RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 15 01 2023

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 15 01 2023

 

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Non c’è maggiore felicità , diceva sorridendo (non gli avveniva spesso), che la felicità di non essere felici

MANLIO SGALAMBRO, Variazioni e capricci morali, Bompiani, 2013, Pag. 66

 

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SOMMARIO

ITALIA SENZA SCUOLA, SENZA GIUSTIZIA, SENZA SANITA’
Non è pedofilia, adesso è Map
La guerra per otto miliardi di menti
È LUI O NON È LUI?
L’Italia fa i conti con il diffuso problema della carenza dei farmaci
IL CONTRASTO AL GOVERNO SULLA PELLE DEI CITTADINI
Il Governo ordina: sieri a mRNA a bambini dai 5 anni
Minority Report a Torino? Interrogazione al ministro dell’Interno per le denunce preventive contro Extinction Rebellion
La Ue diventa Nato: fine di una storica ipocrisia
Stati Uniti per rafforzare la propria presenza militare nel sud-ovest del Giappone di fronte alla minaccia della Cina
La Kosovo Force della NATO respinge la richiesta serba di presenza militare in Kosovo
Perché la CIA ha tentato una “rivolta di Maidan” in Brasile
Otto e mezzo, la profezia di Caracciolo sulla guerra: “Quale ricostruzione?” E Gruber sgrana gli occhi
HIMIKO, LA MISTERIOSA SCIAMANA E IMPERATRICE DEL PRIMO GIAPPONE
DILEMMA
RATZINGER, BERGOGLIO E LA TECNOCRAZIA TRANSUMANA – IL TECNORIBELLE
Clima. mentono sapendo di mentire
IL GRANDE FRATELLO ARABO: ESPORTARE SORVEGLIANZA
Le ultime rivelazioni di Twitter: agenzie e media hanno inventato la storia dell’influenza russa su Trump e i politici anti- Deep State.
La sterilizzazione forzata è una pratica ancora diffusa in Europa
Il patto tra immigrazionisti ed animalisti
Il mercato della malattia
La guerra in Ucraina è già costata all’Italia 76 miliardi di euro
La Ue ha regalato a Kiev 50 miliardi
La Cina gestisce stazioni di polizia illegali in tutto il mondo
Teoria e prassi del collettivismo oligarchico
MACELLAI DEL RISORGIMENTO: PIETRO FUMEL
Guerra dei Trent’anni: il conflitto che disegnava l’Europa moderna – Ruggiero Capone
Ucraina, la vera storia: intervista a Nicolai Lilin

 

 

EDITORIALE

ITALIA SENZA SCUOLA, SENZA GIUSTIZIA, SENZA SANITA’

di Manlio Lo Presti (scrittore esperto di sistemi finanziari)

Dai primi giorni del 1973 fino al 31 maggio del 1974 venivano varati cinque provvedimenti normativi chiamati nel loro insieme “decreti delegati”. Un provvedimento che regolamentava il diritto alla partecipazione di alunni e genitori alla programmazione scolastica. Venti anni dopo furono apportati alcuni aggiornamenti e modifiche con il Decreto Legislativo 297/1994. Mia madre era un’insegnante, e dette le dimissioni qualche anno dopo la cosiddetta democratizzazione nelle scuole. Un atto profetico, perché vide subito che si sarebbe rivelato lo strumento per portare la scuola ad un collasso definitivo e senza ritorno. Con notevole preveggenza mi spiegava che questi provvedimenti avrebbero privilegiato la didattica rispetto alla pedagogia: quest’ultima aveva il compito di educare i giovani ad essere cittadini consapevoli e partecipativi. Conosciamo le devastazioni ed il disfacimento del sistema scolastico nazionale, che nel tempo è diventato un campo di battaglia ideologico, ponendo scientificamente e sistematicamente in ombra lo spirito costruttivo di quelle normative incardinate nella partecipazione e non nella conseguente devastazione. La demolizione controllata del sistema scolastico italiano, dalle elementari alle università, viene da lontano. E’ venuta meno la fondamentale vocazione della scuola come luogo di formazione, e non solo di istruzione scarsa ed incerta, da come emerge anche dai titoli dell’odierno programma su RAI 1 che parlava appunto di scuola. I danni causati da un simile sistema si riscontrano nell’altissimo tasso di abbandono scolastico, poi nel basso numero di laureati in Italia. La dotazione lessicale di uno studente medio odierno si attesta in seicento parole, mentre un liceale di dieci anni fa ne conosceva seimila. A conti fatti, viene certificato il fallimento anche della didattica come diffusione delle nozioni. Risultato? Eliminazione della nozionistica e soprattutto della pedagogia come espressione della “paideia”, della formazione sociale, morale e culturale del cittadino e cittadina di domani. Eliminazione della selezione dei ragazzi più pronti: che non significa eliminazione dell’accesso generalizzato all’istruzione che garantisce un eguale punto di partenza per tutti, come una parte della politica italiana continua a farci credere. Individuare insegnanti e studenti più versatili e dotati non intacca la paritaria fruizione scolastica. Perché nessun governo italiano ha deciso di porre fine definitivamente a questo caos?
In parallelo, abbiamo avuto la progressiva sterilizzazione dell’apparato giudiziario, con una amministrazione della giustizia fallimentare il cui effetto più distruttivo è stato lo scandaloso prolungamento dei processi, che di fatto ha eliminato la domanda di giustizia della cittadinanza; diventata solamente bersaglio di lungaggini che hanno favorito la devianza e l’impunità. Un’arma di distruzione è stata principalmente la continua e progressiva sottrazione di risorse a questi due comparti fondamentali per la tenuta democratica di un Paese che si possa definire civile. Alla riduzione di mezzi e di risorse si è aggiunto l’ignobile cinismo della casta politica nel suo insieme, che vedeva nel blocco giudiziario una possibile scappatoia per continuare ad esercitare i propri abusi ed arbitrii; come pure una zona franca dove continuano ad operare quasi indisturbate le dieci organizzazioni criminali che imperversano in Italia. Parliamo di: Cosa nostra, Sacra corona unita e altre mafie pugliesi, Camorra, Ndrangheta , Mafia capitale, Gruppi criminali di Ostia, Mafie nigeriane, Bande criminali albanesi, Bande criminali romene, Bande criminali cinesi – cfrhttp://www.avvisopubblico.it/home/home/cosa-facciamo/informare/osservatorio-parlamentare/attivita-dinchiesta/attivita-dinchiesta-xvii/commissione-bicamerale-antimafia/le-mafie-oggi-lanalisi-della-commissione-antimafia/ . Eppure, queste organizzazioni potevano efficacemente essere eliminate con un attento utilizzo delle numerose strutture di polizia operanti in Italia: Polizia di Stato, Polizie locali, Guardia costiera e Capitanerie di porto, Guardia di Finanza, Vigili del fuoco, Carabinieri, DIA, DIGOS, Gruppi di intervento rapido GIS, il reparto ROS, lo SCICO, il GICO, il NIC. Adesso si aggiungono le strutture di controllo e guerra cibernetica interforze, ecc. ecc. Perché con questa panoplia di strutture a disposizione le bande criminali elencate per difetto non sono state debellate?
Parlare in parallelo della scuola e della giustizia significa argomentare la fine programmata dei due pilastri di una moderna democrazia. Aggiungo il dramma del sistema sanitario scientificamente distrutto con la solita riduzione di risorse e strutture ora non aggiornate e fatiscenti, e con la chiusura di centinaia di ospedali, con l’effetto immediato del trasferimento delle risorse finanziarie alla sanità privata. Si è ripetuto lo schema tossico della progressiva sottrazione delle risorse, ancora oggi la stessa per i settori più delicati di un Paese che vuole definirsi una democrazia compiuta.
L’attuale situazione ha radici lontane ed è la risultante di un patto non scritto fra le forze di governo insediate nell’immediato dopoguerra e le forze di opposizione principalmente costituite dal PCI che si vide chiusa la possibilità di una presa armata del potere a guerra civile appena terminata. Sinteticamente si può ipotizzare come andarono le cose: i partiti di governo si impadronirono dei soldi, della conduzione della produzione e della finanza. Chiusero cinicamente gli occhi quando gli oppositori iniziarono a vendicarsi infiltrandosi nella scuola e nella giustizia attraverso l’occupazione delle cattedre e dei vertici della magistratura per operarne uno svuotamento in termini di funzionalità democratica, attraverso il bombardamento di dottrine ideologiche per quali, marxianamente, se la realtà è in contrasto con lo schema ideologico, è la realtà ad essere sbagliata e quindi deve essere modificata. Questo teorema ha guidato tutte le strategie di forze politiche inizialmente all’opposizione e poi a lungo al governo negli ultimi decenni grazie al silenzioso appoggio del Colle e del Dipartimento di stato USA, della Francia, della Gran Bretagna, della Germania, della Banca Centrale Europea ed infine dei commissari non eletti a suffragio diretto insediati ai vertici della UE.
Porre efficacemente fine a questo stato di cose non è semplice a causa degli interessi in gioco in termini di miliardi di euro e di controllo delle masse italiche rese all’impotenza dall’impoverimento, dalla disoccupazione, dalla precarietà, dalla una articolata e complessa criminalità di cui più di un politico e qualche magistrato hanno individuato una regia, un piano messo in piedi e realizzato da “menti sottilissime” ancora occultato sapientemente dalla eterna controversia “Stato-mafia” … The song remains the same – film del 1976 (La musica è sempre la stessa).

FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/01/11/italia-senza-scuola-senza-giustizia-senza-sanita/

 

 

 

IN EVIDENZA

Non è pedofilia, adesso è Map

Non è certo una buona notizia per il primo dell’anno, ma alle volte certe coincidenze sono così inquietanti e sinistre da non potere essere taciute anche se non ci sono legami diretti fra gli eventi, ma rivelano innegabili  linee di tendenza: così proprio con la morte di papa Ratzinger vengono alla luce i tentativi di “normalizzare” la pedofilia. Come tutti sappiamo il papato di Benedetto XVI è stato attraversato dagli scandali  su questo tema con accuse che lo avrebbero coinvolto nella copertura di alcuni prelati accusati di pedofilia, un tema purtroppo reale e diffuso che è stato utilizzato negli ultimi vent’anni come arma per colpire prima la chiesa cattolica in generale e poi un papa poco propenso a trasformare il credo cattolico in qualcosa di poco impegnativo per generazioni educate al narcisismo patologico, in una  specie di happy hour della spiritualità e in sostanza in qualcosa che potesse essere l’oppio dei popoli 2.0  O per essere più aggiornati nel Fentanil del terzo millennio. Ed ecco la coincidenza: proprio mentre le condizioni del papa vero o emerito a seconda delle tesi  si aggravavano è arrivato  il rapporto di fine anno della polizia scozzese sull’abuso e lo sfruttamento dei minori, nel quale non si parla più di pedofilia, bensì di Mapminor attracted people, che è chiaramente un tentativo di cambiare abito a queste pratiche rendendole più presentabili e in definitiva alla stregua di una semplice e propensione sessuale.

Vabbè ma un rapporto di polizia significa poco diranno molti. Però non è così: dopo i primi dubbi su questa terminologia il portavoce della polizia scozzese ha chiarito che loro si sono semplicemente attenuti alla terminologia europea. “La polizia scozzese ha usato il termine di persona attratta da minori nel contesto dell’impegno con il consorzio dell’UE del progetto Horizon per affrontare l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori. Il termine è stato utilizzato nei documenti di committenza per il consorzio ed è più comunemente usato nel continente”. Il progetto Horizon del resto è un’ambigua panacea che si occupa di tutto, di tutti e di niente, nel quale sono anche inserite le nome censorie contro la cosiddetta disinformazione. In realtà questo acronimo gira da un anno o due  tempo ed è stato consacrato  in un libro – A long Dark shadow – che si propone appunto di “riabilitare” tutti coloro che si sentono attratti dai bambini e che non possono essere necessariamente classificati come predatori. Il che da una parte è ovvio, però da un’altra  – e altrettanto ovviamente – toglie uno stigma che ancora costituisce un argine verso la completa industrializzazione della pedofilia. Se una pulsione diventa legittima e accettabile è difficile poi arginarne le conseguenze. Questo almeno dovrebbe essere chiaro. D’altronde ormai anche i bambini sono coinvolti in quella che definirei come prassi gender la quale presuppone una loro esplicita e in qualche modo consapevole sessualità, per cui potrebbe essere difficile in futuro stabilire una loro completa subornazione da parte di adulti. Non sono cose del tutto nuove: già negli anni ’70 e ’80 la campagna Pedophile Information Exchange (PIE) tentò di abbassare l’eta del consenso s quattro anni, ciò che cambia è invece l’intensità di fuoco su questi temi e le abilità acquisite nel creare un consenso.

Non mi voglio soffermare ora su questo problema, ma basta leggere le recensioni del libro considerato per lo più come coraggioso e rivoluzionario per comprendere come tutto questo sia il tentativo di inserire la pedofilia in quel “+” che viene dopo Lgbt, dandole completa legittimità. E che dunque l’adozione dell’acronimo Map non sia che il primo passo in questo senso. Ripeto questo è un discorso complesso da affrontare  Quello che mi colpisce è che la pedofilia sia stata usata come una mazza contro chi non dava garanzie di far parte della menzogna globale, mentre adesso che il risultato è stato ottenuto si comincia un’opera di “recupero etico e morale” di queste pulsioni, peraltro molto diffuse “colà dove si puote” come dimostra il caso Epstein  e in prospettiva a una loro normalizzazione. In quale assurda vacuità navighiamo done valori e prospettive sono segnati da una bussola che viene costantemente manovrata con i magneti della comunicazione di massa? Qual è la rotta reale? Non c’è da illudersi che vi siano limiti invalicabili e che prima o poi il potere reale inciampi: le società occidentali sono ormai pongo per le distopie di pochi.

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2023/01/01/non-e-pedofilia-adesso-e-map/

 

 

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

È LUI O NON È LUI?

Ancora una volta… ma non sarà certamente mai l’ultima. Questa volta tocca a Pieter Paul Rubens, pittore fiammingo del primo barocco del Seicento. O, meglio, a chi per lui. Perciò mi scuso subito con i pazienti lettori, se in questa occasione dovrò necessariamente addentrarmi in un linguaggio più tecnico, cercando di essere il meno noioso e didascalico possibile.

Non entro e non voglio farlo, nel merito dell’azione che ha condotto una delle nostre eccellenze italiane, ovvero il Nucleo per la Tutela del patrimonio culturale dell’Arma dei carabinieri, a intervenire sul dipinto da poco posto sequestro a Genova ma prontamente riesposto al pubblico, quanto invece vorrei far capire al pubblico dei non addetti ai lavori in quale misura sia nebuloso ed evanescente, fluttuante, vago e indistinto il mondo delle attribuzioni artistiche. Tranne quei casi nei quali vi sia l’assoluta e inoppugnabile certezza dell’autore. Nell’arte tutto è sempre, o quasi, rivedibile e riscrivibile.

Prendiamo un altro episodio eclatante di qualche tempo fa, il Salvator Mundi attribuito a Leonardo da Vinci e come tale pagato – spesso o quasi avviene così – con l’intervento di banche e mercanti d’alto cabotaggio. Investimenti, speculazioni e altro, in campo artistico, sono sempre esistiti, a volte già creati dagli stessi pittori famosi nel loro tempo. E quindi cosa diremmo se ipotizzassimo – e nessuno può vietarci di farlo – che il Salvator Mundi non fosse realmente del pennello del Vinciano, ma un’opera pregevole di uno sei suoi allievi? Scuola leonardiana, ma non Leonardo dunque… il che comporterebbe, comunque, un considerevole ridimensionamento del valore ma non il suo azzeramento.

Quindi, questo Rubens – e visto in foto mi dà da pensare – potrebbe anche non essere tale, bensì soltanto un bellissimo dipinto di scuola fiamminga che al pittore olandese fa capo. Del resto, nel catalogo è riportato “P.P. Rubens e bottega”. Sappiamo, però, che in antico – appunto – i Maestri a capo di una loro bottega incaricavano gli allievi migliori di eseguire opere per loro compito, conservando magari per loro stessi le più eccelse commissioni.

Quindi, un’attribuzione è sempre, o quasi sempre, un’opinione e come tale “opinabile”. E se intervenissero nuove ricerche, fonti e documentazioni, potrebbe essere anche sovvertita. È successo innumerevoli volte che, per esempio, qualcuno abbia attribuito un’opera a Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio e invece essa fosse di un suo eccelso imitatore… oppure il contrario. Qualcuno ha mai visto lo straordinario film dal titolo Fantasmi a Roma? Ecco, se non lo aveste fatto, guardatelo e forse, tra una risata e l’altra sul filo di una raffinata e colta ironia, imparerete molto di più sul mondo della Storia dell’arte da una deliziosa commedia che da molti giornali o da molti libri, per tacere della televisione.

Proprio per questa forma di incertezza “congenita” alla materia, nella Storia dell’arte si utilizza il termine tecnico “scuola” – ad esempio, “scuola senese” o altro – per indicare un’opera che potrebbe essere di mano del Maestro di riferimento ma comunque eseguita da allievi o altri pittori appartenenti al medesimo ambito artistico. Tutto ciò, naturalmente, crea una discrepanza, talvolta, tra il valore di mercato di un’opera e il suo valore come interesse artistico.

Altro fattore di assoluta importanza e imprescindibilità è la documentazione legata al dipinto o, comunque in genere, a un’opera d’arte, a un manufatto. Più essa sarà completa tra ricostruzione dei proprietari, passaggi di proprietà, certificazioni, autentiche e – non lo si dimentichi, visto che oggi la tecnologia e la scienza hanno fatto passi da titani nell’ausilio agli storici dell’arte – analisi scientifiche effettuate sul dipinto, tanto più facile e precisa potrà essere la sua attribuzione.

Il campo delle attribuzioni artistiche è quindi a dir poco insidioso, ma non per questo deve essere considerato il terreno di caccia indiscriminata da parte di persone prive di scrupoli, che possano utilizzare i varchi esistenti per una vera e propria speculazione “di frodo”, o lasciando il transito incustodito per falsificazioni o altro a critici prezzolati.

Ultima cosa ma non di minore importanza: è necessario ricordare o far sapere ai più che, anche con le adeguate tecniche odierne, sarà sempre più difficile falsificare o riprodurre un’opera d’arte di quattro o più secoli fa, rispetto a una dei primi del secolo scorso. Tant’è vero che la maggior parte delle attuali falsificazioni riguarda i dipinti dal tardo Ottocento – e soprattutto del Novecento – sino a quelli dei nostri giorni. Insomma, si rischia molto meno con una pala d’altare fiamminga del XV secolo che non con un presunto quadro di Vasilij Kandinskij o con un Teomondo Scrofalo.

FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2023/01/09/dalmazio-frau_rubens-quadri-storia-arte-documentazione/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

L’Italia fa i conti con il diffuso problema della carenza dei farmaci

Uno dei problemi sanitari con cui nell’ultimo periodo diversi paesi stanno facendo i conti è quello della carenza dei farmaci di uso comune, i quali a causa di molteplici fattori, tra cui le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, risultano essere difficilmente reperibili. In Italia, stando a quanto riportato dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), sono oltre 3.000 i medicinali attualmente carenti, ed all’interno di questa lista vi sono praticamente tutti i farmaci generalmente usati per contrastare l’influenza. Nell’elenco, infatti, troviamo ad esempio medicinali quali la tachipirina e l’aspirina, nonché farmaci a base di ibuprofene e mucolitici come l’acetilcisteina. Carenze evidentemente di non poco conto, soprattutto considerando che l’influenza si presenta in maniera massiccia proprio durante il periodo invernale.

Sarà anche per questo che già nel mese di novembre Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI), aveva invitato i cittadini ad «evitare inutili corse per l’accaparramento dei medicinali» ed a «rivolgersi al farmacista di fiducia». Mandelli aveva inoltre ricordato come già prima dell’estate la Federazione avesse «segnalato alle istituzioni la carenza di alcuni farmaci di uso comune», precisando che la stessa fosse causata da un «maggior utilizzo di questi prodotti per il trattamento domiciliare dei sintomi del Covid» ma non solo. Tra i fattori scatenanti, infatti, anche il «problema dell’aumento dei costi dell’energia e del caro carburante che si riversano sulle imprese produttrici e sulla catena distributiva, non essendo possibili fluttuazioni del prezzo dei farmaci che è deciso dallo Stato». Infine, tra le ragioni della carenza anche gli «effetti della crisi internazionale», con «difficoltà di approvvigionamento» legate non solo ai «principi attivi» ma altresì ai «materiali necessari per il confezionamento dei prodotti farmaceutici come il vetro delle fiale, la pellicola di alluminio che chiude il blister o la plastica conformata per alloggiare le compresse».

Non sarà un caso, dunque, il fatto che anche altri paesi sono alle prese con la mancanza di medicinali. Tramite un articolo del 17 dicembre, ad esempio, il The Guardian faceva sapere che il governo britannico aveva rilasciato ai farmacisti “cinque nuovi protocolli di grave carenza (SSP) nel tentativo di compensare i problemi di fornitura dell’antibiotico penicillina causati dal crescente numero di infezioni da streptococco A in tutto il Regno Unito”. “La Germania sta combattendo contro una drammatica carenza di medicinali”titolava invece il 20 dicembre l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, dando notizia della proposta fatta dal capo dell’ordine dei medici, Klaus Reinhardt, secondo cui chi è sano dovrebbe cedere le medicine in suo possesso ai malati che abitano nel proprio quartiere. L’idea sarebbe quella di mettere su dei veri e proprio “mercatini”, che potrebbero addirittura includere medicinali scaduti da qualche mese. Infine, anche in Francia la situazione non sembra delle migliori. In un articolo pubblicato in questi giorni su Franceinfo, infatti, si legge che “da diverse settimane l’approvvigionamento delle farmacie è sotto pressione per diversi farmaci”, come il paracetamolo e l’amoxicillina (un antibiotico), motivo per cui si sarebbe optato per il razionamento delle dosi, mentre in Bretagna due farmacie sarebbero state autorizzate a preparare autonomamente l’amoxicillina destinata all’utilizzo pediatrico.

Una soluzione adottata anche dai farmacisti italiani, che come dichiarato da Andrea Mandelli si sono attivati per «sopperire alle carenze di alcuni medicinali di origine industriale, in particolare di uso pediatrico, allestendo i preparati in laboratorio e dispensandoli senza necessità di ricetta medica». Certo, secondo quanto spiegato al manifesto da Domenico Di Giorgio, dirigente dell’AIFA responsabile del monitoraggio, per la «stragrande maggioranza» dei prodotti carenti «sono disponibili farmaci equivalenti» ed «in realtà i prodotti critici, per i quali è autorizzata l’importazione in mancanza di equivalenti, sono poco più di trecento», con «il grosso delle importazioni» che «riguarda una trentina di prodotti». Tuttavia, per sua stessa ammissione «la tendenza all’aumento delle carenze è reale»: una tendenza che non può che preoccupare, soprattutto se si considera che non è detto che gli equivalenti a disposizione vengano acquistati dagli italiani. «L’Italia è il Paese che in Europa ha la più bassa percentuale di utilizzo di farmaci equivalenti», ha infatti dichiarato in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Messaggero il segretario nazionale di Federfarma (Federazione nazionale dei titolari di farmacia) Roberto Tobia, sottolineando che «ogni anno gli italiani spendono in maniera crescente cifre importanti, stimate intorno a 1 miliardo e mezzo di euro, per aggiungere di tasca proprio la differenza di prezzo del farmaco di marca rispetto al suo equivalente».

[di Raffaele De Luca]

FONTE: https://www.lindipendente.online/2023/01/03/litalia-fa-i-conti-con-il-diffuso-problema-della-carenza-dei-farmaci/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

IL CONTRASTO AL GOVERNO SULLA PELLE DEI CITTADINI

Il contrasto al governo sulla pelle dei cittadiniLa maggioranza è preoccupata, sa di non avere affatto il controllo della situazione. Nonostante il Partito democratico sia ridotto al suo minimo storico, è comunque in grado di contrastare l’azione del Governo Meloni attraverso le burocrazie italiane ed europee, la magistratura ed i vari poteri bancari, finanziari ed assicurativi. Il governo ha le mani legate, lo si avverte dal fatto che non sa in che modo si possa lanciare un ulteriore salvagente per l’ex Ilva o anche varare il nuovo codice per le Ong senza tirarsi addosso le ire dei potentati internazionali.

In molti s’interrogano su quali armi possa usare l’opposizione per riconquistare terreno e bloccare l’azione di governo. La risposta è semplice e sotto gli occhi di tutti: ovvero contrastando l’azione di governo su tematiche come ambiente e lavoro, ma anche soffiando sulla speranza d’una nuova pandemia che possa bloccare definitivamente l’economia italiana. La strategia è già evidente nelle dichiarazioni d’intenti di Stefano Vaccari (capogruppo Pd in commissione Agricoltura di Montecitorio), Angelo Bonelli (deputato di Avs e portavoce di Europa Verde) e di Elly Schlein (segretario in pectore del Pd). Basta solo osservare come l’opposizione intenderebbe bloccare l’abbattimento dei cinghiali sia in aree urbane che agricole: lo sta facendo con la denuncia all’Unione europea della legge italiana, che sarebbe in contrasto con la Direttiva comunitaria Habitat, con la strategia Ue sulla “tutela della biodiversità” e con gli orientamenti emersi dalla recente “Cop 15 Montreal-Kunming”.

Nello specifico l’opposizione punta sul fatto che l’Unione europea possa sanzionare l’Italia, ed in base al fatto che la politica Ue non prevede l’abbattimento di animali: che siano topi, cinghiali o lupi non cambia la linea della direttiva comunitaria; non dimentichiamo che nel Nord Europa non è più possibile avvelenare i topi come altre specie un tempo ritenute nocive e dannose. Infatti in Svezia, Olanda e Germania viene operata la cattura ed il contenimento della riproduzione dei ratti. Altro terreno di contrasto al governo è certamente il lavoro. Infatti le cinghie di trasmissione consensuale (sindacale) di Pd e sinistra stanno osservando ed indagando su eventuali nuovi contratti di lavoro che possano essere siglati in tempo di centrodestra al governo.

Ovviamente la Costituzione recita che il lavoro è un diritto, ma ben sappiamo che c’è chi controlla il cittadino abbia le carte in regola per poter essere assunto nel pubblico impiego come in società che comunque lavorano per la Pubblica amministrazione. Di fatto, Pd e dintorni scongiurano il clientelismo dell’avversario inficiando la contrattualistica di lavoro, bloccando le assunzioni. Gli unici ambiti dove quest’azione di contrasto al lavoro non andrebbe a compiersi sono l’enorme bacino precario di Amazon e tutto ciò che ruota attorno al “deliveroo”. Il Pd reputa ricostruire il proprio consenso proprio impedendo assunzioni e prospettive di lavoro. La nuova “battaglia per la legalità” di Elly Schlein si basa proprio su robusti veti incrociati europei e giudiziari che possano impedire al governo di aumentare il numero degli occupati. A favore di questa visione delle opposizioni ci sono le linee guida del Forum economico mondiale (World Economic Forum, conosciuto anche come Forum di Davos) che vede nel lavoro manifatturiero il primo fattore d’inquinamento del Pianeta. Ovviamente ogni nomina o situazione che crei lavoro verrà attenzionata dall’autorità giudiziaria, questo lega non poco le mani al centrodestra.

Importanti opere di contrasto al governo di centrodestra sono nelle mani dei sindaci legati all’opposizione: i primi cittadini di Roma, Milano, Napoli, Pesaro e Firenze possono di fatto bloccare le economie cittadine locali, riversandone poi le colpe sul governo nazionale. Anche usando le leggi dello stato per allargare ed appesantire la pressione fiscale: infatti potrebbero gravare sui commerci aliquote per alimentare un fondo che ipoteticamente lenisca la povertà, appesantendo le già numerose imposizioni locali. Non dimentichiamo l’importante opera di contrasto al lavoro artigianale e commerciale che i sindaci possono operare attraverso le “polizie locali”: accertamenti, sanzioni su ipotetiche inottemperanze a norme Ue e nazionali, chiusure e segnalazioni a strutture di controllo ed Agenzia delle Entrate.

Ma la vera manna in grado di disarcionare la maggioranza di governo sarebbe attesa dalla Cina, ovvero l’esplosione di un Covid che reintroduca un lockdown ed un blocco ermetico dell’economia. In Cina ci sono ora un milione di nuovi casi e almeno 5mila morti al giorno: questo potrebbe indurre l’Oms a chiedere nuovamente drastiche chiusure a tutti i governi del Pianeta. L’esecutivo di centrodestra aveva promesso l’addio alle restrizioni, ed ora si potrebbe vedere costretto a reintrodurre tamponi obbligatori per i viaggiatori e, sotto pressione di Ue ed opposizioni, ad imporre probabili restrizioni allo spostamento dei cittadini in area Schengen. Di fatto l’opposizione è ancora oggi figlia del gramsciano “tanto peggio tanto meglio”.

La gente ha dato fiducia a Giorgia Meloni sperando si possa sbloccare l’Italia, liberarla da vincoli burocratici, rimpalli di competenze e carestia creata da subdole norme Ue. Il Pd su vincoli, norme e blocco dei comparti produttivi ha costruito il proprio potere, la propria prerogativa di controllo, la propria casta sacerdotale di dirigenti pubblici e magistrati. Una lotta cruenta che comunque si consumerà sulla pelle della gente comune.

FONTE: https://www.opinione.it/politica/2022/12/29/ruggiero-capone_partito-democratico-governo-meloni-normative-ue-abbattimento-cinghiali/

Il Governo ordina: sieri a mRNA a bambini dai 5 anni

Nessuna discontinuità  nemmeno qui, del governo Meloni .

Da Il Secolo d’Italia:

Covid, ok a vaccino Omicron 4 e 5 in bimbi di 5-11 anni: ecco la circolare del ministero

Via libera in Italia al vaccino anti-Covid Comirnaty di Pfizer/BioNTech aggiornato a Omicron 4 e 5 anche nei bambini dai 5 agli 11 anni. Lo comunica il ministero della Salute, in una circolare firmata dal direttore generale Prevenzione Giovanni Rezza, dopo il pronunciamento dell’Agenzia italiana del farmaco.

Covid, via libera al vaccino aggiornato a Omicron 4-5 in bimbi 5-11 anni 

«La Commissione tecnico scientifica di Aifa – si legge nel testo – nella seduta del 5 dicembre 2022, accogliendo il parere espresso dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema), ha autorizzato la formulazione Original/Omicron BA.4-5 (5/5 microgrammi) del vaccino Comirnaty con l’indicazione di utilizzo come dose di richiamo per la fascia di età 5-11 anni. Pertanto, si estende la raccomandazione della dose di richiamo ai bambini nella fascia di età 5-11 anni (compresi), che presentino condizioni di fragilità

Disponibile anche per gli altri su richiesta dei genitori

«Inoltre – si precisa – tenuto conto dell’indicazione di utilizzo autorizzata da Ema e Aifa, tale formulazione» bivalente «potrà essere resa disponibile anche per il richiamo dei bambini, nella fascia di età 5-11 anni (compresi), che non presentino tali condizioni, su richiesta del genitore o di chi ne ha la potestà genitoriale».

Iss, famiglia Cerberus al 73% e no Kraken nell’ultima settimana

Intanto per quanto riguarda le varianti la famiglia Cerberus è al 73%. Nessuna nuova sequenza Kraken rilevata in Italia secondo i dati relativi all’ultima settimana di campionamento disponibile (2-8 gennaio), diffusi dall’Istituto superiore della sanità via Twitter in alcuni grafici a corredo del monitoraggio settimanale Covid”.

Questa decisione non ha alcuna giustificazione terapeutica, essendo i bambini non colpiti dal Covid (che probabilmente nemmeno esiste più, e comunque non uccide) ed è un puro omicidio: le morti improvvise di bambini stanno a dimostrarlo:

Cerignola, bambino di otto anni muore improvvisamente in casa: già ieri colto da malore poi oggi la tragedia

Ieri era uscito prima da scuola perché si era sentito male

basta-ragazzi

Vanno avanti come treni.

La stessa disposizione è attuata in tutti i paesi occidentali, e da un anno, come spiegava un articolo dello stesso Secolo:

“Sono milioni i bambini fra i 5 e gli 11 anni che hanno già ricevuto i vaccini contro il Covid in tutto il mondo. Nei soli Stati Uniti, secondo i dati del Cdc, in questa fascia d’età sono sette milioni e mezzo i piccoli che hanno ricevuto almeno una dose. E gli Usa ora raccomandano anche la terza per i piccoli con fragilità. Per ora non si segnalano gravi reazioni avverse.

Vaccini ai bambini, ecco un panorama della situazione nel mondo

Vaccini usati ed età. Per i più piccoli, la maggior parte dei paesi ha scelto Pfizer per la fascia 5-11. Ma la Cina ha approvato l’uso di due vaccini Sinovac e uno Sinopharm per i bambini a partire da tre anni. Anche in Argentina, dove si usano i vaccini cinesi, si parte dai tre anni. Cuba, con il suo vaccino Soberana, ha avviato l’immunizzazione a partire da due anni e altrettanto fa il Venezuela che usa lo stesso vaccino.

Avvio delle vaccinazioni. Israele ha vaccinato alcune centinaia di bambini più fragili la scorsa estate, ma il vero avvio delle immunizzazioni per i bambini più piccoli è stato a novembre. Il Bahrein ha autorizzato le vaccinazioni il 2 novembre con Sinopharm, gli Stati Uniti il 3 con Pfizer. In Canada l’autorizzazione è arrivata il 19 novembre, in Israele il programma è partito il 22.

Vaccinazioni in Europa

Vaccinazioni bambini in Europa. L’Ema, l’ente regolatorio dell’Eu per i farmaci, ha autorizzato il vaccino per la fascia 5-11 il 25 novembre, ma nella maggior parte dei paesi il programma è partito a metà dicembre in attesa dell’arrivo delle dosi, che per i bimbi sono ridotte. In tutto sono 27 milioni i piccoli europei interessati. Danimarca e Austria sono partite anche prima del via libera dell’Ema: il 15 novembre duecento bambini hanno ricevuto la prima dose a Vienna. In Danimarca un bambino su quattro è stato vaccinato nelle prime due settimane. Altri Paesi europei sono partiti più lentamente: in Francia la campagna è cominciata con i bambini più fragili, poi è stata estesa a tutti il 22 dicembre. Ma l’8 gennaio si segnalava che solo l’1% dei bambini fra i 5 e gli 11 anni era stato vaccinato. Fuori dall’Ue, in Europa il vaccino per i la fascia 5-11 è disponibile anche in Svizzera, mentre in Gran Bretagna viene somministrato ai più piccoli solo in caso di fragilità”.

Ricomincia tutto. Tant’è vero che El Papa, sempre il più zelante nel conformarsi alla Direttiva,

Impone la “vaccinazione” mRNA ai giornalisti che vogliono accompagnarlo nell’imminente viaggio in Africa.  

Come riferisce il sito LifesiteNews:

Il mandato del Vaticano arriva nonostante nessuno dei due Paesi del prossimo viaggio di Papa Francesco richieda l’iniezione per entrare nel Paese.

CITTÀ DEL VATICANO ( LifeSiteNews ) – Il Vaticano sta ancora imponendo le iniezioni di COVID-19 contaminate dall’aborto per i giornalisti che desiderano accompagnare Papa Francesco nel suo prossimo viaggio in Congo e Sud Sudan.

Dal 31 gennaio al 3 febbraio Papa Francesco compirà un viaggio nella Repubblica Democratica del Congo. Da lì si recherà in Sud Sudan, dove raggiungerà l’Arcivescovo anglicano di Canterbury e il Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia nel compiere un “pellegrinaggio ecumenico di pace”, dal 3 al 5 febbraio.

Ma nei documenti forniti ai giornalisti che desiderano accompagnare il Papa nel suo viaggio, la Sala Stampa della Santa Sede rivela che la vaccinazione per il COVID-19 è obbligatoria. Le “vaccinazioni” COVID-19 non impediscono la trasmissione del virus altamente sopravvissuto.

La prova di aver preso il numero sufficiente di iniezioni di COVID dovrà essere mostrata alla Sala Stampa della Santa Sede, oltre che all’operatore aereo.

I giornalisti che vogliono unirsi al Volo Papale, e quindi poter viaggiare con il Papa e fargli domande, sono tenuti a presentare alla Sala Stampa un “relativo certificato di vaccinazione”.

Il Vaticano osserva inoltre che “durante le procedure di check-in per i voli, è obbligatorio presentare il certificato di vaccinazione prescritto”.

L’eminente cardiologo Dr. Peter McCullough ha parlato con Edward Pentin del National Catholic Register a febbraio, criticando fortemente la spinta del Vaticano a fare l’iniezione.

McCullough ha affermato che il Vaticano “dovrà già rendere conto di potenziali centinaia di migliaia di vite perse a causa del vaccino in tutto il mondo” perché ha violato il Codice di Norimberga , un insieme di principi etici che escludono qualsiasi pressione, coercizione o minaccia di rappresaglia, per qualsiasi trattamento medico, specialmente se nuovo e sperimentale.

Al 30 dicembre 2022, il sistema Open VAERS ha segnalato 918.508 segnalazioni avverse a seguito della somministrazione delle iniezioni di COVID. Ci sono stati 16.246 decessi segnalati volontariamente, con 1.831 aborti spontanei e 15.810 disabilità permanenti”.

Che dire? La soluzione giusta per i giornalisti sarebbe di “non” andare con El Papa e lasciarlo solo a rodersi nel vuoto mediatico. Ma non avverrà, essendo i giornalisti per lo più sfegatati pro-vax e proclamatori della innocuità- del siero.

Si faranno la quarta dose. E’ innocua. Se gli dovesse capitare un infartino, sarà perché – come ha scoperto la Scienza hanno mangiato troppa frutta secca insieme ai broccoli.

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FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-governo-ordina-sieri-a-mrna-a-bambini-dai-5-anni/

Minority Report a Torino? Interrogazione al ministro dell’Interno per le denunce preventive contro Extinction Rebellion

Interrogazione al ministro dell’Interno del vice capogruppo dell’Alleanza Verdi-Sinistra Marco Grimaldi: «A Torino si criminalizza il dissenso e si diseduca la collettività all’esercizio della democrazia»

Dimostrazione degli attivisti di Extinction Rebellion davanti al grattacielo Intesa Sanpaolo di Torino contro il finanziamento ai combustibili fossili, 11 giugno 2020

Le denunce preventive non si possono fare, e così l’azione degli Extinction Rebellion al grattacielo finisce in Parlamento, in particolare sulla scrivania del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Ecco gli sviluppi delle vicende dello scorso 7 dicembre. In quella data alcuni attivisti della sigla ambientalista, nota per le sue azioni pubbliche, stavano per metterne in atto una al grattacielo Sanpaolo di Torino, quartier generale dell’omonima banca. Ma le forze dell’ordine ne erano a conoscenza e si sono fatte trovare sul posto. Esito: perquisizioni, sequestri di materiali, 13 denunce per manifestazione non preavvisata e 7 per possesso d’arma. Già a quel tempo gli “XR” avevano protestato a gran voce: in base a ogni normativa, infatti, le accuse penali possono essere formulate dopo che un fatto è stato commesso. Dello stesso parere è Marco Grimaldi, vice capogruppo torinese di Alleanza Verdi-Sinistra alla Camera dei Deputati, eletto alle scorse elezioni e vicino alle istanze dei movimenti ambientalisti, che ha chiesto spiegazioni al Viminale.

Il testo dell’interpellanza parla chiaro: «Tali denunce preventive rappresentano un fatto grave anche per le modalità con cui sono state effettuate le identificazioni, con attiviste e attivisti prelevati da locali pubblici e perquisiti intorno alla zona dove si sarebbe dovuta svolgere l’azione, in seguito al riconoscimento di alcuni volti presenti nelle piazze durante le manifestazioni per il clima svoltesi nei mesi scorsi». Per il parlamentare «appare incomprensibile sulla base di quali elementi una persona possa essere denunciata per un’azione, peraltro non violenta, che non ha ancora compiuto». Da qui la richiesta di spiegazioni a Piantedosi, per sapere «se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali ulteriori elementi intenda acquisire dalla Prefettura e dalla Questura di Torino rispetto alle modalità di intervento da parte delle forze dell’ordine alle successive denunce per manifestazione non autorizzata e possesso d’armi, contestate nei confronti degli attivisti e delle attiviste di Extinction Rebellion, dato che non vi sarebbe stata nessuna manifestazione in corso e nessuna arma sarebbe stata ritrovata in possesso dei suddetti attivisti al momento del fermo».

Non si conoscono ancora i tempi in cui arriverà la risposta, ma Grimaldi torna su quei fatti, definendoli «Una misura inaudita, come inaudita è la contestazione di possesso d’armi, riconducibile al presunto rinvenimento di tre estintori». Il deputato parla anche delle azioni degli Extinction Rebellion, che in tutta Italia stanno facendo discutere: «Vernice lanciata sull’ingresso del Teatro della Scala, vernice sulla sede del Senato, attivisti arrampicati sul balcone della Regione Piemonte. Questi gesti provocano scandalo nell’opinione pubblica e forme di repressione del tutto sproporzionate. Siamo di fronte a una criminalizzazione del dissenso che diseduca la collettività all’esercizio della democrazia e del pensiero critico».

FONTE: https://www.lastampa.it/torino/2023/01/12/news/extinction_rebellion_a_torino_interrogazione_parlamentare_contro_le_denunce-12532910/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

La Ue diventa Nato: fine di una storica ipocrisia

Non c’è dubbio su fatto che il 2023 sarà un annus horribilis, ma si può almeno sperare che sarà anche l’anno della chiarezza, quello che metterà a nudo molte ambiguità e menzogne prodotte dal tritacarne occidentale. Lo stesso vertice del Wef in programma a Davos per la settimana prossima nasce all’insegna del dubbio visto che il sondaggio annuale di questo centro di potere esprime la preoccupazione che l’inflazione e l’interruzione di parecchie filiere di approvvigionamento, insieme alla crescita delle spese militari  possa alla fine risvegliare i popoli dormienti e mettere così a rischio il progetto del reset che sarebbe – non c’è da ridere, ma da piangere –  “l’urgente necessità di affrontare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità.”. Ecco possiamo cominciare a sperare di non cover leggere più simili fesserie perché è evidente che queste parole d’ordine fasulle, almeno nel contesto in cui vengono usate dai potenti, rischiano di non fare più presa nel fango della disperazione, come dice buona parte dei 1200 personaggi di primo piano sentiti nel sondaggio. Ma già qualche giorno fa è finalmente caduto il velo di Maia che impediva di vedere come sia sul piano storico – diacronico che su quello sincronico dell’attualità, la Nato e la Ue siano un medesimo costrutto: le due – come chiamarle – organizzazioni,  hanno firmato il 10 gennaio  un accordo per portare la loro partnership “a un nuovo livello”. In realtà al livello in cui sono sempre state laddove l’Ue e le precedenti geometrie continentali  non sono state altro che l’espressione politicamente corretta della Nato, una specie di maglio prima contro l’Unione sovietica e ora contro la Russia.

Questa rivelazione del  presunto “nuovo livello” arriva nel momento in cui la guerra ucraina mette in crisi tutti tentativi di rendere l’Europa un po’ più autonoma rispetto agli Usa, anche nel campo della difesa,  (ricordiamo la posizione franco – tedesca sull’argomento quando ancora c’era la Merkel) ma anche le posizioni politiche estese dall’ingenuità forzosa all’ ipocrisia oltraggiosa, che vedevano da una parte il rifiuto della Nato e dall’altro la piena adesione alla Ue e alle sue politiche. Tutto questo da pochi giorni ha perso qualsiasi valore, perché la ” collaborazione” tra Nato e Ue è stata dichiarata organica,  facendo diventare ovviamente organica ed esplicita anche la sottomissione europea agli Usa che si estende anche alla politica, alla geopolitica e alla politica sia economica che sociale  L’ aver dichiarato convergenti e gemelle queste due istituzioni, significa la piena subordinazione dell’UE ai compiti del blocco del Nord Atlantico, che è uno strumento di potere per salvaguardare gli interessi degli Stati Uniti. La cosiddetta sicurezza euro-atlantica, in violazione di tutti gli impegni dell’OSCE, sarà vista attraverso il prisma del conflitto contro la Russia e quello in nuce contro la  Cina: la clausola della dichiarazione secondo cui la politica di difesa dell’UE è secondaria rispetto a quella dell’Alleanza,  nega di fatto la pretesa di autonomia dell’Unione in tutti i settori chiave, ovviamente compresi quelli economici e commerciali.

La dichiarazione congiunta è anche un altro inno alla filosofia della superiorità occidentale. Afferma senza mezzi termini che la Nato e l’Ue useranno tutti i mezzi politici, economici e militari “nell’interesse del nostro miliardo di cittadini”. Il resto del mondo è essenzialmente visto come un ambiente ostile che deve essere rimodellato con questi stessi mezzi. Naturalmente, questo approccio non è nuovo. L’alto rappresentante dell’UE Josep Borrell ha già descritto l’Ue come un “giardino in fiore” e il mondo circostante come una “giungla” che invade quel giardino. A parte ogni altra considerazione sulla stupidità del personaggio tutto questo dimostra come l’inneggiamento alla cultura woke non sia in realtà che un puro ballon d’essai visto che il suprematismo occidentale e dunque bianco diventa la misura di ogni azione, Il livello di menzogna e di ipocrisia è ormai intollerabile, e per ritornare al nuovo accordo è  chiaro che l’approccio aggressivo-conflittuale della Nato e dell’Ue nei confronti degli stati che perseguono una politica estera indipendente, così come i tentativi di dividere gli stati del mondo in “nostri” e “loro” ostacolano solo la risoluzione pacifica dei conflitti e indeboliscono  la sicurezza internazionale di fronte alle continue sfide poste dal terrorismo, minaccia che anche il documento riconosce.

Le motivazioni degli americani sono chiare: vogliono trascinare l’Ue nella “rivalità globale” proclamata da Washington, come dice la dichiarazione, e poi gli europei subiranno il destino non invidiabile di un vassallo americano, perdendo terreno e diventando sempre più dipendente da Washington ad ogni passo. La grande domanda – che si ricollega al vertice di Davos –  è se i cittadini dei Paesi dell’Unione  che sono costretti a pagare di tasca propria il costoso scontro e impoveriti dalle crisi sistemiche siano disposti a rimanere dipendenti dal nuovo ordine mondiale e a sacrificare i loro interessi nazionali e personali  a beneficio degli Stati Uniti. Ovvero a beneficio di una causa persa perché l’ordine mondiale non sarà mai più il “globo della Nato e dell’Ue”, per quanto Washington e gli oligarchi di Bruxelles lo possano sognare.

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2023/01/14/la-ue-diventa-nato-fine-di-una-storica-ipocrisia/

 

Stati Uniti per rafforzare la propria presenza militare nel sud-ovest del Giappone di fronte alla minaccia della Cina

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File – Il capitano della US Air Force Nestor Soriano descrive le capacità uniche dell’elicottero da combattimento AC-130J Ghostrider ai membri della Japan Self-Defense Force. – AEREO DI PRIMA CLASSE ALEXIS SANDOVAL

Gli Stati Uniti dispiegheranno una nuova unità dei marine nell’isola giapponese di Okinawa, nel sud del Giappone, per rafforzare la sicurezza di fronte alle crescenti attività militari della Cina.

Lo ha annunciato il segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin in una conferenza stampa congiunta con il suo omologo giapponese, Hamada Yasukazu, il segretario di Stato Usa Antony Blinken e il ministro degli Esteri giapponese Hayashi Yoshimasa, a seguito dei colloqui sulla sicurezza a Washington.

I ministri di entrambi i paesi hanno affermato la necessità di ottimizzare la posizione delle forze dell’Alleanza USA-Giappone per affrontare “le crescenti sfide alla sicurezza nella regione”, compresa la difesa delle isole sud-occidentali del Giappone, ha affermato il Dipartimento della Difesa in una nota.

A tal fine, Washington schiererà sull’isola giapponese una nuova unità mobile del Corpo dei Marines, sostituendo anche un reggimento di artiglieria che sarà «più letale e più mobile».

A questo proposito, i ministri della difesa e degli esteri di Stati Uniti e Giappone hanno ribadito il loro fermo impegno a difendere una regione indo-pacifica «libera e aperta», definendo l’Alleanza USA-Giappone «la pietra angolare della pace, della sicurezza e della prosperità regionali».

Entrambi i paesi mirano a rafforzare la deterrenza del Giappone per affrontare le mutevoli sfide alla sicurezza regionale e globale di fronte alla minaccia della Cina, che starebbe cercando di espandere il suo potere politico, economico, militare e tecnologico attraverso la sua politica estera.

Washington e Tokyo hanno sottolineato la loro opposizione ai «tentativi intensificati» della Cina di cambiare unilateralmente lo «status quo» con la forza nel Mar Cinese Orientale, anche attraverso azioni che «cercano di minare la gestione di lunga data del Giappone delle isole Senkaku».

Di fronte a queste sfide, entrambi i paesi hanno rinnovato il loro impegno a opporsi con forza a qualsiasi cambiamento unilaterale dello “status quo”, indipendentemente dalla loro posizione nel mondo.

Questa decisione arriva sulla scia del programmato cambiamento del Giappone nella strategia di difesa per contrastare la minaccia rappresentata dalla Corea del Nord e dall’espansione cinese nella regione indo-pacifica.

Il Giappone ha ribadito la sua determinazione a guidare la propria difesa ed espandere i propri ruoli, in collaborazione con gli Stati Uniti e altri partner, per partecipare attivamente al mantenimento della pace e della stabilità regionali.

A tal fine, il governo giapponese ha impegnato uno stanziamento di bilancio senza precedenti di 6,8 trilioni di yen (circa 48 miliardi di euro) per le spese militari del Paese.

Va ricordato che la Costituzione giapponese limita fortemente le capacità operative delle cosiddette Japan Self-Defense Forces, che sono legalmente incapaci, in senso lato, di risolvere i conflitti internazionali attraverso la violenza, sebbene vari governi giapponesi abbiano tentato, per una maggiore o maggiore in misura minore, per spingere questi limiti ogni volta che il paese si è trovato minacciato dai suoi vicini.

Fonte: (EUROPA STAMPA)

FONTE: https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/belgrado-annuncia-che-la-nato-ha-respinto-la-sua-richiesta-di-dispiegare-l-esercito-serbo-in-kosovo/ar-AA165zAO

 

 

La Kosovo Force della NATO respinge la richiesta serba di presenza militare in Kosovo

 

 

 

Perché la CIA ha tentato una “rivolta di Maidan” in Brasile

il parere di Pepe Escobar:

Il colpo di stato in Brasile è l’ultima trovata della CIA, proprio mentre il paese sta stringendo legami più forti con l’est.

Un ex funzionario dell’intelligence statunitense ha confermato che il caotico remix di Maidan messo in scena a Brasilia l’8 gennaio è stata un’operazione della CIA, e l’ha collegata ai recenti tentativi di rivoluzione colorata in Iran.

Domenica scorsa, presunti sostenitori dell’ex presidente di destra Jair Bolsonaro hanno preso d’assalto il Congresso, la Corte Suprema e il palazzo presidenziale del Brasile, aggirando fragili barricate di sicurezza, arrampicandosi sui tetti, sfondando finestre, distruggendo proprietà pubbliche tra cui preziosi dipinti, mentre chiedevano un colpo di stato militare come parte di uno schema di cambio di regime contro il presidente eletto Luis Inacio “Lula” da Silva.

Secondo la fonte statunitense, la ragione per mettere in scena l’operazione – che porta segni visibili di una pianificazione affrettata – ora, è che il Brasile è destinato a riaffermarsi nella geopolitica globale insieme agli altri stati BRICS Russia, India e Cina.

La fonte statunitense ha tracciato un parallelo tra il Maidan della CIA in Brasile e una serie di recenti manifestazioni di piazza in Iran strumentalizzate dall’agenzia come parte di una nuova spinta alla rivoluzione colorata: “Queste operazioni della CIA in Brasile e in Iran sono parallele all’operazione in Venezuela nel 2002 che ha avuto molto successo all’inizio quando i rivoltosi sono riusciti a catturare Hugo Chavez.

Entra nel “G7 dell’Est”

I neoconservatori straussiani posti ai vertici della CIA, indipendentemente dalla loro affiliazione politica, sono lividi che il “G7 dell’Est” – come nella configurazione BRICS+ del prossimo futuro – stia rapidamente uscendo dall’orbita del dollaro USA.

Straussian John Bolton – che ha appena pubblicizzato il suo interesse a candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti – sta ora chiedendo l’espulsione della Turchia dalla NATO mentre il Sud del mondo si riallinea rapidamente all’interno di nuove istituzioni multipolari.

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il suo nuovo omologo cinese Qin Gang hanno appena annunciato la fusione della Belt and Road Initiative (BRI) guidata dalla Cina e dell’Unione economica eurasiatica guidata dalla Russia (EAEU). Ciò significa che il più grande progetto di commercio/connettività/sviluppo del 21 ° secolo – le Nuove Vie della Seta cinesi – è ora ancora più complesso e continua ad espandersi.

Ciò pone le basi per l’introduzione, già in fase di progettazione a vari livelli, di una nuova valuta commerciale internazionale volta a soppiantare e poi sostituire il dollaro USA. Oltre a un dibattito interno tra i BRICS, uno dei vettori chiave è il gruppo di discussione istituito tra EAEU e Cina. Al termine, queste deliberazioni saranno presentate alle nazioni partner BRI-EAEU e, naturalmente, ai BRICS + ampliati.

Lula al timone in Brasile, in quello che ora è il suo terzo mandato presidenziale non consecutivo, offrirà un enorme impulso ai BRICS+. Negli anni 2000, al fianco del presidente russo Putin e dell’ex presidente cinese Hu Jintao, Lula è stato un concettualizzatore chiave di un ruolo più profondo per i BRICS, compreso il commercio nelle proprie valute.

I BRICS come “il nuovo G7 dell’Est”, come definito da Pozsar, sono al di là di un anatema, tanto per i neo-con straussiani quanto per i neoliberisti.

Gli Stati Uniti vengono lentamente ma inesorabilmente espulsi dalla più ampia Eurasia dalle azioni concertate del partenariato strategico Russia-Cina.

L’Ucraina è un buco nero, dove la NATO affronta un’umiliazione che farà sembrare l’Afghanistan come Alice nel Paese delle Meraviglie. Una debole UE costretta da Washington a deindustrializzare e ad acquistare gas naturale liquefatto (GNL) statunitense a un costo assurdamente alto non ha risorse essenziali da saccheggiare per l’Impero.

Dal punto di vista geoeconomico, ciò lascia l’”emisfero occidentale” denominato negli Stati Uniti, in particolare l’immenso Venezuela ricco di energia come obiettivo chiave. E geopoliticamente, l’attore regionale chiave è il Brasile.

Il gioco neo-con straussiano è quello di fare tutto il possibile per impedire l’espansione commerciale cinese e russa e l’influenza politica in America Latina, che Washington, indipendentemente dal diritto internazionale e dal concetto di sovranità, continua a chiamare “il nostro cortile”. In tempi in cui il neoliberismo è così “inclusivo” che i sionisti indossano svastiche, la Dottrina Monroe è tornata sotto steroidi.

Tutto sulla ‘strategia della tensione’

Gli indizi per Maidan in Brasile possono essere ottenuti, ad esempio, presso il Cyber ​​Command dell’esercito americano a Fort Gordon, dove non è un segreto che la CIA abbia dispiegato centinaia di risorse in tutto il Brasile prima delle recenti elezioni presidenziali – fedele al playbook della “strategia della tensione” .

Le chiacchiere della CIA sono state intercettate a Fort Gordon dalla metà del 2022. Il tema principale allora era l’imposizione della diffusa narrativa secondo cui “Lula poteva vincere solo barando”.

Un obiettivo chiave dell’operazione della CIA era screditare con ogni mezzo il processo elettorale brasiliano, aprendo la strada a una narrazione preconfezionata che ora si sta sgretolando: un Bolsonaro sconfitto che fugge dal Brasile e cerca rifugio nella villa Mar-a-Lago dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump . Bolsonaro, consigliato da Steve Bannon, è fuggito dal Brasile, saltando l’inaugurazione di Lula, ma poiché è terrorizzato potrebbe trovarsi di fronte alla galera prima piuttosto che dopo. E comunque, è a Orlando, non a Mar-a-Lago.

La ciliegina sulla torta stantia del Maidan è stata ciò che è accaduto domenica scorsa: fabbricare un 8 gennaio a Brasilia che rispecchiasse gli eventi del 6 gennaio 2021 a Washington e, naturalmente, imprimere il legame Bolsonaro-Trump nelle menti delle persone.

La natura amatoriale dell’8 gennaio a Brasilia suggerisce che i pianificatori della CIA si siano persi nel loro complotto. L’intera farsa doveva essere anticipata a causa del rapporto di Pozsar, che tutti quelli che contano hanno letto lungo l’asse New York-Beltway.

Ciò che è chiaro è che per alcune fazioni del potente establishment statunitense, sbarazzarsi di Trump a tutti i costi è ancora più cruciale che paralizzare il ruolo del Brasile nei BRICS+.

Quando si tratta dei fattori interni di Maidan in Brasile, prendendo in prestito dal romanziere Gabriel Garcia Marquez, tutto cammina e parla come la cronaca di un colpo di stato annunciato. Impossibile che l’apparato di sicurezza attorno a Lula non potesse prevedere questi eventi, soprattutto considerando lo tsunami di insegne sui social network.

Quindi ci deve essere stato uno sforzo concertato per agire dolcemente – senza alcun grosso bastone preventivo – emettendo solo le solite chiacchiere neoliberiste.

Dopotutto, il gabinetto di Lula è un disastro, con ministri in costante scontro e alcuni membri che sostenevano Bolsonaro anche pochi mesi fa. Lula lo chiama un “governo di unità nazionale”, ma è più simile a un pacchiano lavoro patchwork.

L’analista brasiliano Quantum Bird, uno studioso di fisica rispettato a livello mondiale che è tornato a casa dopo un lungo periodo nelle terre della NATO, osserva come ci siano “troppi attori in gioco e troppi interessi antagonisti. Tra i ministri di Lula troviamo bolsonaristi, neoliberisti neoliberisti, convertiti all’interventismo climatico, praticanti di politiche identitarie e una vasta fauna di neofiti politici e scalatori sociali, tutti ben allineati con gli interessi imperiali di Washington”.

“Militanti” alimentati dalla CIA in cerca di preda

Uno scenario plausibile è che settori potenti delle forze armate brasiliane – al servizio dei soliti think tank straussiani neo-con, oltre al capitale finanziario globale – non siano riusciti davvero a mettere a segno un vero colpo di stato, visto il massiccio rifiuto popolare, e si siano dovuti al massimo accontentare per una farsa “morbida”. Ciò illustra quanto questa fazione militare autocelebrativa e altamente corrotta sia isolata dalla società brasiliana.

Ciò che è profondamente preoccupante, come osserva Quantum Bird, è che l’unanimità nel condannare l’8 gennaio da tutte le parti, mentre nessuno si è assunto la responsabilità, “mostra come Lula navighi praticamente da sola in un mare poco profondo infestato da coralli affilati e squali affamati”.

La posizione di Lula, aggiunge, “decretare un intervento federale tutto da solo, senza volti forti del proprio governo o autorità competenti, mostra una reazione improvvisata, disorganizzata e dilettantistica”.

E tutto questo, ancora una volta, dopo che i “militanti” alimentati dalla CIA avevano organizzato per giorni le “proteste” apertamente sui social media.

Lo stesso vecchio playbook della CIA rimane comunque al lavoro. È ancora sconcertante quanto sia facile sovvertire il Brasile, uno dei leader naturali del Sud del mondo. I tentativi di colpo di stato della vecchia scuola con copioni di cambio di regime/rivoluzione colorata continueranno a essere riprodotti – ricordate il Kazakistan all’inizio del 2021 e l’Iran solo pochi mesi fa.

Per quanto la fazione auto-esaltante dell’esercito brasiliano possa credere di controllare la nazione, se le masse significative di Lula scendessero in piazza in piena forza contro la farsa dell’8 gennaio, l’impotenza dell’esercito sarebbe impressa graficamente. E poiché questa è un’operazione della CIA, i gestori ordineranno ai loro vassalli militari tropicali di comportarsi come struzzi.

Il futuro, purtroppo, è inquietante. L’establishment statunitense non consentirà al Brasile, l’economia BRICS con il miglior potenziale dopo la Cina, di tornare in attività a pieno regime e  in sincronia con la partnership strategica Russia-Cina.

I neo-conservatori e i neoliberisti straussiani, sciacalli e iene geopolitici certificati, diventeranno ancora più feroci man mano che il “G7 dell’Est”, incluso il Brasile, si muoverà per porre fine alla sovranità del dollaro USA mentre il controllo imperiale del mondo svanisce.

Le opinioni espresse in questo articolo non riflettono necessariamente quelle di The Cradle.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/perche-la-cia-ha-tentato-una-rivolta-di-maidan-in-brasile/

 

 

 

Otto e mezzo, la profezia di Caracciolo sulla guerra: “Quale ricostruzione?” E Gruber sgrana gli occhi

Giada Oricchio 

Sulla guerra in Ucraina, la premier Giorgia Meloni non ha mai avuto tentennamenti: si muove all’unisono con gli USA, l’UE e la Nato nel solco tracciato dal predecessore Mario Draghi. Nei giorni scorsi il ministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso e il presidente di Confindustria Carlo Bonomi sono andati a Kiev. È l’anticamera di un accordo sulla prossima ricostruzione del Paese raso al suolo da Putin? Nemmeno per sogno. Lo ha detto Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes e della scuola omonima. Ospite del talk di LA7 “Otto e Mezzo”, venerdì 13 gennaio, l’esperto ha sorpreso la conduttrice Lilli Gruber: “Se l’Italia si aspetta di avere una bella fetta della ricostruzione? Ma quale? Non credo proprio! Questa guerra durerà ancora parecchio e non ci sarà alcuna corsa all’oro. L’Ucraina è semidistrutta anche nelle infrastrutture e ci sono milioni di profughi”.

Poi ha fatto una terribile previsione: “Lo dico con sofferenza,le aspettative sono superiori alle possibilità e alla volontà. Se riusciremo a sospendere i combattimenti e a congelare il conflitto, la reazione non sarà di aiutare gli ucraini, ma che il problema è risolto. E si aspetterà la prossima crisi”. Caracciolo ha confermato che la linea di Meloni sull’Ucraina non ha secondi fini, anzi è molto chiara (“facciamo quello che ci dicono gli americani, Kiev deve sapere su chi contare”) nonostante non sia condivisa in toto dal resto del governo e perfino da parte di Fratelli d’Italia.

FONTE: https://www.iltempo.it/personaggi/2023/01/13/news/otto-e-mezzo-caracciolo-profezia-guerra-quale-ricostruzione-gruber-sgrana-occhi-34533536/

 

 

 

CULTURA

HIMIKO, LA MISTERIOSA SCIAMANA E IMPERATRICE DEL PRIMO GIAPPONE

Himiko (figlia del Sole) è considerata la prima imperatrice del Giappone. La sua biografia è lacunosa per scarsità di documentazione certa. Sappiamo che forse era anche chiamata Jingū. Il suo nome non è incluso nella lista dei 125 imperatori del Giappone. Si narra che sia stata una sciamana nubile che viveva in totale isolamento in un monastero da dove aveva rapporti con l’esterno tramite uno schiavo. Regna per cinquantanove anni, dal 189 al 248 d.C., su Yamatai, un luogo di cui non si ha una collocazione certa. Il Sanguo zhi (Sangokushi in giapponese, Storia dei tre regni) è un testo di storia ufficiale cinese compilato nel III secolo d.C. che narra di uno stato chiamato Yamatai governato dalla regina Himiko che comandava una trentina di piccoli Stati. La sua localizzazione non è certa. Alcune descrizioni su pietra raccontano che si trovava verso il Pacifico.

Altre teorie hanno considerato Himiko regnante di Kyushu, altre di Honshu. Lei ordina la costruzione del tempio di Ise dedicato alla dea Amaterasu-ō-mi-kami (天照大御神 lett. “Grande dea che splende nei cieli”). Amaterasu è considerata la capostipite della dinastia imperiale. L’importanza di questo luogo di culto è altissima ed è gestito da sacerdotesse componenti della famiglia imperiale ancora oggi.

Con il nome di Jongū è imperatrice dal 209 al 269. Diventa reggente alla morte del marito l’imperatore Chuai fino al passaggio al figlio Ojin. Secondo il Nihongi, la cronaca ufficiale del Giappone in trenta volumi, organizza e comanda un esercito alla conquista della terra promessa che alcuni storici individuano nella Corea. Nasconde la sua gravidanza. Si veste da uomo e vince il conflitto tornando in Giappone dopo tre anni. Dal 238 al 243 Himiko regina di Wa, stato vassallo della dinastia Han, invia propri ambasciatori in Cina per farsi riconoscere dall’imperatore Wei. Il manoscritto Weizhi (Cronaca di Wei, regno della Cina settentrionale, 220-265 d.C.) redatto intorno al 297 d.C., narra che le genti Wa (nome dell’antico Giappone) dell’arcipelago giapponese nel terzo sec. d.C. possedevano una gerarchia sociale forse con “capi-sciamani” di sesso femminile. La regione era nel caos a causa di continui conflitti e le mire territoriali di Wa creavano scompiglio.

Nella leggenda, Himiko, assieme ai tre potenti ministri Ikima, Amaso e Mimashi, tenta di riprendersi il Giappone inviando dalle tenebre migliaia di soldati che sono contrastati dal Jeeg Robot d’Acciaio reso famoso da una vasta pubblicistica di fumetti, film e cartoni animati. Anche la serie cinematografica “Tomb raider” ha ricavato molti spunti dalla storia di questa figura femminile straordinaria e affascinante.

La regina Himiko è una leggenda importante per il popolo giapponese. È a pieno titolo definita una Kami, cioè uno spirito-divinità della religione shintoista. Questa divinità testimonia che la struttura sociale del Giappone delle origini era una struttura matriarcale poi eliminata con il sopraggiungere del buddismo che pone le donne in secondo piano. Si presume che il luogo di governo della regina fosse quello dove oggi sorge la città di Nara, in cui è presente la statua di Budda più grande del mondo. La sua qualità di Kami le consentiva di praticare riti sciamanici. Alla sua morte le viene dedicato un tumulo funerario con un ricchissimo corredo. Non è stato ancora trovata la tomba con i suoi immensi tesori che ogni tanto sembra apparire in zone diverse. Si narra che assieme alla regina fossero stati seppelliti cento servitori e cento ancelle.

Nonostante l’incertezza delle fonti e delle testimonianze, il Giappone crede fermamente nella sua esistenza e nella discendenza imperiale direttamente dal sole.

Himiko è il sole che illumina la civiltà del Giappone eterno!

(*) Nella foto, Jingū durante la campagna militare in Corea (Tsukioka Yoshitoshi)

FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2022/12/29/manlio-lo-presti_himiko-jingu-giappone-imperatrice-sciamana-leggenda/#

DILEMMA

Francesca Sifola scrittrice

 Da angoli logori a scorci di Paradiso.

Nessuna città, più di Napoli, può incarnare convivenze improbabili di incanti, sortilegi e decadenze strette gli uni alle altre come se avessero timore di perdere la loro identità.

Tutto questo resiste fin dalla sua leggendaria nascita per finire dentro la sua incancellabile Storia.

Chi cammina a braccetto con i suoi Angeli e i suoi Demoni, è sballottato tra il Bene e il Male, preso dagli “ormoni” dell’uno e dell’altro, mutando anche i suoi, che vengono paralizzati per poi esplodere in quello che uno psichiatra definirebbe “bipolarità”, ma che non cercherebbe mai di curare, perché saprebbe di essere il primo a perderci. Niente può opporsi a tutto questo.

La convivenza di un napoletano con la sua “padrona” resta in perenne oscillazione tra l’accettazione e il rifiuto, l’esaltazione della Bellezza e l’autolesionismo di un decadente e inesorabile abbandono. Spesso ci cammina dentro come un sonnambulo gonfiandosi di gioia, romanticismo e orgoglio, oppure trafiggendosi di rabbia nel pensare a se stesso come un povero derelitto insieme al posto in cui è nato. Poi alza lo sguardo dalla sua rabbia e vede un turista che con i piedi nella “monnezza”, fotografa estasiato il golfo con la faccia beata di chi è già salito in Paradiso. Allora si ferma anche lui, fa la stessa cosa e tira avanti saltando balle di immondizia, escrementi di cani che ormai pensano, insieme ai loro padroni, di essere una razza eletta e così il giorno tira via con olfatti pieni di puzze e profumi, occhi di lacrime di gioia e lacrime di dolore. Chi siamo? Chi sei dolce Partenope benedetta per la tua Bellezza e maledetta per i tuoi tanfi? Nessuno è mai riuscito a trovare una risposta escatologica degna di questo aggettivo, ma stiamo certi che questi tipi di pregnanti risposte non possono essere trovate da un comune mortale…

RATZINGER, BERGOGLIO E LA TECNOCRAZIA TRANSUMANA – IL TECNORIBELLE

III stagione de Il Tecnoribelle di Maurizio Martucci, una produzione targata ComeDonChisciotte.org

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Proclamato il decesso del primo, che tra Ratzinger e Bergoglio sia esistita più di una differenza è noto. Ai più sfugge però come principalmente transumano e tecnocratico sia il distinguo tra i due. Se infatti nel 2005 Joseph Aloisius Ratzinger ai cardinali nel consiglio per la pastorale della salute ripeteva “occorre infatti guardarsi dai rischi di una scienza e di una tecnologia che si pretendano completamente autonome nei confronti delle norme morali inscritte nella natura dell’essere umano” succede che dal 2015 – come sottolinea l’Osservatore Romano nel commento alla neo-francescana lettera apostolica d’Enciclica Laudato Si – Jorge Mario Bergoglio propone “una ecologia integrale nel cui orizzonte l’umano viene investito del compito di cura complessiva del creato”, concetto di ecologia integrale pilotata dall’uomo che porta dritto ad uno stravolgimento epocale di stampo neo-positivista nell’asserito collegamento tra la Bibbia e l’Intelligenza artificiale e persino alla ricerca di un ipotizzato nesso tra fede e tecnologia.

Come spiegare altrimenti, in rapida sequenza, questi incontrovertibili fatti incasellati dal monarca più potente al mondo dello Stato più piccolo al mondo? 2016, Mark Elliot Zuckerberg, quello che spinge per l’umanità liquida come avatar rinchiusa nel Metaverso, viene ricevuto da Bergoglio. Nel 2018 la beneficienza di Jeff Bezos di Amazon, quello che investe 3 miliardi di dollari in una start-up transumanista sulle biotecnologie per finire nell’uomo immortale, dona 15 milioni di dollari a tre associazioni cattoliche. Nel 2019 il Vaticano promuove una conferenza su “etica e robotica”, siglata l’anno dopo con IBM e Microsoft la Carta etica sull’intelligenza artificiale, mentre Bergoglio definisce un dono di Dio” la tecnologia che popola la galassia digitale. Nel 2020 il Vaticano entra nel Consiglio per il capitalismo inclusivo in cui ci figurano anche Fondazione Rockefeller (il banchiere David fondò il Club Bilderberg) e l’ereditiera bancaria Lynn Forester de Rothschild. Sempre nell’annus horribilis dell’emergenza Covid-19 e delle chiese cattoliche sigillate a Pasqua, per la prima volta in assoluto un Papa interviene a Davos nel Forum Economico Mondiale (“per fortuna”, commenta Famiglia Cristiana) inviando un messaggio direttamente a Klaus Schwab, il guru del transumanesimo e della Quarta Rivoluzione Industriale nella fusione del fisico col biologico e il digitale, cioè il cyborg: “Che le vostre deliberazioni portino a una crescita in solidarietà, specialmente con i più bisognosi, che sperimentano ingiustizia sociale ed economica e la cui stessa esistenza è addirittura minacciata”. Nel 2021 nasce in Vaticano la Fondazione renAIssance, cioè dall’inglese rinascimento, dove AI sta per Intelligenza artificiale e, presso l’antichissimo Collegio Teutonico in Vaticano, si tiene l’incontro ‘Il codice per il metaverso: programmare il nostro futuro per sempre’, relatori gli autori del libro Il Codice TransUmano. Infine l’anno appena concluso: nel 2022 finisce da Bergoglio pure il magnate di Neuralink e Starlink, quell’Elon Musk del microchip installato nel cervello umano. Seve altro?

Alla fine da queste macchine arriverà un nuovo tipo di essere umano? Benvenuto, nessun problema”, entusiasta del possibile cambio della specie e della rincarnazione in avatar afferma il Dalai Lama, il monaco buddhista in esilio e guida spirituale dei tibetani che, a differenza dell’ospitalità di Ratzinger, non è mai stato ricevuto da Bergoglio: che quindi, diversamente del pontefice tedesco, l’argentino punti a all’esclusività assoluta della mistica universale del Tecno-Uomo?…misteri della fede…

FONTE: https://comedonchisciotte.org/ratzinger-bergoglio-e-la-tecnocrazia-transumana-il-tecnoribelle/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Clima. mentono sapendo di mentire

Da molti anni la percezione si è andata a sostituire alla realtà con un enorme vantaggio del potere visto che creare una realtà è difficile, mentre una percezione può essere molto facile da imporre, specialmente se se ad essa si accompagnano sensazioni di allarme e di paura.  Così non è più il mondo reale che suscita percezioni, ma sono le percezioni indotte a creare la realtà. Questo canone inverso coinvolge pienamente la scienza e i ricercatori che sembrano sempre più spesso volti a creare o a sostenere delle percezioni che non a comprendere la realtà: qualcosa di talmente correlato alla ricerca da essere candidamente espresso, almeno quando si è sicuri che la grande informazione non ne farò parola. In particolare negli ultimi anno abbiamo assistito all’amplificazione sociale del rischio in molti settori, ma quello più clamoroso è il clima. Per caso mi è capitato di leggere  il capitolo 2 del rapporto di valutazione 5 dell’IPCC ù il gruppo collegato all’Onu che è il maggiore diffusore di balle sul riscaldamento globale – che si occupa appunto della   valutazione integrata del rischio e dell’incertezza delle politiche di risposta ai cambiamenti climatici.

Si tratta di un documento che evidenzia il “riconoscimento da parte dell’IPCC del fatto che i decisori spesso fanno affidamento su processi di pensiero intuitivi piuttosto che intraprendere un’analisi sistematica delle opzioni in modo deliberativo” che insomma si pensa con la pancia.  Di conseguenza, l’IPCC insiste sul fatto che “è opportuno che le strategie di gestione del rischio del cambiamento climatico tengano conto di entrambe le forme di pensiero quando si considerano le scelte politiche in presenza di rischio e incertezza”. Al lettore di questo incredibile documento viene fornito un resoconto completo del motivo per cui tali strategie sono necessarie e quale forma dovrebbero assumere, in un parola quale sia il tipo di propaganda più efficace per convincere non solo del cambiamento climatico che è un fatto ovvio, ma di un continuo  e catastrofico riscaldamento. Oltre ad usare improponibili modelli lineari già vecchi negli anni ’80, oltre a “ritoccare” periodicamente il set di temperature senza tenere conto di effetti come ad esempio l’espansione delle aree urbane, oltre a  mentono attraverso grafici che elidono i periodi “scomodi” per le loro tesi, essi esplicitamente propongono  l’applicazione di: “una. teoria cognitivo -sociale  per aumentare l’attenzione data al cambiamento climatico nello spirito dell’amplificazione sociale del rischio.” Insomma ammettono di esagerare e spingono perché l’esagerazione venga resa ancor più angosciosa.

Il perché questo avviene è antico come il mondo: la fede in una tesi influenza fatalmente i risultati affinché essi possano in qualche modo dimostrala o non contraddirla. Ma da quando la cupola di potere che tiene tra le sue grinfie l’occidente ha trovato nel catastrofismo climatico e nella insensata ideologia della Co2 la quadratura del cerchio per tenere tutti sotto lo scacco dell’emergenza e nel contempo consegnare il mondo ai grandi gruppi multinazionali, c’è anche un ulteriore elemento che spinge fin verso la vera e propria falsificazione dei dati disponibili e la negazione della realtà ( vedi Poveri orsi? No, poveri uominiClima: chicche, balle e follie,  La tempesta e la favola climatica ) tanto  per citare solo gli ultimo post su questo blog e rintracciare la documentazione) : il fatto che essere catastrofisti significa migliori opportunità di pubblicazione e di carriera. Siamo  ovviamente un milione di chilometri lontano dalla scienza  come del resto  lo sono state e sono tutte le misure anti covid e i vaccini i cui studi clinici sembrano fatti dalla banda bassotti. Ma la misura di come si sia caduti in basso è che questo clima di ambiguità e di menzogna non viene nascosto, ma anzi diventa una medaglia: forse molto scienziati sono così stupidi da non capire che il pianeta non si salva andando dietro i desiderata di chi lo ha avvelenato  e ora vuole fare le parte del salvatore, peraltro puntando il dito su elementi  marginali o sbagliati che poi una stolta burocrazia politica traduce in assurdi provvedimenti. Per esempio proprio nei giorni scorsi è uscita unì attenta ricerca fatta dall’università di Cambridge da cui risulta che l’isolamento termico delle case fa risparmiare sul riscaldamento per i primi due anni, ma poi almeno in un caso su cinque porta a maggiori consumi a causa di un effetto rimbalzo che spinge a usare di più riscaldamento, sia al deterioramento dell’isolamento stesso. E tuttavia si continua imperterriti nella follia del Net zero che di fatto si reggono esclusivamente su una insistente e pervasiva propaganda.

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2023/01/04/clima-mentono-sapendo-di-mentire/

 

 

 

IL GRANDE FRATELLO ARABO: ESPORTARE SORVEGLIANZA

Il Grande Fratello arabo: esportare sorveglianzaEau (“Emirati Arabi Uniti”), ovvero il nuovo “Stato di Sorveglianza” arabo che rischia di eclissare il Grande Fratello cinese e, persino, di esportare nuove tecnologie utili allo spionaggio di massa. Circostanza incredibile, ma vera, secondo un’ampia inchiesta di Le Monde Diplomatique del 1° gennaio 2023. L’inizio dell’articolo è piuttosto interessante, dato che gli Eau “si sono dotati di importanti strumenti numerici per inquadrare e controllare la loro popolazione, lavoratori stranieri compresi. Al punto di essere in grado oggi di esportare la relativa tecnologia”. Sarebbe sufficiente questo passaggio per allacciare le cinture di sicurezza da questo lato del mondo democratico. Così, il visitatore occidentale in viaggio per lavoro o per turismo negli Eau può sentire la vibrazione del suo telefonino, in contemporanea a quello dell’autista di taxi che lo conduce a destinazione, in cui entrambi vengono avvertiti che un incidente causa problemi sull’autostrada (da quattro corsie per carreggiata!) in cui si sta transitando, senza che però che nessuno sciolga l’arcano su come e quando il cellulare dell’ospite sia stato posto sotto sorveglianza dagli emiri arabi. Stupirà, ma occorre sapere che i cittadini dei ricchissimi Stati petroliferi del Golfo sono i più grandi consumatori del mondo di gigabyte (in media, 18 Giga per persona in un mese), felicissimi, anche se molto incauti, di abitare nelle più grandi smart city del mondo in cui tutta la vita è “numerizzata” (o digitalizzata, nella versione anglofona).

Tuttavia, dato che non si tratta di un ludico videogioco planetario ma di politica vera e propria, la sorveglianza h24 dell’occhio digitale del Grande Fratello significa che chi controlla il gioco conosce tutto di te. E loro, gli Emiri, che fanno le vittime dicendo che lo Stato di Sorveglianza (Sv-State, per semplicità) gli è assolutamente necessario per difendersi dalle minacce geopolitiche, disseminano il proprio territorio con una rete capillare di decine di migliaia di telecamere, le cui immagini sono costantemente filtrate e analizzate da potenti algoritmi centralizzati. Nemmeno fossero gli ucraini sotto la pioggia quotidiana di missili russi! L’unica, sorprendente somiglianza con la cyberwar di Kiev è costituita dall’americana Palantir, che ha fornito il software Gotham agli Emirati, in grado di analizzare i Big data prodotti dall’Sv-State, e provveduto alla formazione degli specialisti arabi. Perché, nei ragionamenti dei politici con la Kefiah, per più sicurezza e benessere si possono pur fare dei sacrifici, accettando un minimo di restrizioni alla propria libertà. Il problema è che, dal nostro punto di vista di democrazie avanzate, quel “minimo” è molto al di sopra della soglia massima per noi accettabile! Certo, una cosa sono i Big data che Xi Jinping mette da parte ogni santo giorno, accumulando informazioni sostanziali e di dettaglio sulla vita del suoi 1,4 miliardi di cittadini; tutt’altra, invece, diviene nel caso degli Eau la raccolta di dati rispetto a una popolazione limitata di appena dieci milioni di abitanti, tra cui gli emiratini assommano al 10 percento, contro il 30 di arabi-iraniani, il 50 di asiatici del Sud Est e appena il 10 di occidentali. Ed è proprio sentendosi gli emiratini “assediati” da comunità esterne che il discorso sul Surveillance State si fa tranquillizzante per i responsabili politici degli Eau, per così dire “onnipresenti”, grazie ai loro occhi e orecchi digitali disseminati dappertutto nei centri abitati del Paese.

Il che, di fatto, rende quasi impossibile la libertà d’espressione nel caso del dissenso antigovernativo, dato che dall’altro versante del produttore c’è sempre e comunque presente lo Stato tra i possibili “consumatori”! Da dove nasce tutto questo zelo alla cinese e la smodata passione per l’Sv-State degli arabi ricchi? A quanto pare, il tutto va fatto risalire al terrore fobico di dover subire una qualche riedizione dell’11 settembre 2001 per l’azione delle frange più estremiste dell’Islam radicale e politico sunnita. Così, da allora il Governo ha posto sotto la lente d’ingrandimento i curricula professionali e le relazioni parentali degli arabi immigrati, dando molto più spazio all’immigrazione per lavoro dai Paesi del Sud Est asiatico, ritenuti più “docili” dal punto di vista politico-religioso e maggiormente propensi ad accettare condizioni (inaccettabili per gli standard occidentali) di impiego. E poiché non fidarsi è sempre un bene, come in Cina i due maggiori provider di Internet negli Eau, Etisalat e Du, sono per legge tenuti (come Huawei e gli operatori del 5G nel Regno del Dragone) a “filtrare i contenuti presenti sulle loro piattaforme in funzione dell’interesse dello Stato” avvalendosi di potenti e performanti algoritmi, che fanno di questi ultimi un “bene da esportazione”. Tanto più che le famose “Rivoluzioni arabe” del 2011 hanno rafforzato presso le autorità emiratine la volontà di reprimere e sorvegliare tutto ciò che, dal loro punto di vista, potesse essere considerato alla stregua di un proprio nemico interno.

E non è certo un mistero che, partendo dai pacchetti “grezzi” di dati, con un buon logiciel sia possibile stabilire connessioni preziose su Chi si connette a Chi, dove e quando e attraverso lo scambio di quali contenuti. Di che far impallidire Le vite degli altri di stasiana memoria (dall’acronimo Stasi, dei servizi segreti della Germania dell’Est)! E come Lenin riteneva che sarebbero stati i capitalisti occidentali a fabbricare per i sovietici la corda con la quale li avrebbero impiccati, così anche nel caso della realizzazione araba del Sv-State siamo stati sempre noi a cedere loro la tecnologia necessaria! Ora, verrebbe da chiedersi se non sia il caso di preoccuparsi seriamente, da parte di chi sia transitato attraverso gli Eau anche solo per un breve soggiorno turistico, temendo di essersi riportato a casa propria, una volta di ritorno, gli occhi invisibili del Grande Fratello arabo. Ipotesi affatto fantascientifica, rivisitando ricordi recenti che hanno visto lo spyware israeliano Pegasus al centro di uno scandalo internazionale, in quanto in grado di infettare a distanza cellulari di tipo iPhone con finti messaggi sms o chiamate, che inserivano un potente virus informatico per l’ascolto delle conversazioni e il furto di dati contenuti nelle memorie dei cellulari contaminati. Ora, visto che non esistono pasti gratis, ci si chiede quale sia stata la contropartita assicurata agli Usa per la sua fornitura tecnologica, a supporto del Sv-State degli Eau. La risposta potrebbe letteralmente passare per i cavi di trasporto dati che transitano nel territorio emiratino, rispetto ai quali Abu Dhabi potrebbe aver effettuato una “pesca a strascico” a favore dell’Intelligence Usa.

Ancora una volta, anche da questa parte del mondo lo spauracchio del terrorismo religioso è un ottimo affare e un alibi, per instaurare all’interno del regime una rete capillare di controlli sulla popolazione residente e sui cittadini stranieri di passaggio. Vittima privilegiata del Sv-State arabo è il Movimento dei Fratelli Musulmani, sostenuti invece dal Qatar, acerrimo nemico degli Emirati. L’agente che rappresenta fisicamente e istituzionalmente l’Sv-State è l’Agenzia emiratina Nesa (Autorità nazionale per la sicurezza elettronica), in grado di accedere a tutte le comunicazioni del Paese e a sua volta posta sotto il controllo politico del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale, diretto e controllato dal cognato del principe ereditario “Mbz” (Mohammed ben Zayed Al Nahyane). E, poiché le Rivoluzioni arabe hanno fatto leva soprattutto sui social network per la mobilitazione dei manifestanti, ecco che negli Eau il loro utilizzo è strettamente regolato, a scanso di equivoci e sorprese! E, come tutte le armi a doppio taglio, gli emiri hanno reclutato a peso d’oro specialisti americani di cyberspying per costruire il loro “DarkMatter” che, addirittura, è accreditato per aver condotto operazioni di cyber sorveglianza su obiettivi americani, come dimostrano chiaramente alcune sentenze di condanna emesse dai giudici statunitensi!

La sola esistenza nota dell’Sv-State costituisce di per sé una tattica di intimidazione e di repressione, dato che il sistema è perfettamente in grado di introdursi nella vita privata delle persone e delle loro relazioni famigliari. Cosicché, ricercatori universitari e giornalisti sono costantemente sottoposti alla Spada di Damocle delle invisibili linee rosse che non possono essere supertate, pur non essendo affatto evidenti da enucleare. Altra seria minaccia sulle libertà civili è rappresentata dal Gruppo 42 (G42) specializzato nel cloud-computing che, guarda caso, fa capolino dietro ToTok (versione customizzata della cinese YeeCall) che fornisce servizi di tipo VoIP. Chiude il cerchio della minaccia globale l’acquisto da parte di Abu Dhabi del sistema 5G di Huawei, malgrado la minaccia americana di non fornire agli Emirati i suoi caccia supermoderni F-35, sostituiti tempestivamente con 80 Rafale francesi (ma, a che gioco gioca Parigi?). Perché, in fondo, da quella parte di mondo arabo la Cina è vista come una potenza in ascesa, contro quella declinante degli Usa. Uomo avvisato. E vale anche per Emmanuel Macron!

FONTE: https://www.opinione.it/esteri/2023/01/09/maurizio-guaitoli_grande-fratello-cinese-emirati-arabi-uniti-sorveglianza/

 

 

Le ultime rivelazioni di Twitter: agenzie e media hanno inventato la storia dell’influenza russa su Trump e i politici anti- Deep State.

Umberto Pascali

L’odio antirusso istigato con la frode per arrivare ad uno scontro USA-Russia.

Le ultime rivelazioni di Twitter: agenzie Usa e media hanno inventato la storia dell’influenza russa su Trump e sui politici anti- Deep State.

Matt Taibbi,  il giornalista che per Musk rivela  i segreti di Twitter,  analizza le discussioni segrete tra I democratici ammanicati con lo Stato Profondo (i parlamentari Feinstein e Schiff per cominciare) e I capi di Twitter.

Le accuse contro la Russia erano inventate di sana pianta.

Purtroppo questi crimini non appartengono al passato. La costante grancassa dell’odio contro Putin e la Russia e’ stato strumentale per spingere gli USA nell’attuale situazione di quasi guerra aperta tra Russia e Stati Uniti.

Forse, arrivati all’orlo del precipizio nucleare e con una Russia  tutt’altro che sconfitta  a Washington si comincia a fare marcia indietro.

Tra parentesi: proprio oggi la fregata russa Ammiraglio Gorshkov -armata con i missili ipersonici Zircon — ha attraversato il canale de La Manica e navigherà nell’oceano Atlantico, e Indiano. Visiterà anche il Mediterraneo. Attualmente, ne’ la NATO, ne’ alcun paese al mondo e’ in grado di difendersi dai missili Zircon.

https://www.dailymail.co.uk/news/article-11628191/Russian-frigate-carrying-unstoppable-hypersonic-missiles-passes-Dover.html

taibbi.substack.com

L’America ha bisogno di verità e riconciliazione sul Russiagate

I #TwitterFiles offrono solo le ultime ragioni per farlo, ma è da tempo ovvio che svelare la Grande Bugia sarebbe un primo passo fondamentale sulla strada della guarigione di questo paese.

Matt Taibbi

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I dirigenti di Twitter hanno paragonato la gestione del ciclo infinito di domande sui bot russi da parte di politici come Richard Blumenthal (D-CT) al libro per bambini “Se dai un biscotto a un topo”.

Un nuovo thread di oggi nei #TwitterFiles riguarda una storia di fake news dell’inizio del 2018:

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Matt Taibbi

@mtaibbi

1.THREAD: Twitter Files #14

LE BUGIE DEL RUSSIAGATE

Uno: la falsa storia dei bot russi e l’hashtag #ReleaseTheMemo

5:29 PM ∙ 12 gennaio 2023

Ricordate questa storia? I bot e i troll russi sono stati accusati da quasi tutte le principali organizzazioni giornalistiche del Paese di aver amplificato l’hashtag #ReleaseTheMemo. I file contengono una massa di e-mail di dirigenti che fanno saltare questa storia ridicola, una volta per tutte.

Lo scandalo #ReleaseTheMemo è stato uno degli episodi più vergognosi della storia recente dei nostri media, ma è stato preso sul serio da tutti gli editori mainstream dell’epoca, tranne uno o due. Tutti citando la stessa fonte dubbia – il “cruscotto” Hamilton 68, strombazzato dall’ex funzionario del controspionaggio dell’FBI e attuale collaboratore della MSNBC Clint Watts – insistevano sul fatto che i russi avessero schierato delle bot-armi su Twitter per fomentare il sostegno informatico al deputato repubblicano Devin Nunes. Nunes aveva appena pubblicato un memo classificato in cui sosteneva che i Democratici e l’FBI avevano usato il famigerato dossier di ricerca sull’opposizione a pagamento dell’ex spia Christopher Steele per ottenere l’autorità segreta di sorveglianza FISA su personaggi legati a Trump come Carter Page, oltre ad altre scorrettezze.

Ora sappiamo che Twitter non ha trovato alcuna prova, zero, che i russi fossero vicini a questa storia.

“Ho appena esaminato gli account che hanno pubblicato i primi 50 tweet con #releasethememo”, ha scritto un piccato Yoel Roth, capo di Trust and Safety, in tutto e per tutto il più fedele partigiano democratico che si possa immaginare. “Nessuno di loro mostra segni di affiliazione alla Russia”.

“Questi hashtag sono organici”, ha detto un secondo.

“Non lo vedo”, ha detto un terzo.

Questo è un tema costante nei file. Oltre alle rivelazioni sulla censura dell’FBI, sul divieto di accesso, sull’uso di account falsi da parte del Pentagono e sulla soppressione di informazioni veritiere su questioni come Covid-19, le e-mail di Twitter rivelano regolarmente l’ampio divario tra ciò che ci è stato detto sulle minacce straniere e ciò che una grande piattaforma che ha visto i dati grezzi sapeva. (In questo caso, ad esempio, l’hashtag #ReleaseTheMemo sarebbe stato lanciato da @TracyBeanz, l’editore americano di UncoverDC). Anche all’interno della cultura fortemente partigiana di Twitter, le regolari affermazioni “Russia, Russia, Russia” da parte di politici e media a caccia di titoli hanno fatto sgranare gli occhi.

I membri”, ha detto un dirigente di Twitter, “sembrano sciocchi se gridano “Russia” ogni volta che succede qualcosa sui social media”.

Abbiamo molti problemi in questo Paese e ci sono serie discussioni da fare tra blu e rossi su ogni tipo di questione, dall’immigrazione al divario di ricchezza, all’aborto e alla razza. Ma il Paese è attualmente paralizzato da una sfiducia nei confronti dei media così profonda da impedire un vero dialogo, e questa situazione non potrà essere risolta finché la stampa corporativa non ingoierà il suo orgoglio e ammetterà che l’orologio dei suoi sette anni di cospirazioni sulla Russia è finalmente scaduto.

È finita, idioti. È ora di riporre le candele votive di Mueller, di accettare l’accumulo di copertura creato da anni di errori e di iniziare il processo di riconciliazione.

Sarete tentati di gridare: “Ma Trump, ferma il furto, QAnon – Derp!”. Non fatelo. Non siate il soldato giapponese che ancora stringe la baionetta per difendere l’atollo dimenticato nel 1960. Dimenticate Trump: prima dovete fare pulizia in casa vostra. Se le aziende mediatiche vogliono che il pubblico si fidi di nuovo di loro, è necessario cancellare gli anni di assurdi inganni, e ciò inizia con l’ammettere gli errori più evidenti, come in questo caso.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/le-ultime-rivelazioni-di-twitter-agenzie-e-media-hanno-inventato-la-storia-dellinfluenza-russa-su-trump-e-i-politici-anti-deep-state/

 

 

 

DIRITTI UMANI IMMIGRAZIONI 

La sterilizzazione forzata è una pratica ancora diffusa in Europa

 

 

 

Il patto tra immigrazionisti ed animalisti

 Ruggiero Capone  

C’è un accordo tra immigrazionisti ed animalisti ma nessuno lo vuole vedere né denunciare, temendo di finire bollato come ignorante o retrivo. Qualora il singolo s’azzardasse a narrarlo sui vari “social”, la condanna sarebbe immediata, la “damnatio memoriae” su Facebook e compari. Eppure l’accordo c’è ed è stato stretto a Davos: all’ombra del Word Economic Forum chi vorrebbe incrementare gli sbarchi di migranti ha trovato un solido alleato in coloro che immaginano città con edifici cibernetici blindati e circondati da una selvaggia foresta dove possa tornare la tigre dai denti a sciabola: in una caverna della Francia centrale c’è un graffito di 10mila anni prima di Cristo, raffigura la sconfitta della tigre da parte di una comunità umana, a parere di tanti sarebbe così iniziato il dominio dell’uomo.

Ma senza aver mai conosciuto né compreso il pensiero di Arthur Conan Doyle, gli animalisti si sono appropriati del progetto d’un “Mondo perduto” dove possano sopravvivere tutte le creature scampate all’estinzione e, finalmente per umana legge universale, condizionare la vita degli uomini, al punto da ridurli ostaggio di palazzi e condomini blindati da telecamere. Queste ultime capaci di catturare ogni gesto difensivo dell’uomo, casomai gestite in un prossimo futuro da un sistema che considererebbe emendabile e logico che il cittadino europeo venga aggredito da selvaggi e misteriose belve della foresta: in quest’ordine naturale delle cose, l’uomo del vecchio mondo civilizzato espierebbe in sempiterna vita virtualizzata l’essere stato apicale nella catena alimentare e nella conquista planetaria.

Ridurre i civilizzati a persone recluse in casa davanti ai computer, con la sola possibilità d’ordinare cibo via internet e di lavorare in un non ben chiaro sistema di “smart working” ed usufruendo solo di vacanze virtuali (tramite occhiali e tattile collegati ad un programma), non è fantascienza ma fa parte del programma di deantropizzazione. Non dimentichiamo che, a Davos da un quarto di secolo irradiano globalmente l’idea che il primo fattore d’inquinamento planetario sarebbe il lavoro umano, quel fattore antropico che andrebbe fermato con leggi planetarie sotto egida Onu. Oggi gli unici che pagano le conseguenze di queste visioni sono gli europei, che quotidianamente assistono al minuetto degli sbarchi dei migranti (ora spostati nei porti del Nord Italia) e degli ambientalisti che a Bruxelless quotidianamente mettono bandierine, non ultima quella che impedisce l’abbattimento di ratti e topi, invitando a dissuasione e convivenza con gli animali selvatici. L’Europa ovviamente ha messo nel mirino nazioni come l’Italia e l’Ungheria, reputate ancora una volta poco pronte all’accoglienza, ed oggi anche ree d’aver promulgato leggi che favorirebbero l’abbattimento degli animali selvatici che invadono i perimetri urbani. E per questi ultimi pare valga la stessa impunità paventata da una deputata italiana che, in merito ad atti di violenza e cannibalismo consumati nelle Marche, ebbe a dire “è gente che viene da lontano, che non può essere condannata poiché non conosce le nostre leggi”.

Stessa considerazione fanno oggi gli animalisti per gli attacchi che i lupi stanno operando su greggi ed animali da cortile, minacciando anche l’incolumità di pastori e contadini; simili parole udiamo in difesa dei cinghiali che distruggono gli orti urbani e minacciano di caricare chiunque tenti di scacciarli. Non dimentichiamo che, qualora un comune cittadino venga sorpreso a mettere trappole per topi, potrebbe facilmente ritrovarsi alla porta di casa una pattuglia di polizie locali o di Carabinieri Forestali mobilitati su denuncia della vicina zitella ambientalista. Queste ultime di danni ne hanno già fatti parecchi, non dimentichiamo che l’estinzione del “gattaccione romano” (unico parente urbano del “gatto selvatico”) la si deve totalmente addebitare alle “gattare” che li hanno sterilizzati ed inseriti nelle colonie feline: il “gattaccione” era l’unico antidoto al ratto, invece gli ambientalisti hanno applaudito all’introduzione di gabbiani reali (benedetti da Folco Quilici), corvi e cornacchie; veri e propri rapaci che ormai funestano più dei topi la vita urbana di Roma. Gli uccelli di grandi dimensioni, che si cibano di carogne in ambito urbano, portano più patogeni dei ratti: grazie allo spargimento di guano, nei pressi di mercati e parchi, contagiano orti, cibi e bambini.

Ora gli ambientalisti stanno scaraventando le ire dell’Unione europea contro il provvedimento italiano che prevede l’abbattimento di animali selvatici in aree urbane. Occorre non cedere alla tentazione: qualora un cittadino investa un cinghiale o uccida un ratto o scacci un lupo a botte di mazza, non verrebbe certo tutelato dalla legge del governo in carica; in caso di segnalazione agli organi di polizia partirebbe comunque la segnalazione al magistrato di turno che, con molta probabilità e per evitare ire ambientaliste, si vedrebbe costretto a rinviare a giudizio il cittadino per maltrattamento e soppressione di animale. Evitiamo di tornare sulla violenza che i migranti fanno sulle donne italiane: circa tre casi al giorno, e le indagini brancolano nel buio alla ricerca dell’uomo nero. E’ un pactum scleleris contro i padri, rei d’aver edificato città, costruito fabbriche e auto, strade e musei…l’ultima generazione imbratta le tele e chiede che l’uomo entri in una gabbia per salvare la natura.

FONTE: https://www.ilpensieroforte.it/dibattiti/6497-il-patto-tra-immigrazionisti-ed-animalisti

 

 

 

Il mercato della malattia

di Sonia Savioli – 12/01/2023

Il mercato della malattia

Fonte: Italicum

1.      Alle origini del progresso tecnologico illimitato della società contemporanea c’è una radicata tendenza secolare della cultura occidentale al dominio e all’avversione nei confronti della natura. Viviamo in una situazione di emergenza climatico – ambientale causata dallo sviluppo tecnologico – industriale che ha gravemente alterato l’habitat naturale dell’uomo, con l’inquinamento dell’aria e delle acque, la distruzione del paesaggio e la contaminazione dei cibi. I mutamenti climatici ne sono la tragica conseguenza. Tuttavia, ai danni prodotti dallo sviluppo tecnologico oggi si vuole far fronte con ulteriori nuove tecnologie, come reso evidente dai programmi predisposti per la transizione ambientale. L’uomo moderno, è dunque ormai condannato a vivere all’interno dell’attuale alienante ed irreversibile dimensione tecnologica? In tal caso, la cura non si identifica con il male?

In realtà, non c’è nessuna cura, nessuna cura che il capitalismo sia in grado di proporre. Per sua stessa natura, il capitalismo è in grado solo di sfruttare e dominare: lo fa con la natura come con gli esseri umani; è il risultato di una società, di una cultura e di un’economia di conflitto, divisione, competizione, e nel suo sviluppo ha potenziato e amplificato conflitto, divisione, competizione. Oggi ci troviamo, a mio parere, a una svolta della storia: il capitalismo e la società che lo ha creato e che esso stesso ha perpetuato e sviluppato non sono più sostenibili, né per il pianeta, né per l’economia, né per la comunità umana. Per sopravvivere come specie e come società abbiamo bisogno di ritornare entro i limiti che la vita ci impone o, se vogliamo essere più poetici, di ricomporre quella trama che la vita è, con tutte le sue connessioni tra esseri viventi e tra gli esseri viventi e gli elementi. Per farlo, è necessario costruire un’economia che agisca entro quei limiti; è necessario creare una società solidale e paritaria, strutturata in comunità locali che tendano all’autosufficienza e agiscano in un’ottica di collaborazione al loro interno e con le altre comunità; è necessario sostituire lo sfruttamento illimitato e la distruzione delle risorse naturali con il loro ripristino.

Al contrario, quello che il capitalismo sta cercando di fare, con il pretesto dell’emergenza climatica e ambientale è, come al solito, rapina di risorse e aumento del dominio su uomini e natura. La cosiddetta transizione energetica non è altro che il tentativo di monopolizzare l’energia del futuro e ottenere i finanziamenti del presente. Le mega pale eoliche, gli ettari di impianti di pannelli fotovoltaici, le centrali a biomasse legnose, la produzione di idrogeno, i veicoli elettrici sono in realtà solo un nuovo mercato e nuovi monopoli. La loro produzione richiede una quantità mostruosa di energia da petrolio, di minerali rari, di acqua, di prodotti chimici tossici. E’ solo la transizione da un monopolio a un altro e un’ulteriore dissipazione di risorse sempre più scarse.

2.      Lo sviluppo della ricerca scientifica è ormai monopolio dell’industria farmaceutica delle Big Pharma. In realtà la ricerca scientifica è parte integrante della struttura economica del sistema neoliberista globale. Pertanto, la medicina è divenuta un’industria finalizzata alla massimizzazione del profitto e la sanità pubblica è gestita con criteri aziendalistici: sono le leggi del mercato ad imporre i propri parametri strutturali al settore sanitario. Il sistema neoliberista è soggetto a crisi ricorrenti, che generano impoverimento progressivo delle masse e quindi calo della domanda. I consumi sanitari in verticale ascesa con la pandemia, non rivelano l’esigenza del sistema di creare artificialmente una nuova domanda che non può conoscere crisi, in quanto generata dal panico collettivo per la propria sopravvivenza? Inoltre, la psicosi della malattia artatamente diffusa nelle masse, non costituisce un formidabile strumento di dominio politico? Il farmaco non è dunque divenuto un vaccino assai efficace contro il virus del dissenso?

La medicina è certamente un mercato proficuo, ormai completamente nelle mani delle multinazionali e della finanza globale. Come per ogni mercato dei nostri tempi, si avvale delle armi della pubblicità e dei bisogni indotti. La pubblicità della medicina è la paura delle malattie, accompagnata dalla fiducia verso la scienza medica e le sue “conquiste”. Non esiste ormai giornale, rivista, canale televisivo che non abbia la sua pagina o programma dedicato a tali “conquiste”, accompagnate dallo spauracchio di nuove malattie, o anche di vecchie malattie che, secondo la pubblicità mediatica, da disturbi minimi e senza importanza, sono diventate minacce esiziali.

Si tratta di un terrorismo “dolce” che però, come il terrorismo delle bombe, fa vittime vere, ma in questo caso senza assassini definibili e perseguibili.

Tutto questo però è stato reso possibile da una cultura che vede nella natura il suo primo nemico e la prima minaccia alla sua salute. Batteri e virus in tale cultura diventano il nemico invisibile e sempre presente; il nostro organismo diventa qualcosa di estraneo, pronto a tradirci alla prima occasione, da tenere continuamente sotto controllo attraverso esami clinici e da “aggiustare” continuamente servendosi dei prodotti del mercato del farmaco. In tale cultura, di conseguenza, la cosiddetta scienza medica, con le sue tecniche e le sue “conquiste”, è l’unica che può salvarci da tutte queste cose naturali che ci minacciano.

Nell’attuale scienza medica non si manifesta altro che la cultura del dominio dell’essere umano su tutto il resto del vivente, un dominio che ha bisogno di considerare la natura nemica per essere giustificato nel distruggerla. E che, a questo punto, com’è logico e conseguente, sta distruggendo anche gli organismi umani.

3.      Il mercato globale del farmaco deve essere alimentato da sempre nuove malattie. Pertanto, onde incrementare il mercato farmaceutico occorre mobilitare la virtualità mediatica e diffondere uno stato di angoscia collettivo idoneo a generare l’impulso delle masse al consumo dei farmaci. Nell’era della tecnologia virtuale, così come nell’economia si crea denaro dal nulla per alimentare il mercato finanziario, si creano bisogni indotti per indurre le masse al consumo e i rapporti umani assumono sempre più una dimensione mediatica, la pervasività terroristica dei media in campo sanitario non da luogo a fenomeni di labilità psichica che predispongono l’individuo a contrarre malattie per renderlo poi dipendente dai farmaci al pari di un tossicodipendente dalla droga? Non è dunque questa virtualità mediatica che si antepone alla realtà, a creare dal nulla un mondo virtuale estraneo alla realtà stessa, ma che si impone nella governance dell’economia, nella sfera delle decisioni politiche, nell’ambito della cultura e soprattutto nel settore sanitario come è accaduto nella recente pandemia?

I media sono oggi senz’altro uno strumento imprescindibile per il dominio del capitalismo, per il suo mercato, per la sua sopravvivenza. Nel caso del mercato della malattia, che non si può basare solo sulla pubblicità mediatica, i bisogni indotti vengono creati poi dallo stesso apparato “sanitario”. Ci sono ormai organismi medici sovranazionali, come le cosiddette “società scientifiche” europee, il cui scopo è alimentare il mercato farmaceutico inventando patologie croniche. La EASD (associazione europea per lo studio del diabete), la ESC (associazione europea di cardiologia), la ESE (associazione europea di endocrinologia) e una pletora crescente di altre società (nome appropriato per chi persegue il profitto) a livello europeo, sono preposte a incentivare i controlli su tutte le funzioni del nostro organismo, benché in assenza di qualsiasi sintomo: questo incrementa i guadagni del mercato; sono nate ormai multinazionali dei test di laboratorio. Ma non basta. Le suddette società modificano i valori ufficialmente “normali” di ciò che il nostro organismo produce, creando così milioni, decine di milioni di malati immaginari che, grazie all’assunzione continua di farmaci potenzialmente pericolosi, diverranno in molti casi malati veri, con grande beneficio per il mercato. Tutte queste “società” ricevono finanziamenti dalle multinazionali del farmaco; i loro collaboratori in alcuni studi dichiarano decine di conflitti d’interesse.

Dunque, oltre alla pubblicità dei media, strumenti oggi deputati alla pubblicità del sistema globalcapitalistico in tutte le sue forme, il sistema definito “sanitario” e quello “medico scientifico” , sistema la cui corruzione non ha ormai niente da invidiare a quella del ceto politico, creano gran parte dell’inganno e delle falsità utili al mercato della malattia. Con la differenza che, mentre i media e i politici sono ormai screditati agli occhi di gran parte della popolazione, i medici e gli “scienziati” della medicina godono ancora di un immeritato prestigio e di una letale fiducia.

4.      La deregulation scientifico – sanitaria si è resa necessaria al fine di eliminare ogni barriera, sia etica che legislativa, alla sperimentazione genetica transumanista. La conformazione naturale dell’essere umano è divenuta dunque materia prima per la creazione di una vita artificiale dotata di facoltà ultraumane. La deriva trans umanistica della medicina ha la sua origine nell’ideologia progressista di stampo illuministico. Se l’ideologia è dogmatica è divenuta allo stesso modo dogmatica anche la scienza, tradendo se stessa. Il diffondersi della medicina predittiva, fondata su vere o presunte anomalie genetiche, è il presupposto all’avvento della medicina rigenerativa, della manipolazione cioè dell’essere umano, considerato una entità carente ed imperfetta, suscettibile di modificazioni transumanistiche. Questa sorta di creazionismo scientifico ormai imperante non considera la vita stessa come una malattia genetica che necessita di trasformazioni manipolative atte a stravolgere la stessa natura antropologica dell’uomo?

 Nella cosiddetta medicina predittiva o rigenerativa si sono uniti la ricerca di profitto e la follia di una scienza in preda ormai a delirio di onnipotenza. La cesura tra l’umanità e la vita naturale diventa per tale scienza addirittura una volontà di sostituirsi alla natura e sopraffarla, di dimostrare la propria superiorità eliminando o storpiando la vita naturale. Potremmo chiamarla, invece di scienza, fantascienza, e in questa fantascienza siamo giunti al tentativo di realizzare nella realtà quello che era fino a poco tempo fa un romanzo dell’orrore, “Frankestein”, e cioè l’essere umano artificiale.

Questa fanta-scienza parla di migliorare l’essere umano attraverso la biosintesi o bioingegneria, attraverso la modifica del suo patrimonio genetico attuata artificialmente. Mentre la scienza ammette di conoscere (o di credere di conoscere) solo il due per cento delle funzioni del nostro DNA, la fanta-scienza si propone di modificare il nostro DNA tagliando i “pezzi” sbagliati e ricucendovi i pezzi “giusti”, sintetici e costruiti in laboratorio. Dopo le piante geneticamente modificate, gli animali geneticamente modificati, tocca all’essere umano essere considerato e trattato come una macchina da una “scienza” che ha ridotto sé stessa alla stregua di un tecnico dei motori, del meccanico che lavora in un’autorimessa.

Tutti i prodotti realizzati finora dalla scienza che storpia la natura, cioè i prodotti chimico sintetici, si sono rivelati dannosi per gli esseri viventi e stanno creando quel disastro ambientale in cui siamo immersi. Ora tocca alla bio-sintesi. Le piante OGM sono più deboli delle piante naturali e necessitano di quantità enormi di pesticidi e concimi chimici per sopravvivere una stagione; gli animali geneticamente modificati soffrono di malattie mostruose e muoiono anzitempo. Questo non ferma la follia della fanta-scienza per un motivo semplice: essa si è unita alla follia del globalcapitalismo al suo ultimo stadio. La medicina predittiva può predire qualsiasi cosa a chiunque; i sani, anche giovani e in perfetta forma, diventano potenziali malati e quindi da curare attraverso trattamenti costosi (per gli Stati) ed estremamente lucrativi (per il mercato della malattia).

Abbiamo già visto la pubblicità, fatta da personaggi noti al pubblico, dell’asportazione “preventiva” del seno. Forse il pubblico non sa che sono già stati approvati due farmaci di modifica del DNA per presunti futuri ammalati di malattie genetiche: il trattamento, consistente in una sola iniezione, viene a costare allo Stato in un caso due milioni di euri, in un altro caso tre milioni e cinquecentomila dollari: è questo il motivo per cui la medicina predittiva avanza. Con essa avanza quella cultura antinaturale e ottusa che ritiene di poter ridurre ogni manifestazione naturale e la vita nel suo complesso a qualcosa di riproducibile meccanicamente.

5.      Il progresso scientifico e tecnologico della nostra epoca ha radici assai lontane. L’ideologia del progresso scaturisce dalla dimensione nichilistica assunta da secoli dalla nostra civiltà. Con l’avvento della tecnica si è inteso far fronte all’incolmabile vuoto di senso esistenziale della modernità: si creano incessantemente strumenti tecnologici sempre più avanzati allo scopo di surrogare le facoltà dell’uomo di decidere autonomamente il proprio destino. Ma se la virtualità interattiva si sostituisce alla natura sociale dell’uomo, la vita dell’individuo si tramuta in uno stato perenne di angoscia esistenziale. La vita dell’uomo necessita dunque di costante medicalizzazione. La finalità della medicina, dato l’attuale consumo compulsivo di psicofarmaci, non è quella di rappresentare l’indispensabile sostegno al mal di vivere che ha contaminato (irreversibilmente?), questa civiltà decadente vuota di senso?

La nostra civiltà non può che creare ansia e insoddisfazione, basandosi appunto da lunghissimo tempo sul conflitto e la competizione. Nei paesi sviluppati tale competizione è giunta a pervadere la vita quotidiana delle persone in ogni sua manifestazione. E’ competizione la scelta dell’automobile, degli indumenti; è competizione il viaggio e la vacanza; è competizione quella attuata attraverso i figli, che devono avere successo ed essere tra i primi in tutto o almeno in qualcosa. Questo aiuta molto il mercato, dato che ogni prodotto di consumo è destinato a diventare un prodotto di largo consumo, uno status symbol, come si usa dire. E tanto più in quanto inutile e costoso. Ma, ovviamente, in una competizione di questo genere, non si arriva mai a vincere: c’è sempre qualcuno che ha di più. Dunque, la frustrazione, l’ansia, il bisogno indotto sono presenti anche nei vincitori della scalata sociale, mentre il presunto fallimento è sempre più diffuso e crea dei veri disadattati, incapaci di sostenere quello che diventa un continuo mettersi alla prova.

Viviamo oggi in una società dove la nevrosi è la normalità. Nello stesso tempo viene esaltata la tecnica e i tecnici e, nella deresponsabilizzazione di massa, essi diventano le divinità a cui rivolgersi per avere risposte.

Il distacco dell’uomo dalla natura ha coltivato un’ignoranza fondamentale: noi non conosciamo né le cause né le conseguenze dei nostri atti e comportamenti, nemmeno di quelli più semplici e banali; non vediamo ciò che producono nell’ambiente, non vediamo da quali sfruttamenti umani derivano. Non vediamo i cicli dei materiali che compriamo, usiamo, buttiamo; non conosciamo ciò di cui ci nutriamo. Allo stesso tempo abbiamo perso tutte le conoscenze tramandate di generazione in generazione da quando l’essere umano esiste: la civiltà industriale e infine cibernetica ha cancellato anche questo. Nelle città in particolare, viviamo come vivono gli animali di allevamento intensivo: staccati e isolati dal loro ambiente, costretti a cicli di vita innaturali e mostruosi, in attesa solo del cibo (che per noi sono i consumi) e senza rapporti profondi e complessi con i loro simili e con gli altri esseri viventi. Questa ignorante vita innaturale ci conduce ad aver paura della natura, a non avere alcuna fiducia in noi stessi, a delegare agli “esperti” le decisioni vitali. Passo dopo passo, la civiltà industriale e infine il capitalismo globale ci hanno condotto al timore della vita: come canarini nati in gabbia, abbiamo paura della libertà. Così temiamo tutto ciò che viene dalla vita reale, cioè da quella che chiamiamo natura, e che la propaganda del mercato medico ci presenta come minaccia (non è un caso che oggi la medicina continui a blaterare di passaggio di virus mortali da altri animali a noi: il terrore della natura deve diventare assoluto). Invece non temiamo ciò che veramente ci minaccia, e che sono i prodotti del progresso tecnico-scientifico, dai pesticidi alle onde elettromagnetiche dei cellulari e dei ripetitori, dalla radioattività ai farmaci.

Il mercato medico ha tramutato in malattia e minaccia tutte le manifestazioni naturali e i cambiamenti dell’organismo umano. Diventano malattie la pubertà e la menopausa, la gravidanza e la vecchiaia e, infine, diventano malattie la vivacità dei bambini, la timidezza degli adolescenti, la tristezza e l’infelicità. Anche queste ultime da curare meccanicamente e chimicamente.

In questa paura, in questo isolamento, continuiamo a cercare soluzioni che sono invece errori. Mentre dovremmo uscire dall’isolamento e dalla paura ricercando e fidandoci (non “affidandoci”) di quella scienza che la natura cerca di comprenderla e assecondarla, e non di storpiarla e superarla. Dovremmo uscire dalla paura e dall’isolamento sostituendo la sobrietà allo spreco compulsivo, la collaborazione alla competizione, l’amicizia all’ostilità, la solidarietà alla ricerca di profitto e successo.

Intervista a Sonia Savioli , autrice del libro “Il mercato della malattia”, Arianna Editrice 2022, a cura di Luigi Tedeschi

Il Mercato della malattiaIl Mercato della malattia – Libro

FONTE: https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-mercato-della-malattia-17306

 

 

 

ECONOMIA

La guerra in Ucraina è già costata all’Italia 76 miliardi di euro

Le sanzioni alla Russia, le speculazioni sulla borsa del gas e i rincari seguiti alla guerra in Ucraina sono già costati alle casse italiane 76 miliardi di euro solo per contenere l’impatto del caro energia su famiglie e imprese. È questo l’ammontare raggiunto dopo la finanziaria da 35 miliardi del governo Meloni, 21 dei quali destinati proprio a mitigare i rincari energetici. Stanziamento che si va a sommare ai 46 miliardi messi in campo dal governo Draghi in tre diversi decreti aiuti e ai 9,1 miliardi stanziati a novembre nel primo decreto aiuti del governo Meloni. Si tratta oltretutto di una stima per difetto, in quanto non considera i costi in termini di perdita della produttività delle imprese, di erosione dell’economia reale e del potere d’acquisto delle famiglie.

Con la diplomazia ormai “posata in un angolo e poi dimenticata” e una tregua tra Ucraina e Russia lontana, si fatica a ritornare a quella normalità tanto invocata dopo le ondate di coronavirus. Un’emergenza di fronte alla quale l’Italia si è impegnata a limitare la propria sovranità sottoscrivendo un accordo con l’Unione Europea: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 209 miliardi di euro, spalmati nel corso di sei anni, in cambio di 528 vincoli da rispettare, pena il congelamento dei fondi. Di recente, il governo Meloni ha annunciato il raggiungimento dei 55 vincoli preventivati per il 2022, clausola fondamentale per sbloccare la terza rata da 21 miliardi di euro. La stessa cifra è stata destinata dall’esecutivo alla mitigazione del caro energia nell’ultima manovra finanziaria e rappresenta quasi un quarto delle risorse italiane spese per mitigare l’impatto economico della guerra in Ucraina.

[di Salvatore Toscano]

FONTE: https://www.lindipendente.online/2023/01/03/la-guerra-in-ucraina-e-gia-costata-allitalia-76-miliardi-di-euro/

La Ue ha regalato a Kiev 50 miliardi

C’è una notizia che viene dall’Europa, ma che al contrario di tante cazzate che diventano titoli e servizi fotografici è rimasta completamente sepolta dai media: l’affermazione di Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, il quale si è lasciato sfuggire  l’Ue ha speso 50 miliardi per l’Ucraina, una cifra molto più alta di quanto non si vorrebbe far credere.  Michel non ha specificato se questa cifra riguardi il solo 2022 o tutto il periodo che va dal 2014 ad oggi, ma siccome sappiamo che fino al 2021 compreso, il regime di Kiev si era intascato 10 miliardi dall’Ue  nel migliore dei casi ne ha spesi 40 solo quest’anno, a cui si deve aggiungere il valore delle armi inviate che fa conto a sé. In parole povere, ciò significa che ogni cittadino dell’UE – dai neonati ai pensionati – ha trasferito cento euro a Kiev nel 2022 senza che ci fosse alcun meccanismo di controllo per stabilire dove siano realmente finiti tali fondi i visto che Kiev ora denuncia un buco da 36 miliardi che molto probabilmente arriverà a 50 con la necessità di riparare le strutture convolte nella guerra. E con un deficit mensile che orami sfiora i 6 miliardi.

Stando a questi conti comincia ad apparire chiaro sempre più chiaro che l’UE di fatto  finanzia da sola il bilancio ucraino e che nessun sostegno finanziario arriva dagli Stati Uniti, a parte le armi che poi vengono vendute a caro prezzo anche agli europei visto che essi hanno dato fondo ai propri magazzini militari e debbono in qualche maniera rimpiazzarli. Gli Usa dopo aver speso 5 miliardi dollari – come affermò Victoria Nuland  – per preparare l’operazione Maidan, non hanno più trasferito un quattrino in Ucraina, al massimo hanno emesso garanzie bancarie. Ciò significa che gli Stati Uniti non dovranno pagare un centesimo finché l’Ucraina potrà rimborsare i prestiti che ha ottenuto dalle banche sulla base delle garanzie statunitensi, ma utilizzando il denaro a fondo perduto che arriva dall’Europa.. Ancora una volta, l’UE sta sostenendo il costo delle avventure geopolitiche statunitensi mentre i cittadini dell’Unione vengono impoveriti e  lasciati nella più completa ignoranza riguardo a questi giganteschi passaggi di denaro. Tra l’altro si può anche supporre che Washington abbia deliberatamente messo in moto questi meccanismi con  il Lend-Lease Act che permetteva al presidente di inviare armi al regime di Kiev in una sorta di contratto di affitto, per difendere i cittadini Ucraini dall’invasione russa. Peccato che questo Atto sia stato approvato al congresso un mese prima che i russi effettivamente entrassero nel territorio delle repubbliche separatiste. Fatto sta che l’Ucraina non potrà mai pagare quelle armi e che alla fine sarà l’Ue a saldare il conto.

Si capisce  allora molto bene per quale motivo le notizie sulle sconfitte ucraine vengano di fatto censurate: perché è evidente che i bilanci dell’Unione ( e dunque anche sei singoli stati) vengono saccheggiati per traferirli in uno dei Paesi più corrotti del mondo dove alla fine spariscono in poche tasche. Volendo calcolare la quota parte dell’Italia in  questa “donazione£ da 50 miliardi si dovrebbe aggirare sugli 8,5 miliardi che di certo avrebbero potuto essere usati per politiche di sostengo sociale. Invece sono finiti nelle mani degli oligarchi ucraini e non ritorneranno più indietro visto che l’Ucraina  è un Paese fantasma che probabilmente dovrà cedere alla Russia la metà del proprio territorio. Ben che vada ovviamente.

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2023/01/12/la-ue-ha-regalato-a-kiev-50-miliardi/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

La Cina gestisce stazioni di polizia illegali in tutto il mondo

 

 

 

POLITICA

Teoria e prassi del collettivismo oligarchico

Nell’intero corso del tempo sono esistiti al mondo tre tipi di persone: gli Alti, i Medi e i Bassi. Inizia così un libro nel libro, Teoria e prassi del collettivismo oligarchico, inserito da George Orwell nel suo capolavoro, 1984. Il testo è vietatissimo in quanto sarebbe l’opera ideologica di Emmanuel Goldstein, l’arcinemico del partito unico. Tuttavia Goldstein non esiste, è una creazione del potere, quindi Teoria e prassi del collettivismo oligarchico è un falso, una psyop (operazione psicologica) contro il popolo, una modalità per attirare, riconoscere e colpire i dissidenti. Non siamo distanti dal mondo di 1984. Siamo entrati davvero nel triste mondo del collettivismo oligarchico.

Che cosa sono, se non questo, il Grande Reset, la tabula rasa e il reinizio imposti dagli Illuminati di Davos con lo slogan raccapricciante “non avrai nulla e sarai felice”? La frase testimonia l’inversione cognitiva e linguistica cui siamo sottoposti. Vi è una torsione dei verbi ausiliari: la giusta lettura è “non sarai nulla e sarai felice”. Seconda inversione: la felicità associata alla mancanza, alla privazione. Klaus Schwab, il ciambellano degli onnipotenti, ha studiato a fondo Orwell. Il titolo del primo capitolo di Teoria e prassi del collettivismo oligarchico è “l’ignoranza è forza”, uno dei tre slogan che campeggiano sulla facciata del Ministero della Verità. Niente di più essenziale per il potere: maggiori sono le conoscenze tanto più si è preda di dubbi e contraddizioni.

Meno il popolo sa (i prolet di 1984, i Bassi di Goldstein o le masse cretinizzate contemporanee) più sarà pronto a comportarsi secondo i dettami del potere. Nella finzione orwelliana i prolet vivono in un’abiezione pressoché animalesca mentre i membri del partito – non i vertici, ovviamente- rinunciano volontariamente a ogni forma di pensiero critico attraverso l’adesione alle verità ufficiali, ossia- nel capovolgimento generalizzato- sono i massimi vettori alle menzogne propalate dai mille altoparlanti del potere. De te fabula narratur, il libro parla proprio di noi. Chi comanda conosce bene una riflessione di Arthur Schopenhauer: “ciò che il gregge odia di più è chi la pensa diversamente; non è tanto l’opinione in sé, ma l’audacia di pensare da sé, qualcosa che esso non sa fare.”

Siamo lieti di non avere/essere nulla, purché il Signore getti qualche briciola attraverso vassalli, valvassori e valvassini. Presto verrà spalancata la finestra di Overton dello stravolgimento delle abitudini alimentari: pancia mia fatti capanna di larve, blatte e farine di insetti. I ragazzi reclameranno la pizza con i grilli e le cavallette. Non solo lo chiede il Grande Fratello con incessante propaganda, ma è per la solita, ottima causa: l’ambiente. Chi non è più giovane, ricorderà una battuta-tormentone della trasmissione Drive In: la buga abbocca. La buga, o boga, è un pesce di scoglio facile da catturare e il comico, con il gesto del pollice sotto i denti, derideva le infinite forme della credulità umana.

Sì, l’ignoranza è forza, specie se accompagnata da un’impressionante capacità di assorbire come spugne- senza mai porsi domande- tutto ciò che viene propagandato dal potere. E’ scomparsa anche la tradizionale diffidenza dei semplici, che sapevano di non sapere e sentivano sulla pelle le fregature dei “signori”. Bastava qualche parolone incomprensibile- il latinorum degli Azzeccagarbugli di ogni tempo- o un discorso troppo elaborato per far scattare l’allarme tra chi non capiva e – istintivamente- subodorava la trappola.

Che dire delle ultime esternazioni di Klaus Schwab, Gran Maestro della montagna incantata di Davos, portavoce del Forum Economico Mondiale (WEF), secondo cui “le persone non hanno il diritto di possedere la propria auto. Puoi andare a piedi o condividere”, ossia noleggiare un’auto insieme a qualcun altro? Secondo il WEF, troppe persone sono proprietarie delle loro autovetture: la situazione deve essere corretta escludendoli dal mercato. Poiché alla vergogna non c’è fine – e soprattutto perché lorsignori sanno di parlare a un gregge allevato nell’ignoranza e nel pensiero unico (che, in ossequio all’inversione, può essere letto al contrario: un unico pensiero…) arrivano ad affermare che “la proprietà dell’auto privata è insostenibile e immorale nel mondo di oggi.”  Lezioni di sostenibilità da chi ha ammorbato il mondo e sfruttato sfacciatamente popoli e risorse naturali; richiami di moralità da parte di oligarchie corrotte sino al midollo, nel corpo e nell’anima. Ascolteremmo con maggiore interesse un elogio della continenza pronunciato da Cicciolina. Tant’è, la maggioranza è programmata per crederci.

Se in tempo di censura antirussa è ancora concesso citare in un sol colpo Aleksandr Solzhenitsyn e il grande Puskin (le cui opere vengono bruciate nella democraticissima Ucraina) ricorderemmo un monito dell’autore di Arcipelago Gulag: “se ancora una volta saremo codardi, vorrà dire che siamo delle nullità, che per noi non c’è speranza, e che a noi si addice il disprezzo di Puskin: a che servono alle mandrie i doni della libertà? Il loro retaggio, di generazione in generazione, sono il giogo con i bubboli e la frusta.”

Siamo pronti al collettivismo oligarchico, in nome dell’’inversione. La libertà è schiavitù, come nella distopia di Orwell. Un altro slogan era “la guerra è pace”, dunque è perfettamente normale dichiarare senza arrossire che per fermare la guerra in Ucraina occorre inviare più armi. Tanto muore qualcun altro e Black Rock- il gigantesco fondo speculativo che manipola da anni i prezzi dell’energia- si è già impadronito di quel che resterà dell’Ucraina.

E’ tutto “cosa loro”. Per noi una vita da servi della gleba, alla catena nel feudo del vassallo, senza neppure un mezzo autonomo per spostarci. E’ quel che vogliono; non dovrebbe essere difficile capirlo. Invece ci comportiamo come i montoni di Panurgo, che, nel Gargantua di Rabelais, si buttarono tutti a mare seguendo il primo di loro. Dunque, basta auto private, e già si fregano le mani le piattaforme che offrono il noleggio. Il Signore non ha questi problemi: presto raggiungerà Davos per l’incontro annuale degli amiconi con jet privati e deciderà i fatti nostri con l’ausilio di Amazon, Pfizer, Black Rock, Fbi (!!!), Soros, Bill Gates e compagnia brutta.

Il collettivismo è per noi, l’oligarchia sono loro. Vogliono la fine della proprietà privata diffusa, a cominciare dalle case d’abitazione. Infatti l’UE- uno dei cagnolini fedeli del Forum- impone ristrutturazioni costosissime per scopi energetici (l’ossessione green degli inquinatori globali) che metteranno in crisi il mercato e costringeranno molti a vendere a prezzi stracciati il bene più prezioso. Chissà chi comprerà. Aveva ragione Chesterton: il guaio del capitalismo è che ci sono troppo pochi capitalisti. I quali ci vogliono schiavi.

Per quanto riguarda i prezzi dei prodotti energetici, Davos assicura che sono troppo bassi. Devono salire alle stelle per scoraggiare l’uso libero di autoveicoli e fare da volano per la “loro” transizione energetica. Allo scopo, il guru con l’accento da Sturmtruppen sconsiglia fortemente (ossia vieta formalmente) ogni politica di aiuti e detassazioni, il che spiega il rifiuto del governo italiano (sovranista a parole) di alleggerire il carico delle imposte del settore, accise e IVA relativa, la tassa sulla tassa.  I prezzi dei combustibili fossili, secondo l’oligarchia, sono “sottovalutati”: non resta che strangolare gli utenti e tenerli al freddo nelle case non progettate nel modo giusto. Due piccioni con una fava: conseguono i loro obiettivi e fanno morire di freddo un po’ di gente superflua. Fa parte del progetto.

Nessun pessimismo, tuttavia. Viviamo nel migliore dei mondi possibili, il più libero, il traguardo finale della storia. Vale la pena, in tempi di ignoranza soddisfatta, ricordare Pangloss, il personaggio del Candido di Voltaire, il massimo illuminista?  Pangloss insegnava la metafisico-teologo-cosmoscemologia. Dimostrava in modo mirabile che il nostro è il migliore dei mondi. Il maniero che lo ospitava era il più bello dei castelli e la padrona di casa la migliore delle baronesse. “E’ dimostrato” diceva “che le cose non possono essere in altro modo: perché siccome tutto è creato per un fine, tutto è necessariamente per il migliore dei fini. Notate che i nasi son stati fatti per portar gli occhiali, infatti ci sono gli occhiali. Le gambe sono istituite per esser calzate, ed ecco che ci sono i calzoni. Le pietre sono state formate per essere squadrate, e per farne castelli, infatti monsignore ha un bellissimo castello; il massimo barone della provincia dev’essere il meglio alloggiato; e siccome i maiali sono fatti per essere mangiati, mangiamo maiale tutto l’anno”. Unica variante: oggi dobbiamo cibarci di insetti, più appetitosi dell’antiquato porcello.

Nel paradiso della libertà è obbligatorio il linguaggio “inclusivo”. Il Canada, laboratorio privilegiato della perfezione, si può essere costretti alla “rieducazione” (l’evidenza totalitaria sfugge per mancanza di neuroni) se si utilizzano pronomi personali errati. La legge C-16 protegge l’identità di genere punendo le violazioni con il carcere sino a due anni. Un celebre psicologo, Jordan Peterson, è stato condannato a seguire un corso di rieducazione verbale e mentale. Orwell era un dilettante. Niente automobile e casa di proprietà, ma possiamo cambiare “genere” o dichiararci appartenenti a uno qualsiasi dei venti e più “orientamenti sessuali” individuati dagli esperti (mah…) e pretendere l’arresto di chi si rivolge a noi in maniera incongrua con il nostro capriccio quotidiano.

Queste sono le priorità scelte per noi dal collettivismo oligarchico, una teoria diventata prassi. Quella che viviamo è una fulminea transizione neofeudale, senza il dovere del signore medievale di mantenere il servo in cambio di qualche corvè e della partecipazione alla guerra. Non abbiamo più diritto al libero spostamento – pensiamo al riuscito esperimento del passaporto vaccinale, detto green pass per darne un’idea positiva (verde, ossia libero). Ci tolgono la proprietà dell’automobile – per generazioni considerata una propaggine della casa-  e ci tolgono con mezzi legali l’abitazione, che non potremo vendere se non sarà adeguata ai canoni imposti dal Signore. I chip sottocutanei sono a un passo e saranno diffusi a furore di popolo. Il capitalismo della sorveglianza  (e del collettivismo per i Bassi) ha vinto la sua guerra da quando abbiamo entusiasticamente affollato le reti sociali, dove tutto è in piazza, in cui forniamo spontaneamente ogni informazione personale, intima, economica, politica.

A che servono le elezioni, se una serie sterminata di vincoli esterni (BCE, UE, MES, FMI, NATO, OMS, ONU, WEF, infernali acronimi del Dominio) impediscono alla volontà popolare- se mai si manifestasse in termini antagonisti – di diventare norma? E, in Europa, come si possono cambiare le cose se gran parte delle leggi che scandiscono la nostra esistenza derivano da regolamenti (eufemismo da vita condominiale) emessi da una Commissione, un sinedrio non eletto, ratificati senza discussione – sono migliaia ogni anno- da un parlamento privo di potestà legislativa?

Naturalmente, tutto è legale, legalissimo. Ovvio: comandano loro. Quindi niente automobile, niente casa, infreddoliti, una vita da nomadi in affitto. Il giurista nazionalsocialista Ernst Forsthoff spiegò il significato che per i dominanti ha la legalità “Chi ha lo Stato, fa le leggi e, cosa non meno importante, le interpreta. Egli stabilisce che cosa è legale. La legalità è qualcosa di puramente formale e non significa altro se non che la volontà di un partito è diventata disposizione di legge. La legalità è il mezzo con cui colpire il nemico politico: dichiarandolo illegale, ponendolo fuori dalla legge, squalificandolo dal punto di vista morale e consegnandolo all’eliminazione per mezzo dell’apparato statale.“ Teoria e prassi del collettivismo oligarchico. Ah no, quelli erano nazisti.

 

Immagine: https://www.ariannaeditrice.it/

FONTE: https://www.ilpensieroforte.it/dibattiti/6489-teoria-e-prassi-del-collettivismo-oligarchico

 

 

STORIA

MACELLAI DEL RISORGIMENTO: PIETRO FUMEL

Loreto Giovannone continua la sua rilettura critica di episodi e personaggi del periodo risorgimentale.

Loreto Giovannone continua la sua rassegna di articoli dove rilegge in modo critico episodi e personaggi del periodo risorgimentale. Si occuperà in particolare della repressione del fenomeno un tempo definito come “brigantaggio meridionale”. Dopo Alessandro Buglione di Monale, ecco Pietro Fumel,  poi sarà la volta dei generali Enrico Cialdini e Giuseppe Govone, autori di una «italianizzazione del sud fatta a fucilate e baionettate», come scrive lo stesso Giovannone.

In questo articolo sottopone ad analisi il colonnello piemontese Pietro Fumel della guardia nazionale mobile, protagonista della repressione nel Cosentino dal settembre 1861.

Macellai del Risorgimento: Pietro Fumel

Di Loreto Giovannone, altaterradilavoro.com

Le stragi del risorgimento. Fino ad ora la faziosa storiografia ufficiale è schierata con le ragioni di Stato degli sgherri “fucilatori”, si nasconde l’annessione sanguinaria e feroce del sud. In circa 12 anni di azioni militari contro civili, i patrioti, padri fondatori della patria agirono con stragi, baionette, fucilazioni, arsi vivi, deportazione. Portatori di libertà per manu militari, sterminarono e distrussero, parte dei colonizzati versandone il sangue in modi cruenti.

Sterminare, distruggere, piaga, orda, i termini discriminanti, lessico ministeriale e giornalistico, il risorgimento fu la Vandea al sud.

Le azioni dei governi unitari e tutti i gradi dell’esercito militare, anche i più bassi, operarono al di fuori delle garanzie del diritto,trucidandocivili senza distinzione, insorgenti, uomini, donne, minori, per motivi politici buttando nei burroni cadaveri squartati dalle baionette.

Tra i militari troviamo il piemontese Pietro Fumel, efferato sterminatore e distruttore di vite umane. «Il protagonista della repressione nel Cosentino fu, dal settembre 1861, il colonnello della guardia nazionale mobile Pietro Fumel, piemontese, il quale, adottando il metodo del terrore e delle torture, prescindendo dall’osservanza di qualsiasi garanzia legale, fucilando indistintamente briganti e manutengoli, veri o supposti, e colpendo anche favoreggiatori altolocati, quali il barone Luigi Campagna di San Marco, distrusse non poche bande […]»(Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, Milano, Feltrinelli, 1972).

«Con un bando del 12 febbraio ‘62 comminò la fucilazione per i manutengoli, ordinò la concentrazione degli armenti in luoghi determinati con la distruzione delle capanne e delle costruzioni rurali, vietò la caccia ed il trasporto di viveri fuori dell’abitato, con l’intento di isolare i briganti. Si trattava di provvedimenti illegali, cui facevano corona fucilazioni senza giudizio di briganti e di presunti manutengoli: si incuteva terrore, ma si calpestava la legge» (Alfonso Scirocco. Il mezzogiorno nell’Italia unita, Napoli, 1979, pag. 84).

Chi incaricò Fumel di distruggere oppositori meridionali?

L’autorità politica del governo Bettino Ricasoli, Alessandro Della Rovere (ministro della guerra in carica dal 5 settembre 1861 al 3 marzo 1862); l’autorità militare del comandante delle forze militari, Manfredo Fanti. La diretta protezione del Governo inglese. «Lord Lennox, grande estimatore di Vittorio Emanuele II … dato che il suo governo aveva aiutato i piemontesi ad abbattere il regime borbonico … furono pubblicati in Inghilterra gli editti promulgati nel Gargano [da Fantoni in Calabria] dal maggiore Fumel: ordinavano di passare per le armi al pari dei briganti anche gli indifferenti perché “il governo piemontese non poteva ammettere più di due partiti: briganti e antibriganti”»(Annibale Paloscia, Storia della Polizia, pag. 20).

Lord Lennox nel parlamento inglese su Fumel. «Una Commissione fu spedita da Torino per investigare lo stato del come si volle chiamare. Il suo rapporto fu trapelato, quantunque la discussione si fosse tenuta a porte chiuse; apparisce dunque che i Piemontesi aveano fucilato settemila uomini nel mezzogiorno d’Italia senza essere giudicati, ed a sangue freddo per realizzare quelle che si chiamavano le libertà del paese!!! Suppongo che sia stato coll’istesso spirito filantropico col quale bruciavano, saccheggiavano, e distruggevano sedici città, per le loro simpatie verso i Borboni.

Il maggiore Fumel, che sembra stare sotto la speciale protezione del Governo inglese, è il simbolo delle violenze piemontesi. Sì portò con un battaglione alla residenza di un proprietario, che era in sospetto di manutengolo, dimandò asilo per la notte, e, stando a tavola col suo ospite, guardò il suo oriuolo, e diede tre minuti di tempo a quello sventurato per consegnargli la lista dei briganti del vicinato, se non voleva che il suo castello fosse bruciato. Sotto questa terribile minaccia fu presentata la lista, e Fumel fece arrestare tutti gl’individui quivi notati, li riunì nel cortile, ordinando che fossero tutti FUCILATI, non escluso il suo alloggiatore.

Non so come il fatto giunse all’orecchio del Governo, l’esecuzione fu sospesa, ed il maggiore sdegnato dette la sua dimissione. Il Governo l’accettò, invece di ordinare che fosse impiccato. Questi fatti si possono negare, ma la loro veracità salta agli occhi di tutti. Trentaduemila persone gemono nelle galere, e questo è sufficiente per provare lo stato delle prigioni, senza mendicare la scusa che due carceri furono chiuse. Quanti suppone la Camera che siano i prigionieri politici? Da uffiziali documenti appare che siano ottantamila» (Lord Lennox, La quistione napoletana discussa nel Parlamento inglese otto maggio 1863, pag. 12-13-34).

Università di Napoli«I veri briganti sono i soldati piemontesi, sono i Cialdini, i Pinelli, i Fumel, carnefici vestiti da soldati, che hanno saccheggiato e incendiato 19 paesi meridionali e hanno mitragliato le popolazioni di dieci città.

Per quanto riguarda le vittime di questo conflitto, citando una lettera del Barone Antonio Valerio letta nel Parlamento inglese, il De Sauclières afferma che nel solo 1861 15.665 persone, uomini, donne e fanciulli, sono state fucilate. L’autore cita poi una serie di decreti e proclami militari con lo scopo di dimostrare la ferocia delle truppe piemontesi, paragonabile solo a quella che si riscontra nei sanguinosi anni del periodo giacobino della Rivoluzione Francese» (Dottorando Daniele Palazzo, Il brigantaggio nel mezzogiorno… Università degli Studi di Napoli Federico II, Dottorato in scienze storiche, pag. 31).

Camera dei deputati – Sessione del 1861-62. Tornata 18 aprile 1863 – Giuseppe Ricciardi: «Ho udito e odo parlare continuamente dell’abolizione della pena di morte, ma questa è una derisione; prima che si pensi a questo, abolite il diritto che nelle provincie meridionali capitani e tenenti si arrogano sulla vita dei cittadini. Potrei a questo proposito raccontarvi orribili fatti; mi limiterò a qualche esempio. Nel Matese, non lunge da Piedimonte d’Alife, una compagnia di bersaglieri (ho il numero di essa, il numero del battaglione e il nome del capitano) nel perseguitare i briganti, arrestò cinque carbonari, fra cui due padri di famiglia, li arrestò, o signori, e un quarto d’ora dopo li faceva fucilare siccome briganti. Eppure erano tutti innocenti! Lascio stare altri fatti per non funestarvi più oltre.

Ora bisogna ch’io vi parli del colonnello Fumel, di questo signor Fumel, il quale si arroga poteri veramente straordinari, poteri enormi, e quello che è peggio, signori… questo colonnello Fumel, il quale si vanta di aver fatto fucilare circa 800 briganti e non briganti, è sostenuto in alcuni luoghi dalle popolazioni, dai miei buoni Calabresi, il che (con dolore lo dico) dimostra che in quelle provincie la lunga schiavitù ha viziato alquanto il senso morale dei popoli. … Io mantengo le mie parole; la verità bisogna dirla tanto ai nemici quanto agli amici. Da un giornale ministeriale ricavo il numero dei briganti fucilati, perché presi colle armi alla mano, essere ammontato a 1038, e questi oltre quelli uccisi negli scontri, oltre quelli costituitisi o fatti prigionieri. Il totale è di 7151! Io credo che bisognerebbe oramai mettere un termine a questo stato di cose, e adottare provvedimenti tali da rendere impossibili questi sterminii, i quali non fanno che seminare odii irreconciliabili nel paese, mentre pure non rifiniamo dal predicar la concordia».

Luigi Alfonso Miceli: … presso il [ministero dell’Interno] da qualche tempo ho iniziato delle pratiche riguardo a ciò che si compieva nella mia provincia dal colonnello Fumel.

Ma siccome l’onorevole Ricciardi ha accennato con vivaci parole al colonnello Fumel ed alle sue opere, sulle quali mi giungono continui e forti reclami, permetterà la Camera che io le faccia conoscere che quanto l’onorevole Ricciardi testé diceva viene a me da molto tempo affermato con colori tristissimi dai più egregi patrioti, dagli uomini più coscienziosi e rispettabili della provincia medesima.

In quel paese si lamenta, e si lamenta con parole che lacerano il cuore, la condizione illegale in cui sta il paese dacché il colonnello Fumel ha assunto il comando di alcune compagnie di guardia nazionale mobile per la persecuzione del brigantaggio.

Fa d’uopo che io dichiari alla Camera che vi sono molti nelle mie provincie che approvano l’operato del colonnello Fumel. … nei giorni scorsi dicevano che egli aveva salvato la vasta provincia di Cosenza fucilando 350 briganti, io mi sono sentito correre il sangue al viso per la mia provincia! Ho deplorato la sua condizione infelice, ed ho detto a me stesso: ma perché tante vittime, perché sì estremo rigore, perché non si crede abbastanza efficace la legge, se non sono sì gravi e sì minacciosi i pericoli? … In questa provincia, dove si credé più utile che stanziassero alcune compagnie di guardia nazionale mobile, al cui capo si diedero poteri che dalla legge gli erano ricusati, i mali durarono e da giorno in giorno inasprirono. … Il signor Fumel teneva i suoi prigionieri non già nel carcere comune, ma in una carcere sua particolare. Egli si avea costituiti due carceri, a sé, uno in Montalto, un altro in Sanfìli».

Secondo Miceli centinaia di appelli e denunce giunsero al ministero dell’Interno, nelle carceri private le guardie nazionali del battaglione Fumel, seviziava, torturava, eseguiva le esecuzioni dibattute nel parlamento inglese.

«Il 18 aprile essendosi bistrattato Fumel, Ufficiale Piemontese, il quale avea commesso atti notorii di crudeltà, il Deputato Miceli sostenne e disse, che un regno di terrore esisteva in Calabria, e molte persone venivano uccise a sangue freddo. Allora Bixio si alzò, il quale, come è ben noto, è Generale Garibaldino, e che per la sua gran conoscenza venne prescelto dal Governo italiano, come membro della Commissione d’inchiesta nella quistione del Brigantaggio, si alzò dunque e disse: che un sistema di sangue era stato stabilito nel mezzogiorno d’Italia, ch’egli abborriva, poiché se l’Italia era per divenire una nazione, non potrebbe divenire il campo di effusione di sangue» (Lord Lennox, La quistione napoletana discussa nel Parlamento inglese otto maggio 1863, pag. 12/13).

Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare – Agli inizi del 1862 Lombroso era in Calabria, lasciò nel suo scritto una terribile testimonianza «… corpi morti lasciati a putrefare per le strade …» non è escluso fosse testimone dell’operato di Fumel (Cesare Lombroso, Tre mesi in Calabria, in “Rivista Contemporanea”, p. 418).

Chi continua a fare apologia rievocando Cialdini, Govone, Fumel e pensa che “si comportavano così per una buona causa” aggiunge contrasti insanabili e rinfocola odi con un sud che in parte inizia a scrollarsi di dosso “l’atavismo” ignobilmente affibbiatogli.

Di Loreto Giovannone, altaterradilavoro.com

LA PUNTATA PRECEDENTE

I MACELLAI DEL RISORGIMENTO/1 – Alessandro Buglione di Monale – CLICCA QUI

  (CONTINUA) 

Loreto Giovannone. Studioso di storia alla ricerca dell’identità culturale e geografica delle origini. Studioso dei documenti amministrativi e ufficiali dell’Unità d’Italia conservati negli Archivi di Stato. Scopritore della prima deportazione di Stato di civili del Sud Italia nei lager del centro nord. La prima deportazione in Europa attuata dallo Stato italiano dal 1863, circa settanta anni prima del nazismo. Scrittore, articolista di argomenti storici con la predilezione della multidisciplinarietà di scuola francese. Convinto assertore che la Storia è la politica del passato.

FONTI:

https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=27649

https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=27650

 

FONTE: https://comedonchisciotte.org/macellai-del-risorgimento-pietro-fumel/

 

 

 

Guerra dei Trent’anni: il conflitto che disegnava l’Europa moderna | Lezioni di Storia

RUGGIERO CAPONE – 12 gennaio 2023

Ospite Rubrica con RUGGIERO CAPONE, giornalista e scrittore. Conduce Stefano Becciolini

 

 

FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=avK1BkvsnoM

 

 

Ucraina, la vera storia: intervista a Nicolai Lilin

Nicolai Lilin è uno scrittore, tatuatore e artista russo di origine siberiana con cittadinanza italiana. Nato nel 1980 in Transnistria, in Unione Sovietica, è divenuto conosciuto in Italia con il suo romanzo di esordio, Educazione Siberiana, pubblicato nel 2009. Studioso di storia e attento osservatore dell’attualità dell’area ex sovietica, dall’inizio del conflitto in Ucraina è una delle rare voci fuori dal coro talvolta presenti nei salotti del mainstream mediatico. Ha da poco pubblicato il libro Ucraina, la vera storia (edizioni PIEMME) che racconta l’identità storico-politica dell’Ucraina e, con questa, le ragioni profonde che hanno portato al conflitto dapprima con la minoranza russa del Donbass e poi con la Russia. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per una chiacchierata su questo e, più in generale, sull’attualità del conflitto.

Ucraina, la vera storia: già dal titolo del libro lei lascia intendere che esista una storia ampiamente diffusa ma falsa, che il testo si occupa di confutare. Quali sono le informazioni parziali o le menzogne che hanno contribuito a distorcere la conoscenza dell’opinione pubblica sulla guerra in corso?

Ciò che noi in Italia conosciamo dell’Ucraina è un insieme di informazioni distorte, derivate dalla nostra incapacità occidentale di esprimere in maniera coerente i processi geopolitici che hanno avuto luogo in Unione Sovietica dopo il crollo del comunismo. La storia dell’Ucraina non è conosciuta come questo momento storico richiederebbe, tanto meno da parte di chi si lancia in facili analisi. Con questo libro volevo dare la possibilità alle persone, politici e giornalisti, di affacciarsi a questa situazione. Quando è cominciata questa guerra è stato chiaro che gran parte di loro non sapesse niente dell’Ucraina, tanto che alcuni in diretta televisiva commettevano errori geografici, non riuscendo a capire dove si trovavano certe regioni o sbagliandone la pronuncia, o senza saper indicare dove fosse l’Ucraina sulla cartina. Si tratta da un lato di una palese mancanza di informazione, dall’altro di pregiudizi culturali legati all’epoca del crollo dell’Unione Sovietica, in base ai quali in Occidente abbiamo un’immagine dell’Ucraina come Paese libero invaso dall’Impero. L’Ucraina prima della metà del diciannovesimo secolo non è esistita. Era una regione dell’Impero russo e aveva il nome di Malorossiya, ovvero Piccola Russia. Anche geograficamente era diversa da com’è oggi. Per parlare della guerra attuale è necessario conoscere le basi della Storia. Nel mio libro ho cercato di spiegarle, raccontando a grandi linee la creazione dell’Ucraina, avvenuta in due fasi ben distinte. La prima riguarda la creazione dell’identità dell’Ucraina, ovvero quando i suoi abitanti – prima definiti russini – hanno cominciato a chiamarsi ucraini. Questo è avvenuto dopo il 1863, con il fallimento della seconda rivoluzione polacca nella quale gli intellettuali polacchi, che ebbero la peggio contro il regime zarista russo, cominciarono a fare un lavoro propagandistico nelle regioni remote dell’impero. In questo modo corruppero il potere zarista nelle regioni vicine all’Impero austro-ungarico, vicino alla Polonia. Nacque così il movimento detto ucrainofilo e, di conseguenza, l’identità ucraina: per mano dei polacchi, e con il sostegno economico e militare degli austro-ungarici. Fu un lavoro di propaganda unito alle minacce di interventi sul territorio contro i contadini, i quali furono così costretti a cambiare la loro identità. La seconda parte inizia nel 1917, quando arrivarono i comunisti e fu creata l’Unione Sovietica. Data la loro visione multiculturale, socialista e internazionalista della società, i comunisti fecero di tutto per far emergere, all’interno dell’Impero russo, le differenze etniche mentre l’Impero cercava di spianarle. Per i comunisti la questione dell’etnia divenne fondamentale, tanto che uno dei primi e più brillanti lavori di Stalin fu La questione nazionale, nel quale viene spiegata la visione del comunismo internazionalista. Fu in base a questo che furono creati tutti i Paesi asiatici ex sovietici (Turkmenistan, Kazakistan, Kurdistan eccetera) e così è stata creata anche l’Ucraina. Nel 1917, grazie a personaggi storici come Lenin, Kaganovic e Stalin, l’Ucraina divenne una struttura geopolitica, seppure con confini molto diversi da oggi. Poi fu creato il governo ucraino. La creazione dell’Ucraina è avvenuta all’interno dell’Unione Sovietica, perché è uno Stato appendice creato dal partito comunista in funzione geopolitica. Questa, a grandi linee, è la storia dell’Ucraina che non viene raccontata in occidente e che dovremmo avere bene in testa per comprendere perché in questi territori adesso c’è una guerra sanguinosa, quest’euforia dei nazionalisti contrapposta ai filorussi fedeli ai vecchi simboli del comunismo. Per capirlo dobbiamo partire dalla storia.

Un approccio del genere, tutto incentrato sulla genesi storica della nazione ucraina, non rischia di tramutarsi in una negazione del suo stesso diritto all’indipendenza? I nazionalisti russi si appoggiano proprio alla storia per sostenere come l’Ucraina, in fondo, sia nient’altro che una propaggine di Mosca incidentalmente e momentaneamente indipendente. Lei ritiene che l’Ucraina abbia diritto a esistere come nazione indipendente?

Senza dubbio, l’Ucraina ha il diritto ad esistere come nazione indipendente. Ma è importante conoscere le condizioni per le quali l’Ucraina ha perso la sua indipendenza dal 1991. La tragedia di questo Paese, come spiego nel libro, sta nel fatto che prima del 1991 non è mai stata indipendente e non ha potuto coltivare una cultura politica indipendente. È importante comprendere che si tratta di un Paese differente, ad esempio, dai Paesi baltici, dove vi è un’etnia dominante. L’Ucraina è divisa grossomodo in tre fazioni. La prima corrisponde alla zona occidentale di Galizia, dove abitano le persone che guardano più agli ideali occidentali, ai polacchi, all’impero austro-ungarico, a quello rumeno e anche al cattolicesimo. Attraverso la Polonia e l’Austro-Ungheria la Chiesa cattolica entrò in quelle zone e fece molti adepti. La zona centrale è invece stata storicamente dominata da diverse nazione, mentre la zona a sud-est è abitata a stragrande maggioranza da persone di etnia russa che pensano che la Russia sia la loro patria. Il Paese ha diverse identità al suo interno, staccate dopo il crollo dell’Urss senza che vi fosse un governo forte né una cultura indipendentista. Per questo sin da subito l’Ucraina è stata oggetto di speculazioni, tanto interne quanto esterne. Mentre provavano a ottenere l’indipendenza arrivano al potere gruppi nazisti, cominciava una guerra civile, il Paese diventava preda delle mire imperialistiche dei russi da una parte e delle manipolazioni statunitensi dall’altra. Si tratta di un caos in buona parte dovuto proprio alla mancanza di una cultura dell’indipendenza.

Questo conflitto era inevitabile per via delle diverse coscienze nazionali presenti nella nazione? O forse con una gestione più rispettosa dei diritti delle varie minoranze – a partire da quella in Donbass dove, lo ricordiamo, era in corso già dal 2014 una guerra civile – sarebbe stato possibile evitare questa escalation e magari anche l’invasione russa?

La questione della differenza etnica all’interno di uno Stato non è mai un problema se esiste una cultura politica in grado di mandare avanti un Paese con questo tipo di struttura sociale. La differenza etnica diventa problematica quando ci sono in gioco forze politiche che la usano per creare contrasti all’interno della società e portare avanti programmi legati alla guerra, agli scontri, alla destabilizzazione della situazione interna del Paese. L’abbiamo visto in Jugoslavia: in Ucraina è accaduto lo stesso. Qui il problema non è la diversità etnica interna, quanto il fatto che Paesi potenti si sono interessati all’Ucraina e hanno deciso di sfruttare questa diversità, che potrebbe essere una risorsa per il Paese. Se manca una classe politica in grado di gestire questo tipo di struttura sociale, arrivano forze esterne interessate che investono nel fomentare la guerra tra le etnie interne allo Stato. Questa è l’Ucraina dal momento del crollo dell’Unione Sovietica: l’occidente non ha fatto altro che favorire i nazionalismi e portare allo scontro. Un conflitto che è anche culturale, tra due modelli di vita: quello occidentale e quello russo. Quest’ultimo è un modello che ancora conserva una visione di vita basata sulla coscienza sindacale – sviluppata con la cultura sovietica – per la quale tutti erano uguali e godevano di uguali diritti, tutti dovevano lavorare allo stesso modo per vivere, dove non c’erano ricchi né poveri ma una classe media nella quale tutti avevano uguali diritti sociali indipendentemente dall’etnia e dalla provenienza. Non esistevano classi. Questi due sistemi, insieme con le etnie e tutte le stratificazioni sociali di cui abbiamo parlato, sono entrati in guerra tra di loro quando gli USA hanno pagato, organizzato e portato avanti il cambio illegale del governo ucraino, quello che avvenne nel 2014. Il popolo era martoriato dalla propaganda e dalle difficoltà economiche dovute alla criminalità e alla corruzione del proprio governo il quale, dal momento del crollo dell’Unione Sovietica, non ha fatto altro che rubare. C’era scontento della popolazione nei confronti di una classe politica che non risolveva le questioni in maniera diplomatica, attraverso un percorso costituzionale: gli USA hanno sostenuto un colpo di Stato e hanno portato così al potere i nazionalisti, legalizzando di fatto il nazismo. Oggi mi sento di dire che il problema più grave in Ucraina è la totale legittimazione del nazismo hitleriano.

In questo conflitto culturale e di visione di società nascono anche le spinte indipendentiste del Donbass?

Sì, dopo il colpo di stato del 2014 quella parte di Paese costituita da russofoni con una cultura tipicamente molto lontana dai loro concittadini che guardano ad occidente, si è ribellata verso il nuovo governo centrale. Inizialmente non hanno chiesto la separazione e non sono voluti andare in Russia: hanno chiesto il riconoscimento di uno statuto speciale con una rappresentanza parlamentare e il riconoscimento del russo come lingua regionale. Invece, la prima legge che hanno fatto i parlamentari della nuova coalizione portata al potere dagli americani è stata quella di togliere alla lingua russa lo statuto ufficiale. Lì è stato fatto un primo passo verso la guerra: la popolazione ha capito che doveva difendersi dal proprio governo. La problematica dell’Ucraina oggi non è etnica, come vogliono farci credere i media, ma deriva dal fatto che USA e NATO hanno investito in un nazionalismo che ha schiacciato le minoranze. Senza di loro non vi sarebbe stata nessuna guerra, se ci fosse stato un esecutivo in grado di governare oggi forse l’Ucraina sarebbe uno dei Paesi più ricchi d’Europa. Ma non è stato così.

È lecito in qualche modo affermare che cultura russa e ucraina siano gemelle che si è tentato a un certo punto di separare?

Non sono gemelle, sono proprio la medesima cultura. Almeno fino a quando l’Ucraina non ha deviato dalla cultura russa su pressione occidentale. Se si legge ad esempio La guardia bianca di Bulgakov questo emerge chiaramente.

Anche se la narrazione mainstream tende a raccontare il sistema di potere ucraino come una democrazia compiuta quasi di stampo liberale, sappiamo invece che nel Paese hanno peso specifico notevole gli oligarchi. Lo stesso Zelensky è un ex attore comico entrato in politica come prodotto di un disegno oligarchico. Inoltre i giornalisti in Ucraina vivono in un regime di censura e diversi di essi sono scomparsi o sono stati uccisi in strane circostanze, anche ben prima dell’inizio della guerra. Anche in questo Ucraina e Russia sono Paesi molto simili?

No, sono totalmente differenti. La Russia è un Paese autoritario, dove gli oligarchi non esistono più da tempo. Solo una certa narrazione occidentale continua a straparlare degli oligarchi russi. Putin li ha fatti uccidere tutti, quelli rimasti sono stati privati delle loro intenzioni oligarchiche – e quindi politiche – e si sono trasformati semplicemente in uomini molto ricchi. Il potere lo detiene Putin e sotto di lui vi sono i servizi, l’esercito e così via: la struttura politica è totalmente sotto il suo controllo. Gli oppositori possono esprimersi, ma fino a un certo punto. L’Ucraina è un Paese dove non c’è mai stato un presidente o un leader politico come può essere Putin per la Russia e allo stesso tempo non è neppure una democrazia compiuta. È un Paese dominato da grandi sistemi oligarchici, dove le famiglie potenti tengono sotto controllo l’esercito, i servizi segreti, e in buona sostanza il governo stesso.

Qual è il peso specifico dei gruppi neonazisti nella società e nel sistema di potere politico ucraino?

Un gruppo di estremisti non può disegnare la politica di un intero Paese. In tutti gli Stati esistono estremismi, persino in Russia. In Ucraina il problema principale non sono gli estremisti, ma la loro unione con le strutture governative. I nazisti sono nel governo e persino nell’esercito, dove hanno integrato illegalmente simboli del Terzo Reich. Il problema è che personaggi come Stepan Bandera e Roman Shukhevych, dei quali l’Ucraina dovrebbe vergognarsi, sono venerati a livello statale. Il primo è diventato ufficiale delle SS, il secondo comandante del battaglione Nachtigall, composto dai tagliagole dei criminali nazisti che hanno compiuto crimini atroci. A Kiev ogni anno si festeggia alla presenza di rappresentanti di Stato la fondazione della divisione, ci sono foto e video amatoriali come prova. In Ucraina ci sono cittadini che credono che il nazismo sia un valore antisovietico per permette loro di raggiungere le vette della democrazia occidentale: si tratta di propaganda inculcata a partire dal crollo del comunismo, quando il Paese doveva creare la propria ideologia e la propria propulsione storica. Non avendo il tempo di crearne una hanno attinto dal passato e quella che contrastava il comunismo era il nazismo.

Quindi il problema non è tanto la presenza più o meno forte di gruppi espressamente neonazisti ma il fatto che l’ideale neonazista è culturalmente egemone in Ucraina?

Certo. Le persone sostengono il nazismo. Nel centro di Kiev vi sono monumenti a Shukhevych, le strade portano il nome di militari nazisti e su questo nessuno se non sparute minoranze ha nulla da ridire.

Come risponde ad alcuni detrattori che hanno definito il suo libro come  un testo che sembra scritto “dall’ufficio stampa del Cremlino”?

Io ragiono in maniera obiettiva, senza entrare nelle trincee ideologiche. Io non sostengo affatto Putin, ma questo non significa che io debba andare a braccetto con i nazisti ucraini e con Zelensky, cose che invece la gran parte degli analisti che hanno accesso ai canali di comunicazione ufficiali in Italia fa. Io ho le mie opinioni, che si basano su studi seri che ho fatto della storia. Ciò che dico sono in grado di argomentarlo, non sono posizioni per partito preso. Quindi accetto le critiche in quanto tali, ma non le diffamazioni, concetti che nella cultura occidentale spesso si confondono. Io vorrei animare un dibattito costruttivo basato sulle argomentazioni, invece mi trovo davanti persone abbagliate dalla propaganda di regime, che rispondono con opinioni e diffamazioni. Quando ho scritto il libro su Putin alcuni critici sostenevano che fossi un venduto alla NATO, ora chi sostiene i nazisti in Ucraina mi critica perché credono si tratti di un Paese democratico, quando io dimostro in maniera scientifica che non è così. E si arrabbiano, perché scoprono di essere in torto.

Ultima cosa: come immagina la fine del conflitto in Ucraina?

La storia ci ha insegnato che tutte le guerre hanno una fine e io sono sicuro che anche questa finirà con un accordo. L’unico problema è capire quante persone dovranno ancora morire, quanta sofferenza e distruzione dovrà ancora subire il popolo. Da aprile e maggio in Ucraina combatte la NATO: l’Ucraina è stata sconfitta dalla Russia nei primi tre mesi della guerra, ora è la NATO a combattere usando carne da cannone ucraina. Questa guerra è combattuta tra la Russia, gli USA e 23 Paesi dell’Unione europea, quindi sono questi soggetti che dovranno sedersi al tavolo per trovare un accordo. L’opinione dell’Ucraina, in tutto questo, sarà irrilevante.

[di Andrea Legni]

FONTE: https://www.lindipendente.online/2023/01/04/ucraina-la-vera-storia-intervista-a-nicolai-lilin/

 

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