RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
14 SETTEMBRE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Qui giace l’Itallia; chi je fu becchino,
je s’è scolato sto lumetto a ojo,
Mo je stanno succhiando lo stoppino
TITTA MARINI, Zitti tutti … ché parlo io, Accademia dell’ozio, Tarquinia, 1970, pag. 98
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SOMMARIO
Sara, la mascherina e i poteri forti
Dylan, Draghi e l’inferno Covid. Magaldi: presto la verità
Tutta la sinistra al funerale di Willy: nemmeno un politico a quello di Filippo Limini
AMBIENTE SENZA CONTROLLI, COLPA DELL’AMBIENTALISMO
“Netflix sessualizza le undicenni”: sotto attacco il nuovo film Cuties.
“Nessun invito”, “Clima infame”. Ed è guerra tra Favino e la Lega
I BIMBI UCCISI ED INCENSURATI NON FANNO NOTIZIA, SE BIANCHI
Facebook trae profitto dall’odio online
Entro ottobre sarà di nuovo fase 1: a loro fa comodo tornare al lockdown
Alla festa del Pd tutti senza mascherina: “Nessuno li va a controllare” (VIDEO)
Distanziamento eterno: Conte dichiara guerra alla scuola
Bizzi: governi pagati da Oms e Fmi per imporre il lockdown
Il generale Mini: Covid, guerra civile nel New World Order
Verbali Cts, il giallo del dietrofront sulle zone rosse
Elezioni Usa: il Washington Post e il golpe nel cuore dell’Impero
Gasdotti: c’è la Germania (non Putin) dietro il caso Navalny
Beirut: dopo l’esplosione, un grande incendio al porto
DUE POLIZIOTTI GRAVEMENTE FERITI IN UN AGGUATO A LOS ANGELES, I MANIFESTANTI BLM SBEFFEGGIANO
Hai 47.000 euro di debito, e nessuno ha mai avuto il coraggio di dirtelo
È TUTTO COLLEGATO
COS’È LA MARGIN CALL E PERCHÉ CI DEVE INTERESSARE?
Danilo Quinto sulla sua condanna
Monsignore smonta Bergoglio: “Non esiste un diritto all’immigrazione”
Ong spagnola: “276 migranti a bordo. È urgente farli sbarcare”
Pronte le forbici sulle pensioni: quanto si perde sull’assegno
Silenzio sul Nobel a Trump, che spaventa i nemici dell’Italia
Il cardinale “elettricista” in corsa per il Papato
Le vite dei cristiani neri evidentemente non contano
Papa Francesco parla di tutto. Tranne che di Dio
Gesuiti in trappola: Soros “se li compra” a suon di dollari
Il tentativo di demolire l’America
A una settimana dal voto gli odiatori di sinistra passano alle minacce: “A morte Zaia”
Manuale di autodifesa per sovranisti: la prefazione di Claudio Messora
GUALTIERI VENDE L’ITALIA PER UN PIATTO DI LENTICCHIE VIOLANDO IL MANDATO PARLAMENTARE
COVID Europa: boom di morti entro novembre. Lo dice l’OMS
E LI BANCHIERI NON PAGAVANO CHE DI CARTA
IN EVIDENZA
Sara, la mascherina e i poteri forti
C’è chi li chiama assistenti civici, chi volontari, chi invece li definisce “sceriffi”. Ma la loro unica arma è la moral suasion
Una ragazza passeggia su e giù per il lungomare di Chiavari, ogni tanto si siede su una panchina e scruta con sguardo attento i movimenti sulla spiaggia libera. Sul polpaccio sinistro, il tatuaggio del simbolo infinito che sembra un otto fa da contraltare alla Venere che sull’altra gamba galleggia nell’aria di un motivo floreale. Un paio di shorts, delle infradito, la capigliatura rasta con i pallini colorati copre in parte la scritta “STAFF” sulla maglietta gialla.
Sara è stata ingaggiata dal Comune e il suo lavoro è quello di osservare passanti e bagnanti per evitare assembramenti e far rispettare l’obbligo di indossare la mascherina, quando il distanziamento sociale è inevitabile. C’è chi li chiama Assistenti Civici o volontari. Dalla cronaca sui giornali vengono chiamati anche “sceriffi”, ma sembra francamente fuori luogo perché le loro armi non sono pistole, taser o manganelli, ma garbati inviti al rispetto delle regole.
Oggi è una giornata tranquilla. I ragazzi sulla spiaggia, sdraiati sui loro teli, assorbono i raggi di settembre per non perdere la tintarella. Gli assembramenti di agosto non ci sono più e Sara può rilassarsi e chiacchierare. “Lo sa che i più aggressivi non sono mica i giovani e i bambini: sono gli anziani! Quando gli chiedevo di stare meno appiccicati, i giovani chiedevano scusa e capivano, erano più i grandi che si offendevano”. Poi mi ha detto una bella cosa: “tutto sommato quasi tutti capiscono e collaborano, sa, in vacanza si lasciano un po’ andare, poi si ricordano che il virus non va preso sottogamba”.
Ma Sara è stanca, non parlatele di “moral suasion”, non può neanche sanzionare un comportamento e deve centellinare le chiamate alla polizia.
So di versare benzina sul fuoco quando le chiedo cosa pensa della manifestazione dei no-vax e no-mask a Roma. “Proprio alla Bocca della Verità dovevano farla quella sceneggiata? Io sono stata in gita a Roma con la scuola e la mano li dentro avevo paura di metterla. E loro? Vengano qui a riempirsi la bocca con i poteri forti. Glieli dirò io i nomi di chi quest’anno non è venuto in spiaggia perché è al cimitero”
Cari no-vax, no-mask, no-tutto, il potere forte qui si chiama Sara, porta a casa 300 euro al mese per 4 ore di “moral suasion” al giorno e ha perso il lavoro con il primo lockdown. La settimana scorsa ha accompagnato suo figlio quindicenne al pronto soccorso per un taglio al braccio. E’ rimasta fuori, delusa perché pensava di potergli stare accanto in quanto minorenne, ma ha rispettato le regole anti-covid.
Continuo la mia passeggiata e mi incoraggia vedere su ogni vetrina un cartello con sopra scritto “Si prega di indossare la mascherina prima di entrare”
FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/12/news/risorse-umane/sara-la-mascherina-e-i-poteri-forti/
Dylan, Draghi e l’inferno Covid. Magaldi: presto la verità
«Forse gli italiani se lo meritano, un governo che li chiude in casa per un allarme gonfiato, poi li rovina economicamente lasciandoli senza soldi e li prende in giro fino alla fine, con promesse favolose, fino al miracolo (inesistente) dei mitici aiuti dell’Unione Europea: poche briciole che costeranno un prezzo salatissimo, e che arriveranno – forse – tra un anno, a piccole rate, quando ormai il peggio ci sarà crollato addosso, a partire dalle prossime settimane». Tanta amarezza, da parte di Gioele Magaldi, viene dall’impietosa fotografia degli ultimi mesi, che si prolunga nel cuore dell’estate: «Vedo ancora in giro gente con indosso la mascherina: c’è chi se la mette per passeggiare all’aperto, e chi la tiene sul viso mentre guida l’auto, da solo». Follia? E’ il risultato della micidiale manipolazione messa in atto, a tambur battente, dallo scorso febbraio. La paura di un virus ormai spento e debellato dai medici con terapie efficaci, ma tuttora presentato come minaccia invincibile. «C’è chi insiste nell’evocare “seconde ondate”, anche se persino il telegiornale di “Sky” ha ammesso che l’epidemia è praticamente finita». Gli italiani? «In maggioranza, hanno accettato di subire restrizioni spesso assurde, non motivate da alcuna ragione medica».
Vizio nazionale? «L’unica rivoluzione italiana è stata quella che animò le imprese di Garibaldi, nell’800». Ma attenzione: «Non tutti hanno le fette di salame sugli occhi. E in ogni caso, è lo stesso governo Conte – coi suoi disastri quotidiani – a rivelare alla nazione la drammatica verità, che in autunno trasformerà l’Italia in un teatro incandescente di rivolte». In web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, il presidente del Movimento Roosevelt ammette che occorre prepararsi a vivere pagine traumatiche: «E’ praticamente certo che, a partire da ottobre, assisteremo a proteste clamorose, che qualche immancabile “manina” cercherà di degradare in manifestazioni violente». Il solito schema della strategia della tensione: buttarla in caciara, magari con arresti e feriti, così da cancellare le buone ragioni di chi protesta in modo pacifico? «I massoni progressisti vigileranno, dietro le quinte, per prevenire questo pericolo», dice Magaldi, autore nel 2014 del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che smaschera il back-office del potere e svela il ruolo occulto di decine di superlogge sovranazionali, dietro i maggiori eventi della nostra storia recente.
Il sequel uscirà a novembre con rivelazioni che si annunciano dirompenti, sulla genesi “cinese” del coronavirus e sulla regia nascosta che ha trasformato l’epidemia in pandemia grazie all’opaca gestione dell’Oms, e poi la pandemia in “golpe” mondiale contro la libertà, la sicurezza sociale e il benessere economico. A grandi linee, Magaldi ha già anticipato le sue tesi: dietro il Covid c’è la stessa élite iniziatica (leggasi, superloggia “Three Eyes”) che negli anni ‘70, dopo il colpo di Stato in Cile contro Allende, progettò “la crisi della democrazia” e, con Kissinger, puntò proprio sulla Cina – allora maoista – come possibile modello da contrapporre all’Occidente e alla sua democrazia, già così ammaccata e spesso inguardabile, ma pur sempre in vigore (elezioni, libertà di opinione). A fine marzo, Bob Dylan ha compiuto un gesto “worldwide” pubblicando sul web la canzone-denuncia “Murder Most Foul”. Il messaggio, cifrato ma non troppo: ad aver inguaiato il pianeta con il coronavirus sono gli eredi di quello stesso Deep State che nel 1963 assassinò a Dallas il presidente della New Frontier.
«Dylan – ha svelato Magaldi, dopo esserne stato espressamente autorizzato – milita da anni nelle file della massoneria progressista, e ora è sceso in campo direttamente: si sente un soldato, chiamato a combattere per la verità». Due settimane dopo, il cantautore più famoso del mondo (Premio Nobel per la Letteratura) ha esplicitato ulteriormente il suo pensiero, con il brano “False Prophet” accompagnato da un’immagine eloquente: il “falso profeta” è la morte, che bussa alla porta con un regalo sottobraccio, mentre nell’altra mano impugna una siringa. Il vaccino universale, spacciato come dono, sarebbe il vero obiettivo finale degli oscuri pianificatori dell’operazione-Covid? «Il primo bersaglio, immediato, doveva essere Donald Trump», dice Magaldi: «L’emergenza pandemica ha annullato i risultati dell’ottima politica economica di Trump proprio alla vigilia delle presidenziali di novembre». La notizia? «Chi sperava di vincere abbattendo Trump ha già perso», sostiene Magaldi: «Fiutato l’imbroglio, l’establishment americano ha appena preso una decisione storica: anche se Trump non dovesse essere rieletto, gli Usa non torneranno sui loro passi e non cancelleranno i dazi imposti da Trump per frenare l’espansione neo-imperiale della Cina».
E’ da lì che tutto è partito, secondo l’autore di “Massoni”: le superlogge oligarchiche hanno sdoganato Pechino per farne una sorta di “Frankenstein”, una specie di mostro a due facce: formidabili performance economiche, tenute però sotto chiave da un rigidissimo regime dittatoriale. «Beninteso: il popolo cinese ha dimostrato capacità eccezionali e ha saputo stupire il mondo, in pochi anni, con le sue grandiose realizzazioni. Ma non dimentichiamoci mai – aggiunge Magaldi – che al sistema-Cina è stato deliberatamente permesso di fare concorrenza sleale all’Occidente, vendendo prodotti a basso costo grazie a regole truccate». E’ storia: nel duemila, la Cina è stata accolta nel Wto senza pretendere che si dotasse di una governance più democratica. Nessuna tutela per i lavoratori, nessuna legge per frenare le emissioni inquinanti e proteggere l’ambiente. Risultato, un dumping commerciale irresistibile, peraltro ben congegnato dagli stessi “apprendisti stregoni” occidentali che delocalizzarono volentieri l’industria, dopo aver trasferito ai cinesi anche il know-how tecnologico, per fare del gigante asiatico la manifattura del mondo.
Conseguenza aritmetica: il crollo del lavoro in Europa e in America, e la finanziarizzazione dell’economia, finita sotto il controllo di pochissime mani. Tradotto: si scrive Cina, ma si legge “oligarchia planetaria globalizzata”. Tutto liscio, per anni, fino allo storico incidente delle presidenziali 2016. Tutti davano per scontata la vittoria della “democratica” Hillary Clinton, di fronte all’impresentabile Donald. «E invece ci sarà una sorpresa», vaticinò Magaldi, con largo anticipo: «Con un’operazione spregiudicata, la massoneria progressista ha scelto di appoggiare Trump per mettere fine all’ipocrisia finto-progressista dei “dem” statunitensi, che hanno avallato la peggior globalizzazione finanziaria, contro i diritti dei lavoratori». La risposta arrivò nella notte dell’election-day: all’alba, ora italiana, si vide che avevano scelto Trump proprio gli operai della “rust belt”, la cintura industriale del MidWest abbandonata al suo destino, anche durante il lungo regno di Obama, e tradita dalle delocalizzazioni. “America First”, dunque: l’impossibile si era materializzato con la millimetrica precisione prevista da Magaldi.
Ecco perché, poi, The Donald ha eseguito i compiti: ha tagliato le tasse (come sarebbe piaciuto a Reagan) ma al tempo stesso ha espanso clamorosamente il deficit (come avrebbero consigliato Keynes e Roosevelt), centrando il traguardo – impensabile, per Obama – della piena occupazione. Mossa finale, lo stop mercantile imposto a Pechino: fine delle esportazioni a tasso zero. «Fate caso», osserva Magaldi: «Il coronavirus è esploso a Wuhan un minuto dopo la cocente umiliazione inferta a Xi Jinping». Il resto è cronaca: la Cina che lascia esplodere il problema (arrestando i medici che lo denunciano) e poi chiude in gabbia gli abitanti, con la benedizione dell’Oms – che se c’era dormiva, nei paraggi del laboratorio dove, secondo Premi Nobel come Jean-Luc Montagnier, probabilmente si stava “pasticciando”, magari con le migliori intenzioni (il miraggio di un vaccino anti-Aids), attorno alla struttura Rna dei coronavirus, manipolandoli con innesti di virus Hiv.
«Su quanto accaduto davvero a Wuhan farò nomi e cognomi nel libro che uscirà a novembre», anticipa Magaldi, che intanto osserva l’evoluzione del disastro planetario: un virus a bassa pericolosità trasformato in arma letale dal “terrorismo sanitario” che ha imposto il lockdown, vietato le autopsie, scoraggiato le cure ed emarginato i medici capaci di smontare la minaccia, cioè in grado di ridurre il Covid a malattia perfettamente curabile. Raggiunto il primo grande obiettivo – colpire la corazzata Trump – nel mirino c’era l’Italia, ventre molle d’Europa grazie all’inconsistenza della sua classe politica, maggioranza e opposizione. Di fatto, attraverso l’Oms, gli oligarchi hanno commissariato il debolissimo governo Conte, inducendolo a terrorizzare gli italiani e a massacrare la già pericolante economia nazionale. Ora siamo alle comiche finali: “Giuseppi” rimedia ceffoni, a Bruxelles, ma tenta di vendere come un grande successo l’inaudito strozzinaggio del Recovery Fund: pochissimi soldi e fuori tempo massimo, da restituire con gli interessi in moneta e in solido, cioè tagliando quel poco di Italia che resta agli italiani (salari, pensioni, sanità, servizi pubblici e aziende di Stato).
Il convitato di pietra di questa estate 2020 si chiama Mario Draghi. Praticamente in contemporanea con l’uscita mondiale del “fratello” Dylan, l’ex presidente della Bce ha esposto il suo Piano-B sul “Financial Times”: fine del rigore e dei prestiti usurai destinati agli Stati. Dottrina keynesiana: inondare l’economia di miliardi a fondo perduto, “come in guerra”, o è la fine. Mezza Europa – dalla Merkel a Macron, incluso il fido Mark Rutte – trema, all’idea che Draghi finisca a Palazzo Chigi al posto dell’innocuo Conte. Anche se molti italiani faticano a capacitarsene, il risveglio dell’Italia fa paura: potrebbe voler dire il crollo del Muro di Bruxelles, contro cui si batte – non da oggi – un outsider di lusso come Gianluigi Paragone, ora in campo con il suo progetto “Italexit”. «A Paragone – dice Magaldi – riconosco una coerenza di fondo, nonché il merito di aver portato in televisione un ospite “difficile” come Paolo Barnard, promotore italiano della Mmt». La Modern Money Theory è la forma più estrema di economia keynesiana: spesa pubblica virtualmente illimitata, a costo zero, per rianimare l’economia. «Non a caso, lo stesso Draghi – prima ancora di lasciare la Bce – evocò proprio la Mmt come possibile soluzione: era il segnale che la massoneria progressista gli aveva espressamente richiesto, per certificare pubblicamente il suo storico divorzio dalla massoneria “neoaristocratica” e reazionaria che ha costruito l’attuale governance europea».
Magaldi concorda con Paragone su un altro punto: «Questa Unione Europea è davvero irriformabile: là dentro non c’è proprio niente da salvare». Solo che – qui sta la divergenza fondamentale – è semplicemente illusoria l’uscita di sicurezza prospettata da Paragone: «Non è certo agitando l’Italexit che si può sperare di uscire dal tunnel», dice Magaldi. «Spesso, la posizione No-Euro è manipolata, a insaputa dei suoi stessi sostenitori: in fondo, col loro velleitarismo, gli anti-europeisti sono gli avversari più comodi, per l’establishment». Quello che invece è inaccettabile, per Magaldi, è che si liquidi Paragone quasi fosse un eretico, uno squilibrato: come se la sua non fosse una posizione politica perfettamente legittima. «Paragone ha tutto il diritto di esprimersi in quei termini: semplicemente, credo che l’Italexit non sia praticabile». Magaldi inoltre è fermamente europeista: «La verità è che serve una radicale rigenerazione. Voglio un’Europa unita, come quella sognata da Garibaldi e Mazzini, da Victor Hugo, da Altiero Spinelli». Intendiamoci: «L’Europa unita non l’abbiamo ancora vista, non è mai nata: e a “scomunicare” Paragone sono proprio i finti europeisti, che ancora una volta – con la farsa del Recovery Fund – hanno dimostrato di essere ultra-sovranisti e ultra-nazionalisti».
Magaldi invita a chiudere gli occhi, per un attimo: in che mondo vivremmo, se i paesi europei – anziché farsi le scarpe l’un altro, rifilando bidoni all’Italia – si mettessero a collaborare davvero? Avremmo un’economia sana e sorretta dagli eurobond, un sistema fiscale equo (senza più l’inaudita concorrenza sleale di Stati-canaglia come l’Olanda) e un ben diverso peso geopolitico, a metà strada tra Cina e Usa, Russia e Mediterraneo, Africa e Medio Oriente. Sogni? Lo sono – sempre – anche quelli di chi progetta le peggiori contorsioni geo-strategiche, fino all’incubo orwelliano innescato da un virus molto contagioso ma scarsamente pericoloso, se paragonato all’Hiv o all’Ebola. Sogni che si trasformano in progetti, eventualmente anche criminali. Perché allora non contrapporli a elaborazioni di segno opposto? Sta già succedendo, assicura Magaldi: il potere massonico mondiale (che secondo l’autore di “Massoni” è la sede principale delle grandi decisioni) è oggi spaccato in due: da una parte gli oligarchi – che usarono la Cina come cavallo di Troia, verso un Occidente post-democratico – e dall’altra i progressisti, decisi a dare battaglia su tutti i fronti, dagli Usa all’Europa, cominciando proprio dall’Italia.
La mossa decisiva – Draghi a Palazzo Chigi, al posto dell’increscioso Conte – sarebbe l’atto d’inizio dello storico Piano-B, destinato a smontare il teorema del rigore neoliberista che, nel suo estremo cinismo, è arrivato a impugnare persino il coronavirus come arma di distruzione di massa, perlomeno economica e sociale, instaurando la “polizia sanitaria” che ha confiscato diritti e libertà, in nome della sicurezza, a fronte di una minaccia largamente sopravvalutata. Quanto manca, all’appuntamento con Draghi? «Dipende anche da Mattarella: vedremo se il presidente oserà seguire il suo patrono», dice Magaldi, che spiega: «Mattarella è un servizievole paramassone, e sa benissimo che deve il suo posto al Qurinale proprio a Draghi: fu l’allora presidente della Bce a indurre Renzi a sistemarlo alla presidenza della Repubblica». In altre parole, la partita è in corso e le variabili sono tante: molto dipenderà proprio dai sussulti sociali che si annunciano per l’autunno. «Al di là delle ciance di Conte, la realtà è ormai sotto gli occhi di tutti: negozi chiusi, aziende in agonia e famiglie allo stremo, cassa integrazione che non arriva». Soldi europei? Solo tra un anno, a patto che l’Italia si impegni a svendere quel che le resta. «Quanto pensate che potrà ancora durare, questa calma apparente?».
Stiamo vivendo un momento storico che sembra senza precedenti: di fronte a milioni di persone ancora in letargo, che si attardano a tifare per i piccoli leader in campo, c’è una popolazione (per ora silenziosa) che sta finalmente aprendo gli occhi. Quando calerà il sipario sul teatro dei pupi, si capirà che è semplicemente impossibile che un virus come il Corona possa devastare il mondo in questo modo, senza un’oculatissima regia – centralizzata, a livello mondiale, e declinata sul piano nazionale dai figuranti della politica, marcati a uomo da tecnici comparsi dal nulla, all’improvviso, a trasformare l’allarme in catastrofe. Ci sono frangenti, nella storia, che sembrano dividere l’umanità: da una parte i dormienti, dall’altra i progressivamente consapevoli. Quelli come Magaldi esprimono una dolente fiducia: molti addormentati si sveglieranno bruscamente, buttati giù dal letto dalla crisi economica più impensabile. E un giorno, se tutto dovesse procedere per il meglio, si scoprirà che tra il coronavirus e l’austerity europea, così come tra una certa America e la Cina, ci sono connessioni verminose e indicibili, criminali, incarnate da oligarchi spietati che non esitano a sacrificare milioni di persone, rovinando la vita di tutti, pur di tenere in piedi un potere ostile e fraudolento, fondato sulla menzogna. Un potere che oggi esprime tutto l’inferno di cui è capace, forse perché sente che sta per essere sconfitto.
(Giorgio Cattaneo, “Dylan, Draghi e l’inferno chiamato Covid, Gioele Magaldi: presto avrete la verità”, dalla pagina Facebook di Cattaneo, 28 luglio 2020).
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/07/dylan-draghi-e-linferno-covid-magaldi-presto-la-verita/
Tutta la sinistra al funerale di Willy: nemmeno un politico a quello di Filippo Limini
Dove sono i benpensanti? Ora l’avete capito che anche voi siete vittime di un sistema mediatico che decide cosa conta e cosa no, quali narrazioni sono funzionali e quali no?”. Il commento di Francesca Totolo: “Purtroppo per la stampa allineata, il 24enne Filippo Limini, ucciso da 3 albanesi nemmeno un mese fa, non meritava la stessa copertura mediatica di Willy Monteiro. Non tutte le vite contano!”.
Altri più saggi di Obama hanno sottolineato che il problema non è il cambiamento climatico. Il problema invece è l’ambientalismo. L’ambientalismo è il motivo per cui la California ha smesso di governare le foreste o di eseguire ustioni controllate per sbarazzarsi del legno morto (AKA esca). È stato a causa dell’ambientalismo che PG&E ha investito tutti i suoi soldi nella costruzione di impianti di energia rinnovabile, come gli impianti solari che hanno fallito durante la recente ondata di …
FONTE: https://www.facebook.com/groups/Finanzcapitalismo/permalink/1411570062365303/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
“Netflix sessualizza le undicenni”: sotto attacco il nuovo film Cuties.
Utenti invitano a boicottare e la piattaforma perde 9 miliardi in Borsa
In realtà, la reazione non arriva di sorpresa: già l’uscita della locandina – con le bambine in pose definite provocanti e costumi sgambati – aveva sollevato un’ondata di polemiche e di critiche, con il colosso dello streaming accusato di sfruttare il corpo di ragazze in piena pubertà. Se quelle immagini avevano sollevato le critiche degli abbonati, il film – girato dalla regista e franco-senegalese Maïmouna Doucouré – aveva invece guadagnato il plauso della critica, ottenendo un riconoscimento al Sundance Film Festival (il World Cinema Dramatic Directing Award) e recensioni entusiaste.
La commedia francese racconta della vita di Amy, 11enne senegalese che si unisce a un gruppo di ragazzine con la passione della danza che si chiamano ‘cuties’, cioé ‘carine’ (da cui il titolo originale, ‘Mignonnes’). Ma la nuova libertà la porterà a scontrarsi con la famiglia di fede islamica e con il ruolo che attribuisce alle donne. Una storia quindi di emancipazione e di scoperta di sé, della propria femminilità e del proprio posto nel mondo.
La locandina per il mercato internazionale, finita nella bufera, viene tratta da una scena del film che gli utenti hanno descritto come “inopportunamente sensuale” e “allusiva”: calze a rete, crop top, shorts, le bambine ‘twerkano’ e ballano mentre la camera indugia sul loro corpo. Proprio questo sguardo voyeristico è quello che gli spettatori rimproverano al film. “Incentiva la pedofilia”, twittano i follower delusi, che hanno fatto andare in tendenza l’hashtag #CancelNetflix “quelle scene di twerk che delle bambine hanno dovuto fare e rifare davanti a una crew di uomini senza che nessuno le proteggesse, dov’erano gli adulti?”. La critica ribatte che la volontà era proprio quella di denunciare un ambiente che può iper-sessualizzarsi, quello della danza, soprattutto in un’età in cui le giovani farebbero di tutto per integrarsi.
È stata lanciata una petizione con 660mila firme e alcuni abbonati pubblicano foto e video in cui fanno vedere la disdetta al contratto con Netflix. Per questo oggi la quotazione di Netflix è di 9 miliardi più bassa di ieri, e Imdb lista il film tra quelli ‘parental guidance‘ per la categoria sesso/nudo.
“Cuties è un racconto sociale contro la sessualizzazione dei bambini. È un film pluripremiato – precisano da Netflix – e una storia potente sulla pressione che le giovani ragazze subiscono sui social media e dalla società man mano che crescono. Incoraggiamo chiunque abbia a cuore questi temi così importanti a guardare il film”.
FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/12/netflix-sessualizza-le-undicenni-sotto-attacco-il-nuovo-film-cuties-utenti-invitano-a-boicottare-e-la-piattaforma-perde-9-miliardi-in-borsa/5928492/
“Nessun invito”, “Clima infame”. Ed è guerra tra Favino e la Lega
Pierfrancesco Favino provoca Matteo Salvini a Festival di Venezia prima della proiezione di Padre Nostro e la Lega accusa l’attore di creare un clima “infame e ostile”
La Mostra del cinema di Venezia è il primo grande evento italiano dopo il lockdown. In Laguna si cerca di ritrovare il clima leggero, scanzonato e festante delle scorse edizioni ma è difficile.
Sui red carpet gli abiti di gala non mancano ma quest’anno c’è l’immancabile presenza della mascherina, che le star esibiscono nelle fogge più disparate e originali. L’unica cosa che, soprattutto in clima elettorale, sarebbe stato meglio non portare a Venezia è la politica. Invece, complice l’annuncio che Matteo Salvini sarebbe arrivato in Laguna per assistere alla proiezione di Padre Nostro, Pierfrancesco Favino non ha mancato di provocare il leader della Lega, a Venezia in veste di privato cittadino.
ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME
I BIMBI UCCISI ED INCENSURATI NON FANNO NOTIZIA, SE BIANCHI
2 SETTEMBRE 2020
È trascorso quasi un mese da quando Darius Sessoms, un afroamericano di 25 anni, ha fatto fuoco a sangue freddo e senza nessun motivo apparente su Cannon Hinnant, un bambino di 5 anni, sparandogli alla testa. Il bimbo si trovava nel cortile di casa seduto sulla propria bicicletta, quando Sessoms si è avvicinato e gli ha sparato un colpo alla nuca, freddandolo. Una vera e propria esecuzione, alla quale hanno assistito impietrite anche le sorelline di sette e otto anni del bambino.
Il fatto è avvenuto domenica 9 Agosto a Wilson, cittadina nell’omonima contea nello stato della Carolina del Nord.
Sessoms è fuggito in auto ma è stato fermato nella cittadina di Goldsboro, dove la polizia lo ha arrestato con l’accusa di omicidio di primo grado. E’ tuttora detenuto e non è assolutamente chiaro il movente dell’omicidio. Entrambi i genitori del bambino hanno detto che negli 8 anni in cui Sessoms è stato vicino di casa della famiglia Hinnant, non hanno mai avuto nessun tipo di diverbio. La sera precedente il padre del bambino e Sessoms avevano addirittura mangiato insieme.
Ma a colpire, oltre alla brutalità del gesto, è il fatto che la vicenda di Cannon Hinnant negli Usa non ha avuto sostanzialmente nessun eco mediatico, e pochissimi sono gli articoli apparsi sui media americani. I media Italiani, a parte uno, non sono neppure pervenuti.
I principali network (tra cui CNN, Abc e CBS) e giornali come il New York Times e il Washington Post hanno ignorato la vicenda quasi del tutto, mentre i media che ne hanno parlato si sono limitati a riportare le scarne dichiarazioni della polizia, del tipo Sessoms “gli ha sparato e non pensiamo sia stato un incidente”, che non danno l’esatta dimensione della gravità del gesto, né del contesto.
Il primo servizio della CNN sull’accaduto risale al 15 Agosto, 6 giorni dopo l’omicidio, e si limita a citare i fatti. La Abc ne parla il 14 Agosto e la CBS il 12. Tutti con interventi brevi, quasi per dovere di cronaca.
Quando lo scorso 24 Maggio la polizia di Minneapolis fermò George Floyd, afroamericano di 46 anni con numerosi precedenti penali e condanne e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, ed in seguito all’arresto subentrò la morte per il trattamento ricevuto, la CNN diede la notizia il giorno stesso e a questa seguirono centinaia di report aggiornati sull’arresto, la morte, la brutalità delle forze delle forze dell’ordine e le rivolte che seguirono.
Ma un afroamericano che spara ad un bambino di 5 anni senza motivo apparente a 3 giorni dalla nomination di Khamala Harris come candidato vicepresidente democratico e donna di colore non fa, o non deve fare, notizia. Del resto è comprensibile che la politica possa prendere il sopravvento su altre notizie che non riguardano direttamente la vita della nazione e che i media la seguano da vicino. Meno comprensibile rimane invece il porre sempre in risalto episodi dove la polizia è coinvolta in arresti o sparatorie con pregiudicati di colore, e ignorare l’omicidio di un bambino bianco da parte di un afroamericano. Macroscopiche sviste?
Come quelle che invariabilmente non hanno permesso di notare che i discorsi di Bernie Sanders, degli Obama, di Bill Clinton, di Nancy Pelosi, della stessa Harris ed infine di Biden si potevano tutti riassumere nell’unico slogan “Trump è cattivo”? Si deve essere trattato di un argomento molto articolato e apparentemente difficile se in otto hanno dovuto continuare a ripeterlo separatamente. A fronte di tanta dichiarata cattiveria è sempre strano che i media non si siano accorti che “i buoni” Harris e Biden non hanno mai dedicato un solo momento per condannare le rivolte di piazza in USA, che continuano a causare incendi, distruzioni e vittime.
Il New York Times ha invece dedicato ben due articoli a Cannon, di cui uno di 25 righe sul funerale. Inutile dettagliare i fiumi di inchiostro digitato che sono stati versati su Floyd, sulla sua beatificazione nell’immaginario collettivo o sulla recente rivolta, l’ennesima, di Kenosha in Winsconsin in seguito al ferimento dell’afroamericano Jacob Blake da parte di un agente bianco.
Sparare in testa ad un bambino bianco di 5 anni – senza precedenti penali, meglio specificare – dopotutto, sembra non essere importante ed è considerato come notizia marginale. A questo punto viene da chiedersi perché, e cosa sarebbe successo se fosse stato un bambino di colore ad essere ucciso intenzionalmente da un agente di polizia o da un altro bianco senza motivo apparente, magari a 3 giorni dalla convention Repubblicana per le presidenziali. Ne avrebbero parlato poco come del piccolo Cannon Hinnant?
ALESSANDRO GUARDAMAGNA
28.08.2020
Alessandro Guardamagna lavora come insegnante d’inglese e auditor qualità a Parma. In precedenza ha ottenuto un PhD in Storia e un Master in American Studies presso University College Dublin, in Irlanda, dove ha lavorato e vissuto per 10 anni. Da sempre sovranista, scrive regolarmente articoli di politica e storia.
FONTE: https://reset-italy.blogspot.com/2020/09/i-bimbi-uccisi-ed-incensurati-non-fanno.html
Facebook trae profitto dall’odio online
Con grande gioia degli inserzionisti pubblicitari (e del social) i post violenti “generano traffico” e arrivano anche a chi non ne condivide il contenuto
Potrebbe sembrare semplicemente un titolo ad effetto. Invece è la sconfortata considerazione che Ashok Chandwaney, software engineer al servizio di Mark Zuckerberg, ha messo alla base della sua decisione di lasciare Facebook.
Ha dichiarato di non poter più far finta di niente e di non essere più capace di sopportare di contribuire al successo di una organizzazione che trae profitto da astio, livore, malevolenze e ostilità.
Le dimissioni del ventottenne iperspecializzato rappresentano l’ultimo (o ad esser precisi semplicemente il più recente) segnale del disagio di chi – come lui – non esita a criticare apertamente l’approccio di Facebook nell’affrontare la disinformazione e nel contrastare il dilagante incitamento all’odio.
Chandwaney in un post – pubblicato sul social e veicolato anche internamente ai suoi colleghi – ha scritto “Dopo quasi 5 anni e mezzo, oggi è il mio ultimo giorno in Facebook. Lascio perdere perché non riesco più lo stomaco per lavorare in un’organizzazione che, negli Stati Uniti e nel mondo, si arricchisce con l’odio”.
Il giovane ingegnere ha detto – fra l’altro – che “Facebook sta scegliendo di stare dalla parte sbagliata della storia”
Il suo plateale j’accuse parte dai valori fondamentali della piattaforma e della stessa azienda, valori traditi a suo dire nel momento in cui l’interesse per i profitti sovrasta impietosamente la promozione del bene sociale e delle relazioni interpersonali.
La portavoce di Facebook Liz Bourgeois ha repentinamente dichiarato che affermato che la sua società non beneficia dell’odio e “investe miliardi di dollari ogni anno per mantenere la nostra comunità al sicuro e profondamente collaborazione con esperti esterni per rivedere e aggiornare le nostre norme”.
Ma – lontano dai comunicati stampa e dalle rassicurazioni ufficiali – la percezione collettiva riconosce alle dimissioni di Chandwaney (e, prima di lui, di Timothy J. Aveni e di tanti altri) un significato importante.
Il contesto forse non ha bisogno di tante spiegazioni.
I post violenti – che spesso diventano virali – generano traffico e contribuiscono alla valorizzazione della pubblicità presente in quelle pagine. Gli inserzionisti – interessati a dare massima diffusione ai propri messaggi promozionali – non badano certo all’inserimento in contesti poco edificanti ma puntano semplicemente a raggiungere la più ampia platea di potenziali clienti.
I ripugnanti messaggi intrisi di rancore e di intolleranza che hanno fatto seguito alla drammatica uccisione di Willy credo che – più che avvalorare quel che dice l’Ufficio Stampa aziendale – confermino la tesi di Ashok Chandwaney.
Forse proprio il liquame verbale riversato sulle pagine del social può far intravedere una opportunità di “redenzione” per Facebook. Il rintraccio degli inammissibili post di cui ho parlato nel mio recente editoriale potrebbe essere eseguito in maniera pressoché automatica dagli specialisti di Zuckerberg. L’estrazione e la raccolta di quei messaggi (anche di quelli poi cancellati dai meno coraggiosi), accompagnata dall’identificazione dei titolari dei relativi account, potrebbe essere il classico “beau geste” per dar prova dei buoni intenti dell’attività imprenditoriale.
Siccome una ipotetica “delazione” innescherebbe una fuga dalla piattaforma da parte di tutta quella gente che la ritiene l’avamposto della libertà di espressione, sarebbe sufficiente che Facebook rispondesse con immediatezza alle richieste degli organi di polizia che – ci auguriamo – daranno la caccia a chi ha commesso un virtuale vilipendio di cadavere. E le risposte, mi raccomando, siano complete di ogni dettaglio, non si limitino a quanto ritenuto essenziale e obbligatorio e – magari – contengano tutti quei dati che (acquisiti direttamente o trasferiti a terze parti per la profilazione) possono agevolare la più rapida e chirurgicamente precisa identificazione dei soggetti corrispondenti….
FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/11/news/guerra-dellinformazione/facebook-trae-profitto-dallodio-online/
BELPAESE DA SALVARE
Entro ottobre sarà di nuovo fase 1: a loro fa comodo tornare al lockdown
Ma cosa capita se la pandemia non cessa mai? Avviene che misure, che dovrebbero legittimarsi come momentanee, si legittimano come stabili. E’ quella che più volte ho chiamato la pandemia dello yo-yo o del rocchetto: dopo la fase 2 si torna alla fase 1, per colpa – si dice – del popolo ignorante di rispettare le norme sanitarie del capitalismo terapeutico.
E passando senza tregua dalla fase 1 alla fase 2, e viceversa, non si esce mai dalla pandemia che diventa la “nuova normalità”.
Vi invito a svolgere un piccolo esperimento sociologico alla portata di tutti. Vedrete che nessuno di questi lirici cantori dell’ordine terapeutico subisce danni economici e lavorativi dal lockdown. Magari, anzi, ne trae giovamento. Per loro, e solo per loro, “andrà tutto bene”.
Loro a casa con stipendio invariato, voi a casa con il rischio di perdere tutto. I suicidi di chi ha perso tutto durante il lockdown sono stati conteggiati come morti da covid? Questo è il nuovo ordine del capitalismo terapeutico.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro
FONTE: https://www.radioradio.it/2020/09/entro-ottobre-sara-di-nuovo-fase-1-a-loro-fa-comodo-tornare-al-lockdown/?cn-reloaded=1
Alla festa del Pd tutti senza mascherina: “Nessuno li va a controllare” (VIDEO)
La risposta degli utenti: “Evidentemente sono pure convinti che nessuno andrà a controllare, come invece succede tutti i giorni per bar e ristoranti”. “È noto che il virus attacca solo i fascioleghisti. È scientificamente provato che i democratici sono immuni”. “Toscani, avete un’opportunità storica. Buttateli fuori il 20 e 21 settembre”. “Secondo me quelli presenti erano lì perché gli avevano promesso salatini e bicchiere di bibita dopo il comizio”. “Dovreste saperlo che si infettano i giovani della movida e quelli di destra! Immigrati e pidioti no”. “Vergogna!”
FONTE: https://stopcensura.org/alla-festa-del-pd-tutti-senza-mascherina-nessuno-va-per-controllare-video/
Distanziamento eterno: Conte dichiara guerra alla scuola
«Se non si ribellano di fronte allo scempio della scuola, di fronte a cos’altro dovrebbero ribellarsi, i genitori italiani?». Gianfranco Carpeoro ha le idee chiarissime: «Distruggere l’insegnamento fa comodo, a questo potere: una scuola disastrata produrrà cittadini più deboli». Bambini e ragazzi spaventati e soli, nella scuola-horror ridisegnata dall’incapace Lucia Azzolina. Aprite gli occhi: c’è una colossale fregatura, dietro all’enfasi del governo Conte per la riapertura delle aule, dopo il lunghissimo lockdown imposto ad alunni e studenti, insegnanti e famiglie. «I nuovi banchi monoposto, insieme ai tablet di cui è stato improvvisamente dotato ogni istituto scolastico, espongono i ragazzi a una minaccia insidiosa: un distanziamento permanente, a prescindere dal virus, aggravato dalla sua dimensione digitale. Stiamo parlando di piattaforme private, a cui la scuola italiana – insegnanti e allievi – dovrà fornire tutti i dati, che resteranno proprietà privata delle piattaforme stesse». Lo denuncia una giornalista come Monica Soldano (già attiva a “L’Espresso”, poi a “Radio Radicale”) nella rubrica “Ad Occhi Aperti” che apre la video-chat su YouTube “Carpeoro Racconta”, condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”. Domanda: a chi stiamo consegnando la nostra scuola (e i nostri bambini e ragazzi) con il pretesto del coronavirus?
Esponente del Movimento Roosevelt come lo stesso Carpeoro, Monica Soldano ha coordinato il servizio di supporto legale fornito in modo gratuito, da tanti avvocati italiani, per assistere cittadini colpiti da sanzioni ingiuste, durante il lockdown. «Un servizio con il quale il Movimento Roosevelt ha inteso esprimere la sua vicinanza concreta, nei confronti degli italiani intimiditi dalle misure d’emergenza introdotte dal governo». Oggi, sentiti presidi e insegnanti, la stessa Monica Soldano descrive una scuola allo sbando, alla vigilia della riapertura: «I direttori scolastici e gli stessi docenti sono intimoriti: a causa della scarsa chiarezza del ministero, temono che sarà loro addossata la responsabilità per la salute degli allievi, dato che sarà in vigore l’obbligo di non avere la febbre». Il rischio è palese: «Al primo problema, è facile pensare che andremo incontro a veri e propri lockdown scolastici, con conseguenze catastrofiche per i genitori che lavorano, costretti a tenere i figli a casa». Precisa ancora Monica Soldano: «Non sono certo luddista, non ho mai avuto paura del computer: ma non posso non pensare alla solitudine dei bambini, senza più compagni di banco, lasciati in balia della sola strumentazione digitale».
Attenzione: le misure previste colpiranno al cuore la socialità dei ragazzi, ingrediente imprescindibile dell’età scolare. «E chi è solo, è più debole». Come non sospettare che questa subdola “guerra” contro la scuola, varata in silenzio dal governo Conte cogliendo al volo l’occasione del Covid, non nasconda un piano – che viene da lontano – per “costruire” cittadini isolati e spaventati, tenuti lontani dai libri, e quindi futuri lavoratori docili e super-sfruttati? Le lezioni a distanza sono speculari al telelavoro (l’”home schooling” e lo “smart working”, introdotti con la pandemia). «Il lavoro da casa lo adotterei solo in parte, evitando soluzioni drastiche: viceversa, avremo ragazzi senza più compagni di scuola e adulti senza più colleghi di lavoro», dice Carpeoro, che sullo sfascio della scuola esprime un giudizio nettissimo e severo: «In Italia abbiamo smesso da tempo di pensare alla scuola come a un ambito centrale, nella formazione dei giovani: viceversa non l’avremmo lasciata degradare, non avremmo eliminato materie fondamentali come la musica, e avremmo impedito che gli edifici scolastici cadessero a pezzi».
Se il governo Conte è scandalosamente inguardabile, gli stessi italiani hanno però le loro responsabilità: «Siamo gente che ha voluto vaccinare i bambini dal morbillo: mia nonna invece mi portò apposta a prendermelo, il morbillo». In altre parole: «Non siamo in grado di assumerci le nostre responsabilità: non sappiamo come agire, di fronte a un’epidemia – quella del coronavirus – molto meno letale di altre pandemie del passato, di fronte alle quali non adottammo nessun lockdown». Mentre la nuova scuola di Conte e Azzolina imporrà l’obbligo quotidiano della mascherina, Carpeoro è fra quanti contestano molte misure di contenimento, a partire dal durissimo “coprifuoco” imposto in Italia per quasi tre mesi, con effetti catastrofici sull’economia: «Il virus circola comunque tranquillamente, pensare di fermarlo è illusorio: bisogna capire che oggi il Covid è curabile, e quindi occorre tornare a vivere e a lavorare». Subiranno anche questo, gli italiani? L’atto finale della storica “guerra” contro la scuola? I ragazzi confinati sui seggioloni a rotelle, senza spazio per i libri, e intere classi ridotte a ostaggio della paura, alla prima febbriciattola?
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/09/distanziamento-eterno-conte-dichiara-guerra-alla-scuola/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Bizzi: governi pagati da Oms e Fmi per imporre il lockdown
Sono uno storico, uno scrittore e un giornalista freelance. È dallo scorso mese di gennaio, con l’introduzione in Italia dello stato d’emergenza da parte del governo di Giuseppe Conte, che mi sento in guerra, letteralmente catapultato notte e giorno in una trincea. Mi sento in guerra non certo contro un “virus” o un nemico invisibile, ma contro un governo totalmente eterodiretto da forze e poteri molto pericolosi che hanno messo in scena un vero e proprio colpo di Stato globale, finalizzato alla progressiva riduzione e cancellazione della democrazia, della libertà e dei diritti civili, alla repressione di qualsiasi dissenso e all’instaurazione di una dittatura mondiale tecnocratico-sanitaria che definire di stampo orwelliano sarebbe un complimento. Tale piano, che va avanti indisturbato già da molti anni e che si pone purtroppo anche altri obiettivi molto più pericolosi, ha coinvolto la maggior parte dei governi mondiali e alcuni europei in particolare. Non tutti i governi europei si sono approcciati all’Operazione Corona nello stesso modo, anche se, almeno nella fase iniziale, l’hanno generalmente sostenuta, anche perché sapevano che sarebbe stata funzionale a un reset finanziario globale dal quale non volevano rischiare di restare esclusi.
in alcuni paesi scandinavi, in Svizzera, in Croazia e – in parte – anche in Germania, questa operazione è venuta presto a scontrarsi con la solidità dei sistemi democratici e ci sono stati notevoli ripensamenti, se non addirittura dei chiaritentativi di smarcamento. In altri paesi, come ad esempio in Italia, Spagna, Francia, Serbia e Bulgaria, l’operazione è stata invece portata avanti con maggiore forza e violenza. Questo è potuto avvenire sia per via di crescenti pressioni internazionali che grazie a sostanziosi incentivi economici provenuti da organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tutti i governi europei erano stati messi al corrente già dal mese di settembre del 2019 di cosa sarebbe successo, e hanno ricevuto enormi finanziamenti clandestini (nel senso di non ufficialmente dichiarati): una vera e propria pioggia di denaro, non certo destinata a finanziare e potenziare la sanità e gli ospedali, ma esclusivamente per dichiarare il lockdown e garantirne la tenuta attraverso un massiccio potenziamento delle forze dell’ordine.
Non sono in grado di sapere quale sia l’esatto ammontare di questi finanziamenti, anche perché sono stati sistematicamente coperti da segreto di Stato, e perché sono stati diversi da paese a paese. A rompere la diga è stato il presidente della Bielorussia Aljaksandr Lukashenko, che notoriamente si è sempre rifiutato di adottare nel suo paese alcuna misura di emergenza, di lockdown o di “distanziamento sociale”. In una riunione del governo bielorusso ha dichiarato di aver ricevuto una cospicua offerta in denaro (92 milioni di dollari) da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, affinché facesse «come in Italia». Offerta che, dopo il secco no di Lukashenko, sarebbe stata in poche settimane addirittura decuplicata: ben 940 milioni di dollari, questa volta offerti dal Fondo Monetario Internazionale, accompagnati dalla medesima richiesta: chiudere tutto e fare “come in Italia”. Non a caso, dopo questa coraggiosa presa di posizione, Lukashenko è stato demonizzato dalla “comunità internazionale”, è stato accusato di brogli elettorali e stanno tentando di rovesciarlo con una ridicola e meschina rivoluzione “colorata” finanziata da criminali come George Soros e alimentata da personaggi di squallore, servi del potere globalista, come Bernard-Henri Lévy.
Cosa si sarebbe impegnato a fare esattamente Aleksandar Vučić per quei soldi? Ho contatti nell’ambiente dell’intelligence, sia in Italia che in altri paesi, e mi hanno confermato che il governo italiano ed altri governi europei, incluso quello della Serbia, hanno ricevuto e accettato questi finanziamenti occulti. Non posso sapere con certezza come Aleksandar Vučić li abbia impiegati, ma so che in Italia sono stati destinati al potenziamento delle forze dell’ordine per la gestione e la tenuta del lockdown e per corrompere i media, affinché mantenessero alto il clima di paura per il “virus”. Molto probabilmente la stessa cosa è accaduta in Serbia, ma deve essere il popolo serbo a pretendere e a ottenere la verità. Se ci sono ancora in Serbia politici con le mani libere, devono trovare il coraggio di chiedere al loro governo quanto denaro ha realmente ricevuto e come lo ha speso. Sono stato uno dei primi giornalisti al mondo a denunciare tali questioni attraverso il sito www.databaseitalia.it. I popoli hanno il diritto di conoscere la verità.
Finanziamenti segreti per adottare il lockdown e per appoggiare la psy-op dell’Operazione Corona sono stati offerti alla maggior parte delle nazioni, a dimostrazione del fatto che si è trattato di un vero e proprio colpo di Stato globale. Questo è accaduto in Canada, Australia, America Latina, Medio Oriente, Asia e Africa. Molti leader africani, in particolare i presidenti della Tanzania, del Burundi e del Madagascar hanno pubblicamente denunciato questi tentativi di corruzione e hanno preso le distanze dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dimostrandosì così molto più liberi e coraggiosi dei leader europei. Sicuramente tutti i paesi dell’Europa Sud-orientale hanno raggiunto simili accordi, compresi Romania, Bulgaria, Albania, Montenegro e Macedonia, ma non conosco gli importi di tali finanziamenti. In Grecia e a Cipro ci sono state maggiori resistenze politiche, e la Chiesa Ortodossa ha avuto molto peso nella difesa della democrazia e della libertà dei cittadini. Questa è una guerra contro i nostri diritti, contro la democrazia e per la distruzione della nostra stessa civiltà. Tutti i popoli d’Europa devono ribellarsi e lottare per il proprio futuro.
(Nicola Bizzi, “Sapevano del coronavirus dallo scorso autunno, il presidente serbo Vučić ha preso i soldi”, da “Database Italia” del 7 settembre 2020. «Sono passate poche settimane da quando il suo articolo in esclusiva per “Databaseitalia.it” ha fatto il giro del mondo», scrive Davide Donateo ricordando la denuncia di Lukashenko sottolineata da Bizzi, «scoperchiando il sistema con cui il Fmi è riuscito a “convincere” i governi ad entrare in lockdown, seguendo il modello italiano». In un’intervista rilasciata per l’importante sito serbo “Srbin.info”, Bizzi ha alzato la posta rivendicando la veridicità di ogni parola di quell’articolo, aggiungendo ulteriori dettagli. «Amo molto la Serbia, parlo la vostra lingua e ho studiato la vostra storia», dice Bizzi, editore di Aurola Boreale, rivolgendosi ai serbi. «Ho vissuto a lungo nel vostro paese negli anni ’90 e ho avuto l’onore di conoscere e incontrare Slobodan Milošević», aggiunge. «Ero molto amico di Dragoš Kalajić, un grande intellettuale, artista e patriota, e ho lavorato con lui per difendere nel mondo l’immagine e l’onore della Serbia»).
https://www.libreidee.org/2020/09/bizzi-governi-pagati-da-oms-e-fmi-per-imporre-il-lockdown/
Contributo illuminante al pezzo:
Il momento in cui il presidente serbo A. Vucic apprende da Trump che lui sta per spostare l’ambasciata della Serbia in Israele, a Gerusalemme:
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/idee-libre-friends-libre-news-recensioni-segnalazioni-bizzi-governi-pagati-da-oms-e-fmi-per-imporre-il-lockdown/
Il generale Mini: Covid, guerra civile nel New World Order
Le guerre del futuro saranno collocate in un Nuovo Ordine Mondiale, anche se le guerre sono sostanzialmente sempre le stesse dal 500 avanti Cristo, da quando Sun Tzu delineò “L’arte della guerra” e fino allo scoppio della bomba nucleare. L’approccio ai conflitti del futuro, però, sarà molto diverso e nebuloso per i decisori pubblici: saremo tutti soldati di queste nuove guerre, ma bisogna stabilire con quali mezzi. La guerra globale si combatterà sia per un Ordine Mondiale che per il profitto. Inoltre, si scontreranno attori statali e non. Questi due gruppi possono agire anche contemporaneamente, sovrapponendosi o confondendosi. Esistono false guerre scatenate al solo scopo di accedere alle risorse, che si concretizzano attraverso il terrorismo e la guerra civile (come in Libia, Siria e Iraq). In questi casi ci si rende conto che, senza interessi interni ed esterni, gli scontri non si sarebbero mai verificati. Ci sono anche delle false guerre giustificate da motivi umanitari: ma cosa c’è di umanitario in una guerra che provoca 300.000 morti? E’ sempre esistita una guerra per le risorse, in senso generale, ma oggi non la si fa solo per accaparrarsi quelle tradizionali.
La guerra è volta anche ad appropriarsi dei beni comuni: i cosiddetti “global commons” come gli oceani, i fondali sottomarini, l’Artide, l’Antartide, l’atmosfera, lo spazio esterno, il cyberspazio. Tutto è circondato da una grande ipocrisia, che colloca qualsiasi episodio in una sorta di zona grigia, dove tutto si confonde. Ci sono guerre ambigue, in cui non si sa chi è il vincitore, e guerre ibride dove convergono anche una serie di fattori tradizionali. Il potere militare è aumentato a dismisura, con crescenti investimenti economici, che in questo periodo di pandemia sono bloccati. Il Deep State? E’ quella parte dell’establishment che cerca di conservare l’equilibrio precedente e la gerarchia, in un contesto in cui tutti gli Stati sono in profonda competizione tra loro. Una possibile guerra sarà quella combattuta dalla “generazione zero”, cioè quella dei giovani nati tra il 2002 e il 2022: toccherà a loro avviare o evitare il conflitto nucleare. Al momento non ci sono le condizioni, perché chi possiede l’ordigno può attivarlo, ma certamente non sarà in grado di resistere alle reazioni che si verificheranno.
Le guerre, oggi, sono diffuse e vengono considerate piccole, da chi le vede dall’esterno, mentre sono immense per chi è costretto a viverle in prima persona. Ma, tra un decennio, il campo di battaglia cambierà. Tra il 2030 e il 2050 ci saranno guerre nel cyberspazio, con super-soldati e piattaforme a controllo autonomo, guidate dall’intelligenza artificiale. In quel contesto, saranno impiegati nei combattimenti meno uomini; ma questo, paradossalmente, comporterà anche meno riguardi verso la vita umana. Per questo nuovo tipo di guerra, non a caso, è in corso la realizzazione di progetti di sopravvivenza. Penso anche al Super-Robot ed effetto sciame, che si basa sulle tre leggi della robotica di Isaac Asimov, coniate intorno agli anni ’50: la prima è quella di non recare danno agli umani; la seconda è che il robot deve obbedire agli ordini impartiti dall’uomo; la terza è che il robot deve pensare alla propria sopravvivenza, purché non sia in contrasto con le altre due leggi precedenti. Nel suo “Discorso sulla servitù volontaria, Étienne de La Boétie dice: «Il padrone usa, per distruggerci, i mezzi che noi stessi gli forniamo».
Nella guerra globale emergono due concetti importanti, che possono essere accumunati all’attuale periodo del Covid-19: il primo è che questo virus può essere considerato come un livellatore sociale, che incide sulla sovrappopolazione del pianeta; il secondo è che può paragonarsi a una guerra di distruzione di massa, in cui le cose sembrano apparentemente più chiare, ma allontanano dalla comprensione della realtà. I morti ci saranno, ma le conseguenza economiche e sociali saranno ancora peggiori. Pandemia e guerra? Quella del Covid-19 è un’epidemia davvero strana, che non si sa da dove arrivi e che è risultata imprevedibile, sebbene fosse stata ipotizzata anche dall’intelligence statunitense. Più propriamente, potrebbe trattarsi di una guerra civile: e lo si può notare dai comportamenti della società, dove le persone sono viste come potenziali untori e quindi da abbattere. In condizioni di emergenza, tra l’altro, all’interno degli ospedali sembra che si sia dovuto decidere chi salvare e chi no.
Si dovrà considerare e paragonare quello che viene chiesto ai virologi e quello che si vuole sapere dall’intelligence. Ovvero, le informazioni che servono per legittimare le scelte politiche, aspetto importante per comprendere quanto sta accadendo. Di sicuro è che attualmente la cura al virus non è stata ancora trovata. Le guerre biologiche mettono a nudo le vulnerabilità dell’intero sistema sociale perché, quando si ammalano gli anziani, si registra l’inadeguatezza dell’organizzazione. Quando qualcuno parla di eutanasia praticata alle persone anziane, questa non è altro che la conseguenza della cattiva organizzazione dei sistemi sanitari, che sono strutturati in base a logiche privatistiche, in funzione degli utili e non dei bisogni della collettività. Alla Conferenza di Yalta – con Roosevelt, Churchill e Stalin – si disegnarono i destini del mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Oggi, il Nuovo Ordine Mondiale è nelle mani di Trump, Putin e Xi Jinping, con tarature differenti rispetto agli statisti del 1945, ma che certamente definiranno l’ordine che impatterà sul futuro dell’umanità, con esiti totalmente imprevedibili.
(Fabio Mini, dichiarazioni rilasciate l’11 maggio 2020 in video-conferenza al “Master in Intelligence” dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri; testo riassunto da “Kong News” e ripreso da “Mitt Dolcino“. Generale di corpo d’armata, Mini è stato capo di Stato maggiore del comando Nato per il Sud Europa, e dal gennaio 2001 ha guidato il comando interforze delle operazioni nei Balcani. Dall’ottobre 2002 all’ottobre 2003 è stato comandante delle operazioni di pace a guida Nato, nello scenario di guerra in Kosovo, nell’ambito della missione Kfor. Analista geopolitico, saggista ed esperto di strategia militare, scrive per “Limes”, “Repubblica”, “L’Espresso” e “Il Fatto Quotidiano”).
Verbali Cts, il giallo del dietrofront sulle zone rosse
11 SETTEMBRE 2020
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L’altro grande giallo che emerge dai verbali del Cts riguarda le cosiddette zone rosse.
Non solo la decisione di una chiusura diversificata su base regionale, suggerita dagli esperti e mai adottata dal governo. Ma in particolare la vicenda di Alzano Lombardo e Nembro, due comuni che furono il focolaio bergamasco, dove il governo aveva mandato addirittura l’esercito.
Poi l’inaspettato dietrofront.
Dalla puntata di Quarta Repubblica dell’11 settembre 2020
FONTE: https://www.nicolaporro.it/verbali-cts-il-giallo-del-dietrofront-sulle-zone-rosse/
Elezioni Usa: il Washington Post e il golpe nel cuore dell’Impero
5 settembre 2020
Giochi di guerra per le elezioni Usa. Strano articolo quello che pubblica il Washington Post, che cerca di anticipare cosa accadrà in America il giorno delle elezioni.
A tale scopo, il WP ha realizzato “una serie di giochi di guerra” ai quali hanno partecipato “alcuni dei più affermati esponenti repubblicani, democratici, funzionari pubblici, esperti di media, sondaggisti e strateghi”.
Gli scenari previsti si possono sintetizzare in tre casi. Una vittoria schiacciante di Joe Biden. Una vittoria di misura di Trump, come quella del 2016, quando vinse grazie alla frammentazione del voto Usa, dove “pesa” il voto dei vari Stati e non quello complessivo (la Clinton ebbe più voti in ambito nazionale, ma perse negli Stati “chiave”).
Infine, uno scenario incerto, dato che è probabile che “la notte delle elezioni non ci sarà un chiaro vincitore, perché un conteggio accurato potrebbe richiedere settimane, dato il gran numero di schede per posta previste in questa […] elezione pandemica“.
Di elezioni e giochi di guerra
Nella simulazione, “una valanga [di voti, ndr.] a favore di Joe Biden provocherebbe un trasferimento di potere relativamente ordinato. Ogni altro scenario esaminato innescherebbe violenza urbana e crisi politica”.
Così che lo scenario, alla fine, è duale: o stravince Biden oppure è l’abisso. Interessante che le persone che hanno dato vita a questi giochi di guerra identificati nell’articolo siano tutti anti-Trump, non solo per i democratici, la cui squadra è stata guidata da John Podesta, potente braccio destro della Cinton, ma anche nel campo repubblicano, con il giornalista ingaggiato Bill Kristol e il fiero critico della Casa Bianca Michael Steele, già presidente del Gop.
Non stupisce dunque, che negli scenari previsti Trump faccia la parte del cattivo, che incita alla violenza e ordina repressioni, mentre i suoi oppositori siano buoni e fieri alfieri delle libertà democratiche.
L’infarto di Biden
Ma al di là dell’aspetto farsesco, resta, appunto, l’identificazione di tale simulazione come un “gioco di guerra”, cosa alquanto singolare per un’elezione politica.
E per l’incipit dell’articolo, nel quale si profila l’ipotesi che il giorno delle elezioni i media diffondano la notizia che Biden ha avuto un infarto e per questo sono ritardate le elezioni (con caos conseguente).
Scenario inquietante quanto improbabile, che i media, spiega l’articolo, non potrebbero contrastare, lasciando gli elettori democratici a casa…
Bizzarro davvero, dato che, come sa perfettamente la scrivente e quanti seguono queste elezioni, tutti i media mainstream, compreso il suo, sono avversi a Trump: perché dovrebbero pubblicare tale fake? E perché non avrebbero tempo e modo di sbugiardarla?
In realtà, la profezia inquieta per motivi opposti, cioè per il fatto stesso di averla ipotizzata, anzi di averle dedicato l’inizio dello strano articolo, con esito scioccante.
Dopo le elezioni, il caos
Ma al di là, quel si propone tale gioco di guerra è di anticipare in via profetica che il giorno delle elezioni negli Stati Uniti scoppierà il caos, dato che ad oggi la vittoria a valanga di Biden, possibile un mese fa, è smentita dai sondaggi (da leggere sempre con le cautele del caso).
Da qui il miraggio elettorale, già profetizzato dall’Agenzia che sta curando la campagna elettorale digitale dei democratici.
Un miraggio che vede Trump vincente al conteggio dei voti delle urne, ma con ribaltamento nel voto postale, che un enigmatico mistero assegna di diritto e senza ombra di dubbio totalmente ai democratici (altra profezia ad alta possibilità di auto-avveramento).
L’Impero ridotto a Repubblica delle banane
Tanto di bizzarro in tutto questo, come anche i consigli che l’articolo dispensa a funzionari pubblici, militari, uomini delle istituzioni per affrontare la tempesta in arrivo.
E inquieta soprattutto la conclusione dell’articolo, nella quale si legge: “Quando le persone si uniscono per chiedere democrazia e Stato di diritto, anche i regimi repressivi possono essere fermati”.
“La mobilitazione di massa non è una garanzia che la nostra democrazia sopravviverà, ma se le cose andranno male come suggeriscono le nostre simulazioni, un movimento di protesta sostenuto e non violento potrebbe essere la migliore e ultima speranza dell’America”.
Un cenno che rimanda alle varie rivoluzioni colorate sostenute dagli Stati Uniti in giro per il mondo, ultima delle quali in Bielorussia, che hanno proprio nel momento del verdetto delle urne il loro catalizzatore iniziale.
Un esito non congruo alle aspettative scatena proteste di piazza, con tensioni conseguenti e crescenti, a volte con derive sanguinarie, fino alla estromissione del tiranno.
Di golpe in golpe
Non si tratta di denunciare possibili brogli, problematica endemica delle elezioni, dalla Bielorussia agli Usa (vedi Heritage Foundation), o un gioco elettorale sporco, anch’esso endemico.
Quel che si sta profilando è la possibilità di un colpo di Stato, destino finora circoscritto alle Repubbliche delle banane e ai Paesi “non allineati”.
Golpe che potrebbe darsi sia sotto la pressione di una spinta eversiva, sia attraverso uno stallo ferocemente conflittuale talmente insostenibile da doversi chiudere in qualche modo (il mondo non può permettersi una destabilizzazione nel cuore dell’Impero).
Sarebbe il secondo colpo di Stato negli Usa dopo quello del post 11 settembre, quando, sull’onda dell’emergenza, i neoconservatori presero quasi tutto il potere dell’Impero nelle loro mani. Il precedente non portò bene al mondo e proietta cupe ombre sul futuro.
FONTE: http://piccolenote.ilgiornale.it/46982/elezioni-golpe-usa
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Gasdotti: c’è la Germania (non Putin) dietro il caso Navalny
Navalny non era una minaccia per Putin, si sa, con percentuali di voto da prefisso telefonico. Parimenti egli sembrava “di molto” avere le fattezze di una spia straniera; di norma quelli più attrezzati per inserire spie in Russia sono gli uomini della ex Ddr, a maggior ragione quelli post 1990, ossia la Stasi fusa nel Bnd sotto Schäuble, il potentissimo ministro della segretezza economica tedesca. Il North Stream II rappresenta invece l’autonomia energetica germanica o quasi, infatti i 100+ bcm/yr di metano sono davvero la pietra angolare del sogno di potenza per via energetica della Germania. North Stream II maturato – lo ricordo – con un accordo della 25esima ora che uccise Atene nel suo tentativo di Grexit ante 2015, ossia tagliando la linea di credito russa promessa da Mosca con Varoufakis a capo delle finanze, linea necessaria per uscire dall’euro; ciò avvenne, il tradimento russo ad Atene intendo, in forza di un accordo a tre tra Merkel-Putin e Obama atto a permettere – in cambio del mantenimento dell’euro, ossia del ritiro del prestito russo ad Atene (infatti la fine della moneta unica sarebbe stata in grado di deragliare la rielezione di Obama, così fu venduta all’inquilno della Casa Bianca, si dice) – il raddoppio del collegamento gas-energetico russo, bruciando per altro il South Stream italiano e con esso Saipem ed Eni.
All’appello manca dunque la Stasi, con il deputato tedesco Gregor Gysi che oggi dice che l’avvelenamento di Navalny è stato perpetrato da gente che non voleva il North Stream II. Si dice ci sia un vecchio detto, in Stasi, “bisogna sempre dire il contrario della realtà che ti infastidisce”, o qualcosa del genere. Bene, Gregor Gysi è anche figlio di un plenipotenziario riconosciuto della Stasi, addirittura ex ambasciatore alla Santa Sede della Ddr durante il sequestro Moro, poi traslocato in fretta e furia all’estero dopo il tragico epilogo. Il figlio attuale, Gregor, del partito Spd, è stato guarda caso anche finanziatore di Carola Rackete, ossia della Ong Sea Watch, indicando perfettamente la strada che la Stasi ha percorso, con un piano 3d, per destabilizzare l’Italia (e la Grecia). Oggi i formidabili servizi segreti tedeschi potrebbero anche aver avvelenato Navalny, ovvero aver fatto finta di avvelenarlo. Per farlo tornare in patria, forse era davvero un loro asset, versione plausibile quanto meno. Dando poi la colpa alla Russia per l’avvelenamento. Ossia, forse i tedeschi speravano così di creare un’onda mediatica anti-russa, per cui il mondo occidentale si sarebbe scagliato contro Mosca e contro Putin, cosa che invece non è accaduta, complice l’uscita in diretta di Trump che ha detto: «Non c’è nessuna prova dell’avvelenamento russo di Navalny».
Come dire, se non la piantate diciamo che siete stati voi tedeschi, forse… (la prima vera crepa Russia-Germania è arrivata, verso la Yalta II?). Il movente tedesco del fallito piano poteva ben essere che, ad esempio, visto che Trump sta per dinamitare il progetto di North Stream II forse anche d’accordo con Putin, a fronte di qualche contropartita vicino-caucasica per Mosca dagli States (che forse oggi non si può ancora dire), Berlino potrebbe aver deciso di tentare il tutto per tutto per salvare il progetto del gas dal nord, vitale, l’equivalente di un piccolo Lebensraum energetico tedesco. Ben conoscendo il piano l’attacco in corso anti-tedesco, dagli Usa. Dunque ecco forse la messa in scena di Navalny avvelenato per sviare l’attenzione: non mi stupirei di vederlo fra un po’ zampettare da qualche parte, certamente cercato dai media Uk e Usa che faranno a gara per trovarlo vivo e vegeto, il Navalny, mentre i media tedeschi faranno invece l’opposto, proprio non lo cercheranno lasciandolo nell’oblio, un po’ come successe con il gambizzatore di Schäuble o con l’ex moglie del compagno di Angela Merkel.
Chiaro, queste sono ipotesi, un modo come un altro per mettere ordine agli eventi. Certamente quella presentata è solo una delle tante ipotesi possibili, che potrebbe essere comunque vera in parte o in toto, direi più in parte al limite. Ma che se non altro ha il pregio di mettere in evidenza – che è il vero scopo dell’intervento – quali siano i veri driver della faccenda Navalny-North Stream II-sfida agli Usa da parte dell’asse sino-tedesco. In attesa del coup de theatre: l’esposizione degli artefici europei dell’Obamagate, appena – presto o tardi – il generale Flynn verrà riabilitato. Sono sicuro che ne vedremo delle belle, in Germania ed in Italia. Quello che deve rimanervi, di questo pezzo, non è tanto l’ipotesi presentata, una delle tante sul tavolo, ma la sensazione – netta – che le cose, soprattutto di questi tempi, non sono quasi mai come ve le fanno apparire, ad arte. Abbiate ancora un po’ di pazienza.
(Mitt Dolcino, “Navalny avvelenato, North Stream II e Stasi reloaded: una versione per mettere tutti d’accordo nel caos apparente, fomentato da Berlino”, dal blog di Mitt Dolcino del 9 settembre 2020).
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/09/gasdotti-ce-la-germania-non-putin-dietro-il-caso-navalny/
Beirut: dopo l’esplosione, un grande incendio al porto
10 settembre 2020
Non c’è pace per il Libano. Un incendio di vaste proporzioni ha fatto rivivere ai cittadini di Beirut la tragedia di un mese fa, quando un’imponente esplosione ne ha devastato il porto, uccidendo quasi duecento persone e devastando palazzi e vite, tanti infatti sono ancora senza una casa e tanti senza lavoro.
L’incendio di oggi, che ha interessato un magazzino nel quale erano stoccati oli combustibili e pneumatici, era visibile praticamente da tutta la città, e le sue immagini hanno immediatamente inondato i social.
Nuove preoccupazioni per un Paese che sta tentando faticosamente di tornare alla normalità, dopo aver superato indenne l’orrore dell’esplosione e le pressioni di piazza volte a scatenare una rivoluzione colorata in salsa libanese.
Faticosamente si sta formando un nuovo governo, al posto di quello che si è dimesso a seguito dell’esplosione.
Un nuovo governo che, nonostante le pressioni contrarie, ha il sostegno dell’ala politica di Hezbollah e ha ricevuto il sufficiente consenso internazionale, come dimostrano le visite di Emmanuel Macron, tornato nel Paese dei cedri subito dopo la nomina del nuovo primo ministro (1º settembre), e di Giuseppe Conte, che vi si è recato due giorni fa.
L’incendio di oggi, scatenato ancora una volta al porto, ha impregnato nuovamente il cieli di Beirut di fumi oscuri, che si spera si possano dissipare in fretta.
Nel giorno dell’esplosione avevamo fatto un paragone forse ardito tra quanto avvenuto a Beirut e l’attentato alle Torri gemelle: in qualche modo, scrivevamo, quell’esplosione avrebbe potuto rappresentare l’11 settembre del Paese dei cedri.
L’incendio va in certo modo a confermare quel paragone ardito, se si ricorda – anche se crediamo che pochi lo rammentino – che poco dopo l’attentato, l’America rivisse quei drammatici momenti.
Due mesi dopo, il 12 novembre del 2001, ebbe luogo, infatti, la tragedia dell’American Airlines 587, airbus che si schiantò nel Queens, quartiere di New York, poco dopo il decollo.
Morirono tutti, passeggeri ed equipaggio, 260 persone, ma le vittime avrebbero potuto essere molte di più se l’aereo avesse travolto le abitazioni non lontane dallo schianto. Non attentato, ma incidente, e però grande fu non solo il cordoglio, ma anche il terrore che suscitò nelle prime ore, data l’apparente reiterazione del pregresso.
Suggestioni di allora e di adesso, che non spiegano quanto sta avvenendo a Beirut, dato che le cause dell’esplosione e dell’incidente devono essere ancora accertate, ma danno l’idea dell’arduo compito che attende il nuovo governo, chiamato a stabilizzare un Paese che tanti, dall’interno e dall’esterno, stanno tentando di destabilizzare.
FONTE: http://piccolenote.ilgiornale.it/47063/beirut-dopo-lesplosione-un-grande-incendio-al-porto
DIRITTI UMANI
DUE POLIZIOTTI GRAVEMENTE FERITI IN UN AGGUATO A LOS ANGELES, I MANIFESTANTI BLM SBEFFEGGIANO
Due vice-sceriffi della contea di Los Angeles sono stati gravemente feriti in un agguato . Gli agenti, un uomo e una donna, sono stati entrambi colpiti più volte dopo che un sospetto si è avvicinato alla loro auto di pattuglia parcheggiata e ha sparato a distanza ravvicinata, secondo il dipartimento dello sceriffo della contea di Los Angeles, che ha twittato: “L’uomo armato si è avvicinato ai deputati e ha aperto fuoco senza preavviso o provocazione. ” Del resto potete vedere la scena in questo video:
Diciamo subito che pare che i due agenti, gravemente feriti, pare che riescano a farcela dopo delle pesanti operazioni chirurgiche, ma la scena e quello che è’ successo dopo indicano il grado di barbarie a cui è giunta la vita nelle città americane a causa anche delle tensioni causate del movimento BLM.
Fuori dall’ospedale dove erano ricoverati i due poliziotti si è raccolta una piccola folla di sciacalli, non saprei definirli diversamente, che inneggiava alla morte dei due agenti e prendeva in giro i loro colleghi che erano fuori dall’ospedale “Tu sarai il prossimo a morire” “Morirete così tutti, ve ne andrete uno alla volta”.
Anche il presidente Trump è intervenuto su questo fatto, con estrema durezza:
“Animali, bisogna colpirli duramente”
Il caos non sta fermando i repubblicani dal chiedere il taglio dei fondi ai dipartimenti di polizia, e qualche città in mano ai “Liberal” come Austin ci è riuscita. Un cartello all’entrata della città avverte “Hanno tagliato i fondi alla polizia, entrate a vostro pericolo”..
FONTE: https://scenarieconomici.it/due-poliziotti-gravemente-feriti-in-un-agguato-a-los-angeles-i-manifestanti-blm-sbeffeggiano/
ECONOMIA
Hai 47.000 euro di debito, e nessuno ha mai avuto il coraggio di dirtelo
GINO DI TACCO – 13 SETTEMBRE 2020
I tempi in cui l’Italia offriva titoli di Stato con rendimenti a doppia cifra (rendendo nel giro di pochi anni un debito pubblico insostenibile) sono ormai lontani.
Ma le politiche dei Governi degli ultimi 50 anni hanno comunque generato il fardello per il quale un bambino appena nato ha già virtualmente un debito rilevante sulle sue spalle
Calcolare qual è il debito in capo a ogni singolo italiano è davvero semplice.
Basta dividere l’ammontare del debito pubblico italiano che puoi consultare sul counter sul sito Bruno Leoni che scorre inesorabilmente, per il numero di abitanti che puoi conoscere sul sito Italiaora
Ebbene facciamo insieme questa banale divisione:
Debito attuale: 2.503.007.693.140 euro
Numero abitanti circa 60.000.000
Da questa banale divisione scopriamo che sulle spalle di ogni italiano c’è una quota di debito pubblico di quasi 41.700€
E’ il caso di preoccuparsi?
In realtà vorrei subito tranquillizzare i genitori italiani sfatando questo “falso mito” per cui ogni neonato ha una sorta di peccato originale nascendo su una montagna di debito.
Tutti i principali Paesi industrializzati hanno un debito. Non esiste un Paese senza debito in quanto è uno dei modi in cui gli Stati oggi “creano” moneta.
Inoltre se ci pensi non esiste debitore senza creditore quindi bisogna chiederci nelle mani di chi sono i titoli di Stato che rappresentano la quasi totalità del debito pubblico?
Secondo Wikipedia il 46,15% è detenuto dalla Banca d’Italia o da istituzioni finanziarie italiane. Il 9,58% è posseduto da altri residenti, mentre il restante 44,27% è allocato all’estero.
In sostanza più che più che un debito siamo di fronte a un giroconto contabile di ricchezza tra Stato e privati.
Hai 47.000 euro di debito, e nessuno ha mai avuto il coraggio di dirtelo fino ad oggi! Ma ora che lo hai saputo è bene adeguare le proprie abitudini finanziarie.
FONTE: https://www.proiezionidiborsa.it/hai-47-000-euro-di-debito-e-nessuno-ha-mai-avuto-il-coraggio-di-dirtelo/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
È TUTTO COLLEGATO
Andrea Cecchi – 7 agosto 2020
In uno sforzo puramente teorico, nel cercare di dare un senso a quello che è accaduto e quello che sta accadendo, possiamo cercare di unire alcuni punti per arrivare ad avere un immagine e di concludere un ragionamento credibile.
Ricostruiamo sommariamente le tappe:
- 2008 – Crisi dei mutui subprime: un eccesso di debito causa il collasso del sistema finanziario. Il problema non viene risolto, anzi, si decide di affrontarlo con nuovo debito in misura monumentale rimandando le conseguenze e amplificandone la pericolosità.
- Seguono dieci anni di tassi a zero e crescita del debito incontrollata che non riescono a dare impulso all’economia. I tassi a zero e le emissioni monetarie finiscono nella finanza iper speculativa. Chiunque si può indebitare per comprare azioni e scommettere nel mondo dei derivati. La bolla si gonfia in modo preoccupante.
- Settembre 2019 – La cuccagna sembra finire da un momento all’altro: la Banca Regolamenti Internazionali lancia l’allarme:!!!! “QUI SCOPPIA TUTTO”!!!!
- Il 18 ottobre 2019 a New York andava in scena l’Event 201. I big del mondo si riuniscono per una simulazione che nel giro di poche settimane sarebbe diventata reale. Le prove generali di un’epidemia di un nuovo coronavirus zoonotico trasmesso dai pipistrelli ai maiali alle persone. https://www.cdt.ch/mondo/la-profezia-di-bill-gates-sul-coronavirus-LI2468683
- Il 20 gennaio 2020, gli stessi vertici delle nazioni e dei maggiori centri di potere si riuniscono nuovamente a Davos e, molto probabilmente, i capi di stato e tutti i media ricevono il protocollo di azione su come comportarsi, tutti insieme per le misure che tutti noi abbiamo dovuto subire, nostro malgrado.
- Fase finale: I militari vengono dispiegati sui territori, le libertà individuali vengono praticamente azzerate. L’economia viene congelata e le Banche Centrali, all’unisono, con la Federal Reserve in capofila, iniziano la creazione monetaria più insensata della storia del mondo, iniettando liquidità creata dal nulla direttamente nei conti reciproci con le banche commerciali, nelle grandi corporation, nei gestori dei fondi e anche direttamente al Tesoro, continuando a comprare titoli di Stato.
- Nel pieno della crisi economica dovuta alle misure adottate per il Covid, viene scatenata anche una guerra civile interna agli Stati Uniti sfruttando e fomentando l’odio razziale. Nel caos generalizzato, con gli Stati Uniti non più uniti, ma divisi come non mai, la Cina sembra uscire trionfante e questo fa veramente presagire un disegno della fine di un’epoca, quella americana e l’inizio di un nuovo mondo dominato dalla Cina. Argomento a cui dedicherò un’altra newsletter.
A questo punto abbiamo possiamo dire di avere quindi un disegno molto verosimile che inizia con un problema economico globale estremamente drammatico che bisogna affrontare in modo urgente e concertato. Il mondo globalizzato si riunisce e si accorda su come gestire questa situazione.
Cercherò adesso di dare un senso alle misure adottate, piene di contraddizioni, che risultano incomprensibili a tante persone di buon senso che hanno cercato di ragionare sul perché di misure così drastiche e spesso anche addirittura folli e scellerate.
Ho affrontato già l’argomento nella mia newsletter “IL VIRUS GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO” , ma molti mi hanno detto che il pezzo era troppo tecnico per essere compreso.
Per capire bene l’importanza che ha il mondo finanziario sul mondo reale, bisognerebbe avere un’educazione almeno basilare di come funzionano le banche, il denaro, i commerci, i mercati valutari, le compensazioni tra banche, mercati e nazioni, gli arbitraggi e il sistema bancario ombra con la realtà intricatissima del mondo dei derivati e dei derivati OTC. Comunque già aver visto e capito il film “Una Poltrona per Due” dà un’dea di come funzioni il sistema.
In modo molto semplice, bisogna sapere che il mondo è tutto collegato. Non c’è niente che possa avvenire in una parte del mondo senza avere ripercussioni da un’altra parte.
Quando si creano degli squilibri, bisogna intervenire per aggiustarli. Quando gli squilibri sono talmente giganteschi da compromettere l’esistenza stessa del mondo economico che conosciamo, allora le misure da adottare assumeranno una dimensione proporzionale al problema.
Come abbiamo visto al punto 3, nel settembre 2019 stava per esplodere l’intero sistema economico.
La Banca Regolamenti Internazionali, ha lanciato l’allarme e i paesi del mondo, tutti avviluppati l’un l’altro in un abbraccio economico controparte, hanno accettato, tutti insieme, di adottare le misure prescritte. La prescrizione è molto semplice: BISOGNA CONGELARE L’ECONOMIA!
Perché bisogna congelare l’economia?
Adesso ve lo spiego. È molto semplice.
In un mondo super indebitato, dove i debiti sorreggono le scommesse nel mondo finanziario, dove le scommesse si basano sul fatto che i tassi siano vicini o pari a zero, non si può far si che i tassi d’interesse possano salire. Se i tassi salgono, diminuisce il valore del nominale dato a garanzia e si innesca la reazione a catena delle margin call.
Questo evento sarebbe cataclismico per le banche, gli hedge fund, i fondi pensione e tutto il mercato dei titoli di stato.
Per disinnescare la reazione a catena, l’unico sistema possibile è quello di iniettarci dentro la tutta la liquidità necessaria. In un mondo in cui la gente fa fatica ad arrivare a fine mese, è difficile giustificare la semplicità con cui una banca centrale digita dei bit sul pc e crea soldi in modo illimitato. Se la gente capisse questa cosa direbbe: ” se è così facile, perché non dà i soldi direttamente a noi”?
Questo modo di ragionare mette in luce la grande ingenuità delle persone. La gente crede che le decisioni dei potenti vangano prese per il bene delle persone, mentre quella è l’ultima delle loro preoccupazioni. Le decisioni vengono prese per conservare la solidità della piramide di potere. Il potere, avendo tutti bisogno di soldi per sopravvivere, è ben saldo nelle mani di chi detiene il monopolio di creare i soldi, ovvero le banche che sono un cartello.
Lo slogan “andrà tutto bene” messo sulla bocca dei fessi in tutto il mondo, voleva dire: andrà bene a noi, non a voi, poveri imbecilli!
L’economia è stata quindi congelata per un semplicissimo motivo: per consentire alle banche centrali di creare migliaia di miliardi di nuovo debito e non creare inflazione. (l’inflazione danneggia il creditore – la banca – e favorisce il debitore, quindi non deve accadere) Si pensa erroneamente che l’inflazione sia l’aumento dei prezzi, ma l’aumento dei prezzi è soltanto la conseguenza dell’inflazione. Inflazione vuol dire espansione: l’espansione della massa monetaria. Se le banche creano nuovi trilioni di dollari, inflazionano l’economia di nuova moneta disponibile. Se questa moneta inizia a circolare, ad esempio, se c’è esuberanza economica, allora si crea inflazione, in modo proporzionale alla massa di nuova moneta messa in circolo. Quando questo accade, le banche hanno un solo modo per intervenire: alzare i tassi per drenare la liquidità. Ma adesso questo è impossibile, perché se si alzano i tassi si innesca l’esplosione delle margin call sui REPO e scoppia tutto. L’unica altra opzione per creare liquidità e impedire che circoli è quella di bloccare l’economia, guadagnando tempo prezioso per intervenire là dove ci sono le falle, cercando di tapparle una ad una gettandoci sopra palate di soldi.
Ecco la verità di tutta questa triste vicenda dove ci hanno raccontato di tutto tranne che il vero nocciolo della questione è il nocciolo economico; come sempre. Come in tutte le guerre e in tutte le cose che accadono: l’incipit è sempre economico.
Tutto risulta di più facile comprensione una volta preso atto che le persone, nel mondo, sono gestite come un gregge di pecore. Ci fanno fare quello che torna utile a loro. Le persone che ce lo impongono, i governanti visibili e le teste parlanti della TV, sono solo i cani da pastore. I mandriani sono le banche, proprietarie dei soldi e quindi di tutto il resto.
Il sistema economico globale è basato sul debito e per sua natura genera squilibri che con il tempo divengono esponenziali. Un modo di intervento diffuso era quello di organizzare guerre e dare origine a quello che Schumpeter definì “distruzione creativa.” Adesso è più difficile fare le guerre perché mancano gli ideali e i giovani, col fisico da Nintendo, non sono più adatti. Allora è stata scelta una strategia più trasversale. Quella della minaccia di un virus invisibile con cui tutti gli stati sono obbligati a combattere, indebolendosi e indebitandosi. Sul campo di battaglia restano aziende, controllo delle risorse, devastazione e il potere si consolida in sempre meno mani.
Non sono mancati neanche i militari sul campo a dare credibilità a tutta la messa in scena, mentre i media all’unisono ripetevano come un disco rotto: “siamo in guerra contro il virus”.
È tutto collegato. E il collante che unisce tutto è il denaro. Siamo tutti dentro al gioco. Come un grande gioco del Monopoli. Quando giochiamo a Monopoli, sappiamo benissimo che i soldi che usiamo sono finti. Quello che ha valore sono le nostre emozioni che nascono durante lo svolgimento, mentre giochiamo. Imprevisti, probabilità, case, alberghi, ferrovie. Sono le nostre emozioni a dare valore a tutto ciò. Quella è la moneta autentica con cui paghiamo per stare al gioco.
FONTE: https://andreacecchi.substack.com/p/-tutto-collegato?utm_campaign=post&utm_medium=web&utm_source=facebook
COS’È LA MARGIN CALL E PERCHÉ CI DEVE INTERESSARE?
Di Andrea Cecchi – 20 agosto 2020
Osserviamo attentamente questa illustrazione.
Perché è importante? Perché mostra in modo molto chiaro il livello di rischio e può essere uno strumento utile per capire come posizionarsi da prudente risparmiatore o semplicemente per capire come funziona il sistema economico in generale.
Nella grafica abbiamo la progressione del rischio da sinistra verso destra. Come ben si vede, l’oro è l’asset meno rischioso. Seguono in ordine i soldi cartacei (banconote – massa monetaria), i buoni del tesoro governativi, le obbligazioni corporate e il mercato azionario, le commodity non monetarie, il debito privato e il mercato dei mutui ipotecari, ed infine, come massimo livello di rischio, l’astruso mondo dei derivati.
Sulla piramide rovesciata sono raffigurati vari spicchi relativi al progressivo livello di rischiosità, con su indicato l’ammontare complessivo espresso in dollari americani per quanto riguarda le singole classi di tipologia di investimento.
Si capisce bene che la base priva di rischio rappresentata da tutto l’oro disponibile nel mondo, che ha un controvalore di circa 7,5$ trilioni (settemilacinquecento miliardi)
https://en.wikipedia.org/wiki/Gold_reserve
deve sorreggere una piramide a strati via via crescenti che termina con una smisurata quantità di contratti derivati di un milione di miliardi. Una cifra colossale, quasi inimmaginabile.
Continuando a tener ben fissa nella mente questa importante infografica, passiamo a cercare di capire cos’è una Margin Call e quali possono essere le circostanze e le conseguenze per cui la Margin Call può diventare un problema sistemico.
Ebbene: se si considera che anche il denaro cartaceo e l’intera massa monetaria denominata cash è comunque un’unità di debito, (il denaro esiste solo dopo che una banca l’ha creato accendendo un finanziamento), si può tranquillamente dire che l’intera mole di asset che stanno al di sopra dell’oro sono tutti asset basati sul debito, il cui livello di rischiosità aumenta via via che diminuisce il valore del sottostante.
Quindi, è chiaro che qualsiasi cosa che non sia l’oro fisico, ha a monte un debito e un sottostante. Nel mercato immobiliare, c’è una casa (sottostante) e c’è un debito (mutuo ipotecario) per comprarla.
Nei mercati progressivamente più rischiosi, gli investitori si indebitano con altri soggetti per investire, fare trading e compiere quelle azioni che costituiscono gli scambi dei così detti mercati finanziari: azioni, titoli di stato, obbligazioni, derivati, commodity non monetarie, opzioni, futures, ecc.
La gestione di questi scambi viene per la quasi totalità effettuata attraverso complessi sistemi informatici algoritmici e complicatissime strutture e strumenti, ma in pratica, essenzialmente, gli speculatori prendono in prestito da altri operatori o da altri speculatori il denaro o gli asset per piazzare le proprie operazioni sui mercati. Se qualcosa va storto, l’investitore deve coprire la propria perdita molto rapidamente e riceve la chiamata di copertura a margine, la Margin Call, appunto!
Ricordiamo ad esempio l’operazione che ha affossato la Banca Monte dei Paschi di Siena nel 2012, visto che ci ha toccati da vicino.
Praticamente, MPS aveva comprato Buoni del Tesoro italiani, non con soldi propri, ma con un prestiti vincolati da contratti derivati OTC stipulati con Nomura e Deutsche Bank e con la promessa
(REPO – REPURCHASE AGREEMENT)
https://www.investopedia.com/u…/moneymarket/moneymarket7.asp
di rimborsare le rispettive banche a scadenza a un determinato prezzo. Il collaterale sono i Buoni del Tesoro stessi. Crollato il valore dei Buoni del Tesoro, è scattata la Margin Call ed è stata richiesta la differenza del valore in contanti, ripianata, come sappiamo da una manovra finanziaria straordinaria, costata ai contribuenti italiani svariati miliardi di euro. (Noi abbiamo pagato di tasca nostra, pesantemente. In tutti gli altri casi ha pagato la banca centrale creando i soldi dal nulla..ma gli altri casi non erano in Italia.….)
Questa pratica è diffusissima e non solo per i buoni del tesoro. Inoltre, ciò che viene comprato margine può essere anche rivenduto migliaia di altre volte e finire come collaterale per migliaia di altre operazioni, spesso polverizzate nei vari fondi comuni di investimento e nei fondi pensione.
Questa è la galassia di 1MILIONEDIMILIARDI (stima per difetto) di contratti derivati che sovrasta tutta l’umanità.
L’esplosione di questa immane stella neutronica può essere innescata in un lampo, basta un piccolo calo nel valore del sottostante dato a garanzia del debito. Come abbiamo visto nel caso del Monte dei Paschi, è stata una Margin Call sul calo del valore nominale del BTP. Quello che può succedere è un effetto domino che rischia di trascinarsi dietro tutta la piramide via via che gli operatori saranno costretti a smontare le proprie posizioni.
Ogni debitore a margine cercherà rapidamente di vendere o svendere i propri asset spostandosi sulla classe di rischio subito inferiore, accettando anche perdite pesanti pur di salvare qualcosa.
Il film MARGIN CALL racconta questa storia. Consiglio di guardarlo. Sulla locandina c’è scritto: sii il primo, più furbo, oppure imbroglia!
Questo è il mondo economico di adesso.
Questo è il sottile equilibrio che lo sostiene.
FONTE: https://andreacecchi.substack.com/p/cos-la-margin-call-e-perch-ci-deve
GIUSTIZIA E NORME
Danilo Quinto sulla sua condanna
Qualche considerazione – a “bocce ferme”, come si conviene – sulla sentenza della Corte d’Appello di Roma del 10 settembre 2020 su “servo sciocco”, espressione che avevo usato tra virgolette nei confronti di un ex deputato radicale, nel mio primo libro del 2012, in cui io stesso mi definivo “servo”. S’intitolava, infatti, “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio“. In primo grado ero stato condannato per diffamazione a 6 mesi di reclusione, a 2.000 euro di multa ed al pagamento delle spese processuali. La Corte d’Appello ha riformato la sentenza e, ritenendomi colpevole del reato di diffamazione, ha comminato una multa di 600 euro. Si conosceranno le motivazioni entro 60 giorni e valuterò, insieme al mio legale, se ricorrere in Cassazione.
Questa vicenda, fino al secondo grado di giudizio, è durata 8 anni (!) – ah, se qualcuno in politica si accorgesse che il primo problema da risolvere nel nostro Paese è quello del “sistema-giustizia” – se si considera il momento in cui sono venuto a conoscenza della denuncia dei radicali: era il mese di settembre del 2012. L’anno prima ero stato condannato in via definitiva a 10 mesi di reclusione, con pena sospesa, per appropriazione indebita, sempre su denuncia dei radicali, che mi avevano accusato di aver intascato somme a me non spettanti negli anni in cui ero Tesoriere, dal 1995 al 2005. La denuncia era stata fatta dopo l’apertura da parte mia della causa di lavoro, in cui chiedevo la liquidazione, i contributi e le altre spettanze per gli anni in cui ho collaborato con loro: dal 1987 al 2005 (causa di lavoro regolarmente persa, sia in primo che in secondo grado). Le somme di cui mi sarei appropriato indebitamente erano regolarmente iscritte nei bilanci, vistati dai revisori dei conti e approvati dai Congressi e corrispondevano ai miei stipendi, sui quali ho pagato le tasse. Con quella condanna sono diventato un “caso giurisprudenziale”, perchè la legge prevede il principio del “consenso dell’avente diritto”, espresso nell’art. 50 c.p., che recita: “Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che può validamente disporne”. Nella fattispecie, era ampiamente dimostrato che chi mi accusava era a conoscenza delle circostanze a me imputate e non aveva espresso, all’epoca dei fatti, alcun dissenso.
Anche per la vicenda relativa a “servo sciocco” sono diventato per un anno e mezzo – tanto il tempo intercorso dal primo al secondo grado di giudizio – un “caso giurisprudenziale”. Io venivo condannato a 6 mesi di reclusione per due parole prese in prestito dal teatro goldoniano o dalla commedia dell’arte – mentre sulle questioni centrali e documentate di quel mio primo libro, nessuna contestazione è stata fatta – altri, se nello stesso periodo dicevano, ad esempio, di un noto uomo politico che era dedito ad attività sessuale orale, ricevevano solo una multa; altri ancora usavano, sia sulla carta stampata, sia in televisione, espressione e toni che definire “eccessivi” significa essere benevoli.
Sono due i punti che m’interessa in questo momento richiamare. Il primo riguarda i radicali. Ad uno di voi, in un’aula di Tribunale, accarezzandogli il volto, ho detto: “Ti voglio bene. Dì anche agli altri, che voglio loro bene, nonostante il male che ho ricevuto”. Quel giorno, mi sono sentito per un attimo in Paradiso. Anche su questa terra – nonostante le nostre debolezze e la nostra umanità, pregna del peccato originale – possiamo vivere quello che Dio ha previsto per chi crede in Lui per l’eternità. Voglio qui ribadirlo. Voglio bene ai radicali. Ho voluto bene a Marco Pannella e a ciascuno di Voi. Dopo essere stati miei amici per tanti anni, siete diventati miei nemici, ma io non ho mai nutrito rancore nei Vostri confronti. Non ne sono capace, ma soprattutto penso che tradirei la mia conversione se vi odiassi, perchè penso che l’amore nei confronti dei nemici sia uno degli elementi tra i più importanti su cui si fonda il Cristianesimo. E’ Gesù a dire: «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,43-48).
Il male, per me che sono cristiano, si sconfigge solo con la sovrabbondanza di bene. E’ quello che ho tentato di fare in questi anni. Una scelta difficile, certo, ma se la mia conversione ha un valore, è proprio questo il valore che personalmente gli attribuisco. Questo vale anche e soprattutto per quanto riguarda i libri e gli articoli che ho scritto – e che continuerò a scrivere, se Dio me lo consentirà – sull’ideologia di cui sono stato militante per tanti anni, che è divenuta ormai “di massa”, come aveva profetizzato, inascoltato, il filosofo Augusto Del Noce. Amare i nemici non significa, infatti, occultare le loro responsabilità, ma renderle ben visibili, gridarle dai tetti, nella speranza che anche loro si ravvedano e che altri non seguano la loro ideologia.
Ecco, l’altra questione a cui fare cenno, So che darò “fastidio” a molti e mi farò altri nemici. L’ideologia radicale si è affermata ed ha vinto – lo dico senza giri di parole, perchè così è su tutte le proposte che Pannella ha fatto – con la complicità strutturale, direi, di persone e “ambienti” cattolici, anche ecclesiastici. Molti di loro (e non tralascio quei parlamentari che si auto-definiscono cattolici, che si sono battuti perchè Radio Radicale ricevesse dallo Stato un contributo di 10 milioni di euro all’anno o che hanno decantato in Parlamento i “meriti” di Pannella dopo la sua morte) non solo hanno approvato le battaglie dei radicali, ma hanno usufruito delle leggi approvate in ragione di quelle battaglie (pensiamo al divorzio e all’aborto) o hanno condiviso l’impianto sovversivo di quell’ideologia, relativamente al piano dell’identità dell’essere umano creato a immagine e somiglianza del Dio creatore o hanno taciuto per lunghi decenni, pieni di mansueto tepore, di riverenza e di tiepidezza, nella certezza di essere vomitati dalla bocca di Dio, come dice l’Apocalisse. E’ evidente che costoro hanno guardato e guardano con il “fumo negli occhi” chi, come me, combatte – con i pochi mezzi che ha e con i rischi che corre – quell’ideologia e si guardano bene dal dire una sola parola su una storia che altri (come l’amico Maurizio Blondet, che non finirò mai di ringraziare) ha definito “storia di persecuzione”.
La persecuzione continuerà. Ne sono certo e non farò nulla per sottrarmi. Gesù ama tanto coloro che tentano di rimanere o di tornare nella sua Vigna, che invia delle prove, per “testare” la loro fedeltà. La sofferenza che sotto varie forme si può provare costituisce l’espiazione e la purificazione – almeno così io la vivo da 17 anni – delle colpe e dei peccati commessi. Qualcuno mi ha detto, anni fa, che si vive così una situazione di privilegio, perchè Gesù così ama i Suoi figli. Che cosa di più grande può condividere con loro se non una piccola parte della Sua sofferenza, quando anch’Egli ha vissuto da Uomo-Dio questa vita terrena?
Ho imparato, negli anni, che quel che più conta è non farsi “distrarre” dalle cose del mondo e di vivere la mia vita – che sarà fino alla sua fine così – giorno dopo giorno, serbando nel mio cuore i doni che Gesù mi fa, di cui prima non mi accorgevo. Innanzitutto quello della libertà da tutte le “sirene” umane e quello della Verità, l’unica cosa a cui tiene veramente questo servo inutile.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/danilo-quinto-sulla-sua-condanna/
IMMIGRAZIONI
Monsignore smonta Bergoglio: “Non esiste un diritto all’immigrazione”
Ong spagnola: “276 migranti a bordo. È urgente farli sbarcare”
“276 persone, 276 vite, 276 storie. Dopo le violenze e gli abusi, dopo giorni abbandonati in mare, non è sul ponte di una nave che dovrebbero trascorrere queste ore, ma in un luogo sicuro, tutelati dalle nostre costituzioni democratiche”. E’ quanto scrive in un post su Facebook la Ong spagnola Open Arms dopo aver soccorso negli ultimi giorni, in tre diverse operazioni, 276 migranti. “Abbiamo chiesto l’assegnazione un porto sicuro di sbarco sia a Malta, più volte, che all’Italia. La capacità della nave non permette di sostenere una situazione simile per più giorni”, dice all’Adnkronos Veronica Alfonsi di Open Arms Italia.
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Pronte le forbici sulle pensioni: quanto si perde sull’assegno
Al centro del dibattito tra governo e sindacati una riforma delle pensioni da inserire nella prossima legge di Bilancio. Si parla di superamento di Quota 100
Quando si parla di pensioni, tutto si complica dannatamente. Il governo giallorosso sta lavorando a una riforma del sistema previdenziale e gli assegni, di conseguenza, potrebbero cambiare.
L’esecutivo e i sindacati avrebbero dovuto incontrarsi all’inizio della scorsa settimana, ma il faccia a faccia è stato rimandato al 16 settembre prossimo per permettere ai tecnici di mettere a punto una serie di proposte. Si parla di Quota 41: andare in pensione, cioè, con 41 anni di contributi, a prescindere dal livello di anzianità. È questa l’ipotesi sulla quale si sta ragionando. La riforma previdenziale dovrebbe partire già con la prossima legge di Bilancio, ma i problemi sono dietro l’angolo.
Una cosa sembra certa: la sperimentazione di Quota 100, come ha confermato alcuni giorni fa il viceministro dell’Economia Antonio Misiani, andrà in scadenza alla fine del 2021. L’obiettivo del ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, è invece garantire una flessibilità maggiore in uscita (anche per favorire la staffetta generazionale con i giovani), ragionare sul lavoro discontinuo e affrontare il tema della pensione di garanzia per i giovani. A breve saranno istituite le due Commissioni tecniche: quella sulla valutazione della separazione della spesa sociale tra assistenza e previdenza e quella per lo studio dei lavori gravosi. Decisiva quest’ultima, per ampliare la platea dei beneficiari dell’Ape sociale.
Secondo quanto scritto da Il Messaggero, il tema centrale resta il superamento di Quota 100. Si discute su come superare, tra un anno, lo scalone di 5 anni che si formerà tra chi è riuscito ad andare a riposo con 62 anni di età e 38 di contributi (Quota 100, appunto) e chi, dal 2022, sarà costretto a restare al lavoro fino a 67 anni (Legge Fornero). I sindacati ritengono che chi ha 41 anni di contribuzione debba andare in pensione a prescindere dall’età. Oggi questa opzione è possibile solo per i lavoratori precoci che all’età di 19 anni avevano alle spalle almeno un anno di contributi versati. Su questo versante il governo non appare del tutto convinto ma, rispetto alla chiusura manifestata nei mesi scorsi, è pronto al dialogo.
I giallorossi spingono però su un’ipotesi alternativa. Vale a dire consentire a chi lo desidera l’uscita anticipata a 62-63 anni di età accettando un taglio del 2,8-3% del montante retributivo (introdotto nel 1996 dalla riforma Dini) per ogni anno che serve per raggiungere quota 67 anni. Questa riforma interesserebbe circa 150mila persone all’anno, che potrebbero così andare a riposo con 4-5 anni di anticipo rinunciando in media al 5% del trattamento che maturerebbero andando in pensione al raggiungimento degli attuali requisiti di legge.
Al centro del dibattito esistente figurano anche il superamento dell’automatismo dell’aspettativa di vita applicato ai requisiti per la pensione e la correzione degli aspetti più iniqui del sistema previdenziale. Per i sindacati è importante sostenere la previdenza delle donne, costruire una pensione contributiva di garanzia per chi ha carriere discontinue con basse retribuzioni, tutelare il potere di acquisto dei pensionati con misure che puntano a contenere gli effetti del calo del Pil (parliamo delle rivalutazioni) e ampliare la cosiddetta quattordicesima.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/economia/pronte-forbici-sulle-pensioni-quanto-si-perde-sullassegno-1889896.html
PANORAMA INTERNAZIONALE
Silenzio sul Nobel a Trump, che spaventa i nemici dell’Italia
La notizia taciuta: Trump riceve la seconda candidatura al Nobel, dopo l’accordo tra Kosovo e Serbia. «Silenzio dei media, nel paese dove chi non deve lavorare per vivere difende a spada tratta i migranti», scrive Mitt Dolcino. Per Trump è la seconda “nomination” al Nobel per la Pace, per il suo doppio intervento: prima a favore della riappacificazione in Medio Oriente tra sauditi e israeliani, e poi tra le due entità balcaniche, Belgrado e Pristina, storicamente opposte. «Chiaramente la potenza anche militare Usa ha avuto il suo peso, negli eventi di pace, ma certi passi non hanno prezzo». E per per assurdo, aggiunge Dolcino, nel prossimo futuro rischiamo di avere paesi amici sull’orlo della guerra, proprio mentre i nemici storici si riavvicinano. C’è dunque «malafede», nell’ostinazione con cui i media italici hanno fatto passare sotto silenzio la notizia sulla seconda candidatura di Trump al Nobel per la Pace. Dolcino intanto segnala che l’asse con gli Usa (di là da venire) comprenderebbe gli arabi e Israele, «ma non l’Iran, che – come da nome – è ariano; proprio come i tedeschi ex nazisti amavano chiamare la Persia». Quanto alla Turchia, «più che ariana, è alleata di Berlino da oltre 100 anni».
Gli eventi attuali – secondo il blog – ci dicono che «gli ebrei dei lager e dell’Olocausto», cioè gli israeliani «sempre pronti alla guerra con chi li voleva annientare», anche in futuro «staranno, come è giusto che sia, coi loro liberatori dal giogo hitleriano, ossia innanzitutto con gli Usa». E il “reset” dei rapporti geostrategici del Medio Oriente non finisce qui, avverte Mitt Dolcino: si parla già di normalizzazione degli accordi di pace tra Israele e Marocco. Poi sarà la volta dell’Arabia Saudita, l’ultima, la sede de La Mecca. «Quello che sta accadendo è che i “mizrahim” torneranno a ricoprire il ruolo ricoperto per secoli, in Medio Oriente, fino alla nascita di Israele. Dunque ecco spiegato il nervosismo delle potenze ex coloniali europee, superate in curva: non serve ad esempio avere la Francia o la Gran Bretagna per preservare il petrolio dell’area, basta Gerusalemme». Questo avviene chiaramente con la benedizione di Washington «ma soprattutto con l’avallo russo». Mosca, «vedendoci lungo, non ci pensa nemmeno a concedere la vittoria all’asse sino-tedesco, con Turchia ed Iran a supporto», visto che in quel caso la Russia «verrebbe letteralmente circondata, a sud, est e ovest».
Ecco dunque materializzarsi il nuovo Risiko mediterraneo, che andrà in porto se Trump verrà confermato, «lasciando poi al prossimo mandato trumpiano la “regolazione” operativa di Cina e Germania». Sempre secondo Mitt Dolcino, pochi considerano che la grande perdente sarà soprattutto la Francia, che a breve potrebbe perdere addirittura l’accesso privilegiato all’Algeria. A quel punto «dovrà rifarsi con l’anello debole, l’Italia, conquistandola certamente a livello economico». Ecco perché Roma «dovrà necessariamente schierarsi con Washington e Tel Aviv, con cui i rapporti sono sempre stati più che cordiali» (come del resto anche con il mondo arabo). Secondo Dolcino, il grande silenzio sul Nobel a Trump, da parte «dei media italici cooptati all’Ue» deriva proprio dal grande rimescolamento in atto nell’area mediorientale. Dolcino accusa l’establishment italiano «ormai al soldo di Parigi e Berlino», potenze impegnate nella conquista del Belpaese, grazie ai collaborazionisti italici, in una sorta di neo-feudalesimo in cui le élite nostrane avrebbero il ruolo dei piccoli feudatari. Il loro obiettivo: far pagare al 99% della popolazione il peso finanziario della crisi, preservando i grandi capitali.
Attenzione: sono proprio le élite a detenere la proprietà dei grandi media. E sono sempre loro, «che non hanno necessità di lavorare», a sostenere con maggior forza «l’immigrazione dall’Africa», ovvero l’invasione delle nostre coste da parte di individui «senza contezza dei propri diritti civili e sociali, nonchè economici». Un’umanità fragile, insomma, «da usare per sostituire gli italiani eccessivamente esigenti», in un penisola «forse troppo bella per essere lasciata agli indigeni». Logico che poi queste élite (non solo italiche) tifino soprattutto sinistra, ossia il lato politico più vicino a questa Ue, «troppo simile all’Europa sognata dalla Germania nazista». Senza dimenticare – chiosa Dolcino – che «l’incredibile invasione dei neri anche nella Lombardia leghista – ossia pro-Ue e da sempre filo-tedesca – potrebbe essere finalizzata a rimpiazzare a termine i meridionali italiani con manodopera di sostituzione a costo più basso, nelle more di una ipotetica secessione del settentrione (là da venire, per restare nell’euro) all’altezza della Linea Gotica)».
Il cardinale “elettricista” in corsa per il Papato
13 SETTEMBRE 2020
Caro direttore, Chito in discesa, l’elettricista in forte risalita, il prete di strada ancora coperto.
Sono le ultime proiezioni sul ‘totoPapa’ che verrà, da sempre lo sport preferito in Vaticano. Solo nel caso di Bergoglio le scommesse partirono poche ore prima che venisse eletto dal momento che il cardinale argentino aveva preso 13 voti e si poneva subito come gran favorito. Iniziò, con la misericordia e la perfidia che a volte solo i preti sanno usare, un chiacchiericcio sulla sua salute per via di alcuni acciacchi legati, si diceva, a seri problemi polmonari.
Il toto-nomi
Fino a poco tempo fa il suo preferito era il ‘filo cinese’ Luis Antonio Tagle, filippino, detto Chito, chiuso in queste ora a casa a Manila perché colpito dal Covid-19. Presidente anche della Caritas, è un self made man che inizia da dattilografo. Nel 2019 il Papa lo ha chiamato in Curia a dirigere una delle Congregazioni più importanti, l’ex Propaganda Fide dove è stato visto solo tre volte. Adorato dai media, ha la battuta prontissima e, visto che Francesco ha detto di venire “dalla fine del mondo”, lui ha risposto “io dall’inizio”. Ma qualcosa, soprattutto per il suo incarico alla Caritas, deve essere andato storto se ora il Papa sta puntando tutto su quello che viene ormai comunemente soprannominato l’elettricista, cioè il polacco Konrad Krajewski, che ha invece, dal 2013, il titolo di Elemosiniere di Sua Santità.
È balzato alle cronache per aver riattaccato la luce in una palazzina occupata da abusivi, e girare i centri sociali con una Fiat Qubo per portare coperte e cibo a clochard. Recentemente si è anche dimenticato di ringraziare quei funzionari del Ministero dell’Interno che gli hanno inviato un’offerta consistente per le sue missioni per conto del Papa come quella dell’aiuto ai transessuali di Torvajanica. Un’immagine vincente, quindi, per proseguire nella Chiesa dei poveri e degli ultimi. Tutte le mattine lo trovi in un bar sotto le mure leonine che canta e balla “descamisado” con gruppi di giovani preti, come se avesse completamente dimenticato l’austerità e l’eleganza di quando è stato compito cerimoniere di tre Papi. Aveva infatti un rapporto molto particolare con il cerchio magico di Wojtyla, capitanato militarmente da Stanislao Dziwisz, ex Arcivesco di Cracovia che sta vivendo giorni amari lontano da Roma, infastidito dalle chiacchiere sul patrimonio dei suoi familiari.
Ma nei disegni di Santa Marta, dove alloggia Francesco, il papabile da evitare, soprattutto perché italiano, sebbene anche lui sia un antesignano della Chiesa degli ultimi, è Matteo Zuppi, romano 65enne arcivescovo di Bologna. Pupillo della comunità di Sant’Egidio, “l’Onu di Trastevere”, sa bene da che parte stare “contro il populismo che dà risposte sbagliate”, afferma pure che “il cardinale è rosso perché deve testimoniare il sangue”. Ora è in pole position per succedere al cardinale Gualtiero Bassetti a capo della Cei, dove fino a ieri veniva dato per favorito il modesto vicario di Roma Angelo De Donatis. Ma se i boomakers danno questi come preferiti, figli di chi guarda solo gli ultimi e dimentica i principi della Chiesa universale, c’è sempre un convitato di pietra, malfermo nelle gambe ma con una testa lucidissima, che difficilmente vuole continuare ad assistere a questo andazzo.
È l’emerito Ratzinger, che conta su alcuni porporati di grandissimo standing, in prima fila Roberto Sarah, guineano, prefetto della Congregazione per il culto divino, che proprio ieri assieme al carismatico americano Raymond Burke si è commosso assistendo all’anteprima di un film su Fatima, diretto da Marco Pontecorvo e prodotto da uno scienziato illuminato, Stefano Buono. La pellicola viene distribuita in tutto il mondo con grande successo, ma non trova, per ora, accoglienza nelle sale italiane. La storia di Suor Lucia, la potenza di un miracolo che sveglia le coscienze nel Portogallo del 1917. Anche in Vaticano serve oggi una nuova luce. Lunga vita al Papa.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/il-cardinale-elettricista-in-corsa-per-il-papato/
Le vite dei cristiani neri evidentemente non contano
- In Nigeria, negli ultimi vent’anni, sono stati uccisi 100 mila cristiani. (…) La Nigeria sta diventando il “più grande mattatoio di cristiani al mondo”.
- La Nigeria, già oggi il più popoloso Paese africano, entro il 2100 potrebbe avere una popolazione di circa 800 milioni di persone, secondo uno studio condotto da The Lancet, e potrebbe diventare la nona economia mondiale.
- Quanti avrebbero potuto salvarsi se i media, le cancellerie e le organizzazioni internazionali avessero fatto pressione sulla leadership nigeriana affinché proteggesse la propria popolazione cristiana? Perché l’Occidente non ha mai collegato gli scambi commerciali, diplomatici, militari e politici con la Nigeria per proteggere i propri cristiani?
- Nel 2018, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha sollevato la questione con il suo omologo nigeriano Muhammadu Buhari. “Abbiamo avuto gravissimi problemi per i cristiani uccisi in Nigeria”, gli ha detto Trump. Ma il presidente americano è quasi il solo tra i leader occidentali ad aver affrontato la questione. Quando il suo predecessore, il presidente Barack Obama, ha incontrato Buhari, non ha mai discusso delle stragi dei cristiani.
In Nigeria, negli ultimi vent’anni, sono stati uccisi 100 mila cristiani. La Nigeria sta diventando il “più grande mattatoio di cristiani al mondo”. Nel 2018, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha sollevato la questione con il suo omologo nigeriano Muhammadu Buhari. “Abbiamo avuto gravissimi problemi per i cristiani uccisi in Nigeria”, gli ha detto Trump. Ma il presidente americano è quasi il solo tra i leader occidentali ad aver affrontato la questione. Quando il suo predecessore, il presidente Barack Obama, ha incontrato Buhari, non ha mai discusso delle stragi dei cristiani. Nella foto: Trump e Buhari, il 30 aprile 2018, a Washington, DC. (Foto di Win McNamee/Getty Images) |
“Fermate le stragi”, “Ora basta” e “Le nostre vite contano”, hanno detto i cristiani nigeriani e i leader ecclesiastici che si sono riuniti a Londra, il 20 agosto, per manifestare contro il massacro dei cristiani nel loro Paese. Hanno inviato una lettera al primo ministro Boris Johnson in cui accusano i mass media internazionali di “cospirazione del silenzio”.
Al contempo, un rapporto di tre organizzazioni – l’International Organization for Peace Building and Social Justice, l’International Committee on Nigeria e l’All-Party Parliamentary Group for International Freedom of Religion or Belief – rivelava che 100 mila cristiani sono stati uccisi in Nigeria negli ultimi vent’anni. Boko Haram, al-Qaeda, i pastori fulani e altri gruppi estremisti sono responsabili degli omicidi di oltre 96 mila cristiani in 21 mila attacchi separati. Secondo il rapporto, 43.242 cristiani sono stati uccisi a seguito di attacchi terroristici inflitti da Boko Haram, Stato islamico e al-Qaeda; 18.834 sono morti in attacchi dei fulani e 34.233 degli altri gruppi armati. La Nigeria sta diventando “il più grande mattatoio di cristiani al mondo”
L’arcivescovo anglicano di Jos, Benjamin Argak Kwashi, , ha detto che “questa cosa è sistematica pianificata, calcolata (…) La loro intenzione è islamizzare la Nigeria”.
La posta in gioco è strategica e immensa. La Nigeria, già oggi il più popoloso Paese africano, entro il 2100 potrebbe avere una popolazione di circa 800 milioni di persone, secondo uno studio di The Lancet, e potrebbe diventare la nona economia mondiale. “Se l’Islam conquista la Nigeria, il resto dell’Africa potrebbe facilmente diventare loro preda”, ha affermato il vescovo Hyacinth Egbebo .
Quando si leggono i report sui massacri dei cristiani nigeriani, la scena è sempre la stessa: un villaggio con poche abitazioni umili circondato da campi aperti. I jihadisti appaiono nel cuore della notte e attaccano casa dopo casa. Sfondano porte e gridano “Allahu Akbar”, uccidono gli anziani, stuprano e mutilano donne e bambini, e rapiscono a scopo di estorsione come se fosse un “business“. Incendiano case, scuole e chiese. “È come se le vite dei cristiani non contassero più”, ha dichiarato il pastore Stephen Baba Panya, presidente della Chiesa evangelica Winning All.
“Negli Stati della cintura centrale e settentrionale della Nigeria, migliaia di civili sono stati uccisi in attacchi compiuti da Boko Haram, dai pastori islamisti fulani e da altre milizie estremiste”, ha scritto la baronessa Caroline Cox. “Centinaia di chiese sono state incendiate e ridotte in macerie. Intere comunità sono state costrette ad abbandonare le loro case e i loro terreni agricoli”. L’International Society for Civil Liberties and Rule ha avvertito del rischio di un “genocidio in stile ruandese“.
Organizzazioni che monitorano la persecuzione dei cristiani denunciano da tempo ciò che sta accadendo. Nel 2012, Open Doors USA aveva già segnalato il rischio di genocidio in Nigeria. Otto anni dopo, quanti cristiani sono morti? Quanti avrebbero potuto salvarsi se i media, le cancellerie e le organizzazioni internazionali avessero fatto pressione sulla leadership nigeriana affinché proteggesse la propria popolazione cristiana? Perché l’Occidente non ha mai collegato gli scambi commerciali, diplomatici, militari e politici con la Nigeria per proteggere i propri cristiani?
Il presidente americano Ronald Reagan ha collegato i colloqui con l’Unione Sovietica a una campagna per consentire agli ebrei russi di lasciare il Paese. Ma anche gli ebrei dell’Unione Sovietica non stavano subendo le atrocità che patiscono quotidianamente i cristiani in Nigeria.
Nel 2018, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha sollevato la questione con il suo omologo nigeriano Muhammadu Buhari. “Abbiamo avuto gravissimi problemi per i cristiani uccisi in Nigeria”, gli ha detto Trump. Ma il presidente americano è quasi il solo tra i leader occidentali ad aver affrontato la questione. Quando il suo predecessore, il presidente Barack ha incontrato Buhari, non ha mai discusso delle stragi dei cristiani.
Il presidente Trump dovrebbe “nominare un inviato speciale per la Nigeria e per la regione del lago Ciad per ‘focalizzarsi come un raggio laser’ sugli attacchi compiuti da Boko Haram e da altri militanti islamici (…) per fermare un genocidio dei cristiani nella regione”, ha esortato l’ex membro del Congresso Frank Wolf.
Sei anni fa, il rapimento di 276 studentesse, per lo più cristiane, da parte del gruppo islamista Boko Haram, a Chibok, in Nigeria, ha portato a una condanna internazionale. #BringBackOurGirls fece tendenza su Twitter. La campagna hashtag è stata di breve durata.
Solo una delle ragazze rapite, Leah Sharibu, non è riuscita a riottenere la libertà e ha quindi trascorso due anni di prigionia. Pe quale motivo? Perché si era rifiutata di abiurare il Cristianesimo e convertirsi all’Islam. Sua madre ha aderito a una protesta a Londra, ma nessun importante quotidiano europeo ha avuto del tempo da dedicarle. “Per spossatezza o per vergogna di sé, o per entrambe le cose, noi chiudiamo gli occhi”, ha scritto il giornalista Franz-Olivier Giesbert.
“La vita dei cristiani d’Oriente, d’Africa o d’Asia conta? È una domanda che abbiamo il diritto di porci quando vediamo lo spazio che i nostri cari media accordano agli omicidi e alle discriminazioni di cui i cattolici o i protestanti sono vittime nel mondo: nulla o quasi nulla, con poche fortunate eccezioni. (…) È la nostra tartuferie [ipocrisia] che alimenta lo scontro di civiltà”.
Un’altra eccezione è rappresentata dallo scrittore e filosofo francese Bernard-Henri Lévy. In un lungo articolo, Lévy ha descritto la sua visita alle chiese e ai villaggi nigeriani bruciati e distrutti dai fondamentalisti islamici, mentre sacerdoti e vescovi locali gli hanno mostrato le foto delle donne cristiane mutilate dopo che si erano rifiutate di convertirsi all’Islam. Poi un fulani gli ha detto:
“Questa è la nostra terra, ci sono troppi cristiani qui, i cristiani sono cani e figli di puttana. Sono traditori perché si sono convertiti alla religione bianca. Quando se ne andranno tutti, la Nigeria sarà finalmente libera”.
Il giornalista americano Kirsten Powers ha scritto:
“I cristiani in Medio Oriente e in Africa vengono massacrati, torturati, stuprati, rapiti, decapitati e costretti a fuggire dalla culla del Cristianesimo. Si potrebbe pensare che questo orrore stia consumando i pulpiti e le panche delle chiese americane. Non è così. Il silenzio è stato quasi assordante”.
Le principali chiese statunitensi hanno accolto la “virtue signaling, questa sorta di indignazione in cui si mette in mostra la virtù, in merito al razzismo dopo la morte di George Floyd, ma nessun leader cristiano ha detto: “Black Christian Lives Matter” (“Le vite dei cristiani neri contano”), per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al massacro dei cristiani. Come ha asserito un vescovo, il silenzio occidentale sulla persecuzione dei cristiani è stato “sinistro“.
Il “genocidio culturale degli uiguri da parte del regime cinese è stato denunciato ed è sul radar dei nostri media mentre il “genocidio dei Rohingya” in Birmania è finito alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia; i parlamentari tedeschi e quelli dell’Unione Europea lo hanno condannato. Ma sul genocidio di 100 mila cristiani nel più grande Paese africano, l’Occidente ha fatto semplicemente spallucce.
Giulio Meotti, redattore culturale del quotidiano Il Foglio, è un giornalista e scrittore italiano.
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/16501/vite-cristiani-neri
Papa Francesco parla di tutto. Tranne che di Dio
10 SETTEMBRE 2020
Un Papa sociologo e ambientalista
Perché una bizzarria quotidiana della contemporaneità, un impazzimento della cronaca di cui nessuno si meraviglia più, sta proprio qui: nell’esistenza di un Papa che esterna su tutto, tranne che sulla Questione ultima a proposito di cui egli è in teoria il più titolato ad esternare. Un Papa sociologo, ambientalista, psicologo comportamentale, economista, teorico dei flussi migratori e perfino dei vaccini (e con vaghi accenti complottisti). Ma mai, scusate, non è commento irrispettoso, è presa d’atto fenomenologica e neutra della realtà, teologo. Mai corpo a corpo con quell’intreccio misterioso di fede e ragione che, almeno per un tizio di nome Joseph Ratzinger in un discorsetto non esattamente da bar a Ratisbona, sarebbe l’essenza scandalosa del cristianesimo.
Ossessione migranti
Solo nell’ultimo mese, Papa Francesco è più volte tornato su un suo grande classico, il tema dei migranti, chiedendo anche perdono ai diretti interessati perché “troppe volte non vi abbiamo accolto” (ignoriamo il riferimento della prima persona plurale, tendiamo a escludere si riferisse alle stanze vaticane, che non risultano pullulare di rifugiati) e “temiamo il cambiamento di vita e di mentalità che la vostra presenza richiede” (sì, rispetto ad alcune migrazioni provenienti dai Paesi islamici ci riserviamo il diritto di temere un “cambiamento di mentalità” a proposito di idea della donna, diritto individuale, laicità dello Stato ed altre anticaglie partorite dalla civiltà che Bergoglio rappresenta).
Ha messo poi nel mirino a più riprese il vero polo demoniaco delle sue uscite, il libero mercato, questa mostruosità che ha creato una “crescita economica iniqua” e la proliferazione delle “diseguaglianze”, omettendo il particolare che là dove quest’invenzione occidentale non ha attecchito non si dà proprio alcun tipo di “crescita economica”, equa o iniqua, e si dà invece totale uguaglianza, ma nella miseria e nella fame.
Ancora recentemente, ha insistito sui richiami a una “buona politica” che si occupi del “bene comune”, perché “purtroppo, la politica spesso non gode di buona fama”, ma “questo non vuol dire che tutti i politici sono cattivi”, ha precisato, ci sentiamo di sussurrare rimanendo un gradino sotto le riflessioni teologico-politiche di Tommaso d’Aquino. In occasione dell’apertura delle scuole, ha invocato il rispetto universale del “diritto all’istruzione” e della “sicurezza degli studenti”, ammonimenti sacrosanti, ma per cui sarebbe sufficiente anche il penultimo burocrate dell’Onu. Pochi giorni prima, aveva vestito i panni del pedagogo di massa, rimproverando coloro che sparlano alle spalle degli altri, perché “il chiacchiericcio è una peste più brutta del Covid!”, affermazione che negli ospedali della Bergamasca rischia di suonare assai peggio che dal balcone dell’Angelus.
Critico sui vaccini
Infine, il pontefice si è improvvisato critico dei vaccini, o meglio di “chi vorrebbe appropriarsene e poi venderli agli altri”, esclusivamente “per cercare vantaggi economici o politici” (sempre il maledetto mercato, vero e proprio perturbante del bergoglismo). Nella stessa udienza, ha intimato ai fedeli presenti “Non ammucchiatevi!”, rivelandosi anche un implacabile cacciatore di assembramenti e un ottimo concorrente di Ricciardi e Galli nel campo della virologia ansiogena.
Ovviamente, la potestà di un Papa di intervenire nell’agorà pubblica e civile è illimitata e inviolabile, come ci insegnano oggi le vestali del luogocomunismo filobergogliano (le stesse che ieri strillavano se Giovanni Paolo II o Benedetto XVI proferivano sillaba in tema di bioetica, sessualità, famiglia), e non dobbiamo certo vidimarla noi. Solo, ogni tanto, anche di sfuggita, anche in un inciso o in una parentesi, ci piacerebbe ascoltare dal capo spirituale della cristianità qualcosa a proposito di Dio.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/papa-francesco-parla-di-tutto-tranne-che-di-dio/
Gesuiti in trappola: Soros “se li compra” a suon di dollari
ImolaOggi – 13 Settembre 2020
Luca Volonté per https://lanuovabq.it – Finanziamenti immorali. Le fondazioni gesuite hanno ricevuto più di un milione e mezzo di dollari da George Soros e, a quattro giorni dalla pubblicazione della notizia da parte del quotidiano on-line Aciprensa, nessuno da Piazza del Gesù, Sede Generale della Compagnia di Gesù, né da Casa Santa Marta dove vive Francesco, ha dato un segno di sconcerto e preoccupazione.
Ma come? George Soros, il benevolo filantropo e benefattore dell’aborto libero, della eutanasia, della liberalizzazione delle droghe, della ideologia colonizzatrice LGBTI dona soldi per influenzare la Compagnia di Gesù e nessuno ha nulla da ridire? La scoperta di Aciprensa dei giorni scorsi squarcia l’ennesimo velo sul grado di efficace penetrazione di Soros e delle sue “buone intenzioni” nella Chiesa Cattolica.
La Fondazione Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, un opera quarantennale di educazione ed aiuto per i poveri e bisognosi del mondo, ha ricevuto nel 2018 ben 176.452 dollari con l’obiettivo di “sostenere i diritti dei migranti” in America Latina e nei Caraibi.
Lo sappiamo, Soros non è tirchio, tantomeno se vuole “penetrare” nelle trincee altrui e perciò, lo stesso anno ha donato pure al Servizio dei Gesuiti per i Migranti in Spagna (SJM – Spagna), 75mila dollari belli freschi dalla fondazione George Soros nel 2016 e 151.125 nel 2018 e per il Programma di educazione superiore ed universitaria dei gesuiti americani (JWL), 890.000 dollari nel 2016 e altri 410.000 nel 2018.
Questa organizzazione è l’unica che sul suo sito web attribuisce alla Open Society Foundations il ruolo di “partner” negli altri siti ufficiali si è preferito oscurare la pagina dei partners o non citare la benvolente fondazione di Soros. Un bel malloppo di 1.702.577 di dollari negli ultimi quattro anni da Soros ai Gesuiti e alle opere caritatevoli. Solo per carità, solo per comunanza di scopi.
ACI Prensa ha consultato le tre fondazioni gesuite sui loro legami con il “munifico filantropo” e solo i gestori del Programma di educazione superiore ed universitaria dei gesuiti americani (JWL) hanno risposto lo scorso 5 settembre: nulla è stato dichiarato sui generosi doni di Soros per “motivi di privacy”. Privacy di chi? Non certo degli studenti interessati alle borse di studio che non conoscono il benefattore.
I fatti presentati da Aciprensa e ripresi da moltissime ed autorevoli testate cattoliche di tutto il mondo, meritano una risposta chiara e limpida: c’è una alleanza di fatto tra una parte della famiglia cattolica ed il grande benefattore che vuole condizionarne la dottrina e la ragione sui temi della vita, del matrimonio, della educazione e della morale pubblica? Che Soros sia tra i più ossessi finanziatori della liberalizzazione dell’aborto e dell’ideologia LGBTI, che sia l’attore principale della devastante campagna relativista che sta sradicando l’Irlanda dalle sue radici cristiane e che voglia attuare lo stesso programma in Argentina, Messico, Colombia, Brasile, Polonia, Ungheria, Malta e diversi paesi dell’Africa non interessa?
Perché la Chiesa censura, interrompe e vieta le processioni o le donazioni in odore di mafia (perché la mafia uccide e taglieggia innocenti) ed invece accetta in silenzio complice le prebende di Soros? Sono notissimi a tutti i tanti soldi spesi da Soros per tentare di condizionare la Chiesa cattolica e modificarne la sensibilità dottrinale attraverso le donazioni, solo due esempi possono bastare: i soldi dati per sostenere i Catholic for Choices (200 mila dollari solo nel 2018) e i 650 mila dollari donati da Soros a ai due gruppi gesuiti americani PICO e “Faith in Public Life” per condizionare la visita del Papa Francesco negli USA nel 2015.
Nella Catholica vige ancora il divieto assoluto e la consolidata “inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria”, che quel “peccato grave” lo compie anche chi collabora con coloro che “complottano contro la Chiesa” e Soros è esplicitamente uno di questi. Sia chiaro, noi preghiamo per il Papa e per la Chiesa ogni giorno e confidiamo che a questo scandalo si metta fine presto…perché già è tardi.
FONTE: http://www.imolaoggi.it/2020/09/13/gesuiti-in-trappola-soros-se-li-compra-a-suon-di-dollari/
Il tentativo di demolire l’America
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/16461/demolire-america
POLITICA
A una settimana dal voto gli odiatori di sinistra passano alle minacce: “A morte Zaia”
Manuale di autodifesa per sovranisti: la prefazione di Claudio Messora
PREFAZIONE di Claudio Messora
La manipolazione mentale e le tecniche di condizionamento delle masse non sono concetti relegati ai romanzi distopici di George Orwell o di Aldous Huxley, o ai film di Paul Verhoeven. Da molto tempo costituiscono una vera e propria scienza (o “neuroscienza”), nella quale le aziende private e la politica investono fiumi di denaro. Il motivo è presto detto: quando controlli la testa delle persone puoi far loro credere tutto e il contrario di tutto, instillare la convinzione di cosa è giusto e di cosa è sbagliato. In altre parole, plasmare la mente degli elettori così da convincerli che le loro scelte politiche sono sempre l’espressione di una “spontanea” volontà.
Nella genesi dell’Unione Europea, le tecniche e le strategie della manipolazione mentale di massa sono state largamente impiegate per convincere i popoli del vecchio continente che riunire (non solo a livello economico, ma anche politico) i singoli stati europei sotto un’unica bandiera fosse cosa buona e giusta. Così da ottenere un consenso “pseudo-informato” in vista del traguardo finale, non ancora raggiunto per fortuna, degli “Stati Uniti d’Europa”. Ci riferiamo a strategie per creare dal nulla, e sul nulla, una fasulla identità multinazionale paragonabile a una grossa fake, architettata fin dall’inizio e propagandata con le peggiori intenzioni.
Il volume che avete tra le mani parla di tutto questo e dà ufficialmente il via all’avventura editoriale di ByoBlu. L’autore è l’avvocato Francesco Carraro, un amico che i telespettatori del nostro canale hanno già imparato a conoscere. Forte della sua formazione giuridica e dei suoi studi accademici nel campo della comunicazione e delle scienze della formazione, Francesco è riuscito a sintetizzare in un testo semplice, divertente e divulgativo un bel po’ di informazioni.
Il manuale di autodifesa per sovranisti rappresenta una raccolta dei principali “trucchi” piscologici, strategici e retorici messi in atto, nel corso del tempo, per farci “aderire” alla grande illusione del “Sogno” europeista. L’autore ha tratto spunto da tre illustri tradizioni del pensiero strategico e dell’arte della persuasione: quella orientale, cinese per la precisione, degli stratagemmi, quella occidentale delle fallacie, risalente addirittura ad Aristotele, e quella tardonovecentesca della programmazione neurolinguistica. Prendendo questi tre filoni come punto di riferimento, sono state sviscerate le principali tecniche di manipolazione volte a costruire il mito dell’Unione Europea, divulgato a piene mani, dai media mainstream, negli ultimi decenni. Non solo. Proprio perché il teso è concepito come un breviario di “autodifesa”, Carraro ci insegna anche quali sono le contromisure indispensabili da adottare per non farsi ingannare dai manipolatori di professione o, addirittura, per ritorcere contro di loro gli espedienti astutamente usati contro di noi.
Più che un libro, quello che vi accingete a leggere è un vero e proprio testo di sopravvivenza per chi non ci sta a lasciarsi manipolare. Un lavoro che svela dove, come e quando siamo (e siamo stati) condizionati, facendoci diventare consapevoli di certi “processi” di persuasione occulta per poterli smascherare all’istante.
Alla fine del libro troverete un’appendice in cui Carraro ha riassunto la vera storia dell’unificazione europea riportando le prove di un “delitto perfetto”: quello a danno della sovranità e della democrazia italiane. Inoltre, potrete attingere a una nutrita raccolta di schede, articoli, grafici, corredati da brevi commenti, in grado di smontare le principali bufale a cui attingono, più di frequente, i “piazzisti” degli Stati Uniti d’Europa. Ciò vi permetterà di constatare come le tecniche manipolative illustrate hanno trovato applicazione in concreto, nell’economia, nella finanza e nella politica, offrendovi una nuova chiave di lettura a molteplici situazioni, episodi e iniziative, più o meno recenti, della nostra storia.
Byoblu, per concludere, è orgogliosa di inaugurare la propria attività editoriale mettendovi a disposizione uno strumento di conoscenza e di prevenzione. Una vera e propria “arma” culturale per consentirvi di capire dove ci vogliono realmente portare (a nostra insaputa) utilizzando gli strumenti “educativi” della UE e dell’euro. E, magari, per permettervi di evitare il definitivo tramonto dell’autonomia e dell’indipendenza sovrana della nostra amata Repubblica.
Buona lettura.
VIDEO QUI: https://youtu.be/eIM48igBIhk
FONTE : https://scenarieconomici.it/manuale-di-autodifesa-per-sovranisti-la-prefazione-di-claudio-messora/
GUALTIERI VENDE L’ITALIA PER UN PIATTO DI LENTICCHIE VIOLANDO IL MANDATO PARLAMENTARE
Il sempre ottimo Giuseppe Liturri su Start magazine ci dà un riassunto fattivo ed efficiente di quanto discusso all’Eurogruppo di venerdì scorso che ha discusso la riforma del MES con integrazione del backstop per il sistema bancario Una quadro che si presenta quanto mai fosco per l’Italia. Ora dato che Giuseppe ha scritto molto bene , quanto noi in questo caso non potremmo, vi ripropongo completamente un brano per poi commentarlo:
“Parole che confermano che la riforma del Mes è ormai cosa fatta e che il dibattito si è spostato solo sull’eventuale anticipo, a fine 2021, della operatività del paracadute (backstop) al Fondo di Risoluzione Unico per le crisi bancarie (Srf), seconda gamba ancora incompleta della, ancor più incompleta, unione bancaria. Ora noi, non conoscendo le condizioni del congelatore del ministro, non ci fidiamo delle sue parole e ci lasciamo guidare dalla lettura degli atti. E la contraddizione tra le prime ed i secondi è evidente. Infatti la risoluzione parlamentare del 11 dicembre 2019 impegnava il governo a “mantenere la logica di pacchetto (MES, BICC, Unione bancaria) […] In particolare, escludere interventi di carattere restrittivo sulla detenzione di titoli sovrani da parte di banche ed istituti finanziari e comunque la ponderazione dei rischi dei titoli di stato attraverso la revisione del loro trattamento prudenziale, ed escludendo le disposizioni che prevedono una contribuzione degli istituti finanziari all’EDIS in base al rischio di portafoglio dei titoli di stato”.
Quindi Gualtieri ignora per ben due volte il mandato parlamentare: non rispetta la logica di pacchetto a cui l’aveva impegnato il Parlamento, lasciando che la riforma del Mes proceda indisturbata e addirittura ragionando senza alcuna remora sull’anticipo del paracadute al Srf fornito dal Mes. Inoltre, ben consapevole della pericolosità della proposta tedesca di garanzia comune sui depositi (Edis) – che prevede proprio ciò che il Parlamento ha recisamente voluto escludere – lascia che questa proposta resti sul tavolo e proceda con i suoi tempi. Ci chiediamo quale potere contrattuale potrà mai avere Gualtieri in futuro quando, approvata la riforma del Mes, dovrà avere il coraggio di respingere la proposta tedesca. Il timore che anche questa passi, magari sulla pressione di qualche “fate presto” inventato ad hoc, non è infondato. Ma tutta questa fretta – metodo abituale in Europa, quando il gioco si fa duro – sui tempi di definitiva approvazione della riforma del Mes genera altri sospetti.
FONTE: https://scenarieconomici.it/gualtieri-vende-litalia-per-un-piatto-di-lenticchie-violando-il-mandato-parlamentare/
SCIENZE TECNOLOGIE
COVID Europa: boom di morti entro novembre. Lo dice l’OMS
14 Settembre 2020
Scenari allarmanti per l’Europa: il COVID-19 porterà più morti nei mesi di ottobre e novembre. I Paesi del Vecchio Continente non possono stare tranquilli: ecco perché secondo l’OMS.
A dirlo è l’OMS, che ha voluto mettere in guardia i diversi Paesi e i cittadini tutti, per l’ennesima volta, sulla necessità di non abbassare il livello di attenzione.
Nel mirino degli esperti internazioali è finito il probabile bilancio di vittime europee per coronavirus: i numeri aumenteranno tra ottobre e novembre.
Una tegola, quindi, che cade sull’Europa proprio nel giorno in cui è stato registrato il triste record mondiale di positivi in 24 ore: 307.930.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi sul fronte morti COVID?
Coronavirus: balzo dei morti a novembre? La triste previsione
Il direttore OMS Europa Hans Kluge non ha usato mezzi termine per delineare il quadro epidemiologico che ci attende:
“Ci sarà un boom di casi e faremo i conti anche con un tasso di mortalità più alto. Diventerà sempre più dura. In ottobre, novembre, vedremo più morti.”
Una previsione amara, quindi, che riguarda proprio il continente Europa, dove l’epidemia ha purtroppo registrato un generico aumento durante l’estate. Ancora adesso ci sono Paesi sotto osservazione, come Francia e Spagna.
Nel giorno di venerdì 11 settembre, per esempio, la divisione europea dell’organizzazione ha evidenziato 51.000 positivi in 24 ore nei 55 Stati monitorati nel continente. Un picco, è stato sottolineato, che non si analizzava da aprile.
Per questo lo scenario illustrato per i mesi di ottobre e novembre è buio. Anche se le strutture sanitarie sono ormai più pronte rispetto allo scoppio della pandemia in primavera e se i tracciamenti funzionano, l’ipotesi peggioramento c’è.
I casi in aumento adesso si trasformeranno in più morti tra qualche settimana. Kluge ha affermato che: “È un momento in cui i Paesi non vogliono sentire questa brutta notizia, e lo capisco”.
Non è irrealistico pensare, però, che i decessi quotidiani saranno di più tra qualche settimana.
OMS avverte anche sul vaccino
Per Kluge non bisogna troppo sperare nemmeno nel vaccino. Non ci sarà la fine della pandemia con l’arrivo del trattamento:
“Ho sentito dire per tutto il tempo: ‘il vaccino sarà la fine della pandemia’. Certo che no. Non sappiamo nemmeno se il vaccino aiuterà tutti i gruppi della popolazione. Stiamo ricevendo alcuni segnali ora che ci aiuteranno per un gruppo e non per l’altro.”
E poi, ha evidenziato l’esperto, non bisogna dimenticare la dimensione logistica della distribuzione delle dosi del vaccino: sarà un’impresa enorme.
In sintesi, l’OMS ha suggerito che: “la fine della pandemia è il momento in cui noi, come comunità, impareremo a convivere con essa”.
Il COVID in Europa – e non solo – resta ancora avvolto nelle incertezze.
STORIA
E LI BANCHIERI NON PAGAVANO CHE DI CARTA
La storia si ripete: cos’e meglio la carta o l’oro?
Andrea Cecchi – 10 settembre 2020
C’è un libro molto interessante che ho letto alcuni anni fa che si intitola “IL GOVERNO DELLA MONETA A FIRENZE E A MILANO NEI SECOLI XIV E XVI”, scritto dal grandissimo studioso e storico Carlo M. Cipolla. Ai tempi non riuscii a comprare il libro perché non si trovava in commercio, o per lo meno non seppi trovarlo, per cui lo presi in prestito alla Biblioteca delle Oblate a Firenze che ne aveva una copia. Adesso ho visto che invece si trova facilmente da acquistare anche sui noti portali online. Il libro parla delle interessantissime vicende monetarie dell’epoca. Sono vicende molto simili ai tentativi dei governi dei giorni nostri di gestire situazioni economiche impossibili maneggiando la moneta sotto la direzione delle Banche Centrali. Si osservano infatti innumerevoli stratagemmi e disperati e temporanei tentativi che, come sempre avviene, non fanno che peggiorare le cose rimandando al domani un problema che da piccolo diventa gigante. Nell’epoca trattata dal libro, la moneta era oro e argento, quindi molto più difficile da diluire rispetto ad ora, nell’era dei Quantitative Easing, ovvero la creazione della moneta ex nihilo con la semplice digitazione di bit. Il libro è molto divertente, come tutti gli scritti del professor Cipolla. Si possono trovare analogie con gli episodi di politica monetaria di adesso, riproposti in chiave medievale: la tosatura delle monete, per ricavare qualcosa da quelle già in circolo, la fluttuazione di un metallo rispetto ad un altro, per gestire i pagamenti secondo il tornaconto di Governi e Zecca a scapito di cittadini e artigiani, e la guerra delle valute che sfociava in veri e propri episodi militari, vedi la guerra contro Pisa, vinta da Firenze con la battaglia di Cascina e raffigurata in varie opere d’arte e poi ripresa anche successivamente dal Giambologna in una statua che si può anche sbirciare dalla vetrata al museo del Bargello dove si ammirano i glutei marmorei della bella Firenze, raffigurata come una donna stupenda che schiaccia Pisa sotto il piede, città allegoricamente raffigurata come un uomo orribile e cattivo sconfitto dalla Firenze trionfante con una mossa di Ju-Jitsu ante litteram.
La storia della moneta e della sua eterna imperfezione è qualcosa di veramente affascinante. Si capisce come in ogni epoca i Governi abbiano dovuto sempre affrontare i problemi relativi alla gestione della moneta che, da strumento imperfetto in quanto debitorio, deve riuscire sempre a bilanciare le esigenze egemoniche del potere con le necessità di garantire sufficiente fluidità per gli scambi commerciali e la tenuta dell’ordine pubblico, compito difficilissimo e soggetto a inevitabili cicli di espansione e recessione. La frase che più mi ha colpito nel libro è la seguente: “e li banchieri non pagavano che di carta”. Si riferisce all’episodio del fallimento delle banche fiorentine nel 1345 dovute ai prestiti che Bardi e Peruzzi avevano fatto al Re Edoardo III d’Inghilterra. La moneta prestata e non restituita venne a mancare e i banchieri, non potendo creare monete d’oro dal nulla, iniziarono ad emettere biglietti di carta con su scritta la promessa di pagamento. Non ci volle molto per capire che dietro a quella carta non c’era niente, i mercanti andavano da una banca a un’altra mostrando i biglietti e ricevendo in cambio, non moneta sonante ma carta frusciante. E così avvenne il disastro. E tutte le banche si tirarono giù l’una con l’altra. La storia è molto interessante; qui l’ho descritta malamente in due righe. Chiedo scusa. Ecco linkato un ottimo articolo per approfondire: https://www.ilsole24ore.com/art/il-grande-crack-firenze-AERvExPE
Sempre restando in tema, è interessante anche la lettura della storia della Banca d’Italia che è descritta molto bene sul loro sito ufficiale dove si capisce come sia sempre stato praticamente impossibile garantire, anche per tempi abbastanza brevi, la possibilità di convertire le banconote in oro, in un perenne vano tentativo di dare fiducia nella carta e di mantenere la funzione di istituto centrale d’emissione. Cercando di resistere il più duramente possibile alla tentazione che prima o poi finisce per colpire anche il più stoico dei banchieri, ovvero quella di stampare carta dicendo che è oro. Un gioco sempre basato sulla fiducia. Una bugia con le gambe corte.
https://www.bancaditalia.it/chi-siamo/storia/index.html
Ai giorni nostri possiamo dire che la funzione di istituto centrale di emissione sia affidata alla Federal Reserve. Questo perché il dollaro americano è tuttora la valuta di riserva globale e la valuta in cui è espressa la maggior parte dei commerci globali, la valuta in cui sono quotati tutti i beni incluso l’oro e la valuta di Wall Street. I dollari sono anche sotto il riflettore di tutti i più accorti analisti economici proprio perché, in questi ultimi anni, con un’accelerazione verticale, la dimensione con cui vengono creati e distribuiti inizia a preoccupare e a dare segnali d’allarme sul piano della sostenibilità. Qui si può controllare in tempo reale: https://www.usdebtclock.org/
Di questo argomento parla molto accuratamente Peter Schiff. Molto apprezzabile questo suo recente podcast poi trascritto sul suo sito web.
Peter Schiff ci indica correttamente che la bolla del mercato azionario è la più grande bolla di sempre, ma si tratta della soltanto più grande bolla azionaria di sempre. Ci fa notare che c’è una bolla molto più grande di quella azionaria ed è la bolla del dollaro. Su questo argomento si sono espressi molti altri analisti bravissimi tra cui l’ottimo Michael Pento https://pentoport.com/ .
Praticamente i Buoni del Tesoro Americani (Treasuries) non sono altro che Dollari. Dollari e Buoni del Tesoro sono la stessa cosa. Una banconota da 100 dollari è la stessa cosa di un Buono del Tesoro zero coupon con valore facciale di 100 dollari. La differenza è quindi quella che i Buoni del Tesoro sono Dollari che pagano un po’ d’interesse. Chi ha sottoscritto dei Buoni del Tesoro, praticamente ha in mano dei dollari e deve solo aspettare la maturazione per entrarne in possesso. Chi ha questi buoni detti Treasury ha prestato soldi al Tesoro americano manifestando la sua fiducia nel Dollaro sperando che un Treasury con un tasso dell’1,4% e scadenza a 30 anni potrà ancora aver valore a quella data, pur sapendo che il tasso di inflazione è molto più alto, per stessa ammissione del Governo. Non è facile convincere gli investitori a investire in questa bolla. La gente non è poi così stupida da comprare qualcosa che sicuramente farà incorrere in una perdita certa. Infatti, scrive sempre Schiff, è la Banca Centrale stessa che compra questi bond stampando dal nulla i soldi necessari all’acquisto. Un investitore privato dovrebbe destinare i soldi che ha guadagnato con il duro lavoro all’acquisto di Buoni del Tesoro che gli garantirebbero un rendimento scarsamente appetibile. È molto più facile per una Banca Centrale creare i soldi dal niente per comprare quei buoni. In questo caso non c’è né fatica né lavoro, tranne lo sforzo di digitare una scrittura contabile con un computer. Ci sono però i trader. Sono investitori che, grazie a questa artificiosa dinamica, sono così rassicurati dai suddetti interventi della Banca Centrale che continuano comunque ad acquistare i Buoni del Tesoro sovrapprezzo perché sono convinti che siano tutto sommato un bene rifugio. Accade infatti che molti investitori si rifugino nei Treasury quando si verificano pesanti perdite sui mercati azionari. Ma la Banca Centrale, stampando Dollari e comprando Treasury, crea una domanda fasulla di Buoni del Tesoro, tirandosi dietro anche gli altri investitori che si trovano però a dover pagare così un prezzo maggiorato artificialmente. Trovandosi di fronte ad una stampa insensata di dollari in questa spirale di creazione monetaria e di acquisto di Buoni del Tesoro, il pubblico dei sottoscrittori inizia a preoccuparsi, non solo del pericolo inflattivo scarsamente compensato dal rendimento dei Bond, ma soprattutto della tenuta del sistema. Quando gli investitori si accorgono della presenza di un rischio, iniziano a chiedere un interesse più alto, ma la Banca Centrale non vuole che ciò avvenga e l’unico sistema che ha per non far salire i tassi è quello di stampare ancora più soldi e comprare ancora più Buoni del Tesoro. Alimentando questo circolo vizioso che erode ancora più velocemente la fiducia nel Dollaro.
Ricapitolando: la Federal Reserve, stampando Dollari crea inflazione che erode il valore dei Buoni del Tesoro e ciò fa si che i sottoscrittori richiedano un interesse più alto sul loro investimento per compensare la perdita di potere d’acquisto dei Dollari che hanno prestato al tesoro americano proprio perché la Federal Reserve ha creato dollari per comprarli. Diciamolo ancora più semplicemente: più dollari più inflazione – più inflazione più tasso d’interesse – per far scendere il tasso si creano nuovi dollari per comprare nuovi buoni e così via. Praticamente ogni azione crea l’effetto opposto ma si continua a farla perché non si può smettere.
In questo modo la spirale perpetua si auto alimenta e prende energia vorticosa. Una forza stritolatrice che attrae tutti i soggetti dentro queste spire mortali, mentre la bolla, non più contenibile, continua a espandersi fino ad avviluppare tutto e tutti. E vorrebbero convincerci che questi Buoni del Tesoro sono un bene rifugio!
Nel passato una banconota da 20 dollari dava diritto a un’oncia d’oro.
In qualsiasi banca sia andasse, bastava esibire il biglietto per ricevere indietro una moneta di metallo prezioso. Con questo sistema si capisce come il biglietto di carta fosse solo la ricevuta. Come quando si lascia il cappotto al guardaroba. Il valore non è il bigliettino rilasciato dalla guardarobiera, ma il cappotto stesso, appeso allo stendino e lasciato al sicuro in custodia.
Questa possibilità è andata progressivamente a sparire fino ad essere totalmente abolita nel 1971.
Di fatto gli USA sono falliti nel 1971, non essendo stati più in grado di onorare con la moneta sonante le proprie promesse di pagamento cartacee. “E li banchieri non pagavano che di carta”. La storia si ripete. I banchieri promettono sulla carta, ma non mantengono mai. “Di carta ve ne diamo quanta ne volete, anche di bit ne abbiamo a volontà”. Una promessa di carta si paga con un’altra promessa di carta che diluisce il valore della precedente. Perpetuamente.
Ma il metallo, scarso per natura, non si crea dal niente.
La storia dell’umanità e quella dell’oro vanno a braccetto da sempre. Ci sono cicli economici in cui la fiducia nella carta, (e adesso nella moneta elettronica) ha fatto funzionare benissimo quel pratico strumento di scambio. Finché c’è la fiducia, la carta funziona benissimo, è molto comoda, ma quando la fiducia scricchiola è sempre stata una buona precauzione affrettarsi a convertire la carta in qualcosa di tangibile prima che tutti quanti abbiano la stessa idea nello stesso momento. Non deve necessariamente essere oro. Ogni bene tangibile ha comunque valore. In Germania, durante la crisi iperinflazionistica del 1923, chi trovava una valigia piena di marchi, gettava via le banconote e si teneva la valigia. Le banconote che uscivano dalla tipografia già non avevano più valore perché il tempo necessario a stamparle le aveva già azzerate. Non sappiamo se ciò accadrà nuovamente. Speriamo di no, ma le azioni di creazione monetaria esponenziale che vediamo non fanno presagire niente di buono.
Interessante anche è questo articolo: https://www.zerohedge.com/news/2020-09-08/foolishness-holding-warrants-comex-gold.
È molto lungo quindi non ce la faccio proprio a tradurlo, ma il succo è questo: se avete investito in oro e non avete il metallo fisico “in saccoccia”, è meglio non fidarsi dei contratti cartacei che promettono di garantire l’equivalente in oro presso i caveau. Probabilmente il vostro oro o non c’è più o esistono centinaia di contratti sullo stesso lingotto che è stato prestato o venduto a chissà quanti soggetti. Non si compra l’oro per cercare di guadagnare. L’oro si compra per difendere nel tempo il potere d’acquisto del denaro che, come abbiamo visto, nella storia viene sempre eroso per la sua natura debitoria e quindi inflattiva che necessita di nuovo debito per pagare quello precedente. L’oro è un’assicurazione contro la svalutazione della moneta e per salvarsi se la carta si vaporizza. È come le scialuppe di salvataggio o le ruote di scorta: si spera di non doverle mai usare, ma se la barca va a fondo o se si fora l’auto, siamo contenti di averle a bordo e di poterle usare. La carta brucia in un attimo, l’oro è per sempre. Questo è il vero bene rifugio. Sennò c’è sempre la carta.
FONTE: https://andreacecchi.substack.com/p/e-li-banchieri-non-pagavano-che-di
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