell’azienda. Marco Tronchetti Provera incassa 8,1 milioni (296 volte quello di un operaio Pirelli), grazie a un utile passato da 44 a 216,6 milioni. L’operaio però non ha beneficiato di quell’utile che ha contribuito a creare e, infatti, il suo stipendio medio è rimasto tale e quale: 27.374 euro.

 

FONTE: https://www.facebook.com/rosanna.spadini/posts/pfbid0hVuzydkksrkHfHSrt55dLLNbeVFW1SMJBHydjgnwGnENxes2tfYDsJraWss66Uafl

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Credit Suisse e Deutsche Bank sono sull’orlo del collasso? Cosa sta succedendo?

La Redazione de l’AntiDiplomatico – 4 10 2022

Credit Suisse, una delle più grandi banche al mondo e seconda solo a UBS in Svizzera, si trova in un “momento critico”. Lo afferma in una nota del CEO di Credit Suisse Ulrich Koerner, secondo quanto riportato dal portale finanziario TheStreet.

“Sono consapevole che ci sono molte incertezze e speculazioni sia all’interno che all’esterno della banca“, ha affermato Koerner. Secondo il dirigente del colosso svizzero, questo è un “momento critico” per la banca e le voci e le speculazioni aumenteranno.

Durante l’estate, il presidente del Credit Suisse Axel Lehmann ha nominato Körner amministratore delegato con il mandato di revisionare la banca, che negli ultimi anni ha subito uno scandalo di spionaggio aziendale, chiusure di fondi di investimento, perdite commerciali record e una serie di cause legali.

Questi scandali hanno riacceso la speculazione secondo cui il Credit Suisse fallirà o si fonderà con la rivale UBS. Secondo Business Insider, un anno fa Credit Suisse aveva una capitalizzazione di mercato di 22,3 miliardi di dollari, mentre ora ha un valore di mercato di 10,4 miliardi di dollari.

Gli scandali

Nel 2021, diversi scandali si sono praticamente susseguiti senza soluzione di continuità, causando perdite multimiliardarie alla banca e compromettendo la reputazione di Credit Suisse. Il primo è legato al fallimento della società britannica Greensill, fondata nel 2011 e specializzata nel concedere prestiti alle imprese e nel convertire i loro debiti in titoli finanziari che rivendeva agli investitori.

Tuttavia, questi ultimi, tra cui Credit Suisse, hanno iniziato a dubitare dei valori reali dei debiti e alla fine hanno abbandonato Greensill, che ha presentato istanza di fallimento nel marzo 2021. Fino a quel momento, la banca svizzera aveva investito 10 miliardi di dollari dei propri clienti nei prodotti della società britannica.

Il secondo scandalo è scoppiato nella primavera del 2021 e ha coinvolto Archegos Capital Management. Il suo fondatore, Bill Hwang, è un investitore sudcoreano con sede a New York, la cui società Tiger Asia è poi diventata Archegos dopo essere stata accusata di insider trading nel 2012. Alla fine Hwang ha convinto le banche, tra cui il Credit Suisse, a prestargli 30 miliardi di dollari per gli investimenti. Tuttavia, nel marzo 2021, le operazioni di Archegos non hanno più avuto successo e alla fine anche la società di Hwang è fallita, non riuscendo a coprire le perdite generate per le banche.

Per riprendersi da scandali e perdite record, Credit Suisse ha deciso di ricorrere a una radicale riorganizzazione. Il consiglio di amministrazione della banca ha anche consentito la vendita di divisioni redditizie. Durante il fine settimana, la direzione del Credit Suisse ha contattato i principali clienti e controparti per rassicurarli sulla stabilità finanziaria dell’istituto di credito svizzero, secondo quanto riportato dal Financial Times. Inoltre, secondo Reuters, la banca ha ufficialmente contattato gli investitori in merito a una possibile capitalizzazione aggiuntiva (uno dei vertici del Credit Suisse ha poi smentito questa informazione al FT). Sullo sfondo di queste notizie, le azioni della banca sono scese dell’11,52% il 3 ottobre, a 3,518 franchi svizzeri ($ 3,56) e hanno toccato un minimo storico.

“Per quanto riguarda il Credit Suisse, le azioni del secondo conglomerato finanziario svizzero sono scese vicino ai minimi del 2008”, ha dichiarato il giornalista berlinese Vitali Smantser. Ha poi aggiunto che si tratta di un “segnale triste” per l’economia europea e globale.

I problemi di Deutsche Bank

Il Credit Suisse non è l’unica banca a navigare in cattive acque. Secondo Smantser, la ristrutturazione di Deutsche Bank è già iniziata, visti i minimi storici toccati dalle sue azioni.

“Prima di tutto, le notizie sul crollo delle azioni di Deutsche Bank sono legate all’incidente di Nord Stream”, ha dichiarato Smantser al portale BFM. Secondo il giornalista, il danneggiamento delle condutture ha causato “panico nelle borse europee e, in primo luogo, questo, ovviamente, ha colpito l’economia tedesca e le azioni della Deutsche Bank, il più grande conglomerato finanziario” in Germania.

D’altra parte, il giornalista ha anche sottolineato che Deutsche Bank ha iniziato a perdere clienti a causa degli inconvenienti che si sono verificati nei suoi servizi. Tra questi, ad esempio, la riduzione del numero di sportelli automatici, che costringe gli utenti delle carte bancarie di Deutsche Bank a prelevare contanti presso altre banche e, di conseguenza, a pagare delle commissioni.

Tuttavia, l’esperto non vede alcun motivo di “panico”, poiché è molto probabile che le autorità tedesche o dell’UE intervengano per “cercare di correggere la situazione”. “In altre parole, come durante la crisi finanziaria del 2008, dobbiamo aspettarci che, molto probabilmente, il governo federale di Scholz fornirà un ulteriore pacchetto di misure, molto consistente, per, se non salvare, mantenere a galla Deutsche Bank”.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-credit_suisse_e_deutsche_bank_sono_sullorlo_del_collasso_cosa_sta_succedendo/11_47492/

 

 

 

 

BlackRock perde un miliardo di dollari in fondi per le sue posizioni politiche…

Ottobre 10, 2022 posted by Leoniero Dertona

Diversi Stati americani governati da repubblicani stanno ritirando i fondi statali dalla gestione di BlackRock,  per mostrare la propria contrarietà alle politiche di investimento ESG, cioè ecologicamente e socialmente attiviste, e alla posizione politicamente attiva della società di gestione, come riporta il Financial Times.

Nelle ultime settimane, Louisiana, South Carolina, Utah e Arkansas hanno annunciato di voler disinvestire da BlackRock fondi per un totale di oltre 1 miliardo di dollari.

La scorsa settimana, il tesoriere dello Stato della Louisiana John Schroder ha annunciato in una lettera all’amministratore delegato di BlackRock Larry Fink che avrebbe disinvestito tutti i fondi del Tesoro da BlackRock. La Louisiana ha rimosso 560 milioni di dollari fino ad oggi e ne ritirerà un totale di 794 milioni entro la fine dell’anno, ha osservato Schroder.

“Questo disinvestimento è necessario per proteggere la Louisiana dalle posizioni di  BlackRock che paralizzerebbero il nostro settore energetico critico”, ha dichiarato Schroder. “Mi rifiuto di spendere un centesimo dei fondi del Tesoro con un’azienda che toglierà cibo dalle tavole, soldi dalle tasche e posti di lavoro ai lavoratori della Louisiana”.

La Carolina del Sud ritirerà 200 milioni di dollari da BlackRock entro la fine dell’anno, ha dichiarato il tesoriere dello Stato Curtis Loftis in un’intervista al FT.

Da mesi gli Stati repubblicani hanno dichiarato di non voler più fare affari con i gestori patrimoniali che hanno politiche di investimento allineate ai principi ESG, che, a detta degli Stati, dimostrano che quelle società finanziarie stanno boicottando l’industria del petrolio e del gas.

Il Texas, il più grande Stato produttore di petrolio in America, sta guidando la campagna contro questo movimento. Lo Stato della Stella Solitaria ha pubblicato in agosto un elenco di società finanziarie a cui potrebbe essere vietato di fare affari con il Texas, i suoi fondi pensione statali e le amministrazioni locali.

Il Texas e altri Stati del petrolio e del gas a guida repubblicana vedono la tendenza agli investimenti ESG come un attacco implicito ai combustibili fossili e un boicottaggio delle risorse energetiche convenzionali, le cui entrate costituiscono una parte consistente dei bilanci statali nei Paesi del petrolio, del gas e del carbone.

All’inizio di agosto, i procuratori generali di 19 Stati – tra cui Texas, West Virginia, Louisiana, Montana, Oklahoma, Idaho e Ohio – hanno inviato una lettera all’amministratore delegato di BlackRock, Larry Fink, esprimendo preoccupazione per l’impegno dell’asset manager a ridurre le emissioni a zero in tutti i suoi asset.

“Invece di essere uno spettatore che scommette sulla partita, BlackRock sembra aver indossato la maglia da quarterback ed essere sceso attivamente in campo”, hanno scritto i procuratori generali. Quindi gli stati non possono permettersi di finanziare una società che poi prende una posizione attiva direttamente contro di loro, e hanno deciso di ritiare i loro fondi. Un altro modo per spiegare che affari e politica dovrebbero restare sempre ben divisi.

FONTE: https://scenarieconomici.it/blackrock-perde-un-miliardo-di-dollari-in-fondi-per-le-sue-posizioni-politiche/

Borrell: “La FED manda in recessione il mondo con il rialzo dei tassi”.

Però la BCE la segue a ruota. La follia della “Moneta forte” è sempre fra noi

Ottobre 12, 2022 posted by Leoniero Dertona

Voler giocare alla moneta forte, non alla moneta “Giusta” per la propria economia, viena a costare molto caro. L’Italia e i paesi mediterranei europei lo hanno capito molto bene, con la crisi perenne a cui si sono condannati proprio per questa ricerca di inseguire il super Marco. Però, quando insegui una moneta forte, c’è sempre una moneta più forte della tua che ti viene a schiacciare, e adesso tocca a quelli bravi, quelli “Forti”, lamentarsi. I “leader” dell’Europa ammettono quanto siano davvero impotenti quando il custode della valuta di riserva mondiale sia solo uno e faccia ciò che vuole, di amici e nemici. 

“Tutti devono seguire, (la FED) perché altrimenti la loro moneta viene [svalutata]”, ha detto Borrell a una platea di ambasciatori dell’UE, secondo quanto riportato dal FT. “Tutti corrono ad aumentare i tassi di interesse, questo ci porterà a una recessione mondiale”.

Ovviamente le parole di Borrell sono state pesate, non dette a caso, con superficialità, e sono state accompagnare a un’accusa a tutte le parti di non aver assunto gli stessi altissimi standerd etici che la UE ritiene di dare al mondo, con un tono molto simile al “Fardello dell’Uomo Bianco” di epoca coloniale.

Le parole accuratamente scelte da Borrell sulla politica monetaria statunitense hanno fatto seguito all’avvertimento lanciato il mese scorso dalla Banca Mondiale, secondo cui l’aumento dei tassi da parte di più banche centrali potrebbe innescare una recessione globale nel 2023, sostenendo che il “grado di sincronia” da parte delle banche centrali non è mai stato visto negli ultimi cinque decenni.

La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale danno il via a una settimana di incontri congiunti a Washington, dove i funzionari discuteranno delle molteplici minacce all’economia globale. Il Fondo ha ridotto fortemente le proprie previsioni di crescita in conseguenza anche delle politiche restrittive dalla FED e della BCE, che l’ha seguita pedissequamente, per non avere una moneta “debole”, salvo darle poi la colpa del disastro.

Perfino la FED ammette le ricadute negative delle proprie politiche monetarie: i massimi funzionari della Fed hanno recentemente riconosciuto in modo più diretto che la loro campagna di inasprimento della politica monetaria rischia di creare “ricadute” che potrebbero mettere a repentaglio le economie più deboli, e anche tutte le altre economie. Ma sottolineano che la loro principale preoccupazione rimane quella di riportare l’inflazione statunitense sotto controllo, suggerendo che le ramificazioni globali dei loro piani sono considerazioni secondarie. Per dirla diversamente, a loro interessano gli USA e per loro tutto il resto del mondo non conta molto, anzi non conta nulla,

Come osserva il FT, l’influenza schiacciante della Fed sulle attuali tendenze di politica monetaria rispecchia la situazione dell’Europa prima dell’euro, quando i Paesi erano costretti a seguire le politiche della Bundesbank tedesca, ha dichiarato Borrell. “Si era costretti a farlo. Anche se non era la politica giusta per le vostre ragioni interne”. Naturalmente, l’alternativa, l’euro, è stato  un disastro ancora peggiore: almeno ai tempi del DEM, i Paesi europei potevano svalutare per uscire da una crisi fiscale; con la moneta comune devono tutti implorare la BCE per ottenere la clemenza di acquistare obbligazioni o essere costretti a installare un altro primo ministro fantoccio pro-europeo. Del resto la BOJ ha dimostrato che esiste una via alternativa: non seguire la FED e difendere il proprio benessere, e sta riuscendo meglio degli europei nella propria missione. Però la BCE non può, lei deve avere la  “Moneta forte”.

FONTE: https://scenarieconomici.it/borrell-la-fed-manda-in-recessione-il-mondo-con-il-rialzo-dei-tassi-pero-la-bce-loa-segue-a-ruota-la-follia-della-moneta-forte-e-sempre-fra-noi/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Cesare Battisti e la massima sicurezza

Alberto Torregiani 29 09 2022

 

Apprendo dai giornali la decisione del DAP di declassificare la posizione carceraria di Cesare Battisti da Regine di sicurezza a detenuto comune.

Non comprendo la volontà di accettare questa richiesta e condizione del terrorista Battisti, quando, e ricordo molto bene, in tempi non lontani, sbraitava per avere quegli stessi diritti di sicurezza che nel carcere calabrese non aveva sottolineando il pericolo per la sua vita.

Gli sono stati concessi quei diritti che un “altro” non avrebbe ricevuto trasferendolo nel carcere di Ferrara che sappiamo essere un carcere di massima sicurezza ma che ciò non vuol dire essere alla gogna, ma invero, risiedere in un carcere che appunto da al carcerato quella sicurezza richiesta.

Un terrorista, lasciando perdere il discorso della lunga latitanza, avuta con il contributo degli amici di sinistra, che ha sulle spalle 2 ergastoli, non dovrebbe avere la sfacciataggine di fare certe richieste, ma accettare (come lui stesso ha dichiarato) la sua condizione e punizione con il silenzio, con accettazione delle conseguenze, per il rispetto delle vittime in causa.

Emerge come naturale conseguenza che fra qualche mese farà ulteriori richieste, che, con la nuova concessione gli sarà possibile proporre.

E’ qui il pericolo, il tentativo neanche tanto subdolo, di abbreviare la condanna seguendo una corsia preferenziale che a pochi è stata concessa per le peculiarità politiche.

Non sono d’accordo per nulla.

Come ricordate, ho sempre anteposto il diritto alla giustizia e civile e morale dinnanzi a tutto nel rispetto della persona e concordato il suo trasferimento ma non posso accettare che gli vengano posti favori giuridici in base a considerazioni personali che non dovrebbero sussistere in base al grado di gravità che pende sulla persona.

Non voglio entrare nei tempi e modalità del percorso che ha portato a questa concessione, ma farò in modo richiesta che venga bloccata perché la violazione del rispetto per le vittime deve, una volta per tutte, finire!

 

FONTE: https://www.facebook.com/albertotorregianiufficiale/posts/pfbid0Xv9MKVYnF6meU3wErHQQBEwuB8m3rn4NHr82ZhxF168jSFvsFjkKjjuVUoSAAmUvl

L’epoca del Dirittismo

di Roberto PECCHIOLI

Per Norberto Bobbio, il sopravvalutato “papa laico” di una lunga- ma infeconda- stagione della nostra cultura, la modernità è l’età dei diritti. Ad inaugurarla sarebbe stata una vera e propria rivoluzione degli animi compiuta dal “momento in cui la politica e la società vengono osservate dal punto di vista degli individui – dei loro bisogni, interessi, desideri- superando la concezione organicistica tipica del mondo antico e medievale.” (V. Pazé, Diritti).

La descrizione di Bobbio è corretta, ma il suo apporto culturale – al di là del potere accademico ed editoriale che esercitò- si è limitato in fondo a introdurre in Italia il pensiero di Hans Kelsen, il massimo banditore del diritto positivo, o normativismo giuridico, l’indirizzo metodologico che riduce l’intero diritto alla norma. Per Kelsen è conforme a diritto tutto ciò che è “legale”, ossia è inserito nei codici giuridici in un certo momento storico. Dunque, al diritto è sottratta ogni intenzione o precauzione morale e ancor più è rimosso l’ancoraggio a principi generali anteriori al presente, ai diritti e alle leggi che altre tradizioni culturali definiscono naturali.

Siamo debitori a Ulpiano, grande giurista romano, della celebre definizione “ius naturale est quod natura omnia animalia docuit, ossia è diritto naturale è quello che la stessa natura insegna a tutti gli esseri viventi. E’ l’impostazione bimillenaria della nostra civiltà, scavalcata dal “dirittismo” soggettivista che oltrepassa lo stesso positivismo giuridico.

Kelsen elaborò una dottrina “pura” del diritto, liberata cioè da ogni commistione con nozioni morali, politiche o sociologiche; la scienza del diritto ha un compito descrittivo, e non deve formulare giudizi di valore dedotti dall’esistenza di norme “naturali”. Il diritto è quindi costituito esclusivamente dalle norme “positive” vigenti dell’ordinamento giuridico, qualsiasi precetto esse contengano. Unica condizione della legalità- che sostituisce definitivamente la legittimità, ovvero la conformità al giusto e al bene- è che le norme siano promulgate attraverso le procedure in vigore, di cui le maggioranze parlamentari espresse di volta in volta dal metodo rappresentativo sono l’espressione. Il diritto positivo “puro” incorpora, trasformandolo in norma, il frutto del clima civile dominante.

In quella dimensione concettuale diritto e diritti avvicinano i loro significati sino a sovrapporsi. I diritti, infatti, non sarebbero tali se non esistesse un sistema di obblighi definiti per legge- il diritto codificato- che ne rende possibile l’esercizio e punisce la loro negazione o inosservanza. Perfino le costituzioni, raccolte di principi generali che si fanno fondamento con pretese di durata teoricamente illimitata, diventano semplici manifestazioni dello spirito del tempo. E il nostro è indubbiamente l’età dei diritti. Un successo se costituiscono un avanzamento di responsabilità, senso civico e morale, non se innalzano il presente e l’immediato, cioè le idee dominanti, a unico criterio di legalità, la provvisoria verità.

Innanzitutto in quanto le idee dominanti sono sempre le idee delle classi dominanti (A. Gramsci) e il giusto (identificato con ciò che è legale) diventa l’utile del più forte (l’argomento di Trasimaco nella Repubblica di Platone). Poi perché la tendenza a porre sul trono il presente, ossia ad assumere la modernità (che significa “al modo odierno”, talché ogni tempo è moderno a se stesso) come bussola, taglia ogni legame con l’eredità delle generazioni precedenti. Un legato che, se per un verso può essere un’ipoteca sul futuro, resta comunque un modello e una pietra di paragone per ogni popolazione ed epoca, necessariamente figlia delle precedenti.

Tuttavia oggi vige la cultura della cancellazione, inaugurata dalla tabula rasa della rivoluzione francese. Thomas Paine (1739-1809), che prese parte alla rivoluzione americana e poi alla francese, autore di Diritti dell’uomo, fu chiaro nell’affermare che ogni generazione deve essere libera di darsi le norme che preferisce, senza alcun riguardo per il passato. “La presunzione di governare dalla tomba è la più ridicola e oltraggiosa delle tirannidi”, scrisse, cancellando in una frase la storia intera. Questo è ciò che accade adesso in Occidente, travolto dalla smania di novità, indicata invariabilmente come bella e progressiva, negatrice di ogni validità a principi, idee, modi di essere ereditati. L’età dei diritti- pur con la carica positiva di liberazione di energie – diventa la sua scimmia, il “dirittismo” soggettivista in nome del quale ogni pulsione, desiderio, bizzarria, moda, tic individuale, viene proclamato diritto, meritevole di tutela, imposto con la forza coattiva della legge “positiva” sempre più repressiva di ogni altro sistema di principi, norme e valori.

Il soggettivismo dell’Occidente diventa fase terminale di civiltà per la pretesa assolutistica di autodeterminazione individuale senza limiti, assunta non soltanto come unica verità, scopo dell’esistenza, ma come “diritto” universale onnicomprensivo che la legge ha l’obbligo di promuovere, garantire, offrire possibilmente in forma gratuita. L’autodeterminazione, tuttavia, è un concetto filosofico e giuridico che, portato alle estreme conseguenze, diventa il fattore che mina e dissolve l’ordine giuridico, la comunità politica e la stessa natura umana.

L’epoca che viviamo, infatti, tende a riconoscere qualsiasi pretesa come diritto soggettivo, considera legittimo il perseguimento di ogni fine, appetito, pulsione, voglia, istinto, aspirazione. Senza che nessuno risponda delle conseguenze di atti e modi di vita. Tale illimitata autonomia della volontà, inevitabilmente, finisce per cristallizzarsi nel principio che le persone possono darsi come regola la soddisfazione di ogni desiderio senza nessuna valutazione dell’impatto sociale, dei rischi, dell’evidente dissolvimento dei legami comunitari. Si finisce nell’impossibilità di fornire qualsiasi norma condivisa diversa dall’assenza di regole e dal “diritto” di fare, essere, diventare ciò che si vuole, con riserva di revocabilità immediata, di cui il corpo sociale deve semplicemente prendere atto.  La sovranità dei desideri tende a trasformare tutto in provvisorio e a mercificare cose e persona. La vita diventa disponibile prima della nascita (aborto diritto universale e non opzione tra le altre) – durante- (ogni condotta è ammessa e lecita, sino al progressivo sdoganamento della pedofilia), alla fine (darsi la “buona” morte come atto individuale di volontà a cui il potere pubblico deve fornire mezzi e assistenza) e dopo, cancellando la dignità del corpo defunto, ridotto perfino a rifiuto da compostaggio.  Nel considerare noi stessi come soggetti con il potere assoluto di promulgare norme che rendono leciti (anzi “diritti”) i nostri desideri, diventiamo proprietari e signori di quelle norme, la cui esistenza dipende dalla nostra volontà. Le nostre pretese diventano una condizione per l’esistenza del diritto, che non riflette più un ordine dell’essere, un giudizio della ragione pratica sulla natura degli atti umani.

In una fase precedente di questa corruzione filosofica e giuridica, fu la volontà dello Stato a stabilire (spesso in modo capriccioso) ciò che poteva essere considerato diritto e ciò che non poteva esserlo. Ma, rispetto a quel difetto iniziale, il nostro tempo ne consacra uno più grande: legislatore non è più uno Stato o un ‘istituzione collettiva, ma l’individuo, della cui volontà sovrana lo Stato diventa il garante (e l’ufficiale pagatore). L’individuo deve sempre affermare la sua volontà sovrana, salvo pochissimi vaghi limiti la cui assenza renderebbe impossibile la coesistenza sociale. Coesistenza e niente più, o compresenza nel tempo e nello spazio, giacché dove le volontà soggettive sono sovrane non si può parlare di convivenza, forse neppure di società, tanto meno di comunità. Al potere pubblico resta l’obbligo, ove la volontà dell’individuo non fosse pienamente realizzata, di rimuovere gli ostacoli per tradurla in realtà.

In questo modo il diritto cessa di essere lo strumento per determinare la giustizia, e diventa il mezzo che permette a ciascuno di realizzare i propri progetti (anche se del tutto chimerici) e qualunque aspirazione, non importa se legittima, pazza o insensata.

Questa autodeterminazione diventata dirittismo finisce per trasformare il Diritto- da non scrivere con la maiuscola, poiché ha cessato di essere “uno” per moltiplicarsi al plurale secondo i desideri e le aspirazioni- in un susseguirsi proteiforme di norme “positive” (ovvero codificate), senza ancoraggio nella realtà delle cose. Le pretese degli atomi umani autodeterminati saranno infinitamente mutevoli, sempre cangianti nel mercato delle voglie, continuamente all’inseguimento di nuovi obiettivi che non si arresteranno davanti allo “scandalo” rappresentato dalla natura e dai suoi limiti per i novelli Prometeo intenti a rettificarla, capovolgerla, distruggerla se si oppone a desideri e ghiribizzi.

L’autodeterminazione, lungi dal liberarci, rende la nostra esistenza incerta e precaria, poiché le leggi sono soggette alla signoria di ciascun individuo. L’ordinamento giuridico viene costruito su decisioni puramente volontaristiche; ma, poiché queste cambiano continuamente, le norme approvate secondo una decisione contingente (una maggioranza parlamentare momentanea, un referendum o altro, sempre teleguidati dallo “spirito dei tempi”) diventano inaccettabili il giorno dopo. Perché dovrebbero impedire l’esercizio di successive autodeterminazioni? Questo già teorizzava Paine, questo realizza l’ansia di cancellazione dei “risvegliati” (woke). Perché le norme dovrebbero avanzare pretese di durata o addirittura di fondamento, come le costituzioni?

Perché dovrebbero essere soggetti al mandato delle leggi coloro che non le hanno votate perché privi di età legale o perché non erano ancora nati? E perché dovrebbero essere accettate da coloro che, una volta votato a favore, hanno cambiato idea? Poiché la missione delle leggi diventa assecondare la volontà individuale, la pretesa di generalità diventa inaccettabile, vere e proprie gabbie che reprimono o ostacolano la concretizzazione indiscriminata di desideri/diritti sempre nuovi.

L’autodeterminazione è per natura proteiforme, mutevole, volubile, riluttante a prendere impegni duraturi. I contratti tendono ad essere di breve durata; i matrimoni si sciolgono sempre più in fretta; nessun impegno “morale” mantiene valore. Diventano fluide le identità sessuali e i relativi appetiti; alla fine, si sciolgono tutti i legami umani, compreso il vincolo di ciascuno con la propria natura biologica, considerata un costrutto sociale trasformabile a piacimento, da plasmare ed eventualmente riprendere.

L’autodeterminazione (in realtà etero determinazione da parte di un potere ipnotico e suadente) cambia nome e diventa dirittismo. Prima corrompe, poi sgretola la società, infine sfocia nell’anarchia e nel nichilismo giuridico, specchio del nichilismo sociale. E’ la negazione di fondamenti bimillenari: da Celso, per il quale il diritto è l’arte del buono e del giusto, a Ulpiano, il cui suum cuique tribuere, dare a ciascuno il suo, si trasforma nel riconoscere a ognuno il suo capriccio quotidiano e revocabile. Il dirittismo è la corruzione dello stesso positivismo giuridico. Probabilmente farebbe inorridire Kelsen e Norberto Bobbio, ma è figlio loro.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/lepoca-del-dirittismo/

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

I nostri leader fanatici ideologici ignorano la realtà e assicurano il disastro

Scritto da Phillip Carl Salzman tramite The Epoch Times,

Pensate che senza elettricità si possa caricare un’auto elettrica? Il governatore della California Gavin Newsom e la dozzina di stati che seguono le regole della California lo pensano, e così a quanto pare fa il primo ministro canadese Justin Trudeau. Hanno imposto le auto elettriche entro il 2035. Ma l’”energia verde” che hanno anche imposto non è in grado di supportare una rete elettrica che caricherà qualcosa di più del tuo cellulare.

Hai provato a coltivare colture senza fertilizzanti? Il Programma ambientale delle Nazioni Unite richiede che lo facciate. Il loro consiglio è stato tragicamente deciso dal governo dello Sri Lanka e ha portato al crollo della produzione agricola, della sicurezza alimentare e dell’economia nazionale. Ma Trudeau ha adottato il consiglio dell’UNEP e sta spingendo gli agricoltori canadesi a rinunciare ai fertilizzanti. Finito  il Canada che nutre gli affamati del mondo. Forse se gli agricoltori non si adeguano in modo abbastanza rapido e completo, sarà necessario promulgare ancora una volta la legge sulle emergenze.

Credi che se la temperatura aumenta di diversi gradi tutta la vita sulla Terra si estingue? Il presidente Joe Biden lo crede, definendo il cambiamento climatico, che è andato avanti nel corso della storia della Terra, una “crisi esistenziale”.  Trudeau crede lo stesso, poiché ha sistematicamente distrutto l’economia canadese per paura del cambiamento climatico. Tutte le nostre élite di sinistra credono in questa “crisi esistenziale”, nonostante tutte le previsioni basate su modelli computerizzati fittizi: un aumento del livello del mare che inonda tutte le aree costiere e inonda le isole, lo scioglimento delle calotte polari e i ghiacciai, la scomparsa degli orsi polari, le massicce morti per tornado, uragani e altri eventi estremi sono stati confutati, un’indicazione sicura che il catastrofismo climatico è una sciocchezza.

I nostri leader estremisti del clima hanno mai sentito parlare dell’inverdimento globale derivante dall’aumento della CO2, della fioritura della vegetazione in tutto il mondo e del suo grande vantaggio per l’agricoltura? Quindi cosa possiamo concludere? Michael Shellenberger, in accordo con i 1.200 scienziati e professionisti che hanno firmato la Dichiarazione Mondiale sul Clima,  afferma che  “non esiste alcuna base scientifica per alcuna affermazione di apocalisse climatica”. Continua  :  “È difficile elaborare uno scenario in cui i cambiamenti di temperatura di 4°C potrebbero mettere fine al mondo”.

Un’altra riforma sostenuta dai nostri leader a livello nazionale, statale o provinciale e municipale è stata la “riforma della giustizia”. La giustificazione di ciò è che ci sono troppi criminali in prigione e che i criminali sono davvero vittime della “società”, quindi dovrebbero essere trattati con simpatia. I criminali neri e ispanici, che costituiscono la maggioranza dei criminali violenti, sono, si presume, vittime del “razzismo strutturale” (dei bianchi), quindi la loro criminalità non è realmente colpa loro. Pertanto, la “giustizia sociale” richiede che non siano incarcerati o, se attualmente incarcerati, siano rilasciati immediatamente.

Alcuni membri del Congresso degli Stati Uniti hanno sostenuto la rimozione dei fondi dalla polizia e l’abolizione di tutte le carceri. I governatori democratici hanno rilasciato decine di migliaia di delinquenti, compresi quelli violenti. Alcuni stati, New York e Illinois, hanno eliminato la cauzione in contanti, semplicemente rilasciando al pubblico gli arrestati. Molti procuratori distrettuali finanziati da Soros si rifiutano di incriminare le persone per atti criminali. In California sono state approvate leggi che sostanzialmente legalizzano il furto fino a $ 950. Sebbene attacchino ripetutamente civili casuali, i criminali violenti malati di mente tra la vasta popolazione di senzatetto nelle città sono scusati per i loro crimini perché sono senzatetto e malati di mente, quindi non si può fare nulla per loro.

Il risultato di tutto ciò, registrato con precisione nelle statistiche sulla criminalità, è il massiccio aumento della criminalità, in particolare della criminalità violenta, negli ultimi anni. La recidiva, la ripetizione di reati violenti, di coloro che sono stati scarcerati, non incriminati o rilasciati con il proprio vincolo è comune. In particolare nelle città, le strade e i trasporti pubblici non sono sicuri. Chiunque cammini sul marciapiede può essere aggredito in qualsiasi momento, sia per i propri oggetti di valore sia perché un malato di mente è arrabbiato. Guidare è altrettanto pericoloso, poiché i furti d’auto sono un settore in crescita. Prendi in mano la tua vita prendendo l’autobus o la metropolitana, entrambi i posti preferiti dai senzatetto malati di mente. Non stare troppo vicino al bordo del binario della metropolitana, o qualcuno potrebbe trovare troppo allettante spingerti sotto un treno.

Le vere vittime di crimini violenti non sono mai considerate dai nostri leader, perché probabilmente sono “privilegiate”. La realtà, ovviamente, è ben diversa. I funzionari privilegiati del governo hanno tutti squadre di guardie del corpo armate. Le numerose vittime di crimini violenti sono principalmente minoranze nere e ispaniche, ma anche asiatiche ed ebraiche.

 nostri leader sanno che devono conquistare i giovani per garantire il loro controllo in futuro.  Trudeau ha promulgato nel 2017 un programma obbligatorio chiamato “Dimensions: Equity, Diversity, Inclusion”,  richiedeva ai presidenti delle università di firmarlo formalmente per conto delle loro università e ha limitato l’allocazione dei fondi del governo nazionale a quelle istituzioni che hanno raggiunto i loro obiettivi con soddisfazione di burocrati nazionali. Le tre agenzie di finanziamento nazionali “indipendenti” per la ricerca medica, delle scienze naturali e delle scienze sociali hanno adottato le linee guida EDI nei loro finanziamenti. I nuovi obiettivi per l’istruzione superiore sono stati la “giustizia sociale”, l’antirazzismo e la “decolonializzazione”, mentre è stato rifiutato l’obiettivo della ricerca disinteressata della verità delle vecchie università, insieme ai suoi criteri di realizzazione e di merito perché sarebbero gli strumenti della supremazia razzista del maschio bianco e del colonialismo. Con il razzismo inverso e il sessismo inverso ora obbligatori, le università canadesi non sono mai state le stesse. Nemmeno la scienza, ora che la biologia è stata cancellata a favore della teoria radicale del genere, e la “scienza indigena” non coloniale è un’industria in crescita.

I leader hanno basato le loro azioni infantili su  illusioni ideologiche e segnalazioni di virtù immaginarie, indipendentemente dalle conseguenze disastrose per i loro cittadini e per le generazioni future. Stiamo pagando per questo ora, ma le conseguenze peggioreranno sempre di più. Il nostro futuro è un treno merci diretto verso di noi alla massima velocità.

E in Europa? Qual è il risultato dell’ambientalismo fanatico   che il potere impone, imponendo le sue paturnie sullle “rinnovabili” e “sostenibili”  unito alla loro  furia  di sanzionare il gas russo e impedire che arrivi nella UE? Ecco:

Il boom del carbone è ininterrotto e continuerà!

da DWN.

Alla luce della consapevolezza ecologica che è notevolmente aumentata negli ultimi decenni e dell’enorme espansione delle fonti energetiche alternative, può sorprendere che la quota di combustibili fossili nel mix energetico complessivo sia diminuita negli ultimi 50 anni molto meno di quanto non sia comunemente stimato. In particolare, la loro quota nel 1973 era dell’87%. Dopo che da allora sono stati spesi trilioni di dollari per ridurne la dipendenza – in tecnologia, media, amministrazione, ecc. – questa percentuale è ancora dell’81% in tutto il mondo nel 2022.

Negli ultimi dieci anni, la quota dei combustibili fossili sul consumo totale di energia è stata ridotta di un solo punto percentuale, nonostante un  investimento di 3,8 trilioni di dollari in fonti di energia rinnovabile. La quota del carbone nell’energia primaria globale è ora di un buon 27 per cento, che è anche quasi la stessa di 50 anni fa ed è persino superiore al valore di inizio millennio. Il valore record della domanda di carbone risale al 2013 e all’epoca ammontava a otto miliardi di tonnellate. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia EIA, questo numero sarà raggiunto anche quest’anno e, secondo le sue previsioni, sarà addirittura superato nel prossimo anno. Ciò lascia il carbone come il re indiscusso del sistema energetico, e non sembra che sarà detronizzato  a breve. E certamente non da un  pretendente al trono “verde”.

Le preoccupazioni per il cambiamento climatico passano in secondo piano

“Se il gas si esaurisce quest’inverno, bruceremo tutto il possibile per mantenere la nostra gente al caldo e per generare elettricità”, ha affermato Vaclav Bartuska, inviato speciale ceco per la sicurezza energetica. Finora, solo pochi si sono espressi in modo così chiaro, poiché è considerato sacrilego non dare la massima priorità alla lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, Bartuska è un realista e coloro che lasciano vagare il loro sguardo riconoscono che è tutt’altro che l’unico.

Anche la Germania, come esempio di transizione energetica, sta rimettendo in funzione  le sue capacità di centrali elettriche a carbone – a lignite! –   ed è costretta a mettere in primo piano le considerazioni economiche. Secondo Robert Habeck, questo passaggio è “amaro, ma necessario”. Altri paesi europei, come Paesi Bassi, Austria, Polonia e Repubblica Ceca, andare allo stesso modo.

Rispetto a Cina e India, il contributo dell’Europa al nuovo boom del carbone può sembrare piccolo, ma è comunque al top. La sola Cina vuole aumentare la sua produzione di 300 milioni di tonnellate quest’anno e l’India vuole aumentarla di 400 milioni di tonnellate entro la fine del 2023. Bruciarli si traduce in ulteriori 1,4 miliardi di tonnellate di emissioni di anidride carbonica, che è vicino al livello di riduzione delle emissioni raggiunto negli Stati Uniti – come paese leader mondiale in termini di riduzioni assolute delle emissioni di gas serra – nell’ultimo decennio e un metà. Se, almeno in questo Paese, è intesa solo come soluzione provvisoria in tempi di circostanze eccezionalmente critiche, c’è ancora da temere che questo percorso “amaro ma necessario” possa essere notevolmente più lungo di quanto sperato. Uno sguardo ai mercati dell’energia, in questo caso in particolare al mercato del carbone, suggerisce che la situazione rimarrà tesa. Ciò è legato al timore che i successi degli ultimi anni in termini di riduzione delle emissioni di CO2 nel mondo vadano letteralmente in fumo.

La curva forward indica prezzi costantemente elevati

Già a luglio 2021, il prezzo del carbone – qui API2 Rotterdam coal come contratto di riferimento rilevante per l’Europa – è passato da una fase laterale stabile a lungo termine in vista dell’aumento della domanda e della stagnazione dell’offerta, più che raddoppiato nei tre mesi successivi ed è poi sceso inizialmente al di sotto del livello di breakout a circa $ 110 per tonnellata. Con l’invasione della Russia in Ucraina annunciata all’inizio di quest’anno e l’effettivo scoppio della guerra, il prezzo è balzato in modo parabolico. All’inizio di marzo, il massimo precedente era stato segnato a 465 dollari per tonnellata.

La Russia è uno dei primi tre esportatori di carbone al mondo, controllando circa il 17% delle forniture globali, I piani sanzionatori dell’Ue, che interessano anche il mercato del carbone, hanno alimentato la situazione del mercato, che nel frattempo si era leggermente calmata, con prezzi ancora una volta superiori alla soglia dei 400 dollari. Ciò che è preoccupante è che questa situazione non si limita all’attuale hotspot energetico dell’Europa. Se si guarda al futuro del carbone di Newcastle, che è rilevante per la regione Asia/Pacifico, si può notare la stessa tendenza. A causa dei due principali consumatori Cina e India, i prezzi si stanno sviluppando in modo molto costante e sono persino elencati ben al di sopra delle loro controparti europee. Se si guarda al futuro del carbone di Newcastle, che è rilevante per la regione Asia/Pacifico, si può notare la stessa tendenza. A causa dei due principali consumatori Cina e India, i prezzi si stanno sviluppando in modo molto costante e sono persino elencati ben al di sopra delle loro controparti europee. Se si guarda al futuro del carbone di Newcastle, che è rilevante per la regione Asia/Pacifico, si può notare la stessa tendenza. A causa dei due principali consumatori Cina e India, i prezzi si stanno sviluppando in modo molto costante e sono persino elencati ben al di sopra delle loro controparti europee.

Di conseguenza, il mondo sta pagando un prezzo finanziario elevato oltre ai costi ambientali. Sfortunatamente, non ci sono segnali di miglioramento della situazione per nessuno dei due: uno sguardo alla curva dei futures del mercato del carbone rende più chiare le cupe prospettive dei prezzi. Sia in Europa che in Asia si tratta strutturalmente di un cosiddetto “backwardation”, ovvero una situazione in cui i contratti a breve termine sono quotati al di sopra di quelli a più lungo termine, il che indica forti strozzature nell’offerta. Tuttavia, è davvero notevole che non solo i prezzi spot siano esplosi e, almeno qui, ora stiano al massimo ristagnando a un livello elevato, ma che anche l’intera curva dei futures si sia spostata in modo significativo verso l’alto nelle ultime settimane. Mentre il mercato a marzo, subito dopo l’attacco russo, stava ancora ipotizzando un aumento dei prezzi a breve termine, ora punta su prezzi costantemente elevati. E non solo per il resto dell’anno e nel 2023, ma ben oltre. Anche il contratto futures con consegna a dicembre 2027 è scambiato circa il doppio in Europa e in Asia rispetto all’inizio della guerra in Ucraina.

Vincoli pratici contro ideologia

Alcuni anni fa, il giornalista ed esperto di energia Robert Bryce ha coniato il termine “Iron Law of Electricity” negli Stati Uniti. Il suo messaggio essenziale è che le persone, le aziende e i paesi faranno tutto il necessario per ottenere la quantità di elettricità di cui hanno bisogno. E inoltre, che quando sono costretti a scegliere tra  energia sporca e nessuna  energia, sceglieranno sempre   energia  sporca. Sebbene questa non sia una legge irrevocabile della natura e il futuro potrebbe mostrare il contrario, attualmente è valida. I politici dalla Cina alla Repubblica Ceca fino alla Germania eco-consapevole faranno tutto il necessario per evitare blackout, anche se ciò significa “bruciare tutto” che riescono a trovare.

Il problema energetico dovrebbe quindi tenerci occupati a lungo, con prezzi elevati, mancanza di materie prime e crescenti danni ambientali. Chiunque pensi che tutto ciò che conta sia sopravvivere al prossimo inverno sarà amaramente deluso.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/i-nostri-leader-fanatici-ideologici-ignorano-la-realta-e-assicurano-il-disastro/

 

 

 

“L’Europa rischia una nuova Repubblica di Weimar”

Roberto Vivaldelli

“È stato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, e non Vladimir Putin, ad affermare chiaramente che se quest’ultima avesse invaso l’Ucraina, il Nord stream 2 sarebbe stato messo fuori uso”. Secondo l’ex Colonnello dell’esercito Usa Douglas Macgregor, veterano della Guerra del Golfo e commentatore televisivo per Fox News, ci sono pochi dubbi su chi sia l’autore del sabotaggio del Nord Stream. Falsa anche la narrazione, a suo modo di vedere, che la Russia possa impiegare armi tattiche nucleari. Lo abbiamo raggiunto per porgli qualche domanda sull’andamento della controffensiva dell’esercito di Kiev, sulle prospettive future del conflitto e sulle probabili mosse di Vladimir Putin.

“Nord Stream? Non è stata la Russia”

Colonnello, Danimarca e Svezia hanno parlato di “sabotaggio” in merito al danni subiti dai gasdotti Nord Stream 1 e 2. Russia e gli Stati Uniti si sono incolpati a vicenda. Chi pensa abbia ragione? La Russia potrebbe aver colpito intenzionalmente i suoi gasdotti?

No. La Russia non distruggerebbe la sua principale fonte di sostentamento economico. Il 40% del PIL russo riguarda la produzione di energia. Dopotutto, è stato il presidente degli Stati Uniti Biden, non quello della Russia, ad affermare chiaramente: “Se la Russia invade l’Ucraina, il Nord stream sarà messo in condizioni di non funzionare”. La distruzione dei gasdotti restringe le opzioni di Berlino per l’influenza sulla crisi/conflitto Ucraina. Questo dimostra chi “vince” dalla distruzione delle tubazioni. La Russia e gli europei sono entrambi perdenti.

Quali sono le conseguenze potenziali di questo “incidente”?

La Russia non ha alcun interesse ad attaccare la NATO o l’Europa. Inoltre, la Russia è debole militarmente per attaccare la NATO. Le sue forze sono progettate per la difesa del territorio russo. La Russia vuole fare affari con l’Europa, non combatterla. La cessazione dell’accesso al gas russo non è stata una decisione di Mosca. Se i tedeschi e molti altri europei non avessero chiuso le loro centrali nucleari insieme e a carbone, non si troverebbero nella precaria situazione in cui si trovano. La Russia non ha sollecitato Berlino o nessun altro Stato europeo a sospendere la produzione di energia nucleare e a carbone. Berlino si è sparata al piede da sola.

“Mosca ha impiegato forze limitate, era in inferiorità numerica”

A che punto è la controffensiva dell’esercito di Kiev? Ad oggi possiamo dire che è stata un successo.

Kiev ha ottenuto una vittoria di propaganda temporanea creando il illusione con l’aiuto dei media occidentali di poter ancora combattere e vincere. Non può.

Sarà, però l’avanzata dell’Ucraina sembra indurre Putin a optare per un’escalation del conflitto.

Mosca ha deciso di limitare l’uso delle sue forze in Ucraina. Le truppe di terra in Ucraina non sono mai salite al di sopra del 20% del potenziale disponibile di combattimento. Dal momento in cui le forze russe sono entrate nell’Ucraina orientale erano in inferiorità numerica rispetto alle truppe ucraine.

Putin potrebbe impiegare un’arma tattica nucleare, a questo punto.

La dottrina russa relativa all’uso delle armi nucleari in vigore dal giugno 2020 prevede l’uso di armi nucleari esclusivamente come rappresaglia per l’uso di armi nucleari contro lo stato russo e le sue forze armate. Coloro che cercano di rappresentare Mosca come una minaccia nucleare per qualsiasi uso diverso da quello di una ritorsione diffondono falsità.

“Vi spiego l’obiettivo di Biden in Ucraina”

Gli Stati Uniti hanno pubblicato un lungo elenco di armi e munizioni stanziate all’esercito ucraino. Qual è l’obiettivo dell’amministrazione Biden in questa guerra?

L’unico scopo dichiarato e reso pubblico, ad oggi, è quello di danneggiare la Russia e rimuovere il suo governo dal potere. È anche possibile che il rifiuto della Russia di sottomettersi alla tirannia del sistema finanziario globale dominato dagli Stati Uniti e alla denazionalizzazione attraverso l’immigrazione non europea sia motivo di rabbia contro la Russia da parte delle élite globaliste americane. Questa resistenza mette lo sfruttamento delle enormi risorse minerarie naturali della Russia fuori dalla portata dell’Occidente.

Sotto il profilo militare, esiste un’importante gap tecnologico fra l’occidente e la Federazione russa?

In alcune aree gli Stati Uniti e i loro alleati godono di notevoli vantaggi. In altre aree c’è più equilibrio fra i russi e la NATO.

Quant’è importante il ruolo dell’intelligence USA e britannica in questo conflitto?

Vitale. Il personale della NATO ha effettivamente sostituito il personale ucraino al di sopra del livello di brigata e all’interno del MOD ucraino. Pianificazione, comando, e il controllo dipendono fortemente dagli ufficiali e dalle capacità della NATO.

La Russia è uscita rafforzata o indebolita dal vertice di Samarcanda?

La posizione della Russia in termini di supporto internazionale e coesione sociale è più forte ora che mai dal 1989.

La mobilitazione parziale annunciata da Putin non rischia di erodere il consenso interno nel Paese? Una mossa rischiosa.

I riservisti non sono mai contenti di essere mobilitati in tempo di guerra. Questo vale per tutte le nazioni. Tuttavia, la maggior parte dei riservisti russi alleggerirà il lavoro delle truppe regolari dell’esercito russo che saranno impiegate in Ucraina. Il sostegno della popolazione al presidente Putin rimane sopra l’80%. I russi non capiscono perché Putin non abbia agito in modo deciso a febbraio con la potenza di combattimento ora riunita nella Russia meridionale e in Bielorussia.

C’è una speranza per una risoluzione diplomatica?

Non chiaro. Berlino è nella posizione migliore per porre fine al guerra, ma la sua leadership è debole. Il nuovo Primo Ministro italiano può svolgere un ruolo fondamentale con Berlino, se si unissero. Berlino era in grado di districarsi (e con essa gran parte dell’Europa centrale) da un ulteriore coinvolgimento nella guerra per procura di Washington in Ucraina con la Russia. Per fuggire dal disastro che si sta creando, Berlino potrebbe dover rompere con la politica americana. Pertanto, per evitare una crisi sistemica dannosa, Berlino e l’UE (e il Regno Unito) devono decidere tra le seguenti opzioni:

  1. Trovare una soluzione miracolosa per la produttività energetica (improbabile);
  2. Berlino e l’Ue devono raggiungere un accordo con la Russia sull’Ucraina e risolvere la crisi della bilancia commerciale accettando di acquistare energia in euro;
  3. Berlino e l’UE sperimenteranno una crisi valutaria ed economica stile sud-est asiatico della fine degli anni ’90, probabilmente guidando un’economia globale al tracollo finanziario che sminuirà la crisi del 2008. In effetti, può trasformare la maggior parte dell’Europa in una versione più ampia della crisi che distrutto la Repubblica tedesca di Weimar.

Chi è Douglas MacGregor

Il 27 luglio 2020, la Casa Bianca annunciò l’intenzione di Donald Trump di nominare il colonnello Douglas Macgregor ambasciatore degli Stati Uniti in Germania ma i media liberal americani lanciarono una dura offensiva contro il veterano dell’esercito americano per via delle sue posizioni “fuori dal coro”, che portò la sua nomina a impantanarsi nella commissione per le relazioni estere del Senato. L’anno prima, l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, stava per indicarlo come consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca dopo l’addio di John Bolton, nel 2019. Veterano della guerra del Golfo, Macgregor è autore di Breaking the Phalanx, testo che proponeva di riformare l’esercito americano e che interessò, nell’autunno del 2001, l’allora Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld.

Dopo aver lasciato l’esercito nel 2004, Macgregor è stato spesso invitato a commentare in tv – su Fox news, in particolare – la politica estera americana, spesso da una posizione tutt’altro che convenzionale, criticando con parole molto dure l’immigrazione illegale e il magnate liberal, George Soros.

FONTE: https://it.insideover.com/guerra/leuropa-rischia-una-nuova-repubblica-di-weimar.html

 

L’Ucraina vuole essere amica della NATO, con vantaggi

Guidato da un ex capo della NATO, il Kyiv Security Compact metterebbe per iscritto le garanzie di sicurezza occidentali, ma potrebbe essere troppo da sopportare per Washington.

Di  , giornalista di sicurezza nazionale e intelligence di Foreign Policy , e  , giornalista di diplomazia e sicurezza nazionale di Foreign Policy .

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Un combattente in un'unità di difesa territoriale, a supporto dell'esercito regolare ucraino, tiene in mano un fucile Kalashnikov decorato con un nastro della bandiera ucraina durante un'esercitazione di combattimento vicino a Bucha, in Ucraina, il 17 giugno.
Un combattente in un’unità di difesa territoriale, a supporto dell’esercito regolare ucraino, tiene in mano un fucile Kalashnikov decorato con un nastro della bandiera ucraina durante un’esercitazione di combattimento vicino a Bucha, in Ucraina, il 17 giugno.
Un combattente in un’unità di difesa territoriale, a supporto dell’esercito regolare ucraino, impugna un fucile Kalashnikov decorato con un nastro della bandiera ucraina durante un’esercitazione di addestramento al combattimento vicino a Bucha, in Ucraina, il 17 giugno. SERGEI SUPINSKY/AFP TRAMITE GETTY IMAGES

Il governo ucraino ha collaborato con un ex capo della NATO per proporre un nuovo patto di sicurezza tra i governi occidentali e l’Ucraina modellato in parte sulle relazioni del governo degli Stati Uniti con Israele. L’ex segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen si è recato a Washington la scorsa settimana per gettare le basi per presentare il piano agli Stati Uniti e ad altri importanti alleati occidentali.

“Loro [gli ucraini] stanno pagando un prezzo alto in termini di vita e di tesori. Il minimo che possiamo fare è assisterli sotto tutti gli aspetti”, ha affermato in una recente intervista a Foreign Policy .

Il piano, chiamato Kyiv Security Compact , mira a garantire garanzie di sicurezza legalmente vincolanti per l’Ucraina da una coalizione di paesi occidentali per rafforzare la sua capacità di respingere gli attacchi russi attraverso un’ampia formazione congiunta, la fornitura di sistemi avanzati di armi di difesa e il sostegno allo sviluppo la base industriale della difesa del paese. Nonostante il recente successo dell’Ucraina nell’allontanare le truppe russe da vaste aree dell’Ucraina orientale e meridionale, lunedì è stata sottolineata la vulnerabilità del paese quando gli attacchi missilistici russi hanno colpito infrastrutture critiche e siti civili nelle città di tutto il paese, inclusa la capitale Kiev.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è impegnato ad accelerare l’applicazione del suo paese alla NATO, ma funzionari ed esperti occidentali dubitano che l’offerta prenderà piede a breve termine mentre la guerra continua. Ma il patto proposto servirebbe in effetti come una forma di protezione occidentale provvisoria per l’Ucraina mentre cerca di diventare un membro a pieno titolo dell’alleanza NATO.

Ottieni l’esperienza completa.

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Rasmussen ha definito il patto essenzialmente come una codificazione formale del sostegno occidentale già esteso all’Ucraina dall’inizio dell’invasione a febbraio. Rasmussen ha lavorato con Andriy Yermak, capo di stato maggiore di Zelensky, sulla proposta da maggio e questo mese ha iniziato a presentare formalmente il piano ai governi della NATO, a partire da Washington.

Rasmussen ha fatto confronti tra il patto di sicurezza proposto e la cooperazione in materia di sicurezza degli Stati Uniti con Israele, paesi che si considerano stretti alleati militari e politici con strati di cooperazione bilaterale in materia di difesa e accordi di difesa reciproca ma che non hanno un trattato di difesa formale. “Abbiamo studiato diversi modelli di garanzie di sicurezza, tra cui Taiwan, Israele, garanzie di sicurezza storiche, ecc.”, ha affermato Rasmussen. “Questo è abbastanza vicino a quello che hai visto tra gli Stati Uniti e Israele”.

Ex funzionari statunitensi e diplomatici europei che hanno esaminato il patto hanno riconosciuto la necessità di affrontare la spinosa questione di sostenere il sostegno occidentale all’Ucraina a lungo termine, ma erano divisi sul fatto che il documento sarebbe stato in grado di colmare con successo tale lacuna.

“Apprezzo quello che stanno cercando di fare”, ha detto Jim Townsend, che ha servito come vice segretario aggiunto alla Difesa degli Stati Uniti per l’Europa e la NATO durante l’amministrazione Obama. Ha avvertito che cercare di essere troppo ambiziosi con il patto potrebbe minare gli sforzi per farlo decollare del tutto. “È il perfetto essere il nemico del bene.”

Con l’aiuto militare statunitense all’Ucraina che fa impallidire quello fornito da altri paesi, Rasmussen ha riconosciuto che il piano era imperniato sul sostegno degli Stati Uniti. “Senza il supporto attivo degli Stati Uniti, questa è solo una teoria”, ha detto. Tra gennaio e l’inizio di agosto, secondo il Kiel Institute for the World Economy’s Ukraine Support Tracker , Washington ha promesso più di 24 miliardi di dollari in aiuti militari, più di sei volte quelli del secondo donatore più grande, il Regno Unito.

Rasmussen ha definito il patto di sicurezza proposto come parte di una risposta a lungo termine alla sfida di lunga data dell’Occidente con la Russia, piuttosto che come un atto di beneficenza nei confronti dell’Ucraina, poiché Washington cerca di indirizzare più risorse alla competizione geopolitica con la Cina. “Se riusciamo a farlo bene, le garanzie di sicurezza all’Ucraina potrebbero risolvere il problema della Russia, perché è nell’interesse degli Stati Uniti avere un partner dell’Europa orientale forte e stabile come baluardo contro gli attacchi russi”.

“Se hai stabilità in Europa, gli Stati Uniti possono dedicare più risorse a quella che è la vera sfida globale a lungo termine: la Cina”, ha affermato.

Il patto proposto riconosce che il Memorandum di Budapest del 1994, in cui Washington, Londra e Mosca hanno promesso garanzie di sicurezza a Kiev in cambio della rinuncia al suo arsenale nucleare dell’era sovietica, si è “risultato inutile”. Il patto cercherà di codificare in legge il sostegno occidentale all’Ucraina.

“Gli ucraini giustamente affermano che [il Budapest Memorandum] era un pezzo di carta completamente inutile, che non hanno bisogno di un altro pezzo di carta inutile per far sentire tutti meglio”, ha affermato Heather Conley, presidente del German Marshall Fund del Stati Uniti. “Hanno bisogno di impegni e capacità per consentire all’Ucraina di proteggere il suo popolo e le sue infrastrutture… ma il diavolo sta nei dettagli su chi fornisce i sistemi e su come questi impegni sono garantiti, se sono garantiti”.

Gli attuali ed ex funzionari che sono stati informati sul piano riconoscono anche che mentre la NATO sta tenendo la porta aperta a un’eventuale adesione dell’Ucraina, probabilmente non accadrà a breve termine poiché la Russia continua a fare guerra sul suolo ucraino. Gli alti funzionari degli Stati Uniti e della NATO hanno ripetutamente affermato di voler evitare che il conflitto si trasformi in una resa dei conti diretta militare NATO-Russia, anche se continuano a consegnare armi all’Ucraina. Un fondamento dell’alleanza NATO è il patto di mutua difesa, dettagliato nell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico, che afferma che un attacco a un membro è un attacco a tutti i membri.

“Tutti riconoscono che, andando avanti, l’Ucraina ha bisogno di alcuni impegni codificati. In qualche modo deve essere inferiore all’articolo 5 ma più del Memorandum di Budapest”, ha affermato un alto diplomatico dell’Europa centrale informato sul piano, che ha parlato in condizione di anonimato poiché non era autorizzato a parlare pubblicamente sulla questione. “Tutti sono disposti a darci un’occhiata, ma sarà davvero difficile elaborare la sostanza in modo che tutti i nostri governi siano d’accordo”.

“Tutti, anche a Washington, capiscono che l’Ucraina ha bisogno di alcune garanzie e impegni, anche se la parola ‘garanzia’ sembra essere un po’ tossica”, ha aggiunto il diplomatico.

Sebbene gli Stati Uniti forniscano un solido aiuto militare ad altri partner in conflitto come Israele e Taiwan, tali relazioni sono regolate da atti del Congresso e memorandum d’intesa. Altre garanzie legalmente vincolanti per l’Ucraina, come l’adesione a tutti gli effetti alla NATO, richiederebbero un trattato per approvare un voto di due terzi al Senato. “L’asticella è troppo alta in termini di legalità”, ha detto Townsend.

Gli accordi non vincolanti potrebbero, tuttavia, essere annullati o annacquati dalle future amministrazioni statunitensi, il che potrebbe alimentare il desiderio dell’Ucraina di garanzie ferree. “Pensa al JCPOA”, ha detto Townsend, riferendosi all’accordo nucleare iraniano che è stato abbandonato dall’amministrazione Trump, un’abdicazione che ha sovralimentato il programma nucleare iraniano. “Non era legalmente vincolante, non era un trattato, e guarda cosa è successo.”

Con l’avvicinarsi dell’inverno e sia l’Europa che gli Stati Uniti devono far fronte a recessioni e aumento dei prezzi dell’energia, sono iniziati a crescere i timori che il sostegno all’Ucraina possa svanire mentre le sfide interne diventano al centro della scena. Allo stesso tempo, i paesi occidentali si sono dimostrati disposti a fornire attrezzature più sofisticate a Kiev mentre la guerra si trascinava.

“Se si guarda al sostegno dell’Occidente all’Ucraina da febbraio a marzo e aprile, è stato molto deludente”, ha affermato Kurt Volker, ex ambasciatore degli Stati Uniti presso la NATO. “Da maggio a dove siamo ora, l’Occidente è diventato più solidale e assertivo”.

Volker ha affermato che il modo migliore per proteggere l’Ucraina a lungo termine era concentrarsi sull’eventuale adesione del paese alla NATO, piuttosto che elaborare un’opzione provvisoria.

“È positivo avere questo [Kyiv Security Compact] come alternativa su cui le persone possono masticare”, ha affermato Volker, che è stato anche inviato speciale degli Stati Uniti in Ucraina. “Ma quando inizi a sovrapporlo all’effettiva adesione alla NATO e inizi a considerare questa come una possibilità in un momento in cui la Russia sarà stata sconfitta e sarà accettata a vivere entro i propri confini, la NATO è migliore”.

Volker, che è ottimista sulle prospettive di adesione dell’Ucraina alla NATO una volta che la guerra sarà finita, ha affermato che è improbabile che l’amministrazione Biden firmi garanzie di sicurezza provvisorie legalmente vincolanti.

“Se gli Stati Uniti come nazione si impegnano nella difesa di un paese in Europa, allora preferiremmo farlo attraverso la NATO, dove anche altri 30 paesi sono impegnati in quella difesa”, ha affermato.

Amy Mackinnon è una giornalista della sicurezza nazionale e dell’intelligence di Foreign Policy . Twitter:  @ak_mack

Robbie Gramer è un reporter di diplomazia e sicurezza nazionale presso Foreign Policy . Twitter:  @RobbieGramer

 

FONTE: https://foreignpolicy.com/2022/10/10/ukraine-nato-accession-kyiv-security-compact-rasmussen/

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Le funzioni dell’Intelligenza Artificiale

Il famoso filosofo Luciano Floridi ha scritto un ottimo saggio che riguarda l’attualità del futuro: “Etica dell’intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide” (Raffaello Cortina, 2022, euro 26).

L’attuale mondo digitale può essere considerato come “una tecnologia di terzo ordine” (p. 31). Da un certo punto di vista è “una tecnologia che sta tra noi e la natura”, ma è anche “una tecnologia che sta tra noi e un’altra tecnologia, come un motore”. Poi oggi la tecnologia “sta tra una tecnologia e un’altra tecnologia, come un sistema computerizzato che controlla un robot che dipinge un’automobile (terzo ordine)”.

L’intelligenza artificiale è una disciplina non definita o malamente definita. In pratica è “un’inutile scorciatoia per fare riferimento a una famiglia di scienze, metodi, paradigmi, tecnologie, prodotti e servizi”. E anche processi. Turing si pose la giusta domanda se le macchine possono pensare. I risultati di tutti gli anni, anche gli ultimi, sembrano dimostrare che “l’approccio ingegneristico” risulta molto proficuo, mentre l’approccio cognitivo ha dimostrato per ora solo una grande inconsistenza. Intendere però l’Intelligenza Artificiale solo “come nuova forma dell’agire”, rischia “di spingere l’umanità a adattarsi alle sue tecnologie intelligenti” (p. 40) in maniera troppo passiva.

Quindi secondo il filosofo Luciano Floridi l’Intelligenza Artificiale “non è una nuova forma di intelligenza, ma una forma di agire senza precedenti. Per questo, di tutte le aree dell’etica applicata, la bioetica è quella che più assomiglia all’etica digitale nel trattare ecologicamente nuove forme di agenti, pazienti e ambienti” (p. 96). L’IA sarebbe forse un’azione che lascia un bel segno.

Oggi la modernità è stata “re-ontologizzata”, si tratta di una percezione che viene continuamente modificata, e “il digitale sta anche ridefinendo dal punto di vista epistemologico la mentalità moderna, cioè molte della nostre concezioni e idee consolidate” (p. 31). Si creano così dei curiosi effetti “ri-epistemologizzanti”. La scienza viene quindi continuamente ridefinita anche a seconda delle convenienze dei vari potenti, a volte in maniera veramente estrema.

Per essere più precisi “La democrazia rappresentativa è comunemente (benché erroneamente) concepita come un compromesso dovuto a vincoli pratici di comunicazione. La vera democrazia sarebbe quella diretta, in quanto basata sulla partecipazione immediata, costante e universale di tutti i cittadini alle questioni politiche” (p. 32). I cittadini farebbero gli interessi dei cittadini.

Per molte persone l’attuale trasformazione digitale permette di unire “sovranità e governance per offrire un nuovo tipo di democratica agorà digitale, che potrebbe infine rendere possibile il costante coinvolgimento diretto di ogni cittadino interessato” (p. 33). O comunque potrebbe essere richiesto il coinvolgimento dei cittadini più preparati in varie professioni e funzioni.

Staremo a vedere a chi darà ragione l’attuale brutta Storia Occidentale. In ogni caso l’innovazione si basa su “almeno tre elementi principali: la scoperta, l’invenzione e il design” (p. 36). Secondo molti studiosi la cultura è nel lungo termine un processo naturale e artificiale di miglioramento.

Luciano Floridi è un filosofo con una grandissima esperienza internazionale che ora insegna anche all’Università di Bologna (anche Oxford).

Per alcuni approfondimenti mirati e recenti (universitari e non): https://www.youtube.com/watch?v=Y9vHVii_RQg (Lectio Magistralis, Università di Udine); https://www.youtube.com/watch?v=c6JZJPml00c (governare l’Intelligenza Artificiale; Pandora, https://www.pandorarivista.it); https://www.youtube.com/watch?v=4JN_Dr1vPhk (ricostruire l’Intelligenza Artificiale e il Futuro); https://www.youtube.com/watch?v=vVp0SHqDEwY (On Life, https://www.designatlarge.it/luciano-floridi-onlifehttps://lucianofloridi.net).

Nota esistenziale – “L’uomo sociale è anche un essere morale. Egli ha due facoltà morali: la ragione e il sentimento” (Silvana Greco racconta Moses Dobruska, Il sociologo eretico, p. 117); “L’egoismo distrugge la divinità di un interesse comune” (Moses Dobruska, Giuntina, 2021, p. 129; un grande intellettuale finito male nella Francia del Settecento, intervento di Brigitte Schwarz; www.mosaico-cem.it/cultura-e-societa/libri/i-numerosi-volti-di-dobruska-filosofo-poeta-ribelle).

Nota curiosa – “La questione se un computer possa pensare non è più interessante della questione se un sottomarino possa nuotare” (Edsger Wybe Dijkstra, informatico olandese morto nel 2002).

Nota finale – “Il fatto che Watson, il sistema IBM in grado di rispondere alle domande poste in un linguaggio naturale, possa sconfiggere i suoi avversari umani giocando a Jeopardy! dice di più sugli ingegneri umani, le loro incredibili capacità e competenze, e il gioco stesso, che sull’intelligenza biologica di qualsiasi tipo, inclusa quella di un topo” (p. 49).

 

DAMIANO MAZZOTTI

“Prima delle leggi, prima della stampa, la democrazia è la parola che puoi scambiare con uno sconosciuto” (Arturo Ixtebarria’).

Damiano Mazzotti è nato nel 1970 in Romagna e vive in Romagna. Si è laureato in Psicologia Clinica e di Comunità a Padova nel 1995. Nel corso della vita si è occupato di consulenza, di formazione e di comunicazione, lavorando nella Regione Emilia-Romagna, per società di Milano e per l’Istituto Europeo di Management Socio-Sanitario di Firenze. Nel 2008 diventa uno studioso indipendente e un Citizen Journalist che ha pubblicato centinaia di articoli sulla piattaforma informativa Agoravox Italia (www.agoravox.it/Damiano-Mazzotti). Nel 2009 ha pubblicato Libero pensiero e liberi pensatori, il primo saggio di un giornalista partecipativo italiano.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-le_funzioni_dellintelligenza_artificiale/44290_47550/

 

 

 

STORIA

Le Colonie d’Italia

Stato Magna Grecia – Due Sicilie 28 09 2022

  1. Nel 1860 Il Piemonte, con l’aiuto dei “traditori del Meridione”, invade il Regno e lo sottomette a stato di Colonia, facendo nascere un sedicente Regno d’Italia.
  2. Dal 1882 al 1946 il Regno d’Italia colonizza l’Eritrea.
  3. Dal 1890 al 1945 il regno d’Italia colonizza la Somalia.
  4. Dal 1911 al 1943 il Regno d’Italia colonizza la Libia.
  5. Dal 1936 al 1941 il Regno d’Italia colonizza l’Etiopia.
  6. Nel 1945 la colonizzazione della Somalia si trasforma in Amministrazione Fiduciaria.
  7. Nel 1946 Il sedicente Regno d’Italia si trasforma in Repubblica Italiana.
  8. Dal 1946 al 1947 la Repubblica Italiana continua a colonizzare l’Eritrea.
  9. Dal 1946 al 1960 la Repubblica Italiana continua l’Amministrazione Fiduciaria della Somalia.
  10. Al sedicente Stato italiano – fallito miseramente ogni tentativo di colonizzare parte dell’Africa – non resta che la Colonia Interna: Il Meridione; ma non potendo, direttamente, applicare il diritto coloniale ai cittadini, lo fa al Territorio.

Ora, non pensate che anche la prima (e l’ultima) Colonia dell’ex sedicente Regno d’Italia debba riconquistarsi la propria libertà?

Noi sì!

 

FONTE: https://www.facebook.com/StatoDueSicilieMagnaGrecia/posts/pfbid04iVeTHNKLjwodYjMjxaA2g4aKEfuvPKVJZZ1jrWTWiLZVj2VvgJHXmbrHEc8oV2ml

 

 

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