RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 14 MARZO 2022

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 14 MARZO 2022

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Intelligenti pauca

(A chi è intelligente bastano poche parole)

L’ape latina, Hoepli, 1985, pag. 129

 

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SOMMARIO

Mini: Ucraina e nazisti, Russia sotto attacco Nato dal 1997
Basta accusare l’uomo per un’emergenza climatica che non c’è
Vescovi col Super Green pass, i sacramenti possono attendere
Vaccinazioni: le bugie, le sporche bugie e le statistiche
AUTODILANIAMENTO
Ipno fessionisti dell’informazione
Cosa ha tagliato la NBC dall’intervista a Putin?
Anche in Italia il Garante della privacy blocca la più controversa startup di riconoscimento facciale al mondo
Come il riconoscimento facciale viene usato per identificare i soldati russi in Ucraina
La pace passa anche dalle immagini che si trasmettono
Fuoco nei sobborghi e bombe a intermittenza per l’ultima battaglia
“Se fossi Zelensky, oggi avrei paura: ma non di Putin”
CHI È JAMES CORBETT?
La BCE è il miglior alleato di Putin: annuncia una stretta monetaria in mezzo a una crisi. In arrivo il “Momento Trichet”
QUALI CONSEGUENZE PER LE BANCHE CON LA GUERRA?
«Stipendio ai sospesi no vax»: il Tar ribalta il governo
QUANDO ANCHE LA GUERRA DIVENTA POLITICAMENTE CORRETTA
COMBATTERE PER L’ITALIA
Progrom antirusso di Odessa
LA PRIMAVERA EUROPEA.
RICORDARE ANDREA ROCCHELLI
Chi decide l’Ordine del mondo?
Israele sbalordito dai neonazisti ucraini
È morto l’uomo che uccise Ernesto Che Guevara

 

 

IN EVIDENZA

Mini: Ucraina e nazisti, Russia sotto attacco Nato dal 1997

Il falso è che la guerra sia cominciata con l’invasione russa dell’Ucraina. Questo in realtà è un atto nemmeno finale di una guerra tra Russia e Ucraina cominciata nel 2014 con l’insurrezione delle provincie del Donbass poi dichiaratesi indipendenti. Da allora le forze ucraine hanno martoriato la popolazione russofona ai limiti del massacro e nessuno ha detto niente. Per quella popolazione in rivolta contro il regime ucraino non è stata neppure usata la parola guerra di liberazione o di autodeterminazione così care a certi osservatori internazionali. E’ bastato dire che la “Russia di Putin” voleva tornare all’impero zarista per liquidare la questione. L’ipocrisia è l’atteggiamento della propaganda occidentale pro-Ucraina che, prendendo atto che esiste una guerra, finge di non sapere chi e che cosa l’ha causata e si stupisce che qualcuno spari, qualcun altro muoia e molti siano costretti a fuggire. Ipocrisia ancor più grave della propaganda è il silenzio omertoso di coloro che tacciono sul fatto che dal 2014 Stati Uniti e Nato hanno riversato miliardi in aiuti quasi interamente destinati ad armare l’Ucraina e migliaia di professionisti della guerra per addestrare e arricchire i gruppi estremisti e neonazisti.

Non credo che dall’Europa sia stata sottovalutata, la questione ucraina esplosa nel 2014: è stata volutamente indirizzata verso la trasformazione graduale del paese in un avamposto contro la Russia, a prescindere dalla sua ammissione alla Nato. Di qui la pseudo-rivoluzione arancione (2004), il sabotaggio interno ed esterno di ogni tentativo di stabilizzazione, Fabio Minil’alternanza di governi corrotti, la pseudo-rivolta di Euromaidan, il colpo di stato contro il presidente Yanukovich (2014) fino alla elezione di Zelensky. Quest’ultimo è passato da un programma elettorale contro gli oligarchi, contro la corruzione politica e la promessa di “servire il popolo” ad una politica dichiaratamente provocatoria nei confronti della Russia. E questo era esattamente ciò che volevano gli Stati Uniti, e quindi la Nato, dal 1997. L’espansione della Nato a Est, iniziata in quell’anno dopo una serie di prove di coinvolgere nella “cooperazione militare i paesi dell’Europa orientale” (programma “Partnership for peace”) è stata una provocazione continua per 24 anni. Per oltre un decennio, la Russia non ha potuto opporsi. E la Nato, sollecitata in particolare da Gran Bretagna, Polonia e repubbliche baltiche, ha pensato di poter chiudere il cerchio attorno ad essa “attivando” sia Georgia sia Ucraina.

La Russia è intervenuta militarmente in Georgia, e questo ha dato un segnale forte agli Usa e alla Nato, che non hanno voluto intervenire. Durante la crisi siriana del 2011, la Russia si è schierata con il governo di Bashar Assad. E successivamente, con la guerra all’Isis, è intervenuta militarmente, dando un contributo sostanziale alla sua neutralizzazione. Bashar Assad è ancora lì. Le operazioni russe in Siria, ancorchè concordate e coordinate sul campo con la coalizione a guida americana, hanno disturbato i piani di chi voleva approfittare dell’Isis e delle bande collegate per destabilizzare l’intero Medio Oriente. Un altro segnale del mutato umore russo è stata l’annessione della Crimea subito dopo il colpo di stato contro Yanukovic sostenuto dagli Stati Uniti e in particolare dall’inviata del Dipartimento di Stato Victoria Nuland e dall’allora vice presidente Biden. Dal 2014 in poi, l’Ucraina – con il sostegno degli Stati Uniti e della Nato – ha assunto una linea ancora più ostile nei confronti della Russia e iniziato ad integrare nelle forze armate e nella polizia  i gruppi neonazisti che si erano “distinti” negli scontri di Maidan. Gli stessi che ora organizzano la “resistenza ucraina” e coordinano i circa 16.000 mercenari sparsi per il paese. Per tutto questo mi sento di dire che la Nato non ha trascurato l’Ucraina, anzi l’ha spinta con forza in un’avventura pericolosa per entrambi e soprattutto per noi europei.

All’inizio dell’invasione ho cominciato a vedere i segni non di una “operazione speciale”, come l’ha definita Putin, ma di una serie di operazioni ad obiettivi limitati, unite dallo scopo strategico di impedire all’Ucraina di diventare il fulcro della minaccia militare alla Russia, ma tatticamente indipendenti. Le operazioni riguardavano la messa in sicurezza di territori del Donbass, la fascia costiera del Mar d’Azov e del Mar Nero fino a Odessa e, se necessario, fino al confine con la Moldavia neutrale. L’avanzata su Kiev doveva essere l’operazione principalmente politica di pressione per i negoziati e l’eventuale instaurazione di un governo favorevole alla linea russa. Questa operazione non è vincolata né al tempo né agli obiettivi: dipende dagli eventi. Se quelli diplomatici, politici e operativi evolvono in maniera soddisfacente, l’operazione può essere interrotta. In caso contrario, dalla marcia d’afflusso Tankle forze possono passare allo schieramento attorno alla città; e se ancora gli eventi sono negativi, possono passare alla “preparazione” di fuoco poi al fuoco aereo; e poi, se e quando la città è allo stremo, potrà iniziare la presa vera e propria della città.

Questo tipo di operazioni con la tecnica del carciofo ha spiazzato tutti gli analisti della domenica che si aspettavano (e forse cinicamente si auguravano) di vedere la tempesta di fuoco alla quale ci hanno abituato gli americani in tutte le loro guerre. Ovviamente questa incredulità ha alimentato le speculazioni sull’effettiva potenza dell’apparato russo e sulla eroica resistenza ucraina che avrebbe arrestato  l’invasione. L’apparato che vediamo in televisione dice però una cosa diversa: l’operazione è ancora intenzionalmente alla prima fase, in attesa di eventi. In questa situazione i vantaggi vengono soltanto dall’efficacia e credibilità della pressione. Gli svantaggi riguardano sia le provocazioni esterne (da parte della Nato) sia il rafforzamento della resistenza interna, che non muterebbe il risultato dell’operazione ma farebbe molti più danni. Non credo proprio che le armi inviate dall’Italia, e gli stessi mercenari, potranno incidere sulle sorti del conflitto; però lo renderanno più sanguinoso e anche di livello operativo più elevato. In caso di squilibrio di forze tattiche, si tende a passare a quello strategico: e allora potranno essere impiegate armi di livello strategico come bombardieri, missili e perfino armi nucleari tattiche; tutte cose che porterebbero ad uno scontro diretto fra Nato e Russia.

Le richieste russe, come in qualsiasi negoziato sono la base di una discussione. Se non è soddisfacente, ciascuna parte deve finirla di dire cosa vuole e cominciare a pensare cosa può cedere. In genere, il più forte è quello più disponibile a cedere: perché ritiene di “concedere” e quindi mantiene il prestigio intatto. La parte più debole deve solo ridimensionare il livello di ambizione. In questo caso, ogni minima riduzione dell’ambizione ucraina porterebbe una grande concessione: la salvezza del paese. Il nostro paese ha decretato unilateralmente, come se parlasse per tutti, la fine dei negoziati, fra l’altro con un atteggiamento bullistico. L’atteggiamento degli altri è molto meno arrogante. E questo li rende in sintonia. Ma anche nel bullismo non siamo fra i migliori. La Gran Bretagna e la Polonia ci battono. La dichiarazione di “No fly zone” dei cieli dell’Ucraina sarebbe un modo per accelerare il disastro. Chi la sta chiedendo a gran voce vuole il disastro e dimostra la propria incapacità di controllare il proprio spazio aereo. Vuole un pretesto per trascinare in guerra Neonazisti ucrainiijpgtutta l’Europa. Non dobbiamo cedere a questa tentazione perversa, soprattutto nei momenti come questi, quando un attacco aereo finisce per colpire un padiglione di ospedale e l’emozione soffoca la razionalità.

La narrativa occidentale cerca oggi di censurare la presenza di neonazisti nei battaglioni incorporati alle forze ucraine? La “denazificazione” a cui si riferisce Putin non riguarda l’Ucraina, ma il suo apparato governativo in cui tali elementi si trovano anche in posizione di vertice. I reportage hanno tutti ragione e comunque non rendono l’esatto conto della presenza e dell’influenza di questi gruppi. Sono state proprio le forze di polizia e dell’intelligence ucraina ad opporsi all’inserimento di tali elementi nei loro ranghi. Hanno dovuto subire, ma oggi la caccia al russo (o filorusso) potrà mutare in “caccia al nazi”. E visti i numeri e la frenesia degli interessati, non mi stupirei se domani l’Ucraina cadesse dalla padella della guerra contro la Russia nella brace di una guerra civile. Cosa dovrebbe fare il governo italiano in questo contesto e più in generale l’Europa? Negoziare, finirla con il pensiero unico e la propaganda, aiutare l’Ucraina a ritrovare la ragione e la Russia ad uscire dal tunnel della sindrome da accerchiamento: non con le chiacchiere, ma con atti concreti. E quando la crisi sarà superata, sperando di essere ancora vivi, Italia ed Europa dovranno impegnarsi seriamente a conquistare quella autonomia, dignità e indipendenza strategica che garantisca la sicurezza europea a prescindere dagli interessi altrui.

(Fabio Mini, dichiarazioni rilasciate a “L’Antidiplomatico” nell’intervista “Guerra in Ucraina, invio di armi e propaganda”, pubblicata il 10 marzo 2022. Il generale Mini, già dirigente della Nato,

FONTE: https://www.libreidee.org/2022/03/mini-ucraina-e-nazisti-russia-sotto-attacco-nato-dal-1997/

 

 

 

Basta accusare l’uomo per un’emergenza climatica che non c’è

La transizione energetica viene ora identificata con la rinuncia ai combustibili fossili. La decarbonizzazione trova la sua giustificazione nell’ipotesi che le emissioni antropiche di CO2 siano una grave minaccia per il clima. Ma non ci sono prove sufficienti per affermarlo e i dati che abbiamo non dimostrano un’emergenza climatica.

 

Orso polare su ghiacci sciolti

La transizione energetica è parte importante della transizione ecologica. Essa viene ora identificata con la decarbonizzazione ovvero la rinuncia all’uso dei combustibili fossili sostituendoli con le fonti rinnovabili in particolare solare fotovoltaico ed eolico. La decarbonizzazione trova la sua giustificazione nell’ipotesi che le emissioni antropiche di CO2 costituiscano una grave minaccia per il clima del pianeta al punto di renderlo inabitabile in un prossimo futuro. Tale ipotesi, fortemente supportata e propagandata dall’ONU tramite le associazioni IPCC e UNFCCC non è scevra da dubbi e criticità, che i suoi sostenitori minimizzano e i suoi critici enfatizzanoNel seguito, pertanto, si riassumono senza intenti polemici e obiettivamente, cioè fondandosi su dati verificabili e riportati dalla stessa IPCC, i principali dubbi sulla natura antropica del cambiamento climatico in atto.

Il clima globale riguarda tutto il pianeta ed è ovviamente l’insieme di tanti climi locali. La variabile principe che lo caratterizza è la temperatura globale media di superficie (Tgm) che influisce sulle due principali variabili globali che sono la copertura niveo-glaciale e il livello del mare. La variazione del clima globale potrebbe causare aumento dei così detti eventi estremi sia in termini di frequenza che di intensità.

 Una recentissima ricerca sul problema evidenzia, in accordo con il rapporto AR6 dell’IPCC (2021), che l’unico dato che evidenzia aumento della frequenza riguarda il fenomeno delle ondate di calore. Tutti gli altri eventi estremi, inondazioni, siccità, uragani, tornado non mostrano aumentati di intensità e di frequenza da circa 50 anni, per periodi più lunghi non ci sono dati attendibili. A livello locale può essere che si siano verificati aumenti di intensità e di frequenza di eventi estremi, ma è sempre molto difficile conoscere i dati del passato per la disomogeneità e inadeguatezza dei sistemi di rilevamento. Ben diverso è il problema dei danni causati dai fenomeni estremi a livello locale che possono essere fortemente aumentati a causa prevalentemente della antropizzazione incontrollata del territorio.

Per quanto riguarda invece il legame tra la variazione del clima globale e le emissioni antropiche di anidride carbonica, si segnalano le seguenti criticità.

1- Non è certo che l’aumento della concentrazione di CO2 in atto dal 1700 derivi prevalentemente dalle emissioni antropiche che solo ora contribuiscono al 5% del totale immesso in atmosfera. I combustili fossili hanno iniziato a rappresentare un contributo significativo solo dopo il 1850 poiché in precedenza il petrolio e il gas naturale non erano ancora usati a fini energetici e non c’erano centrali termoelettriche. Ciò significa che per circa un secolo la concentrazione di CO2 è aumentata per cause diverse molto probabilmente naturali. Anche la variazione della concentrazione isotopica del C in atmosfera C13/C12 e C14/C12, assunto dai sostenitori dell’AGW come prova che l’aumento derivi dalle emissioni antropiche, è un fenomeno fortemente legato anche ad altri fatti quali la concentrazione di C13 in tutta i prodotti organici e il forte aumento di C14 in atmosfera a seguito delle prove di bombe nucleari negli anni ‘60 e non giustifica l’AGW.  Si consideri inoltre che l’aumento della Tgm associato con quello della concentrazione di CO2 ha probabilmente contribuito nell’ultimo mezzo secolo al generale rinverdimento della terra che è un fatto accertato e positivo per tutta l’umanità.

2- L’aumento della concentrazione di CO2 è stato ed è tuttora praticamente eguale nei due emisferi terrestri, mentre le emissioni antropiche sono fortemente concentrate nell’emisfero nord. È scientificamente accertato, anche con misure molto accurate di prodotti radioattivi emessi nell’emisfero nord fino agli anni ’60 a seguito di test di bombe “atomiche”, che la barriera equatoriale è piuttosto impervia al miscelamento dell’atmosfera tra i due emisferi. Non si capisce quindi, se l’aumento della concentrazione di anidride carbonica fosse essenzialmente dovuto alle emissioni antropiche, come non resti alcun segno di questa differenza tra i due emisferi.

3- C’è il forte dubbio dovuto alla disponibilità di molti dati sperimentali recenti e remoti, supportato anche da 140 pubblicazioni scientificamente accreditate, che a livelli elevati di concentrazione di CO2 in atmosfera, anche inferiori al livello attuale, essa non abbia più alcun effetto sulla temperatura globale media (Tgm). Una volta che la COe abbia raggiunto una concentrazione tale da assorbire tutta l’energia compresa nel suo spettro di assorbimento ulteriori aumenti diventano irrilevanti e questa situazione potrebbe essere già stata raggiunta.

Diversi rilievi sperimentali relativi alle ultime glaciazioni e interglaciazioni, ottenuti dall’analisi dei carotaggi di ghiaccio nelle zone polari, mostrano inoltre che in generale è l’aumento di temperatura che precede la crescita della concentrazione di CO2 e non il contrario, come supporrebbe l’ipotesi del riscaldamento globale causato dalle emissioni antropiche di gas serra.

– L’andamento della Tgm è disponibile mediante misure dirette e ritenute attendibili solo dal 1850. Da allora essa è variata sia in aumento sia in diminuzione attestandosi alla fine del 2021 a circa 1°C più alta rispetto al valore di riferimento iniziale. Dall’inizio del 2020 alla fine del 2021 la Tgm è diminuita di circa 0.5°C pari alla metà dell’aumento dal 1850. Variazioni di questo ordine non sono indici di emergenza climatica. La Tgm anche negli ultimi millenni -quindi non includendo le transizioni tra glaciazioni e interglaciazioni – è variata più volte in aumento e diminuzione con valori maggiori, a titolo di esempio nel così detto “periodo caldo medioevale” nell’emisfero nord è stata stimata essere di circa 2°C superiore al livello attuale e ciò è confermato dal fatto che i ghiacciai alpini ora in ritirata fanno emergere sui loro fronti (~2500m slm) grandi alberi che esistevano, sotto l’attuale coltre ghiacciata, nel periodo caldo  medioevale.

Le previsioni catastrofiche che ora vengono propinate sono basate sui risultati ottenuti con modelli matematici che differiscono anche molto fra loro e che in media danno risultati  non attendibili sia per periodi recenti che remoti. D’altronde   l’IPCC stesso riconosce che il sistema climatico è molto complesso ed è molto difficile fare previsioni attendibili a lungo termine, ciononostante fa proiezioni allarmanti per orientare le scelte politiche.

L’insieme dei dubbi sulla natura antropica del recente cambiamento climatico, l’entità rilevata finora e la poca attendibilità dei modelli fanno pensare che non si sia in uno stato di emergenza climatica causato dalle emissioni antropiche di CO2.

FONTE: https://lanuovabq.it/it/basta-accusare-luomo-per-unemergenza-climatica-che-non-ce

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Vescovi col Super Green pass, i sacramenti possono attendere

Non solo Draghi, anche alcune diocesi emarginano chi non si vaccina. A Bergamo divieto di distribuire la comunione per i preti non vaccinati e a Salerno addirittura vengono lasciati senza sacramenti anziani e malati che non sono vaccinati e non possono uscire di casa. Ci sono gli estremi per imbastire un processo canonico, ma comunque in questi casi i preti sono tenuti a disattendere le norme dei loro vescovi, che sono in contrasto con l’ordine sacro.

 

Un paragrafo, evidenziato con il grassetto, nel quale il Vescovo di Bergamo, Mons. Francesco Beschi “rinnova l’appello alla vaccinazione così come sostenuto da Papa Francesco. Si tratta di una indicazione che richiede di tradursi, come obbligo morale, e per quello che è previsto, di obbligo legale, in comportamenti coerenti, dettati da uno spirito di sintonia ecclesiale e di responsabilità da parte di coloro che rivestono compiti di guida nelle comunità”. E’ questa la nuova trovata dei pastori sanitariamente corretti, come Mons. Beschi, che anticipando persino la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’ultimo diktat del Governo Draghi, si affretta ad incarnare il verbo governativo, quasi fosse un funzionario di Stato, emanando nuove indicazione per le parrocchie (vedi qui).

Indicazioni che si possono riassumere come un obbligo di Super Green Pass praticamente per tutte le persone sopra i 12 anni che intendano partecipare a “eventi occasionali pubblici, aperti alla libera partecipazione […] sia all’aperto che al chiuso, siano formativi o informativi, culturali, musicali, aggregativi, ricreativi”. Stesso obbligo “per servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio (anche bar degli oratori) o in qualsiasi contesto […] sia per il consumo al tavolo sia al banco, all’aperto o al chiuso”, come anche per sagre, spettacoli, incontri anche di catechesi per gli adulti, anche se tenuti in chiesa. Coinvolte anche le attività sportive, inclusi gli spettatori, e i corsi di formazione per adulti. Super GP anche per i sacrestani, i ministri straordinari, i volontari, catechisti e animatori.

Seppellito definitivamente il tampone, via libera ai vaccinati e ai guariti (che tra qualche mese, ovviamente, si estingueranno), che siano infetti o meno. Per ora restano esenti dal super lasciapassare le celebrazioni rituali, le catechesi non per adulti, le riunioni dei consigli e dei gruppi parrocchiali e, bontà loro, “la libera frequentazione degli spazi parrocchiali all’aperto”, ma sempre con la mascherina e rimanendo distanziati. Benvenuti nella chiesa pianificata seconde le regole sanitariamente corrette.

Norme maniacali a parte, indice comunque di una sottomissione irriflessa e supina al potere di turno, la diocesi di Bergamo inaugura ufficialmente lo spostamento dell’asse morale della vaccinazione: da moralmente possibile in alcune circostanze ben precise (Congregazione per la Dottrina della fede), a raccomandata come atto d’amore (Papa Francesco), ed infine ad obbligo morale (un altro Francesco, questa volta Beschi). Che una cooperazione materiale remota al male potesse addirittura divenire obbligatoria non l’avevamo mai sentito; ma è certamente segno che in quel di Bergamo il problema morale delle linee cellulari fetali non è più nemmeno un lontano ricordo.

Scendendo le diocesi dello Stivale, si fanno scoperte ancora più gravi. Mons. Andrea Bellandi, arcivescovo della diocesi di Salerno – Campagna – Acerno, dopo aver richiamato quanti non hanno ancora ricevuto la vaccinazione a “domandarsi in coscienza se una tale scelta sia coerente e rispettosa dei numerosi inviti fatti a favore di esso, in primis dallo stesso Papa Francesco” (vedi qui), si mette sotto i piedi la legge divina, senza farsi un equivalente esame di coscienza.

“Esigo espressamente che l’Eucaristia, durante le celebrazioni, NON VENGA DISTRIBUITA dai sacerdoti, diaconi o ministri straordinari non vaccinati. In caso di assoluta necessità, autorizzo che, per la distribuzione, venga scelta ad actum una persona di fiducia (religiosa o catechista) dotata di avvenuta vaccinazione” (maiuscolo e sottolineatura nel testo).
Che è come dire che il carattere impresso dall’Ordine sacerdotale viene ormai subordinato al “carattere” impresso dal vaccino.

Sulla stessa linea d’onda il suo confratello nell’episcopato, nonché vicino di casa, mons. Giacomo Cirulli, vescovo di Teano-Calvi e Alife-Caiazzo, il quale proibisce “la distribuzione dell’Eucaristia da parte di sacerdoti, Diaconi, religiosi e laici non vaccinati” (vedi qui) e ricorda “che durante la Celebrazione le ostie sull’altare devono essere tenute rigorosamente coperte nei previsti vasi sacri”. Non sia mai che il Signore diventi positivo anche Lui e, dopo aver vinto la morte di Croce, debba infine soccombere dopo tachipirina e vigile attesa.

Anche il carattere impresso dal Battesimo pare ormai irrilevante. Perché per mons. Bellandi i battezzati non vaccinati non sono degni di ricevere la visita di un sacerdote nelle loro case, evidentemente per riceverne il conforto dei sacramenti: “Per quanto riguarda la visita agli anziani e agli ammalati, si abbia molta cautela, valutando i singoli casi e chiedendo l’esplicito consenso dei familiari. In ogni caso è fatto assolutamente divieto di compiere tali visite a coloro che non sono in possesso del green pass rafforzato”.

Questo è il risultato di quando i vescovi danno più credito al telegiornale che alla parola di Dio, obbediscono più docilmente al Governo che al Padre eterno, e confidano maggiormente nei sieri miracolosi che non nei sacramenti e nella preghiera. Mons. Bellandi, in particolare, dovrebbe subire un processo canonico, in quanto sta violando importanti norme canoniche, che discendono dal diritto divino. In particolare, il can. 843 § 1, che vieta ai ministri sacri di “negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano ben disposti e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli”; il can. 911 § 1, secondo il quale “hanno il dovere e il diritto di portare l’Eucaristia sotto forma di Viatico agli infermi, il parroco e i vicari parrocchiali, i cappellani, etc. “; il can. 912, che dispone che “ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione”; il can. 1003 §§ 2-3 che conferisce il “dovere e diritto di amministrare l’unzione degli infermi” a tutti i sacerdoti.

I sacerdoti sono dunque tenuti a disattendere queste norme dei loro vescovi, che appaiono del tutto in contrasto con l’ordine sacro che solo li costituisce “ministri sacri” e li abilita “a pascere il popolo di Dio, adempiendo nella persona di Cristo Capo, ciascuno nel suo grado, le funzioni di insegnare, santificare e governare” (can. 1008).

Dal momento che vaccinati o non vaccinati si ha comunque la possibilità di trasmettere il virus, come anche di infettarsi, decade qualsiasi principio prudenziale che possa dare un minimo di credito a disposizioni di questo tipo. Il sacerdote non ha solo il diritto, ma il dovere di amministrare i sacramenti a quanti, debitamente disposti, glielo chiedono; qualunque omissione in questo ambito, ricade non solo sul vescovo, ma sullo stesso presbitero.

Siamo passati da epoche in cui vescovi, sacerdoti e religiosi si distinguevano per l’eroicità con cui assistevano sacramentalmente gli appestati, i lebbrosi o gli affetti da qualsiasi genere di malattia, esponendosi al rischio di ammalarsi e morire, a quello in cui il prete modello è quello che se ne frega delle anime non vaccinate ed esercita il suo ministero solo se inoculato con un siero, oltretutto realizzato in modo del tutto immorale. Sicuri che questi pastori siano ancora cattolici?

FONTE: https://lanuovabq.it/it/vescovi-col-super-green-pass-i-sacramenti-possono-attendere

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Vaccinazioni: le bugie, le sporche bugie e le statistiche

Marzo 13, 2022 posted by Cupio Dissolvi

Il “COVID ha ucciso uno su 100 anziani americani”.

Il titolo è apparso sulla prima pagina del New York Times a metà dicembre del 2021. Nel sottotitolo sottolineano che quando i decessi correlati al virus hanno raggiunto la cifra di 800.000 negli Stati Uniti, “Three quarters Are Age 65 and Older”. Tre quarti avevano più di 65 anni.

In primo luogo, le statistiche pubblicate in primo piano dal Times non vengono riportate per ridurre l’importanza del virus. Le persone vere sono morte e le persone vere hanno perso i propri cari. Un virus che secondo molti si è diffuso più velocemente dell’influenza ha in gran parte risparmiato coloro che potevano ancora rivendicare la giovinezza, o i bambini. Meglio ancora, come il titolo sopra menzionato ha chiarito, il virus si è dimostrato piuttosto mite quando è stato incontrato anche da persone anziane. Dopo di che, si spera non sia scorretto affermare ciò che dovrebbe essere ovvio: le persone di età superiore ai 65 anni il più delle volte hanno difficoltà mediche molto maggiori di quelle di 55, 45 e più giovani.

A questo proposito, il Times ha regolarmente riportato che di quelli classificati come uccisi dal virus, una percentuale molto alta aveva altre patologie molto gravi. Se è così, non si può dire che di quegli americani uccisi dal COVID, un numero consistente di loro è morto con il COVID, anziché a causa del Covid?

Tenendo conto di queste statistiche e di queste domande, noteremo che i numeri non sono sufficienti per essere additati come la logica causa che ha portato ai lockdown. I lockdown semplicemente non hanno mai avuto senso e l’argomento a loro favore è stato paradossalmente indebolito proprio dagli esperti che hanno detto che il virus era potenzialmente molto pericoloso per la nostra salute. Pensateci: se il virus avesse ucciso un gran numero di persone di tutte le età in modo piuttosto indiscriminato, qualsiasi presa di libertà da parte dei politici sarebbe stata superflua. Chi di noi ha bisogno di essere costretto ad essere cauto di fronte alla morte oggettivamente dilagante? I lockdown anche nei giorni in cui sembravano più urgenti, sono stati sempre un totale e completo illogico. Peggio ancora, erano contro la salute e la vita.

Pensiamoci. Cosa avrebbero fatto le persone libere in mezzo a un virus che si diffondeva? Alcuni si sarebbero completamente chiusi volontariamente, alcuni molto, altri non molto, e quindi i giovani probabilmente avrebbero continuato a vivere la vita come avevano sempre fatto tra le feste e i pub e in tutte quelle amene attività tipiche della gioventù. Coloro che non seguono l’opinione degli esperti sono il gruppo di controllo. Contravvenendo a quello che dicono gli esperti, ci insegnano attraverso le loro azioni quali scelte di vita sono più rischiose per quanto riguarda il virus, quali non lo sono e quali potrebbero comportare qualche pericolo. Le persone libere producono informazioni cruciali, così come le persone anziane del resto. I politici hanno invece scelto di renderci ciechi a informazioni di qualità con un metodo unico. Tutto questo è stato contro la vita, data la verità storica che la povertà è sempre stata l’assassino più brutale dell’umanità, mentre la prosperità che ha prodotto le risorse necessarie per le cure è stata il più grande nemico della morte. I politici hanno scelto la contrazione economica come strategia di mitigazione del virus. 

E quindi veniamo ai vaccini.

Premettiamo questo NON è un articolo destinato a disquisire sulla loro efficacia o sulla loro inefficacia. Come sempre si lascia agli esperti questo dibattito. Allo stesso tempo, questo articolo mira a metetre un punto fondamentale: le statistiche sui decessi per coronavirus tra i vaccinati e i non vaccinati probabilmente oscurano molto più di quanto chiariscano.

Per quanto riguarda le statistiche, presumibilmente la maggior parte dei lettori ha familiarità con i numeri che affermano che i non vaccinati hanno molte più probabilità di essere ricoverati in ospedale a causa del virus e di morire a causa di esso rispetto a quelli vaccinati. Immediatamente, i lettori dovrebbero alzare le antennine. Dovrebbero perché i numeri possono essere fuorvianti. Ad esempio, la pagina editoriale del Wall Street Journal ha affermato che, se vaccinati, le persone infette dal virus hanno l’1% di probabilità di essere ricoverate in ospedale. Il che è piuttosto un avallo per spingere a vaccinarsi. Tranne che un articolo dello stesso Wall Street Journal riportava il 30 luglio 2020 (da statistiche consultate presso il CDC) che il tasso di ospedalizzazione per coloro che avevano contratto il virus era dello 0,1%. Il che ci ricorda che molto prima dell’introduzione dei vaccini, la maggior parte degli infetti non erano ricoverati in ospedale o non stavano morendo. Il tutto mentre il New York Times all’interno di articoli preceduti da titoli allarmistici e fuorvianti, riportava che da qualche parte a nord il 40% dei decessi per virus erano legati alle case di cura e ben oltre il 40% dei decessi erano legati a persone molto anziane.

Tornando alle statistiche attuali dei vaccinati e dei non vaccinati, sarebbe bello sapere chi è stato ricoverato in ospedale ed è morto a causa del virus senza vaccinazione, e chi non è stato ricoverato in ospedale e non e non è morto presumibilmente grazie al vaccino. Questi gruppi di persone non si assomigliano in alcun modo. L’informazione ufficiale spinge a far credere che i vaccinati siano più benestanti, più sani e, dato l’entusiasmo che hanno così tanti studenti universitari ad indossare le mascherine, anche molto giovani.

Il vaccino sta salvando i vaccinati dal ricovero e dalla morte, o erano già al sicuro? La risposta alla domanda di cui sopra sembra essere che erano già al sicuro. Per quanto riguarda i non vaccinati deceduti, il problema è stata la mancanza dell’inoculazione o stavano già facendo ogni sorta di scelte parallele per fare a meno del vaccino che erano decisamente malsane (vedi cure con la candeggina, giusto per citare uno degli esempi che han fatto più discutere)? Queste domande meritano attente valutazioni. Per lo meno possiamo ipotizzare che non stiamo confrontando mele con mele con le nostre statistiche sulle vaccinazioni. Perché se lo facessimo, troveremmo statistiche molto meno conclusive sul bene dei vaccini e sul male della non conformità. La sfida ora è scoprire chi tra i non vaccinati sta morendo di COVID e chi tra i vaccinati sta vivendo con il COVID. Il problema qui è che i due gruppi presi in esame nel confronto, non sono omogenei: non si assomigliano per niente.

https://www.realclearmarkets.com/articles/2022/0/09/lies_damn_lies_and_vaccination_statistics_820096.html

FONTE: https://scenarieconomici.it/vaccinazioni-le-bugie-le-sporche-bugie-e-le-statistiche/


 

 

CULTURA

AUTODILANIAMENTO
Francesca Sifola – 14 .3 2.22
Vaghiamo assetati d’aria, senza che ci sia un altro Dante Alighieri a svelare la nostra asfissia, ingabbiati in un sonno di un Ade moderno.
Quanto vorrei essere, invece, come il teschio di Santa Luciella che tutto ascolta, tutto sa e tutto vede, ma mi accorgo che, più vado in giro tra la gente annegata nelle paure di quest’epoca arsa dalla manipolazione.
Questo mio desiderio, per il quale mi impegno in ogni attimo dell’esistenza, col fervore di un’intellettuale antica e libera, non risiede nei miei simili che, invece, amano essere ancora, quasi eroticamente, palpati da quella smania di consumo, laddove restano gli ultimi scampoli di “capitalismo” col quale leccarsi ferite che stanno per diventare piaghe.
FONTE: https://www.facebook.com/francesca.sifola/posts/7161843237219614

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Con la guerra in Ucraina ci stiamo dimenticando troppo rapidamente del mare di bugie da cui siamo stati sommersi durante il periodo del covid. Per non dimenticarlo, ripubblichiamo un video che era già stato segnalato in precedenza nei commenti liberi.

 

VIDEO QUI: https://youtu.be/Ob82fXeOzyo

FONTE: https://www.luogocomune.net/27-media/5958-ipno-fessionisti-dell-informazione

 

 

 

Cosa ha tagliato la NBC dall’intervista a Putin?

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14 mar 2018

109.000 iscritti

Recentemente la star del giornalismo americano Megyn Kelly ha intervistato Vladimir Putin per la NBC. IN THE NOW ha diffuso i brani di intervista tagliati. Ascoltandoli non si fatica a capire il motivo per cui sono stati depennati.
VIDEO QUI: https://youtu.be/giNOqk_8YP8
FONTE:  https://www.youtube.com/watch?v=giNOqk_8YP8

Anche in Italia il Garante della privacy blocca la più controversa startup di riconoscimento facciale al mondo

L’Autorità multa Clearview AI con una sanzione da 20 milioni di euro e il divieto di raccogliere foto di persone italiane e cancellare quelli esistenti. Ad accendere il faro sulla società anche l’inchiesta condotta da Wired Italia

Il Garante della privacy italiano mette un freno a Clearview AI, la controversa startup newyorkese che allena algoritmi di riconoscimento facciale, poi venduti a forze di polizia o aziende private, con fotografie pescate a strascico in rete tramite data scraping. L’Autorità a protezione dei dati personali ha multato la società statunitense con una sanzione da 20 milioni di euro e il divieto di raccogliere ancora dati di utenti italiani, usarli e cancellare quelli in suo possesso. Piazza Venezia ha inoltre imposto a Clearview AI di dotarsi di un rappresentante all’interno dell’Unione europea.

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Per il Garante, la startup non vende solo un servizio che trova le corrispondenze con i volti archiviati nel suo database, ma un’attività che può essere assimilabile alla sorveglianza in rete e alla profilazione. Ben più invadente, insomma, e peraltro molto discussa in Europa, tanto da essere oggetto di dibattito a livello europeo.

Con il provvedimento, che ha avuto per relatore il componente del collegio del Garante, Guido Scorza, anche l’Italia mette un paletto alla startup, sulla scia di una serie di misure di stop adottate in EuropaDall’obbligo di cancellare i dati di un cittadino tedesco emesso nel 2021 dal Garante di Amburgo alla sospensione delle attività imposta in Francia lo scorso dicembre. Una levata internazionale di scudi contro la startup, che di recente ha dichiarato agli investitori l’ambizione ad arrivare a un database di 100 miliardi di foto entro la fine dell’anno, a cui ora si aggiunge il blocco delle autorità italiane.

La battaglia contro Clearview AI:

Le contestazioni alla startup

Il Garante osserva che Clearview AI “non raccoglie solamente immagini per renderle accessibili ai propri clienti, ma tratta le immagini raccolte mediante web scraping attraverso un algoritmo proprietario di matching facciale, al fine di fornire un servizio di ricerca biometrica altamente qualificata”. Il servizio gratuito, inoltre, si legge nel provvedimento “è destinato a determinate categorie di clienti”, come le forze dell’ordine, e le fotografie vengono elaborate con tecniche biometriche per estrarre i caratteri identificativi e associare 512 vettori che ricalcano le fattezze del volto, sottoposte a hashing per indicizzarle e arricchite con metadati (come geolocalizzazione, link della fonte, genere, nazionalità o lingua della persona rappresentata).

Tutti elementi che portano Piazza Venezia a concludere che le similitudini che Clearview AI associa al suo servizio con Google Search sono “del tutto destituite di fondamento”. Peraltro, il fatto che quelle foto siano disponibili in rete non autorizza la società a poterne fare uso per i suoi interessi. La pesca a strascico “avviene a completa insaputa degli interessati”, scrive l’autorità.

Europa e Gdpr

Clearview AI ha più volte ribadito di non operare in Europa. Tuttavia perché si applichi il regolamento europeo per la protezione dei dati (Gdpr) basta che la società maneggi dati di persone europee. Evidenza ammessa dalla stessa startup nel fornire riscontro sulle immagini raccolte di almeno quattro cittadini italiani, tra cui l’autore di questo articolo, che in seguito alla scoperta, denunciata su Wired, ha presentato reclamo. Inoltre, il fatto che nell’informativa privacy ci sia un chiaro riferimento ai residenti nello Spazio economico europeo la dice lunga sulle intenzioni del gruppo, fondato nel 2017 e guidato dall’amministratore delegato Hoan Ton-That.

Il Garante rileva inoltre che tutti i metadati associati alle foto archiviate da Clearview AI si arricchiscono nel tempo, con nuove informazioni. Motivo per cui ciò che l’azienda offre non è solo una corrispondenza tra due volti, “ma anche un archivio di risorse che si snoda attraverso il tempo”. “Un’attività assimilabile – si legge nel provvedimento – al controllo del comportamento dell’interessato in quanto posta in essere tramite il tracciamento in internet e la successiva profilazione”.

Clearview AI, quindi, appare come la piena titolare del trattamento e pertanto deve adeguarsi al Gdpr. A cominciare dalle violazioni: “rispetto di liceità, correttezza e trasparenza nel trattamento dei dati”, la mancata autorizzazione all’uso delle foto, benché pubbliche, l’assenza dell’indicazione sul tempo di conservazione dei dati. Motivo per cui il Garante ha imposto il divieto di raccogliere altri dati, di usarli e di proseguire con le attività su quelli già in mano, cancellandoli.

La società ha 30 giorni per documentare di aver ottemperato alle richieste e per nominare un suo rappresentante in Italia. A questo si aggiunge la multa di 20 milioni. “Il grado di responsabilità del titolare è molto alto in quanto l’attività di trattamento illecito non solo è continuata nonostante l’intervento di numerose autorità di protezione dei dati personali (europee ed extra-europee), ma anche perché ne viene fortemente rivendicata la legittimità attraverso la negazione della giurisdizione europea, e segnatamente italiana”, scrive il Garante.

La tecnologia di Clearview AI

Per addestrare i meccanismi di riconoscimento facciale, Clearview Ai ha pensato bene di avvalersi dei miliardi di immagini di volti disponibili su internet. Fotografie pubbliche, delle decine in cui ci si può imbattere se si consulta il programma di un festival, per esempio, o gli albi dei docenti di un’università. Sono immagini destinati a scopi che non comprendono quello che persegue Clearview AI: far esaminare ai suoi algoritmi miliardi di fotografie per distinguere un volto con i baffi da uno senza, capelli rossi da biondi, taglio degli occhi o della bocca.

Alcune aziende, dopo aver scoperto che Clearview AI faceva scorpacciate delle fotografie pubblicate sulle loro piattaforme, hanno alzato la voce. Una di queste è Facebook. Anche Linkedin si è opposta, così come Youtube. Tuttavia in taluni casi immagini presenti su queste piattaforme sono state comunque trovate nei database di Clearview AI. L’azienda offre una procedura per sapere se ha una vostra foto in archivio, ma la cambia spesso e non dà trasparenza sul processo di controllo ed eliminazione. Insomma, bisogna fidarsi della stessa società che, anziché chiedere un consenso preventivo per usare le foto, fa data scraping senza troppi scrupoli. A detta di Clearview AI, sul database sono salvate solo immagini, senza nomi, cognomi o altri identificativi (circostanza contestata dal Garante osservando il ricorso a metadati di indicizzazione), motivo per cui la startup chiede una foto per cercare eventuali abbinamenti.

I precedenti

Dentro il database sono finite le immagini di migliaia di persone ignare di questo uso delle proprie fotografie. Oltre a singoli cittadini, primo tra tutti il giornalista Riccardo Coluccini, che in Italia ha rappresentato la campagna europea Reclaim your face per la messa al bando di sistemi massivi di sorveglianza con riconoscimento facciale, all’autorità di Piazza Venezia si sono rivolti, nel tempo, anche Privacy network, organizzazione italiana per la difesa dei diritti fondamentali, con una richiesta presentata a febbraio 2021, e a maggio un gruppo di associazioni impegnate nella tutela dei diritti digitali, che hanno chiesto ai garanti di Italia, Austria, Regno Unito, Francia e Grecia di bloccare la startup: per l’Italia il Centro Hermes, insieme a Privacy InternationalHomo Digitalis e Noyb, l’organizzazione fondata dall’attivista austriaco Max Schrems, che con le sue cause ha messo in crisi due volte l’interscambio di dati tra Europa e Stati Uniti.

In Canada l’attività della società è stata dichiarata illegale. Mentre la polizia di Los Angeles, la terza più grande degli Stati Uniti, ha preso le distanze dal software e annunciato che userà solo tecnologie proprietarie per il riconoscimento facciale. Nel 2021 ​​un’inchiesta di BuzzFeed ha rivelato che, almeno fino al febbraio del 2020, Clearview AI ha proposto la sua tecnologia a 88 forze dell’ordine in almeno 24 Paesi al di fuori degli Stati Uniti, Italia inclusa.

FONTE: https://www.wired.it/article/riconoscimento-facciale-garante-privacy-blocca-clearview-ai-italia/

 

 

 

Come il riconoscimento facciale viene usato per identificare i soldati russi in Ucraina

Diversi strumenti accessibili online permettono a organizzazioni e utenti comuni di risalire all’identità di persone coinvolte nella guerra a partire da una semplice foto, anche se non sempre è una buona idea

Il primo marzo il presidente della repubblica cecena Ramzan Kadyrov ha postato su Telegram un breve video in cui un allegro soldato barbuto si riprendeva davanti a una fila di carri armati che sferragliavano lungo una strada sotto un cielo coperto. Nel commento che accompagnava il video Kadyrov assicurava agli ucraini che l’esercito russo non attacca i civili e che il presidente russo Vladimir Putin vuole che il paese determini il proprio destino.

In Francia l’amministratore delegato di Tactical Systems – una società che si occupa di addestramento delle forze dell’ordine e militari – ha fatto uno screenshot al volto del soldato e si è messo al lavoro. In circa un’ora, utilizzando i servizi di riconoscimento facciale disponibili a chiunque online, è riuscito a stabilire che il soldato era probabilmente Hussein Mezhidov, un comandante ceceno vicino a Kadyrov coinvolto nell’assalto russo all’Ucraina, rintracciando anche il suo account Instagram.

Avendo accesso solo a un computer e a internet in sostanza è possibile operare come le agenzie di intelligence dei film“, racconta l’amministratore delegato della società, che ha chiesto di essere identificato come YC per evitare potenziali ripercussioni legate alla sua attività di indagine.  di Tactical Systems, che annovera tra i suoi clienti le forze armate francesi, offre programmi di formazione sulla raccolta di informazioni open source.

L’invasione russa in Ucraina, un conflitto tra due nazioni con competenze avanzate nel campo di internet in una regione con una buona copertura cellulare, offre una grande quantità di informazioni di intelligence open source, o Osint. Mettendo insieme e incrociando i post di social media e altre fonti pubbliche è possibile ottenere informazioni come la posizione o le perdite di unità militari. L’abbondanza di foto disponibili online, eredità di anni di social networking, e la presenza di servizi che forniscono un facile accesso agli algoritmi di riconoscimento facciale consentono agli analisti da divano di cimentarsi in imprese notevoli.

Fino a non molto tempo fa un comandante o un prigioniero di guerra che compariva in una notizia poteva essere riconosciuto solo dagli analisti militari e di intelligence, o da colleghi, amici e familiari. Oggi uno sconosciuto dall’altra parte del mondo è in grado di usare lo screenshot del volto di una persona per rintracciare il suo nome e le foto dei suoi parenti, o magari quelle di un sosia.

Il caso del soldato russo

Wired Us ha usato una prova gratuita di un servizio russo chiamato FindClone per rintracciare la foto di un uomo che un consigliere del governo ucraino sosteneva ritrarre un soldato russo catturato. Ci sono voluti meno di cinque minuti per trovare un profilo corrispondente sui social media. L’account sul social network russo VKontakte forniva la data di nascita del soldato adolescente e foto della sua famiglia. Come posto di lavoro il profilo indicava “persone educate/guerra”; in russo l’espressione persone educate è usata per riferirsi ai soldati russi attivi in Ucraina durante l’annessione della Crimea del 2014. Il gruppo ucraino di intelligence open source InformNapalm ha confermato in modo indipendente l’identità del soldato, con un post precedente in cui riportava di aver identificato due presunti prigionieri, e confermando poi in un messaggio a Wired Us di essersi basato in parte sul riconoscimento facciale per le sue conclusioni.

La facoltà di identificare individui da grande distanza potrebbe portare a una maggiore accountability nei conflitti armati, ma anche aprire nuove strade ad attacchi digitali. Identificare – o identificare erroneamente – le persone in video o foto che in teoria arrivano dal fronte potrebbe esporre loro o le loro famiglie a molestie online o fenomeni ancora peggiori. Gli algoritmi di riconoscimento facciale possono sbagliare, e gli errori sono più frequenti quando si lavora su foto in cui il volto di una persona non è visibile in modo chiaro, come accade spesso con le immagini di guerra. Ciononostante, l’Ucraina ha messo insieme un esercito di hacker composto da esperti informatici volontari per colpire obiettivi russi per conto del paese.

FONTE: https://www.wired.it/article/ucraina-guerra-riconoscimento-facciale/

 

 

  • IL RICHIAMO DELL’AUTHORITY

La pace passa anche dalle immagini che si trasmettono

La teatralizzazione delle violenze in atto trasmette un’inquietudine e radicalizza lo scontro tra aggressori e vittime, allontanando la prospettiva del dialogo e della riappacificazione, alla quale anche i media possono dare un prezioso contributo. Le tv continuano a ignorare i richiami dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

 

La drammatizzazione del dolore come cifra distintiva della narrazione dei fatti. Lo avevamo sperimentato durante la pandemia, ora ne stiamo avendo amare conferme in occasione dell’esplosione del conflitto russo-ucraino. I media, soprattutto le televisioni, mostrano un’inclinazione invincibile verso la brutalizzazione dei particolari, verso l’esasperazione del male. L’accanimento sulla sofferenza dei bimbi è ormai diventato un’ossessione e non ha nessuna giustificazione deontologica, né favorisce la completezza del racconto.

Semplicemente lo rende più atroce, provoca lacerazioni e alimenta nella società sentimenti distruttivi. Ieri anche i giornali erano pieni di macabre ricostruzioni del barbaro attentato all’ospedale pediatrico di Mariupol, nel quale, però, per fortuna, si sono registrate solo tre vittime (tra cui un bimbo di sei anni). Non propriamente una strage, quindi, anche se i media l’hanno fatto passare come un efferato episodio di macelleria dell’orrore. Sia ben chiaro, nessuno nega le atrocità che si stanno consumando in queste ore nel conflitto russo-ucraino; la commozione verso le vittime è generalizzata, ancor più verso quelle in tenera età. La teatralizzazione delle violenze in atto trasmette, però, un’inquietudine e radicalizza lo scontro tra aggressori e vittime, allontanando la prospettiva del dialogo e della riappacificazione, alla quale anche i media possono dare un prezioso contributo, stemperando i toni e astenendosi da eccessi di qualsiasi tipo. Non si trasformi, dunque, la barbarie della guerra in sciacallaggio mediatico.

E’ questo il senso del richiamo che il Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), Giacomo Lasorella e i tre commissari Laura Aria, Antonello Giacomelli e Elisa Giomi hanno rivolto con una missiva ai vertici di tutti i gruppi televisivi italiani. Qualche giorno prima era intervenuto sullo stesso tema il Presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, Pasquale Stanzione.

I media, in particolare le televisioni, che entrano nelle case di tutti gli italiani, devono rispettare la dignità delle persone coinvolte nella guerra, evitare il sensazionalismo, non sbattere in prima pagina le foto dei bimbi martoriati, non azzerare i filtri tra gli accadimenti e la loro percezione. Un conto è l’umana pietas, altra cosa è che i media si accaniscano su questi particolari.

Evitare spettacolarizzazioni nella narrazione del conflitto russo-ucraino. Facilitare la comprensione del dramma della guerra senza sacrificare valori come l’imparzialità, il pluralismo, la completezza del racconto. È questo il senso della lettera inviata dai vertici Agcom alle televisioni, che parte dalla considerazione dell’importanza di coinvolgere i giovani nel processo di comprensione della drammaticità della guerra, senza però alimentare catastrofismi e violazioni della dignità delle persone coinvolte nel conflitto. “È necessario aiutare i giovani a conoscere, capire e interpretare la drammaticità della guerra alla luce dei valori di ragione, tolleranza, solidarietà e rispetto della persona umana che costituiscono l’identità europea e secondo i principi contenuti nella nostra Costituzione”, si legge nella lettera dell’Agcom.

In questo senso occorre preservare la dignità delle persone e delle comunità coinvolte nel conflitto, applicando i principi di essenzialità dell’informazione e di continenza della forma espositiva, a partire dalle immagini della guerra, che non devono puntare al sensazionalismo ma alla pacatezza e alla valorizzazione dell’humanitas dei protagonisti.

Secondo Agcom, le televisioni e i media in generale dovrebbero “creare per tutti i giovani (e non solo per i minori) spazi di informazione dedicata, che per linguaggi, ritmi e fruibilità, possano essere condivisi anche sulla Rete e nei social”.

Il monito del Garante privacy, la settimana scorsa, riguardava invece più nello specifico la diffusione di immagini di bambini sofferenti. “Basta con i volti disperati dei bambini in televisione, sui giornali e sui social network. Evitiamo di portare, almeno i più piccoli, in guerra una seconda volta, nella dimensione digitale”: ha tuonato Stanzione, rivolgendosi ai media tradizionali, ma anche alle grandi piattaforme di condivisione di contenuti e a ciascun utente dei social network.

“L’immagine del bambino, come qualsiasi dato personale che lo riguardi – ricorda l’Autorità – in realtà, dovrebbe entrare nel sistema mediatico solo quando ciò sia indispensabile o, ancora meglio, solo quando la sua pubblicazione sia nell’interesse del bambino. Perché, altrimenti, quelle fotografie e quei dati, nella dimensione digitale, perseguiteranno quei bambini per sempre, e, magari, in molti casi li esporranno a conseguenze discriminatorie di carattere sociale, culturale, religioso o politico di ogni genere, conseguenze, forse, oggi, in molti casi persino imprevedibili. E, certamente, quelle immagini finiranno in pasto ad algoritmi di ogni genere per le ragioni più diverse”.

Una cosa, quindi, sono le testimonianze dai luoghi del conflitto, altra cosa è la diffusione, senza filtri né protezioni di alcun tipo, di immagini crude dei protagonisti della tragedia. Può sembrare una cronaca puntuale e dettagliata, in realtà è una morbosa rappresentazione di una realtà tragica, che impatta in maniera devastante sulle coscienze e le sensibilità individuali, generando passioni distruttive. Peccato che, finora, gli appelli delle due Autorità garanti siano caduti nel vuoto.

FONTE: https://lanuovabq.it/it/la-pace-passa-anche-dalle-immagini-che-si-trasmettono

 

 

 

Fuoco nei sobborghi e bombe a intermittenza per l’ultima battaglia

(Stoyanka) Il posto di blocco all’ingresso di Stoyanka è ucraino, ma nel villaggio ci sono già i russi. Non facciamo in tempo a fermarci per i controlli, che partono i primi colpi di kalashnikov. Seguiti da tiri sempre più intensi e ravvicinati. Russi e ucraini si sparano addosso con furia. Alexander che ci accompagna impreca, ma non sa bene cosa fare. Meglio tornare indietro a manetta mentre un volontario ucraino corre per prendere posizione. Il fronte ad ovest di Kiev è insidioso ed i russi potrebbero materializzarsi da un momento all’altro. Sulle mappe in rete utilizzate dai giornalisti per non finire in trappola la zona è già data in mano alle truppe di Mosca. La strada principale è deserta, a parte una solitaria ambulanza e qualche macchina di civili in fuga o con la croce rossa sul finestrino.

 

L’artiglieria si fa sentire, ad intermittenza, tutto il giorno. Colpi sordi e vicini dei cannoni ucraini, il sibilo dei lanciarazzi multipli e le esplosioni fragorose delle batterie russe. Il cielo sulla sfondo è annerito da alte e ampie colonne di fumo nero. Più vicino si alzano pinnacoli bianchi. Si vedono bene e dannatamente vicini dopo aver superato una postazione trincerata con blindati e carri armati dell’esercito ucraino ad ovest della capitale. Il ponte alla fine della discesa è sotto tiro e dei blocchi di cemento ti costringono a rallentare andando a zig zag.

Da Irpin, il sobborgo mezzo occupato dai russi più vicino alla capitale, riescono a fuggire in pochi. Galina è una signora che si sente russa, ma parla con le lacrime agli occhi: “Così è venuto a “liberarci” Putin? Hanno bombardato casa mia, che è in fiamme”. I soccorritori trasportano su una lettiga un anziano con la testa fasciata, che è stato ferito nella fuga da Irpin.

L’evacuazione di massa, però, scatta ad ovest. Un corridoio è stato aperto verso Bilogorodka, la Torre bianca, anche se l’artiglieria martella tutt’attorno. Le automobili con i civili in fuga sventolano la bandiera o drappi bianchi, come in tutte le guerre, ma la colonna di auto verso la capitale ricorda da vicino l’esplosione della guerra etnica in Bosnia. Qualcuno lega stracci bianchi alle maniglie delle portiere e agli specchietti. Molti dei civili in fuga usano una fascia bianca, come quella dei soldati russi, pur di scappare dall’inferno. Gli autobus gialli con la croce rossa stanno caricando un migliaio di persone scappate da Gostomel, Bucha, Vorzel e Irpin. Anziani, donne, bambini dietro i vetri appannati con i volti tirati o il nodo in gola sono l’immagine di un popolo tremante sotto le cannonate.

“Mentre sono in corso i combattimenti alle porte di Kiev, la capitale si prepara a difendersi”, scrive su Telegram il sindaco, Vitalij Klychko. E aggiunge che “continuiamo a rafforzare i posti di blocco e prepariamo riserve di prodotti, medicinali e beni di prima necessità”.

Nel vasto piazzale presidiato da polizia e militari, punto di raccolta a Bilogorodka, gli sfollati arrivano ad ondate. Una mamma con il neonato in braccio, la famiglia con bambini, tanti anziani che a stento si reggono in piedi vengono rifocillati dai volontari che hanno portato tre cucine da campo. Chi è scappato con poche cose addosso può trovare un giaccone contro il freddo, guanti, scarpe o calze calde. Tutti raccontano di bombe, paura e distruzione. Grigoriy Dimidenko denuncia che “nel villaggio di Nemishayeve quindici bambini sono bloccati nei rifugi. Bisogna andare a prenderli”. Una berlina avvolta da drappi bianchi ha il parabrezza sforacchiato dai proiettili ed i vetri dei finestrini sono sostituiti da teli di plastica. “Durante i combattimenti ero al riparo con la mia famiglia. Una volta uscito ho trovato la macchina ridotta ad un colabrodo. Però i russi ci hanno aiutato ad evacuare” ammette un ucraino che arriva da Gostomel. Il padre di famiglia racconta di aver visto i ceceni, arruolati nell’esercito di Mosca, avanzare per primi. Una ragazza mora con gli occhi come il mare, elmetto e mimetica, non vuole parlare dei cecchini già piazzati nei sobborghi, ma ribadisce che “combatteremo fino all’ultimo centimetro della nostra terra”.

Il tonfo vicinissimo dei colpi ucraini in partenza fa tremare il terreno e spaventano a morte una donna appena fuggita dai bombardamenti. La batteria di Howitzer sono ben piazzati nella campagna al fianco della strada che esce dalla “torre bianca” trasformata nel centro raccolta di duemila sfollati. Mentre torniamo verso Kiev, prima del buio, le lingue di fuoco dei cannoni lanciano le granate verso le linee russe. La battaglia per la capitale è appena all’inizio.

FONTE: https://it.insideover.com/reportage/guerra/la-guerra-di-putin-allucraina/fuoco-nei-sobborghi-e-bombe-a-intermittenza-per-lultima-battaglia.html

 

 

 

“Se fossi Zelensky, oggi avrei paura: ma non di Putin”

In passato poteva anche accadere che gli occidentali uccidessero il loro uomo, per far credere che l’avessero assassinato i russi. Seriamente: se fossi la Russia, io oggi mi preoccuperei di proteggere Zelensky. Lo vedete che il palazzo presidenziale di Kiev non lo attaccano manco a morire? C’erano gruppi che davano la caccia a Zelensky? Ah, ma attenti: questo ce l’hanno detto le fonti occidentali. I russi, invece, non fanno che ripetere: noi riconosciamo il governo di Zelensky. Sanno che rappresenta una parte consistente del suo popolo. E quindi a loro serve vivo, per arrivare al vero obiettivo di Mosca: una trattativa che metta fine al conflitto in Ucraina nel più breve tempo possibile, permettendo a Putin di salvare la faccia portando a casa qualche concessione territoriale. Forse i russi hanno anche un altro timore, probabilmente fondato: che qualcuno, in Occidente, speri di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan, di Iraq europeo, fonte perpetua di instabilità e di minaccia per la Russia. Che infatti, non a caso – al di là della martellante disinformazione occidentale – si sta muovendo con estrema prudenza.

Vale sempre, il vecchio adagio: la prima vittima della guerra è la verità. Pure in tempo di pace, però, non c’è mai da fidarsi delle versioni ufficiali. Quanto ai giornalisti, buio pesto: dei conflitti non capiscono niente, nemmeno se vanno sul posto. Anche per questo è ridicola, la roboante propaganda che l’Occidente riversa sulla strana guerra dei russi, omettendo la Fausto Carotenutodomanda chiave: perché Mosca sta rinunciando a sfruttare la sua schiacciante superiorità aerea, che le consentirebbe di annientare le resistenze ucraine? In appena tre giorni, dopo aver distrutto a terra i velivoli avversari, i russi hanno acquisito il pieno dominio dei cieli. Però non intendono avvalersene per fare piazza pulita degli ucraini: perché? Forse, lo choc iniziale (un’invasione così massiccia) doveva servire anche a innescare un possibile ribaltone interno, che avrebbe chiuso la partita in poche ore: ma evidentemente, i generali di Kiev – sicuramente in contatto con il Cremlino – non se la sono sentita, di rovesciare Zelensky. Così, è scattato il Piano-B: la manovra a tenaglia per imbrigliare l’Ucraina, senza però raderla al suolo.

Il bombardamento su Mariupol? Colpire seriamente una sola città è uno strumento di pressione: vale come monito per tutte le altre, che però non sono state ancora prese davvero di mira. Come dire, è l’ennesima spinta verso l’obiettivo a cui la Russia punta: non la distruzione dell’Ucraina, né la sua occupazione permanente, ma una trattativa che porti a un accordo credibile. Per questo è cresciuto anche il bilancio delle perdite russe: schierare artiglierie campali “napoleoniche”, quasi senza usare missili (e senza ricorrere all’arma più efficace, l’aviazione) espone l’esercito di Mosca a rischi inevitabili. Di nuovo: è un altro modo per “comunicare”, sia pure nell’atroce linguaggio bellico, una volontà negoziale. Lo stesso dicasi per l’incentivo all’evacuazione dei civili: la guerra casa per casa, nelle città, sarebbe insostenibile sul piano dell’immagine, ma anche su quello strettamente militare, perché non farebbe altro che produrre quello che i russi non vogliono, e cioè una carneficina.

Meglio quindi dissipare la “nebbia di guerra”: ad accompagnare l’insolito incedere dei russi (che potrebbero stravincere, e invece procedono al rallentatore) è proprio l’ostinazione nel tener aperti spiragli negoziali. Che infatti, nonostante tutto, sembrano destinati ad avere successo: l’Ucraina ha già annunciato possibili concessioni sull’indipendenza del Donbass e sulla rinuncia alla Nato. A quanto pare, Kiev sarebbe disposta a restituire a Mosca anche la piena titolarità della Crimea (territorio storicamente russo, “regalato” all’Ucraina ai tempi Biden e Bergogliodell’Urss, quando la capitale era comunque Mosca, ndr). Io spero che si arrivi presto a una trattativa che, in Ucraina, metta fine all’orrore della guerra, dove a pagare il prezzo maggiore sono sempre i civili. Comunque mi sembra che lo stesso Zelensky non rifiuti la disponibilità negoziale dei russi. Chi vorrebbe farla fallire, allora, questa trattativa? Gli altri: la Nato, gli Usa.

A ostacolare la possibilità del negoziato non è certo Putin, che – anzi – vorrebbe che la crisi fosse brevissima: ha le truppe sul terreno, gli hanno messo contro mezzo mondo. Il Cremlino spera che le ostilità fiscano al più presto, e chiaramente spera anche di ottenere alcune concessioni, per evitare di fare una figuraccia. Non è che voglia tantissimo, Putin: e lo sta dicendo. Dall’altra parte, invece, con chi abbiamo a che fare? Dobbiamo fare i conti con l’orribile “piramide gesuito-massonica” (Putin fa parte della “piramide conservatrice”: orribile anch’essa, ma in questo momento meno orribile). La vera piramide offensiva è quella gesuito-massonica: si è presa il Papato, da noi il Quirinale e la Presidenza del Consiglio, e poi l’Onu, la presidenza Ue e la Casa Bianca, insieme alla Germania e alla Francia di Macron. Sono molto all’attacco, cercano di sfruttare questo attuale vantaggio. Loro, in Ucraina, avrebbero interesse al “modello americano”. Ovvero: entro in Iraq e in Libia per “portare la pace”, e intanto faccio fuori quei disgraziati dei dittatori.

Oppure: entro in Siria – in vari modi: anche “by proxy”, attraverso altre forze – e tolgo di mezzo il maledetto Assad, per poi sostituirlo con un regime “libero”, fondato sulle elezioni. Ancora: entro in Afghanistan (a suo tempo, per cacciare i sovietici), e poi, dopo l’11 Settembre ci rientro (stavolta “per combattere il terrorismo islamico”). Insomma: vado a “portare la libertà e la democrazia” là dove non ci sono. Ed è ormai dimostrato: ogni volta che lo fanno, il risultato è il contrario. In Afghanistan, con la scusa di cacciare quei comunistacci dei sovietici – che volevano controllare quello che era uno Stato-cuscinetto, com’era fino a ieri la stessa Ucraina – hanno preparano i loro combattenti: li hanno addestrati, li hanno equipaggiati con missili antiaerei e razzi anticarro. E così hanno preparato due forze distinte: Al-Qaeda e i Talebani. Il nome “Al-Qaeda” è stato inventato dalla Cia, ormai si sa. Quel Isisgruppo doveva poi fare anche terrorismo in Occidente, sempre ai loro ordini: proprio quel terrorismo, infatti, ha prodotto l’autoritorismo degli Stati, che hanno ristretto le nostre libertà, facendo avanzare il regime mondialista.

Poi, appunto, visto che un regime quasi “normale” poteva nascere persino in Afghanistan, hanno inventato i Talebani: che, in origine, erano studenti islamici (pakistani, però). Così l’Afghanistan è diventato – e lo è tuttora – l’ambiente perfetto per la nascita di qualsiasi terrorismo. E guardate anche la recente aggressione ai danni del Kazakhstan, che ha retto perché difeso dai russi: è stato invaso da decine di migliaia di terroristi, teoricamente “islamici”; ma non sono mai islamici, i personaggi che guidano il terrorismo islamico: sono sempre occidentali. Idem in Siria: si è creato l’Isis e da lì sono partiti miliziani a fare terrorismo in tutto il mondo. Ma l’Isis dove aveva potuto crescere? In un Iraq senza più Saddam Hussein. Chi ha favorito tutto questo? Sempre loro: i nostri governanti occidentali. Per inciso: Saddam li teneva in carcere, i terroristi. Sono poi stati scarcerati dagli invasori americani. Ora, l’Occidente potrebbe avere interesse a fare la stessa cosa con l’Ucraina. Cioè: creare uno Stato destabilizzato, per anni, stavolta all’interno dell’Europa, più vicino a noi e infinitamente più importante.

Potrebbe essere l’alibi perfetto per verticalizzare ulteriormente il potere, in termini di Unione Europea, costruendo quindi un elemento di continua provocazione, per la Russia, destinato a durare anni. Immaginate lo scenario: milizie a non finire, anche mercenarie, in Ucraina. Perché è proprio a loro che, già adesso, stanno consegnando le armi che noi stiamo fornendo, da portare – forse – all’esercito ucraino. Ma chi dà le armi agli ucraini sa benissimo che non vinceranno, con quelle armi: sa che moriranno, con quelle armi in pugno. E sa che enormi depositi di armi rimarranno sul terreno, a disposizione dei gruppi che rispondono a loro: neonazisti, mercenari, nuovi gruppi che si formeranno. In altre parole: potrebbe essere in corso una manovra per far diventare l’Ucraina una sorta di Afghanistan o di Iraq europeo, come fomentatore permanente di altri problemi. Speriamo di no, ma già vedo che alcuni passi in questa direzione ci potrebbero essere. Quindi: speriamo proprio che le trattative vadano avanti. In fondo, lo stesso Zelensky va in questa direzione, anche se giustamente sbraita e strilla. E quindi: se Putin è cattivissimo, quanto lo è l’Occidente?

(Fausto Carotenuto, estratti dal video “La grande tenaglia in Ucraina: chi fa fallire la pace”, su YouTube dal 10 marzo 2022. Già analista strategico dell’intelligence, Carotenuto – poi fattosi promotore del network “Coscienze in Rete” – vanta una lunga esperienza internazionale, in ambito geopolitico, per conto dei servizi segreti occidentali).

FONTE: https://www.libreidee.org/2022/03/se-fossi-zelensky-oggi-avrei-paura-ma-non-di-putin/

 

 

 

CHI È JAMES CORBETT?

Un piccolo video introduttivo che spiega chi è James Corbett e da uno scorcio alla sua attività di giornalista

Giulio Bona – 13 .3 2.22

In questo video James Corbett da qualche indizio sulla sua vita ed attività di giornalista. James è l’esempio di che cosa una persona normale, con un buon intelletto, curiosità ed una connessione ad internet può fare, creando un portale di informazione indipendente tra i più visitati al mondo. Nel suo canale YouTube, uno dei 3, aveva quasi 600.000 iscritti prima che la censura farmaceutica del padre padrone YouTube, ci proteggesse tutti dalle sue pericolose verità, chiudendogli il canale.

Lunedì 14 Marzo 2022 alle ore 12:00, verrà pubblicata la primissima intervista italiana di James Corbett, rilasciata a ComeDonChisciotte Incontra, non perdetela!

Giulio Bona

FONTE: https://comedonchisciotte.org/chi-e-james-corbett/

 

 

ECONOMIA

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La BCE è il miglior alleato di Putin: annuncia una stretta monetaria in mezzo a una crisi. In arrivo il “Momento Trichet”

 

Dato che il boom nel prezzo delle materie prime non è sufficiente, dato che una guerra non basta, a porre problemi all’economia dell’Eurozona, in primis l’Italia, ecco che arriva la BCE. Con un colpo di scena ha preso una posizione restrittiva, annunciando una fine anticipata del programma di acquisto titoli APP, creato per sostituire parzialmente il PEPP e tranquillizzare i mercati.

Sulla base della sua valutazione aggiornata e tenendo conto del contesto incerto, il Consiglio direttivo ha rivisto oggi il programma di acquisto del suo APP per i prossimi mesi. Gli acquisti netti mensili nell’ambito dell’APP ammonteranno a 40 miliardi di euro ad aprile, 30 miliardi di euro a maggio e 20 miliardi di euro a giugno. La calibrazione degli acquisti netti per il terzo trimestre dipenderà dai dati e rifletterà la sua valutazione in evoluzione delle prospettive

Il Consiglio direttivo ha anche abbandonato la formulazione secondo cui i tassi di interesse potrebbero essere “inferiori” rispetto al livello attuale e ha affermato che qualsiasi variazione degli oneri finanziari avverrà “qualche tempo dopo” la fine degli acquisti netti di obbligazioni e sarà “graduale”. Però intanto ha iniziato a dire che ci sarà…

Inoltre, la BCE afferma che prenderà tutte le misure necessarie per adempiere al mandato, che, come sappiamo, copre SOLO l’inflazione e non l’occupazione o la crescita economica. Si preparano tempi molto tristi 

Questa è la dichiarazione nei suoi punti principali:

  • La BCE annuncia una chiusura più rapida del programma di acquisto di asset
  • BCE: intraprenderà qualsiasi azione necessaria per adempiere al mandato
  • La BCE toglie la prospettiva di un eventuale calo dei tassi
  • La BCE afferma che potrebbe porre fine al programma di acquisto di attività nel terzo trimestre
  • La BCE abbandona l’impegno a porre fine all’APP “a breve” prima che i tassi aumentino

Quindi abbiamo una enorme crisi stagflazionistica, cioè una crisi del sistema economico dovuta a uno shock esterno che combina un aumento dell’inflazione e una caduta della domanda, con una chiusura dell’attività produttiva , e la soluzione della BCE è aumentare i danni. O meglio: l’obiettivo della BCE è contenere ancora di più una domanda in calo per i fattori esterni bastonandola con l’aumento in prospettiva dei tassi di interesse. Quindi a una crisi economica che si preannuncia durissima, con una previsione di un PIL inferiore alle previsioni nell’area euro, ridotto già al 3,7% , cioè di mezzo punto, decide che è fin troppo, e quindi si prepara a farlo scendere ancora. Tra l’altro senza un’idea di come sarà il PIL nel primo e nel secondi trimestre, visto che le vicende belliche rendono tutto  molto più incerto e meno prevedibile. Si avvicina il “Momento Trichet”, per ricordare quando nel 2011 l’allora presidente della BCE, quando si sentiva l’inizio della crisi del debito UE, decise di aumentare i tassi di interesse, facendo esplodere i rendimenti dei tassi dei paesi deboli e minacciando seriamente l’unità dell’area euro.

Gli interessi sono decollati:

Un incremento dei nostri tassi del 20% in una seduta, un vero e proprio massacro. Ovviamente il famoso Spread è decollato pure lui

Dato che fessi in giro non ce ne sono, i CDS sul BTP, cioè le assicurazioni per il nostro default, sono passate da 136 a 148.

La BCE poteva fare qualcosa di diverso? Si, poteva non fare nulla, e aspettare se il prossimo mese si risolvevano le vicende belliche. Ora ha buttato un ulteriore trave fra le gambe dei paesi più deboli. Tutte mosse che aumentano la scarsa fiducia nei meccanismi europei. 

FONTE: https://scenarieconomici.it/la-bce-e-il-miglior-alleato-di-putin-annuncia-una-stretta-monetaria-in-mezzo-a-una-crisi-in-arrivo-il-momento-trichet/

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

QUALI CONSEGUENZE PER LE BANCHE CON LA GUERRA? 

Nuovo appuntamento (la diretta video inizia alle ore 17 per poi rimanere come registrazione) di Pensare che c’era il pensiero, programma settimanale presentato da ComeDonChisciotte (e sviluppata da un’idea di Giovanni Zibordi) dove ogni puntata ha come titolo una domanda. L’interrogativo di questa domenica è:

Quali conseguenze per le banche con la guerra?

Le sanzioni susseguitesi al conflitto russo-ucraino stanno portando grandi gruppi operanti nel settore del credito bancario, come Unicredit e BNP Paribas, a liquidare i propri cespiti in Russia. Quali potrebbero essere le conseguenze, riguardo a quanto sta ora accadendo nel settore del credito, per le imprese italiane e per i nuclei famigliari?

Ne parliamo con Dino Crivellari, avvocato esperto di credito e di banche, il quale ha svolto funzioni dirigenziali nei principali istituti di credito italiani tra cui il Banco di Napoli e la Banca di Roma prima e Unicredit successivamente oltre a essere stato consulente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul sistema bancario e finanziario presso il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati, insieme come di consueto a Giovanni Zibordi, consulente finanziario.

Buona visione

VIDEO QUI: https://youtu.be/FPJlJNxjpxk

Conduzione: Katia Giannotta – Regia video: Giulio Bona – Coordinamento organizzativo: Red Cat Production / Redazione CDC Gruppo Economia e Lavoro – Si ringrazia per la gentile partecipazione: Dino Crivellari, Giovanni Zibordi

FONTE: https://comedonchisciotte.org/quali-conseguenze-per-le-banche-con-la-guerra-diretta-video/

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

«Stipendio ai sospesi no vax»: il Tar ribalta il governo

Il Tar del Veneto ha stabilito che l’interruzione della retribuzione per i lavoratori non vaccinati è in contraddizione con le basilari esigenze di sostentamento e deve essere contenuta nel limite del 50%. Il giudice sospende in via cautelare i provvedimenti di una questura e un comando militare rivolti a 7 tra agenti di polizia e militari. Esultano i legali, che alla Bussola dicono: «Lo stato di emergenza ha minato le libertà, le misure adottate in Italia sono sproporzionate».

 

Lo Stato deve pagare almeno metà degli stipendi dei lavoratori sospesi perché non vaccinati. Può avere un effetto dirompente il decreto emesso ieri dal Tar del Veneto che riguarda la vicenda di sette lavoratori sospesi dalle loro mansioni e privati dello stipendio a partire da dicembre perché non hanno adempiuto all’obbligo vaccinale antri covid.

Il provvedimento – provvisorio – ha in parte accolto il ricorso di sette tra militari e agenti di polizia che avevano impugnato i provvedimenti del dicembre 2021 con i quali i loro rispettivi Comandi Militari e Questure li avevano sospesi, con effetto immediato, dal diritto di svolgere l’attività lavorativa. Senza lavoro e senza stipendio, compensi ed emolumenti. Così hanno fatto ricorso e ora il provvedimento è stato parzialmente sospeso in via cautelare in attesa del giudizio di merito che si inizierà a fine marzo.

Si tratta in tutti i casi di provvedimenti cautelari monocratici, che richiamano il grave pregiudizio di una privazione assoluta di mezzi di sussistenza. In sostanza, il Tar del Veneto ha stabilito che la sospensione del trattamento retributivo è in contraddizione con le basilari esigenze di sostentamento. Quindi – per il momento in via, appunto, cautelare – la sospensione deve essere contenuta nel limite del cinquanta per cento (50%). Poi si entrerà nel merito, ma è chiaro che, in attesa di dimostrare il buon diritto dei militari a svolgere in pieno la propria professione, con ogni conseguenza, anche retributiva e contributiva, la decisione è di quelle destinate a fare rumore.

«Auspichiamo che questi provvedimenti, in linea con altre pronunce succedutesi nelle ultime settimane, contribuiscano ad alimentare una riflessione sui diritti costituzionali scalfiti dalla normativa emergenziale degli ultimi due anni e, nondimeno, sulla centralità, nel nostro ordinamento, del diritto/dovere al lavoro», dicono gli Avvocati per l’emergenza.

Uno dei legali del pool, l’avvocato Davide Fortunato ha detto alla Bussola che la decisione del Tar «è l’ennesima prova, insieme a varie pronunce di queste settimane, che le norme su cui il Governo ha puntato per affrontare l’emergenza presentano, tanti, troppi, problemi e limiti».

In particolare, secondo il legale milanese sono stati messi in discussione diritti essenziali e costituzionalmente tutelati: «Se pensiamo allo stato attuale dell’emergenza sanitaria – prosegue – e, ad esempio, a quanto accade in altri paesi europei, le misure adottate in Italia sono sproporzionate. Inoltre, sono stati introdotti dei gravi precedenti, andando a ledere, ad esempio, il diritto al lavoro su cui dovrebbe fondarsi la Repubblica».

La palla passa al giudizio di merito del Tar, ma questa sospensiva è comunque importante perché afferma il diritto alla sussistenza attraverso il lavoro che non può essere tolto con provvedimenti così discutibili come lo sono stati l’obbligo vaccinale e l’introduzione del Green pass.

È evidente che, nel silenzio mediatico di questi giorni, stiano arrivando al pettine i nodi principali sollevati con la politica vaccinale coercitiva dello Stato e la battaglia, da epidemiologica, si sposta ora nelle aule giudiziarie. I giudici, in sostanza, stanno incominciando a riprendere in mano la giustizia, come dimostra ad esempio il caso raccontato ieri del Tribunale di Pistoia che ha dato ragione al genitore che non voleva vaccinare i figli minorenni.

«Quanto accaduto nel corso dello stato di emergenza ha minato diverse libertà, non solo quella di coscienza, e compromesso il diritto alla salute ed il diritto al lavoro, con evidente lesione di diritti essenziali che non possono essere oggetto di concessione a tempo», è la conclusione del pool di Avvocati per l’emergenza nel loro comunicato stampa (QUI).

Ora che la macchina giudiziaria sta iniziando a emettere le sue sentenze, per il Governo e per le politiche pandemiste del ministro Speranza, sarà sempre più difficile difendere e giustificare ciò che un anno fa era già indifendibile e ingiustificabile.

 

 

NOTIZIE DAI SOCIAL WEB

QUANDO ANCHE LA GUERRA DIVENTA POLITICAMENTE CORRETTA

Tonio de Pascali 14 03 2022

 

Una volta, quando non c’era l’ipocrisia politicamente corretta, la Storia era molto chiara.

Il ministero della Difesa si chiamava in tutto il mondo Ministero della Guerra.

Perché l’etica è arrivata solo dopo la Seconda guerra mondiale. Quando parlare di guerra era ormai sconveniente.

Perché non esiste in nessun conflitto, tra nazioni come, ogni giorno, tra gli uomini, che qualcuno abbia ragione e, qualcun altro, torto.

Esistono le ragioni. Di uno e dell’altro. E tra queste ragioni si lavora e si media.

È scomparso il ministero della guerra ed è scomparsa pure la guerra.

Adesso chi è buono non fa la guerra ma interviene su consenso dell’ONU a picchiare il cattivo e di vittime si parla solo se per mano dei cattivi.

Questo vuol dire fare la guerra oggi.

Vuol dire che se esiste un consesso mondiale, l’ONU, dove esistono solo le ragioni dei buoni, le ragioni altrui non esistono.

FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1171276953409778&id=100015824534248

 

 

 

COMBATTERE PER L’ITALIA

Nino Martelli 13 03 2022

 

l portavoce in Italia della disinformazione del Pentagono, Edward Luttwak, in uno dei suoi deliri televisivi con il suo solito irridente razzismo per tutti i popoli ma in particolare per quello italiano, ha invitato i bamboccioni italiani ad andare a combattere in ucraina come diversivo della noiosa e inutile vita in Italia, a questo punto, se proprio dobbiamo combattere, piuttosto che per l’Ucraina, mi è venuto in mente di farlo  per rendere giustizia alla nostra Nazione, quindi  propongo  un elenco di rivendicazioni per la nostra guerra (trattabili), Nizzardo con il Bacino del Varo, Svizzera Cisalpina, Venezia Giulia con Longatico, il bacino del lago Circonio e il Carnaro orientale fino a Buccari compresa, la Dalmazia nella versione del Dainelli dal Passo di Vrata al Fiume Boiana al confine con l’albania ed ovviamente la Corsica e l’Arcipelago Maltese.

ora rispondete, se foste obbligati a combattere per cosa lo fareste? per liberare l’Ucraina dai russi o liberare le terre geograficamente italiane in mano straniera? Pacifisti ovviamente astenersi (per chiarezza aggiungo mappe territori in questione con risultato finale

FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=3038680573048695&id=100007203455252

 

 

 

Progrom antirusso di Odessa

Nino Martelli 13 03 2022

Visto che contano solo le immagini che vi mostrano questo documentario francese del 2016 fa capire che la guerra non è nata 18 giorni fa…. all’inizio quelle frasi da psicopatico non sono dette da un attore che scimmiotta hitler ma dal presidente ucraino democraticamente eletto nel 2014, ci sono anche le terribili immagini del pogrom anti russo di Odessa, non le avevo mai viste perchè quello che non comoda non viene mostrato… e questa doveva essere la nazione democratica da far entrare nella UE e nella NATO? Dove erano tutti in questi lunghi anni di crimini di guerra sui civili russi…

VIDEO QUI: https://youtu.be/b8j0tJsKltg

FONTE: https://www.facebook.com/nino.martelli.5/posts/3039244146325671

 

 

 

LA PRIMAVERA EUROPEA.

Rosanna Spadini 13 03 2022

 

Sembrerebbe che lo schema delle “primavere di popolo” con cui gli americani hanno cercato di pilotare eventi politici nel mondo arabo, poi Ucraina ai tempi di piazza Maidan, Hong Kong, abbia oggi messo nel mirino un obiettivo davvero impegnativo: l’Europa. Codice colore: giallo e blu.

Nel breve di una giornata all’inizio del conflitto russo-ucraino, tedeschi, francesi, italiani sono passati da un certo sconcerto di contro-piede per quanto stava facendo la Russia, stato di sconcerto che però non prevedeva affatto di rinunciare ai propri interessi, all’allineamento unanime sanzionatorio. Non discuto la logica sanzionatoria, quello che mi ha colpito è la velocità e totalità dell’improvvisa polarizzazione. Può darsi io sia viziato dalla logica realista che si basa su analisi degli interessi razionalmente perseguiti e non capisca come l’enormità di ciò che hanno fatto i russi possa sollevare animi e coscienze. Può darsi. Però da quanto a mia conoscenza è difficile spiegare come il ministro Franco esca dall’Ecofin dicendo che non se ne parlava proprio di escludere la Russia dal SWIFT o Scholz diceva che certo non si poteva toccare il Nord Stream 2 e poche ore dopo la Russia veniva esclusa dallo SWIFT e il Nord Stream diventava “un pezzo di metallo in fondo al mare” come trionfante celebrava la Nuland.

Già, la Nuland, quella di “fuck the UE” ai tempi della rivolta di piazza Maidan nel 2014, la rivoluzione arancione ucraina. La moglie di Robert Kagan, lo storico e politologo neo-con che si definisce “liberale interventista”, lascia il partito repubblicano e diventa un sostenitore della Clinton, scrive nel 2017 che la Terza guerra mondiale avverrà per contrastare l’espansionismo russo e cinese. Ci si potrebbe scrivere un intero post su Kagan, andatevi a fare una ricerchina su Google.

Ad ogni modo, ripeto, non discuto le posizioni politiche improvvisamente prese dall’UE, mi lascia perplesso quel “improvvisamente”. Gente notoriamente indecisa su tutto ed il contrario di tutto, trova magicamente l’allineamento in un pomeriggio. Curioso.

Su Zelensky abbiamo già scritto anche troppo. Rilevo solo come il suo ufficio propaganda abbia l’invidiabile capacità di muoversi come una struttura di levatura globale. Lancia messaggi ai parlamenti europei, va in diretta nelle piazze europee che manifestano contro la Russia, sono impegnati ora in una contrastata trattativa con gli israeliani che gli vogliono negare il discorso al proprio parlamento, chissà perché. Ieri Repubblica ha pubblicato in video inquietante della propaganda che ci dicono ucraina pensando noi si sia scemi. Con effetti speciali hollywoodiani che nessuna post produzione di Kiev sarebbe in grado di produrre, le scene mostrano Parigi sotto bombardamento. Molto realistico e “catastrophic-movie” con alla fine la domanda del perché i francesi non consentono alla NATO di imporre la no-fly-zone sull’Ucraina. Ieri Repubblica dava notizia della prima manifestazione europea in favore della no-fly-zone a Londra, convocata da una sedicente neonata organizzazione “London Euromaidan”, sembra un format, no?

Sono diciassette giorni che Zelensky, tutti i giorni, più volte al giorno, come un disco rotto, reclama la no-fly-zone, finora negata ma quanto a lungo resisteremo all’indignazione? Il tutto in un crescendo di insopportabilità: bambini straziati, centrali atomiche con perdite, crimini di guerra, inumanità, armi chimiche e batteriologiche, sindaci torturati, fosse comuni poi arriveranno i campi di concentramento in Siberia, mentre l’Armata Rossa minaccia di invadere casa vostra. E quando ci sarà l’incidente nucleare per colpa russa, che sono giorni che viene annunciato? O quello biochimico? Sarete ancora contro la no-fly-zone allora?

Impressionante anche il perfetto allineamento dei giornalisti. Anche qui, in men che non si dica, gente anche posata e non incline all’estremismo per quanto di note simpatie politiche chiaramente atlantiste, simpatie ed interessi, è diventato un campo magnetico orientato alla perfezione, quasi coordinato, improvvisamente. In tutta Europa, ora vige la logica del 1914 che Canfora ieri ricordava con un certo sconcerto. Superato poi dallo sconcerto di vedere Rampini evidentemente alterato che gli intimava di non dire sciocchezze perché Canfora era solo un “provinciale” (!).

Nella primavera del 1914, tutta Europa era sulle tiepide e fiorite ali della Belle Epoque, in pochi mesi precipitò nell’incubo. Persone che si stimavano e forse anche si volevano bene, si ritrovarono improvvisamente ostili l’un vero l’altra, l’uno improvvisamente preso dal virus bellico, l’altra perplessa e sconcertata. Paralizzati ad argomentare contro la potenza chiarificatrice dello slogan urlato. Lo sconcerto durò poco anche perché s’imposero forme di ostracismo sociale per via culturale a tutti coloro che non vibravano all’irresistibile richiamo della giusta guerra. In questi giorni, avrete notato le liste di proscrizione per i “filo-Putin”, l’aggressività bavosa dei pitbull mediatici, il bombardamento h24 che rilancia i comunicati delle Zelensky&Partners, il totale oscuramento della “voce del nemico”. Tutto ciò è già percolato nella mentalità di massa.

C’è un potere assoluto del discorso unico e Lord Acton ricordava che se il potere corrompe, il potere assoluto corrompeva assolutamente. Per questo Montesquieu promosse la suddivisione e pluralità dei poteri perché ogni tesi deve esser mitigata dalla sua antitesi, altrimenti diventa dogma. Ma i liberali reali sono spariti di colpo, ora ci sono solo liberali interventisti, aggressivi, mono-maniaci, i liberali idealisti. Ogni disastro storico è stato fatto sulle ali di un idealismo non temperato dal realismo. Tipo convincersi di essere una civiltà superiore. Son quelli del “c’è un aggredito ed un aggressore”, come se fossimo stupidi e non ce ne fossimo accorti o fossimo deviati dalla propaganda russa che semplicemente è stata silenziata su ogni possibile canale, a meno di non leggersi la TASS su twitter in cirillico. Il motore che portò quella primavera nel buco nero dell’estate e successivi anni del 1914 fu proprio l’imposizione di questa logica, la logica dicotomica che prende un frame del processo della realtà che è storica, lo schiaccia sull’attualità e ti chiede di scegliere tra A o B e non ti azzardare a fare sofistica da terza posizione. Il campo semantico è tracciato se non sei dentro sei ostracizzato e non hai voce, non sai neanche quanti sono indisponibili a finire in quel campo, sei un isolato e quindi è meglio rinchiudersi nel tuo disagiato silenzio privato. Noi qui diamo voce a quel disagio affinché non rimanga privato.

Come ho avuto modi di dirvi i primi giorni, io mi occupo per lo più di mondo e complessità, il mio interesse per la geopolitica deriva da ciò ma non copre tutto l’argomento che è più vasto e complesso. Tuttavia, negli anni, mi sono più volte interessato a questioni geopolitiche. Prima che razionalmente, già dal secondo giorno dopo il 24 febbraio ho “sentito” che qualcosa non era normale. Era una sensazione data proprio da questa reazione pubblica che sembrava troppo pronta, troppo unanime, troppo svelta, troppo organizzata lì dove le complessità della politica e del pubblico dibattito normale ha sempre reso i processi di reazione lenti, contradditori, complicati. Le cose in quei campi non hanno mai funzionato così e sebbene l’eccezionalità degli eventi porti a dover considerare l’accelerazione, ciò non giustifica del tutto ciò che è successo, come è successo, perché è successo. Per questo ho smesso i miei panni naturali di studioso distaccato e ho sentito necessità di scendere in strada a combattere con l’uso della ragione in pubblico.

Poco fa ho letto un articolo dello stimato sito di analisi politica americana “Politico”. Era un articolo inusuale, un vero e proprio killeraggio contro Macron e questo sua “ostinazione” a continuare a telefonare a Putin. Ho anche letto sul JPost israeliano la Nuland “che ha messo in guardia Gerusalemme dall’essere un rifugio per “denaro sporco” mentre si dice di un nervoso Biden che impone a Tel Aviv di unirsi alle “democrazie combattenti” elevando più serie sanzioni a Mosca, sbrigandosi ad inviare armi letali in Ucraina assieme a tutti gli altri. Il tutto mentre ministri e funzionari ucraini attaccano questa incertezza o diverso punto di vista israeliano neanche fossero diventati i padroni del mondo politico occidentale. Attaccare gli israeliani non è cosa facile, chi segue queste cose sa di cosa parlo.

Orami siamo circondati da gente aggressiva che ci tiene a farti sapere quanto fai umanamente schifo perché non ti unisci al coro del Grande Sdegno Morale o meglio, preso atto che ovviamente anche tu ritieni inaccettabile la violazione del principio di inviolabilità dei confini con forze armate, fai schifo perché non ti fermi lì. Perché ti fai domande su come siamo finiti in questo pasticcio, come finirà, quali saranno le conseguenze, cosa significa dopo ottanta anni vedere in televisione gente che parla di bombe atomiche come fossero bombe alla crema, con la stessa acquolina nella mente. La Bomba è d’improvviso il “new normal”. London Maidan, non si fanno manifestazioni per chiedere al Governo britannico perché ha preso solo decine di rifugiati quando noi ne abbiamo preso 35.000, no! si va in piazza a chiedere la no-fly-zone per l’Ucraina.

Sudeti, valori delle Resistenza, Guerra civile spagnola, fioccano le analogie a sproposito per eccitare gli animi e sguinzagliare i mastini del nuovo movimento giallo-blu per la guerra al novello Hitler. Ve l’ho detto, tutto ciò m’inquieta, tutto ciò è molto meno normale di quanto comincia a sembrarci.

L’obiettivo non è solo l’Europa, l’obiettivo è rifare il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, cacciare Russia e Cina, imporre l’ordine economico e finanziario americano, affinché il 4,5% della popolazione mondiale o meglio una sua élite, possa tramite la sua egemonia benevolente, prorogare il dominio che i neo-con americani della “rivoluzione permanente” hanno già intitolato nel 1997 come il loro condensato strategico: The New American Century.

Con le buone o con le cattive. A qualsiasi prezzo. Anche quello che fino a due settimane fa e per ottanta anni è stato l’impensabile.

FONTE: https://www.facebook.com/groups/467562806766038/user/100000545483769/

 

 

 

RICORDARE ANDREA ROCCHELLI

Nino Martelli 13 03 2022

Su tutti i canali di informazione la morte di un giornalista americano in Ucraina, ovviamente siamo tristi per questo…. Ma ogni tanto potremmo ricordare anche Andrea Rocchelli….

FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=3039339502982802&id=100007203455252

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Chi decide l’Ordine del mondo?

Marcello Veneziani – Panorama n. 11

Ma chi stabilisce o ristabilisce l’ordine mondiale, quando viene violato con una guerra o un’invasione? Chi è il sovrano supremo, o l’arbitro che dispone della forza e dell’autorità per decidere i torti e le ragioni, i diritti e le prevaricazioni?

In un mondo perfetto ci sarebbe un Re del mondo – per citare un’opera di René Guénon – con un Impero Universale, come fu il Sacro romano impero in Occidente, che garantisce i diritti dei popoli, degli stati e degli individui e le loro sovranità, limiti e confini. O, in una versione più terrena e più moderna, vi sarebbe la Comunità internazionale come organismo supremo di uno Stato planetario, che può imporre ai singoli soggetti il rispetto dei diritti e dei doveri. Ma sappiamo che l’Impero Universale è solo un nobile ideale e l’organizzazione delle Nazioni Unite non ha mai davvero governato l’ordine del mondo. Inoltre è pressoché impossibile che qualcuno guidi la comunità internazionale anche perché i criteri di selezione divergono: sul piano dei diritti, della potenza economica e militare prevale il mondo nord-occidentale; sul piano demografico, territoriale e del numero di Stati membri il criterio si rovescia, e prevale l’area afro-asiatica. I “valori” dominanti nella globalizzazione vengono dall’Occidente a partire dai diritti umani ma sul piano dei popoli e dei territori l’Europa è meno importante dell’Africa e l’America meno importante dell’Asia. Infatti il ruolo dell’Onu non ha mai decollato.

Di fatto, per circa mezzo secolo il mondo fu dominato da due superpotenze che si spartivano le loro aree di influenze, una limitava l’altra, con la deterrenza, il compromesso o la guerra fredda. Ma quando nel 1991 crollò definitivamente l’Unione sovietica, il bipolarismo mondiale fu sostituito dall’egemonia planetaria degli Stati Uniti: che interveniva dappertutto, salvo nei paesi in cui poneva a rischio l’equilibrio mondiale; poteva bombardare e distruggere insediamenti militari, e perfino popolazioni civili; poteva ritenere alcuni stati canaglia e disporre dei destini planetari. Ma con gli anni, prendono consistenza geopolitica alcune varianti: il mondo islamico insorge e alcune sue punte estreme – incattivite dalla guerra del Golfo, la guerra all’Iraq e l’interventismo nel Medio Oriente – colpiscono obbiettivi simbolici della potenza euro-americana. Aiutato dall’espansione demografica e dai flussi di emigrati verso il nord e l’Occidente, l’Islam infrange l’ordine mondiale americano e stabilisce una nuova tensione non tra Est e Ovest ma tra Nord e Sud.

L’altra novità è il colonialismo prima commerciale e tecnologico della Cina tecno-comunista e del suo “capitalismo di Stato” che diventa competitore globale degli Usa. Intanto la Russia si rialza e con Putin si avvia a riacquistare uno statuto di potenza, seppure non come prima del ’91. La Russia mira a restare egemone nella sua area e su molti dei paesi che un tempo erano satelliti dell’Urss. Non può accettare di essere ridotta al rango di singola nazione circondata dalle basi Nato e privata di ogni autorevolezza sovranazionale.

Se l’Islam avvia un’invasione globale, se gli Stati Uniti e la Repubblica cinese proseguono la loro opera di colonizzazione soprattutto commerciale ma anche ideologica, la Russia non mostra mire colonizzatrici, salvo la naturale espansione economica (per es. col gas) non vuol mettere sotto scacco l’Europa o altre aree del pianeta, ma vuole stabilire questo primato territoriale ed essere circondato da stati neutrali se non sotto l’influenza russa. L’ordine mondiale non può rispecchiare l’ordine americano e coincidere coi suoi piani; la Nato non può espandersi nel mondo, stabilire i diritti e le ingerenze, avocare a sé la polizia internazionale e castigare ogni linea difforme.

Questa è la situazione allo stato attuale. Allora qual è la soluzione di fronte a conflitti come questo? Non c’è una soluzione ma un compromesso realistico tra potenze, diritti, modelli, esigenze. Non potendo avere un Ordine Mondiale universalmente riconosciuto o imposto, stabilito da un Sovrano e garante con la forza e l’autorevolezza di arbitro sovraordinato a tutti gli Stati, l’unica soluzione realistica è accettare la pluralità del mondo e circoscrivere, riconoscere alcune aree omogenee o spazi vitali – per dirla con la geopolitica, Carl Schmitt o più recentemente Samuel Huntington: l’Europa, gli Stati Uniti, l’America latina, la Russia, la Cina, l’India, il sud-est Asiatico, l’Africa, il Medio Oriente o civiltà islamica, l’Australia. Le grandi aree naturalmente possono essere intese diversamente, ma queste dieci ci sembrano le più indicative, a loro volta suddivise in altre aree minori. L’ordine mondiale non può che essere governato da rappresentanti di queste dieci realtà principali.

Non è la soluzione regina e le tensioni non sono certo evitate, ma l’unico criterio di compromesso, l’unico confine di garanzia non può che essere stabilito a partire da queste linee di demarcazione.

Nel caso Ucraina, non può essere la superpotenza americana a stabilire la liceità di fagocitare a occidente l’Ucraina che già nel nome rispecchia il travaglio del suo confine; e non può essere la Russia a imporre con la forza la sua egemonia. E’ necessario riconoscere in queste terre di mezzo una dignitosa neutralità in modo che l’Ucraina non diventi né Occidente, con le basi Nato sui confini con la Russia, né diventi Stato satellite della Russia; ma uno Stato autonomo neutrale che resti a separare l’Occidente e l’Oriente. Ma la verità non è di questo mondo, così come la giustizia e l’armonia. E l’umanità resterà preda delle sue prove di forza, finché guerra non li separi.

FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/chi-decide-lordine-del-mondo/

 

 

Israele sbalordito dai neonazisti ucraini

La presenza di neonazisti organizzata dallo Stato in seno alle forze armate ucraine non è sporadica, sebbene non sia quantificabile in modo preciso. È invece facile contare il numero delle loro vittime. In otto anni, nell’indifferenza generale, i neonazisti hanno ucciso 14 mila ucraini. Questa è una delle cause dell’intervento militare russo in Ucraina. Israele si trova per la prima volta a fare i conti con quanto mai avrebbe immaginato di dover affrontare: il sostegno del protettore USA al suo nemico storico, il nazismo.

Naftali Bennett e Olaf Scholz al Memoriale Yad Vashem. Israele e Germania scoprono l’entità del problema.
Ufficio stampa del primo ministro

Questo articolo è il seguito di:
1. «La Russia vuole costringere gli USA a rispettare la Carta delle Nazioni Unite», 4 gennaio 2022.
2. «In Kazakistan Washington porta avanti il piano della RAND, poi toccherà alla Transnistria», 11 gennaio 2022.
3. «Washington rifiuta di ascoltare Russia e Cina», 18 gennaio 2022.
4. «Washington e Londra colpite da sordità», 1° febbraio 2022.
5. “Washington e Londra tentano di preservare il dominio sull’Europa”, 8 febbraio 2022.
6. “Due interpretazioni della vicenda ucraina”, 15 febbraio 2022.
7. “Washington suona la tromba di guerra, ma gli alleati desistono”, 23 febbraio 2022.
8. “È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra”, 7 marzo 2022.
9. «Una banda di drogati e neonazisti», 7 marzo 2022.

Di fronte alla crisi ucraina Israele deve misurarsi con un problema inaspettato: è vero quanto sostiene Mosca, ossia che l’Ucraina è nelle mani di una «banda di neonazisti», finanziata da ebrei ucraini e statunitensi? Se la risposta fosse affermativa, Tel Aviv avrebbe il dovere morale di chiarire la propria posizione nei confronti di ebrei sostenitori di nazisti, a prescindere dalla posizione rispetto alla crisi ucraina.

Il problema è ancor più doloroso perché gli ebrei statunitensi che sostengono o strumentalizzano i gruppi nazisti ucraini sono un piccolo gruppo di un centinaio di persone, gli straussiani, oggi al potere nella cerchia più vicina al presidente Joe Biden.

COSA RAPPRESENTANO I NEONAZISTI UCRAINI?

A febbraio 2014 la “rivoluzione della dignità”, chiamata anche “EuroMaidan” fu un cambiamento di regime sponsorizzato dalla straussiana Victoria Nuland, assistente dei segretari di Stato Hillary Clinton e John Kerry. In questo contesto, un gruppo di ultrà della squadra di calcio di Kharkiv, la “Setta 82”, occupò i locali del governatorato dell’oblast [regione] e riempì di botte i dipendenti del vecchio regime.

Diventato ministro dell’interno, Arsen Avakov, governatore di Kharkiv durante il vecchio regime e uno degli organizzatori dell’Euro 2012 [campionato europeo di calcio], autorizzò la formazione di una forza paramilitare di 12 mila uomini, attorno agli hooligan della “Setta 82”, a difesa della rivoluzione. Il 5 maggio 2014 il Battaglione Azov, o “Corpo dell’Est”, era ufficialmente costituito e posto sotto il comando di Andriy Biletsky.

Quest’ultimo, soprannominato “führer bianco”, è un teorico del nazismo. Era stato leader dei Patrioti d’Ucraina, un gruppuscolo neonazista fautore di una Grande Ucraina, nonché violentemente anticomunista.

Andriy Biletsky e Dmitro Yarosh fondarono insieme il Settore Destro, che nel 2014 fu il principale protagonista di Piazza Maidan. Questa struttura, apertamente antisemita e omofoba, era finanziata dal padrino della mafia ucraina, il miliardario ebreo Ihor Kolomoïsky. Sul piano internazionale il Settore Destro si oppone violentemente all’Unione Europea per costituire un’alleanza degli Stati dell’Europa centrale e del Baltico, l’Intermarium. Un progetto che, guarda caso, coincide con il progetto degli Straussiani che, dal rapporto Wolfowitz del 1992, considerano l’Unione Europea un rivale per gli USA più pericoloso della Russia. Vi ricorderete della telefonata intercettata tra Nuland e l’ambasciatore USA, in cui la sottosegretaria proclama che avrebbe «inculato l’Unione Europea» (sic).

Dmitro Yarosh è un agente delle reti stay-behind della Nato. Con l’emiro Doku Omarov nel 2007 organizzò un congresso anti-russo a Ternopol, sotto l’occhiuta vigilanza di Victoria Nuland, all’epoca rappresentante degli Stati Uniti alla NATO. Yarosh riunì neonazisti di tutta Europa e islamisti del Medio Oriente allo scopo di fare la jihad in Cecenia contro la Russia. Yarosh fu in seguito leader del Tridente di Stepan Bandera (detto Tryzub), gruppuscolo che glorifica la collaborazione dell’Ucraina con i nazisti. Secondo Bandera gli ucraini autentici sono di origine scandinava o proto-germanica; sfortunatamente si sono mescolati con un popolo slavo, i russi, da combattere e dominare. A fine 2013 gli uomini di Yarosh, nonché i giovani di un altro gruppo nazista, furono addestrati alla guerriglia urbana in Polonia, da istruttori della Nato. Fui molto criticato quando rivelai la vicenda perché avevo citato nelle note un giornale satirico; ciononostante il Procuratore generale della Polonia aprì un’inchiesta, che naturalmente non ebbe seguito perché non poteva mettere in causa il ministro della Difesa [1].

Nell’estate 2014 del Battaglione Azov facevano già parte questi gruppi neonazisti, ma non solo. Furono mandati a combattere i ribelli di Donetsk e Lugansk, compito che eseguirono con piacere. La loro paga fu aumentata fino al doppio di quella dei soldati regolari. Nella Repubblica Popolare autoproclamata di Donetsk, il Battaglione Azov prese la città di Mrinka, dove massacrò i “separatisti”.

A settembre 2014 il governo provvisorio affidò alla Guardia Nazionale l’incarico di assorbile il Battaglione Azov, escludendone alcuni leader nazisti.

Alle elezioni di ottobre 2014 due ex leader nazisti del Battaglione Azov, Andriy Biletsky e Oleh Petrenko furono eletti alla Rada (parlamento). Biletsky, il “führer bianco”, non si alleò con alcuno; Petrenko invece si unì al gruppo parlamentare che sosteneva il presidente Petro Porochenko. Il Battaglione Azov divenne così il Reggimento Azov della Guardia Nazionale.

A marzo 2015 il ministro dell’Interno (era in carica ancora Arsen Avakov) negoziò con il Pentagono la formazione da parte delle Forze Speciali statunitensi del Reggimento Azov, nel quadro dell’operazione Guardiani senza paura (Operation Fearless Guardian). Immediatamente i rappresentanti John Conyers Jr. (Democratici, Michigan) e Ted Yoho (Repubblicani, Florida) denunciarono l’accordo come una follia. Ricordarono che armare gli islamisti in Afghanistan aveva portato alla formazione di Al Qaeda e alla generalizzazione del terrorismo. Convinsero gli altri parlamentari che gli Stati Uniti non potevano formare neonazisti senza correre il rischio di pagarne prima o poi le conseguenze. In occasione del voto sul budget della Difesa, i parlamentari vietarono al Pentagono di attuare l’accordo e di armare il Reggimento Azov con lanciamissili (MANPAD) [2]. Il Pentagono tornò però alla carica e riuscì a far rientrare l’emendamento [3], sollevando le proteste del Centro Simon Wiesenthal.

Nello stesso periodo, il senatore John McCain (Repubblicani, Arizona), propugnatore del sostegno ai nemici della Russia, dopo aver intrattenuto legami con i capi di Al Qaeda, poi di Daesh in Libia, Libano e Siria [4], visitò un’unità del Reggimento Azov, Dnipro-1. Si congratulò calorosamente con questi bravi nazisti che sfidano la Russia, proprio come a suo tempo si era felicitato con gli jihadisti.

Fu allora che il Reggimento Azov cominciò a reclutare all’estero. Giunsero uomini da tutto l’Occidente, in particolare da Brasile, Croazia, Spagna, Stati Uniti, Francia, Grecia, Italia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Scandinavia, Regno Unito e Russia. Questo in contrasto con gli Accordi di Minsk, di cui Francia e Germania sono garanti, che vietano formalmente alle autorità di Kiev d’ingaggiare mercenari stranieri. Il Reggimento Azov ha organizzato anche campi per i giovani, frequentati da 15 mila adolescenti, nonché associazioni per i civili; sicché il Reggimento è arrivato a contare 10 mila uomini operativi e almeno il doppio di “simpatizzanti”. Andriy Biletsky poteva dichiarare che il Reggimento aveva la missione storica di unire «le razze bianche dell’intero pianeta in un’ultima crociata per la propria sopravvivenza […] una crociata contro i subumani capeggiati dagli ebrei».

Due rapporti del principe Zeid Raad al-Hussein, quale Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti dell’uomo, attestano i crimini di guerra commessi dal Reggimento Azov [5].

Nel 2017 una delegazione ufficiale della Nato, che comprendeva ufficiali di Stati Uniti e Canada, incontrò ufficialmente il Reggimento Azov.

Numerosissimi media hanno dedicato reportage ai gruppi neonazisti ucraini. Tutti, senza eccezioni, erano orripilati dall’ideologia e dalla violenza del Reggimento Azov. Per fare un esempio, l’Huffington Post, in un articolo intitolato «Nota per l’Ucraina: basta coprire il dossier politico», metteva in guardia contro la compiacenza dei responsabili politici ucraini [6].

Nel 2018 l’FBI entrò nuovamente in conflitto con la CIA. Stavolta a proposito dei neonazisti statunitensi che, dopo essere andati ad addestrarsi presso il Reggimento Azov, erano tornati per perpetrare violenze sul suolo americano. Il Movimento per elevarsi al di sopra (Rise Above Movement, RAM), un pericolo interno per gli USA, era stato addestrato in Ucraina dalla CIA [7].

Dopo gli attentati di Christchuch (Nuova Zelanda) del 2019, che fecero 51 morti e 49 feriti, 39 membri della Camera dei Rappresentanti USA scrissero al dipartimento di Stato per chiedere che il Reggimento Azov fosse considerato “organizzazione terrorista straniera” (FTO) in quanto il terrorista aveva frequentato l’organizzazione ucraina.

Nel 2020 il miliardario Erik Prince, fondatore dell’esercito privato Blackwater, sottoscrisse diversi contratti con l’Ucraina. Uno di questi gli dava mano libera per inquadrare il Reggimento Azov. Prince sperava di prendere il controllo dell’industria degli armamenti ucraina ereditata dall’Unione Sovietica [8].

Il 21 luglio 2021 il presidente Volodymyr Zelensky ha promulgato una legge sui «popoli autoctoni», con la quale si riconosce il godimento dei Diritti dell’uomo e del cittadino e delle Libertà fondamentali solo agli ucraini di origine scandinava o germanica, non a quelli di origine slava. È la prima legge razziale in Europa da 77 anni.

Il 2 novembre 2021, su suggerimento di Victoria Nuland, il presidente Zelensky ha nominato Dmitro Yarosh consigliere del comandante in capo delle forze armate ucraine, generale Valerii Zaluzhnyi, con l’incarico di preparare l’attacco al Donbass e alla Crimea. È importante ricordare che Yarosh è nazista, mentre Nuland e Zelensky sono ebrei ucraini (Nuland, cittadina statunitense, lo è per le proprie origini).

In otto anni, dal cambio di regime all’operazione militare russa esclusa, i neonazisti in Ucraina hanno ucciso almeno 14.000 ucraini.

LA SFIDA MORALE DI ISRAELE

Il presidente Zelensky ha risposto alla denuncia dell’omologo russo di una «banda di neonazisti» al potere a Kiev, affermando che è impossibile, dal momento che egli stesso è ebreo. Per di più, al sesto giorno di conflitto Zelensky ha accusato la Russia di aver bombardato il memoriale di Babi Yar, dove 33 mila ebrei furono massacrati dai nazisti: di certo lui non sosteneva i nazisti, i russi invece ne cancellavano i crimini.

La reazione del Memoriale Yad Vashem, istituzione israeliana che coltiva la memoria della “soluzione finale della questione ebraica” da parte dei nazisti è stata immediata: in un comunicato rabbioso ha affermato che è oltraggioso che la Russia parifichi l’estrema destra ucraina ai nazisti della Shoah, e ancor più che bombardi un luogo della memoria.

Giornalisti israeliani sono andati sul luogo incriminato e hanno constatato che non è mai stato bombardato: il presidente ucraino aveva mentito. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Preskov, ha successivamente invitato il Memoriale Yad Vashem a mandare una delegazione in Ucraina affinché constati de visu, protetta dall’esercito russo, ciò a cui si riferisce il presidente Putin.

Silenzio assoluto: e se il Cremlino, come già il Centro Simon Wiesenthal, dicesse il vero? E se gli ebrei straussiani degli Stati Uniti, il leader ucraino ebreo Ihor Kolomoïsky, nonché il suo dipendente, il presidente ebreo Volodymyr Zelensky lavorassero davvero con veri nazisti?

Il primo ministro israeliano Naftali Bennett si recava immediatamente a Mosca e successivamente riceveva il cancelliere Scholz a Tel Aviv; poi telefonava al presidente ucraino, la cui malafede è lampante. Presentato come un ennesimo tentativo di pace, il viaggio di Bennett aveva in realtà lo scopo di appurare se gli Stati Uniti s’appoggino davvero su autentici nazisti. Disorientato da quel che ha scoperto, Bennett richiamava il presidente Putin incontrato il giorno prima. Telefonava anche a diversi capi di Stato membri della Nato.

Sarebbe auspicabile che Bennett rendesse pubblico quanto ha accertato, ma è poco probabile. Dovrebbe riaprire un dossier dimenticato, quello delle relazioni tra alcuni sionisti e i nazisti. Perché David Ben Gourion affermava che Ze’ev Jabotinski, fondatore del sionismo revisionista, era un fascista o forse un nazista? Chi sono gli ebrei che accolsero calorosamente in Palestina, prima che prendesse il potere Adolf Hitler, una delegazione ufficiale del partito nazista, il NSDAP, che praticava pogrom in Germania? Chi nel 1933 ha negoziato l’accordo per il trasferimento degli ebrei (il cosiddetto Accordo Haavara) e mantenuto una sede a Berlino fino al 1939? Domande cui gli storici solitamente non rispondono. Per tornare ai nostri giorni, è vero, come asseriscono molti testimoni, che il professor Leo Strauss insegnava agli allievi ebrei che per proteggersi da una nuova Shoah dovevano costruire la propria dittatura con gli stessi metodi dei nazisti?

Evidentemente Naftali Bennett non ha aderito alla narrazione di Ucraina e Nato. Ha dichiarato che il presidente russo non teorizzava un complotto, non era irrazionale e non era malato di mente. Invece il presidente Zelensky, interrogato sul sostegno dello Stato ebraico, ha risposto: «Ho parlato con il primo ministro di Israele. Ve lo dico francamente, e potrebbe suonare quasi offensivo, ma penso di avere il dovere di dirlo: le nostre relazioni non sono cattive, non sono affatto cattive. Ma in momenti come questo le relazioni sono messe alla prova, nei momenti più difficili, quando l’aiuto e il sostegno sono necessari. Non penso che [Bennett] sia avvolto nella nostra bandiera».

Israele dovrebbe ritirarsi dal conflitto ucraino. Se improvvisamente cambia idea su qualcos’altro e litiga con Washington, saprai perché.

NOTE

[1Ucraina: la Polonia ha addestrato i golpisti due mesi prima”, di Thierry Meyssan, Aurora (Italia) , Rete Voltaire, 19 aprile 2014.

[3«Congress Has Removed a Ban on Funding Neo-Nazis From Its Year-End Spending Bill», James Carden, The Nation, January 14, 2016.

[4John McCain, maestro concertatore della “primavera araba”, e il Califfo”, di Thierry Meyssan, Traduzione Luisa Martini, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 18 agosto 2014.

[5Report on the human rights situation in Ukraine 16 November 2015 to 15 February 2016 and Report on the human rights situation in Ukraine 16 February to 15 May 2016, Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights. February and November 2016.

[6«Note to Ukraine: Stop Whitewashing the Political Record», Nikolas Kozloff, Huffington Post, March 25, 2015.

[7USA vs Robert Rundo, Robert Boman, Tyler Laube and Aaron Eason, Central district of California, October 20, 2018.

[8« Exclusive : Documents Reveal Erik Prince’s $10 Billion Plan to Make Weapons and Create a Private Army in Ukraine », Simon Shuster, Time, July 7, 2021.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article215895.html

 

 

È morto l’uomo che uccise Ernesto Che Guevara

Era il 9 ottobre 1967 quando, dopo la sua cattura avvenuta il giorno precedente, Ernesto Che Guevara venne giustiziato dall’esercito boliviano. Dopo anni trascorsi a fomentare le rivolte socialiste all’urlo di “hasta la victoria siempre“, l’uomo che più di tutti ha identificato gli anni della Guerra fredda in America Latina era giunto al capolinea. A ucciderlo, sotto diretto ordine dell’allora presidente della Bolivia René Barrientos, fu un giovane ufficiale dell’esercito boliviano: Mario Teran Salazar.
Un colpo diretto al petto, sparato, per sua diretta testimonianza, ad occhi chiusi per non vedere l’uccisione di un uomo rimasto impassibile anche di fronte alla propria condanna a morte. Un evento che lo stesso Salazar ha voluto tenere segreto per molti anni, sostenendo lungamente che a uccidere “El Che” fosse stato un suo omonimo. Un’esecuzione che, come testimoniato, non avrebbe mai voluto fare, ma che a convincerlo ad eseguirla fu lo stesso condannato.

A confermare la morte è stato l’ufficiale che il giorno precedente arrestò Che Guevara, Gary Prado, trovandolo ferito e alla guida di ormai una manciata di truppe. La causa della sua dipartita, sebbene ciò non sia stato confermare per motivi di riservatezza dall’ospedale, sarebbe stata una lunga malattia che da molti anni stava affrontando.

Che Guevara, un uomo che è “sopravvissuto” alla morte

Ernesto Che Guevara è stato l’uomo che più di tutti ha forgiato l’animo rivoluzionario dell’America latina negli anni della Guerra fredda. Divenuto famoso con la rivoluzione cubana che portò al rovesciamento del governo filo-americano di Fulgencio Batista, Guevara è stato uno dei portavoce dell’ideologia “anti-statunitense” nella regione dell’America latina. La naturalezza con la quale si rese disponibile a guidare anche le più pericolose azioni di guerriglia e la sua istruzione cosmopolita contribuirono a creare un alone “magico” attorno alla sua figura; così come le storie che si sono costruite attorno alla sua persona hanno contribuito, di fatto, a renderlo immortale.

Sebbene infatti abbia sempre agito nell’ombra, nessuno meglio di lui incarna lo spirito di quelli che sono stati gli anni bui dell’America latina, costituiti da dittature militari, colonialismo americano e sanguinarie rivoluzioni che hanno portato anche alla morte di un numero non identificato di civili. E nessuno, a differenza sua, è stato in grado di unire le folle e convincere le persone a combattere dalla sua parte, nella speranza che le cose potessero sempre migliorare per il meglio.

I risultati delle rivoluzioni del Che

Nonostante gli ottimi ideali di partenza, i risultati che ottenne in vita Che Guevara non si possono considerare al livello delle sue aspettative. La sua stessa decisione di ritirarsi dalla vita politica cubana è stata infatti il frutto della presa di coscienza di un fallimento del proprio operato “costruttivo”, e questo evento segnò infatti un ritorno ai campi di battaglia. Dapprima nel Congo-Brazzaville, quindi in Bolivia.

Sotto il profilo militare, l’unica vera rivoluzione vittoriosa fu quella di Cuba, grazie anche e soprattutto alla guida di un esperto Fidel Castro che si dimostrò in grado di mitigare le scelte dettate dai tratti più impulsivi del suo carattere. Ciò, però, non accadde nelle successive esperienze rivoluzionarie, al punto che è opinione comune come la sconfitta boliviana, così come la sua stessa cattura, siano state causate da una serie di decisioni impulsive, ideologiche e non adeguatamente analizzate, come accaduto invece a l’Avana.

Che Guevara nell’immaginario collettivo

Indipendentemente da ciò, la sua figura è rimasta però fortemente impressa nell’immaginario collettivo, contribuendo a creare un mito destinato a durare ancora molti anni. Così come il suo volto, impresso da tutte le parti: dalla marca di sigarette alle t-shirt di grandi marchi della moda, o dai calendari che ancora vengono stampati alle tracce musicali.

Sebbene forse l’ultimo desiderio che potesse avere un convinto socialista fosse quello di vedere la sua immagine utilizzata per tornaconti commerciali, è certo che la sua notorietà non è stata eguagliata da nessun altro politico o rivoluzionario dell’epoca. A ennesima conferma che la sua figura, in un modo o nell’altro, è stata in grado di sopravvivere alla sua stessa morte.

FONTE: https://it.insideover.com/storia/e-morto-luomo-che-uccise-ernesto-che-guevara.html

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